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Dettaglio seduta n.223 del 16/05/74 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento:

Ordine del giorno della seduta


PRESIDENTE

Dichiaro aperta la seduta. L'ordine del giorno reca: 1) Approvazione verbali precedenti sedute 2) Comunicazioni del Presidente 3) Interpellanze ed interrogazioni 4) Parere sulla bozza di decreto relativo all'istituzione del Distretto scolastico e del Consiglio scolastico provinciale 5) Esame progetti di legge sulla zootecnia 6) Deliberazione circa Statuti Comunità montane (Valle Stura di Demonte Valle Ossola, Valle Vigezzo, Valle Chisone, Valle Anzasca) 7) Esame progetti di legge relativi alla depurazione delle acque reflue.


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

Punto primo dell'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute".
I processi verbali delle adunanze del 2 e 6 maggio sono stati distribuiti ai Consiglieri prima dell'inizio della seduta odierna. Se non vi sono osservazioni si intendono approvati.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

a) Congedi



PRESIDENTE

Passiamo al punto secondo dell'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente".
Per la seduta di oggi 16 maggio '74 hanno chiesto congedo i Consiglieri Cardinali, Armella, Fassino, Gandolfi, Giovana, Nesi, Minucci, Rossotto Zanone.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

b) Progetti di legge Presentazione e assegnazione a Commissioni


PRESIDENTE

In data 6 maggio '74 è stata presentata dai Consiglieri Ferraris Marchesotti, Revelli, Rivalta la proposta di legge n. 163 relativa a "Provvedimenti per favorire la costruzione, l'ampliamento e il riattamento dei fabbricati rurali a favore dei coltivatori e degli altri lavoratori agricoli", che alla stessa data è stata assegnata per l'esame alla VI Commissione.


Argomento:

b) Progetti di legge Presentazione e assegnazione a Commissioni

Argomento:

c) Risposta scritta ad interrogazione


PRESIDENTE

L'Assessore Gandolfi ha inviato risposta scritta alla interrogazione del Consigliere Besate relativa ai "disagi ai quali dovrebbero sottostare i lavoratori della Olivetti di San Bernardo di Ivrea a causa di carenza di trasporti pubblici".


Argomento: Commemorazioni

d) Commemorazione delle vittime della rivolta nel carcere di Alessandria


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, ricordiamo oggi i drammatici episodi avvenuti presso il carcere di Alessandria, che, dopo fasi alterne, via via più agghiaccianti, si sono tragicamente conclusi con la morte di quattro persone, vittime della violenza di rivoltosi detenuti, e con il ferimento di numerosi civili e agenti di polizia.
Tutti noi conosciamo l'episodio e lo svolgersi sommario dei fatti così dolorosamente conclusisi, perché non soltanto la Città di Alessandria ma la Regione tutta ha rivolto la sua attenzione a quanto avveniva nel carcere vivendo momenti di tensione sempre maggiore.
Ancora una volta individui decisi alla più spietata violenza hanno utilizzato la vita di cittadini inermi, tenendoli in ostaggio, tentando di raggiungere obiettivi ispirati alla rivolta ed alla sopraffazione delle più elementari regole di vita civile.
Quanto successo ad Alessandria e sconcertante, per il luogo in cui è avvenuto, per le modalità con cui si sono svolti i fatti, per le preoccupanti connivenze con l'esterno che se ne deducono. I tre detenuti protagonisti della strage hanno tenuto in ostaggio per trentadue ore ventidue persone, nell'infermeria del carcere, sotto la minaccia di armi.
La prima vittima dei banditi è stato Roberto Gandolfi, medico del carcere, la cui morte ha costituito un tragico avvertimento sulla brutalità e decisione dei detenuti; è seguito il ferimento gravissimo del Prof.
Pierluigi Campi, insegnante presso la scuola interna. Dopo altre lunghissime ore di attesa e di trattative, la tragedia si è compiuta: nell'assalto dei carabinieri e di alcuni agenti di custodia han perso la vita l'assistente sociale Graziella Vassallo, il brigadiere Gennaro Cantiello e l'appuntato Sebastiano Gaeta; gli altri ostaggi sono rimasti per lo più feriti o in stato di choc.
Tutto ciò lascia sgomenti.
Innanzitutto, come ho detto, per l'ambiente in cui l'episodio si è verificato: un carcere, elemento intorno al quale in questi ultimi anni si sono intensificati episodi di violenza e di intolleranza, quasi a riprova di una non adeguatezza delle strutture e dei mezzi esistenti in rapporto alle esigenze attuali, come si sostiene giustamente da quanti individuano in questa struttura un elemento che dovrebbe sempre più caratterizzarsi come momento di rieducazione e di recupero sociale.
La violenza realizzatasi ad Alessandria appare tanto maggiore in relazione alle vittime della stessa ed alla loro personalità. Desidero in quest'aula consiliare rivolgere un deferente omaggio al dotti Roberto Gandolfi, che dedicava la sua attività ai detenuti svolgendo la professione di medico, alla assistente sociale Graziella Vassallo Giarola, offertasi generosamente quale ostaggio volontario nel tentativo di svolgere un'opera di mediazione con i banditi, agli agenti di custodia brigadiere Gennaio Cantiello e appuntato Sebastiano Gaeta, che svolgevano un servizio duro e rischioso in un ambiente che richiede un costante spirito di abnegazione.
Esprimiamo la più ferma condanna per i fatti che si sono svolti originati da un folle tentativo di evasione e da ferocia e cinismo proprio nei confronti di persone che dedicavano la loro attività per il recupero e l'aiuto dei detenuti.
Questo episodio ha generato disperazione nelle famiglie delle vittime a cui esprimiamo nostro più profondo cordoglio per la tragica scomparsa dei loro congiunti. Così come rivolgiamo un pensiero ed un augurio di guarigione ai feriti ed alle loro famiglie, che hanno vissuto e vivono ancora momenti di ansia.
Tutta la tensione legata alla drammaticità dei fatti ha coinvolto l'intera città di Alessandria, che, nella persona delle più alte autorità ha seguito direttamente gli avvenimenti, operando al fine di evitare soluzioni drammatiche. Desidero in questa sede ringraziare a nome di tutte la comunità regionale il Consigliere Raschio e l'assessore Armella, che sono stati personalmente presenti. In particolare il consigliere Luciano Raschio, che si è offerto coraggiosamente quale accompagnatore dei detenuti e dei loro ostaggi al di fuori del carcere, nell'estremo tentativo di evitare una strage, assecondando quanto espresso dai detenuti: egli accompagnato dal sacerdote Don Guala, si è recato personalmente a parlamentare con i detenuti, esponendo pericolosamente la propria vita. I fatti seguiti, che tutti noi conosciamo ci indicano che quest'opera coraggiosa di mediazione non si è concretizzata e che non si sono trovate altre forme di intervento ritenute valide ad evitare l'azione di forza che ha concluso drammaticamente la vicenda.
Ritengo che il pensiero del Consiglio Regionale debba essere altresì rivolto a quelle forze dell'ordine che sono state impegnate in queste ore: molti agenti sono stati feriti ed hanno vissuto momenti di pericolo per la propria vita, consapevoli della responsabilità delle decisioni che via via andavano maturando.
Tutto ciò ha profondamente toccato l'animo dei cittadini, di tutti i democratici, che hanno sentito il dramma degli ostaggi, l'estrema pericolosità di ogni decisione delle autorità competenti, di fronte alla determinazione dei banditi.
A nome di tutti i democratici condanniamo dunque l'azione di criminale violenza avvenuta, che per le sue modalità di realizzazione pone interrogativi inquietanti, che l'opinione pubblica richiede ricevano risposta con la maggiore immediatezza e precisione. E' necessario che si faccia luce su quanto è avvenuto e che si pongano in essere condizioni che impediscano il verificarsi di episodi analoghi, garantendo l'incolumità di quanti si trovano ad operare in circostanze simili. Tutto ciò è indispensabile per un principio di giustizia.
Ma non è sufficiente limitarsi ad una condanna, che esprimiamo durissima, del gesto compiuto dai criminali: occorre andare più a fondo nel problema. Non è possibile dare oggi un giudizio approfondito su come si sono svolti i fatti, sulla esistenza o meno di una minima possibilità reale di evitare ulteriori vittime, né vogliamo farlo in questa sede, in cui intendiamo onorare quanti, innocenti, hanno perso la vita.
Tuttavia, i fatti di Alessandria ripropongono in maniera drammatica ed improrogabile il problema della struttura e della condizione dei detenuti nelle carceri.
Si impone l'esigenza di una riforma globale del settore, che adegui le strutture edilizie, i mezzi ed il personale operante, riforma che non si limiti tuttavia a modificazioni logistiche ma affronti con coraggio l'aspetto difficile, e fino ad oggi trascurato, di porre le basi per iniziare un effettivo processo di rieducazione sociale e psicologia di quanti, per condizioni e motivi diversi, sono detenuti. Ed è doveroso ricordare che fra gli ostaggi dei criminali di Alessandria vi erano per lo più insegnanti ed operatori sociali impegnati in questa forma dura, lunga e difficile di attività sociale che non può tuttavia trovare realizzazione al di fuori di una globale revisione del sistema carcerario.
Nel commemorare le vittime di Alessandria ci sembra infatti indispensabile affrontare anche questo delicato aspetto relativo all'ambiente in cui è maturata la strage.
Ricordiamo qui le vittime civili della violenza dei criminali, la loro attività generosa; ricordiamo il senso del dovere delle forze dell'ordine e l'opera di tutti quanti hanno collaborato e prestato attività di soccorso.
Accanto a quanto vorranno fare le competenti autorità, propongo che il Consiglio Regionale del Piemonte esprima alle famiglie delle vittime della strage il senso profondo del suo cordoglio in una forma tangibile di contributo le cui modalità dovremo quanto prima valutare.
Come rappresentanti della volontà popolare, ci auguriamo che non abbiano a ripetersi episodi di questa gravità e di fronte alla comunità regionale esprimiamo il nostro impegno ad operare affinché vengano rimosse tutte le condizioni che possono contribuire a sviluppare quelle forme di violenza che hanno generato le vittime innocenti dinnanzi alla cui memoria oggi ci inchiniamo. Sono così esaurite le comunicazioni del Presidente.
Nessuno intende prendere la parola su tali comunicazioni? Passiamo allora al punto successivo dell'ordine del giorno.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione del Consigliere Berti sulla situazione della tipografia Pozzo Gros Monti


PRESIDENTE

Punto terzo dell.o.d.g.: "Interpellanze e interrogazioni".



PRESIDENTE

Il Consigliere Berti ha presentato una interrogazione urgente sulla situazione alla Tipografia Gros Monti, rivolta all'Assessore Conti.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Dovrebbe poter essere esaminata dalla Giunta affinché sia possibile esprimere un pensiero che non sia di un singolo componente ma dell'organo collegiale. Proporrei pertanto di sospendere brevemente la seduta al termine della discussione delle interrogazioni.



BERTI Antonio

Propongo di sospendere invece subito.



PRESIDENTE

La seduta è sospesa per un esame dell'interrogazione da parte della Giunta.



(La seduta, sospesa alle ore 10.05 riprende alle ore 10.20)



PRESIDENTE

La seduta riprende. La parola al Presidente della Giunta.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

L'Assessore Conti ha informato membri della Giunta di quanto a proposito di questo problema ha già fatto nei giorni scorsi prendendo contatto con i rappresentanti dei Sindacati e dei dipendenti ed altresì con la parte padronale della Pozzo Gros Monti S.p.A. Mi sembra di capire che l'argomento centrale, in questo momento, sia il rifiuto da parte della Società Pozzo Gros Monti di sedere a tavolino con le Organizzazioni sindacali per dibattere i problemi su chi viene richiamata l'attenzione con il manifestino che è stato allegato alla interrogazione del Consigliere Berti L'Assessore Conti, che illustrerà meglio gli interventi ed i passi sciolti, è stato incaricato dalla Giunta di ulteriormente avvicinare la Presidenza della Pozzo Gros Monti per ottenere quello che ci sembra in questo momento essenziale: aprire il colloquio e il dibattito. Certamente con l'augurio ed il proposito che l'apertura del dibattito porti ad una conclusione risolutiva dei problemi oggetto della discussione e della controversia.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Conti.



CONTI Domenico

Assessore ai problemi del lavoro e dell'occupazione. Invitato dalle Organizzazioni sindacali, e nei limiti delle possibilità del mio Assessorato, ho preso subito contatto con la Presidenza dell'Azienda e la Direzione del Personale per affrontare la questione. Come è già stato precisato dal Presidente della Giunta, l'obiettivo era unicamente quello di persuadere l'Azienda a prender posto al tavolo della trattativa: l'entrare nel merito della piattaforma rivendicativa avrebbe potuto costituire eventualmente un obiettivo da conseguire in un secondo momento.
La risposta dell'Azienda è stata questa: che, in realtà, la piattaforma era stata esaminata, e, sia pure non in sede di vera e propria trattativa era stato esplicitamente dichiarato ai lavoratori ed alle Organizzazioni sindacali che il quadro complessivo delle richieste non poteva assolutamente esser preso in esame data la situazione economica dell'Azienda, che, benché attualmente buona, non potrebbe sopportare i pesi derivanti dall'accoglimento delle rivendicazioni; per alcune voci, poi, e segnatamente per quelle relative ad un aumento salariale di pari importo per tutti, e anche per i passaggi automatici di categoria, mi è stato osservato che in ogni caso l'accettazione di questi punti avrebbe messo l'Azienda in una posizione svantaggiosa rispetto alla concorrenza e che, se mai, queste erano questioni da trattarsi a livello di contratto nazionale il cui rinnovo, se non vado errato, dovrà avvenire nel mese di novembre.
Io ho insistito nell'affermare che a me non interessava sul momento l'esame della piattaforma, perché non era quello il problema principale, ma piuttosto quello di iniziare la vera e propria vertenza, fosse anche, al limite, dicevo, per fare alle organizzazioni sindacali questo discorso: guardate, ci troviamo in questa situazione, per cui in questo momento non ci è possibile accogliere le richieste che voi ci presentate, e comunque vi assicuriamo una disponibilità nel futuro per un esame eventualmente di questo argomento. L'Azienda ha risposto che anche questa posizione avrebbe significato comunque un impegno e che, volendo comportarsi nei confronti dei dipendenti con la stessa correttezza che diceva di aver sempre osservato, visto che non poteva prevedere quando, data anche la situazione economica difficile che stiamo attraversando, si sarebbe potuto riprendere il discorso, non poteva accedere a questo punto di vista. Io ho ribadito che era necessario, anche per un normale sviluppo vertenziale dei rapporti sedere al tavolo della trattativa. La mia ulteriore insistenza non ha per sortito effetto: l'Azienda è rimasta ferma nel suo diniego, continuando ad addurre i motivi che ho già precisato.
Questo il punto della situazione.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante Consigliere Berti.



BERTI Antonio

Prendo atto delle dichiarazioni del Presidente della Giunta, che comunque testimoniamo della volontà di impegnarsi nella questione. I lavoratori che si sono rivolti con fiducia alla Regione sanno benissimo che poteri effettivi la Regione non ha, che essa non può imporre al padrone o ad altri determinati suoi punti di vista; tuttavia, sentono che l'impegno politico della Regione in questa circostanza, come del resto in tutti gli altri casi in cui ci siamo misurati, ha un peso non indifferente, nel senso di far capire al padrone che non può schierarsi contro tutti.
Questa vicenda assume, credo, un valore diverso da altre di cui ci siamo occupati per aspetti anche più drammatici, in quanto interessavano la chiusura di fabbriche, perché denota la sopravvivenza nella categoria padronale di posizioni veramente ormai anacronistiche e che non trovano attenuanti nella situazione aziendale. Qui non si tratta infatti, checch ne dica il padrone, di una azienda in stato fallimentare o in difficoltà di lavoro, ma di una azienda in pieno sviluppo, una azienda che ha addirittura effettuato ordinazioni di nuovi macchinari, che lavora per aziende di Stato e private in pieno sviluppo, come la Fiat, come l'Azienda dei telefoni, ed ha quindi tutte le premesse per una espansione. Occorre quindi denunciare che l'atteggiamento negativo del padrone palesa la ostinata volontà di contrapporsi possibilità di avanzamento delle masse lavoratrici occupate in quell'azienda.
Non si possono certamente invocare motivi di carattere economico d'altronde, per rivendicazioni come quella del riconoscimento del Consiglio di fabbrica, una affermazione di carattere politico che ormai è divenuta realtà nella maggior parte delle fabbriche. Così come non è possibile credo, rifiutarsi di discutere questioni attinenti ai trasporti, al risanamento dell'ambiente di lavoro, che un padrone moderno, aggiornato, se mi si consente, intelligente, comprende immediatamente che non tocca al padrone da solo risolvere: sono questioni che si risolvono nell'incontro con gli enti locali, che si risolvono, per esempio per quanto riguarda il risanamento dell'ambiente di lavoro, proprio in accordo con quelle iniziative che la Regione ha assunto.
Sono anch'io del parere, quindi, che il primo obiettivo, quello fondamentale, è di aprire la trattativa, di vedere tutte le vie per poter venire incontro alle esigenze dei lavoratori. Il Consiglio Regionale prende atto delle necessità che i lavoratori della Gros Monti sono venuti qui a far presenti e si impegna di portarle avanti. Ad essi spetterà il compito più duro, di mantenere questo stato di lotta, e io sono convinto che sarà possibile anche se poi personalmente la Giunta, il Presidente della Giunta se sarà necessario, vorranno impegnarsi a contenere le iniziative a mio modo di vedere reazionarie di quest'ultimo padrone reazionario della nostra provincia.



PRESIDENTE

La discussione di questa interrogazione si è dunque conclusa con l'assunzione dell'impegno da parte della Giunta, e quindi dell'Assessore per i problemi del lavoro, a muovere tutti i passi necessari per sbloccare questa situazione.
Passiamo ora alle interpellanze.


Argomento: Interventi per calamita' naturali - Calamità naturali

Interpellanza dei Consiglieri Menozzi, Bertorello, Giletta e Franzi in merito alle iniziative ed interventi della Regione per alleviare le popolazioni agricole colpite dal maltempo


PRESIDENTE

L'interpellanza presentata dal Consigliere Nesi, non può essere discussa in quanto il presentatore è in congedo.
Interpellanza dei Consiglieri Menozzi - Bertorello - Giletta Franzi: "Iniziative ed interventi della Regione al fine di alleviare le popolazioni agricole colpite dal maltempo".
E' stata presentata il 28 febbraio '74. La risposta compete all'Assessore Chiabrando.
Qualcuno dei presentatori desidera illustrare la interpellanza? Chiede di parlare il Consigliere Menozzi: ne ha facoltà.



MENOZZI Stanislao

Mi limito a sottolineare ciò che si evince dalla interpellanza medesima, presentata il 28 febbraio '74: purtroppo, nonostante la vastità dei danni arrecati dall'avverso andamento stagionale di quel periodo, non abbiamo registrato interventi non dico concreti ma nemmeno allo stato embrionale, tendenti ad alleviare, anche solo superficialmente, certi casi per i quali vi era necessità pressante di un pronto intervento. Abbiamo costatato carenze per quanto attiene alle opere strutturali ed infrastrutturali in agricoltura nelle comunità rurali; mi pare che la stessa carenza sia stata registrata a livello di lavori pubblici, tale che ancora oggi, a distanza di mesi dal verificarsi di quegli eventi, si deve registrare una vera processione di sindaci, di amministratori comunali in genere, che invocano detti interventi.
Desideriamo pertanto conoscere, a questo punto, il pensiero del Presidente della Giunta, o comunque degli Assessori competenti.



CHIABRANDO Mauro, Assessore all'agricoltura

Com'è noto, il Fondo di solidarietà nazionale in agricoltura è rimasto di competenza dello Stato. Sono stati comunque delegati alla Regione gli adempimenti in ordine alle proposte di delimitazione, alla concessione liquidazione e pagamento della agevolazioni contributive e creditizie nonché i pareri per il riconoscimento dei Consorzi di difesa delle colture intensive.
Ecco una sintesi degli interventi statali delegati alla Regione: L'art. 4 stabilisce al primo comma contributi fino all'80% per ripristino di fabbricati ed opere di miglioramento fondiario, al secondo comma contributi per le infrastrutture, strade ed acquedotti, sempre agricole l'art. 7, prestiti quinquennali allo 0,5%, 1%, 3 l'art. 5 prestiti allo 0,50% e l'altro comma contributi fino a 500 mila lire l'art. 3, che concerne il pronto intervento, prevede la reintegrazione delle anticipazioni colturali perdute fino alla misura massima di 60 mila lire per ettaro, la reintegrazione delle scorte vive e morte quando il danno subito sia superiore al 20% l'urgente riparazione di fabbricati rurali fino a 400.000 lire, elevabili a 500.000 lire per i coltivatori diretti interventi per la conservazione del patrimonio zootecnico l'immediato ripristino delle opere pubbliche, di bonifica e di bonifica montana un concorso fino al 90% delle spese necessarie per contenere il danno ai prodotti agricoli (magazzinaggio, trasporto eccetera).
A questi provvedimenti previsti dalla legge nazionale, vi sono alcune iniziative di carattere regionale, precisamente: la legge 31 ottobre '73: "Interventi straordinari in agricoltura", per anticipazioni sugli interventi statali, che normalmente tardano, e la legge 14 gennaio '74, per le Cantine sociali.
La prima legge per l'anticipazione dei contributi statali, prevede appunto l'anticipazione di fondi regionali per gli aiuti seguenti: art. 5 e art. 7, pagamento degli interessi fino a dodici mesi sulla erogazione anticipata da parte di istituti bancari di prestiti quinquennali art. 5, secondo comma, pagamento dell'intero interesse fino a ventiquattro mesi per il contributo di L. 500.000.
Ci sono però delle limitazioni: questa legge regionale sulla concessione di anticipi viene applicata solo in caso di eventi dichiarati eccezionali e se il territorio è stato delimitato con decreto del Ministero dell'Agricoltura. E' prevista dal decreto l'applicazione degli aiuti contemplati agli artt. 5 e 7 a patto che sia accertato che non sono immediatamente disponibili i relativi fondi statali ed inoltre che non sono rimasti da utilizzare somme residue dei fondi accreditati alla Regione per avversità precedenti.
Posso ora precisare la situazione a tutto il 31 marzo '74 (la prossima situazione l'avremo al 30 giugno) sul totale delle somme stanziate, delle necessità e sul totale delle erogazioni già effettuate.
Risultavano necessari, al 31 marzo '74, contributi per 14 miliardi relativamente a 29.000 domande, per 45 miliardi di danni (causati ovviamente dalle calamità susseguitesi dopo il I aprile '72).
Erano previste, a parte queste richieste lorde, necessità per 7 miliardi di contributi: le assegnazioni dello Stato a tutto il 31 marzo ammontavano a ben 6 miliardi di lire, e quindi coprivano per buona parte le necessità. Queste somme stanno ora per essere erogate dagli Uffici tecnici periferici del Ministero dell'Agricoltura e Foreste. Risultano accolte 11.000 domande su 23.000 accoglibili, per un danno complessivo di 11 miliardi (sui 26 cui ammontavano le 23.000 domande), e con un contributo erogato di un miliardo e 930 milioni una cifra un po' bassa, per la verità, in rapporto all'entità della assegnazione, sei miliardi, ma ciò si spiega se si pensa che alcune assegnazioni sono recentissime e soltanto in quest'ultimo mese i nostri Uffici hanno iniziato la erogazione delle somme. Credo che al 30 giugno allorché si farà nuovamente il punto sulla situazione, la somma erogata risulterà assai più elevata, molto vicina alla somma stanziata dallo Stato.
Che cosa emerge da questi primi dati? Che al momento non pare necessario l'intervento della legge regionale, essendo ancora disponibili fondi dello Stato: la legge regionale infatti, come si è detto, potrebbe essere utilizzata allorché non fosse possibile l'immediato utilizzo dei fondi statali, il che al momento non è, o allorché risultassero giacenti richieste invase, presso i nostri Uffici o presso le banche, e anche questo al momento non è.
Per gli eventi verificatisi e non ancora oggetto di decreto del Ministero, la Regione potrà utilizzare propri fondi in anticipazione degli aiuti statali non appena sarà stato emanato il decreto di riconoscimento come previsto dalla legge. La seconda legge sulle Cantine sociali vale per i danni a partire dal 1 Aprile '72, e consiste nel pagamento di un contributo alle Cantine sociali di 450 lire (non 450.000) e 650 lire per ogni quintale di uva lavorata e conferita in meno. L'11 aprile 1974 sono state diramate le direttive sui criteri e le modalità di attuazione di questa legge, e le Cantine sociali stanno apprestando le loro domande.



PRESIDENTE

La parola all'interpellante Consigliere Mezozzi.



MENOZZI Stanislao

Ringrazio l'Assessore Chiabrando per la esposizione che ha fatto del quadro, entro il quale opera la legge 364, più nota come Fondo nazionale di solidarietà. E' una legge che purtroppo, abbiamo avuto modo di imparare a conoscere molto bene, per essere stati costretti a farvi riferimento tanto spesso.
La nostra interpellanza, però,verteva, in modo più specifico, sui danni arrecati dalle piogge torrenziali del febbraio-marzo, per i quali, come è stato precisato, non esistono delimitazioni. Più precisamente ancora, ci siamo rivolti al Presidente della Giunta non tanto perché si dichiarasse disposto a por mano ad una legge regionale, sapendo, innanzitutto e soprattutto, che trattasi di materia rimasta ancora di competenza dello Stato, quanto per invitarlo a sollecitare il Governo a compiere ogni possibile sforzo per far avere i finanziamenti necessari non solo per le strutture ed infrastrutture di carattere rurale (che, tutto sommato, non hanno subito i danni disastrosi registrati in altre circostanze) ma per le strutture e le infrastrutture civili. Ecco perché questa nostra interpellanza era rivolta anche e soprattutto all'Assessore ai Lavori pubblici, il quale ben conosce, per aver avuto occasione di ricevere anche lui, le reiterate richieste ed insistenze per pronto intervento da parte dei Sindaci e degli amministratori.
Comunque, ringrazio per la spiegazione fornita e formulo voti che l'interessamento sollecitato allora possa ancora manifestarsi.



PRESIDENTE

L'interpellanza è discussa.


Argomento: Agricoltura: argomenti non sopra specificati

Interpellanza dei Consiglieri Menozzi, Franzi, Bertorello, Giletta circa l'interpretazione della legge 14/2/1974 n. 62 sulla circolazione stradale che all'art. 4 prevede la patente di categoria B per la guida di macchine agricole


PRESIDENTE

L'interpellanza dei Consiglieri Menozzi - Franzi - Bertorello - Giletta del 28 marzo: "Interpretazione della legge 14/2/1974 n. 62 sulla circolazione stradale che all'art. 4 prevede la patente di categoria B per la guida di macchine agricole".
Qualcuno dei presentatori desidera illustrare l'interpellanza? Il Consigliere Menozzi. Ne ha facoltà.



MENOZZI Stanislao

A complicare le cose per l'ambiente agricolo, già tanto travagliato da una serie di situazioni avverse, in via di accentuazione, che contrastano con le esigenze di sviluppo del settore, è arrivata anche la legge n. 72 del 14/2/1974, pubblicata su "La Gazzetta Ufficiale" del 20/3/1974 n. 74 con la quale, all'art. 4, si dichiara decaduta la patente agricola, a suo tempo conseguita da quanti si pongono alla guida di macchine operatrici in genere, e si richiede, invece,per la guida dei trattori e di veicoli e macchine agricole, la patente di categorie B? Ci siamo decisi a presentare l'interpellanza, prima di tutto in considerazione del fatto che, dopo aver affrontato gravi sacrifici, per arrivare a conseguire la "patente agricola" e ciò anche per le difficoltà connesse all'età media degli agricoltori avanzata, non sarebbe logico che i coltivatori dovessero sottoporsi a procedure e ad esami molto più impegnativi ancora di quelli ai quali si erano già assoggettati per quel documento.
Non può rassicurarci del tutto il fonogramma diramato dal Ministero degli Interni in data 22 marzo, con il quale si impartivano disposizioni agli organi tutori periferici, onde sospendere temporaneamente l'applicazione di quella legge in attesa di precise disposizioni in merito e, ribadendo, e non poteva essere diversamente, la validità di quanto implicitamente stabilito all'art. 4. La sospensione non risolve la questione: il Parlamento dovrebbe sentirsi impegnato, piuttosto, quanto meno a mantenere ferma l'autorizzazione alla guida per quanti già avevano conseguito la patente agricola, riaprendo eventualmente il discorso sulla patente di categoria B per quanti, non ancora in possesso della prima dovessero accingersi comunque a conseguirla.



PRESIDENTE

Prima di invitare a rispondere l'Assessore Chiabrando, vorrei avvertire soltanto che la VIII Commissione è convocata nella sala delle riunioni essendo necessario precisare alcuni punti che ineriscono allo Statuto di una Comunità montana.



CHIABRANDO Mauro, Assessore all'agricoltura

Questa è evidentemente materia regolata da leggi statali, l'ultima delle quali, quella del 14 febbraio '74, apporta modifiche al Testo unico del 1959 n. 393.
La modifica che prevede la sostituzione per la guida delle macchine agricole della patente speciale prevista con la patente normale di categoria B era stata decisa con l'intento di concedere una facilitazione agli agricoltori: oggi che anche i coltivatori sono in gran numero in possesso della patente B, i legislatori avevano pensato di far bene ad evitare loro il fastidio di dover conseguire anche il patentino (di più facile conseguimento che non la patente guida agricola per le normali autovetture).
L'ispettorato della Motorizzazione civile e dei Trasporti del Piemonte in seguito alla emanazione della legge del febbraio, ha già disposto adeguandosi alle disposizioni che il Ministero dei Trasporti ha impartito a tutti gli uffici periferici, di non accettare più domande per la patente speciale agricola, di sospendere il rilascio di queste patenti per le domande in corso e di sospendere gli esami per le patenti stesse.
Benché le vecchie patenti agricole non siano più valide, stando almeno alla legge, risulta che gli organi di polizia stradale incaricati della vigilanza sul traffico abbiano tenuto al riguardo finora un atteggiamento di attesa, astenendosi dall'adottare sanzioni. Trattasi evidentemente di un atteggiamento provvisorio, in attesa di disposizioni ministeriali circa la sorte delle vecchie patenti, assunto, come ricordava giustamente l'interpellante collega Menozzi, in base ad un telegramma diramato dal Ministero dell'interno a tutte le Prefetture, in cui si invitano le Prefetture a ritenere tuttora valido per la conduzione dei citati veicoli speciali il patentino agricolo.
Ovviamente, questa disposizione telegrafica non risolve la questione: fa solo soprassedere temporaneamente dal prendere dei provvedimenti, ma lascia la preoccupazione che nell'immediato futuro questa disposizione venga revocata. Molti coltivatori, in possesso di questa patente, auspicano e la Giunta regionale si fa interprete dei loro desiderata - che sia loro consentito di poter continuare ad esaurimento ad usare il patentino agricolo, senza essere costretti a conseguire la patente B.
La Giunta regionale si riserva pertanto di prospettare al Ministero dei Trasporti queste preoccupazioni, che la Giunta condivide, al fine di ottenere che, in via eccezionale, i possessori dei patentini speciali agricoli possano continuare ad avvalersene senza dover conseguire, magari ad età avanzata, una nuova patente automobilistica per la guida delle normali automobili.



PRESIDENTE

La parola all'interpellante Consigliere Menozzi.



MENOZZI Stanislao

Mi dichiaro soddisfatto della risposta dell'Assessore.


Argomento: Interventi per calamita' naturali - Calamità naturali

Interpellanza dei Consiglieri Revelli, Lo Turco sui gravi danni causati dalle recenti piogge all'agricoltura in Provincia di Cuneo


PRESIDENTE

L'interpellanza Revelli - Lo Turco - Marchesotti circa la Cuneo-Nizza non può essere portata in discussione per l'assenza dell'assessore Gandolfi.
Interpellanza Revelli - Lo Turco: "Gravi danni causati dalle recenti piogge ad una vasta zona della provincia di Cuneo ed ai poderi delle aziende coltivatrici già duramente provate dalla situazione economica generale".
La parola all'Assessore Chiabrando per la risposta.



CHIABRANDO Mauro, Assessore all'Agricoltura

E' un argomento analogo a quello già trattato nella precedente interpellanza firmata dai Consiglieri Menozzi ed altri, e riguarda l'attuazione della legge 364 relativa alle calamità atmosferiche ed altre che hanno colpito, in questo caso, una vasta zona della provincia di Cuneo.
Com'è noto, la Regione è delegata ad effettuare vari adempimenti per l'attuazione di questa legge, in ordine, tra l'altro, alle proposte di delimitazione territoriale delle zone colpite, al riconoscimento delle eccezionali calamità nelle zone in cui si e verificato l'evento nonché al tipo di aiuto da adottare; il Ministero dell'Agricoltura, sulla base delle proposte della Regione, deve, entro cinquanta giorni dall'evento calamitoso, emettere il relativo decreto di delimitazione.
Per quanto concerne i particolari danni verificatisi nella provincia di Cuneo a cui gli interroganti fanno riferimento, comunico che la Regione Piemonte, in data 6 aprile '74, ha proposto al Ministero dell'Agricoltura per la delimitazione 61 Comuni, tutti in provincia di Cuneo (dei quali vi risparmio la lettura dell'elenco: vi sono, fra gli altri, Albaretto Torre Bonvicino, Borgovale, Camerana, Dogliani, Cherasco eccetera). I danni lamentati e segnalati in questi 61 comuni ammontano a 822 milioni e riguardano frane interessanti strutture aziendali (case e stalle) ed interaziendali (strade interpoderali, acquedotti eccetera). Per il ripristino delle strutture aziendali danneggiate è stata richiesta la somma di 480 milioni (i danni denunciati saranno infatti poi ridotti in accertamento, e si corrisponderanno prevedibilmente quote fino all'80) mentre per le opere interaziendali è stata chiesta la somma di 150 milioni per la copertura a totale carico dello Stato della spesa relativa. Gli agricoltori dovranno inoltrare le richieste di aiuti, entro novanta giorni dalla data di pubblicazione sulla "Gazzetta Ufficiale" del decreto del Ministero dell'Agricoltura, agli Ispettorati provinciali dell'Agricoltura competenti per territorio, oppure agli Ispettorati ripartimentali delle Foreste, nel caso di comuni montani.



PRESIDENTE

La parola all'interpellante Consigliere Revelli.



REVELLI Francesco

Prendo atto delle dichiarazioni dell'Assessore: scorrendo l'elenco dei Comuni ho constatato che vi sono tutti quelli ai quali noi facevano riferimento.
Raccomanderei soltanto che la pratica fosse sveltita il più possibile.
Abbiamo discusso circa un mese fa qui, in Consiglio regionale, la pratica di altri comuni della stessa zona prima inseriti e poi esclusi dall'elenco e che a distanza di un anno e mezzo attendono ancora, pur avendo presentato tutte le domande, di ottenere i mezzi per poter riparare i loro danni, che si sono ulteriormente aggravati a causa di queste ultime alluvioni.
Pregherei l'Assessore di farmi avere copia della sua dichiarazione della risposta e dell'elenco. Invito ancora la Giunta a sollecitare al massimo la liquidazione dei danni, soprattutto di quelli precedentemente segnalati.



PRESIDENTE

L'interpellanza è discussa.


Argomento: Celebrazioni Manifestazioni Anniversari Convegni

Interpellanza dei Consiglieri Zanone, Fassino, Gerini e Rossotto in merito alla celebrazione della figura e dell'opera di Luigi Einaudi nel centenario della nascita


PRESIDENTE

Interpellanza dei Consiglieri Zanone, Fassino, Rossotto, Gerini presentata in data 11/4: "Celebrazione della figura e dell'opera di Luigi Einaudi nel centenario della nascita".
Risponde il presidente Oberto.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

I consiglieri interpellanti richiamano l'attenzione sul fatto che quest'anno ricorre il centenario della nascita di Luigi Einaudi e sollecitano una partecipazione della Regione non soltanto di rievocazione dell'attività svolta dal comune non soltanto di rievocazione dell'attività svolta dal compianto statista nel campo degli studi universitari, in campo economico, in Parlamento, fino a giungere al vertice della Presidenza della Repubblica, ma anche in maniera diversa e tangibile.
La Giunta ha all'esame, da un paio di mesi, la questione e sta perfezionando una sua presa di posizione che si estrinsecherà probabilmente nella istituzione di una borsa di studio, o di più borse di studio intitolate a Luigi Einaudi e a Francesco Ruffini. Sarebbe nostra intenzione associare nel ricordo queste due personalità, dato che nel '74 ricorre anche il quarantesimo anniversario della morte di Francesco Ruffini, la cui sepoltura, come tutti loro avranno presente, avvenne quasi catacombalmente di tal che si temeva anche la semplice partecipazione al funerale di una persona che avesse avuto un certo atteggiamento per creare grosse difficoltà. L'associazione dei due nomi - Einaudi e Ruffini furono entrambi professore all'Università di Torino, entrambi indubbiamente maestri di vita e di costume, oltre che di dottrina - sarà certamente dalla Giunta onorata in una forma che il Consiglio si sentirà a suo tempo esporre e sarà chiamato ad accettare ed a deliberare, come impegno unitario della volontà di tutta la Regione Piemonte.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare l'interpellante Consigliere Gerini.



GERINI Armando

Ci dichiariamo soddisfatti dell'impegno assunto dalla Giunta circa il modo di onorare la figura del grande statista Luigi Einaudi.


Argomento: Parchi e riserve - Viabilità

Interpellanza dei Consiglieri Rivalta, Vecchione, Berti sull'acquisizione di aree per la costituzione di parchi regionali per l'area metropolitana


PRESIDENTE

Interrogazione presentata il 22/11/73 dai Consiglieri Rivalta Vecchione - Berti: "Acquisizione di aree per costituzione di parchi regionali per l'area metropolitana".
Risponde il Presidente Oberto.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Personalmente, oltre che come Presidente della Giunta, sono grato di questa interrogazione, che per la verità risale molto indietro nel tempo addirittura a prima che io avessi assunto responsabilità di governo regionale. Ho soltanto il rammarico di dover dire che il tempo, in questa come in tante altre vicende, purtroppo scorre lentamente senza che si riesca ad arrivare rapidamente come si vorrebbe ad una conclusione.
Desidero assicurare agli interroganti che avendo ieri, in riunione di Giunta, ricordato ai Colleghi che ne fanno parte che questa mattina si sarebbe dovuto rispondere a questa interrogazione, li ho trovati unanimi nel consenso a che esprimessi ancora una volta la precisa e tassativa volontà dell'organo esecutivo di realizzare il più presto possibile, nel modo migliore possibile, l'acquisizione di aree per la costruzione di parchi naturali e nella direzione di Stupinigi e nella direzione della Mandria, e, per quanto possibile - la cosa è soltanto embrionalmente, allo stato delle cose, portata avanti, - per quello che si riferisce alle Vallere. Posso pertanto dire non solo agli interroganti, ma all'intero Consiglio che la Giunta è ferma nel proposito di far presto e di far bene in questa direzione.
L'interrogazione chiede anche quali passi siano stati compiuti per dare esecuzione ad un mandato che era stato conferito. In proposito debbo essere preciso per quanto si riferisce soprattutto al problema della Mandria ed a quello di Stupinigi: per le Vallette ho già detto che siamo alla ricerca di qualche cosa che non è ancora esattamente definito per le modalità che consentano poi la attuazione e la realizzazione.
Tenuta della mandria. E' stato affidato l'incarico al dott. Floriani per quanto si riferisce ai terreni della Mandria, e all'architetto Bellei per quanto attiene al complesso degli immobili, di fare una stima ai fini della determinazione del prezzo per l'acquisizione. Fino a questo momento l'operazione non è stata completata: sono peraltro in grado di dire che il rilievo aerofotogrammetrico è stato totalmente compiuto ed eseguito; che vi è già stata la trasposizione del rilievo su una cartografia con la identificazione dei vari appezzamenti che costituiscono l'accorpamento totale della tenuta, e lo studio dei due incaricati tecnici da parte della Regione è, in questo momento, volto a identificare i singoli appezzamenti (mi esprimo in termini un po' grossolani, certo non tecnici, ma spero di essere almeno chiaro) nei quali si sviluppano le varie colture, per determinare di ciascuno il valore e poter poi valutare il costo presumibile da affrontare complessivamente.
Non appena questi elementi siano stati raccolti, ci sarà la possibilità della determinazione del valore globale. A quel punto la Giunta ed il suo Presidente si propongono di conferire all'Assessore Paganelli, che l'Assessore che si occupa del patrimonio regionale in modo particolare e specifico, l'incarico di condurre tutte le trattative volte a determinare il prezzo e il costo dell'operazione. Per quanto riguarda l'aspetto partecipativo dell'organo regionale, informo gli interroganti ed i Consiglieri che non sono mancati, e sono stati anzi frequenti, i contatti con i rappresentanti della proprietà, nei quali si è dichiarata la volontà di procedere a questa operazione e si è cercato di ottenere che venire rinnovata da parte della proprietà stessa la dichiarazione di disponibilità, intanto, ad un discorso per la eventuale acquisizione diretta, prima di prendere in considerazione l'ipotesi, che era stata avanzata, ed era stata sostenuta con vigore dal mio predecessore Presidente Calleri, di ricorrere ove se ne riscontrasse la necessità, anche all'esproprio. Contemporaneamente, la Giunta ha messo allo studio dell'ufficio giuridico la questione relativa a questo esproprio: come e se sia giuridicamente fattibile e possibile, quali strumenti, anche legislativi, eventualmente la Regione debba darsi per potersi ancorare a quel documento legislativo al fine di esercitare la facoltà e il diritto di esproprio.
Vi sono invece notevoli difficoltà a superare l'aspetto giuridico della questione, in relazione al fatto che ancora non esiste uno strumento di piano programmatorio generale nel quale collocare questa realtà, e non esistono progetti completi di urbanizzazione. Lo studio viene tuttavia approfondito, e conto che fra non molto - contemporaneamente, spero, ai risultati del giudizio tecnico del dott. Floriani e dell'architetto Bellei si possa giungere anche alla soluzione della questione giuridica.
L'urgenza di risolvere il problema per l'acquisizione quanto meno attraverso una convenzione di compromesso è intuitiva ed evidente anche attraverso prese di posizione che possono compromettere l'esito finale di questa operazione.
E' noto a tutti i Consiglieri regionali come il Comune di Druento mandi avanti il suo piano regolatore, che prevedendo, oltre tutto, delle strade all'interno del parco stesso, può creare difficoltà ad una utilizzazione piena, completa, razionale del futuro Parco naturale della Mandria progettato dalla Regione. Vi è anche un problema marginale, che tuttavia mi sembra debba essere valutato, anche se mi pare non possa pregiudicare la soluzione ottimale nostra di acquisizione della Mandria e sua destinazione a parco naturale, costituito da quanto oggetto di presa di posizione da parte del Comune della Venaria.



RIVALTA Luigi

Qual è questa posizione del Comune di Venaria?



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Il Comune di Venaria, ad un certo momento, ha adottato una disposizione per una parte del parco della Mandria In proposito vi sono state anche delle polemiche giornalistiche, in questi giorni.



RIVALTA Luigi

Credo di capire che si tratta del parco basso del Castello della Venaria, in merito al quale abbiamo presentato una interpellanza.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

A me non è ancora pervenuta. Comunque, è una questione sulla quale si dovrà tornare successivamente.
Si chiede di precisare i tempi. Da parte del dott. Floriani e dell'architetto Bellei la consegna dei dati che ci consentiranno una definizione, in rapporto alla stima, dovrebbe avvenire entro questo mese.
La seconda parte dell'interrogazione si riferisce in modo particolare alla tenuta di Stupinigi. Per questo aspetto la risposta è anche più complessa, perché, come gli interroganti e i Consiglieri tutti sanno, vi sono dei vincoli notevoli sul complesso dei beni della tenuta: vi è una ipoteca a favore della Cassa pensioni Dipendenti del Ministero del Tesoro, per quasi due miliardi per le zone laterali vi è una strada esiste un vincolo di tutela paesaggistica per la palazzina di caccia nell'ambito del Comune di Nichelino (secondo il decreto del 1959) la zona che circonda la palazzina di caccia,sita in territorio dei Comuni di Nichelino e di Orbassano, ha a sua volta un tutela paesistica.
Comunque, a parte il problema finanziario, che dev'essere valutato, questi vincoli non possono recar disturbo in rapporto alla acquisizione; se mai inducono a procedere con cautela.
Per i terreni in territorio di Nichelino c'è un vincolo a verde pubblico attrezzato, con riferimento al vincolo paesistico di cui ho detto prima, ed a verde agricolo per il nucleo centrale: verde agricolo e zona mista per il comprensorio dell'accampamento che è attualmente dato in affitto per parco pubblico alla Città di Torino (con la quale, pertanto dovranno intervenire intese o per incorporare il tutto in un parco naturale regionale o per accordarsi sulla conservazione), e una zona destinata a servizi per quello che è detto "il poderetto di Bosconuovo". Vincoli vi sono in territorio di Orbassano, di Candiolo, di None, di Volvera, di Beinasco a verde agricolo altri vincoli in territorio di Torino, a verde pubblico attrezzato ed in parte a verde agricolo. Se gli interpellanti lo desiderano, potr fornire una ulteriore e più completa indicazione, precisando superfici quantità, eccetera di tutti questi elementi che son venuto esponendo.
Per quel che si riferisce a Stupinigi, vi sono due problemi essenziali insieme a tanti altri. Il primo è la eventualità, che la Regione ritiene possibile, probabile, forse addirittura necessaria, di stralciare una certa area del territorio, per esaudire la richiesta dell'Università per la instaurazione là, secondo quella che sembra anche l'opinione prevalente della Intercommissione (da questa attendo di ricevere, il più rapidamente possibile, dati gli impegni che ho nei confronti del Governo di dare notizie, la relazione che mi metta in grado di avere non soltanto cortesi acquisizioni verbali, ma un documento definitivo) per insediarvi le due Facoltà previste di Agraria. Quindi il problema, che è di acquisizione del territorio, e che è anche problema di creazione di parco naturale, deve tener conto di questa relazione. Acquisizione fatta dalla Regione acquisizione fatta parte dalla Regione parte dall'Università, acquisizione fatta tutta dall'Università? Sono ancora punti interrogativi cui dovremo dare risposta molto rapidamente.
Come per la Mandria vi è quella tale difficoltà operativa per un eventuale esproprio, così problema analogo si presenta per l'esproprio eventuale del complesso grosso di Stupinigi, in carenza di quello strumento che peraltro la Regione si propone di creare abbastanza rapidamente per potersene servire proprio ai fini esecutivi ove non sia possibile una trattativa diretta a condizioni buone, tali che possano essere accettate ed accolte.
Per quello che si riferisce all'area di Stupinigi, c'è l'altro problema, il secondo problema, del quale abbiamo già avuto anche occasione di dire qualche cosa, e cioè il proposito da parte dell'Ordine Mauriziano di realizzare una cifra sufficiente a permettere la costruzione di un nuovo complesso ospedaliero, per la cui erezione (non vorrei essere tradito dalla memoria) occorrerebbero venti miliardi. C'era stato un lapsus in un mio precedente intervento, allorché avevo collocato la realizzazione dell'Ospedale dell'ordine Mauriziano nel territorio di Stupinigi stesso mentre così non è: l'ospedale dovrebbe sorgere altrove, ma sarebbe realizzato attraverso le somme che l'Ordine si propone di realizzare attraverso la vendita del complesso di Stupinigi. Anche a questo proposito il discorso è piuttosto ampio, e ad esso credo che la Regione debba tendere l'orecchio, perché si tratta di un ente che diventa oggi - almeno così io interpreto - essenzialmente un ente ospedaliero, che è arricchito dalle realtà dell'Ospedale di Lanzo Torinese, dell'Ospedale di Torino, per il quale è in corso un piano di ristrutturazione, e dell'Ospedale di Valenza essendo caduta la questione dell'Ospedale di Aosta, che interessa una diversa Regione.
Ho così riassunto, nel rispondere a questa interrogazione, il cammino che abbiamo percorso. Detto così, può sembrare poca cosa, ma tutti coloro che hanno esperienza di come la vita amministrativa sia lenta e difficile comprenderanno come effettivamente si sia dedicato a questo problema tutto l'impegno e tutto il tempo necessario. Ancora nella giornata di ieri, prima di riferirne in Giunta, ebbi occasione di incontrarmi con i rappresentanti della proprietà della Mandria, e di fare con essi un certo discorso ottenendo la risposta che la proprietà è aperta per una trattativa che possa concludersi senza necessità di un ricorso all'esproprio. Certamente all'esproprio non si rinunzierebbe qualora l'accordo non si verificasse: perché la procedura potesse essere operante, però, si dovrebbe disporre di quei tali strumenti urbanistici di programmazione che dobbiamo crearci per non incorrere in eventuali opposizioni che rinvierebbero la soluzione del problema alle calende greche.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante Consigliere Rivalta.



RIVALTA Luigi

Sottolineo l'attenzione che il Presidente della Giunta ha dedicato alla nostra interrogazione, il che dimostra l'interesse che porta a questo argomento. Vorrei però richiamare alcuni aspetti della questione che richiedono un chiarimento. La nostra interrogazione, come ha ricordato anche il Presidente della Giunta, risale a parecchi mesi fa, è del 22 novembre, e solo oggi ad essa è stata data risposta. Era stata presentata sei mesi dopo che il Consiglio aveva impegnato la Giunta a procedere per la costituzione di parchi nell'area torinese.
La grande aspettativa che esiste nell'area torinese nei confronti della costituzione di una struttura di parchi urbani, avrebbe dovuto indurre a una tempestiva esecuzione della deliberazione del Consiglio. Ci dobbiamo rammaricare che i mesi trascorrano senza che passi concreti siano compiuti.
Quando allora discutemmo questo problema il presidente della Giunta a quel tempo in carica aveva dichiarato che la trattativa sarebbe avvenuta sulla base del prezzo agricolo: era stato precisato, al di sotto delle 200 lire il metro quadro. Tutti gli studi che si stanno compiendo ora per definire il prezzo della contrattazione hanno un senso se questa stima tende a ridurre il prezzo d'acquisto rispetto al prezzo agricolo stabilito dall'Ufficio tecnico erariale. Si era infatti detto che ci si sarebbe adoperati per acquisire la Mandria con trattativa amichevole, ma si era anche detto fin da allora - e lo ha ribadito d'altronde questa mattina il Presidente della Giunta - che, ove fosse risultato impossibile procedere per quella strada, ci si sarebbe orientati per l'esproprio. La strada dell'esproprio garantisce l'acquisizione ai prezzi stabiliti dall'Ufficio tecnico erariale. Una stima fatta dalla Regione, deve mettere in discussione il prezzo fissato dall'ufficio tecnico erariale nel senso di abbassarlo, non certo per richiedere prezzi superiori.
Ricordo che un anno fa si era fatto riferimento alla proprietà Medici del Vascello, che credo sia la proprietà con la quale la Giunta ha condotto in questi mesi la trattativa, come primo passo verso l'acquisizione globale del parco della Mandria, nella sua interezza e unità storica. Anche sotto questo profilo è necessario procedere. Certo, è importante acquisirne una prima parte, ma in una prospettiva che chiaramente sia quella dell'acquisizione totale. C'è una esigenza funzionale, ma c'è anche la esigenza ambientale-storica di istituire il parco della Mandria nella sua unità, che va dal castello di Venaria all'intero parco della Mandria attraverso a quel "parco basso", a cui ha fatto riferimento stamane il Presidente della Giunta, con un accenno polemico dovuto al fatto che la salvaguardia del "parco basso" è messa in pencolo da alcune proposte di lottizzazione (in proposito, sottolineo che abbiamo presentato il 5 maggio una interpellanza per chiedere che la Regione salvaguardi il "parco basso": poiché occorre per concedere il permesso di lottizzazione il nulla osta della Regione, si potrà, in tale sede, rimediare agli errori che possono essere stati commessi al momento dell'approvazione del piano regolatore di Venaria quando si è convalidata la destinazione residenziale, del "parco basso"; si eliminerà così una delle ragioni che secondo quanto detto dal Presidente della Giunta impediscono la completa ricostruzione della unità storica e monumentale compresa tra il castello e l'abitato di Venaria e la tenuta della Mandria).
Il Presidente ha poi indicato nel Piano regolatore di Druento un altro pericolo per la salvaguardia del parco. Non conosco il Piano regolatore del Comune di Druento, ma se veramente le indicazioni di tale piano mettono in difficoltà l'attuazione del parco, il dialogo tra la Regione e il Comune potrà portare a una solidarietà di azione tendente alla miglior sistemazione del parco.
Per quello che riguarda la acquisizione del parco sono d'accordo che la trattativa bonaria, se possibile è da preferirsi in quanto è la strada più semplice, e la più celere. Mi pare, però, che, anche al fine di accelerare la conclusione della trattativa bonaria, sia importante non trascurare la eventualità della procedura dell'esproprio. Il Presidente ha detto che l'ufficio legislativo della Giunta sta studiando l'eventualità dell'esproprio ma che, emergono difficoltà perché non esistono i piani urbanistici su cui fondare l'iniziativa. Qui ritorna allora il discorso del piano territoriale di coordinamento, come impostazione base generale della politica urbanistica della Regione. E' necessario formare il piano territoriale, ma intanto è possibile procedere riferendosi ai piani regolatori dei singoli comuni. Sarà quindi opportuno verificare i Piani regolatori dei Comuni di Druento e Venaria e degli altri comuni interessati alla Mandria: ove questi piani abbiano sancito la destinazione a verde pubblico di questo parco, è possibile - senza aspettare il Piano territoriale di coordinamento (per la cui formulazione occorrerà attendere mesi, ammesso che ci sia la volontà di arrivare a questa formulazione) attraverso un rapporto collaborativo con Comuni, fa elaborare i piani particolareggiati di esecuzione ed attraverso i piani particolareggiati procedere all'esproprio.
Questo discorso vale per la Mandria, e pertanto per i Comuni di Druento e di Venaria; ma vale per il parco di Stupinigi e pertanto per i Comuni di Nichelino, di Candiolo e di Orbassano. A proposito del parco di Stupinigi le ragioni dell'Ospedale Mauriziano, a cui ha accennato il P residente Oberto devono certamente essere tenute in conto. Tenute in conto in che modo? Separando nettamente la questione che riguarda l'acquisizione del parco da parte della Regione dalle questioni dell'Ordine Mauriziano relative alle esigenze della sua politica ospedaliera. Anche nei confronti di Stupinigi, per l'acquisizione del parco, ci si deve attenere rigorosamente ad una trattativa basata ancora sui prezzi agricoli, basata sui prezzi che sono fissati dagli strumenti legislativi nel caso di procedure di esproprio (l'art. 9 della 865); l'applicazione dei piani particolareggiati (e quindi le procedure di esproprio attraverso i singoli Comuni). Per l'aspetto ospedaliero, esso è da considerare a parte rispondendo alle sue esigenze, nell'ambito dell'esercizio delle competenze della Regione in materia.
Se l'Ordine Mauriziano pretendesse di ricavare i venti miliardi che ritiene necessari per la sua politica ospedaliera - ammesso che debbano essere proprio venti miliardi - dalla vendita di Stupinigi, poiché il complesso di Stupinigi misura circa 800 ettari, si arriverebbe a pagare il terreno a circa 2500 lire il metro quadro; un prezzo di speculazione che credo non abbia pagato neppure la Fiat per i terreni del parco su cui malauguratamente sta insediando i propri uffici direzionali. Sarebbe ben strano che prezzi di questo genere venissero pagati per l'acquisizione dell'area da parte della Regione. Devono dunque essere nettamente distinti i due problemi: acquisizione ai prezzi che si possono spuntare utilizzando le leggi, e sostegno della politica ospedaliera dell'ordine Mauriziano, se i suoi programmi rientrano nell'ambito dei piani ospedalieri regionali.
Sulla questione delle Vallere il Presidente ha sorvolato. Ha detto che per le Vallere siamo ancora alla ricerca di un approccio. Io direi che il discorso fatto per la Mandria, fatto per Stupinigi, ci può venire di nuovo in aiuto in questo caso, tenendo conto, che il procedere nei confronti delle Vallere diventa urgente, per i pericoli che incombono su tale area.
Questa, oltre a rappresentare, dal punto di vista dell'utilizzo a parco una opportunità molto valida per l'area torinese, ha la caratteristica rispetto alla Mandria ed a Stupinigi, di essere interna al tessuto urbano il che la rende appetita non solo per la costituzione di un parco, ma anche per l'insediamento di servizi sociali. Non possiamo neanche essere certi che il Comune di Moncalieri si adopererà per preservare l'area delle Vallere alle finalità che si è data la Regione. Infatti, con una procedura molto strana, dopo la discussione avvenuta nel maggio scorso, un anno fa qui in Consiglio, sulla questione del parco delle Vallere, l'allora Presidente della Giunta ha approvato con proprio decreto una variante specifica al Piano regolatore di Moncalieri, in cui risulta che "la destinazione della zona delle Vallere è rinviata in sede di variante organica del Piano regolatore generale".
Questa è una condizione che certamente indebolisce la posizione della Regione nella trattativa, perché rimette addirittura in discussione la destinazione della zona delle Vallere: tutto sommato, dava maggior forza l'indicazione precedente del Piano regolatore che prevedeva per la zona delle Vallere centri polisportivi, parchi pubblici, centri di attrezzature culturali per lo svago e il tempo libero. L'avere addirittura stralciato dal piano regolatore queste indicazioni d'uso dell'area per rimandarle ad un futura variante organica, che non sappiamo quando ci sarà, ha rinfocolato aspettative e interessi degli speculatori e ha indebolito la Regione. Si deve correre immediatamente ai ripari, anche tenendo conto che la Regione ha per il decreto delegato n. 8, all'art. 1, punto g, la competenza di fissare i termini per la formazione di piani particolareggiati. Qui è proprio il caso di dire che il Comune di Moncalieri deve fare il piano particolareggiato, e deve farlo secondo le indicazioni precedenti che comprendevano centri sportivi, parchi pubblici centri di attrezzature culturali a tempo libero. E' necessario procedere immediatamente, per ovviare alle conseguenze negative del decreto emesso dal Presidente della Giunta il 13 giugno dell'anno scorso, con il quale egli ha smentito la deliberazione assunta dal Consiglio Regionale il precedente 24 maggio. Richiamo ancora, per la zona delle Vallere, che deve essere omessa una indicazione che era presente nel vecchio piano regolatore, prima della variante stralciata, la quale contemplava la possibilità di creazione in quella zona, oltre che dei centri polisportivi del parco pubblico e dei centri culturali e per il tempo libero, anche di attrezzature di carattere commerciale. Noi ribadiamo qui che le Vallere non devono assolutamente essere utilizzate da chicchessia per centri di carattere commerciale, come invece da più parti si vorrebbe.
Vedete quali pericoli derivano da questo vuoto di indicazioni del Piano regolatore generato dal decreto di Calleri! Sappiamo di molte pressioni per utilizzare la zona delle Vallere in maniera distorta. Io chiedo alla Giunta di operare rapidamente per correggere gli errori commessi con il decreto di approvazione della variante del Piano regolatore, e rendere la zona delle Vallere salvaguardata e destinata a parco pubblico e a servizi sociali.
Richiamo ancora il fatto che il Comune di Moncalieri, come già dicevo, non ci dà alcuna garanzia sotto questo profilo, a causa del Piano regolatore di cui dispone e più in generale per la politica negativa che sta conducendo relativamente alla collina torinese, dove sono progettate (già sono state poste all'ordine del giorno del Consiglio) nove lottizzazioni di terreni collinari per un totale di 1800 abitanti, e prospettate altre che porteranno questa cifra a 5.000.
La politica che il Comune di Moncalieri sta conducendo nei confronti delle aree verdi, delle aree collinari o delle aree fluviali è dunque una politica assolutamente da impedire. L'intervento della Regione nei confronti del Comune deve pertanto essere di carattere immediato. Anche per smentire alcune dichiarazioni che questa settimana sono state fatte da alcuni tecnici che hanno studiato per conto della FIAT i piani della viabilità per l'area torinese, i quali hanno detto che l'area delle Vallere non ha alcun valore dal punto di vista paesaggistico, e pertanto non devono esistere remore ad utilizzarla per svincoli, per attraversamenti autostradali, per collegamenti fra le due sponde del fiume Po. L'area delle Vallere, così com'è disarborata e utilizzata per parcheggi e depositi certamente non presenta grandi pregi, ma, dal punto di vista ambientale, è un'area di notevole valore, sia perché poggia sull'asse fluviale del Po sia perché è la continuazione naturale del parco del Valentino: dire che l'area delle Vallere non ha alcun valore ambientale e paesaggistico è come dire che non ce l'ha il terreno su cui sorge il Valentino. Noi dobbiamo scongiurare ogni pericolo di compromissione di quest'area. Le posizioni di quei signori che studiano, sostituendosi agli enti pubblici, le soluzioni da dare alla viabilità dell'area torinese, mostrano quanto contraddicono gli interessi privati con quelli collettivi. La dichiarazione che hanno fatto non tornano certo a loro onore, sul piano culturale.



BERTI Antonio

Ma loro vengono dalla Svizzera.



RIVALTA Luigi

Sono però tecnici che lavorano per la FIAT; per la verità, anzi, questi erano proprio tecnici torinesi.
L'area delle Vallere ha poi una importanza paesaggistica grandissima per le relazioni ambientali e visuali che la legano al castello di Moncalieri e al vecchio centro di Moncalieri.
Alterare questa relazione ambientale e visuale, con sopravvie e con manufatti vorrebbe veramente dire distruggere una delle possibilità di percezione più valide che si hanno della città di Moncalieri.
Noi crediamo che il Presidente di questa Giunta, che è in carica dal mese di gennaio, sia impegnato in direzione dell'acquisizione della Mandria e di Stupinigi. Chiediamo a lui ed alla Giunta di accelerare le procedure di acquisizione avvalendosi di tutti gli strumenti legislativi che ci sono consentiti; svolgendo nei confronti del Mauriziano una politica che disgiunga l'acquisizione delle aree dai problemi ospedalieri; insistiamo perché soprattutto nei confronti del Comune di Moncalieri, per l'utilizzo delle Vallere, si arrivi a definizioni molto precise dal punto di vista urbanistico, e quindi alla salvaguardia della zona e alla sua acquisizione.



PRESIDENTE

Ha la parola il Presidente della Giunta.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Ringrazio delle osservazioni fatte con tanta precisione da parte di uno degli interroganti, penso, a nome di tutti e ripeto l'impegno mio personale, della Giunta e dell'Assessore Paganelli, l'Assessore al Patrimonio che è incaricato adesso di sviluppare anche questi rapporti, di fare in maniera di poter, entro poco tempo dare ulteriori comunicazioni possibilmente anche senza che vi sia bisogno di una sollecitazione di interrogazioni al Consiglio.
Soltanto, desidero aggiungere che la risposta è venuta molto in ritardo non per colpa del Presidente, che era disponibile a darla fin dal mese di gennaio, ma per una serie di circostanze che hanno portato di volta in volta all'aggiornamento della esplicazione della risposta stessa in Consiglio.



PRESIDENTE

Abbiamo ormai oltrepassato l'ora di tempo dedicata per consuetudine alle interpellanze ed interrogazioni, e quindi riterrei di passare al successivo punto dell'ordine del giorno.
Chiede di parlare il Consigliere Berti. Ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Vorrei fare una domanda, in rapporto al fatto che spesso chi presenta interrogazioni al momento di discuterle non è in aula: in questa caso le interrogazioni decadono, oppure no?



PRESIDENTE

Il Regolamento dice soltanto che "una interrogazione si intende ritirata se l'interrogante non si trova presente quando giunga il suo turno". Non precisa però nulla per il caso di assenza per congedo o malattia. Se il Consiglio mi conforta del suo parere in proposito non ho nulla in contrario ad adottare la interpretazione più estensiva.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Farei una proposta: esaminiamo la questione questo pomeriggio, nel corso della riunione, già fissata, dei Capigruppo, e in quella sede prendiamo una decisione che tenga valore di regolamento. Perché se rimarremo fermi al Regolamento continueremo a portarci dietro, di seduta in seduta, un bagaglio di interrogazioni che veramente finirebbero con il dar fastidio.


Argomento: Istruzione e Formazione Professionale: argomenti non sopra specificati

Parere sulla bozza di decreto relativa all'istituzione del Distretto scolastico e del Consiglio Scolastico Provinciale


PRESIDENTE

Punto quarto dell'o.d.g.: "Parere sulla bozza di decreto relativa alla istituzione del Distretto scolastico e del Consiglio scolastico provinciale".
La parola al relatore Consigliere Albertina Soldano.



SOLDANO Albertina, relatore

In sede preliminare mi permetto invitare il Consiglio a tener presenti tutte le eventuali connessioni che si rinvengono nel testo del decreto per l'istituzione dei Distretti scolastici e anche negli altri decreti delegati che formano il complesso di tutti i provvedimenti ministeriali per l'attuazione della legge n. 477 del 30/7/73. Tale legge è infatti uno strumento concepito organicamente e con visione unitaria di tutti i problemi relativi alla scuola.
Devo comunque precisare che noi siamo chiamati oggi ad esprimere un parere sullo schema di decreto delegato concernente l'istituzione degli organi collegiali per il governo della scuola, e non ad esprimere un parere su quella che sarà la delimitazione dei Distretti in senso geografico , che in realtà risulterà successivamente, dopo l'esame oggi in atto presso le singole Amministrazioni provinciali con la collaborazione di tutte le componenti interessate alla delimitazione stessa.
Passando, dunque, all'esame del decreto, ed altresì tenendo presenti le osservazioni che in proposito sono state fornite dalla Giunta regionale nonché i risultati della consultazione effettuata a cura della III Commissione con i Provveditori agli studi, i residenti delle Amministrazioni provinciali (o Assessori provinciali per l'Istruzione), o Sindaci (o assessori all'Istruzione) dei Comuni capoluogo di area ecologica, a nome della III Commissione formulo le seguenti osservazioni.
Lo schema di decreto delegato in materia di "Organi collegiali di governo della scuola" appare come un documento a sé stante, avulso dalla nuova realtà regionale, e in particolare risente del mancato, opportuno collegamento con il Ministero per l'attuazione delle Regioni.
Inoltre, occorre prendere atto dei limiti posti nella richiesta di parere da parte delle Regioni, secondo una evidente interpretazione esclusivamente "statale" e burocratica, a cui invece fa riscontro la necessità di chiarire, nella visione globale dei problemi affrontati dalla legge 477, quale ruolo debba in effetti essere affidato alle Regioni.
Vale a dire, il "distretto scolastico", nel documento in esame, non si presenta come un nuovo strumento di governo o di partecipazione democratica alla vita della scuola, ma come un mero organismo di proposta.
In sede di Commissione abbiamo ritenuto opportuno richiamare quanto già affermato per la formulazione del parere sul Programma economico nazionale e sul rapporto preliminare dell'IRES. Pertanto, abbiamo riconfermato che il "distretto scolastico" deve far capo al comprensorio, quale unità di programmazione regionale di base.
I "distretti-comprensori" debbono essere posti sotto le funzioni di indirizzo e coordinamento del potere politico, sia regionale che nazionale.
Diversamente, i distretti scolastici non avrebbero la capacità di dinamizzare i processi formativi per renderli più rispondenti alle esigenze dello sviluppo globale che comporta l'azione nei due ambiti nazionale e regionale. D'altra parte, il potere politico è l'unico capace di assicurare in termini sostanziali il superamento dell'attuale separazione tra scuola e società, di responsabilizzare i processi formativi nel rapporto dello sviluppo globale della società, stimolandone convenientemente la trasformazione pedagogica e didattica.
Occorre ristrutturare l'intero sistema formativo secondo il principio dell'educazione permanente, eliminare o attenuare gli squilibri sociali per fare della scuola uno strumento di eguaglianza e valorizzazione sociale, favorire il decentramento funzionale dei processi scolastici rendendoli accessibili da parte dell'intera collettività.
Si ritiene comunque di dover evidenziare che il documento ministeriale nonostante i limiti delle affermazioni contenute e di quelle presentate in prospettiva, se modificato in base al principio sovraesposto, può risultare nel complesso positivo, perché enuncia nuove possibilità di partecipazione democratica, per la realizzazione delle quali vengono responsabilizzate tutte le persone e gli organi pubblici comunque interessati alla scuola: docenti, genitori, studenti, personale non docente, Enti locali, sindacati operatori sociali.
Si rileva pure il rischio di una eccessiva burocratizzazione della scuola a causa dei molti organismi dirigenziali ed il possibile inceppamento delle attività. Conseguentemente, nella composizione degli organi collegiali, tanto a livello d'istituto quanto a livello di circolo noi riteniamo che al personale della scuola materna e dell'obbligo debba spettare il 50% dei membri, riservando il restante 50% ai rappresentanti dei genitori, attesa la funzione educativa della famiglia in rapporto all'età degli alunni della fascia scolastica considerata. Per quanto concerne le scuole secondarie superiori, il 50% deve sempre spettare al personale della scuola, mentre il 25% dovrà spettare ai genitori ed il 25 agli studenti.
Allo scopo di attuare i principi generali sopra enunciati, per quanto concerne il distretto scolastico, si ritiene di affermare chiaramente che le deleghe delle funzioni amministrative in materia di assistenza scolastica debbano essere affidate dalla Regione agli Enti locali, in modo da favorirne la gestione consortile o comunque associata. Saranno quindi gli Enti locali così investiti di responsabilità dirette, come prevedono d'altro canto, la Costituzione e lo Statuto regionale, a decidere successivamente se affidare eventuali compiti in questo settore al distretto scolastico.
A tale scopo, si ritiene che debba essere rinforzata la rappresentanza degli Enti locali negli organi del distretto, con particolare sottolineatura dell'ente Provincia, totalmente ignorato, come ente locale nello schema di decreto delegato.
Ai fini di un maggior chiarimento, si è ritenuto di puntualizzare alcuni aspetti del distretto scolastico. In primo luogo, è un "Comprensorio scolastico", ovvero un bacino di utenza organizzato. In questo senso, deve corrispondere ad una esigenza di razionalità, e di globalità, e rappresenta un momento di programmazione dell'uso del territorio.
In secondo luogo, il distretto è un "centro scolastico", ossia un complesso funzionale di edifici e di attrezzature per una scuola intesa come centro di vita e di crescita giovanile e comunitaria e non più come modulo docenza-discenza-esami.
In terzo luogo, il distretto è da intendersi come organo di propulsione della scuola sotto il profilo dell'educazione innovativa e della sperimentazione didattica. In altri termini, se centro scolastico è il "contenente", l'innovazione riguarda i contenuti. Si tratta, cioè, di prendere decisioni che rendano possibile la sperimentazione didattica l'aggiornamento degli insegnanti, il diritto allo studio sotto il profilo dei servizi sociali che esso comporta, l'integrazione della scuola norma con i corsi speciali, la porta, l'integrazione della scuola normale con i corsi speciali, la formazione professionale in relazione alla formazione in generale, l'educazione permanente. A tale proposito, pare opportuno prevedere, nell'ambito di ogni centro scolastico, almeno un istituto o centro per la formazione professionale, secondo le caratteristiche economiche della zona, per servire non soltanto alla formazione professionale in senso vero e proprio, ma anche per consentire lo svolgimento di materie e di attività opzionali all'interno dell'auspicata riforma della scuola secondaria superiore.
In quarto luogo, poi, si ribadisce che il distretto è un organo di gestione della scuola in modo partecipato, con l'intervento diretto delle famiglie, delle forze sociali, delle comunità locali. Quest'ultimo aspetto appare oggi più evidente dei precedenti, tuttavia, non deve essere considerato in modo avulso dai medesimi, al fine di comprenderne il vero profondo significato.
La legge n. 477 stabilisce che, di norma, il distretto scolastico, su base sub-provinciale, accolga tutti gli ordini e gradi di scuola, ad eccezione delle Università, delle Accademie di Belle Arti e dei Conservatori di musica. A questo livello si istituirà il Consiglio scolastico distrettuale, quale organo di partecipazione democratica alla gestione della scuola Tale Consiglio avrà compiti di proposta e promozione per ciò che attiene all'organizzazione ed allo sviluppo dei servizi e delle strutture scolastiche, in relazione alle esigenze della comunità locale.
Noi critichiamo l'ispirazione generale verticistica che informa,secondo le norme contenute nello schema del decreto delegato, il sistema partecipativo. Infatti, sono previste funzioni di proposta e di promozione sia per gli organi distrettuali che per gli organi collegiali; ma ci avviene sempre rigorosamente nell'ambito di direttive generali del Ministero della Pubblica Istruzione e d'intesa con gli organi provinciali e regionali del Ministero stesso, quando invece appare opportuno e razionale riservare spazi di autonomia, soprattutto per quanto riguarda poteri d'iniziativa in materia di organizzazione e sviluppo dei servizi e delle strutture scolastiche, nonché di piani delle attività e dei servizi di educazione permanente, di attuazione delle norme contrattuali concernenti il diritto allo studio e i rapporti tra la scuola e la formazione professionale. Un particolare rilievo critico va poi fatto in merito al meccanismo elettorale previsto nel decreto delegato. Vanno cioè evitati sia metodi che finirebbero con il fare delle rappresentanze mere espressioni corporative, sia i pericoli di un assemblearismo confuso inconcludente e strumentalizzabile da minoranze. A tale fine pare essenziale consentire la presentazione di liste, non sulla base di sigle e di etichette, ma di precisi programmi riferiti alla realtà scolastica.
Concludendo: nello schema di decreto in esame, risulta che il distretto scolastico, sia nella sua determinazione, sia nei suoi organi, non è altro che una mera formulazione di tipo burocratico, fredda ed avulsa dal contesto sociale.
In particolare, tali aspetti si colgono nel Consiglio di distretto quale organo di governo, e soprattutto nel Consiglio scolastico provinciale, che altro non risulta se non un organismo decentrato dell'Amministrazione statale ai fini burocratici, accresciuto in senso quantitativo, ma con scarse possibilità di promozione in senso qualitativo.
Lo schema di decreto delegato non corrisponde alle attese della Regione, del mondo della scuola, degli Enti locali e delle forze sociali per l'assolvimento di un certo tipo di servizio scolastico organico ed articolato.
In particolare, disattende le speranze di partecipazione e la volontà sincera di collaborazione, nell'ambito delle singole competenze, per lo sviluppo umano e culturale della comunità regionale.
Pare, cioè, che sia prevalsa, il sede decisionale, un certa tendenza alla sfiducia o al pessimismo, con l'evidente possibile conseguenza di emarginare, nell'ambito della scuola o in stretta connessione con essa molte energie disponibili.
Se il decreto definitivo rispecchierà, nella sostanza, quello fornito attraverso lo schema esaminato, la scuola resterà, di fatto, affidata alla fantasia o alla intraprendenza del volontariato, con tutti i rischi di incomprensioni, o, peggio, di errori e di fratture che comunque oggi sarebbe impossibile prevedere in tutte le loro conseguenze.
Pertanto, si raccomanda l'adozione delle osservazioni e delle proposte formulate nella presente relazione.
A conclusione del mio dire, ritengo di dover, far presente l'opportunità di correggere alcuni errori materiali, commessi nella stesura dattilografica del testo: mi limito ad indicare pochissime sviste, alle quali mi pare fondamentale porre rimedio, ad evitare che possano ingenerare confusioni od equivoci.
A pag. 4, mi sembra sostanziale, per non falsare il senso, alla undicesima riga, là dove è scritto "successivamente di affidare eventuali compiti", sostituire il "di" con un "se", così che si legga: "successivamente se affidare eventuali compiti".
A pag. 6, penultimo capoverso, nona riga a partire dal basso, dove è scritto "espressioni cooperative", occorre leggere: "espressioni corporative"; anche qui il termine errato altera completamente il significato.



PRESIDENTE

Prego la Segreteria di prendere nota di queste osservazioni circa errori puramente materiali. Ringraziamo la Prof.ssa Soldano della sua relazione. Ha chiesto di parlare il Consigliere Revelli. Ne ha facoltà



REVELLI Francesco

Ci condividiamo pienamente la relazione approvata dalla III Commissione e riteniamo che molte delle osservazioni apportate siano puntuali e decisive. Infatti il testo sugli organi collegiali (viene chiamato anche nel parere della relazione della Signorina Soldano) non ci permette di avere un esame comparato con gli altri schemi di decreto sugli articoli della legge 477 che già sono stati presentati alla Commissione interparlamentare e che sono ancora al vaglio della Commissione prima del decreto ministeriale. Il decreto sugli organi collegiali è, fra tutti il migliore se così si può dire. Infatti se guardiamo ciò che riguarda il personale docente e non docente e tutte le altre questioni inerenti al governo della scuola, ritroviamo un'accentuazione molto grave e pericolosa nella visione burocratica, retriva, conservatrice che invece avrebbe dovuto, trovare, malgrado le deficienze della legge 477, in sede di decreto, un correttivo notevole.
Nel testo che il Ministro ha presentato i nuovi organi della scuola come è già stato detto, sembrano più ispirati ad un concetto di mediazione tra le varie componenti attuali della vita scolastica (personale direttivo docente e non docente, i genitori degli alunni e gli studenti) che ad una reale apertura verso la Comunità sociale, e non riflettono certo la ricca messe di esperienze che si sono verificate in tutti questi anni in tante parti del Paese, e direi in modo omogeneo in diversi Comuni del Piemonte mi riferisco in particolare ai Comuni della Provincia di Torino, della cintura torinese che hanno messo all'ordine del giorno in modo del tutto nuovo il rapporto scuola-società non soltanto per i contenuti della scuola ma anche per quanto concerne il diritto allo studio, i servizi.
Le stesse richieste che vengono da grandi centri, come la città di Torino, di un rapporto nuovo sono più difficili da realizzare, ma altrettanto necessarie.
Mi vorrei soffermare molto rapidamente soltanto su due punti per sottolineare le osservazioni contenute nella relazione.
In primo luogo i distretti. Il distretto comprensorio è la base da cui partire per una corretta concezione dell'attività di programmazione della Regione. La lunga discussione su comprensori e circondari, l'attuale configurazione rispetto alle aree ecologiche, ci permette di avere un punto saldo di partenza anche nella nostra Regione, pur non escludendo che all'interno dei singoli comprensori, valutando la portata generale della scuola secondaria superiore che maggiormente influenza i connotati del distretto, vi possano essere più distretti scolastici però tutti riconducibili all'autorità politica comprensoriale e quindi al ruolo degli Enti locali e al ruolo che la Regione ha nella programmazione.
In secondo luogo con la creazione di nuovi strumenti delle autonomie quali sono state le Comunità montane, una battaglia si è perduta per il fatto di avere avuto una visione organica ed omogenea degli interessi della programmazione e quindi i distretti ci richiamano ai pieni poteri alla Regione soprattutto in una chiara organizzazione territoriale che non porti a confondere altri strumenti democratici di gestione di punti così importanti come sono non soltanto la scuola, ma l'assistenza sanitaria e via discorrendo.
Un altro elemento che vorrei sottolineare maggiormente è che occorre tenere in giusto conto gli organi di decentramento dei grandi Comuni.
Quanto affermato dalla signorina Soldano e sottolineato ampiamente nella relazione, relativo alle competenze della Regione in materia di assistenza scolastica nel quadro più generale del diritto allo studio ed al complesso problema dell'affidamento delle deleghe che è ormai una legge dello Stato non lo vogliamo vedere in modo ristretto, ma sommando tutti gli interventi della Regione nella direzione dell'accesso alle strutture scolastiche ed anche al condizionamento delle stesse. Questo è compito della Regione degli Enti locali, attuato con gli strumenti di delega e soltanto una visione nuova, quindi non burocratica, perfezionata dallo stesso decreto delegato permetterà autonomamente ai Comuni o ai gruppi di Comuni, in modo organizzato ed unitario, di stabilire un rapporto organico con il distretto scolastico; semmai il provvedimento che il distretto agisca anche nell'ambito del diritto allo studio ed all'assistenza scolastica sia libera decisione dei Comuni, corrisponda funzionalmente alle esigenze degli stessi e non sia invece collegato direttamente con un rapporto distretti-Regione che taglierebbe fuori gli Enti locali che sono lo strumento essenziale di rappresentatività delle popolazioni e al tempo stesso gli strumenti essenziali che possono vivificare la vita democratica del distretto.
C'è ancora da notare che è estremamente grave la parte che riguarda il distretto scolastico, contenuta nel titolo primo, che va ad espellere quasi o a non considerare la presenza degli enti locali all'interno degli organi collegiali. Noi ribadiamo qui che non è una posizione facile da assumere quella che un Ente locale debba condizionare tutta una serie di processi che riguardano l'autonomia della scuola, ma - e mi richiamo al fatto che in questi giorni stiamo consegnando agli alunni delle scuole secondarie superiori la Costituzione e lo Statuto regionale - è in palese contraddizione con lo spirito che ha animato tutta la attività della Regione in questi anni, malgrado i ritardi che si sono registrati; invece lo spirito che anima questo decreto delegato riporta, al di fuori della scuola, l'intervento della società che va visto in modo corretto e non in modo assembleare e confuso.
Un altro aspetto che si presta a una forte critica è il meccanismo elettorale. Io credo che le prove di democrazia diretta molto recenti che abbiamo vissuto, come quella del referendum, avranno una continuità piena se le forze democratiche che si richiamano alla Costituzione, allo Statuto regionale, all'antifascismo, sapranno misurarsi in elezioni come quelle dei distretti scolastici. Si prevede che questo meccanismo elettorale sarà estremamente complesso e confuso, basato su delle candidature singole; si prevedono rappresentanze di genitori e degli stessi studenti negli organi collegiali in modo restrittivo e al tempo stesso non corretto, che non corrisponde alle esigenze manifestate dai giovani cui noi abbiamo dedicato una parte di un articolo dello Statuto regionale (essere corresponsabili al 16° anno di età delle decisioni che li riguardano da vicino).
A nostro avviso vanno evitati tutti questi metodi che finirebbero per fare delle rappresentanze, come ha detto la prof.ssa Soldano nella sua relazione, delle espressioni meramente corporative che creerebbero dei distretti scolastici in cui sia per ciò che riguarda il territorio, sia per quanto riguarda la scuola, avremmo dei subprovveditorati, delle piccole sottoprefetture e non la necessaria visione unitaria nazionale del problema della scuola e quindi anche il giusto ruolo che debbono avere i provveditorati agli studi. A nostro avviso il dibattito sulla democrazia lo abbiamo ripetuto più volte anche in contrasto con altre forze che si richiamano alla sinistra, non si può esaurire nell'assemblea studentesca la scuola, come i luoghi di lavoro, deve essere centro di dibattito e di civile confronto e la vita politica non ne deve essere esclusa (naturalmente deve essere esclusa invece la propaganda fascista che è vietata dalla Costituzione) ma deve essere considerata come un elemento di crescita come patrimonio generale della società italiana e quindi elemento essenziale del processo formativo.
In questo senso noi riteniamo che sia ben regolamentata la rappresentatività degli studenti e del complesso delle istanze sociali e delle organizzazioni democratiche e riteniamo quindi che il diritto di assemblea per gli studenti non possa essere regolamentato in questo modo dal decreto delegato e dal decreto delega, ma debba invece avere una visione più complessiva. In proposito abbiamo presentato un progetto di legge già da due anni al Parlamento ed al Senato sui diritti, i compiti ed i doveri degli studenti nella scuola. Non ci pare neanche accettabile che l'assemblea studentesca, prevista così com'è nel decreto delegato, sia per quanto attiene al numero di ore, sia per la qualità delle persone esterne da invitare, sia per il meccanismo di autorizzazione, sia confacente a quella visione corretta di partecipazione guidata al governo della scuola e alle decisioni che si devono assumere all'interno del Consiglio scolastico.
Quindi riteniamo che su questi elementi il Consiglio e anche la Giunta debba insistere perché non si crei una contraddizione in termini tra la politica generale che ha seguito la Regione Piemonte con le istanze a cui ha risposto, ripeto, pur con molti ritardi, la visione che ha ispirato lo statuto regionale il quale si richiama agli elementi più profondi contenuti nella Costituzione repubblicana e una visione puramente amministrativa di un grande fatto politico che potrebbe deludere le popolazioni le quali potrebbero disertare la forma di partecipazione corretta del governo della scuola e creare senza volerlo un divario ancora più grave tra scuola e società nel momento in cui abbiamo bisogno, per una politica di riforme e di rinnovamento, di far leva essenziale sui centri formativi delle nuove leve, dei nuovi dirigenti e soprattutto delle forze vive, così come ha dimostrato la classe operaia con le vittorie contrattuali, in particolare delle 150 ore. Credo che questi siano i termini essenziali del confronto tenendo conto che non molto tempo ci separerà dalle elezioni e che dovremo misurarci su un programma di indiritto [sic.],su cui anche la Regione dovrà esprimersi con la sua programmazione culturale scolastica, nel prossimo mese di settembre.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado

Lo schema di decreto relativo alla istituzione del Distretto scolastico e del Consiglio scolastico provinciale, pone un primo problema di carattere pregiudiziale, e cioè quello dei destinatari delle norme.
La legge delega 477 non lascia dubbi sul fatto che le norme si indirizzano alla scuola materna, elementare, secondaria e artistica dello Stato: quindi a tutte le istituzioni statali e solo ad esse. Il disposto di alcuni articoli delle legge che prevedono rappresentanze della scuola non statale negli organi di governo a livello distrettuale provinciale e nazionale, appare pertanto, a nostro avviso, in contrasto con l'intitolazione della legge.
Mi riferisco agli articoli 7, 8 e 9 della legge 477 che regolano in linea di principio, la composizione del consiglio scolastico distrettuale del Consiglio scolastico provinciale e del Consiglio nazionale e della pubblica istruzione e che prevedono la partecipazione a questi organi del personale docente e dirigente delle scuole non statali.
Su questo specifico punto, pertanto, o la delega non è attuabile per la sua contraddizione e la sua incostituzionalità o, quanto meno, la si deve interpretare nel senso che possano partecipare a tali organi di carattere pubblico solo le rappresentanze di quelle scuole non statali che siano disposte a recepire, nel proprio ordinamento interno, le norme di gestione democratica dettate per le scuole dello Stato.
Il Partito socialista Italiano è stato fra primi a sostenere l'istituzione del Distretto scolastico, come unità scolastica locale, nel nostro Paese.
Le linee di questa impostazione politica risalgono agli emendamenti a suo tempo presentati dal gruppo parlamentare socialista alla Camera dei Deputati sul disegno di legge n. 304, che doveva poi diventare la legge di delega al Governo 30 luglio 1973, n. 477. In particolare veniva proposto che al distretto scolastico fosse attribuito il compito di assicurare lo sviluppo delle istituzioni educative e la promozione culturale della comunità locale; con la formazione dei piani di sviluppo delle istituzioni educative locali ai fini della elaborazione dei relativi piani regionali e nazionali; con la localizzazione delle nuove istituzioni e l'eventuale ridistribuzione e concentrazione territoriale di quelle esistenti nell'ambito dei piani regolatori, d'intesa con gli Enti locali competenti con il coordinamento, ai fini della loro utilizzazione ottimale, dei servizi scolastici, culturali e sportivi destinati alla gioventù; con la gestione, su delega regionale, ai fini della piena realizzazione del diritto allo studio, di un sistema unitario di assistenza comprendente i servizi sanitari, di refezione e di trasporto alunni; con l'organizzazione di servizi di assistenza sociale e psicologica di orientamento scolastico e professionale; con la formulazione di proposte in ordine agli indirizzi e ai contenuti delle attività formative operanti nel distretto, con speciale riguardo alle esigenze di continuità e coordinamento fra le istituzioni operanti di diversi livelli; con la sperimentazione di innovazioni strutturali e didattiche nell'ambito di iniziative regionali e nazionali, e facoltà di chiedere, con il consenso degli interessati, il trasferimento o l'assegnazione provvisoria o il comando di docenti particolarmente qualificati, garantendo l'autonomia della gestione didattica necessaria per tale innovazione; con la promozione e il coordinamento di attività artistiche, culturali e formative a favore della popolazione adulta, anche attraverso l'utilizzazione, a tal fine e a pieno tempo, dei locali e delle attrezzature scolastiche.
Con tale emendamento all'art. 7 il Distretto scolastico veniva individuato quale strumento di partecipazione e di gestione sociale della scuola, in alternativa ad una concezione della scuola come corpo separato dotato di strutture meramente burocratiche. Da ciò deriva quindi l'esigenza di una prevalenza rappresentativa delle componenti extrascolastiche che ci sembra invece non abbiano il giusto rilievo nella formulazione dell'art. 10 dello schema in discussione. Aggiungiamo anche che fra gli emendamenti proposti dal Gruppo socialista si prevedeva addirittura l'elezione diretta del Consiglio di Distretto da parte dei cittadini che avessero compiuto il 18 anno di età e che fossero residenti nel comprensorio. Ci rendiamo conto che questa proposta avrebbe avuto come conseguenza la selezione popolare diretta di tutte le unità locali di servizi, con una ricorrente chiamata dei cittadini alle urne e relative difficoltà organizzative (anche se, per esempio, è a tutti noto che negli Stati Uniti i cittadini eleggono in una sola tornata elettorale una enorme quantità di magistrati locali senza che ciò provochi traumi psicologici nel corpo elettorale e nelle organizzazioni dei partiti).
Anche se questa proposta non è stata accolta, resta comunque l'esigenza di partecipazione e di gestione sociale della scuola.
Così per quanto riguarda il consiglio di classe (e di interclasse nella scuola elementare), va rivalutata, quando possibile, l'assemblea dei genitori, con diritto rapporto con gli insegnanti, rispetto ad una rappresentanza formale che possa privilegiare alcuni ceti sociali. E' appena inutile aggiungere che devono essere eliminate tutte le norme vincolanti per tale tipo di assemblea; il capo di istituto dovrà soltanto autorizzare l'uso dei locali, e l'assemblea dovrà ovviamente garantire il proprio funzionamento democratico.
Riteniamo che sia da semplificare anche la casistica relativa alla composizione dei consigli di circolo o di istituto, ipotizzando solo due diverse composizioni a seconda del numero degli iscritti e fissando il principio della parità numerica fra rappresentanti dei docenti e rappresentanti dei genitori (questi ultimi da ridurre alla metà delle classi superiori, per far posto alle rappresentanze studentesche). Le stesse proporzioni andrebbero rispettate nella composizione della Giunta presieduta dal direttore o dal preside - cui compete la rappresentanza legale.
Ci sembra anche di dover proporre due innovazioni che riteniamo importanti e che sono: la possibilità di ricorso al consiglio scolastico provinciale per quanto riguarda il consiglio di disciplina degli alunni, di cui all'art. 6 dello schema (che prevede invece il ricorso al Provveditore degli Studi il quale decide in via definitiva) e, per quanto riguarda il giudizio di valutazione degli insegnanti, di cui all'art. 7 la inequivoca affermazione che esso non dà luogo a punteggi validi a fini concorsuali e di carriera. Ho accennato alla rappresentanza dei genitori: vorrei solo fare un brevissimo richiamo alla sua funzione. I genitori non possono e non devono farsi portatori di esigenze di tipo egoistico e di carattere conservativo. Il controllo dei genitori non è, non può e non deve essere un controllo di tutela o di protezione dei figli, ma deve assumere la specifica funzione di un controllo sociale su di un servizio sociale. In questo senso ha una utilità ed un obiettivo. Altrimenti è inutile o addirittura dannoso. Mi sembra che in Francia, dove questa esperienza è già stata fatta, si stiano manifestando forti critiche al modo in cui le rappresentanze dei genitori hanno operato. Ci rendiamo però anche conto che si tratta di istituzioni di partecipazione democratica assolutamente inedite e che presuppongono un rodaggio necessariamente lungo e difficoltoso, ma che non per questo non devono essere incoraggiate ed attentamente seguite.
La legge delegante ha notevolmente svuotato di contenuto operativo l'istituto del distretto.
Molto tuttavia si può fare per interpretare la legge in senso estensivo, particolarmente su questi punti: 1) la connessione con altri organismi paralleli, compresi quelli sanitari e dei trasporti.
2) La presenza, dovunque possibile, di tutte le opportunità educative nell'ambito del territorio per iniziativa dello Stato. Ovviamente i diversi tipi di scuola secondaria superiore devono scomparire con l'unificazione.
L'attuazione dei distretti è strettamente collegata con l'unificazione: su di questa dovrà poi innestarsi la scuola professionale di competenza esclusiva della Regione.
3) La fissazione esplicita dei fondi di funzionamento e incremento dei ruoli organici corrispondenti al personale assegnato al distretto.
4) La definizione delle competenze in modo organico e autonomo relative alla programmazione dello sviluppo scolastico, al programma annuale delle attività scolastiche e parascolastiche della scuola del territorio, alle proposte da avanzare ai vari organi amministrativi; la gestione diretta dell'assistenza per delega eventuale della Regione; un rapporto di collaborazione con i Comuni e con i Consorzi dei Comuni per l'effettiva realizzazione dei propri indirizzi.
Da queste considerazioni si evidenzia la necessità di incrementare le rappresentanze comunali nel Consiglio di distretto (da un minimo di 7 a 11), e di ripartire in quattro parti uguali le fonti della rappresentanza di tale organo, che deve costituire un ponte effettivo fra società e scuola: 7 membri rappresentanti la scuola (senza divisioni di carattere corporativo), 7 membri in rappresentanza di tutti i genitori del distretto 7 rappresentanti dei Comuni (elevabili a 11); 7 rappresentanti delle forze sociali (fra cui anche le associazioni culturali con finalità di carattere formativo operanti nel territorio).
Riteniamo importante che già a livello di consiglio di istituto e tanto più a livello di consiglio di distretto e di consiglio scolastico provinciale, l'elezione sia diretta e su liste concorrenti, evitando i pericoli di stravolgimento di un corretto gioco democratico che possono derivare da elezioni di secondo e di terzo grado.
Per quanto riguarda poi il consiglio scolastico provinciale, la cui pletoricità è purtroppo imposta dalla legge, occorre sforzarsi di recuperare spazi di effettiva autonomia, evitando di ridurlo a semplice commissione consultiva "a latere" del provveditore.
La sopravvalutazione del momento burocratico su quello democratico è purtroppo pericolo insito nella legge, ed occorre fare tutto il possibile per attenuarlo.
Norme aggiuntive vanno proposte sia per riempire di effettivo contenuto le disposizioni relative all'autonomia amministrativa, sia per evitare che la funzione di vigilanza finisca per paralizzare ogni libertà di autogoverno reale dei consigli di istituto, nonché per assicurare la più larga pubblicità degli atti a ogni livello. Il funzionamento delle assemblee studentesche deve essere infine corretto nel senso di responsabilizzarle nella misura maggiore possibile per quanto riguarda il loro funzionamento democratico, prevedendo anche la facoltà degli studenti eletti nei Consigli di classe di formare un Consiglio studentesco di istituto, come organo democratico di gestione dell'assemblea. Tutta la materia deve così ispirarsi a maggior fiducia verso i giovani e la loro capacità di autogestione democratica.
Per quanto riguarda la mancata previsione della rappresentanza delle Province, nello schema di decreto alla quale fa appunto cenno il parere della Giunta, mi sembra opportuno far rilevare che la legge delega, e cioè la legge 477, non prevede nella composizione del Consiglio di distretto i rappresentanti di queste Amministrazioni.
Pertanto il decreto istitutivo del distretto, dovendo muoversi entro gli spazi consentiti dalla legge delega, non può certamente prevedere l'inclusione di rappresentanti da questa legge non previsti. Si tratta in sostanza di un problema giuridico, e non politico, sicuramente insuperabile senza la modifica, ora inattuale, della legge delega.
Per quanto riguarda infine l'istruzione professionale mi sembra di dover far rilevare alcune questioni.
La legge 477 contiene la delega al governo per l'emanazione di norme sullo stato giuridico del personale direttivo, ispettivo, docente e non docente della scuola materna, elementare, secondaria e artistica.
La scuola professionale non entra nel discorso del distretto in quanto è scuola di competenza esclusiva della Regione, e non dello Stato. Sarà la Regione che dovrà provvedere ad essa nell'ambito delle leggi quadro e dei principi generali. Ciò non esclude, naturalmente, che la Regione non possa avvalersi anche dei distretti,trovando un raccordo operativo con essi, per quelle esigenze che venissero evidenziate nel corso della attuazione della politica di sviluppo nel settore della formazione professionale. Ma mentre l'altra istituzione (e cioè quella materna, l'elementare e la secondaria) è di competenza dello Stato, quella professionale è di competenza della Regione, e pertanto il pretendere che sia messa sul piano delle altre è di per sé volere un di meno rispetto a ciò che deve invece essere, e che è, di più. Significa in altre parole considerare l'istruzione professionale come un doppione di serie B dell'Istituto Tecnico a sua volta di serie B rispetto al Liceo.
La scuola professionale ha come obiettivo quello di dare lo specifico professionale a giovani già dotati delle basi culturali eguali per tutti: essa è stata trasferita alle Regioni non perché rimanga così come è, ma perché le Regioni provvedano alla sua riforma secondo le linee di sviluppo del piano regionale.
Non direi quindi rilevante la mancata previsione dei Direttori e degli Insegnanti delle scuole regionali nel Consiglio di Distretto.
L'Organizzazione, o meglio la intera riforma, della materia relativa alla formazione professionale è di competenza della Regione e spetta ad essa di provvedere, non allo Stato. L'importante è che la Regione sappia adempiere ai suoi compiti in conformità delle norme legislative e costituzionali, e secondo le linee del proprio piano di sviluppo economico.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Gerini, ne ha facoltà.



GERINI Armando

Signor Presidente, questo mio breve intervento tiene luogo anche della dichiarazione di voto.
Da oltre un decennio si parla del distretto scolastico; tradotto in linguaggio normativo oggi è diventato parte integrante della legge delega al governo per lo stato giuridico del personale della scuola.
Al Consiglio Regionale toccando ora di esprimere un parere, devo subito dire che quanto ha esposto la relatrice della III Commissione prof.ssa Soldano trova, in linea di massima, concorde il Gruppo liberale soprattutto nella parte critica al decreto delegato che rappresenta il risultato dello scontro tra le due concezioni circa il modo di creare il distretto scolastico, una concezione massimalistica ed una che potremmo definire minimalistica; e nessuna riuscendo a prevalere è sorto il solito compromesso, metterle insieme entrambe, con l'effetto di gonfiare a dismisura il distretto sia come numero dei componenti nel suo centro direttivo, sia come numero di entità di attribuzioni, al punto da renderlo almeno a nostro avviso, praticamente inoperante e privato di fatto di ogni potere decisionale. Ma allora, per assolvere unicamente alla funzione di proposta e di promozione, era proprio necessario creare un nuovo organismo con tutte le connesse bardature burocratiche, istituire un così numeroso Consiglio direttivo, destinare al suo funzionamento fondi che saranno di certo non irrilevanti? L'art. 9 in proposito non è affatto chiaro. A noi sembra che le strutture burocratiche del distretto avrebbero dovuto essere ridotte al minimo indispensabile e così pure avrebbe dovuto essere costituito di poche persone l'organo dirigente, ma purtroppo così non è stato e giustamente si teme che tutto celi il pericolo di una caratterizzazione più come organo politico che come organo tecnico amministrativo, contribuendo così ad aumentare motivi di confusione e di contrasto che già turbano gravemente la scuola nel profondo come in superficie.
Ecco sommariamente quindi le ragioni per le quali concordiamo soprattutto sulla parte critica, sul parere formulato dalla III Commissione; tuttavia, in linea di massima, il Gruppo liberale approva con il voto favorevole.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Besate.



BESATE Piero

Prendo la parola per sottolineare al Consiglio (e certamente il Consiglio lo avrà percepito questo fatto) che stiamo parlando della creazione del primo comprensorio vero e proprio, cioè di un comprensorio istituzionale, sia pure riferito ad un settore, ma tanto importante come quello della scuola, dell'istituzione.
La III Commissione, non potendo fare riferimento al comprensorio programma perché non l'abbiamo ancora istituito, anche se previsto nello Statuto regionale,ha tentato di delineare nella proposta di parere un distretto scolastico che tenga conto principalmente del comprensorio programma, e di non concepire il distretto scolastico come fine a se stesso, avulso da altri comprensori come quello sanitario, come quello dei servizi, e dai bacini di trasporto.
Questo è un primo rilievo che intendo fare. L'altro è che il distretto lo stiamo discutendo, almeno in sede di parere per il decreto delegato prima ancora della riforma della scuola secondaria superiore, con tutti i riflessi che questa riforma avrà sulla scuola media dell'obbligo sull'intero sistema scolastico. Il distretto era stato concepito inizialmente ancora resta come uno degli strumenti di attuazione della riforma scolastica. Tuttavia la realtà politica, sociale ci propone il distretto prima della riforma. Stando così le cose, ed è detto esplicitamente nella relazione, nelle nostre osservazioni teniamo conto della determinazione di un distretto che sia considerato nella prospettiva della riforma della scuola secondaria superiore e dell'intero riassetto del sistema scolastico e che non costituisca un vincolo che ne freni le possibilità di sviluppo.
Va rilevato, per la verità, che le cose non si fermano a livello del governo, delegato a emanare i decreti in attuazione della legge delega, ma si è giunti al parere delle Regioni, con il quale, attuando il principio della partecipazione, si è dato vita nella nostra come in altre Regioni ad un ampio dibattito sia per quanto concerne il parere sullo schema di decreto delegato, sia sulla zonizzazione dei distretti scolastici che, come ha detto la signorina Soldano, sarà soggetto di successivo intervento della Regione e del Consiglio Regionale.
Quindi è un lavoro abbastanza ampio quello che è in corso e che sta interessando migliaia di operatori della scuola, Consiglieri Comunali e provinciali, Consiglieri regionali e operatori sociali.
Credo a questo punto che il lavoro fatto dalla relatrice (anche perch le condizioni nelle quali si è svolto per stilare la relazione sono state molto sfavorevoli, ha dovuto impegnarsi molto e personalmente) debba essere doverosamente apprezzato. Rivolgo pure un apprezzamento ai membri della Commissione, in particolare all'Assessore Borando che ha partecipato attivamente ai lavori ed ha portato, a nome della Giunta, un documento che è stato assimilato nella relazione contribuendo così all'espressione del parere del Consiglio.
Credo che quanto detto anche dagli altri colleghi intervenuti, in approvazione alla relazione della signorina Soldano, sia il giudizio migliore per il lavoro svolto dalla III Commissione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Borando.



BORANDO Carlo, Assessore all'Istruzione

Signor Presidente, a nome della Giunta ringrazio la signorina Soldano nella sua qualità di relatrice, il Presidente e tutti i membri della III Commissione, anche perché hanno voluto recepire il parere che già la Giunta aveva dato, in maniera obiettiva. In effetti si tratta di materia difficile che ha bisogno di essere esaminata ed approfondita ed io auspico che in sede governativa tali osservazioni vengano raccolte. Posso assicurare al Consiglio che l'Assessorato sta seguendo anche il processo di formazione in senso geografico dei distretti ed è una fatica che nel prossimo mese di giugno dovrebbe essere portata a compimento con la migliore possibile soluzione per quanto riguarda le province e i distretti del Piemonte.



PRESIDENTE

Ha così termine la discussione. Se nessuno più chiede la parola metto in votazione il parere sul decreto delegato concernente i distretti scolastici. Preciso che il parere è quello contenuto nella relazione fatta dalla III Commissione in accordo con la Giunta.
Metto in votazione il documento per alzata di mano: E' approvato all'unanimità.
Comunico che non essendo ancora pronta la legge per la zootecnia ed essendo assenti sia il Presidente della V Commissione Zanone che l'Assessore Fonio, non è possibile discutere sul punto settimo "Esame relativo alla depurazione delle acque reflue". Stamane il Consiglio si conclude con l'esame degli statuti delle Comunità Montane.
Oggi alle ore 16 la riunione dei capigruppo fisserà la ulteriore prosecuzione dell'ordine del giorno.


Argomento: Comunita' montane: Statuti

Deliberazione circa Statuti Comunità Montane


PRESIDENTE

Passiamo al punto sesto dell'o.d.g.: "Deliberazione circa statuti Comunità Montane." E' stato già chiarito che si tratta dell'esame delle Comunità di Valle Stura, Valle Demonte Valle Ossola, Valle Vigezzo, Valle Chisone e Valle Anzasca.
Il relatore è il Presidente della VIII Commissione Consigliere Visone al quale do la parola.



VISONE Carlo, relatore

Prefiggendosi come scopo un'analisi quanto più possibile omogenea e perequativa, la Commissione VIII si è adoprata per snellire l'iter procedurale di analisi degli Statuti delle Comunità Montane.
Il risultato di tali sforzi è costituito dalla presentazione oggi di 5 statuti da sottoporre all'approvazione di questo consiglio, frutto del lavoro di due mesi.
La legge dello Stato 3 dicembre 1971, n. 1102, rappresenta l'atto-fonte e, giuridicamente, la "cornice" di un coordinamento complesso ed articolato, che affida alla legislazione regionale il compito di organizzare istituzionalmente il riassetto e la valorizzazione dei territori montani, il progresso e la partecipazione delle popolazioni al loro equilibrato sviluppo.
La citata legge - sviluppando e precisando un indirizzo di politica legislativa già manifestatosi con la legge 21 luglio 1952, n. 991 e con il D.P.R. n. 987 del 10 giugno 1955 - ha così promosso la costituzione di organismi di programmazione e di coordinamento a base comunitaria locale indicandone gli obiettivi finali e i mezzi della loro azione promozionale affidandone la specifica individuazione alle singole leggi regionali.
La Regione Piemonte con la legge regionale 11 agosto 1973, n. 17 ha completato, per quanto era di sua attinenza, questo "quadro" legislativo che ha portato alla delimitazione delle zone montane omogenee, e alla costituzione e funzionamento delle Comunità Montane.
Nel sistema della legge, alla competenza regionale è demandato un triplice ordine di attribuzioni per dar vita alla costruzione prevista dal legislatore nazionale.
Una prima serie di attribuzioni attiene alla definizione, in via legislativa, nell'ambito dei territori montani predeterminati dalla legislazione vigente, delle "zone omogenee in base a criteri di unità territoriale, economica e sociale". Una seconda serie di compiti commessi dallo Stato alla Regione concerne la regolazione dei rapporti tra le Comunità e gli altri Enti operanti nel territorio, specialmente in vista del fatto che il legislatore nazionale ha previsto sia la facoltà di delega dalla Comunità ad altri enti subzonali e territoriali delle realizzazioni di opere, sia la facoltà di delega alla Comunità delle funzioni proprie degli Enti territoriali che la costituiscono.
Una terza serie di attribuzioni demandate alla Regione attiene all'approvazione, in via questa volta amministrativa, degli statuti delle Comunità Montane e degli atti mediante i quali esse esprimono la loro fondamentale funzione programmatoria e di coordinamento nel territorio. La Comunità Montana, innestandosi storicamente sulla esperienza di forme varie di collaborazione, spesso facoltativa e non sempre rigorosamente consortile, può essere considerata oggi come il punto di arrivo di una tradizione, di una tendenza antica delle popolazioni montane e gestire collettivamente, in "comunanze" variamente denominate, beni e patrimoni destinati al soddisfacimento di interessi comuni. Punto d'arrivo dunque di una tendenza secolare riconfermata dalla legge dello Stato, e punto di partenza di un razionale assetto e sviluppo dei territori e di progresso della popolazione, nel quadro evolutivo dell'ordinamento regionale.
Dal punto di vista strettamente giuridico, la Comunità montana si presenta quale ente di diritto pubblico, a carattere obbligatorio a base associativa dei comuni ricadenti nella circoscrizione zonale geograficamente unitaria e strutturalmente omogenea sotto il profilo economico e sociale, tale da consentire l'elaborazione e l'attuazione di un programma di sviluppo.
Al nucleo fondamentale e originario delle competenze istituzionali la legge aggiunge la previsione di un meccanismo che consente alle Comunità l'assunzione di funzioni ulteriori, delegate dai soggetti partecipanti. La normativa della legge, concernente la struttura necessaria della Comunità conferma la rilevanza "ex se" dei fini istituzionali dei nuovi enti laddove richiede espressamente che le norme regionali riguardanti l'articolazione e la composizione dei loro organi prevedano un organo deliberante rappresentativo anche della minoranza dei corpi elettivi comunali e un organo esecutivo "ispirato a una visione unitaria degli interessi dei comuni partecipanti".
Ciò sottolinea il riconoscimento di un grado di autonomia politica alle Comunità Montane nella determinazione degli atti incidenti sulle sfere di competenza dei comuni che le costituiscono.
Alla luce di queste considerazioni viene spontaneo chiedersi a quale modello debba compararsi lo statuto delle Comunità Montane, nella consapevolezza che esse dovranno compiere un'esperienza pilota.
In proposito è indispensabile sottolineare come lo statuto della Comunità Montana non possa essere assolutamente riguardato alla stregua di un qualsivoglia "regolamento interno" per l'organizzazione di un ufficio amministrativo complesso.
Vista la natura e i compiti delle Comunità, occorre considerare lo statuto come un documento che deve, sì, regolare l'organizzazione e il funzionamento del piano di sviluppo, garantire, con la previsione di appositi procedimenti, la democrazia partecipativa all'interno e all'esterno della sua struttura costitutiva e assicurare la funzionalità degli strumenti operativi finalizzati al conseguimento degli scopi istituzionali. E' appunto dalle risultanze di queste considerazioni che l'ottava commissione ha desunto i principi fondamentali da seguire nelle analisi degli Statuti delle Comunità Montane.
La Commissione non ha rilievi circa gli Statuti delle Comunità Montane della Valle Anzasca e Stura di Demonte.
Lo Statuto delle Valli Chisone e Germanasca, pur configurando la possibilità di convocazione del Consiglio su richiesta di un terzo dei Consiglieri, non fissa un termine a cui la Giunta è vincolata nel deliberarne la convocazione (art. 9). L'interpretazione della Commissione è che questa garanzia sia contemplata nel riferimento all'ordinamento legislativo statale (T.U. della L. Comunale e Provinciale) espresso all'art. 2 dello Statuto stesso.
Alcune perplessità presenta invece lo Statuto della Comunità Montana della Valle Vigezzo, che mantiene, riferendosi allo Statuto il termine "approvazione", ed una erronea terminologia per indicare il CO.RE.CO. (art.
8 - 21 e 22).
A questo punto vorrei precisare che questa dizione, che è erronea, è all'art. 8 dove dice "Il Consiglio delibera a maggioranza semplice, salvo quanto previsto per l'elezione del Presidente e del Vice Presidente della Giunta per l'approvazione dello Statuto". Penso che sia un errore materiale in quanto all'art. 7 dove si elencano i compiti del Consiglio, viene precisato alla lettera a) "l'adozione dello Statuto e delle sue integrazioni". Dato che l'approvazione è del Consiglio Regionale quindi penso che sia puramente...



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

E' una deliberazione che viene approvata, quindi non è in antitesi l'approvazione in un caso e nell'altro caso.



VISONE Carlo, relatore

Anche all'art. 21 c'è "approvato", però può essere inteso nel senso già detto dal Presidente della Giunta, in quanto nel comma successivo si fa riferimento specifico al fatto che i piani vengono mandati al Consiglio Regionale per l'approvazione.
E all'art. 22 c'è una dizione forse estensiva del Comitato di controllo, in quanto viene detto "Commissione decentrata del Comitato di controllo sulle Province e sui Comuni". Poiché i Comitati decentrati non hanno competenza sugli atti delle Province, eventualmente si tolga quel "sulle Province", oppure si lasci la dizione com'è.



VISONE Carlo

Io lo facevo rilevare dato che citiamo nella relazione i punti su cui ci siamo ulteriormente soffermati in Commissione.
L'esame dello Statuto della Comunità Montana Valle Ossola ha presentato difficoltà maggiori a raggiungere un'intesa per quanto riguarda l'art. 16 laddove si prevede, pur esplicitando la non pubblicità delle sedute della giunta, la partecipazione dei Capigruppo alle sedute della stessa.
Alcuni Commissari rilevano la possibile illegittimità di tale affermazione.
La Commissione non si è pronunciata, lasciando al Consiglio la decisione se questo principio sia legittimo o illegittimo.
Pertanto, si sottopone all'esame del Consiglio regionale gli Statuti su indicati con la fiducia di poter raccogliere larghe convergenze.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vecchione.



VECCHIONE Mario

Signor Presidente, intervengo sinteticamente per quanto riguarda questi primi Statuti che andiamo ad approvare. Dobbiamo rilevare che negli Statuti viene sostanzialmente recepito il concetto generale della legge regionale in ordine al quale il Gruppo comunista aveva messo delle riserve specifiche rivendicando la propria concezione della Comunità Montana e della legge istitutiva delle Comunità Montane.
Io non ritengo che si debba arrivare alla non approvazione di alcuni Statuti che presentano degli elementi estremamente deboli dal punto di vista dei possibili rilievi, quali quello relativo alla fissazione di un termine di convocazione, pur essendo chiaro che la fissazione di un termine di convocazione, sarebbe stata cosa opportuna, ma è altrettanto chiaro che ci si può salvare sotto questo profilo con il richiamo generico che viene fatto alla legge comunale e provinciale e quindi nulla osta all'approvazione.
E' altresì possibile superare la difficoltà relativa alla terminologia dell'approvazione in luogo di adozione, così come ha testé detto il Presidente della Giunta; sarebbe veramente un forzare le cose non approvare questi statuti perché la terminologia non è sufficientemente corretta.
Dobbiamo sempre, in ordine a questi atti delle Comunità Montane salvaguardare il principio dell'autonomia e dell'autonomia delle scelte compiute.
E con questo scendo allo Statuto della Valle dell'Ossola. Ora qui la Commissione non ha voluto prendere in sede referente una decisione sull'art. 16 della Valle dell'Ossola che dispone che alle riunioni della Giunta, che non sono pubbliche, possano partecipare, senza diritto di voto i Capigruppo.
Si è parlato di illegittimità. Io vorrei sapere dove si ritrova la norma che vieta una facoltà di questo genere, tanto più che se noi prendiamo la legge istitutiva, la 1102, l'art. 4 nel definire l'organo esecutivo della Comunità Montana, afferma che esso è un organo esecutivo ispirato a una visione unitaria degli interessi dei Comuni partecipanti.
L'ampio lavoro, soprattutto ricco di passione, fatto anche dai funzionari della Regione in ordine a questi Statuti delle Comunità Montane, ha portato come elemento di conoscenza alla Commissione il fatto che questa norma è stata voluta nell'Ossola stante la posizione geografica dell'alta e della bassa Valle d'Ossola, per cui la Comunità ha ritenuto, approvando questa normativa, che la presenza dei Capigruppo nella Giunta potesse perseguire il fine di avere una visione unitaria nel momento in cui la Giunta non certo i Capigruppo, prendeva le sue deliberazioni.
Ora questa concezione, questa visione unitaria della Giunta noi la ritroviamo per coerenza nelle affermazioni di principio che stiamo facendo la ritroviamo nell'art. 15 del progetto di legge del Gruppo comunista sulle Comunità Montane dove si riprendeva proprio la disposizione di legge n.
1102, e si affermava che l'organo esecutivo deve ispirare ad una visione unitaria degli interessi dei Comuni partecipanti alla Comunità.
Ora io vorrei far presente ai colleghi Consiglieri, nel momento in cui andiamo ad approvare questo Statuto, che in altre Comunità, non della nostra Regione, ma dell'Umbria, non si prevede neanche l'organo della Giunta, si prevede una forma di direzione esecutiva collegiale,espressa dal Consiglio della Comunità nella quale direzione complessiva tutti sono rappresentanti. Nella Comunità della Val di Cecina, (la zona 17 approvata il 13 luglio del 1973 della Regione Toscana) è prevista la possibilità di partecipare alle riunioni della Giunta da parte di molti interessati, e sicuramente è chiaramente ammessa anche la partecipazione dei capigruppo.
Questo è il primo ordine di considerazioni.
Secondo ordine di considerazioni è quello che riguarda la autonomia della Comunità. E' chiaro che questi statuti giungono in Consiglio dopo che, informalmente, i criteri di carattere generale sull'approvazione degli statuti sono stati resi noti alle stesse Comunità. La Comunità della Val d'Ossola insiste nel mantenere questo tipo di norma e spiega le ragioni per le quali questa normativa si ispira a una scelta autonomista che la Comunità ha fatto. Noi dobbiamo rispettare questa scelta autonoma fatta da una Comunità Montana retta da un governo di centro sinistra che ha voluto provvedere ed istituire la possibilità che alle sedute della Giunta partecipino i capigruppo.
Io ritengo che questo non sia tanto un discorso da fare in termini di legittimità, perché di illegittimità non se ne rinviene, non si trova la norma antitetica sotto questo profilo. Si è in presenza di un istituto nuovo, in ordine al quale occorre ragionare in chiave di rispetto dell'autonomia della Comunità Montana, della scelta responsabile che la Comunità Montana ha fatto nell'adottare lo Statuto sul quale noi dobbiamo assumere la nostra deliberazione e dobbiamo approvare lo Statuto sia perch esso non presenta vizi di legittimità, sia perché nel merito occorre rispettare l'autonomia della Comunità Montana.
Il Gruppo comunista non vede né l'opportunità né la logicità di non approvare uno statuto, come quello della Valle d'Ossola che ci è giunto con questa disposizione chiaramente innovatrice che si colloca nello spirito stesso dello Statuto della Regione Piemonte e che non porta nessuna violazione di legge.
Per questa ragione il Gruppo comunista approverà tutti gli statuti che sono stati presentati oggi al Consiglio, ivi incluso quello della Comunità Montana della Valle dell'Ossola.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado

Signor Presidente, signori Consiglieri, gli statuti delle Comunità Montane che sono oggi all'esame del Consiglio accolgono in larga misura i principi formulati nella legge 1102 e nello Statuto della Regione Piemonte e nella legge regionale n. 17. L'accoglimento di tali principi è soprattutto evidente nelle norme relative alla natura giuridica e agli scopi della Comunità, alla attuazione dei suoi fini istituzionali e al piano di sviluppo. Alcune norme degli statuti riprendono in materia certi punti particolarmente qualificanti delle diverse proposte di legge a suo tempo presentato dai vari Gruppi consiliari e che non sono poi passati nella legge regionale per ragione che è superfluo esaminare in questa sede.
Ci sembra di dover accennare al fatto che alcuni statuti, al di là dell'aspetto positivo che presentano le norme indicate e sulle quali il nostro giudizio è certamente positivo, contengono norme destinate a suscitare, sia pure dal punto di vista formale, qualche perplessità. E io mi dolgo che quel Comitato di giuristi che esiste presso la Presidenza del Consiglio, non abbia assistito tecnicamente le Comunità nella redazione formale degli articoli, per cui mi chiedo a che cosa serva e che cosa faccia. Un fatto puramente formale, tanto che quando si è approvata la Costituzione del nostro Paese venne dato incarico ad un Comitato di linguisti di rivedere il testo delle norme legislative.
Il problema più dibattuto in sede di Commissione è stato quello relativo all'ultimo comma dell'art. 16 dello statuto della Comunità Montana dell'Ossola. Questo comma stabilisce che i capigruppo possono partecipare senza diritto di voto, alle riunioni della Giunta, il precedente comma stabilisce a sua volta che le riunioni della Giunta non sono pubbliche così come non sono pubbliche le riunioni della Giunta comunale, provinciale regionale e del governo nazionale.
La legge 1102 prevede, al secondo comma dell'art. 4, che le norme cui le Comunità Montane devono attenersi, riguardano fra le altre la previsione di un organo deliberante, con la partecipazione della minoranza di ciascun Consiglio comunale e di un organo esecutivo ispirato ad una visione unitaria degli interessi dei Comuni partecipanti.
Che l'organo esecutivo debba ispirarsi ad una visione unitaria degli interessi dei Comuni partecipanti non significa né che tutti i Comuni membri della Comunità Montana debbano essere rappresentati nell'organo esecutivo, il che non sarebbe neppure tecnicamente possibile in quelle Comunità Montane (e sono la maggioranza) in cui il numero dei Comuni è superiore al numero dei componenti della Giunta né che per la minoranza consiliare debba essere prevista la partecipazione alla Giunta considerando che i diritti della minoranza sono efficacemente tutelati con la previsione obbligatoria della sua presenza nell'organo assembleare deliberante, né che con qualche artificio formale si forzi il senso e cioè la lettera o lo spirito della norma allargando indebitamente la composizione dell'organo esecutivo. L'organo esecutivo dell'ente locale ha una sua composizione ed una sua funzione specifica, previste dall'ordinamento giuridico, dalla legislazione e dalla Costituzione, dai principi generali che regolano la vita dello Stato democratico moderno che si differenziano dalla composizione, dalla funzione dell'organo deliberante. L'ispirarsi ad una visione unitaria degli interessi dei Comuni partecipanti, significa semplicemente che la Comunità Montana deve tutelare gli interessi di tutti i cittadini, di tutti i Comuni partecipanti e non farsi portavoce, partecipe di quelli di alcuni soltanto, o della maggioranza, ma anche della minoranza. La Giunta della Comunità Montana è la Giunta della Comunità intera e non quella dei Comuni rappresentati o della maggioranza espressa in sede comunitaria. Questo e non altro è il significato dell'espressione legislativa.
Che poi gli statuti della Comunità Montana debbano armonizzarsi con la legislazione sull'ordinamento comunale e provinciale, è scritto a chiare lettere nell'art. 9 della legge regionale n. 17 e non vi è dubbio che tali norme non consentono la formalizzazione di una proposta quale quella contenuta nell'ultimo comma dell'art. 16 dello statuto dell'Ossola.
La legge regionale prevede che la Giunta dell'Ossola sia composta da nove membri e cioè dal Presidente, dal Vice Presidente e da sette chiamiamoli Assessori e non da nove membri più un numero indefinito e indefinibile di Capigruppo. Il regolamento del Consiglio Regionale stabilisce norme specifiche sulla composizione dei gruppi consiliari e sulla competenza dei capigruppo, o quali, in più di un'occasione (e ricordo l'opportunità offerta dalla crisi della Lancia) sono stati riuniti con la Giunta per affrontare problemi di interesse generale e di particolare urgenza. Questo è il modo di affrontare istituzionalmente e democraticamente i problemi della partecipazione dei gruppi alla vita della Regione o degli Enti locali territoriali e non quello di rendere corresponsabili i capigruppo come rappresentanti dei diversi gruppi di un'attività che è ad essi giuridicamente estranea e che politicamente pu essere oggetto di discussioni e di valutazioni soltanto in Consiglio. Senza di che si crea una specie di direttorio assembleare, svuotando di ogni contenuto e di ogni funzione il Consiglio ed i singoli Consiglieri e relegando anzi la maggioranza dei Consiglieri stessi al rango di meri registratori di decisioni assunte al vertice. Lo statuto dell'Ossola non prevede le modalità di costituzione dei gruppi, per esempio quanti Consiglieri possono formare un gruppo, il che, considerando che su 18 Comuni solo in due si vota con il sistema proporzionale (Domodossola e Villa d'Ossola) mentre gli altri hanno una popolazione così scarsa che le elezioni finiscono con lo svolgersi attraverso alla presentazione e alla competizione di liste locali non sempre chiaramente qualificate, porterebbe ad una moltiplicazione dei gruppi in una misura tale da rendere veramente del tutto problematica, a livello di esecutivo, una reale visione unitaria dei problemi della Comunità. La norma in oggetto, a mio parere, è illegittima, è in contrasto con la legge 1102, con la legge regionale n.
17, con la legge comunale e provinciale, con i principi generali del nostro ordinamento giuridico e con lo stesso concetto del libero gioco democratico che si svolge nella dialettica del contrasto fra maggioranza e minoranza.
Nessuna norma vieta che la Giunta possa convocare delle riunioni aperte ai capigruppo o a qualsivoglia altro rappresentante delle organizzazioni locali, così come nessuna norma vieta che nei Consigli degli enti locali si formino maggioranze che comprendano tutti i gruppi presenti in Consiglio ma si tratta di scelte dettate dall'opportunità politica, dalla volontà di cercare nuove e più ampie collaborazioni, un più largo consenso all'azione politica, amministrativa e programmatoria nell'interesse della collettività. La codificazione formale di una norma come quella prevista dall'art. 16 della Comunità dell'Ossola, rappresenta un'ingiustificata forzatura del principio della libera scelta democratica e della distribuzione delle competenze organiche, fondamento essenziale delle nostre istituzioni.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Bianchi, ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, siamo lieti che un gruppo di statuti venga all'approvazione. Naturalmente questi documenti, per quanto validi siano presentano sempre possibilità di ulteriore perfezionamento e, se ci applicassimo ad esaminarli tutti con rigore potremmo, avendo ulteriore tempo, consentire l'adozione di documenti più rigorosi. Devo dire però che la sostanza nel suo complesso, essi esprimono una capacità, una volontà di autogoverno che non può essere mortificata e che quindi ci può consentire di superare molte questioni formali o le cui incongruenze possono trovare una successiva soluzione nella interpretazione complessiva delle norme, le une con le altre e nel quadro dell'ordinamento giuridico. Quindi il criterio da adottare, quando gli statuti arrivano davanti al Consiglio, è quello della massima larghezza, ma il Consiglio nella sua potestà legislativa ha la responsabilità di approvare e quindi non compie una operazione meramente formale ed indifferente. L'intervento nel merito è pur consentito ed è doveroso. Mi riferisco quindi anch'io all'art. 16 dello statuto della Comunità della Val d'Ossola che sembra essere il punto di attrito e di discussione.
Io non invocherei né sacri principi,né argomenti molto pesanti;mi riferisco solo alla realtà concreta ed attuale delle Comunità Montane.
Intanto siamo di fronte a organi che sono il risultato di una elezione di secondo grado, che proviene da Consigli Comunale anche di piccoli Comuni che sono a volte scarsamente politicizzanti e dove le forze politiche sono spesso di difficile identificazione; dove l'interesse locale porta a frazionamenti nelle forze politiche e a presenze che non sono collocabili in gruppi politici secondo la geografia nazionale e lo sono solo quando si spostino dall'esame di questi problemi ad altri. Ritengo pertanto che l'introdurre della Giunta i capigruppo crei un problema molto serio, perch i gruppi non sono istituzionalizzati, quindi non sono disciplinati dalla legge né dallo Statuto, non si sa come si costituiscono, come si formano.
Evidentemente, tenendo la norma ad integrare le rappresentanze e presenze in Giunta, essa provoca la spinta - questo mi sembra non possa essere contestato - a frazionarle fino a portarle al limite che ciascun Consigliere costituisca un gruppo a se con il diritto di intervenire in Giunta nel momento in cui vi si tratti quel determinato specifico affare che può interessare il proprio Comune.
Avviene così che invece di aggiungere un elemento di migliore interpretazione dell'interesse generale, si rischia di introdurre un elemento di confusione, di disordine e di frammentazione della azione politica. Questo in prospettiva, non stiamo a vedere qual è la situazione attuale, temporanea, quella che ha portato a introdurre la norma, in buona fede, secondo esigenze politiche che possono anche essere apprezzate e valutate positivamente.
Lo statuto regge la comunità per tempi che vanno al di la della realtà immediata rappresentata da chi ha in questo momento introdotto una determinata formulazione. Una legge che regola la vita di un ente di questa portata e di questa importanza deve prevedere organi che abbiano un funzionamento corretto, regolare e non confusionario. Per queste ragioni senza quindi instaurare una polemica con la Comunità Montana dell'Ossola richiamandola a queste considerazioni, io ritengo che lo statuto debba essere rimandato perché venga soppresso l'ultimo comma, con la considerazione che l'esistenza di una volontà politica atta a fare intervenire, a far partecipare, quando sia necessario, i capigruppo ove i gruppi si costituiscano in maniera politicamente identificata e corretta, è una facoltà apertissima, che non è preclusa dallo statuto. L'introdurre questa norma sono convinto porterebbe molto al di là delle intenzioni dei redattori, porterebbe probabilmente a risultati opposti a quelli che si propongono i Consiglieri che ci hanno sottoposto questo statuto.
E pertanto, con tutta tranquillità e serena coscienza, penso che si possa rinviare lo statuto della Val d'Ossola per la cancellazione di questo comma, nella considerazione anche che può ritornare rapidamente ed essere approvato insieme agli altri che stanno venendo all'attenzione del Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Gerini.



GERINI Armando

Signor Presidente, l'unico inghippo che mi pare trovi diviso il Consiglio Regionale circa l'approvazione degli statuti delle Comunità Montane è appunto la scelta che la Comunità dell'Ossola ha operato chiamando alle sedute della Giunta la presenza dei capigruppo senza peraltro diritto al voto.
E' una scelta innovatrice che a mio parere non viola palesemente la legge; è una scelta da rispettare e che potrebbe essere accettata. La partecipazione responsabile di tutte le forze politiche non diminuisce il potere dell'esecutivo; potere che rimane intatto nelle sue decisioni finali. La Comunità dell'Ossola d'altronde mi pare che voglia questo anche per motivi geografici e pertanto il gruppo liberale, cioè il Consigliere Germi attualmente presente, ritiene che lo statuto della Val d'Ossola non debba ritornare indietro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferraris.



FERRARIS Bruno

Mi pare che lo stesso collega Bianchi abbia riconosciuto che le argomentazioni, non so quanto dotte ma certamente ampie, portate dal collega Calsolaro, avrebbero potuto essere risparmiate e portate a sostegno di una miglior causa.



BIANCHI Adriano

Io non ho detto questo.



FERRARIS Bruno

Comunque ha detto che non occorreva scomodare i sacri principi. Per poi anche Bianchi si è impegnato a rinviare questo statuto. E' già stato detto, noi siamo contrari, ma non perché ci interessa in modo particolare quella formula. I comunisti presenti in quell'assemblea hanno respinto quella formula (che è di compromesso) adottata per difficoltà, non so da chi creata, di aderire al principio che vuole l'unitarietà, la rappresentativa degli interessi. La maggioranza allora ha ritenuto nell'interesse del funzionamento di quella Comunità, di adottare quella formula, che è stata respinta. Hanno fatto bene i nostri compagni a respingerla, però noi riteniamo che quello del Consiglio Regionale sia un atteggiamento gretto, incomprensibile, ingiustificabile e la stessa discussione che si va svolgendo qui lo dimostra. L'art. 12 della Val Vigezzo non l'avete letto? Anche lì c'era la volontà di una parte di aderire al principio previsto nella legge nazionale mentre altri facevano delle difficoltà. Come l'hanno risolto? Sindaci, anche non membri della Giunta, possono partecipare. Altre Comunità hanno previsto che il Consiglio possa far partecipare, senza voto consultivo, tutti gli enti. Li avete letti? Non fate osservazioni? Come Commissione abbiamo dato dei suggerimenti che le Comunità in parte hanno raccolto, credo quindi che abbiamo diritto di vedersi approvati gli statuti. Noi quindi approveremo questa formula.



VISONE Carlo, relatore

E' la copia sbagliata quella che hanno ritirato.



FERRARIS Bruno

Gliel'avete fatta ritirare, ma questa era la vera espressione della loro volontà.
Signori miei, a queste autonomie abbiamo dato un certo aiuto, un certo contributo e adesso? E se poi veramente si verificassero gli inconvenienti così disastrosi che ha ipotizzato collega Bianchi, il prossimo Consiglio della Comunità della Val d'Ossola potrà modificare il suo statuto, lo ripresenterà e lo approveremo. Mi pare che sia meschina ogni altra deliberazione del nostro Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Intanto esprimo il vivo compiacimento che si dia il varo a un primo numero, non molto grande ma importante, di statuti delle Comunità Montane.
Il Piemonte ha un poco tardato, nonché per un complesso di circostanze, ad approvare questi statuti, ma si avvia, attraverso l'opera attiva della Commissione, a guadagnare il tempo perduto.
Le Comunità Montane, con l'approvazione dello Statuto, entreranno nella pienezza delle loro funzioni, potranno affrontare, intanto il piano dello sviluppo delle Comunità e quindi avremo realizzato quella che è la norma di carattere generale della 1102 e la legge regionale nostra.
Per quanto attiene particolarmente al dibattito di questa mattina rivolgerei sommessamente una preghiera al Presidente della VIII Commissione e relatore ad esaminare l'opportunità di depennare, a pag. 2, questo periodo "dal punto di vista strettamente giuridico la Comunità Montana si presenta quale ente di diritto pubblico non territoriale" la terminologia "non territoriale" perché non possiamo parlare ancora di giurisprudenza, ma la dottrina va tutta uniformandosi al concetto che la Comunità Montana è Ente locale ed è Ente locale per la natura della sua costituzione, ma anche per la natura del territorio nel quale può sviluppare e svolgere la propria attività.
Non vorrei che in una relazione noi facessimo un'affermazione di accettazione di un principio difforme da quella che è la generalità; io non dico che dobbiamo adattarci alla generalità, ma va ponderato. Direi che sarebbe opportuno escludere questa affermazione così radicale.
Per quel che si riferisce invece alla sostanza del dibattito di questa mattina - a prescindere dal fatto che non ho capito, scusi Consigliere Gerini, quali siano i motivi geografici che possono indurre ragionevolmente ad approvare questa norma, se non la geografia eventualmente politica difficilissima da comporre, andando alla ricerca di capigruppo che non sono facilmente identificabili come sono quelli di un Consiglio regionale provinciale o comunale - quali siano questi capigruppo dovrà essere determinato, cosa di estrema difficoltà.
Ma a prescindere da questo e dal fatto che non è un inghippo la discussione che si fa sullo statuto, credo tutti ci rendiamo conto che lo spirito che ha animato gli ossolani a fare questa affermazione è una continuità dello spirito grandemente autonomistico di quella terra, di quella regione che ha vissuto anche dei tempi in cui, mentre si era oppressi dallo straniero, ha avuto un sua rivendicazione autonomistica, il che sta in piedi se si danno delle norme e delle discipline, e la repubblica ossolana si era data delle norme e delle discipline che non avevano il valore di legge se non al di là avevano il loro valore. Noi siamo qui ad approvare degli statuti che avranno un valore impegnativo restando a nostra volta impegnati al rispetto di quelle che sono le norme della Costituzione, le norme delle leggi nazionali nell'ambito delle quali soltanto è possibile, da parte nostra, legiferare ed è possibile pertanto approvare norme statutarie come queste.
Non aggiungo niente a quel che è stato detto delle argomentazioni giuridicamente corrette fatte dal Consigliere Calsolaro e fatte proprie in parte e in parte non consentite, perché altra poteva essere la ragione di opposizione alla inclusione di questo periodo, da parte del capogruppo della D.C.
Io ne rilevo una che mi sembra veramente decisiva: non bisogna mai nell'interpretazione di una legge, enucleare il periodo che può sembrare quello calzante, bisogna leggere tutto l'articolo. E allora, se leggiamo il periodo che c'è prima di quello che è stato oggetto di discussione troviamo: "Le riunioni della Giunta non sono pubbliche". Che cosa significa questo? Che la Giunta si riunisce senza la partecipazione di altri membri che non siano componenti della Giunta, il giorno in cui fa entrare nella riunione un componente del Consiglio, un capogruppo, quello che volete viene meno ad un imperativo che si è dato, ad una scelta che ha fatto adottando lo stesso criterio della legge nazionale che prevede che alla partecipazione dei lavori di Giunta nessuno possa essere presente. Lo statuto recepisce in termini concreti questa indisponibilità ad una seduta pubblica e pertanto il capoverso successivo è nettamente in contrasto, è una norma antitetica che non può essere recepita in uno statuto che in definitiva è come se fosse una legge; non sarebbe concepibile vedere nel Codice penale la norma che dice "è vietato rubare" è dopo ci fosse "tuttavia è possibile rubare". Qui c'è una contraddizione che assolutamente non consente, a prescindere da tutte le altre considerazioni, la accettazione e pertanto, sia pure con rammarico, a parere mio e della Giunta il provvedimento deve essere restituito perché lo si adegui ai criteri giuridici di carattere generale.



VISONE Carlo, relatore

Non ho nessuna difficoltà a togliere il "non territoriale".



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Non è niente di trascendentale: di fronte ad una interpretazione più larga che danno gli altri non possiamo restringerla noi.



PRESIDENTE

Se non vi sono opposizioni mi pare che si possa correggere, tanto più che il Consiglio è sovrano.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Io non ho scelto la Costituzione, ho scelto la dottrina che si va facendo sempre più precisa.



PRESIDENTE

Non essendovi più iscritti a parlare, passiamo alla votazione delle relative deliberazioni.
Valle Stura di Demonte: "Il Consiglio Regionale del Piemonte: vista la legge 3 dicembre 1971, n. 1102 recante 'Nuove norme per lo sviluppo della montagna' viste le norme del titolo III della legge regionale 11 agosto 1973 n.
17 e in particolare l'art. 10 il quale stabilisce che 'lo Statuto della Comunità montana è adottato dal Consiglio della Comunità stessa a maggioranza assoluta dei suoi componenti entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente legge ed è approvato con decreto del Presidente della Giunta Regionale su conforme deliberazione del Consiglio Regionale' visto lo Statuto adottato in data 6 aprile 1974 dalla Comunità Montana Valle Stura di Demonte trasmesso alla Regione Piemonte ai sensi di legge sentita la relazione della VIII Commissione permanente che ha esaminato il predetto Statuto ed ha espresso parere favorevole delibera di approvare lo statuto della Comunità Montana Valle Stura di Demonte".
Chi è d'accordo è pregato di alzare la mano.
Lo statuto è approvato all'unanimità.
Valle d'Ossola.
Il parere della Commissione su questo statuto non è favorevole. C'è un pronunciamento?



VISONE Carlo, relatore

Si rimette al Consiglio.



PRESIDENTE

Allora diciamo soltanto che la Commissione ha esaminato lo statuto.
Valle Ossola.
"Il Consiglio Regionale del Piemonte: vista la legge 3 dicembre 1971, n. 1102, n. 1102, recante 'Nuove norme per lo sviluppo della montagna' viste le norme del titolo III della legge regionale 11 agosto 1973 n.
17 e in particolare l'art. 10 il quale stabilisce che 'lo Statuto della Comunità montana è adottato dal Consiglio della Comunità stessa a maggioranza assoluta dei suoi componenti entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente legge ed è approvato con decreto del Presidente della Giunta Regionale su conforme deliberazione del Consiglio Regionale' visto lo Statuto adottato in data 6.4.1974 dalla Comunità montana della Valle d'Ossola e trasmesso alla Regione Piemonte ai sensi di legge sentita la relazione della VIII Commissione permanente che ha esaminato il predetto Statuto ed ha espresso parere favorevole delibera di porre in votazione lo Statuto della Comunità Montana della Valle d'Ossola".
Chi è d'accordo è pregato di alzare la mano.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 favorevoli 13 Consiglieri contrari 22 Consiglieri astenuti 1 Consigliere Il Consiglio delibera di non approvare lo Statuto della Comunità Montana Valle Ossola.



VISONE Carlo, relatore

Bisognerebbe però esplicitare il motivo della non approvazione.



PRESIDENTE

Certo, si comunicherà tutta la discussione.



PRESIDENTE

Valle Chisone Germanasca.
"Il Consiglio Regionale del Piemonte: vista la legge 3 dicembre 1971, n. 1102 recante 'Nuove norme per lo sviluppo della montagna' viste le norme del titolo III della legge regionale 11 agosto 1973 n.
17 e in particolare l'art. 10 il quale stabilisce che 'lo Statuto della Comunità montana è adottato dal Consiglio della Comunità stessa a maggioranza assoluta dei suoi componenti entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente legge ed è approvato con decreto del Presidente della Giunta Regionale su conforme deliberazione del Consiglio Regionale' visto lo Statuto adottato in data 6.4.1974 della Comunità Montana Valle Chisone Germanasca e trasmesso alla Regione Piemonte ai sensi di legge sentita la relazione della VIII Commissione permanente che ha esaminato il predetto Statuto ed ha espresso parere favorevole, delibera di approvare lo Statuto della Comunità montana Valle Chisone Germanasca".
Chi è d'accordo è pregato di alzare la mano.
Lo Statuto è approvato all'unanimità.
Valle Anzasca.
"Il Consiglio Regionale del Piemonte: vista la legge 3 dicembre 1971, n. 1102 recante 'Nuove norme per lo sviluppo della montagna' viste le norme del titolo III della legge regionale 11 agosto 1973 n.
16 e in particolare l'art. 10 il quale stabilisce che 'lo Statuto della Comunità montana è adottato dal Consiglio della Comunità stessa a maggioranza assoluta dei suoi componenti entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente legge ed è approvato con decreto del Presidente della Giunta Regionale su conforme deliberazione del Consiglio Regionale' visto lo Statuto adottato in data 11.4.1974 dalla Comunità montana Valle Anzasca e trasmesso alla Regione Piemonte ai sensi di legge sentita la relazione della VIII Commissione permanente che ha esaminato il predetto Statuto ed ha espresso parere favorevole delibera di approvare lo Statuto della Comunità montana Valle Anzasca".
Chi è d'accordo è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità.
Valle Vigezzo.
"Il Consiglio Regionale del Piemonte: vista la legge 3 dicembre 1971, n. 1102 recante 'Nuove norme per lo sviluppo della montagna' viste le norme del titolo III della legge regionale 11 agosto 1973 n.
17 e in particolare l'art. 10 il quale stabilisce che 'lo Statuto della Comunità montana è adottato dal Consiglio della Comunità stessa a maggioranza assoluta dei suoi componenti entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente legge ed è approvato con decreto del Presidente della Giunta Regionale su conforme deliberazione del Consiglio Regionale' visto lo Statuto adottato in data 12.4.1974 dalla Comunità montana Valle Vigezzo e trasmesso alla Regione Piemonte ai sensi di legge sentita la relazione della VIII Commissione permanente che ha esaminato il predetto Statuto ed ha espresso parere favorevole delibera di approvare lo Statuto della Comunità montana Valle Vigezzo".
Chi è d'accordo è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità.
Sono stati così approvati i primi statuti delle Comunità montane.
I due punti all'ordine del giorno "Esame progetti di legge sulla zootecnia" e "Esami progetti di legge relativi alla depurazione delle acque reflue" saranno portati al prossimo Consiglio che e previsto per il giorno 24 perché giovedì è l'Ascensione.



FERRARIS Bruno

Naturalmente Giunta permettendo.



PRESIDENTE

Questo è un discorso che riguarderà la Giunta. Oggi i Capigruppo determineranno e l'oggetto e la seduta (che però è già prevista per il 24).
Si dia comunicazione delle interpellanze, interrogazioni ordini del giorno e mozioni pervenuti.


Argomento:

Interrogazioni e interpellanze (annuncio)


FRANZI Piero, Segretario

Interpellanza urgente dei Consiglieri Revelli - Lo Turco sulla Cartiera Ormea.
Interrogazione urgente del Consigliere Menozzi sulla difesa antigrandine.



PRESIDENTE

La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13.30)



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