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Dettaglio seduta n.224 del 24/05/74 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento:

Ordine del giorno della seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
L'ordine del giorno reca: Approvazione verbale precedente seduta Comunicazioni del Presidente Interpellanze ed interrogazioni Esame progetti di legge n. 85-132-152-156 sulla zootecnia Esame disegno di legge n. 120: "Bilancio di previsione per l'anno finanziario 1974" Esame disegno di legge n. 165: "Interventi per lo sviluppo della agricoltura" Esame disegno di legge n. 1166: "Provvedimenti urgenti per la zootecnia in attuazione della legge 18/4/1974 n. 118" Esame progetti di legge n. 96 e n. 103 relativi alla depurazione delle acque reflue.
Nessuno ha osservazioni da fare? Allora, l'ordine del giorno si intende approvato.


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

Passiamo al punto primo dell'o.d.g.: "Approvazione verbale precedente seduta".
Il processo verbale dell'adunanza del 16 maggio '74 è stato distribuito ai Consiglieri prima dell'inizio della seduta odierna. Nessuno ha osservazioni da fare? Il verbale si intende approvato.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente a) congedi


PRESIDENTE

Passiamo al punto secondo dell'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente".
Hanno chiesto congedo per l'odierna seduta i Consiglieri: Falco, Fassino Giovana, Lo Turco, Minucci, Sanlorenzo, Zanone.


Argomento:

b) Mancata apposizione visto del commissario del Governo


PRESIDENTE

Il Commissario del Governo non ha apposto il visto alla Legge regionale 21/4/1974 concernente: "Corresponsione al Personale che ha assunto servizio presso la Regione Piemonte posteriormente alla data del 22/6/73 di un acconto mensile sul trattamento economico derivante dalla futura legge sull'inquadramento nel ruolo organico della Regione".


Argomento:

c) Progetti di legge - Presentazione e assegnazione a commissioni


PRESIDENTE

Presentazione e assegnazioni disegni di legge e proposte di legge: Proposta di legge n. 164: "Interventi per miglioramenti fondiari per le case di abitazione dei produttori agricoli", presentata dai Consiglieri Gerini - Fassino - Rossotto - Zanone il 17 maggio '74, assegnata alla VI Commissione alla stessa data Disegno di legge n. 165: "Interventi per lo sviluppo dell'agricoltura" Disegno di legge n. 166: "Provvedimenti urgenti per la zootecnia in attuazione della legge 18/4/74, n. 118", presentati dalla Giunta Regionale il 17 maggio '74 e assegnati alla VI Commissione alla stessa data Proposta di legge n. 167: "Provvedimenti straordinari integrativi per lo sviluppo della proprietà coltivatrice singola e associata", presentata dai Consiglieri Ferraris - Marchesotti - Revelli il 21 maggio '74 assegnata alla VI Commissione alla stessa data.


Argomento:

d) Risposte scritte e interrogazioni


PRESIDENTE

Risposte scritte ad interrogazioni: da parte dell'Assessore Gandolfi al Consigliere Fabbris relativamente all'attuazione da parte della Società ATA del piano dei lavori per riattivare il servizio della funicolare Biella Piano-Biella Piazzo da parte degli Assessori Armella e Vietti ai Consiglieri Fabbris e Vecchione sulla esigenza di favorire lo sviluppo di iniziative di Enti locali per vacanze estive a favore di minori ed anziani.


Argomento: Organizzazione regionale: argomenti non sopra specificati

e) Decisioni della Conferenza dei Presidenti sulle interpellanze e interrogazioni da discutere quando il proponente sia assente o in congedo


PRESIDENTE

Era stata prospettata l'opportunità di fissare una norma circa la sorte da riservare alle interpellanze e alle interrogazioni il cui proponente sia in congedo al momento in cui dovrebbe avvenire la discussione, in relazione a quando disposto dall'art. 48, comma 5, del Regolamento provvisorio del Consiglio Regionale. Come i Consiglieri sanno, molte interrogazioni ed interpellanze rimangono da discutere, e quindi continuano ad essere riportate in elenco di seduta in seduta, per assenza del presentatore o per congedo (in caso di assenza non preannunciata e motivata la decadenza è gia scontata). In merito, la Conferenza dei Presidenti, riunita il 16 maggio ha concordato quanto segue: "a) le interrogazioni e le interpellanze decadono se al momento della risposta il proponente non sia presente e non abbia chiesto congedo o non sia assente per incarico avuto dal Consiglio b) perdurando per la successiva seduta il congedo, il proponente avrà risposta scritta".


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

f) Rivendicazioni dell'Associazione nazionale Mutilati ed Invalidi di guerra e dell'Associazione Nazionale Combattenti e Reduci


PRESIDENTE

Comunico che sabato 18 maggio sono intervenuto ad una manifestazione organizzata dall'Associazione nazionale Mutilati ed Invalidi di guerra e dalla Associazione nazionale Combattenti e Reduci, in piazza S. Carlo a Torino, cui hanno partecipato moltissimi aderenti ad altre associazioni. La manifestazione aveva carattere di protesta per le difficoltà economiche in cui versano molti ex combattenti, e richiedeva la estensione dei benefici combattentistici a tutti gli esclusi dalla legge 336 del 24 maggio '70.
In tale occasione, essendo sicuro della sensibilità del Consiglio Regionale per questa situazione, me ne son fatto interprete, esponendo al Ministro competente le legittime richieste avanzate.


Argomento: Varie

g) Liberazione del Magistrato Mario Sossi


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, credo che tutti voi avrete accolto con soddisfazione la notizia, da tanto tempo attesa, della liberazione del magistrato Mario Sossi, tornato a casa nella serata di giovedì 23 maggio.
La prigionia del magistrato durava ormai da trentacinque giorni, che erano stati di ansia non soltanto per la sua famiglia ma che avevano interessato tutto il Paese e suscitato molti gravi interrogativi sulle forme e sui modi della sua liberazione. Oggi, mentre ci rallegriamo della sua incolumità esprimiamo condanna e ferma disapprovazione per tutte le azioni criminali e ricattatorie ai danni di cittadini indifesi, e chiediamo che lo Stato, che non ha voluto lasciare che Sossi divenisse una vittima innocente, agisca con rapidità e con la massima severità per la ricerca e la cattura dei criminali che si celano dietro la denominazione di "Brigate Rosse".
Riteniamo che un'azione pronta in tal senso potrà far rifiorire la fiducia dei cittadini nello Stato e nelle istituzioni, confermando che la violenza e l'azione di forza non costituiscono l'unica via per la difesa dello Stato democratico.


Argomento: Trasporti su ferro

Interpellanza dei Consiglieri Revelli, Lo Turco, Marchesotti sulla necessità di un intervento regionale presso il Governo per la ricostruzione della linea ferroviaria Cuneo-Ventimiglia-Nizza


PRESIDENTE

Passiamo al punto terzo dell'o.d.g.: "Interpellanze e interrogazioni".
L'Assessore Gandolfi, dovendosi allontanare, ci ha pregato di concedere la precedenza alla trattazione delle interrogazioni e interpellanze cui è di sua competenza rispondere.
Tralasciando la prima di tali interpellanze, poiché il presentatore Consigliere Nesi, è impegnato in questo momento alla I Commissione passiamo alla: interpellanza presentata dai consiglieri Revelli - Lo Turco Marchesotti in data 11 aprile: "Necessità di un intervento regionale presso il Governo per la ricostruzione della linea ferroviaria Cuneo-Ventimiglia Nizza." Poiché i presentatori rinunciano ad illustrare l'interpellanza, ha facoltà di rispondere l'assessore Gandolfi.



GANDOLFI Aldo

Assessore ai trasporti, alle comunicazioni. La Giunta Ragionale ha già avuto modo di dichiarare, nel corso del dibattito sul sistema ferroviario piemontese, che annette notevole importanza strategica alla linea Cuneo Ventimiglia-Nizza come linea in prospettiva alternativa alla Milano-Torino Modane per il traffico verso il Sud della Francia e le comunicazioni lungo l'asse est-ovest della Valle Padana verso la Francia.
I lavori di ricostruzione della linea sono oggi a questo punto: la parte in territorio italiano è agibile fino a tutta la galleria del Colle di Tenda; sono in corso solo lavori di miglioramento, che peraltro sono avviati a completamento; in territorio francese i lavori, che sono a carico del Governo italiano, non sono in corso perché la gara d'appalto è andata deserta in seguito all'aumento dei costi. Presso il Ministero del Tesoro è all'esame una pratica per uno stanziamento suppletivo. La Giunta ha già provveduto a sollecitare, tramite il Ministero dei Trasporti, il rapido espletamento delle pratiche necessarie ad aumentare il finanziamento per questo tipo di opere.



PRESIDENTE

La parola all'interpellante Consigliere Revelli.



REVELLI Francesco

Non mi posso certo dichiarare soddisfatto della risposta dell'Assessore, che non ha fatto che ricalcare quanto già era contenuto nella interpellanza. Non si può non tener conto anche della incidenza che hanno avuto nel produrre così enorme ritardo le scelte compiute ultimamente, non soltanto a livello nazionale ma anche a livello regionale nel senso non di privilegiare, come dice Gandolfi, una linea alternativa ferroviaria alla stessa Torino-Modane-Lione quale può essere quella ferroviaria della Cuneo-Nizza, ma di insistere nella politica dei trafori e degli investimenti in autostrade.
Credo francamente sia necessario, tanto più dopo che il Consiglio Regionale ha considerato questa linea come essenziale nel piano dei trasporti regionali, che la Regione dice qualche cosa di più e soprattutto la Giunta Regionale, che mostra in questa questione un comportamento fortemente contraddittorio: tutte le volte che si tratta di investire somme già disponibili per il sistema ferroviario, puntualmente escono fuori scelte opposte e contrapposte a queste. Dopo che da circa cinque anni rimangono inutilizzati dei fondi già disponibili non ci si può giustificare soltanto con il dire che una gara d'appalto è andata deserta: una gara d'appalto va deserto quando non sono stati presi gli accordi necessari e non ci sono i finanziamenti sufficienti.
Da ultimo, non dovrà ripetersi il fatto ridicolo di uomini politici italiani, alcuni provenienti dalla provincia di Cuneo e dalla stessa Regione piemontese, che quando si trattava di approvare una convenzione con una certa rapidità si sono presentati alla prima gara di appalto senza sapere, pur essendo parlamentari, taluni uomini di Governo, che la convenzione non era stata ancora ratificata dal Senato.
Credo, dunque, si debba dire da parte della Giunta qualche cosa di più e soprattutto che si debba far valere, nel quadro di una volontà politica che impegni anche la Giunta Regionale piemontese in queste scelte, il principio che si deve dar corso rapidamente ai lavori ed avere precise garanzie sugli stanziamenti e sulla rivalutazione degli stanziamenti fatti in passato.
Sono profondamente insoddisfatto, perché credevo, francamente, che l'Assessore, sempre così brillante nei suoi interventi, anche se su linee opposte rispetto alle nostre, non si sarebbe limitato ad una risposta così burocratica e semplicistica.



PRESIDENTE

L'interpellanza è discussa.


Argomento: Trasporti e comunicazioni: argomenti non sopra specificati

Interrogazione dei Consiglieri Bianchi, Calleri in merito alla sciagura avvenuta nella sede ferroviaria di Rivalta Scrivia


PRESIDENTE

Interrogazione Bianchi-Calleri; presentata in data 16 gennaio '74: "Sciagura avvenuta nella sede ferroviaria di Rivalta Scrivia. Misure atte ad evitare il doloroso ripetersi di simili eventi e interessamento per le condizioni in cui versano le famiglie delle vittime".
Ha facoltà di parlare, per la risposta, l'assessore Gandolfi.



GANDOLFI Aldo, Assessore ai trasporti e alle comunicazioni

L'interrogazione riguarda l'incidente avvenuto nel mese di gennaio sulla sede ferroviaria in Rivalta Scrivia, in cui trovarono la morte quattro operai addetti a lavori sulla linea ferroviaria, incidente che provocò notevole sgomento nella nostra Regione.
Fatti di questo genere chiamano evidentemente in causa i sistemi di sicurezza adottati dalle Ferrovie dello Stato durante l'esecuzione dei lavori sulle linee ferroviarie. La Giunta, appunto condividendo le preoccupazioni e le valutazioni espresse dagli interroganti, si è premurata di sollecitare alle Ferrovie dello Stato un approfondito esame delle cause dell'incidente, e ne ha avuto assicurazione che le norme antinfortunistiche in vigore sono in tutto e per tutto adeguate a salvaguardare l'incolumità dei lavoratori.
Essendo peraltro ancora in corso una inchiesta, e giudiziaria e amministrativa, in materia, la Giunta si impegna a far avere agli interroganti ulteriori elementi di valutazione non appena le due indagini siano terminate, riservandosi di valutare i dati che saranno emersi e anche l'opportunità di ulteriori passi su questa materia presso le Ferrovie dello Stato.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante Bianchi.



BIANCHI Adriano

Ringrazio l'Assessore per le prime informazioni fornite, precisando che, al di là dello sgomento che la grave sciagura aveva destato nella zona, era sorta la preoccupazione che le stesse norme di sicurezza predisposte dalle Ferrovie non trovassero qualche volta puntuale attuazione in funzione dell'esecuzione di lavori in appalto e quindi in condizioni non esemplari dal punto di vista appunto della sicurezza dei lavoratori.


Argomento: Enti strumentali - Viabilità

Interrogazione dei Consiglieri Rivalta-Marchesotti-Berti sull'incarico all'IRES di formulare un piano di sviluppo sul riassetto della rete urbana dei trasporti pubblici operanti su scala regionale e comprensoriale


PRESIDENTE

Interrogazione Rivalta-Marchesotti-Berti del 7 febbraio '74: "Incarico all'IRES di formulare un piano di sviluppo sul riassetto della rete urbana dei trasporti pubblici operanti su scala regionale e comprensoriale".
La parola, per la risposta all'Assessore Gandolfi.



GANDOLFI Aldo, Assessore ai trasporti e alle comunicazioni

La Giunta ha già avuto modo di comunicare, nel corso dell'esame del Bilancio alla I Commissione, di aver commissionato due studi in materia: uno l'ha affidato a gruppi specializzati, e concerne la valutazione delle soluzioni ottimali in base alla situazione di mobilità attuale per quanto riguarda l'assetto degli impianti fissi e dei trasporti di massa nell'area metropolitana (contiamo di poter portare i risultati di questo studio a conoscenza del Consiglio regionale al più tardi entro il mese di luglio, la scadenza sulla quale ci eravamo impegnati) una seconda ricerca è stata concordata con l'IRES, e riguarderà non tanto gli aspetti tecnici di questa problematica quanto piuttosto le incidenze che sul piano, diciamo, urbanistico, cioè delle tendenze in atto in tema di mobilità e di organizzazione del territorio, queste eventuali scelte potranno comportare in una prospettiva a lungo termine.
La definizione del rapporto con l'IRES per quanto riguarda questa seconda ricerca è in corso, a cura dell'Assessorato alla Programmazione che anzi ha indicato questa ricerca come una di quelle sulle quali c'è un impegno programmatico della Giunta per i prossimi mesi. Quindi, nelle prossime settimane arriveremo a concludere anche con l'IRES la definizione di questa ricerca, che dovrebbe terminare, almeno nelle previsioni dell'IRES, entro la fine dell'anno, o, al massimo, all'inizio del 1975.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante, Consigliere Rivalta.



RIVALTA Luigi

Devo dichiararmi insoddisfatto. La risposta dell'Assessore, è stata molto esplicita, ma il modo in cui la Giunta porta avanti questa iniziativa, a mio avviso errato. Intanto, si protrae oltre misura la definizione dell'incarico all'IRES dello studio sull'organizzazione dei trasporti e la politica territoriale. L'interrogazione è del 7 febbraio, ma la questione era sorta nel corso della discussione sul programma dell'attuale Giunta, in relazione alla posizione favorevole alla metropolitana. Sono dunque trascorsi all'incirca cinque-sei mesi senza che si sia presa alcuna decisione concreta in merito allo studio intorno ai problemi dei trasporti. Nel contempo, si dà incarico a strutture di ricerca private, sia pure specializzate - che tra l'altro sappiamo dipendere dal punto di vista operativo direttamente dalla Fiat - di individuare gli assetti ottimali dei trasporti.
Si deve dare all'IRES, che è istituto regionale, sia il compito di individuare la relazione esistente tra l'assetto dei trasporti e l'organizzazione territoriale, sia l'incarico di capofila di una ricerca diretta a identificare le soluzioni migliori dei trasporti da introdurre nella nostra regione. Tutte le ricerche che vengono affidate ad istituti dipendenti dalle industrie di produzione di mezzi di trasporto hanno una matrice interessata; e questi stessi elementi di interesse emergono dalla contraddittorietà con cui questi vari istituti dipendenti dalle strutture produttive esprimono la loro opinione sui problemi dei trasporti. Le proposte che questi istituti fanno, derivano da un giudizio non obiettivo.
Sottolineo che proprio in queste ultime settimane è stata presentata una ulteriore ricerca sul trasporto nell'area metropolitana torinese, fatta dall'Istituto di Ginevra. Tale ricerca ha messo in discussione le stesse proposte fatte dalla Società per la metropolitana torinese. Dico questo per mettere in evidenza la parziale e particolare ottica che contraddistingue queste singole ricerche.
Sollecito pertanto la Giunta a dare immediatamente incarico all'IRES di studiare i problemi del trasporto in relazione alla organizzazione territoriale; non solo, ma di farsi promotore, anche servendosi poi di strutture specializzate, della ricerca delle migliori soluzioni tecniche che devono essere introdotte nella nostra Regione, nell'area torinese e nella altre aree, a scarsa concentrazione di popolazione. Dev'essere l'IRES, istituto della Regione, a fornirci le valutazioni necessarie per scegliere le soluzioni tecniche più opportune per la politica regionale che ci proponiamo di svolgere.



PRESIDENTE

La Parola all'Assessore Gandolfi.



GANDOLFI Aldo, Assessore ai trasporti e alle comunicazioni

Desidero replicare all'interrogante che delle due ricerche di cui abbiamo parlato la prima è una ricerca che ha un carattere di valutazioni tecnico-economiche molto precise tra due proposte altrettanto precise che sono in alternativa, ricerca rispetto al cui valore scientifico e tecnico mi sembra che sarebbe corretto dare una rivalutazione dopo che sia avvenuta.



RIVALTA Luigi

Però c'è già una terza proposta, che è diversa da queste due.



GANDOLFI Aldo, Assessore ai trasporti e alle comunicazioni

E' una ipotesi che potremo valutare se prendere o no in considerazione non appena ci sarà dato esaminare la documentazione relativa. Secondo l'impegno che avevamo assunto in Consiglio Regionale, questa è una valutazione di carattere tecnico-economico dal punto di vista della fattibilità, della redditività degli investimenti e della rispondenza alle esigenze di mobilità attuali tra due sistemi in alternativa: quello della metropolitana, da un lato, quello del sistema del ferro, dall'altro. Si tratta di valutazioni squisitamente tecnico-scientifiche, per le quali si è ritenuto opportuno rivolgersi ad istituti specializzati ed a tecnici specializzati. Potremo naturalmente valutare e criticare i loro contributi quando avremo in mano i risultati di questa ricerca.
Concordiamo, ripeto, sull'esigenza di affrontare una valutazione anche in termini di carattere urbanistico territoriale e di incidenza sull'assetto dell'area metropolitana, e proprio per questo ci siamo rivolti, all'IRES, ritenendo che appunto l'IRES fosse l'istituto qualificato ad esprimere questa valutazione di compatibilità, di coerenza di incidenza anche rispetto alle ipotesi di programmazione regionale e alle esigenze di programmazione regionale che più volte sono state fatte presenti.
Devo peraltro obiettare che questi ritardi non possono essere addebitati esclusivamente alla Giunta e che comunque il discorso che facevo con riferimento all'impegno che ha assunto anche l'Assessorato alla programmazione e al bilancio ha richiesto anche delle valutazioni di spesa e di coerenza con un'altra serie di ricerche che l'Assessorato alla programmazione aveva intenzione di impostare sul piano dei problemi di programmazione regionale, che non significano una volontà di ritardi ma la volontà di definire un quadro preciso e coerente di lavori da assegnare nel contesto della problematica alla programmazione regionale. Comunque, la definizione è questione di giorni.



PRESIDENTE

Abbiamo così esaurito la discussione di una certa parte di interpellanze ed interrogazioni.
E' intenzione del Consiglio e della Giunta dedicare, all'inizio di ogni seduta, un certo spazio di tempo alle interrogazioni ed interpellanze che ancora rimangono, con lo scopo di esaurirle tutte entro questa tornata.
Invito pertanto i Consiglieri che hanno presentato interrogazioni ed interpellanze a trovarsi puntualmente alle 9,30 di tutte le sedute.


Argomento: Zootecnia

Esame progetti di legge n. 85-132-152-156 sulla zootecnia. Interventi regionali per il miglioramento ed il potenziamento della zootecnia


PRESIDENTE

Punto quarto dell'o.d.g.: "Esame progetti di legge n. 85-132-152-156 sulla zootecnia. Interventi regionali per il miglioramento ed il potenziamento della zootecnia".



PRESIDENTE

La parola al relatore, Consigliere Adriano Bianchi.



BIANCHI Adriano, relatore

Signor Presidente, Colleghi, credo di poter esprimere innanzitutto la nostra comune soddisfazione per il fatto che, dopo un lungo cammino ed un impegno notevole, che ha accomunato la Giunta ed i membri della VI Commissione, il primo e più importante strumento legislativo per la zootecnia viene presentato oggi al Consiglio.
La Commissione VI ha affrontato l'esame delle tre proposte di legge e del disegno di legge della Giunta da lei, signor Presidente, test elencati, con la consapevolezza dell'importanza che il problema zootecnico riveste in questo momento.
La crisi della zootecnia mette in evidenza una generale crisi dell'agricoltura: non farò perdere tempo ai Colleghi riportando tutte le statistiche e le considerazioni che con acume, le varie parti proponenti hanno sottoposto alla nostra attenzione. Non posso però dimenticare che la zootecnia, se rappresenta, dal punto di vista del reddito agricolo, il 50 ha però una incidenza ancora maggiore, perché se noi lasciassimo crollare definitivamente questo settore, l'agricoltura sarebbe veramente condannata ad essere l'ultima delle attività marginali della nostra regione, ma ci non può essere. Oltre tutto, la zootecnia, consente pratiche agronomiche evolute (già oggi gli agricoltori ed i coltivatori più avanzati stanno utilizzando le materie fertilizzanti che sono connesse all'attività zootecnica in termini e modi, che consentono di supplire almeno parzialmente all'altra grave crisi per l'elevato costo e la difficile reperibilità, dei concimi, indispensabili per ottenere produzioni elevate.
Vi sono aspetti anomali in questa crisi, per cui ad un certo momento si denunciano come gravi, incidenti sulla economicità delle gestioni, le importazioni, ma il consumo è in aumento, la produzione mondiale di carne è insufficiente a seguire lo stesso sviluppo demografico. Si poteva pertanto intravedere il rischio, non a breve termine (perché ci sono ancora gli importatori di bestiame, di altri Paesi, che premono sul nostro mercato) di veder uccidere da importazioni eccessive e finanziate dai meccanismi monetari di oggi, la nostra zootecnia , trovandoci a lungo termine invece privi della possibilità di un sicuro approvvigionamento perché tutti gli studi indicano che la produzione della carne sarà sempre più insufficiente anche se si farà tutto quel che si deve fare, rispetto ai bisogni crescenti su scala mondiale.
Nessuno dei proponenti ha presunto di poter offrire, con le norme suggerite, una soluzione globale ed esauriente a questi problemi, anche se si è cercato di impegnare al massimo competenze e disponibilità finanziarie della Regione. Tutti però hanno mostrato di essere d'accordo - e lo è la Commissione - nel giudicare che le cause delle presenti difficoltà possono essere validamente e concretamente affrontate alla radice, con una serie organica di azioni politiche capaci di incidere sul fattore fisico ed ambientale: le aziende, la loro struttura, l'irrigazione, il regime delle acque, l'estensione dei pascoli; su quello umano e sociale: la preparazione tecnica e l'organizzazione associativa; sulle dimensioni e strutture aziendali: cioè aziende che abbiano una chiara vocazione zootecnica, per collocazione, dimensioni e servizi, impianti; sulle organizzazioni che vengono immediatamente a valle rispetto alle attività zootecniche, che sono quelle della commercializzazione che hanno rivelato in questi giorni la loro essenzialità, proprio perché non si riesce a collegare il fenomeno produttivo con quello del passaggio al consumo, evitando dei costi enormi che incidono sul consumatore senza avvantaggiare il produttore; sul problema dei trasporti e delle comunicazioni, per rendere possibili attività di produzione di latte e di carne anche in zone lontane e disagiate, mettendole in condizione di poter accedere rapidamente ai mercati o ai centri di trasformazione e stabilendo quindi una eguale condizione sotto questo profilo di partenza per tutti i produttori regionali.
In tutta questa vicenda della zootecnia, che ha già richiamato più volte l'attenzione del Consiglio, che è attentamente seguita dalla pubblicistica nazionale, il relatore ritiene di dover sottolineare un aspetto positivo: finalmente, dopo tanti anni di difficoltà e di crisi l'intera opinione pubblica del Paese - e in testa questa non ho difficoltà a mettere le organizzazioni più attente e più sensibili a questi problemi che sono le organizzazioni sindacali e di categoria - ha capito che il problema specifico della zootecnia, nel più vasto quadro di quello dell'agricoltura, non è problema di una categoria: è sì un problema drammatico per una categoria, ma è un problema nazionale, un problema dell'intera comunità nazionale, e come tale va affrontato, e quindi con mezzi, strumenti e visione generale adeguata. Credo che questa sia anche una conquista notevole per il mondo agricolo, che psicologicamente e politicamente tende, non illudiamoci, ad eliminare una forma di emarginazione, una forma di debolezza contrattuale che ha sempre pesato in passato nei rapporti fra mondo dell'industria mondo della città e mondo della campagna.
In questa situazione si collocano le leggi regionali - dico al plurale spiegherò il perché a conclusione - che stanno per essere approvate, intese a fornire provvidenze richiesta dalla congiuntura, quindi volte innanzitutto a preservare le aziende esistenti a dettare norme di validità permanente capaci di offrire un affidamento che incoraggi gli allevatori e ne indirizzi le scelte in prospettiva.
Nessuno vuol peraltro ignorare che, in assenza di modificazioni rapide delle attuali distorsioni del regime dei prezzi, sia del latte che della carne, e dei meccanismi di mercato, verrebbero in gran parte vanificati, o minimizzati, gli effetti che è giusto attendersi da una rapida operatività dei provvedimenti, che costituiscono certamente il più importante ed oneroso intervento fin qui effettuato in un settore di competenza primaria della Regione. Entriamo, finalmente, nel merito delle competenze regionali con interventi di grande peso.
La legge viene anche a fornire materia specifica per l'azione dell'Ente di sviluppo agricolo di recente istituito con legge regionale. Mi piace sottolineare anche l'esistenza di una continuità e di una consequenzialità nell'operare della Regione. Questo complesso di leggi dovrebbe in parte dare attuazione ed impiego agli stanziamenti effettuati dallo Stato, in relazione ad alcuni dei quali ancora in questo momento esistono obiettivamente delle incertezze, che però non valgono ad arrestarci nell'iter che stiamo seguendo e vogliamo seguire ormai in modo incalzante per giungere ad una conclusione. E poi esprime anche un impegno finanziario pluriennale ed un indirizzo globale ed autonomo che può essere ulteriormente sviluppato nel tempo. Il confronto che c'è stato collaborativo, costruttivo, tra la Giunta, in particolare l'Assessore, che è stato presente ogni qual volta è stato necessario in questa fase di studio e di elaborazione, e la Commissione, ha portato ad una riformulazione amplissima dei testi, per cui tutti i testi presentati all'origine sono irriconoscibili nel testo finale, anche se in ciascuno di questi si trovano stimoli, idee, soluzioni che hanno contribuito a portare allo sbocco cui perveniamo convinti non della perfezione ma già di una organicità che ci consente di essere abbastanza soddisfatti del lavoro compiuto. Vi è un carattere di organicità che li ha fatti passare, quindi da strumenti di intervento di emergenza al ruolo di un vero e proprio piano per la zootecnia, che, se è distinto dalla ricerca di una risposta immediata a problemi che urgono, ha però la finalità di provvedere per il futuro. Si è cioè partiti dalla considerazione della esigenza di interventi di emergenza per concludere che il modo migliore per curare l'emergenza era, in sostanza, quello di pensare in prospettiva e di fornire strumenti che avessero validità permanente.
Questa rielaborazione ha trovato fondamento, apporto e stimolo nella consultazione, e devo dire che questa consultazione ha avuto un carattere di concretezza, e di obiettività. Abbiamo sentito centinaia di persone, e gli interventi, nella loro quasi totalità, pur partendo da esperienze particolari, da testimonianze di situazioni particolari, erano tutti orientati verso l'interpretazione di un interesse generale, dell'interesse comune; e sono stati molto pertinenti, sicché un numero notevolissimo di suggerimenti, di proposte che sono venute dai consultati ha trovato recepimento nel testo della legge che oggi viene sottoposta al Consiglio.
In questa consultazione sono stati portati in evidenzia, per esempio in modo particolare, lucidissimo, i problemi della montagna connessi con i problemi della zootecnia: lo stato di degradazione dei pascoli, i mezzi per intervenire, le condizioni di disponibilità, di possesso, di proprietà; le conseguenze indirette della soluzione di questi problemi rispetto a problemi ecologici, a problemi di preservazione contro gli incendi; le condizioni delle abitazioni in montagna, i rapporti e i modi per rendere efficace la monticazione, e così via; le situazioni della collina, una montagna di elevazione altimetrica più modesta ma che ha qualche volta problemi ancora più drammatici, che non sono stati sufficientemente considerati. La necessità, in questo ambiente, di utilizzare una serie di risorse che si vanno rendendo disponibili, le condizioni appenniniche, con vastissimi pascoli, dove la monticazione non era mai esistita e dove l'allevamento locale stanziale è, per una serie di ragioni che non sto ad esporvi, venuto meno. E così poi ancora una conoscenza della realtà regionale: della esistenza di due diverse realtà rispetto alle province del Piemonte (Torino, Asti in parte e Cuneo presentano - parzialmente situazioni molto diverse dalla pianura, e soprattutto da Novara, Vercelli ed Alessandria) per le razze di bestiame e per le condizioni sanitarie. In alcune il risanamento è giunto a livelli che lo approssimano ormai alla conclusione in altre, che sono quelle a maggiore intensità zootecnica, il risanamento ha raggiunto livelli assolutamente insufficienti, creando problemi, come vedremo, di estrema gravità. Nella prima zona ha stanza quasi integralmente la razza piemontese, che sappiamo tutti essere un patrimonio che abbiamo il particolare dovere - in funzione di una esigenza nazionale, non solo regionale - di tutelare, una razza che anche coloro fra noi che non sono, diciamo così, tecnici dediti allo studio di questo problema hanno appreso essere di difficile recupero, proprio in funzione delle condizioni sanitarie.
Una drastica azione di risanamento che portasse rapidamente all'abbattimento di tutti capi malati sottrarrebbe addirittura l'area su cui operare per compiere il miglioramento della razza ed estrarne riportarne alla luce, tutte le caratteristiche fondamentali, che sono state quasi eliminate, per una serie di ragioni funzionali, dall'impiego quasi esclusivo per lavoro, alla ricerca di certe qualità abnormi che rispondono alla esigenza di produzione della carne. E così i problemi del risanamento visti anche in termini ambientali rispetto, per esempio, alla provincia di Cuneo, per cui, se in questa provincia, ad esempio, appare essenziale l'esigenza di consolidare innanzitutto gli allevamenti esistenti, e di difenderli, di incrementarli, di risanarli, in altre province - Vercelli Novara, in parte Alessandria -, l'esigenza primaria appare quella di far ritornare gli allevamenti in aziende ed in ambienti che hanno una elevatissima vocazione zootecnica, e da cui sono scomparsi per una serie di ragioni che non è il caso di analizzare in questo momento, di natura psicologica, economica, speculativa, strutturale e così via.
E qui si apre il discorso, che potrà ancora trovare degli echi in questo Consiglio, delle altre razze da carne in alternativa alla piemontese, che ha già difficoltà ad essere selezionata sufficientemente e sviluppata nell'ambiente in cui si trova, e che non è così facile estendere, esportare in termini quantitativi a breve termine anche nelle altre province piemontesi.
E veniamo alla questione del risanamento, che ha rivelato la sua drammaticità proprio nel corso del confronto e dell'esame delle leggi. Gli esperti e quanti conoscono in termini statistici sintetici la situazione sono concordi nel ritenere che una delle maggiori cause di debolezza anche economica della nostra zootecnia siano le condizioni sanitarie, che comportano una perdita del 30% dei vitelli, che comportano produttività minori, ed una utilizzazione delle bovine per un numero di anni notevolmente inferiore a quello che sarebbe consentito se fossero sane, che comporta un rapporto di utilizzazione degli stessi alimenti che è sfavorevole rispetto agli animali sani, con un aumento quindi di costi.
Dare incentivi o premi senza collegarli ad uno stimolo, ad un programma, ad una visione che porti al risanamento avrebbe voluto dire aggravare il problema tentando di superare momentaneamente situazioni di emergenza. Ma non si potevano eliminare con ciò stesso in termini restrittivi gli aiuti a tutti coloro che si trovano già in condizioni di maggior debolezza, con il rischio di adottare una serie di provvedimenti che, invece di incrementare il patrimonio zootecnico, concorressero in qualche modo a restringerne, in una visione, diciamo, quasi di elite, le dimensioni. Non potendosi adottare la linea dei contributi indiscriminati sia per il bestiame sano, in funzione del suo risanamento, sia per quello malato, si è scelto di ricercare tutte le misure che potessero, in modo diretto o indiretto, facilitare economicamente risanamento, offrendo delle alternative.
Gli strumenti che ne sono derivati si possono così sintetizzare: 1) intervento diretto della Regione nell'azione profilattica, con l'anticipazione e l'integrazione dei fondi previsti per questo scopo dallo Stato, in modo da accorciare i tempi e dare tempestività alle sovvenzioni.
Si tratta non della legge di cui esamineremo stamane l'articolato, ma dell'altra legge, che oramai è predisposta e che dev'essere approvata in un unico contesto, perché a giudizio della Commissione, confermato dalla Giunta tende a far raggiungere gli stessi obiettivi.
2) previsione di un premio o indennizzo affinché all'abbattimento dei capi infetti faccia seguito la sostituzione con animali sani, garantendo così la continuità, su di un diverso livello economico, degli allevamenti.
Ecco un aspetto nuovo, che è stato inserito per iniziativa dell'Assessore di fronte alle obiezioni e alle richieste dei Commissari. Si tratta, detto tra parentesi, di una integrazione, in forma positiva ed indiretta, del premio che viene ipotizzato dalla legge dello Stato per gli abbattimenti, e che qui è proposto in positivo perché si tratta di finanziare la ricostituzione degli allevamenti che vengono risanati con l'abbattimento.
3) la possibilità di costituire centri di allevamento vitelli, al fine di preservarne lo stato di indennità naturale e di predisporre il risanamento degli allevamenti di provenienza o comunque di approntare il materiale necessario per le sostituzioni e rimonte. Sappiamo tutti che questa iniziativa, i centri di allevamento vitelli, che gli agricoltori associati e le loro cooperative possono costituire, è stata caldeggiata e sostenuta con vigore dal collega Bertorello, con lo scopo di mettere gli allevatori (che abbiano allevamenti non indenni, sulla base della nozione scientifica che ci rivela come i vitelli nascono sani e possono essere preservati tali ancorché provenienti da animali ammalati) in condizione di poter rinnovare i propri allevamenti senza dover andare a cercare materiale raro, e, oltre tutto, molto costoso, per ricostituire delle stalle sane 4) possibilità, quindi, di una certa gradualità. La legge, cioè, è articolata in modo da consentire che le operazioni di risanamento avvengano, senza pregiudizio per il fine che si persegue, in termini di gestione graduale, non traumatizzante. Credo sia doveroso prevedere questo complesso di norme e di interventi, per dare una risposta alle preoccupazioni di molti agricoltori. Ricordo di aver visto preoccupati angosciati gli agricoltori del Cuneese, che un giorno affollarono le nostre salette, e ricordo come essi si domandassero: ma noi, cosa potremmo fare? 5) contestuali larghe possibilità di rinnovare le strutture (stalle ed impianti), nella considerazione che la situazione sanitaria del bestiame va addebitata per gran parte alla pratica della stabulazione permanente in ambienti assolutamente inadatti o infetti. Non basta, quindi, macellare il bestiame ammalato e comprarne di sano: bisogna demolire le stalle costruire impianti completamente nuovi, rinnovando le strutture, altrimenti si lavorerà veramente ad una tela di Penelope per cui si distrugge via via quel che si costruisce. Conosciamo la tragedia di molti agricoltori che hanno tentato due o tre volte di effettuare il risanamento, e alla fine rovinati, o ridotti in precarie condizioni, hanno chiuso la stalla giurando che, quali che fossero le provvidenze governative, mai più sarebbero tornati a questa pratica, alla quale non ci si rivolge soltanto per ragioni economiche, ma per profonda passione, che non si crea da un giorno all'altro.
C'è poi il problema di individuare i beneficiari delle scelte, cioè una legge che abbia carattere di generalità, che non sia faziosa, che non sia discriminatoria, che abbia come fine principale quello dell'incremento della produzione, ma che nello stesso tempo tenga conto della realtà umana e sociale delle campagne. I mezzi complessivamente mobilitati sono andati crescendo fino a raggiungere una dimensione notevole, ma è pur sempre una dimensione che ha dei limiti rispetto alla vastità del problema. Di qui l'esigenza di fare delle scelte, di graduare gli interventi. Devono pertanto essere esclusi innanzitutto coloro che non sono imprenditori agricoli e che, di conseguenza, hanno la possibilità di accedere ad altre forme di finanziamento: questo non significa inibire l'allevamento del bestiame a chi non è imprenditore agricolo, ma semplicemente non ammetterlo a fruire di queste forme di finanziamento; se lo si può intravedere in una diversa visione di tipo industriale, di tipo commerciale, si avvalga degli strumenti di concentrazione tecnica finanziaria che regolano questo tipo di attività economica.
I benefici di questa legge vanno dunque riservati a coloro che sono imprenditori agricoli, secondo una definizione che è del resto sufficientemente larga: coloro che dedicano professionalmente la propria attività all'agricoltura e che hanno aziende agricole, cioè che conducono del terreno; tra questi, va data priorità a coloro che esercitano l'attività in forma ancora più immediata, diretta e legata alla sorte della terra e delle aziende, che sono i coltivatori diretti, le aziende familiari coltivatrici dirette.
La zootecnia che si vuol incentivare, ammodernare e quindi salvare è quella che ha carattere permanente, stabile, e che unisce l'allevatore all'azienda agricola inserita nell'ambiente rurale nel suo complesso.
Perché è la sola che garantisce una continuità: sappiamo come le attività che abbiano un carattere meramente finanziario speculativo si possano mettere insieme rapidamente, ma si possano anche molto rapidamente smobilitare.
Dal punto di vista positivo, quindi, è stata definita la figura dell'imprenditore agricolo, e la definizione conclusiva che il comma I dell'art. 2 riporta - ho voluto controllarla anche personalmente, con senso critico, non con intenti giustificativi - non è in contraddizione, né in contrapposizione, con quella che ne dà il Codice civile: costituisce un quadro nel quadro. E' una definizione un po' restrittiva, ma non crea una figura diversa di imprenditore agricolo: descrive meglio la stessa figura di imprenditore agricolo, con la richiesta dell'esercizio professionale e dell'impegno prevalente nell'attività agricola, in rapporto alla realtà che in concreto è andata maturando.
Va detto, infine, che si è cercato di incentivare le forme di cooperazione e tutte le forme associative, in agricoltura e in zootecnia.
Non tanto e non soltanto per scelte di principio od ideologiche - dicendo questo ho voluto comprendere un po' tutti i Commissari: c'è chi accentua di più un aspetto ideologico in ordine a quella scelta e che invece accentua un aspetto pragmatico, un aspetto di necessità, un aspetto opportunità in ordine alla relazione - bensì per convinzione convalidata che solo attraverso forme associative possono essere risolti una serie di problemi specifici dell'allevamento.
La zootecnia è per sua natura inconcepibile - questo l'ho imparato compiendo alcuni viaggi all'estero, sia pure a breve raggio - in un'area ove non operino una serie di allevatori, che abbiano una serie di rapporti di legami: in assenza di queste condizioni non si può fare dell'allevamento, non si può fare della selezione, non si può fare una politica di mercato. Credo che in Piemonte ci sia molto da fare a questo riguardo: lo spirito cooperativo, associazionistico incontra qui qualche volta un fiero individualismo, che va oltre i limiti di una altrettanto fiera tutela delle libertà personali ed è di ostacolo alla costituzione di efficienti organismi cooperativi od associazionistici.
Allo scopo, poi, di non estendere le provvidenze e agli imprenditori senza terra,si è introdotto il principio di un rapporto tra il bestiame allevato e la capacità produttiva dell'azienda rispetto al fabbisogno alimentare, nel complesso, del bestiame ivi allegato, e questo non per tentar di inserire un meccanismo di distorsione rispetto alle scelte colturali, che sono perfettamente libere per il coltivatore e per l'agricoltore, ma nella convinzione che, una volta che un agricoltore si è deciso ad introdurre nuclei di bestiame nella propria azienda, è il bestiame che deve determinare una trasformazione colturale, e l'azienda diventa quindi una azienda integrata secondo una più valida formula agronomica.
La scelta prioritaria, poi, che qualifica il complesso delle norme legislative in ordine agli incentivi è quella di sostenere l'allevamento di animali destinati alla riproduzione con attenzione per le pratiche e tecniche di selezione e per le razze da carne. Sul problema delle razze da carne la discussione è stata ampia, direi anzi che non è stata conclusa. E' noto che la produzione della carne si ottiene oggi qualche volta con incroci, con tecniche particolari in modo abbastanza valido: anzi, pare che la maggior parte della carne prodotta adesso nella nostra regione provenga in sostanza da allevamenti con prevalente indirizzo a latte.
Quanto alla concessione di agevolazioni creditizie per l'acquisto del bestiame da riproduzione, non sono state fatte distinzioni di razza.
Principalmente alla montagna però e alla collina sono stati destinati i premi per l'allevamento di vitelle. Agli allevatori di pianura questi incentivi sono concessi solo in funzione della razza piemontese o di altre razze da carne. Se tale definizione non subirà modifiche, l'Assessore che dovrà gestire questo aspetto della legge non avrà certo vita facile, perch non mancheranno sicuramente le discussioni in ordine a questa qualificazione.
I contributi sui mutui ventennali per la realizzazione di nuove strutture ed impianti sono disposti per tutta la Regione, ma un intervento speciale ed organico è previsto per la montagna e collina, al fine della riattivazione ed utilizzazione di alpeggi, pascoli e prati-pascoli, che sono tipici più della collina o del basso Appennino, e per la loro dotazione di infrastrutture minime e degli impianti occorrenti al fine di renderle vere e proprie aziende pastorali, se così si può dire.
Notevole significato, non solo economico, per queste zone, ha pure l'assunzione dell'intera spesa, e quindi dell'organizzazione del servizio per la fornitura del seme e l'inseminazione artificiale: è una iniziativa che ha significato economico, perché alleggerisce gli oneri per l'allevatore, e significato zootecnico di miglioramento, perché fornisce uno strumento per una rapida azione di miglioramento e di selezione delle razze.
Un collegamento, poi, tra le due economie è costituito dall'invio in montagna del bestiame per il pascolo estivo, definito con il termine di "monticazione", fino a poco tempo fa forse ignoto anche ad alcuni di noi.
In ordine agli strumenti finanziari, la preferenza fra il contributo in conto interessi e quello in conto capitali è stata accordata al primo in ordine a certi tipi di intervento (non in ordine a tutti perché, in virt dei premi previsti dalla legge, saranno in misura largamente prevalente le somme disponibili in conto capitale). Ma, all'interno delle forme, diciamo così, di intervento per le strutture, si è preferito accentuare l'accento del mutuo ai fini dell'impegno e della responsabilità dell'imprenditore rispetto a quello del premio dell'intervento in conto capitale.
L'incremento attuale, purtroppo, dei tassi che ci si augura possa essere contenuto e possa essere nuovamente compresso, per tornare a sottolineare con questo anche il ritorno ad una normalità economica, rivela che un tasso del 3% è diventato virtualmente irrisorio, e il comprimerlo ulteriormente se può avere un effetto psicologico, non significa, dal punto di vista economico, dare un aiuto più apprezzabile, ma solo, magari, ridurre l'area degli interventi.
Altra scelta qualificante è stata quella di prevedere cospicui interventi in favore delle cooperative e delle imprese associate per la realizzazione delle stalle sociali, dei centri di allevamento vitelli di cui abbiamo detto, per la creazione di complessi di trasformazione commercializzazione e conservazione dei prodotti zootecnici, per l'acquisto di attrezzature mobili per trasporto e refrigerazione del latte. Questa scelta è determinata dalla convinzione che certe economie sono realizzabili solo raggiungendo livelli e dimensioni adatti e che il mondo rurale pu controllare questi processi, e quindi avvantaggiarsene, solo se queste dimensioni ottimali sono da esso controllate o se ne fa parte direttamente.
Va infine sottolineato che: la legge fondamentale, chiamiamola così quella che oggi è all'esame del Consiglio, le norme per l'attuazione della Legge Marcora, la 118, la Legge regionale per le anticipazioni di spesa per la bonifica sanitaria, e la Legge per l'utilizzazione dei fondi di bilancio e il rifinanziamento delle leggi dello Stato, (i piani verdi eccetera) costituiscono un unico programma di azione, che si articola in strumenti solo formalmente distinti per ragioni principalmente tecniche. Infatti, i provvedimenti urgenti dello Stato, che avranno, ahimè, per la situazione generale una portata finanziaria molto modesta, vanno a fondersi, a integrarsi, negli interventi regionali, dove invece si fa lo sforzo massimo, che credo debba essere ancora più apprezzato proprio in questo momento. E crediamo certo che una spesa di questa natura non è certamente diretta in un settore dove si incrementano delle spinte inflazionistiche ma in un settore dove si incrementa una attività produttiva, un settore di investimento così essenziale da sostenere veramente proprio in ragione della situazione economica e finanziaria e generale.
L'accelerazione del processo di bonifica sanitaria e la messa a disposizione dei mezzi occorrenti rompe il circolo vizioso di chi si trovava nella situazione di non poter fruire delle altre provvidenze perch non in regola con le norme sulla profilassi di Stato e di non poter contemporaneamente aderire ad un piano di risanamento non avendo le capacità economiche per sopportare, in attesa di contributi che possono venire fra anni in misura insufficiente, il peso economico della distruzione della propria stalla.
Quindi, ribadisco ancora - e questo lo faccio, se mi è consentito di fondere per un attimo le due funzioni, anche ai rappresentante del Gruppo democratico cristiano - che l'approvazione successiva dei vari testi non ne rompe la comune cornice, perché risponde ad un'unica valutazione e ad un unico impegno politico che si propone al Consiglio di ribadire, e con la richiesta, che io formalizzo, supponendo di avere risposta soddisfacente alla Giunta perché in apertura della stessa discussione faccia una dichiarazione esplicita a questo riguardo.



PRESIDENTE

Ringraziamo il relatore.
Ha chiesto di parlare l'Assessore Chiabrando. Ritegno sia opportuno dargli la parola in inizio di discussione, perché il conoscere il pensiero della Giunta Regionale mi pare sia importante per tutto l'ulteriore corso della discussione.
La parola all'Assessore Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro, Assessore all'Agricoltura

Ritengo sia utile che io precisi come viene inquadrato il presente provvedimento nell'ambito di altri più ampi provvedimenti che si stanno predisponendo, in modo che il Consiglio abbia il quadro completo entro il quale il problema zootecnico sarà risolto.
Con la presentazione al Consiglio del disegno di legge sugli interventi regionali per il miglioramento ed il potenziamento della zootecnia si conclude la lunga fase di studio e di preparazione di adeguati provvedimenti per la nostra zootecnia. Si tratta, in pratica, di una legge quadro che rispecchia la volontà dell'Amministrazione regionale, e spero anche del Consiglio, sul modo di affrontare e risolvere i problemi zootecnici.
La legge avrà operatività triennale, dal ('75 al '77). Per quanto riguarda il '74, sono allo studio diversi provvedimenti, che rientrano per nello stesso binario tracciato dalla legge che presentiamo oggi alla discussione del Consiglio. Avremo pertanto dei provvedimenti a favore della zootecnia di portata quadriennale di durata sufficiente, cioè, perché i nostri allevatori possano predisporre idonei programmi di potenziamento e miglioramento dei loro allevamenti.
Per quanto riguarda il '74, ci sarà un intervento portato dalla attuazione della legge 118, statale, che reca provvedimenti straordinari per la zootecnia sul piano nazionale, con lo stanziamento della somma di 60 miliardi. Non sappiamo però ancora quale sarà la quota assegnata al Piemonte. Anzi, le notizie che si sono finora giunte non sono incoraggianti: pare infatti che ci si trovi in difficoltà per la copertura finanziaria, al punto da far pensare che la legge venga abbandonata, o insufficientemente sostenuta con finanziamenti. Queste valutazioni si aggiungono a quelle già pessimistiche dei giorni scorsi, quando in Commissione VI valutavamo in 2 miliardi la quota da assegnare al Piemonte circa un decimo delle nostre necessità per poter attuare tutte le iniziative previste dalla legge statale. Non possiamo non rammaricarci e restare perplessi di fronte ad una legge che vuole fare molte, secondo noi troppe, cose, le quali vengono anche troppo propagandate, creando giuste aspettative nel mondo agricolo, senza assegnare poi i fondi necessari.
Tornando al nostro piano di interventi, devo aggiungere che con diversi capitoli del bilancio regionale di prossima approvazione ci sarà un ulteriore apporto di stanziamenti per altre iniziative. Questi capitoli saranno resi operanti con apposita leggina, pure in corso di approvazione.
La terza legge regionale in studio, e che la Giunta si riserva di presentare con urgenza, riguarda il risanamento zootecnico, di competenza dello Stato ma delegato alla Regione. Con questo provvedimento, che opererà dal '74 al '77, quindi per tutto il quadriennio, l'Amministrazione regionale intende anticipare gli interventi finanziari che lo Stato reca con notevole ritardo, tenuto anche conto dell'intensificazione dell'azione di risanamento che i nostri allevatori saranno obbligati ad effettuare per poter beneficiare delle nuove agevolazioni.
Sono quindi quattro i provvedimenti legislativi che la Regione Piemonte dovrà approvare nei prossimi giorni per realizzare l'organico programma zootecnico predisposto. Le somme globalmente stanziate ammontano a 11 miliardi per il '74 e 17 miliardi per ognuno degli anni 1975-76 e '77. Si potranno così mettere in movimento almeno 75 miliardi nel '74 (teniamo conto che per il '74 l'operatività si ridurrà a sei mesi) e 100 miliardi all'anno per gli anni successivi.
Per tutte queste iniziative sono state ampiamente ascoltate e consultate le organizzazioni di categoria, che qui desidero ringraziare per il decisivo e concreto apporto dato. Anche la VI Commissione, che ringrazio pure vivamente, ha dato un contributo decisivo al perfezionamento delle varie leggi. Credo che i Colleghi possano dare atto che la Giunta ha lasciato ampio spazio ai contributi offerti sia dai membri della commissione che dagli enti e dalle persone consultate. Questo documento legislativo e gli altri tre che seguiranno interpretano la volontà, i problemi e le necessità espresse dalle forze politiche e dalle categorie interessate della nostra Regione.
Per quanto concerne il merito della legge che oggi presentiamo desidero sottolineare due aspetti importanti ed essenziali: l'affermazione del principio della necessità dell'allevamento di bestiame da riproduzione per ripristinare e potenziare allevamenti che nel recente passato erano stati chiusi, ridotti, o trasformati nell'ingrasso; l'incentivazione particolare ad ogni forma associativa, cooperativa o meno, per la produzione, lavorazione e vendita dei prodotti.
Ritengo che queste siano le due linee portanti sulle quali occorre camminare ed insistere, se vogliamo risolvere con urgenza ed in modo adeguato i problemi della nostra zootecnia e dei nostri allevatori.



PRESIDENTE

Ringrazio l'Assessore Chiabrando, anche per la sua sinteticità.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Gerini. Ne ha facoltà.



GERINI Armando

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, Giuseppe A. Diffidenti giornalista, scriveva in data 6 aprile ultimo scorso per un giornale torinese, in un articolo che apparve in prima pagina, per la Commissione Agricoltura del Senato aveva in quei giorni definitivamente approvato convertendolo in legge, il piano-carne De Marzi. Quel provvedimento diceva, "delibera provvedimenti urgenti e stanzia 60 miliardi di lire per il 1974 a favore della zootecnia". Proseguiva che era "una preziosa iniezione di fiducia per gli allevatori, completamente scoraggiati, e che scopo della nuova legge era infatti quello di conseguire l'immediata salvaguardia del patrimonio zootecnico e l'incremento della produzione di carne attraverso il potenziamento e lo sviluppo degli allevamenti e di determinare le condizioni atte a rimuovere le cause contingenti e profonde dell'attuale crisi sia delle stalle sia dello smercio delle carni bovine".
Annunciava che le Regioni avrebbero avuto determinati compiti di attuazione ecc. ecc.
L'articolo era preceduto da un grosso titolo. Come l'uomo della strada fui molto soddisfatto di tale notizia, anche perché l' eco del provvedimento, attraverso la radio e la televisione, fu molto profonda. Mi era parso di capire che finalmente il Governo si impegnava seriamente per l'agricoltura, che fra non molto non avremmo più consumato tutta quella carne francese, o tedesca, o polacca, invero non buona come quella nostrana, e che giungeva persino nel mio Monferrato; che i contadini del Piemonte avrebbero riaperto le stalle chiuse; che avevamo trovato il peso giusto da mettere sull'altro piatto della bilancia commerciale per equilibrarla.
Poco tempo dopo, però, leggendo la "Gazzetta Ufficiale" del 4 maggio che pubblica quella legge, da alcuni chiamata Marcora, da altri Bartolomei o De Vito, o Arioli, e probabilmente è la sintesi di tante proposte di legge, mi è sembrato invece di capire che quella legge aveva molti limiti e che la sua attenzione avrebbe mortificato le attese degli allevatori.
Qualcuno ha poi parlato addirittura di "fregatura". Io mi limito a dire che è piena di insufficienze.
Infatti, dividendo quei conclamati miliardi per il numero dei bovini cui la legge si riferisce, calcolato che il Piemonte potrebbe avere assegnati circa due miliardi (però adesso ci sono dei dubbi, a quanto ho appreso dall'Assessore Chiabrando) e che i bovini da premiare in Piemonte potrebbero essere circa 300.000, si deduce che il premio pro-capite scenderà a qualche migliaio di lire. Bisogna quindi diffidare del signor Diffidenti, che chiama questa legge una preziosa iniezione di fiducia per gli allevatori e che persegue l'immediata salvaguardia del patrimonio zootecnico.
La legge dev'essere recepita dalla Regione entro un mese dalla sua pubblicazione...



FERRARIS Bruno

Entro il 4 giugno.



GERINI Armando

Esatto ... e la Giunta credo l'avrebbe fatto anche oggi se almeno il Governo avesse reso nota la quota assegnata al Piemonte dei 60 miliardi di cui all'art. 5 è autorizzata la spesa. E' certo che la quota che sarà assegnata alla Regione, ipotizzabile, ripeto, in circa due miliardi, dovrà essere maggiorata dalla Giunta con un congruo numero di miliardi, diciamo almeno dieci?



CHIABRANDO Mauro

Assessore all'Agricoltura. Mi pare che tu sia d'accordo, Assessore, in quanto avevi detto: per quest'anno sarebbero 11, per cui nove miliardi più due della Martora farebbero appunto 11 - da attingere dal bilancio '74 e da spendere subito e pienamente nel secondo semestre di quest'anno, poich sarà probabilmente l'unico intervento che potremo effettuare in campo zootecnico nel corso dell'anno '74, salvo gli anticipi da stanziare con legge - credo pronta, ed è stato confermato - per la bonifica sanitaria del bestiame.
Ritornando ancora un momento su questo argomento, vorrei ricordare che nonostante il contenuto scarso della legge Marcora, la n. 118, per intendersi, un certo ottimismo in questi ultimi tempi si era diffuso nel ceto agricolo e commerciale per la cosiddetta stretta creditizia; stretta creditizia stabilita dal Governo per porre un freno alle importazioni di bestiame, che dissestano la zootecnia nel nostro Paese e la bilancia commerciale. La stretta creditizia consiste, come tutti sanno nell'obbligare l'importatore ad un deposito infruttifero in contanti presso la Banca d'Italia pari al 50% del valore delle merci importate. L'ottimismo è però svanito in breve spazio di tempo, e lo chiarisce ancora Giuseppe A.
Diffidenti, sullo stesso foglio torinese, questa volta in terza pagina lunedì scorso, scrivendo che il 15 maggio, alla faccia della stretta creditizia, dico, io, sarebbe stato battuto il record, seppure per una sola unità, con una importazione di ben 1575 capi di bestiame - badate, in un solo giorno - introdotti in Italia dopo aver esibito ai doganieri la ricevuta del versamento del prescritto deposito. Cosa vuol significare tutto ciò? Che ancora una volta il problema è stato impostato male; che non si vuole, o non si sa, governare.
Cosa si dovrebbe fare, così, in definitiva? Accogliere la richiesta, da molti mesi avanzata dalle organizzazioni di categoria, riproposta anche più volte dal mio Partito, operando il blocco temporaneo delle importazioni di carne macellata e di bestiame vivo in Italia quale che sia la provenienza.
Il blocco si dice attuabile in modo diversi, con l'applicazione severa di tutte le norme in vigore per il commercio estero del bestiame e delle carni, ed è compatibile con le normative CEE, perché nelle condizioni in cui versa il settore degli allevamenti nel nostro Paese è certamente ravvisabile "lo stato di crisi grave". Il blocco temporaneo delle importazioni di carne, che potrebbe tonificare subito l'ambiente zootecnico, e del quale pare ora sia sostenitore il ministro Bisaglia, deve essere propedeutico alla impostazione di qualsiasi piano-carne: altrimenti gli sforzi che .si accingono a sostenere i nostri allevatori, stimolati anche dai nostri interventi, verrebbero vanificati dal persistere di artificiose condizioni di mercato.
Questa ampia premessa, signor Presidente, e colleghi Consiglieri, pu avervi tediato, può forse essere considerata fuori tema, ma non lo è in effetti, e l'ho ritenuta doverosa per porre in luce il quadro della zootecnia in generale per concorrere ed allarmare, ve ne fosse bisogno, la Giunta perché nel disegno di legge di recepimento della legge nazionale n.
118 venga stanziata per il 1974 la somma più alta consentita, sicché le misere cifre governative diventino congrue.
Gli allevatori debbono sì essere consci delle mille difficoltà esistenti, ma non debbono però essere illusi da certa stampa di parte e da altri canali di diffusione in cui conformismo non dovrebbe essere tollerato neanche in clima di elezioni.
Il disegno di legge regionale n. 156, che recepisce le altre leggi presentate dai colleghi, licenziato dalla Giunta il 28 marzo, ha subito importanti trasformazioni da parte della VI Commissione; poi ancora ritocchi da parte dell'Assessore competente, e mi auguro che da martedì ad oggi, ultimo giorno di riunione della Commissione, il testo sia rimasto come lo lasciammo.
L'operato della VI Commissione è stato molto democratico, in quanto si è proposto, discusso, accettato in ogni seduta; ma debbo ancora dire che non è molto corretto - e qui implicitamente do ancora ragione a Vera arrivare in aula per una legge così importante con un testo definitivo stampato all'ultimo momento, senza lasciare un minimo di tempo a chi ne avesse bisogno per consultare un esperto.
Il complesso delle erogazioni fissate dalla legge in conto capitale di 15 miliardi e 300 milioni ed in conto interesse per prestiti di 1700 milioni per ognuno dei tre anni in cui la legge resterà in vigore è indubbiamente rilevante. Spiace solamente che la legge non sia stata varata prima, come pure il mio Gruppo raccomandò a suo tempo, in modo da essere operante fin da quest'anno. E' augurabile che da qui al 1975 la crisi zootecnica non subisca ulteriori aggravamenti e che il numero degli allevatori non si assottigli ancora.
La legge sopperisce in parte alla inattività governativa per il recepimento delle direttive comunitarie, che avrebbero ben diversamente e più globalmente potuto aggiornare la nostra agricoltura. La impostazione ha una visione sufficientemente ampia, che potrà, ce lo auguriamo, soddisfare convenientemente le istanze avanzate dai produttori agricoli in questi ultimi mesi. Uno degli scopi è quello di cercar di ridurre in modo indiretto i costi di produzione, non avendo, mi pare, la Regione possibilità di intervento nella politica dei prezzi. La continuità zootecnica dovrebbe essere sufficientemente assicurata nell'intero territorio regionale, perché la legge tiene conto delle diverse esigenze degli allevatori; ma lo sarebbe certamente di più se un maggior vantaggio si volesse attribuire agli allevatori di collina, che sono più modesti, ed a quelli di montagna, presentando essi condizioni di maggior arretratezza di capitali, di strutture rispetto agli allevatori di pianura. Infatti, per la concessione di prestiti per acquisto di bestiame, art. 3, e per l'assunzione di mutui per realizzare strutture agricole, art. 6 e 7, gli operatori collinari e di montagna, agli effetti del tasso agevolato, non sono posti, obiettivamente, sullo stesso piano. Penso addirittura che agli allevatori di collina e di montagna per quanto già detto, dovrebbero essere concessi contributi in conto capitale in sostituzione, o in alternativa dei mutui, sia per quanto riguarda l'art. 3 che per gli artt. 6, 7 e 8.
Circa i Centri di allevamento, ritegno di dover avanzare alcune riserve, per la difficoltà di realizzarli. Perché, per essere tali dovrebbero sorgere con attrezzature e strutture adeguate, con una continua assistenza, e c'è la difficoltà di reperire personale, che è parecchio costoso. Rimane certamente la buona intenzione di stimolare l'associazionismo e la cooperazione, che non è poca cosa. L'emendamento Ferraris, introdotto nella legge, di estendere le agevolazioni dei Centri alle Comunità montane qualora dispongano dei beni necessari può trovarmi consenziente, ma ritegno che dette agevolazioni non possano estendersi all'ESA, così come è scritto nella legge, salvo che il Consiglio stabilisca che ciò avvenga in via straordinaria.
Infine, il mio Gruppo non è d'accordo sulla trasformazione che è stata fatta subire, con emendamento aggiuntivo, alla prima parte dell'art. 2.
Essa è stata oggetto di continue modifiche, e l'ultima, apportata dall'Assessore, ritengo su suggerimento della Coldiretti, la ritengo peggiorativa. La definitiva stesura della Giunta, che ritengo quindi concordata collegialmente dalla Giunta stessa, così recitava: "Ai fini della presente legge, deve intendersi imprenditore agricolo colui che svolge prevalentemente l'attività nell'azienda agricola ricavando dalla stessa la parte preminente del suo reddito".
A consultazioni concluse venne recepita l'osservazione di alcuni consultati, che consisteva nella abolizione delle parole "ricavando dalla stessa la parte preminente del suo reddito", eccependo che la bassa quotazione degli imponibili fiscali nel reddito agrario, specie in montagna e in collina, rispetto ad altri redditi, avrebbe escluso dalle agevolazioni brevi e piccoli allevatori, che pur dedicandosi completamente all'agricoltura, avendo altri redditi in famiglia, o di membri della famiglia, potevano superare l'imponibile del loro reddito agrario.
Il collega Bianchi, nel suo prezioso ed infaticabile lavoro di ritocco alla legge, trovò un modus vivendi che, se poteva dare ancora adito a perplessità circa l'esclusione di qualche operatore, tuttavia ritengo fosse più corretto, e prevedeva come beneficiario di agevolazioni" chi esercita professionalmente, in forma singola od associata, l'agricoltura impegnando la propria attività in modo prevalente nell'azienda agricola che conduce.
Accettata questa dizione dall VI Commissione, l'Assessore ha poi creduto bene aggiungervi il comma seguente: "comunque riservata la priorità ai titolari di impresa familiare diretto-coltivatrice che ricavano il maggior reddito dall'azienda agricola e sono iscritti negli elenchi ai sensi della legge n. 1136 e n. 9 ecc. ecc.".
Il testo Chiabrando, a nostro avviso, è palesemente discriminatorio, e quindi restrittivo, e non risponde alle finalità di potenziare effettivamente un aumento di produzione delle carni, perché è palesemente discriminatorio, e quindi restrittivo, e non risponde alle finalità di potenziare effettivamente un aumento di produzione delle carni, perché è diretto quasi unicamente ad una parte, sia pure cospicua, degli allevatori piemontesi.
Ancora una volta, permettetemi, la discriminazione mi pare odiosa ed assurda, tra le categorie agricole, specie nel momento in cui tanto si parla di un rilancio della zootecnia, in cui si cerca di tamponare una crisi che pesa su tutta la collettività per lo squilibrio che essa provoca nella bilancia dei pagamenti, allorché tutte le categorie agricole dovrebbero operare per la ripresa del settore, convogliando su di esso anche l'iniziativa ed il risparmio privato.
E' inconcepibile questa discriminazione, in un momento drammatico come l'attuale per una legge che deve durare solo tre anni. Neanche la legge Marcora arriva a tanto, anche se attraverso una corretta interpretazione può riconoscersi una preferenza nella concessione degli aiuti; ma, badate il fine principale della legge è quello di incrementare la produzione della carne, e non solo quella delle stalle dei coltivatori diretti, avendo i fondi una destinazione oggettiva: potenziare la zootecnia, e non quella di fornire integrazioni di reddito per alcune categorie. Io posso capire a priori ed a proposito l'atteggiamento dei comunisti, ma sono curioso di vedere quale sarà l'atteggiamento dei socialdemocratici e del Partito repubblicano, sempre assente in relazione a queste leggi, che con la D.C.
finora sono sempre stati troppo abbondantemente ricompensati, ed a torto sul piano elettorale dalle categorie di agricoltori oggi con questa legge discriminati.
Facciamo pure l'albo professionale degli imprenditori agricoli, ma prima dobbiamo recepire le direttive CEE, ed a quelle direttive adeguarci come concetto di impresa e di reddito. Mi pare che fosse quello il concetto espresso dal Presidente della Giunta nel suo programma di investitura.
Questa discriminazione è invece un altro acconto che per me non paga e che mi pare fuori luogo e fuori tempo.



(Applausi dal pubblico)



PRESIDENTE

Prego il pubblico di astenersi sia dall'assentire che dal dissentire.
Se il fatto si ripetesse, sarei costretto a far sgombrare la tribuna.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Ferraris, ne ha facoltà.



FERRARIS Bruno

Signor Presidente, Colleghi della Giunta e del Consiglio, mi soffermer in particolare sulla singolarità, per non dire paradossalità, della deprimente situazione in cui ci troviamo, che ci vede, dopo che il problema zootecnico è stato posto per due o tre volte all'ordine del giorno e rinviato, e dopo quattordici, se non sbaglio, riunioni della competente Commissione agricoltura, svoltesi nel corso di due mesi, chiamati a discutere in questo fatidico 24 maggio - dopo tanto lavoro, dopo tante attese, in quella situazione di crisi che conosciamo, di cui dirò pure qualcosa - una legge, nel complesso valida, anche se non immune da critiche, che coglie alcuni degli obiettivi fondamentali che noi ci eravamo proposti quando nell'aprile del '73 avevano presentato per primi una proposta organica per un piano pluriennale zootecnico, che avrà per effetto soltanto a partire dal 1° gennaio 1975.
Il relatore Bianchi e l'assessore Chiabrando hanno cercato di spiegare i motivi di questa situazione, ed hanno già anche anticipato alcune garanzie. Però, caro collega Bianchi e caro collega Chiabrando, noi non possiamo assolvere la Giunta, assolvere coloro, primo fra tutti l'Assessore, che si sono resi responsabili di essa.
Avevamo costruito, con l'efficace apporto collaborativo di tutti i commissari, un piano organico, che prevedeva inizialmente un'unica legge.
Eravamo passati successivamente alla decisione di adottare tre diversi provvedimenti, per varie ragioni - non escluso anche il fatto che l'Assessore Armella ha preteso di dare il suo imprimatur per quanto riguarda la questione della Sanità, e fra l'altro per la esigenza di recepire la legge Marcora-Artioli. L'impegno era però ben preciso: che si sarebbe giunti a questa seduta con questi provvedimenti, di cui proporre al Consiglio l'esame, la discussione e l'approvazione contestuale. Ci troviamo invece oggi a discutere una legge che diventerà operativa soltanto con il 1° gennaio '75.
Soprattutto nelle ultime riunioni ci siamo trovati in una situazione incredibilmente deprimente: non si sapeva più su cosa costruire, non c'era un orientamento, una decisione precisa da parte della Giunta. Ella, signor Presidente, ha sempre sostenuto in quest'aula come suo principio fondamentale, facendosene un punto d'onore, quello del lavoro collegiale della Giunta. Ebbene nell'ultima seduta, martedì 21, quella che tendeva a varare almeno tre proposte fondamentali, cioè questa legge, la leggina di recepimento della legge n. 118 Marcora-Artioli, quella di sostegno delle poste a bilancio sulle vecchie leggi Piano verde n. 1 e n. 2, che avremo modo di discutere successivamente, avevamo già dovuto rinunciare alla legge che deve consentire di concedere anticipazioni sui fondi per il risanamento e la bonifica. Dopo che si era arrivati ormai alla stretta finale concordando con l'Assessore una certa linea, ci siamo sentiti invitare a rinviare i lavori da un messo mandato dall'Assessore, dopo che questi era corso in Giunta con il proposito di tornarne con il pacchetto dei finanziamenti, per poterci chiarire le idee su quanto fosse possibile operare immediatamente quest'anno.
Ho voluto dire tutto questo non soltanto perché sono rimasto assai scosso e indignato per essere costretto a lavorare in un modo simile, ma pensando alla situazione reale in cui versa la zootecnia, alle attese del coltivatori e degli allevatori, una rappresentanza dei quali segue dal settore riservato al pubblico i lavori di questa nostra seduta. E' davvero singolare, paradossale, deprimente, dopo le manifestazioni che ci sono state, alle quali alcuni di noi hanno anche partecipato, dopo i fatti di chiusura di mercati e fiere che si sono avuti in quest'ultimo periodo, fino alla contestazione o al blocco delle frontiere, al quale hanno dato la loro adesione i colleghi della coldiretti. Ci troviamo oggi a discutere una legge che opererà soltanto dal 1975. E' vero che l'Assessore ha già annunciato - e me l'aveva già detto prima in privato - che riprenderemo il lavoro nei primi giorni della prossima settimana, per completare quel che non eravamo riusciti a concludere.
L'Assessore, però, ha parlato della somma di 11 miliardi che sarebbe finalmente stata approvata e definita. Questa cifra fa capire, se ci fosse bisogno di ulteriori conferme, come non si voglia prendere atto della gravità della situazione, come non si voglia intervenire in misura adeguata e sufficiente per porre in atto una vera e propria terapia d'urto, capace di invertire la situazione. Nella relazione, nel testo scritto della relazione Bianchi, si parla giustamente di una situazione quale quella della zootecnia, che sarebbe, grosso modo, quasi come una malattia, se ricordo la frase integrale, in un soggetto che non reagisce più agli stessi farmaci. Ma se questo che Bianchi scrive corrisponde alla realtà, allora occorre che in questo momento in cui abbiamo tutti quanti denunciato, da mesi e mesi, la situazione, le pause determinate dallo squilibrio fra costi e ricavi, a sua volta determinato dai montanti compensativi, dalle strutturazioni che avvengono sul piano dell'importazione, ove, come ho già avuto modo di dire altre volte, agisce un gruppetto di persone abili allievi diretti dei petrolieri o degli zuccherieri nell'arte della corruzione politica (abbiamo più d'una volta parlato dell'aumento dei costi di produzione e, dall'altra parte, della riduzione, del crollo del prezzo del latte e di quello della carne), è necessario mettersi all'opera, per scrollarsi di dosso questo pesante stato di cose.
Ebbene, in una situazione come questa, la possibilità di successo del piano che andiamo a varare per gli anni '75-76-77, che nel suo complesso ritengo valido, esigeva, ed esige, il coraggio necessario di fare ciò che purtroppo in questo Gerini ha ragione - il Parlamento ha indicato, ha promesso, senza poi stanziare i fondi necessari. Questa benedetta, tanto citata e nominata, oggi anche vituperata, legge Marcora-Artioli, ha colto indubbiamente il problema di fondo della situazione. I legislatori che l'hanno messa a punto l'hanno fatto ben consci che la salvezza della zootecnia sta in una modifica radicale delle strutture, nel rinnovamento delle strutture, sia produttive, di allevamento, sia soprattutto di commercializzazione, per ridurre la speculazione, per ridurre i profitti parassitari e via di seguito, per consentire un maggior reddito di lavoro al contadino e anche la riduzione dei prezzi al consumo; che però non ci si può illudere di determinare gli ingenti investimenti in strutture che richiedono queste innovazioni se non si riequilibrano costi e ricavi; che il riequilibrio dei costi e ricavi - un obiettivo che, sono d'accordo con Gerini, va perseguito, e del resto tutti lo abbiamo detto e codificato in un ordine del giorno in data 11 aprile '74 - comporta l'abolizione dei montanti compensativi, la temporanea sospensione delle importazioni l'applicazione di un controllo pubblico sulle importazioni,l'assegnazione di nuove attribuzioni e mezzi all'AIMA; la fissazione di una normativa per la cessione del latte non alimentare all'industria. Essi hanno pensato di dover escogitare, per servirsene in attesa che i suddetti meccanismi fondamentali e decisivi si mettano in funzione, un qualche altro intervento capace di equilibrare almeno in parte la situazione di costi e ricavi, e quindi di produrre una integrazione dei redditi degli allevatori. Con i suoi premi di allevamento, premi di natalità, di allevamento per la rimonta e di ingrasso, per un anno, la legge Marcora-Artioli mira appunto ad esercitare una terapia d'urto per rendere fruibili investimenti, interventi di carattere strutturale di altro tipo, quali quelli che abbiamo previsto appunto nella nostra proposta di legge.
Le difficoltà, praticamente, stanno nella mancanza di questa visione da parte dell'Assessore e della Giunta, nell'assenza di volontà di affrontare i problemi per quello che sono. Certo, sono giustissime tutte le critiche che si intende elevare qui nei confronti di coloro che hanno varato quella legge, non per quanto hanno in essa previsto ma per non aver fatto seguire a quelle giuste previsioni di intervento i necessari finanziamenti.
Sappiamo tutti che finanziamento di quella leggina si era partiti da 120 miliardi, ridotti a 60 con un primo colpo di scure da parte del Tesoro, e sappiamo che gia da tempo si tenta di recuperare anche quei 60 miliardi diluendoli nel corso dei prossimi cinque anni, per cui alla fine saranno a disposizione soltanto degli spiccioli, non adeguati ad elargire alcun premio, né di natalità né di ingrasso né di allevamento.
E' una critica, questa, cui ci associamo senza esitazione, critica che dovrà essere portata avanti di concerto con le altre Regioni, per costringere il Governo a ritornare sulle sue decisioni, a far fronte agli impegni previsti con quella legge. Ma se vogliamo fare davvero qualcosa in favore della zootecnia, se vogliamo che le stesse provvidenze che prevediamo nella legge che ci apprestiamo a discutere e votare in questa stessa seduta abbiano effetto, occorre che le Regioni, e fra esse la nostra in primo piano, si sostituiscano allo stato, intervenendo ad integrare adeguatamente quei pochi, o tanti - ma saranno senza dubbio pochissimi fondi che avremo sulla legge Marcora-Artioli, in modo appunto da creare le condizioni di partenza.
Entrando ora nel merito dell'elaborato che è al nostro esame, già ampiamente illustrato dal relatore collega Bianchi, ricordo che ho già avuto occasione di dire, sia pure di sfuggita, che nel suo complesso questa proposta si attiene, almeno in parte, ai principi fondamentali della proposta presentata dal mio Gruppo nell'aprile del '73. Si tratta, senza dubbio, di un provvedimento che presenta le caratteristiche fondamentali di un piano organico, anche se troppo limitato nel tempo (sarebbe stato bene fare un piano quinquennale, come avevamo chiesto noi, anziché triennale), e compie alcune scelte qualificanti, quali quella della razza piemontese e comunque delle razze da carne in misura prevalente, interviene in modo equilibrato ed articolato sulle strutture, con particolare riferimento a quelle produttive di allevamento e della commercializzazione (per la quale se non sbaglio, sono predisposti 6 miliardi e 200 milioni), individua i beneficiari in modo per noi non ancora del tutto soddisfacente (noi collega Gerini, riteniamo che una garanzia sia assicurata dalla prevista priorità, e non preferenza, riconosciuta questa volta ai coltivatori diretti ed alle forme associative, alle cooperative agricole di produzione e via di seguito, ai quali sono riservati, se non sbaglio 4200 milioni di intervento sui 6200 per le strutture).
Scelte fondamentali giuste, ma in un periodo di normalità, e per chi guarda il futuro. Queste scelte, soprattutto quella della razza da carne hanno però destato più di un motivo di preoccupazione e di perplessità inizialmente, da parte nostra. Mi riferisco al fatto che, trattandosi di scelte decisive ed importanti ai fini della ricostruzione, dello sviluppo del patrimonio zootecnico di qualità, lo scartare, come si scartava all'inizio ogni agevolazione per il bestiame da ingrasso, da macello, pone indubbiamente grossi problemi. Chi volesse fare dell'ironia, potrebbe dire: ieri lo Stato dava premi a chi abbatteva le vacche oggi la Regione incentiva con premi la ricostituzione del patrimonio zootecnico.
Questo è stato un punto sul quale abbiamo discusso a lungo, un punto che è stato parzialmente corretto attraverso la estensione anche dei prestiti per l'acquisto di bestiame da ingrasso, sia pure in misura limitata; un punto, ecco, che potrà essere completamente superato se nel corso di quest'anno, mentre si orientano gli atteggiamenti verso la fruizione dei provvedimenti del piano, si agisce con la legge Marcora Artioli, la quale non fa discriminazione fra allevamento e ingrasso, anzi emerge assai chiaramente che punta più sull'ingrasso, sul bestiame da macello che su altro tipo di allevamento.
Lo stesso discorso vale per l'ancoraggio di quasi tutte le provvidenze da condizionare all'adesione ai piani di risanamento e profilassi. E' ovvio, sotto il profilo tecnico ed anche economico, che si tratta di una scelta valida, lo ha rilevato egregiamente il relatore Bianchi, ma si correva e noi temiamo si corre ancora il rischio di escludere dalla possibilità di fruire di questa legge e delle sue provvidenze il 50% degli allevatori e degli allevamenti; nella Provincia di Cuneo vi è il 75% di allevamenti non risanati e assai maggiore è la percentuale nella provincia di Asti. Da qui è emersa l'esigenza di trovare una soluzione più elastica è stata trovata sul piano della semplice adesione alla azione di risanamento e profilassi; erano necessarie però altre soluzioni intese come del resto era previsto nella nostra proposta di legge n. 85, a mettere a disposizione dei veterinari provinciali i fondi adeguati per una rapida realizzazione dei piani di risanamento e nello stesso tempo a integrare i contributi inadeguati previsti dallo Stato.
E in questo senso la proposta di legge fondamentale interviene attraverso il premio di acquisto di 50 o 70.000 lire, per l'acquisto di bestiame da sostituire a quello abbattuto, parzialmente attraverso i centri di allevamento. Occorre vedere come e se la legge interverrà adeguatamente per l'anticipazione dei fondi da parte dello Stato affinché i veterinari provinciali, le amministrazioni provinciali siano in grado di avviare rapidamente, con la estensione e la profondità necessarie, la realizzazione dei piani di risanamento.
Era, questo, un impegno da portare contestualmente a questa legge.
L'Assessore per parte sua, deve dargliene atto, uno sforzo lo ha fatto perché ci ha presentato, concordandola con i membri della Commissione, una leggina, che però è stata ritirata perché l'Assessore Armella ha voluto imporle il suo imprimatur e poco male se però nel giro dei prossimi giorni della prossima settimana, tornerà in Commissione perché potrà essere discussa e presentata al Consiglio per la sua approvazione finale, perché è chiaro che senza quell'intervento viene a mancare a questa legge un supporto fondamentale e si verrebbero a determinare gravissime ed inaccettabili discriminazioni.
Il provvedimento quindi, l'ho già detto e lo ripeto, pur presentando altre insufficienze, alcuni vuoti, è nel complesso valido. Del resto è stato tessuto e ritessuto proprio come una tela di Penelope, abbiamo costruito e disfatto in continuità, coprendo alcuni buchi e lasciandone altri, determinando altri vuoti. Sono stati esclusi da ogni provvidenza gli allevamenti suinicoli e con argomentazioni che non mi hanno mai persuaso e non mi persuadono tuttora. Così come si è voluto limitare ad alcuni interventi (lo ha già detto anche Gerini) la giusta maggiorazione delle provvidenze a favore dei territori montani e collinari e questo nonostante le nostre proposte, nonostante che ormai l'intera legislazione agraria compia sempre una differenziazione e tenga in considerazione quanto abbiamo detto tutti quanti, quanto sta scritto per esempio nella legge sulla montagna, che si tratta cioè non soltanto di prendere atto che c'è una situazione di maggiore difficoltà, di maggiore degradazione, ma di assicurare qualcosa in più a chi garantisce il presidio del territorio montano. E oggi questo discorso vale anche per il territorio collinare.
E' stato pure respinto un più ampio intervento per lo sviluppo delle colture foraggiere, da noi ripetutamente richiesto, e ogni stanziamento per lo sviluppo della ricerca, della sperimentazione in campo zootecnico e per la realizzazione di iniziative e di progetti pilota nel settore, segno evidente che l'Assessore non ha molte ambizioni nel campo della ricerca e della sperimentazione.
Respinta, ma con l'impegno di recepirla in una prossima legge sulla cooperazione, la nostra richiesta (avallata peraltro all'unisono dalla consultazione) di un intervento sulle spese di gestione per le strutture cooperative, previste invece solo per i centri di allevamento e pure previsto dall'art. 3 della legge Martora-Artioli .
Anche per quanto riguarda i finanziamenti vi sarebbe molto da dire e non possiamo considerarli totalmente soddisfacenti; anche se ammettiamo che la somma di 17 miliardi è ragguardevole, essa comporta un investimento di circa 47 miliardi all'anno per tre anni, ma operando soltanto nel 1975 e perdurando l'attuale tasso di svalutazione le opere, gli investimenti realizzabili o che si realizzeranno un altr'anno e negli anni a venire possiamo già preventivare che si ridurranno di un buon 20%.
Nel complesso le critiche che abbiamo fatto e che abbiamo da fare riguardano non tanto quanto è previsto nella legge, quanto invece la legge non prevede e che può ancora prevedere ed includere.
Infine non possiamo non rilevare ancora una volta la paura del decentramento, il rifiuto del ricorso alla delega vera e propria; anche se si è prevista la possibilità di fare ricorso alla collaborazione di unti locali e di altri enti, associazioni, istituzioni operanti nel settore della zootecnia, o di utilizzare i loro uffici e le loro strutture, non si è voluto fare il passo decisivo della delega precisa, definitiva.
Nel complesso, come ho già detto, si tratta di una legge che valutiamo positivamente per le finalità e gli obiettivi che si propone, alla stesura della quale abbiamo contribuito in modo attivo ed impegnato, partendo dall'elaborazione compiuta in precedenza con la presentazione della nostra proposta di legge e cogliendo, strada facendo, il sussidio dei tecnici, di esperti, degli allevatori direttamente interessati, cogliendo soprattutto la situazione di sfacelo che si andava determinando e presentando in questo senso una seconda proposta di legge, la 152 a firma del nostro Capogruppo compagno Berti.
La gestione di questa legge non sarà facile e la stessa stesura delle norme applicative da parte della Giunta e dell'Assessore presenterà non pochi problemi di interpretazione, soprattutto per questo ci siamo battuti incontrando però il solito muro, la sordità di sempre ad inserire una norma che consentisse, in via principale, il concorso alla VI Commissione alla definizione delle circolari applicative che l'Assessore dovrà predisporre e che dovrà firmare il Presidente, o per ottenere in via subordinata che tale concorso venisse richiesto quanto meno alle organizzazioni interessate codificando a tal fine nella legge l'istituzione di un'apposita Commissione consultiva.
Strano a dirsi, ciò che si ottiene in questa Regione per esempio per l'artigianato, non lo si può ottenere per l'agricoltura. E' una cosa incomprensibile.
Ho così indicato, signor Presidente, colleghi, la linea sulla quale si articoleranno alcuni emendamenti (non molti) migliorativi che già abbiamo presentati. Essi si qualificano, come del resto tutta l'azione svolta in Commissione, sul piano della critica costruttiva e positiva.
Concludendo vorrei ancora sottolineare che l'efficacia di questa legge che ci auguriamo possa essere migliorata nel corso della discussione dipenderà, visto che agirà solo a partire dal 1.1.75 e forse anche dopo: dal tipo e dal volume degli investimenti che andremo a disporre nei prossimi giorni per il '74 e che a nostro parere devono raggiungere almeno i 20/25 miliardi se si vogliono fare le cose sul serio, e devono configurarsi, come quantità e come qualità, nella linea di quella terapia d'urto di cui ho detto prima verso quel malato di cui ha parlato il collega Bianchi che sembra non più sensibile ai farmaci; dalla scelte economiche generali del governo, sia con riferimento alle richieste dei sindaci e nostre per un nuovo modello di sviluppo che assegni priorità all'agricoltura, al Mezzogiorno, ai consumi sociali, sia con riferimento in senso stretto ai problemi della politica agraria nazionale e comunitaria.
Dobbiamo anche tenere presente la situazione che si è determinata sul piano del credito con il restringimento della liquidità necessaria e con le difficoltà che troveremo a mobilitare i fondi previsti; dal controllo pubblico o blocco temporaneo dell'importazione; dalla riduzione dei prezzi dei mangimi e dei concimi.
Occorre ribadire qui la posizione che già abbiamo assunto per intervento dell'AIMA, per la sua ristrutturazione ed il suo potenziamento per giungere quanto prima all'approvazione da parte del Parlamento di una legge già in corso di discussione che deve regolare appunto la cessione del latte non alimentare all'industria che si chiama normativa sulla contrattazione del latte. Ma se questo secondo gruppo di interventi appartiene fondamentalmente alla azione propria del governo ed in merito per quanto ci riguarda come Regione, la nostra azione non può che estrinsecarsi nella pressione di carattere politico da concretarsi ed attuarsi insieme a tutte le altre Regioni, a sostegno appunto di queste rivendicazioni, vi è però un altro campo d'azione che appartiene alla sfera della Regione, che appartiene alla sfera della Giunta, e mi riferisco sia alla azione promozionale che all'azione operativa della giunta e dell'Ente di sviluppo (che ora occorre istituire con la massima rapidità ed urgenza e mettere subito alla prova).
Si tratta di dare concreta attuazione alla normativa regionale per il latte, per la quale già esiste un impegno assunto dal Consiglio con l'ordine del giorno dell'11 aprile, così come si tratta di affrontare con decisione il problema della Centrale del latte di Torino, della sua pubblicizzazione, della sua regionalizzazione. D'altra parte cooperazione ed associazionismo, che sono o restano le scelte di fondo, senza un'iniziativa promozionale, senza un coordinamento o non nasceranno o potrebbero nascere male, come già è avvenuto quindici anni or sono o venti per il settore vitivinicolo.
Guardate che oggi stanno nascendo le cooperative previste dalla legge Marcora, un po' ovunque sorgono iniziative per la macellazione e via di seguito. E' importante, vanno incoraggiate, coordinate e possibilmente collegate alle iniziative associative nel campo della produzione e dell'allevamento.
Si impone quindi un'azione programmatoria, un'azione promozionale un'azione di coordinamento e così anche per quanto riguarda gli investimenti strutturali privati, singoli di grandi e medie dimensioni che vanno visti in prospettiva (indicati in uno dei primi articoli della legge) cioè in modo coerente ai piani zonali di sviluppo se non vogliamo invece soltanto correre dietro a qualche iniziativa sparsa, coordinata. Occorre affrontare, come dicevo prima, la messa in opera dell'Ente di sviluppo e far si che vengano avviati rapidamente gli studi, le discussioni attorno alla elaborazione dei piani di sviluppo.
Da questo insieme di problemi pare emerga con forza la esigenza, già ripetutamente posta e accolta a suo tempo dall'Assessore Franzi ma non attuata, di una conferenza regionale sulla zootecnia. Tale esigenza del resto è emersa anche dal Convegno Piemonte-carne tenutosi recentemente ad Asti dal quale, come al solito, quando si è giunti alla conclusione, la rappresentanza ufficiale della Regione è scomparsa, dai Presidenti all'Assessore competente; forse ero l'unico rappresentante della Regione presente e coloro che hanno concluso in assenza dei nostri rappresentanti hanno concluso assumendo impegni a nome della Regione e destando ancora una volta delle attese, hanno concluso dicendo che avrebbero presentato alla Regione i risultati di quel dibattito, impegnando la Regione a farli propri e soprattutto a verificarli, a continuarne l'approfondimento per arrivare a concludere sui piani di iniziative concrete.
Raccogliendo anche questa esigenza io credo che verso settembre si dovrebbe giungere ad un convengo che si prefigga nel quadro delle possibilità che offre la legge che andiamo ad approvare, di utilizzare subito tutti gli interventi in modo organico, affinché una volta tanto la spesa pubblica produca qualcosa di sano, di solido, di robusto, di nuovo.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Carazzoni, ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi, in più di una occasione, discutendosi di questo o di quel provvedimento legislativo, noi abbiamo aperto i nostri interventi lamentando e denunciando il fatto che la Regione Piemonte - per la debolezza, per la pigrizia od anche soltanto per la mancanza di fantasia dell'esecutivo in carica - arrivasse buon ultima a legiferare là dove altre Regioni erano giunte prima, dimostrando una maggiore tempestività o, se si vuole, una migliore sensibilità nell'interpretare le attese, le speranze le esigenze delle diverse comunità regionali. Non era, non si trattava di una politica astiosa o preconcetta: noi crediamo che - se in ipotesi fosse possibile, per una volta almeno, discutere in quest'aula senza condizionamenti di parte - potremmo e dovremmo trovarci tutti concordi nell'amara constatazione che la Regione Piemonte ha avuto un decollo stentato e faticoso e, per dirla in termini sportivi, si è ridotta a vivacchiare nel gruppo, qualche volta o molte volte giungendo al traguardo addirittura fuori tempo massimo.
Certo non era questo il destino preconizzato per questa Regione allorquando, nella fase enfaticamente detta "costituente", cioè nella fase di elaborazione, di approvazione dello Statuto, addirittura si era ipotizzata una Regione che fosse in grado di esercitare un ruolo trainante nei confronti delle altre Regioni. All'opposto, come dicevamo prima, le carenze dell'esecutivo (carenze, parliamoci chiaro, d'ordine umano e d'ordine politico) ci hanno ridotto ad una parte ben più modesta, ben più limitata dalla quale ancora oggi, per la verità, noi non siamo riusciti a svincolarci completamente se è vero, come è vero, che in molto settori continuiamo a restare squallidamente assenti. Basti ricordare - ci si consenta l'inciso e ci si permetta la digressione - che la nostra è forse l'unica Regione che, quasi giunta al termine della legislatura, tuttavia non è stata ancora in grado di varare una sola legge per esempio relativa al turismo, che pure è una materia che rientra tra le specifiche e primarie competenze regionali.
Quando dunque - e secondo quanto affermavamo nella premessa - noi ci accostavamo all'esame di un provvedimento legislativo criticando, per il ritardo dell'iniziativa, la sostanziale inattività o incapacità del governo regionale, non eravamo nel torto; né lo saremo allorché questa critica noi la dovremo ripetere in consimili circostanze.
Questa volta - ecco il succo dell'introduzione - non crediamo di dover dire cose molto diverse: le leggi di cui stiamo discutendo arrivano in ritardo, in una situazione che è già notevolmente disastrata e compromessa.
Ma detto questo, noi vogliamo e possiamo controbilanciare subito la critica con un riconoscimento positivo, riconoscimento che non abbiamo alcuna difficoltà a dare, intanto in quanto riteniamo di essere uomini liberi e oppositori leali. Diciamo, per precisare, che, anche se con un relativo ritardo, il provvedimento di cui ora stiamo discutendo sembra a noi essere un provvedimento decente ed accettabile. Precisiamo subito: un provvedimento decente ed accettabile nei suoi contenuti tecnici, al di là del taglio politico che alla legge si è voluto dare ed al quale poi noi ci rifaremo, in ultima analisi, per la definizione del nostro voto che appunto da questo taglio politico - per noi da respingersi - verrà determinato e condizionato.
Ma di questo diremo in seguito. Per il momento noi avvertivamo soltanto il dovere di esprimere all'esecutivo in carica in questa particolare circostanza, un parziale riconoscimento. E questo facciamo con molta tranquillità, con molta serenità, sperando che nessuno si senta turbato o contaminato da questa nostra aperta affermazione, esattamente come d'altra parte nel rilasciarla non è che noi ci sentiamo compromessi nella nostra linea di opposizione che rimane, ovviamente, immutata.
Ma detto questo, cioè ammessa la relativa sostanziale validità dell'intervento regionale nel disastrato settore della zootecnia, è giocoforza allargare il discorso a considerazioni di carattere generale che ci sembra pertinente ancorché doveroso introdurre a questo punto. A che cosa mai potrà servire - ecco la domanda - il buon proposito della Regione Piemonte quando poi ad esso non faccia riscontro un altrettale buon proposito da parte del governo centrale? Perché continuerà a non produrre alcun giovamento il prevedere, a livello regionale, incentivi, prestiti contributi in favore dell'agricoltura in genere e della zootecnia in particolare se a monte, cioè a livello governativo, non verrà prima risolto problema nodale del programmare e dell'attuare una diversa politica agricola.
Intendiamo dire che la riconosciuta buona volontà della Regione è destinata ad essere vanificata almeno sino a quando il governo non sarà riuscito, come è suo dovere fare e come colpevolmente sino ad oggi non ha saputo fare, a tonificare il mercato, tonificazione che, per ciò che attiene al particolare settore della zootecnia, potrà avvenire solo rendendo competitivo prezzo della carne ed il prezzo del latte alla stalla.
Se questo non avverrà, rendiamoci realisticamente conto che progetti di legge come quello di cui stiamo adesso discutendo, non avranno, al di là della loro intrinseca validità, alcuna prospettiva di incidere in modo positivo in una realtà, quella delle campagne, fattasi ormai insostenibile.
Ma, come dicevamo, l'inversione di tendenza deve avvenire al centro. E purtroppo qui non vi è alcun sintomo che consenta di essere ottimisti al riguardo.
Ma chi mai, nella situazione che è venuta a crearsi, oggi può essere tanto pazzo, o se volete può essere così altruista da andare ad impegnare il proprio denaro in un'impresa agricola, in un'azienda di allevamento? Quali sono, infatti, in Italia, le prospettive di remunerazione del capitale, la garanzia di poter realizzare un equo prezzo di vendita dei prodotti, la possibilità di collaborazione tra capitale e lavoro? Nel dopoguerra è stato fatto di tutto per scoraggiare questa collaborazione ed il primo colpo di piccone lo diede De Gasperi con il suo famoso lodo sulla mezzadria che portò alla baldanza delle sinistre e diede il via alla tregua mezzadrile, al blocco delle disdette e in seguito ad una serie di leggi sempre più eversive e punitive della proprietà fondiaria. E adesso i risultati sono quelli, catastrofici, che stanno davanti agli occhi di tutti.
Noi crediamo che i colleghi forse ricorderanno i comunicati trionfalistici con i quali, per anni e anni, si è incoscientemente esaltato lo squilibrato sviluppo industriale, ignorando il contemporaneo e conseguente disastro agricolo. Era allora, se ben ricordiamo, annunciatore televisivo di questi "bollettini della vittoria" Gianni Pasquarelli; e si diceva in tono enfatico; la popolazione delle campagne, che nell'anteguerra era il 60%, è scesa al 40%, una prima grossa vittoria. E poi: gli addetti al settore agricolo, che erano il 40% adesso sono scesi al 30%. Benissimo ci stiamo avvicinando ai livelli dei paesi più industrializzati. E ancora: la popolazione agricola è scesa al 20%. E così, a forza di vittorie di questo genere noi siamo arrivati al 16% di addetti al settore agricolo, un settore che ormai è in completo disarmo ed in totale crisi di fiducia e non è possibile prevedere quali saranno le tensioni sociali che si verificheranno il giorno in cui l'operaio, se vorrà campare, sarà costretto a lasciare la tuta e a ritornare a riprendere la zappa. Perché ben vero che negli altri Paesi occidentali più evoluti la popolazione agricola è diminuita, ma non è stato così per la relativa produzione, poiché quei Paesi hanno saputo, per tempo, innestare sul tronco primitivo dell'agricoltura individuale, dell'agricoltura di tipo artigianale, la moderna industria agricola mentre noi nelle campagne abbiamo lasciato soltanto il vuoto.
E così, tanto per fare un esempio, la Francia e la Olanda, che per clima e per natura non sono certo favorite al pari dell'Italia, oggi sono diventati Paesi eccedentari nella produzione di carne, mentre noi siamo costretti invece alle massicce importazioni dall'estero.



BIANCHI Adriano, Relatore

Non sono poi così valorizzati la Francia e l'Olanda rispetto all'Italia. Tutta la fascia verde atlantica è migliore ancora...



CARAZZONI Nino

Ma non vogliamo paragonare il clima nostro al clima dell'Olanda!



BIANCHI Adriano, relatore

Per fare gli aranci sì, ma non per il resto.



CARAZZONI Nino

Comunque, per tornare al filo del nostro discorso, se questa è la situazione, se questa è la realtà, se queste sono le condizioni miserrime mortificanti nelle quali sono stati ridotti gli imprenditori agricoli, a che cosa potranno servire le provvidenze regionali se, come annotavamo prima, il governo non cambia linea di condotta e non riesce a tonificare il mercato agricolo nazionale? Precisiamo ancora meglio queste perplessità. Noi stiamo per approvare una serie di misure senza dubbio interessanti nella loro portata e nel loro contenuto, per la salvaguardia, per lo sviluppo, per il miglioramento del patrimonio zootecnico piemontese. Benissimo. Ma quale allevatore di Cuneo di Asti o di Novara si sentirà spronato od anche solo rassicurato a fare ricorso agli incentivi e alle agevolazioni creditizie disposti dalla Regione Piemonte sino a quando non sarà garantito, ripetiamo, garantito che la crisi zootecnica verrà risolta dal governo a livello nazionale? Ecco perché, per una volta che l'esecutivo in carica ha saputo dimostrare una relativa buona volontà costringendoci a riconoscerlo, noi temiamo che tanta dimostrazione abbia a produrre ben limitati effetti.
D'altra parte che cosa può tranquillizzare l'allevatore piemontese, che cosa potrebbe indurlo a tenere duro, a non chiudere le stalle come molti troppi hanno fatto in tutti questi anni? Per carità, non certo (lo si è detto anche da altre parti) il così detto piano carne recentemente approvato dal governo e contro il quale si è scatenata; la rabbia, noi diciamo la giustificata, legittima rabbia degli allevatori di tutta Italia giustamente esasperati nel constatare che una volta ancora è mancata al vertice la volontà politica di prendere quelle misure che sole possono risanare il mercato delle produzioni zootecniche arrestando subito, e non fra mesi o fra anni, la chiusura delle stalle, logica conseguenza dell'accentuato sbilancio tra costi e ricavi nelle aziende del settore.
In realtà, da questo piano carne destinato ad entrare in vigore, per ben che vada, nel 1975 o nel 1976, è scaturita sinora soltanto la prospettiva, certo allettante per le camarille politiche, di una torta di circa 500 miliardi da dare in pasto ad un nuovo carrozzone (che si chiama poi ENFIM o con un'altra sigla non ha molta importanza); ma sicuramente non è derivata, per l'allevatore italiano, alcuna seria prospettiva di tranquillità e di fiducia. Né a frenare le sempre più massicce importazioni di bestiame hanno provveduto le recenti misure, note come stretta creditizia.
Ha del tutto ragione il collega Gerini quando ricorda quanto affermato recentemente dalla "Gazzetta del Popolo" sul fatto che, nonostante le misure in atto, l'importazione di bestiame dall'estero non è per niente diminuita, anzi, si è raggiunto il limite dei 1575 capi importati in un solo giorno. E quelle erano dichiarazioni che la "Gazzetta del Popolo" portava virgolettate, perché non erano del giornalista Diffidenti, ma erano dichiarazioni dello stesso segretario all'agricoltura, in carica, on. Ennio Salvatore, quindi erano affermazioni che venivano presentate con l'avallo della fonte più ufficiale! E allora, dovendo operare e vivere in questo quadro, l'allevatore piemontese può ben ritenere a giusta ragione che i provvedimenti che noi ci apprestiamo a varare e ad offrirgli siano in questa situazione soltanto o poco più che dei pannicelli caldi. Per dare ad essi la forza ed il peso di incentivi veramente stimolanti è indispensabile, è urgente, è sacrosantamente necessario che, a livello governativo, si dispongano ben altre misure in favore della zootecnia.
Occorre cioè il blocco delle importazioni per tutto il bestiame, sia macellato che vivo, sia proveniente dalla C.E.E. che dai Paesi terzi.
Occorre l'abolizione dei montanti compensativi, cioè di quelle ingiuste sovvenzioni che gli agricoltori dei Paesi della CEE ricevono per i prodotti agricoli che vengono ad esportare in Italia. Occorrono la disciplina ed il controllo delle importazioni dei prodotti lattiero-caseari; occorre l'adeguamento del prezzo del latte ai costi di produzione che oggi non consentono un prezzo inferiore alle 150 lire alla stalla. Si renderebbe necessario anche consentire al latte pastorizzato la libertà di prezzo di cui fruiscono i latti sterilizzati. E ancora sarebbe utile un'incisiva campagna promozionale per i formaggi tipici, per tenere ad un certo livello anche il prezzo del latte industriale che oggi sta ribassando fortemente.
Occorre, infine, l'esenzione dal blocco dei prezzi dei formaggi tipici italiani che sono stati discriminati ingiustamente nei confronti dei formaggi tipici esteri i quali, chissà mai perché, al blocco dei prezzi non sono stati sottoposti.
Occorre tutto questo, colleghi Consiglieri. E sino a quando queste misure non verranno finalmente adottate, sperare in una ripresa del settore zootecnico sarà pura illusione, sarà chiara follia.
Per cui, lo abbiamo già detto, se non si arriverà a tonificare il mercato nazionale all'allevatore continuerà a mancare la necessaria indispensabile fiducia e noi, con tutti i nostri provvedimenti, ci ridurremo a fare soltanto della sterile accademia, intanto in quanto non bastano, non possono bastare le solo iniziative regionali a dare ossigeno al settore zootecnico messo in crisi dall'imprevidenza, dall'incapacità dalla demagogia della classe politica che nel corso di questi anni ha così malamente governato la nazione.
Non bastano queste misure anche se - pure questo abbiamo già ammesso sono provvedimenti accettabili sotto il profilo tecnico, tant'è che nel merito dell'articolato di legge il Gruppo del M.S.I. - Destra Nazionale ha presentato pochi emendamenti correttivi e migliorativi. Per cui, se ci si dovesse limitare ad una valutazione tecnica dell'iniziativa legislativa di cui stiamo discutendo, noi non avremmo difficoltà alcuna a concedere, pur con tutte le perplessità finora espresse sull'efficacia reale di simili interventi, un voto favorevole.
Ma il fatto è che alla legge si è voluto dare anche un taglio politico ed è proprio su questo punto che noi adesso intendiamo fermare la nostra attenzione. Nel progetto di discussione tutto, o quasi tutto, dicevamo, è accettabile, ma vi è un articolo, l'art. 2 per intenderci, che non pu essere da noi approvato e che se fosse votato nella formulazione proposta distorcerebbe profondamente il significato stesso della legge intera introducendo pericolose definizioni e, soprattutto, statuendo discriminazioni inammissibili.
Volendo essere molto chiari al riguardo, noi precisiamo senza esitazione che, ad avviso nostro, non può essere accettato: 1) la definizione che nella premessa si intende dare alla figura dell'imprenditore agricolo, definizione che, così com'è formulata, è in aperto compromesso con la DC ed il partito comunista, mira soltanto a predisporre il terreno per il varo dell'Albo Professionale in agricoltura 2) il riconoscimento, agli effetti del godimento dei benefici previsti di una priorità ai titolari di impresa familiare diretto-coltivatrice priorità che non ha alcuna ragione d'essere e che pertanto deve venire sostituita con una semplice "preferenza", perché, stranamente, il relatore Bianchi, nel testo colloca sullo stesso piano i termini "priorità" e "preferenza", ma nell'articolato di legge si usa in modo specifico il termine "priorità" e questo sembra essere a noi inaccettabile e da modificarsi. Perché il voler insistere sulla "priorità" non è che un'altra dimostrazione di compromesso raggiunto tra D.C. e Partito comunista intanto in quanto non viene, non diciamo favorita considerata, viene anzi completamente esclusa da qualunque beneficio possibile l'impresa non coltivatrice diretta 3) infine e particolarmente l'obbligo per i beneficiari di essere iscritti negli elenchi ai sensi delle leggi 22.11.54 n. 1136 e 9.1.63 n. 9 il che in pratica significa - e ancora una volta siamo di fronte all'evidente compromesso tra D.C. e Partito Comunista - limitare la concessione dei benefici soltanto alla Coldiretti e all'Alleanza Contadini.
Questa discriminazione non esisteva nei primi progetti di legge presi in esame dalla VI Commissione, è comparsa all'improvviso...



CHIABRANDO Mauro, Assessore all'agricoltura

C'era molto di più.



CARAZZONI Nino

Sì, ma era diverso.
E' comparsa all'improvviso ed è stata subito battezzata come "variante Chiabrando" mentre a noi sembra che più giustamente la si potrebbe o la si dovrebbe definire "variante dell'accordo D.C.-P.C." poiché non è un'ipotesi da fantapolitica questa - e i fatti comunque lo dimostreranno, come già pu averlo dimostrato in parte, per chi ha bene ascoltato, l'intervento del collega Ferraris - supporre che con la sua iniziativa l'Assessore all'agricoltura mirasse a raggiungere proprio questo fine.
Resta in ogni caso, al di là di qualsiasi valutazione politica che noi potremmo fare, che noi siamo tenuti a dare, una discriminante da respingersi anche perché, se è vero, come è vero, che questo provvedimento si inserisce, per così dire, nella legge statale 18.4.1974 n. 118, la così detta "Legge Marcora" che deve essere intesa come una vera e propria legge quadro in materia di agricoltura, allora è altrettanto vero che la legge Martora non prevede alcuna discriminazione quale quella che qui si vorrebbe introdurre, statuendo che i beneficiari abbiano la obbligatorietà della iscrizione agli elenchi mutue della Coldiretti dell'Alleanza Contadini.
Noi sosteniamo pertanto che il provvedimento sia in questa parte da modificarsi ed a questo scopo il Gruppo del M.S.I. - Destra Nazionale ha presentato uno specifico emendamento soppressivo e sostitutivo dell'intero articolo 2.
Può essere - noi comunque abbiamo qualche perplessità al riguardo - che la legge non richieda il visto di conformità della C.E.E. Ma sicuramente non può essere che la legge si ponga in contrasto con la legislazione statale in materia, così come invece lo sarebbe se la "variante dell'accordo tra la D.C. ed il P.C." fosse mantenuta nel testo.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri, è questo taglio politico che al provvedimento in discussione si è voluto dare che ancora una volta costringerà le forze qui rappresentate a un'assunzione aperta di responsabilità. Noi siamo pronti a farlo anche non votando, se modifiche non verranno introdotte, una legge non censurabile o per lo meno poco censurabile nel suo contenuto tecnico, ma purtuttavia inammissibile per le limitazioni e per le discriminazioni che in una visione faziosa e demagogica si propone di statuire.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Franzi, ne ha facoltà.



FRANZI Piero

La legge, che ci apprestiamo ad esaminare ed approvare, costituisce un indubbio passo in avanti sulla strada della autonoma iniziativa legislativa regionale.
Soddisfa anche il fatto che una simile iniziativa sia volta verso il settore agricolo, e zootecnico in particolare, settore che da parecchi mesi segna una preoccupante recessione con gravi ripercussioni per tutto l'assetto economico regionale e nazionale.
Non è la prima volta che la Regione Piemonte affronta l'esame degli scompensi di produzione, di prezzi, di mercato, che travagliano questo delicato settore, ed in ogni occasione purtroppo, pur essendo riusciti a diagnosticarne i mali, non siamo mai stati in grado di provvedere per una confacente terapia curativa.
Ben venga, quindi, la legge che stiamo esaminando, che rappresenta il coacervo di idee, proposte, suggerimenti, indicazioni, di tecnici, di allevatori, di sindacalisti, di politici, con la speranza e l'augurio per i nostri allevatori di trovare nelle diverse condizioni operative che vengono offerte nuovi elementi di fiducia per rilanciare la cadente economia del settore.
Le cause degli sfasamenti, come è noto, sono da ricercare sia nelle condizioni proprie di allevamento che nella difficile competitività di mercato.
I nostri allevatori, infatti, anche nelle condizioni migliori non riescono a contenere il costo del latte ad un livello inferiore a L. 150 il litro. Conti analitici in tal senso, con, vacche che producono 55 quintali per anno, a stabulazione libera, lettiera permanente, dimostrano un costo di oltre L. 150 il litro.
Per quanto concerne la carne, il costo di allevamento, sempre nelle condizioni migliori, nel corso del 1973 è oscillato da L. 830 a L. 850 per vitelli cresciuti da kg. 70/80 a kg. 490/500.
A fronte di tali costi i prezzi ufficiali della CEE per la campagna 1973/74 erano L. 77,62 per il latte e L. 648,43 per i vitelli. E' vero che i prezzi reali di mercato hanno quotato livelli superiori (L. 95/100 per il latte e L. 750/780 per i vitelli), tuttavia sono sempre stati quotati su livelli inferiori ai reali costi di produzione.
Se molti allevatori hanno saputo resistere ciò è avvenuto a costo di enormi sacrifici finanziari riducendo i costi aziendali della mano d'opera della rimonta, degli interessi sugli investimenti, degli ammortamenti delle spese generali etc. In altre e più semplici parole hanno lavorato senza alcuna retribuzione del loro lavoro, non hanno compensato il capitale di investimento, non hanno calcolato le quote di ammortamento, ecc.
Per quanto poi attiene alle condizioni di mercato in cui hanno dovuto operare i nostri allevatori in questi ultimi mesi, sono aspetti oramai risaputi e già più volte indicati: svalutazione della moneta, oscillazione libera, montanti compensativi, ecc. Tutti aspetti che rientrano in quel coacervo di richieste più volte avanzate al Governo affinché volesse intervenire nei confronti dei Paesi comunitari che direttamente ed indirettamente ne sono la causa.
L'intervento del Governo italiano presso la Comunità, se pur non nel senso richiesto dalle organizzazioni professionali, cioè ricorsi alla clausola di salvaguardia, si è avuto nei primi giorni del mese di maggio con l'obbligo del deposito infruttifero in contanti presso la Banca d'Italia di somme uguali al 50 delle merci importate dall'Estero.
I riflessi di tale operazione sono stati immediati. Il diminuito flusso delle merci ha aumentato la domanda dei prodotti nazionali con correlativo aumento dei prezzi.
Tale iniziativa tuttavia è già stata vivacemente contestata da quasi tutti i Governi comunitari, per cui sarà da verificare sino a che punto il Governo italiano saprà e potrà resistere.
L'agricoltura non ha bisogno di provvedimenti occasionali, quale pu essere quello che stiamo esaminando, richiede invece una continuità e molteplicità di interventi fra essi collegati, così da poter trasformare tutta la struttura del settore, sia per quanto riguarda la produzione che la commercializzazione dei prodotti.
Circa le caratteristiche della Legge mi dichiaro sostanzialmente concorde, tuttavia ritengo che sarebbe quanto mai opportuno riconsiderare alcuni aspetti per assicurare maggiore incisività agli interventi. Mi riferisco, in particolare, agli interventi per la montagna e per la fecondazione artificiale.
Montagna: è vero che per la prima volta vengono concessi contributi specifici per la monticazione del bestiame, tuttavia è ben poca cosa in rapporto ai "grandi" bisogni di investimenti di cui necessita la nostra montagna (e poi, bisogna anche precisare che il contributo per la monticazione è stato sollecitato dagli allevatori di pianura per l'utilizzazione dei pascoli nella stagione estiva, per cui i problemi montani restano quali sono).
Si è detto tante volte e lo si è detto anche in questa sala, che l'economia agricola montana è essenzialmente quella zootecnica; che aiutare le popolazioni a restare in montagna significa valorizzare vasti territori della Regione a vantaggio di tutta la società, in particolare quella urbana; che aiutando gli allevatori a restare in montagna ci si assicura (senza spesa) la custodia del suolo essendo dimostrato che la prima difesa dall'alluvione bisogna proprio crearla nelle zone di montagna, e per ultimo ci si assicura la vigile collaborazione per combattere gli incendi boschivi.
Ebbene proprio in occasione della prima legge, che può interessare i montanari e la montagna, si vogliono peggiorare gli interventi previsti dalle leggi Statali (legge 991 - 454 - 910).
Mi riferisco ai contributi in conto capitale che vengono soppressi dalla legge in esame, mentre invece con le leggi già richiamate i contributi venivano erogati sino al 50% della spesa di miglioramento emessa.
Se le condizioni di maggior favore previste dalle leggi statali non sono valse a trattenere gli allevatori in montagna, come possiamo sperare e pensare di incentivare la zootecnia montana con condizioni finanziarie peggiorate? Così pure dicasi per quanto riguarda i contributi per l'acquisto di bestiame. Presenterò specifici emendamenti agli articoli n. 5 e n. 3.
Fecondazione artificiale: molto valida è l'iniziativa di incentivare la fecondazione artificiale, tuttavia lascia perplessi il fatto che la legge non preveda l'autonomo rifornimento del seme spermatico.
A me pare che la soluzione ideale per la Regione dovrebbe essere quella di crearsi un proprio "centro tori", così da poterlo controllare direttamente, e completare il servizio di miglioramento genetico. Infatti solo attraverso un "centro tori" gestito direttamente dagli allevatori sotto diretto controllo degli organi tecnici della Regione, sarà possibile orientare lo sviluppo zootecnico secondo le linee che maggiormente portano a vantaggiare la nostra economia agricola.
Non va infatti dimenticato che il 50% della produzione lorda è assicurato dal settore zootecnico, per cui proprio agli allevamenti bisogna assicurare il massimo appoggio.
Ma il miglioramento zootecnico non è limitato al solo fatto dell'allevamento del bestiame, quanto al più ampio aspetto della ricerca morfologica e genetica per la trasmissibilità dei caratteri miglioratori di razza.
Ecco perché i tecnici zooiatrici, per favorire il miglioramento delle razze, consigliano la fecondazione artificiale.
Queste, molto succintamente, sono le ragioni che ci devono determinare a costruire un "centro tori" regionale.
Non potrà certo soddisfare le nostre esigenze il "centro tori" dell'Istituto zooprofilattico, sia perché le finalità istituzionali dell'Ente sono quelle della profilassi e non quelle del miglioramento morfologico e di razza, sia perché gli allevatori sono completamente estranei alle scelte ed agli orientamenti di gestione.
Per quanto riguarda poi l'innovazione della garanzia fidejussoria della Regione è appena il caso di dichiarare la mia piena adesione. Con tale soluzione amministrativa si potranno correggere tutti gli errori del passato, ponendo tutti gli imprenditori in condizione di poter accedere ai finanziamenti, il che purtroppo non avveniva nel passato.
Devo dichiarare però che la formulazione dell'articolo deve essere corretta. Anche se il testo è stato integralmente recepito dalla mia proposta di legge del gennaio '74, tuttavia tale formulazione può incappare nella censura di incompetenza ed esserci perciò respinta perché innovativa dell'articolo 6 legge 1760 del 1928.
Circa poi la data di inizio di attuazione della legge, che nella proposta della Giunta è prevista per il 1975, penso che se si vuole veramente agire nell'interesse dell'agricoltura si dovrebbe dare immediata attuazione.
Non va dimenticato infatti che, pur prevedendo l'applicazione per il 1974, si andrà ugualmente al 1975, causa i tempi lunghi di approvazione e di impegno della spesa. La legge infatti potrà essere approvata nei primi di luglio, per cui prima che siano impostate le istruzioni amministrative si giunge ad agosto, quando tutti sono in ferie. Il tempo materiale per l'esame delle domande, sopraluoghi, ecc. ci porta a settembre-ottobre, per cui i primi impegni di spesa possiamo averli verso novembre/dicembre '74.
Con la legge valida per il 1974 noi possiamo spendere già da gennaio 1975, mentre invece se la legge avesse validità dal 1975, prima di impegnare la spesa dobbiamo attendere l'approvazione del bilancio, il che se fosse come quest'anno, si verificherebbe a maggio, con possibilità di spesa (solo dopo il visto del Governo) per il mese di luglio. Ciò vorrebbe dire ritardare l'operatività della legge di altri sei mesi (un complesso di 12 mesi da oggi) il che non può essere accettato.
Insisto quindi perché si anticipi l'applicazione della legge al 1974 anziché al 1975 come proposto dalla Giunta.
Signor Presidente, signori Consiglieri, so di aver abusato della Vostra cortesia, tuttavia la materia che mi appassiona avrebbe meritato anche un più approfondito esame, ma il tempo purtroppo è sempre tiranno e mi impone di concludere.
La legge, già valida così come è presentata, se convenientemente emendata sarà una ottima legge dalla quale sicuramente i nostri allevatori potranno trarre proficui vantaggi.
Prima di concludere però mi corre l'obbligo di ringraziare il relatore avv. Bianchi, per la non lieve fatica di pazienza, coordinatore dei molti suggerimenti che da più parti gli sono giunti, come pure desidero ringraziare la Giunta e l'Assessore Chiabrando per la disponibilità assicurata per il mondo agricolo e richiamare il loro impegno perché a questa prima iniziativa ne possano seguire altre capaci di stimolare e sostenere anche gli altri settori produttivi. In tal senso mi auguro che si possa, già prima delle vacanze estive, esaminare il problema dei miglioramenti fondiari, anche in considerazione del fatto che l'approvazione delle direttive CEE ha subito un'altra battuta d'arresto e non sappiamo quando diventeranno legge di Stato.
L'agricoltura ha bisogno del nostro appoggio e noi non lo dobbiamo negare.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Calsolaro, ne ha facoltà.



CALSOLARO Corrado

Signor Presidente, sarò breve, anzi, mi chiedo se ad una certa ora di queste sedute del nostro Consiglio non sarebbe opportuno innestare un circuito televisivo con interventi registrati in play-back: questo ci toglierebbe dalle angustie di dover essere brevi ad ogni costo e di tagliare gli interventi in modo disorganico.
Nel nostro Paese abbiamo sperperato, attraverso i piani verdi, circa duemila miliardi di lire, che non hanno risolto alcun problema di fondo e hanno lasciato l'agricoltura in quelle condizioni di crisi che tutti noi conosciamo.
Questa crisi al tempo stesso strutturale e congiunturale riguarda tutte le Regioni, tocca praticamente tutti i comparti produttivi ed investe tutte le forme di conduzione con manifestazioni clamorose quali sono date per esempio dal fenomeno della senilizzazione che ha già toccato il limite di sicurezza; e ancora dalle azioni speculative, dagli imboscamenti e dalla corsa agli affari nel settore cerealicolo; dai contraccolpi del blocco dei prezzi, completamente negativi per i contadini.
Abbiamo già esaminato, nel nostro Consiglio, e ne ha fatto test richiamo il collega Franzi, le ragioni per cui il nostro Paese è largamente inadempiente in ordine all'attuazione delle direttive comunitarie relative all'ammodernamento delle aziende agricole e all'incoraggiamento della cessazione dell'attività agricola e alla destinazione della superficie agricola utilizzata a scopi di miglioramento delle strutture.
Non vorremmo che si continuasse su questa strada, e che questa legge non per la specifica iniziativa dei proponenti, o per l'elaborazione che di essa ha fatto la VI Commissione permanente - che vi ha lavorato sopra con un impegno continuo e con grande responsabilità - rischiasse, per la situazione obiettiva in cui versa la politica agricola del nostro Paese, di non raggiungere gli obiettivi che si propone se si collocasse, nel momento operativo, nell'ottica dei piani verdi ai quali ho accennato.
La crisi in cui siamo piombati richiede invece provvedimenti a livello di strutture e non già correttivi occasionali o frammentari: la politica agraria è una componente essenziale delle riforme e deve puntare all'obiettivo di superare sia gli squilibri settoriali tra agricoltura e industria, sia quelli all'interno stesso del campo agricolo tra il settore capitalistico e quello contadino a vantaggio di quest'ultimo, sia, infine gli squilibri settoriali tra città e campagna e fra nord e sud.
Solo risolvendo questi problemi si può raggiungere l'obiettivo di fare della nostra agricoltura un elemento di spinta dello sviluppo economico generale. La nostra impostazione di politica agraria ruota attorno al tema della trasformazione delle strutture: il principale punto di riferimento è il piano zonale che deve essere considerato la sede propria per l'unificazione di tutte le iniziative di rinnovamento dell'agricoltura.
In questo ambito, la costruzione di una nuova dimensione economica dell'impresa coltivatrice mediante l'associazionismo e la cooperazione diventa più facile; così si rafforza anche il potere contrattuale dei produttori sul mercato sia nei confronti delle imprese commerciali che oggi lo controllano, sia nei confronti delle grandi industrie di trasformazione.
L'Ente di sviluppo deve costituire lo strumento operativo per la realizzazione di tali obiettivi e per questo, nel programma della Giunta ne abbiamo chiesto la sua istituzione, cosa che è stata realizzata. Oggi rivolgiamo un'istanza al Presidente della Giunta perché venga quanto prima realmente costituito.
Sul piano pratico la Regione, per raggiungere i suoi obiettivi di riforma, deve valersi del suo strumento operativo, che è appunto l'ESAP attraverso la valorizzazione dei piani di zona, essendo proprio a livello di zona che si può risolvere, nell'ambito del piano regionale e nazionale il problema della ristrutturazione aziendale. E' sempre nell'ambito del piano di zona che possono trovare maggiore comprensione e appoggio le iniziative associative, proprio quelle iniziative associative di cui si parla nella legge che oggi è in discussione, sia per la produzione che per la trasformazione dei prodotti, come anche per le esperienze di collegamento tra produzione e consumo, al fine di eliminare le rendite parassitare dell'intermediazione. Noi intendiamo in questo modo conseguire due risultati importanti: il primo è quello di stabilizzare i prezzi dei prodotti agricoli alimentari, che rappresentano, soprattutto a causa dell'intermediazione speculativa il fattore decisivo della sfrenata corsa al rialzo del costo della vita; il secondo è quello di riequilibrare la bilancia commerciale che registra ogni anno un deficit insostenibile per la necessita di massicce importazioni di derrate alimentari, soprattutto di carne che rappresenta il 40% di tutte le importazioni agricole alimentari.
Gli interventi, per corrispondere ad una logica programmatoria dovrebbero accompagnarsi alla sistemazione ed alla ristrutturazione delle aziende.
Non si può continuare all'infinito secondo la logica per cui l'agricoltura è un servizio pubblico e non un'attività economica. La logica dell'economia protetta porta al colossale indebitamento dello Stato: i socialisti non possono accettare il principio di una situazione per cui tutto il peso di un'improvvisa politica economica finisca col gravare su coloro che lavorano alle catene di montaggio.
L'ultimo comma dell'art. 1 contiene una previsione di grande rilievo programmatico, là dove stabilisce che "gli interventi devono essere conformi alle indicazioni dei piani di sviluppo delle Comunità montane e dei piani zonali, ove esistenti". Da questa affermazione dovrebbe discendere, come naturale conseguenza, anche se non l'ho formalizzata un'articolazione degli incentivi in due diverse ipotesi, a seconda che l'acquisto e l'allevamento del bestiame, come previsto dagli artt. 3 e 4 avvengano o meno in conformità dei piani, intendono per piani tanto i piani di sviluppo delle Comunità, quanto quelli zonali.
Così, per esempio, l'interesse annuale a carico dei beneficiari potrebbe essere fissato nella misura diversificata del 2,50, 2,75, per chi ristruttura e per chi partecipa al piano zonale o al piano di sviluppo della Comunità montana, e del 3 % per chi invece non ne fa parte.
Per fare un piano agricolo zonale non ci vogliono degli anni, ci vogliono due mesi. E' stato istituito l'ESAP proprio con il compito essenziale, fondamentale, istituzionale di elaborare i piani zonali. Anche se la legge non contiene un esplicito riferimento all'ESAP, pur tuttavia l'affermata conformità degli interventi ai piani zonali, ove esistenti, non può non porre in termini di urgenza la necessità che si proceda alla loro determinazione ai fini di mettere la zootecnia in condizioni di reggere la situazione e di assumere dimensioni economicamente valide ed efficienti.
Il piano agricolo zonale che determini la misura ottimale delle aziende, che promuova nell'ambito delle direttive della CEE, anche e soprattutto l'associazionismo produttivo, può condurre alla realizzazione di una politica della zootecnia che superi la vecchia impostazione assistenziale di pura e semplice integrazione del reddito.
In questo senso sono certamente opportune e qualificanti le provvidenze di cui agli artt. 7, 8, 9 e 11 riservate alle cooperative agricole, alle imprese agricole associate, ai centri di allevamento, nonché - per il servizio di fecondazione artificiale - agli enti locali e alle Comunità montane.
Che il passivo della nostra bilancia commerciale sia da attribuire in larga misura all'importazione di derrate alimentari, che il costo dei mangimi per uso zootecnico sia salito a tali livelli da rendere poco remunerativo l'allevamento del bestiame; o che, se non vengono attuate entro breve termine misure per risolvere la crisi in atto, ci troveremo inevitabilmente a fronteggiare un razionamento dei generi alimentari evento inaccettabile ed impensabile in un Paese che si presume occupi una posizione di rilievo tra le nazioni tecnologicamente avanzate, è opinione di dominio pubblico, che non ha bisogno di essere illustrata.
Sono puntualmente giunte alla stampa quotidiana anche le analisi delle cause che hanno provocato l'instaurarsi di tale situazione e le proposte da adottare per risolvere la crisi.
Faceva osservare durante la sua relazione, il collega Bianchi, che la zootecnia riveste un ruolo molto importante nell'economia agricola del Piemonte, incidendo per oltre il 50% sulla produzione lorda vendibile dell'agricoltura. La quota maggiore di questa produzione deriva dal contributo dato dal settore dell'allevamento bovino che, fra latte, carne e prodotti derivati, fornisce circa il 50% del reddito zootecnico complessivo.
L'importanza della zootecnia nell'economia regionale risulta anche dal fatto che esse viene considerata in grado di incrementare, più di ogni altro ordinamento colturale, il suo valore aggiunto, cioè il suo prodotto netto, qualora sussistano le condizioni strutturali ed infrastrutturali favorevoli al suo sviluppo.
I capi bovini piemontesi sono circa 1.250.000, numero che risulta pressoché invariato dal 1960 ad oggi, e questo mentre l'incremento del consumo dei vari tipi di carne pro capite risulta costante, da 37,6 kg annui nel 1963 a 59,2 kg nel 1972.
E' da sottolineare anche che questo patrimonio bovino della Regione piemontese risulta allevato per oltre il 70% in aziende con un numero di capi compreso fra uno e dieci. Simili dimensioni aziendali sono ben lontane da quelle considerate ottimali perché l'allevamento risulti remunerativo per cui non dobbiamo stupirci se negli ultimi anni una percentuale elevata di queste aziende, pari al 25%, abbia cessato l'attività e venduto il bestiame per la macellazione, determinando così un ulteriore calo del patrimonio bovino regionale.
Questi eventi hanno assunto una frequenza allarmante soprattutto nelle zone di montagna, dove interi territori sono rimasti spopolati a causa dell'esodo della popolazione locale. L'aver permesso che questo avvenisse senza neppure tentare di fornire finanziamenti e assistenza che avrebbero potuto permettere agli abitanti di queste zone di adottare nuovi mezzi tecnici, nuove forme di associazionismo per utilizzare in forma collettiva vasti territori adibiti a pascolo, nei quali allevare razze selezionate, è stata sicuramente una scelta negativa.
In mancanza di associazioni di allevatori, già sta accadendo sulla fascia appenninica, ed è prevedibile che possa accadere anche in Piemonte che forti industrie private si impossessino di zone ormai spopolate per stabilirvi allevamenti bradi di equini e di bovini il cui costo di esercizio è limitato e il rendimento alto.
E' facile intuire che se avremo forse più carne di quanta ne disponiamo attualmente, non avremo in realtà risolto il problema della zootecnia da un punto di vista sociale, in quanto l'abbandono di questi territori da parte della popolazione residente coinvolge anche altri settori, quali quelli turistico ed agricolo, e comporta la creazione di poli artificiali con tutti i problemi conseguenti già ora piuttosto evidenti.
La relazione del Consigliere Bianchi evidenzia in modo chiaro e profondo tutti questi problemi in rapporto al testo legislativo che viene oggi presentato per l'approvazione in Consiglio.
Approvando la relazione ed il relativo disegno di legge, riteniamo di approvare in particolare quelle linee programmatiche che appunto nella relazione, quanto nel testo di legge, sono chiaramente evidenziate.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Menozzi.



MENOZZI Stanislao

Chiedo preventivamente scusa se vi indurrò a fare, credenti o no, un fioretto, tramutandovi per un giorno in romani e posticipando l'ora del meritato pranzo.
Intervenendo lo scorso anno in sede di discussione sul bilancio di previsione per il '73, riaffermammo tra l'altro che si doveva prestare decisa attenzione alla necessità di intraprendere una nuova politica zootecnica atta a qualificare l'intervento regionale. A tale proposito invocavamo l'attuazione di un'organica legge per il rilancio del settore zootecnico, in forte e progressiva crisi, per dar vita ad un valido "piano carne" operando anche per mezzo del credito, più possibile sganciato dalle fatidiche "garanzie reali". La stessa esigenza abbiamo evidenziato nel gennaio di quest'anno nel dibattito sul programma della nuova Giunta proprio nel momento in cui si andava dilatando la crisi del settore.
Il Consiglio, finalmente, dopo 14 riunioni di Commissione svoltesi dal 26.3 al 21.5, due delle quali dedicate alla consultazione, è posto nelle condizioni di procedere al varo di questa legge, la cui validità avrà effetto dal 1 gennaio del prossimo anno ed alla quale dovrebbe far seguito nei prossimi giorni, come indicato dal relatore, l'approvazione di altri due provvedimenti legislativi al fine di completare e sostanziare la portata del primo provvedimento e per anticipare, in unione agli stanziamenti previsti nel bilancio di previsione di prossima approvazione gli interventi a favore della zootecnia non più dilazionabili, essendosi protratta oltre il previsto l'attesa degli allevatori, anche se, in merito alle due leggine, cui ho fatto cenno, almeno per una di queste sono sorti dei preoccupanti nei.
Associandoci al collega Bianchi, al quale tributiamo il più vivo ringraziamento per l'apprezzabile relazione, riteniamo, altresì, doveroso prendere atto con compiacimento della positività della consultazione, della serietà di impegno profuso dai membri della VI Commissione e del responsabile impegno manifestato dall'Assessore Chiabrando nell'aver voluto, nel limite del possibile recepire parecchie delle proposte suggerite ai fini del miglioramento del provvedimento, oggi sottoposto al definitivo esame di questo Consiglio.
Il nostro ringraziamento deve essere anche rivolto al Presidente della Giunta e agli Assessori tutti, i quali, rendendo possibile l'atto legislativo che ci accingiamo a compiere e venuto per riconfermare, dopo l'avvenuta approvazione dell'ESAP e di altre leggi varate in questi ultimi mesi, l'impegno e la volontà politica di voler concretamente operare seppur tra non poche e non lievi difficoltà, per mantener fede al programma presentato nel gennaio scorso.
Però, nonostante la positività delle indicate manifestazioni e testimonianze sui contenuti e sulla portata del "provvedimento" coi suoi 17 e più miliardi di spesa annua nel triennio '75/77 - somma di gran lunga superiore a quella destinata nei due anni precedenti a tutto il settore primario e che colloca la nostra Regione tra i primissimi posti in campo di politica zootecnica regionale - molte, per non dire troppe, altre cose ancora ci preoccupano in riferimento al quadro generale del comparto zootecnico a livello interno e comunitario, reso maggiormente preoccupante dalla grave situazione economica e finanziaria - e fermiamoci qui - del nostro Paese in questo delicato momento.
Tra le cause vi è, anche, il mancato recepimento delle tre direttive comunitarie, la paralisi pressoché totale di finanziamenti statali, che si protrae ormai dal 31 dicembre del 1971, il blocco dei prezzi alla produzione, deciso nel luglio '73, la recrudescenza dei costi di produzione, conseguenti alla crisi energetica e alla svalutazione monetaria, resa maggiormente dannosa per i produttori agricoli in generale e per gli allevatori zootecnici in specie, con l'uscita del così detto serpente monetario e la micidiale - sempre per l'agricoltura e la zootecnia adozione della lira fluttuante, provocatrice di quei tristi "montanti compensativi" che favorendo e spingendo l'importazione di carne viva e macellata nel nostro Paese, a livelli mai conosciuti in passato, hanno inferto un duro, per non dire mortale, colpo agli allevatori italiani costretti ad alienare il loro bestiame, subendo gravi perdite che si vanno protraendo da alcuni anni a questa parte, e col sempre crescente disavanzo della bilancia dei pagamenti, che nei mesi di febbraio e marzo ha fatto registrare oltre 700 miliardi per ognuno dei mesi indicati. Così continuando potremo passare, dai tremila miliardi di scompenso del '73 agli oltre seimila alla fine dell'anno in corso, con i ben prevedibili pericoli di un crollo economico e, purtroppo, forse anche politico; per non parlare della stretta creditizia in essere e dei tassi di interesse, ormai spinti in misura tale, che, soltanto ieri, erano di esclusivo retaggio degli usurai: tassi, per crediti ordinari, dal 14,50 al 16% e c'è già chi parla del 20% .
Questa situazione non mancherà di ripercuotersi negativamente sugli interventi che gli enti pubblici hanno adottato o che intendono adottare in quanto diventerà sempre più difficile e oneroso reperire dei finanziamenti a favore dell'agricoltura.
In una siffatta situazione, restringendo il campo al problema oggi in esame, il quadro zootecnico italiano non poteva che ulteriormente peggiorare come in effetti è peggiorato. Infatti il patrimonio bovino, come avemmo a sostenere alcune settimane or sono in questa stessa aula, si è contratto a tal punto da far registrare la consistenza che i registravamo nel 1908, quando l'Italia contava 35 milioni di abitanti e un consumo di carne tre volte inferiore a quello attuale.
Fummo anche facili profeti quando ipotizzammo che il '73, anche nell'ambito regionale, ci avrebbe fatto registrare un ulteriore calo.
Infatti, nel confronto del '72, dobbiamo lamentare la perdita - pur nella contrastante versione dei dati in nostro possesso - di oltre 60.000 capi anche se è da considerarsi una delle contrazioni più contenute di tutte le restanti Regioni del nostro Paese.
Tutto ciò, come era inevitabile, ha provocato la decisa reazione dei produttori, i quali sono passati a quelle manifestazioni ed a quegli atti rivendicativi, che sono stati dipinti in diverso modo, dalla "collera dei campi", alla "rivolta dei calmi". Comunque le manifestazioni tendevano innanzitutto e soprattutto, a dimostrare lo stato di insopportabilità ormai raggiunto dai diretti interessati, che, proprio sotto l'egida di un'organizzazione professionale, la Coltivatori diretti, iniziando nel novembre dello scorso anno una manifestazione nel capoluogo, ripetutasi nei restanti capoluoghi della Regione, sono finiti in queste ultime settimane ai valichi alpini, proprio per dimostrare che avevano superato i limiti dell'umana sopportabilità.
Reputo non sia fuor di luogo manifestare la nostra solidarietà alla categoria, anche in riferimento al trattamento non eccessivamente benevolo di cui sono stati oggetto da parte dei tutori dell'ordine ai valichi su citati.
Ora gli allevatori sono in attesa di una risposta alle richieste avanzate: 1) un drastico e severo contenimento delle importazioni di carni bovine, attraverso la proroga dell'applicazione della clausola di salvaguardia nei confronti dei paesi terzi, perché noi riteniamo che il discorso del blocco delle importazioni in assoluto non si possa fare (lo lasciamo fare all'amico Carazzoni il quale forse pensa di tornare all'Italia autarchica e al detto "L'Italia fa da sé"). Noi non possiamo dimenticare le reazioni già manifestatesi per un blocco temporaneo delle importazioni da parte dei restanti paesi della Comunità e non possiamo neppure ignorare che noi tuttora, pur accusando un disavanzo pauroso tra import e export di prodotti agricoli, abbiamo, proprio in Piemonte, alcuni prodotti (vedi lino), per i quali, il giorno in cui la Francia volesse ripetere il discorso del blocco, non so in quale situazione ci verremmo a trovare. Per cui, se mai è un discorso di blocco temporaneo, facendo scattare la clausola della salvaguardia nei confronti dei paesi terzi.
2) l'abolizione dei così detti "montanti compensativi" tradottisi di fatto in premi all'importazione e dimostratisi il contrario della solidarietà comunitaria e fattori di distorsione delle correnti commerciali intracomunitarie, che, di fatto, penalizzano i produttori italiani 3) l'allineamento della lira verde con le altre monete della C.E.E.
4) l'intervento pubblico, a livello di mercato, in difesa dei prezzi dei prodotti agricoli, contro le manifestazioni speculative, da realizzarsi con l'utilizzazione immediata e concreta di strumenti esistenti, quali l'AIMA, per lo stoccaggio delle carni e per la loro generale regolamentazione. Circa l'AIMA finalmente prendiamo atto che, seppure in ritardo, ultimamente è stata decisa l'istituzione di dodici centri di raccolta carne, ai quali ci auguriamo possano far seguito altri, perché se questo strumento di mercato deve avere una sua validità, deve passare dalla semplice presenza di insufficienti impiegati, di tanta carta e di tanti timbri, ma senza strutture e senza infrastrutture, a diventare veramente strumento regolatore e normalizzatore dei prodotti che quotidianamente attraverso alle importazioni ed alla produzione indigena, vengono collocati sui mercati 5) l' approvazione rapida delle Direttive comunitarie per la riforma della agricoltura e l'istituzione di un "Fondo" per rendere immediatamente applicabili le decisioni C.E.E.
6) il riesame delle normative e degli istituti per il credito agrario con particolare riguardo ai problemi delle garanzie e delle esigenze dei coltivatori diretti e loro organismi 7) il varo di "piani zootecnici" in sede nazionale e regionale di rapida e concreta attuazione con stimoli ed incentivazioni, anche all'associazionismo ed alla cooperazione, per la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti, e che la norma che stiamo esaminando contempla e che ci auguriamo possa dimostrare tutta la sua efficacia trovando anche conseguentemente impegnati tutti quegli organismi ai quali stanno realmente a cuore le sorti della zootecnia, in quanto la strada che porta all'associazionismo ed alla cooperazione in Piemonte è tuttora irta di notevoli difficoltà.
La concessione di premi per la sostituzione di bestiame infetto o abbattuto, come segno anticipatorio di una volontà di voler intraprendere una decisa azione per la bonifica sanitaria l'elargizione di mutui e contributi per strutture e infrastrutture zootecniche, con particolare attenzione alle cooperative e loro consorzi concorso nelle spese di gestione per i centri di allevamento vitelle oltre ai premi previsti per gli allevatori singoli i contributi per la monticazione l'assunzione delle spese per la fecondazione artificiale, totalmente gratuita in montagna e collina l'aver previsto le stesse agevolazioni di cui agli artt. 3-6-7-8 e 13 anche per gli allevamenti ovini, caprini ed equini la concessione di garanzia fidejussoria da parte della Regione, oltre a quella sussidiaria del fondo interbancario per gli affittuari coltivatori diretti e per le cooperative (I Commissione) l'aver previsto che l'Amministrazione regionale, per l'attuazione della presente legge, può avvalersi degli Enti locali e della collaborazione degli stessi e di altri Enti ed Associazioni interessate (il che sta a dimostrare che la Regione vuole accentuare ed estendere la "partecipazione" anche a livello di esecutivo) Se poi pensiamo agli oltre 17 miliardi di finanziamenti previsti, non si può non ritenere valida la legge. Quali risultati? Ci sono stati, in riferimento a quelle manifestazioni, incontri, di commissioni e sotto commissioni a Bruxelles, culminati con la riunione del Consiglio dei Ministri del 7 maggio, anche dopo che il governo italiano aveva adottato alcuni provvedimenti di natura creditizia relativi all'importazione di certi prodotti, tra cui la carne; ma di concreto, a tutt'oggi, c'è ancora poco per non dire niente.
L'orientamento del Consiglio nei confronti delle decisioni italiane è stato negativo; per contro, la Commissione ha preso atto delle decisioni del Governo italiano, accettandole come il male minore determinato da una situazione economica la cui gravità non può disconoscersi.
Quanto sopra a condizione che le restrizioni non vadano oltre il termine del 31 luglio prossimo. Per i prodotti agricoli, secondo la Commissione, la situazione va rivista a brevissimo termine, nel senso dell'abolizione dei provvedimenti restrittivi, sostituiti per dall'abbattimento degli importi compensativi, da realizzarsi attraverso una ulteriore svalutazione della lire verde, pari al 7,50% e, parallelamente dalla diminuzione del 2,75% dell'importo pagato agli esportatori tedeschi ed all'annullamento di quello percepito dai belgi.
Tali provvedimenti hanno lo scopo chiaro di scoraggiare le importazioni dai paesi terzi pur senza infrangere le norme del GATT o degli accordi speciali, ma risultano di per sé insufficienti di fronte alle difficoltà del momento ed alle prospettive di eccedenza strutturale di carne nella C.E.E. almeno per il 1974 stimate al 10% in più dei consumi.
Altri motivi di rammarico e di preoccupazioni si ricavano dal continuare a sentir parlare di piani a destra ed a manca ma, in concreto, i piani mancano ancora, a meno che non vogliamo considerare veramente piano quello cosiddetto EFIM, il quale ha incontrato e sta incontrando forti opposizioni che noi condividiamo in quanto, tra gli altri motivi, oltre a rendere i coltivatori allevatori zootecnici oggetti e non soggetti del piano medesimo, contempla cospicui investimenti, per il reperimento dei vitelli, in altri Paesi, quando potrebbero essere opportunamente e convenientemente investiti nel nostro. Vi sono ovviamente altri motivi, sui quali, per brevità di tempo a disposizione, sorvoliamo.
Oppure, a meno che non si voglia considerare piano la legge 18.4.1974 n. 118, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 115 del 4.5.74 e che siamo chiamati a recepire con legge nostra, senza conoscere ancora quando sarà effettuato il riparto dei miserrimi 60 miliardi, e quanto ci verrà assegnato.
Siccome avremo modo di parlarne nei prossimi giorni, mi limito soltanto a denunciare il pericolo e cioè che, se vorremo, come vogliamo, recepirla dovremo una volta ancora arrampicarci sui vetri, per essere noi a reperire i fondi dal magro bilancio regionale.
Nello stesso modo si dovrà procedere per la "Bonifica sanitaria" dalla quale non ci si può sottrarre, stante la situazione in campo nazionale e regionale. In campo nazionale, per tubercolosi, brucellosi e conseguenti processi mastitici e infecondità e sterilità bovina, registriamo una perdita che va dai 450 ai 500 miliardi annui circa e, cioè, dal 15 al 20 dell'intero valore della produzione zootecnica lorda vendibile, pari a L.
150.000 per ogni addetto all'agricoltura e sulle L. 10.000 per ogni italiano. Ecco perché si parla ormai di una "tassa sul bestiame".
In Piemonte il risanamento, per quanto attiene principalmente alla brucellosi, pressoché incompleto ovunque, presenta lacune preoccupanti nelle Province di Asti, Alessandria e Cuneo.
Per quanto attiene i contenuti specifici del provvedimento in esame, ci limiteremo, anche perché la relazione che l'accompagna è in tal senso apprezzabilmente esauriente, ad evidenziare per sommi capi la positività del provvedimento medesimo e, precisamente: l'aver precisato che i benefici, come più volte rivendicato, debbono andare a chi esercita l'attività agricola in modo prevalente e che è riservata la priorità ai titolari delle imprese, familiari diretto coltivatrici singoli od associati l'aver preteso che le aziende abbiamo una capacità produttiva di almeno il 60 in pianura e del 40 in collina e montagna; (zootecnia-terra e viceversa) l'assegnazione di premi per l'allevamento di vitelle da ingravidare nelle zone di collina e di montagna, estensibili alla pianura per la razza bovina piemontese e per le altre razze, con specifica attitudine alla carne Positività che è stata, anche se fra i "se" ed i "ma", evidenziata dal collega Ferraris.
Io penso che questa legge non la si possa non considerare soddisfacente, come non potranno non considerarla soddisfacente, caro Ferraris, i tuoi amici dell'Alleanza Contadini perché le istanze del documento da loro presentato il 13 marzo scorso sono state quasi tutte recepite, anzi, sono stati previsti interventi addirittura superiori a quelli richiesti. Come soddisfatto può essere il sottoscritto, non solo come Consigliere regionale e, se pure immeritatamente, come Presidente della VI Commissione, ma, anche come appartenente ad un'organizzazione sindacale che si è fatta più volte portavoce, anche nei confronti del Consiglio, di questa stessa legge.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri, a questo punto però non possiamo non ricordare, collega Gerini consentendomelo, quanto un illustre piemontese, Luigi Einaudi, affermava: "Bisogna conoscere per legiferare". E noi che cosa dobbiamo conoscere? E soprattutto di che cosa dobbiamo essere consapevoli? Che pure nella positività della legge, pur nella speranza che per i prossimi giorni si riesca anche a fare qualcosa di concreto per anticipare le provvidenze in essa contemplate, partendo già dal 1974, tutto verrebbe ad essere vanificato, se a monte, come si suol dire, il governo e le autorità comunitarie non riuscissero, a livello nazionale e a livello CEE, a ricreare quell'equilibrio tra costi e ricavi senza del quale non ci sarà intervento pubblico capace di sviluppare, di rilanciare il settore zootecnico e soprattutto di suscitare credibilità nei confronti dei pubblici poteri da parte degli allevatori in generale.
Faccio un esempio molto semplice: a che servirebbero i vari premi e i vari contributi nella misura delle 20/50/100.000 lire se, dopo aver allevato un capo di bestiame, al momento della vendita l'allevatore riscontrasse di averci rimesso 120/130.000 lire? Quello maledirebbe Bruxelles, Roma e Torino per non aver potuto avere un aiuto tale da consentirgli un minimo di redditività.
Se invece attraverso quei passi difficilissimi che l'operazione comporta, attraverso l'attuazione di quei postulati, che sono stati rivendicati dai produttori anche con delle manifestazioni, si ricreasse un equilibrio che consentisse anche soltanto una attività economica in pareggio e poi, a sostegno e a complemento, arrivassero gli interventi della Regione, ecco che in quel momento si spiegherebbe in tutta la sua validità l'intervento pubblico.
Ed è proprio per questo che io prego il Presidente della Giunta e la Giunta di rendersi interpreti di queste istanze presso il Governo, ma proporrei, se lo si ritiene valido, un ordine del giorno atto a sollecitare l'autorità centrale ad intensificare i suoi sforzi, a concedere il più celermente possibile i finanziamenti necessari e ad intensificare i contatti e gli sforzi a livello comunitario, nell'intento di ricreare quell'equilibrio cui accennavo e per non correre il rischio di vedere vanificati quegli sforzi e quegli interventi nei quali noi crediamo e che siamo qui oggi per cercare di tramutarli in legge regionale.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Bertorello, ne ha facoltà.



BERTORELLO Domenico

Signor Presidente, signori Consiglieri, ritengo di dover esprimere alcune brevi considerazioni sulla legge che stiamo discutendo, il cui argomento, la zootecnia, è di per sé impegnativo, in quanto è risaputo che da sempre, in Piemonte, non vi è una buona impresa agricola senza una buona stalla.
Il dinamismo attuale della vita, l'apporto massiccio della macchina che ha facilitato tutti gli altri lavori, ha relegato il lavoro di stalla fra gli ultimi che un giovane desideri svolgere. Se aggiungiamo i prezzi non remunerativi, si vede chiaro il perché della crisi zootecnica.
Ebbene, io credo che, se approviamo questa legge, a mio parere organica e qualificante, daremo sicuramente un concreto avvio alla soluzione del problema zootecnico.
La legge, nei suoi vari articoli, parte dal presupposto del risanamento che dovrà essere effettuato al più presto, varando una nuova legge che integri le carenze delle leggi governative. In questo documento vi sono molti incentivi volti a raddoppiare il numero dei capi bovini da allevamento, salvando, così, soprattutto le giovani vitelle da macello.
Così pure non si poteva non pensare con preferenza alla montagna ed alla collina, ove sono ampie zone prative suscettibili di miglioramento e quindi adattabili per dare asilo ad un numero elevato di bovini.
La legge, per essere organica, deve proporre delle scelte; ebbene, dai benefici di questa legge è in gran parte esclusa la vacca da latte. Io ritegno questa una scelta qualificante per vari motivi e mi conforta il fatto che, essendovi nella mia azienda bovini da latte, posso parlare senza essere accusato di interesse personale. Mentre nella produzione della carne abbiamo un fabbisogno praticamente illimitato, è di ieri il contributo per abbattere le vacche da latte, causa l'eccedenza di produzione. Sarebbe assurdo quindi incentivare l'allevamento da latte, per trovarci poi a dover sostenere il prezzo del latte di supero.
Vorrei ancora brevemente soffermarmi sull'art. 9 (Centro allevamento vitelle). La situazione odierna della zootecnia non ci permette di abbattere neanche un capo senza avere la relativa rimonta, specie per la razza piemontese. Alla ostinata opposizione degli allevatori al risanamento, poiché non vogliono disfarsi dei loro animali, il centro darebbe la possibilità di avere gli allievi delle proprie vacche e quindi una rimonta della propria stalla, con l'eliminazione del trauma derivante dalle stalle vuote.
I centri, poi, hanno un'altra possibilità che ritegno avveniristica; se pensiamo alla carenza di spirito associativo degli allevatori, questo sarebbe l'inizio della stalla sociale che, secondo me, è la sola che pu dare al piccolo allevatore la possibilità di essere meno legato alla stalla, pur ottenendo il medesimo reddito. Così pure il centro organizzato dalla Comunità montana sperabilmente dovrebbe diventare, un domani, la stalla di fondo valle o di svernamento.
Io vorrei chiedere al mio Capogruppo di rivedere il testo della legge dove dice "Le Comunità montane e l'Ente regionale di sviluppo possono fare". Possono fare, sì, ma attenzione! Altrimenti le Comunità montane, che sono padrone dei pascoli, fanno la stalla e l'allevatore ne resta fuori.
Bisogna lasciare la possibilità all'allevatore di entrare in quel centro perché, secondo il testo attuale, lo possono anche lasciar fuori. Siccome visto nel futuro, il centro allevamento vitelle deve corrispondere alla stalla di fondo valle per legare di più il montanaro alla sua terra salvando così anche il territorio, bisognerebbe rivedere il testo del disegno di legge proponendo un emendamento.
Signor Presidente, signori Consiglieri! La Regione Piemonte, varando questa legge, fa il suo dovere nei confronti di una vasta parte dell'agricoltura piemontese, stimolandola ed indirizzandola verso nuovi traguardi.
Purtroppo arriva in ritardo, ma io credo che, se viene approvata ed applicata nello spirito con cui è stata studiata, non potrà non avere i benefici effetti, da tutti auspicati, sulla zootecnia regionale.



PRESIDENTE

Ha così termine la prima parte della nostra seduta. Per il pomeriggio è convocata per le ore 16. Vi saranno dichiarazioni del Presidente della Giunta, poi si passerà alla votazione dei singoli articoli.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 14)



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