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Dettaglio seduta n.233 del 31/05/74 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento: Bilanci preventivi

Esame del disegno di legge n. 120 sul Bilancio di previsione per l'anno finanziario 1974 (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Hanno chiesto congedo per la seduta odierna i Consiglieri Fassino e Giovana.
L'ordine del giorno reca: "Prosecuzione della discussione sul bilancio di previsione per l'anno finanziario 1974" La discussione generale è chiusa. E' stata presentata una terza nota di variazione al Bilancio di previsione per l'anno finanziario 1974 modificazione che determina una piccola variazione finale. Credo sia già stata distribuita.
Per questa seduta conclusiva sono in programma le repliche dell'Assessore al Bilancio e del Presidente della Giunta, le dichiarazioni di voto dei Gruppi e quindi la votazione della legge.
Do la parola pertanto all'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore alla programmazione e bilancio

Signor Presidente, colleghi, credo sia doveroso, in sede di replica alla discussione sul bilancio di previsione per il 1974, che ha visto impegnati tutti i Gruppi ad una intensa attività, con numerosi interventi il ringraziamento a tutti i colleghi che sono intervenuti, e che hanno dato un contributo all'approfondimento, alla discussione ed alla analisi delle cifre del bilancio e della politica della Regione.
In particolare, sento di dover ringraziare quei colleghi che con ampiezza si sono intrattenuti sull'analisi della parte generale della relazione al bilancio, che hanno fatto oggetto dei loro interventi l'analisi della situazione economica, della congiuntura, delle prospettive della programmazione regionale, dell'impostazione generale del bilancio e della impostazione programmatica della spesa. In modo particolare, quindi i colleghi Dotti, Garabello, Rivalta, Cardinali, Menozzi, Nesi.
Per questa parte generale credo di poter dire che vi è stata da parte del Consiglio una larga concordanza sulla impostazione e sull'analisi economica compiuta dalla relazione al bilancio, e dunque un sostanziale consenso su questa analisi, con significativi ampliamenti ed approfondimenti che saranno oggetto di attenta considerazione per l'attività dei mesi futuri e stimolo per la futura attività della Giunta.
C'è stato anche un intenso lavoro di elaborazione e di proposta in ordine alle diverse impostazioni di settore contenute nel bilancio, e su questo lavoro si è imperniato, l'apporto degli altri Consiglieri intervenuti nel dibattito. Non mi soffermerò ora a rispondere a tutti gli interventi, anche per ragioni sostanziali, perché sarà poi il Presidente della Giunta a farlo in modo preciso ed analitico per quanto riguarda soprattutto gli impegni politici ed il taglio politico del bilancio.
Non vorrei neppure entrare nel dettaglio delle singole osservazioni formulate sui diversi capitoli di spesa, che pure potrebbero essere oggetto di analisi e di risposta anche in termini di bilancio. Faccio eccezione perché il collega Debenedetti, direttamente interessato, è assente, per uno degli appunti, mosso all'art. 928, che prevede uno stanziamento più rilevante di quello dell'esercizio scorso per gli Enti provinciali per il turismo: questo aumento è in funzione non già di un ampliamento del ruolo che la Regione assegna agli Enti per il turismo ma semplicemente di un diverso contratto di lavoro che prevede oneri per il personale superiori al passato, sia per le diverse misure di contribuzioni sociali sia per il pensionamento e comunque lo stato di quiescenza del personale direttivo quindi è una spesa che non attiene ad aumentate funzioni degli enti, ma semplicemente alle esigenze connesse al pagamento del personale.
Nella discussione in Consiglio su questo bilancio non vi sono state per la logica che ha presieduto a questo dibattito, se non pochissime richieste di aumento dei singoli stanziamenti. La Giunta ha potuto accogliere una soltanto di queste richieste: è stato aumentato lo stanziamento al cap. 346, che riguarda i contributi per i Centri di lavoro protetto, una esigenza che è stata particolarmente sollecitata in questi giorni ed a fronte della quale abbiamo ritenuto doveroso procedere ad un ampliamento del nostro intervento. Il sostegno preciso è contenuto nell'art. 25 della legge n. 118 del '71. Abbiamo potuto aumentare lo stanziamento di 200 milioni, in aggiunta ai fondi che lo Stato concede per un capitolo nel suo complesso destinato ai contributi ad enti pubblici ed organismi privati per l'attività nel campo dell'orientamento e dell'addestramento professionale dei mutilati e invalidi civili, compresa aggiungiamo ora, quella da svolgere mediante i laboratori protetti.
Direi che non a caso si è assistito, ad una modifica minima in quest'ultima fase della discussione del bilancio, rispetto agli stanziamenti iniziali: lo sforzo massimo di reperimento delle risorse e di ampliamento delle capacità di spesa della Regione è stato infatti compiuto dalla Giunta prima e successivamente nel corso dell'esame in seno alla I Commissione ed alla consultazione. Lo sforzo di adeguamento è stato compiuto, cioè probabilmente anche con vantaggio per la snellezza e la operatività dei lavori del Consiglio, attraverso il lavoro di Commissione e il lavoro di consultazione, di proposta dei diversi Gruppi consiliari in seno alla I Commissione. Cosicché, a conclusione di questo lungo iter in sede di dibattito in aula non sarebbe né serio né, al limite, neppure possibile un ulteriore aumento; aumento che purtuttavia non possiamo escludere in assoluto, restando comunque aperto, per i casi di comprovata necessità, nel corso dell'esercizio, l'utilizzo dei fondi derivanti dall'impiego dell'avanzo di amministrazione per l'esercizio '72 e per l'esercizio '73. Avanzo che, ai fini della destinazione, viene indicato nell'ammontare complessivo di 4 miliardi in questo bilancio, destinati per 2 miliardi all'agricoltura e per 2 miliardi ai Lavori pubblici, mentre la maggior cifra che presumibilmente si potrà ricavare resterà disponibile per finanziare altri interventi urgenti e prioritari, con l'unico vincolo che si tratti di spese che si esauriscono nel corso dell'esercizio. A questo riguardo la Giunta ribadisce l'impegno a presentare in Consiglio l'esame dei rendiconti '72-'73, per i quali c'era stata in Commissione una richiesta avanzata da molti colleghi, e qui in Consiglio una sollecitazione particolarmente pressante da parte del Consigliere Rossotto. La Giunta assume precisamente l'impegno di presentare il rendiconto '72 entro giugno e il rendiconto '73 entro luglio, in modo da consentire l'impiego tempestivo dell'avanzo che ne risulterà.
Abbiamo detto che in questa sede, a conclusione del lungo dibattito sul bilancio, non sarebbe stato possibile aumentare ulteriormente la spesa della Regione per quest'anno. E' bene, per chiarezza, aggiungere che evidentemente noi non ci poniamo istituzionalmente vincoli alla spesa regionale, né di ordine monetario né di equilibrio dei conti con l'estero e quindi ribadiamo che la Regione non ha alcun problema di contenimento, ma se mai, soltanto di qualificazione della sua spesa. Il limite per noi rappresentato soltanto dal livello delle risorse disponibili, cioè dal tetto delle nostre possibilità. E dobbiamo dire che lo sforzo effettuato con il bilancio 1974 ci fa avvicinare al tetto delle nostre possibilità tenuto conto degli impegni pluriennali di spesa che derivano dalle leggi già approvate e da quelle che corrispondono agli impegni politici che sono stati assunti con il bilancio.
La tabella n. 1 che è stata allegata, così come risulta dopo le correzioni che sono state apportate per tener conto delle leggi nel frattempo approvate e di tutti gli impegni che sono stati assunti evidenzia lo sviluppo degli interventi pluriennali della Regione: ci dà cioè la possibilità di verificare gli impegni di spesa e di attività nei prossimi cinque anni, in base alle leggi che sono già state approvate, in base alle leggi che sono presentate all'esame del Consiglio, in base alle leggi per le quali c'è un impegno preciso da parte della Giunta.
Da questa tabella, nel suo aggiornamento finale - io cito soltanto dati finali, non parziali, ma la tabella è allegata, salvo le correzioni apportate da ultimo -, ricaviamo un impegno globale per gli interventi con proiezione pluriennale parti ad oltre 45 miliardi nel '74, a oltre 45 miliardi nel '75, a oltre 48 miliardi nel '76, a oltre 42 miliardi nel '77 a oltre 29 miliardi nel '78. Abbiamo cioè una spesa pluriennale per interventi già decisi o per i quali c'è un impegno politico per 211 miliardi e mezzo nei cinque anni, con esclusione di alcuni interventi per i quali la definizione delle cifre non è ancora avvenuta ma che certamente hanno validità pluriennale. Cito ad esempio il problema dei trasporti che a questo fine è stato considerato soltanto in relazione ai 7 miliardi stanziati con le tre leggi approvate per il '74, e cito ancora l'intervento per l'assistenza scolastica nella forma globale che assumerà il disegno di legge annunciato dalla Giunta e che comporterà evidentemente una spesa maggiore.
Possiamo ritenere quindi che l'ordine di spesa pluriennale che già scaturisce dai provvedimenti approvati o da quelli annunciati e per i quali c'è l'impegno, si aggiri intorno ai 230 miliardi in cinque anni.
E' quindi una spesa consistente, un quadro di impegni particolarmente pesante, che richiede certamente una oculata attenzione alla politica ordinaria della spesa, da un lato, una attenta selezione e una rigorosa qualificazione prioritaria per gli interventi futuri, dall'altro.
Certamente, questo non è ancora il bilancio pluriennale che è stato richiesto (in particolare ricordo la richiesta che ci è venuta dal presidente della I Commissione, Garabello), ma è comunque un primo quadro di impegni pluriennali, che dovrà formalizzarsi per il 1975 in un vero e proprio documento previsionale di portata pluriennale, documento che riteniamo indispensabile proprio perché siamo arrivati ad una situazione nella quale occorre, per poter finanziare gli interventi nuovi, avere un preciso quadro delle nostre possibilità, e quindi anche degli impegni che ci siamo già assunti per il passato.
L'esame delle risorse disponibili ci porta a soffermarci, sia pure fugacemente, sul problema dell'indebitamento della Regione. Abbiamo già chiarito nella relazione e nella introduzione al dibattito come l'assunzione di autonome iniziative di spesa per investimenti, data la rigidità ormai assunta dal bilancio, non possa essere finanziata che mediante il ricorso a prestiti. Ed è una via, questa, del ricorso a prestiti, che con il bilancio '74 viene aperta con risolutezza, prevedendo una mole di mutui, che in base ai dati che sono stati distribuiti e sui cui ci siamo soffermati, ammonta all'incirca a 70 miliardi, oltre ai 10 che risultano già contratti nell'esercizio precedente. Ora, è chiaro che anche questa via, cioè la via dell'indebitamento, non è praticabile all'infinito giacché il vincolo stabilito dall'art. 10 della legge 16 maggio '70 n. 281 consente di raggiungere un livello di indebitamento cui corrisponde un onere per annualità di ammortamento non superiore al 20% dell'ammontare complessivo delle entrate tributarie della Regione.
Oggi possiamo ritenere risolta nel senso più favorevole alle tesi regionaliste la querelle su che cosa si debba intendere per entrate tributarie. E' noto al Consiglio che vi è stata disparità di, opinioni su questa definizione della legge, se cioè per entrate tributarie si dovessero intendere soltanto i veri e propri tributi regionali, oppure anche le entrate tributarie erariali che affluiscono al fondo comune di cui all'art.
8 della legge 281. Nel progetto di legge di riforma della contabilità regionale già predisposto dalla Commissione mista Stato-Regioni, e che il Governo regionale per la programmazione si prevede infatti esplicitamente quello che per entrate tributarie si intendono anche le entrate tributarie erariali che affluiscono al fondo di cui all'art. 8: cioè a dire, che il livello di indebitamento possibile per le Regioni deve essere calcolato al livello massimo tra le due tesi possibili. Quindi, per quanto riguarda la nostra Regione, il livello di indebitamento possibile oggi sarebbe dell'ordine di 120-130 miliardi. Il tetto è ovviamente destinato ad alzarsi, sia per la naturale lievitazione delle entrate tributarie, sia per l'annunciata modifica da parte del Governo del meccanismo di formazione del fondo di cui all'art. 8, che dovrebbe essere incrementato e che quindi automaticamente eleverebbe il tetto dell'indebitamento possibile.
Ci troviamo, cioè in una situazione che dal punto di vista delle possibilità di spesa autonoma della Regione è certamente tranquillante, ma che tuttavia, per gli investimenti futuri, pone il problema di una selezione secondo criteri di priorità. Il che significa che le risorse alle quali la Regione deve attingere non sono illimitate, come sotto un certo profilo psicologicamente poteva apparire negli anni scorsi, in relazione al lento avvio dell'iniziativa legislativa regionale, ed occorre a queste risorse accedere secondo criteri di priorità. In altre parole, si conferma la necessità imprescindibile della programmazione come metodo di gestione dell'attività regionale, che sarebbe, in assenza di programmazione condannata ad una rapida paralisi, sulla base di scelte che sarebbero veramente episodiche, affidate al caso e a progetti di volta in volta svincolati dalla logica di un disegno unitario, con il risultato di lasciare insoddisfatti dei grossi fabbisogni e di non avere più risorse da destinare agli interventi di natura prioritaria. Detto questo, non vorrei lasciar trasparire cose più gravi di quelle che sono. Il bilancio regionale, come abbiamo dimostrato, come è apparso chiaro dal dibattito, è un bilancio solido, le nostre possibilità di spesa restano ampie, e soprattutto è chiara la volontà politica che noi abbiamo di spendere, di spendere bene ma di spendere. Rifiutiamo pertanto qualsiasi ipotesi di contenimento, di austerità, che per un bilancio come quello regionale non ha senso: la Regione è nata anche per questo, cioè per mettere in moto con maggiore oculatezza, con maggiore celerità, con maggiore rispondenza ai bisogni reali della comunità, i processi di decisione e di erogazione della spesa pubblica. Questa volontà è maggiormente ferma nell'attuale situazione congiunturale, nella quale la spesa pubblica nei settori prioritari è chiamata a svolgere una funzione di sostegno della domanda globale, di riqualificazione dei consumi, di ampliamento delle capacità produttive dell'economia regionale e di difesa dei livelli occupazionali. Proprio perché siamo consapevoli di questo ruolo la Regione, come espressione al massimo livello delle Comunità locali, si candida ad essere il canale essenziale, decisivo, qualificante della spesa pubblica, il punto di raccordo e di coordinamento degli interventi che avvengono sul territorio anche per questo ci opponiamo alle soluzioni pseudo-efficientistiche, tipo i progetti speciali, e ribadiamo il ruolo, se volete ambizioso ma insostituibile, che le Regioni sono chiamate a svolgere nel quadro della nuova politica economica. Di qui nasce la richiesta di adeguate risorse per le Regioni, se non vogliamo che esse ripercorrano la stessa strada che hanno percorso, nei cento anni dell'unità ad oggi, gli Enti locali.
Qui tocchiamo un altro importante aspetto della impostazione del nostro bilancio. Per svolgere questo ruolo cui sono chiamate, le Regioni devono camminare a fianco degli Enti locali. La spesa per investimenti della Regione è per il 95% di trasferimento ad altri soggetti pubblici o privati in buona parte Comuni e Province, che devono quindi poter operare con una loro spesa aggiuntiva per rendere efficace l'intervento della Regione. Il presupposto del nostro sforzo finanziario è quindi che Comuni e Province siano entità validamente operanti. E anche di qui nasce il senso unitario solidale che assume la lotta in difesa delle autonomie, per la riforma della Legge comunale e provinciale, per la riforma del testo unico della finanza locale, per un mutamento profondo nelle direttive della politica creditizia. Stiamo conducendo a tutti i livelli questa battaglia, ma certamente non restiamo insensibili all'esigenza, che i Comuni ci hanno prospettato in termini drammatici nelle consultazioni sul bilancio, di interventi che consentano la messa in moto immediata di investimenti, e quindi di interventi concessi nella forma dei contributi in conto capitale anziché in quella dei contributi in conto interessi. Nel complesso del bilancio, tenendo conto di tutte le leggi approvate, anche di quelle approvate ieri, e delle leggi contenute nei fondi globali, i contributi in conto capitale sono oggi il 57% delle spese per investimenti della Regione passando fra il '73 e il '74 dal 50 al 57%. C'è stato cioè, uno sforzo maggiore nel senso di qualificare i nostri contributi agli Enti locali come contributi in conto capitale anziché in conto interessi. In modo particolare, questo sforzo è stato rilevante nel settore dei Lavori pubblici, settore che nella sua globalità ha mostrato un incremento del 64 fra il '73 e il '74, perché è il settore che viene incontro alle esigenze immediate di intervento di spesa dei Comuni, con una accentuazione però dei contributi in conto capitale, che si è avuta in particolare per le opere di pronto intervento, per i contributi dati a Province, Comuni e loro consorzi, e per i contributi in capitali dati sulla legge 1090, tutti interventi che hanno segnato aumenti di spesa in conto capitale particolarmente rilevanti, dell'ordine addirittura, in qualche caso, del 300 o 400 per cento rispetto allo stanziamento dell'anno scorso.
In questo modo la Regione si sforza di coprire una esigenza reale e sentita da parte degli Enti locali - rendendosi conto che vi sono problemi a breve scadenza che devono essere risolti -, però nella consapevolezza che così operando - l'effetto moltiplicatore della spesa regionale è assai contenuto e che quindi, alla lunga, il risultato finale è la realizzazione di un numero minore di opere. D'altra parte, ci rendiamo conto che in tempi brevi ci sono da parte degli Enti locali richieste anche maggiori di intervento in conto capitale, con un ulteriore spostamento di risorse dovremo esaminare, nelle leggi che abbiamo in programma e che dovranno essere sottoposte all'attenzione del Consiglio per gli interventi futuri ad esempio per gli interventi di risanamento dell'ambiente, se non sia più opportuno innescare meccanismi di finanziamento che privilegino ancora di più di quanto abbiamo fatto nel bilancio il contributo in conto capitale rispetto al contributo in conto interessi; anche se la via maestra per uscire da questa situazione è certamente quella della riforma della Legge comunale e provinciale, di una redistribuzione, quindi, di funzioni e di risorse fra i diversi livelli di governo. Se no, il rischio è che, in una prospettiva di medio termine, la Regione esaurisca le sue capacità di intervento, e ad un certo punto, nonostante il nostro aiuto, i Comuni non ce la facciano comunque più. (Tenendo conto che per ampliare le possibilità di dare contributi in conto capitale noi stessi siamo obbligati a ricorrere a mutui: noi dobbiamo mutuare le risorse che redistribuiamo in conto capitale ai Comuni). Queste sono le linee essenziali del bilancio che il Consiglio è chiamato a discutere e ad approvare oggi.
Io credo che il bilancio per il 1974 rappresenti già quel documento definitivo che il Consigliere Garabello auspicava potesse essere il bilancio, almeno per quanto riguarda la struttura, l'intelaiatura l'impalcatura. E' certamente il modello sul quale nei prossimi anni si articoleranno i bilanci futuri, evidentemente apertissimi quanto ai loro contenuti ma tuttavia sulla strada che già questo bilancio ha indicato. Con il bilancio '74, in ogni caso, si sanziona la piena assunzione delle responsabilità di governo da parte della Regione. L'impegno della Giunta è ora quello di procedere senza salti, senza soluzioni di continuità, alla gestione della politica di bilancio che ne scaturisce, e che evidentemente non si concreta soltanto nell'atto formale e solenne dell'approvazione della legge di bilancio, ma attraverso il funzionamento delle istituzioni regionali, l'approvazione delle leggi, la realizzazione del programma.
Sotto questo profilo è evidentemente un'attività continua, non una attività che si celebra con il rito annuale di approvazione del bilancio.
Valga per tutti l'esempio di uno degli impegni più qualificanti contenuti nel bilancio, e cioè quello che riguarda gli asili-nido, per i quali si è stabilita una previsione di stanziamento di 5 miliardi e 620 milioni da coprire con mutuo, come tranche per il 1974 di un piano pluriennale, che evidentemente postula la gestione di questo impegno attraverso l'esame della legge che la Giunta si è impegnata a presentare per rifinanziare la legge sugli asili-nido. Questo impegno, come chiarirà poi nel dettaglio la relazione del Presidente, significa un piano pluriennale articolato a sua volta in due documenti: un piano pluriennale di interventi per gli asili nido che corrisponda al piano pluriennale di sviluppo della Regione, e quindi che arrivi fino al '78, diventando la parte relativa a questo particolare servizio sociale del Piano di sviluppo della Regione, e uno stralcio triennale che duri fino all'esaurimento del piano dello Stato, che quindi porti i finanziamenti fino al '76, ma come stralcio triennale di un piano che deve arrivare fino al 1978. E questi stanziamenti, nella misura che abbiamo indicato come impegni pluriennali, devono, rispetto alla tabella distribuita ai Consiglieri, contenere ancora un'altra previsione per il 1976, di altri 2 miliardi e 600 milioni.
In questo quadro, con questo impegno, quindi, ad una gestione continua della politica di bilancio, assume tutto il suo significato - un significato che è di fedeltà ai valori, ai principi e al metodo che sono stati tracciati nello Statuto regionale, ed in particolare ai valori della partecipazione e della programmazione - l'impegno che la Giunta si è assunto, e che oggi qui intende ribadire, di procedere con sollecitudine subito dopo l'approvazione dei rendiconti per il 1972 e il 1973, al processo di formazione del bilancio 1975, che deve procedere attraverso un'ampia consultazione delle forze economiche e sociali degli Enti locali della realtà viva della società regionale. Ed è un impegno al quale ci accingeremo subito.
Con questo appuntamento, colleghi del Consiglio, un appuntamento non ad epoca lontana, non ad un altro anno, ma a domani, ancora ringraziandovi dell'apporto che tutti avete fornito alla discussione, vi chiediamo di approvare il bilancio preventivo per il 1974 della Regione Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Signor Presidente, io vorrei chiedere alla già sperimentata squisita cortesia sua e dei colleghi del Consiglio di potere svolgere il mio intervento stando seduto per le condizioni di affaticamento che nella giornata di oggi hanno particolarmente colpito il mio fisico. Grazie.
Prendo la parola sul bilancio della Regione in quanto questo non è soltanto un documento finanziario di grande rilievo, ma è essenzialmente un atto e un fatto politico e pertanto alle considerazioni fatte in replica molto chiaramente, dall'Assessore Simonelli, è sembrato opportuno a me e alla Giunta di fare alcune dichiarazioni anche di principio in relazione a quelli che sono stati gli apporti e le richieste formulate nel corso del dibattito.
Debbo prima di tutto peraltro, e non soltanto per un atto formale esprimere una parola di ringraziamento alla Commissione che ha esaminato questo bilancio, al suo Presidente Consigliere Garabello e al relatore Dotti, che è intervenuto nella discussione con la consueta puntualizzazione.
Debbo ringraziare l'Assessore Simonelli per quanto ha detto in sintesi della relazione fatta dalla Giunta e per quanto oggi ha ripetuto all'attenzione dei Consiglieri e per l'impegno che a nome della Giunta ha preso relativamente alla presentazione dei due bilanci consuntivi e la predisposizione del nuovo bilancio.
Una parola di vivo e cordiale ringraziamento all'Assessore Paganelli per il suo intervento che in un certo senso è venuto a completare quella che era la relazione al bilancio, con delle puntualizzazioni molto precise con delle affermazioni categoriche ed anche coraggiose alle quali do piena e completa la mia adesione.
Non posso non associare in queste parole di ringraziamento la Ragioneria generale della Regione e anche il prof. Gaboardi, che per aspetti tecnici ha collaborato alla formazione del bilancio.
E debbo un ringraziamento molto cordiale a loro signori Consiglieri per i vari interventi che hanno fatto e per l'interesse comune dimostrato con degli apporti certamente tutti utili e da considerare, e da meditare, e da tenere presenti anche e forse soprattutto nel momento realizzativo del bilancio. Sono stati suggerimenti e critiche costruttivi, non vi è stato neanche da parte di coloro che hanno dato il pieno consenso al bilancio una mera dichiarazione di compiacimento, sono state tutte costruttive e anche con delle indicazioni di linea critica, il che ha dimostrato chiaramente l'alto senso di responsabilità che conferma questa volontà comune di volere marciare e di voler far marciare la Regione e farla avanzare in un momento in cui si tratta, come è stato sottolineato essenzialmente di saper gestire nel modo migliore la scarsità delle risorse, incominciando con evitare gli sprechi.
Una prima constatazione: il nostro programma, programma della Giunta approvato dalla maggioranza consiliare, guardato con interesse dalla stessa opposizione, si sta sviluppando gradualmente, con rispetto dei tempi nonostante la sopravvenuta situazione dell'infausta crisi energetica, con tutte le sue implicazioni. Non è esatto dire che il timoniere ed i suoi collaboratori hanno perso il senso responsabile della guida, in un momento che ormai è ritenuto da tutti il più difficile e pericoloso, dall'immediato dopoguerra, per motivi e cause economiche, finanziarie e di sicurezza, per cui la navigazione è certamente insidiata anche da improvvisi molteplici ostacoli, ma precede tuttavia serena e sicura.
Non si vuole agire certo con precipitazione, non si vogliono fare dei passi falsi e così qualche pausa di meditazione e di riflessione può essere stata considerata, a torto, come incertezza e come incapacità, così come è piaciuto a taluno di affermare in questa sede. La Giunta ha il suo programma come guida alla sua azione e lo persegue metodicamente. Se si vuole essere sinceri, non vi sono in realtà ritardi ingiustificati e la volontà politica è di continuare uniti nel difficile compito. L'ansia di realizzare è di tutti, ma chi ha la responsabilità esecutiva deve fare i conti con la realtà e con le possibilità concrete.
Tutti hanno rilevata la concretezza della relazione che accompagna il bilancio, la ferma presa di posizione nei confronti del potere centrale per molti versi carente nei confronti dell'adempimento di quelli che noi riteniamo siano i suoi doveri in relazione alla giustezza delle nostre richieste.
La relazione Paganelli, ho già detto, ha evidenziato in modo egregio la situazione che crea e determina i limiti del bilancio.
Le prese di posizione mie e del collega Simonelli in occasione delle riunioni interministeriali con i ministri dei vari settori, con i Presidenti delle Regioni, non hanno mancato di denunziare la precisa ed indilazionabile necessità che leggi quadro, o cornice, o di indirizzo siano emanate per consentire alle Regioni una responsabile attività.
Non si è mancato di sottolineare anche in quella sede che l'autonomia come concetto generale, è parola quasi priva di senso se non è fondata su una reale autonomia finanziaria; e questo bilancio, che pure è stato giudicato più avanzato dei precedenti, risente ancora di tale mancanza o insufficienza di autonomia finanziaria e persino è insidiato dalla insicurezza di avere disponibili i fondi che lo Stato deve darci. E anche tali incertezze costituiscono uno dei motivi del ritardo, lamentato da varie parti, della presentazione del bilancio il quale è stato, a mio avviso, esattamente definito dai Consiglieri Cardinali e Nesi, dicendo il primo che si tratta di un bilancio che anticipa le linee di programma, nel ritardo del piano, e il secondo che è un bilancio con un quadro di programmazione al quale dovrà seguire la identificazione e la determinazione del nuovo modello di sviluppo. E a proposito di programma è pure doveroso rilevare che non si può salire in pulpito e fare, nel 1974 in stato di emergenza, la predica solenne del programma senza almeno farla precedere da un profondo esame di coscienza e da un non meno solenne atto di pentimento per gli atteggiamenti del passato che nulla consentivano ad una ipotesi di programmazione concordata.
Mi preme di sottolineare ancora la infondatezza della dichiarazione fatta da un Assessore provinciale al bilancio, relativa al mancato impiego in termini fruttiferi della somma di 50 miliardi, addebito alla Regione come un motivo di incuria. Non ho mancato di fare una protesta scritta, di prendere contatto personalmente, di pregarlo di voler fare una rettifica in questa direzione perché l'opinione pubblica non sia indotta a credere che la Regione sia così sprovveduta da tenere 50 miliardi non producenti e quando la smentita è del resto nelle pagine del bilancio, di dove si ricava che gli interessi sono previsti nella misura dei sei miliardi ed esistevano già nel bilancio passato, tanto che furono utilizzati, tra l'altro, per finanziare la legge così detta dei libri.
Ho avuto un colloquio con lui, certi chiarimenti; il suo pensiero è stato tradito volendo egli dire che praticamente quei 50 miliardi che non operano come motivo di spesa immediata, potevano servire invece per risolvere dei problemi della Provincia che si trova in una situazione difficile.
Voglio premettere ancora che i colloqui sono aperti da parte di questa Giunta, il dialogo con il governo in sede di Commissione interministeriale è stato risollecitato ed un complesso di circostanze non ha consentita la realizzazione del colloquio con il Presidente del Consiglio e con la partecipazione di rappresentanze anche del Consiglio Regionale stesso. Il dialogo è aperto con le altre Regioni, varie volte ci siamo incontrati con i Presidenti della Valle d'Aosta, della Liguria, della Lombardia e del Veneto, cioè le più prossime Regioni, il dialogo è aperto anche con i sindacati. Non si è approdato, in verità, a qualche cosa che fosse soddisfacente per gli uni e per l'altra, cioè la Regione, tuttavia il discorso non è rotto, è interrotto e da parte nostra c'è tutta la disponibilità per poterlo riprendere. Il discorso e il dialogo che avevamo intessuto con la partecipazione di alcuni componenti del Consiglio con la grande industria torinese e non soltanto torinese, quella che in definitiva ci consente anche di fare la dichiarazione, la riaffermazione di un proposito nostro del primato del meridione proprio per le implicazioni che derivano dal modo di atteggiarsi di questa grossa società che è la Fiat, è continuano a livello di Assessori a ciò espressamente delegati, e continuando anche con la mia presa diretta di posizione con il Vice presidente prof. Rota e con l'amministratore delegato dr. Umberto Agnelli anche in relazioni al grosso problema inerente alla fornitura degli automezzi per il servizio pubblico. E questo non soltanto nell'interesse della Regione Piemonte, ma anche nell'interesse di altre Regioni le quali a questo problema sono direttamente interessate. Tutto per potere più rapidamente sbloccare questa situazione.
Così come i contatti e i dialoghi sono stati aperti con tutte le varie situazioni critiche di aziende e di imprese che hanno ancora una volta tormentata la vita della nostra Regione.
Venendo più specificamente a quelli che sono stati gli interventi diretti da parte dei Consiglieri, devo prendere atto della durezza, della fermezza, ma che ritengo animata da propositi costruttivi, di un profondo attacco da parte del Consigliere Rivalta che ha centrato quasi l'intero suo intervento (e l'argomento è talmente importante che è stato ripreso quasi da tutti gli altri Consiglieri che sono intervenuti in forma diretta o in forma indiretta) sull'assetto del territorio. E' stato sollecitato da più parti che la Giunta esprima gli indirizzi generali in materia di politica territoriale, rendendosi ben conto che dobbiamo essere i protagonisti della costruzione regionale. E allora, anche se il discorso potrà essere un poco lungo, lo voglio incentrare essenzialmente in questa presa di posizione perché certamente è di qui che si deve muovere per costruire, come vogliamo costruire, la realtà nuova del Piemonte.
Nel quadro della politica regionale l'assetto del territorio costituisce indubbiamente un elemento portante e qualificante della nostra attività, per un duplice ordine di considerazioni.
In primo luogo si deve ricordare che le dinamiche territoriali, i processi di distribuzione delle diverse funzioni produttive e sociali sullo spazio, sono strettamente correlate alle dinamiche economiche, sia nel senso che riflettono sulla dimensione territoriale gli effetti dei meccanismi economici, sia perché la configurazione che assume il territorio diventa una delle cause e dei vincoli che generano ed indirizzano lo sviluppo economico. Vi è dunque un reciproco condizionamento tra l'aspetto socio-economico e l'aspetto territoriale dello sviluppo che rende necessario affrontare queste problematiche in termini sostanzialmente unitari, pena altrimenti vanificare le possibilità prima di interpretazione e di comprensione, poi di intervento e di guida sui processi sociali.
Programmazione economica ed organizzazione del territorio si presentano così tra loro interdipendenti e richiedono quindi di essere gestite non solo secondo un disegno organico e coerente, ma anche con una strumentazione unitaria, sul piano procedurale ed operativo.
In secondo luogo occorre tenere presente che sotto il profilo normativo l'assetto del territorio è una materia in cui la Regione dispone di una propria ed autonoma competenza legislativa ed amministrativa ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, mentre molto più deboli sono allo stato attuale i suoi poteri in materia di programmazione economica e di politica industriale.
La Regione deve allora utilizzare pienamente il peso che la componente territoriale sui meccanismi di sviluppo, per controllarli ed orientarli attraverso un'adeguata politica del territorio, operando appunto sul piano legislativo, amministrativo ed anche con interventi diretti.
In questa prospettiva occorre certo superare una concezione tradizionale dell'urbanistica, che si esaurisce in un disegno formale o in una burocratica regolamentazione dell'attività edilizia, per fare del territorio una variabile strategica in ordine alle strutture sociali ed economiche della comunità regionale.
Attraverso quali vie può allora la Regione utilizzare compiutamente le proprie competenze in materia di politica del territorio? In teoria nulla vieta alla Regione di dotarsi di una propria legge urbanistica, si deve però considerare attentamente a questo riguardo gli inconvenienti a cui necessariamente si va incontro. Mancando infatti a tutt'oggi una legge-quadro in materia urbanistica - come manca per le altre materie trasferite alle Regioni, ed è questa una grave inadempienza del potere statale che deve essere fermamente denunciata - la Regione deve attenersi nella sua attività legislativa ai principi fondamentali della normativa vigente.
In questo caso dovremmo dunque rifarci ai principi generali della legge urbanistica del 1942, di cui da tempo, e da tutte le parti politiche si denuncia l'arretratezza e l'inadeguatezza; le nostre possibilità innovative sarebbero fortemente limitate e verrebbe vanificato l'intendimento di produrre un nuovo strumento urbanistico regionale per consentirci una più avanzata, regionale ed equa politica del territorio.
Alla luce di queste considerazioni non pare quindi opportuno scegliere adesso la strada della legge urbanistica regionale, mentre dobbiamo impegnarci perché Parlamento e Governo predispongano al più presto le necessarie leggi-quadro che potranno consentirci una nostra legislazione in armonia con il dettato costituzionale, ma senza essere paralizzati da principi normativi obsoleti ed arretrati.
Non possiamo e non vogliamo però rimanere fermi in attesa della legge quadro e si deve allora cercare di cogliere nelle norme vigenti tutte le aperture, tutti gli spazi che si presentano per un incisivo intervento della Regione ai fini dell'assetto del territorio. In particolare deve essere utilizzato l'art. 5 della legge 17 agosto 1942, che prevede la formazione di piani territoriali di coordinamento i quali, al momento attuale si presentano come lo strumento più agibile per delineare l'organizzazione del territorio, in ordine agli insediamenti residenziali alle localizzazioni industriali, alla rete di comunicazioni al verde pubblico.
Muovendoci nella direzione di predisporre piani territoriali di coordinamento - i quali debbono essere redatti di intesa con le amministrazioni locali interessate - a livello di ogni area ecologica del Piemonte, incominciamo a dare concreta attuazione allo stesso Statuto regionale il quale prevede espressamente che il piano di sviluppo regionale si articola in piani comprensoriali e nella misura in cui i piani territoriali non sono che un capitolo, con efficacia vincolante, di più ampi e complessivi piani di sviluppo, mettiamo in movimento il processo di pianificazione non solo a livello regionale ma anche subregionale prefigurando così quei comprensori che non siamo ancora in grado di istituire formalmente.
In quest'ottica è opportuno avviare anzitutto i piani territoriali in quelle aree in cui è già maturato un solido rapporto tra i diversi poteri locali operanti e più diffusa è quindi la consapevolezza della necessità di affrontare le interdipendenze che si stabiliscono nell'area con un approccio organico e non campanilistico. Questa situazione si presenta già in diverse aree, dal Biellese costituitosi in Consorzio, al Monregalese, al Casalese, all'Eporediese, al Pinerolese, per citarne solo alcune, e da esse dovremo partire per generalizzare il discorso, aiutati anche dal fatto che la creazione dei circondari contribuirà certamente ad una rapida formazione di volontà comprensoriali.
Contemporaneamente deve essere avviato senza ulteriori indugi il piano territoriale di coordinamento dell'area metropolitana di Torino. Già nel 1972 la Giunta Regionale si espresse in questo senso e nel dicembre di quell'anno venne emanato un decreto con la perimetrazione dell'area. Ora il discorso deve essere portato con la massima tempestività in termini operativi: le recenti polemiche su importanti interventi infrastrutturali ed edilizi hanno evidenziato che, pur trattandosi di questioni che hanno caratteri specifici diversi, esse sono accomunate dall'iscriversi in un unico discorso sulla configurazione dell'area torinese ed esemplificano ulteriormente le necessità di affrontare questa problematica superando la stretta dimensione della città di Torino per fare riferimento al ruolo della città e della sua area in relazione all'intero sistema regionale.
Il piano dell'area metropolitana rappresenta oggi una delle priorità che la Regione deve assumere nella sua attività ed a questo fine intendiamo stabilire un confronto ed una ampia collaborazione con la Provincia ed il Comune di Torino, come con tutti gli altri Comuni dell'area, dai quali è venuta con forza crescente la richiesta di questo essenziale strumento di organizzazione territoriale.
Sono già fissati, a questo proposito, incontri con il Sindaco di Torino Picco e con il Presidente della Provincia Borgogno, l'uno domani mattina l'altro martedì pomeriggio, e con loro saranno avviati anche in questa occasione i discorsi relativi al centro storico e alle deleghe, diretti ad acquisire intanto elementi per un rapido, successivo, allargato incontro.
Intanto come Regione dobbiamo rivedere la perimetrazione dell'area a suo tempo definita, che risulta fondata più su un criterio statistico (Torino più la prima e seconda cintura) che su di un disegno di programmazione territoriale in chiave regionale.
Una definizione di area metropolitana si può ricavare in diversi modi.
Un primo metodo è quello di considerare i processi urbanistico edificatori, ed inserire quindi nell'area tutti i Comuni che si presentano in termini di continuità con la città centrale ed in tal modo si fa coincidere l'area metropolitana con la conurbazione torinese.
Un secondo metodo è invece fondato sull'analisi del sistema delle interdipendenze, misurate con diversi indicatori (incremento demografico tasso di pendolarità, ecc.) includendo nell'area i Comuni in cui le interdipendenze con Torino e tra di loro assumono un grado più elevato ed in questo caso si determina un'area più ampia della stretta conurbazione.
La perimetrazione che è stata adottata nel decreto regionale non risponde nei risultati al primo criterio, avvicinandosi piuttosto al secondo, senza però coglierlo pienamente.
Questo concetto di area metropolitana presenta però i limiti dati dalla staticità di una definizione che fa riferimento alla situazione attuale, ma non può comprendere i meccanismi socio-economici e le dinamiche territoriali che nel tempo vengono a svilupparsi; inoltre questi criteri così definiti si muovono in un'ottica puramente di città dominante che riverbera al suo esterno una serie di effetti, ma non considerano il problema nella dimensione regionale e non si pongono il problema delle aree esterne a quella che viene assunta come metropolitana.
In altri termini, le definizioni prima esposte di area metropolitana si collocano al di fuori su basi comprensoriali.
Accogliendo invece questa impostazione si viene ad assumere come area metropolitana l'area programma, o area ecologica che dir si voglia, di Torino, che viene a comprendere la maggior parte della provincia di Torino esclusi solo l'Eporediese ed il Pinerolese. E' vero che in alcune zone di quest'area, relativamente lontane dal centro (Valli di Lanzo, Canavese occidentale, in parte la Valle di Susa) gli effetti di interdipendenza con la conurbazione torinese sono più deboli, ma bisogna considerare che queste sub-aree non presentano una possibilità di costituire delle aree distinte sia per la mancanza di centri con una soglia demografica abbastanza elevata e tali da poter fungere da poli di sviluppo dominanti, sia per la loro struttura economica che si presenta sempre di più come un prolungamento della struttura torinese, sia infine per i problemi di pendolarità già esistenti. In una logica di piano regionale e di piano comprensoriale, il piano territoriale di coordinamento deve quindi organizzare l'assetto del territorio di tutti questi Comuni.
Riteniamo perciò di dover procedere ad ampliare la perimetrazione, come primo passo verso la redazione del piano, per il quale dovranno intanto essere sviluppate ampie iniziative politiche, insieme, come dicevo, con tutti i poteri locali interessati.
In particolare anche per parte nostra dovremo concorrere, svolgendo un'opera di sostegno e di promozione, alla costituzione di quella "Autorità metropolitana" che dovrà costituire il nostro punto di riferimento nella formazione del piano e che quindi deve sorgere con il più alto grado di rappresentatività, che le è assicurato non solo dall'esercitare una funzione di rappresentanza democratica degli Enti locali, ma non meno dall'essere riconosciuta come interlocutore politico della Regione.
La creazione di questo primo organismo, sostanzialmente comprensoriale si rende necessaria per garantire un costante coordinamento dei poteri locali nella redazione del piano territoriale di coordinamento ed inoltre siccome questo piano non dispone di clausole di salvaguardia mentre è in corso di formazione, può rappresentare la sede migliore per una verifica continua dei processi in atto, a cui tutte le amministrazioni accettino di confermare il loro operare. In tal modo si potrà evitare il pericolo che in attesa di concludere gli studi necessari e giungere alla definizione del piano territoriale, l'area metropolitana sia ulteriormente compromessa vanificando ogni seria politica di programmazione.
L'impegno della Regione per giungere a tempi brevi a stabilire questa intesa politica e per varare il piano sarà completo e continuo e ci auguriamo che sia tale anche per gli altri poteri locali.
I problemi qui sollevati, come quello di Borgaro, saranno esaminati quando ne saremo investiti, con alto senso di responsabilità. Il quadro dell'economia nazionale quale si è venuto configurando negli ultimi mesi anche a seguito degli sviluppi internazionali, impone oggi nuove svolte all'economia piemontese ed all'area metropolitana torinese in particolare.
A tale riguardo il rapporto dell'IRES per il piano di sviluppo regionale 1974-78 rileva le potenzialità d'intervento dell'industria presente nell'area metropolitana torinese che, accanto alla continuazione della sua tradizionale linea di sviluppo, deve oggi provvedere alla propria parziale riconversione, col conseguente alleggerimento di quei settori che l'attuale crisi ha indicato come meno promettenti.
In questa linea e nell'ambito di una politica economica generale che miri allo sviluppo del Mezzogiorno, si individuano tre scelte prioritarie: la diversificazione produttiva, lo sviluppo dei consumi sociali, il riequilibrio territoriale.
L'ultimo punto si pone come condizione indispensabile all'attuazione dell'intero programma, poiché solo attraverso il riassetto territoriale si possono superare le condizioni di disorganizzazione in cui si trova attualmente l'area metropolitana torinese o, meglio, l'area ecologica torinese.
A questo proposito si vuole mettere in rilievo la volontà dell'amministrazione regionale di allargare il perimetro del piano territoriale di coordinamento dell'area metropolitana torinese, delimitata con il Decreto del Presidente della Giunta del 5.12.1972, all'intera area ecologica e, dalla realtà di quest'ultima, partire per delineare il suo schema direttore.
Ciò premesso, si ritiene che l'elemento prioritario da prendere in considerazione per una corretta gestione urbanistica dell'area ecologica torinese sia indubbiamente collegato alla sua ricettività. Appare infatti necessario qualificare, in linea di larga massima, quanti abitanti possono ancora essere assorbiti dal territorio in questione in modo da poter ottenere tre risultati fondamentali: 1) eliminare o almeno attenuare una fruizione accentuata e disagevole dei poli urbani, quale oggi risulta in conseguenza dei fenomeni di immigrazione 2) procurare una soglia di riferimento o grado di insediabilità per la progettazione delle residenze e dei servizi in modo da ottenere una concreta premessa per uno sviluppo urbano ottimale 3) determinare conseguentemente aliquote significative di dati per la programmazione di tracciati viari e, in collegamento, la previsione di nuovi poli industriali, in funzione, soprattutto, della rilocalizzazione degli insediamenti industriali preesistenti.
Date queste fondamentali premesse, appare necessario dare la precedenza, nella programmazione urbanistica, alla articolazione dei grandi sistemi di servizi, in modo da prevedere l'attuazione degli insediamenti ed individuare con certezza i comprensori più idonei.
Per quanto concerne i parchi urbani-territoriali, la loro articolazione a livello metropolitano può già costituire un tipo di struttura portante tanto più indispensabile in quanto negli ultimi anni se ne è accentuato il bisogno e maggiormente avvertita la carenza.
In questo contesto particolare è, inoltre, proponibile anche la presenza delle zone agricole residue, come necessaria mediazione ai parchi veri e propri e come serbatoio di riserva di aree libere da intervallare ai comprensori edificati.
Una particolare attenzione merita l'evoluzione degli insediamenti industriali, per i quali cominciano a presentarsi problemi di rilocalizzazione. Il controllo di questo fenomeno è in ordine a due problemi precisi: a) indirizzare la rilocalizzazione in opportuni comprensori la cui struttura sia compatibile con le trasformazioni indotte dall'industria b) attenuare i problemi connessi alla pendolarità tramite la predisposizione di aliquote residenziali.
L'intenzione di procedere alla razionalizzazione della struttura industriale esistente nell'area ecologica torinese, evitandone l'ulteriore lievitazione, è confermata da una proposta di legge presentata dalla Giunta Regionale. In tale disegno è previsto, infatti, un contributo finanziario a favore dei Comuni e dei Consorzi di Enti locali ricadenti in aree decentrate, che realizzano aree industriali attrezzate con le necessarie opere di urbanizzazione.
Per quanto concerne infine l'abitazione, si ritiene che la questione sia da affrontare contrastando, per quanto possibile, l'accrescimento indefinito della periferia e la formazione delle conurbazioni.
In questo senso si ritiene di dover segnalare due procedimenti da attuarsi parallelamente: a) individuare il grado di trasformabilità delle strutture urbane interessate, intervenendo nel patrimonio edilizio esistente con diradamenti, nuove costruzioni di completamento, ripristino delle abitazioni antigieniche b) individuazione di aree preferenziali per insediamenti residenziali da progettare "ex novo", anche con densità edilizie assai concentrate.
Parallelamente a tali iniziative di riequilibrio, è indispensabile proporre l'esame della situazione delle aree di contorno all'area ecologica torinese, e ciò allo scopo di evitare che le operazioni illustrate si trasformino in un'ulteriore capacità attrattiva.
Mentre l'impegno della Giunta per la predisposizione del piano territoriale di coordinamento relativo all'area ecologica torinese è fermo e vuole essere contenuto nel restante arco di questa legislatura, è altresì impegno della Giunta quello di puntualizzare le linee essenziali per la compilazione dei piani territoriali di coordinamento, a base comprensoriale, dell'intera area regionale come premessa indispensabile per una concreta definizione dei problemi in essere dell'area ecologica torinese.
Relativamente ai centri storici la Giunta intende ripresentare un'organica legge volta alla realizzazione di appositi quartieri che accolgano provvisoriamente gli abitanti dei nuclei da risanare con l'obiettivo di reintegrare, per quanto possibile, la stessa struttura sociale nel nucleo risanato. Ma la Giunta non intende limitarsi a questa parziale contribuzione alla soluzione del problema dei centri storici avendo già promosso degli incontri ad alto livello per vedere di collaborare con il Comune di Torino che è titolare di questa azione, al ripristino ed alla sistemazione del centro storico stesso.
Sempre nell'ambito della necessità di abitazioni economico-popolari, si comunica che i decreti relativi alla nomina dei componenti delle Commissioni "assegnazione alloggi" presso gli IACP provinciali, sono pressoché ultimati, mancando solo alcune designazioni da parte di organizzazioni legittimate a proporle.
Mi sembra inoltre doveroso a questo punto far presente, sia pure con rammarico, la grave situazione venutasi a creare nel settore urbanistico con la decisione del Consiglio di Stato nell'adunanza plenaria del 9.4.74 con la quale sono stati dichiarati illegittimi i programmi di fabbricazione che prevedono destinazioni di aree private a spazi pubblici. Le conseguenze di tale decisione sono ovviamente di portata che trascende quella regionale, ma comunque è anche in sede regionale che si deve trovare la soluzione più idonea, anche tramite un'apposita normativa di legge, per dare soluzione a questo problema.
La Giunta tende inoltre esaminare attentamente i vari problemi relativi agli usi civici, come già da più Consiglieri, in questa sede, è stato sollecitato.
Il problema, facile ed anche fascinoso, a denunciarsi, è certamente meno agevole da ricondurre ad una attuazione pratica e precisa. Tuttavia bisogna intervenire anche per troncare alcune speculazioni che sembrano già in atto e l'Assessore all'Urbanistica, collega Benzi, è impegnato all'acquisizione di elementi certi in proposito che consentiranno una più esauriente risposta ai quesiti proposti dai colleghi Consiglieri regionali.
Mi scuso per la particolare lunghezza su questo argomento, ma era stato trattato praticamente da tutto lo spazio del Consiglio Regionale e mi è parso opportuno dare queste indicazioni. Per quanto attiene alle opere pubbliche il bilancio 1974 potenzia in maniera notevole (+ 64% rispetto al 1973) gli interventi finanziari della Regione per la realizzazione di quelle opere pubbliche per le quali, ad opera degli Enti locali, in forma singola od associata, viene richiesto il sostegno contributivo, nelle varie misure e modalità previste dalla vigente normativa statale in materia.
Questa prima constatazione dà già, a mio avviso, il "tono" dell'azione della Regione Piemonte nel campo delle infrastrutture pubbliche evidenziandone lo sforzo per far sì che un numero sempre maggiore di opere trovino concreta effettuazione, fornendo così credibile risposta alle esigenze manifestate dagli Enti locali ed alle preoccupazioni espresse da varie componenti interessate direttamente o indirettamente al settore.
Si è parlato, in taluni interventi, a proposito di opere pubbliche, di carenze funzionali, di ritardi nella realizzazione, di "impasse" o, peggio di arresti.
Desidero dare atto della sollecitudine e della passione con cui agisce in questo settore l'Assessore Petrini, come del resto è stato ampiamente riconosciuto. Certi ritardi sono dovuti a cause non dipendenti dalla sua volontà o dalla volontà della Giunta.
Ed è proprio in presenza ed in considerazione del verificarsi di alcuni casi di rallentamento, imputabili a svariati motivi quali appalti in aumento, Iva, perizie di variante, riserve di imprese, ecc., per cui il ritardo nella realizzazione delle opere poteva causare pregiudizio alla impostazione programmatica della Giunta, che è stato adottato un provvedimento deliberativo che consente di addivenire alla concessione del contributo integrativo occorrente, impegnando la spesa sulle disponibilità residue per gli esercizi 1972 e 1973, nonché sull'accantonamento del 15 che si è deciso di disporre sui capitoli del bilancio per l'esercizio 1974.
E' stata espressa da più parti la preoccupazione che quella quota degli stanziamenti regionali destinata alla concessione di contributi agli Enti locali, possa tradursi in residui passivi, in quanto gli Enti predetti non sarebbero in grado di accendere mutui sia per la loro situazione finanziaria che per la stretta creditizia in atto.
Apro qui una brevissima parentesi per dire che la Giunta non ha mancato di occuparsi e di preoccuparsi della situazione nella quale si trovano molti comuni della Regione con i bilanci deficitari.
In un recente incontro svoltosi a Bellagio, con la partecipazione di alcune Regioni italiane, dei rappresentanti dell'ANCI e di alcuni sindaci di centri importanti, l'argomento è stato esaminato attentamente e nuovamente portato alla considerazione dell'organo centrale statale per una sua soluzione, così come all'organo centrale statale è stato portato l'argomento relativo al dissesto in cui si trovano pressoché tutti gli ospedali delle Regione piemontese e che ha sortito, per quanto abbiamo appreso fino a questo momento dagli organi di stampa, un certo risultato essendo prevista una rapida convocazione degli interessati con la presentazione da parte del governo di un disegno di legge che dovrebbe accompagnare il testo della progettata e tante volte annunciata legge relativa al problema strutturale ed organico della riforma sanitaria nel quale si colloca anche l'aspetto degli ospedali.
Il problema, che indubbiamente è della massima importanza, va esaminato nei suoi diversi aspetti (possibilità - da parte degli enti - di accendere mutui e di far fronte agli oneri per l'ammortamento degli stessi disponibilità - da parte degli Istituti di Credito - a concedere i mutui).
Prescindendo dal trattare i limiti alle possibilità di indebitamento previsti dagli artt. 300 e 333 del Testo Unico della legge comunale e provinciale 3 marzo 1934, n. 383, nonché le deroghe a dette disposizioni mi pare invece opportuno rilevare, in questa sede, che gli Enti locali - ai quali con la circolare 17.12.1973 era stato prescritto di indicare nelle domande di contributo con quali mezzi intendessero far fronte alla spesa a proprio carico e, se a mezzo di mutuo, con quale Istituto desiderassero contrarlo - hanno normalmente dichiarato che contrarranno i mutui con la Cassa Depositi e Prestiti (ammortamento in 35 anni - tasso 6%) e che faranno fronte alle quote di ammortamento con mezzi ordinari di bilancio.
Per quanto, poi, concerne la stretta creditizia in atto, oltre ad augurarmi che le dichiarazioni, in proposito, del Ministro del Tesoro ai Sindacati, abbiano piena, sollecita e concreta attuazione, preciso che la quasi totalità degli enti che beneficiano di contributi regionali per opere pubbliche contrattano i mutui con la Cassa Depositi e Prestiti che continua regolarmente a concederli (arrivano tutti i giorni comunicazioni in tale senso, pertanto le difficoltà forse si incontrano presso gli altri istituti di credito, anche per la misura del tasso alquanto elevata). Si è poi parlato di interventi modesti rispetto al fabbisogno risultante dalle richieste degli Enti locali, citando, talvolta, dati inesatti. Ritengo pertanto, di dover precisare che sono pervenute all'Assessorato complessivamente per strade, impianti distribuzione energia elettrica, sedi municipali, acquedotti, fognature ed altre opere igienico-sanitarie, circa 3.000 domande, per un importo aggirantesi intorno ai 350 miliardi.
Grazie al meccanismo moltiplicativo della maggior parte degli stanziamenti previsti, possono essere ammessi al contributo regionale opere per un ammontare progettuale di oltre 68 miliardi, corrispondente a circa il 20% dell'ammontare complessivo delle richieste, valutate in termini assoluti. E' ragionevole supporre che una quota più elevata di immediato ed urgente bisogno potrà essere coperta alla luce delle indicazioni formulate dagli Enti locali in termini prioritari nell'ambito delle numerose domande presentate.
Per ciò che concerne i lavori pubblici, vorrei sintetizzare e racchiudere la mia conclusione in un pensiero: il rilancio di una forte politica infrastrutturale in Piemonte può essere la vera premessa di un nuovo impulso in campo economico, dati i rapporti che legano la nostra attività con il settore edilizio, più volte riconosciuto come elemento, al tempo stesso, di equilibrio e di decollo nel contesto economico generale.
Nel corso del dibattito non sono stati mossi appunti specifici al settore dei trasporti al quale presiede l'Assessore Gandolfi. Vi sono peraltro state le consuete polemiche di parte comunista contro le scelte che sono state fatte, o che stanno maturando per la costruzione di infrastrutture nell'area metropolitana: autostrade, aeroporto metropolitana, ecc. A questo riguardo non è inopportuno ricordare che le scelte autostradali sono state fatte dall'Amministrazione Provinciale e dal Comune di Torino ed approvate dall'ANAS prima della nascita della Regione.
E' presumibile che qualcuna di queste opere, specialmente quelle non collocate sui grandi assi di comunicazioni confluenti su Torino, vedrebbe oggi, dopo la crisi energetica, una valutazione di priorità diversa da parte della Regione: non si può peraltro chiedere alla Giunta Regionale di far arrestare opere in corso, né si può farle carico di un assetto che è nato da decisioni alle quali tutti, e in primo luogo gli Enti locali, tra il 1960 ed il 1970 hanno partecipato e che ancora adesso finiscono per accettare. Il discorso, naturalmente, è diverso per le scelte in corso, e sulle quali la Regione è chiamata ad esprimere le proprie valutazioni, vuoi per l'esistenza di precisi poteri amministrativi (metropolitana), vuoi per l'esistenza di interessi urbanistici generali da salvaguardare (nuova pista dell'aeroporto). A questo riguardo non si può non far rilevare la contraddizione di chi sostiene la necessità di nuovi modelli di sviluppo e poi nega la validità di queste opere.
Per quanto attiene all'aeroporto di Caselle, va tenuta in alta responsabile considerazione la larga disponibilità a sostituirsi ad un eventuale mancato incremento dell'aeroporto di Caselle, dell'aeroporto di Levaldigi per la cui utilizzazione non occorrerebbe altro che l'autorità militare togliesse alcune ipotesi che vincolano a tutt'oggi la fruizione di quell'aeroporto che non è lontanissimo nemmeno dal capoluogo, che risolverebbe un problema ma che, va tenuto presente, toglierebbe all'aeroporto di Caselle una di quelle funzioni, anche a carattere internazionale (anche se soltanto sussidiaria) alle quali già assolve e che crede di poter continuare ad assolvere.
L'esigenza di contenere i consumi individuali e incentivare i consumi sociali nel campo dei trasporti significa fare ingenti investimenti in impianti per trasporti di massa, per scoraggiare l'uso dell'automobile ed offrire soluzioni collettive alternative. L'esigenza di diversificare la struttura produttiva piemontese significa anche offrire ad operatori economici della piccola e media industria infrastrutture aeroportuali efficienti, che consentano rapidi collegamenti con il resto dell'Europa sia per il trasporto delle merci che delle persone. Dobbiamo quindi contrastare giudizi affrettati e superficiali. Si può peraltro aprire un discorso sereno ed obiettivo, sulle soluzioni ottimali da adottare e su queste la Giunta ribadisce l'impegno a fornire entro luglio le proprie valutazioni per un esame del Consiglio. C'è, peraltro, un ultimo ordine di critiche che merita di essere commentato e, cioè, la denuncia del rischio, da più parti sottolineato, che ulteriori ingenti realizzazioni nell'area metropolitana accentuino a favore di Torino gli attuali squilibri territoriali. Va detto a questo riguardo, che gli investimenti nell'area metropolitana si giustificano per il fatto che in quest'area nasce circa il 60% della domanda di mobilità della regione, che è domanda di alta importanza umana sociale e produttiva. L'esigenza di equilibrare il territorio va affrontata non bloccando la metropolitana di Torino, ma mettendo in atto un diverso disegno di assetto territoriale, capace di orientare infrastrutture di trasporto, insediamenti produttivi, investimenti sociali lungo direttrici di equilibramento, alternative rispetto a quelle che negli anni scorsi si sono accentrate su Torino; soprattutto impedendo nei prossimi anni ulteriori insediamenti produttivi nell'area torinese. Per il completamento ed il coordinamento dei piani commerciali di adeguamento e di sviluppo, è imminente da parte della Giunta una delibera con la quale verrà istituita una Commissione di esperti che dovrà proporsi il coordinamento delle ipotesi di zonizzazione derivabili dagli studi Siteco ed IRES traducendo nell'aspetto tecnico, il momento politico delle zone comprensoriali. In questo modo si pensa, con la collaborazione anche delle Camere di Commercio, di poter aiutare i comuni per il completamento di tali piani.
Per il Comitato prezzi si ribadisce la volontà della Giunta, già espressa nel primo documento programmatico approvato dal Consiglio. A questo proposito si rileva che, per mancanza di poteri, gli esperimenti sin qui condotti da altre Regioni non hanno potuto dare i frutti che si attendevano. Perciò la Giunta partecipa con vivo interesse agli incontri che si svolgono tra i rappresentanti delle varie Regioni, allo scopo di ottenere, nella nuova legislazione che dovrà regolare la materia, spazio e poteri effettivi per le Regioni che consentono di agire in primo piano sulla stessa formazione dei prezzi.
E' poi quanto meno intempestivo affermare che i denari stanziati per gli asili nido non possano essere spesi. Non riprendo l'argomento già sviluppato e trattato nella sua risposta dall'Assessore Simonelli. Il termine per la presentazione dei progetti ai Geni civili per il primo piano era stato fissato per il 31 dicembre 1973; numerosi Comuni hanno richiesto la proroga che è stata concessa al 31 marzo 1974. Ora i progetti, salvo alcune limitate eccezioni, sono stati presentati e per ben trenta asili nido è già stato rilasciato il decreto di approvazione del progetto e della formale concessione del contributo. Certo, più volte abbiamo rilevato l'insufficienza dei contributi fissati dalla legge statale 6.12.71 ed a tal fine il Consiglio Regionale ha approvato un ordine del giorno di richiesta al governo per il loro incremento. Analoga richiesta è stata avanzata dagli Assessori ai servizi sociali presenti ad un incontro del 4 marzo a Bologna.
In attesa di tale provvedimento l'Assessore ai servizi sociali signorina Vietti, che appassionatamente si interessa a questi problemi, sta studiando il piano pluriennale degli asili nido per il rifinanziamento della legge regionale oltre che la modifica di tale legge, al fine di integrare i contributi di costruzione con fondi regionali, estendendo tale provvedimento agli asili nido finanziati con i piani 1972-1973.



BERTI Antonio

Più che un piano sembra essere uno studio pluriennale, visto il tempo che ci si impiega per farlo.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Speriamo di no, abbiamo una dotazione che ci consente oggi di andare avanti sul piano concreto, non soltanto di studio.
Per tale provvedimento mi pare sia già da rilevarsi la consistenza dello stanziamento di bilancio per il 1974 che è di ben 5.620.000.000 cifra indubbiamente superiore agli stanziamenti di tutte le altre Regioni d'Italia.
Non è esatto affermare che sarà impossibile raggiungere entro il 1976 una dotazione di posti del 10% sui potenziali utenti. Tale percentuale sarà, seppure lievemente, superata poiché gli asili nido funzionanti o finanziati al 31.12.73 erano 181 con 9493 posti; sono saliti a 242 asili nido con il piano 1973, che dovrebbero permettere di raggiungere i 12.988 posti. Ipotizzando che i bambini da zero a tre anni residenti in Piemonte al 31.12.76 raggiungano le 215.000 unità (erano al 31.12.72 191.846) per raggiungere un numero di posti corrispondenti al 10% dei potenziali utenti sarebbero necessari altri 142 asili nido con una media di 60 posti. Tale obiettivo può essere conseguito e ritengo anzi superato.
Per quanto riguarda in modo particolare le osservazioni fatte dalla Consigliera Fabbris e dal Consigliere Visone, relative al cap. 1172 che concerne contributi per la costruzione di Case di riposo, devo rilevare che tale capitolo registra intanto, rispetto all'anno corso, una diminuzione di cento milioni di lire (da L. 300 milioni a 200 milioni), ma questo in considerazione della presentazione del disegno di legge da parte della Giunta per la sperimentazione di servizi di assistenza domiciliare vivamente sollecitati anche in questa sede. Tuttavia non si ritiene che pur volendo privilegiare l'assistenza domiciliare, sia possibile giungere ad un assoluto superamento delle case di riposo. Per quanto riguarda il settore dell'assistenza scolastica ognuno sa come sono andate le cose negli ultimi mesi, comunque il 10 maggio rappresentava il termine ultimo per la presentazione da parte dei Comuni delle documentazioni necessarie per beneficiare delle erogazioni dei fondi regionali agli aventi diritto. Tutti i Comuni hanno completato le formalità e già fin d'ora possiamo dire che sull'intera somma di 4.350.000.000 stanziati verranno erogati circa quattro miliardi, con un presumibile avanzo di 300 milioni circa.
La mancata sensibilizzazione dei genitori, addebitata alla Giunta dal Consigliere Rossotto, non era possibile; la Giunta Regionale non ha un compito di sensibilizzazione morale di coloro che debbono sensibilizzarsi diversamente, e del resto vi è una spiegazione che certamente non è ignota al Consigliere Rossotto ed è che essendo previsto che quelle somme che non vengono ritirate direttamente dai genitori di bimbi in condizioni agiate vanno invece ad essere utilizzate nell'ambito sempre scolastico, gli stessi insegnanti - come del resto era stato previsto - invitano i genitori a ritirare le somme e a rilasciarle poi per l'assistenza scolastica in una maniera diversa.



MENOZZI Stanislao

Sarebbe interessante sapere quanti lo fanno.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Questo poi, quando sarà finito, lo potremo anche vedere. Soprattutto bisognerebbe poter stabilire quanti hanno obbedito a questo invito che è comprensibile.
Tutti i Comuni hanno completato le formalità e quindi dei quattro miliardi sopra accennati sono in pagamento due miliardi e la restante parte lo sarà nella settimana entrante. Come è stato annunciato, a questa legge che si esaurisce con questo anno scolastico, ne seguirà un'altra di carattere permanente che concerne l'intera assistenza scolastica e che passa sotto il nome di legge-delega ai Comuni e agli Enti locali, dove l'istituto della delega troverà una più chiara delineazione. Si prevede un impegno oscillante tra gli otto e i nove miliardi da parte della Regione, a cui si aggiungeranno tutti i fondi che i Comuni riterranno di disporre in proprio. Faremo molto presto per rendere possibile l'applicazione di tale normativa per l'inizio del nuovo anno scolastico 1974/75.
Per quanto attiene all'istruzione professionale, che costituisce per la Giunta motivo di alto impegno e di ambizione, di qualificazione in questo fondamentale ed importante settore, da ogni parte del Consiglio e da fuori del Consiglio sollecitato - tanto è vero che gli interventi dei signori Consiglieri sono stati veramente molteplici - questi interventi ci spingono a trarre alcuni spunti di riflessione in ordine a taluni temi che appaiono centrali per una nuova strategia di intervento nel campo della formazione professionale ed e nel contempo un'occasione per suscitare un dibattito costruttivo circa le soluzioni da dare ai numerosi problemi che sono posti dalle esigenze, avvertite unanimemente, di una più puntuale corrispondenza dell'intervento formativo alla mutata realtà socio-economica del Paese.
Partendo dalla premessa indiscutibile di un superamento nei fatti di alcuni orientamenti che hanno guidato sino ad oggi l'attività, si individuano i nodi da sciogliere in questi termini: nel parallelismo concorrenziale ed emarginante, con le strutture della scuola di Stato (formazione professionale e scuola); nello scollamento della formazione professionale rispetto al ruolo di fattore di equilibrio del mercato del lavoro e di servizio per l'educazione permanente degli adulti (formazione professionale e mercato del lavoro).
Le difficoltà che oggi si incontrano per vincere e svecchiare l'attività di formazione professionale, secondo criteri passati, sono imputabili ad una serie di motivi, alcuni relativi ad aspetti di natura legislativa, ad aspetti di natura finanziaria, ma non vanno sottovalutati quegli ostacoli al rinnovamento che sono direttamente collegati al ruolo che oggi svolge la formazione professionale. E' un ruolo che risentendo di una passata impostazione non è adeguato a rispondere alle nuove esigenze che si pongono, ma che è al tempo stesso difficile da ristrutturare, vista la situazione di estrema rigidità ed anche di contraddittorietà delle due variabili che più influiscono e cioè la scuola ed il mercato del lavoro.
Mi sembra pertanto necessario soffermare brevemente l'attenzione su questi tre punti: ruolo tradizionalmente svolto dalla formazione professionale; strutture scolastiche; mercato del lavoro; che rappresentano i poli essenziali entro i quali va collocata l'analisi per l'individuazione di un ruolo rinnovato della formazione professionale, per la realizzazione del quale andranno previsti e studiati interventi culturali e tecnici legislativi e finanziari.
Gli aspetti che caratterizzano la formazione professionale della nostra regione sembrano riconducibili a due tendenze: individuazione dei giovani in particolare fra i 14 e i 17 anni, quali utenti privilegiati del servizio, configurazione del servizio stesso come struttura parallela, con funzioni di recupero, rispetto alla scuola di Stato. Dovremo quindi procedere ad una ristrutturazione seria di tutto il settore, lavorando in profondità e con avvedutezza, in un settore che allo stato attuale interessa 14 centri regionali per 109 corsi gestiti direttamente dalla Regione Piemonte e, per quanto attiene alla gestione indiretta, l'attività formativa in corso che è pari a 687 corsi per una spesa di 4 miliardi e 452 milioni che interessano il settore dell'industria, dell'artigianato, del commercio, le attività terziarie e corsi speciali per invalidi civili.
Mentre 538 sono i corsi agricoli e 767 i corsi per apprendisti che interessano l'attività formativa distribuita nelle sei province della regione. Occorre pertanto incentivare l'adozione di iniziative tendenti al raggiungimento della scuola dell'obbligo per tutti gli allievi che ne sono sprovvisti, incentivare l'adozione di iniziative tendenti all'arricchimento culturale dei lavoratori, indipendentemente dal raggiungimento della scuola dell'obbligo, affermare il principio della generalità dell'ammissione ai corsi, abolendo pertanto l'obbligo della iscrizione alle liste di collocamento.
Il concetto di approfondire l'istruzione e di preparare anche gli insegnanti e gli operatori che in questo settore svolgono la loro attività è tenuto presente e in prossimo futuro, il 12 giugno, il Presidente della Giunta, con l'Assessore che si interessa del problema, avrà un incontro con il dr. Peratti, già Presidente della Provincia di Milano, che metterà a conoscenza un'esperienza rilevante fatta in quel settore.
E veniamo al settore dell'agricoltura, a quello che viene definito ormai settore della "rabbia verde", dove i termini sono molte volte gravemente contradditori; pochi anni fa una politica che portava all'abbattimento di 500.000 vacche, oggi la urgenza di fare dei provvedimenti legislativi per aiutare l'incremento del patrimonio bovino per risolvere, almeno in parte, il problema zootecnico del nostro Paese.
Detto questo in termini generali, la Giunta richiama alla cortese attenzione di coloro che sono intervenuti in questa materia, che grande parte degli impegni, quelli più qualificanti del suo programma su questo punto, sono stati sostanzialmente portati alla fase conclusiva. Il piano di intervento per l'agricoltura verrà completato, con questi altri provvedimenti, che la Giunta ha già in avanzata fase di studio: anticipazioni regionali per la bonifica sanitaria del bestiame; case di abitazione per i coltivatori diretti; miglioramenti fondiari.
Da più parti è stato sollecitato che l'Ente di sviluppo agricolo entri rapidamente in operatività e l'Assessore Chiabrando, che di questa parte cura in modo particolare la realizzazione, ha preso impegno di assecondare queste istanze e queste richieste e questo anche al fine - pure evidenziato da alcuni interventi - di poter al più presto realizzare i piani zonali agricoli che sono assolutamente necessari ed indispensabili.
Per quanto attiene alla domanda relativa alla difesa antigrandine, con mezzi aerei, debbo precisare che nell'anno passato la campagna antigrandine è stata condotta dalla Unione delle Province piemontesi, la Regione ha assicurato un suo contributo di 200 milioni; ma non è entrata a far parte dell'ente e degli enti che gestivano questo servizio. La Società Winchester che ha realizzato la campagna antigrandine ha stipulato per tre anni, dal '73 al '75, un apposito contratto con l'Unione delle province. Per quanto siamo venuti a conoscenza ha disdetto per l'anno '74/75 il contratto adducendo delle considerazioni e delle ragioni che non le avrebbero consentito l'utilizzazione degli strumenti. Per l'anno '74 le Unioni delle Province piemontesi hanno deciso di non attuare il programma per la lotta antigrandine, rescindendo così il contratto. L'Amministrazione regionale consapevole dell'importanza che ha per l'agricoltura piemontese la difesa delle colture agrarie dalle avversità, si sta adoperando per fornire possibili soluzioni alternative al problema, il quale non può avere una sola soluzione, ma deve arricchirsi di soluzioni complementari, quella dell'assicurazione che copre in grande parte l'entità dei danni, quella della difesa effettiva, già sperimentata, quella della difesa anche attraverso l'impiego di aerei che deve essere complementare per la difesa del prodotto, questa essendo di maggiore interesse sociale, l'altra invece riferendosi in modo particolare alla difesa patrimoniale degli agricoltori.
Per quanto si riferisce infine alla parte relativa al turismo, mentre ho qui dei dati relativi alle spese, che mi riservo semmai di fare avere più specificamente, degli enti provinciali del turismo, concordo - e la Giunta intera concorda e l'Assessore Debenedetti concorda - che bisognerà mettere ordine a questa materia probabilmente augurandoci che gli Enti provinciali del turismo divengano organi tecnici della Regione, anche se ci rendiamo conto che il fenomeno turistico non si circoscrive nel suo svolgimento soltanto all'ambito territoriale, che vi sono implicazioni molte volte anche di carattere internazionale e che pertanto è giusto riconoscere che l'organismo centrale abbia una possibilità ancora di intervento.
Si è fatto il grosso discorso dei parchi soprattutto addebitando la responsabilità di non avere segnato nel bilancio del 1974 un finanziamento per l'adempimento relativo all'acquisizione, peraltro riaffermato in una precedente seduta e riaffermato anche oggi, come manifestazione di precisa volontà di continuare l'azione intrapresa a suo tempo dal Presidente Calleri per l'acquisizione de La Mandria e del parco di Stupinigi, per aprire il discorso relativo alle Vallere nelle forme che saranno le più idonee alla soluzione rapida di questi problemi e di altri, quelli relativi ai parchi naturali, tra questi i parchi dell'Orsiera, della Serra, delle Langhe, dell'Alpe Veglia. A questo proposito bisognerà che ci facciamo delle idee estremamente chiare per definire la sostanza, la realtà dei parchi naturali contro la cui creazione vi è una non poco diffusa resistenza da parte delle popolazioni locali alle quali bisognerà dire che questi parchi sono fatti per tutti gli uomini, ma innanzi tutto per gli uomini che attualmente abitano in questa regione e non contro gli uomini stessi.
E' inoltre allo studio, a seguito di incontri avuti con il Presidente della Regione della Valle d'Aosta e con il direttore generale dell'Economia montana, l'eventuale possibilità della partecipazione della Regione Piemonte alla gestione del Parco Nazionale del Gran Paradiso le cui condizioni sono in questo momento altamente preoccupanti.
Nel settore del turismo si vuole essenzialmente sviluppare un'attività promozionale e non farla diventare pertanto una mera erogazione di fondi.
Ho accennato all'inizio alle implicazioni derivate dalla crisi energetica che si è insediati in una situazione già di per sé difficile tale da compromettere e da far stare in ansia e in forse circa una permanenza di larga occupazione nei grandi stabilimenti della città di Torino e in stabilimenti anche della Regione. Ebbene, non è senza soddisfazione che posso riferire al Consiglio che l'8 giugno, alla presenza del Presidente del Consiglio on. Rumor, si avrà una manifestazione in occasione dell'arrivo in Italia del gas naturale proveniente dalla Russia e dall'Olanda, a seguito di precise intese sviluppatesi con l'ENI.
Si tratta di un approvvigionamento diversificato dell'acquisizione delle varie fonti energetiche, fatto indubbiamente molto importante per l'economia nazionale e con notevole rilevanza politica, ma che è anche di grande rilievo per l'attività regionale piemontese.
Da più parti (Consiglieri Rivalta, Bono, Rossotto) parlando della necessità di una più accentuata politica del territorio si è sottolineata l'opportunità di una concentrazione delle competenze in materia di difesa del suolo e di sistemazione idrogeologica e forestale.
La Giunta sta procedendo su questa strada, come si rileva dagli spostamenti avvenuti nel nuovo bilancio, di capitoli di spesa riferentisi a tali materie con sempre maggiore concentrazione nelle voci di competenza dell'Assessorato alla tutela dell'ambiente, sistemazione idrogeologica e forestale, uso delle acque. L'Assessore, come è già stato accennato, sta elaborando un progetto di legge attraverso il quale si intende appunto riordinare le competenze in materia e strutturare quegli interventi che lo Stato ha trasferito alle Regioni (opere idrauliche di IV e V categoria e non classificate, opere di bonifica montana, rimboschimenti ecc.) essendosi, come è noto, lo Stato riservato ogni primaria e specifica competenza in materia di difesa del suolo.
Contemporaneamente si sta procedendo ad un'analisi della situazione dei vari bacini imbriferi della regione che possa valere anche per gli interventi di competenze statale. Tutto ciò in stretta connessione con il piano delle acque, come è stato già ampiamente esposto nel programma della Giunta.
Per quanto riguarda i piani di depurazione delle acque e di smaltimento dei rifiuti solidi, la Giunta sta dando adempimento alla precisa ed articolata mozione approvata all'unanimità dal Consiglio Regionale in data 25.5.1972 che la impegnava in tal senso. E' impossibile formulare un piano di tali opere senza intervenire presso i Comuni e correlare le iniziative della Regione con quelle già in corso da parte degli Enti locali.
In tal senso sta operando l'Assessorato e, secondo gli impegni assunti il piano sarà presentato al Consiglio entro il prossimo mese di giugno con la relativa legge di finanziamento. La Giunta sta dando particolare cura a detta legge con l'intento di esprimere un intervento regionale capace di sopperire a tutte le ben note difficoltà finanziarie che tormentano gli Enti locali, affinché il piano di risanamento del Piemonte possa diventare una delle più qualificanti realtà, nei previsti tempi brevi.
Alle domande poste in particolare dai Consigliere Gerini e Ferraris sugli interventi della Giunta per la regolazione dell'uso dei prodotti antiparassitari ed erbicidi e quindi di ecologia agraria, possiamo riferire che stiamo muovendoci sulle seguenti linee: a) verifica di quali siano gli erbicidi, gli antiparassitari e gli anticrittogamici più tossici in modo da formulare una regolamentazione dell'uso dei suddetti prodotti; ciò in collaborazione con gli Ispettorati dell'Agricoltura, l'Osservatorio per le malattie delle piante, i Laboratori provinciali di igiene e profilassi b) azione preventiva intesa come ricognizione, segnalazione ed allarme nei territori individuati come maggiormente colpiti c) azione divulgativa dei prodotti non tossici con prove e sperimentazioni in campo d) azione di persuasione presso gli agricoltori mediante pubblicazioni e convegni, al fine di illustrare la tossicità dei prodotti vietati e la validità dei prodotti non tossici.
La Giunta, a conclusione di questo mio discorso, ha preso questa mattina la decisione di concluderlo con l'assunzione di precisi impegni che sono impegni di natura legislativa per rendere attuale il bilancio secondo le linee del programma. L'impegno che si assume è quello di presentare, entro il mese di luglio 1974, insieme ad altre leggi rielaborate alcune, altre fatte ex novo, le norme legislative in parte già all'esame della Giunta e relative ai problemi: dell'IRES, dell'Ente di sviluppo dell'artigianato, della Finanziaria regionale, delle aree industriali attrezzate, della costituzione del Comitato regionale per il coordinamento dei trasporti, dell'assistenza scolastica (libri) dell'incentivazione dell'associazionismo e della cooperazione nel settore commerciale e della sistemazione dei centri storici.
Intanto il 4 giugno la Commissione Interassessorile politica e tecnica si riunirà per avviare e rapidamente concludere il discorso relativo al problema del centro di calcolo in relazione a quello che è stato l'ordine del giorno votato dal Consiglio Regionale.
Certo, signor Presidente, signori Consiglieri, resta un anno soltanto il tempo è breve, ma è sufficiente per fare ancora qualcosa di buono tutti insieme. Naturalmente non bisogna sciupare nemmeno un giorno. La Regione se vuole, può essere spedita nelle sue risoluzioni.
Vorrei ricordare un esempio che ha in sé un contenuto politico e insieme tecnico ed è il problema che si chiama Mergozzo; non si è certo presuntuosi nell'affermare che per risolverlo sul piano regionale anzich sul piano centrale, si sono guadagnati mesi e mesi di tempo, snellendo le procedure e stabilendo contatti immediati e continui. Si è garantito così il posto di lavoro a centinaia di lavoratori, creando il Centro industriale Montefibre, approvando il programma di fabbricazione di Mergozzo e il piano per insediamenti produttivi dell'area disponendo gli strumenti espropriativi per l'acquisizione della stessa.
Questa Giunta ha ereditato, dalla presente Giunta, l'inizio nell'affrontare questo problema e lo ha concluso. L'operazione non è stata senza contrasti né indolore, diversi possono essere sempre i punti di vista per risolvere un problema, certo, la soluzione c'è stata e la riteniamo concreta e corretta.
La Giunta precedente ha dunque il merito di avere impostato la questione ed a questa è toccato di concluderla.
Proprio ieri il tribunale amministrativo regionale ha disatteso l'istanza avanzata per ottenere la sospensione di due miei decreti relativi all'occupazione d'urgenza.
La prima parte dei 500 giorni di questa Giunta, al di là delle polemiche, è tale da assicurare che i rimanenti saranno intensi e produttivi di benefici effetti. Questo è l'impegno che con me assume volenterosamente la Giunta e non mi sembra, collega Rossotto, che si addica a questa Giunta l'addebito di atassia, né atassia locomotoria né atassia promozionale, proprio non lo merita e vorrà sempre più non meritarlo.
Coloro che abiteranno la casa che ora insieme costruiamo, nella prossima legislatura, troveranno tracce per un ulteriore fecondo lavoro, per il progresso qualitativo di questo Piemonte tutto vibrante in questi giorni dello spirito che animava coloro che ci dettero, usciti dalla Resistenza la Costituzione repubblicana, democratica ed antifascista che il 2 giugno in sereno e severo raccoglimento ricorderemo, con il fermo proposito di esserne fedeli e fermi esecutori a livello regionale tutti lavorando.
La Repubblica italiana è fondata sul lavoro per il progresso civile sociale, morale di questo vecchio Piemonte e noi in tale senso indirizziamo serenamente la nostra modesta ma appassionata, diuturna fatica.



PRESIDENTE

Prima di passare alle dichiarazioni di voto sospendo per cinque minuti la seduta, poi darò la parola per primo al Consigliere Zanone.



(La seduta, sospesa alle ore 17.35 riprende alle ore 17.50)



PRESIDENTE

La seduta riprende. Ha la parola il Consigliere Zanone.



ZANONE Valerio

Signor Presidente, signori Consiglieri, alle osservazioni dei colleghi Rossotto e Gerini sui contenuti generali e settoriali del bilancio aggiungo qualche considerazione conclusiva sulle ragioni che determinano il voto del Gruppo liberale.
Noi diamo atto alla Giunta di avere presentato, anche se in extremis in termini temporali, una relazione di notevole ampiezza e complessità. Si pu osservare che la descrizione dell'evoluzione dell'economia italiana nell'anno 1973, contenuta nella prima parte della relazione della Giunta, è per così dire fortemente politicizzata, nel senso che la stessa lettura dei dati è in qualche punto piegata a sostegno della formula di governo. Ad esempio, se ho ben capito, nella prima pagina di questa relazione l'Assessore Simonelli ha tentato di dimostrare che la ripresa economica del Paese si sarebbe attivata con il ripristino della coalizione di centro sinistra.
Questo tentativo di interpretazione è stato compiuto in base ai dati statistici della relazione generale sulla situazione economica del Paese nel 1973, a suo tempo presentata dal governo al Parlamento. Vorrei quindi osservare che questo documento, per la verità non dimostra che la stagnazione nel primo semestre dell'anno scorso si sia trasformata in ripresa nel resto dell'anno. Se si vanno a confrontare i dati trimestrali contenuti nella relazione, risulta infatti che, per quanto riguarda l'andamento del prodotto nazionale lordo al costo dei fattori, considerato trimestralmente, negli ultimi tre trimestri del '72 e nei quattro trimestri del '73, è stato del -0,8 nel terzo trimestre del '72, del + 3,2 nel quarto trimestre del '72, del -0,5 nel primo trimestre del '73, del + 4,6 nel secondo trimestre, del + 2,6 nel terzo trimestre, del + 1,1 nel quarto trimestre.
Se poi andiamo a vedere le cifre per quanto riguarda il settore industriale, cui fa specifico riferimento la relazione della Giunta e che è certamente quello determinante, l'andamento è anche più chiaro: -1,8 nel terzo trimestre del '72, + 5 nel quarto, -2,1 nel primo trimestre del '73 e poi nei tre trimestri successivi + 8,2, + 2,5, -0,2.
In sostanza, e scusandomi con il Consiglio per i dati numerici che ho voluto riportare, i dati dimostrano che la ripresa industriale e la riprese economica nel suo complesso era già iniziata verso la fine del 1972, ha subito una flessione nel primo trimestre del '73 in coincidenza con le grandi agitazioni sindacali, ha avuto una ripresa nei mesi immediatamente successivi, ma purtroppo si è gradualmente attenuata nel resto dell'anno scorso.
Oggi, in mancanza di dati ufficiali come quelli che abbiamo sino a questo momenti citato, ci troviamo comunque di fronte ad una prospettiva che è per comune ammissione estremamente difficile e che richiede su scala nazionale una politica di recupero della produttività che sarà possibile soltanto se le forze sociali daranno un forte contributo all'azione degli organismi politici. Non sarà possibile arrestare la fuga dei mezzi monetari verso posizioni improduttive, di speculazione od anche di mero rifugio, se non si ripristinerà una più regolare simmetria nel sistema produttivo italiano, cioè se non si otterrà un recupero della produttività generale del sistema, - il che richiede che da un lato gli imprenditori si impegnino al rinnovamento degli impianti e dall'altra i sindacati si impegnino per renderne possibile una maggiore utilizzazione.
E' nostra convinzione che la crisi in atto e le minacce di recessione che essa prospetta per i prossimi mesi, non possano e non debbano essere fronteggiate con una politica meramente difensiva perché una politica meramente difensiva fatalmente finirebbe per comportare una tendenza repressiva sul piano politico generale, la storia d'Europa negli anni '20 e '30 ci insegna che una spirale del genere è l'effettiva matrice dei fascismi.
Occorre, all'opposto, congiungere al pessimismo delle previsioni oggi universale, un ragionevole ottimismo della volontà, cioè un impegno comune delle forze politiche e delle forze sociali. Purtroppo il contributo che la Regione può dare a questa politica è molto limitato perché la finanza regionale è troppo limitata nelle sue dimensioni e la finanza degli altri Enti locali è troppo dissestata nelle sue condizioni attuali per essere in grado di dare una risposta autonoma ad un compito di tanta gravità che certamente costituisce il banco di prova dell'intera azione politica nazionale del prossimo futuro.
Viceversa, a mio avviso, l'Assessore Simonelli è nel vero quando riscontra una tendenza in atto che sostanzialmente porta a menomare le funzioni del governo locale. La programmazione attuata attraverso i così detti progetti speciali, anche se è fondata su esigenze di efficienza a breve termine che in alcuni casi appaiono di drammatica urgenza, rischia di tradursi in una politica di concessioni preferenziali ai grandi gruppi soprattutto a quello pubblici: lo Stato rischia di essere appaltato al parastato e ciò potrebbe comportare, sul piano economico generale, una riduzione del pluralismo di tutto il sistema e, sul piano politico generale, un'attenuazione dei controlli democratici diretti, mentre i Comuni e gli altri enti locali sono sempre più strozzati dal cappio delle restrizioni del decreto.
Questa situazione - come già è stato osservato nel dibattito dai miei colleghi e da altri Consiglieri - impedisce di fatto la funzione promozionale che il bilancio regionale intende svolgere a sostegno degli investimenti dei Comuni. Noi condividiamo, in linea concettuale, che gli investimenti della Regione non debbano essere piuttosto indirizzati a promuovere e a sostenere maggiori investimenti da parte dei Comuni, ma nella situazione presente corriamo il rischio che una parte considerevole degli investimenti possibili resti inattiva se i Comuni non saranno in grado di beneficiarne.
Mi pare quindi da condividersi l'orientamento che nella replica di poco fa è stato espresso dall'Assessore Simonelli nel senso di commutare, per quanto possibile, gli investimenti trasferiti dai contributi in conto interessi ai contributi in conto di capitale.
La seconda osservazione che intendo qui esprimere riguarda ancora una volta i limiti del bilancio annuale, in assenza di un piano di sviluppo regionale operante che sia riferito non soltanto alla Regione come ente, ma alla Regione come comunità piemontese.
Quando la relazione del bilancio accoglie le stime dell'IRES sugli investimenti ipotizzabili nel quinquennio da parte dei diversi soggetti (dallo Stato alla Regione, agli Enti locali, alle imprese pubbliche, ai privati) essa lascia però insoluto il problema fondamentale che dovrebbe essere affrontato nel corso di una relazione di bilancio cioè il coordinamento effettivo fra i programmi di investimento di questi diversi soggetti.
Dobbiamo quindi riconoscere e del resto mi pare che anche la Giunta ne abbia fatto un esplicito riconoscimento, che la programmazione per progetti è ancora lontana, anche se si è fatto un passo avanti, almeno sul piano della chiarezza, articolando le previsioni del bilancio per funzioni di settore. Ma, tutto sommato, questa ripartizione per assessorati che è stata compiuta sulle voci del bilancio, finisce per introdurre un criterio di competenze formali che è di tipo più tradizionale che innovativo.
Nello scorso mese di febbraio, come qualche collega ricorderà, il Gruppo liberale presentò una sua mozione sulla situazione economica, sullo stato dell'occupazione in Piemonte e sugli interventi prioritari che la Regione avrebbe dovuto assumere per dare un proprio contributo (nella limitazione dei mezzi a sua disposizione e delle sue competenze) per venire incontro allo stato di difficoltà che investe il Piemonte come il resto del Paese. E la discussione su questa mozione costituì in qualche modo una sorta di prologo al dibattito più ampio sul bilancio che è avvenuto in questi giorni.
Circa le scelte prioritarie che la nostra mozione conteneva, dirò che per quanto riguarda l'agricoltura, come è stato fatto osservare, l'impegno del bilancio è certo rilevante, seppure orientato verso interventi che sono più integrativi che di effettiva ristrutturazione del settore, mentre gli interventi per l'assetto del territorio costituiscono, come è stato osservato anche dal Consigliere Nesi, la parte più debole dell'intero discorso programmatico su questo bilancio; e la mia impressione, che spero sarà smentita dai fatti, è che nella parte residua dell'anno su questo problema si farà poco di concreto. Devo dire che anche l'ampio spazio che il Presidente della Giunta ha dedicato nella sua replica ai problemi del territorio, proprio per essere stato formulato tutto su un indirizzo più programmatico che operativa, conferma la mia impressione.
La terza ed ultima osservazione riguarda il grado di realismo delle previsioni. E' difficile dare un giudizio oggettivo in mancanza dei consuntivi precedenti. Prendiamo atto che la Giunta si impegna nei prossimi due mesi a presentare i consuntivi del '72 e del '73, ma la stessa previsione nel bilancio per il '74 di un notevole ammontare di interessi è sufficiente per indicare che anche nel 1974 si prevede una notevole accumulazione di residui passivi.
D'altra parte se si va a confrontare sia la relazione, sia gli elenchi allegati al bilancio, si vede che per molti settori gli impegni della Giunta consistono essenzialmente in studi, in indagini ed in ricerche le quali, se vorranno essere fatte come si deve, richiederanno tempi non brevi. Noi riconosciamo per alcuni settori la necessità di questi studi preliminari, vorremmo però riconoscerla a due condizioni: la prima è che si dia finalmente, come più volte è stato sollecitato, una struttura non provvisoria all'organo incaricato di questi studi, cioè all'Istituto di ricerca IRES, la seconda condizione è che sugli studi più importanti (cito tanto per ricordarne uno, il piano delle acque che ha un riflesso complessivo su tutto l'anello territoriale della Regione, sulla programmazione regionale stessa) il Consiglio possa essere informato anche previamente attraverso ad un esame preliminare in Consiglio di quello di Commissioni permanenti.
Quanto poi ai provvedimenti legislativi in corso che, come risulta dagli elenchi, coprono la totalità dei fondi disponibili, è lecito pensare che soltanto una parte di queste leggi potranno essere attivate durante l'anno. Per concludere, ci troviamo di fronte ad un bilancio certamente più ambizioso rispetto agli esercizi precedenti che dichiaratamente si limitavano a operazioni di primo impianto della politica regionale, ma il dubbio del nostro Gruppo è che la Giunta riesca a tradurre effettivamente in realtà, nei pochi mesi che restano prima della fine del 1974, gli impegni contenuti in questo documento.
Dobbiamo anche dire che non imputiamo questo dubbio soltanto ed unicamente ai problemi politici all'interno della Giunta, alle questioni che possono agitare la coalizione di maggioranza e alla volontà di iniziativa politica da parte della maggioranza di questo Consiglio, ma riconosciamo anche le difficoltà oggettive che si frappongono per una più sollecita esecuzione degli intendimenti della maggioranza.
In questo senso, nell'annunciare che il nostro voto su questo bilancio sarà un voto contrario, riteniamo che la Giunta potrà comunque tenere presenti le iniziative e le proposte (che saranno, come al solito iniziative e proposte di tipo positivo e costruttivo) che verranno da parte del Gruppo liberale.



PRESIDENTE

Ha la parola il Consigliere Curci.



CURCI Domenico

Signor Presidente, le repliche dell'Assessore e del Presidente della Giunta non hanno modificato il giudizio negativo che sul bilancio 1974 abbiamo dato in sede di discussione generale. Per certi aspetti, anzi, le repliche hanno rafforzato la convinzione - e ne abbiamo illustrato ampiamente, riteniamo, le ragioni nel nostro intervento - che si tratta di un bilancio che non merita l'approvazione del Consiglio per tre motivi fondamentali che rapidamente sintetizzeremo.
Anzitutto rileviamo che il bilancio, come abbiamo già detto in sede di discussione, non presenta, a nostro avviso, alcuna connessione se non sotto certi aspetti puramente marginali, col programma esposto a suo tempo dalla Giunta. E per quanto riguarda gli impegni assunti stamattina dalla Giunta stessa e di cui il Presidente ci ha testé informati, rileviamo che si tratta di impegni relativi alla costituzione dell'Ente di sviluppo dell'artigianato, della Finanziaria regionale, istituti nei cui confronti la nostra parte ha più volte espresso parere nettamente negativo.
Inoltre rileviamo che l'accresciuta ampiezza delle entrate non imposta col bilancio una politica di prevenzione delle conseguenze che si potranno avere tra qualche mese in Piemonte per la crisi in atto.
Il bilancio inoltre ignora completamente l'eventualità che il problema della disoccupazione possa appunto porsi in modi altamente drammatici nei prossimi mesi. La Giunta e le forze politiche che la compongono non accennano minimamente a riconoscere poi le cause politiche che sono riconosciute e individuate da tutti, quelle cause che hanno determinato il progressivo deterioramento di una situazione occupazionale che era avviata anni or sono da una fase di piena occupazione. Nessun accenno poi, nella relazione e nelle repliche, alle responsabilità politiche della crisi che cominciò a precipitare negli anni 1970/71 allorché, con le continue richieste integrative di contratti già stipulati e molte volte insopportabili per le piccole e medie aziende, con le fermate del lavoro imposte spesso con la violenza, si è cercato ad ogni costo di dare un colpo mortale alla nostra produzione.
Nessun accenno infine nelle repliche della Giunta alle invasioni, da noi denunciate, dal capitale americano ed in minor misura dal capitale inglese e tedesco nella nostra regione, la partecipazione di tali capitali in imprese che avevano sempre resistito alle tentazioni del dollaro e della sterlina e il lento, ma progressivo accaparramento da parte sempre di tali capitali, di imprese che avevano un nome già affermato nei mercati internazionali.
Che cosa intende fare il governo della Regione per sostenere la nostra attività economica? Ci è stato detto, in una misura che non ci ha soddisfatto.
Nessuna risposta ci è stata data dalla Giunta, ma per concludere dichiariamo che anche se la situazione fosse meno tragica, anche se l'impostazione del bilancio fosse stata più aperta alle reali esigenze imposte dalle difficoltà del momento, non avremmo potuto ugualmente confortare col nostro voto il bilancio di questa Giunta aperta alle pressioni, alle suggestioni e alle influenze comuniste. Da quando si è costituita questa Giunta, da quando a presiederla è questo Presidente abbiamo avuto la netta impressione che si è concretizzata, man mano che il tempo passava, che si delineasse e si anticipasse nella nostra regione quel clima che potrebbe portare alla costituzione di quel governo di salute pubblica di cui si parla in questi giorni e che peraltro proprio il comunicato della direzione del Partito comunista di ieri pone in termini di alta e di presente attualità.
Per tutte queste ragioni di carattere politico e relative all'impostazione del documento sottoposto al nostro esame, ribadiamo il voto contrario del Gruppo del M.S.I. Destra nazionale.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Vera, ne ha facoltà.



VERA Fernando

Credo che sia difficile, dopo giornate e giornate di dibattito, trovare ancora qualcosa da dire sul bilancio della Regione. Del resto il compagno e collega Cardinali ha già esposto dettagliatamente il pensiero del Gruppo socialdemocratico su questo documento sul quale giustamente si è soffermato a lungo l'interesse di tutti trattandosi del primo vero bilancio della Regione.
Quello che io mi domandavo in questi giorni mentre si dipanavano interventi e oggi durante la lunga relazione del Presidente della Giunta era la misura di credibilità che può avere il bilancio e con esso la politica dell'istituto regionale nei confronti dell'opinione pubblica e non tanto di credibilità tecnica (ampiamente assodata esaminando il bilancio) e neppure di credibilità politica a livello delle forze presenti in questo Consiglio, ma di credibilità nei confronti del cittadino medio, dell'uomo della strada.
Noi sappiamo che l'attività della Regione è stata impedita, ha subito delle grosse remore da serie difficoltà di ordine tecnico e giuridico e anche, diciamolo francamente, da difficoltà di ordine politico: pensiamo alle lunghe trattative per la risoluzione delle non numerosissime ma comunque abbastanza numerose crisi del governo regionale piemontese.
D'altra parte questi rappresentano i corrispettivi negativi, almeno nella attuale struttura della nostra Regione e in genere del nostro Paese, di un sistema democratico pluralistico che però si pone in termini di libertà, a nostro giudizio, come sistema ottimale e assolutamente irrinunciabile anche se è evidente che queste crisi ed un certo tipo di indugi o di perdite di tempo ad esse legati potrebbero essere evitate o con una maggiore stabilità dell'esecutivo, o quanto meno con la possibilità che l'esecutivo sia rovesciato soltanto nel momento in cui sia costituita una nuova maggioranza ed un nuovo programma, come mi pare di ricordare che si era dibattuto al momento della formazione statutaria e che poi non ha trovato accoglimento nel nostro statuto.
Ma dicevo, il cittadino medio, l'uomo della strada e anche i ceti emergenti, i giovani, i lavoratori, le forze che talvolta contestano aspramente il nostro sistema, quale misura di credibilità possono dare alle soluzioni che noi proponiamo, al tipo di politica, al tipo di struttura all'istituzione in altre parole? Evidentemente non mi riferisco a soluzioni in termini realistici, quindi a soluzioni in termini velleitari e globali è evidente che gli apostoli della palingenesi sociale a cui si aggiungono oggi i profeti dell'apocalisse ecologica non potranno mai essere soddisfatti, qualsiasi soluzione venga proposta od attuata.
Il problema è del cittadino normale il quale vede che nei paesi civili e in genere in qualsiasi struttura economica e sociale le cose si possono ordinare in termini di efficienza che giustamente trova inconcepibile molte cose nel sistema politico italiano. Il cittadino che per esempio (non per introdurre un argomento che non c'entra in questo nostro dibattito, quale che sia in sua fede politica, anche se DC, non si è reso conto del perch si dovesse attuare un referendum in un momento come questo col proposito di far tornare indietro il paese ad una concezione temporalistica propria di una società sacrale medioevale, giustamente ha visto in questo un elemento di ritardo civile dell'Italia nei confronti di altri paesi. Il cittadino in sostanza aspira ad essere europeo e moderno in un paese che forse ha questa aspirazione ma che non riesce a realizzarla. E questo è il problema di credibilità che tutti noi uomini politici, che le forze politiche debbono porsi nei confronti di qualsiasi istituto e quindi anche nei confronti dell'Istituto regionale, del suo funzionamento, della sua politica.
E' evidente che noi non abbiamo fatto molto rispetto alle aspettative in mezzo alle quali è nato l'istituto regionale, che abbiamo poco tempo ancora a disposizione ed è altrettanto evidente, è stato detto da parte di tutti, che viviamo in un momento difficile. Molte scelte, quelle di economia generale, quelle di politica interna sono in larga parte al di fuori di un nostro potere decisionale, al massimo possiamo dare delle indicazioni o delle controindicazioni che non sempre sono accettate da una classe politica che non è molto disposta ad accettare indicazioni o contro indicazioni che vengano dal di fuori e quindi anche dal di fuori, rispetto al governo, siamo noi Consigli Regionali.
Si è parlato in questi giorni di un clima sociale nel quale il terrorismo e la violenza pongono in seri dubbi le istituzioni democratiche.
Anche a questo ho l'impressione che la risposta che abbiamo saputo dare è spesso retorica, una risposta che esprimeva dolore, ripugnanza, che esaltava il valore di certi corpi, di certe istituzioni dello Stato, ma che non suggeriva delle soluzioni coordinate e non le suggeriva in termini di efficienza quando, come abbiamo fatto ieri, abbiamo esaltato certi corpi dello Stato, in modo retorico, in termini di missione, quando invece in altri paesi il compito di questi corpi separati è concepito come una professione al servizio della comunità, che viene svolta con una certa efficienza, quanto meno con un'efficienza maggiore, con un coordinamento maggiore di quello che avviene nel nostro paese. Ecco, ho l'impressione che in quel momento noi ci poniamo indietro rispetto alla realtà del mondo moderno.
Ma, ripeto, per quanto riguarda questo tipo di scelte, la Regione pu soltanto dare delle indicazioni e delle contro indicazioni; può invece per quanto riguarda la sua politica, i suoi poteri, dare qualcosa di nuovo anche in questo limitato tempo che ci rimane. Cose che sono indicate nel programma della maggioranza, nel programma della Giunta possono ancora essere realizzate e possono esserlo in termini nuovi che soddisfino l'uomo della strada, il quale chiede a noi, chiede, a tutti, alla classe politica qualcosa di più moderno, di diverso rispetto a quanto si è fatto in passato.
Abbiamo in programma l'esame della Finanziaria piemontese, abbiamo l'esame e in parte la realizzazione (l'Ente di sviluppo agricolo lo abbiamo già approvato) di altri enti regionali, abbiamo in programma delle scelte che è importante non avvengano in modo clientelare, corporativo, come qualche volta ha fatto anche questo Consiglio.
Se questo è l'impegno che richiedono a noi, quello di accettare una sfida che ci viene dalla popolazione, dall'opinione pubblica democratica che ci viene anche da chi nella opinione pubblica democratica contesta un certo sistema, e con la fiducia che ci sia da parte della Giunta la volontà politica di accettare questa sfida, di dare questa risposta, che noi votiamo favorevolmente il bilancio della Regione Piemonte.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Gandolfi, ne ha facoltà.



GANDOLFI Aldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, desidero motivare brevemente le ragioni, il senso, il significato del voto favorevole che a nome del Partito repubblicano darò al bilancio.
Il documento che è stato discusso in queste giornate di dibattito consiliare era particolarmente difficile ed impegnativo per la Regione innanzitutto perché si collocava in una fase della quale stiamo discutendo ancora la messa a punto e che doveva in sostanza stabilire una saldatura tra la costituzione di organi e di attività regionali e una politica di piano che si va delineando. E in questo senso l'impostazione che è stata data, lo sforzo che è stato fatto di dare una proiezione, una previsione un'indicazione di linea di sviluppo della spesa regionale su un arco poliennale riteniamo siano un fatto estremamente positivo per il chiarimento anche delle prospettive e degli impegni ai quali dobbiamo accingerci in sede di redazione di piano di sviluppo regionale del Piemonte. Seconda difficoltà di questo bilancio era quella di collocarsi in un momento congiunturale particolarmente difficile e grave, caratterizzato come è già stato rilevato, da un grosso deficit della bilancia dei pagamenti e da una situazione inflazionistica particolarmente pesante, più pesante che negli altri paesi europei; situazione che a nostro avviso a livello nazionale si sta affrontando con una stretta creditizia troppo forte ed un ricorso troppo timido e incerto a misure di carattere fiscale di ritocco delle tariffe pubbliche, di contenimento della spesa corrente pubblica specialmente per gli aspetti che possiamo considerare istituzionali e che sono causa di questi fenomeni, cioè fatti legislativi contratti collettivi ecc. Noi siamo in presenza - come mi sembra che tutti gli osservatori economici oggi stiano arrivando finalmente a concordare di un eccesso di redditi monetari rispetto al volume di beni e risorse prodotti nel paese. E in questa situazione la cura non può fare semplicemente leva su restrizioni di carattere creditizio perché questo significa avviarci a una recessione che può essere di proporzioni anche drammatiche.
In questa situazione, è già stato sottolineato, il tipo di politica creditizia che si è andata impostando in assenza di una manovra più articolata, rischia, per quanto riguarda gli Enti locali, non tanto di bloccare le spese correnti che comunque vanno fatte (difatti il governo è costretto ad affrontare problemi come gli stipendi dagli ospedali o la concessione di mutui ai Comuni per pagare le spese correnti con provvedimenti straordinari) quanto di colpire la parte di investimenti degli Enti locali e quindi di provocare una caduta dei saggi di investimenti globali nel settore pubblico con conseguenze che possono essere particolarmente gravi, specialmente nel settore dell'edilizia.
Da questo punto di vista mi sembra che alcune linee di organizzazione del bilancio, che sono state illustrate e che hanno trovato il consenso e che sono quelle di aumentare le quote di contribuzione della Regione particolarmente nel settore dei contributi in conto capitale anziché in conto interesse, vanno assolutamente perseguite e rafforzate; lo rileviamo come un fatto positivo in questo bilancio proprio nella misura in cui presumibilmente nei prossimi due anni questo può essere un reale contributo a rendere più lieve, seppure è possibile, il tipo di stretta che sul piano degli investimenti gli Enti locali in particolare si troveranno a subire.
Questi, ripeto, sono i due lati positivi che dobbiamo rilevare come politica generale di bilancio.
Il terzo, che è stato enunciato nel quadro delle indicazioni programmatiche che il collega Simonelli ha fatto sia in apertura che in chiusura di questo dibattito, riguarda il modo di affrontare la rigidità del bilancio regionale che si è venuta creando: ci deve essere capacità da parte della Giunta, del Consiglio Regionale di cercare forme di riqualificazione anche delle varie branche di spesa dell'amministrazione regionale nella misura in cui possibilità di recupero di risorse di spesa possono essere trovate in un tentativo di revisione dei modi di spesa che lo stato ci ha consegnato.
Questo terzo elemento, che è stato particolarmente presente nelle dichiarazioni soprattutto di tipo programmatico, ci porta un altro elemento di consenso a questo bilancio e naturalmente sottolinea da parte nostra un'esigenza di impegno: su questa strada si possono ritrovare margini di spesa all'interno del bilancio e introdurre anche elementi di riqualificazione, razionalizzazione o miglioramento degli interventi della Regione.
Con questo tipo di indicazioni, di valutazioni e di consenso, a nome del Partito repubblicano io darò voto favorevole al bilancio.



CALSOLARO Corrado

Il bilancio che viene oggi al voto del Consiglio e sul quale il Gruppo socialista esprime il proprio consenso ci dà la opportunità di una prima verifica.
Su come la Giunta ha operato in questi 150 dei 500 giorni che ancora restavano della legislatura al momento del suo insediamento, sulla coerenza delle scelte in rapporto alle enunciazioni del programma, sulla validità non solo formale dello schieramento di maggioranza.
Avevamo espresso le nostre preoccupazioni per le possibili conseguenze che diverse e divergenti posizioni sul tema del referendum avrebbero potuto determinare sui lavori della Giunta e sulla sua stabilità, augurandoci che ciò non avvenisse. Non possiamo non ritenere positivo il fatto che i nostri timori siano stati fugati nei fatti, senza che ciò abbia in alcun modo diminuito il nostro deciso impegno in una battaglia elettorale nella quale il Partito socialista italiano, ed in particolare i suoi Consiglieri regionali, hanno assunto in pieno tutte le loro responsabilità di militanti.
Nel programma della Giunta del dicembre-gennaio scorsi, riaffermato come impegno prioritario e qualificante l'approvazione del piano regionale di sviluppo entro il 1974, veniva assunto come fondamentale l'immediato avvio di una politica di programmazione che si traducesse in atti precisi con la presentazione della nota di variazione al bilancio preventivo del 1974. "La nota di variazione - si diceva - sarà in pratica la presentazione di un nuovo bilancio; è indispensabile unirvi un documento programmatico che sviluppi le linee generali del piano di sviluppo, e contenga la indicazione di alcuni progetti operativi che la Giunta considera prioritari e che si impegna a realizzare subito, o quanto meno, ad iniziare subito".
Il raccordo tra la politica di programmazione regionale e l'impostazione del bilancio ci sembra attestare in modo evidente lo sforzo compiuto dalla Giunta per avviare a soluzione i problemi del Piemonte. In tal modo si intende proseguire nell'indirizzo volto a consentire la piena esplicazione del ruolo e della potenzialità innovatrice dell'ordinamento regionale.
Siamo ben consci che esistono ritardi e resistenze nel perseguimento di tali obiettivi, e la vertenza con i poteri centrali per il riparto dei fondi di competenza delle Regioni - vertenza nella quale, oseremmo dire per la prima volta, la nostra Regione partecipa attivamente e responsabilmente nella rivendicazione della propria autonomia e dei propri diritti costituzionali - ne è esempio illuminante.
Tuttavia, anche nella difficile congiuntura economica che attraversiamo, la funzione della Regione può risultare altamente positiva per il superamento di essa, soprattutto per quanto riguarda la spesa pubblica ed il sostegno dei livelli occupazionali. L'Assessore Simonelli ha sottolineato i caratteri specifici dell'economia regionale in rapporto al più vasto contesto dell'economia nazionale.
Il Piemonte malgrado sia la seconda regione del Paese quanto a prodotto globale, dopo la Lombardia, ha perso negli ultimi anni il 3% della sua quota di partecipazione al prodotto nazionale lordo, ed essendo soprattutto caratterizzato da un'industria trasformatrice monoculturale ed assai squilibrata verso l'esportazione, è molto esposto alle conseguenze dell'inflazione e del disavanzo della bilancia commerciale. La presenza determinante del gruppo FIAT, che si regge tuttora essenzialmente sulla produzione delle automobili e che conta nella sola area metropolitana oltre 150.000 dipendenti, costituisce il problema più grave per il futuro del Piemonte. Non possiamo nascondere le nostre preoccupazioni per il caso di una caduta verticale nella domanda di autoveicoli che comporterebbe effetti negativi a catena su tutte le attività produttive ad essa connesse direttamente o indirettamente, oltre che sui livelli di impiego della forza lavoro. La situazione estremamente pesante della nostra bilancia commerciale, dovuta essenzialmente all'aumento dei prezzi delle materie prime e del petrolio, che non è stato possibile compensare con un'adeguata espansione delle esportazioni, coinvolge in primo luogo l'industria dell'auto, le cui possibilità di riconversione non sono certamente rapidissime.
Ciò significa - e consentiamo su quanto viene espresso nella relazione dell'Assessore Simonelli - che, nei limiti di quanto si potrà e si dovrà fare, occorre intervenire in funzione anticongiunturale, favorendo la diversificazione produttiva e rendendo più equilibrante il sistema industriale piemontese.
Il bilancio vuole appunto raggiungere dei risultati sul terreno della politica anticongiunturale: vuole cioè rappresentare il massimo sforzo possibile della finanza regionale a sostegno della domanda, nella direzione dei consumi sociali.
Il bilancio ha così ampliato le sue dimensioni passando dai 71 miliardi del 1973 ai 116 miliardi prima, a 126 dopo le consultazioni ed il confronto in seno alla I Commissione.
Questa tendenza va valutata positivamente, sia perché dimostra la disponibilità della Giunta ad esaminare con attenzione e ad accogliere nei limiti del possibile le proposte e i suggerimenti provenienti dalle varie parti del Consiglio e delle forze sociali, sia perché amplia gli effetti produttivi del bilancio regionale, in un momento in cui si auspica una riqualificazione della spesa pubblica ed un suo rapido impiego a sostegno dei livelli occupazionali.
I settori prioritari ai quali viene destinata in gran parte la spesa regionale sono quelli stessi che le forze sindacali hanno indicato al Governo e corrispondono anche agli obiettivi fissati dalle Regioni nel documento presentato nei mesi scorsi come contributo alla definizione del piano di emergenza per il 1974.
Questo documento è stato accettato dal Governo come piattaforma della politica di programmazione. A questa sostanziale accettazione sono poi seguiti - se non in minima parte - dei fatti conseguenti; pertanto le Regioni devono ribadire i loro punti programmatici e destinare le loro risorse in modo da cominciare a realizzarli. Un altro aspetto positivo del bilancio è lo sforzo che lo caratterizza in direzione della pronta operatività della spesa, che emerge dal raffronto contributi in capitale contributi in interessi, e che trova il suo fondamento nella situazione per larga parte dissestata delle finanze locali, comunali e provinciali, della nostra Regione. Non possiamo infatti non considerare che gli Enti locali per lungo tempo ed ancora oggi si trovano nella necessità di dover affrontare una urgente domanda di servizi sociali di fronte alla quale lo Stato, accentratore e burocratico, non ha saputo offrire soddisfacenti risposte. Basta un solo esempio per tutti: la legge sull'edilizia scolastica, la cui macchinosità ha impedito che si raggiungessero quegli obiettivi di fondo che erano nei propositi del legislatore e nelle attese degli Enti locali e dell'intera collettività.
Nella relazione si elencano 26 disegni di legge in corso di presentazione; essi dovranno garantire il quadro normativo entro il quale collocare gli interventi della Regione.
E' un quadro che presenta ancora molte ombre, come la prova quel 17% di spese che derivano da provvedimenti legislativi regionali, pari a circa 21 miliardi, a fronte dell'83%, per oltre cento miliardi, fondati sulle leggi nazionali.
E' una linea che deve essere approvata come testimonianza di crescente maturità e di autonomia dell'istituto regionale. Il risultato di questo sforzo, di questo impegno sarà infatti la sostituzione della vecchia normativa statale con le nuove disposizioni regionali, più aderenti alla realtà dei diversi settori di competenza.
Altrettanto qualificante e degno di approvazione ci appare il contenimento delle spese per il personale: esso corrisponde ad una visione corretta dell'istituto regionale, inteso come organismo rivolto ad offrire il quadro legislativo e le linee di contorno entro il quale, attraverso l'istituto della delega, sono chiamati ad operare gli Enti locali, e non invece una specie di super Ente locale appesantito da gravose strutture burocratiche destinate ad inghiottirne gran parte delle risorse. Tra le leggi proposte alcune ci sembrano particolarmente qualificanti. Già enunciate nel programma della Giunta, abbiamo avuto occasione di sollecitare la presentazione in occasione di quella discussione.
Tra queste, oltre all'Ente di sviluppo agricolo approvato nel frattempo gli altri due strumenti operativi della programmazione, la Finanziaria pubblica e l'Ente per l'artigianato.
Con queste, e con gli interventi per la costruzione di aree industriali attrezzate, per la costruzione di case al fine di consentire il risanamento e la ristrutturazione dei centri storici, per l'acquisizione di immobili per un idoneo assetto del territorio, per il potenziamento e la pubblicizzazione dei trasporti si avvia una politica regionale che ha come scopo essenziale e primario di promuovere la piena occupazione, il riequilibrio territoriale e l'espansione dei consumi sociali.
L'aumento della spesa per il settore dell'agricoltura - pur con le riserve che più volte abbiamo avanzato per il criterio piano-verdistico che sembra troppe volte prevalere rispetto a quello della riforma delle strutture e della formazione dei piani zonali - è certamente fondato per la grave crisi che la percorre. Le recenti discussioni sull'ESAP sull'adozione delle direttive comunitarie e sui provvedimenti per la zootecnia, ne hanno già evidenziate i molteplici aspetti: l'agricoltura è uno dei settori chiave della politica regionale. Non è esagerato dire che è un campo in cui si gioca la credibilità della Regione e ne è esempio il faticoso e tormentato iter che ogni provvedimento in materia segue in Commissione e in Consiglio.
L'assistenza scolastica, la cultura, il turismo e lo sport con proposte diverse, in larga misura di iniziativa consiliare, sono prossimi ad entrare in quel quadro normativo regionale che, come si dice nella relazione, deve sostituire la normativa nazionale per una migliore e più adeguata corrispondenza agli interessi della nostra collettività. Alcune di questi leggi e mi riferisco in modo particolare a quella relativa all'assistenza scolastica che la Giunta si è impegnata a presentare in questi giorni daranno una fisionomia propria all'istituto della delega, già abbozzato sia pure in misura embrionale e meramente burocratica nella legge transitoria sui libri di testo a suo tempo presentata da questa Giunta ed approvata dal Consiglio.
Il giudizio su questo bilancio è per il Gruppo socialista positivo. Ad esso hanno dato la loro opera i compagni che il PSI ha delegato a rappresentarlo in Giunta, accanto ai rappresentanti degli altri Partiti del centro-sinistra.
Votando il bilancio noi confermiamo la validità di questo schieramento che si fonda non sulla formula ma su quanto la Giunta, che di esso è espressione, ha dimostrato di saper fare nei primi 150 giorni. Per le scelte operate nel documento che ci viene presentato per l'approvazione - e che ha trovato accenti di consenso anche da settori diversi della maggioranza - riteniamo che il programma a suo tempo presentato ed approvato possa essere realizzato nei tempi e nei modi previsti.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Bianchi, ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, dopo la precisa, lucida e pertinente risposta dell'Assessore Simonelli e la esauriente esposizione di replica, di commento e di impostazione programmatica del Presidente della Giunta, noi ci apprestiamo a dare il nostro voto favorevole e convinto al bilancio. Ciò per i propositi, le finalità, la linea che il bilancio persegue, per il metodo e l'impostazione che lo sorreggono, per le scelte politiche ed economiche che esprime, sia in funzione ed in rapporto alla realtà piemontese, alla quale è specificatamente applicato, sia nei confronti delle condizioni generali del Paese e dell'indirizzo e della guida che si concorre a dare allo Stato.
Questa approvazione non deriva da un compiacimento retorico che la durezza dei tempi e la gravità dei problemi e soprattutto l'avvertita difficoltà di tradurre le intenzioni e anche le deliberazioni e anche le leggi in opere, non consente; né è un semplice atto di coerenza formale rispetto ad una maggioranza di cui si fa parte, perché le stesse ammissioni, le prese d'atto delle opposizioni, ci confermano che è stato compiuto un grande sforzo per qualificare, dal punto di vista delle scelte politiche e delle direzioni operative, la funzione della Regione che entra così sempre più nel vivo delle sue competenze e vi entra in modo efficace e corretto.
Già in questi giorni e in questi mesi l'attività legislativa ed amministrativa, se hanno conosciuto momenti di concitazione che qualcuno ha rilevato criticamente, hanno però portato a dei risultati di grande rilievo, il cui significato diretto ed indiretto non è stato sempre pienamente avvertito, significa comunque e innanzitutto la ferma volontà di passare dalle enunciazioni ai fatti.
Certamente, poiché non può essere fatto tutto insieme e poiché vi sono settori di intervento per i quali l'elaborazione concettuale richiede tempi maggiori, questo non significa che l'organicità dell'impostazione e la metodologia che il bilancio vuole realizzare siano messe in discussione anzi, le prove che in questi giorni sono state date costituiscono una garanzia, rispetto alla situazione economica generale che influenza ed è influenzata dalla situazione politica e dalla condizione morale del Paese al di là delle controversie e dalle elaborazioni teoriche degli esperti che arrivano, ahimè, spesso il giorno dopo a direi quello che si doveva conoscere il giorno prima. Anche la gente comune ha però capito bene alcune cose essenziali alle quali questo bilancio contribuisce in maniera seria a dare delle risposte valide. I comuni devono essere diversamente qualificati, alcuni devono essere compressi, altri devono espandersi, sia in funzione delle possibilità che ha il nostro Paese - sappiamo quali problemi provochino le Importazioni dei prodotti petroliferi e di altre materie prime, come si debba operare in modo da ridurne l'importazione senza influire sulla produttività del sistema; pensiamo all'importazione delle carni ed ai recenti provvedimenti che riguardano la zootecnia - sia in vista di un equilibrio umano e civile più ricco di contenuti permanenti e di contenuti comunitari, capace di attenuare le ingiustizie e le nevrosi della società urbana industriale. Certo vi sono fatuità e sprechi di un determinato indirizzo consumistico che devono essere eliminati di fronte alla gravità del momento che richiama tutti a profondi riesami dei modi di vivere e di affrontare responsabilità personali, familiari e sociali. Di fronte ai problemi della produzione la gente ha capito che la produttività il lavoro, le aziende devono essere visti in un quadro di crescente tutela e valorizzazione e partecipazione della persona del lavoratore, ma devono trovare, fatta questa premessa, una tonificazione, un rilancio che non si esprima artificiosamente in termini momentanei di sviluppo, come è stato detto "drogato", ma in termini di maggiore consistenza ed efficienza di fondo.
E così deve essere invertita, a tutti i costi, la tendenza al disinvestimento o agli investimenti sbagliati e la tendenza all'assenteismo; e questa non è una visione moderata perché vogliamo ribadire in questi momenti difficili come la storia contemporanea ci abbia clamorosamente dimostrato ormai più volte, in modo ricorrente ma spesso sembra che nessuno voglia cogliere questa lezione che la leale forza politica dei lavoratori, del mondo del lavoro che non sempre coincide con quella degli apparati, cresce insieme e non contro l'efficienza, la produttività, la modernità del sistema economico. L'indebolimento, lo spreco, la trasformazione dell'impresa economica in una sorta di attività parassitaria o iperprotetta, o indifferente alle condizioni del mercato, il che è la stessa cosa, assimilandola alle condizioni di troppi settori della pubblica amministrazione burocratizzandola, non può che portare a brevi illusioni di tipo giustizialista o, come si abusa dire, peronista o populista, che costituiscono la più grave mistificazione, il più grave inganno a carico del mondo del lavoro, perché queste linee servono a utilizzare la grande forza d'urto delle masse per condurle a delle posizioni sostanzialmente reazionarie.
Infine le risorse, tutti hanno capito, sono limitate, anche quando paiono ingenti, e vanno quindi utilizzate secondo scelte coraggiose e precise. E questo mi sembra sia stato fatto nei limiti delle competenze e dei mezzi che sono dati alla Regione. Ad esempio la resistenza, la riluttanza ad operare sulle spese, o meglio, sugli sprechi correnti da cui sono organicamente affette troppe amministrazioni pubbliche, porta ad inevitabili interventi che colpiscono tutto e tutti, per evitare il più grave collasso dell'intera economia. Gli investimenti devono essere difesi a tutti i costi e devono poter spiegare la massima produttività con riferimento integrato, sia rispetto alle scelte di settore - e credo che la Regione Piemonte attraverso questo bilancio si sia data delle scelte di settore la cui validità non viene contestata - sia in relazione alla loro collocazione territoriale; e qui il problema è molto più aperto, come ha dimostrato il dibattito e come ha voluto rilevare, con la sua ampia risposta, il Presidente.
La Regione come si è comportata quindi col programma che la Giunta ha esposto e con la sua espressione più concreta che è rappresentata dal bilancio? Credo non si possa negare una ferma coerenza che pur richiede approfondimenti, seguito di atti concreti, verifiche, assunzioni di responsabilità da parte delle forze politiche che formano la maggioranza e di quelle che compiono obiettivamente un'opera di collaborazione critica con il loro stimolo, secondo la corretta funzione della opposizione. La modificazione delle linee di sviluppo non si attiene con facilità e con mere enunciazioni.
E' stato rilevato che la Regione si qualificherà più sul piano della politica del territorio che sul piano degli interventi in settori specifici. Io riterrei di dover parzialmente rettificare questo giudizio in astratto valido, riferendomi a quanto di concreto è stato fatto fin qui sul piano della agricoltura, dei trasporti, degli asili nido, delle opere pubbliche e così via. Le leggi sulla zootecnia, ad esempio, non costituiscono un'erogazione di fondi, a pioggia, atta a dare un po' di ossigeno in un momento di emergenza, di congiuntura sfavorevole; rivelano una concezione nuova, per le scelte qualitative che comportano in ordine ai destinatari, in ordine agli strumenti utilizzati e alle finalità che si perseguono.
Io credo che se il quadro di tutti gli interventi legislativi che sono previsti per altri settori qualificanti come questo, seguirà questa stessa metodologia e questa stessa indicazione, non si potrà non verificare una piena coerenza rispetto alle scelte effettuate in via prioritaria. Direi che per l'agricoltura siamo all'anno uno, dopo aver superato l'anno zero nelle difficoltà crescenti della congiuntura generale si sta voltando una pagina e iniziando un'opera di ricostruzione dopo una lunga e inesorabile linea di caduta.
Già nelle repliche è stata data risposta alle obiezioni che riguardano i problemi dell'assistenza scolastica, degli asili nido e dell'importanza della dimensione e dell'operatività delle decisioni che sono state prese del loro carattere regionale, della distribuzione e quindi dell'impostazione che è ispirata dall'intera realtà regionale e non da una visione municipalistica o particolare.
Così in ordine ai problemi degli Enti locali minori e dei lavori pubblici, le percentuali di aumento, le scelte di settore e di intervento sono estremamente qualificanti.
E' stato riproposto - e a ragione, dal punto di vista dell'opposizione il problema delle scelte in ordine ai settori di intervento ed alla qualificazione della spesa, in funzione di un proclamato eccesso di investimenti per le infrastrutture viarie, la politica delle autostrade, la politica delle grandi opere indicate come opere da regime.
Noi qui solleviamo due rilievi: innanzitutto lo abbiamo già detto e lo ribadiamo, non intendiamo certamente riprodurre, né in modo totale né in modo parziale la politica di queste grandi opere, come un tipo di risposta valida rispetto ai problemi del momento, del nostro tempo. In secondo luogo non possiamo accettare una critica negativa, dal punto di vista retrospettivo, così come oggi nessuno si sognerebbe di criticare in modo globale la politica che ad un certo punto l'Italia unita fece per dotarsi della rete ferroviaria. Si tratta di infrastrutture fondamentali che hanno modernizzato il nostro Paese ed il cui valore, anche economico, sarà nel tempo sicuramente apprezzato, anche se marginalmente ci sono stati degli sprechi. In terzo luogo, la mole degli investimenti che devono ancora essere fatti per una politica di completamento pare sia enormemente enfatizzata. Io vorrei procedere ad una verifica rigorosa in ordine alle centinaia di miliardi che vengono enunciati come occorrenti per completare queste opere.
Infine, l'impostazione, detta in termini molto semplici e molto poveri che noi diamo per l'ulteriore corso di esecuzione di alcune opere è quella di chi abbia costruito una casa nuova e, di fronte a qualche difficoltà non si fermi per completare la copertura del tetto o per aprire l'accesso e cioè un'opera di completamento, di razionalizzazione che renda funzionale il tutto. Questo è l'atteggiamento, atteggiamento che non impedisce ogni revisione critica, ogni riesame che possa essere fatto nei tempi e nei modi consentiti, affinché le risorse sempre più limitate possono essere indirizzate nei settori che ne hanno più urgente bisogno e dove sappiano spiegare una funzione propulsiva e anticongiunturale più efficace.
Del problema dell'urbanistica e del territorio ne ha già parlato lungamente il Presidente. Io devo dare atto che l'Assessorato competente ha già compiuto un lavoro pesantissimo, enorme, i pochi, qualificatissimi funzionari sono stati assoggettati a un peso notevole per assumere e validamente esercitare le funzioni che sono state trasferite dallo Stato: la fase degli strumenti urbanistici, del loro esame, dell'acceleramento delle pratiche ha avuto una risposta positiva che ha assorbito tutte le energie disponibili. E' certo che, come ha detto il Presidente esplicitamente ed implicitamente, si deve passare ad una nuova fase, cioè alla piena copertura e utilizzazione della competenza primaria che in questo settore è attribuita alla Regione. Ed io credo che la Giunta sarà disponibile, che la maggioranza sia disponibile, se è il caso che si debba anche compiere un confronto serio, ben preparato, non propagandistico, non di facciata in un convegno, in un dibattito fissato dal Consiglio ad hoc per fare il punto in questo tempo che ci separa, in termini non lunghissimi, dalla conclusione della prima legislatura, per concludere anche in questo settore in modo omogeneo rispetto agli altri impegni e responsabilità che riguardano tutta quanta l'attività regionale.
Infine, qualche parola sul sostegno politico, sul consenso che deve essere raccolto ed organizzato attorno alle istituzioni per il loro retto funzionamento e perché possano stabilire anche il più efficace raccordo con la realtà sociale, al fine di superare quelle difficoltà che tutti hanno rilevato, nel passare dall'enunciazione ai fatti.
C'è un'azione di sviluppo e di difesa delle istituzioni che sicuramente supera e trascende i problemi di una maggioranza, la maggioranza che oggi vota questo bilancio; e noi non abbiamo nessun timore di ricevere e di dare apporti affinché quelli che sono i comuni doveri nei confronti nella Repubblica, i comuni doveri nei confronti della società italiana, i comuni doveri di fronte alle nostre famiglie, ai nostri figli e di fronte ai valori e agli ideali nei quali abbiamo creduto, non abbiano preclusioni e non le abbiano nei confronti di nessuno che con sincerità e in modo non strumentale si metta su questo terreno. Vi sono poi i problemi invece dell'organizzazione del consenso, della dialettica tra la maggioranza e le minoranze. Consentitemi qualche minuto di riflessione (non ho nulla da insegnare a nessuno, voglio pensare ad alta voce) sulla situazione che si è determinata in Europa e che ci offre alcune indicazioni. E' entrato in crisi persino il classico sistema bipartitico: in Germania la stabilità già a prova di ferro, è messa in discussione, in Inghilterra i due maggiori partiti sono in condizioni minoritarie perché il partito liberale, pur tagliato fuori da ogni possibilità, in funzione del sistema, di venire veramente determinate, ha raccolto una messe di voti consistenti; in Francia i due candidati si sono divisi per metà l'elettorato ed abbiamo visto il Partito comunista, attento alla realtà dello sviluppo di questa società, quasi annegarsi, quasi scomparire. Sappiamo che ha il nocciolo duro, che ha tutti i legami sociali, che ha tutta la forza organizzativa e di presenza per riemergere, ma quasi scompare dal punto di vista della rappresentanza e della leadership per passare quasi in una posizione minoritaria rispetto all'importo per il raggiungimento del consenso popolare. Questo atteggiamento è stato assunto in funzione di una realtà che è talmente mutata nella società, che non riesce più ad essere validamente rappresentata in modi sintetico delle forze politiche che si propongono in modo tradizionale, secondo schemi ideologici tradizionali, o secondo schemi culturali od organizzativi di tipo tradizionale. E così si può dire tranquillamente che in Francia esiste una vasta maggioranza che è riconoscibile in una gran parte dell'elettorato che ha votato per Mitterand e in una buona parte dell'elettorato che ha votato per Giscard d'Estaing o per cui si sono divisi i gollisti, si sono divisi i radicali, i socialisti.
Questa vasta maggioranza non riesce ad emergere perché non riescono ad emergere le linee, le forze, le capacità organizzative per portarla direttamente alla guida del Paese. Per cui gli uomini che rappresentano quel 50% ciascuno realizzano una spaccatura che ha poi da essere colmata con un'operazione politica che solo l'intelligenza delle singole personalità potrà consentire. In Italia teoricamente sembrerebbe che la linea pluralistica della collaborazione tra varie forze politiche come quelle costituite attorno al centro sinistra, sia la più autentica, la più atta a rappresentare una maggioranza effettiva, spontanea, senza le forzature e i traumi che le contrapposizioni radicali e le polarizzazioni determinano. Sennonché, questa maggioranza, per la sclerosi dei partiti che diventano oligarchie (purtroppo questa è una delle realtà) e per le difficoltà che essa incontra poi a livello governativo, a livello operativo per tradurre la propria convergenza in azione politica, essa stessa rischia di entrare in crisi e allora si chiede quali estensioni, quali allargamenti devono essere compiuti per rendere efficiente ciò che efficiente non è, per rendere valido ciò che è valido nel momento in cui il consenso si raccoglie, ma non diventa più sufficientemente valido nel momento in cui si passa alle decisioni. Noi non facciamo i profeti e non sappiamo quali evoluzioni e quali sviluppi avrà la situazione del nostro Paese. Noi verifichiamo che a questo livello, a livello regionale, questa maggioranza funziona, questa maggioranza - senza essere troppo sicuri di quello che si dice, senza vantare delle condizioni ottimali - è abbastanza funzionale anche rispetto all'operatività, all'incisività della sua azione essendo vastamente rappresentativa sul piano sociale. Ma questa maggioranza, di fronte alle difficoltà del Paese, ha sicuramente bisogno di un clima costituzionale che diventi progressivamente diverso. E allora ciascuno di noi deve cominciare ad assumere delle responsabilità molto serie; e diciamo pure quali sono i limiti e quali sono le possibilità che si aprono davanti a noi, viste con tutta serenità e tranquillità, come abbiamo sperimentato nelle Commissioni e in quest'aula. Nell'affrontare le questioni concrete là dove si presentino duri problemi che investono la generalità dei cittadini bisogna sapere che le forze politiche, facciano parte della maggioranza o meno, devono saper trovare delle convergenze e saper rinunciare alle divergenze che siano dettate da ragioni tattiche. Vi è, poi, il problema delle istituzioni. Abbiamo già detto prima come le convergenze possano essere molto ampie. In altri Paesi abbiamo spesso visto le opposizioni anche più accanite, uomini che si sono combattuti duramente, gruppi e forze politiche che non intendevano scendere a nessun compromesso e a non riconoscere, nei momenti dell'emergenza che esistevano alcune finalità comuni da perseguire. E questa prospettiva non ci spaventa e a questo siamo disponibili, ma riteniamo che non si possa dissolvere la prospettiva di una maggioranza effettiva, non si possa avviare il nostro Paese al rischio di governi che sarebbero ancor più deboli degli attuali aumentando le contraddizioni che sono all'interno delle coalizioni, rischiando di disgregare e disaggregare immediatamente le forze politiche che le sostengono.
Pertanto riteniamo che uno degli apporti che si devono dare in questo momento mentre dichiariamo la nostra disponibilità, sul piano delle cose dei problemi, dei rapporti con la società, alle più ampie ed attente collaborazioni è una ferma linea secondo le scelte di una maggioranza che è stata costituita che ha un suo bagaglio di propositi, di idee, di programmi da sostenere.
E' per questo che il pluralismo delle forze politiche e sociali che reggono e sostengono questa Giunta, ha tutti i titoli per proseguire questa azione e contribuire anche con questa sua coerenza alla stabilità del sistema a livello nazionale.
Il voto per il bilancio cade in un momento molto triste, di mestizia: sono in corso, forse ancora a quest'ora, i funerali delle vittime di Brescia e noi qui abbiamo già espresso in termini non equivoci (e non ci ripetiamo perché non vogliamo fare retorica speculazione su questi sentimenti quali il nostro cordoglio). Riteniamo che proprio compiendo un atto di questa importanza, votando un bilancio così serio e così concreto noi rendiamo un omaggio a queste vittime e assumendo le nostre responsabilità qui adempiamo anche ai nostri doveri politici nei confronti dell'intera comunità nazionale. Ma l'impegno che dobbiamo assumere di fronte alle vittime è soprattutto quello di una tenace azione affinché le cose che qui si dicono, che qui si deliberano, arrivino ai destinatari.
Questo è un po' il nostro dramma, il dramma di una incomunicabilità che qualche volta è tecnica e qualche volta consiste nel distacco tra la così detta classe politica e il Paese. Ecco, riaprire tutti questi canali ristabilire questa rispondenza, far sentire che la Regione ha anche questo compito nella difesa delle istituzioni di far sentire vicina alla gente, in momento così difficili, la presenza della comunità che si esprime nello Stato. In questi giorni si parla a volte di prestigio dello Stato, è un termine improprio, non è un problema di prestigio dello Stato come di un'entità al di sopra, al di fuori, avulsa da noi; lo Stato è l'espressione, la manifestazione giuridica della società che si dà un ordine, che si dà un indirizzo. Ebbene, questo Stato che della società è l'espressione, è la proiezione, noi vogliamo sostenerlo e credo che la Regione Piemonte con questo duro lavoro che va compiendo e con la concretezza delle scelte che essa ha fatto contribuisca al rasserenamento della situazione nazionale.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Berti, ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Nella foga del discorso è forse sfuggita al Capogruppo della DC una frase, verso la fine: "Votiamo questo bilancio serio perché così esprimiamo il nostro ossequio a coloro che...". Vuol dire che qualunque voto si esprima.



BIANCHI Adriano

No no, chiedo scusa al Consigliere Berti e preciso che l'addivenire alla votazione, positiva o negativa che sia, è un atto serio, l'adempimento di un dovere. Questo volevo dire.



BERTI Antonio

Non lo metto in dubbio, desideravo soltanto precisarlo.
Vorrei fare un intervento che non credo riuscirò a contenere, come hanno fatto gli altri, se lo facessi sarebbe un intervento formale che potrebbe concludersi soltanto con il dire votiamo no, sì, o quel che sarà.
Chiedo alla vostra ed alla cortesia del Presidente di concedermi non molto il tempo necessario per fare ancora alcune puntualizzazioni, anche in relazione a notizie fresche che interessano l'attività della Regione e che probabilmente impegneranno la Regione nei prossimi giorni.
Prima però vorrei fare alcune considerazioni: il dibattito è stato stanco, tirato, non che sia mancato l'impegno da parte di coloro che sono intervenuti, ma credo non si può dire che siamo riusciti ad ottenere tutti, quanto meno la presenza in aula degli altri Consiglieri. Mi sono chiesto i motivi. I motivi possono essere diversi, uno è certamente quello della scarsa sensibilità, ne abbiamo discusso molte volte. Il Consigliere Cardinali si è lamentato di questo mio personale atteggiamento, insisto sempre su questo tema, qualcuno dice che è un chiodo, io dico soltanto che è un senso di responsabilità; noi siamo stati mandati qui anche per sentire, per stare al nostro posto, ognuno poi ha la propria sensibilità e si comporta in conseguenza. Negli stessi banchi della Giunta, fin dalla prima seduta abbiamo fatto una verifica e abbiamo visto che non tutti gli Assessori hanno ritenuto loro dovere essere presenti, sempre, al dibattito per sentire non soltanto ciò che interessa la loro attività, ma ciò che il Consiglio esprime sulla generalità dei problemi.
L'osservazione non va fatta a tutti, noi abbiamo visto Assessori presenti dal primo all'ultimo giorno: Petrini, Borando, Simonelli, Vietti Paganelli, il Presidente e apparizioni qua e là di altri, il che testimonia probabilmente che il bilancio forse deve essere affrontato in un altro modo.
Mi si consenta di parlare del Consigliere Conti, che è probabilmente uno dei più assenti qui dentro. Io non mi sento di fargli una critica pongo però un problema alla Giunta: l'attività dell'Assessore Conti è probabilmente la più dura, la più stancante, egli opera in rapporto a tutte le situazioni di crisi dei lavoratori in cui la Regione non ha competenza e in cui tuttavia, dobbiamo dargli atto, lui si muove molto. Mi chiedo se non si debba osservare l'attività di questo assessorato: 1) si sostiene per il personale di cui ha bisogno; 2) se non debba essere sdoppiato. E' chiaro che l'attività assorbe totalmente l'Assessore Conti, probabilmente non gli consente di affrontare con pienezza di movimento il settore per esempio del commercio, che noi rileviamo essere carente. Lo dico in tutta coscienza non mi sento, al di là del suo metodo di lavorare, di fargli una critica concreta perché mi metto nei suoi panni e mi rendo conto che il suo compito è estremamente pesante, forse il più pesante. E allora forse la Giunta dovrà considerare di dare gli opportuni contributi per il funzionamento di questo assessorato che se la situazione continua così avrà molto lavoro per il futuro, più di quanto non ne abbia e vedere come contemporaneamente assicurare che il settore del commercio sia seguito più attentamente.
Noi non accogliamo l'osservazione che lei ha fatto per esempio per il comitato prezzi, che è una cosa abbastanza marginale rispetto ai piani commerciali e che non si fa: l'Assessore dice che gli manca il personale lei dice che le esperienze delle altre Regioni non sono positive. La cosa non ci convince: se manca il personale glielo si dia, ma facciamolo questo Comitato, non aspettiamo che gli altri facciano per poi vedere se va bene o se va male, vediamo noi sulla nostra pelle come va, chissà che non diamo un contributo agli altri che non riescono ad andare avanti.
La seconda considerazione è in rapporto alla fase di elaborazione del bilancio, piuttosto partecipativo, fase in cui i gruppi hanno la possibilità di fare le loro proposte. Particolarmente utile è stato il confronto della prima Commissione con gli Assessori che ha portato in quella sede a tutta una serie di spostamenti. Io dico che la fase di elaborazione di un bilancio presentato per tempo è tale da assicurare il massimo contributo, per cui la discussione viene ad essere notevolmente ridotta. La mia proposta è quindi di porre in atto tutte le iniziative necessarie per fare in modo che il bilancio sia esaminato dalle Commissioni per esempio, il che non è potuto avvenire questa volta, perché ne viene fuori una tale quantità di proposte da consentire una sintesi sulla quale il Consiglio giudica in una seduta o due, con uno o due interventi al massimo per gruppo, compresa la dichiarazione di voto. Allora diventa un giudizio sulla sintesi. Così facendo evitiamo delle lunghe sedute ad aula semivuota che francamente, per quelli che restano sempre al loro posto sono mortificanti.
Questa è una proposta di metodo.
Nella discussione alcuni temi sono rimasti in ombra. Non si è parlato dei trasporti, ma questo è da porsi in relazione al fatto che avevamo appena fatto un dibattito ed approvato alcune leggi; rimaniamo in attesa degli impegni che la Giunta si è assunti.
Un altro tema che è rimasto in ombra è quello della sanità e su questo voglio fare alcune considerazioni e alcune proposte che non riguardano tanto i capitoli del bilancio, che a nostro giudizio non presentano novità rispetto alla staticità che abbiamo già constatato in quello precedente quanto problemi di cui si discute in questi giorni e che pongono la Regione di fronte ad una responsabilità, secondo me, piuttosto seria.
Noi abbiamo avuto l'altro giorno due fatti sullo stesso argomento e in contraddizione l'uno con l'altro: il primo è la relazione del Ministro della Sanità Vittorino Colombo alla Commissione Sanità della Camera, nella quale è stato esposto lo schema di riforma sanitaria di cui hanno parlato anche vari giornali e che sarà oggetto di discussione con i sindacati probabilmente il 4 giugno; nel pomeriggio dello stesso giorno abbiamo avuto la presentazione da parte del Ministro del Tesoro Colombo (l'altro Colombo) al Consiglio dei Ministri (che secondo notizie avute ieri si sarebbe riunito d'urgenza) di un decreto legge che riguarda la situazione degli ospedali.
La relazione di V. Colombo alla Commissione della Camera ci fa pensare che siamo in presenza di atti decisivi: questo tipo di esposizione contiene quanto già è oggetto di discussione con i sindacati a livello nazionale, è un punto di partenza che ha determinati lati positivi rispetto ai precedenti (in particolare quello Gaspari-Coppo presenta degli elementi di validità), ha cioè caratteristiche sensibilmente diverse per la architettura generale che presenta, per i principi che vi sono enunciati.
Intanto prevalente è la funzione preventiva che i punti della riforma presentano, gli stessi rapporti Stato-Regione sono posti in modo molto più corretto che per il passato, la Regione è considerata non come esecutrice ma viene avvicinata alla funzione legislativa che le è propria secondo la Costituzione; infine le unità sanitarie locali gestiscono i servizi come consorzi di Comuni.
In sostanza, alcuni principi base espressi dal dibattito per quanto ci risulta sarebbero recepiti in questo prima schema che, ripeto, è quasi completamente, nei suoi principi generali, diverso dai precedenti ed è considerato una base di discussione utile. Per questo è forse possibile arrivare a soluzioni in tempi abbastanza brevi, specialmente se il quadro politico riesce a stabilizzarsi. E forte sarebbe a questo punto la tentazione di riprendere il discorso da dove lo ha finito Bianchi per parlare appunto delle prospettive politiche del nostro Paese; se il tempo mi avanza lo farò alla fine.
Presenta un aspetto invece piuttosto preoccupante il problema che riguarda l'ambiente, la tutela dei lavoratori sui luoghi di lavoro: il governo è diviso, il Ministro Bertoldi in particolare insiste sulla costituzione di un ente per la tutela. Da questo punto di vista si verificherebbe una dicotomia in quello che ormai tutti abbiamo definito essere prevalente, cioè i tre aspetti devono essere uniti altrimenti non si raggiungono gli scopi e, anche se possono essere comprese certe osservazioni di chi si batte per questo tuttavia nella pratica non si otterrebbero gli scopi ormai generalmente definiti che in premessa dello schema sono contenuti. Bisogna dire che le proposte avanzate dal Ministro V. Colombo sono interessanti perché prevedono l'immediata soppressione delle mutue, e la immediata soppressione dei Consigli di amministrazione degli ospedali, i quali sarebbero assegnati alle unità sanitarie locali che li gestirebbero. Sono due principi di estrema importanza che in questa sede, in questo stadio della discussione, ci fanno esprimere un giudizio non negativo.
Nel pomeriggio dell'altro ieri l'altro ministro, come detto prima presenta il decreto legge per il ripianamento dei deficit degli ospedali che sono oggi in una situazione drammatica.
Intanto devo premettere che la Commissione alla Sanità, praticamente all'unanimità, al mattino aveva espresso il parere che nessun soldo dello Stato doveva essere dato alle mutue per ripianare i deficit degli ospedali mentre ci risulta - e la cosa credo abbia elementi di attendibilità - che lo schema di decreto legge presentato autorizza lo Stato, come avrete letto sui giornali, ad accendere un mutuo di 2100 miliardi che sarebbe dato alle mutue. Voi sapete che una soluzione di questo genere era stata seccamente rifiutata dai rappresentanti della FIARO il cui Presidente nazionale alcuni giorni fa in un convegno ha detto che dei 600 miliardi circa del '67 per ripianare il deficit, solo il 7% è finito agli ospedali, il resto se ne è andato in altre direzioni. Non so se di questo decreto stamattina il Consiglio dei ministri lo abbia approvato, ma se così fosse noi rinvigoriremmo questi istituti nello stesso momento in cui il governo presenta una proposta di riforma che li annulla e aiuteremmo il riprodursi di un meccanismo che ha prodotto situazioni che oggi si scontrano duramente e che sono già state oggetto di discussioni.
Un altro aspetto che ci preoccupa molto è che il decreto legge prevede la costituzione di un fondo nazionale suddiviso fra le Regioni, con la partecipazione dello Stato alimentato con contributi delle mutue sulla base del conteggio '73 mentre i Comuni dovrebbero pagare un tanto pro capite.
Le Regioni dovrebbero gestire direttamente l'assistenza ospedaliera.
Noi invitiamo la Giunta a considerare seriamente il pericolo che ci comporta, vuol dire ucciderla. Sarebbe sbagliato dal punto di vista politico se la Regione, che abbiamo sempre detto deve essere soltanto un organismo di indirizzo e di coordinamento, dovesse gestire il complesso della politica ospedaliera in quanto ciò non fa parte delle funzioni legislative di sua competenza. In secondo luogo accollerebbe alle Regioni nel momento in cui trovano difficoltà a farsi avanti, oneri finanziari di gestione e oneri organizzativi in una situazione di carenza tale da non poter essere affrontata, credo, da nessuna Regione, per quanto organizzata esso sia. Questa situazione io l'ho voluta evidenziare qui, a conclusione del dibattito, perché la Giunta la valuti immediatamente e faccia sentire ove lo ritenga necessario - ma noi pensiamo che lo sia - la propria voce al Consiglio dei ministri. Anzi, la proposta che facciamo è che poich l'argomento è oggetto di contestazione anche da parte dei sindacati sarebbe opportuno un passo delle Regioni (e la nostra dovrebbe contribuire a questo incontro) perché venga espressa una opinione comune. Non so se sia il Presidente, o Paganelli, o Simonelli, ma qualcuno nell'introduzione ha detto che nel momento in cui il governo tratta con i sindacati tutta una serie di questioni che attengono a problemi di politica economica e sociale del nostro Paese, errato sarebbe se le Regioni non dovessero parteciparvi.
Cogliamo quindi l'occasione per rilevare questo pericolo che può avere riflessi pesanti sull'attività futura della Regione.
Ho evidentemente sintetizzato al massimo, ma spero di essere riuscito a esporre la situazione nei suoi esatti termini drammatici che a nostro giudizio presenta. Devo dire che il decreto prevedrebbe, con lo scioglimento delle mutue, la formazione di un collegio di commissari che dovrebbero operare sotto la direzione di un Consiglio nazionale di cui farebbe parte anche gli assessori delle Regioni i quali amministrerebbero a quanto risulta, circa tremila miliardi nel campo della sanità. Riteniamo questo un altro pericolo di burocratizzazione. Vi renderete conto quindi che il problema è da esaminare con tutta la serietà che l'argomento comporta e con la raccomandazione che il decreto legge, di cui conosciamo alcuni elementi, esca dagli uffici dei Ministeri per portare il dibattito negli organismi interessati, prima di tutto Regione, Comuni, sindacati. Di qui la richiesta dei passi opportuni della Regione Piemonte (pensate ai Comuni che abbiano da pagare una cifra pro-capite per sanare il deficit degli ospedali).
Signor Presidente, noi ci siamo collocati in questo dibattito tenendo conto di quanto si era precedentemente svolto in sede di elaborazione dove abbiamo proposto una serie di questioni di cui una parte sono state accolte, altre sono state poste quanto meno in discussione. Tuttavia in sede di Consiglio Regionale abbiamo riproposto una serie di questioni che non hanno trovato riscontro nelle risposte del Presidente, salvo forse una quella della politica urbanistica, di cui dirò qualcosa.
Noi non abbiamo presentato come programma di questi mesi proposte di bilancio, perché secondo noi occorre impegnarsi sul piano politico ad affrontare quel tema; la proposta finanziaria cammina di pari passo con la presentazione delle leggi o delle delibere necessarie, l'importante è che la Giunta sia disposta ad affrontare questi argomenti uno dei quali proposto da Bono, è quello della sistemazione idrogeologica al quale non abbiamo avuto risposta, forse perché quando l'abbiamo esposto l'Assessore incaricato non c'era. Non si tratta di lavorare per amministrare le competenze che il decreto delegato ci dà, certo, anche questo, ma la nostra proposta è ben altra ed è stata già da noi avanzata nella II Commissione presente l'Assessore Petrini, credo il dr. Calleri, Dotti e alcuni altri che l'avevano vagliata seriamente; si tratta di attingere da una vecchia legge che, vedi caso, è una delle poche buone che ci siano, quella del 1904 (l'avv. Oberto si ricorderà che ne parlammo nella Provincia di Torino) e che riguarda i consorzi di seconda e terza categoria sui quali certamente la Regione non ha competenza, ma sulla base della quale si può ottenere in concessione dallo Stato l'articolo che non voglio riprendere qui per brevità perché lo ha espresso chiaramente il mio compagno Bono e che ha tutto un meccanismo che consente alla Regione di essere coordinatrice, ma anche di integrare con propri fondi l'azione di Comuni e Province che la legge privilegia. Voi sapete che il meccanismo è tale per cui Comuni e Province sono autorizzati ad anticipare i fondi dello Stato ottenendo, in fase di lavorazione, dei premi sino al 12% delle somme anticipate; è un meccanismo di estremo interesse che non si è messo in movimento soltanto perché nessuno ha mai stanziato i fondi, perché i consorzi idraulici sono costituiti, perché ci sono già persino i progetti in molti casi. Si tratta di riprendere interamente questa materia e di approntare (ecco la nostra proposta che è dirompente per certi versi) un piano di sistemazioni idrogeologiche in tutto il Piemonte, che intervenga a monte non soltanto delle alluvioni che qui sono state ricordate, ma a monte degli stessi intervenuti dei piani zonali in agricoltura e di altri interventi che comprenda i parchi, l'assetto del territorio.
La proposta che abbiamo fatto di sistemazioni idrogeologiche, di un piano quadro dei parchi naturali, non sono aspetti fini a sé stessi, sono parte importante e direttamente e dialetticamente collegate a una sistemazione organica del territorio, che è tale in quanto comprende queste cose.
Ecco la portata della proposta fatta in questa sede e che mi pare non sia stata recepita nella risposta.



FONIO Mario, Assessore alla tutela dell'ambiente

Ma la Regione non può anticipare niente. Lo Stato può dare in concessione i lavori che ha già deciso e finanziato, ma se non vi sono stanziamenti statali nessuno può sostituirsi allo Stato.



BERTI Antonio

L'Assessore Fonio avrebbe fatto meglio ad assistere al dibattito e mi avrebbe risposto...



FONIO Mario, Assessore alla tutela dell'ambiente

Non sono tenuto a dire le ragioni per cui non c'ero e non è il modo di catechizzare sulle assenze e sulle presente, che sono più che giustificate.



BERTI Antonio

Mi spiace che l'Assessore Fonio accusi il colpo, altri non l'hanno fatto e quindi dimostrano quanto meno di essere più intelligenti.



FONIO Mario, Assessore alla tutela dell'ambiente

Hai detto un'inesattezza su di un argomento specifico e io dovevo precisare.



BERTI Antonio

L'argomento che io ho portato è stato già discusso anche in seconda Commissione, presente l'Assessore Petrini che lo aveva preso in considerazione, sennonché poi è stato passato all'Assessore Fonio a cui passiamo la domanda, lui ci dimostrerà con dati di fatto se la Regione pu o non può (a nostro avviso può) ci dimostri il contrario.
La seconda grossa questione riguarda gli asili nido. Ci sono state contestazioni sui calcoli che abbiamo fatto, ma quando anche le cifre non risultassero esatte, si tratterà di verificarle, ciò che in parte è che è stata accolta la nostra proposta di stanziare 5 miliardi, e noi diamo atto di questo alla Giunta. Quindi se è stato ritenuto giusto intervenire con una maggiore disponibilità di fondi per consentire immediatamente la costruzione degli asili nido, pensiamo che sia logico porsi in quella politica di piano, di cui avevamo presentato i criteri in sede di formazione della legge, e che può consentirci di provvedere la spesa necessaria per arrivare alla fine del mandato con il 10% ma i cinque miliardi posti a disposizione non bastano. Quindi rifacciamo i conti se è necessario, ne abbiamo chiesti altri dieci, non sarà possibile, saranno otto, o quanti risulteranno dal conto che si farà, ma la nostra richiesta è precisa: facciamo i piani pluriennali.
Infine il problema della casa e dell'urbanistica; la sua risposta signor Presidente, è stata ampia ed interessante, se l'avesse data subito sarebbe stato meglio; se le cose le avete in testa ditele subito, oppure preferite essere sollecitati a dirle? Prendiamo tuttavia atto del fatto che la risposta è venuta ed elementi di interesse sono emersi. Vi dirò che noi considerando positivi una serie di fatti, vi metteremo subito alla prova: questa sera abbiamo presentato la richiesta di una riunione straordinaria del Consiglio per la questione di Borgaro nella quale la verifica tra quella decisione e i concetti testé esposti si potrà immediatamente fare.
Mi limito a dire questo. Un'altra proposta che secondo noi è di estrema importanza (non cito quelle dell'agricoltura, della formazione professionale, sono scelte importanti della Regione, ma non vi ritorno) e che non mi pare sia stata recepita, almeno con quell'importanza che noi volevamo darle, è quella relativa alla politica della casa che si incontra essenzialmente su quell'intervento di dieci miliardi per i centri storici.
Noi abbiamo detto più volte che la direzione di spesa è giusta, però è stata presentata con la possibilità di emendarla, modificarla. E' vero che produce case per quelli del centro storico che se ne vanno, ma in carenza di piani particolareggiati. Se il problema è di intervenire per i centri storici, credo che ci debba essere coerenza tra interventi per la costruzione di case e destinazione con piano particolareggiato dei centri storici. Occorre operare con i Comuni che in questo senso si stanno muovendo, comunque è oggetto di discussione. Ma noi abbiamo fatto un'altra proposta (non so se anche questa troppo folle) e cioè di partire dal fatto che per intervenire nel settore della casa bisogna appurare alcuni fatti essenziali: i fondi effettivamente disponibili (si parla di residui passivi per 2100 miliardi) sapere quanto lo Stato può spendere; quanto la Gescal ha. Si tratta di condurre un'inchiesta.
La nostra richiesta è di sapere quante banche di diritto pubblico hanno speso in questi anni nella politica della casa, emergeranno dai dati interessanti, le grosse società immobiliari che operano attraverso mutui probabilmente hanno utilizzato fondi di risparmio provenienti dalle banche di diritto pubblico. E' possibile ipotizzare un'azione della Regione? Abbiamo già chiesto una volta un fondo regionale per le cooperative, a cui contribuiscano i vari enti che operano nel settore della case e la Regione stessa con propri finanziamenti nella misura in cui può farlo, ma soprattutto chiediamo la messa in opera di un piano di costruzione di case economiche e popolari coordinate dalla Regione, in modo che i vari enti comprese le banche, possano destinare i loro fondi essenzialmente alla realizzazione di questo piano. E' quindi una trasposizione di finanziamenti da investimenti privati a investimenti pubblici. Sappiamo che non pu essere fatto per legge, non si può obbligare una banca a operare in un certo modo, ma pensiamo che coinvolgendo quanto meno le banche di diritto pubblico e gli altri enti in un piano di questo tipo sia possibile, dal punto di vista politico, farvi convergere gli orientamenti di spesa. E' una proposta che non illustro ulteriormente, ma che è stata fatta da Rivalta nel suo intervento, forse l'interruzione non ha consentito di coglierne l'importanza.
Sottolineeremmo così per i settori della sistemazione idrogeologica dei parchi, degli asili nido, della casa quegli investimenti sociali di cui ampiamente si parla nella relazione della Giunta. L'unica parte del mio intervento, molto breve, riguarda la relazione della Giunta e i motivi del nostro no al bilancio. La relazione che avete presentato è indubbiamente interessante a prescindere dalle numerose frasi inglesi, ma queste dimostrano che chi l'ha preparata attinge a livelli molto elevati e quindi il giudizio, anche dal punto di vista della qualità, è positivo. Non ripeto qui, per brevità, alcuni giudizi di fondo. Si riparla nella relazione dell'esigenza, di modificare il meccanismo di sviluppo, è detto molto chiaramente. Spiace, signor Presidente, che nel suo intervento abbia voluto sottolineare - cosa che non era emersa, a meno che non vi foste divisi la parte, dell'intervento di Simonelli - la validità delle scelte autostradali. Noi rileviamo in questo una contraddizione di fondo, in una situazione economica in cui il reddito disponibile per gli investimenti è estremamente limitato, il dilemma che un giornale definiva qualche giorno fa "mostruoso" è se si deve investire nei consumi sociali per elevare la domanda, oppure investire nella produzione per evitare la disoccupazione; è un'impostazione sbagliata ma questo è il rischio, cosa contano gli undici miliardi di investimenti nell'edilizia, nei lavori pubblici e che possono dal punto di vista della destinazione, sembrare utili e validi quando a fronte di questo stanno, lo abbiamo verificato, centinaia e centinaia di miliardi che vanno in direzione di consumi non pubblici? Se fosse vero che questa è una scelta di civiltà il nostro Paese, coi suoi 5.000 Km di autostrade, secondo in Europa, quarto nel mondo, sarebbe uno dei più sviluppati del mondo invece non lo è, è una delle economie più povere. In Italia si gira su autostrade tutte d'oro, ma ai fianchi ci sono paesi spopolati, soprattutto nel sud potete anche dire che il vostro bilancio non investe soldi nelle autostrade e nelle grandi infrastrutture, ma per vostra stessa ammissione si tratta di far convergere gli investimenti privati in direzione dei consumi pubblici. E allora quanto emerge dall'impostazione pur valida, della vostra relazione, dove si riscontrano elementi di critica alla politica monetaria, creditizia, del governo e si ritrovano elementi di indicazione positiva in materia di politica economica, è vanificato, è un castello di sabbia. In questo momento occorrono scelte coraggiose, non si può dire sì ai grossi investimenti, bisogna dire no, è una scelta politica fondamentale valida per il bilancio della Regione Piemonte, per il modo in cui incide sugli altri enti che operano al di fuori della Regione, sugli orientamenti del governo se è vero, come è vero, che c'è un discorso non sempre facile tra governo e Regioni sul piano di emergenza e su altre questioni di cui voi siete a conoscenza. Ecco la contraddizione di fondo che giustifica e rende necessario il nostro no, perché finisce per non avere credibilità, anche per quello che avete scritto. Per finire con una battuta, direi che la relazione dimostra che siamo in presenza di una Giunta che studia, finalmente studia. Quanti progetti ci sono! Il Presidente parlava persino degli studi per la sistemazione delle acque. Noi ci facciamo un augurio: lo studio è la base essenziale, ma si arriva molto tardi agli studi, speriamo che non ci siano (non vorrei offendere nessuno è una battuta soltanto) "teste dure" che studiano, studiano ma non sono mai in condizione di dare l'esame. Non vorremmo che gli studi andassero avanti all'infinito. I progetti operativi di cui si parlava nella relazione programmatica del centro sinistra erano di altro tipo, noi pensavamo a settori ben definiti, con le leggi accluse. Oggi si parla di progetti di studio. Noi rileviamo questo elemento di per sé valido, ma che può essere anche assunto un po' consentitemi, come fumo; abbiamo bisogno di atti concreti e la Giunta ci presenta degli studi.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

E le proposte di legge.



BERTI Antonio

Alcune proposte di legge.
Finisco con un'osservazione che avremmo dovuto fare all'inizio del dibattito, la facciamo alla fine. Noi abbiamo sollevato considerazioni di legittimità sul bilancio in particolare per la parte riguardante il finanziamento regionale di leggi nazionali, fatto attraverso la legge di bilancio; abbiamo fatto questa contestazione sulla base della sentenza della Corte Costituzionale e anche del parere che i giuristi Romano Lombardi, Scaparrone, Sarasso, Maiorca, Casetta, Liozzi, Brunetti hanno dato su richiesta, credo, della Commissione o dell'Ufficio di Presidenza non ricordo bene. Risulta, da questo, che le leggi dello Stato non rifinanziate hanno bisogno di leggi sostanziali. L'art. 81 della Costituzione è molto esplicito, se qualcuno contesta glielo leggo. Ma voi avete già dimostrato di recepire questa critica, tant'è che avete presentato immediatamente, per alcuni settori, le leggi sostanziali. Bene vi dirò che noi non abbiamo l'intenzione di sollevare questioni di carattere giuridico. Certo, se ci trovassimo di fronte ad un bilancio decisamente negativo arriveremmo fino al punto di impugnarlo di fronte alla Corte costituzionale, ma il problema oggi non è questo. Quando noi parliamo delle leggi sostanziali, ne facciamo un problema di scelta politica, le leggi sostanziali non sono come quelle che abbiamo ritrovate nelle leggine con un unico articolo che avete presentato e che andranno in discussione penso, rapidamente....



FERRARIS Bruno

Sono già state approvate ieri.



FONIO Mario, Assessore alla tutela dell'ambiente

Eri assente anche tu!



BERTI Antonio

Ero in congedo per la prima volta in quattro anni e per una riunione importante che mi ha consentito di portare in quest'aula delle notizie che forse altri non conoscevano.



PRESIDENTE

Prego Consigliere Berti, continui.



BERTI Antonio

Si figuri, ci vuole ben altro! L'abbiamo sollevata questa questione per un motivo politico: per noi le leggi sostanziali sono leggi regionali che innovano il modo con il quale lo Stato è sinora intervenuto e per la 118 è già avvenuto. La legge sostanziale è un modo per consentire al Consiglio di discutere come vengano rifinanziate le leggi dello Stato. Non solleviamo in questa sede questioni giuridiche, riproponiamo la questione alla Giunta perché della cosa si faccia rapidamente un buon uso. Non faccio considerazioni di carattere politico perché vedo che sono già tutti lì col fucile puntato, mi limito a dire che la realtà italiana emerge dai fatti. Chi ha occhi per vedere e orecchie per sentire vede e sente che oggi nel Paese c'è una grande unità antifascista che non ha bisogno di molte sollecitazioni, alla cui base stanno i valori della Resistenza, i valori della Costituzione, i valori dei problemi che urgono. La gente sa quali sono le forze ormai che si muovono coerentemente e concretamente per risolvere queste questioni, il vecchio ricatto anticomunista ha fatto, il suo tempo, ve ne siete accordi anche voi. Il problema non è, come qualcuno dice, quello dei comunisti al governo, ma è quello di una scelta coerente di impostazione e di forze che questo programma vogliono risolvere, tutto il resto sono illazioni a questo stadio della discussione.
Questo è quanto volevo dire, in altre occasioni riprenderemo il discorso per misurarci sulle prospettive politiche. Se dobbiamo credere a quello che ha detto il vostro vice segretario Marcora, magari a livello delle Regioni, tentiamo. Anche questo non è un discorso di fondo, è sempre e soltanto un discorso di contenuti.
Detto tutto questo, il nostro voto sarà contrario.



PRESIDENTE

Hanno così termine le dichiarazioni di voto.
E' stata presentata la terza nota di variazione al bilancio per l'anno finanziario '74 che è stata distribuita e che pertanto fa parte integrante del bilancio.
A tal fine sono stati presentati quattro emendamenti.
Prima d'iniziare la votazione articolo per articolo, sospendo la seduta per cinque minuti.



(La seduta, sospesa alle ore 20 riprende alle ore 20.10)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Disegno di legge per l'approvazione del Bilancio di previsione dell'anno finanziario 1974.
Articolo 1.
E' approvato in lire 126.400.000.000, come dalla tabella n. 1, annessa alla presente legge, lo stato di previsione dell'entrata della Regione per l'anno finanziario 1974.
Sono autorizzati, secondo le leggi in vigore, l'accertamento e la riscossione dei tributi istituiti dalla Regione, la riscossione dell'imposta locale sui redditi con l'aliquota stabilita dalla Regione ed il versamento, nella cassa della Regione, delle somme e dei proventi dovuti nell'anno finanziario 1974.
E' stato presentato un emendamento a firma Bianchi, Vera, Calsolaro, a seguito della terza nota di variazione: "Sostituire la cifra '126.400.000.000" con la cifra '126.600.000.000'".
Desiderano illustrarlo? Nessuno chiede la parola? Pongo in votazione per alzata di mano l'emendamento testé letto.
L'emendamento è approvato.
Pongo in votazione, per appello nominale, l'art. 1 così emendato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione.
Presenti e votanti 38 Hanno risposto SI' 28 Consiglieri Hanno risposto NO 10 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Articolo 2.
E' approvato in lire 126.400.000.000, come dallo stato di previsione di cui alla tabella n. 2, annessa alla presente legge, il totale generale delle spese della Regione per l'anno finanziario 1974.
E' autorizzato il pagamento delle spese, in conformità allo stato di previsione di cui al precedente comma.
Anche all'art. 2 è stato presentato un emendamento a firma Bianchi Vera, Calsolaro: "Sostituire la cifra '126.400.000.000' con la cifra '126 .600. 000.
000"'.
Nessuno chiede la parola? Chi intende approvare è pregato di alzare la mano.
E' approvato l'emendamento.
Pongo in votazione l'art. 2, così emendato, per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione.
Presenti e votanti 39 Hanno risposto SI' 27 Consiglieri Hanno risposto NO 12 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Articolo 3.
E' approvato il quadro generale riassuntivo del bilancio per l'anno finanziario 1974, annesso alla presente legge.
Nessuno chiede la parola? Si passi alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione.
Presenti e votanti 39 Hanno risposto SI' 27 Consiglieri Hanno risposto NO 12 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
Articolo 4.
Sono considerate spese obbligatorie e d'ordine, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 40 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, quelle descritte nell'elenco n. 1, annesso allo stato di previsione della spesa.
Il Presidente della Giunta Regionale, su conforme deliberazione della Giunta, dispone con proprio decreto di prelevamento, dal fondo di riserva per le spese obbligatorie e d'ordine, di cui al capitolo 1014, delle somme da iscrivere nei capitoli di spesa indicati nell'elenco di cui al precedente comma.
Nessuno chiedendo di parlare, si passi alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione.
Presenti e votanti 39 Hanno risposto SI' 27 Consiglieri Hanno risposto NO 12 Consiglieri L'art. 4 è approvato.
Articolo 5.
E' approvato l'elenco n. 2, appello allo stato di previsione della spesa, dei capitoli relativi alla restituzione di somme avute in deposito o comunque introitate per conto di terzi.
Il Presidente della Giunta Regionale, su conforme deliberazione della Giunta, dispone con proprio decreto l'iscrizione, in corrispondenza con gli accertamenti delle entrate, delle somme occorrenti per la regolazione delle spese di cui al precedente comma.
Nessuno, chiede la parola? Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione.
Presenti e votanti 39 Hanno risposto SI' 27 Consiglieri Hanno risposto NO 12 Consiglieri L'art. 5 è approvato.
Articolo 6.
Per provvedere ad eventuali deficienze nelle assegnazioni di bilancio che non riguardino le spese di cui ai precedenti articoli 4 e 5, il Presidente della Giunta Regionale, su conforme deliberazione della Giunta provvede con proprio decreto, in conformità dell'articolo 42 del D.R. 18 novembre 1923, n. 2440, al prelevamento di somme dal fondo di riserva per le spese impreviste, di cui al capitolo 1016, ed alla loro iscrizione nei capitoli da integrare o in capitolo nuovi.
I decreti del Presidente della Giunta Regionale che dispongono i prelevamenti dal fondo di cui al comma precedente sono pubblicati sul Bollettino Ufficiale della Regione e sono presentati, entro 30 giorni dalla pubblicazione, al Consiglio per la convalida con legge regionale.
Se nessuno chiede la parola si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione.
Presenti e votanti 40 Hanno risposto SI' 27 Consiglieri Hanno risposto NO 13 Consiglieri L'art. 6 è approvato.
Articolo 7.
Il Presidente della Giunta Regionale, su conforme deliberazione della Giunta, dispone con proprio decreto l'iscrizione, nei capitoli n. 22, 23 24, 25, 26, 27, 28, 29, dell'entrata, delle somme assegnate alla Regione dallo Stato, in base alle leggi richiamate nei capitoli stessi, anche in eccedenza alle dotazioni ad essi conferite, nonché l'iscrizione di dette somme nei corrispondenti capitoli di spesa in conformità alle loro specifiche destinazioni.
Con analoga procedura si provvede all'iscrizione, nei capitoli appositi, di somme assegnate dallo Stato alla Regione nonch all'istituzione di nuovi capitoli di entrata e di spesa per le funzioni delegate e per altre eventuali assegnazioni disposte dallo Stato alla Regione.
Nessuno chiede di parlare? Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione.
Presenti e votanti 39 Hanno risposto SI' 27 Consiglieri Hanno risposto NO 12 Consiglieri L'art. 7 è approvato.
Articolo 8 Il Presidente della Giunta Regionale, su conforme deliberazione della Giunta, dispone altresì, con proprio decreto, l'iscrizione nei capitoli n.
18 e n. 21 dello stato di previsione della entrata, nonché nei corrispettivi capitoli n. 1401 e n. 1402 dello stato di previsione della spesa, le somme ripartite per l'anno 1974, in eccedenza a quelle stanziate in misura presunta nei capitoli medesimi, a favore della Regione Piemonte sul fondo per il finanziamento dei programmi regionali di sviluppo di cui all'art. 9 della legge 16 maggio 1970, n. 281, anche ai sensi di altre leggi statali che ne prescrivono l'incremento.
Le somme di cui al precedente comma verranno utilizzate per il finanziamento di spese stabilite dar provvedimenti legislativi regionali e ove prescritto, secondo gli indirizzi di cui alle deliberazioni del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica.
Vi è un emendamento sostitutivo a firma Bianchi, Vera, Calsolaro "All'art. 8 primo comma sostituire i termini 'nei capitoli n. 18 e n.
21' con il termine 'nel capitolo n. 18'; sostituire i termini 'nei corrispondenti capitoli n. 1401 e n. 1402' con i termini 'nel corrispondente capitolo n. 1401'; inoltre sostituire il termine 'le somme' con il termine 'delle somme'; sopprimere infine le parole 'in misura presunta'".
L'intero comma verrebbe così ad assumere la seguente formulazione: "Il Presidente della Giunta Regionale, su conforme deliberazione della Giunta, dispone altresì, con proprio decreto, l'iscrizione nel capitolo n.
18 dello stato' di previsione della entrata, nonché nel corrispondente capitolo n. 1401 dello stato di previsione della spesa delle somme ripartite per l'anno 1974, in eccedenza a quelle stanziate nei capitoli medesimi, a favore della Regione Piemonte sul fondo per il finanziamento dei programmi regionali di sviluppo di cui all'art. 9 della legge 16 maggio 1970, n. 281, anche ai sensi di altre leggi statali che ne prescrivono l'incremento".
Nessuno chiede di parlare? Pongo in votazione l'emendamento per alzata di mano.
L'emendamento è approvato.
Pongo in votazione l'art. 8 così emendato. Si proceda all'appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione.
Presenti e votanti 40 Hanno risposto SI' 27 Consiglieri Hanno risposto NO 13 Consiglieri L'art. 8 è approvato.
Articolo 9.
Il Presidente della Giunta Regionale è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le variazioni al bilancio di previsione per l'anno 1974 derivanti da leggi regionali i cui oneri siano coperti in tutto od in parte, ai sensi dell'articolo 1 della legge 27 febbraio 1955, n. 64, con la disponibilità finanziaria ad essa riservata in appositi fondi del bilancio dell'anno 1972 e del bilancio 1973.
Non vi sono emendamenti, nessuno chiede di parlare, quindi pongo in votazione l'art. 9 per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione.
Presenti e votanti 39 Hanno risposto SI' 27 Consiglieri Hanno risposto NO 12 Consiglieri L'art. 9 è approvato.
Articolo 10.
Per la concessione, nell'anno 1974, di concorsi costanti pluriennali nelle spese relative all'esecuzione di lavori pubblici d'interesse di Enti locali, ai sensi della legge 3 agosto 1949, n. 589, con le successive modificazioni ed integrazioni ed ai sensi del D.P.R. 11 marzo 1968, n.
1090, sono autorizzati i seguenti limiti di impegno: 150 milioni, per le opere relative all'incenerimento e smaltimento di rifiuti solidi urbani di cui al capitolo n. 1120 dello stato di previsione della spesa.
600 milioni, per le opere sanitarie ospedaliere di cui al capitolo n.
1148 dello stato di previsione della spesa.
100 milioni, per le opere igienico-sanitarie di cui al capitolo n. 1154 dello stato di previsione della spesa.
200 milioni, per le opere di istruzione ed assistenza di cui al capitolo n. 1172 dello stato di previsione della spesa.
500 milioni, per le opere stradali di cui al capitolo n. 1214 dello stato di previsione della spesa.
900 milioni, per le opere relative ad acquedotti e fognature, di cui al capitolo n. 1222 dello stato di previsione della spesa.
600 milioni, per le opere igienico-sanitarie di cui al capitolo n. 1224 dello stato di previsione della spesa.
150 milioni, per le opere elettriche di cui al capitolo n. 1310 dello stato di previsione della spesa.
700 milioni, per le opere di adattamento ad edifici scolastici, di cui al capitolo n. 1312 dello stato di previsione della spesa.
200 milioni, per i lavori, nelle sedi municipali, di cui al capitolo n.
1314 dello stato di previsione della spesa.
Sono altresì autorizzati, per l'anno 1974, i seguenti limiti d'impegno: 15 milioni, per gli interventi nelle opere portuali di cui alla legge 14 novembre 1962, n. 1616, e di cui al capitolo n. 1322 dello stato di previsione della spesa.
100 milioni, per opere alberghiere e del turismo, di cui alla legge 12 marzo 1968, n. 326, di cui al capitolo 1380 dello stato di previsione della spesa.
60 milioni, per le opere turistiche ed alberghiere di cui alla legge 12 marzo 1968, n. 326, e di cui al capitolo n. 1382 dello stato di previsione della spesa.
All'art. 10 vi è un emendamento soppressivo a firma Bianchi, Vera Calsolaro: "Sopprimere il periodo '700 milioni, per le opere di adattamento ad edifici scolastici, di cui al capitolo n. 1312 dello stato di previsione della spesa'".
Desiderano illustrarlo? Un sindaco mi aveva chiesto pressantemente se nel bilancio c'era questa spesa e io ho risposto di sì.



SIMONELLI Claudio, Assessore alla programmazione e bilancio

E' un contributo in conto capitale.



PRESIDENTE

Pongo in votazione per alzata di mano l'emendamento testé letto.
L'emendamento è approvato.
Pongo in votazione l'art. 10 testé emendato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione.
Presenti e votanti 39 Hanno risposto SI' 26 Consiglieri Hanno risposto NO 13 Consiglieri L'art. 10 è approvato.
Articolo 11.
La presente legge regionale è dichiarata urgente ed entra in vigore nel giorno della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte, ai sensi dell'articolo 45, sesto comma, dello Statuto regionale.
Nessuno chiede la parola? Si procede alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione.
Presenti e votanti 38 Hanno risposto SI' 26 Consiglieri Hanno risposto NO 12 Consiglieri L'art. 11 è approvato.
Pongo in votazione l'intero testo del disegno di legge, per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione.
Presenti e votanti 38 Hanno risposto SI' 25 Consiglieri Hanno risposto NO 13 Consiglieri Il disegno di legge è approvato.
Diamo ora lettura di una richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio Regionale


FRANZI Piero, Segretario

Richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio Regionale. I sottoscritti Consiglieri, in numero superiore al quarto dei Consiglieri in carica, chiedono la convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dell'art. 26 dello Statuto per discutere l'allegata mozione avente per oggetto la definizione dell'atteggiamento della Regione circa la richiesta di approvazione della variante del piano regolatore generale e comunale e del piano particolareggiato della zona ZRE 10 del Comune di Borgaro e la formazione del piano territoriale di coordinamento dell'area torinese. F.to Berti, Besate, Bono, Fabbris, Ferraris, Lo Turco, Marchesotti, Minucci Raschio, Rivalta, Revelli, Sanlorenzo, Vecchione.



PRESIDENTE

Comunico che la prossima settimana non vi sarà Consiglio.
I Capigruppo, il Presidente della Giunta ed i Presidente delle Commissioni (penso sia opportuno per fare il punto sui lavori di giugno e luglio) sono convocati in Via Maria Vittoria n. 18 per giovedì alle ore 16.
Vi sarà Consiglio forse due o tre giorni fra due settimane.
La parola al Consigliere Berti.



BERTI Antonio

In rapporto alla richiesta di riunione straordinaria, i cui termini scadono entro 15 giorni, se i capigruppo si convocano giovedì vuol dire che fino a giovedì non si fisserà il giorno della riunione.



PRESIDENTE

Io penso di farla convocare dai Capigruppo giovedì prossimo, abbiamo poi ancora dieci giorni davanti a noi.
Io penserei di tenere Consiglio mercoledì, giovedì e venerdì non della prossima settimana, ma della settimana dopo. Mi dicono che il giovedì è festa, sarà per mercoledì, venerdì e magari sabato.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 21)



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