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Dettaglio seduta n.236 del 20/06/74 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento:

Ordine del giorno della seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
L'ordine del giorno reca: Approvazione verbali precedenti sedute Comunicazioni del Presidente Esame progetti di legge n. 96 e n. 103 relativi alla depurazione delle acque reflue (Relatore: Zanone) Esame disegno di legge n. 137: "Interventi per la promozione dell'assistenza domiciliare agli anziani, agli inabili ed ai minori, nonch per il funzionamento di centri di incontro per gli anziani" (Relatore: Falco) Esame proposta di legge n. 129: "Per la salvaguardia del Piano sanitario regionale" (Relatore: Beltrami) Esame proposta di legge n. 111: "Proposta di legge del Consiglio Regionale del Piemonte al Parlamento per il consolidamento dei mutui contratti dai Comuni e dalle Province" (Relatore: Visone) Esame proposta deliberazione della Giunta Regionale circa l'acquisizione di Palazzo Lascaris in Torino, via Alfieri 15, quale sede del Consiglio Regionale.
E' presumibile, rispetto a questo ordine del giorno, che nella giornata odierna possa essere esaminato il progetto relativo alla depurazione delle acque reflue (n. 96, e 103), domani pomeriggio il disegno di legge n. 137: "Interventi per la promozione dell'assistenza domiciliare agli anziani agli inabili ed ai minori, nonché per il funzionamento di centri di incontro per gli anziani" e forse anche la proposta di legge n. 129 "per la salvaguardia del piano sanitario regionale". La deliberazione per l'acquisto di Palazzo Lascaris potrebbe essere inserita a conclusione della seduta odierna o all'inizio di quella di domani.
Ha chiesto la parola sull'ordine del giorno il Consigliere Garabello.
Ne ha facoltà.



GARABELLO Enzo

Signor Presidente, le debbo far presente che per poter esprimere il suo parere in merito alla legge sugli anziani e alla deliberazione circa l'acquisto di Palazzo Lascaris si deve ancora riunire la Commissione, che ieri non ha potuto, per motivi di insufficiente partecipazione, prendere una determinazione in merito.



PRESIDENTE

La I Commissione è pertanto convocata oggi a mezzogiorno, in questo stesso Palazzo delle Segreterie.


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

Non essendoci osservazioni sull'ordine del giorno passiamo al punto primo dell'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute". I processi verbali delle sedute del 14 giugno '74 sono stati consegnati ai Consiglieri prima dell'inizio della seduta odierna.
Se nessuno ha osservazioni da fare si intendono approvati.


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute

Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

Passiamo al punto secondo dell'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente".


Argomento: Istruzione e Formazione Professionale: argomenti non sopra specificati

a) Richieste da parte del Gruppo consiliare P.C.I. dell'iscrizione dell'o.d.g. della seduta della proposta di legge n. 106 sui provvedimenti per la gratuità delle scuole dell'infanzia e dell'obbligo e per l'avvio del tempo pieno


PRESIDENTE

Ho ricevuto dai Consigliere del Gruppo comunista la seguente lettera: "I sottoscritti Consigliere regionali, presentatori della proposta di legge n. 106: 'Provvedimento per la gratuità della scuola dell'infanzia e dell'obbligo e per l'avvio del tempo pieno', assegnata alla III Commissione in data 17 settembre '73, avendo costatato che a distanza di circa un anno dalla data di presentazione tale proposta di legge non è stata ancora licenziata dalla Commissione competente a causa dei costanti rinvii richiesti dalla Giunta, la quale non è ancora pervenuta a formulare un parere in merito, né è stata in grado di presentare un suo progetto di legge per un esame congiunto. La pregano di voler iscrivere all'ordine del giorno del prossimo Consiglio la suddetta proposta di legge, a norma dell'art. 11 del secondo stralcio del Regolamento".


Argomento:

a) Richieste da parte del Gruppo consiliare P.C.I. dell'iscrizione dell'o.d.g. della seduta della proposta di legge n. 106 sui provvedimenti per la gratuità delle scuole dell'infanzia e dell'obbligo e per l'avvio del tempo pieno

Argomento:

b) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo per la seduta odierna i Consiglieri: Bertorello Gerini, Giovana, Ferrarsi.


Argomento:

c) Progetti di legge - Presentazione e assegnazione a Commissioni


PRESIDENTE

In data 19/6/74 la Giunta Regionale ha presentato il Disegno di legge n. 169: "Istituzione del Comitato Regionale di coordinamento dei trasporti", che è stato assegnato per l'esame alla II Commissione; il disegno di legge n. 170: "Assistenza ai lavoratori dell'industria affetti da tumori professionali, o loro superstiti", che è stato assegnato alle Commissioni III e IV per un esame congiunto; D.L. n. 171 - Delimitazione della zona montana omogenea n. 4: Alta Valle Orba e Valle Erro Inserimento dei Comuni di Morbello e Pareto. La proposta di inserimento è stata assegnata per l'esame alla II Commissione, in quanto aveva già esaminato, esprimendo il suo parere, in merito alla legge sulle Comunità montane.



CALSOLARO Corrado

Veramente, la competenza sarebbe della VIII Commissione. Comunque, non ne faccio una questione.



VISONE Carlo

Non vogliamo farne una questione di prestigio.



PRESIDENTE

Tanto più che la VIII Commissione ha già tanto lavoro che la sua medaglia, direi una medaglia d'oro al valor civile, meglio al valor generale, non alla memoria, beninteso, se la guadagnerà sul campo. Disegno di legge n. 172: "Anticipazioni regionali per la bonifica sanitaria del bestiame", che è stato assegnato alla VI Commissione; Disegno di legge n.
173: "Norme relative all'istituzione di nuovi Comuni ed alla modificazione delle loro circoscrizioni e denominazioni", che è stato assegnato alla VIII Commissione.


Argomento: Ordine pubblico e sicurezza

d) Sui fatti di Padova del 18 giugno


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, a Padova, il giorno 18 giugno, due cittadini sono stati uccisi, nella sede del Movimento Sociale Italiano. Il grave episodio all'esame della Magistratura e degli Organi inquirenti, ripropone una necessità essenziale per la vita sociale e la democrazia del nostro Paese insidiate dalla sfida tracotante e inquietante costituita dalla strategia della tensione, in atto fin dalla prima strage di Milano, dicembre 1969.
Occorre che il Governo si impegni a far luce rapidamente su esecutori mandanti, complicità e omertà, che da troppo tempo tengono il Paese in uno stato di tensione. Gli assassini vanno arrestati, la "trama nera" va stroncata.
La condanna per quest'episodio, l'espressione del cordoglio alle famiglie colpite non sono sufficienti: si impongono altresì iniziative concrete al fine di rafforzare le istituzioni democratiche repubblicane antifasciste. Per proporre al Capo dello Stato e al Governo misure risolutive, lunedì gli Uffici di Presidenza di tutte le Regioni italiane si riuniranno a Milano, in attuazione della proposta avanzata dal Consiglio Regionale del Piemonte, ripresa dalla Lombardia e accolta da tutte le Regioni italiane dopo la strage fascista di Brescia.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

A titolo personale e a nome della Giunta non posso che associarmi alle espressioni di condanna testé pronunciate dal Presidente del Consiglio.
Ribadiamo una affermazione che abbiamo sempre fatto: la violenza, da qualunque parte venga, è sempre da condannare, e chiunque sia vittima della violenza è sempre da ricordare e da venerare nella memoria.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare sulle "Comunicazioni del Presidente" il Consigliere Curci. Ne ha facoltà.



CURCI Domenico

Signor Presidente, ringraziamo lei ed il signor Presidente della Giunta per la commemorazione testé fatta delle vittime dell'eccidio di Padova.
Vogliamo soltanto sottolineare come la seminagione d'odio perpetrata per settimane dalla televisione di Stato dopo la strage di Brescia, quella strage che ha profondamente colpito noi al pari di tutti gli italiani abbia dato i suoi frutti: si è seminato l'odio, e l'odio è esploso.
Ci sarebbe facile tentare su quest'ultimo episodio una speculazione. Ci sarebbe facile se non avessimo un'etica diversa da quella degli altri Gruppi. Ci sarebbe facile parlare di crimine comunista, perché tali si definiscono i banditi delle "Brigate rosse"... (la Consigliera Fabbris insorge vivamente) come fascisti sono stati definiti i banditi della strage di Brescia. Non lo facciamo, perché non pensiamo che sia così, perch riteniamo che gli uni e gli altri siano soltanto dei criminali comuni mascherati da criminali politici.
Non possiamo però sottacere le responsabilità del Governo, in particolare del Ministero dell'Interno, della televisione, di gran parte della stampa, che hanno fomentato l'odio. Formuliamo l'auspicio, che riteniamo possa essere condiviso da tutto il Consiglio, che il Parlamento che il Governo, come Ella stessa ha augurato, signor Presidente, vogliano finalmente approvare quelle leggi che proprio la nostra parte politica ha presentato circa due anni fa, e il cui varo tempestivo avrebbe forse evitato che altre vittime si aggiungessero ad un elenco già molto lungo.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Revelli. Ne ha facoltà.



REVELLI Francesco

Sulle sue comunicazioni, signor Presidente, ih merito alla lettera che abbiamo inviato come Gruppo circa la proposta di legge n. 106.
Non possiamo non rilevare, qui in Consiglio, che c'è anche l'altra proposta di legge, presentata da diversi Comuni, in primo luogo dal Comune di Collegno, oltre un anno fa. Dopo tanti rinvii - dovuti a ragioni oggettive, lo riconosciamo, a riprova della sensibilità politica del nostro Gruppo: in primo luogo la crisi della Giunta dello stesso autunno, in secondo luogo la preparazione della legge sui libri, che ha richiesto un lavoro serrato al Consiglio Regionale, ed anche un confronto aperto, che è stato produttivo, su questo tema - riteniamo che oggi non si possa ulteriormente indugiare ad affrontare questo problema. Per due ordini di ragioni: intanto, perché entrano in vigore i Distretti scolastici, e noi non possiamo collocarci nella prospettiva di ledere ulteriormente, questo autunno, con i nostri ritardi e per la incapacità di portare avanti i discorsi che sono stati giudicati prioritari anche nel programma della Giunta, l'autonomia degli Enti locali; in secondo luogo, perché proprio le battaglie di questi giorni, il confronto cui ci chiama il movimento, ed in particolare il proposito dei Sindacati regionali di indire una giornata di lotta il prossimo 27 giugno, hanno al centro, come uno dei punti essenziali, la questione del diritto allo studio, che ha anche delle incidenze dirette sulle scelte di politica economica e sul modo di spesa riformata, diremo così, dello Stato, delle Regioni e dei Comuni. Di fronte anche al fatto che nella Commissione non c'è una sostanziale divergenza sui contenuti espressi dalla legge del nostro Gruppo e della legge stessa dei Comuni, e di fronte anche al giudizio sostanzialmente favorevole su questa legge espresso in una bozza in relazione della relatrice signorina Soldano noi riteniamo che non sia più possibile prestarci ai giochi o agli scontri di potere all'interno di alcuni partiti di maggioranza, che non sono in grado di sciogliere le riserve anche rispetto a tutta la politica clientelare che ha contraddistinto finora l'assistenza scolastica. E' necessario essere chiari di fronte all'opinione pubblica, e pertanto, pur avendo dimostrato la piena disponibilità del nostro Gruppo ad una collaborazione, ad un confronto sul piano dei problemi, non possiamo assumerci la corresponsabilità di ulteriori ritardi, e pertanto chiediamo che ci sia su questo problema un pronunciamento ufficiale della Giunta, ed in particolare del Presidente della Giunta.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

La questione si può impostare in modo estremamente semplice: si stende una domanda di iscrizione all'ordine del giorno della discussione di un certo argomento che è stato presentato in Commissione e che in Commissione non ha fino a questo momento trovato la sua estrinsecazione. La Giunta non potrà che inchinarsi al Regolamento è accettare questa iscrizione, per la discussione in Consiglio, ove l'Ufficio di Presidenza del Consiglio ritenga opportuno farla. Per quanto attiene responsabilmente alla presa di posizione della Giunta, posso assicurare che la elaborazione, alquanto complessa, di questo testo sull'assistenza scolastica, che deve recepire anche quella norma particolare dell'assegnazione dei libri che non può più avere una cittadinanza straniata da quella che è la norma di carattere generale, ha richiesto, e richiede ancora, alcune puntualizzazioni. Ritengo di poter assicurare che, al termine della entrante settimana, al più tardi il testo della Giunta in materia sarà totalmente elaborato e trasmesso al Presidente del Consiglio per l'assegnazione alla Commissione competente.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti idrici - Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti - Uso delle acque (regimazione, usi plurimi)

Esame progetti di legge n. 96 e n. 103 relativi alla depurazione delle acque reflue


PRESIDENTE

Passiamo al punto terzo dell'o.d.g.: "Esame progetti di legge n. 96 e n. 103 relativi alla depurazione delle acque reflue".
Mi risulta che tutti gli emendamenti relativi a questi progetti di legge sono stati preventivamente distribuiti.
Do pertanto la parola al relatore Consigliere Zanone.



ZANONE Valerio, relatore

Signor Presidente, signori Consiglieri, il problema ecologico in generale e quello dell'inquinamento idrico in particolare sono stati indicati come prioritari ed urgenti fin dagli inizi dell'attività della Regione Piemonte, con la formulazione dell'art. 5 dello Statuto.
Già il discorso programmatico del Presidente della Giunta del 15 aprile 1971 asseriva testualmente: "...desidero porre all'attenzione del Consiglio e di tutti gli altri organi che potranno trarre dall'impegno programmatico della Giunta Regionale indirizzi per la loro azione, il problema dell'ecologia prima di ogni altro problema di intervento settoriale".
Anche nel programma della Giunta in carica il problema della tutela ambientale ha trovato ampio spazio. Vi si afferma che "è necessario giungere al più presto ad una gestione programmata delle risorse idriche senza dimenticare che i poteri finora conferiti alle Regioni in materia di acque sono assai limitati", e che pertanto "la Giunta si impegna ad elaborare un piano regionale delle acque", nonché i piani di depurazione delle acque e di smaltimento dei rifiuti solidi, tenendo conto delle osservazioni emerse nel corso dei lavori della V Commissione concernenti l'esame dei progetti di legge a suo tempo presentati dalla Giunta e dal Gruppo socialista, che sono appunto i progetti di legge il cui testo unificato viene oggi all'esame del Consiglio Regionale.
La necessità della lotta contro gli inquinamenti, e soprattutto contro quello idrico, è anche ribadita nei due rapporti preliminari dell'IRES. In quello redatto nel maggio 1972 si evidenziano le gravi situazioni originatesi per mancanza di una adeguata normativa statale in materia e si auspicano interventi regionali concreti, volti soprattutto al coordinamento su base comprensoriale di tutte le iniziative che sorgeranno per tutelare le acque dagli inquinamenti. Anche nel testo aggiornato del Rapporto IRES (febbraio '74) si tratta del problema della depurazione delle acque, con alcune indicazioni statistiche relative ai costi di investimento, che dovranno essere successivamente verificate.
Nonostante le enunciazioni programmatiche riferite e le indicazioni offerte dai lavori dell'IRES, gli interventi regionali sono però risultati finora assai scarsi, non solo per mancanza di competenze specifiche nella materia, ma soprattutto per l'insufficienza e la frammentarietà delle norme dell'attuale legislazione statale.
Si può agevolmente notare come le norme contro l'inquinamento delle acque siano inserite in modo non coordinato, e talora confuso, in testi di legge che trattano, talvolta, tutt'altro argomento. Ne deriva una mancata visione d'insieme delle norme stesse, con conseguente incertezza sia sulle autorità competenti ad intervenire, sia sulle modalità e i mezzi di intervento, la cui efficacia appare sempre più scarsa, specie in rapporto alla crescente espansione delle cause di inquinamento.
Già alla fine del secolo scorso il legislatore aveva avvertito la necessità di disciplinare la materia: le istruzioni ministeriali del 20 giugno 1896 contengono una serie di articoli ove si vietano "gli scarichi immondi di fogna in canali di attraversamento cittadino" (art. 16) "immissioni di residui industriali nei corsi d'acqua o in pozzi assorbenti o in superficie del suolo" (art. 21), fatta salva la competenza del Prefetto a concedere licenza di scarico previa depurazione, sentito il Consiglio Provinciale di Sanità (art. 22).
Oggi possiamo dire che la tutela delle acque in Italia è affidata a tre organismi, principalmente: 1) le Amministrazioni provinciali, le quali hanno competenza in base al testo unico delle leggi sulla pesca (e sue successive modificazioni) 2) l'Ufficio del Medico provinciale, il quale ha competenza in base al testo unico delle leggi sanitarie 3) il Genio civile, che ha competenza in base al testo unico sulle acque e sugli impianti elettrici e al testo unico sulle opere idrauliche delle diverse categorie.
In particolare, l'art. 9 del Testo Unico delle leggi sulla pesca prevede la concessione dell'autorizzazione agli scarichi agli stabilimenti industriali da parte del Presidente della Giunta provinciale, e vari articoli del Testo Unico delle leggi sanitarie concernono la classificazione delle industrie insalubri e le loro modalità di costruzione e di uso. Numerosi articoli, poi, del Codice Civile e del Codice Penale possono essere riferiti all'inquinamento delle acque, quali gli articoli del Codice penale n. 438, 439, 440, 674. E' utile infine ricordare che le norme contenute in così diverse leggi conferiscono i poteri di intervento a differenti autorità: il Prefetto, il Presidente della Giunta provinciale il Medico provinciale eccetera, con evidenti conseguenze di inefficienza e di confusione nell'applicazione delle norme stesse. Occorre ancora ricordare - credo che questo sarà un tema che tornerà nel nostro dibattito di oggi - le competenze ed i poteri dei Sindaci in materia di tutela delle acque. Basterà riferirsi agli articoli già citati del Testo unico delle leggi sanitarie ed in particolare all'art. 217, che recita: "Quando....
scoli di acque, rifiuti solidi o liquidi provenienti da manifatture o fabbriche possono riuscire di pericolo o di danno per la salute pubblica il Sindaco prescrive le norme da applicare per prevenire o impedire il danno od il pericolo, e si assicura della loro esecuzione ed efficienza".
Inoltre, i Sindaci possono regolare la materia tramite i Regolamenti comunali di igiene e di sanità.
Già alcuni anni or sono si è tentato di ovviare a questa sovrapposizione di competenze e di riorganizzare l'intera materia: numerose proposte di legge sono state presentate al Parlamento da vari gruppi politici, concernenti provvedimenti contro l'inquinamento delle acque.
Anche lo sforzo più noto, rappresentato dal disegno di legge governativo n. 695 della V legislatura, è stato vanificato dall'anticipato scioglimento delle Camere. Va detto con franchezza che se il ritardo deve essere considerato negativo, in quanto non ha consentito un completo e sollecito impegno per il risanamento delle acque, d'altra parte non ci si deve rammaricare troppo della mancata costituzione delle strutture previste dalla legge, fortemente centralizzato e scarsamente efficienti. Infatti, il ruolo che il disegno di legge n. 695 riservava alle Regioni era quello di partecipare a livello centrale con voto consultivo e per i soli argomenti attinenti al relativo territorio, e a livello locale con voto deliberativo ma minoritario, a organismi alla cui presidenza avrebbero dovuto essere posti funzionari ministeriali.
Ora, se è chiaro che in materia occorre un provvedimento legislativo di cornice, anche al fine di regolare il coordinamento interregionale degli interventi, non si può prescindere dalla realtà regionale, dal momento che il disinquinamento implica competenze degli Enti locali in materia di igiene, urbanistica, lavori pubblici, pesca, che richiamano le competenze primarie delle Regioni.
E' necessario, quindi, a questo punto, tentare di individuare i poteri della Regione in questa materia, risalendo ai decreti presidenziali del 14 e 15 gennaio 1972 con cui lo Stato ha trasferito funzioni amministrative alle Regioni. In particolare, il Decreto presidenziale n. 4, concernente il trasferimento delle funzioni in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera, stabilisce all'art. 6 che "restano ferme le attuali competenze degli organi statali in ordine . all'inquinamento . delle acque e agli aspetti igienico-sanitari delle industrie insalubri".
Tuttavia , il successivo art. 13 del medesimo decreto delega alle Regioni, ai sensi della legge n. 281, l'esercizio delle funzioni amministrative "che residuano alla competenza statale nelle materie sotto elencate dopo il trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle attribuzioni di cui al presente decreto. La delega riguarda . le funzioni amministrative concernenti (omissis) . l'inquinamento delle acque e gli aspetti igienico-sanitari delle industrie insalubri". "Le funzioni amministrative - precisa il decreto - vengono esercitate dagli organi regionali in conformità con le direttive emanate dal competente organo statale".
Il Decreto presidenziale n. 8, relativo alla viabilità e ai lavori pubblici, all'art. 2 trasferisce alle Regioni le funzioni amministrative concernenti le opere igieniche di interesse locale (fognature, impianti di depurazione delle acque) e all'art. 8 stabilisce che rimangano di competenza dello Stato le funzioni relative alla tutela delle acque pubbliche, da esercitarsi però "sentite le Regioni".
Ancora, il Decreto presidenziale n. 11 riserva allo Stato gli interventi per la protezione della natura, ma fa salvi gli interventi regionali non contrastanti con quelli dello Stato e trasferisce alle Regioni le funzioni in materia di pesca nelle acque interne.
Dalle osservazioni sopra esposte risulta evidente perché nessuna Regione a Statuto ordinario abbia ancora emanato fino ad oggi, per quanto ci risulta, leggi normative sulla materia: e solo la Provincia autonoma di Bolzano e la Regione Sardegna abbiano da tempo provveduto in merito.
Fra le Regioni a Statuto ordinario, sono da tempo allo studio provvedimenti legislativi in Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio; è stata presentata una proposta di legge in materia in Toscana, mentre la Liguria e recentemente il Veneto, hanno approvato leggi di contributi per la realizzazione di impianti di depurazione, ma non una organica normativa per la tutela dell'ambiente dall'inquinamento idrico.
Nel luglio 1973 venivano presentati al Consiglio Regionale piemontese due disegni di legge: in data 9/7/'73 dalla Giunta Regionale (era allora assessore alla tutela dell'ambiente il Consigliere Chiabrando) il disegno di legge n. 96 dal titolo "Provvedimenti di polizia urbana per la tutela dell'ambiente", in data 27 luglio '73 dal Gruppo consiliare socialista la proposta di legge n. 103 dal titolo "Provvedimenti per la depurazione delle acque reflue". Relatore sui due provvedimenti veniva nominato dalla V Commissione il sottoscritto.
Nel mese di settembre '73 è iniziato l'esame congiunto delle due proposte di legge. Le sedute dei giorni 11, 12 e 13 settembre sono state dedicate alle consultazioni: sono stati sentiti gli Enti locali, le Province ed i Laboratori provinciali di igiene e profilassi, i Sindacati degli imprenditori e dei lavoratori, i rappresentanti delle organizzazioni agricole, le Associazioni naturalistiche e protezionistiche, le Associazioni irrigue, gli Ordini professionali interessati, gli Istituti universitari e di ricerca competenti.
Se unanime è stato il consenso delle categorie interpellate per l'iniziativa regionale di legiferare in questa materia, diversi e contrastanti sono stati i pareri espressi sul contenuto delle due proposte di legge.
Occorre brevemente ricordare qui su quali competenze regionali i due progetti di legge si basavano, onde comprendere il senso delle osservazioni esposte dagli Enti consultati. Il disegno di legge, n. 96, presentato a suo tempo dalla Giunta Regionale, si agganciava alla competenza in materia di polizia urbana, locale e rurale, attribuita alla Regione dall'art. 117 della Costituzione. Pertanto, sul disposto dell'art. 109, n. 3 e 4, del Regolamento per l'esecuzione del Testo unico della Legge comunale e provinciale del 1911, questa proposta dettava norme direttive da recepirsi nei Regolamenti comunali di polizia urbana, con lo scopo di disciplinare primariamente gli scarichi di rifiuti liquidi e solidi delle attività produttive. Conseguentemente, si stabiliva di subordinare ogni tipo di immissione in acque superficiali o in fognatura alla autorizzazione del Sindaco, fatta salva ovviamente la competenza del Presidente della Giunta provinciale in materia di tutela della pesca. Invece, il progetto di legge n. 103, presentato a suo tempo dal Gruppo consiliare socialista, aveva individuato il suo fondamento giuridico nelle competenze regionali in materia di pesca nelle acque interne, secondo l'art. 117 della Costituzione e secondo le norme dei decreti presidenziali già citati. Il potere di concedere autorizzazione allo scarico veniva quindi lasciato al Presidente della Giunta Provinciale, mentre i compiti di vigilanza, di analisi e di controllo erano affidati ai laboratori provinciali di igiene e profilassi.
A differenza del disegno di legge n. 96, che era una proposta puramente normativa, il progetto di legge n. 103 conteneva anche una parte iniziale riguardante "un'organizzazione tecnico-amministrativa ed il piano di risanamento delle acque", articolato su base comprensoriale.
Entrambe le proposte di legge tendevano al fine che la licenza edilizia per nuovi impianti produttivi fosse concessa dai Sindaci solo se alla domanda fosse unito il progetto degli impianti di depurazione degli scarichi e se questi avessero ottenuto il parere favorevole di una Commissione tecnica regionale (la proposta di legge n. 103 prevedeva anche Commissioni provinciali); inoltre, una tabella di limiti di accettabilità degli scarichi delle varie sostanze inquinanti (il progetto di legge n. 103 ne proponeva due: una transitoria ed una ottimale), l'osservanza della quale tabella era indispensabile per ottenere l'autorizzazione allo scarico. Schematicamente, possiamo così illustrare le principali osservazioni e proposte emerse nel corso delle consultazioni da parte degli enti e degli organismi interessati: 1) Competenze regionali: da più parti venne sollevato il dubbio che non fosse legittimo e pertinente l'aggancio alle competenze in materia di polizia urbana e soprattutto il fatto che la Regione imponesse ai Comuni di recepire determinate norme nei Regolamenti comunali (fu anche osservato non essere quelli di polizia urbana la sede adatta per contenere norme per la tutela delle acque, ma piuttosto fosse quella dei regolamenti di igiene e sanità).
D'altra parte, fu osservato che le competenze in materia di tutela delle acque sono esclusive delle autorità provinciali solo per quanto riguarda gli scarichi dannosi all'industria della pesca; e che i Comuni già hanno ampi poteri in materia sulla base del Testo unico delle Leggi sanitarie e di quello della Legge comunale e provinciale.
2) Autorizzazione allo scarico - vigilanza e controllo: fu osservato come sarebbe difficile per i Sindaci, in mancanza di adeguati e competenti uffici tecnici, concedere autorizzazioni allo scarico e svolgere i compiti di controllo. Per questi ultimi, invece, si ravvisavano nei Laboratori provinciali di igiene e profilassi (che devono peraltro essere adeguatamente potenziati, con aumento di mezzi, personale, creazione di sezioni decentrate) gli uffici più competenti.
Assai sentita, inoltre, la necessità di uniformità nei metodi di analisi e controllo onde evitare ogni sperequazione o diseguaglianza di trattamento nelle varie zone della Regione.
3) Commissioni tecniche: fu espressa la necessità della partecipazione di una rappresentanza per numerose categorie intervenute alle consultazioni.
Questa richiesta è stata però contenuta dalla V Commissione, in sede di riesame della proposta di legge, nei suoi termini più restrittivi, in modo da garantire alla Commissione tecnica regionale la necessaria agilità.
4) Limiti di accettabilità; fu suggerito l'adeguamento delle tabelle originariamente allegate ai due disegni di legge, alla tabella contenuta nella successiva circolare del Ministero della Sanità n. 105 del 2 luglio 1973, onde evitare contrasti con le disposizioni statali e mantenere una certa uniformità con le altre Regioni.
Da molti degli Enti consultati si fece presente la necessità della gradualità nell'applicazione dei limiti, date le difficoltà e gli alti costi (soprattutto per le piccole aziende artigiane) per la installazione e la gestione di adeguati impianti di depurazione.
5) Sanzioni: sono state ritenute da tutti poco consistenti al fine di scoraggiare le trasgressioni. E' stato suggerito di affidare alla Commissione tecnica regionale, comunque, il compito di stabilirne l'entità (entro un massimo ed un minimo stabilito dalla legge) in base alla gravità del danno, alla durata dello scarico abusivo, alla eventuale recidiva.
Assai dibattuto e controverso fu inoltre il problema riguardante l'autorità competente a imporre le sanzioni e le procedure di applicazione delle stesse, in base alle vigenti norme statali.
6) Osservazioni generali: si è osservato che la Regione si deve porre nella posizione di non ledere le autonomie locali e nello stesso tempo di dare una uniformità alla materia formulando direttive e coordinando gli interventi: il compito della Regione deve essere di programmazione, di indirizzo e di coordinamento.
Inoltre, essa deve agire entro lo stretto ambito delle sue competenze attenendosi rigorosamente all'ordinamento statale.
Infine, la Regione deve intervenire in senso promozionale, incentivando quegli organi e quegli interventi utili al conseguimento dei fini enunciati nelle due proposte di legge. Questo ampio e complesso bagaglio di osservazioni e suggerimenti proposti nell'arco delle sei consultazioni è stato oggetto di discussione nelle sedute della V Commissione dei mesi di settembre, ottobre, novembre e dicembre '73.
In riferimento ai dubbi esposti nel precedente punto 1, cioè per quanto riguarda le competenze in materia, in data 20 settembre 1973 la Commissione richiedeva un parere al collegio di giuristi costituito dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio.
Tale parere è stato consegnato alla Commissione nei primi giorni del mese di gennaio del 1974. Esso afferma che, pur essendo fuori di dubbio che la Regione possa emanare norme vincolanti l'esercizio della potestà regolamentare dei Comuni in materia di polizia urbana, locale e rurale (art. 117) e che, d'altra parte, deve essere garantite l'autonomia degli Enti locali (art. 128 della Costituzione), la materia dell'inquinamento idrico ben difficilmente può rientrare nell'ambito della polizia urbana.
In effetti, affermano i giuristi consultati, le funzioni regionali inerenti alla disciplina della polizia locale hanno un ambito assai limitato, dato il carattere accessorio e strumentale di questo organo rispetto alle materie cui si riferisce. In pratica, la funzione regionale si risolve nel controllo dei Regolamenti comunali di polizia (previsti dal T.U. 4/2/1915 n. 148 e successive modificazioni) il cui ambito di applicazione, obiettivamente, è limitato alla nettezza dell'abitato e allo sgombero delle immondizie.
E' pur vero che non mancano argomenti in ordine ad un ampliamento della materia concernente la polizia urbana (ad esempio, il Regolamento di esecuzione al Testo unico della legge comunale e provinciale n. 297 consente agli articoli 109 e 110 la possibilità per i Comuni di disciplinare a mezzo di Regolamento oggetti affini a quelli specificatamente indicati); sussiste tuttavia, sempre a parere degli esperti, un preciso ostacolo normativo per allargare l'ambito dei Regolamenti in questione. La materia degli scarichi trova infatti la sua regolamentazione, come già è stato detto, nel Testo unico delle leggi sanitarie, quale contenuto di un altro tipo di Regolamenti locali, quelli di igiene. Materia, questa, che, va ricordato, è attribuita alle Regioni dall'art. 117 della Costituzione solo per quanto riguarda l'assistenza sanitaria ed ospedaliera.
Una soluzione positiva, anche se limitata, dal problema viene ravvisata dagli esperti nell'ambito delle competenze regionali in materia di pesca o in quelle soltanto delegate in materia di igiene e sanità.
In base a quanto sopra, in sede di Commissione, d'accordo con la nuova Giunta (nel frattempo il Consigliere Fonio, presentatore del progetto di legge n. 103, era divenuto Assessore alla tutela dell'ambiente), nel mese di gennaio si procedeva alla stesura di un nuovo testo unificato, che tenesse conto sia delle osservazioni degli Enti consultati, sia dei pareri espressi dai componenti della Commissione, i lavori sono continuati nei mesi di febbraio e marzo e si sono conclusi con l'approvazione a maggioranza del testo unificato che è ora all'esame del Consiglio.
La disciplina degli scarichi delle attività produttive è regolata, nel testo finale che risulta dalla fusione del progetto di legge n. 96 con quello n. 103, delle seguenti disposizioni: all'art. 1: si dichiara la necessita dell'autorizzazione per poter scaricare i rifiuti liquidi provenienti da attività artigianali industriali e zoo-agricole, nonché si enunciano i casi in cui è vietato ogni tipo di scarico nell'art. 2: viene designato, quale autorità competente a concedere l'autorizzazione agli scarichi, ai sensi dell'art. 43 del DPR n. 987 del 10/6/1955, il Presidente della Giunta provinciale nell'art. 3: si dichiara che il rilascio dell'autorizzazione allo scarico è subordinato all'osservanza dei limiti di accettabilità stabiliti nella tabella allegata alla presente legge. Per le ragioni emerse nel corso delle consultazioni la tabella riproduce i limiti di accettabilità contenuti nella Circolare del Ministero della Sanità n. 105 del 2 luglio 1973 nell'art. 4: si dettano le disposizioni e le norme che devono essere seguite per edificare nuovi impianti produttivi ai fini della tutela delle acque.
Si prevede il rilascio della licenza edilizia da parte del Sindaco solo se alla domanda è stato unito il progetto degli impianti di depurazione e questo ha ottenuto il parere favorevole della Commissione tecnica regionale in appresso indicata. Tale parere è inviato sia al Sindaco sia al Presidente della Giunta provinciale, che in seguito, sentita ancora la Commissione tecnica regionale per un parere sulla efficiente realizzazione degli impianti stessi, rilascia una autorizzazione provvisoria allo scarico.
Solo dopo 6 mesi dall'entrata in funzione degli impianti e previo esito favorevole del controllo degli scarichi stessi, il Presidente della Giunta provinciale concederà l'autorizzazione definitiva.
Nella stesura del presente articolo si è tenuto conto delle procedure previste dalla legge statale contro gli inquinamenti atmosferici n. 615 dell'anno 1966 nell'art. 5: si dettano norme riguardanti la procedura per ottenere l'autorizzazione allo scarico per gli insediamenti produttivi esistenti.
Anche in questo caso è indispensabile l'osservanza dei limiti di accettabilità contenuti nella tabella allegata alla legge, nonché la presentazione della domanda al Presidente della Giunta provinciale corredata di una relazione con dati sulla lavorazione praticata, la portata e la composizione e i limiti di variabilità dell'effluente allo scarico oppure dei progetti per gli impianti di depurazione.
Nel periodo intercorrente fra la presentazione della domanda e la data prescritta per l'entrata in funzione degli impianti di depurazione, al fine di contenere il grado di inquinamento degli scarichi, il Presidente della Giunta provinciale, sentita la Commissione tecnica regionale, richiederà l'adozione di adeguati provvedimenti temporanei all'art. 6: si prevedono la costituzione, la composizione e le funzioni della Commissione tecnica regionale.
In caso di notevole quantità di lavoro, facilmente prevedibile nei primi tempi di attuazione di questa legge, si prevede che la Commissione tecnica regionale possa formare nel proprio ambito delle Sottocommissioni l'art. 7: prevede l'attuazione dei compiti di analisi, controllo e vigilanza da parte delle Province. Si prevede la facoltà della Regione di stipulare convenzioni con le Province al fine di potenziare i servizi suddetti tramite l'istituzione di sezioni staccate dei Laboratori provinciali di Igiene e Profilassi nell'art. 8: vengono definite le modalità di applicazione delle sanzioni amministrative contenute nella presente legge. E' opportuno sottolineare che le sanzioni previste non incidono sull'applicazione delle sanzioni penali contemplate nella legislazione vigente. Inoltre, pur non essendo specificatamente citato nell'articolo, si intende vigente l'obbligo della refusione dei danni arrecati dallo scarico inquinante. Infine, si stabilisce che le somme introitate dalle Province siano utilizzate per il potenziamento dei servizi di vigilanza, analisi e controllo; nell'art. 9: si dettano le disposizioni finanziarie. L'impegno di spesa è previsto intorno ai 400 milioni per gli anni '74 e '75 e 200 per gli anni dal '76 in poi; l'art. 10: contiene le disposizioni finali illustrate più avanti. Su alcuni aspetti del testo il Consigliere Bono, a nome del Gruppo comunista si è riservato di presentare emendamenti in sede di Consiglio. E' ancora necessario precisare che la legge in esame non rappresenta che un intervento parziale per la risoluzione del problema dell'inquinamento idrico, in quanto contiene soltanto la parte normativa per la disciplina degli scarichi delle attività produttive; si è voluto anticipare l'emanazione di questa parte del provvedimento, ritenuta urgente, accertato l'impegno della Giunta di presentare al più presto, e comunque entro la primavera 1974, in Consiglio un disegno di legge per l'approvazione dei piani di depurazione delle acque e di smaltimento dei rifiuti solidi e per il finanziamento delle opere relative. Per sancire tale intendimento, la Commissione ha formulato l'art. 10, intitolandolo: "Disposizioni finali" ove si impegna la Giunta Regionale a presentare entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge il disegno di legge sopra enunciato. A conclusione della relazione, desidero sottolineare ancora le gravi difficoltà, di ordine anche giuridico e amministrativo, tra le quali ci si è dovuti districare nella stesura di questa legge, che, se verrà approvata dal Governo, sarà, non a caso, il primo provvedimento legislativo di una Regione a statuto ordinario in materia di tutela delle acque dagli inquinamenti.



FASSINO GIUSEPPE



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE FASSINO

Ha chiesto di parlare l'Assessore Fonio. Ne ha facoltà.



FONIO Mario, Assessore alla tutela dell'ambiente

Signor Presidente, Signori Consiglieri, l'ampia relazione che accompagna il disegno di legge in esame, predisposta dal relatore e presidente della V Commissione, al quale va il nostro ringraziamento per l'appassionata opera svolta, non esime la Giunta dal fare alcune considerazioni sui punti qualificanti del disegno di legge in discussione riservandosi comunque ogni opportuna replica a seguito degli altri interventi.
Se, come esplicitamente contenuto nella relazione della V Commissione non sono mancate, e non mancano, le difficoltà formali per far assumere alla Regione competenze specifiche in materia di tutela delle acque dagli inquinamenti, è ancor più vero che la Regione, soprattutto in carenza di una adeguata legislazione statale, deve farsi carico di una responsabilità sostanziale in una materia che ha un riflesso diretto sulla tutela dell'ambiente, sull'assetto del territorio e sulla programmazione economica in generale, oltre che su aspetti settoriali (igiene, agricoltura, pesca lavori pubblici) già unanimemente riconosciuti di competenza regionale.
In tale quadro ritengo di dover sottolineare come il disegno di legge sulla disciplina degli scarichi delle attività produttive si traduca praticamente per la Regione anche in un primo strumento di controllo sugli insediamenti industriali, anticipando quell'autorizzazione per gli insediamenti industriali, da tutti i Gruppi consiliari auspicata quale leva importante per un assetto del territorio ed una programmazione economica guidata dall'ente pubblico.
Il disegno di legge, ed in particolare gli articoli 4-5-6 permetteranno alla Regione di aprire un dialogo con le industrie da una posizione di forza, per quanto riguarda nuove localizzazioni, ampliamento di stabilimenti, trasferimento degli stessi. Il controllo sugli scarichi degli effluenti industriali, assunto dalla Regione con il disegno di legge in discussione, unitamente al controllo sugli inquinamenti atmosferici degli stabilimenti industriali offerto dalla legge 615 e dal relativo regolamento di esecuzione, unitamente al controllo della Regione sulle concessioni di derivazioni di acque pubbliche per uso industriale che non possono prescindere dal piano regionale delle risorse idriche in fase di avvio e che devono essere orientate a contenere quanto più possibile, anche attraverso il riciclaggio, i consumi di acqua per l'industria, danno alla Regione degli effettivi strumenti per una efficace programmazione sul territorio.
E' una legge molto importante, quindi, sotto tutti gli aspetti, la prima legge del genere che viene portata al voto di un Consiglio Regionale e notevole è l'attesa anche da parte delle altre Regioni.
In mancanza della legge-quadro nazionale, che si fa sempre attendere tutte le Regioni sono travagliate, infatti, dal come impostare una propria legge in rapporto alle competenze regionali, dal come passare attraverso le maglie dell'approvazione governativa senza incappare in rilievi che possano nascere in riferimento alle disparate e disarticolate norme contenute nelle varie leggi statali vigenti, alle quali a tutt'oggi si fa riferimento per gli scarichi industriali.
E' questo l'aspetto più formale in ordine al quale abbiamo fatto salva l'autorizzazione agli scarichi data dal Presidente della Provincia.
Su questo punto non siamo stati compresi, anzi, è il caso di dirlo siamo stati anche fraintesi, e ce ne dispiace sinceramente, dal Gruppo comunista, il quale ha presentato ancora tutta una serie di emendamenti tesa a sostituire il Presidente della Provincia con il Sindaco.
Vale quindi la pena di soffermarci su questo che è il tema centrale della discussione, in questa fase del dibattito generale, per semplificare i discorsi sui singoli emendamenti. Sia gli esperti di diritto amministrativo sentiti dalla Giunta che gli esperti sentiti dal Consiglio come già ha ricordato il relatore Consigliere Zanone, hanno detto che "una soluzione positiva, magari anche limitata, del problema dell'inquinamento delle acque provocato dagli scarichi delle industrie potrà essere ricercata nell'ambito delle competenze (legislative) regionali in materia di pesca".
Tale soluzioni, se da una parte rappresenta una possibilità per la Regione l'art. 51 del R.D.L. 19/10/1922 n. 1647 infatti recita: "Il Ministero dell'Agricoltura (leggasi oggi Regioni) ha la facoltà di emanare norme generali concernenti il modo di scarico delle acque di rifiuto e la depurazione nei riguardi degli obblighi imposti agli industriali" dall'altra parte rappresenta un vincolo per la Regione stessa. Infatti l'articolo 3 del D.P.R. 15/1/'72 n. 11 ('Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di agricoltura e foreste, di caccia e di pesca nelle acque interne e dei relativi personali ed uffici') dice: "Fino a quando non si sia provveduto con legge dello Stato al riordinamento e alla distribuzione delle funzioni amministrative fra gli Enti locali sono conservate alle Province, ai Comuni e agli Enti locali le funzioni di interesse esclusivamente locale attualmente esercitate nelle materie dell'Agricoltura e Foreste, della caccia e della pesca nelle acque interne". E ancora l'art. 43 del D.P.R. 10 giugno 1955 n. 987 recita: "Gli stabilimenti industriali, prima di versare rifiuti nelle acque pubbliche, debbono ottenere un permesso dal Presidente della Giunta Provinciale, il quale prescriverà gli eventuali provvedimenti atti ad impedire danni all'industria della pesca".
Pertanto, poiché l'unico aggancio possibile per una iniziativa legislativa regionale è la competenza in materia di pesca, e poiché è prescritto dalle leggi dello Stato che l'autorizzazione agli scarichi industriali venga data dal Presidente della Giunta Provinciale, il Consiglio Regionale deve prenderne atto, se intende disciplinare gli scarichi delle industrie. La forzatura che è stata fatta sul piano formale nel disegno di legge in discussione è che le disposizioni non sono tante volte ad impedire danni all'industria della pesca quanto a tutelare il bene acqua dall'inquinamento, ma, ripeto, tutti gli esperti in diritto consultati, sia dalla Giunta che dal Consiglio, non hanno visto altra soluzione. Ma vi sono altre ragioni, di carattere più sostanziale, che ci hanno fatto propendere per questa soluzione.
In primo luogo, non si può non rilevare come tutta l'articolazione del disegno di legge, se formalmente è rispettosa della competenza del Presidente della Giunta Provinciale, sancita dalle leggi statali sostanzialmente, attraverso il parere obbligatorio della Commissione tecnica regionale su tutti i provvedimenti formali del Presidente della Giunta provinciale, concentra nella Regione le competenze relative alla disciplina degli scarichi industriali.
In secondo luogo occorre evidenziale le difficoltà sostanziali in cui si sarebbe trovata la maggior parte delle Amministrazioni comunali e con esse i Sindaci qualora la Regione, con una propria legge, non rispettando formalmente la competenza sancita dalle leggi statali, avesse voluto dare la competenza dell'autorizzazione per gli scarichi industriali ai Sindaci: a) la Regione avrebbe dovuto coordinare l'azione di 1209 Comuni invece che di 6 Province b) i Comuni si sarebbero trovati nella sostanziale difficoltà tecnica di vigilare e controllare gli scarichi industriali nel proprio territorio anche in considerazione della carenza di strutture e di personale specializzato c) i Sindaci si sarebbero potuti trovare sotto pressioni psicologiche esercitate localmente dai singoli imprenditori, che potrebbero condizionare gli amministratori locali, anche con la minaccia di chiudere gli stabilimenti d) le Amministrazioni comunali saranno impegnate in modo sostanziale nella formazione dei consorzi per la depurazione delle fognature urbane e per lo smaltimento dei rifiuti solidi. C'è da ritenere che i Comuni ed i loro Consorzi troveranno non poche difficoltà, anche in considerazione della carenza legislativa in materia, a far contribuire le industrie nelle spese degli impianti terminali di depurazione che potranno trattare anche gli effluenti industriali scaricati in fognatura, preliminarmente svelenati nei singoli stabilimenti industriali, nel rispetto della tabella dei limiti di accettabilità per gli scarichi in fognatura secondo la presente legge. Ed ai sopraddetti problemi di cui i Comuni ed i loro Consorzi dovranno farsi carico per una efficace depurazione delle fognature urbane non è il caso di aggiungere anche la preoccupazione della vigilanza e del controllo dei singoli scarichi industriali.
Queste cose le pensavo, e di esse ero già convinto, un anno fa, quando presentai con il Gruppo socialista il progetto di legge così impostato, ma ancor più convinto sono oggi, dopo le recenti esperienze fatte.
Da due mesi vivo in continuo contatto con i Sindaci ed i Comuni della Regione per discutere con gli stessi sugli studi e sui progetti di massima presentati, in ordine ai vari comprensori, per la depurazione delle acque delle fognature urbane.
E' un contatto ed una verifica indispensabile, poiché sarebbe addirittura paradossale che la Giunta impostasse un piano di opere senza neppure sentire i Comuni su quelli che sono i loro programmi o addirittura le loro opere in cantiere.
In queste riunioni è ovvio che venga in discussione anche il problema degli scarichi industriali, sia perché rappresenta l'altro corno del problema del disinquinamento delle acque, sia perché il problema delle industrie è visto anche sotto il fondamentale aspetto - dopo il trattamento che in forza di questa legge dovranno fare delle loro acque di scarico del concorso che le aziende industriali dovranno dare nella ripartizione degli oneri di esercizio degli impianti di depurazione.
Ebbene, più volte i Sindaci sono intervenuti spontaneamente e appassionatamente in argomento, proprio per esprimere grossissime preoccupazioni in ordine allo stato di condizionamento in cui potrebbero trovarsi nei confronti delle industrie, sia sotto il profilo delle autorizzazioni dei controlli e delle sanzioni, sia sotto quello delle contribuzioni stesse da imporre per gli eventuali allacciamenti alle fognature urbane.
Mai come in questo caso sono stato profondamente convinto di aver agito qualunque sia l'esito della legge -, oltre che nella ricerca di una rigorosa impostazione in diritto, nella più vera e sostanziale ricerca di aiuto ai Sindaci e alle Amministrazioni comunali con riferimento a quella che è la dura loro situazione, già carica soltanto di inadeguatezza di mezzi e di sproporzionate responsabilità.
Mentre è la stessa Regione che deve - nel limite del possibile responsabilizzarsi quando ci sono grossi interessi da affrontare. La Giunta è pervenuta all'accettazione di questi principi, e personalmente sono sinceramente dispiaciuto che gli stessi non siano stati recepiti da una parte del Consiglio.
Ho già detto che il disegno di legge in discussione, se sarà trasformato in legge da questo Consiglio Regionale, rappresenterà la prima esperienza legislativa di una Regione a statuto ordinario in materia di depurazione delle acque, con particolare riguardo alla disciplina degli scarichi delle industrie. Che ci sia molta attesa è emerso anche nel corso dei lavori della Commissione italo-svizzera insediatasi l'altro ieri a Lugano - secondo la convenzione stipulata tra i due Governi - per cercare le soluzioni contro l'inquinamento delle acque comuni ai due Stati. Ci mentre alcune Regioni italiane, con l'attiva partecipazione della nostra Regione, stanno portando avanti nei riguardi del potere centrale, e attraverso la "Commissione parlamentare delle acque", la proposta di una legge nazionale per la tutela delle acque dagli inquinamenti che abbiano il valore di una legge cornice che riconosca le giuste competenze alle Regioni. Ma il dialogo, sovente contrastato sarà ancora lungo. Nel contempo la Regione può dotarsi di uno strumento che comunque è nella linea delle richieste che le Regioni rivolgono al potere centrale.
Merita pertanto che il Consiglio Regionale del Piemonte approvi il presente disegno di legge, che da una parte potrà valere come punto di riferimento per le altre Regioni e dall'altra parte potrà accelerare l'iter di formazione di una legge statale a tutela delle acque dagli inquinamenti.
Non sono solo le altre Regioni ad attendere con interesse l'esito dell'iniziativa piemontese in materia di depurazione degli scarichi, ma l'interesse e, direi, la necessità della presente legge è manifestata anche dagli stessi operatori piemontesi che, in positivo o in negativo, sono toccati dai problemi dell'inquinamento delle acque.
Ciò, da una parte, pur riconoscendo la fragilità di una competenza trasferita alla Regione in materia di tutela della pesca e rivolta invece a tutelare le acque nel loro complesso, ma, dall'altra parte, dando atto che rappresenta l'unico strumento legittimo in mano alla Regione per tutelare il bene acqua, pur con i vincoli imposti dalla legislazione statale vigente in materia di pesca.
Dicevo che la legge in discussione è attesa da più parti, nell'ambito piemontese: è attesa, infatti, dagli organi di vigilanza, analisi e controllo sugli scarichi delle industrie, che sono rappresentati dalle Province e dai Laboratori provinciali di igiene e profilassi, i quali hanno necessità di un quadro di riferimento preciso e moderno per poter svolgere bene i loro compiti: è attesa allo stesso modo dal potere giudiziario, che vede finalmente la partecipazione del potere politico, con una iniziativa legislativa ed amministrativa insieme, alla lotta per la difesa del bene acqua; è attesa dalle industrie e dalle altre attività produttive che vedono finalmente disciplinate in modo chiaro modalità e tempi per la realizzazione delle opere necessarie di svelenamento dei propri cicli produttivi; è attesa, infine, da tutti quanti i cittadini che credono nella possibilità di salvaguardare ad un tempo lo sviluppo, l'ambiente e la vita.
Ma il valore e l'efficacia del disegno di legge in discussione potrebbero non risultare completi se non si richiama l'iniziativa della Giunta per i piani regionali di depurazione delle fognature urbane e di smaltimento dei rifiuti solidi, scaturita dalla mozione approvata all'unanimità dal Consiglio Regionale nel maggio del 1972, che impegnava l'Amministrazione regionale a: 1 - promuovere l'individuazione delle dimensioni ottimali per la progettazione e l'attuazione di impianti per la depurazione delle acque di scarico delle fogne urbane e per la creazione di una efficiente rete di impianti per l'eliminazione dei rifiuti solidi urbani 2 - favorire, nel più ampio rispetto dell'autonomia dei Comuni e delle Province, la creazione di Consorzi intercomunali capaci di realizzare la progettazione e l'attuazione degli impianti di cui sopra 3 - ricercare, in accordo con i Comuni e le Province della Regione, le fonti di finanziamento più convenienti. Per gli aspetti tecnico-finanziari dei piani regionali di depurazione degli scarichi urbani e di smaltimento dei rifiuti solidi, faccio rinvio alla relazione sul bilancio di previsione 1974, ed a quella, da me trasmessa a tutti i colleghi, predisposta nell'ambito del Salone "Environment '74", che abbiamo dichiaratamente accettato solo come un'occasione di verifica delle soluzioni che la tecnica offriva ai nostri problemi, mentre confermo l'impegno della Giunta di approvare e presentare al Consiglio Regionale prima delle vacanze estive un disegno presentare al Consiglio Regionale prima delle vacanze estive un disegno.
a) ad approvare i piani di depurazione degli scarichi urbani e di smaltimento dei rifiuti solidi b) a promuovere la costituzione, nell'ambito dei comprensori individuati di Consorzi e di aziende speciali tra Enti locali per la costruzione di collettori e di impianti di depurazione degli scarichi urbani e per la costruzione di impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti solidi c) a finanziare, nell'arco di un quinquennio, la realizzazione delle opere di cui sopra mediante la concessione a Consorzi ed aziende consortili di contributi in conto interesse o in conto capitale in una misura comunque elevata.
In questa sede mi preme sottolineare che, mentre da una parte si impongono alle attività produttive precisi vincoli e obblighi in merito agli scarichi degli effluenti di lavorazione, dall'altra parte la Regione e gli Enti locali stessi si impegnano a svolgere il ruolo che loro compete per la depurazione degli effluenti urbani.
Questa legge e i piani di risanamento sono elementi coordinati di un'unica azione. Infatti, nel disegno di legge in preparazione da parte della Giunta Regionale, volto ad approvare il piano di depurazione della acque ed a finanziare le opere relative, è previsto che le attività produttive possono scaricare gli effluenti di lavorazione nelle fognature a condizione che: 1) trattino i loro effluenti prima dello sversamento nei collettori, al fine di rispettare i limiti di accettabilità stabiliti nella tabella allegata alla legge oggi in discussione 2) contribuiscano alle spese di gestione degli impianti biologici di depurazione consortile.
Con questa legge siamo quindi chiamati a realizzare un tassello indispensabile di un piano generale per il risanamento della nostra Regione che ci porrà in prima fila, a livello europeo, nella lotta contro gli inquinamenti. Me ne sono reso conto in occasione di incontri richiesti sia da altre regioni italiane sia anche dall'estero.
E' un merito ed una soddisfazione che va all'intero Consiglio Regionale, che con la sua mozione del maggio 1972 aveva impegnato la Giunta ad operare secondo il ben preciso e dettagliato programma che è stato portato avanti. Pensate solo all'iniziativa italo-svizzera cui ho già accennato. I due Governi hanno stipulato una convenzione per studiare i problemi dei bacini imbriferi relativi ai laghi comuni, con una commissione all'uopo costituita - cui partecipano il Piemonte e la Lombardia - ed una sottocommissione scientifica. La Svizzera ha una sua legge confederale in base alla quale i vari Cantoni stanno studiando i piani di risanamento per le singole loro circoscrizioni. E' chiaro che la Svizzera è preoccupata per il fatto che, se non si facesse altrettanto da parte italiana, essendo i bacini comuni, i suoi sforzi sarebbero ovviamente vanificati. Potete immaginarvi la loro sorpresa quando hanno sentito che la Regione Piemonte pur in mancanza di una legge regionale, aveva già al voto del Consiglio questa legge per gli scarichi industriali. Non solo, ma che, per parte sua aveva già avviato il piano di risanamento, che già esiste il progetto di massima, comprendente tra i 22 comprensori per la depurazione delle acque quelli dell'Ossola, del Lago Maggiore e del Lago di Orta, con tutte le canalizzazioni subacquee e gli impianti generali di depurazione terziaria Il tutto non senza quelle preventive ricerche scientifiche - svolte dall'Istituto italiano di Idrobiologia di Pallanza - che si presentavano come la prima incombenza della Commissione internazionale.
E sarà proprio per la realizzazione di questo piano, che sarà tosto presentato al Consiglio per tutte le valutazioni, che dovrà esprimersi la nostra comprensione e tutto il nostro più sostanziale aiuto ai Comuni della Regione.
Abbiamo fatto tanti discorsi sulla situazione della finanza locale e sulle condizioni in cui si trovano da sempre i Comuni ed ancor più vengono a trovarsi a seguito sia della stessa riforma fiscale, sia delle attuali strette creditizie.
Abbiamo tanto discusso, ancora nell'ultima seduta, sulla scelta tra opere infrastrutturali mastodontiche ed investimenti nei settori prioritari, nei quali va compresa certo la lotta agli inquinamenti, per le stesse ragioni di sanità pubblica che vi sono insite. Ebbene, è sul piano di risanamento il banco di prova delle nostre buone intenzioni e di quello che sapremo fare per i nostri Comuni.
Nel contempo, è ovvio, pur essendo il progetto di legge del Gruppo socialista, oggi compendiato in quello finale formulato dalla V Commissione, che partiva con la previsione e l'impegno del piano di risanamento - che, essendo detto piano ormai predisposto e ad esso ormai impostato lo stesso bilancio regionale 1974, appare del tutto superfluo ed assurdo volerne riparlare ancora in questa legge di carattere normativo così come richiede l'altra parte di emendamenti presentati.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Bono, ne ha facoltà.



BONO Sereno

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, dopo la relazione integrativa (forse perché quella della Commissione era ritenuta insufficiente) fatta dall'Assessore, intendiamo ora illustrare brevemente la nostra posizione.
Il nostro Gruppo non si è associato alla relazione presentata dalla maggioranza della Commissione in quanto ritiene che la legge che si sta per esaminare e che avrebbe potuto rappresentare un momento altamente qualificante dell'attività della nostra Regione, per una concezione di gestione accentrata del potere da parte della Giunta, è stata privata di alcuni de validi contenuti.
Il nostro Gruppo ha piena coscienza del valore di una normativa che come primo passo di una serie di provvedimenti legislativi interessanti la difesa dell'ambiente, regolamenti gli scarichi idrici delle attività produttive industriali, artigianali e zoo-agricole e non ha difficoltà a dichiarare anche che condivide alcune misure che sul piano tecnico vengono assunte dalla legge, mentre, d'altra parte, non può non sottolineare come aspetti negativi della stessa, la dichiarata non disponibilità della Giunta di fare uso della materia delle deleghe ai Comuni ed ai loro Consorzi i quali, in un secondo tempo; dovranno anche assumere l'impegno per la costruzione e la gestione degli impianti di depurazione delle acque di scarico urbane.
Noi non possiamo inoltre non sottolineare la gravità del rifiuto dalla Giunta di dare maggiori contenuti all'art. 10, precisando in esso, come era già stato concordato in Commissione prima dell'elezione di questa Giunta alcune direttrici alle quali avrebbero dovuto uniformarsi i piani regionali di depurazione delle acque e di smaltimento dei rifiuti solidi. Su quest'ultimo aspetto va considerato particolarmente negativo l'atteggiamento della Giunta che ha persino rifiutato, in relazione ai suddetti piani regionali, qualsiasi richiamo all'opportunità che la definizione dei loro limiti comprensoriali tenesse conto delle articolazioni (aree ecologiche o comprensori) del piano di sviluppo regionale.
Il Gruppo comunista ritiene che il problema degli inquinamenti idrici abbia ormai raggiunto anche nella nostra Regione momenti di alta pericolosità che sono stati più volte unanimemente denunciati dalle forze politiche e sociali e che hanno provocato ampi dibattiti e confronti sul piano scientifico e culturale, per cui ci sembra addirittura superfluo e ripetitivo soffermarci ulteriormente in proposito. D'altronde anche in questo Consiglio, in occasione delle esposizioni programmatiche ed in specifici dibattiti, sia dai banchi della maggioranza che da quelli della minoranza, l'esigenza di un serio intervento pubblico in direzione della salvaguardia del patrimonio idrico è stata indicata unanimemente come prioritaria. Certo, il problema della lotta contro gli inquinamenti che con questa proposta di legge si cerca di affrontare, ha una sua specifica importanza che non deve essere sottovalutata, però questa iniziativa legislativa va pur sempre vista come un momento settoriale del più generale problema della disponibilità delle nostre risorse idriche e del loro razionale utilizzo, al fine di soddisfare tutte le esigenze che si presentano attualmente e che si possono ragionevolmente prevedere anche per il futuro, tanto per l'alimentazione e le necessità di igiene, come per i vari settori produttivi quali l'agricoltura, l'industria ed i trasporti.
In questo quadro è indispensabile produrre rapidamente la stesura di un piano generale delle acque che partendo da un censimento delle disponibilità nei regolamenti l'uso attraverso ad una severa normativa e che sia in grado di garantire la permanente disponibilità di questo bene che è indispensabile al vivere umano.
Nel prendere atto della disponibilità dichiarata dalla Giunta ad affrontare il problema più generale delle acque attraverso al piano organico e globale che noi abbiamo più volte proposto, si sottolinea la necessità che, per la vitale importanza che riveste il problema e per le implicanze che potrà avere sul piano produttivo, economico e sociale che lo collocano tra i più importanti strumenti della programmazione, le linee alle quali esso piano dovrà uniformarsi potranno emergere solo da un dibattito consiliare e che solo all'IRES, per la sua estraneità ad interessi particolaristici, dovrà essere affidata la sua redazione.
Un principio che ci sembra opportuno richiamare e che nell'impostazione della legge si ritrova, anche se non è esplicitamente ricordato nella relazione di maggioranza (e non l'ho sentito nemmeno nella relazione dell'Assessore) è costituito dalla norma che tutti gli oneri inerenti al disinquinamento delle acque devono essere sostenuti, particolarmente per quanto riguarda le attività produttive, da coloro che producono l'inquinamento. E', questo, un principio di giustizia che deve essere affermato senza possibilità di interpretazioni diverse, anche se l'applicazione di tale principio potrà comportare lievi aumenti nei costi di produzione.
Fatto salvo il principio irrinunciabile e di giustizia che impone a chi inquina di restituire acque pulite, occorre sottolineare che anche sul piano economico il leggero aumento dei costi di produzione che si registrerà in conseguenza delle operazioni di disinquinamento delle acque che vengono restituite alla collettività dopo il loro utilizzo nel processo produttivo, sarà sempre inferiore al costo che la collettività dovrebbe sopportare causa la distruzione o la grave alterazione degli squilibri biologici che si vengono a determinare in interi bacini o corsi d'acqua.
Fissato anche questo principio, occorre avere presenti però le condizioni in cui opera un settore produttivo ed importante e delicato per l'economia piemontese qual è l'artigianato. E' a tutti noto che anche il settore dell'artigianato, in particolare quello delle lavorazioni galvaniche, contribuisce, soprattutto per la qualità degli scarichi, ad aggravare lo stato di inquinamento delle acque. E' altresì noto che, per una serie di fattori che sono estranei alla volontà delle singole aziende artigiane (distribuzione irrazionale delle aziende sul territorio e varietà produttive che rendono difficoltosa la costruzione di impianti di depurazione da gestire in forma consortile; la dimensione e le limitate capacità economiche delle aziende artigiane; l'elevato costo di costruzione e di gestione degli impianti) la costruzione di un'efficiente rete di impianti di depurazione, senza mortificarne le capacità produttive, è praticamente impossibile che possa essere realizzate con le sole forze proprie dell'artigianato.
Si impone pertanto, solo per questa categoria ed in forza delle competenze trasferite alle Regioni dall'art. 2 del D.P.R. 14.1.1972 n. 2 che la Regione predisponga, con tempestività, norme legislative, interventi ed aiuti per consentire, con la piena attuazione delle norme che regolano gli scarichi, le condizioni atte a garantire il più ampio sviluppo del settore artigianale che costituisce, oltre che un importante momento di formazione del reddito regionale, anche una valida occasione di occupazione operaia ed un indispensabile momento di articolazione produttiva.
Prima di entrare nel merito delle principali osservazioni critiche che vanno rivolte al progetto di legge in esame, riteniamo opportuno anche sottolineare che l'attenzione del legislatore deve sempre essere rivolta primariamente all'eliminazione delle cause che producono il danno in quanto il semplice intervento sugli effetti, oltre che essere di ritardata e minore efficacia, comporta, di norma, anche dei costi economici e sociali notevolmente superiori.
La legge che stiamo esaminando, invece, esprime ancora una volta di operare sugli effetti e questo elemento limitativo potrà essere sollecitamente superato se anche da parte della maggioranza si esprimerà una precisa volontà politica di assumere le necessarie decisioni in direzione dell'eliminazione delle cause.
In questo quadro il problema di una regolamentazione, anche ai fini della produzione industriale dell'uso delle sostanze inquinanti, è di vivissima attualità ed investe sia le responsabilità dei poteri statali che di quelli regionali, i quali, ognuno nell'ambito delle proprie competenze dovranno emanare precise disposizioni legislative capaci di assolvere ad una valida funzione preventiva.
La Regione poi, con il giusto utilizzo delle proprie competenze in materia urbanistica, dovrebbe fissare norme sugli insediamenti industriali che stabiliscano precise misure atte a garantire, anche preventivamente l'attuazione degli obiettivi di cui al presente progetto di legge. Tra queste misure ve ne sono alcune di particolare semplicità, come quelle tra l'altro già vigenti in Inghilterra e in Romania, che impongono alle industrie il riciclo delle acque e la collocazione degli scarichi a monte del punto di prelievo delle acque, al fine di costringere le stesse industrie che per le proprie lavorazioni necessitano di acque pulite, ad attuare gli efficaci impianti di depurazione per non essere costrette ad usare le acque che dai loro stessi processi produttivi sono state inquinate.
Certo, queste misure che debbono essere inserite nella disciplina urbanistica, non possono essere sostitutive della normativa che fissa i limiti di tollerabilità degli scarichi, ma vanno viste come norme integrative delle prime. Nel suo giudizio globale sull'attuale testo unificato che è all'esame del Consiglio il nostro Gruppo ritiene che esso così come è stato definito in Commissione su diretto intervento della Giunta, rappresenta il punto più arretrato che sia mai stato raggiunto dopo mesi di consultazioni e dibattiti e che con questa legge vengano totalmente disattese le richieste migliorative formulate dagli Enti locali e dalle loro associazioni in occasione delle consultazioni. Si potrebbe dire, senza tema di essere smentiti, che questa proposta che oggi viene presentata al Consiglio, raccoglie solo gli aspetti più negativi che erano presenti nel disegno di legge n. 96 presentato dalla precedente Giunta e nel progetto di legge n. 103 presentato dai Consiglieri del Gruppo socialista italiano mentre ha emarginato gli aspetti positivi che nei progetti di legge citati erano presenti.
Questa proposta, infine, costituisce anche un notevole punto di arretramento rispetto ad uno schema di testo unificato che è stato citato nella relazione del collega Zanone, sul quale in Commissione era già stato raggiunto un accordo di massima tra i componenti di tutte le correnti politiche, fin dallo scorso gennaio e che poi è stato abbandonato e modificato nelle sue parti più significative, dopo le elezioni di questa Giunta, perché da essa non è stato accettato. E' evidente che si manifesta in tutta questa procedura, anche una questione di metodo e di rapporti tra Giunta e Commissione che noi denunciamo e indichiamo alla sensibilità del Consiglio.
Fatta questa premessa, esaminiamo ora i punti dove più evidente è stato l'arretramento 1) l'attuale progetto di legge disattende totalmente le aspettative dei Comuni che giustamente rivendicano la più ampia delega di gestione della legge stessa, così come tra l'altro è previsto dall'arti 118 della Costituzione dagli artt. 66 e 67 dello Statuto regionale. Deboli ci sembrano le argomentazioni sostenute anche questa mattina dall'Assessore per negare ai Comuni singoli, o riuniti in Consorzi, la delega per il rilascio delle licenze di scarico e per esercitare i controlli successivi.
Infatti è notorio che gli attuali laboratori provinciali di igiene e profilassi, con la struttura e gli organici attuali, se non saranno adeguatamente potenziati, come è riconosciuto nella stessa relazione di maggioranza, ben poco potranno fare più di quanto fanno attualmente.
D'altronde detti laboratori hanno, tra i loro compiti istituzionali, il dovere di corrispondere alle richieste operative che provengono non solo dalle Province, anche se queste hanno su di loro la titolarità della competenza amministrativa, ma debbono soddisfare le richieste provenienti dai Comuni e dagli altri enti e persino da singoli cittadini.
L'affidamento alle Province delle deleghe per il rilascio delle licenze di scarico e per i compiti di controllo sugli scarichi stessi, solo perch in base al R.D.L. 8.10.1931 n. 1604 e successive modificazioni esse hanno competenze in materia di scarichi industriali nelle acque per quanto riguarda la salvaguardia dell'industria della pesca, è da considerarsi una posizione autolimitativa ed arretrata che non potrà che influire negativamente sull'efficacia della legge stessa. Gli stessi risultati ottenuti in oltre 40 anni di applicazione del citato decreto 1604 stanno a dimostrare che già la scelta operata nel 1931 fu sbagliata o comunque insufficiente. Oggi si vuole richiamare e riproporre quella scelta e si rifiuta anche di fare tesoro di un'esperienza negativa del passato. Nella relazione di maggioranza vengono indicate le competenze più ampie che sono affidate ai Sindaci in materia di tutela delle acque dal Testo Unico competenze che investono nella loro globalità la tematica della salute pubblica e non solo, come è per il Presidente delle Province, che possono intervenire solo quando vi è danno all'industria della pesca, che tra l'altro è quasi ormai completamente scomparsa dalla nostra regione.
Nonostante questo riconoscimento di competenza dei Sindaci che ritroviamo a pag. 5 della relazione di maggioranza, la delega ad essa è stata ugualmente negata per essere affidata ai Presidenti delle Province. La scelta che è stata operata discriminando i Sindaci non ha alcun fondamento né sul piano giuridico né su quello tecnico, pertanto si tratta di una scelta esclusivamente politica che non può essere condivisa dal Consiglio, scelta fra l'altro che è stata compiuta senza nemmeno portare valide argomentazioni a suo sostegno.
Con il testo unificato della proposta di legge che viene sottoposta al Consiglio si compie, in tema di delega ai Comuni, un notevole passo indietro sia rispetto al disegno di legge n. 96 presentato dalla precedente Giunta, che prevedeva all'art. 2 che "Le immissioni dirette ed indirette in acque superficiali ed in fognatura di rifiuti liquidi provenienti dalle attività industriali ed artigianali e zoo-agricole, sono subordinate alla preventiva autorizzazione del Sindaco...." che rispetto al testo dello schema unificato che era stato unanimemente concordato in Commissione e poi abbandonato perché non di gradimento di questa Giunta, il quale all'art. 5 recepiva interamente la dizione del già citato art. 3 del D.d.L. n. 96.
Nel progetto di legge che stiamo esaminando si arriva all'assurdo che per la combinazione degli artt. 1 e 2 le immissioni dirette e indirette nelle fognature, che sono nella loro generalità di proprietà dei Comuni saranno rilasciate dal Presidente dell'Amministrazione provinciale. Vorr vedere come si concilieranno queste competenze nell'attuazione pratica.
Circa la ragionevolezza oltre che la validità di tale norma, non si possono non esprimere le più ampie riserve.
2) l'art. 10 del progetto di legge in esame prevede che: "Entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge la Giunta Regionale presenterà al Consiglio un disegno di legge per l'approvazione dei piani regionali di depurazione delle acque e di smaltimento dei rifiuti solidi e per il finanziamento delle opere relative". Questa formulazione costituisce un notevole passo indietro non solo rispetto allo schema di testo unificato che era stato predisposto unitariamente dalla Commissione prima dell'elezione di questa Giunta e che riportiamo integralmente per intelligenza del Consiglio.
"Articolo 1 Entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge la Giunta Regionale presenterà al Consiglio per l'approvazione ai sensi dell'art. 16 lettera m) dello Statuto della Regione Piemontese, il Piano regionale per il risanamento delle acque, articolato per comprensori, definendone la durata, i contenuti ed i finanziamenti".
Articolo 2 Per la realizzazione e la gestione delle opere pubbliche occorrenti per l'attuazione del piano di cui al precedente articolo, la Regione promuove anche in forma obbligatoria, la costituzione di Consorzi di Comuni nei limiti comprensoriali previsti dal Piano Generale di risanamento. I limiti comprensoriali devono tenere conto delle articolazioni del Piano regionale di sviluppo." Ma costituisce anche un notevole arretramento rispetto alla proposta di legge n. 103 presentata dal P.S.I., che prevedeva, con l'art. 2, un piano di risanamento delle acque reflue e che fissava in modo ampio ed articolato una normativa alla quale il piano stesso doveva attenersi. Con l'assunzione di responsabilità a livello di Giunta da parte del P.S.I. dobbiamo constatare che queste posizioni sono state abbandonate senza che da parte dell'Assessore che era tra l'altro il primo firmatario del progetto di legge citato, venissero convincenti spiegazioni in merito.
Queste, signor Presidente, colleghi Consiglieri, le osservazioni che volevamo fare. Ritengo che gli emendamenti che abbiamo presentato rispecchino queste osservazioni e ci auguriamo che la Giunta e che la maggioranza le vogliano accogliere per poter fare in modo che questo momento che potrebbe essere altamente qualificante per l'attività del Consiglio Regionale, non sia inficiato da alcune insufficienze che noi riteniamo particolarmente gravi, presenti nell'attuale legge e che non ci consentono di fare una buona legge che possa essere accolta dal Consiglio Regionale all'unanimità.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Carazzoni, ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la proposta di regolamentare amministrativamente la depurazione delle acque di scarico delle attività produttive non può che trovare favorevole accoglimento da parte del M.S.I.
Destra nazionale.
I danni provocati direttamente o indirettamente dall'incontrollato uso delle acque sono dovuti agli occhi di tutti e suggeriscono, anzi, impongono come urgente contromisura da adottare, l'intervento della Regione, a patto che questo intervento sia accompagnato dalla volontà politica di renderlo effettivamente operante e concreto.
Infatti, non è che già non vi siano state o non vi siano a tutt'oggi le possibilità di intervenire in questo campo: come dimostrato dalle sentenze di alcuni coraggiosi pretori che non hanno avuto alcuna esitazione nel condannare, e giustamente, anche, grossi complessi industriali, in Italia non mancano provvedimenti e leggi che, qualora usati, consentono ai Sindaci ed ai Presidenti delle Province ampi poteri di intervento nella materia.
Purtroppo - ecco il perché dell'osservazione che facevamo poc'anzi ciò che ha fatto difetto è stata appunto la volontà politica di applicare nella maggior parte dei casi, questi provvedimenti e queste leggi. Per cui se oggi è giusto - anzi è doveroso - individuare i responsabilità di tutto quello che è accaduto, allora noi diciamo che la responsabilità ha da essere divisa tra la classe industriale e tra la classe politica al potere.
Tra la classe industriale che, sia pure con doverose eccezioni, ha ricavato grandi profitti, danneggiando con l'inquinamento la collettività e che adesso - si vedano certe recenti esposizioni svoltesi qui a Torino come "Environnement '74" - sta cercando di continuare la speculazione dicendo di essere in grado di disinquinare. E tra la classe politica al potere che per miopia o per gretto interesse clientelare - ha tollerato, ha finto di non vedere, in una parola si è ben guardata dal fare rispettare le leggi pur esistenti della materia.
Ed è ben vero che queste leggi non sono unite in un quadro organico e quindi possono ingenerare qualche dubbio, qualche difficoltà nella loro applicazione, ma a questo inconveniente - ecco un'altra osservazione che noi sentiamo di dover portare avanti - avrebbe dovuto provvedere il Governo e in particolare il Ministero della Sanità, con un adeguato provvedimento legislativo e non solo con delle circolari, come sempre fa. A questo punto visto che poco è stato realizzato in sede centrale, noi valutiamo positivamente l'iniziativa dei presentatori dei disegni di legge in materia e la decisione della V Commissione di unificarli recependo la circolare del Ministero della Sanità n. 105 del 2.7.1973 che regola i limiti di scarico.
Questa decisione unifica giustamente quanto si fa in materia in Italia non crea artificiose disparità tra industrie di Regioni diverse e serve ad evitare, per dirla con chiarezza, che si trovino poi facili pretesti per respingere la legge che ci accingiamo a varare. A proposito della circolare ministeriale prima citata, vogliamo però far rilevare che a giudizio di numerosi esperti essa presenta per parecchi elementi chimici limiti troppo bassi, praticamente irraggiungibili anche con raffinate metodologie di depurazione, tant'è che, a quanto si dice, lo stesso Consiglio Superiore della Sanità starebbe studiando le opportune misure di variazione che in un futuro abbastanza prossimo la Regione dovrà poi cercare di recepire.
Chiusa questa parentesi, proseguiamo dicendo che se, come già riconosciuto, il principio ispiratore della legge trova favorevole la nostra parte politica, altra e diversa è la valutazione che riteniamo di dover dare sul merito del testo ora in discussione. Diciamo subito che siamo d'accordo sui primi tre e sugli ultimi quattro articoli, a commento dei quali, per la verità, poco abbiamo da osservare se non rilevare l'opportunità del divieto dei pozzi perdenti, grave causa di inquinamento delle falde acquifere; nonché l'opportunità - e questo aggiungiamo dopo avere sentito la dichiarazione dell'Assessore e l'intervento del collega di parte comunista - di affidare al Presidente della Giunta provinciale il rilascio delle autorizzazioni, opportunità che sottolineiamo perché ci sembra che sia proprio da evitare che i Sindaci abbiano ad essere sottoposti a pressioni di vario genere; pressioni che, se pensiamo all'ambiente ristretto di un Comune, sono facilmente immaginabili e possono, per essere chiari, tradursi addirittura nella minaccia o nel ricatto della chiusura di un'azienda qualora il Sindaco non si adeguasse ad un certo tipo condotta compiacente.
Dove non siamo d'accordo invece, è sul disposto degli artt. 4, 5 e 6 essenzialmente per quanto riguarda i compiti e la composizione della Commissione tecnica regionale. In argomento abbiamo presentato alcuni emendamenti la cui accettazione - dalla quale sarà poi condizionato il voto finale del M.S.I. Destra nazionale - riteniamo essere indispensabile per fare sì che la legge si riveli davvero proficua per l'intera comunità piemontese e non abbia invece a porre le premesse per quella che potremo dire la creazione di un nuovo centro di corruzione e di sottogoverno.
Detto questo torniamo agli artt. 4, 5 e 6, con la cortese preghiera al Presidente della Giunta, all'Assessore del ramo, al relatore, a quanti hanno contribuito alla stesura del testo in esame, di volere considerare i nuovi rilievi e le nostre proposte come contributo alla risoluzione di un problema che per la sua drammaticità sta a cuore a noi almeno tanto quanto a loro.
Noi accenneremo soltanto di sfuggita al fatto che l'art. 6 prevede la nomina di soli tre esperti da parte del Consiglio Regionale con rappresentanza delle minoranze: questa limitazione porterà, come al solito all'accordo con i comunisti ed all'esclusione di qualsiasi esperto segnalato dalla nostra parte politica, anche se logica e opportunità vorrebbero che in un campo così importante, in una materia così delicata anche il M.S.I. Destra nazionale avesse un rappresentante di sua fiducia impegnato direttamente. Ma lasciamo pur stare queste considerazioni di carattere più strettamente politico e partitico, limitiamoci ad avanzare proposte meramente tecniche. E cominciamo con il soffermarci sulla specializzazione dei membri elettivi della Commissione: in proposito, il terzo comma dell'art. 6 indica che essi membri devono essere prescelti tra esperti nelle materie chimiche, biologiche, di medicina igienistica e di ingegneria: ma, così facendo, cioè con questo testo non si dà la certezza che tutte queste materie, e non più esperti di una sola materia abbiano ad essere rappresentati in Commissione con totale esclusione delle altre. Così si potrebbe verificare, al limite, il paradosso della mancanza di chimici in una Commissione che deve esaminare essenzialmente problemi chimici. E poi, mentre dalla specificazione di esperti in medicina ed ingegneria è facile risalire ai medici e agli ingegneri, da quella di esperti in chimica e biologia non è automatico il passaggio a laureati in chimica e biologia abilitati ed iscritti agli Ordini, perché non è infrequente il constatare che in Italia incarichi che dovrebbero essere occupati soltanto da chimici o da biologi, sono ricoperti al contrario da ingegneri, da medici addirittura da periti agrari o da geometri.
Per tutto questo noi riteniamo opportuno stabilire, e stabilirlo con precisione, con chiarezza, che della Commissione facciano parte almeno un chimico, un biologo, un medico igienista ed un ingegnere sanitario (e non tanto per fare un esempio, un ingegnere elettrotecnico o edile) tutti regolarmente iscritti ai rispettivi Ordini professionali, al fine così di avere una certa garanzia sul loro comportamento deontologico. Poiché poi questa garanzia venga ulteriormente verificata e aumentata, noi giudichiamo essenziale che nella legge sia precisato in modo chiaro ed inequivocabile che tutti i membri della Commissione non possono avere rapporti di lavoro nonché interessi diretti o indiretti, con le industrie che scaricano residui di attività produttive oppure che progettano, fabbricano installano impianti di depurazione: oppure ancora che siano in qualche modo legati ad unioni industriali o di categoria. Se così non fosse, essi infatti si verrebbero a trovare nella posizione privilegiata di controllori che controllano se stessi, non soltanto, ma si potrebbe anche facilmente ipotizzare il condizionamento di qualsiasi industriale che, per avere la sicurezza di non correre rischi, altra via non avrebbe che affidarsi alla loro consulenza, oppure alla consulenza di ditte ad essi legate. In questo modo, riallacciandoci a quanto dicevamo prima, la Commissione verrebbe a trasformarsi in un centro di pressione o di corruzione addirittura, che certo nessuno di noi vuole e che comunque non vogliamo noi del M.S.I.
Destra nazionale.
A questo proposito, anzi, ed alla luce di quanto detto, noi crediamo non sia inopportuno invitare l'Assessore competente ad esaminare attentamente la composizione di alcuni organi similari, quali ad esempio il Comitato regionale antismog.
E, dopo questi rilievi sulla composizione della Commissione, passando ad esaminare i compiti, ci sembra di dover osservare che sono troppo ampi mortificanti per la libera iniziativa, destinati a creare una serie di gravi inconvenienti. Difatti, secondo l'art. 4 che si riferisce ai nuovi insediamenti produttivi, la Commissione è chiamata ad esprimere un nuovo parere preventivo ed indubbiamente vincolante sul progetto per la depurazione: ma, dopo questo parere, l'autorizzazione definitiva è subordinata - e giustamente - all'esito favorevole del controllo degli scarichi medesimi.
A questo punto noi domandiamo: e se gli scarichi in pratica non rientrano nei limiti previsti dalla legge, che cosa succede? Chi ha seguito e superato tutto l'iter previsto dal provvedimento legislativo di cui stiamo adesso discutendo, viene a trovarsi esposto, e non per sua colpa alle conseguenze penali ed amministrative del caso dopo avere speso decine o magari centinaia di milioni. Chi gli rifonderà il danno? La Regione? I singoli membri della Commissione? Badate, colleghi Consiglieri, non è poi un'ipotesi assurda questa poiché è noto che i problemi della depurazione delle acque sono molto complessi e presentano difficoltà enormi, in certi casi mai affrontati prima d'ora. Sta a dimostrarlo il cattivo funzionamento di tanti impianti di depurazione installati in Italia ed all'estero: per cui sembra a noi molto azzardato stabilire a priori che i membri della Commissione, per quanto esperti essi siano o possano essere, potranno risolvere tutti i problemi. Molti imprenditori, sia pure per una mancata esatta conoscenza della legge, sarebbero convinti di non correre più alcun rischio dopo avere ottenuto l'approvazione della Commissione. Proviamo dunque ad immaginare la situazione di un industriale che - forte di due pareri favorevoli ottenuti dalla Commissione ed avendo speso ingenti somme - si trovi poi con un impianto che non funziona a dovere e quindi esposto all'eventuale denuncia penale ed alla mancanza di autorizzazione amministrativa. Ci sembra che le conseguenze siano facilmente prevedibili. Inoltre, per stabilire l'idoneità del progetto di depurazione, la Commissione - e qui ci viene in soccorso quanto già stanno facendo a comitati antismog - certo pretenderà di conoscere tutti i processi di lavorazione e non si accontenterà di essere informata soltanto della composizione delle acque di scarico, magari dopo un'analisi effettuata dal laboratorio chimico provinciale. Con questo, si correrà il rischio, ad avviso nostro, di danneggiare non poche industrie perché è noto infatti che ogni impresa ha le sue "ricette", se volete, i suoi segreti di produzione che - a ragione - cerca di custodire gelosamente in un Paese in cui la ricerca applicata delle grandi industrie soprattutto consiste nel tentare di copiare le idee altrui.
Secondo la legge, i segreti dell'impresa andrebbero invece rivelati ai membri della Commissione, con pericolo evidente di fughe più o meno involontarie. Non è un'ipotesi azzardata (un'analoga osservazione vale anche per l'art. 5 sugli impianti produttivi già esistenti) ed è per questo che al riguardo noi abbiamo presentato degli specifici emendamenti che tengono conto da un lato l'opportunità dell'esistenza della Commissione tecnica e dall'altro il fatto però che la Regione ha interesse a tutelare non solo le acque e la salute dei piemontesi, ma anche la capacità produttive delle industrie del Piemonte.
A nostro avviso dunque si tratta di dire agli imprenditori, la maggior parte dei quali in questo campo è del tutto sprovveduta, che la Regione mette a loro disposizione un organo tecnico il quale, a loro richiesta, pu dare un parere gratuito e a livello scientifico medio rispetto a quanto possono trovare altrove, sui progetti elaborati da ditte o da tecnici di loro fiducia: ma che in ogni caso l'autorizzazione a scaricare verrà concessa sempre e soltanto se sono rispettati i limiti di scarico.
Queste osservazioni sono riassunte e concretate in emendamenti che abbiamo presentato e che saranno sottoposti al voto del Consiglio.
Definiremo la posizione del M.S.I. Destra nazionale, in ordine al progetto di legge in esame, sulla base delle considerazioni che gli altri Gruppi politici e la Giunta stessa vorranno riservate alle nostre proposte.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FASSINO



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Cardinali, ne ha facoltà.



CARDINALI Giulio

Signor Presidente, signori Consiglieri, la legge che ci accingiamo a votare acquista rilievo in quanto rappresenta la conseguenza di un impegno assunto dalla Regione fin dall'inizio della sua attività in un settore che non esitiamo a definire nevralgico. Anche se oggi il problema ecologico è diventato di moda e molto volte serve a mascherare più cattive che buone volontà di intervento, non c'è nessun dubbio che questa legge ha degli elementi positivi per intervenire in un settore che maggiormente preoccupa quello dell'inquinamento delle acque superficiali e delle acque di falda.
E' evidente che si tratta di una legge di intervento che tende cioè a mettere un freno agli scarichi maggiormente inquinati, soprattutto a quelli industriali per la tipicizzazione di certe produzioni prevalenti nella nostra Regione.
Io credo che la legge sia inquadrabile in una situazione giusta per quello che esprime e per quello che rappresenta e credo abbia individuato gli strumenti idonei per arrivare, pur nella limitazione dei poteri, ad esercitare il controllo che viene richiesto in questo settore vitale.
Purtuttavia ci sono degli aspetti tecnici sui quali mi permetto di sollevare dei dubbi non tanto per quello che dice la legge, ma per quello che - l'esperienza mi insegna - rappresenta ancora il settore estremamente vago delle proposte per una risoluzione chiara dei problemi epurativi. Da dieci anni a questa parte siamo passati da normali impianti epurativi al trattamento primario e non possiamo non riconoscere che non siamo mai arrivati a qualche cosa di perfettamente definito in termini tecnici. Forse sul piano tecnologico gli Stati Uniti d'America potrebbero insegnarci qualche cosa, ma non abbiamo mai potuto realizzare qualcosa che desse elementi di certezza.
E' evidente che non possiamo che rimetterci all'attuale livello tecnologico, il quale è quello che è, ma se applicato a dovere può portare alla conseguenza di liberare gradualmente le nostre acque dai fattori inquinanti che oggi le rendono addirittura inutilizzabili. Non parliamo come giustamente diceva Bono, della pesca, che ormai non si esercita quasi più. C'è ancora qualche fontana che si è riusciti a salvare per ragioni che non hanno nulla a che vedere con le caratteristiche della fontana stessa ma tutti i nostri corsi d'acqua sono più o meno inquinati.
Con questa legge cerchiamo di mettere un certo ordine e lo mettiamo (e qui non sono d'accordo con Bono) attraverso gli strumenti possibili ed io credo che la Provincia, per le sue attrezzature di laboratorio, per le possibilità di controllo che ha sia l'organo valido per esercitare questa attività, anche se obiettivamente forse il parere preventivo di un Comune per l'autorizzazione di uno scarico potrebbe essere ugualmente richiesto come del resto sarà richiesto, perché non succede niente nel territorio di un Comune senza che lo stesso non possa intervenire. Io ritengo che la legge in discussione abbia queste caratteristiche, abbia un aspetto positivo che noi le riconosciamo, tuttavia c'è una questione che non tradurremo in emendamento come Gruppo socialdemocratico, anche se la poniamo come problema, relativa alla nomina degli esperti: il numero di tre esclude delle forze politiche che potrebbero, attraverso esperti di propria competenza, esercitare un utile controllo sull'attività della Commissione.
Io credo che l'adeguamento numerico potrebbe, portare ad una giusta presenza di tutte le forze politiche a livello tecnico e non a livello di rappresentanza politica.
Con queste premesse e con questi suggerimenti, fermo restando che esprimeremo in merito ai singoli emendamenti il nostro apprezzamento di volta in volta, ci dichiariamo disposti a votare positivamente la legge.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Calsolaro, ne ha facoltà.



CALSOLARO Corrado

Ci sembra opportuno, discutendo questa legge, fare il confronto fra la proposta presentata nel luglio dello scorso anno dal Gruppo socialista e il testo licenziato dalla maggioranza della V Commissione.
La proposta di legge n. 103 - cioè la proposta di legge socialista - si muove in due direzioni: da una parte con la previsione della organizzazione tecnico-amministrativa e del piano di risanamento, dall'altra con la previsione delle norme intese a disciplinare gli scarichi delle attività produttive.
La parte programmatica della proposta 103 era contenuta negli articoli 2, 3 e 4.
Questi articoli contenevano, rispettivamente, l'indicazione degli indirizzi di piano e della loro articolazione; le linee della organizzazione amministrativa per la realizzazione e la gestione delle opere pubbliche occorrenti per il disinquinamento; la istituzione della Consulta regionale contro l'inquinamento delle acque.
La parte più propriamente normativa conteneva le disposizioni relative ai compiti di vigilanza, analisi e controllo degli inquinamenti, le sanzioni contro i trasgressori, le autorizzazioni per gli insediamenti produttivi esistenti e per i nuovi insediamenti produttivi, sul fondamento giuridico amministrativo offerto dall'art. 1, lettera p), del D.P.R. n. 11 (esercizio della pesca nelle acque interne) e dall'art. 13, n. 8, del P P.R. n. 4 (igiene del suolo e dell'ambiente, inquinamento atmosferico e delle acque, aspetti igienico-sanitari delle industrie insalubri), nonch dalle competenze attribuite al Presidente della Giunta provinciale dalla legge comune.
Nel testo approvato dalla V Commissione, gli articoli 2, 3 e 4 della proposta di legge n. 103, sono sintetizzati all'arti 10. In questo articolo viene fissato il termine di 90 giorni entro il quale, a far tempo dall'entrata in vigore della legge, la Giunta è impegnata a presentare in Consiglio un disegno di legge per l'approvazione dei piani regionali di depurazione delle acque e di smaltimento dei rifiuti solidi, e per il finanziamento delle opere relative. Le ragioni di questa norma, e particolarmente del fatto che la parte programmatica contenuta nella proposta di legge n. 103 non venga riprodotta nella sua interezza nel testo legislativo, ci sembrano del tutto evidenti.
Dal 26 luglio 1973, data in cui la proposta venne presentata dal Gruppo socialista, le cose non sono rimaste ferme. E' trascorso quasi un anno: nel frattempo si è ricostituita la Giunta di centro-sinistra ed i principi formulati nella proposta numero 103 sono passati nel programma che la Giunta si è impegnata a realizzare nello scorcio di legislatura.
Nella presentazione del programma della Giunta, nel gennaio di quest'anno, infatti, le iniziative contenute nella nostra proposta sono state puntualmente riprese.
Esplicitamente la Giunta Regionale si è impegnata ad organizzare a livello comprensoriale, in possibile coincidenza con le aree e le sub-aree ecologiche, il servizio di depurazione delle acque ed il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi, operando in una duplice direzione.
Da una parte, sulla base dei piani generali per la depurazione delle fognature urbane e per lo smaltimento dei rifiuti solidi, in corso di predisposizioni, con la presentazione di un disegno di legge regionale volto ad approvare i piani di depurazione e di smaltimento ed a finanziare le opere pubbliche relative.
Dall'altra, sulla base della legge oggi in discussione, la promozione del controllo dal punto di vista ecologico sulla localizzazione dei nuovi insediamenti produttivi, ed una energica azione coordinata con le Province ed i Comuni per il disinquinamento degli effluenti liquidi degli stabilimenti gia in funzione.
Il bilancio per il 1974 contiene già gli stanziamenti relativi sia ai provvedimenti per la depurazione delle acque, e cioè alla legge che discutiamo oggi, nella misura prevista dal testo della V Commissione che è di 400 milioni (con un aumento di 100 milioni nei confronti della proposta di legge n. 103, e quindi con un sensibile maggior impegno finanziario da parte della Regione); sia alle provvidenze speciali a favore dei Consorzi tra Enti locali per la realizzazione del piano regionale di depurazione degli scarichi urbani, in 800 milioni, e di smaltimento dei rifiuti solidi in 400 milioni; oltre ai contributi ai Comuni e ai Consorzi di Comuni per 150 milioni.
La relazione al bilancio dell'Assessore Simonelli richiama il piano regionale di depurazione delle fognature urbane ed il piano di smaltimento dei rifiuti solidi. Per entrambi si fa riferimento alla organizzazione comprensoriale (22 comprensori per 280 Comuni il primo, 28 comprensori per 660 Comuni il secondo).
In questa prospettiva, nella imminenza della presentazione da parte della Giunta del piano generale di risanamento degli inquinamenti - e tenuto altresì conto del fatto politico che l'Assessore incaricato della predisposizione del piano è lo stesso collega che per conto del gruppo socialista ebbe a redigere relazione e testo della proposta di legge n.
103, e che quindi non può non essere anche personalmente responsabile nei riguardi di un programma già approvato in due diversi momenti della maggioranza del Consiglio, e rilevato nelle stesse poste di bilancio - ci sembra che la disposizione finale di cui all'art. 10 del testo in discussione sia da considerarsi del tutto soddisfacente.
Esiste un preciso impegno delle forze di maggioranza in questo senso c'è già stata una chiara manifestazione di volontà politica sulla necessità e sui tempi di intervento, con appositi provvedimenti legislativi, da parte della Regione nel settore: questa è, per noi, la garanzia più valida e più efficace che tutto quanto è stato previsto in materia sarà portato a compimento nei modi e nel momento indicati.
Riteniamo di conseguenza di non poter concordare sulla opportunità di accogliere gli emendamenti presentati dal Consigliere Bono, e precisamente l'emendamento soppressivo dell'art. 10 ed il relativo emendamento sostitutivo, e l'emendamento aggiuntivo all'art. 11.
Questi emendamenti che, sia formalmente che sostanzialmente riproducono gli articoli 2 e 3 della proposta di legge n. 103 presentata dal gruppo socialista, vengono a collocarsi in una situazione che, se presentava nel luglio dello scorso anno un quadro non ancora definito ed i cui contorni necessitavano di opportune chiarificazioni e determinazioni appare oggi, invece, alla luce del programma e del bilancio della Regione correttamente affrontata ed avviata a soluzione.
Ancora, per restare nell'ambito delle enunciazioni programmatiche, ci sembra che non possa trovare accoglimento l'emendamento proposto dallo stesso Consigliere Bono che reca l'intitolazione "Piano generale delle acque", e che diventerebbe l'art. 12 della legge. Questa legge ha per oggetto "Provvedimenti per la depurazione delle acque: disciplina degli scarichi delle attività produttive". All'art. 10 si fissano i termini per l'approvazione dei piani regionali di depurazione delle acque e di smaltimento dei rifiuti solidi. Si tratta quindi di una materia ben definita, che attiene, per così dire, al "dipartimento ecologico".
Il piano generale delle acque è molto importante, ma, anche ammettendo che esistano, come esistono, delle interrelazioni fra di esse ed i piani anti-inquinamento, ha pur sempre una dimensione diversa, diciamo una dimensione inter-dipartimentale.
E questa dimensione diversa, questo "altro", o questo "modo di più" che è il piano delle acque, lo si rileva dallo stesso testo dell'emendamento, che si richiama al censimento delle risorse idriche, alla previsione dei consumi ed al razionale utilizzo delle risorse disponibili.
E che nella previsione dei consumi fa riferimento all'alimentazione all'agricoltura, alla sistemazione idrogeologica, all'ambiente, alla pesca all'industria, all'energia, ai trasporti. Mi sembra, cioè che l'emendamento introduca una materia estranea all'oggetto della legge. Piuttosto esso potrà formare oggetto di un dibattito preliminare alla presentazione del piano e di un rinnovato impegno della Giunta, peraltro più volte e ancora recentemente riproposta, ai fini della elaborazione e dei tempi di attuazione del programma nella materia.
E' del tutto pacifico che le norme attualmente vigenti nel nostro Paese in materia di inquinamenti costituiscono una vera e propria "selva oscura" al cui interno è assai difficile orientarsi. Si tratta di leggi emanate nel corso di più di cento anni, regolanti fenomeni che originariamente avevano ben poco a che vedere con l'inquinamento e che prevedono una serie di organi le cui competenze si intrecciano fra di loro e le cui procedure appaiono quanto mai macchinose. Ci troviamo conseguentemente di fronte a norme che poggiano più sulle sanzioni conseguenti a determinate violazioni che non a un sistema preventivo con il quale si cerchi di regolamentare le attività umane che abbiano conseguenze inquinanti, predisponendo i mezzi adatti ed i finanziamenti sufficienti a limitare, se non ad evitare del tutto, l'inquinamento. E' quanto - per quest'ultimo aspetto - dovranno proporre i piani regionali di imminente presentazione al Consiglio.
La normativa di cui alla nostra legge sulla depurazione delle acque deve svolgersi lungo il filo conduttore delle competenze attribuite alla Regione ed agli Enti locali territoriali, Comuni e Province, individuando una linea interpretativa delle leggi attualmente vigenti che consenta alla Regione di legiferare, senza invadere la sfera dei poteri propri dei Comuni e delle Province, per mettere in funzione un meccanismo coordinato di interventi che consenta una partecipazione attiva degli Enti locali territoriali. Le difficoltà, le incertezze obiettive non solo nella interpretazione delle norme, ma addirittura nella loro individuazione, si rilevano dalla loro diversa prospettiva nella quale si sono posti il disegno di legge n. 96 a suo tempo presentato dalla Giunta e la successiva proposta di legge n. 103 presentata dal Gruppo socialista. Il disegno di legge della Giunta individua la competenza nei regolamenti di polizia urbana per stabilire un rapporto Sindaco-Commissione regionale per la tutela dell'ambiente in ordine alla progettazione degli impianti depurativi e all'esercizio degli insediamenti produttivi, ed un rapporto Sindaco Laboratorio provinciale di igiene e profilassi in ordine all'autorizzazione allo scarico.
La proposta di legge socialista - accolta dalla Commissione individua, a nostro avviso più correttamente, nel Presidente della Giunta Provinciale l'organo istituzionalmente competente a concedere il permesso agli stabilimenti industriali per versare i rifiuti nelle acque pubbliche secondo le norme più recenti ed attualmente in vigore per il decentramento organico dei servizi del Ministero dell'agricoltura e delle foreste alle Amministrazioni provinciali. Conseguentemente l'esercizio dell'attività di vigilanza, analisi e controllo sugli scarichi delle attività produttive è attribuita alle Province che dispongono di un organo tecnico, il Laboratorio di igiene e profilassi, da potenziare in funzione di una effettiva capacità operativa della legge.
In sostanza, mentre il rilascio della licenza edilizia è di competenza del Sindaco, l'autorizzazione allo scarico è di competenza del Presidente della Provincia.
Il rapporto della Regione con gli Enti locali, così come non pu determinare l'invasione dei settori di competenza propri di questi, così non può consentire che funzioni tipiche degli uni vengano esercitare dagli altri: in caso contrario ne verrebbe lesa quella autonomia che è loro riconosciuta dalla legge e che la stessa legislazione regionale non pu disattendere.
L'aspetto più rilevante della collaborazione fra Regioni, Province e Comuni, è costituita dalla comune partecipazione alla Commissione tecnica regionale, prevista dall'art. 6, alla quale sono attribuiti, oltre ai pareri in materia di nuovi insediamenti produttivi, di insediamenti produttivi esistenti e di sanzioni, compiti di coordinamento per l'effettuazione del censimento degli scarichi e per l'attività dei laboratori provinciali di igiene e profilassi. La Commissione tecnica regionale diverrà così il punto di incontro nel quale le diverse competenze potranno armonizzarsi ai fini di una efficace applicazione della legge e di una opportuna ricerca delle soluzioni più avanzate in relazione allo stato dell'inquinamento.
Così come la previsione, contenuta nell'art. 7, di convenzioni con le Province ed i Comuni o loro Consorzi interessati per l'istituzione di sezioni staccate dei Lavoratori di igiene e profilassi potrà consentire di porre a disposizione degli Enti locali i mezzi tecnici indispensabili per i servizi di vigilanza, analisi e controllo.
E' certo che non possiamo consentire ad una linea del tipo di quella indicata dal disegno di legge governativo n. 895 che, mentre nella relazione fa esplicito riferimento al rilevante contributo che le Regioni a statuto ordinario potranno dare alla lotta contro gli inquinamenti - per riaffermare però immediatamente dopo che la materia è di competenza dello Stato - attribuisce la competenza alla autorizzazione di qualunque scarico nelle acque superficiali, sotterranee, interne e costiere, sia pubbliche che private, alla giunta di bacino.
Giunta di bacino che si compone di 10 membri dei quali cinque appartengono alla categoria dei funzionari (e fra questi il medico provinciale della provincia sede della Sovrintendenza e il direttore del reparto chimico del Laboratorio provinciale di igiene e profilassi della provincia sede della Sovrintendenza), due a categorie interessate e tre eletti fra i rappresentanti delle Regioni del Consiglio di bacino.
Se teniamo conto del fatto che il Piemonte farebbe parte, con la Valle d'Aosta, la Lombardia, l'Emilia e la Liguria, del bacino imbrifero del Po e che la sede della Soprintendenza verrebbe fissata a Parma, ne discenderebbe l'aberrante conseguenza che della Giunta di bacino che autorizza gli scarichi farebbero parte: il medico provinciale e il direttore chimico del laboratorio di igiene e profilassi di Parma, mentre rimarrebbero esclusi i rappresentanti di almeno due Regioni. Riesce veramente difficile, a questo punto, intendere il significato e la ragione di quanto recita la relazione al disegno di legge governativo secondo cui: "La Regione non può rimanere estranea a un problema che investe materie nelle quali è direttamente ed amministrativamente interessata, anzi essa deve intervenire per quelle prerogative che la Costituzione le affida in campo urbanistico, e ciò per salvaguardare una corretta interdipendenza tra pianificazione urbanistica e classificazione delle acque. In linea di tale principio - si conclude su questo punto nella relazione - la composizione degli organi e delle Soprintendenze di bacino è stata sensibilmente modificata nel senso che si è attribuita una larga rappresentatività delle Regioni in seno agli organi stessi, rappresentatività che abbiamo visto in che misura viene attribuita alle Regioni".
Di tutt'altro rilievo ci sembra invece il progetto di legge sulla tutela delle acque dagli inquinamenti predisposto dalla Federazione Nazionale Aziende Municipalizzate dell'Acqua, in forza del quale in tutela è esercitata dagli Enti amministrativi territoriali, con l'autorizzazione agli scarichi da parte della Giunta esecutiva di bacino che però, come il Consiglio di bacino che la elegge, è composta di membri eletti nella totalità dei Consigli Regionali interessati alla Circoscrizione.
E vorrei infine ricordare soltanto una delle proposte di legge regionali, quella della Lombardia, che - estremamente critica nei confronti della non politica da parte dello Stato in materia di lotta contro le cause di inquinamento idrico, per il recupero allo stato naturale dei corsi d'acqua inquinati, ed in adempimento delle norme contenute nei decreti delegati e dagli impegni statutari - si propone in materia di disciplina della depurazione di delegare alle Amministrazioni provinciali sia le funzioni di controllo igienico-sanitarie sugli scarichi liquidi avvalendosi dell'opera e delle strutture dei Laboratori provinciali di igiene e profilassi, che la dichiarazione di ammissibilità degli scarichi. In sostanza, dopo questi brevissimi cenni sulle iniziative legislative esiste e per concludere, ci sembra che la legge che il Consiglio è oggi chiamato a votare corrisponda da una parte alla funzione che le è propria e che è evidentemente limitata alla disciplina degli scarichi; dall'altra ad una interpretazione delle norme attualmente in vigore che le consentano una immediata operatività. Nella situazione in cui versa il Piemonte non è più possibile attendere oltre la normativa statale: ogni ulteriore differimento di ogni possibile iniziativa ricadrebbe sulla responsabilità della Regione.
Approvando questa legge diamo vita ad un primo strumento attraverso il quale viene determinata una normativa comune, e soprattutto una certezza normativa, in attesa dei piani regionali di depurazione delle acque e di smaltimento dei rifiuti solidi con i quali si realizzerà l'intervento programmatorio delle opere.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Franzi, dopo di che si chiude la discussione generale.
Mi è stato chiesto di invertire l'ordine del giorno in quanto l'Assessore Armella, per impegni familiari, non può essere presente domani e di discutere la proposta di legge n. 129 per la salvaguardia del piano sanitario regionale.
Chiederei al Consiglio se preferisce iniziarlo alle 15 o dopo la votazione della legge sulle acque reflue.
Alle 15? Va bene. Allora avverto il relatore Beltrami che alle 15 facciamo la legge di salvaguardia.
Ha la parola il Consigliere Franzi.



FRANZI Piero

Signor Presidente, signori Consiglieri, signor Assessore, desidero intervenire brevemente in questo dibattito non tanto per riprendere gli argomenti che sono già stati ampiamente trattati nella relazione illustrata del Consigliere Zanone, quanto invece per esprimere alcune considerazioni a cui sono direttamente interessati produttori agricoli. I fenomeni dell'inquinamento delle acque, che rappresentano solo un aspetto della crisi ecologica che investe l'uomo ed il suo habitat sul piano mondiale hanno assunto e vieppiù assumono caratteri veramente allarmanti. Sono aspetti noti a tutti come parimenti sono noti gli sconvolgimenti che in modo irreversibile questi fenomeni hanno prodotto e continuano a produrre con sempre maggiore frequenza e intensità, nell'ambiente in cui viviamo.
Tempestivo è pertanto l'intervento della Regione per porre termine a questa corsa verso l'irreparabile e rimediare nel contempo, per quanto sarà ancora possibile, ai gravi danni che la mancanza di un'organica legislazione in sede nazionale non ha permesso di evitare o quanto meno di contenere. Ma non di questo voglio parlare. Oggi qui intendo portare il grazie e la riconoscenza di tutta l'agricoltura piemontese interessata al problema dell'irrigazione.
La necessità di una disciplina degli scarichi inquinanti è infatti particolarmente sentita dai nostri produttori agricoli che attualmente sono costretti ad utilizzare, per l'irrigazione delle loro colture, acque che presentano un alto tasso di inquinamento. Quasi tutti i corsi d'acqua del Piemonte, in relazione all'imponente sviluppo industriale ed urbano verificatosi nella nostra regione, hanno determinato il progressivo deterioramento delle principali fonti idriche utilizzate dal settore agricolo. Il canale Cavour in particolare, che serve il più vasto ed importante comprensorio agricolo sul piano nazionale, risente degli innumerevoli scarichi della vasta fascia industriale di Torino e del suo hinterland. L'elenco potrebbe essere esteso a tutti i corsi d'acqua regionali che in misura più o meno consistente presentano gli stessi aspetti negativi. Le acque irrigue portano sui nostri campi, oltre ai detersivi, anche diverse componenti quali lo stagno, il nichel, il bromo e in particolare quello più tossico, il cromo. Sono componenti estremamente dannose per le colture agricole in quanto non biodegradabili, ma che si fissano invece al terreno.
I danni provocati alle produzioni sono rilevanti ed in alcuni casi assumono aspetti gravi. Basta ricordare le denunce degli agricoltori novaresi per i danni alle marcite, ai prati stabili e alle risaie in conseguenza degli scarichi delle cartiere nella roggia Mora.
Sempre più frequenti si verificano danni alla vegetazione sotto forma di malattie sconosciute e fenomeni di asfissia che causano la morte delle piantine, in specie nel primo stadio vegetativo.
Ma vorrei qui sottolineare un altro aspetto del problema, più importante forse, anche se attualmente meno evidente. Indagini in corso da parte dell'Ente nazionale risi, di intesa con i Laboratori provinciali di igiene e profilassi di Vercelli e di Novara, tendenti ad accertare lo stato di inquinamento delle acque irrigue, (indagini che si articolano attraverso le analisi delle caratteristiche chimico-fisiche-biologiche delle acque nell'arco dell'intera stagione irrigua), hanno messo in evidenza che le acque che defluiscono a valle nei comprensori irrigui dei fiumi Dora, Sesia e Ticino, presentano caratteristiche migliori per il minor contenuto di sostanze inquinanti e per la maggiore ossigenazione delle stesse acque che provengono dai fiumi.
Dagli esami effettuati dai Laboratori d'igiene e profilassi di Vercelli e di Novara, è stata confermata l'ipotesi, peraltro già intuitiva, che il terreno irriguo svolga la funzione di un gigantesco impianto di depurazione nei confronti delle acque inquinate che ad esso vengono addotte e ciò per l'azione di sedimentazione dovuta al rallentamento della velocità delle acque stesse e per l'azione di filtro e di assorbimento operata dal terreno irriguo per molte sostanze tossiche e dei relativi ioni. Tale risultato, a prima visto positivo, potrebbe però nascondere un'insidia estremamente grave: sono infatti ancora ignote le conseguenze dell'accumulo nel terreno agrario della vasta gamma di sostanze tossiche o nocive trasportate in sospensione o in emulsione dalle acque irrigue inquinate; come pure tutte le varie modificazioni che tali sostanze possono subire, una volta trattenute dal terreno, integrandosi fra loro e con il terreno stesso. N per ora è possibile prevedere gli effetti che nel tempo dette sostanze e quelle da loro derivate, potranno avere, nei confronti dei prodotti agricoli e della lunga catena delle loro successive trasformazioni.
Auguriamoci che questi effetti non apportino, anche se a lungo termine modifiche così sostanziali da impedire ogni forma di coltivazione. Dai fatti esposti in conclusione non può che nascere un plauso per la sollecitudine con la quale la Regione Piemonte, nelle persone del suo Presidente Oberto e del suo Assessore Fonio, primo fra tutte le Regioni a Statuto ordinario, ha portato all'esame il provvedimento legislativo per la tutela delle acque dagli inquinamenti. Le popolazioni agricole del Piemonte, in modo particolare quelle del vercellese e del novarese, sono veramente riconoscenti e grate.



PRESIDENTE

Ha la parola l'Assessore Fonio.



FONIO Mario, Assessore alla tutela dell'ambiente

Visto come è stato organizzato l'andamento dei lavori, per quanto la mia relazione abbia già anticipato la risposta a numerosi punti svolti negli interventi dei singoli Consiglieri, l'eventuale replica chiederei di poterla fare a chiusura della discussione generale come eventuale replica della Giunta.



PRESIDENTE

Allora, chiusa la discussione generale, avrà la parola l'Assessore Fonio prima del passaggio alla votazione degli articoli.
Prego di essere puntuali alle 15 perché poi si tratta di votare i dieci articoli e alle 19.15 al massimo dobbiamo chiudere perché abbiamo una manifestazione a Gattinara.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 12.35)



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