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Dettaglio seduta n.203 del 21/02/74 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento: Programmazione: argomenti non sopra specificati - Norme generali sull'agricoltura

Esame del disegno di legge n. 60 sull'Istituzione dell'Ente di Sviluppo Agricolo in Piemonte (ESAP)


PRESIDENTE

Dichiaro aperta la seduta.
Questa mattina abbiamo lasciato in sospeso la votazione sugli ordini del giorno per lasciar tempo ai Capigruppo di cercare un accordo sul testo da votare. Ricordo ai Capigruppo questa incombenza.
Informo il Consiglio che è pervenuto anche un ordine del giorno dei Consiglieri Nino Carazzoni e Curci, che così suona: "Il Consiglio Regionale del Piemonte presa conoscenza dei progetti di legge regionali n. 13 e n. 60, nonch della relazione stesa dalla VI Commissione ravvisata l'opportunità e la necessità di predisporre interventi urgenti e concreti in favore dell'agricoltura piemontese riconosciuto in questa impostazione essere provvedimento più utile soprassedere all'istituzione dell'Ente di Sviluppo Agricolo del Piemonte destinando invece lo stanziamento iniziale, previsto in un miliardo di lire, a misure atte a fronteggiare la gravissima crisi nel settore zootecnico delibera di non passare all'esame degli articoli del progetto di legge istitutivo dell'ESAP".
Quindi, prima dell'inizio della discussione generale sul progetto di legge sarà opportuno mettere in votazione questo articolo, perché il Regolamento così prevede.
Finora mi risultano pervenuti: dodici emendamenti da parte del Gruppo MSI-Destra Nazionale, dei quali, se non vado errato, sono state consegnate copie ai Capigruppo un emendamento, sottoscritto dai Consiglieri regionali Garabello ed altri relativo alla modifica dell'articolo riguardante l'impegno finanziario.
Se qualche altro Gruppo intende presentare emendamenti, prego caldamente di farli pervenire, affinché sia possibile farli avere almeno ai Capigruppo.
L'ordine dei nostri lavori dovrebbe essere il seguente: illustrazione del progetto di legge da parte del relatore; successivamente, prima dell' inizio della discussione generale, votazione sull' ordine del giorno presentato dai Consiglieri Curci e Carazzoni qualora il Consiglio deliberi di respingere l'ordine del giorno prosecuzione della discussione generale.
Pur deplorando che alle 15,30, ora che avevamo fissato per la ripresa dei lavori, non vi sia la presenza di una rappresentanza del Consiglio così numerosa e partecipe come io mi attendevo data l'importanza del problema che ci accingiamo a dibattere, darei la parola al relatore, avv. Adriano Bianchi.



BERTI Antonio

Sono pienamente consenziente con le osservazioni che lei ha fatto, ma la questione è di tale importanza che attenderei ancora qualche minuto a dar inizio all'illustrazione, se mai con riserva da parte sua di un richiamo ai Consiglieri ritardatari. Credo sia opportuno non discutere sull'ESAP in un'aula semivuota.



PRESIDENTE

Allora sospendo per qualche minuto i nostri lavori, rivolgendo un richiamo all'osservanza dell'orario a quanti non sono stati puntuali richiamo che rinnoverò perché lo possano ascoltare i più direttamente interessati.
Chiede di parlare il Consigliere Calsolaro. Ne ha facoltà.



CALSOLARO Corrado

Sono d'accordo sulla proposta del collega Berti per la sospensione.
Pregherei però il Presidente di far annotare i nomi dei Consiglieri che sono presenti in questo momento: poiché in chiusura di seduta intende fare un ammonimento ai Consiglieri, vorrei che in quella occasione fossero indicati i Colleghi che erano presenti al momento della sospensione.



PRESIDENTE

Sarà fatto. Prendano nota i Segretari.



FRANZI Piero, Segretario

Per poter prendere nota dobbiamo fare l'appello. Risultano presenti alle ore 15,40, Consiglieri: Berti Antonio, Bianchi, Bono, Calsolaro, Conti, Fabbris, Falco, Fassino Ferraris, Franzi, Garabello, Giletta, Lo Turco, Marchesotti, Oberto Rivalta, Rossotto, Sanlorenzo, Vecchione, Viglione.



PRESIDENTE

Rilevo che il Governo è rappresentato dal solo Presidente della Giunta.



BERTI Antonio

Evidentemente, gli Assessori pensano: "Oberto, sei tutti noi!".



PRESIDENTE

Ritengo di dare la parola al relatore Consigliere Bianchi sulla seguente materia: "Esame disegno di legge n. 60: 'Istituzione dell'Ente di Sviluppo Agricolo del Piemonte, ESAP'".



BIANCHI Adriano, relatore.

In via preliminare, ritengo di dover sottolineare che la lunga attenzione che è stata portata a questo argomento ha fatto registrare spesso la tentazione di inserire in questa sede proposte pur importanti e valide che venivano tratte dall'ampiezza della materia e dal carattere vorremmo dire, scottante dei problemi che riguardano oggi l'agricoltura.
Chiamati ad affrontare un tema di così grande importanza, si era tentati di inserirvi il tutto o di costituire già degli agganci che potessero dare risposte alle infinite domande che il settore ci propone, diventando sempre più presente alla sensibilità pubblica. In questo lavoro, pur nel confronto dialettico, e qualche volta nel contrasto, ci siamo però orientati nel senso della ricerca del rigore e della coerenza rispetto al tema.
Oggi abbiamo coscienza che, con qualche fondamento, come diceva il collega Berti questa mattina per altra materia, troppe critiche da molte parti si appuntano sull'attività legislativa, per la sua inorganicità, per la sua emotività, per la sua eccessiva sensibilità alle sollecitazioni che vengono dalla cronaca, e quindi per la sua incapacità di resistere poi validamente alla usura del tempo, per la dispersione e contradditorietà delle normative per l'inopportuna collocazione di norme fuori dalla sede della loro materia. Questa tentazione è stata fortissima. Ciascuno ha cercato di dare delle risposte valide, ciascuno ha cercato di emendarsi da questa tentazione. Non sempre si è riusciti appieno: il relatore ha coscienza, peraltro, che nel suo schema fondamentale, con tutte le possibilità di miglioramento, di emendamento e di critica che il progetto presenta dopo questo lungo iter, è stata comunque conservata una coerenza.
Di ogni parola, di ogni norma si può dare una motivazione, una giustificazione.
Chi interviene all'ultimo momento su un lavoro di così lunga elaborazione magari non può cogliere facilmente tutti i raccordi, tutti i legami e tutti i significati. Saremo comunque a disposizione con tutta umiltà, senza alcun attaccamento al lavoro fatto che non sia quello della difesa di una linea, di una coerenza interna alla legge che vogliamo licenziare. Direi che anche al di là dei contenuti - che sono prevalentemente importanti, essendo questa una delle principali leggi, se arriveremo in fondo, che il Consiglio Regionale ha varato fin qui, e comincia a concretizzare l'azione legislativa della Regione - se riuscissimo a fare qualcosa anche formalmente, perché la sua coerenza interna regga, daremmo un contributo non trascurabile.
L'Ente di Sviluppo porta un nome che ha contrassegnato ampi dibattiti esperienze controverse e contraddittorie nel nostro Paese. Nel lavoro che si è fatto si è quindi cercato di tener conto di queste critiche, di ovviare agli inconvenienti, di non lasciare che sotto questo nome potessero trovare eco e rispondenza, anche nell'opinione pubblica, motivi di critica di riserva che sono stati così ampiamente diffusi nel nostro Paese, così come debbano trovare risposta tutte le indicazioni che una più attenta valutazione dei problemi dell'agricoltura e delle sue condizioni ha suggerito in questi ultimi tempi. Infine, credo ci sia stata una meditazione attenta delle condizioni strutturali e sociali del mondo agricolo piemontese, cioè un riferimento specifico alla realtà nostra. Si è detto che la situazione lombarda, ad esempio, per la sua maggiore omogeneità, per la più grande presenza di aziende e di imprese agricole valide sotto il profilo organizzativo e produttivo, per una diversa maturazione ad eguali livelli dei vari settori del mondo agricolo, pu ipotizzare tipi di interventi spiegabili anche senza l'adozione di uno strumento di questa natura, mentre invece proprio l'agricoltura piemontese con i suoi grandi squilibri, vede accostate delle punte avanzate sul piano dello sviluppo organizzativo, tecnico e scientifico, ad un mondo vasto (collinare, montano, subcollinare) frammentato, tormentato, disperso, per il quale si impone un tipo di intervento particolarmente incisivo. E' sembrato che l'Ente di sviluppo, se esattamente concepito, potesse costituire il punto di forza, il mezzo attraverso il quale la Regione potrebbe far sentire la propria presenza e sviluppare la propria attività riformatrice, nello stesso tempo avvalendosi di tutti quelli che sono i propri poteri, i propri strumenti, e di tutte le forze vive che ancora devono essere mobilitate nel mondo agricolo.
Io farò riferimento parziale alla relazione che ho steso, con il consenso, in gran misura, dei Colleghi che con molta cordialità hanno voluto esprimere il loro apprezzamento. Anche là dove sussistevano motivi di dissenso, quanto meno l'apprezzamento veniva alle modalità, all'impegno con cui certe posizioni erano espresse. Mi richiamerò ad essa nelle parti più significative, per quel che può essere significativo quanto modestamente ho scritto, ad evitare di dire peggio quello che ho cercato di dire nel modo migliore. L'esigenza di pervenire all'istituzione di un Ente per la realizzazione della politica di sviluppo sociale ed economico per l'agricoltura è stata affermata prima nelle più autorevoli sedi scientifiche, successivamente riconosciuta pressoché da tutte le forze politiche e sindacali operanti nell'ambito regionale e dagli impegnati interlocutori intervenuti in sede di consultazione. E' da aggiungere che da ultimo, anche a livello nazionale si assiste ad una fase di rilancio, di rielaborazione, di ristrutturazione degli Enti di Sviluppo Agricolo. Anche in funzione ed in vista degli interventi specialmente nel campo zootecnico si sta riconoscendo nelle più ampie sedi ad elevati livelli che senza una strumentazione di questo tipo sarà difficile condurre una politica agraria che giunga ad investire interamente l'agricoltura italiana. Il dissenso di principio è stato invece espresso in forme poco convinte, larvate. Anche chi nel fondo quasi del proprio subcosciente avversa questo tipo di strumentazione, di fronte alle argomentazioni, di fronte all'elaborazione alla discussione approfondita del tema, ha espresso le proprie riserve in modo non diretto, ma pochissime, forse solo alcune, posizioni molto marginali hanno espresso una opposizione di principio. A questo punto della nostra discussione, io direi, è bene che riserve di principio, se ci sono vengano fuori totalmente allo scoperto, perché prima di imboccare una strada di questa importanza e con quella incidenza che può avere sulla sorte della Regione, sulla configurazione dei suoi poteri, sul modo di esercizio dei suoi poteri, è bene che questo dibattito avvenga senza riserve mentali, senza reticenze. Se invece queste posizioni più larvate permangono tali quale conseguenza della forza, del peso degli argomenti che militano a favore dell'adozione di uno strumento di questa natura, ebbene con più serenità potremo procedere oltre.
La discussione è stata approfondita sui temi della struttura giuridica sui compiti, sull'organizzazione interna, e, voi sapete, sui rapporti dell'Ente con la Regione. Già l'IRES aveva configurato una propria valutazione in ordine ai compiti dell'Ente di Sviluppo. Deve essere concepito, dice l'IRES, come mezzo per incentivare e sostenere l'imprenditorialità agricola nella sua più vasta accezione, e quindi con compiti incisivi e ben definiti, sostanzialmente limitati alla stesura ed attuazione dei piani zonali ed alla ricomposizione di un tessuto aziendale efficiente. E' ben vero che anche quando si parla di piani zonali c'è tutta la formulazione di una politica agricola, c'è tutto il problema dei rapporti con le forze sociali vive e dei modi di inserire queste forze nell'iter elaborativo formativo e di attuazione dei piani zonali, per cui la tematica si amplia. Però, il punto di partenza è questo: compiti incisivi, incentrati principalmente su questa metodologia.
Sui progetti presentati e sulle motivazioni, sulle relazioni che li hanno accompagnati, mi rifaccio al documento che è stato distribuito ai Consiglieri: sarebbe stucchevole che perdessi tempo a rileggerlo. Li ho riportati, però, per completezza, per unità e anche per dar atto del fatto che l'esame è stato congiunto, che si sono esaminati in modo congiunto i vari progetti, quello presentato dai Consiglieri Ferraris ed altri del Partito comunista, quello di Menozzi ed altri Consiglieri e quello della Giunta, sul quale si è compiuto il lavoro. Devo dire, anzi, che in relazione a questa lunga elaborazione la Giunta è stata pressoch costantemente presente - quanto meno presente a tutti gli appuntamenti di verifica in ordine al testo, alle motivazioni, e in tutte le fasi in cui per esempio, dopo la consultazione, così ampia, così attenta (non è stata una consultazione meramente rituale, ma una consultazione che ha portato a dibattiti, approfondimenti, ad incontri persino a livello universitario) si è passati alla stesura, per far proprie o meno le proposte di modificazione. Quello che viene presentato con questa relazione è un testo che la Giunta, pur con tutte le perplessità che possono riguardare alcuni punti, ha già fatto proprio, recepito ed accettato. E' anche un testo che costituisce il risultato del lavoro e della collaborazione di tutti i commissari, anche di quelli che hanno sollevato riserve e che oggi sono presentatori di emendamenti. E' un testo, quindi, che, per dire le cose come stanno, è già stato lungamente elaborato ed emendato nell'accordo pressoché generale dei componenti la Commissione.
Problemi istituzionali. Noi avvertiamo che, con l'adozione dell'Ente di sviluppo agricolo creiamo uno schema, un precedente, stabiliamo un modo di operare della Regione che avrà influenze determinanti, decisive, su una successiva legislazione. Per cui, la meditazione, l'attenzione che dobbiamo portare sulla struttura, sulla formulazione della soluzione che diamo in ordine ai problemi che l'Ente ci pone, getterà la propria luce, o la propria ombra, sulla futura legislazione. E' quindi indispensabile che noi accentuiamo a questo riguardo la nostra attenzione.
Per una corretta impostazione, poi, dell'Ente di Sviluppo, occorre vederne la posizione e la funzione rispetto ad alcune fondamentali scelte di politica agraria e del territorio. Lo sviluppo economico ed industriale degli anni trascorsi, in particolare quello che ha caratterizzato la Regione Piemonte, ha inciso profondamente sull'agricoltura, che è stata relegata di fatto al ruolo di una economia marginale e residua, serbatoio di mano d'opera progressivamente svuotato di gran parte delle sue migliori energie, sino a provocare una contrazione accelerata e precipitosa del settore, ridotto a coprire oggi forse il 10% dell'occupazione generale, con una percentuale di giovani che giustifica il timore del venir meno dello stesso vettore, o fattore, di ogni sviluppo, di ogni riforma.
Il reddito agricolo ha avuto una dinamica sensibilmente inferiore: questo è un dato di fatto generale, quasi mondiale (ricordavo che solo la Nuova Zelanda aveva raggiunto un eguale livello fra i redditi agricoli e quelli industriali), dovuto non solo alle cause permanenti connesse alle condizioni strutturali del mondo agricolo, ma anche alla situazione patologica derivatane, che ha insieme postulato e subito una serie di interventi più assistenziali che propulsivi. La montagna e la collina hanno così assistito ad una contrazione, ad un avvizzimento delle attività agricole, rese evidenti dall'invecchiamento della popolazione e dal rapido decadimento di edifici, villaggi, tradizionali impianti, integrati in un ambiente fisico di cui costituivano la caratteristica culturale e la difesa da una degradazione che diveniva inarrestabile. Le zone di pianura, in specie quelle favorite dal punto di vista dell'irrigazione, cedevano ai progressivi assalti dell'industria, o, peggio, della monocoltura, che ne costituisce un presupposto, o uno dei risultati. Ricordo la condizione sotto certi profili economici oggi anche non del tutto disprezzabile, delle zone destinate alla coltivazione del riso, che hanno visto creare i presupposti del deserto. Mi viene in mente la descrizione fatta in un libro di Sorrentino su "L'America latina, continente povero", e cioè sull'evoluzione del passaggio dalla foresta vergine alla coltura a caffè.
Venticinque anni dopo, l'humus che si dissolve, poi il crotalo che fischia e il deserto. Ora, pur senza abbandonarci a visioni così apocalittiche, io penso che, con l'uso indiscriminato, e folle dal punto di vista scientifico, di concimi chimici - ormai tutti i giornali, anche quelli specializzati in agricoltura, cominciano ad avanzare dubbi gravissimi sulle conseguenze di una concimazione meramente chimica, non accompagnata da integrazioni organiche - con l'uso dei diserbanti, con l'adozione delle tecniche depauperanti della monocoltura, in una prospettiva che vada al di là di una generazione già giunta alla maturità, si potranno registrare conseguenze veramente terrificanti. La zootecnia, prima ancora dei mortali colpi subiti per i recenti gravi squilibri nelle condizioni di mercato e dei prezzi, è entrata progressivamente in crisi, non essendo più sostenibile là dove mancavano dimensioni aziendali sufficienti ed organizzazioni associative per un impiego economico del lavoro e dei sacrifici di assistenza richiesti. Da un lato, il nostro territorio percorso da strade e stradine, siepi, ferrovie, confini, con proprietà frazionate (basta fare un confronto con la situazione nella vicina Francia un paese in cui decine di migliaia di chilometri di recinzioni rivelano una particolare disponibilità per la zootecnia: per noi è impossibile procedere a recinzioni a questi effetti, perché le proprietà sono nelle condizioni che tutti sappiamo).
E poi, la zootecnia, sviluppata su piccolissime aziende, crea un carico di lavoro e di sacrificio enorme in proporzione al prodotto, perché vincola giorno e notte, estate e inverno, domeniche e periodi festivi. Essa è stata soppiantata anche in zone di elezione, da monocolture rese possibili dall'impiego di macchine, di fertilizzanti, di diserbanti spinti al di là di ogni limite suggerito da una autentica razionalità e dalla doverosa preoccupazione di salvaguardia dell'ambiente, anche solo in funzione della sua futura utilizzazione economica. Si dà il caso, l'abbiamo ricordato in altra sede, che in Paesi industrializzati, come la Germania, dove - leggevo stamattina - Adenauer disse: "Niente esercito, niente agricoltura, niente di tutto questo se vogliamo progredire", nel senso che voleva vedere riservati incentivi e finanziamenti principalmente all'industria, si producano macchine per la bieticoltura, che consentono di recuperare tutti i sottoprodotti - foglie, colletti e così via -, mentre in Italia, avendo portato anche le aziende più progredite nelle zone più fertili ad indirizzi praticamente monocolturali, si gettano via, così come i pascoli collinari ed in buona parte a volte i pascoli montani, milioni di quintali di carne perché si scartano questi sottoprodotti, a differenza di quanto avviene in Paesi che avrebbero margini ben maggiori del nostro per lo spreco.
In questa situazione, quindi, si impone per noi l'adozione di uno strumento di intervento che abbia continuità ed unità operativa flessibilità ed efficienza tecnica, possibilità di concentrare tutte le energie ed i mezzi su determinati compiti e settori che non possono essere assicurati dalle normali strutture istituzionali e burocratiche; e questo per lo stato di emergenza in cui si trova l'agricoltura in generale, e quella piemontese in particolare. Nell'assenza di omogeneità, rispetto allo stadio di sviluppo, delle varie zone in cui la Regione è divisa, a differenza, come dicevamo prima, della Lombardia, e delle stesse aziende agricole all'interno delle zone, nella diversificazione ambientale e culturale che caratterizza l'agricoltura della nostra Regione, nella mancanza di una valida tradizione associativa ed organizzativa, per la presenza schiacciante di un orientamento colturale e socio-economico condizionato dai modelli di vita e dalla problematica industriale ed urbana.
L'Ente di sviluppo è destinato appunto ad assicurare la difesa, la restaurazione, il rilancio di una autentica professionalità agricola in cui l'economicità delle gestioni, la competenza e l'aggiornamento tecnico si collegano e fondono in un rapporto con la terra che si nutre anche di valori umani di non immediata valutazione economica, sapendo che là dove si rispetta un rapporto dell'uomo con la terra, pur avendo presente - perch non possiamo proprio, in una fase come questa, non averlo presente l'aspetto produttivo ed economico, si lavora per il tempo, per le soluzioni nel tempo. La definizione e costituzione di strutture e dimensioni aziendali e fondiarie nelle quali questa professionalità agricola non sia solo affermata attraverso il più volte reclamato albo, così, con una operazione di tipo rituale ed esorcizzante, ma venga inserita e calata per acquisire consistenza e condizioni di efficace esercizio. La riorganizzazione dell'ambiente del territorio agricolo, nonché la sua assunzione effettiva al ruolo di dato ed elemento condizionante ogni attività di pianificazione urbanistico territoriale. E' una concezione che più volte ho cercato - non l'ho sicuramente inventata io - di rappresentare nelle opportune sedi, anche in un'altra Commissione che si interessa di questi fatti. L'agricoltura finora è stata mero oggetto dell'attività di pianificazione urbanistica: non c'è piano regolatore che l'abbia tenuta in conto se non come parte residua a ciò che riguarda l'agricoltura. Abbiamo distrutto i terreni più fertili che erano stati, per così dire, costruiti attraverso l'opera di millenni, che erano i più vicini alla città, abbiamo tracciato autostrade, ferrovie, strutture di ogni genere.



RIVALTA Luigi

Ed ora aeroporti.



BIANCHI Adriano

Anche su questo si potrà discutere: al momento io non conosco il problema. Certo, occorrono anche gli aeroporti...



BERTI Antonio

La città di Borgaro...



BIANCHI Adriano

Anche le città occorrono: da qualche parte è necessario farle. Abbiamo visto scegliere, in situazioni in cui l'alternativa era totalmente aperta terreni fertilissimi per insediamenti industriali, lasciando invece sgomberi, e segnati sulle carte dei piani regolatori come terreno meramente agricolo degli appezzamenti di terra arida, ghiaiosa, sabbiosa o così via.
E' comunque ora che, senza invertire totalmente i termini delle questioni l'agricoltura, con le sue esigenze di continuità territoriale, di rispetto dal punto di vista dell'inquinamento, di possibilità di ottenere dimensioni aziendali ottimali, venga considerata in via preliminare in ordine ad ogni e qualsiasi programmazione od intervento sul territorio. E credo che l'Ente di sviluppo agricolo, in grado di avere una visione globale tecnica, possa essere uno strumento molto efficace, molto valido al servizio della Giunta del Consiglio regionale, delle istituzioni, al fine di controllare volta per volta la compatibilità e di conciliare le incompatibilità quando ci si impegni in attività di intervento o programmazione del territorio. Occorre preoccuparsi altresì della identificazione e realizzazione dei mezzi di sostegno cooperativistico-associativi di mercato, di assistenza, perch ogni programma di sviluppo trovi adeguato, organico supporto. Attraverso successiva elaborazione il testo contiene anche la possibilità di intervento perché le infrastrutture necessarie alla realizzazione dei piani, possano essere in qualche modo demandate, come fase di studio, come fase di attuazione, a questo strumento direttamente e rettamente collegato l'Ente di Sviluppo Agricolo, in grado di avere una visione globale tecnica.
Due condizioni sembrano essenziali per garantire la rispondenza Giunta del Consiglio Regionale, delle istituzioni, al fine di controllare la mobilitazione, la partecipazione e l'organizzazione di tutte le energie che si muovono nel mondo agricolo, a partire dagli autentici protagonisti del processo produttivo - contadini, coltivatori, agricoltori, che sono anche i soggetti del dramma che oggi si svolge nelle campagne -, per giungere al mondo della ricerca scientifica e della cultura, che soffre di gravi frustrazioni (l'abbiamo sentito nel dibattito svoltosi all'Università di Torino, con la partecipazione di intervento perché le infrastrutture relative, queste e le altre infrastrutture necessarie alla realizzazione dei piani, corso del dibattito, come ricorderà certamente il collega Ferraris, una macroscopica disinformazione persino in ordine all'iter elaborativo di questa legge, ai suoi fini, ai suoi strumenti, e si sono ricreduti su alcune indicazioni, ma soprattutto hanno reclamato di essere ricollegati con una realtà per la quale studiano, per la quale operano, per la quale è necessario che studino ed operino se non si vuole stravolgere un'attività di questa importanza nel vuoto di mere esercitazioni accademiche, distaccate dai problemi del nostro tempo. I settori che si occupano dei problemi del mondo industriale, o che indirettamente possono essere collegati con i problemi del mondo della produzione industriale, non sentono questo distacco in modo così acuto come quanti si dedicano ai problemi della tecnica, dell'economia e delle scienze agrarie.
In secondo luogo, dopo aver assicurato la partecipazione di questo mondo nei modi più corretti e più efficaci, atti a lasciare stravolgere il significato dell'istituto, atti a rispondere respingendole alle obiezioni di tentazioni corporative, l'operatività e la strumentalità dell'ente occorre rispetto alla sede in cui si esercitano le responsabilità politiche e quindi si compiono le operazioni di interpretazione e di sintesi. L'ente è uno strumento di mobilitazione, di ricerca, di sollecitazione di tutte le indicazioni che vengono dal mondo operativo, ma non è la sede in cui si compiono le scelte politiche, non è la sede in cui si compiono le sintesi politiche, non è la sede dalla quale partono le indicazioni definitive: questa sede è il Consiglio regionale, questa sede è la Giunta, nei limiti delle sue competenze, questa sede è la Regione, nel complesso armonico dei suoi organi chiamati a determinare la politica dell'agricoltura. Il conciliare, superando le difficoltà, queste posizioni, l'interpretare queste esigenze è opera che non viene risolta su piano esclusivamente giuridico. Nessuna scienza giuridica, io credo, è capace di risolvere interamente queste possibili antinomie: sarà compito politico del domani sarà nobiltà dell'operare politico del domani agire in modo che non vi sia né una prevaricazione degli interessi di categoria e della sua rappresentanza, né un momento di isolamento del mondo politico, il quale prescinda dalla realtà sulla quale è chiamato ad operare.
Lo sviluppo dell'agricoltura non è concepibile se non in un concetto unitario dello sviluppo economico sociale, inteso ad assicurare condizioni di vita civile, di fruizione di beni e servizi, di redditi tendenzialmente eguali. Quindi, nel momento stesso in cui si tende ad adottare l'Ente di sviluppo agricolo, si deve affermare che si vuol compiere un altro salto di qualità, un passo in avanti nel superare una vecchia, consumata, ormai frusta concezione dell'agricoltura come mondo separato: l'agricoltura o è strettamente inserita, unita e legata alle sorti dello sviluppo sociale civile ed economico di tutte le attività umane, ed ha una prospettiva, o diventa una specie di riserva, una specie di servizio passivo finanziato dalle altre attività, dalle altre forze economiche e sociali. E noi crediamo che l'agricoltura abbia ancora queste virtualità e queste possibilità e non ci si possa quindi lasciar sospingere in quelle direzioni.
Quando guardiamo a certi grandi progetti del tipo di quello EFIM, che potranno avere un loro spazio - perché c'è spazio per tutte le iniziative che concorrono al bene comune -, dietro questi interventi troviamo che c'è anche una filosofia, che non possiamo far nostra perché è la filosofia di un intervento dell'industria, o dell'intervento del mondo della città inteso proprio come mondo urbano, il quale tende ad assicurarsi alcuni beni con alcuni strumenti, prescindendo dall'agricoltura come attività umana permanente, inserita ed integrata, e quindi con conseguenze a lungo termine che noi vogliamo assolutamente scongiurare. Da alcune parti è stato avanzato il timore che possano essere favorite tendenze corporative, sia per l'adozione dell'Ente di Sviluppo in quanto tale, sia per i modi di costituzione del suo Consiglio di Amministrazione. Per quante misure noi adottiamo, questa tentazione, questo pericolo, potrà sempre manifestarsi se l'indirizzo politico, se il modo di far politica, se il modo di interpretare certi interessi sarà volto in una simile direzione. Penso per che questa tentazione, questo pericolo non siano attuali, dato il modo in cui è configurato, salvi i miglioramenti che sono sempre e ancora possibili, nel complesso dei rapporti e dei controlli, e, quindi, per la collocazione che l'Ente di Sviluppo ha nell'ambito dei poteri regionali.
Comunque, l'Ente di Sviluppo non è l'espressione di una scelta politica, di una scelta di dottrina che possa consentire di affermare che si va verso una forma corporativa. Si va verso una forma di partecipazione, di mobilitazione, di ricerca del consenso, indispensabile, necessaria se si vuole veramente che il mondo agricolo riprenda la sua funzione e la sua collocazione nello sviluppo civile del nostro Paese.
Non si tratta, quindi, di rafforzare un isolamento o di creare una situazione di autosufficienza e di privilegio, ma di rompere una condizione di emarginazione, di recuperare energie disperse, di concorrere alla ricomposizione di un'armonia e di una solidarietà sociale che si spezza quando il sottosviluppo, l'abbandono e la perdita di ogni prospettiva tocca un settore od un ambiente.
La preponderante presenza degli operatori agricoli e delle loro organizzazioni nel Consiglio di amministrazione non sposta la sede di elaborazione della politica agricola, ma assicura la collaborazione e l'apporto di esperienze e capacità che sono essenziali nelle fasi della formulazione dei programmi e della loro attuazione. Essa è, oltretutto, una garanzia contro i rischi di una burocratizzazione che è sempre presente in ogni organizzazione complessa. L'Ente di Sviluppo Agricolo non diviene così, la sede separata in cui si elabora e si attua la politica agricola ma lo strumento attraverso il quale si affrontano problemi permanenti nella luce della loro attuale emergenza, problemi che hanno quindi un alto contenuto di specificità. E' da aggiungere ancora, riallacciandomi a quanto ho detto nell'esordio, che in questa sede, a modesto avviso del relatore non possono trovare utile, corretta collocazione tutte le soluzioni di tutti i problemi che possono stare a valle della istituzione dell'Ente di Sviluppo Agricolo: in questa sede, noi dobbiamo configurare nel modo più corretto, più efficace, più pertinente, l'Ente di Sviluppo Agricolo in funzione della sua strumentalità, in funzione della sua capacità di valorizzare certe energie, identificando compiti fondamentali ed essenziali. E' indubbio che in ordine alla politica di programmazione, alle tecniche ed ai modi per ottenere la partecipazione in sede di elaborazione dei piani, in ordine alla politica del credito, alla politica zootecnica alla sostanza di tutta la politica agraria occorre una legislazione specifica, o una presa di posizione politica o amministrativa specifica, da parte degli enti, degli organi della Regione.
E' dunque una critica non accettabile, una critica che può essere, dal punto di vista concettuale, respinta tranquillamente quella di carenze, di mancanze in questa sede riferibili ad argomenti, a temi che toccano il merito della politica agraria. Questa sostanza della politica agraria dev'essere collocata in altra sede, posta a monte di tutto il corpo legislativo e della volontà politica che deve servire per disporre le modalità e gli strumenti di intervento. E quindi, le resistenze che qualche volta il relatore ha opposto anche ai Colleghi del proprio Gruppo in ordine a sollecitazioni, del resto fatte con estremo garbo e con tutte le perplessità che questa materia comporta, non sono state mai dovute ad un giudizio di merito sulla validità o meno di certi suggerimenti, ma proprio a questo forse eccessivo rigore metodologico, che comporta che la legge sull'Ente di Sviluppo Agricolo non sia una legge assorbente ogni materia ed ogni argomento che riguarda l'agricoltura. Così, pure garbate critiche, che per la loro sinteticità e modestia suonano più come consenso che come dissenso, trovano una facile risposta. Quando passeremo all'esame dei singoli articoli non ne parlerò in questa sede, per non abusare della pazienza del Consiglio -, vedremo come il coordinamento fra la Regione e l'Ente di Sviluppo e come la collocazione operativa strumentale dell'Ente siano garantiti. Quanto al timore che si accentuino d'altro lato momenti corporativi o di contrapposizione tra la elaborazione di una politica agraria che può avvenire nell'ambito dell'Ente e la Regione, mi pare sia stato ribadito ben chiaramente, non solo nella relazione, ma nelle norme che vengono all'esame del Consiglio, come "la sede di elaborazione e di sintesi - uso le stesse parole, per non falsare il concetto - permane viene rafforzata, nel Consiglio regionale". Quanto poi alla rappresentanza delle organizzazioni più rappresentative, se ne parla chiaramente nel secondo comma dell'art. 4, che prevede la costituzione del Consiglio di Amministrazione. Così come non mi sembra che l'esproprio debba trovar sede nella legge che istituisce l'Ente di Sviluppo Agricolo: se ci saranno norme che consentano che la Regione operi espropri, se le direttive attuate attraverso la legge dello Stato italiano attribuiranno competenze in materia particolare alla Regione, queste troveranno braccio secolare momento operativo e tecnico anche nell'Ente di Sviluppo Agricolo, ma sarebbe veramente un collocarci fuori dalla materia, esponendoci alla bocciatura della legge e a critiche molto fondate, inserire in questa sede dette questioni.
Se rileggiamo gli interventi raccolti in sede di consultazione rileviamo che questi rappresentano due momenti: un momento estremamente collaborativo, perché tutti gli intervenuti si erano piegati a studiare l'argomento con grande serietà, ed anche una spinta, un viatico, una sollecitazione a proseguire in questa direzione, ad andare fino in fondo all'approvazione dell'Ente di sviluppo agricolo. Io non mi soffermo a commentare i singoli articoli. Nella relazione, soprattutto in ordine ai due articoli di maggiore incidenza ed importanza - l'art. 2, che definisce i compiti, e l'art. 4, che definisce la costituzione del Consiglio d'Amministrazione - vi sono già alcune considerazioni, che i Consiglieri avranno letto o che potranno leggere facilmente anche nel corso di questa discussione. Mi riservo naturalmente, nei limiti consentiti dal Regolamento, di intervenire, quando me ne sarà offerta l'occasione, a spiegare il significato, la volontà di cui si sono caricate queste sintetiche norme nel corso del dibattito.



PRESIDENTE

Ringrazio il relatore, Consigliere Bianchi, della sua fatica e della sua opera. Come ho già detto in apertura di seduta, da parte dei Consiglieri Carazzoni e Curci è stato presentato un ordine del giorno per il non passaggio all'esame degli articoli del disegno di legge. In proposito, il Regolamento, al comma 2 dell'art. 38, stabilisce: "Prima della discussione generale ciascun Consigliere può sollevare la questione pregiudiziale, quella cioè che un dato argomento non si abbia a discutere, e la questione sospensiva, quella cioè che rinvia la discussione al verificarsi di scadenze determinate".
Al comma 3 è detto: "Dopo la discussione generale su un progetto di legge, prima del passaggio agli articoli, il Consiglio dovrà esaminare eventuali ordini del giorno diretti ad impedire il passaggio all'esame degli articoli".
Vi sono due possibilità di interpretazione dell'ordine del giorno: in esso infatti si fa riferimento alla ipotesi che il miliardo sia speso diversamente, lasciando impregiudicato anche il passaggio dell'ESAP. Come ho già fatto presente ai presentatori, riterrei di dare preferenza all'interpretazione che ha connessione con il terzo comma, nel senso che non vi sia condizione sospensiva ma indicazione di diverso indirizzo di spesa. Pertanto, metterei in votazione l'ordine del giorno al termine della discussione generale. Mi pare che sia la forma più corretta, e in mancanza di obiezioni la adotterei senz'altro.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Ferrarsi. Ne ha facoltà.



FERRARIS Bruno

Signor Presidente, Colleghi, i Colleghi della Commissione Agricoltura e del resto i Colleghi tutti, sanno quanta importanza noi annettiamo alla istituzione dell'Ente Agricolo, sia pure in una visione che è propria del nostro Gruppo, di non eccessivo entusiasmo nei confronti di enti ed aziende.
Nei confronti dell'Ente di Sviluppo Agricolo abbiamo fatto eccezione fin dall'inizio, direi fin dalla impostazione del dibattito statutario.
Abbiamo addirittura chiesto l'inserimento nello Statuto di un mio emendamento; avevo poi rinunciato ad insistere poiché i Colleghi, primi fra tutti quelli del mio Gruppo, mi avevano fatto presente che era pacifico che si arrivasse all'Ente di Sviluppo Agricolo, senza che occorresse inserire un articolo nello Statuto. Del resto, non a caso noi ci siamo misurati su questo argomento per primi, con la proposta di legge n. 13 del marzo 1972: riteniamo infatti indispensabile poter disporre di uno strumento idoneo ad affrontare i gravi ritardi esistenti nella agricoltura regionale.
Il collega Bianchi, infine, mi vorrà dar atto che, quando la maggioranza della Commissione ha compiuto una scelta assai diversa da quella da noi ipotizzata, ci siamo egualmente impegnati, con una serie di emendamenti, argomentando per trasformare e migliorare il testo della Giunta, che ora può essere definito il progetto del Consigliere Bianchi, o della maggioranza della stessa Commissione. Noi tutti non riteniamo che tale progetto sia adeguato alle esigenze per cui viene istituito l'Ente di Sviluppo Agricolo, e, soprattutto, aderente alla stessa ispirazione statutaria. Pertanto, in questa sede non ci limiteremo a motivare ancora una volta le ragioni di tali carenze: nel ripresentare una serie di nostri emendamenti, chiediamo subito al Consiglio tutto, cioè all'Assemblea sovrana, un esame degli emendamenti stessi, delle ragioni che addurremo a loro sostegno, non formale ma ponderato, in cui ci si mostri aperti alle nostre ragioni, le ragioni appunto di una componente che si attesta nei confronti dell'Ente di sviluppo in modo positivo.
Mentre non condividiamo l'ordine del giorno che preclude il passaggio degli articoli, chiediamo, se il dibattito facesse emergere la possibilità di un accordo, una pausa di riflessione, qualora si rivelasse necessaria a tal fine, in quanto riteniamo che anche in questo campo l'essenziale, il problema di fondo sia quello di far presto, ma soprattutto di far bene, il che presuppone, come già dicevo, che da parte della maggioranza si valutino attentamente le ragioni delle altre componenti politiche, soprattutto di una componente come la nostra, che si misura positivamente nei confronti di questo problema.
Ho già avuto occasione di complimentarmi, anzi, in sede di Commissione con il relatore collega Bianchi per la sua ampia ed ottima relazione scritta, che in gran parte egli ci ha qui illustrato. Peccato - l'ho già detto in Commissione e lo ripeto qui - che questa relazione e la esposizione del collega Bianchi stiano all'articolato del progetto di legge in discussione come un bello e buon cappello ad un vestito non certo di buon taglio e neppure molto ben confezionato. Infatti il relatore, che ha saputo, soprattutto nella relazione scritta, compiere un'ampia analisi della situazione in cui versa l'agricoltura regionale, individuandone le esigenze fondamentali, così come ha saputo sintetizzare rapidamente, in modo obiettivo e corretto, i vari apporti positivi culturali e concreti formulati da enti, organizzazioni e persone consultate ed emersi dalle diverse proposte di legge presentate in materia di enti regionali di sviluppo, non ha saputo, o non ha voluto, o non ha potuto, giacché il suo ruolo è stato, direi, decisivo e determinante nella stesura, o rifacitura dell'articolato, operare in modo che lo strumento giuridico corrispondesse adeguatamente a quelle premesse che egli stesso ha saputo indicare con indubbia efficacia e bella forma nella propria relazione. Non voglio compiere qui alcuno sforzo di carattere psicologico per spiegare una simile duplicità di atteggiamento da parte del relatore, anche perché assai più semplicemente e realisticamente la chiave interpretativa di questa dicotomia è di carattere meramente politico, cioè di scelta politica; il che ci conferma, anche in questo caso, come dal dire al fare ci sia di mezzo il mare.
Sta di fatto, e di ciò noi ci rammarichiamo assai, che l'Ente di Sviluppo Agricolo, se verrà varato nel corso di questo fatidico 21 febbraio, e nel testo presentato dalla maggioranza della VI Commissione non è quello per il quale ci siamo venuti battendo e si sono battute le Province piemontesi, i Sindacati operai, le Organizzazioni professionali dei contadini, i docenti e gli studenti della Facoltà di agraria già citati da Bianchi - ai quali abbiamo insieme riferito, nel corso di una affollata assemblea, ai tempi della consultazione -, le forze politiche più impegnate della nostra Regione, a partire dagli anni Sessanta fino all'avvento delle Regioni.
Non mi soffermo qui a riassumere i dibattiti e le "tavole rotonde" promosse dal CRPE: il collega Menozzi aveva in mano poco fa un libretto verde, che se non sbaglio contiene appunto il resoconto di una tavola rotonda.



MENOZZI Stanislao

Hai l'occhio di lince.



FERRARIS Bruno

Infatti, ci vedo abbastanza bene, e ci sento pure altrettanto bene. Non ricordo qui le iniziative dei sindacati operai, il progetto di legge presentato dalla CISL come organizzazione al Parlamento nazionale, o il progetto di legge presentato dalla nostra parte politica sempre al Parlamento nazionale. Né intendo riprendere e presentare qui, come alternativa a questo disegno di legge varato, o messo a punto, dalla maggioranza della stessa Commissione, alias Bianchi Adriano, la proposta di legge presentata dal mio Gruppo, cioè la proposta n. 13 del marzo 1972, con la quale da parte nostra si è offerto un contributo teso a ristrutturare, a realmente rifondare radicalmente le strutture trasferite dallo Stato, cioè gli Ispettorati agrari provinciali, gli Ispettorati compartimentali.
Noi ci eravamo fatti, con quella proposta di legge, portatori di una concezione di un disegno che individuava nell'Ente di sviluppo lo strumento operativo per eccellenza dell'intervento promozionale ed organizzativo per l'attuazione del piano regionale, per l'attuazione degli interventi pubblici in agricoltura, per la esecuzione dei piani zonali elaborati dal basso ed approvati dal Consiglio Regionale, e così via, prevedendo appunto di lasciare alle vecchie strutture, Ispettorati provinciali e regionali, da sfoltire, compiti prevalentemente amministrativi, burocratici, di statistica eccetera. Cioè, noi prefiguravamo un ente che mirasse a coinvolgere e ad associare le Amministrazioni provinciali, gli Enti locali le Comunità montane, in attesa dei comprensori, nella responsabilità della politica regionale, garantendo la partecipazione delle categorie interessate, senza però coinvolgerle in quelle funzioni pubbliche che sono di pertinenza delle forze politiche. Di qui la nostra proposta di passaggio all'Ente di Sviluppo delle funzioni pubbliche oggi affidate ai Consorzi di bonifica integrale, e così per i consorzi irrigui, e quindi le procedure relative ai poteri di esproprio eccetera. La partecipazione e la autogestione delle categorie interessate, problema per il quale abbiamo la massima attenzione ed il massimo interesse, era, nella nostra proposta prevista nelle forme più ampie e piene, ad un altro livello, al livello della elaborazione delle scelte di fondo dei piani zonali di sviluppo, e della gestione di ogni servizio, o impianto, o struttura per la conservazione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli come di ogni altro servizio previsto dai piani di sviluppo zonali.
Ho già detto che, dopo che la maggioranza ha respinto questa impostazione, discutibilissima senza dubbio e senz'altro forse troppo avanzata, in ogni caso radicalmente innovatrice, non ci si può rimproverare di non aver collaborato, spiegando tutto il nostro impegno, certo in senso critico ma costruttivo, attraverso innumerevoli emendamenti, ricercando la elaborazione delle altre Regioni, per la definizione ed il miglioramento della proposta portata oggi all'esame del Consiglio. Ci ha mossi in tale impegno, e ci muove tuttora, la consapevolezza dei danni subiti dall'agricoltura regionale e dall'azienda contadina in termini di mancati o scarsi investimenti.
Ricorderete la polemica che ho impostato in precedenza, l'anno scorso sul bilancio, sui 14, i 13 miliardi, per esempio, del FEOGA andati alla Toscana, andati all'Emilia, sul miliardo venuto alla Regione Piemonte. Non avevo detto che era colpa di Franzi. Fra le tante ragioni, avevo detto allora, e dico tutt'oggi che, certo, in Piemonte è mancato uno strumento come quello che ha l'Emilia, zonale, in grado di presentare progetti, ci che non hanno avuto modo di fare gli Ispettorati durante la gestione Franzi come Assessore dell'agricoltura e che non saranno in grado di fare durante la gestione Chiabrando se non si arriverà a dare ad essi attribuzioni diverse, o a disporre di uno strumento specifico. E questo anche perché è carente la cooperazione nella nostra Regione: una parte si è sviluppata in modo caotico proprio perché non assistita da alcun intervento finanziario tecnico e programmatorio (mi riferisco alle Cantine sociali). Anche in quel senso lo strumento "Enti di sviluppo" avrebbe potuto, può assolvere un ruolo.
Ci ha mossi, dunque, e ci muove questa preoccupazione dei danni subiti in passato, la consapevolezza che l'attuazione dei piani di sviluppo agricolo, la realizzazione dei grandi progetti settoriali per l'irrigazione, la zootecnia, il settore latte, quello risicolo, quello dell'orto- frutta, i grossi problemi della ricerca di mercato, la promozione e la realizzazione di impianti e strutture per la conservazione trasformazione e commercializzazione della produzione agricola e zootecnica e di carattere consortile e cooperativistico non potranno fare grandi passi avanti soltanto con leggi finanziarie, senza uno strumento operativo avente veste giuridica, e quindi propria autonomia, libertà di movimento nell' ambito, ben s'intende, delle scelte individuate nel piano regionale e secondo gli orientamenti del Consiglio e le direttive della Giunta.
Pur potendo affermare che tale nostro impegno ha sortito qualche modesto risultato, relativamente ad alcuni commi dell'art. 2, dobbiamo avanzare non poche riserve sull'articolo presentato dalla maggioranza della VI Commissione e sulla validità e capacità dell'Ente di Sviluppo, così come emerge dalle proposte di legge in esame, di assolvere i compiti che lo attendono, o meglio, di soddisfare le esigenze e le attese delle aziende agricole, soprattutto, di realizzare in concreto la scelta statutaria in materia di politica agricola di cui all'art. 4 dello Statuto, che è quella com'è noto, di favorire l'impresa singola ed associata, di coltivazione diretta e familiare, nella forma della proprietà e dell'affitto, e di determinare giusti rapporti sociali e civili condizioni di vita nelle campagne. Cioè, quest'ultima parte è un programma che si realizza attraverso, fondamentalmente, il Piano Regionale di Sviluppo, in cui l'Ente può poi intervenire nell'attuazione almeno delle opere minori a livello zonale.
Particolarmente negativi, infine, giudichiamo i punti a) e b) dell'art.
2, brutti anche nella stesura formale, contrariamente alla relazione, con i quali si dà ai Comuni ed agli Enti locali il diritto, riconosciuto, su nostra insistenza, peraltro, alle Comunità montane, perché lo stesso trattamento era riservato in generale anche alle Comunità montane, cioè si rifiuta il diritto di decidere, o quanto meno di pronunciarsi, sulla delimitazione delle zone e sulla programmazione zonale, cioè sui piani zonali di sviluppo agricolo. I Comuni vengono qui ridotti ad un ruolo di imprecisate partecipazione o consultazione da parte dell'Ente di sviluppo medesimo. A mio avviso è evidente che il Comune, l'Ente locale, l'assemblea elettiva in genere deve avere rapporto con il Consiglio, con la Giunta, non con l'Ente di sviluppo. Il secondo comma dell'art. 72 dello Statuto, su "Formazione e attuazione del piano", recita testualmente: "Il piano di sviluppo regionale si articola nei piani comprensoriali, e, per quanto riguarda l'agricoltura, in piani zonali, la cui formazione ed attuazione competono agli Enti locali nell'ambito delle competenze proprie e di quelle delegate dalla Regione, secondo i modi stabiliti dalla legge regionale". E poi prosegue: "Ai piani comprensoriali ed ai piani zonali di sviluppo agricolo è assicurato l'autonomo apporto dei sindacati, delle organizzazioni di categoria, degli organismi economici e delle altre forze sociali, anche attraverso forme permanenti di partecipazione e di consultazione".
Come si vede, o come si evince da una attenta rilettura dello Statuto si tratta di due momenti autonomi. Le varie soluzioni proposte dai commissari comunisti in merito non sono state però accolte: mi auguro che per lo meno non siano state respinte anche da parte dei compagni socialisti, che quando sedevano in Commissione come minoranza ed opposizione mi erano sempre sembrati condividerle.
Ora, una soluzione corretta, anzi, direi, la soluzione più corretta - e in questo sta una delle nostre critiche di fondo - poteva e doveva essere trovata, e può ancora e deve essere trovata, dal Consiglio inserendo un articolo che, pur senza introdurre la parte del nostro progetto di legge (che era assai vasta, complessa ecc. ecc.) relativa all'articolazione zonale, come è stato però ancora in questi giorni richiesto e sollecitato dai sindacati unitari CISL, CGIL, UIL, con le osservazioni che hanno fatto pervenire, credo, all'Assessore ed a tutti i Capigruppo, eventualmente mutuato, se difettiamo di fantasia, dalla proposta di legge della Giunta della Regione Lombarda, che è pur essa una Giunta di Centro- Sinistra. Io non so che fine abbia fatto la proposta...



MENOZZI Stanislao

E' stata ritirata.



FERRARIS Bruno

Forse è stata ritirata perché hanno rinunciato a creare l'Ente di Sviluppo, ed allora è un altro discorso. Comunque, quando la Giunta l'ha discussa, approvata e presentata al Consiglio, vi è stato pieno accordo su quell'articolo 6 che ho letto tante volte in Commissione, e che voglio leggere una volta ancora qui: "Nelle zone agricole delimitate con decreto del Presidente della Giunta Regionale - naturalmente su questo potremmo non essere d'accordo - le consulte zonali istituite con apposita legge, procedono alla individuazione dei problemi connessi con lo sviluppo agricolo e socio-economico e propongono il programma delle opere con l'indicazione del grado di priorità da attribuire a ciascuna di esse ecc.". E' una formula possibile.
In ogni caso, in via subordinata, noi proporremo altri emendamenti per correggere la portata negativa ed antistatutaria dei punti a) e b), per i quali va in ogni caso reso esplicito che le proposte elaborate dall'Ente di sviluppo devono essere sottoposte alla deliberazione del Consiglio regionale. Ci è stato detto più d'una volta in Commissione che questo è esplicito, ma sull'esplicito non c'è mai sicurezza, è sempre meglio esplicitare nelle leggi. Noi chiediamo che la deliberazione del Consiglio avvenga tenendo presente anche il pronunciamento delle assemblee elettive.
Tralascio una serie di questioni minori e vengo al secondo gruppo di problemi, avente ancora una rilevante importanza politica. Mi riferisco anzitutto ai poteri del Consiglio regionale. L'art. 72 dello Statuto, a proposito di enti, attribuisce alla Regione, e quindi al Consiglio, come è detto nel comma b) dell'art. 16, le funzioni di indirizzo, coordinamento e controllo degli enti e aziende. La proposta di legge, per quanto già migliorata, esautora totalmente o quasi il Consiglio, sia nella formazione degli organi dell'ente sia nel controllo della sua attività e della sua gestione (cioè approvazione dei bilanci, approvazione dei programmi eccetera). Altrimenti, a che serve statuire che l'Ente di Sviluppo Agricolo è strumento operativo della Regione, se poi questo termine si perde, si annulla, e per Regione, anziché Consiglio Regionale, come si dovrebbe leggere a sensi dell'art. 16 punto b), si intende invece sempre e soltanto la Giunta? Questo è uno degli equivoci che investono anche altri aspetti di questa proposta di legge, ad esempio la grossa questione della autogestione. Noi nella nostra proposta avevamo previsto, è vero, una presenza prioritaria delle organizzazioni di categoria, ma non siamo affatto contrari, in se e per s'è, ad una presenza maggioritaria. Nella nostra proposta era tale la massa di compiti e di funzioni di carattere pubblico che non ci sembrava n giusto né necessario coinvolgere le organizzazioni in quelle funzioni: la nostra riserva era di quella natura. Personalmente, posso avere un'altra riserva, ed è quella che per un dirigente di una organizzazione contadina è preferibile non essere coinvolto in responsabilità che poi, alla fin fine gli vengono sottratte. Come avviene qui, del resto. Perché non è il caso di gongolarsi di aver ottenuto la autogestione quando si tratta, come in questo caso, di una autogestione assai limitata, visto che è lasciata al Presidente della Giunta la scelta del presidente e del direttore dell'Ente se queste due persone hanno i compiti e le competenze che la legge loro attribuisce. Ma questa è una tesi proprio mia personale, che sostengo per l'esperienza che mi son fatta in qualità di ex dirigente di una organizzazione contadina.
Se si vuol dare una maggioranza alle organizzazioni, la si dia pure: valuteremo dopo se questo coinvolgimento delle organizzazioni, e soprattutto della organizzazione maggioritaria, nella cogestione di questo Ente avrà reso o meno, o avrà invece diminuito, l'autonomia, la combattività, la volontà rivendicativa della organizzazione, o delle organizzazioni, nel loro insieme, rendendole responsabili di ritardi, di ignavie, di pigrizie che purtroppo si possono sempre verificare. Sia pur rispettando al massimo questa volontà delle organizzazioni, si salvino almeno le prerogative del Consiglio, sia il Consiglio ad eleggere il Consiglio d'amministrazione dell' ESAP, e non si stabiliscano per legge rapporti non equi, per non dire iniqui, della ripartizione dei rappresentanti delle varie categorie e fra le varie organizzazioni sindacali. Noi riteniamo per esempio, non equa la presenza di quattro rappresentanti della Unione Agricoltori, o meglio degli imprenditori, e di tre soli rappresentanti dei lavoratori.



CARAZZONI Nino

Anche noi ne vogliamo quattro.



FERRARIS Bruno

Evidentemente il rapporto non è equo. Così come non riteniamo equa la esclusione di qualsiasi rappresentante dei lavoratori, coloni e mezzadri organizzati nei sindacati salariati e braccianti. Così come non riteniamo adeguata la rappresentanza, alla stessa stregua, della cooperazione agricola e delle associazioni dei produttori, soprattutto in presenza di un impegno generale per lo sviluppo dell'associazione fra i produttori: se parliamo di tre rappresentanti delle cooperative, per me va bene, ma se parliamo di cooperazione, intendendo le tre organizzazioni della cooperazione, poi mettiamo associazione, magari facendovi entrare gli allevatori, e via di seguito, allora se non mi volete parlare di allevatori bisognerebbe parlare di associazioni in generale, e allora, certo, ci sono nuove associazioni dei produttori, previste nelle direttive e nel disegno di legge di cui abbiamo discusso questa mattina, che tutti dichiariamo sempre, e le organizzazioni professionali dichiarano sempre, di voler promuovere e sviluppare. Si adegui anche questa rappresentanza, se vogliamo avere veramente le organizzazioni che conteranno.
La stessa cosa dicasi per la ripartizione dei 15 coltivatori diretti fra le varie organizzazioni. Si propone di assegnarne 12 alla organizzazione maggioritaria e 3 a quelle minoritarie. Personalmente ripeto ancora una volta, preferisco che non si dia alcuna indicazione piuttosto che si fissi un rapporto non equo, e che sia la Giunta a misurarsi con le varie organizzazioni per cercare con esse un accordo: la Giunta potrà anche non dare alcun posto alle organizzazioni minoritarie assumendosi ovviamente le sue responsabilità per questa decisione; ma per quanto mi riguarda personalmente stabilire qui un rapporto di 12 a 3 sarebbe già un motivo di fiera opposizione. Non si possono sancire simili rapporti in una legge destinata a durare nel tempo.
Naturalmente, su tutti questi aspetti, e sugli altri, quali l'approvazione dei bilanci, dei programmi, la composizione del Collegio dei Sindaci eccetera, sui quali per brevità ora io non mi soffermo, abbiamo già consegnato all'Ufficio di presidenza un nutrito gruppo di emendamenti (che però andranno modificati) - in quanto abbiamo riscontrato che nella copiatura sono stati commessi errori macroscopici.
E' ovvio che il nostro atteggiamento finale dipenderà dalla disponibilità della maggioranza. A questo punto ripeto quanto avevo detto all'inizio: se ogni gioco non è già chiuso, non è già fatto, se questo Consiglio non è una semplice cassa di risonanza di decisioni assunte fra cinque o sei persone (mi riferisco alla Commissione Agricoltura, ove non siamo mai più di cinque o sei, mai sono presenti tutte le forze politiche: alle conclusioni su questa proposta siamo arrivati con la presenza di PCI DC e liberali), io mi permetto di ripetere la richiesta che avevo fatto prima: sia concessa una pausa di riflessione, alla fine del dibattito generale, una sospensione per consentire un incontro che produca qualche risultato positivo, un risultato positivo soprattutto sulle grosse questioni che noi abbiamo posto e che riteniamo siano decisive; se vogliamo che questo Ente, che è il primo che ci si avvia a costituire - e che sarebbe forse bene fosse il primo e l'ultimo, il solo - nasca bene ed assolva le funzioni cui lo vogliamo destinare, senza annullare funzioni di altri Enti, come Comuni, assemblee elettive, e sia il più possibile vicino adeguato, rispettoso della ispirazione statutaria su cui mi sono lungamente soffermato.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SANLORENZO



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Gerini, ne ha facoltà.



GERINI Armando

Signor Presidente, Colleghi, un Ente di sviluppo dell'agricoltura, se attuato, rappresenterebbe il risultato di una politica agraria più significativo tra quelli realizzati non solo dalla nostra ma da tutte le Regioni a statuto ordinario. Il Piemonte sarebbe infatti la prima Regione non a statuto speciale a dotarsi di questo strumento, che, là dove è stato attuato, è sempre stato istituito con legge dello Stato. Il dibattito si presenta, dunque, assai impegnativo ed investe temi ed argomenti che vanno al di là di una semplice questione di tecnica legislativa. Nel portare il nostro contributo cercheremo di evitare alcuni rischi che sono insiti nella stessa materia in esame e che paiono difficilmente evitabili.
Vi è innanzitutto il rischio dell'astrattezza, quello che consiste nel considerare l'Ente di sviluppo quasi avulso dalla realtà in cui è chiamato ad operare. Vi è poi quello del nominalismo, di ridurre cioè il tutto ad uno sterile confronto tra diverse e divergenti impostazioni ideologiche.
Infine, vi è il rischio corporativo, di prendere cioè consapevolmente o inconsapevolmente le difese di questa o quella categoria di addetti all'agricoltura.
Per parte nostra, il dibattito sull'ESAP deve essenzialmente muoversi in due direzioni: da un lato, si tratta di operare una ricognizione sullo stato dell'agricoltura piemontese, che è l'unico ed autentico destinatario del progetto di legge; dall'altro, affrontare i problemi per così dire di ingegneria istituzionale che l'introduzione di questo nuovo Ente comporta.
Si tratta, in definitiva, di dare risposte chiare a due tipi di domande precise: - potrà l'ESAP inserirsi in maniera utile nella esistente struttura degli organi regionali? E quali problemi creerà per effetto dei rapporti che si instaureranno con gli organi dello Stato? - qual è la reale situazione dell'agricoltura piemontese? E' tale cioè da richiedere l'introduzione urgente di uno strumento di intervento di cui altre Regioni sentono la necessità in maniera meno impellente? Queste domande, in un certo senso, potrebbero aver trovato risposta nel corso del lungo, e in definitiva proficuo, dibattito in Commissione che ha preceduto e seguito la presentazione delle varie proposte di legge. Ma l'impressione è che si tratti pur sempre di risposte parziali e non completamente soddisfacenti. La difficoltà consiste ancora oggi, a nostro parere, nella traduzione normativa corretta di alcune esigenze, più o meno sentite, traduzione che urta contro una serie di ostacoli di natura tecnico giuridica ed istituzionale a prima vista poco superabili. Ma vi è anche qualcos'altro di forse più importante: possiamo cioè dire di conoscere veramente l'agricoltura piemontese? Siamo certi che le condizioni della nostra agricoltura siano così gravi, o siano diventate così gravi, negli ultimi mesi al punto da spingere la Giunta a riesumare un progetto destinato ad essere discusso in una situazione complessivamente più chiara? Se così fosse, le difficoltà tecniche e giuridiche potrebbero essere superate da una solidale volontà politica che, individuati i difetti da eliminare e l'indirizzo delle modifiche, potrebbe mettere a punto le strategie di intervento necessarie, tra cui l'istituzione di un Ente di Sviluppo rientra nel novero delle misure possibili.
Se, al contrario, così non fosse, se le conoscenze fossero soltanto approssimative, e vaghe le linee di intervento, se, insomma, l'Ente di Sviluppo servisse solo a dimostrare che la nuova Giunta di Centro-Sinistra è in grado di produrre qualcosa, allora correremmo il rischio di creare un organismo nato malato e destinato a rinverdire i fasti, o meglio i nefasti di tanti Enti inutili che languono e prosperano solo a carico dei pubblici bilanci.
Ci sembra pertanto opportuno prendere le mosse da qui, perché è indubbio che un discorso sullo stato della nostra agricoltura è preliminare persino rispetto agli aspetti istituzionali.
I dati disponibili sull'agricoltura piemontese ci presentano un quadro non molto chiaro, e spesso contraddittorio. Ci limiteremo, naturalmente, ad alcuni aspetti significativi ed essenziali, come ad esempio il dato sulla popolazione attiva in agricoltura.
Il rapporto I.R.E.S. stima in 273.000 unita l'organico dell'agricoltura piemontese del 1970. Coloro che hanno superato i 45 anni di età sarebbero il 61%, gli ultrasessantenni il 30,6% e le donne il 27,5%. La relazione della Giunta parla invece genericamente di 210.000 unità lavorative, 63.000 unità in meno stima l' I.R.E.S. Ora, tra i due qual è il dato esatto? Il dato sulla popolazione è fondamentale, perché un errore fatto qui finisce per inquinare tutti gli altri dati. Proviamo, ad esempio a metterlo a confronto con quello della produzione lorda vendibile per addetto, che sarebbe, secondo la stima dell'I.R.E.S., di L. 2.121.000 nel 1970.
Supponendo che la produzione lorda vendibile sia rimasta la stessa del '70 calcolandola in moneta dell'epoca e poi dividendo per la nuova cifra di 210.000, avremo una produzione lorda vendibile per addetto di 2.760.000 abbastanza vicina alla stima dell'I.R.E.S. per il 1975, e, di conseguenza anche un reddito netto per addetto abbastanza soddisfacente.
Noi non sosteniamo che sia così, ma, ragionando per assurdo, è certo che, se quel dato è esatto, ne derivano conseguenze che annullano importanti affermazioni contenute nella relazione, quale ad esempio quella che così recita: "l'Ente di Sviluppo Agricolo fonda la sua ragion d'essere sull'indilazionabile esigenza del conseguimento degli obiettivi del programma di sviluppo economico regionale". Infatti, se la meta del piano fosse praticamente raggiunta dal punto di vista del reddito, che è quello più importante, come risulta dal dato di 210.000 addetti, probabilmente l'esigenza rimarrebbe, perché i redditi agricoli sono comunque sempre troppo bassi, ma non sarebbe più un'esigenza così "indilazionabile" da giustificare la creazione dell'ESAP a tamburo battente.
Un altro aspetto significativo ed indicativo della confusione che c'è in questo campo è poi dato dal persistere di un criterio statistico abbandonato in tutti i Paesi europei: quello cioè di considerare aziende quegli appezzamenti minori, inferiori all'ettaro, che il Piano Mansholt considera non coltivabili se non per l'autoconsumo. Così se depuriamo il numero delle aziende da questo, che rappresentano il 23,5% del totale, le aziende scenderebbero a circa 220.000 e la media aziendale sarebbe di 9,4 ettari contro le 274.000 aziende con 7,15 ettari; saremmo, cioè, in una situazione strutturale decisamente migliore. Queste considerazioni non intendono portare a conclusioni definitive, ma mettere in luce un fatto singolare ed importante, e cioè che la conoscenza media delle strutture della nostra agricoltura o dipende, forse, dalle personali esperienze e sensazioni di ciascuno o finisce con l'affidarsi alla genericità dei grandi numeri statistici.
Si potrebbe continuare con altri esempi, ma vi sono aspetti forse più importanti ai quali è necessario riservare attenzione. La gamma delle derrate agricole prodotte in Piemonte è molto vasta. Ricorda la Giunta testualmente che "si va dalla coltivazione del riso a quella della vite dalla produzione del grano a quella degli ortofrutticoli, dal mais ai boschi e alle foreste. Inoltre, anche la zootecnia vede il territorio piemontese all'avanguardia tra le Regioni italiane per la produzione di carni bovine, di pollame e conigli, di carni suine e perfino di carni equine ed ovino-caprine" (così è detto testualmente in un punto della relazione).
Una tale diversificazione, se si trascurano gli aspetti patologici, è un merito dell'agricoltura piemontese, il quale è certamente tra i meglio preparati professionalmente; tuttavia, la capacità di passare abbastanza agevolmente da un tipo di produzione ad un altro, generalmente diffusa, se aiuta l'agricoltore, spesso confonde le idee al programmatore. Eppure, non si può trascurare il fatto che l'agricoltore è giustamente sensibile all'andamento dei prezzi sui vari mercati, non solo nazionali ma anche europei ed extraeuropei. Tali fattori, importantissimi per l'agricoltore (si veda per esempio l'incremento delle semine di frumento che si è avuto per effetto dell'aumento del prezzo del prodotto, e così dicasi del mais) hanno la caratteristica di essere poco governabili e di verificarsi in tempi brevi ed imprevedibili. Le famose colture di rapina di cui parla sempre Bertorello alla VI Commissione.
E' dunque possibile incidere in maniera efficace e tempestiva sulla destinazione di superfici agrarie significative, e questo senza intaccare il margine di discrezionalità che spetta ad ogni operatore economico diritto che gli deriva dalla stessa Costituzione? O non è più facile che le direttive dell'ESAP, se si adotteranno i criteri proposti dalla Giunta siano destinate in partenza a giungere ai destinatari quando quei problemi sono già stati risolti ed altri diversi ne sono sorti? Noi pensiamo che in questo interrogativo ci sia buona parte di verità, e, non per essere maghi ma perché le esperienze del passato sono istruttive a questo proposito.
Questo tema introduce quello delle zone e della loro delimitazione, che è uno dei temi centrali del progetto in discussione.
Finora, la suddivisione in zone è stata operata dall'I.R.E.S., e indubbiamente la metodologia seguita ed i risultati ottenuti paiono corretti. Ma fino a che punto i criteri a suo tempo seguiti sono ancora validi? Tutta la realtà, anche quella agricola è in movimento; chi ci garantisce allora che colture prevalenti in certe zone qualche anno fa oggi lo siano ancora, o che altri fattori, magari esterni all'agricoltura abbiano radicalmente mutato le condizioni socio-economiche di certe aree? La verità è che, magari, i piani di zona possono essere strumenti di programmazione concettualmente validi, ma che lo sono molto meno dal punto di vista pratico. Prendiamo l'esempio dall'esperimento di piano di zona svolto dall'I.R.E.S. in alcuni Comuni della provincia di Asti qualche anno fa. Si tratta indubbiamente di un lavoro interessante, accurato e sicuramente utile; ma può essere preso ad esempio per tutte le zone e sottozone della Regione? Quale sarebbe il costo di un simile gigantesco lavoro? E quali sarebbero i tempi tecnici necessari per analizzare l'intera superficie regionale? E non c'è il rischio che, una volta che il lavoro sia finito, diventi meno essenziale perché nel frattempo sono passati anni? Questi interrogativi, che sono interrogativi seri, introducono l'altro aspetto del problema, che se, forse, interessa meno agli agricoltori, certo deve preoccupare il legislatore regionale. Intendiamo parlare delle varie e complesse questioni istituzionali collegate al tema in discussione. Dicevo in apertura che gli Enti di sviluppo fino ad ora sono stati tutti istituiti con legge dello Stato. E' indubbio che i poteri dello Stato non sono molto più ampi di quelli della Regione e i vincoli da cui esso è condizionato meno stretti. Eppure, nonostante lo Stato goda di una discrezionalità che alla Regione non è data, e pur avendo dettato norme formalmente ineccepibili e precise, esso, secondo una valutazione unanime, non è riuscito a creare con gli Enti di sviluppo organismi efficienti, vitali ed economicamente molto validi. Il termine potrà suonare sgradito a qualcuno e anche far torto alle poche eccezioni - se vi sono -, ma, certo è che la parola "carrozzoni" sembra del tutto adatta a definire la reale natura e il traballante funzionamento degli Enti di sviluppo là dove sono stati costituiti.
Si potrà obiettare che là dove non è riuscito lo Stato potrà riuscire la Regione, visto che la Regione opera a più diretto contatto con i problemi concreti e locali ed è meno soggetta ai rischi della involuzione burocratica. E' possibile, ed è possibile anche per noi. Secondo noi, per non lo è ora, non lo è in questo momento.
Infatti, la persistente fluidità dei rapporti tra Stato e Regione da un lato e tra Regione e gli Enti locali dall'altro impedisce il formarsi di un quadro di riferimento stabile, con la conseguenza che è impossibile attribuire a maggior ragione competenze precise ad organismi spuri ed atipici come quello di cui stiamo parlando.
Ne derivano, sostanzialmente, due possibilità e due strade. La prima è quella tentata dal progetto di legge comunista, che certo ha una sua logica interna ben caratterizzata, ma che non è, né la logica del sistema, n quella delle istituzioni, e questo perché non tiene conto delle connessioni tra le istituzioni regionali e quelle statali, mentre ignora quelle comunitarie. E la conseguenza è che questo progetto non avrebbe la possibilità di vedersi realizzato neppure in una Regione in cui il PCI avesse la maggioranza assoluta. L'altra strada è quella seguita dalla Giunta: la strada cioè, della genericità e di alcune imprecisioni. In fin dei conti essa consiste nel lasciare irrisolti i molteplici problemi, o per meglio dire, lasciarli risolti a metà, così che essa pare destinata a finire nel vicolo cieco della poca efficienza, a concludersi, cioè in quel poco cui sono giunti tutti o quasi tutti gli Enti di sviluppo operanti in Italia.
Con ciò non si vuol dire che un Ente di intervento in agricoltura agile, operativo, rappresentativo delle varie componenti del mondo agricolo non sia utile. Certo lo è, anzi, in un certo senso è indispensabile. Ci che si vuol dire è che un tale Ente non può essere seriamente costituito ora, perché ora mancano alcune condizioni di base senza le quali ogni tentativo è destinato a fallire o a dare pochi frutti.
Quali sono queste condizioni? La prima e più importante è quella che la relazione della Giunta sembra considerare come già operante: ci riferiamo alla politica comunitaria delle strutture che interessa il Piemonte, per esempio le province di Alessandria, Asti, e tutta la fascia alpina, quelle zone, cioè, dove l'attività agricola è economicamente più debole e la situazione sociale più grave, dove, cioè, si richiedono maggiori interventi.
La verità è che la politica delle strutture è stata iniziata da altri Paesi più fortunati del nostro, mentre da noi si sta discutendo blandamente da mesi su un progetto di legge consegnato al Governo Andreotti ai competenti organi della CEE in aprile, che ha ottenuto in giugno il parere favorevole della Comunità e che a giugno è stato consegnato alla Presidenza delle Camere. Se ne discute senza alcuna volontà di giungere alla votazione, con un atteggiamento irresponsabile se si pensa che la approvazione di tale legge aprirebbe un flusso di denaro per investimenti che compresi gli arretrati giacenti dal 1968 presso il FEOGA, arriverebbe quasi a compensare il flusso di denaro necessario per far fronte al fabbisogno del Paese di carne bovina. E se ne discute sollevando questioni che il decreto delegato sull'agricoltura ha già risolto, magari male. Ma conviene oggi soffermarsi su quel che è stato? La Corte Costituzionale si è espressa negando che le Regioni possano avere rapporti diretti con la Comunità per il fatto che le Regioni non sono Stati sovrani. Da parte del PCI, in particolare, questa ipotetica capacità di diritto internazionale delle Regioni è sostenuta con motivazioni speciose. Ragioni di ordine costituzionale fanno pensare che non è ipotizzabile il trasferimento della potestà di deliberazione in questa materia alle Regioni a statuto ordinario. Ne deriva che il vagheggiare rapporti diretti tra Torino e Bruxelles è, nella migliore delle ipotesi, un'esercitazione letteraria e nella peggiore un tentativo di frenare il già tanto tormentato processo di integrazione europea.
Tutto fa pensare che la soluzione che finirà con il prevalere sarà quella della delegazione dei poteri, e qui certo è legittima la discussione sulla maggiore o minore ampiezza di tale delega. Certo è che anche da un primo sommario esame la delega prevista nel disegno di legge n. 2244 appare molto più ampia di quella attuata con il D.P.R. 15.1.72 e soprattutto molto più precisa. Per l'attuazione della Direttiva 159, ad esempio, saranno esclusivamente gli organi della Regione ad essere investiti delle varie fasi della attività tecnica, amministrativa e decisoria relativa ai piani di sviluppo che le aziende dovranno presentare per essere ammesse ai benefici del regime selettivo di aiuti; e inoltre tali piani dovranno adeguarsi alle indicazioni regionali per le singole zone. Alla Regione sarà affidata la gestione dell'enorme problema della contabilità delle aziende altro requisito indispensabile per ottenere i contributi della CEE.
Un ruolo decisivo sarà giocato dalla Regione anche nella applicazione della Direttiva 160. Spetterà alla Regione concedere i nulla-osta per la concessione delle pensioni, quelli per l'acquisizione di terreni lasciati liberi dai coltivatori anziani come quelli per la concessione dei premi di apporto strutturale. Per la 161 spetteranno alla Regione compiti e funzioni preminenti nel settore dell'informazione socio-economica, in quello della formazione e del perfezionamento dei consulenti socioeconomici, della capillare divulgazione di notizie utili agli operatori agricoli e della qualificazione delle persone che lavorano in agricoltura. In conclusione se questo disegno di legge n. 2244, che a qualcuno appare antiregionalista diventerà legge dello Stato anche così com'è, la competenza delle Regioni in materia di agricoltura risulterà enormemente accresciuta, e questo solo fatto impone una riconsiderazione radicale dei modi di operare della Regione in questo settore.
Certo, le competenze di tipo tecnico-amministrativo dell'Assessorato all'Agricoltura e degli organi da esso dipendenti sarebbero prevalenti, ma è indubbio che alcune di queste materie coinvolgerebbero anche altri Assessorati regionali; inoltre, per ciascuna di queste materie l'operatività a tempi brevi è un'esigenza molto accentuata.
In quest'ambito diventa necessario, forse indispensabile, un organismo agile e snello, che da un lato studi ed imposti i problemi, dall'altro ne curi la soluzione pratica. Questo organismo potrà anche conservare il nome di Ente di Sviluppo o prenderne un altro (la questione è priva di importanza), ma è certo che dovrà essere completamente diverso dal modello proposto dalla Giunta nel suo progetto. Dovrà avere compiti ben definiti organi di staff e di "line", differenziati a seconda delle materie di competenza, responsabilità non solo di ordine politico e tali da impegnarlo ad una costante correttezza gestionale ed amministrativa, essere, insomma un Ente al servizio dell'agricoltura e dei suoi addetti, e non una bardatura imposta sulle sue spalle.
Sarebbe fuori di luogo approfondire questo disegno oggi, perché il quadro a cui si riferisce non è una legge ma solo un disegno di legge.
Certo è che a noi questa pare, in prospettiva, una alternativa seria allo scarno disegno di legge che la Giunta ci presenta ed anche un'alternativa al progetto comunista, centrato, più che sulla Regione, sugli Enti locali minori.
Il problema del ruolo degli Enti locali, e non solo di quelli, è un problema che non viene affrontato seriamente dal progetto di cui si discute. Tutto viene lasciato al caso, o meglio alla discrezione della Giunta, o dell'ESAP stesso. Che ruolo debbano avere le Province ed i Comuni non è detto, se si esclude il rimando ad una prassi di consultazione che spesso ha rivelato evidenti limiti di concretezza. Province e Comuni paiono decisamente sotto rappresentati, anzi non rappresentati, negli organi direttivi. E, in più, non una parola si spende sui rapporti tra l'ESAP ed organismi che operano nella Regione con compiti di istituto analoghi, come ad esempio l'Ente nazionale risi ed altri, che sono Enti interregionali. Le Camere di Commercio sono ignorate, eppure le Camere di Commercio hanno compiti di istituto rilevanti in materia, ed hanno attrezzature di rilievo.
Qualcuno potrà dire che non si dice niente, ma che si lascia aperta la strada a tutto; che il richiamo ad "Enti, Istituti ed uffici esistenti" è presente all'art. 2 e che queste critiche non hanno ragione d'essere. Per noi, invece, questa indeterminatezza, questa genericità è una delle ragioni fondamentali di critica al progetto. La genericità spalanca, a nostro giudizio, la porta a qualsiasi degenerazione e induce alle peggiori tentazioni. Quando, come si fa, si lascia alla Giunta un margine di discrezionalità così ampio come quello previsto all'ultimo comma dell'art.
2 e che con emendamento soppressivo tentiamo di eliminare, è certo che non si fa una buona legge, ma più probabilmente una legge ad usum delphini - e i delfini non sono di sicuro gli addetti all'agricoltura.
Quale, allora il nostro atteggiamento? Noi pensiamo al futuro dell'agricoltura piemontese, certi che esso è inscindibile dal futuro dell'intera Regione, ma sappiamo che buona parte di esso è legata alle istituzioni europee. L'Europa in questo settore ha fatto molto: come al solito, chi finora ha mancato al proprio compito è il Governo nazionale.
Una prima azione dovrebbe essere quella che tende a sollecitare il Governo a presentare in aula con procedura d'urgenza il progetto già approvato dalla Comunità. Qualora approvata la legge di recepimento delle Direttive comunitarie avrebbe in pratica la funzione di legge-quadro per l'agricoltura, eliminando così quella sensazione di impotenza che le Regioni provano, e noi tra queste.
Nel frattempo, chi ha responsabilità primaria alla Regione non dovrebbe fare altro che mettere in pratica i propositi enunciati nella relazione, e che non trovano nel testo delle legge adeguato strumento di attuazione.
L'Assessorato all'Agricoltura, l'IRES, l'università che ha reclamato una propria presenza attiva, gli Enti locali e le Associazioni di categoria possono dare il loro contributo al problema principale, che è quello di conoscere. Quando la situazione consentirà di agire, allora il discorso su un Ente di diritto pubblico col compito istituzionale di operare in agricoltura potrebbe venire seriamente ripreso.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Carazzoni, ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la Giunta Calleri aveva concluso la propria attività con il varo della demagogica legge per la concessione gratuita dei libri di testo agli studenti della scuola media inferiore, legge finita come doveva finire e come da noi esattamente previsto.
La Giunta Oberto inizia sostanzialmente la propria attività con la presentazione dell'assurda legge per la istituzione dell'Ente di Sviluppo Agricolo del Piemonte.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Spero in un finale diverso.



CARAZZONI Nino

I confronti - si dice - sono sempre antipatici: ma poiché, nell'ultima seduta, alcune maliziose sottolineature del Presidente della Giunta in cordiale colloquio con il Capogruppo comunista, ci hanno dato motivo di pensare che, in fondo, all'avv. Oberto i confronti non abbiano a dispiacere, ebbene allora noi ci permettiamo di dire che - sulla strada delle iniziative inutili quando non dannose - l'esecutivo in carica certo sta marciando con maggiore speditezza che non il precedente.
In verità, v'è da rimanere sorpresi per la rapidità con la quale - dopo essere rimasta in Commissione per mesi e mesi - questa legge è stata portata all'esame dell'Assemblea. E forse non è estraneo a tanto svelto procedere l'avvenuto "cambio della guardia" al vertice dell'Assessorato all'Agricoltura, se è vero ciò che si sussurra, vale a dire che il collega Franzi sarebbe caduto da questo prestigioso incarico per essersi reso colpevole - non avanti al mondo agricolo piemontese, ma agli occhi della Coltivatori Diretti - di certe esitazioni e di certi indugi nel varo dell'ESAP....
V'è da rimanere sorpresi, dicevamo, e oltre che sorpresi - come noi lo siamo - allibiti: perché tutto potevamo attenderci, tranne il fatto che questa Regione - questa Regione che sino ad oggi non ha dato e non ha saputo dare alcun apprezzabile segno di vita - all'improvviso volesse giustificare e qualificare la propria esistenza... con l'Ente di Sviluppo Agricolo! E badate - colleghi Consiglieri - non è che noi annotiamo questo solo per rimarcare che - prima di sposare questa scelta - la Regione Piemonte molto meglio avrebbe fatto a ben riflettere sulla fallimentare esperienza che - ovunque sono stati costituiti - gli Enti di Sviluppo Agricolo hanno prodotto.
Certo, una meditazione di questo tipo sarebbe stata opportuna ancorch doverosa: e, forse, ponendo mente ad esempio ai risultati disastrosi sin qui ottenuti con siffatte iniziative nelle Regioni a statuto speciale od a statuto ordinario, un legislatore saggio avrebbe stimato cosa prudente procrastinare nel tempo certe decisioni, giustamente preoccupandosi per le prove clamorose di incapacità, di corruzione, di clientelismo altrove offerte dagli Enti di Sviluppo Agricolo.
Ma forse il buon tempo della tradizionale saggezza piemontese - se mai è esistito - sta ormai definitivamente alle nostre spalle. Comunque, questo sull'opportunità del fare tesoro delle altrui negative esperienze, è tutt'altro discorso che pur varrebbe la pena di fare ma che - al punto in cui sono state precipitate le cose - noi risparmieremo all'Assemblea.
Piuttosto, quando dichiaravamo il nostro stupore per l'improvvisa decisione di varare l'Ente di Sviluppo Agricolo, noi intendevamo dire che è veramente sconcertante che questa Regione - che in tre anni altro non è riuscita a fare se non a varare alcune leggine settoriali, quando non addirittura clientelari, che in tre anni ha aperto sì l'"ambasciata di rappresentanza" a Roma, ma ancora non ha saputo risolvere in modo razionale il problema della propria sede a Torino; che in tre anni, pur avendo preso in forza oltre 1.000 dipendenti, tuttavia non è stato in grado di promulgare una legge organica per l'inquadramento del personale e per l'ordinamento degli uffici - questa Regione, dicevamo, di colpo avverte l'esigenza improrogabile di sopravanzare molte altre Regioni a statuto ordinario e di dare vita all'Ente di Sviluppo Agricolo! Viene naturale e spontaneo chiedersi - crediamo che questa sia anche la domanda del cittadino "non addetto ai lavori" - se non vi fossero da affrontare altri problemi più urgenti - viene naturale e spontaneo domandarsi, soprattutto, se l'agricoltura piemontese avesse proprio necessità d'un intervento regionale di questo tipo. Tanto più poi - ci si consenta l'inciso - in un momento in cui l'opinione pubblica rabbrividisce al solo sentir parlare di Enti.
Per carità, non alludiamo all'ENEL, corrotto e corruttore, che ha inquinato la classe politica dirigente, dalla DC al PSI, dal PSDI al PRI ammorbando ancor più, se possibile, la pestifera atmosfera che circonda le vicende politiche nazionali...
Intendiamo soltanto dire cha la Regione Piemonte si accinge a varare l'Ente di Sviluppo Agricolo proprio quando, al Parlamento Italiano, la Commissione Agricoltura - preso atto che, per finanziare gli Enti di Sviluppo già esistenti, occorre uno stanziamento di ben 126 miliardi, dato che gli Enti stessi hanno accumulato passività pazzesche soprattutto per i costi dei consigli di amministrazione e per gli stipendi al personale dipendente, propone una soluzione legislativa che leghi le decisioni del finanziamento a quelle di una ristrutturazione degli enti in questione: una proposta, questa, evidentemente dettata dalle necessità di offrire alle Regioni un testo legislativo che possa far tesoro degli onerosi errori già commessi e che regoli la materia in tema di competenze.
Anche sotto questo profilo, pertanto, la decisione della Regione Piemonte appare estemporanea ed intempestiva.
Ma tant'è: tutti d'accordo almeno sul principio, democristiani e comunisti, socialdemocratici e socialisti, l'Ente di Sviluppo Agricolo s'ha da fare ed a noi altro non resta che verificare come e, soprattutto, per quali scopi lo si voglia fare. Dunque, leggiamo nella relazione al progetto di legge in esame (pag. 1) che l'ESAP nasce "per la realizzazione della politica di sviluppo sociale ed economico per l'agricoltura"; e leggiamo ancora (pagg. 5 e 6) che il nuovo organismo "fonda la sua ragione d'essere sulla indilazionabile esigenza del conseguimento degli obiettivi fissati dal programma di sviluppo economico regionale".
Allora, se abbiamo ben capito, l'ESAP dovrebbe essere, nelle intenzioni dei proponenti, uno strumento della programmazione in grado di agire a livello operativo.
Benissimo. A questo punto, però, due osservazioni critiche sgorgano evidenti.
La prima - incontestabile - è che il piano di sviluppo economico regionale e ancora al di là da venire, per cui appare per lo meno velleitario - non conoscendone ancora le linee ed il contenuto - volerlo dotare di "strumenti operativi" che potrebbero anche restare inutilizzabili o, al limite, apparire inadeguati.



BIANCHI Adriano

Sarebbe come fare lo Stato dopo che ci sono le leggi.



CARAZZONI Nino

No, sarebbe come dover predisporre un'abitazione e comperare i mobili senza sapere in che camere li devo mettere.
La seconda è che per colmare il denunciato vuoto operativo, sarebbe stato più che sufficiente fare ricorso al già esistente organo tecnico dell'Assessorato all'Agricoltura: vale a dire, sarebbe bastato riorganizzare e potenziare gli Ispettorati Agrari provinciali e compartimentali, anziché continuare a lasciarli senza fondi e con poco personale amministrativo.
La specializzazione degli uffici e dei tecnici degli Ispettorati Agrari è tale ancor oggi che avrebbe potuto assicurare - a livello di operatività ben altre e ben diverse garanzie di quanto non sia lecito attendersi dal nuovo Ente.
Questa era la via da seguire: si è preferita, invece, la scelta dell'ESAP che - da un lato - continua a lasciare in vita gli Ispettorati Agrari mentre - dall'altro - viene soltanto ad aggiungersi ad essi, quale inutile doppione. E non è chi non veda o chi possa non contestare la portata negativa di simili decisioni, che intervengono solo a dare vita a nuovi enti costosi ed esiziali. L'ESAP è dunque inutile. Inutile, ben inteso, per le reali esigenze del mondo agricolo. Non inutile, al contrario, per le altrettanto reali esigenze di un certo mondo politico che vuole questo organismo per potervi sistemare, secondo una consolidata prassi da cosca mafiosa, gli amici e gli amici degli amici.
Per questo - e non ad altro - servirà l'Ente di Sviluppo Agricolo allegramente costituito con il denaro pubblico.
E che fatalmente debba essere così, lo dimostra non soltanto l'insegnamento che si ricava da analoghe esperienze altrove attuate; ma anche la trasformazione stessa che il progetto di cui stiamo discutendo ha già subito in questi mesi. Perché ha voglia il relatore avv. Bianchi di parlarci di uno strumento "snello e flessibile": è un fatto che - rispetto ai progetti originari - il Consiglio d'amministrazione dell'ESAP è stato già aumentato da 25 a 35 componenti; gli organi dell'ente, da 3 che erano sono diventati 4, essendosi aggiunto un Comitato Esecutivo e lo stanziamento iniziale, infine, è stato portato da 500 milioni ad 1 miliardo. Come inizio, non c'è male! Eccole, qui riassunte, le caratteristiche distintive dell'ESAP volute dai partiti di maggioranza in fraterno accordo con il partito comunista: un grosso e costoso "baraccone", costruito apposta per diventare arma nelle mani della Coltivatori Diretti e in parte della Alleanza Contadini - anche questa è una espressione del "compromesso storico" in atto! - e per essere usato come strumento di pressione e di clientelismo, con poco riguardo anzi con nessun riguardo, per quelle che sono le attese e le esigenze dell'agricoltura piemontese.
Detto questo in termini di considerazione generale, l'esame in dettaglio dell'articolato di legge non può che confermare il nostro giudizio, drasticamente e pesantemente negativo - siamo posti di fronte ad una proposta superficiale, incompleta, faziosa, per molti aspetti pericolosa? Senza soffermarci sull'articolo 1, diremo che tutta la formulazione dell'art. 2 offre motivo di giustificate perplessità e di convinte riserve; a cominciare dall'affermazione che "L'Ente - per conseguire gli scopi istituzionali si avvale dell' opera e della collaborazione di enti, istituti uffici esistenti" - proposito con il quale sarà poi facilissimo contrabbandare il sistema delle consulenze dispendiose e di comodo per proseguire con l'enunciazione degli scopi propri dell'ESAP.
Qui, in particolare, si parla di interventi "per la razionale utilizzazione delle acque e per il riordino delle utenze irrigue": ci domandiamo che cosa si può fare per migliorare il funzionamento degli enti irrigui e per far pagare meno le acque irrigue. E ci domandiamo come si può pensare di "regionalizzare" questo problema, tenuto conto che tutto il Bacino Imbrifero del Po è sottoposto ad una regolamentazione speciale e che inoltre, al problema stesso sono interessate anche altre Regioni.
Ancora all'art. 2 si fa cenno ad interventi "per agevolare singole iniziative per l'accorpamento e la formazione di organiche aziende agricole": misura nettamente in contrasto con le direttive CEE, che considerano l'acquisto e un controproducente immobilizzo di capitali mentre suggeriscono invece la rivalutazione dell'affitto, possibile ad ottenersi solo con la liberalizzazione dei contratti. Infine, sempre all'art. 2, vi è la pericolosa incognita del punto 7) che introduce - con la possibilità di interventi in via straordinaria per supplire alle carriere degli imprenditori agricoli - l'ipotesi dell'esproprio, al limite applicabile anche a quel terreno, ad esempio, che non venga coltivato secondo le direttive dell'ESAP. Se, dunque - e ci fermiamo qui con la esemplificazione - tutto l'art. 2 sugli scopi istituzionali dell'ESAP meriterebbe di venire riconsiderato - altrettanto dobbiamo dire dell'art. 4 relativo al Consiglio d'Amministrazione dell'Ente, dove pure sono numerose e non di poco conto le carenze, a cominciare dalla sua prevista rappresentanza della associazione della proprietà fondiaria, che è semplicemente assurda dal momento che, tra i compiti dell'ESAP, vi sono anche i programmi di ricomposizione fondiaria. Ancora, è faziosa la esclusione della rappresentanza dei lavoratori agricoli aderenti alla CISNAL; mentre è criticabile, per non dire risibile, il criterio di scelta dei nove esperti che - non venendo designati dagli organi professionali interessati, ma eletti dal Consiglio Regionale - finiranno con l'essere una rappresentanza politica, anzi partitica, più che tecnica.
La inclusione di ben 15 rappresentanti dei coltivatori diretti - contro 4 conduttori non coltivatori - si commenta da sola -, ma, soprattutto, lo diciamo a mo' di commento conclusivo in questo articolo, si commenta da sola la decisione di istituire un consiglio d'amministrazione di ben 35 persone, tutte regolarmente fornite (a norma del successivo art. 16) di indennità di carica e di gettoni di presenza, così come i 5 componenti del collegio dei sindaci.
Riteniamo non sia accettabile - all'art. 7 - la facoltà riconosciuta al Presidente di interventi di tipo commissariale motivati con stati d'urgenza: è una prerogativa che - proprio a seguito della "comparsa" tra gli organi dell'ESAP del ristretto Comitato Esecutivo, non previsto nei primi progetti di legge - non ci sembra abbia più motivo di sussistere.
Siamo decisamente contrari - articolo 11 - alla nomina del Direttore dell'Ente per chiamata, anche se ipotizzata in via eccezionale; e siamo altresì convinti della necessità di precisare la durata del contratto a termine per la nomina di primo impianto.
Siamo parimenti contrari - articolo 12 - alle assunzioni per chiamata del personale: la codificazione di un siffatto principio non farebbe che confermare i sospetti sulla volontà di trasformare l'ESAP in un "baraccone" clientelare, comodo rifugio per i raccomandati ed i protetti dei partiti di maggioranza. Infine, consideriamo assolutamente inaccettabile - articolo 14 il diritto di revoca che si intende riconoscere al Presidente della Giunta Regionale nei confronti dei componenti il Consiglio d'Amministrazione colpevoli "di gravi violazioni della legge e dei regolamenti dell'ente"; una simile dizione, infatti, è tale da consentire interpretazioni ed applicazioni di comodo, per cui i casi di revoca possono e debbono essere soltanto quelli previsti dalla legislazione vigente.
Su tutti questi articoli - che, anche per non prolungare oltre il lecito questo intervento - ci siamo limitati a rapidamente accennare - noi abbiamo presentato specifici emendamenti. Vorremmo ancora aggiungere, prima di concludere, una domanda: preso atto che per gli oneri di costituzione e di primo funzionamento dell'ente è previsto uno stanziamento di 1 miliardo di lire, quanto verrà a costare l'ESAP al contribuente piemontese? E di quale falange di personale avrà mai bisogno, per soddisfare a tutti i compiti istitutivi previsti all'articolo 2, tenendo anche conto del fatto che - per adempiere a funzioni molto, ma molto più modeste e limitate l'Ispettorato Agrario di Torino aveva, nei suoi tempi migliori, un organico di 30 tecnici? Signor Presidente, Colleghi Consiglieri, al di là di queste osservazioni e di queste considerazioni; al di là della accoglienza che l'Assemblea vorrà riservare ai nostri emendamenti; al di là di tutto questo, rimane il giudizio chiaramente negativo del MSI - Destra Nazionale sul progetto di legge istitutivo dell'ESAP: giudizio che abbiamo sintetizzato con l'ordine del giorno per il non passaggio agli articoli.
E' una scelta politica che noi respingiamo in termini politici convinti come siamo che qui si sta per dare vita, secondo quanto dicevamo in premessa, ad un ente inutile, costoso, pericoloso. Un Ente che non serve all'agricoltura e che soltanto la Democrazia Cristiana, anzi la Coltivatori Diretti, vuole avere, così come - in un prossimo domani - vorrà avere l'Albo Professionale. Perché così stanno le cose e bisogna pure che ce le diciamo, se vogliamo essere chiari sino in fondo.
La potentissima organizzazione della Coltivatori Diretti - serbatoio di voti per la Democrazia Cristiana - sa molto bene che - ove domani la riforma sanitaria andasse in porto - si ridurrebbe, con la perdita della Mutua, formidabile strumento di controllo e di pressione, a ben poca ed a ben povera cosa.
Per questo, preoccupandosi per il futuro, gli esponenti della Coldiretti vogliono oggi l'Ente di Sviluppo come vorranno domani l'Albo Professionale per conservarsi e per costruirsi nuovi centri di potere.
L'Alleanza Contadini - che tutto questo sa benissimo - sta al gioco e partecipa alla suddivisione di queste grosse torte: abbiamo già annotato che anche questa è una manifestazione dell'operante "compromesso storico" tra democristiani e comunisti. Ma perché mai altri partiti - dal PSDI al PRI allo stesso PSI - si prestino, per qualche posto nei consigli d'Amministrazione dei nuovi enti, a consolidare questo monopolio dei Coltivatori Diretti e della Alleanza dei Contadini - e, quindi, della DC e del PCI - è cosa davvero politicamente incomprensibile. A ciascuno comunque le proprie responsabilità. Noi, come sempre, ci siamo assunte le nostre fino in fondo esprimendo e motivando il giudizio negativo del MSI - Destra Nazionale: giudizio che consegniamo a questa assemblea ma che ancor più consegniamo agli agricoltori piemontesi.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Calleri, ne ha facoltà.



CALLERI Edoardo

Signor Presidente, che l'Ente di sviluppo agricolo sia uno degli elementi sui quali le Giunte della D.C., l'attuale come le precedenti abbiano appuntato la loro attenzione, è cosa nota in quest'aula. Devo per purtroppo lamentare che le troppe assenze fanno ritenere che non tutti ritengano questo Ente tanto importante da meritare un particolare momento di ripensamento, di approfondimento e di meditazione da parte del Consiglio Regionale. E questo rilievo lo faccio perché vedo presenti solo il Presidente della Giunta, l'Assessore competente, gli Assessori alla Programmazione e all'Assistenza...



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

E' tutto.



CALLERI Edoardo

No, non vorrei davvero che questo Ente venisse visto come di esclusiva specifica competenza di questi Assessori, perché non è certamente un Ente assistenziale e non può interessare soltanto l'Assessore al Bilancio, n quello all'Agricoltura, è un Ente molto più importante e vale davvero la pena di fare alcuni approfondimenti proprio per evitare che venga contrabbandato come un Ente il cui scopo sia surrettizio, quale quello che il collega della Destra nazionale ha voluto oggi qui ricordare, cioè che viene a coprire le future carenze della Coltivatori diretti la quale è e resta sicuramente, almeno per quanto riguarda la nostra parte politica, una delle strutture portanti e una delle interpretazioni più genuine della linea lungo la quale si muove la D.C.



CURCI Domenico

Strutture portanti e anche serbatoio di voti!



CALLERI Edoardo

E anche serbatoio di voti, certo. Voi siete alla ricerca di questi serbatoi di voti e non credo ci sia nulla di male se ne siamo alla ricerca anche noi, la differenza è che noi li abbiamo e voi no.



CURCI Domenico

Fino a quando?



CALLERI Edoardo

Comunque, allo stato attuale delle cose ci sono.
Io penso tuttavia che occorra fare alcune valutazioni di carattere fondamentale sulla proposta che è stata fatta e che la Giunta che io ebbi l'onore di presiedere in passato portò avanti, come l'attuale Giunta sta facendo con lo stesso entusiasmo, con lo stesso impegno e anche con lo stesso spirito per rendere alla gente dei campi, ma soprattutto alla struttura agricola della nostra regione, un servizio.
Ma non vi è dubbio che molte cose si sono modificate e saremmo tutti quanti degli uomini politici poco accorti e poco esperti se dal segno dei tempi non sapessimo anche cogliere talune indicazioni che io credo debbano essere colte con spirito di consapevolezza e, se volete, anche con spirito di umiltà e di ripensamento, proprio per evitare che si attribuisca a questo Ente la caratteristica di un carrozzone, di un Ente a carattere settoriale, che non risponda a quegli obiettivi e a quelle finalità alle quali noi, tutti quanti insieme, sia pure dalle diverse parti politiche tendiamo.
E' difficile cogliere da tutte le indicazioni che sono qui venute, un punto di riferimento univoco al quale richiamarsi per poter giungere ad una sintesi e per poter riesaminare il problema alla luce dei tanti suggerimenti che sono stati dati.
Ed allora io mi permetto, per non contraddire nessuna delle tesi che sono state portate avanti, per non entrare in polemica con nessuno (e sì che ci sarebbero molte ragioni per farlo) ma prendendo spunto da una valutazione che mi pare emerga dagli emendamenti che sono stati formulati alla presidenza (una cinquantina, mi pare) di sottolineare l'opportunità di demandare alla Giunta il tentativo di rifare quest'opera di sintesi e di riproporre, attraverso tutta la vasta argomentazione che qui è stata posta un disegno di legge organico che tenga conto di ciò che è stato detto perché se fossimo oggi chiamati a discutere sul testo del disegno di legge proposto dalla Giunta e portato avanti dopo l'esame della Commissione, ci troveremmo certamente di fronte a 50 emendamenti, probabilmente a varare un documento che, al di là della nostra buona volontà, sarebbe disorganico spezzato e non ciò che noi obiettivamente desideriamo sia l'Ente di sviluppo agricolo.
Il mondo dell'agricoltura si aspetta molto dalla Regione, io temo che si aspetti molto di più di quanto la Regione non sia obiettivamente oggi in condizione di poter dare, ma noi dobbiamo prima di tutto avere il senso della responsabilità nell'offrire al mondo dell'agricoltura qualcosa che anche se modesto, anche se contenuto nei suoi limiti, è pur sempre qualcosa che può venire incontro alle esigenze che nascono dalla base del mondo agricolo piemontese.
Ecco perché io limito il mio intervento ad una proposta che consegno alla meditazione della Giunta ed al suo Presidente, che consegno alla meditazione dei gruppi consiliari, per evitare di correre incontro al rischio di una votazione su di un testo rispetto al quale sono stati presentati una cinquantina di emendamenti che ci porrebbero quasi certamente nella condizione di non essere in grado di presentare un disegno di legge che risponda a quei caratteri di organicità, di efficienza, a quelle finalità che un disegno di legge di questo genere comporta.
La proposta che io consegno alla meditazione della Giunta è quella di un approfondimento di questi problemi, di una ridiscussione, sia pure rapida (come rapida ha da essere se vogliamo portare avanti un disegno di questo genere) tra la Giunta e la competente Commissione consiliare affinché il documento risponda veramente a quelle ipotesi di lavoro che noi avevamo proposto lanciando l'idea dell'Ente di Sviluppo Agricolo. E vorrei fare un'altra cosa, se il signor Presidente me lo consente: gli Enti di sviluppo agricolo sono nati, nel nostro Paese, tenendo conto di un'amministrazione dell'agricoltura centralizzata, che non faceva perno sulle Regioni in quanto queste non esistevano; erano Enti di sviluppo che in una certa misura dovevano essere rappresentativi di realtà locali elettive, sindacali, cioè di realtà che esprimessero le esigenze dell'agricoltura locale.
Io chiedo se non sia il caso di rivedere anche questo concetto in modo che l'Ente di sviluppo agricolo non nasca oggi come un Ente che si contrappone ai poteri del Consiglio e a quelli della Giunta Regionale, che sono gli unici organi che in un quadro di decentramento si collocano nell'interno dell'economia agricola ed ai quali compete la responsabilità di portare avanti lo sviluppo di questo Ente. Ecco perché, proponendo alla Giunta questo momento di rimeditazione, di sintesi se così si vuol dire e di valutazione dei 50 ed oltre emendamenti che sono stati presentati chiedo se non convenga anche rivedere il tipo di struttura che si vuole dare a questo Ente. E' un richiamo che io faccio alla Giunta, così come lo faccio alle forze di opposizione, proprio per evitare che l'Ente di Sviluppo Agricolo possa sovrapporsi ai poteri legislativi del Consiglio e amministrativi della Giunta e non venga a contrapporsi in termini frustranti - mi consenta il collega Bianchi che ha usato questo termine nel corso della sua relazione - o alienanti, se così mi consentite di dire rispetto ai compiti che sono propri del governo regionale. Questo è il senso della mia proposta che consegno alla meditazione del Presidente della Giunta, dei colleghi della Giunta, dei Consiglieri qui presenti per vedere se è possibile uscire da un dibattito che rischierebbe, a mio giudizio, di portarci all'approvazione di una legge che, al di là della buona volontà di tutti, finirebbe per essere disorganica e probabilmente anche lacerata e sicuramente non in grado di rispondere a quelle attese che il mondo agricolo ha nei confronti della amministrazione regionale e della Regione.



PRESIDENTE

Prima di dare la parola al Consigliere Raschio chiederei al Consiglio di sospendere cinque minuti perché è dalle tre che siamo in riunione ed alcuni Consiglieri mi hanno chiesto qualche minuto di sospensione.



(La seduta, sospesa alle ore 18 riprende alle ore 18.50)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Il Presidente della Giunta ha chiesto di fare una comunicazione, ne ha facoltà.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Ho riunito rapidamente la Giunta che ha preso atto delle istanze che sono state qui in aula accennate dal Consigliere Ferraris nel suo intervento, chiaramente esplicitate dal Consigliere Calleri con una richiesta specifica.
Esaminata la situazione, la Giunta intende manifestare la propria volontà politica, anche per tenere fermo e fede a quello che è stato il motivo di intesa tra i quattro partiti che hanno espresso la Giunta stessa e che hanno programmato la emanazione della legge per lo sviluppo agricolo e portare avanti il più rapidamente possibile il disegno di legge. Essa ha avvertito la volontà tecnica e sostanzialmente politica di esaminare i 50 e più emendamenti che sono stati presentati dai vari gruppi, intanto per poterne vedere l'eventuale coordinamento, per esaminare comunque attentamente la natura e la portata e per dire in proposito, al più presto possibile, il proprio pensiero e vedere se da questo discenda l'esigenza di ripresentare alla Commissione, per l'esame, un eventuale diverso disegno di legge, o se sia invece possibile non arrivare a questo ulteriore iter per concludere più rapidamente ancora. A questo fine la Giunta è convocata domani mattina alle 9.30 per un primo esame di questi emendamenti. Al termine la Giunta farà conoscere il proprio pensiero ed eventualmente chiederà al Presidente del Consiglio di volere convocare i Capigruppo per riferire a loro e per prendere gli accordi che sono necessari.
Devo peraltro cogliere l'occasione da questa dichiarazione, per far presente al Consiglio che presentare 50 emendamenti dopo che un disegno di legge è stato presentato dalla precedente Giunta dalla quale noi lo ereditiamo e poi riproposto all'attenzione di questa Giunta, è veramente creare una situazione di grande imbarazzo perché se noi volessimo stasera andare avanti ci troveremmo in difficoltà non sapendo esattamente che cosa gli emendamenti dicano l'uno coordinato con l'altro. E l'emendamento per la verità, se la memoria non mi tradisce, secondo regolamento dovrebbe essere presentato alquanto prima, non mezz'ora prima del passaggio agli articoli al Presidente della Giunta, il quale dovrebbe dire accetto o non accetto.
Può darsi che degli emendamenti siano stati presentati tempestivamente, ma il Presidente della Giunta li ha avuti dalla cortesia del Presidente del Consiglio un'ora fa qui in questa sede.
Devo completare questa comunicazione. La Giunta ha dei grossi impegni ai quali attende: il primo è quello di portare innanzi il disegno di legge per il personale (a quest'ultimo darò comunicazione che la cosa non sarà fattibile ne domani né lunedì, come previsto, perché interviene questo fatto nuovo che sposta il calendario) di grandissimo rilievo che deve essere concluso rapidamente. La Giunta, ereditata da quella precedente, ha la legge sui libri che verrà impostata nelle forme che il Consiglio ha in parte già suggerito, ma si deve arrivare alla presentazione anche di questa nuova ed impegnativa norma legislativa oggetto del pacchetto delle intese intervenute tra i partiti. Poiché credo di aver detto in altra occasioni che uomo di partito lo sono dal 1920, ritengo anche di dovere rispettare questi partiti e in relazione a quanto è oggetto del discorso principale di questa sera, cioè il disegno di legge dell'Ente di sviluppo ove ve ne fosse la necessità, attraverso ad emendamenti che possono radicalmente trasformare lo spirito del disegno di legge, informando i partiti perché ne abbiano conoscenza i quali potranno confermare o modificare quello che è l'atteggiamento che avranno espresso. Questo evidentemente anche alla luce di quegli avvenimenti che il Consigliere Calleri e il Consigliere Ferraris hanno nei loro interventi sottolineato di una situazione economica dell'agricoltura europea ed italiana diversa da quella che era anche soltanto un mese e mezzo fa.
Quindi ci sono due aspetti: uno tecnico-giuridico che verrà esaminato per quanto è possibile, certo incominciato nella giornata di domani l'altro di natura più squisitamente politica, di controllare attraverso alla ascoltazione dei partiti che hanno espresso alla Giunta quello che è il loro impegno ulteriore per portare innanzi questo progetto, o il progetto che dovesse essere completato, mentre in linea assoluta, come dichiarazione di volontà politica, ribadisco quanto ho detto in principio e cioè la volontà della Giunta avanti questa prospettiva di legge.



PRESIDENTE

Erano ancora iscritti a parlare i Consiglieri Raschio, Menozzi Calsolaro Intendono ancora parlare?



RASCHIO Luciano

No.



CALSOLARO Corrado

No.



MENOZZI Stanislao

No, se vi saranno delle dichiarazioni mi assocerò e farò il mio intervento.



PRESIDENTE

Allora i tre Consiglieri per ora rinunciano alla parola.
Sulle dichiarazioni del Presidente della Giunta do la parola al Consigliere Berti.



BERTI Antonio

Vorrei solo precisare la nostra posizione.
Il Presidente della Giunta, mentre dichiara di accettare il momento di riflessione che noi comunisti abbiamo proposto al fine di contribuire al miglioramento della legge, e quindi noi lo accogliamo come apprezzamento positivo del nostro atteggiamento, tuttavia poi sembra quasi rimproverarci la presentazione degli emendamenti.
Desidero qui precisare che il nostro gruppo e qualunque Consigliere ha il diritto - dovere di partecipare fino all'ultimo minuto alla battaglia (se di battaglia si tratta) per conseguire i fini che con quella legge si ripromette. Noi quindi abbiamo semplicemente esercitato il nostro diritto il merito dei nostri emendamenti è di migliorare senza modificare e tanto meno tentare il ritirare la legge proposta. Desidero perciò ribadire che noi non intendiamo affatto frapporre degli ostacoli all'attività del Consiglio Regionale, ma mentre da una parte sollecitiamo - e se mi consente siamo noi a sollecitare - che gli impegni assunti per la legge sui libri (quindici giorni fa si è parlato di otto giorni) vengano rapidamente assolti, nel frattempo precisiamo che faremo quanto il Regolamento ci consente per far sì che la legge relativa all'Ente di sviluppo agricolo sia la più corrispondente a quelli che noi riteniamo essere gli interessi dell'agricoltura del nostro Paese.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Calleri, ne ha facoltà.



CALLERI Edoardo

E' evidente che nel richiedere alla Giunta di riesaminare gli emendamenti, in modo da collocarli in un quadro organico, non vi è stato da parte mia nessun tentativo di insabbiamento della legge che d'altronde faceva parte del programma della Giunta precedente dalla quale era stata presentata. Devo tuttavia dire che se qualcosa si deve aggiungere alla sollecitazione, peraltro inutile, ne sono certo, alla presente Giunta, di voler portare avanti il discorso sull'Ente di Sviluppo Agricolo e l'altro argomento per il quale, se la Giunta non intende assumere essa stessa l'iniziativa, l'assumerò io: si tratta della proposta anch'essa facente parte degli accordi della Giunta di centro sinistra relativa alla legge sull'albo agricolo. Dico questo perché non vorrei che si vedesse nella posizione che ho ritenuto onestamente di assumere oggi un atteggiamento atto a bloccare l'attività dell'amministrazione regionale anziché quello di sollecitazione, non verso la Giunta che mi pare dimostri in modo molto esplicito, aperto la sua volontà, ma verso un quadro organico delle leggi sull'agricoltura che la Giunta si appresta a portare avanti.
Desideravo fare questa dichiarazione nella mia qualità di Consigliere Regionale il quale ha, a norma di Statuto, anche il diritto di iniziativa legislativa.



CARAZZONI Nino

Il bastone e la carota!



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Zanone, ne ha facoltà.



ZANONE Valerio

Signor Presidente, il gruppo liberale ha contribuito a questa cinquantina di emendamenti con una decina di cui, credo, d'altra parte preannunciati anche nella sostanza durante i lavori di Commissione. Non vi è dubbio che la valutazione che la Giunta farà di questi nostri emendamenti sarà determinante per l'atteggiamento che il nostro gruppo assumerà circa le future determinazioni sull'Ente di Sviluppo Agricolo.
Peraltro mi permetto di osservare con una certa meraviglia che il Presidente della Giunta non ha parlato soltanto della facoltà che la Giunta giustamente si riserva di esaminare questa cinquantina di emendamenti, ma anche nella eventualità di presentazione, se non ho capito male, di un nuovo disegno di legge sull'Ente di sviluppo, per cui gli accordi programmatici relativi alla costituzione della nuova Giunta di cui l'Ente di sviluppo Agricolo fa parte determinante, concernevano evidentemente un Ente di sviluppo che allo stato attuale noi non sappiamo quale sia.
In questa circostanza ritengo di dover dire, a nome del gruppo liberale, che non ci pare ammissibile che la esitazione che la Giunta Regionale dimostra in merito all'Ente di Sviluppo Agricolo possa costituire in nessun modo un ritardo per i provvedimenti relativi all'ordinamento degli uffici e del personale e alle disposizioni per l'assistenza scolastica, che sono da anni all'oggetto di questa assemblea e che noi riteniamo non possano essere dilazionati in nessun modo.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Menozzi, ne ha facoltà.



MENOZZI Stanislao

Signor Presidente, conscio di aver ricevuto un mandato in quest'aula in rappresentanza innanzitutto e soprattutto, di un gruppo politico, qual è la D.C., non posso però ignorare di operare anche al servizio di un'altra categoria che si inquadra in un settore non politico, ma sindacale, e se la labilità della mia memoria me lo facesse dimenticare, sempre in quest'aula ci sono parecchi colleghi che, come hanno fatto anche oggi, me lo farebbero ricordare.
E' indubbio e non c'è bisogno di sottolineature, che la categoria degli operatori agricoli (si è fatta sentire anche qui) attende l'Ente di sviluppo, come attende altri provvedimenti, con ansia, il che è sinonimo di urgenza e di celerità. Io non posso non prendere atto delle responsabili dichiarazioni fatte dal Presidente della Giunta e, contemporaneamente, non posso non prendere atto della richiesta fatta e delle precisazioni fornite dal collega Consigliere Calleri, che in parte recepiva anche un'istanza che, seppure in forma un po' velata, era già stata, in esordio di seduta avanzata dal collega comunista Ferraris.
Per cui ci tengo a dichiararmi pronto ad un ripensamento, ad un riesame, non sottovalutando l'importanza del provvedimento, convinto come sono che la riflessione debba servire a renderlo maggiormente organico e conseguentemente funzionale e non ignorando che nella dinamicità della vita (ahimè estremamente mobile in agricoltura) in questi ultimi mesi abbiamo dovuto registrare fatti e situazioni che non erano assolutamente prevedibili.
Il Presidente della Giunta, nella sua responsabilità, ha richiamato l'attenzione del Consiglio su altre pressanti necessità, che ha individuato nell'organico del personale (del quale non voglio sottovalutare la portata) e dei libri di testo; ma allora consentitemi di augurarmi che questo momento di riflessione, del quale, ripeto, prendo atto, e l'urgenza dei restanti problemi qui evidenziati, non abbiano a ritardare i provvedimenti atti a sanare l'attuale situazione agricola del tutto particolare per non dire eccezionale, per gravità e che desta seria preoccupazione. Nel frattempo, invito la Commissione, che ho l'onore e l'onere di presiedere (e per questo prego il Vice Presidente, l'amico Bianchi ed eventualmente altri Commissari di fermarsi), a riunirsi, onde decidere l'ordine del giorno della prossima convocazione.
Mi ha fatto immensamente piacere sentire da un autorevole collega, qual è Calleri, il riferimento ad un altro problema urgentissimo ed atteso dagli interessati: l'albo professionale. Io aggiungo il "risanamento delle Cantine sociali" ed altri provvedimenti ancora e, mentre sto ripetendo che comprendiamo ed accogliamo motivi del rinvio per un ripensamento, confido anche sulla sensibilità di tutto il Consiglio affinché trovi il tempo e la possibilità di far procedere con una certa celerità i restanti problemi.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Curci, ne ha facoltà.



CURCI Domenico

Signor Presidente, noi rileviamo la singolarità della situazione determinatasi in questa ultima fase del dibattito, singolarità scaturita da un energico e certamente imprevisto colpo di freni impresso da un autorevole Consigliere della maggioranza all'iter del disegno di legge in esame. Di questo noi prendiamo atto, come prendiamo atto altresì della successiva frustata impressa dal medesimo autorevole Consigliere della maggioranza all'attività della Giunta per quanto riguarda il disegno di legge in esame ed i successivi.
Dobbiamo rilevare che il Presidente della Giunta ha riconosciuto quanto fatto rilevare dalle opposizioni, e cioè che la situazione dell'agricoltura italiana è grandemente mutata in peggio in quest'ultimo mese e ci domandiamo come è stato possibile che da parte della Giunta si sia consentito alla presentazione in aula di un disegno di legge che era stato preparato prima che la situazione peggiorasse. Siamo di fronte alle carenze di carattere operativo della Giunta che da parte nostra sono sempre state rilevate e sottolineate e ci auguriamo che la pausa di meditazione che il Presidente della stessa ha accolto, serva alla Giunta a far considerare l'opportunità di non proseguire nel disegno di legge in discussione oggi.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Calsolaro, ne ha facoltà.



CALSOLARO Corrado

Concordiamo sulla proposta del Presidente della Giunta per un riesame che dovrà essere fatto dalla Giunta, degli emendamenti presentati dai vari gruppi del Consiglio.
Al tempo stesso ci rendiamo conto che il problema dell'Ente di Sviluppo Agricolo non è una piccola cosa. Di questo Ente, al quale accennava il Presidente della Giunta, per essere stato Presidente della Provincia di Torino (lo ricorda perfettamente come lo ricordano altri amministratori comunali e provinciali del tempo) già se ne parlava anni fa, quando le Province piemontesi avevano proposto un loro piano per la costituzione di un Ente di Sviluppo Agricolo. Non c'è quindi nulla di strano che la Giunta prenda 4/5 giorni per esaminare tutti i numerosi emendamenti. Non bisogna dimenticare che la votazione di uno o due emendamenti, che può essere puramente casuale, può stravolgere tutta l'impostazione politica programmatica data all'Ente di Sviluppo Agricolo. Siamo anche d'accordo sul fatto che l'Ente di Sviluppo Agricolo non esaurisce tutti i problemi dell'agricoltura: la Regione Piemonte non ha come suo compito unico ed essenziale quello di costituirlo. Ci sono la Costituzione ed i decreti delegati di trasferimento; le leggi delegate (abbiamo parlato stamattina delle disposizioni contenute nelle direttive comunitarie e del disegno di legge Natali per l'attuazione delle direttive comunitarie nel nostro Paese) conferiranno alle Regioni (ce lo auguriamo e in questo senso daremo mandato al Presidente della Giunta ed alla Giunta tutta) nuovi e più ampi poteri nel settore dell'agricoltura.
In questo ambito particolare i problemi settoriali che interessano la categoria degli agricoltori e l'agricoltura nel suo complesso potranno essere affrontati indipendentemente dal fatto che facciano parte o meno degli accordi di Giunta. Noi accogliamo quindi la proposta della Giunta espressa dal suo Presidente, e chiediamo che questa discussione sia rinviata perché venga affrontata in modo più completo ed organico.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Cardinali, ne ha facoltà.



CARDINALI Giulio

Signor Presidente, brevemente a nome del gruppo PSDI prendo atto di quanto dichiarato dal Presidente della Giunta in questa circostanza che indubbiamente offre un quadro insolito nella procedura degli iter legislativi, soprattutto degli iter che provengono da disegni di legge della Giunta.
Io sono d'accordo che un ripensamento può consentire un adeguamento ai tempi e la ricerca di soluzioni più efficaci, la mia preoccupazione è che però la nascita di uno strumento come quello dell'Ente di Sviluppo, che è il primo dei meccanismi promozionali che ci accingiamo a mettere in cantiere (verranno poi la Finanziaria, gli Enti di sviluppo di vari altri settori) sia meno soggetta a un tipo di rimbalzi e di contrasti che affiorano spesse volte nel momento più inopinato. Io mi rendo conto che nessuno dei colleghi della Giunta ha fatto i propri studi all'Università di Cracovia, non ha quindi il segreto della magia e non è in condizioni di fare dei miracoli, però richiamo il Consiglio al fatto che si pu costituire un grosso precedente. Un massiccio intervento di emendamenti per un disegno di legge che ha già avuto un iter in Commissione e che quindi è pronto per una discussione ampia, può rappresentare un modo comodo per bloccare l'iter stesso. Questa osservazione non ha riferimenti specifici a questa o a quella forza politica, ma sarebbe certamente un grosso errore per la maggioranza, che ha la responsabilità nella Giunta, se si accedesse sistematicamente a questo modo di procedere e non si avesse la forza di andare avanti se si è coscienti di quello che si vuol fare.



PRESIDENTE

Nessun altro chiede la parola? Non essendovi altri Consiglieri iscritti a parlare e accogliendo le dichiarazioni venute da tutti i gruppi politici al Presidente della Giunta proporrei di sospendere la discussione di questo punto all'ordine del giorno e di concordare successivamente con i Capigruppo l'ordine dei lavori per la prossima seduta.


Argomento: Rapporti delle Regioni con l'ordinamento comunitario

Esame ordini del giorno relativi al disegno di legge n. 2244 per l'attuazione delle direttive comunitarie (seguito)


PRESIDENTE

Mi è pervenuto un ordine del giorno firmato da Franzi, Calsolaro Ferraris, Cardinali e Menozzi. Chiederei ai sottoscrittori dell'ordine del giorno del Gruppo comunista se intendono ancora mantenerlo, ma non credo perché viene inglobato in questo.
Rimangono pertanto tre ordini del giorno: uno presentato dal Gruppo liberale, uno dal Gruppo MSI-Destra nazionale e quello riassuntivo del Gruppo comunista e degli altri firmatari che metterei in votazione secondo l'ordine di presentazione: il primo è quello del gruppo liberale, del 25 ottobre '73, il secondo è del 19 febbraio '74 e il terzo presentato oggi.
Vi sono delle dichiarazioni di voto rispetto a questo mutamento negli ordini del giorno? Ha chiesto di parlare il Consigliere Rossotto.



ROSSOTTO Carlo Felice

Il Gruppo liberale, come già avevo fatto notare stamattina durante l'illustrazione dell'ordine del giorno, aveva presentato il testo del documento, che mantiene, il 25 ottobre. Ovviamente i fatti a livello parlamentare hanno superato alcuni punti della dichiarazione che come volontà politica però permane. Già nel dibattito di stamattina abbiamo riconosciuto pienamente valide le osservazioni effettuate dalla Commissione affari costituzionali del Parlamento nell'aspetto prettamente modificativo e limitativo delle modifiche, non nell'aspetto molto più ampio che si è voluto dare al problema, ma sempre di concretezza operativa e mi pare che in quanto a concretezza operativa le vicende lunghe dell'Ente di Sviluppo Agricolo fanno rimeditare. Se vogliamo ottenere soltanto una legge di principio a livello nazionale e poi farne poi tante leggi attuative, non so quando gli agricoltori piemontesi potranno ottenere gli interventi per la realizzazione legislativa delle direttive comunitarie 159, 160 e 161.
Pertanto, fermo il giusto adeguamento che la Commissione costituzionale ha fatto - e sotto questo aspetto l'ordine del giorno che è stato predisposto dal Consigliere Franzi e successivamente sottoscritto dalle altre forze politiche potrebbe trovare anche l'adesione da parte del gruppo liberale, - dove invece non siamo assolutamente d'accordo è sull'eludere da parte della DC, dei socialdemocratici e dei repubblicani, la domanda che stamattina a nome del Gruppo liberale ho rivolto nel merito della Legge Natali, cioè nel merito di quelle che erano state le interpretazioni e le indicazioni legislative che la legge aveva dato per l'attuazione di queste disposizioni. E qui è un atto di volontà, abbiamo sentito chiaramente dal rappresentante del gruppo comunista come si vorrebbero attuare queste direttive comunitarie e come si potrebbero anche attuare, può darsi col parere di conformità, però in modo diverso da quello che la volontà politica di cui facevano parte DC, socialdemocratici e noi liberali in quel governo, aveva indicato chiaramente.
Noi riteniamo che la volontà espressa in allora sia l'unica che possa determinare, per la nostra agricoltura, una possibilità di agganciamento a quella che è un'economia libera di mercato, a un'economia occidentale. Il volere invece, anche nel merito, porre in discussione tutto quello che era stato compiuto, non ci trova più d'accordo perché rimane l'equivoco, ognuno la può pensare come vuole e già stamattina lo si è visto nell'intervento del Consigliere Menozzi il quale ha dichiarato di essere portatore e della voce della DC e di quella dell'organizzazione di coltivatori che direttamente rappresenta. Egli già portava delle ulteriori modificazioni anche nel merito. Questa è una grossa responsabilità perché le forze politiche che avevano concorso a realizzare quel testo di legge a distanza di tempo mutano pensiero solo perché sono cambiate le alleanze. Allora anche nel merito questo documento viene a modificarsi e noi manteniamo fermo il nostro ordine del giorno, pur recependo che la formulazione fatta il 25 ottobre era precedente a quanto deciso nella Commissione il 20 novembre e votiamo contro l'ordine del giorno presentato dai Consiglieri Franzi e altri proprio perché rimane l'equivoco che il dibattito sui tre ordini del giorno presentati qui oggi avrebbe dovuto chiarire, e ci facciamo per un motivo di chiarezza e di responsabilità a cui non ci sottraiamo.
Noi ci appelliamo pertanto al significato riformatore delle direttive CEE come interpretate dalla legge Natali 2244, ferme quelle modifiche che i suggerimenti costituzionali hanno consigliato di apportare.



PRESIDENTE

Altri Consiglieri chiedono di parlare per dichiarazione di voto? Passo allora alla votazione. I testi dei due ordini del giorno dei gruppi liberale e missino sono stati distribuiti, il terzo invece, poich mi è stato presentato in questo momento ve lo leggo.
Metto in votazione il primo ordine del giorno presentato il 24 ottobre 1973 e firmato dai Consiglieri Rossotto, Gerini e Zanone. Chi lo approva è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è respinto.
Metto ora in votazione l'ordine del giorno del gruppo M.S.I. Destra Nazionale. Chi lo approva è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è respinto.
Leggo ora l'ordine del giorno che mi è pervenuto oggi e firmato dai Consiglieri Franzi, Calsolaro, Ferraris, Cardinali e Menozzi: "Il Consiglio Regionale del Piemonte Visto il d.d.l. n. 2244 presentato dal Governo in data 12 giugno 1973 per il recepimento e l'attuazione del nostro Paese delle direttive CEE n. 159 160 - 161 approvate dal Consiglio della Comunità in data 17 aprile 1972, e con riferimento al dibattito in corso presso la Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati Riconosciute le difficoltà oggettive derivanti per il Parlamento nazionale, della necessità 'nuova' di attuare un obbligo internazionale dello Stato in materia di agricoltura, devoluta dalla Costituzione alla competenza legislativa ed amministrativa delle Regioni Ritiene che il testo del disegno di legge 2244 sia eccessivamente restrittivo nei confronti delle potestà costituzionalmente riconosciute alle Regioni Considerato che le direttive CEE devono rappresentare il supporto per l'ammodernamento delle strutture agricole nazionali, onde porre la nostra economia in condizioni di maggiore competitività nei confronti di quella degli Stati aderenti alla Comunità Economica Europea Esprime la più grave preoccupazione per il rilevante ritardo che sta subendo l'iter parlamentare di questa legge impedendo così agli imprenditori agricoli italiani di beneficiare delle provvidenze finanziarie rese disponibili dalla C.E.E.
Dato atto che si debba riconoscere la competenza dello Stato a recepire con legge nazionale le direttive della Comunità Economica Europea chiede che il Parlamento italiano riconosca ed assegni alle Regioni specifica competenza legislativa per l'attuazione delle direttive C.E.E.
attraverso una legge di principi, come indicato all'articolo 117 della Costituzione e all'ultimo comma dell'art. 17, legge 26 maggio 1970, n. 281 ed esplicitamente riconosciuto dalla Commissione per gli affari costituzionali della Camera dei Deputati Dà mandato alla Giunta di rendersi interprete presso il Parlamento ed il Governo delle premure dei produttori agricoli affinché siano sollecitamente recepite in legge nazionale le direttive C.E.E., n. 159 - 160 - 161 dell'aprile 1972 di sostenere presso il Parlamento ed il Governo le legittime richieste delle Regioni intese a vedersi attribuite le competenze legislative per la pratica attuazione delle medesime direttive".
Metto in votazione l'ordine del giorno. Chi intende approvarlo è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato.
Abbiamo esaurito così il punto secondo all'ordine del giorno.


Argomento: Prevenzione infortuni

Esame proposta di legge n. 139 sull'Assicurazione contro gli infortuni in favore dei Consiglieri regionali


PRESIDENTE

Chiederei al Consiglio se non ritiene opportuno di passare il disegno di legge al punto nono "Esame e proposta di legge n. 139 'Assicurazione contro gli infortuni in favore dei Consiglieri regionali'", che gira da parecchio tempo. Si tratta solo di quattro articoli che potremmo rapidamente approvare, esaurendo così un altro punto all'ordine del giorno di questi numerosi che ancora sussistono e che non potranno certamente trovare esaurimento.
Darei la parola al relatore Garabello, Presidente della I Commissione.



GARABELLO Enzo, relatore

Proposta di legge: "Assicurazione contro gli infortuni in favore dei Consiglieri regionali".
L'attività di Consigliere Regionale, direttamente o indirettamente connessa con l'esercizio del mandato consiliare, comporta l'esposizione a una serie di rischi derivanti dall'uso di autovetture, dai viaggi aerei dalla partecipazione a manifestazioni a carattere politico, sociale o sindacale, ecc.
In relazione alle conseguenze che tali rischi comportano all'interessato, il progetto di legge è ispirato all'esigenza di garantire il sereno svolgimento da parte dei Consiglieri regionali del loro mandato e delle loro funzioni, assicurando loro la riparazione delle conseguenze dannose derivanti da infortunio.
La proposta di legge, che viene sottoposta all'esame ed all'approvazione del Consiglio Regionale, è costituita da 4 articoli e tratta dell'assicurazione obbligatoria, istituita a favore di tutti i Consiglieri Regionali per ogni evento dannoso che può loro derivare durante l'esercizio del mandato, in dipendenza di qualsiasi causa, anche non derivante dall'espletamento del mandato.
La proposta di legge stabilisce massimali idonei a coprire gli eventuali danni.
La copertura dell'onere annuo di L. 10.000.000 è assicurata, per il 70%, dal Bilancio del Consiglio regionale e, per il 30%, da trattenute operate sull'indennità dei Consiglieri regionali.
Mentre non siamo ancora alla discussione degli articoli, mi permetterei di segnalare l'opportunità di cancellare dal titolo della legge, e come tale non è un emendamento, le parole "in favore" perché possono essere male interpretate.



PRESIDENTE

E' una correzione formale. Se si vuole formalizzarla in un emendamento soppressivo, per me va bene.
Qualcuno chiede di parlare? Il Consigliere Menozzi, ne ha facoltà.



MENOZZI Stanislao

Signor Presidente, signori Consiglieri, assumendomi anche in parte la mia responsabilità, pur non risultando la mia firma tra quelle dei presentatori, responsabilità che mi deriva dal fatto di aver provveduto a suo tempo alla stesura del progetto, oggi in esame, vorrei far rilevare che il documento parla troppo genericamente di assicurazioni contro gli infortuni, dimenticando una formula oggi in essere e della cui carenza ne ho amaramente esperimentato le conseguenze alcuni giorni or sono; cioè non contempla la così detta "Caspo", ossia il poter essere assicurati, oltre che per i danni all'automezzo, anche per i trasportati, ma più specificamente per il coniuge, per i discendenti in linea retta ed eventualmente, per collaboratori e dipendenti, perché la semplice assicurazione sulla responsabilità civile contro danni riportati dai terzi esclude l'eventuale indennizzo per i danni riportati da persone trasportate che siano quelle che ho citato prima.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere .Berti



BERTI Antonio

Questa legge che riguarda i Consiglieri arriva in Consiglio credo buona ultima rispetto a tutte le altre Regioni, (come del resto quasi tutte le altre leggi che facciamo) ma in questo caso noi non abbiamo protestato perché non arrivava, anche perché l'opinione pubblica è sempre pronta ad accusare favori che i Consiglieri si autoelargiscono ecc., però...



PRESIDENTE

Pagano anche i Consiglieri in questo caso.



BERTI Antonio

Appunto, devo precisare che in buona parte viene pagato dai Consiglieri, ma ciò che ci ha fatto decidere ad apporre la nostra firma sulla proposta di legge sono i tre incidenti che nel giro di pochi giorni hanno colpito tre nostri colleghi di lavoro: da Menozzi a Simonelli (che porta ancora le conseguenze di un incidente che poteva essere molto più grave) allo stesso Marchesotti.
E' chiaro che per chi svolge attività politica al servizio del pubblico ed è costretto a muoversi molte volte di notte e con la nebbia perché alle riunioni bisogna andare per forza, sfidando anche le intemperie, un provvedimento del genere non può che essere opportuno ed in questo senso noi siamo d'accordo.



PRESIDENTE

Altri vogliono parlare? Nessuno. Dichiaro allora chiusa la discussione generale e passerei alla votazione dei singoli articoli.
Art. 1: "In favore dei Consiglieri in carica, la Regione Piemonte istituisce l'assicurazione obbligatoria contro i rischi da infortunio".
Non vi sono emendamenti, nessuno chiede di parlare, si procede alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: Presenti e votanti 36 Hanno risposto sì 36 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Art. 2: "L'assicurazione per i rischi di morte e di invalidità permanente e temporanea copre gli infortuni che i Consiglieri possono subire nel corso del mandato consiliare per ogni causa e non con il suo servizio.
Il contratto di assicurazione, senza diritto a rivalsa, è cumulativo e deve prevedere indennità non superiori ai seguenti massimali: L.
100.000.000 in caso di morte; L. 100.000.000 in caso di invalidità permanente; L. 25.000 per ogni giorno di invalidità temporanea.
La relativa convenzione con istituti assicurativi di comprovata solidità, è stipulata dal Presidente del Consiglio previa approvazione da parte dell'Ufficio di Presidenza".
Nessuno chiede la parola? Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: Presenti e votanti 37 Favorevoli 37 L'art. 2 è approvato.
Art. 3: "Il 30% del premio di assicurazione viene posto a carico dei singoli Consiglieri; il residuo 70% è posto a carico del Bilancio Regionale".
Nessuno chiede di parlare? Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: Presenti e votanti 37 Hanno risposto sì 37 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
Art. 4: "L'onere derivante dall'applicazione della presente legge previsto in L. 7.000.000, fa carico, per l'esercizio 1974 al titolo I sezione 1, categoria I, cap. 1 del Bilancio Regionale "Spese per l'indennità di carica e di missioni spettanti ai componenti il Consiglio Regionale" e, per gli esercizi successivi, al capitolo di spesa corrispondente che verrà iscritto nei rispettivi bilanci".
Nessuno chiede di parlare? Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: Presenti e votanti 37 Hanno risposto sì 37 Consiglieri L'art. 4 è approvato.
Se nessuno ha delle dichiarazioni di voto da fare pongo in votazione il testo nella sua interezza, per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

PRESIDENTE



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione finale: Presenti e votanti 37 Hanno risposto sì 37 Consiglieri La legge è approvata.
Punto quarto. Esame relazione dell'intercommissione per l'Università sul Centro di calcolo.
Chiedo al Consiglio, essendo le 20 ed avendo lavorato per dieci ore che cosa intende fare. Mi sono giunte pressanti richieste perché si rinvii.
I punti all'ordine del giorno sono ancora otto e quindi ritengo di dover accogliere queste richieste. Convocherei per un solo secondo i Capigruppo per alcuni adempimenti, unitamente al Presidente della Giunta.



PRESIDENTE

La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19.50)



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