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Dettaglio seduta n.234 del 14/06/74 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento:

Ordine del giorno della seduta


PRESIDENTE

Dichiaro aperta la seduta. L'ordine del giorno reca: Approvazione verbali precedenti sedute.
Comunicazioni del Presidente.
Esame mozione avente per oggetto la definizione dell'atteggiamento della Regione circa la richiesta di approvazione della variante del Piano Regolatore Generale Comunale e del Piano particolareggiato della zona ZRE 10 del Comune di Borgaro e la formazione del Piano territoriale di coordinamento dell'area torinese (allegato: documento contenente la richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio Regionale sottoscritta dai 13 Consiglieri del Gruppo comunista).
Statuti Comunità montane: a) richiesta di chiarimenti ed elementi integrativi di giudizio da parte della Commissione di controllo sugli Statuti delle Valli Stura di Demonte Ossola, Chisone e Germanasca, Vigezzo ed Anzasca b) approvazione nuovi Statuti Comunità montane: Val Pellice - Val Borbera Valli Curone, Grue, Ossona - Valle Maira - Valle Antrona - Dora Baltea Canavesana - Valle Sessera - Alta Valle del Cervo (ed eventuali altri che pervenissero).
Esame progetti di legge n. 96 e n. 103 relativi alla depurazione delle acque reflue (Relatore: Zanone).
Esame disegno di legge n. 137: "Interventi per la promozione dell'assistenza domiciliare agli anziani, agli inabili ed ai minori, nonch per il funzionamento di centri di incontro per gli anziani" (Relatore: Falco).
Esame proposta di legge n. 129: "Per la salvaguardia del piano sanitario regionale" (Relatore: Beltrami).
Esame proposta di legge n. 111: "Proposta di legge del Consiglio Regionale del Piemonte al Parlamento per il consolidamento dei mutui contratti dai Comuni e dalle Province" (Relatore: Visone).
Nessuno chiede la parola sull'ordine del giorno? L'ordine del giorno si intende allora approvato.


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

Passiamo al punto primo dell'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute".
I processi verbali delle sedute del 24, 27, 28, 29, 30 e 31 maggio 1974 sono stati distribuiti ai Consiglieri prima dell'inizio della seduta odierna. Se nessuno ha obiezioni da muovere si intendono approvati.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente


PRESIDENTE

Passiamo al punto secondo dell'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente".


Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo per la seduta odierna i Consiglieri: Calleri di Sala, Cardinali, Giovana, Paganelli, Rossotto, Sanlorenzo, Simonelli.


Argomento:

b) Mancata apposizione visto del Commissario del Governo


PRESIDENTE

Il Commissario del Governo non ha apposto il visto alla Legge regionale concernente lo stato giuridico ed il trattamento economico del Personale regionale. Mi astengo dal dare lettura del testo della motivazione, in quanto è stato allegato al fascicolo.


Argomento:

c) Progetti di legge - Presentazione e assegnazione a Commissioni


PRESIDENTE

E' stata presentata dai Consiglieri Ferraris, Marchesotti, Revelli la proposta di legge n. 168: "Intervento per la difesa, lo sviluppo ed il miglioramento qualitativo delle coltivazioni pregiate"; è stata assegnata per l'esame alla VI Commissione.


Argomento:

d) Risposte scritte ad interrogazioni


PRESIDENTE

Sono state date risposte scritte ad interrogazioni: da parte dell'Assessore Petrini ai Consiglieri Besate, Rivalta e Fabbris, in merito alla circonvallazione sud di Varallo; da parte dell'Assessore Vietti al Consigliere Carazzoni sulla necessità di un intervento finanziario straordinario della Regione Piemonte a favore della Sezione provinciale di Novara della Associazione nazionale Mutilati e Invalidi civili.
Se non vi sono richieste di parola sulle comunicazioni, passiamo all'esame del successivo punto dell'ordine del giorno.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Esame mozione avente per oggetto la definizione dell'atteggiamento della Regione circa la richiesta di approvazione della variante del Piano Regolatore generale comunale e del Piano particolareggiato della zona ZRE 10 del Comune di Borgaro e la formazione del Piano territoriale di coordinamento dell'area torinese presentata dai Consiglieri del Gruppo PCI


PRESIDENTE

La mozione è stata tempestivamente distribuita. Chi chiede di parlare? Il Consigliere Rivalta. Ne ha facoltà.



RIVALTA Luigi

Nel prendere la parola sull'argomento all'ordine del giorno - la nostra mozione - devo sottolineare che a fronte della presenza consistente del mio Gruppo al dibattito si evidenziano larghi vuoti nei banchi della Giunta e della maggioranza. Un argomento di questo genere credo dovrebbe richiedere una più ampia attenzione di tutti i Consiglieri, non solo di quelli eletti nella provincia di Torino, ma anche nelle altre province, stanti le strette relazioni che i problemi connessi a Borgaro hanno con lo sviluppo regionale.
Il problema di Borgaro ha una sua urgenza sia perché l'iniziativa ha preso corso in questi ultimi tempi in modo accelerato, sia perché sono alla Regione, e precisamente agli Uffici della Giunta, trasmessi nelle settimane scorse dal Comune di Borgaro, il Piano particolareggiato di esecuzione riguardante la zona ZRE 10 del Piano regolatore di quel Comune, e la variante al Piano regolatore generale, con la quale, riprendendo le indicazioni di residenzialità della zona contenute nel Piano regolatore approvato con Decreto Ministeriale nell'ottobre del '71, si apportano sostanziali modifiche alla rete viaria, all'azzonamento e alle norme allora previste per quel stessa zona.
La zona ZRE 10 del Piano regolatore di Borgaro è comunemente conosciuta come quella dell'Immobiliare, quella su cui si intende costruire una città nuova. Su di essa si sono orientati gli interessi imprenditoriali e speculativi dei più potenti gruppi finanziari nazionali operanti nel settore, che in quella zona hanno individuato l'occasione di realizzare la più grande operazione immobiliare residenziale che sia mai stata attuata in Italia. In questa prospettiva hanno agito, con insistenza e pervicacia attraverso un ventaglio di manovre condotte in modo manifesto fino ai limiti della liceità, e di cui è possibile intuire la estensione occulta al di là di questi limiti.
L'operazione e le manovre hanno preso le mosse nel 1961 - '62, più di dieci anni fa.
Allora, la Società Immobiliare di Roma trovò nell'area torinese nell'area in cui erano e sono tuttora orientate forti immigrazioni, in cui acuto è il problema della casa e crescente la domanda di alloggi, in cui è possibile realizzare lucrose speculazioni - l'occasione di acquisire quasi due milioni di metri quadrati di terreno accorpato, al prezzo di mille lire il metro quadro, alienati dall'istituto di assistenza agli anziani.
Si tratta di aree agricole, a cavallo del confine comunale che divide Borgaro da Settimo, lontane alcuni chilometri da entrambi i centri abitati dei due Comuni, sulle quali si prospettava di costruire una città di 80 mila e più abitanti, e insediamenti industriali. La zona è periferica a Torino; una delle poche, nella cintura, che fino ad allora non solo non aveva ricevuto destinazioni residenziali e su cui non era iniziata l'urbanizzazione, ma non era stata neppure ipoteticamente considerata dagli Enti locali interessati, modificabile nella sua destinazione di uso agricolo. E questo sia per la scarsa vocazione, a causa delle caratteristiche ambientali - zona bassa dell'area torinese, più nebbiosa di altre, meno adatta rispetto ad altre per insediamenti residenziali -, sia per non aggiungere ulteriori fattori di concentrazione e congestione di attività a residenze in un settore dell'area torinese che lo sviluppo spontaneo aveva già allora fortemente interessato lungo le direttrici Torino - Settimo - Chivasso e Torino - Borgaro - Caselle che lambiscono la zona.
Oggi, di fronte alla gravità della crisi dell'agricoltura e al conseguente deficit della bilancia commerciale, di fronte all'accentuarsi di processi di polarizzazione sull'area torinese, ai fenomeni di congestione e di degradazione ambientale ed ecologica che si sono in essa generati, con maggiore coscienza di allora, ma anche come verifica di validità, possiamo riconoscere la positività sostanziale di quell'atteggiamento, che, favorito dalla minor qualità del sito ai fini residenziali rispetto ad altri, tendeva a preservare all'attività agricola una zona che presenta buone qualità dal punto di vista agrario e che è di estensione opportuna per consentire una produttiva organizzazione aziendale. Questa posizione connetteva la destinazione di uso agricolo all'obiettivo di difendere da ulteriore aggravamento la situazione ecologica dell'area torinese. Difesa quindi del cuneo di verde che, tra la direttrice su cui già si erano formate agglomerazioni urbane, soprattutto industriali (si pensi alla intensità degli insediamenti industriali collocati sulla direttrice Torino-Settimo e Torino - Borgaro - Caselle, e anche alla natura di questi insediamenti, molti dei quali costituiscono sorgente di inquinamento e di degradazione dell'ambiente), penetra sino all'abitato di Torino, come condizione di salvaguardia e di difesa da ulteriore degradazione dell'ambiente.
I comunisti allora sostennero queste posizioni di difesa della struttura agricola esistente. Nel Comune di Settimo lo fece l'Amministrazione di sinistra, opponendosi in modo energico al nuovo insediamento, e si deve a quella ferma posizione assunta sin da quel momento se oggi l'insediamento proposto all'Immobiliare si limita ai terreni di Borgaro, e si è più che dimezzato, mancando della parte ricadente sul territorio di Settimo.
Ma nello stesso Comune di Borgaro la nostra posizione fu di decisa opposizione all'insediamento dell'Immobiliare, e fu solo il cambiamento della maggioranza, e la sostituzione dei tecnici comunisti incaricati del Piano regolatore con tecnici di ispirazione democristiana, che diede l'avvio all'operazione di recepimento dei progetti dell'Immobiliare del Piano regolatore di quel Comune.
Il Piano regolatore di quel Comune fu infatti adottato, dopo la formazione della Giunta di centro sinistra dal Consiglio comunale, nel settembre del '64. Non esistevano motivazioni tecniche che potessero far accettare la proposta dell'Immobiliare: se motivazioni tecniche fossero state cercate si sarebbe chiaramente vista la inopportunità di una tale scelta. Lo stesso Ministero dei Lavori Pubblici nel '66 rinviò il Piano regolatore, con valutazioni critiche circa l'accoglimento del progetto dell'Immobiliare. Difatti, nessuna ragione urbanistica era ed è apportabile a sostegno di quella scelta. Le uniche ragioni che l'hanno generata sono quelle che derivano dall'occasione incontrata dai gruppi proponenti di intraprendere una operazione speculativa imprenditoriale.
La logica è stata, ed è tuttora, quella della scelta delle aree agricole, che consentono più alti livelli di acquisizione della rendita una volta avviata l'operazione residenziale, e che rispetto a questi livelli di rendita consentono di ridurre a relativa marginalità gli oneri richiesti dalle Amministrazioni comunali per l'urbanizzazione propria dell'insediamento. E' una logica di speculazione, quindi, che contraddice per sua natura la logica di una corretta impostazione urbanistica e a una corretta politica di organizzazione territoriale; che è in contrasto con le scelte di natura economica che vorrebbero il potenziamento e la conservazione dei tessuti agricoli produttivi; che esautora il potere pubblico della sua funzione di direzione e dei suoi compiti di indirizzo per renderlo strumento passivo delle scelte private; che impone all'ente pubblico di intervenire per risolvere i problemi di urbanizzazione territoriale derivanti dal nuovo insediamento e dalla necessità di integrarlo e collegarlo con il restante tessuto urbano.
All'insediamento Immobiliare non dà alcuna patente tecnica di validità il fatto che esso sia stato recepito dal progetto di quel Piano regolatore intercomunale che era in corso di studio fin dal 1954. E questo non solo perché il Piano regolatore intercomunale non acquisì mai alcun valore formale, ma per la mancanza, anche in questo caso, di una qualsiasi motivazione di natura urbanistica e territoriale.
Vale la pena, soprattutto per i colleghi che non hanno vissuto quelle vicende, richiamarne i punti salienti; per altri colleghi che hanno vissuto invece quelle vicende - alcuni come soggetti operanti in quel periodo nell'Amministrazione comunale di Torino - il richiamo può risultare noioso ma mi sembra necessario per far emergere la natura tutt'affatto urbanistica delle ragioni che hanno portato ad accogliere la proposta dell'Immobiliare nel progetto di Piano regolatore intercomunale.
Il Piano regolatore intercomunale, allo studio dal '54, e di cui nel 1961 venne presentato uno schema dall'allora Assessore Giunta del Comune di Torino, non prevedeva a quest'ultima data alcun insediamento nella zona prescelta dall'Immobiliare. Nell'indicazione di quello schema di Piano regolatore intercomunale si erano riflesse le posizioni urbanistiche assunte dalle Amministrazioni di sinistra di Borgaro e di Settimo, che non pensavano ad una possibile urbanizzazione di quelle zone.
Solo nel dicembre del 1962, un anno e mezzo dopo la presentazione di quello schema, la Commissione di studio del Piano regolatore intercomunale affrontò la questione dell'insediamento residenziale a Borgaro-Settimo di circa 80 mila abitanti proposto dall'Immobiliare.
Il modo con cui la questione è stata posta è per lo meno singolare. E' certamente la testimonianza di un costume politico, e della leggerezza, del basso livello tecnico e culturale con cui le forze politiche di maggioranza hanno affrontato i problemi della pianificazione, o meglio, si sono posti nelle condizioni di non affrontarli mai. Nella relazione della Commissione si legge che: "Le indicazioni del Piano regolatore intercomunale non accennano a grossi insediamenti nella zona" e si aggiunge che "da indiscrezioni e da notizie apparse sui giornali sembrerebbe che la città (Torino) voglia applicare la legge 167 (si era nel dicembre del '64) nelle aree del Villaretto e a nord della Falchera, promuovendo insediamenti residenziali di circa 20.000 abitanti, cui dovrebbero aggiungersi altri 68.000 abitanti nell'area della Cascina degli Stessi ad opera dell'iniziativa privata", cioè nella zona dell'Immobiliare posta immediatamente all'esterno del confine comunale di Torino.
La questione è introdotta dunque quasi di soppiatto. Il giudizio della Commissione è comunque critico; in quella relazione del dicembre '62, in più punti si argomenta negativamente la proposta dell'Immobiliare. Ma la conclusione è per lo meno sorprendente, poiché si conclude che "si ritiene di dover rispondere positivamente a tale richiesta".
La notizia furtiva, che una Commissione a cui partecipano amministratori del Comune di Torino trae dai giornali, di una presunta intenzione del Comune di Torino di fare interventi con la 167 in quella direzione, sembra essere l'unica inconsistente giustificazione del parere favorevole a questo insediamento dell'Immobiliare. La 167 del Comune di Torino al Villaretto è dunque stata il cavallo di Troia per indirizzare l'espansione residenziale verso le aree dell'immobiliare. E può sorgere il dubbio fondato che la scelta di quell'insediamento della 167 sia stata fortemente condizionata dalle pressioni e dal l'iniziativa manifestate dall'Immobiliare. Le pressioni devono essere state consistenti, di largo raggio, come era per la politica edilizia prassi diffusa in quel periodo, e si deve supporre che la loro consistenza sia stata in misura corrispondente all'entità dell'operazione.
Sono quindi gli interessi privati ad aver determinato la scelta dell'insediamento Immobiliare di Borgaro. Interessi che hanno certamente alimentato altre manovre protattesi nel tempo, che hanno condizionato l'intero iter successivo di esame del Piano regolatore di Borgaro, il quale, dopo il rinvio del '66 da parte del Ministero, è poi stato da questo approvato, a seguito di vari ripensamenti, il 1° ottobre del '71, alle soglie del passaggio delle competenze alla Regione (sarebbe stato sufficiente aspettare sei mesi perché il problema dell'Insediamento dell'Immobiliare a Borgaro, in quanto indicazione di PRGC, diventasse competenza della Regione, la quale con maggiore tempestività avrebbe avuto possibilità di assumere una posizione nel merito).
La Regione è quindi chiamata oggi ad esaminare il Piano particolareggiato di esecuzione relativa ad una scelta di grande peso quantitativo (su questo dirò dopo), operata al di fuori di qualsiasi visione di piano, urbanisticamente e territorialmente non fondata su alcuna analisi, su alcuna prospettiva, su alcuna elaborazione, unicamente generata dalla logica dell'acquisizione della rendita fondiaria, cui troppi istituti pubblici hanno dato appoggio, promossa attraverso le pressioni e i sottogoverni che questa logica imprenditoriale esercita in questi casi.
La Regione non può ignorare ciò, né possono ignorarlo i singoli Consiglieri. I compiti di pianificazione, le competenze in materia urbanistica che competono alla Regione impongono di affrontare la questione in maniera non burocratica.
Si aggiunga che non ha certo apportato contributi ad attribuire una motivazione urbanistica oggettiva alla scelta dell'Immobiliare, il comportamento dell'attuale Giunta di Borgaro. Questa non si è mai voluta cimentare, in questi mesi, sul merito dei problemi urbanistici e territoriali, ed ha sempre eluso il confronto con le forze sociali sindacali e politiche dei lavoratori, dei contadini di Borgaro, costituiti in "Comitato di lotta" proprio contro questo insediamento che arrecherà gravi danni alla struttura sociale e insediativa dei Comuni della zona, e alla struttura di produzione agricola. Ha rifiutato ogni discussione sul merito dei problemi sociali ed economici che tale iniziativa, che fervidamente essa ha appoggiato, riverserà sulla popolazione locale.
Anche in questo caso, alcune questioni formali, per la implicazione sostanziale che comportano, lasciano assai perplessi. Intanto, la premura davvero inusitata, con cui l'Amministrazione di questo Comune con meno di 5.000 abitanti (al censimento del '71) è passata alla fase di esecuzione del Piano regolatore generale, proprio per quella indicazione relativa alla zona dell'Immobiliare, che concerne un insediamento di 40.000 abitanti, in aperta campagna, a 4-5 chilometri dal concentrico.
In forza di questa premura, ha adottato contemporaneamente il Piano particolareggiato e la variante al Piano regolatore relativo alla zona. E qui nascono i primi motivi formali di intervento per la Regione, poich tale variante apporta modifiche sostanziali alle precedenti indicazioni.
Pertanto, non dovrebbe essere applicabile il disposto dell'art. 1 della legge n. 241 del '71, che consente, per determinati fini, non riconoscibili in questo caso, di eludere la richiesta di preventiva autorizzazione della Regione per procedere alla variante.
L'Amministrazione di Borgaro ha invece operato la variante, che deve essere considerata sostanziale, sulla base del disposto della legge 291 senza cioè avere l'autorizzazione della Regione, e questo costituisce un motivo di illegittimità. Si evidenzia inoltre che si è contravvenuto alla norma che richiede che i Piani particolareggiati siano adottati solo in presenza di Piano regolatore generale approvato, o, nel caso di varianti di varianti approvate. Questo è un altro motivo di illegittimità, che non può non lasciare perplessi.
Oltre a questi motivi di diritto, che pur vanno sollevati, e che dovranno essere presi in considerazione, si evidenziano elementi di comportamento significativi sul piano politico. Conosciamo tutti le difficoltà oggettive che rendono arduo ai Comuni l'attuazione del Piano regolatore generale attraverso i Piani particolareggiati ordinari. Ebbene questo Comune, che non ha ancora il piano per l'edilizia economica popolare della legge 167, legge del 1962 (piano a cui è obbligato come comune contermine Torino e facente parte dell'area del PRI delimitata nel lontano 1954); questo Comune, che ha problemi gravissimi all'interno del suo attuale abitato, presentando una situazione abitativa drammatica, forse fra le più drammatiche della cintura torinese, con carenze gravissime di servizi sociali, di scuole, come denunciano i suoi abitanti, (l'hanno fatto con una serie di manifestazioni pubbliche), che manca delle fognature, per cui si verificano annualmente casi di epatite virale che non è possibile disgiungere, in via di prima approssimazione, dalla situazione igienico sanitaria; ebbene, questo Comune, che presenta questa situazione di arretratezza, che non opera secondo gli obblighi di legge per una politica della casa basata sulla 167, impegna tutte le sue forze politiche amministrative e tecniche per la realizzazione di una nuova città, esterna ed estranea all'attuale abitato - di una nuova città che metterà in subordine l'attuale Borgaro e la sua attuale comunità, che sarà la negazione del Comune che la promuove. Questo Comune, con le sue limitate forze, ha fatto da sé persino gli studi di piano particolareggiato per una città di 40.000 abitanti da inserire nel territorio congestionato e complesso dell'area torinese.
Dal verbale di deliberazione del Consiglio comunale per l'adozione del Piano particolareggiato risulta che tale piano è stato redatto dall'Ufficio tecnico, con la consulenza gratuita di liberi professionisti, e dell'ing.
Borello, Assessore all'Urbanistica, il quale al momento del voto, per uno scrupolo non so di quale natura - "per correttezza" ha dichiarato - si è astenuto.
In una osservazione presentata al Piano particolareggiato dai comuni viciniori, questi fatti sono rimarcati, e a mio avviso giustamente, perch richiamano, da un lato, la situazione di difficoltà che tutti i Comuni hanno nell'operare e, d'altro lato, la leggerezza e faciloneria con cui il Comune di Borgaro si è mosso nel definire il Piano particolareggiato di una città di questa entità attraverso apporti esterni, rimasti ignoti e gratuiti. Si trae da questa osservazione - che è nelle mani della Regione oggi, insieme al Piano particolareggiato - la ragionevole considerazione che "appare quanto mai delicato che un comune della dimensione di Borgaro con l'Ufficio tecnico esistente, non in grado di seguire le pratiche ordinarie dell'attività tecnica corrente, si sia cimentato in atti tecnici e amministrativi così complessi quali varianti al Piano regolatore generale. Piani particolareggiati, nuove normative eccetera" riguardanti la costruzione di una nuova città. Sempre nella osservazione, in base ad elementi denotabili sugli elaborati, si esprime la presunzione che la Società per azioni "Urbanistica sociale torinese" - questa è la denominazione dell'attuale operatore che porta avanti l'iniziativa, una denominazione che è nella sua allusione addirittura provocatoria - abbia fornito con i suoi professionisti ed Uffici tecnici, ed evidentemente gratuitamente (qui il gratuito si colora di chiari interessi), "tutte le elaborazioni necessarie, naturalmente studiate secondo i propri programmi ed i propri interessi particolari, e che il Comune di Borgaro li abbia fatti propri. In tal caso la dipendenza dell'Ente pubblico dalle decisioni e dagli interessi privati si configura come rinuncia ad esercitare un potere autonomo retto dalla difesa degli interessi pubblici". E' comunque certo che, al di là di questa eventualità, gravissima ove risultasse vera l'Amministrazione di Borgaro, dal '62 in poi, non ha mai mostrato una propria autonoma posizione, ma si è sempre disposta ad essere strumento dell'iniziativa imprenditoriale e speculativa privata. Di questo tutti noi dobbiamo tener conto. E non solo per un giudizio morale, ma per promuovere un'azione politica e di controllo, che consenta un energico processo di moralizzazione della vita pubblica del nostro Paese. E ove realmente il Piano particolareggiato sia stato elaborato dall'Ufficio tecnico, con l'apporto gratuito di occasionali, quanto sconosciuti, professionisti dovremmo veramente riconoscere l'alto impegno produttivo degli Uffici tecnici anche dei Comuni minori, e sfatare la leggenda delle loro ristrettezze e delle loro difficoltà. Dovremmo d'altro lato, prendere atto dell'insorgere di una vocazione missionaria da parte di una nuova generazione di professionisti di anonimi disegnatori. Si tratterebbe di un caso veramente rivoluzionario, un caso da pionieri. E in effetti la situazione di Borgaro, forse, si presenta veramente, con l'insediamento di una nuova città, come un caso da pionieri. Il fatto è che questa nuova città non è nel deserto, non è nelle steppe, ma nell'area torinese, dove vivono già due milioni di abitanti.
I problemi da affrontare, per la progettazione urbanistica di una città di 40 mila abitanti, sono veramente ingenti, e credo siano tali da preoccupare qualsiasi equipe di studiosi e di professionisti che vi si accinga, solo che si tratti di persone che sentano con correttezza la propria responsabilità professionale. Sono ingenti i problemi infrastrutturali, quelli architettonici-ambientali, di cui già si deve tener conto in questa fase di elaborazione, quelli che derivano dall'organizzazione di vita della comunità, quelli di programmazione della realizzazione di ogni parte componente la nuova città. E per Borgaro si fa proprio leva sul carattere culturale e sperimentale di questa nuova iniziativa, per qualificarla, per nobilitarla, e quindi si dovrebbe essere in presenza proprio di una risposta convincente data a ciascuno dei problemi che stanno alla base della progettazione di una nuova città per 40.000 abitanti.
La costruzione di nuove città è un fatto di estrema complessità e le esperienze sono poche: in Italia nessuna. All'estero, dall'Inghilterra soprattutto, si possono trarre elementi che forniscono coscienza dei problemi da affrontare.
Per quanto concerne la correlazione tra problemi urbanistici e problemi sociali, si evidenzia, ad esempio, la atipicità della struttura per età della popolazione. Rispetto alla struttura ordinaria, e quindi di equilibrio naturale, della popolazione di una città di non recente costituzione, si ha in partenza, in queste città muove, la quasi totale assenza di anziani. La popolazione inizialmente, in modo estremamente accentuato, quasi esclusivo è costituita dalle fasce di età tra i venti e i quarant'anni e dalle fasce della prima infanzia. L'insieme delle famiglie è giovane. Nelle città nuove inglesi, dopo circa dieci-quindici anni dalla loro costituzione, i due terzi della famiglie hanno per l'appunto a capo una coppia tra i venti e i quarant'anni, mentre il rapporto normale nelle altre città è di un quarto. Una situazione di squilibrio che ha profonde ripercussioni sulla struttura urbanistica della città, sul suo funzionamento e sugli stessi costi del suo funzionamento.
Una situazione di equilibrio - è dimostrato proprio dall'esperienza inglese - si raggiunge solo dopo parecchie generazioni. Questi squilibri determinano un intermittente fabbisogno dei vari livelli di servizi sociali, fabbisogni che si manifestano dai servizi per l'età infantile verso i servizi per l'età superiore secondo l'alternarsi di una serie di creste d'onda periodiche, derivanti dalla struttura squilibrata della composizione per età della popolazione iniziale. Al fabbisogno ingente di scuole primarie, all'inizio, segue una caduta di questo fabbisogno, con l'insorgere del fabbisogno ingente del servizio immediatamente superiore.
Tutto ciò genera disfunzioni e dispersioni, se non affrontato opportunamente; impone sovradimensionamenti rispetto alla norma, oppure si devono prevedere servizi polifunzionali.
Inoltre, una nuova città autogenera di per se stessa una dinamica di sviluppo, da cui derivano nuovi fabbisogni di case e di posti di lavoro.
Una città nuova, se vuole mantenersi viva, come organismo sociale e culturale, e non un ghetto destinato a degradarsi, deve svilupparsi ulteriormente. La generazione che cresce nella nuova città, quando si distacca dalla famiglia ha bisogno di una abitazione e di un lavoro, e genera una domanda addizionale in loco, quindi un'ulteriore naturale espansione di questo insediamento; oppure emigra fuori dalla città. In quest'ultimo caso si mantiene e si aggrava la struttura squilibrata della composizione della popolazione per età. La città di abitanti giovani si trasforma allora lentamente in città di abitanti vecchi, senza rinnovamenti e rimescolamenti. L'emigrazione alleggerisce i problemi interni, ma perpetua la situazione di squilibrio, con tutte le disfunzioni che le sono connesse.
Nel caso nostro, l'Ufficio tecnico di Borgaro si è posto ed ha affrontato problemi di questa natura? lo credo di no. E anche se fosse stato culturalmente sollecitato ad affrontarli, poteva essere nelle condizioni strumentali ed istituzionali per farlo? La questione della costruzione di una nuova città, di 40 mila abitanti comporta una capacità di analisi, e una possibilità di intervento e di controllo sui processi economici e territoriali, che un Comune non pu certamente avere. La costruzione di una nuova città non può essere considerato un problema di sola natura urbanistica; anche quando si parta dai problemi interni alla nuova città, come dimostrano gli appunti che io ho tratto dalle esperienze inglesi, si finisce inevitabilmente, ove si voglia trovare possibili soluzioni, a dover ricorrere a politiche economiche e territoriali di vasta portata.
Per ridurre le conseguenze dei problemi sociali e funzionali posti da una nuova città è necessario procedere attraverso una attenta pianificazione economica, e non solo urbanistica, di carattere comprensoriale e regionale. L'esperienza e l'analisi hanno dimostrato, ad esempio, che più lungo è il periodo di costruzione della città - ma dell'ordine di almeno trent'anni, si dice in Inghilterra - e più grande è la città - ma dell'ordine dei centomila abitanti -, migliore è la condizione che si acquisisce. Ed è necessario che gli interventi annui siano di entità tale da consentire di costruire "quanti" di vita socialmente, culturalmente e funzionalmente validi. In Inghilterra si parla di interventi di non meno 5000 abitanti per anno.
Ma il problema resta comunque così complesso che per risolverlo, in Inghilterra, hanno operato attraverso la politica occupazionale. Di qui appunto l'esigenza di un controllo e di una pianificazione non soltanto urbanistica e territoriale, ma anche economica. In Inghilterra l'insediamento residenziale si è accompagnato a quello industriale, ed è stato fatto obbligo alle industrie di assumere persone secondo una determinata mescolanza di età, proprio per evitare l'inconveniente strutturale della composizione squilibrata della comunità locale. In Inghilterra la costruzione di una nuova città è infatti parte di un più generale processo di pianificazione economica e territoriale. Nonostante ciò i problemi si sono manifestati con tale gravità da porre in dubbio la validità della linea politica che ha proposto e avviato nel dopoguerra la costruzione delle nuove città.
Anche quando si voglia partire ad esaminare la proposta della nuova città dell'Immobiliare dai problemi interni ad essa, appunto come io ho fatto, immediatamente ci si accorge che questi problemi hanno una dimensione che non può essere affrontata in sede locale dal singolo Comune e non si può accettare che vengano provocati dal singolo Comune. I problemi di carattere urbanistico, sociologici, occupazionali, infrastrutturali - il collegamento delle infrastrutture locali con il resto del territorio - la stessa vita della nuova città, hanno implicazioni territoriali; solo a livello territoriale l'ipotesi di una nuova città può essere proposta valutata, confermata o respinta.
E che la portata della decisione sia di livello territoriale comprensoriale e regionale, lo indicano pur rozzamente e schematicamente gli stessi dati quantitativi dell'operazione dell'Immobiliare che abbiamo riportato nella nostra mozione, e che qui richiamo. Al volume di 34.000 metri cubi edificabili a scopo residenziale in quella zona corrisponderanno (calcolati in base al rapporti di legge di 80 mc per abitante) 42.500 abitanti. Agli 800.000 metri cubi edificabili per attività direzionali e commerciali, corrispondenti a circa 200.000 metri quadri di solaio, potranno corrispondere circa 4.000 addetti (calcolati in base al rapporto di 50 mq per addetto).
La complessità e la portata dei problemi funzionali e sociali connessi con la realizzazione di un centro abitato di tali dimensioni può essere intuitivamente valutato ove si consideri che esso corrisponde, per entità di popolazione, a centri urbani quali Pinerolo (39.000 abitanti) o Casale Monferrato (46.000 abitanti): è di poco inferiore alle dimensioni di alcuni capoluoghi di provincia del Piemonte, quali Cuneo e Vercelli (58.000 abitanti), ed è superiore alle dimensioni della gran parte delle maggiori città piemontesi non capoluogo di provincia (ad esempio: Novi Ligure Ivrea, Tortona, Alba, le cui popolazioni ammontano a circa 30.000 abitanti Fossano, Mondovì, Acqui, Valenza, Bra, aventi poco più di 20.000 abitanti).
La complessità, quindi, della vita di questa nuova città dell'Immobiliare ci può essere immediatamente indicata, dal quadro della vita e delle esigenze culturali e sociali di questi centri che vi ho citato.
Ulteriori indicazioni sulla consistenza dell'insediamento preventivato possono essere derivate dal raffronto con la dimensione dei Comuni contermini a quello di Borgaro (Venaria, 23.500 abitanti; Caselle, 23.500 Settimo 42.000; Leinì, 7.800), e dal raffronto con la dimensione dei maggiori comuni della cintura di Torino (Grugliasco e Chieri, circa 30.000 abitanti; Collegno 41.478; Settimo, 42.287; Nichelino, 44.415; Rivoli 47.408; Moncalieri, 55.194 abitanti): come si vede, solo Collegno, Settimo Nichelino, Rivoli, Moncalieri superano l'entità proposta per l'insediamento dell'Immobiliare. Si pensi inoltre che nell'insieme dei ventitre Comuni della cintura negli ultimi anni si è costruito mediamente diecimila vani ogni anno.
Per quanto concerne la valutazione della consistenza del Centro residenziale e commerciale previsto, può fornire indicazioni il raffronto con le dimensioni di alcuni edifici commerciali e direzionali di recente costruzione in Torino, quali la Rinascente (che al di fuori del suolo presenta una cubatura di 62.000 metri cubi), l'edificio della Rai di Porta Susa (che, sempre al di fuori del suolo - non computo la cubatura che in questi edifici è dislocata sotto terra - è di 70.000 metri cubi), la nuova sede della Camere di Commercio (che, sempre fuori del livello del suolo presenta una cubatura di 30.000 metri cubi). Si tratta, cioè, in questa nuova città dell'Immobiliare, secondo le previsioni del piano particolareggiato, di costruire, nella parte destinata a centro direzionale e commerciale, una 1 dozzina di edifici come quello della Rai di Porta Susa, oppure tredici Rinascenti in via Lagrange, o di venti edifici come quello della nuova Camera di Commercio.
Tutti questi dati mi pare mettano in evidenza la complessità del problema, ma anche la gravità e l'entità del progetto immobiliare che si intende realizzare.
Va smentita anche la supposizione che interventi di questo tipo risolvano il problema della casa a basso prezzo. Secondo alcuni, i 42.500 vani avvierebbero a soluzione il problema della casa nella nostra area. Un intervento speculativo promosso da un grosso gruppo privato esclusivamente in funzione dell'acquisizione di rendite sulle aree fabbricabili, non pu che determinare una generale spinta all'aumento del costo della casa e degli affitti. L'andamento del mercato della casa nell'area torinese, ne è un esempio. L'intensità dei processi d'immigrazione nell'area torinese e l'assenza di un adeguato intervento pubblico ha consentito di determinare il mercato a proprio favore, sino a provocare una lievitazione dei prezzi di vendita degli alloggi e degli affitti tale da risultare non sopportabile dalla massa dei cittadini.
La distorsione del mercato edilizio torinese è tale che la sua offerta non risponde in alcun modo al livello medio della domanda di alloggi esistente.
Permettere un nuovo insediamento speculativo privato di questa dimensione, per di più, significa: mortificare la politica per la casa a basso prezzo e basso affitto portata avanti dai Comuni della cintura torinese (e rivendicata dalle forze sindacali) attraverso l'applicazione della legge 167 e della legge sulla casa, la 865; contrapporsi a tutte le 167 predisposte nei comuni limitrofi, che al contrario di Borgaro, invece si sono dotati degli strumenti di loro competenza per perseguire una linea di edilizia popolare; eludere la politica di ristrutturazione e di controllato completamento degli insediamenti abitativi già esistenti in Borgaro, nei comuni dell'area torinese e nella città di Torino; concentrare una parte consistente degli investimenti privati in un unico comune creando squilibri nella distribuzione del prodotto edilizio.
L'iniziativa privata, per ogni vano del costo di produzione di tre milioni e mezzo, attribuendo un interesse del 7% di rimunerazione, con obsolescenza dell'edificio di cento anni, promuove affitti non sopportabili dalla maggioranza delle famiglie, dei redditi esistenti nella nostra zona.
Il peso dell'affitto, inoltre, aumenta con l'accrescersi dell'insediamento con l'avanzare del programma l'affitto delle ultime case costruite sarà maggiore, e non solo per l'aumento dei costi ma per l'accrescersi dei valori di rendita. Non saranno case per i lavoratori, certamente. Stime effettuate recentemente, di previsione della spesa e del reddito familiare al 1986 ci dicono che, se continua l'attuale meccanismo di mercato dominato dall'edilizia privata, in cui l'incidenza della rendita si accentua più rapidamente ancora dei già forti incrementi dei costi, nel 1986 avremo l'80 per cento della popolazione italiana non in grado di pagare gli affitti che saranno richiesti, da queste operazioni speculative private. E nel caso in cui le famiglie dovranno necessariamente subire lo faranno a scapito di altri consumi, probabilmente non solo di consumi voluttuari ma di consumi di importanza sociale e culturale. Comunque, questa compressione di consumi non graverà soltanto direttamente sul livello di vita dei lavoratori e delle loro famiglie ma sui settori produttivi interessati, che vedranno stagnare la domanda dei beni prodotti.
La rendita continuerà ad assorbire risorse che potrebbero essere utilizzate per settori di produzione rivolti a consumi fondamentali, quelli sociali in particolare. Pagheranno, quindi, anche altri settori produttivi e l'intero sistema economico italiano, se si continuerà a lasciare la produzione delle abitazioni in balia della speculazione.
E' facile inoltre calcolare l'importo della rendita che verrà tratto dalle aree dell'Immobiliare, se rese fabbricabili. Il costo di costruzione è oggi di tre milioni e mezzo per vano, ma si vende già, nei Comuni della cintura, in zone quindi periferiche, a 6-7 e anche 8 milioni per vano. E' quindi ipotizzabile che queste abitazioni verranno vendute a cifre che si aggireranno intorno ai 9-10 milioni per vano. Una rendita, pur togliendo il costo iniziale del terreno, che era stato pagato 1000 lire il metro quadrato, e i costi di urbanizzazione (che nella convenzione fatta con il Comune di Borgaro sono addirittura ridicoli perché sono a livello di 300.000 lire per ogni 100 mc di costruzione residenziale; una operazione di questa consistenza comporta costi di urbanizzazione all'interno dell'insediamento ben superiori, e inoltre richiederà urbanizzazioni consistenti, ancora più ingenti di quelle interne, all'esterno per i collegamenti territoriali e per i riflessi in termini di funzioni e di servizi che tale insediamento provocherà sul resto dell'area torinese), di 3-4 milioni per vano, da moltiplicare per 40.000 vani. Lascio ai Consiglieri calcolare quanto si acquisirà in rendita da una operazione residenziale di questo genere, cui si dovrà aggiungere la rendita che proverrà dall'utilizzo o dalla vendita, delle strutture destinate ad attività commerciali e direzionali.
Cifre enormi, come vedete, sottratte allo sviluppo produttivo del Paese. Questa iniziativa è la negazione di quei propositi di impegnarsi per ridurre le rendite parassitarie, che a parole tutti oggi manifestano. Si tratta di essere coerenti, di cogliere la connessione fra l'impostazione generale che si dichiara di voler seguire e la operatività particolare, e specifica, che in ogni luogo si realizza.
L'iniziativa Immobiliare a Borgaro costituisce una operazione speculativa portata avanti contro l'interesse della collettività; essa aggrava la crisi economica del Paese, e provoca un ulteriore aumento del costo della vita. Per queste stesse ragioni è da impedire nel modo più categorico.
Ancora una volta si tratta di interventi edilizi privati, nell'assenza di interventi pubblici. In tutta Italia, dei 1050 miliardi dei fondi della legge sulla casa, stanziati dal programma CER per il triennio '71-'73, un triennio che quindi è scaduto alla fine del dicembre dell'anno scorso, per cui si dovrebbe per lo meno presupporre che, superata da sei mesi la scadenza, almeno gli appalti siano stati fatti sono stati eseguiti appalti solo per 50 miliardi. In Piemonte, dei 63 miliardi assegnati solo per 7 miliardi sono stati fatti appalti. Mancano i soldi, ci sono difficoltà burocratiche, non si riesce a far procedere le pratiche, i finanziamenti arrivano con tre anni di ritardo: questa è la condizione operativa dello Stato. Ma per l'Immobiliare le pratiche vanno avanti in fretta, si predispongono gli Uffici comunali a farle marciare con rapidità, i soldi saranno certamente a disposizione in qualche banca, e magari attraverso le interdipendenze che esistono a livello finanziario si erogheranno a scapito proprio dell'edilizia residenziale pubblica.
Nel nostro Paese non si svolge, è evidente, una politica sociale della casa, nonostante si continui a sbandierarla; e di questo hanno responsabilità tutte le forze politiche. Ai compagni socialisti, alle forze politiche di maggioranza di questo nostro Consiglio, che nelle piazze, ai consigli di fabbrica, ai comitati di quartiere, al nostro fianco, dicono di voler affrontare il problema della casa come uno dei problemi di fondo, in considerazione del suo contenuto sociale e della sua incidenza sulla intera struttura produttiva-economica del nostro Paese, voglio chiedere se è possibile accettare una politica della casa così fortemente incentrata sullo sviluppo edilizio privato e sulla speculazione? L'intervento pubblico è tuttora, nonostante gli impegni e le promesse verbali, subalterno a quello privato, e quest'ultimo è pienamente funzionale all'accelerazione dei processi inflattivi, alle speculazioni, alla operazione di rifugio dei risparmi dei ceti abbienti, ed è quindi funzionale alla continuazione dei meccanismi di sviluppo avutisi in passato e al ruolo negativo e riduttivo che il settore edilizio ha avuto nello sviluppo economico del nostro Paese negli ultimi venticinque anni.
Ecco dove bisogna colpire per superare la crisi economica, per superare i problemi che investono oggi con tanta drammaticità il nostro Paese. Prima di imporre sacrifici ai lavoratori, ai contadini, che già molti e troppi ne compiono, bisogna colpire le speculazioni, le rendite, le improduttività.
Ad una diversa politica della casa, che metta fine agli sprechi che si attuano attorno al settore edilizio, si deve affiancare la ricusazione delle spese non necessarie, oggi inutili - non so se saranno utili in futuro ma oggi non hanno certamente alcuna utilità - quali, ad esempio, le autostrade. E' uno dei problemi che abbiamo già discusso in quest'aula siamo stati isolati nel sostenere questa posizione, quando abbiamo discusso della Torino-Pinerolo. E tutt'ora purtroppo siamo isolati poiché si continua a consentire l'esecuzione di questa autostrada, e l'interesse della maggioranza è tale che si lascia che in questa stagione si invadano migliaia e migliaia di metri quadrati di terreno agricolo. Non si è voluto neanche attendere qualche settimana a dare avvio ai lavori, il che avrebbe consentito almeno di evitare di distruggere il raccolto del frumento ormai giunto a maturazione, e che entro questo mese sarebbe stato portato a termine dagli agricoltori.
Ecco un esempio specifico di contraddizione palese tra dichiarazioni di impegno e realtà operativa della Giunta. Nessuno può darvi eredito se continuate a procedere per questa via. Le autostrade, la Torino-Pinerolo e le altre che si vogliono costruire nell'area torinese, costituiscono spese inutili così come sono sprechi i miliardi che si propone di spendere per l'ampliamento dell'aeroporto di Caselle. Anche qui, con distruzione di strutture agricole efficienti, con allontanamento di famiglie di contadini estromesse dalla loro naturale condizione operativa, economica e produttiva. E si badi bene, tutto ciò avviene perché si vuol costruire un aeroporto di livello internazionale nell'area torinese quando il piano nazionale ha limitato la presenza di infrastrutture di tale consistenza nel nostro Paese, nelle sole regioni Lombardia e Lazio; ed è difficile pensare che un Paese come l'Italia abbia necessità di una sede aeroportuale di livello internazionale in ogni capoluogo di Regione. Sono queste delle spese non necessarie ora, che bisogna colpire, per adottare una serie di provvedimenti propri di una diversa politica economica. I 25 miliardi per l'aeroporto di Caselle, i 20-22 miliardi della Torino-Pinerolo, gli 80 miliardi e forse più per la Rivoli - Bardonecchia, i 15 miliardi previsti per la tangenziale est, i 4 miliardi per la Torino - Caselle (e le cifre sono in difetto rispetto agli aumenti di costo che si sono avuti dopo i preventivi): ecco una serie di risorse finanziarie che devono essere diversamente utilizzate, se si vuol promuovere uno sviluppo economico di carattere diverso dal passato.
Carli è alla ricerca di 3500 miliardi per sanare il deficit della bilancia commerciale, e denuncia che necessitano 2000 miliardi per avviare la ripresa produttiva. Della drammaticità di questa situazione e della necessità di raccogliere queste cifre si è fatto enunciatore anche l'on.
Ugo La Malfa, il quale incolpa tutti, partiti di maggioranza e partiti di opposizione (l'unico a promuovere una politica giusta è evidentemente lui che si ritiene al di fuori d'ogni colpa). Ma allora perché non si opera utilizzando meglio le risorse disponibili? Io non dico che questi miliardi destinati all'infrastrutturazione dell'area torinese, possano essere direttamente trasferiti ad altri impieghi, per la costruzione di case, per servizi sociali nella nostra area: dico però che fanno parte del complesso delle risorse di cui dispone l'economia del nostro Paese, e che una politica economica diversa, veramente diretta a fini sociali, deve recuperare tutte le risorse per cui si è prevista una destinazione oggi inutile per destinarle in investimenti in settori prioritari. Ciò pu comportare che gli investimenti si effettuino fuori dell'area torinese se l'esigenza di un diverso sviluppo economico richiede che si intervenga in altre parti della Regione, in altre parti del nostro Paese, e verso settori produttivi di fondamentale importanza per la ripresa economica, quale ad esempio quello dell'agricoltura.
Nella nostra area, invece, attraverso un utilizzo sbagliato delle risorse finanziarie si distruggono proprio le zone agricole esistenti, per far posto ad opere che non sono indispensabili. Pensate alle migliaia di metri quadrati di terreno agricolo che nell'area torinese verranno travolte per queste infrastrutturazioni, in un momento in cui è invece necessario potenziare l'attività agricola (e la sola Regione spende per questo potenziamento 30-35 miliardi del suo bilancio). Perché allora distruggere attività agricole esistenti, che sono produttive, che hanno una consistenza e dimensione aziendale capace di reggere alle trasformazioni che nel settore si devono produrre? Che cosa dicono di questo i compagni socialisti, che cosa dice il Partito repubblicano così solerte a proporre economie a carico dei lavoratori? La stessa Democrazia Cristiana, che pur attorno a questi problemi, in questi mesi, lo voglia o no (ma credo che una parte almeno lo faccia con buona coscienza) è costretta ad affrontare queste questioni cosa ne pensa? Per tornare al problema di Borgaro, le indicazioni contenute nel Piano Regolatore di quel Comune, relativamente alla zona dell'Immobiliare, non possono essere considerate di semplice portata comunale, né rappresentare le ordinarie esigenze di espansione di quel Comune (la popolazione di Borgaro era, al censimento del '71, al di sotto di 5.000 unità; Borgaro è un Comune ove il Consiglio è eletto con la norma della maggiorità).
La realizzazione dell'insediamento ammesso nella zona ZRE 10, sia per l'entità della popolazione, sia per la consistenza del centro direzionale e commerciale previsto, ha implicanze sull'intero assetto dell'area torinese ed in particolare della sua parte nord.
Il Comune di Borgaro, con 4570 abitanti, non può decidere, programmare controllare un'operazione di questa dimensione, che avrà dirette ripercussioni sull'intero sviluppo dei comuni limitrofi, i quali, tutti insieme, raggiungono gli 86.000 abitanti; che avrà riflessi su tutta l'area torinese, e sullo stesso sviluppo regionale. Questo intervento dell'Immobiliare a Borgaro presuppone una rilocalizzazione della popolazione dell'area torinese, che non può non avere forti ripercussioni sull'assetto sociale ed urbanistico dei Comuni dell'area, ed in particolare di Torino e del suo centro storico. Sotto questo profilo appare evidente l'aggancio con la proposta di costruzione di quella prima linea di metropolitana: di cui proprio in questo periodo si discute: una linea metropolitana che passa per il centro storico e che ha un suo capolinea nell'area dell'Immobiliare, e che mette in connessione proprio due zone che saranno, in modo contrapposto, interessate dal processo di rilocalizzazione della popolazione (il centro storico come area di espulsione di popolazione e la città dell'Immobiliare come area di nuovi insediamenti residenziali).
Tuttavia, le indicazioni del Piano Regolatore di Borgaro relative alla zona dell'Immobiliare non derivano da scelte operate nell'ambito di un piano territoriale, come invece richiederebbe l'importanza e la consistenza dell'insediamento proposto. Esse sono state dettate unicamente dalla logica della speculazione fondiaria e, in questo quadro, dalle scelte della società immobiliare interessata all'insediamento, che relativamente a quella zona sfrutta un'occasione favorevole per acquisire rendite. Inoltre l'Immobiliare gestirà questa speculazione in modo che gli risulti la più vantaggiosa possibile. Essa chiede anche - ce l'ha annunciato il Presidente Oberto - una elasticità nell'attuazione del suo programma per poter intervenire sul mercato della casa nel momento in cui la domanda diventerà più favorevole (cercando così di sottrarsi anche a quel tipo di controllo e di direzione che spetta al Comune e alla Regione, e che consiste nel fissare i tempi di attuazione dei piani particolareggiati, alla luce anche dei problemi di natura economica e sociale che essi comportano).
La realizzazione degli insediamenti previsti non persegue pertanto una linea oggettiva ed autonoma di strutturazione urbana dell'attuale abitato del Comune di Borgaro, né una linea di organizzazione territoriale dell'area torinese; produrrà, anzi, pesanti problemi di natura urbanistica non risolvibili a livello comunale, e nuove compromissioni in un territorio già fortemente congestionato, generando ulteriori vincoli e ostacoli alla realizzazione di una politica di piano volta al riequilibrio dell'intero comprensorio dell'area torinese e della regione. Si aggiunga, poi, che l'attuazione delle indicazioni di piano regolatore relative alla zona dell'Immobiliare di Borgaro (a cui si devono affiancare le espansioni, sia pur singolarmente marginali rispetto a questa in corso negli altri Comuni dell'area torinese) presuppone il permanere dei processi di accentramento di popolazione e di attività sul polo torinese, a scapito delle restanti aree della regione piemontese e delle regioni del sud del nostro Paese. E qui io chiedo particolarmente, come ho già fatto altre volte, ai Consiglieri che rappresentano le comunità esterne all'area torinese, di rendersi conto che quanto sta avvenendo sul piano dello sviluppo residenziale e sul piano dello sviluppo infrastrutturale di Torino, ha profonde implicazioni sulla possibilità di sviluppo delle altre aree, e della loro ripresa economica.
Questi di cui discutiamo non sono quindi problemi locali; sono problemi di tutta la comunità regionale, e devono essere assunti responsabilmente come tali da tutti i Consiglieri regionali.
L'espansione prevista a Borgaro corrisponde ad una previsione di permanenza delle linee di sviluppo "spontanee" e squilibrate avutesi nel passato; contraddice agli impegni di pianificazione e di programmazione assunti dall'assemblea regionale e disattende gli obiettivi fissati per il piano di sviluppo, al quale abbiamo attribuito il compito di ridurre la crescita del polo torinese e di promuovere lo sviluppo equilibrato delle varie aree regionali.
L'attuazione delle indicazioni di piano relative alla zona immobiliare di Borgaro ha quindi pesanti implicazioni sullo sviluppo regionale, oltre che sull'organizzazione dell'area torinese. La decisione del Comune di Borgaro non può essere un vincolo che la Comunità regionale, e la comunità dell'area torinese, devono subire in ragione di una non corretta concezione dell'autonomia comunale. D'altra parte non è certamente un atto rispetto al quale l'amministrazione regionale possa assumere un atteggiamento burocratico ed elusivo. Non ci si può trincerare dietro l'alibi di un piano regolatore generale già approvato. Le vicende che l'hanno promosso e l'inesistenza di oggettive motivazioni urbanistiche ed economiche che traspare dai suoi contenuti, ne inficiano la validità.
Ogni fase esecutiva di un piano regolatore deve essere sempre un momento di verifica delle indicazioni generali date. Un piano regolatore generale, una volta approvato non può divenire una condizione immodificabile nel tempo, soprattutto se esistono dubbi fondati sulla validità delle scelte; non può divenire un capestro per la comunità, solo perché è stato adottato ed approvato.
Particolarmente in questo caso, l'esame del piano particolareggiato deve essere un momento di verifica dei contenuti del piano regolatore.
Questa verifica deve essere effettuata con piena responsabilità dalla Regione, abbandonando qualsiasi posizione burocratica. Non deve essere consentito a nessuno di realizzare programmi se questi sono fondati su scelte operate nel passato, e che oggi appaiono scorrette ed inopportune.
Ecco quindi che per questi motivi l'esame del piano particolareggiato di Borgaro pone problemi di metodo e di competenza. Noi chiediamo che per questo caso, e da questo caso, il Consiglio sia investito di problemi di questa portata che riguardano la pianificazione urbanistica. Deve trovare soluzione la questione della Procedura e della responsabilità di esame degli strumenti urbanistici. Deve essere data finalmente una risposta alle incertezze procedurali e di metodo che si sono evidenziate dal momento in cui il Consiglio superiore dei Lavori Pubblici ha smesso le sue funzioni essendo passate le competenze in materia urbanistica alla Regione, e dal momento in cui non esistono più le Commissioni tecniche amministrative nazionali a cui fa riferimento la legge urbanistica.
Tutto questo pone dei problemi di legittimità, che noi abbiamo sollevato senza peraltro imporre impedimenti e intralci alla pur timida attività di controllo urbanistico del territorio operata dall'Assessorato attraverso l'esame dei piani.
E' una questione che abbiamo denunciata da tempo, e non soltanto noi.
E' giunta quindi l'occasione di richiamare a fondo l'esigenza di individuare le strutture e le procedure che oltre ad essere giuridicamente corrette, anche politicamente, sul piano democratico e partecipativo consentono di dare una direzione politica e culturale all'attività di esame dei piani urbanistici e di controllo della loro attuazione. Proprio in questa materia in cui massima è la competenza della Regione e attraverso a cui si esprime la politica di piano della Regione, deve essere rispettato il principio della partecipazione del Consiglio, intanto, e della rappresentanza della comunità nella sua articolazione comprensoriale e locale.
Fra le forze politiche democratiche si è assunto in questi giorni l'impegno, della costituzione dell'autorità politica del comprensorio dell'area torinese. Non ero presente, ma dalla lettura dei giornali e per il fatto che il Presidente della Giunta è stato parte attiva di questa riunione, devo pensare che ci sia l'intenzione di rispettare gli impegni assunti, e che quindi si voglia attribuire a questa autorità politica delle funzioni in materia urbanistica, e non rendere la sua presenza puramente formale.
Ma allora, quale significato ha questo impegno, se nel contempo, una questione quale quella posta dall'immobiliare di Borgaro, viene risolta burocraticamente senza investire, oltre che il Consiglio, l'autorità politica del comprensorio; senza investire, direttamente e indirettamente attraverso l'autorità politica del comprensorio, gli Enti locali, e le organizzazioni sindacali e le organizzazioni sociali che sono da tempo mobilitate nell'area torinese sui problemi della sua espansione e della sua infrastrutturazione? Nel merito delle vicende e dei problemi connessi al progetto di "città nuova" dell'Immobiliare chiediamo alle forze politiche di esprimersi con chiarezza. Noi abbiamo sempre detto di no all'Immobiliare sin dall'inizio ci dicano cosa pensano gli altri partiti, e la loro sia una dichiarazione chiara e credibile.
Non ci siano ambiguità; non possiamo consentire il giuoco delle posizioni di comodo all'interno del Consiglio Regionale diverse da quelle che i partiti assumono all'esterno; le posizioni esterne devono tradursi in posizioni politiche del Consiglio, altrimenti il rapporto dei partiti con le comunità locali si riduce a pura demagogia e a giuoco irresponsabile di correnti.
Oltre ad esprimersi oggi nel merito, chiediamo l'impegno a discutere garantendo che l'esame dei problemi di Borgaro conduca a un giudizio di merito e a decisioni rispondenti a una visione di carattere territoriale ed economica.
Emergerà così l'esigenza di coerenza fra il discorso di rinnovamento della struttura economica italiana, a cui oggi tutti dichiarano di essere impegnati, e i problemi che devono essere affrontati localmente e settorialmente.
Le scelte di merito che deriveranno dal dibattito devono poi essere ricondotte allo strumento fondamentale per la politica di coordinamento urbanistico, e cioè al piano territoriale di coordinamento. Alla Regione è imputata, a norma dell'art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica del 1972 che ha trasferito i poteri alla Regione, l'approvazione dei piani territoriali di coordinamento. E' questo lo strumento oggi a disposizione per svolgere una funzione di coordinamento, questa funzione non può essere rinviata e noi dobbiamo denunciare le responsabilità di cui si sono coperte le Giunte Regionali, che si sono susseguite in questi anni, nel non avere ancora preso alcuna iniziativa in questo senso. La Regione non ha svolto i compiti di coordinamento urbanistico che le competono, nonostante gli impegni in tal senso richiesti ripetutamente dal nostro Gruppo in sede di discussione del bilancio del '72 e del '73, e in sede di discussione dei programmi delle Giunta che si sono succedute al Governo Regionale.
Il Consiglio attraverso il lavoro della Commissione competente, fissi i contenuti e i vincoli a cui deve informarsi il piano territoriale di coordinamento dell'area torinese. Fin da questa mattina, però, deliberi di attribuire l'incarico della sua elaborazione all'IRES.
La portata politica del piano territoriale di coordinamento è derivante da quanto a norma dell'art. 5 della legge urbanistica, esso deve stabilire e cioè: quali sono le zone da riservare a speciali destinazioni e quali sono soggette a speciali vincoli le località da scegliere come sedi di muovi nuclei edilizi ed impianti di particolare natura ed importanza (è proprio al caso di cui stiamo discutendo, quello di Borgaro) la rete delle principali linee di comunicazione stradali ferroviarie, elettriche e navigabili (è il caso delle grandi infrastrutture).
E' su questa strada che bisogna muoversi immediatamente, e in questo senso la nostra mozione vi sollecita stamattina a prendere un impegno.
Siamo in un'area, quella di Torino e della prima cintura, che si è sviluppata irrazionalmente, senza coordinamento. Un'indagine che abbiamo condotto qualche anno addietro ha mostrato che la capienza dei piani regolatori di Torino e dei 23 Comuni della cintura ammonta a un totale di tre milioni e mezzo di abitanti, e a oltre seimila ettari di aree industriali. Oggi qual è la situazione? Può darsi che sia migliorata: dal 1970 noi amministriamo tredici Comuni nella cintura di Torino e da allora molti di questi hanno già promosso una revisione dei loro piani regolatori.
Queste cifre oggi, per impegno delle amministrazioni di sinistra, sono state ridotte. Ma non esiste nessuna politica di coordinamento, non abbiamo neanche gli elementi di conoscenza che ci permettano di sapere su quale terreno ci stiamo muovendo, e quindi quale margine di elasticità concediamo allo spontaneismo delle iniziative private. Occorre quindi intervenire rapidamente per correggere le deformazioni che si sono manifestate, e impedirne nuovi sviluppi, rifiutando la logica del rispetto del già sancito e del già promosso, altrimenti tutto andrà avanti e tutto verrà fatto come proiezione dello sviluppo passato e delle linee di espansione già delineate dalla speculazione.
Si tratta di impegnarci oggi alla formulazione di un primo piano territoriale di coordinamento fondato su previsioni di breve termine, anche se, come il piano regolatore, esso ha giuridicamente valore illimitato nel tempo. Formuliamo ora un piano territoriale di coordinamento che risponda alle primarie esigenze di organizzazione dell'area torinese; che introduca vincoli di salvaguardia, e che assuma gli obiettivi di evitare sprechi e spese inutili, e di favorire un nuovo sviluppo economico. Dovranno essere introdotti i vincoli necessari e indispensabili ad impedire che si protraggano i processi di espansione disordinata, e a salvaguardare il territorio da ulteriori compromissioni e da disorganiche modificazioni del suo già precario assetto funzionale e ambientale; necessari a conservare e potenziare le strutture agricole esistenti.
Più approfondite definizioni delle direttive di organizzazione territoriale potranno essere apportate con successive varianti e formulazioni, che dovranno essere elaborate con la partecipazione delle Comunità locali, attraverso le strutture politiche comprensoriali che è necessario, contemporaneamente, costituire.
Ma intanto, mentre vi chiediamo di essere espliciti sul problema di Borgaro, vi chiediamo un impegno preciso sui tempi, sulle modalità, sul metodo con cui procedere alla formazione del piano territoriale.
Vi chiediamo di assumere oggi l'impegno di fissare in Consiglio, entro un periodo di tempo breve, i vincoli a cui deve essere informato il piano territoriale, e di attribuire l'elaborazione del piano territoriale già fin d'ora all'IRES, in modo da garantire che entro 90 giorni il piano venga portato in Consiglio per la discussione.
Nel fissare questi tempi teniamo conto dell'urgenza imposta dalla drammatica situazione economica, e del fatto che la Regione dovrebbe dare risposta alla richiesta di approvazione dei piani particolareggiati, entro 180 giorni.
In questo modo vi chiediamo di sospendere, sino all'approvazione del piano territoriale, i pareri su tutti i piani particolareggiati, e su tutte le lottizzazioni che sono già state presentate o che saranno presentate demandando ogni giudizio alla formulazione avvenuta, e ai contenuti, del piano territoriale.



(Applausi dal pubblico)



PRESIDENTE

Vi prego, il regolamento prevede che non si può né assentire n dissentire. Se si ripete ordino lo sgombero della tribuna.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Gandolfi.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Vorrei vedere qual è la metodologia di questa discussione, perch abbiamo sentito la illustrazione di una mozione, amplissima, oltre un'ora molto interessante e molto brillante. Forse sarebbe stato opportuno, come avevo fatto presente, che io facessi una dichiarazione politica preliminare alla quale il dibattito potesse ancorarsi, conoscendo il pensiero della Giunta in linea generale, con la riserva dell'approfondimento successivo che vi fosse da parte dell'Assessore all'Urbanistica una relazione relativa a quanto era stato scritto nella mozione, per aggiornare i Consiglieri tutti della conoscenza tecnica nei limiti attuali.
Se si preferisce invece andare in direzione diversa, e cioè consentire il dibattito sulla mozione e stabilire che poi il Presidente della Giunta e l'Assessore competente, raccogliendo le fila, dicano qualche cosa probabilmente si prolunga notevolmente la discussione, mentre le dichiarazioni che io farei all'inizio potrebbero eliminarne gran parte.



PRESIDENTE

Non ho difficoltà ad accogliere la proposta del Presidente se il Consigliere Gandolfi, al quale già avevo concesso la parola, non ha nulla in contrario.
Ha la parola, allora il Presidente della Giunta, al quale farà seguito l'Assessore; poi si riprenderanno gli interventi dei Consiglieri che si iscriveranno.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Non vi è e non vi può essere il minimo dubbio che la volontà politica che guida, e deve guidare, in questo particolare momento l'azione programmatica di sviluppo su tutto il territorio alla quale presiede la Regione nell'interesse dei cittadini, tende prioritariamente alla soluzione dei problemi che hanno nome casa, scuola, intesa come edificio e come istituto, sanità, intesa anche come programma ospedaliero e trasporti.
E' altrettanto indubbio che una responsabile programmazione non pu ignorare le presumibili vie di sviluppo che nel tempo debbono trovare pronti tutti gli elementi che ne rendano possibile la realizzazione per non essere colti di sorpresa dagli eventi. Né può prescindere un chiaro e responsabile indirizzo programmatorio dal calcolare le varie implicazioni che sorgono per agevolare uno sviluppo del Mezzogiorno senza pregiudizio per il Piemonte, e del rapporto che deve essere mantenuto ed accresciuto per l'inserimento del Piemonte nella dinamica europea.
A queste linee generali si ispira la Giunta ed essa intende affrontare impostare, risolvere tutti gli altri problemi di sua competenza raffrontandoli alle riaffermate linee prioritarie ed al programma che ha enunciato in questo Consiglio.
Questo mi è parso opportuno premettere al dibattito sul tema specifico che il Consiglio oggi appassionatamente affronta. La Giunta, o meglio l'Assessore all'urbanistica, ha da pochi giorni, esattamente dal 27 maggio 1974, allo studio, essendone stato investito proceduralmente, il complesso ed interessante piano per la nuova Borgaro. La Giunta, dopo che gli uffici tecnici l'avranno esaminato, affronterà l'argomento, com'è sua competenza e suo dovere, assumendo le decisioni che appariranno giuste. Certamente non mancherà di tenere in conto tutte le osservazioni e le considerazioni che emergeranno dal dibattito di oggi e le indicazioni che potranno venire anche dai settori politici esterni. Si tratta di una operazione di alto rilievo, che peraltro non deve compromettere o creare squilibri, ogni cosa valutata con la calma e la ponderazione necessarie, si potranno esprimere giudizi definitivi, non affrettati, che attualmente sarebbero probabilmente prematuri, almeno sotto il profilo della completa conoscenza di ogni particolare.
L'Assessore Benzi illustrerà la situazione attuale, fornendo elementi indubbiamente validi per la discussione. Mi riservo, al termine di essa ed in relazione a quanto emergerà e fosse necessario, una ulteriore puntualizzazione.
Intendiamo prevenire l'addebito che ovviamente è stato fatto e che riaffiorerà certamente nel dibattito: la carenza di un programma e di un piano, almeno per l'area metropolitana, al quale ricondurre la valutazione obiettiva, che si accompagna a quella politica del caso di Borgaro. A questo proposito intendo dire ai signori Consiglieri che è intenzione della Giunta portare avanti il piano di sviluppo regionale in termini urbanistici attraverso uno studio socio-economico da affidarsi rapidamente all'IRES e attraverso uno studio dei piani urbanistici che gli stessi Uffici della Regione dovrebbero accompagnare allo studio socio-economico e questo anche in relazione alla necessità di abbreviare i tempi di esecuzione.
Questo piano si articola essenzialmente a due livelli: la programmazione socio-economica, per cui le scelte programmatiche della Giunta Regionale dovranno svilupparsi con il concorso di tutte le forze sociali interessate, a partire dal quadro tracciato dal rapporto dell'IRES per il Piano regionale 1973-'78; la programmazione territoriale, in stretto rapporto con le scelte di cui ho detto prima. La Regione, attraverso la sua Sezione urbanistica, provvede a tradurre sul territorio tali linee programmatiche, impostando gli opportuni strumenti operativi ai vari livelli. L'insieme di tali strumenti determinerà la formulazione entro tre mesi di uno schema direttore che fin da ora può prendere avvio attraverso la individuazione di una serie di scadenze: un mese per la traccia generale del piano dell'area metropolitana ad uso di un primo dibattito interno; un mese e mezzo per il prolungamento dei risultati precedenti nell'ambito dell'area ecologica; presentazione dello schema direttore dell'area oggetto della pianificazione urbanistica. Sicché al più tardi ai primi di ottobre del 1974 la Giunta offrirà, all'esame del Consiglio, un documento quale vi ho indicato e che finirà con il caratterizzare il residuo tempo del nostro comune impegnò prima della scadenza del nostro mandato.
Sono state fatte qui delle sottolineature sulle quali mi riservo di eventualmente ritornare. Mi permetterei di chiedere rispettosamente a coloro che vorranno intervenire nel dibattito di non restare fermi ad una indicazione che copra genericamente quello che molto icasticamente il Consigliere Rivalta ha chiamato l'alibi morale delle avvenute precedenti approvazioni, le quali - è esatto quello che ha detto - mancarono nel 1966 da parte del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Il Consiglio superiore dei lavori pubblici, tuttavia, chiedeva al Comune di Borgaro di fornire delle indicazioni e delle precisazioni a seguito delle quali lo stesso Consiglio superiore dei Lavori pubblici, nel settembre 1969 approvava il piano del quale ci stiamo attualmente occupando, dando alcune indicazioni alle quali lo sviluppo del piano stesso doveva attenersi. Il 17 novembre 1970 il Consiglio di Stato, che aveva la competenza di intervenire, ha espresso il suo parere favorevole per la esecuzione del piano. Il Ministro dei Lavori pubblici, on. Lauricella, nell'ottobre 1971 approvava questo piano.
Il Consiglio deve suggerire, giudicare, scegliere responsabilmente offrire alla Giunta la strada per identificare non un vago generico proposito, ma uno strumento giuridico di intervento che non sia quello della competenza che le spetta di esame attento dei due aspetti che si riferiscono oggi al problema: il primo, quello relativo alla modifica richiesta a seguito dell'intervento dell'Anas prima dell'aprile 1972, data in cui vi è stato il decreto delegato, e che aveva bisogno di un adattamento e di un adeguamento perché si tratta di inserire una linea stradale che a sua volta si collocava nel piano; secondo, l'approvazione di quello che è il piano regolatore particolareggiato esecutivo.
Questi sono gli strumenti. Ove la Giunta, la Sezione urbanistica rilevi in linea di merito dei motivi che comportino la non approvazione proporrà, evidentemente, la non approvazione; ma creare delle illusioni che il discorso possa portarsi sul piano politico dell'impedimento della esecuzione di un'opera che ha avuto tutti i crismi dell'approvazione sarebbe veramente creare delle illusioni, alle quali io mi sottraggo.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l'Assessore Benzi, ne ha facoltà.



BENZI Germano, Assessore all'urbanistica

Signor Presidente, signori Consiglieri, le considerazioni che sto svolgendo su Borgaro sono per mettere di fronte a tutti i colleghi quello che succederebbe nel comune di Borgaro se fosse approvato il piano da loro proposto, perché spesso i Consiglieri regionali non sono al corrente (come il collega Rivalta) di quanto sta capitando in quella zona.
Ringrazio l'amico e collega Rivalta di tutte le cose che ha detto stamattina, perché ne faremo senz'altro tesoro. Non è che le condividiamo tutte, però alcune sono senz'altro da accettare e vanno vagliate.
Intorno alla questione dell'insediamento est del Comune di Borgaro si è sviluppato negli ultimi tempi un vasto movimento di opinioni che molto spesso ha assunto tinteggiature assai vive e polemiche.
E' comprensibile come ciò si sia verificato, poiché l'insediamento in questione, a prescindere dai suoi aspetti progettuali ed attuativi ripropone lo spinoso problema della gestione urbanistica dell'area metropolitana torinese.
Conseguentemente è necessario considerare l'intero problema con animo sereno: e ciò per impedire che una comprensibile insoddisfazione su come si sono evolute le condizioni abitative di gran parte dei Comuni della prima e seconda cintura, polarizzi l'attenzione dell'opinione pubblica sugli aspetti negativi dell'insediamento, che possono essere attenuati e corretti, a tutto scapito degli aspetti positivi presentati dal progetto.
Bisogna infatti almeno prendere atto che il problema della residenza nel quartiere est di Borgaro è stato affrontato, e per la prima volta, su basi unitarie.
Sotto questo punto di vista, la stessa dimensione dell'intervento necessariamente rilevante, rappresenta una precisa presa di posizione nei confronti di quegli interventi episodici che sono stati il criterio di crescita di quasi tutti i Comuni dell'area metropolitana.
Il confronto è senz'altro a vantaggio dell'iniziativa di Borgaro. Se oggi si riscontrano circostanze di congestione e di inadeguatezza urbanistica, ciò è dovuto proprio all'accrescimento indefinito delle varie periferie, fenomeno che solo globalmente rivela le proprie dimensioni impressionanti, ma che certo non è controllabile nelle singole iniziative edilizie proprio perché queste sfumano facilmente nell'anonimato.
Qual è nel contempo la situazione edilizia dei Comuni della cintura torinese? Prendiamo l'esempio di Collegno: nell'arco di tempo tra il 1966 e il 1973, in sette anni, sono stati licenziati 20.210 vani senza nessuna precisa indicazione sullo stato e la consistenza delle opere di urbanizzazione, dati invece assolutamente indispensabili visto il volume complessivo della realizzazione.
L'intera questione può essere riassunta assai brevemente: i Comuni dell'area metropolitana sono gravemente carenti di infrastrutture e servizi, e assai difficoltosa si presenta l'integrazione successiva proprio per l'alto grado di rigidità dovuto alle compromissioni.
I criteri e le scadenze di attuazione del P.P. di Borgaro, che prevede contemporaneità di attuazione dei comparti edilizi e delle opere di urbanizzazione, cui sarà fatto ampio cenno in seguito, indicano la via più corretta da seguire per gli interventi nelle aree metropolitane. Tale metodo, del resto, già consueto ad esempio nella vicina Francia rappresenta la via più corretta per evitare la formazione di ghetti e per assicurare immediate condizioni di vita agevole e soddisfacente.
Ad ulteriore chiarificazione, resta da aggiungere che il piano intercomunale degli anni '60 prevedeva già nell'area oggetto dell'intervento un centro di servizi intercomunali.
Questa indicazione rassicura già circa l'idoneità dell'area a recepire un discorso pilota sull'equilibrio dell'Assetto metropolitano. Notizie e considerazioni oggettive sulla variante al P.R.G. di Borgaro.
Borgaro è dotato di Piano Regolatore Generale (P.R.G.) approvato con D.M. 1.10.1971 che prevede la zona ZRE 10.
Nelle more dell'approvazione del P.R.G. venivano emanate in sede nazionale le seguenti norme: a) la legge 765 (legge ponte) b) il D.M. 1.4.1968 n. 1404 sulle fasce di rispetto delle strade c) il D.M. 2.4.1968 n. 1444 sui nuovi standards urbanistici.
Inoltre l'Anas nel contempo deliberò la costruzione: 1) del raccordo autostradale Torino-Caselle che differiva dal precedente tracciato di P.R.I. che il Comune di Borgaro aveva accettato ed inserito nel suo Piano Relatore 2) dell'Autostrada Tangenziale Nord che veniva ad interessare la parte sud del territorio comunale in direzione est-ovest 3) della variante alla SS 460 che interessava pure il Comune di Borgaro in direzione Nord-Sud.
Il P.R.G. di Borgaro, su richiesta del Ministero, venne adeguato alla innovata normativa e definitivamente approvato come si è detto con il D.M.
1.10.1971.
Inoltre, nel periodo intercorso fra l'adozione del piano (1964) e la definitiva approvazione (1971) il Comune fu investito come tutti gli altri della prima Cintura, da un notevole sviluppo industriale conseguente all'esodo delle piccole e medie aziende della Città di Torino.
Gli amministratori di Borgaro, facendo tesoro di ciò che era successo negli altri Comuni della cintura operarono una precisa scelta politica deliberando di disciplinare lo sviluppo dell'edilizia residenziale in modo da conseguire i seguenti obiettivi: fare di Borgaro una Comunità integrata e non solamente un'officina o un dormitorio predisporre, contestualmente allo sviluppo residenziale, i servizi sociali essenziali onde evitare di essere presi di contropiede realizzare lo sviluppo ordinato con i minimi oneri per il Comune.
Infatti nelle convenzioni oltre la cessione gratuita delle aree pubbliche ed all'urbanizzazione primaria, tutta l'urbanizzazione secondaria (e non una quota parte come prevede la legge) è stata posta a carico del privato, soprattutto in opere.
Questa soluzione, oltre ad essere più coerente con le finalità della legge, offre alcuni grossi vantaggi: pone l'Amministrazione al riparo della galoppante svalutazione della moneta che non consente più ai Comuni di realizzare nemmeno i programmi sociali a breve termine sottrae l'Amministrazione a qualsiasi rischio connesso all'esecuzione delle opere nonché agli oneri dell'approntamento dei progetti e degli appalti, della sorveglianza dei lavori, della contabilità, ecc.
risparmiando in tal modo una notevole quota delle spese correnti.
Unico onere: quello del collaudo, nel rispetto di quanto stabilito in convenzione in ordine alle diverse infrastrutture.
Per quanto riguarda in modo specifico la zona ZRE 10, il Comune anzich adeguarne le previsioni ai nuovi standards urbanistici tramite un piano di lottizzazione, preferì scegliere la strada del piano particolareggiato d'iniziativa comunale in quanto il piano particolareggiato avrebbe potuto disciplinare non solo le aree della zona residenziale ZRE 10, ma anche le connessioni di quest'ultima con quelle limitrofe.
Ma poiché un Piano Particolareggiato non poteva appoggiarsi ad un P.R.G. che nella zona prevedeva una viabilità principale ormai di fatto modificata (per volontà di Enti extra comunali), sorse la necessità di una variante al Piano Regolatore Generale limitata alla zona est del Comune.
La variante adottata consiste infatti in un semplice adeguamento del P.R.G. vigente alla viabilità intercomunale ed agli svincoli relativi, con conseguenti rettifiche della viabilità interna della zona est del Comune senza alterare le altre previsioni di Piano né incidere sulla concezione di base del medesimo; essa non rappresenta una "variante sostanziale" e pertanto non richiedeva la preventiva autorizzazione della Regione.
La zona ZRE 10 Trattasi di una zona integralmente preordinata in tutte le sue parti in modo da potersi sviluppare come una unità organica autosufficiente.
La sua attuazione non comporterebbe per il Comune alcun onere, anzi usufruendo di alcune infrastrutture del nuovo Centro (acqua, fognatura campo sportivo, scuole) il Comune potrebbe risolvere alcuni assillanti problemi dell'importante frazione del "Mappano" (circa 1.000 abitanti) oggi largamente carente di servizi.
E' fuori dubbio che con il nuovo insediamento il Comune vedrebbe espandersi la sua spesa corrente dovendo adeguare l'organico del personale ai nuovi bisogni insorgenti.
Ma il Comune ha a sua disposizione dei cespiti derivanti dalla oculata applicazione ai nuovi insediamenti delle vigenti norme di legge: INVIM, anche a carico dei terreni della Società UST e di terzi, sulla vendita delle unità immobiliari.
ILOR sulle unità immobiliari costruite, sulle aziende commerciali gli studi professionali, ecc.
Imposta sulla Pubblicità.
Tutto ciò mentre il costo di gestione delle opere di urbanizzazione sarebbero a suo carico solo dopo un anno circa dalla loro ultimazione.
Pertanto a livello comunale sembra legittimo poter affermare: che la variante in oggetto abbia tutti i crismi della serietà amministrativa e sia conforme alle leggi e norme vigenti; che l'operazione "Centro Satellite" non addossi alcun onere per la collettività che questo "Centro" sia l'unico insediamento dell'area torinese studiato e programmato sin dal suo inizio con criteri moderni ma soprattutto con una adeguata dotazione di servizi di verde e di attrezzature polifunzionali: cioè di tutte quelle infrastrutture che trasformano i problemi della "residenza" in problemi di "habitat" che esistano le migliori garanzie di buona riuscita nel tempo, in virtù della consistenza economica del promotore e della sua specifica esperienza un operatore che tra l'altro si accolla tutti i rischi sempre rilevanti in attività a medio termine ed in periodi di "economia a singhiozzo" che questa operazione razionalmente programmata nel tempo apporterà lavoro per 10 anni a maestranze di cantiere ed extra cantiere (circa 2000 2500 unità lavorative/anno) il che nella presente congiuntura e nelle incerte prospettive dell'economia torinese rappresenta un fattore tutt'altro che trascurabile.
In merito agli effetti indotti dall'insediamento di Borgaro nell'area metropolitana, altro punto, questo, sul quale si è impostato un vivace dibattito, è necessario riconsiderare il voto n. 1333 del 9/9/1969 con il quale il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici riprendeva in esame l'intera questione.
In questa sede, a prescindere dalle valutazioni favorevoli circa il dimensionamento del piano in relazione ai presumibili sviluppi della demografia e degli insediamenti industriali nell'hinterland torinese, si toccava appunto questo importante aspetto del problema.
Si chiedeva infatti di diluire l'attuazione del progetto in un compatibile numero di anni in modo da permettere un graduale assorbimento delle nuove presenze previste senza compromettere le strutture e le infrastrutture del Comune.
Evidentemente tale problema si ripropone anche a scala più ampia laddove si considerino gli effetti polarizzanti indotti dall'insediamento stesso; in questo senso il recepimento del piano particolareggiato nell'ambito dello schema direttore dell'area metropolitana si presenterebbe come un momento di sintesi e di effettiva normalizzazione della gestione del territorio.
Si tratterebbe in sostanza, di pilotare eventualmente proprio quegli effetti indotti a far sì che l'iniziativa di Borgaro costituisca un primo globale esempio di edilizia residenziale unitaria da contrapporre allo scomposto proliferare dei quartieri periferici.
Dati di sintesi del "Centro Satellite" 1 - Rispondenza alle prescrizioni del vigente Piano Regolatore Generale del Comune di Borgaro per la zona Residenziale di Espansione n. 10 (ZRE 10), di cui la zona di interesse dell'U.S.T. costituisce la maggior parte.
2 - Prevalente destinazione residenziale, per mc 3.432.000 pari a 35.000 abitanti circa.
3 - Destinazione degli altri 800.000 mc prevalentemente per usi direzionali.
4 - Maglia stradale tessuta secondo le due direzioni principali dell'asse di collegamento Borgaro-Settimo e della Statale Torino-Leinì Cuorgné.
5 - Comparti edificatori regolatori su un reticolo quadrato con modulo di m 200 x 200 di lato, tale da assicurare il contenimento di infrastrutture di servizio anche di notevoli dimensioni.
6 - Zona centrale bene individuata, per residenze-uffici e negozi singoli, chiamata "Mall" per le sue analogie con quelle che caratterizzano noti centri realizzati nel mondo (Lijnbahn di Rotterdam, Centro della città di Conventry, Enfant Plaza di Washington, Nordwest Centrum di Francoforte ecc.).
Essa si presenta allungata secondo la direzione Est-Ovest con sovrappasso sulla Torino- Leinì e sarà sede preferenziale di attrezzature e di infrastrutture private di interesse intercomunale.
7 - Scuole materne, elementari e medie che, nel rispetto dei raggi massimi di influenza, sono accorpate per rispondere a eventuali esigenze di sistemi educativi più moderni.
8 - Aree per le scuole medie superiori.
9 - Sistema del verde con zone attrezzate per lo sport e zone a parco pubblico, quest'ultime ubicate all'ingresso Sud del quartiere onde costituire una attraente zona di ingresso. I poli di maggiore concentrazione del verde sono uniti da un sistema di viali alberati attrezzati per il passeggio, lontani dalle strade di maggiore traffico.
Stradards di progetto Scuole: Asili nido n. 9 sez. mq 21.280 Materne n. 9 sez. 29 mq 24.291 Elementari n. 9 cl. 120 mq 73.124 Medie n. 5 cl. 57 mq 41.175 TOTALE mq 159.870 Serv. Colletti : Centri parroc. n. 3 mq 17.640 Serv. pubblici e tecnologici n. 8 mq 35.380 Mercati rion. n. 3 mq 17.640 TOTALE mq 70.660 Verde pubblico: Parco pubb. mq 298.873 Sport mq 48.453 TOTALE mq 346.826 Parcheggi pubblici mq 89.673 TOTALE mq 667.029 In realtà se noi diamo per ogni abitante mq. 18,80, avremo esattamente una cifra inferiore di circa 24.000 metri.
Standards prescritti dalla Legge 765 Nell'ambito delle ZRE 10 sono state reperite le aree ed è prevista la edificazione dei servizi di cui è carente l'adiacente zona di completamento ZRC 11 (1.540 abitanti), dotata solo di un centro di vicinato di mq. 1.078.
Pertanto agli effetti del calcolo degli standards di legge la popolazione considerata risulta di 34.329 + 1.540= 35.869 abitanti e le aree richieste dalla legge sarebbero: Scuole mq/ab. 4.5x35.869= mq 159.870 detratto asilo nido di mq 1.540 Serv. Collett. mq/ab. 2.0x35.869 = mq 71.738 detratto centro di vicinato di mq. 1.078 mq 70.880 Verde pubb. mq/ab. 9.0 x 35.869 = mq 322.821 Parcheggi mq/ab. 2.5 x 35.869 = mq 89.672 TOTALE mq 643.243 Perciò secondo la legge i mq necessari per i servizi sarebbero 643.243 mentre in realtà il progetto ne prevede 667.029.
Dalla convenzione tra Comune ed UST si possono dedurre gli oneri di urbanizzazione a carico della Società: 1) Per l'urbanizzazione primaria è prevista la costruzione; secondo la normativa allegata all'atto d'obbligo di: 1. strade e parcheggi 2. rete di fognatura bianca (per le sole acque meteoriche) con recapito nelle "bealere" della zona. Queste, a valle del punto di scarico della rete fognature verranno controllate, pulite e sistemate in modo da garantire la possibilità di recepimento del volume di acque bianche generale dal comprensorio in progetto 3. rete di fognatura nera (per acque nere e bionde) con recapito nel costruendo collettore consortile ubicato immediatamente a Nord della tangenziale, facente capo all'impianto di depurazione intercomunale previsto dalla Regione 4. rete acqua potabile, alimentata da pozzi già trivellati in zona 5. rete di distribuzione dell'energia elettrica alimentata dall'ENEL 6. rete di impianti per l'illuminazione pubblica. Per l'urbanizzazione secondaria è prevista: 1. la concessione delle aree per la costruzione di: asili nido, scuole materne, scuole d'obbligo secondo gli standard di legge. E' prevista anche la cessione di aree per la costruzione di due scuole superiori per complessive n. 80 classi ed in ragione di 1,3 mq/ab.
centri sociali verde pubblico attrezzato.
2. la costruzione di n. 9 asili nido, n. 9 scuole materne, n. 9 scuole elementari, n. 4 scuole medie, per complessivi mc 130.000 circa n. 9 centri sociali per mc 5.500 circa n. 3 mercati rionali n. 1 centro sportivo comunale della superficie di mq 48.453 con le attrezzature di cui si è detto e con relativo fabbricato con spogliatoi e servizi impianti e attrezzature dei parchi pubblici di quartiere strada di raccordo tra la parte nord della ZRE 10 e la esistente strada comunale Borgaro-Mappano (chilometri 0,600) strada di collegamento tra ZRE 10 ed il vecchio nucleo di Borgaro (chilometri 3.600) 3. La corresponsione di un contributo di L. 250.000.000 al comune di Borgaro per opere di interesse comunale al di fuori della zona ZRE 10 (con i primi 100.000.000 già corrisposti nel 1964, il Comune ha costruito un complesso scolastico nel vecchio nucleo urbano).
Conclusione La serie di dati e di valutazioni precedentemente esposte, appaiono sufficienti per delineare l'intera questione di Borgaro in termini più realistici e più sereni.
Se la dimensione e l'omogeneità del nuovo "Centro" pone dei problemi circa l'inserimento nell'area metropolitana, area, questa, certo non priva di tensione e di contraddizioni, resta però da considerare che proprio questo contesto così delicato richiede per la propria gestione una nuova linea di intervento che contrasti e deprima le iniziative residenziali episodiche e casuali.
E' sufficiente una sommaria indagine sullo stato e il livello delle infrastrutture di servizio per individuare, oggi, una allarmante sperequazione, tra il volume di vani licenziati dai vari Comuni dell'hinterland torinese e il livello generale della vita che in questi comuni si svolge.
Sotto questo punto di vista l'impostazione del piano particolareggiato di Borgaro ha la possibilità di rappresentare una presa di posizione ed aprire un capitolo nuovo.
Difatti l'attuazione potrebbe essere accompagnata da precise clausole che prescrivano la presenza delle opere di urbanizzazione come premessa irrinunciabile per la concessione del permesso di abitabilità, invertendo in questo modo una prassi insediativa ormai dichiaratamente negativa.
Nel contempo si ribadisce che le iniziative di interventi edificatori e di grandi infrastrutturazioni siano integrati nel Piano territoriale di coordinamento, la cui elaborazione è da affidarsi alla Sezione all'Urbanistica della Regione Piemonte sulla base dei criteri di sviluppo formulati dall'IRES, in modo che gli effetti indotti siano incanalati parallelamente ad altre, iniziative, a formare la nuova struttura portante dell'area metropolitana.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Gandolfi, ne ha facoltà. Poi ho iscritti a parlare i Consiglieri Zanone, Berti, Calsolaro e Garabello quindi prevedo che la discussione possa essere interrotta tra mezz'ora quaranta minuti e riprendere nel pomeriggio.



GANDOLFI Aldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, io avevo chiesto la parola all'inizio del dibattito, prima degli interventi del Presidente e del collega Benzi, perché ritenevo doveroso che ogni forza politica, su un problema di così grave importanza rispetto alle decisioni che devono prendere gli organi regionali, si pronunciasse in questo Consiglio e ritenevo per questo doveroso portare anche la posizione del PRI.
Il mio intervento è ancora più necessario dopo quelli del Presidente e dell'Assessore Benzi e ne spiegherò le ragioni. Voglio però innanzi tutto chiarire alcune questioni di principio che sono fondamentali, per inquadrare correttamente la discussione. Da una prima valutazione di merito non possiamo esimerci dal dire che un insediamento come quello di Borgaro cioè 40.000 persone nell'area metropolitana di Torino, non solo compromette e altera la fisionomia dell'area metropolitana così come oggi si presenta ma è senz'altro contrario alle linee della programmazione regionale che fino ad oggi siamo andati discutendo. Non è pensabile fare un così grosso investimento in edilizia residenziale nell'area metropolitana di Torino dopo tutti i discorsi che abbiamo fatto e che andiamo facendo sull'equilibramento tra l'area metropolitana e le aree periferiche.
Per il momento però noi possiamo esimerci da valutazioni di merito su questo progetto.
Il problema, è stato detto e concordiamo, è innanzi tutto di metodo: la programmazione regionale rischia di vanificarsi, di saltare ogni momento di essere una pura esercitazione di analisi socio-economiche se non è sorretta e strumentata da una politica urbanistica; è perfettamente inutile che gli organi regionali vadano discutendo continuamente certe ipotesi di programmazione economica regionale aggiornandole a quello che è l'andamento della congiuntura nazionale ed internazionale, se non creano una cornice nella quale calare determinati interventi e determinate linee di azione politica. Se la Regione è, come deve essere, momento di decisione e di organizzazione degli interventi sul territorio, la programmazione regionale deve sostanziarsi innanzitutto di una normativa e di una cornice urbanistica o è destinata a vanificarsi.
Borgaro quindi pone il problema di dare una rapida attuazione alle strutture portanti di una politica urbanistica regionale o fondamentalmente alla realizzazione di piani di coordinamento territoriali, primo fra tutti quello dell'area metropolitana torinese, il quale deve costituire la griglia urbanistica con cui si dovrà mettere mano ad una politica di salvaguardia, di contenimento e, se possibile, di ristrutturazione urbana dall'area metropolitana.
Sulla base di queste valutazioni, devo dire che come rappresentante del Partito Repubblicano Italiano non darò, a nessun livello amministrativo l'approvazione a qualsiasi documento urbanistico o modificazione di strumenti urbanistici esistenti (parlo di modificazioni significative e consistenti) se prima non si arriverà alla approvazione del piano territoriale di coordinamento dell'area metropolitana di Torino. Questo, al di là delle decisioni, delle indicazioni anche di carattere politico e istituzionale che sono venute fuori, mi sembra il problema fondamentale rispetto al quale oggi la Regione deve misurarsi. Se non ci sono questi impegni di carattere amministrativo del massimo organo regionale anche i discorsi avviati dalle autorità politiche dell'area metropolitana rischiano di essere dei fatti evanescenti o addirittura di mistificazione.
Fatte queste premesse, espresse a nome del mio partito in Giunta e che la segreteria regionale del mio Partito ha espresso al Presidente della Giunta, devo aggiungere ancora alcune considerazioni in merito agli interventi che il Presidente della Giunta ed il collega Benzi hanno fatto in quest'aula.
Il Presidente della Giunta, con il consueto tatto e con molta prudenza ha sottolineato un tipo di esigenze parlando di linee direttrici e di piano direttore per l'area. Noi comprendiamo che gli uffici urbanistici della Regione non potranno probabilmente in 90 giorni elaborare in maniera precisa ed articolata il piano di coordinamento territoriale, purtuttavia di piano di coordinamento territoriale bisogna parlare e se entro 90 giorni non saremo ancora pronti con uno strumento tecnicamente completo e articolato, dobbiamo però essere pronti per intanto a deliberare in Consiglio alcune linee fondamentali. Se questo è il significato delle dichiarazioni del Presidente, è rispondente agli impegni che avevamo assunto in Giunta quando si è discusso di questo problema.
Devo peraltro aggiungere, e me ne spiace, che la dichiarazione che il collega Benzi ha fatto in questa sede mi sembra non sia stata semplicemente una illustrazione della caratteristiche tecniche del progetto, per il taglio che ha avuto è entrata in alcune parti nel merito della questione presentandola sotto una luce positiva, almeno per taluni aspetti. E questo ce lo permetterà il collega Benzi, ci preoccupa non poco. Ci preoccupa rispetto agli impegni che ci eravamo assunti, ci preoccupa per quello che può significare, per i criteri con cui l'Assessorato all'urbanistica andrà ad affrontare la definizione di un piano di coordinamento territoriale. Ma noi non vogliamo e non possiamo fare il processo alle intenzioni e giustamente il Presidente della Giunta si appellava al Consiglio nel richiedere la definizione di queste cose.
Io allora, in questa sede, a nome del mio Partito, devo dire che se le forze di maggioranza non usciranno dal Consiglio con un voto chiaro e preciso che rimandi qualsiasi approvazione di strumenti urbanistici, o di modificazioni significative, a momenti successivi all'approvazione del piano di coordinamento territoriale per l'area metropolitana, non potrò non consegnare un'indicazione negativa agli organi regionali del mio Partito e richiedere, tramite questo, una verifica politica tra i Partiti della maggioranza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zanone.



ZANONE Valerio

Signor Presidente, signori Consiglieri, non è la prima volta che il Consiglio Regionale si occupa di problemi conseguenti al disordine urbanistico dell'area metropolitana torinese. Questo stesso tema - mi permetto di ricordarlo - era trattato nella mozione che il Gruppo liberale presentò e discusse in questo Consiglio alcune settimane fa ed in particolare nell'illustrazione che noi allora facemmo degli interventi per l'edilizia connessi all'assetto del territorio.
Noi riteniamo che le cause di questo disordine urbanistico siano molteplici, non vadano tutte addebitate con un atto che sarebbe di eccessiva facilità polemica alle responsabilità delle maggioranze politiche che hanno governato in tutti questi anni i Comuni e gli Enti locali dell'area metropolitana torinese; non ci sfugge il dato oggettivo dello spaventoso incremento demografico che si è verificato nella prima e nella seconda cintura, dove dal '51 al '71 la popolazione è aumentata del 135 ci rendiamo conto delle carenze di strumenti giuridici amministrativi e finanziari con i quali i Comuni hanno dovuto fare i loro conti nel tentativo di fronteggiare questa espansione troppo rapida, ma dobbiamo anche ricordare, come già più volte abbiamo fatto, che alla radice di questo disordine urbanistico c'è un problema di insufficienza della strumentazione urbanistica vigente, c'è la realtà di una pianificazione territoriale che è sempre stata disegnata sulle carte ma non è mai stata attuata sul territorio, dove chiunque ha fatto più o meno quello che gli conveniva, c'è il fallimento del tentativo ricordato nel suo ampio intervento dal collega Rivalta, del piano regolatore intercomunale che cadde perché essendo sprovvisto di autorità gerarchica non ottenne dai Comuni se non atti di adesione o limitata o del tutto verbale. Cosicch l'espansione delle abitazioni nell'area metropolitana si è diramata a macchia d'olio partendo dal capoluogo, seguendo le vie di accesso e ha creato quella che è la realtà in cui ci scontriamo ogni giorno, cioè la realtà di una periferia degradata, informe e sprovvista di servizi sociali.
E non c'é dubbio che da questo punto di vista anche il tipo di insediamento che viene prospettato nel Comune di Borgaro sia un passo innanzi, nel senso che si tratta quanto meno di equilibrare alcune strutture là dove in altre parti dell'area metropolitana la crescita degli insediamenti abitativi è avvenuta senza alcuna considerazione di queste necessità di equilibrio.
Noi riteniamo quindi che occorre istituire una politica urbanistica coordinata a livello metropolitana e che in questo senso si debba andare avanti con la maggiore sollecitudine possibile nel tentativo di dare all'area metropolitana una qualche, sia pure provvisoria, forma di Governo capace di farsi carico di questa politica urbanistica e che per questa via si arrivi in qualche modo a indicare le scelte principali sulla maniera di organizzare i nuovi insediamenti; nuovi insediamenti che, non dimentichiamolo, sono previsti nei rapporti dell'IRES nella quantità di alcune centinaia di migliaia di vani nel prossimo quinquennio e che quindi comunque esigono uno sforzo notevole edilizio nel contesto dell'area metropolitana. Ma certo riteniamo anche che senza questo piano direttore dell'area metropolitana torinese, sia difficile dare una valutazione per l'insediamento di Borgaro, perché è certamente difficile dire se questo insediamento o qualsiasi altro di dimensioni così ragguardevoli sia coerente o meno con una pianificazione territoriale che non c'è.
E' probabile (non credo che il nostro Partito sia rappresentato nell'amministrazione di quel Comune, per lo meno non ne ho notizia) che ci siano anche dei problemi di natura politica facilmente prevedibili quando un Comune di 4000 abitanti si trova a scontrarsi con una realtà che investe colossali società finanziarie e che quindi dovrebbe essere gestita ad un livello amministrativo più comprensivo e forse anche tecnicamente dotato di strumenti più efficaci.
Su tutto questo la Regione deve esercitare oggi il proprio intervento ed io sono obbligato ancora una volta a sottolineare, in questo Consiglio come l'intervento della Regione sia reso difficile dalla mancanza di chiare procedure di approvazione degli strumenti urbanistici dei Comuni. Devo qui ricordare per l'ennesima volta che dal 19 settembre del 1972 sonnecchia nella II Commissione del Consiglio Regionale una proposta di legge liberale per la regolamentazione degli strumenti urbanistici dei Comuni che a guisa di bella addormentata aspetta sempre un principe disposto a sposarla, o quanto meno un relatore disposto ad informare il Consiglio; e ci pare che questo intervento sia sempre più urgente, anche dopo la recentissima sentenza del tribunale amministrativo regionale che si è pronunciato in modo molto chiaro sull'incompetenza del Presidente della Giunta Regionale come organo monocratico ad approvare le varianti dei piani regolatori.
Se vogliamo evitare che il caos già dominante si estenda anche di più con un tipo di edificazione disordinata, casuale, che fra l'altro addebita ai Comuni oneri infrastrutturali che nella presente situazione dei bilanci comunali e della stretta creditizia i Comuni non sono certamente in grado di sostenere, occorre che la Regione provveda innanzitutto a regolamentare (come finora non si è voluto fare) più chiaramente le competenze per quanto riguarda l'approvazione di strumenti urbanistici.
Sulla mozione che è stata molto ampiamente ed efficacemente illustrata dal Consigliere Rivalta, mi limito ad osservare che il testo stesso è tale da proporsi al Consiglio Regionale come un contributo di partito e non come un contributo che sollecita adesioni più ampie, perché il testo della mozione è una puntigliosa - e dal punto di vista soggettivo, comprensibile difesa dell'azione che il Gruppo comunista ha svolto su questa materia nel Consiglio Regionale. Ma non c'è dubbio che noi dobbiamo, dall'esecutivo regionale, avere una risposta che il Presidente Oberto ha in parte anticipato, sull'effettiva possibilità di arrivare alla presentazione nel Consiglio Regionale di quel piano territoriale di coordinamento sul quale il nostro Gruppo ha sempre insistito; anche perché occorre che la Regione eserciti, con la chiarezza necessaria, i compiti che ad essa competono.
Raccogliendo quindi lo spunto polemico che poco fa abbiamo sentito dal Consigliere del Partito repubblicano Gandolfi, non mi soffermerò tanto sulla relazione dell'Assessore Benzi, relazione molto ampia, molto dettagliata, che cita molti dati, alcuni dei quali, vorrei permettermi di fare osservare, erano già noti perché contenuti in una conferenza stampa che il Comune di Borgaro tenne nel gennaio del 1974 e che è stata debitamente pubblicizzata; mi rifarei piuttosto alla risposta che l'Assessore Benzi diede, su questo stesso tema, nell'ottobre del 1973 in questo Consiglio ad alcune interrogazioni sul problema della così detta "città satellite", in cui si diceva che la validità di insediamenti abitativi di notevoli dimensioni come quello di cui si tratta, avrebbe dovuto trovare riscontro e verifica nel piano territoriale di coordinamento. Mi pare che su questo il Consiglio sia vicino ad un punto di convergenza se ho ben capito. Nell'intervento del Consigliere Rivalta, ci che mi pare non possa essere accolto è la proposta di affidare la redazione del piano territoriale di coordinamento all'IRES, perché il piano territoriale di coordinamento non è uno studio, non è un'indagine, di tipo culturale o scientifico, è un atto amministrativo; ed io non dubito che l'Assessorato all'Urbanistica disponga di uffici, di funzionari, di attrezzature sufficienti per compiere quello che è il suo dovere e per portare al Consiglio, che l'esaminerà previamente nelle Commissioni competenti, una proposta che deve essere dell'esecutivo e non di un istituto di ricerche, del quale, fra l'altro, attendiamo tuttora e da anni la definitiva sistemazione. Per cui fino a quando non si riuscirà a dare all'IRES quell'assetto che anche i suoi ricercatori richiedono, che anche il Commissario che attualmente ha l'onere di gestirlo desidererebbe, nel senso di chiarire una buona volta le strutture, la composizione e quindi l'aggiudicazione di responsabilità di questo istituto di ricerche, mi parrebbe fuori luogo demandare, con un atto che potrebbe anche essere liberatorio di responsabilità che sono invece responsabilità direttamente politiche, una questione di questa delicatezza.
Per concludere, il Gruppo liberale sollecita innanzitutto la regolamentazione legislativa delle competenze in materia urbanistica che sono state trasferite alla Regione con il decreto delegato n. 8. Non è questa, una battaglia che noi facciamo per una qualche misteriosa ragione di interesse di partito, crediamo che sia ed i fatti ci danno continue conferme di questo, una esigenza di chiarezza che l'amministrazione regionale deve recepire. Non dimentichiamo che in materia di procedure urbanistiche su questo terreno la Regione Piemonte è oggi forse l'ultima Regione d'Italia e che questa regolamentazione delle procedure è un elemento preliminare essenziale se si vuole che atti di tale importanza politica, che consentono anche ampio spazio ad illazioni di tutti i generi siano assoggettati ad una più corretta e più aperta procedura di controllo democratico.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Berti. Ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Nell'esaminare questa questione, che del resto non per la prima volta è oggetto di dibattito in questo Consiglio, noi non dobbiamo, e non possiamo prescindere dalle decise prese di posizione che stanno manifestando in modo corale i lavoratori, gli operai, i contadini, i ceti medi delle zone interessate.
Il Consiglio Regionale del Piemonte, che considera la partecipazione e la sensibilità alle esigenze ed ai punti di vista della gente uno degli elementi essenziali per orientare la sua attività, non può ridurre questa questione ad un fatto puramente di tecnica urbanistica, come da qualcuno pare emerga, o di strumenti giuridici che dovrebbero consentire oggi di assumere una posizione nei riguardi del piano particolareggiato di cui si parla. Il Consiglio Regionale del Piemonte non può certamente prescindere dal fatto che si tratta di un movimento - non soltanto popolare, ma movimento che coinvolge i lavoratori delle fabbriche, i cittadini dei quartieri, i coltivatori diretti, gli Enti locali che esprimono la collettività - che si colloca su una presa di coscienza nuova, molto più elevata rispetto a quanto non fosse qualche anno fa. E non possiamo che accogliere questa presa di coscienza come un fatto altamente positivo della realtà piemontese, e quindi trarre da questo, che è espressione genuina della partecipazione dei cittadini, le indicazioni essenziali per le decisioni che dobbiamo assumere.
Credo che nessuno qui possa ignorare, nell'assumere le proprie responsabilità - partiti, correnti e uomini politici - l'effetto lacerante che la questione del progetto per Borgaro ha avuto l'altra sera del Consiglio comunale di Torino, insieme alle altre cui ha fatto cenno Rivalta, pure oggetto di dibattito, mentre, proprio perché sono investiti problemi essenziali della vita economica, politica e sociale del Piemonte ed in particolare di questa provincia di Torino e della sua area metropolitana, avrebbe dovuto produrre effetti largamente unitari all'insegna delle affermazioni che si fanno in campo nazionale, da parte di tutte le forze politiche, quando si accingono ad esaminare la situazione appunto economica-sociale, nell'intento di trovare a questa rimedi.
La realtà che ci circonda, i dibattiti che noi svolgiamo, pongono in evidenza un fatto in sé estremamente contraddittorio, per certi versi indicativo, per altri estremamente preoccupante. Noi non ci troviamo quando dibattiamo queste questioni, di fronte a forze politiche, a uomini politici che ci dicano schiettamente: noi siamo i portatori degli interessi di queste categorie, siamo per Borgaro, siamo per le autostrade e le altre infrastrutture, perché difendiamo un certo tipo di interesse, fondato sul vecchio meccanismo di sviluppo, siamo i portatori di interessi ben precisi.
Sapremmo in questo caso di trovarci di fronte ad un avversario che si colloca alla difesa di determinati interessi di parte; e quand'anche questi interessi di parte fossero quelli della conservazione, del capitalismo più reazionario, sapremmo comunque qual è il nemico che ci sta di fronte. Qui abbiamo invece forze politiche e uomini politici che si esprimono con un linguaggio completamente diverso: ci troviamo in genere di fronte a prese di posizione, dichiarazioni di orientamenti in materia di politica economica, di analisi della situazione, di indicazione di rimedi, che non fanno queste discriminazioni, ognuno innalza l'insegna della difesa degli interessi della collettività, della difesa di una nuova politica di sviluppo.
Cito un breve stralcio di quanto la Giunta ha scritto nella sua relazione al bilancio: "L'analisi compiuta, che noi abbiamo giudicato valida, dell'attuale situazione economica, degli errori che qui si denunciano, e dei rimedi che si prospettano, è una analisi che noi abbiamo giudicato valida dal punto di vista culturale, dal punto di vista anche dell'orientamento politico". Ma abbiamo dovuto rilevare già nel dibattito sul bilancio la estrema contraddittorietà fra questi orientamenti e la mancanza di una presa di posizione politica da parte della Regione nei confronti di interventi, quelli sulle grandi infrastrutture, che oggi smentiscono ampiamente il contenuto della relazione. Io mi sono domandato quanti dei Consiglieri della maggioranza condividono veramente gli orientamenti che la Giunta ha indicato nella sua relazione al bilancio. Mi sono persino domandato quanti l'abbiano letta. E nel dubbio vi cito un altro passo. Analizzando appunto la situazione economica e sociale, e volendo determinare orientamenti di prospettiva, la Giunta scrive ad un certo punto che "il problema italiano non è soltanto di crescita quantitativa, ma, insieme, di una diversa qualificazione del meccanismo di accumulazione, di sviluppo e di diversificazione dell'apparato produttivo.
(E' ribadito in forma estremamente chiara: modificare il meccanismo di sviluppo). La domanda pubblica diventa allora determinante per configurare una struttura dei consumi ed in parallelo una struttura produttiva più rispondente alle esigenze della domanda interna ed in particolare alla domanda di beni collettivi. Lo sviluppo dei consumi sociali non rappresenta oggi soltanto una diversa allocazione delle risorse prodotte, ma è una leva per la stessa creazione delle risorse, sia direttamente, attivando settori nuovi legati alle grandi riforme sociali dei sistemi abitativi, scolastici sanitari e dei trasporti, sia indirettamente, attraverso una più funzionale organizzazione dei servizi in grado di generare delle economie esterne per la collettività".
Sono due periodi che sintetizzano molto chiaramente l'attuale situazione e ci consentono persino di dare delle risposte precise alla linea su cui oggi il Governo si è addirittura dimesso: il rilascio cioè della domanda sociale come mezzo per uscire dalla situazione di crisi. Ma per essere coerenti con queste affermazioni non si può non assumere atteggiamenti che dicono "no" agli investimenti di capitali che vadano nella direzione opposta e che si collocano ancora sul piano del vecchio meccanismo di sviluppo.
Quindi, quando noi siamo chiamati a dare un giudizio su queste questioni non possiamo prescindere da quanto esprimono i lavoratori, e non possiamo prescindere dal contesto politico ed economico in cui oggi ei collochiamo. Quando si grida ai quattro venti che il Paese è sull'orlo della bancarotta, che occorre fare grandi sacrifici, si deve, a livello per esempio, degli Enti pubblici, affrontare la situazione con coerenza e dar prova di senso di responsabilità e di coraggio. Avvocato Oberto, oggi è il momento delle responsabilità, occorre compiere gli atti politici che la coscienza ci addita, evitare, quindi lo sperpero connaturato ad un determinato tipo di insediamento, senza preoccuparsi essenzialmente dei possibili riflessi giuridici. Mi riferisco, naturalmente, a tutte le altre questioni di grandi infrastrutture che sono oggi oggetto di dibattito in Piemonte, non solo al caso di Borgaro, che non è affatto isolato, anche se è di tipo diverso, se volete, in quanto vede una grande speculazione come strumento per continuare il vecchio meccanismo di sviluppo.
Non ci si può togliere dalle spalle la veste politica che ognuno di noi per propria scelta si porta addosso, per ridursi al puro discorso tecnico.
E noi in questo momento non possiamo condividere posizioni come quella del Presidente della Giunta, quando dice: dal punto di vista legale, dato che il Consiglio superiore ha approvato l'insediamento che l'ha approvato anche l'ex ministro Lauricella, che tutti i precedenti atti amministrativi sono avvenuti, indicatemi uno strumento giuridico che mi permetta di dire di no.
Collocare questo ampio problema soltanto in questa luce - come ha fatto essenzialmente lei prima, avvocato Oberto, in quanto questo è il succo della sua risposta interlocutoria, che secondo me non le fa esprimere tutta la sua assunzione di responsabilità - vuol dire minimizzare il problema dare pubblicamente prova palese di non sapersi assumere le gravi responsabilità che il momento richiede.
Credo risulti abbastanza nettamente anche da alcuni interventi che sono già avvenuti, e da quello che il Paese esprime in questi giorni di gravemente drammatico, che operazioni di tipo di quella di Borgaro chiaramente speculative, fondate sulla rendita fondiaria, su meccanismi che occorre modificare, a prescindere da tutte le questioni di carattere urbanistico, la esigenza di dichiarazioni nettamente contro queste scelte perché in contrasto con la scelta che noi abbiamo compiuto, affermata nella relazione al bilancio. Voi non potete scrivere certe cose e nei fatti comportarvi in modo del tutto diverso. Se anche il progetto di Borgaro ha già superato precedenti vagli lungo l'iter che deve percorrere - le vie dei signori sono infinite, dico io ...- non si deve continuare su questa strada. Occorre, ad un certo punto, sapere esattamente quel che si vuole fare, e, lo ripeto per l'ennesima volta, assumersi in coscienza le proprie responsabilità.
Ha fatto bene Rivalta a dire: non sentiamoci vincolati dal passato prescindiamo da questo, collochiamoci nella veste di amministratori che avvertono tutta la gravità del momento e delle scelte che occorre oggi compiere. Sotto questo profilo, è inconcepibile la relazione che ha svolto l'Assessore all'Urbanistica. Se non sapessi che a redigerla hanno contribuito i funzionari dell'Assessorato all'Urbanistica (d'altronde, è impensabile che l'Ufficio sia estraneo ad atti che l'Assessore legge) sarebbe da parte mia totalmente legittimo concludere che o è un atto di Partito, cioè che l'Assessore ha letto un documento di ispirazione socialdemocratica, che precisa la posizione del suo Partito in merito all'argomento in discussione, o ha letto la relazione scritta dall'Immobiliare. Questa relazione, infatti, esprime un "sì" netto alla realizzazione del progetto di Borgaro. Contiene addirittura l'affermazione che si tratta del primo esempio di intervento unitario nella materia. Forse non oserebbe pronunciarsi così decisamente neppure il Collegio dei Costruttori: il giornale "Edilizia", che i Costruttori appunto ci inviano ogni settimana, si tiene ad un livello estremamente più elevato. Abbiamo il diritto di pretendere, io dico, dall'Assessorato all'Urbanistica della Regione Piemonte indirizzi politici e culturali più avanzati di quelli espressi qui, o no? Credo vorrete dare atto della dimostrazione esemplare di serietà e di impegno culturale che emerge dall'intervento del nostro compagno Rivalta, che ha rispecchiato la politica in materia del nostro Partito.
Devo dichiarare che mi riconcilia con questa Assemblea l'intervento che ha fatto il collega Gandolfi. Mi sono trovato in polemica con lui mille volte, ma non posso non dargli riconoscimento della estrema coerenza e chiarezza con cui si è espresso sui problemi in discussione. Sappiamo così che all'interno di questa maggioranza c'è almeno un Gruppo, un Partito (il Partito repubblicano, pur con i suoi tanti difetti, pur con a capo un La Malfa che si esprime in termini inaccettabili) che in questa sede, chiamato ad assumere le sue responsabilità, ha detto: noi non siamo d'accordo, noi ci schiereremo sempre contro l'approvazione di strumenti di questo genere fino a quando non ci sarà il Piano territoriale di coordinamento. E' questa la strada giusta, avvocato Oberto. Se lei non accetta questo punto di partenza, è inutile che giri attorno alle questioni...



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Ma questo io l'ho detto chiaramente, mi permetta, dichiarando che è necessario il piano, fissando delle date entro le quali il piano dovrà essere presentato.... Non mi pare che ci si debba stravolgere per dire le cose: dovrebbe bastare il dirle.



BERTI Antonio

Voglio darle atto, avvocato Oberto, di tale dichiarazione di aver dato atto della necessità del piano e di aver fissato le date. Non voglio certo imprimere a questo dibattito i caratteri drammatici che altrove si sono avuti, in un momento in cui invece è estremamente opportuno mantenere la calma. Devo però dire che, coerentemente al fatto che in questo periodo, il più breve possibile, la Regione sta approntando un piano territoriale di coordinamento per l'area metropolitana di Torino, non saranno consentiti insediamenti che possano pregiudicare l'assetto del territorio. Se c'è questo impegno, possiamo procedere in questo frattempo, con la collaborazione della gente interessata, con i Comuni, con l'autorità metropolitana, in coerenza con il Piano di sviluppo economico e regionale ad esaminare tranquillamente la situazione ed a decidere in conseguenza.
Questa è la risposta che vogliamo sentirci dare. L'abbiamo già avuto da parte repubblicana, in questo Consiglio, non ancora dal rappresentante della socialdemocrazia. Vogliamo che gli altri Gruppi precisino in modo altrettanto chiaro la posizione che intendono assumere.



PRESIDENTE

Si è così conclusa la prima parte della seduta. I lavori sono rinviati alle 15,30 di oggi.
Pregherei i Capigruppo di volersi trattenere qualche minuto per una breve riunione nella saletta adiacente.
La seduta è tolta.



(La seduta termina alle ore 12,45)



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