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Dettaglio seduta n.217 del 17/04/74 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento:

Ordine del giorno della seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
L'ordine del giorno reca: 1) Approvazione verbali precedenti sedute 2) Comunicazioni del Presidente 3) Esame relazione della Giunta sull'attività del Comitato Regionale di Controllo e delle Sezioni decentrate 4) Dibattito sui problemi sanitari.
Se nessuno chiede di parlare sull'ordine del giorno, si intende approvato.


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

I processi verbali delle adunanze dell'11 aprile 1974 sono stati distribuiti ai Consiglieri prima dell'inizio della seduta odierna. Nessuna ha osservazioni? Nessuna.
I processi verbali delle adunanze dell'11 aprile 1974 si intendono approvati.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente


PRESIDENTE

E' in corso uno sciopero del personale della Regione Piemonte indetto dalle organizzazioni sindacali per i giorni 17, 18, 22, 23 e 24 aprile.
Tale sciopero è stato proclamato per sollecitare l'approvazione a tempi brevissimi della legge sullo stato giuridico, sul trattamento economico e sull'inquadramento del personale attualmente in servizio.
Sottopongo pertanto al Consiglio la delicatezza della situazione, in attesa di concordare interventi operativi. Pertanto devo dire che il disegno di legge della Giunta è stato trasmesso alla VIII Commissione questa si è riunita, ha nominato il relatore e sta lavorando attorno al disegno di legge.


Argomento: Comitato regionale e sue sezioni

Esame relazione della Giunta sull'attività del Comitato Regionale di Controllo e delle Sezioni decentrate


PRESIDENTE

Non vi sono richieste di parola sulle comunicazioni del Presidente quindi passerei al punto terzo "Esame relazione Giunta sull'attività del Comitato Regionale di Controllo e delle Sezioni decentrate".
E' stata distribuita la relazione e ritengo che i Consiglieri ne abbiano preso conoscenza.
La parola al Presidente della Giunta avv. Gianni Oberto.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Signor Presidente, signori Consiglieri, in occasione della risposta ad una interpellanza presentata dal collega avv. Vecchione si è concretata la decisione di tenere un dibattito consiliare sull'attività dell'organo regionale di controllo, che i Capigruppo consiliari convennero di collegare alla prevista presentazione della relazione annuale del Comitato Regionale di Controllo.
Ho ritenuto opportuno di indire preventivamente una riunione con i componenti di tale organo cui sono stati invitati ad intervenire anche il Presidente del Consiglio, i Capigruppo consiliari, i Consiglieri, per poter acquisire, attraverso a reciproche considerazioni e valutazioni anche gli elementi che non fossero stati forniti nella relazione annuale predisposta ai sensi del regolamento provvisorio dai presidenti dei consessi.
In quella occasione, nel formulare alcune opinioni ed ipotesi per il dibattito ritenni di invitare gli intervenuti ad attenersi all'esame dell'aspetto tecnico-giuridico dei problemi connessi al controllo regionale per poter fornire ai politici anche tali elementi, necessari per assumere le conclusioni di natura politica che scaturiranno dal dibattito in questa qualificata sede.
Ricordo sistematicamente alcuni punti di vista esposti nel corso dell'incontro anzidetto.
La Costituzione ha confermato l'istituto del controllo il quale, in base alle statuizioni della Corte Costituzionale, risulta compatibile con le autonomie locali.
Va subito precisato che alla locuzione "autonomie locali", che è usata dal costituente all'art. 5, deve attribuirsi un significato tecnico giuridico oltre che politico, perché essa va anche riferita all'indirizzo politico-amministrativo degli Enti locali territoriali.
La posizione di autonomia, nel senso al quale mi sono riferito e conferita dalla Costituzione agli enti, va coordinata con quello che è, a mio avviso, il concetto invalicabile dello Stato-ordinamento enunciato, del resto, dello stesso art. 5 della carta costituzionale dove viene sancita la unità e l'indivisibilità della Repubblica; concetto che trova conferma ulteriore nell'art. 128 della carta costituzionale dove viene stabilita e statuito che i Comuni e le Province sono enti autonomi nell'ambito dei principi fissati da leggi generali della Repubblica che ne determinano le funzioni.
Ne consegue la esigenza di verificare, attraverso agli organi preposti alle funzioni di controllo, se gli Enti locali esercitano le loro funzioni alla luce della normativa statale promulgata per disciplinare in maniera uniforme le attività che interessano la collettività nazionale. Ma non è evidentemente sufficiente la sola verificazione della conformità formale e sostanziale alla legge, verificazione che nella convenzionale terminologia legislativa e dottrinale viene qualificata come controllo di legittimità.
E' altresì necessario verificare che gli enti territoriali indirizzino le loro attività verso traguardi o finalità che risultino utili e proficui per l'intera collettività amministrata, e non con delle visioni particolari privilegianti una parte di questa comunità e che non perseguano pertanto sotto la spinta di pressioni a cui possono essere soggette le amministrazioni locali, scopi che soddisfino interessi particolaristici, e che anche in tale direzione siano attuate le scelte più idonee e più convenienti. Questi ultimi aspetti dell'attività amministrativa spiegano e giustificano, entro i limiti di cui dirò brevemente, il controllo di merito.
Il legislatore, pur avendo confermato sia il controllo di legittimità che quello di merito, ha giustamente ridimensionato per quest'ultimo il potere dell'organo di controllo, riducendo l'esercizio del medesimo al semplice invito al riesame, proprio perché l'opportunità e la convenienza di un'iniziativa può essere compiutamente valutata soltanto da chi, questa iniziativa, ha ritenuto di intraprendere.
Qualsiasi istituto però acquista validità, sotto il profilo dei suoi contenuti, in quanto riesce a perseguire le finalità che ne hanno giustificata l'istituzionalizzazione; e a questo punto ritengo di mettere in rilievo tre elementi che non sono stati risolti in modo esplicito dal legislatore nazionale.
Nella legge 10 febbraio 1953, la n. 62, per intenderci, la legge così detta Scelba, lo Stato ha previsto le modalità con le quali deve essere esercitato il controllo di legittimità sugli atti degli Enti locali e dei loro consorzi, che era prima esercitato dal Prefetto e dalla Giunta provinciale amministrativa, ed il controllo di merito, che era prima esercitato dalla GPA. Nulla invece ha detto circa il controllo di merito in particolare di quello che concerne le autorizzazioni alle varie forme di appalto e all'esecutività dei contratti, che era prima esercitato dal Prefetto; quello che la dottrina qualifica praticamente "controllo atipico".
La legislazione regionale dovrà evidentemente disciplinare questo aspetto, in termini concreti e positivi mantenendolo, o in termini decisamente negativi negandone l'esigenza.
In attesa che dal dibattito possano scaturire concrete indicazioni al riguardo, ritengo utile chiarire alcuni aspetti del problema.
Sotto il profilo squisitamente formale la legislazione statale concernente gli atti che erano soggetti a controlli atipici, non è stata revocata esplicitamente dalla legge, e non può considerarsi neanche revocata implicitamente. Allora, dovendo ritenersi questa normativa statale sopravvissuta al trasferimento delle funzioni di controllo alle Regioni, ne consegue che, sotto il profilo formale, il problema dovrebbe restare limitato all'individuazione dell'organo competente ad esercitare tale forma di controllo.
Nel silenzio su questo punto specifico, avendo il legislatore trasferito il controllo sugli atti degli Enti locali all'organo regionale senza alcuna discriminazione, sono pertanto a ritenere che anche tale tipo di controllo atipico, se sussiste, va certamente considerato, per tutti gli atti che ne possono formare comunque oggetto, trasferito all'Ente Regione.
E' certamente, ripeto, materia opinabile, e la nostra legislazione regionale, come è avvenuto del resto per altre Regioni, potrà addirittura abolire espressamente questi controlli atipici, o mantenerli; ma mantenendoli occorrerà ritenere ed affermare chiaramente che alla Regione soltanto spetta l'attività di controllo anche su di essi.
E' altresì necessario che il dibattito consiliare porti a concludere su di un altro aspetto che mi sembra doveroso porre in luce: la competenza ad esaminare i bilanci deficitari dei Comuni con una popolazione superiore ai 20.000 abitanti, che in base all'art. 332 del T.U. della legge comunale e provinciale, tuttora vigente, dovrebbe appartenere alla Commissione centrale per la finanza locale presso il Ministero degli Interni. Vi è stata a questo proposito una impennata, ed io ho ritenuto, nell'assoluto rispetto della autonomia decisionale del Comitato di controllo e delle sue varie sezioni, di indirizzare una circolare nella quale sottolineavo il mio personale punto di vista, richiamando l'attenzione dei vari componenti dei Comitati regionali sull'opportunità di essere uniformi, non sulla linea di un conformismo che accetti un intervento esterno (che invece sono decisamente contrario a che sussista), ma perché su questioni di fondo, in certo senso di principio, non accada che una decisione di Asti sia in contrasto con una decisione di Alessandria, che una decisione di Vercelli sia in contrasto con una decisione di Cuneo; il che, trattandosi di materia sostanzialmente omogenea creerebbe, in caso di disparità di giudizio e di decisione, una inaccettabile situazione, sul piano regionale.
Pochi giorni dopo l'invio di quella mia circolare, che ebbe consenso di conformi opinioni, si è verificato che il legislatore nazionale si sia risvegliato, ed abbia prorogato il termine di una disposizione di legge anche per l'anno in corso, sicché la circolare passava in secondo piano essendosi chiaramente disposto con una disposizione di carattere legislativo a livello nazionale.
C'è da dire a questo punto che la Regione, come tale, dovrà invocare da parte del Governo una presa di posizione decisa e tempestiva: questa norma ha carattere permanente e se ne può discutere il merito; ma non si arrivi a metà dell'anno per venir fuori con delle disposizioni, quando le sezioni dei Comitati di controllo, o talune di esse, possono avere già difformemente operato e deciso.
Ritengo che il problema debba essere affrontato perché la Regione dovrà, su questo punto, dire qualche cosa disciplinandosi la materia.
Fatte queste premesse di carattere generale, desidererei renderli edotti di quelli che sono i risultati operativi del CO.RE.CO. con sede al capoluogo della Regione e degli uffici periferici. Si tratta di vedere delle situazioni, rilevare delle incongruenze, se vi sono, degli inconvenienti, se vi sono, per cercare di eliminarli da oggi innanzi; il passato non ha tanto valore di stimolo per una critica che sarebbe sterile se non avesse invece una volontà contenutistica di evitare gli errori che possono essere stati compiuti volontariamente o involontariamente, per far sì che il cammino vada innanzi spedito.
Ed anche, se me lo consentono, per rettificare alcune prese di posizione che hanno creato un certo allarmismo qualunquistico. Abbastanza spesso si sente dire che andava molto meglio prima. Accade da sempre che vi siano i laudatores temporis acti! Il presente è nella realtà della vita quotidiana che si vive, ed è quello che scotta, divenendo motivo di una critica più intensa che non per quanto attiene il passato, che non per ciò che riguarda la prospettiva del futuro.
Ho ricevuto nei mesi trascorsi dei telegrammi di protesta vibratissimi per l'attività del CO.RE.CO.; li ha ricevuti il Commissario di Governo credo che ne abbia ricevuti anche il Presidente del Consiglio Regionale; mi sono fatto scrupolo di andare a fondo per vedere che cosa mai fosse accaduto. Era accaduto ad esempio che sei o sette delibere di un Comune erano state annullate per dei vizi che sono assolutamente insuperabili.
Quella denunzia è stata raccolta dalla stampa, com'è giusto avvenga, e ha fatto notizia, che è stata recepita dall'opinione pubblica come dato negativo, sul funzionamento di un organo della Regione, determinando un certo senso di sfiducia nelle istituzioni.
Le istituzioni delle quali ci occupiamo sono giovanissime, fanno il loro rodaggio, lo fanno attraverso a persone che la legge vuole siano dei responsabili qualificati, ma che debbono farsi le ossa e quindi possono anche impiegare del tempo, trovare delle difficoltà da superare, ma che certamente manifestano la loro attività, prendono le loro decisioni - mi corre l'obbligo di sottolinearlo - responsabilmente, e non, come pure è stato talora detto, sotto pressioni esterne.
Giunto a questo punto ritengo che si debba dare la parola ai numeri.
Questa parte della mia, peraltro doverosa, esposizione, sarà arida però è quella che mette in evidenza la situazione del controllo operato nel 1972/73. Raccoglierò i dati del '73 perché sono quelli più pregnanti, che tengono conto anche delle spinte che si sono avute, per vedere insieme come le cose vanno.
E qui mi esimerei, se i signori Consiglieri sono d'accordo, dalla lettura dettagliata del documento che hanno dinanzi a loro, unicamente rilevando come il CO.RE.CO. regionale abbia annullato: per quanto si riferisce agli ospedali, 749 atti dei 12.344 presi in esame; per le Province, sui 22.577 pervenuti.
Nel totale complessivo gli atti che sono stati esaminati dal CO.RE.CO.
regionale e dalle Sezioni di Alessandria, Asti, Biella, Cuneo, Novara Torino e Vercelli ammontano a 323.227.
Sono stati apposti visti su 297.890, con una percentuale del 92,16 sono stati richiesti dei chiarimenti per 18.720 atti, con una percentuale del 5,79 %; sono stati rinviati per il riesame (e questo si riferisce al controllo di merito) 1006 atti, 0,31 %. Infine sono stati annullati complessivamente, 5.614 atti, in percentuale l'1,73 dei 323.227 esaminati.
Ai signori Capigruppo sono state rimesse, in copia, le relazioni presentate dal CO.RE.CO. regionale e dai CO.RE.CO. delle Sezioni, manca fino a questo momento la relazione relativa alla Sezione di Torino. Mi si era assicurato che nella giornata di ieri la avrei avuto per poterla presentare, ma fino a questo momento, penso anche in relazione allo sciopero al quale ha fatto riferimento il Presidente del Consiglio, non mi è pervenuta.
Desidero precisare che quelle relazioni intendo facciano parte integrante della relazione alla quale mi sono accinto perché il documento sia, nella sua completezza, motivo di ulteriore considerazione e meditazione. (Vedi alla pag. 6789) Dopo l'esposizione dei dati, ritengo necessario sottoporre all'esame del Consiglio taluni aspetti ritenuti da qualcuno ancora come problematici.
Si afferma l'esigenza che il controllo sugli atti degli enti ospedalieri e delle Istituzioni di pubblica assistenza e beneficenza classificate infermerie, finora attribuito alla competenza del Comitato Regionale, sia invece attribuito a quello delle singole sezioni competenti per territorio in relazione alla sede legale degli enti medesimi. Va rilevato in proposito che, mentre non esistono disposizioni legislative contrarie a tale impostazione (infatti, la classificazione di detti enti in regionali, provinciali e zonali, ha un riferimento tecnico e non territoriale), con tale decentramento verrebbe invece osservato l'art. 16 della legge 12/2/1968 n. 132 che prescrive l'integrazione dell'organo di controllo con la partecipazione del medico provinciale, evidentemente competente per territorio, il quale può offrire all'organo di controllo la consulenza tecnica nell'esame degli atti in questione.
In occasione della riunione dei componenti dell'organo di controllo sono state sollevate, da più parti, voci in tal senso. E ritengo che sia giusto accoglierle, come ci si propone di fare al più presto.
Alle amministrazioni, i cui atti sono soggetti a controllo degli organi regionali, può essere apparso che questi ultimi usassero un rigore maggiore di quello dei cessati organi di controllo.
Tale opinione però non rispecchia la realtà ed è ascrivibile alla procedura stabilita dalla legge n. 62 che non consente l'adozione di provvedimenti interlocutori diversi dalla richiesta di chiarimenti o elementi integrativi di giudizio, e che invece ai precedenti organi di controllo consentivano il ritiro ed, in certi casi, l'apposizione di visti condizionati (i famosi conchè).
Peraltro gli annullamenti, già di per sé in percentuale esigua rispetto al numero degli atti controllati come è possibile rilevare dalle cifre anzi esposte, sono stati, nella maggior parte dei casi, determinati da difetti formali degli atti deliberativi quali: 1 - Deliberazione adottata dalla Giunta Municipale che sono invece di competenza del Consiglio - artt. 131 e 139 - T.U. 1915 - n. 148 2 - Mancata indicazione del numero dei votanti - art. 300 - T.U. 1915 n. 148 3 - Deliberazioni concernenti persone non adottate a scrutinio segreto art. 298 - T.U. 4/2/1915 - n. 148 4 - Mancata indicazione dell'astensione degli interessati - art. 279 T.U. 1934, n. 383 5 - Mancata specificazione dei nominativi degli astenuti - art. 161 E. 1911 - n. 297 6 - Imputazione della spesa su esercizi diversi da quelli di competenza art. 193 - RE 1911 - n. 297 7 - Imputazione sul fondo delle impreviste, di spese che non presentano i requisiti prescritti dall'art. 317 del T.U. 3/3/1934 n. 383 8 - Storno di fondi da stanziamenti di spesa finanziate con mezzi straordinari per aumentare fondi delle spese finanziate con mezzi ordinari art. 318 - T.U. 1934, n. 383 9 - Storno di fondi tra residui e competenza - art. 318 - T.U. 1934, n.
383 10 - Variazioni di bilancio concernenti poste correttive e compensative di entrate effettuando il movimento solo in uscita 11 - Atti sottoscritti da componenti che si sono allontanati - art. 301 T.U. 4 Febbraio 1915 - n. 148 12 - Mancata indicazione della spesa derivante da provvedimenti e suo relativo finanziamento - art. 284 - T.U. 3/3/1934, n. 383 13 - Inosservanza art. 54 del R.D. 23 Maggio 1924, n. 827; per quanto concerne versamento ed esonero cauzione 14 - Mancata assistenza dei testimoni, o espressa rinunzia, in contratti - Legge notarile.
In altri casi, tra le illegittimità rilevate, non poche sono costituite da eccesso di potere, nelle più semplici ed obiettive figure della contraddittorietà tra motivazioni e deliberato, della carenza o inadeguatezza od insufficienza di motivazione, e dell'erroneità dei presupposti.
Ciò dimostra come non sia giusta la tesi di coloro che vorrebbero restringere il controllo di legittimità alla violazione di legge ed all'incompetenza, escludendo l'eccesso di potere. Se ciò avvenisse, nessuna difesa avrebbe il cittadino, prima di quella giurisdizionale, contro provvedimenti inficiati da tale servizio. Ma vi è di più: con l'insediamento recentemente avvenuto dei tribunali amministrativi regionali, gli enti controllati, se in sede di controllo non venissero posti nel nulla, gli atti inficiati si troverebbero esposti al pericolo di uguale risultato dopo una costosa procedura.
Dal quadro anzidetto, può emergere chiaramente che, nel complesso, le amministrazioni delle Province, dei comuni e delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, poste sotto il controllo di questi concessi svolgono la loro attività con uno spontaneo rispetto della legge.
Nel settore delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza è sentita la necessità che la Regione disciplini tutta la materia in forma più aderente alla realtà moderna, poiché la legge 1890, n. 6972 ed i suoi due regolamenti, pur costituendo un complesso normativo ammirevole per completezza, sono certamente fondati su presupposti economico-sociali diversi da quelli che caratterizzano la società, oggi.
L'eccessivo numero di tali enti, nati un tempo da un lodevole sentimento di carità e di solidarietà umana di privati fondatori rappresenta oggi, in una realtà sociale profondamente mutata, certamente un modo anacronistico di provvedere alle esigenze assistenziali. Le rendite sono spesso ridottissime provenendo in larga misura dall'affitto dei terreni, ed è difficile trovare forme diverse e convenienti di investimento patrimoniale.
E' poi assurdo pretendere che piccole istituzioni, a volte site in località lontane ed isolate, benché amministrate da persone volenterose siano in grado di mantenere un efficiente servizio amministrativo e contabile. Le loro deliberazioni debbono essere riguardate con criteri affatto speciali e le loro iniziative, benché dettate da buona volontà e senso pratico, richiedono spesso sforzi notevoli per poter essere inquadrate nel sistema della legge.
Altro aspetto da sottolineare all'esame del Consiglio è quello della organizzazione dei servizi di segreteria dei consessi.
Premetto che nessuno intende formulare il minimo dubbio sulla piena autonomia degli organi collegiali nell'esercizio della funzione di controllo, la quale però non va intesa anche come autonomia organizzativa degli uffici.
So bene, a questo proposito, per calare in quella che è la realtà pratica, che vi sono delle situazioni attuali ancora difficili nella nostra Regione, per cui può riuscire non agevole, non facile per tutti accettare un'uniformità nella organizzazione degli uffici: debbo, peraltro aggiungere che è intenzione mia e della Giunta di arrivare alla concretezza in questa direzione perché proprio vi sia tale uniforme organizzazione. Gli uffici di segreteria del Comitato, delle sue sezioni decentrate fanno parte dei servizi regionali, il cui riordinamento rientra, a norma dell'art. 16 del nostro Statuto, nella competenza dell'Amministratore regionale Consiglio Regionale, Giunta Regionale.
D'altra parte, quando l'amministrazione nella propria valutazione discrezionale maturata anche con le eventuali proposte dei Presidenti dei vari consessi, assicura che gli uffici abbiano una struttura funzionalmente idonea, sarebbe anche illogico, oltre che non conforme, a mio avviso, alle norme statutarie, che ogni collegio organizzasse in modo autonomo il proprio ufficio di segreteria.
Il personale che l'Amministrazione assegna ai predetti uffici - sono attualmente 124, ai quali si aggiungeranno i 40 delle 5 nuove sessioni: 33 direttivi, 20 di concetto, 83 esecutivi, 19 ausiliari - resta quindi subordinato alle direttive impartite dal collegio, attraverso al suo Presidente, strettamente connesse alle sole modalità dell'esercizio della funzione, e resta invece vincolata unicamente all'Amministrazione regionale per quanto attiene sia al rispettivo rapporto di impiego e quindi anche sotto il profilo del rapporto disciplinare, sia all'organizzazione dell'ufficio.
Per quanto attiene poi all'organizzazione degli archivi va tenuto presente che, l'archiviazione degli atti dello Stato e degli altri enti pubblici è disciplinata dal D.P.R. 30 settembre 1963 n. 1409 emanato sulla base della legge 17 dicembre 1962 n. 1863 che delega al Governo la potestà di emanare entro un anno norme relative all'ordinamento ed al personale degli archivi di Stato. Detto decreto, all'articolo 73 mantiene in vita fino all'entrata in vigore del nuovo regolamento, quello approvato con R.D.
2 ottobre 1911 n. 1163, per quanto con esso compatibile, ed abroga la precedente legislazione vigente in materia.
Le norme da osservare dalle Regioni sono pertanto unicamente quelle legislative vigenti; in queste, non esistono disposizioni per la catalogazione; pertanto questo è un problema da risolvere nell'ambito dell'organizzazione discrezionale, interna della Regione. Quando poi la Regione vorrà normativizzare la materia, potrà farlo nell'ambito della propria autonomia organizzativa interna, sentito il parere del Consiglio superiore degli archivi cui spetta secondo le lettere a) e c) dell'articolo 6 del decreto citato il compito di dare parere sul "metodo ed i criteri generali dell'ordinamento degli archivi e dei lavori archivistici in genere" e sui progetti di legge e di regolamenti attinenti all'organizzazione ed al funzionamento degli archivi degli Enti locali. Per quanto riguarda invece i criteri pratici di organizzazione dell'archiviazione, nel citato decreto non si trova alcuna disposizione, ed in particolare nessuna norma che stabilisca per le Regioni un obbligo di catalogazione.
Ciò stante gli uffici di segreteria hanno dovuto organizzare l'archiviazione degli atti contemperando la normativa statale anzidetta con l'esigenza della rapidità di archiviazione e rintraccio degli atti occorrenti alla presentazione di quelli sottoposti all'esame dei consessi in relazione alla brevità del termine stabilito dalla legge per l'esercizio del controllo.
Non può non auspixarsi, anche per questo servizio, la realizzazione di una razionale meccanizzazione che renda agevole qualunque utilizzazione.
Ed ancora vorrei fare, a questo punto, due considerazioni di carattere generale alle quali penso che il Consiglio vorrà annettere una certa importanza. Il costituente ha confermato la validità dell'istituto di controllo sugli atti degli Enti locali, ma con una sensibilità certamente innovatrice, alla quale ci rifacciamo soventissimo noi Consiglieri regionali e si rifanno gli amministratori provinciali e comunali. Con l'articolo 130 ha affidato l'esercizio di tale controllo alle Regioni, la cui emanazione democratica, elettiva, costituisce motivo di garanzia di sapere interpretare le esigenze che si determinano nella costante evoluzione della vita collettiva. E poi, anche la strutturazione collegiale dell'organo che viene stabilita dal legislatore nel 1953, sciogliendo la riserva legislativa che era contenuta nella carta costituzionale, è diretta ad assicurare una valutazione pluralistica e come tale più sostanzialmente corretta della conformità legislativa. E' vero che la collegialità voluta dal legislatore anche per il controllo di legittimità, mentre deve essere ritenuta pienamente valida nell'amministrazione attiva perché determina con le angolazioni individuali delle varie scelte le soluzioni più idonee sui complessi problemi, può costituire negli organi di controllo un elemento vanificatore degli aspetti positivi di essa, che sono indubbiamente molteplici, quando i rigidi indirizzi dei singoli componenti dei singoli consessi non siano disgiunti da un eccessivo formalismo procedurale nell'esercizio della funzione di controllo.
E' vero che la forma è garanzia della sostanza, ma è anche vero, dai tempi almeno di San Paolo, che "littera enim oecidit, spiritum autem vivificat": e questo mi pare che dovrebbe essere tenuto sempre ben presente.
Prima di adottare una norma di legge per il funzionamento dell'organo regionale di controllo e delle sue sezioni decentrate, la Regione Piemonte ha ritenuto di adottare, con la deliberazione consiliare 28 giugno 1972, un regolamento provvisorio, proprio al fine di verificare le varie procedure per conseguire la massima funzionalità degli organi, e nell'intento di poter codificare in modo definitivo oltre alla maggiore snellezza procedurale anche quelli aspetti fondamentali che consentono di garantire le autonomie di giudizio dei singoli componenti e la qualificante partecipazione dei medesimi alla decisione dell'organo collegiale.
Occorre tenere presente che il controllo, se è esercitato oltre che con la dovuto ortodossia procedurale, anche in termini non defatigatori, pu integrare e rafforzare l'azione degli enti controllati per il perseguimento dei proficui risultati ai quali indubbiamente, nell'intenzione degli amministratori, sono sempre dirette le iniziative intraprese. Là dove invece è esercitato in maniera eccessivamente formalistica sotto il profilo procedurale e senza tenere nel debito conto le finalità che gli enti controllati si sono prefissi, finisce, come del resto qualsiasi altro istituto , con l'ingenerazione a volte anche qualunquistica di critiche sulla validità dell'istituto medesimo. Queste critiche vanno per giustamente dirette non all'istituto, che per le ragioni che ho esposto rimane pienamente valido, ma alla metodologia con cui, talora, organi preposti a tali funzioni esercitano il controllo.
Per questo motivo è necessario, e giova riaffermarlo che nell'esercizio del controllo sull'attività della pubblica amministrazione e specialmente degli Enti locali, le cui iniziative hanno per fine - teniamolo sempre tutti presente - il soddisfacimento delle esigenze, anche le più elementari, degli amministrati, si consideri che deve trovare cittadinanza l'interpretazione più evoluta della normativa vigente da parte dei competenti organi di controllo.
Gli Enti, per il perseguimento di tale scopo, sono costretti ad adeguare la loro azione alla mutevolezza di tali esigenze connesse al progresso tecnologico e alla comodità che i servizi pubblici devono assicurare alle popolazioni.
E' pertanto indubbio che l'organo preposto al controllo sugli atti e quindi implicitamente sull'attività degli enti in questione, deve avere nell'interpretazione della normativa la mira che i provvedimenti soggetti al controllo siano stati posti in essere dagli enti locali allo scopo unico di soddisfare l'interesse e direi anche le aspirazioni della collettività contemperato con una saggia amministrazione del pubblico denaro prelevato proprio a quello scopo, dal reddito dei singoli componenti della comunità stessa.
Questo concetto acquista ancor più valore quando ci si trova, come nel nostro Stato, nella Repubblica italiana, di fronte ad una legislazione antiquata che non è riuscita a tenere il passo con il progresso delle esigenze della collettività amministrata, e alla quale il Legislature non è stato in grado, pur creando un modo nuovo di essere dello Stato, che da accentrato si fa lo Stato delle Regioni, decentrato, di dare un sostitutivo organico contenuto nuovo, aderente a ciò che la vita di oggi reclama.
E' stato giustamente rilevato che "mentre gli Enti locali premono perché il trasferimento dei controlli su di essi alla Regione diventi il mezzo per recuperare quell'autonomia funzionale che è fin qui in gran parte a loro mancata, essi stessi non possono non riconoscere di essere organizzati in modo per cui è ben difficile stabilire forme di controllo sostanzialmente diverse da quelle praticate in passato, se non procedendo preliminarmente a radicali modificazioni sul proprio modo di essere organizzati e quindi di operare".
Certo "nuovo" davvero sarà il modo di esercizio del controllo quando la Regione avrà concretamente definiti i suoi rapporti con gli Enti locali sul piano stesso dell'attività, in particolare su quello della programmazione regionale e delle deleghe, così che il nuovo-vecchio rapporto di controllo che è venuto ad istituirsi non pregiudichi quella che può essere l'attesa maggiore riposta nelle regioni, che cioè, attraverso ad un centro di coordinamento unitario degli Enti locali, o anche solo attraverso alle consultazioni organiche, si giunga a dare all'autonomia ad essi riconosciuta la possibilità di trovare una sua corretta espressione sul piano funzionale come partecipazione alle decisioni regionali e come responsabilità, nell'ambito di queste, di proprie decisioni ed azioni concrete.
Vorrei dire che la fase attuale dell'esercizio del controllo è quindi in certo senso, quella di una sperimentazione, di preparazione a quella più incisiva che fra qualche anno non potrà mancare, in un confronto diretto tra Regioni ed Enti locali, con esclusione di interferenze estranee, in uno spazio tutto regionale.
So perfettamente che il discorso non è completo: e non lo è deliberatamente, considerandolo un semplice e modesto avvio al dibattito.
Tocca al Consiglio esprimere un giudizio politico, oltre che tecnico sull'organo di controllo, sulla sua natura, sulle sue funzioni, dal quale giudizio si potranno trarre conclusioni. L'argomento è ormai largamente trattato su piano pratico oltre che in dottrina, ed è anche già giunto al vaglio di norme regolamentari e legislative, certamente da loro conosciute come il dibattito sicuramente dimostrerà.
Io muovo dal principio dello Statuto regionale che all'art. 69 impropriamente forse intitolato" controllo sugli Enti locali "là dove si tratta di controllo sugli atti degli Enti locali - lo qualifica "organo" della Regione, al quale è demandato l'esercizio del controllo in forma decentrata: e non posso non avere presente il dibattito consiliare precedente, sulla materia, e le linee conclusive dello stesso, alle quali mi rifaccio.
E' alla luce di un'esperienza che si fa ormai questi triennale, che il regolamento può essere collaudato sulla sua validità o su piano di modifiche. Organo decentrato della Regione, snello ed agile e rapido il più possibile, autonomo certamente, ma non slegato da quella che è la realtà politica, e quindi dalla volontà della Regione, che ha presente l'esigenza fondamentale dell'autonomia degli Enti locali, e la concreta possibilità del suo esercizio.
Nessuno di noi ignora certamente il contenuto della sentenza 3 Marzo 1972 n. 40 della Corte Costituzionale, relativa all'interpretazione dell'art. 130 della Costituzione circa la capacità legislativa riservata allo Stato per la determinazione della composizione dei comitati di controllo: ma a mio avviso è essenzialmente, più che la formazione del Comitato, lo spirito che deve animare l'esercizio del controllo, nel rispetto della legge, avuta presente la realtà in cui si vive, operando pur con strumenti legislativi superati, anacronistici, inattuali, ma con spirito moderno, aderente alla realtà.
Niente contrapposizione allo Stato, niente sostanziale lacerazione del precetto legislativo ma anche niente soffocamento dell'ente locale, rinato dalla Resistenza, sottoposto a complessi problemi di accelerazione e di trasformazione della realtà quotidiana, dai quali non può prescindere, pena l'asfissia, e quindi la morte.
Signor Presidente, signori Consiglieri, mi propongo di raccogliere la sostanza certamente valida di questo dibattito per riferirne anche ai componenti delle nuove sezioni decentrate di Ivrea, Alba, Bra, Casale Pinerolo, Mondovì con i quali mi incontrerò martedì 7 Maggio, in relazione al loro insediamento; così come mi propongo di attentamente meditarla e considerarla con la Giunta per le determinazione del caso.
La costruzione di questa realtà regionale non è facile, ed è anche, in certi settori, necessariamente lenta; ciò che importa è costruirla un poco ogni giorno, insieme.



PRESIDENTE

Prima di dare la parola al Consigliere Vecchione che l'ha chiesta vorrei che fosse corretto un dato relativo alla sezione di Biella: mi è stato fatto osservare sia dal Presidente del Comitato, sia dall'Assessore Petrini che è errato il più 7,75 degli annullamenti del '73 rispetto al '72; nel '72 avevamo il 9,51 e nel '73 non il 17, ma l'1,76, per cui non è più 7,75 ma più 1,76.
Prego il Consiglio di prenderne atto.
La parola al Consigliere Vecchione.



VECCHIONE Mario

Il Presidente della Giunta ha dichiarato che voleva introdurre le relazioni dei vari comitati di controllo come parti integranti della sua relazione nella quale ritroviamo recepite alcuni concetti che sono insiti nelle relazioni dei Comitati di controllo. Articolerò quindi, il mio intervento muovendo appunto da queste relazioni che sono state fuse in quella del Presidente della Giunta.
Nelle relazioni noi troviamo degli elementi comuni: si dice che gli atti annullati sono in numero esiguo e ci si aggancia ad un discorso meramente statistico. Se è vero che i dati statistici non sono modificabili dalle opinioni, è altrettanto vero che nel numero degli atti annullati sovente fanno parte atti estremamente qualificanti di scelte politiche che le autonomie locali hanno fatto e che hanno trovato nella funzione del Comitato di controllo un blocco ed un recupero di carattere politico un segno conservatore insomma.
Vi è unanime l'esigenza di mutare la legislazione e non solo quella della legge comunale e provinciale; questo lo ritroviamo in buona parte delle relazioni nelle quali però non vi sono, come non vi sono in quella del Presidente della Giunta, segni innovativi nel senso di spingere verso un confronto costante, continuo, la legislazione della legge comunale e provinciale, la legislazione del 1890 e quant'altro, con la Costituzione.
E' evidente che questa è un'opera che deve essere fatta nell'ambito, del concetto della vita costituzionale dello Stato: mancando una spinta in questo senso ci troviamo sovente in situazioni nelle quali la norma di carattere giuridico rappresenta una misura di difesa del Comitato di controllo rispetto alle scelte innovatrici degli Enti controllati.
Vi e un altro elemento nelle relazioni, secondo me giusto: occorre che i Comitati di controllo abbiano rapporti più costanti fra di loro, fra Comitati e Consiglio, fra i membri dei Comitati e gli altri componenti dei Comitati di controllo a livello nazionale.
Dalla relazione che riguarda il CO.RE.CO. in Torino (per intendersi quello presieduto dall'avv. Colonna) rilevo un fatto che a me pare sufficientemente grave: l'iniziativa assunta il 1 agosto 1973 dal Presidente della Giunta. Si trascrive in questa relazione una lettera che suona testualmente: "Le comunico che in una delle passate adunanze la Giunta Regionale autorizzando la liquidazione delle sue competenze in ordine alle missioni compiute per partecipare a convegni, riunioni tra membri degli organi di controllo di varie Regioni italiane, ha tuttavia sollevato dubbi sull'opportunità che le spese anzidette debbano essere considerate come sostenute per missioni m adempimento di esigenze di servizio e quindi rimborsate. La prego quindi di voler tenere conto di ciò per il futuro e di evitare richieste di rimborso".
Avendo partecipato ai convegni che si sono tenuti a livello nazionale sui CO.RE.CO., mi sono reso conto che gli stessi hanno avuto significati altamente positivi di confronto fra le varie opinioni, proprio per mettere sui binari giusti il meccanismo dei CO.RE.CO. Una taccagneria di questo tipo, proprio nel momento in cui (ho parlato del 1.8.73) c'era bisogno di chiarirci le idee, mi pare una cosa errata. E' questa la sola parte della relazione del CO.RE.CO. presieduto dall'avv. Colonna che cito approvandola: il nostro discorso è tanto aperto che nella relazione di questo Comitato di controllo ci imbattiamo in affermazioni dalle quali si potrebbe pensare che il Presidente del Comitato di controllo farebbe bene a non muoversi da Torino perché egli dice di avere avuto la funzione specifica di attaccare delle posizioni dichiaratamente comuniste o di sinistra tendenti a fare assumere decisioni o effettuare votazioni incompatibili con lo scopo dei convegni. La sua funzione quindi è stata quella di arginare delle tendenze in maggioranza progressiste. Questa è la mentalità di una persona che ha la direzione del Comitato di controllo e che noi nonostante tutto, riteniamo sia giusto invece che vada a questi convegni, perché, per esempio, al convegno di Montecatini la contestazione specifica gli venne messa nientemente nel corso della prima relazione che egli svolgeva dal Presidente del Comitato regionale di controllo di Brindisi, rappresentante D.C. della corrente di Andreotti. Quindi se l'avv. Colonna parla di progressismo in questi convegni, della presenza di posizioni di sinistra penso che sia molto più a destra dei rappresentanti D.C. delle altre Regioni. L'affermazione dell'avv. Colonna rappresenta una nota stonata perché non considera che il CO.RE.CO. è un organo della Regione nel quale le forze dell'opposizione comunista hanno dato sempre un contributo essenziale al suo funzionamento.
Vi sono, poi, degli elementi differenziali nelle relazioni e il Presidente della Giunta non li ha recepiti nella loro contrapposizione. Ad esempio c'è l'affermazione dell'approvazione del "conchè" del Comitati di controllo di Novara, una posizione specifica, ma immediatamente contestata a pag. 2 della relazione del CO.RE.CO. di Vercelli e a pag. 5 della relazione del CO.RE.CO. di Asti che negano la possibilità di utilizzare questa formula. C'è un aspetto politico di scelta di questi due Comitati rispetto a quello di Novara e anche rispetto alla relazione del Presidente della Giunta. Ci si pone in sostanza su un binario sul quale noi avevamo inteso porre i Comitati di controllo fin dall'inizio affermando l'illegittimità delle approvazioni condizionate.
Vi è il problema dell'eccesso di potere (grave lacuna secondo me che ritroviamo nella relazione del Presidente della Giunta) di cui si parla per esempio nella relazione di Vercelli, ma immediatamente la possibilità di denunciare tale vizio viene contestata in altre due relazioni quella di Biella e di Asti.
Vede Presidente, questa discussione sull'eccesso di potere, che sostanzialmente rappresenta quella finestra dalla quale si fanno rientrare tutte le valutazioni di merito per bloccare le delibere, fu uno dei punti essenziali che venne dibattuto in quei convegni cui si riferiva l'avv.
Colonna e nei quali egli voleva svolgere una certa funzione. In quei convegni si fissò che la Costituzione non prevede questo tipo di denuncia o di vizio di legittimità. Ora l'eccesso di potere, e il Presidente della Giunta ben lo sa, entra nella nostra legislazione soltanto con la legge del '24, istitutiva della funzione giurisdizionale del Consiglio di Stato quindi solo nella chiave di tutela giurisdizionale del singolo cittadino.
Se l'eccesso di potere è un mezzo di tutela che il singolo cittadino ha per impugnare la delibera, mezzo che apre una fase completamente diversa rispetto al vizio di legittimità, violazione di legge, o incompetenza, sul piano del sistema dei controllo l'eccesso di potere non c'entra. Tant'è che a livello nazionale, sul problema della riforma del sistema generale dei controlli, questo particolare aspetto del vizio dell'atto amministrativo è già caduto così come è caduto quello dei funzionari nominati.
Una cosa che invece ritengo estremamente positiva nella relazione del Presidente, è che il Presidente ha recepito integralmente dalla relazione di Vercelli sono le affermazioni sulle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza. Si avverte la necessità che la Regione disciplini tutta la materia in forma più aderente alla realtà moderna, poiché la legge istitutiva è del 1890. I due regolamenti, pur costituendo un complesso normativo ammirevole per completezza, sono certamente fondati su presupposti economico-sociali diversi da quelli che caratterizzano la società di oggi: ci sono state due guerre mondiali, c'è stata una rivoluzione che ha cambiato la faccia del mondo, siamo andati sulla luna e i membri del Comitato regionale di controllo di Vercelli si rendono conto dell'inadeguatezza assoluta di questa legislazione. La relazione di Vercelli è criticabile per alcuni aspetti, ma su questo punto è estremamente qualificante. Vi si afferma, inoltre, l'eccessivo numero di tali enti, nati un tempo da un lodevole sentimento di carità e solidarietà umana di privati fondatori, rappresentano oggi, in una realtà sociali profondamente mutata, se non un ostacolo, certamente un modo anacronistico di provvedere alle esigenze assistenziali.
In questa relazione si affermano anche altri concetti che non troviamo per esempio in quella del Comitato di controllo di Torino (perché non c'è ma i cui indirizzi noti) o in quella di Colonna perché non li scrive! Si dice in quella relazione che spesse volte per i Comuni le spese fisse e la scarsa forza contrattuale dei Comuni stessi comportano ovviamente oneri gravosissimi a carico delle loro più che modeste risorse finanziarie e costituiscono un ulteriore motivo di scoraggiamento e di abbandono. In tali casi l'autonomia locale rischia di diventare un puro nome. Stiamo attenti questo è molto importante, è tanto che ci battiamo su questo punto per realizzare a pieno le autonomie locali. Si tratta di Comuni ben più interessati ai piani di sviluppo economico e sociale, che non a quelli di risanamento dei loro bilanci; all'organo di controllo non resta che agire conseguentemente per tali Comuni, tenendo conto delle situazioni locali e dando agli stessi tutto il possibile aiuto fin dove ciò può essere utile, e noi non possiamo non registrare favorevolmente posizioni di questa natura.
Nella relazione del Comitato di controllo di Cuneo vi è qualche cosa sul piano dell'esecutività delle delibere su cui occorre pensare. Rileva il Presidente del Comitato di controllo di Cuneo che certe volte, per ignoranza della legge del '52, le delibere che sono state vistate col "nulla rileva" o per le quali è trascorso il termine dei venti giorni, e che devono essere utilizzate per accendere un mutuo, per portarle ad altre pubbliche amministrazioni, trovano in alcune pubbliche amministrazioni una resistenza a considerare vistate perché manca il così detto visto di esecutività del Comitato di controllo. Questo, rileva il Presidente del Comitato di Cuneo, è un impaccio ulteriore di carattere burocratico perch "mi ritornano le delibere e io devo apporre il visto".
Ritengo, stante la provvisorietà del regolamento (ed è un ripensamento che forse dobbiamo fare tutti), che sia possibile giungere alla istituzione di una certificazione che l'ente controllato direttamente può fare, in ordine alla esecutività, perché c'è stato il nulla rileva, o per decorrenza dei termini. In sostanza sarebbe opportuno conferire, con norma regolamentare, il potere di certificazione dell'organo di controllo all'organo controllato.
Elemento sintomatico nelle relazioni e non anche nel dibattito ed è vero che non poteva essere inserito nelle relazioni dei Comitati decentrati, ma non poteva essere taciuto in quello del Comitato regionale di controllo di Torino sugli atti delle Province e sugli atti degli enti ospedalieri, è il silenzio assoluto in ordine al controllo sugli enti ospedalieri.
Il Presidente della Giunta, nella relazione che ei ha letto oggi, pone l'ipotesi in chiave positiva, cioè i Comitati di controllo decentrati provinciali possono e devono controllare gli atti degli enti ospedalieri.
Io ricorderò che l'art. 16 della legge 132, al suo secondo comma dispone che il Comitato previsto dall'art. 55 della legge Scelba e le speciali sezioni di esso previste dall'art. 56 della citata legge, sono integrati dal medico provinciale rispettivamente nel capoluogo di Regione e della Provincia. Evidentemente il legislatore nazionale si è preoccupato di fare intervenire un membro tecnico, come può essere il medico provinciale perché è quello che porta un suo contributo di natura tecnica nell'ambito della Provincia dove esiste l'ospedale. Il medico provinciale di Torino non può avere istituzionalmente e funzionalmente le conoscenze relative agli ospedali di Cuneo o del novarese. E' evidente quindi che il decentramento del controllo sugli atti degli enti ospedalieri non può che essere decentrato secondo quanto la legge dice.
E questo l'avv. Colonna nella sua relazione doveva dirlo, doveva affrontare il problema, perché nel dibattito del 20 febbraio tenutosi alla Galleria d'arte Moderna, del quale parlerò dopo, il rappresentante socialdemocratico avv. Bachi affermò che lui, e con lui altri colleghi erano d'accordo che il Comitato regionale di controllo di Torino dovesse mantenere l'accentramento di tutto il controllo sugli enti ospedalieri. Chi erano questi altri colleghi d'accordo con lui non lo diceva però. Non certo il Presidente di Asti perché in quel dibattito chiese il decentramento: non certo quello di Biella perché chiese il decentramento; non certo quello di Cuneo, ne quello di Novara perché entrambi chiesero il decentramento. Quei Presidenti che intervennero si posero tutti in posizione contrastante per togliere da Torino questo centro di potere che si sta rafforzando.
Finita la questione delle relazioni, suturata in certo modo con quella che Lei, Presidente della Giunta, oggi ci ha letto, occorre passare al reale funzionamento dei Comitati di controllo e io devo muovere dal convegno del 20 febbraio del '73 alla Galleria d'Arte Moderna.
Signor Presidente della Giunta, quel convegno è nato male e finito peggio. E' nato male perché non si è voluto realizzare un mero rapporto chiuso tra rappresentanti dei Comitati di controllo e la Giunta, con la presenza del Presidente del Consiglio.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

E dei Capigruppo esplicitamente invitati.



VECCHIONE Mario

E dei Capigruppo. Le dirò subito, non era solo un problema di rapporti tra rappresentanti dei Comitati di controllo, Capigruppo o Consiglio, ma mancavano i Comuni, le Province, gli enti controllati, era un dibattito all'interno dell'Ente Regionale, se si vuole, che avrebbe avuto invece un maggiore spazio se fosse stato articolato con la presenza degli amministratori degli enti controllati in quanto è solo nella dialettica del dibattito che si va avanti e non nel chiuso di certi convegni.
E gli aspetti preoccupanti sono venuti subito, perché adatto era il clima. Il Presidente della Giunta (del quale devo dire che certe volte accetto le impostazioni intelligenti, logiche, discorsive che fa nelle sue relazioni) pose però una grave limitazione in quell'occasione: affermò che quel dibattito doveva svolgersi in termini tecnico-giuridici, come se un dibattito di quella natura sui Comitati di controllo potesse essere soltanto ancorato ai problemi tecnico-giuridici. Impose una disciplina di dibattito: era nella sua facoltà di far parlare prima i rappresentanti dei Comitati di controllo, lasciando a dopo l'intervento dei politici, ma in questo clima che cosa si è verificato? Che proprio quella regola di limitarsi all'aspetto tecnico-giuridico del dibattito venne immediatamente stravolta dagli stessi membri del Comitato di controllo, perché è impensabile che i personaggi eletti dal Consiglio Regionale che hanno una loro natura, una formazione politica, si dimentichino immediatamente della loro mentalità socio-politica per fare un discorso esclusivamente tecnico.
Ed infatti vennero subito i primi attacchi: il rappresentante socialdemocratico del Comitato Regionale di controllo di Torino infil subito una proposta estremamente grave - anche perché veniva immediatamente dopo la circolare del Presidente della Giunta che aveva cercato di rompere il discorso della Commissione centrale della finanza locale sull'esame dei bilanci in spareggio dei Comuni superiori ai 20.000 abitanti, - chiedendo di creare una Commissione regionale per la finanza locale! Una proposta di questo genere non poteva avere che un aspetto di natura strettamente politica e in chiave chiaramente reazionaria.
Successivamente il rappresentante della Prefettura del Comitato di controllo decentrato di Torino affermò che in materia urbanistica il decreto delegato n. 8 art. 1 lettera d) serve relativamente a poco, cioè quella norma per la quale i piani e gli strumenti urbanistici devono essere approvati dalla Regione lui la saltò dicendo che è il Comitato di controllo che ha il dovere di entrare nel merito dello strumento urbanistico. A questo punto è chiara la volontà di creare una serie di filtri che si vengono a porre proprio per un certo modo di svolgere il controllo.
Ho già parlato della questione del rappresentante socialdemocratico sulla legge 132, cioè sulla questione del decentramento del controllo sugli enti ospedalieri. Il clima era brutto e lo si vede quando si legge una frase di questa natura pronunciata dal membro della Prefettura, in un attacco polemico al rappresentante socialista del Comitato di controllo di Torino, una frase - dicevo - del seguente tenore "Una cosa è stata positiva nell'intervento dell'avv. Fubini quando, bontà sua, ha riconosciuto che forse gli esperti siamo noi membri di Prefettura, ma non perché siamo nati esperti avv. Fubini, bensì perché come lei sarà esperto nell'esercizio della sua attività professionale, così siamo noi in questa che è la nostra attività professionale".
Io ho vissuto nell'ambito del Comitato di controllo e quando ci riferiamo alla Costituzione, quando ci riferiamo ad un nuovo meccanismo di controllo, dobbiamo superare questi tipi di mentalità. In quel convegno avvenne proprio l'opposto di quanto ci eravamo proposti. Sul piano politico le conseguenze sono gravi ed immediate, al di là dei dati statistici.
Tra le delibere annullate, fra quelle che hanno avuto la vita più grama nel contesto regionale, vorrei ricordarne alcune che mi sembrano estremamente qualificanti, una è quella della Provincia di Torino sulla ristrutturazione degli ospedali psichiatrici. Dal 1970 nell'ambito della Provincia di Torino si mise in moto un meccanismo di ristrutturazione dell'assistenza psichiatrica che vide tre forze fondamentali per costruirlo: l'Opera Pia, la Provincia e le organizzazioni sindacali unitarie. Questa deliberazione (ne abbiamo parlato in una interpellanza precedente) ebbe vita estremamente difficile per riuscire a superare la situazione in cui si veniva a trovare, ma la cosa grave è il tipo di procedura che il Comitato Regionale di controllo ha imposto chiedendo che su questa delibera ci fosse il parere della Giunta Regionale, ora il parere della Giunta Regionale su una delibera di questo tipo non deve essere dato è un atto autonomo della Provincia. Cosa c'è sotto questa richiesta? C'è un tentativo di legare all'esecutivo della Giunta Regionale il Comitato di controllo che, se autonomo, autonomamente deve svolgere la sua funzione, se invece lo si vuole legare all'esecutivo ritorniamo a qualcosa che abbiamo superato e cioè al sistema delle prefetture.
In questa mentalità, nella quale la DC non ha mai fatto blocco con gli altri membri elettivi nel senso dei Comitati di controllo, si colloca un episodio molto grave. Lei Presidente sa - io gliene ho parlato per evitare di farne un polverone - che vi fu la famosa questione del segreto d'ufficio che il Presidente del Comitato di controllo di Torino impose al Consiglio Regionale sulla richiesta di copia di deliberazioni. Questa richiesta venne fatta dal Presidente della IV Commissione tramite il Presidente del Consiglio. Al fine di espletare il nostro mandato volevamo delle copie di atti che per Statuto ci devono essere date, per regolamento del Comitato di controllo ci devono essere date a abbiamo ricevuto un rifiuto. C'era la possibilità di farne subito un pandemonio, ma abbiamo scelto la strada più piana per superare una situazione estremamente difficile: abbiamo rimesso gli atti alla Commissione di esperti, di giuristi del Consiglio Regionale e questi in data 2 aprile ci hanno detto che la risposta del Presidente del CO.RE.CO. non regge sotto nessun profilo; gli atti quindi ci devono essere dati. E allora che cos'è questo se non la spia del formarsi di un corpo separato all'interno della Regione? Su questo punto noi non possiamo cedere di un millimetro, questi atti devono arrivare al Consiglio, devono arrivare all'Ufficio di Presidenza, devono andare alla IV Commissione, sono necessari per espletamento del nostro mandato.
E' certo che Colonna non è progressista, l'ha detto, il suo compito è quello di andare ai convegni per fare muro contro i progressisti; noi diciamo che ci vada, perché quando lo contestano gli stessi componenti della DC e meglio che ci vada; non è un progressista, ma sicuramente non è nemmeno un democratico nel senso più blando del termine perché la risposta che ha dato all'Ufficio di Presidenza del Consiglio è una delle più gravi che siano state date in questi ultimi tempi.
Il tentativo poi di sorreggere questa risposta con motivazioni giuridiche è naufragato di fronte alla risposta di carattere tecnico giuridico che non solo noi, ma la Commissione di giuristi ha dato.
Altro fatto grave la deliberazione di variante 4 febbraio del '73 del Comune di Torino. Cosa si aspetta per approvarla? Noi sosteniamo che il termine sia di venti giorni come prevede la legge Scelba, se c'è una discussione è fra i venti e i 90 giorni, noi insistiamo per i venti giorni.
Ma dal 4 febbraio che cosa si aspetta per controllare una delibera sulla quale il Comitato di controllo non può che vedere se c'è stato il numero legale, se la convocazione è stata fatta, se la votazione è stata regolare? Il CO.RE.CO. non può entrare nel merito della delibera che è stata presa sulla variante di piano regolatore, questa è una funzione specifica che tocca al Consiglio Regionale od alla Giunta, in applicazione del decreto delegato n. 8 art. 1 lettera d).
Io ho qui un documento che è stato mandato a tutti, dal Presidente della Giunta, al Presidente del Consiglio, dalla Sezione piemontese dell'Istituto nazionale di urbanistica. In questo documento si racconta la storiella che si è verificata intorno a questa deliberazione. E' bene che ve la legga questa storiella perché non possiamo uscire da questo dibattito senza che sia messo a nudo l'attività dei Comitati di controllo.
Riassumendo i fatti (e su questa lettera non ci sono state smentite, e neanche denunce), si afferma che il 13.9.73 il Consiglio Comunale di Nichelino adottava il piano regolatore generale; il 15.10 il CO.RE.CO.
trasmetteva la delibera di adozione del piano debitamente vistata ; il 13 novembre giungeva al CO.RE.CO. un esposto presentato da alcuni industriali e proprietari di aree di Nichelino che faceva rilevare talune pretese illegittimità in cui sarebbe incorsa la normativa del piano regolatore generale; il 21 settembre il CO.RE.CO. si riuniva e riesaminava la delibera (cosa che non poteva più fare perché aveva già esaurito il suo compito vistandola); il 20 dicembre l'Assessorato all'Urbanistica della Regione Piemonte trasmetteva al CO.RE.CO. un esposto richiesto all'insaputa del relatore della pratica e l'Assessore nulla rilevava per l'esecutività della delibera. E andiamo avanti di questo passo, con uno strumento urbanistico che ha una necessità essenziale per la vita della comunità e delle città perehé riguarda gili interessi dell'assetto del territorio, dei lavoratori perché riguarda un lavqro di preparazione al quale si è giunti nell'ambito del Consiglio Comunale per assumere quel determinato strumento e ci troviamo invece di fronte a questa altalena continua nella quale il Comitato di controllo si pone come un organo, come un filtro di carattere politico e di merito fuori dell'ambito della discussione politica.
Inoltre, ed è proprio un fatto casuale, e fortunato che mi è capitato stamane, vediamo la questione delle Comunità montane. Avevamo sentito che i Comitati di controllo erano entrati nel merito degli statuti delle Comunità montane, avevamo subito replicato dicendo che non era possibile questa loro ingerenza perché lo Statuto della Comunità montana deve essere approvata dal Consiglio Regionale. In questo periodo la Commissione VIII si sta occupando, con quanta fatica lo sanno i rappresentanti della Commissione stessa, di tutti gli statuti della Comunità montana. Guarda caso stamattina viene distribuito lo statuto della Comunità montana Dora Baltea Canavesana passato al Comitato di controllo di Torino, censurato su molti punti e riadottato dalla Comunità montana accettando i rilievi fatti dal CO.RE.CO. E quali sono questi rilievi? Sono rilievi gravissimi, ampliano per esempio i poteri della Giunta, quando la Comunità montana non li aveva ampliati, modificano degli articoli di legge che erano scelte precise della Comunità. Allora che cosa facciamo noi come Consiglio Regionale quando il Comitato di controllo interviene in questa materia? Il Comitato di controllo non doveva che esaminare la legittimità della delibera di approvazione dello statuto, ma non poteva certo entrare nel merito dello Statuto. Questi sono gli interventi politici che i Comitati di controllo stanno facendo e sui quali noi non possiamo cedere, ripeto, neanche di un millimetro nell'ambito di questa discussione.
L'abuso dei termini, poi, è diventato ormai una regola. L'abuso dei termini con la richiesta di chiarimenti è un metodo per rompere lo spirito del nuovo sistema costituzionale dei controlli l'assegnazione delle pratiche e la nomina dei relatori sono altri metodi di eccesso di potere perpetrati dai Presidenti DC di CO.RE.CO. Qui dobbiamo farci un discorso chiaro in ordine al metodo ed alla democraticità dell'esercizio del potere dei Presidenti di assegnare le pratiche. Ad esempio al rappresentante comunista si assegnano delibere di ordinaria amministrazione in ordine alle quali il visto ha carattere meramente formale ad un altro, invece, delibere qualificanti perché si possa giungere all'annullamento; non c'è un criterio democratico che possa portare alla distribuzione in ordine progressivo secondo la protocollazione ad esempio in modo tale che ci sia neutralità all'interno del Comitato di controllo. Quando ero al Comitato regionale di controllo di Torino, la delibera della Provincia di Torino con la quale venivano assegnate le 40.000 lire al mese di rimborso spese ai Consiglieri (frutto di una trattativa avvenuta, fra Prefettura e Consiglio provinciale 10 anni prima e sempre approvata dalla Prefettura) fu bocciata e non mi fu detto che si trattava di quella determinata delibera perché il membro di Prefettura, dott. Trotta, ci disse che era una delibera di spesa senza pezze giustificative. A quel punto si negò questo gettone di presenza così misero, in quanto fummo, o fui, tenuto all'oscuro della natura reale delle delibere.
Questi non sono esempi che vengono così, sono cose accadute in questi organi.
Occorre, poi, spezzare il legame tra CO.RE.CO. e Giunta, fra esecutivo e organo autonomo di controllo; è un legame che si crea per avere delle coperture politiche o per operare politicamente dei recuperi contro le autonomie locali. Occorre restituire ai Comitati gli organismi tecnici collegiali, a prevalente composizione elettiva in tutte le questioni urbanistiche, con la finalità di esaminare i piani in una connessione logica e funzionale tra di loro. Noi non possiamo parlare di programmazione, di assetto del territorio, di intervento della Regione senza avere uno sguardo di insieme su queste cose. E questo è un modo democratico e serio per esercitare la funzione delegata in termini di piani regolatori e di strumenti urbanistici. Occorre, infine, assumere iniziative concrete per ottenere la modifica della legge Scelba, specie per quanto attiene alla composizione dei Comitati di controllo.
E' vero che nella frase del rappresentante della Prefettura, che ho più sopra citato si sente ormai l'imbarazzo di essere un ospite non gradito nell'ambito di nuovi organi di controllo dello Stato Costituzionale. Certo! Dirò però, che non è giusto il metodo di andarlo ad attaccare giornalmente su queste cose, ma bisogna fargli cambiare veramente la mentalità; bisogna che questi funzionari diventino partecipi di una mentalità diversa in ordine all'esercizio del controllo.
Occorre infine riesaminare (e il Presidente della Giunta lo ha detto) il regolamento provvisorio per apportare le correzioni alle deviazioni che si sono verificate ed introdurre elementi correttivi.
Per parte nostra non possiamo che richiamare le note posizioni assunte sul meccanismo democratico del funzionamento dei Comitati di controllo, il cui mancato accoglimento ha determinato le gravi smagliature elencate ed il pericolo del formarsi di corpi separati non tanto dalla Giunta, quanto dalla comunità e dal Consiglio. Vede Presidente, quando noi sostenevamo che era possibile fare per esempio le sedute pubbliche, e avere la pubblicità degli atti per tutti, o avere la rotazione dei Presidenti nell'ambito dei Comitati di controllo, mi sono sentito dire che la rotazione dei Presidenti elettivi per un terzo dell'intero mandato era un istituto non previsto dalla legge Scelba. Quasi con un sorriso di sufficienza si liquidava una posizione che era ed è giusta e legittima.
Ebbene, io vi comunico che l'Emilia Romagna ha varato una legge (la prima in Italia), approvata dal Governo, in cui questa disposizione c'è ed è oggi legge dell'ordinamento dello Stato; c'è la possibilità di avviare una vita democratica, partecipativa all'interno di questi organismi. Dove noi siamo maggioranza assoluta non abbiamo problemi di accentramento antidemocratico di potere, non assumiamo le posizioni che l'avv. Colonna ha assunto, non prendiamo atteggiamenti di idiosincrasia per le altre forze politiche dell'arco costituzionale, ma intendiamo, con una forma diversa seria di esercitare il controllo e di svolgere le funzioni nell'interesse della comunità. Ed è così che là dove siam maggioranza abbiamo previsto la rotazione dei Presidenti.
In conclusione, a tre anni di distanza dall'impianto dei Comitati di controllo non possiamo che riprendere in Consiglio una nostra impostazione e riteniamo di doverla riassumere ancora una volta. La Costituzione ha realizzato un passaggio deciso da un tipo ad un altro tipo di Stato , si è passati dallo Stato accentrato a quello decentrato, da uno Stato costruito verticalmente con una responsabilità politica periferica del Ministero degli Interni, attraverso le Prefetture, ad uno Stato decentrato, allo Stato delle autonomie. La Regione rappresenta uno di questi momenti, è un anello fondamentale delle autonomie. Questa concezione deve travasarsi anche nella funzione del Comitato di controllo, la cui composizione mista elettiva e burocratica, sta per essere superata in quanto ormai c'è un accordo politico generale per il quale i membri del CO.RE.CO. dovrebbero essere tutti di nomina consiliare. E' evidente che ci sono delle resistenze forti, alcune oggettive, a che lo stato delle autonomie si realizzi: una è rappresentata dal ritardo della attuazione delle Regioni, l'altra deriva dal tipo di composizione del Comitato di controllo, la terza deriva dalla mancata riforma complessiva della legge comunale e provinciale e non solo di questa. Noi non ci nascondiamo di trovarci di fronte a degli ostacoli siffatti, riteniamo però che non ci si debba arroccare su norme legislative quando la realtà sociale le trasforma e le rende desuete. Se ci sono questi ritardi, vi sono all'inverso delle esigenze, delle spinte, c'è il ruolo nuovo della realtà dei Comuni e delle Province. Oggi non possiamo dimenticare che il Comune e la Provincia hanno un ruolo completamente nuovo rispetto a quello previsto dalla legge comunale o provinciale, attuano nuovi interventi nel campo sociale di una tale vasta portata che non possono assolutamente non essere considerati perché si correrebbe il rischio grave che nella comunità crollerebbe la fiducia in questo tipo di istituzione democratica.
I compiti degli enti controllati quindi sono sempre più ardui, vi è un trasferimento sugli Enti locali degli squilibri sociali cui corrisponde l'esigenza di farvi fronte. In questo quadro vi è la necessità di non più porre sull'altare regole formali o vecchie concezioni. Senza andare a pensare che si possa evertire completamente un certo sistema normativo occorre considerare in primo luogo le leggi alla luce della Costituzione. I prefetti, quando esercitavano il controllo sugli atti dei Comuni e delle Province, quante volte con la responsabilità politica che cadeva su di loro, e quindi anche sul Ministero degli Interni, hanno risolto praticamente il problema non bocciando la delibera in applicazione stretta della norma di legge? Ce ne sono un'infinità di questi esempi, io ho riferito quello dei gettoni di presenza perché è un fatto che ricordo personalmente. Perché si faceva così? Perché gestivano a quel momento una funzione vera che era la funzione politica del controllo sull'Ente locale si rendevano conto di certe risposte che si devono dare e intervenivano in quel determinato modo, sia pure nella forma repressiva nota sovente agli Enti locali. Oggi il pericolo si dimostra in chiave di recupero a destra delle autonomie locali: questo pericolo si cela dietro alla parvenza di collegialità dell'organo di controllo intesa in senso generale. Non è fuor di luogo prospettare un pericolo di crescita di nuovi corpi separati.
In questo dibattito occorre, a mio avviso, porsi tre domande alle quali intendo dare tre risposte: i CO.RE.CO. sono organi giurisdizionali? Sono organi dipendenti dalla Regione? Sono organi autonomi? Risponderò di no alla prima e di sì alle seconde.
Non sono organi giurisdizionali, anche se questa è una tendenza che all'interno dei Comitati di controllo vuole essere portata avanti da qualche personaggio. Questa funzione non è loro conferita da alcuna norma di legge, sarebbero in questo caso corpi separati e ne abbiamo già fin troppi, svincolati da ogni controllo, mentre sono organi della Regione ripetono la loro nomina di carattere politico della Regione e nessuno di noi si nasconderà che i Commissari dei Comitati di controllo hanno perduto la loro mentalità, la loro concezione politica per divenire degli amorfi e neutri controllori.
Una cosiddetta concezione giurisdizionale dell'organo del Comitato di controllo inoltre comporterebbe necessariamente sul livello psicologico l'individuazione di uno stato di conflittualità che l'organo di controllo dovrebbe risolvere; questa concezione è sbagliata.
Il Presidente della Giunta nella parte terminale della sua relazione ha detto che non si deve vedere il problema in termini di conflittualità. Sono d'accordo. Non deve esserci uno stato di conflittualità da far risolvere ad un organo di controllo perché in questo caso ne esautoriamo la funzione, si deve parlare di responsabile autonomia degli enti controllati ed il controllo deve esercitarsi non in forma repressiva, non in forma punitiva ma in una forma articolata, discorsiva, piana in cui ci sia il rapporto con i Comuni, con le amministrazioni e la discussione sia aperta.
Le nostre battaglie sono state forti su questo punto e siamo certi di essere nel giusto.
Sono organi della Regione? Io risponderei di no, se si intende con ci una loro dipendenza dalla Giunta Regionale che tenda a una mera applicazione di direttive. In questo caso sarei completamente contrario a ritenerli organi della Regione perché la Giunta Regionale diventerebbe così l'organo di controllo repressivo al pari delle prefetture, spezzando la dialettica dell'articolazione democratica che promana delle autonomie locali e verrebbe ad infrangere il sistema delle autonomie locali nel suo complesso. Noi dobbiamo denunciare invece come questo fenomeno si stia verificando nella nostra Regione. Quando parliamo di sistema delle autonomie, non ne parliamo solo noi, ne parlano l'ANCI, l'UPI, le organizzazioni, Comuni, Province in cui vi sono uomini della DC responsabili di quel tipo di settore. Si parla ormai di una finanza dello Stato vista come un tutto unico, non come tanti piccoli spezzoni separati e distinti, ma come un tessuto complessivo di articolazione di tutto il problema finanziario. Allora vedere che qui non c'è più un contrasto, non c'è più una rottura per questi tipi di discorsi, ma c'è un'armonia da creare giorno per giorno e da difendere.
Organo della Regione dunque? Io dico di sì, se intendiamo per dipendenza una collocazione dei CORECO nella concezione politica propria del sistema delle autonomie, delle forze democratiche regionaliste dalle quali i componenti dei Comitati regionali di controllo ripetono le loro elezioni. E infatti il dibattito in Consiglio in ordine alle attività dei Comitati di controllo, il dibattito che facciamo oggi, non può non essere informato ad un discorso politico che non può morire, non può rimanere dentro a quest'aula, ma deve collegarsi con i vari comitati di controllo.
In questo senso vi è una continuità politica ideale e culturale fra la Regione e il modo con il quale viene esercitato il controllo da parte dei comitati regionali. Evidentemente su questo piano gli ostacoli ci sono, ci sono nomine di carattere burocratico che abbiamo tuttora e che rappresentano una remora non lieve che occorrerà superare: si scontrano due concezioni diverse dello Stato, della società articolata, sovente all'interno dei Comitati ei si trova profondamente divisi su una tematica che ormai nel paese, o per lo meno a livello di questo tipo di problema che stiamo affrontando, sta andando avanti e sta andando avanti anche in questo Consiglio oggi.
Nell'attesa della riforma occorre far cambiare mentalità a questi Commissari di nomina burocratica, trovando all'interno dei Comitati regionali di controllo le maggioranze che ci sono e che la DC non ricerca.
Non si tratta di agire, secondo me, nei confronti dei membri nominati dalla prefettura o dalla magistratura con una massa d'urto, prima che la riforma della legge li escluda, occorre far cambiare mentalità, avere il discorso complessivo dell'autonomia ben chiara in testa per trascinarli a decisioni unanimi, perché è possibile arrivare anche a quella soluzione e ciò è possibile quando non si considera la fredda delibera da esaminare, ma si partecipa del caldo problema che l'ente locale ha affrontato assumendo quella deliberazione.
Terza domanda: organi autonomi? Si che sono autonomi! L'ha detto anche il Presidente della Giunta, ma dipendono dal discorso politico generale della Regione dal quale non si possono staccare, altrimenti e'è una spaccatura completa fra Regione e Comitati di controllo. Autonomi sì, ma nella misura in cui si accetta la risposta al concetto di dipendenza che ho detto prima, autonomi nell'ambito della impostazione politica generale e dello Stato delle autonomie, cioè di quel complesso istituzionale che vede lo Stato costruito non in forma accentrata e burocratica, ma articolato nei suoi veri livelli, tutti con poteri decisionali e cioè Comuni Province Regioni quali titolari della vita complessiva politica del Paese che trova poi nello Stato il momento finale di sintesi.
Non quindi contrapposizione di livelli istituzionali, di poteri o conflittualità. Questa era la parola che usò il Sottosegretario della DC Morlino ad un convegno sulla finanza locale: "conflittualità". I rappresentanti DC dei Comuni hanno contestato questo termine di conflittualità in quanto rappresenta una spia della mentalità di chi vede le autonomie locali in contrapposizione allo Stato , mentre noi e voi con noi vogliamo vedere un tessuto unitario, una costruzione complessiva armonica, non conflittuale. Non quindi contrapposizione dicevo o conflittualità permanente, ma articolazione democratica libera e dialettica.
In questo senso ritengo che i CO.RE.CO. possano essere considerati autonomi, ma sempre dipendenti dalla Regione o meglio dal contesto politico generale nel quale si colloca la riforma regionale in cui operano le forze regionaliste autonomiste. A questo punto, secondo me, è necessario un reale collegamento politico con la Regione, per evitare che i CO.RE.CO. si frantumino in tanti corpi separati. Vi è un'esigenza che io ho colto ih alcuni interventi nel dibattito che ci fu il 20 febbraio alla Galleria d'Arte Moderna, l'esigenza di, approfondire questi discorsi, di trovare un discorso generale. Questa è un'esigenza che avvertiamo tutti in questo momento. Sono perfettamente d'accordo che ci siano degli incontri periodici, però bisogna trovare il livello. Io direi che il livello dell'incontro periodico con gli Enti locali, con gli enti controllati dovrebbe essere un'attività ed un'iniziativa autonoma propria dei singoli Comitati di controllo in una forma di contatto, di discussione, di dibattito per conoscere meglio i problemi che si devono affrontare, cioè dovrebbe essere un rapporto che i singoli Comitati creino con la comunità.
Per quanto riguarda i rapporti con la Regione, questo dibattito od eventuali rapporti con la Commissione VIII possono soddisfare l'esigenza che i rappresentanti dei CO.RE.CO. ci hanno manifestato. Nella Commissione avremo la possibilità non solo di incontri periodici per esporci le esperienze e capirle e arrivare anche ad elementi di correzione, ma per verificare soprattutto lo stato di applicazione del regolamento. Per esempio abbiamo un regolamento provvisorio, è stato ricordato, ma io ritengo che alcune norme possano e debbano essere riviste alla luce della esperienza politica di attuazione dello stesso.
Ecco signor Presidente, io ho concluso il mio intervento sui Comitati di controllo riprendendo vecchi discorsi che abbiamo fatto in Consiglio nei Comitati, nella Commissione. Si tratta di avere oggi non solo dei discorsi di carattere generale, ma degli impegni precisi che la Giunta assuma nei confronti di tutta la tematica che abbiamo di fronte, sia per spingere delle iniziative a livello parlamentare e a livello nazionale per la modifica della legge e per rivedere esattamente tutta la posizione, sia soprattutto, per istituire un rapporto giusto con i Comitati di controllo e le loro sezioni decentrate, per avere, cioè, un rapporto giusto e corretto perché le forze politiche impongano su questo discorso una piattaforma unitaria a livello quanto meno dei membri elettivi. Non è possibile continuare a trovare il blocco che troviamo sempre, nei Comitati di controllo sulle delibere qualificanti, il blocco fra i tre componenti, i due nominati e quello della DC.
Se crediamo a questo discorso, se accettiamo alcune cose positive delle relazioni e le vediamo nel loro sviluppo, nel loro obiettivo finale occorre anche cambiare la mentalità della gente, scegliere delle persone che condividano il discorso che noi portiamo avanti come Regione, e come Consiglio Regionale e come forze politiche regionali.
Io credo, quindi, che ci siano molte cose da rivedere perché la correzione non è più possibile se la rimandiamo ad altra legislatura occorre farla subito, prima che scada questa, legislatura ed affinché si impianti bene il meccanismo che ha una così alta importanza e che nell'ambito della comunità trova, spesso, delle resistenze perfettamente giustificate.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Garabello. Ne ha facoltà.



GARABELLO Enzo

Signor Presidente, ho chiesto la parola per un intervento breve, al quale sono spinto dal fatto di trovarmi in una situazione analoga a quella in cui si è venuto a trovare il collega Vecchione: il fatto di svolgere attività politica (oltre che, nel suo caso, specifiche competenze legali come ex membro del Comitato di controllo) porta ad avere rapporti continui con amministratori locali, ed in tal modo non può mancare da parte di osservatori politici attenti come dobbiamo essere un insieme di osservazioni che a volta a volta possono essere anche soltanto basate su fatti singoli ma che nel quadro generale possono assumere un significato ben più preciso.
Devo dire, signor Presidente della Giunta, che la sua relazione specialmente nella parte finale, meno legata ai fatti e più ai principi contiene affermazioni che indubbiamente possono rispecchiare nel loro complesso lo spirito della Costituzione della Repubblica italiana, uno spirito che finora nell'attività di controllo degli Enti locali non abbiamo l'impressione si sia concretamente e completamente trasfuso nell'ambito degli organi che hanno il compito di interpretarlo e di attuarlo. Mi pare che lo spirito della Costituzione voglia, sì, il controllo di legittimità di tutti gli atti, ma soprattutto a garanzia, vorrei dire, degli amministratori locali (lo siamo stati tutti, qualcuno di noi lo è ancora oggi), non sempre dotati di sufficiente preparazione tecnica né sempre sostenuti da uffici adeguatamente attrezzati e da personale idoneo (basti pensare a tanti nostri comunelli dove il Segretario comunale è a scavalco dove l'organico del personale è ridotto ai minimi termini, se non altro numericamente, e non sempre è formato da persone che alla buona volontà possano unire una dottrina ed una preparazione profonda), per aiutarli a non sbagliare nelle realizzazioni che sentono di dover affrontare per seguire la volontà politica delle loro popolazioni e degli organi elettivi rappresentativi.
In questo quadro di legittimità, che sotto questo profilo ha da essere anche severo, non dobbiamo aver timore di dire che i nostri amministratori facendo l'amministrazione, devono fare scuola a se stessi: una scuola con pareti di vetro attraverso le quali tutti possano accertarsi del buon uso delle somme poste in bilancio, che anche quando ammontano a decine o centinaia di miliardi sono sempre insufficienti allo scopo (non parliamo poi quando i bilanci riguardano pochi milioni, o poche decine di milioni).
E' giusto che la popolazione abbia una chiara ed esatta visione di come e amministrato, direi quasi nel senso della buona gestione familiare, il denaro di tutti. Però, in un quadro chiaro, a cui non si può rinunziare, e che mi pare sia la compenetrazione dello spirito della Costituzione: quello dell'autonomia degli Enti locali, quello del riconoscimento di una democrazia che fa sì che gli amministratori locali dei Comuni delle Province, degli altri enti assumano su di sé la responsabilità che viene dalla loro elezione. Nella interpretazione del desiderio, delle necessità delle popolazioni, gli amministratori degli Enti locali non hanno bisogno di avere il supporto di controllori, di revisori, per quanto riguarda la sostanza politica delle decisioni; sostanza politica che, molte volte diventa sostanza tecnica, e che come tale fa assumere a tali amministratori la piena, assoluta responsabilità. L'unico quadro di riferimento dev'essere, dunque, quello della legittimità.
Io credo, ripeto, che la relazione che ella ha svolto, signor Presidente della Giunta, sia conforme a questo spirito, particolarmente nell'ultima parte. Lei sa dire sempre le cose in tono molto elevato, ma il succo del suo discorso e stato questo, ed io personalmente me ne compiaccio. Mi permetterà, a titolo di semplice contrappunto, di portare tre esempi concreti, in aggiunta a quelli già citati dal collega Vecchione nel suo intervento, certamente pregevole, documentato e valido. Si tratta di tre fatti che, se non altro, servono a puntualizzare quanto ella ha detto, e che di conseguenza dovrebbe diventare poi un impegno nell'ambito dell'autonomo intervento che la Giunta può esercitare affinché ci si indirizzi effettivamente su questa strada. Vi sono degli atti piccoli la cui rilevanza, eminentemente locale, diventa maggiore quando gli atti stessi si ripetono in più Enti locali.
Ne citerò uno che, modesto se considerato isolatamente, comune per comune, assume un significato diverso per il fatto di essere stato adottato da molti comuni. Recentemente, alcuni Comuni hanno adattato delle deliberazioni, mentre erano in corso le trattative nazionali per il rinnovo del contratto di lavoro - perché ormai tale è anche per i dipendenti pubblici - per consentire la corresponsione di acconti sui miglioramenti economici corrispondenti alle richieste delle organizzazioni sindacali, dei quali era certo l'accoglimento in misura sostanziale, nonostante non si fosse ancora arrivati a siglare un accordo con la controparte rappresentata dagli amministratori degli organismi nazionali. Ora, nella provincia di Torino queste delibere non sono state approvate a tutta prima con la motivazione da parte del Comitato di controllo, in via breve, che non si intendeva più addivenire ad approvazioni di acconti di questa natura. Per la verità, il Comitato di controllo ha poi vistato immediatamente le delibere quando in sede nazionale l'accordo è stato raggiunto. Ma l'anomalia, del resto da lei rilevata, più significativa è che risultava in quel momento - e i dipendenti questo lo rinfacciavano ai loro amministratori, anche se li avevano trovati disponibili ad un accordo provvisorio - che in altre province della Regione l'approvazione era intervenuta. Pur riconoscendo un certo ambito di autonomia, pur ammettendo una certa latitudine di possibilità, per certe cose che riguardano tutti allo stesso modo non è pensabile che si possano avere a distanza di cinque chilometri, a cavallo di un confine provinciale, due trattamenti diversi.
Quando poi si pensi che questa concessione tendeva a favorire, nel caso specifico, i dipendenti, pochi, per la verità non molto ben pagati, specie quelli dei Comuni minori, che si sobbarcano molte volte a pesi rilevanti nella loro attività, non si può non convenire che in questo modo si mettono ovviamente in difficoltà le Amministrazioni. Al di là del fatto, già ricordato prima in termini generali, che si trattava di una autonoma volontà dell'Amministrazione, e che c'era capienza nei bilanci, per cui non si comprende perché non si dovesse addivenire alla richiesta così come formulata.
Questi sono gli atti minori, gli atti piccoli, che hanno una rilevanza evidentemente locale. Poi vi sono degli atti più grandi, già ricordati qui e che io richiamerò solo per titoli, che hanno una importanza politica ben maggiore.
Per esempio, il Piano dei servizi della Città di Torino. Noi sappiamo quale rilievo politico ha avuto la questione: per mesi si è discusso nell'ambito della Civica amministrazione, nell'ambito della città, nei comitati di quartiere, nei rapporti fra la Giunta comunale e i quartieri per trovare una linea da seguire per lo sviluppo della Città di Torino al fine di soddisfare le sue esigenze, per coprire le carenze anche in prospettiva dei servizi pubblici. A questo punto, la cosa è ridotta, come ricordava Vecchione, ad una discussione sul termine di venti o di novanta giorni. Ma quale che sia il termine che si può evincere da una interpretazione della legge, esso che cosa determina? Niente altro se non che ad un certo punto si può avere una esecutività per decorrenza dei termini. E questo è il modo peggiore di camminare, accettabile solo per delibere di urgenza, per delibere di tutti i giorni quando le carte si accumulano.
Diceva prima Vecchione che c'è una larga maggioranza di delibere di ordinaria amministrazione che trovano un loro soddisfacimento nei termini e con sufficiente solerzia; ve ne sono altre, invece, quelle più importanti che incontrano le maggiori difficoltà. Io capisco che proprio perché sono importanti debbano essere guardate con particolare attenzione; per proprio perché sono le più importanti, e perché portano con sé in massimo grado una decisione politica sofferta da parte dell'Amministrazione parlare del Piano dei servizi nella Città di Torino, con tutto quello che ha voluto significare sul piano politico, mettendo l'Amministrazione in condizioni, in certi momenti, di non sapere se avrebbe potuto continuare o meno ... E' veramente un assurdo che un organo, rispettabile quanto si vuole, si fermi a discutere se debbano valere venti giorni o novanta giorni.



RIVALTA Luigi

E intanto le case su quei terreni crescono, e poi non potremo più sospendere i lavori.



GARABELLO Enzo

Anche perché vi è una correlazione fra questa delibera, che è una variante al Piano regolatore generale, e una decisione presa dalla civica Amministrazione, dopo forti pressioni, dopo vivaci discussioni con i rappresentanti dei singoli quartieri, che affinché non si perdesse un ristretto numero di aree particolarmente importanti e qualificate nell'ambito dei singoli quartieri, si potesse addivenire alla sospensione ed alla revoca di quelle licenze. I venti giorni sono passati: si potrebbe anche dire, a questo punto, che quella delibera è divenuta esecutiva. Non so se si debba stabilire un rapporto di conflittualità tra l'Amministrazione civica e il Comitato di regionale di controllo.
Io penso che in linea di principio questo non dovrebbe avvenire. Per il Comitato Regionale di controllo, se ha attribuito a questa delibera particolare importanza, poteva anche non preoccuparsi troppo di altre delibere ordinarie che possono trovare soddisfacimento nei venti giorni con la decorrenza dei termini e puntare il suo interessamento maggiore qui. Non conoscendo addentro il funzionamento del Comitato di controllo, si possono fare soltanto delle affermazioni, lasciando poi a ciascuno di recepirle eventualmente di contestarle. Sta di fatto che il più importante atto politico degli ultimi quattro-cinque anni, di questa tornata amministrativa nella città di Torino è fermo, e ne sono bloccate le conseguenze operative in mancanza di approvazione.
Secondo me, questo è veramente un modo di frustrare, anche se involontariamente, come io mi auguro, la volontà politica della Amministrazione. Non è possibile continuare in questa maniera. E pertanto mi permetto di chiedere, come dicevo al Presidente, in conseguenze di questo dibattito, di far conoscere, secondo l'impegno preso, le risultanze ai nuovi Comitati e di portare ad essi le doglianze, le segnalazioni, i motivi di fondo che scaturiscono. Secondo me, questo è un argomento da discutere con il Presidente del Comitato di controllo di Torino per una decisione sul merito e anche per una linea di comportamento quando operazioni, atti di questa natura dovessero ritornare.
Da ultimo, vengo al problema delle Comunità montane. I Comitati di controllo, anziché limitarsi a controllare, come è più che doveroso, la legittimità delle deliberazioni con cui le nuove Comunità hanno approvato il loro Statuto, sono entrati nel merito stesso degli Statuti - fra l'altro, mi pare, con difformità di comportamento fra un Comitato e l'altro per quanto si sapesse benissimo che questi Statuti devono essere approvati dal Consiglio Regionale, e quindi saranno esaminati prima in termini di estrema attenzione formale da una Commissione, poi passeranno al vaglio del Consiglio, e finalmente dovranno essere sanzionati con decreto del Presidente della Giunta. Con tutte queste garanzie, vorrei dire molto simili a quelle che ebbero gli Statuti regionali per diventare leggi dello Stato, a me pare veramente eccessivo che i Comitati di controllo vadano a sindacare le singole clausole, i singoli articoli, dicendo: questo va bene questo non va bene; magari mettendo in difficoltà lo stesso Consiglio Regionale, che su certi punti dovrà forse tornare un'altra volta dopo che per due volte hanno già deliberato le Comunità montane.
Pertanto, mentre il lavoro di approvazione degli Statuti regionali è ormai affidato alla Commissione competente, c'è da augurarsi che, visto che molti degli Statuti non sono ancora pervenuti alla Regione, si provvede con un immediato intervento a chiarire esattamente i termini dei compiti specifici che il Comitato di controllo deve avere in questa direzione, su questi atti, così da sveltire le decisioni.
Ho portato questi pochi esempi non, evidentemente, allo scopo di denigrare i Comitati di controllo - denigrando i quali, d'altronde denigreremmo la Regione, ma per puntualizzarne i compiti specifici. Quando gli amministratori locali lamentano ritardi o difformità di pareri specialmente, qualche volta, nella sostanza delle deliberazioni, chiamano in causa noi, dicendo: voi della Regione. In un certo senso, l'azione dei Comitati di controllo investe tutta quanta la Regione. Quindi, anche per una preoccupazione di natura politica di non collocarsi in un rapporto errato con gli enti locali, con la loro autonomia, con gli organi democratici che li reggono, ritengo che se questo dibattito si concluderà con una puntualizzazione, sempre nel rispetto delle autonomie di tutti, dei compiti specifici e nello stesso tempo delle esigenze di carattere generale che la Regione intravede per la vita degli Enti locali, potrà essere considerato fruttuoso. Grazie.



FASSINO GIUSEPPE



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE FASSINO

E' iscritto a parlare il Consigliere Bianchi. Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Desidero innanzitutto ringraziare il Presidente della Giunta per l'ampia relazione che ci ha sottoposto, e che mi trova pienamente consenziente, secondo le valutazioni che già ne ha fatto il Consigliere Garabello.
Il Presidente della Giunta ha voluto, intanto, mettere in rilievo gli aspetti positivi dell'attività dei Comitati di controllo: in questi tre anni essi hanno compiuto una mole di lavoro ingente, conseguendo risultati nel loro complesso conformi alle attese, anche se in una azione che costruisce giorno per giorno una linea, un metodo, non possono non essere rilevate delle anomalie o formulate valutazioni critiche e proposte di modificazioni future.
L'esigenza affermata dal Presidente della Giunta, e sottolineata anche con il suo intervento assai ampio, dal Consigliere Vecchione, di qualificare questo nuovo sistema di controllo, che si inquadra nel sistema delle autonomie locali, secondo una nuova concezione dello Stato, non pu non trovare consenziente il mio Gruppo, nel senso della funzione democratica del controllo, della esigenza di manifestare una sensibilità politica che interpreti in termini evolutivi le norme e le adatti alla situazione senza violarle, senza tutto travolgere in un atteggiamento para politico di valutazione discrezionale. Noi non temiamo il rigore, la severità di questa funzione, se ispirata democraticamente, se orientata nel senso della costruzione delle autonomie locali, se vista in funzione di una collaborazione, di un aiuto, di un sussidio che è dato rilievo a quanti si tormentano quotidianamente nell'esercizio dell'azione amministrativa.
Il Presidente della Giunta ha sottolineato l'esigenza di pervenire ad un coordinamento dell'azione delle varie Sezioni del Comitato di controllo affinché non si abbiano soluzioni difformi o contrastanti, ma omogenee.
Sarei meno certo del Consigliere Vecchione quanto all'opportunità di escludere la facoltà di sanzionare deliberazioni affette da eccesso di potere. Certo, se vi è eccesso di potere, esso si traduce, ad esaminare a fondo, in una violazione di un diritto che trae la sua difesa e tutela in una norma di legge. Si tratti quindi, sempre di un vizio, se si vuole, di legittimità sostanziale, a meno che al termine "legittimità" si attribuisca un significato meramente formale, restrittivo riguardante l'immediata violazione di una norma che balzi all'evidenza. Quindi, l'intervento in caso di eccesso di potere non fa assumere al Comitati di controllo una funzione giurisdizionale, né anticipa la tutela giurisdizionale di un diritto che è rimessa all'iniziativa del singolo.
Certo, non si deve abusare di questa formula - il problema è sempre dello spirito che deve animare la funzione non si deve forzarla per estendere il controllo alla opinabilità e di discrezionalità, facendo esercitare al Comitato una funzione, che sarebbe veramente politica, e di merito. Ma se di eccesso di potere effettivamente si tratta, ecco che la funzione è efficace, valida, risparmia il lungo corso a molte controversie in sede di tutela, giurisdizionale, evita il rischio di paralizzare a distanza di anni, con effetti retroagenti, l'azione dei Comuni.
Il Consigliere Vecchione ha poi sottolineato ripetutamente una preoccupazione in rapporto al problema, strutturalmente importante, dei "corpi separati". Tutti siamo d'accordo che uno Stato ben ordinato funziona nell'armonia degli organi, evitandosi che ogni corpo, ogni ufficio, ogni organo viva di per sé, si autoalimenti, si crei una specie di città murata nella quale vivere e difendere le ragioni della propria esistenza, al di fuori e al di là delle ragioni generali dell'operare politico. Però, non vorrei che fosse una specie di ossessione, questa, che vede in ogni distinzione delle funzioni, in ogni distinzione degli organi, in ogni distinzione, quindi, anche degli atteggiamenti mentali che dialetticamente compongono poi il tutto, un rischio di involuzione grave delle istituzioni.
Le conseguenze che ne vengono tratte, con l'affermazione di spezzare i rapporti con la Giunta, quasi che anche la Giunta fosse una specie di corpo separato, e non l'organo della Regione, l'organo che ne interpreta la volontà e nella sede esterna tiene i rapporti e dà gli indirizzi, mi sembra riveli anche in questo caso una preoccupazione che noi teniamo in conto che siamo pronti ad esaminare, ma che considereremmo un po' eccessiva se non fosse che - come ognuno qui, nella distinzione dei ruoli l'opposizione accentua certi aspetti.
Non molto difforme sarebbe il mio giudizio personale da quello del Consigliere Vecchione, e del resto anche del Consigliere Garabello, in ordine al controllo esercitato sugli Statuti delle Comunità montane.
Effettivamente, occorre un certo sforzo per giustificare un esame nel merito degli Statuti da parte del CO.RE.CO. Credo che saremmo tutti d'accordo nel ritenere che al CO.RE.CO. non possono non essere sottoposte le deliberazioni di adozione di questi Statuti, per vedere se sono state prese in modo legittimo: ma, dal momento che al Consiglio Regionale è attribuito il compito di approvare questi Statuti e che si è ritenuto che il controllo politico assorbisse anche quello meramente di legittimità, non vedo come si dovesse passare attraverso questo duplice filtro.
Dal punto di vista pratico, ritengo peraltro (non so, non ho fatto per la verità in tempo a valutare le considerazioni svolte dal Consigliere Vecchione su uno degli Statuti) che la funzione di controllo fin qui esercitata dai Comitati non abbia nuociuto: anzi, forse ha facilitato anche il lavoro della Commissione. Ma, in linea di principio, direi che il precedente è piuttosto preoccupante, perché in qualche modo spoglia di questa responsabilità l'organo politico che ne è investito e costituisce una specie di filtro che credo la legge non volesse introdurre.
Ecco dunque le nostre conclusioni: occorre seguire l'azione dei Comitati di controllo in modo che diventi omogenea, occorre intervenire per quanto possibile e nei modi che son legittimi, perché questa sia sempre più orientata nel senso positivo - si è assumere al Comitato di controllo una funzione giurisdizionale, ausilio, di sostegno, di indirizzo dell'azione degli amministratori locali, affinché gli stessi non sentano questi controlli come un momento negativo, come un ostacolo, ma come una garanzia per il miglior esercizio della loro funzione e della loro attività.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE FASSINO

Non ci sono altri iscritti a parlare.
Chiede di intervenire ancora il Consigliere Vecchione. Ne ha facoltà.



VECCHIONE Mario

Faccio io una dichiarazione che avrebbe dovuto fare il nostro Capogruppo, momentaneamente assente.
Noi vorremmo che la Commissione VIII, in collaborazione con la Giunta predisponesse un documento in ordine alla funzione, alla attività dei Comitati di controllo, da inviare a tutti i componenti di questi organi sia quelli già insediati, che quelli da insediare. Io avevo appunto richiesto nel corso del mio intervento che questo dibattito non rimanesse chiuso nell'ambito del Consiglio Regionale. E questa richiesta si sostanzia nell'invito a far pervenire a tutti i membri dei Comitati di controllo una raccolta di atti comprendente le relazioni del Presidente della Giunta copia, se si vuole, delle relazioni dei vari Comitati di controllo, tra le quali anche quella del Comitato di controllo, tra le quali anche quella del Comitato di controllo di Torino, che attendiamo ancora e copia degli atti del dibattito consiliare. Soprattutto importante è il rapporto fra la Commissione e la Giunta per la predisposizione di questo documento.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Chiederei la cortesia di sospendere la seduta per qualche minuto.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE FASSINO

La seduta è sospesa.



(La seduta sospesa alle ore 12, riprende alle ore 12,10)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE FASSINO

La seduta riprende. La parola al Presidente della Giunta.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Ringrazio innanzitutto i tre Consiglieri che sono intervenuti nel dibattito apportandovi un arricchimento degli elementi contenuti nella mia relazione. Avevo però detto io stesso, ad un certo punto: il discorso non è completo, ma non lo è deliberatamente, in quanto io lo considero un semplice e modesto avvio al dibattito.
Ritengo opportuno rispondere singolarmente, tranne che per i punti sui quali vi sia coincidenza e concomitanza di posizioni.
Quando il Consigliere Vecchione muove una serie di critiche al modo di atteggiarsi e di comportarsi di uno o di più Comitati regionali di controllo (Comitato regionale di Torino, o Sezioni), adempie ad una sua legittima attività come Consigliere regionale, ma non può certamente far riferimento ad una carenza da parte dell'organo esecutivo per quella che è una carenza, se mai, delle singole Sezioni, dei componenti delle Sezioni del Comitato di controllo. Anche perché, se diversamente fosse, sarebbe certamente in antitesi con se stesso quando, cosa che poi non è esatta denuncia una specie di ingerenza non giustificata da parte dell'organo esecutivo della Regione per l'assunzione di determinate posizioni di sudditanza da parte dei Comitati o delle Sezioni stesse.
E' certo che certe indicazioni di disfunzioni che erano state denunciate e che erano note, riprese più d'una volta dalla stampa cittadina, si ricollegano a quella notazione che ho ritenuto opportuno fare nella mia relazione sulla difficoltà dell'avvio da parte di questi enti nuovi nella forma, ma che debbono essere essenzialmente nuovi nello spirito e nella sostanza, che praticamente hanno iniziato la loro attività nel 1972 e l'hanno portata a ritmo normale nel 1973.
Ci sono indubbiamente quegli atti che un poco ermeticamente, ma abbastanza trasparente- mente, il Consigliere Vecchione colloca tra i pochi atti annullati, di una particolare dignità, definendoli qualificanti. E ci rendiamo perfettamente conto che si tratta di atti, di prese di posizione di natura squisitamente politica che determinati Enti locali hanno assunto e preso: qui, nella nostra Regione Piemonte, dove gli atti sono stati annullati; in altre Regioni d'Italia, ove è accaduto che gli Enti locali che avevano preso quelle deliberazioni, ed i CO.RE.CO. che li avevano approvati, sono stati trascinati sul banco degli imputati, denunciati processati e fortunatamente prosciolti. C'è stata questa parentesi anche di attività penale, che non è inopportuno venga qui rilevata.
Concordo perfettamente sulla esigenza dei rapporti tra i CO.RE.CO. e gli organi regionali. Quel primo tentativo, apprezzato sotto un certo aspetto e duramente criticato sotto altri dal Consigliere Vecchione, del raduno dei componenti di tutti i Comitati, di tutte le Sezioni, il Comitato e le Sezioni, del Presidente del Consiglio, che intervenne anche con una sua presa di posizione, dei Capigruppo, è stata la prima manifestazione della volontà da parte di questa Giunta di avere dei contatti che si propone di avere successivamente. Nella mia stessa relazione è detto che il 7 maggio incontrerò i componenti delle nuove Sezioni, e questi incontri saranno ripetuti, avvertendosene l'opportunità, vorrei dire addirittura l'esigenza. E quindi su questo non come motivo di spinta, ma come accettazione di questa concordanza nella valutazione di questa opportunità di agire.
Ci sono stati attacchi, diretti ed indiretti, anche a persone. Io vorrei, come Presidente della Giunta, evitare, nel partecipare a questa fase finale della discussione, di prendere a mia volta delle posizioni.
E' stato fatto cenno alla relazione del Presidente Colonna, del CO.RE.CO. Ognuno valuta le cose sulla base del metro che è disponibile nel momento in cui fa la valutazione. Certi atteggiamenti presi a gennaio di quest'anno non sarebbero più presi, probabilmente, a dicembre, anche attraverso una valutazione complessiva dei problemi, del comportamento di altri enti, di altre persone, di atteggiamenti diversi, che portano anche ad una meditazione su quello che tu hai ad un certo momento assunto. Io sono personalmente convinto che i CO.RE.CO. abbiano la possibilità di incontrarsi tra di loro, e ritengo possano partecipare a convegni di studio in cui si approfondiscano i temi che sono emersi anche nella discussione di oggi e che non trovano ancora una pienezza di soddisfacimento.
Egli dice che vi è carenza di "con che". Ricordo di averlo, anche aggiunto, leggendo la mia relazione, anche se non vi era materialmente scritto. Certo, quella dei "con che" era una formula che tornava utile in pratica e che consentiva talune di quelle soluzioni alle quali il consigliere Vecchione ha alluso. Il Prefetto chiamava a rapporto e diceva: "Sta bene... 'con che'". Questa disposizione non è prevista. Vi sono dei Comitati, delle Sezioni di comitato che vorrebbero che si ripristinasse questo tipo di comportamento ; altri sono invece decisamente contrari. Ecco un argomento, motivo di discussione.
Sull'eccesso di potere, se me lo consente, Consigliere Vecchione, io non aggiungerei altro a quello che è stato detto dal Capogruppo Bianchi.
Siamo in completa dissonanza, e non è questo il solo punto in cui lo siamo.
Più che il principio, è il modo di esercizio di questo potere che può alle volte creare motivi anche profondi di dissenso. "Il modo ancor m'offende" probabilmente più che non la sostanza. La quale sostanza qualche volta deve essere valutata anche così severamente, come severamente ha chiesto il Consigliere Garabello che sia esercitato il compito di controllo relativamente alla legittimità.
Ha accennato il Consigliere Vecchione al fatto che la Sezione di Cuneo mancando il visto da parte del Comitato regionale non essendo arrivato un documento, si è trovata in difficoltà. Ci sono effettivamente delle Amministrazioni le quali, ignorando la lettera della legge, oppongono eccezioni che non sono però assolutamente fondate. La legge dice: "per decorso di termini". In relazione, per esempio, alla assunzione di mutui che sono questiqni piuttosto rilevanti, con l'Istituto San Paolo di Torino con la Cassa di Risparmio di Torino, con l'Istituto nazionale delle Assicurazioni, la Giunta è intervenuta per chiarire che questa autenticazione è di competenza dello stesso ente locale, il quale apporrà alla delibera la formula "diventato esecutivo per decorrenza di termini" e certificherà la cosa al Sindaco, al Segretario comunale, senza che vi sia bisogno di altro. Quindi, il suggerimento è certamente accolto, nello spirito di quanto già era stato fatto.
Sul controllo degli organi ospedalieri alle Sezioni decentrate concordiamo, e quindi non credo vi sia da aggiungere altro.
Sul convegno del febbraio 1973. Ecco lì si va per esperimento. Le assicuro, e assicuro ai signori Consiglieri, che quando ho indetto quell'incontro ho avuto anche dei momenti di perplessità e di incertezza perché non sapevo se avessi o no la competenza di farlo, nel senso che proprio non intendevo e non intendo, prevaricare, come Presidente della Giunta, rispetto alla autonomia che io riconosco agli organi di controllo.
Questi sono sì un organo della Regione, ma un organo della Regione che deve avere quella autonomia sulla quale mi sono fermato nella mia relazione. Ho indetto quell'incontro ed ho posto quel limite - che lei ha censurato, ha criticato, sia pure molto benevolmente, Consigliere Vecchione dell'aspetto tecnico: mi interessava in questo primo incontro avere da coloro che sono chiamati alla operazione di controllo sugli atti degli Enti locali più la indicazione tecnica del funzionamento, delle difficoltà che incontravano, delle possibilità di modificare tecnicamente il nostro regolamento, che non la parte politica. Ma poi lei è entrata a vele spiegate, e con lei altri. L'aspetto tecnico è stato messo da una parte e la politica è entrata non dalla finestra ma dalla porta aperta, e il dibattito si è poi sviluppato in termini squisitamente politici. Non direi che il clima fosse brutto: c'erano forse dei rapporti meno cordiali tra una persona e l'altra persona. La cosa è sempre, indubbiamente, molto spiacevole, ma non direi che vi sia stata proprio un'atmosfera pesante almeno a giudicare dalle lettere che i partecipanti, o taluno dei partecipanti, ha scritto, sollecitando, come lei stesso questa mattina ha fatto, il ripetersi di questi incontri, anche allargati. Una delle censure che ha mosso lei era che in quel momento ci fossero i controllori, non anche i controllati. Esaminerò con la Giunta l'eventualità di correre questo rischio. Quali controllati, intanto? Tutti i controllati? E' un argomento che io non intendo assolutamente lasciar cadere, perch sollecitato opportunamente, e che la Giunta ad un certo momento prenderà in esame.
Ristrutturazione degli Ospedali psichiatrici.
Non sono d'accordo sull'affermazione che lei ha fatto che la Giunta non dovesse essere sollecitata a dare un suo parere, del resto, sollecitato alla Giunta dalla stessa Amministrazione provinciale di Torino, per sbloccare una certa situazione che si era verificata dinanzi al CO.RE.CO.
Ritengo - e la Giunta ha infatti espresso il suo parere, che mi son fatto premura di inviare alla Presidenza dell'Amministrazione della Provincia di Torino, sotto questo profilo - che l'assistenza psichiatrica faccia parte anch'essa dell'assistenza sanitaria e pertanto rientri nel quadro vasto e generale della programmazione che compete proprio all'Amministrazione regionale. In questo spirito, senza intendere andar oltre i limiti, si è ritenuto opportuno esprimere quel parere che è stato praticamente dato.
Quanto al segreto d'ufficio che non permette di soddisfare la richiesta di certi documenti non so se il Consigliere Vecchione desideri che io dia qui ampia risposta o se non ritenga meglio che ne parliamo insieme, in privato. La risposta dovrebbe essere necessariamente molto ampia, e anch'essa quanto meno opinabile, perché vi è un parere che è stato richiesto al Comitato dei giuristi da parte del Presidente del Consiglio che è sottoscritto da alcuni dei componenti (non riesco a leggere la firma dell'estensore). Direi per sintesi, salvo poi approfondire il discorso con lei, che altra cosa è la facoltà, che sicuramente spetta al Consiglio, alla Giunta, al limite, vorrei dire, persino al singolo Consigliere, di avere copia degli atti che promanano dal Comitato regionale di programmazione dal chiedere al Comitato il rilascio di altri atti dei quali esso è venuto in possesso unicamente per l'esercizio della sua funzione di controllo. In altri termini, una delibera del Comitato può certamente essere richiesta da parte del Consiglio, della Giunta, e, ripeto, al limite, del singolo Consigliere; il documento sul quale il Comitato ha espresso il proprio giudizio ritengo sia materia che non possa essere fatta uscire da quella sede, anche, vorrei dire, sotto un profilo meramente ordinario.



VECCHIONE Mario

Ma è parte integrante della documentazione: non è possibile giudicare se non si sa su che cosa si dà il giudizio.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Come ho gia detto, e materia indubbiamente opinabile. Quel parere che è stato dato non è che sia tranchant, anche quello è molto possibilista.
E direi che c'è anche da tener presente proprio l'aspetto ordinatorio: ehi ha il potere di autenticare quelle copie? In quale forma viene rilasciato il documento? Attraverso una modifica del regolamento, comunque anche questa questione probabilmente potrà trovare una sua soluzione che sia di soddisfazione, in fondo, per tutti.
Sulla variante del Comune di Torino del 4 febbraio, si è soffermato anche il Consigliere Garabello, che in questo momento è assente. Rispondo dunque ad entrambi. E' chiaro che il Presidente della Giunta, la Giunta tutti i Consiglieri, tutti coloro che vivono a Torino sono perfettamente al corrente, attraverso la lettura dei giornali, di quella situazione: sanno di una deliberazione che è stata presa con fatica, con difficoltà da parte del Consiglio comunale di Torino e mandata all'organo di controllo per l'esame e la disamina. Tutto questo avveniva in data 4 febbraio. Non per guadagnarmi un "8 +" sulla pagella della diligenza, ma per dire come le cose vengono seguite da questa Giunta, preciserò che mi sono fatto scrupolo immediatamente di acquisire in modo informale notizie in proposito, così da essere pronto, al momento della restituzione della deliberazione da parte del CO.RE.CO. di prendere quelle decisioni, quei provvedimenti che sono di competenza, vorrei dire, neanche della Giunta, ma del Presidente della Giunta, con la emissione di certi decreti. Ho aspettato anch'io, come abbiamo aspettato tutti, dal 4 febbraio che la discussione sui venti giorni e i novanta giorni andasse avanti e si approdasse ad una soluzione.
Arrivati a questo punto, che cosa può fare, Consigliere Vecehione, il Presidente della Giunta, ove non voglia interferire nella autonomia che tutti concordiamo debba essere riconosciuta al Comitato Regionale di controllo? Chiedere? Sollecitare? Spingere? Ne ha titolo? Ne ha potestà? Al limite domando: ne ha diritto? Chi potrebbe eventualmente intervenire? Il titolare dell'atto dovuto, cioè il Comune di Torino, il quale pu certamente assumere informazioni per sapere se, scaduti i venti giorni, pu considerare, attraverso la non apposizione del visto, approvato il documento, o per avere notizie circa l'assunzione del maggior termine di novanta giorni. Non ritengo invece che il Presidente della Giunta Regionale, o la Giunta Regionale, abbia la possibilità di intervenire in questi termini. Non conosco delle indicazioni di legge che consentano questo intervento. Non lo consente certamente il regolamento che ci siamo dati per passarlo all'esercizio dell'attività dei Comitati di controllo.
La redazione del Piano .di Nichelino è un'altra cosa della quale abbiamo sentito parlare, oltre che letto, moltissimo. E' stata però data poi, entro i termini, al Comune di Nichelino. Se ho capito bene, il collega Vecchione ha elevato critiche relativamente al fatto che la pratica è stata presa in esame in due tempi da parte del Comitato stesso. Io ritengo che fino al momento in cui una decisione del CO.RE.CO. non sia presa e regolarmente depositata ci sia sempre possibilità di riesame da parte dello stesso. E' un po', a mio parere, quello che può avvenire in una camera di consiglio dove si decide una sentenza: anche se verbalmente vi è già stata una forma di decisione, fino al momento definitivo della stesura e della firma della sentenza vi è sempre la possibilità di un ripensamento.



VECCHIONE Mario

L'esame era stato completamente esaurito.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Io non conosco esattissimamente i termini ed ho già anche detto che non intendo entrare nel merito di questi particolari, salvo approfondirli nel momento in cui potranno essere meglio esaminati.
Lo Statuto della Comunità montana della Dora 'Baltea. In proposito concordo con lei, con Bianchi e con Garabello. Io ritengo che gli Statuti debbano passare, in quanto atti deliberati dalla Comunità, al Comitato regionale o alle sue Sezioni, che però hanno competenza soltanto ad effettuare il controllo di legittimità, cioè ad accertare se si sia proceduto in modo formalmente esatto, nel deliberarli. Un eventuale giudizio di merito, politico, deve essere demandato al Consiglio Regionale al quale la legge stessa attribuisce questa capacità e questa funzione. Se qualche Comitato regionale ha invece interpretato diversamente la norma e si e fatto portatore di una critica, ma ha trovato anche, mi si consenta di osservare, la Comunità e l'ente che ha accettato questa impostazione, che non era corretta e contro la quale doveva insorgere e ribellarsi proprio nello spirito della sua autonomia di ente locale, in quei termini certamente non si è agito correttamente, a mio avviso.



VECCHIONE Mario

Questa Comunità riceverà indietro per la terza volta lo Statuto ...



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Mi spiace moltissimo, tanto più che si tratta proprio della comunità più prossima al mio luogo di abitazione. Se mi sarà possibile interverr personalmente.
Sul problema della rotazione dei Presidenti, noi prendiamo atto che in Emilia-Romagna questo è stato fatto. Ma le Regioni sono autonome: se si crede alla rotazione, non è detto che si debba crederci anche qui. Se ad un certo momento qui si riterrà opportuna la rotazione, ci adegueremo all'insegnamento che viene indicato da parte sua per quello che avviene in Emilia-Romagna. Evidentemente, ci sono modi diversi di considerare e di pensare le cose.
Il collega Vecchione è stato assai duro nella sua richiesta che vengano troncati di netto i legami esistenti tra CO.RE.CO. e Giunta. Pur dandogli atto che la sua critica è stata di una estrema lealtà, in quanto ha dimostrato di apprezzare quel che di sostanziale è contenuto nella relazione, devo dirgli con altrettanta fermezza che il Presidente della Giunta, al di fuori degli atti ufficiali - e cioè due circolari che sono tate scritte, lettere di sollecito per avere le relazioni dei CO.RE.CO.
contatto in quella assemblea -, il Presidente della Giunta e la Giunta come organo collegiale non hanno mai avuto il più piccolo contatto con qualunque CO.RE.CO. o sezione di CO.RE.CO. Quindi, non è possibile invocare che si spezzi questo legame nel senso di un legame prevaricatore di un legame che voglia imporre la volontà dell'Esecutivo sulla autonomia delle Sezioni e dei CO.RE.CO. Questa richiesta la devo assolutamente, pertanto, respingere come non rispondente ad una situazione di fatto, accompagnando questa reiezione con l'assicurazione che il comportamento sarà tale anche d'oggi innanzi nei confronti del CO.RE.CO. e di tutte le sue Sezioni. Qui discutiamo su: gli organi giurisdizionali no; su: gli organi della Regione sì: su: l'organo della Regione no, se sono considerati come dipendenti dalla Giunta. Sono perfettamente d'accordo per quello che ho detto: sì organi della Giunta, lo dice lo Statuto, non c'è neanche bisogno di un altro nostro accordo in questa direzione.
Il Consigliere interessato non è in aula, ma ripeto, anche per i colleghi presenti, che quell'invocato collegamento effettivo con la Regione sarà certamente realizzato nel corso del tempo che ci rimane per portare innanzi il lavoro che anch'io mi augurerei potesse concludersi attraverso una modifica del Regolamento o addirittura con la formulazione di una legge entro il corrente anno '74, per rendere i controlli a partire dal '75 più aderenti ai suggerimenti emersi anche dal dibattito di oggi.
Quanto alla proposta del Consigliere Vecchione di una iniziativa di presa di contatto di ogni singola Sezione con gli Enti locali, è argomento che secondo me merita attenta considerazione. Ma ne ha la potestà, ne ha la possibilità? In quali termini? In qual modo? Da chi convocata? Con quale spirito? Sono tutti interrogativi che propongo a me stesso.
Avrei così concluso la rapida risposta che ero tenuto a dare al Consigliere Vecchione.
D'accordo con Garabello per le sue osservazioni, che per lo più collimano con quelle fatte dal Consigliere Vecchione, salvo quella delle ventimila lire, che è autonoma.
Documento finale. Non avevo pensato all'eventualità di concludere la discussione con un documento finale da concordarsi, da esaminarsi.
Tuttavia, non respingo neanche questa proposta. Lascio che siano i Capigruppo a valutarne l'opportunità, con la Giunta. Posso però dare assicurazione che tutto il materiale relativo a questa discussione - la mia relazione, le relazioni delle Sezioni alle quali spero di poter aggiungere quella di Torino, il dibattito che si è svolto questa mattina -, non appena sarà approvata, verrà inviato alle varie Sezioni di controllo affinché ne possano tener conto nell'esplicazione della loro attività.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

Ha così termine la prima parte dei nostri lavori.
Chiede di parlare il Consigliere Berti. Ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Noi abbiamo fatto una richiesta precisa in ordine alla conclusione di questa discussione. Potevamo anche presentare un ordine del giorno: non l'abbiamo fatto per riservarci di decidere il nostro atteggiamento in rapporto all'andamento del dibattito. Mi pare però abbastanza implicito che un dibattito dovesse chiudersi con un impegno per il Consiglio Regionale.
Il Presidente della Giunta ha detto: valuteranno i Capigruppo. Bisogna farlo subito, allora. L'impegno potrebbe essere questo: sulla base del dibattito, delle questioni emerse, la Commissione al Regolamento, la VIII Commissione, elaborino un documento che costituisca circolare della Giunta a tutti i presidenti dei Comitati di controllo, in cui sia manifesta la volontà politica del Consiglio Regionale di cui si è parlato e insieme l'impegno di modificare il Regolamento per quelle parti che possono essere modificate.
Questo può avvenire in uno spirito unitario, fermo rimanendo il diritto evidentemente di ogni Gruppo di presentare le modifiche al Regolamento che ritenga opportune; diritto di cui noi ci avvarremo senz'altro.
Preferiremmo, però, visto che ci sono degli aspetti unitari in questo dibattito, che la riunione si concludesse appunto in questo modo: con l'impegno a fare una circolare e di impegnarsi a modificare sulla base di questa il regolamento. Bisogna comunque, ripeto, prendere una decisione a conclusione di questo dibattito.



PRESIDENTE

Chiede ancora di parlare il Presidente della Giunta.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Vorrei precisare al Consigliere Berti che non ritengo di poter accettare la sua proposta, così com'è stata formulata, perché proprio minimizzerei la capacità della Giunta se dovessi ammettere che essa ha bisogno di collaborazione per redigere una circolare.
Accetto invece la proposta che la Commissione, il Consiglio diano indicazioni sulla base delle quali la Giunta potrà fare quel che riterrà di fare in adempimento anche alle richieste che possono essere mosse da singoli Consiglieri o dal Consiglio stesso.
Non mi pare proprio di poter accettare la formalizzazione di un documento che diventa la circolare della Giunta e che esce in questa formula anomala.



PRESIDENTE

Se non vi sono pareri difformi, potrei convocare ora la Conferenza dei Capigruppo per l'esame di questo problema unitamente al Presidente della Giunta.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

La prassi corrente mi pare dovrebbe essere quella che lei convochi i Capigruppo, perché un eventuale documento possa venire dal Consiglio; poi evidentemente, io riunirò a mia volta la Giunta per l'esame di quel documento.



PRESIDENTE

Allora, convoco la Conferenza dei Capigruppo immediatamente. Vedo presenti: Berti per i comunisti, Fassino per i liberali, Bianchi per i democristiani, credo ci sia, anche se in questo momento non è in aula Calsolaro, per il Gruppo socialista, ed è rappresentato il Gruppo repubblicano. Sospendo pertanto brevemente la seduta.



(La seduta, sospesa alle 12,50, riprende alle ore 13)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Nella riunione dei Capigruppo si sarebbe stabilito di dare una conclusione a questo dibattito nel modo seguente: la Giunta predisporrà una sintesi del dibattito sui Comitati di controllo; questo documento sarà poi sottoposto ai Presidenti dei Gruppi e nelle prossime riunioni del Consiglio il 24 o il 26 o nella seduta immediatamente successiva, se i Capigruppo non avranno potuto esaminarlo prima - sarà sottoposto al vaglio ed alla votazione del Consiglio stesso.
Chiede di parlare il Presidente della Giunta.



OBERTO Gianni

Presidente della Giunta Regionale. La Giunta accoglie la proposta dei Capigruppo e si predispone a redigere la sintesi concordata.



PRESIDENTE

E' così terminata la prima parte dei nostri lavori. Il Consiglio è riconvocato per le ore 15,15, per l'inizio del dibattito sulla Sanità, con la relazione dell'assessore Armella.



(La seduta ha termine alle ore 13,02)



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