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Dettaglio seduta n.194 del 17/01/74 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento: Programmazione: argomenti non sopra specificati

Presentazione del programma organico della Giunta e relativa discussione (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Curci. Ne ha facoltà.



CURCI Domenico

Signor Presidente, signori Consiglieri, vogliamo anzitutto esprimere le nostre riserve in merito alla collocazione di questo dibattito sul programma della nuova Giunta, che ha luogo a circa un mese dall'elezione della Giunta stessa.
Un mese fa, cioè, il Consiglio Regionale elesse una Giunta, la cui composizione fu accompagnata, come prescrive lo Statuto, da un documento contenente le linee programmatiche che la Giunta intendeva perseguire.
Ebbene, in quella sede avrebbe dovuto, a parer nostro, essere presentato il documento che ora viene sottoposto al nostro esame, in quella sede il Presidente designato avrebbe dovuto leggerlo ed il voto che ne sarebbe seguito avrebbe così assunto il significato di approvazione anche del programma, oltre che di elezione della Giunta stessa. A distanza di un mese, invece, che senso ha questo dibattito, se non un significato puramente informale: l'altro giorno il Presidente ha informato il Consiglio in merito al programma che intende svolgere, il Consiglio lo sta discutendo. Ebbene, e poi? E' il medesimo programma di quello che, sia pure in sintesi, fu presentato alcune settimane fa? E, in tal caso, non è stato già ampiamente dibattuto allora, ed approvato dalla maggioranza che ha eletto la nuova Giunta? Oppure, dobbiamo ritenere che sia un programma in tutto o in gran parte diverso, e allora che senso ha discuterlo senza che la discussione venga seguita da un voto, di approvazione o di ripulsa? E non ci si opponga, signor Presidente, che all'atto della sua presentazione al Consiglio la nuova Giunta non avesse avuto il tempo di elaborare analiticamente il suo programma nei due mesi di durata della crisi, perché su cosa avviene, allora, l'incontro delle forze politiche che costituiscono una maggioranza se non su un programma dettagliatamente elaborato e che possa quindi essere presentato subito al Consiglio perch questo possa prenderne coscienza e sulla base di esso esprimere il suo voto? Così dovrebbe essere, e così sarebbe, se i partiti della nuova maggioranza non fossero quel coacervo di interessi, di appetiti, di ambizioni, di personalismi, di invidie e di rancori per cui durante i due mesi della crisi di tutto si è parlato meno che del programma, essendo rivolti all'attenzione e gli sforzi dei partiti che dovevano formare il nuovo centro-sinistra alla conservazione o all'ottenimento delle posizioni di potere.
Abbiamo voluto esprimere queste riserve, signor Presidente della Giunta, sulla collocazione di questo dibattito perché riteniamo che molto spesso, anche in questo Consiglio Regionale, come nel Parlamento, come in tutti i Consigli Provinciali e in quasi tutti i Consigli Comunali dei centri di una certa importanza, si faccia della vuota accademia, che conforta ed acuisce la nostra sfiducia in istituti che proprio il comportamento di quelle forze politiche (e questo ne è un esempio, anche se non fra i più rilevanti) che si atteggiano a loro paladine vanno ogni giorno, di più screditando.
Quando, nel mese di ottobre, il dott. Calleri comunicò al Consiglio le dimissioni della Giunta non ci sorprendemmo, avendo avvertito già da molto tempo che ormai la crisi, da qualche mese tenuta in cella frigorifera, era al limite della putrescenza e doveva inevitabilmente esplodere. Ci deluse questo sì, il fatto che ancora una volta il compromesso e l'intrigo prevalessero sulla responsabilità e sulla coerenza.
Sicché siamo ora in grado di esprimere una valutazione critica, ma al tempo stesso obiettiva, circa il problema politico che, al di là delle enunciazioni programmatiche, si pone alla nostra attenzione, e cioè circa questo nuovo centro-sinistra, questo "centro-sinistra diverso", come l'hanno definito i comunisti, che anche nella nostra Regione ha iniziato ad operare.
Dobbiamo in primo luogo osservare che da parte del Gruppo della Democrazia Cristiana non si tenta neppure più di far credere che esso non sia ormai completamente aperto a quello che a Roma si chiama "compromesso storico" e che a Torino il nuovo Presidente della Giunta Regionale più dimessamente definisce "generoso apporto di idee e di contributi".
E se queste dichiarazioni del Presidente della Giunta le confrontiamo con il tono dei discorsi che sono stati pronunciati da parte comunista l'ultimo dei quali stamani dal Consigliere Sanlorenzo, se consideriamo l'aria "diversa" che da quando è nata la nuova Giunta spira in questo Consiglio, appare evidente come il "compromesso storico", cioè il sostanziale accordo fra comunisti e Giunta Regionale, sia già in atto nella nostra Regione.
Infatti appare evidente: 1) come il Gruppo comunista sia sufficientemente soddisfatto ed interessato a questa Giunta 2) come la Democrazia Cristiana, non avendo una formula alternativa avendo bruciato alle sue spalle i ponti che le hanno consentito nel recente passato di approdare alle rive centriste, abbia già cominciato a pagare un prezzo che ogni giorno diventerà sempre più alto ai comunisti, nella pratica di governo, nella dinamica legislativa, nelle scelte politiche ed economiche 3) il Gruppo comunista si rende conto che questa Giunta gli consentirà per la formula e per il temperamento di chi la dirige, di accrescere la sua forza contrattuale, o, per dir meglio, la sua pressione ricattatoria sapendo di poter contare sulla docile acquiescenza di larga parte del Gruppo democristiano e sul nullismo politico degli altri partiti della nuova maggioranza.
Ciò chiarito, emerge in maniera solare come la "opposizione diversa" del Partito comunista anche nella nostra Regione abbia una sua logica incontestabile. Siamo di fronte ad una situazione nella quale i comunisti sono entrati a far parte di una maggioranza-ombra, non di un governo ombra, come negava stamani il Consigliere Sanlorenzo, una maggioranza-ombra la cui volontà prevale su quella della maggioranza ufficiale.
Per quanto ci riguarda, siamo coscienti che si tratta di un indirizzo politico obbligato che la capacità di manovra dei comunisti e l'incredibile passività ed incapacità delle altre forze politiche hanno determinato.
Quando affermiamo questi concetti, e in questo Consiglio lo facciamo da tre anni e mezzo, non cadiamo in una visione settaria ed unilaterale della situazione regionale. Prendiamo atto di una realtà che ogni giorno che passa rende più drammatica. Sta di fatto che i comunisti sanno di potersi intendere su tutta l'area dei problemi regionali, come su quella dei problemi nazionali con la Democrazia Cristiana.
Di fronte a questa realtà, che soltanto un massiccio successo elettorale della Destra Nazionale può sovvertire - e siamo confortati dal fatto che tale convinzione si faccia ogni giorno più strada in cerchi sempre più vasti di pubblica opinione - quale valore dobbiamo attribuire al programma che è stato presentato dalla nuova Giunta? Programma ampio, dettagliato, analitico, anche se discontinuo incompleto e mancante di organicità, programma che ha potuto essere definito, naturalmente in privato, da un Consigliere della maggioranza, una specie di "summa teologica" di questa nuova Giunta. Programma che in molte parti la nostra parte politica potrebbe anche accogliere o condividere se non contenesse una lacuna fondamentale, se non fosse privo di un indirizzo organico della politica economica regionale. Da esso emerge che nel momento in cui si trova nell'occhio di un ciclone economico nazionale e mondiale la nostra Giunta Regionale non ha praticamente una politica economica. Nel momento in cui la nostra Regione, assieme a tutta l'Italia, è contemporaneamente aggredita da tutti i mali e da tutti i pericoli inflazione e recessione, disoccupazione e carestia, crollo dell'agricoltura e accentuata paralisi dell'edilizia, frana della piccola e media industria e paurose nubi sull'orizzonte della grande industria, di cui la riduzione dell'orario di lavoro per i seimila lavoratori della Lancia rappresenta la prima gravissima manifestazione, per non parlare del commercio dell'artigianato, del turismo, squassati e devastati da mali congiunturali che si stanno cronicizzando - non vale neppure la pena di indugiare in un'analisi della crisi economica in atto nella nostra Regione e di quella in prospettiva nei prossimi mesi se non per rilevare come tutti gli interventi fino a questo momento compiuti dalla nostra Regione si siano rivelati inconsistenti.
Vediamo, piuttosto, quale sia il comportamento delle diverse forze politiche al cospetto della crisi economica.
Comunisti e socialisti tentano di approfittarne per realizzare anche a livello regionale il loro obiettivo di fondo: la marxistizzazione dell'economia. Essi, attraverso la creazione di nuovi enti di Stato o regionali - e che la nuova Giunta si sia messa su questa strada, auspicata dai comunisti, è indicato chiaramente in quella parte del programma in cui si fa cenno agli enti che si intende costituire (Ente per l'agricoltura per l'artigianato, per i trasporti) - mirano ad allargare la sfera di influenza del potere politico sull'economia della Regione e del Paese nel momento stesso in cui si allarga la loro sfera di influenza sul potere politico. Il compromesso storico si attua negli enti economici prima ancora che a livello dei partiti. Si è svolto non molto tempo fa a Roma un convegno economico cui hanno partecipato esponenti comunisti di diversi Paesi europei, conclusosi con la decisione di svolgere un'azione comune tendente a coinvolgere altre forze politiche che sono state identificate nella socialdemocrazia e nei movimenti cristiano-sociali.
Da noi siffatto "coinvolgimento" è praticamente già in atto a livello economico, mentre è in corso a livello politico. E mentre il Partito comunista sta sviluppando, come abbiamo visto, una sua tattica ed una sua strategia che, muovendo dal centro, si estende alle Regioni, alle Province ai Comuni per profittare politicamente della crisi economica che investe l'Italia, il Governo e tutta la classe dirigente del nostro Paese - e quella della nostra Regione ne è un emblematico esempio - brancolano nel buio e brancolando altro salvagente non riescono ad afferrare se non quello di una presunta possibilità di responsabilizzare i sindacati della triplice e lo stesso Partito comunista.
Volete un esempio di responsabilità di un sindacalista della triplice? Il Segretario della CISL di Torino, Del Piano, ha dichiarato: "La crisi non è grave come si vuol far credere; il sindacalismo non deve assecondare l'allarmismo. La crisi è un passaggio obbligato per il cambiamento del modello di sviluppo, ma per modificarlo occorre l'azione delle masse. Noi in Piemonte pensiamo ad un nuovo sciopero generale entro la fine di gennaio". Se ne deduce che vi sono degli allarmisti che mettono in giro la voce che l'economia italiana sia in crisi, che i sindacati devono gridare che ciò non è vero; però la crisi c'è, ed è talmente grave che pu determinare il cambiamento del modello di sviluppo; nessuno sa cosa voglia dire cambiare il modello di sviluppo, ma devono essere le masse ad agire per cambiarlo; intanto un bello sciopero generale in Piemonte contribuirà a migliorare le cose, magari a ripristinare l'orario di lavoro dei seimila che la Lancia ha messo in cassa di integrazione. Magnifico esempio di chiarezza e di senso di responsabilità! La relazione programmatica della Giunta si uniforma all'azione del Governo che tende a far credere che la crisi in atto dipenda da una congiuntura internazionale sfavorevole e che comunque, sui mali interni prevalgono quelli esterni. I sindacati della triplice, spalleggiati dai comunisti e dai socialisti, tentano di far credere che la colpa sia "dei padroni", i quali farebbero dell'allarmismo economico al solo scopo di non riconoscere i diritti dei lavoratori, mentre la situazione si potrebbe risolvere con provvedimenti fiscali ed il passaggio alle Regioni delle più impegnative competenze.
Entrambe le tesi sono false. E' chiaro che esiste una congiuntura internazionale avversa, specie per quanto riguarda le fonti di energia. Ma la crisi, che è crisi strutturale e non congiunturale, era scoppiata in Italia assai prima della guerra del petrolio, e le colpe sono colpe del sistema o del regime, colpe del centro-sinistra e colpe dell'attuale Governo. Le colpe più gravi sono quelle del sistema o del regime, che non è stato capace di programmare in trent'anni l'economia, ha solo esteso l'area delle nazionalizzazioni, e quindi delle clientele economiche di potere estendendo contemporaneamente l'area del disordine e dell'anarchia, e quindi l'area del privilegio, della prepotenza e della corruzione. Ora, una programmazione economica - e voglio riferirmi specificatamente a quella che ha da essere la nostra programmazione regionale, il nostro piano di sviluppo del Piemonte, a medio o lungo termine che sia, dovrà necessariamente essere elaborato chiamando al tavolo della sua preparazione tutti i fattori, i protagonisti e gli esecutori del programma da attuare perché tutti gli interessi - ma più ancora degli interessi le esigenze delle categorie - siano noti ai programmatori, anche ai fini delle loro scelte politiche.
I piani imposti dall'alto o con una visione unilaterale dei problemi, i piani, insomma, imposti con mentalità socialista, rimangono "libri dei sogni" e, quando non provocano guai peggiori, sono destinati ad essere disattesi da tutti, compresi gli stessi pianificatori, come è accaduto ai piani regionali e nazionali preparati per il quinquennio 1965-1970, piani che sono passati alle Regioni, in parte come contributo di studi ed in parte come documenti storici.
La programmazione corporativa che la Destra nazionale propone vuole appunto interessare allo sviluppo dell'economia nazionale e regionale i lavoratori, che potranno essere i beneficiari dello sviluppo ma anche le vittime degli errori, come in questa fase sta avvenendo, ma anche gli imprenditori, perché gli investimenti spettano particolarmente a loro artigiani, agricoltori, banche, trasportatori, educatori, enti pubblici perché tutti abbiano e diano una visione la più ampia possibile delle esigenze della collettività alla quale i programmi sono rivolti.
Motivo dominante del piano di sviluppo regionale 1965-'70 era stata l'esigenza della creazione di un'industria sempre più differenziata, e con nuove attività traenti, in modo da sottrarre l'economia piemontese alle conseguenze ipotizzabili nel futuro di una crisi nel settore dell'automobile come quella che ora ci ha in pieno investiti.
Purtroppo, nulla è stato fatto al riguardo, ed al massiccio attacco alla produzione che dall'autunno caldo del 1969 è stato sferrato dalle sinistre e dalla triplice sindacale in tutti i settori, più degli altri ha retto proprio il settore dell'automobile, con le attività collegate. La crisi che ora ha investito in pieno anche questo settore ripropone la necessità di ridurre il suo peso sull'economia piemontese e di ricercare specie a carico della finanza pubblica, altre attività traenti, quale potrebbe essere ad esempio l'elettronica. Per quanto riguarda, invece l'agricoltura piemontese, è triste quanto rilevato dall'Ires in ordine alla diminuzione di circa il 30 per cento in un decennio degli occupati nell'agricoltura, ma più grave ancora è la previsione che gli addetti al settore, che erano 555 mila nel 1951, forse scenderanno a 230 mila unità nel 1975. Ma abbiamo l'impressione che la realtà sia già oggi peggiore di queste previsioni. Il fenomeno dell'esodo dalle campagne è quello del frazionamento eccessivo della proprietà fondiaria sono fatti economici di grave entità, ma sono soprattutto fatti politici conseguenza di grosse responsabilità politiche e morali, perché troppo si è puntato in questi ultimi trent'anni sulla "industrializzazione" e delittuosamente si sono negati i valori dell'attaccamento alla terra e del lavoro nelle campagne.
Ed oggi ci si lamenta che soltanto per la carne mandiamo parecchie centinaia di miliardi all'estero e che siamo deficitari anche nel settore lattiero-caseario. In quest'ultimo periodo i nostri agricoltori sono stati anche colpiti nella produzione lattiera, attraverso la concorrenza dei latti importati dai più organizzati Paesi del Mercato Comune.
Il coltivatori, specie i più piccoli, hanno reagito come hanno potuto alla carenza di braccia incrementando il numero delle macchine di media e piccola potenza. Ed in questi ultimi anni tale perfezionamento dell'attrezzatura tecnologica delle aziende agricole è continuato. Ma i più grossi problemi dell'agricoltura piemontese e di quella nazionale non sono stati risolti, perché manca la volontà politica di risolverli da parte dei Governi che si sono succeduti.
E non serve che qualche Consigliere che rappresenta in questo Consiglio la Coldiretti venga qui a farci dei discorsi strumentalmente demagogici per strappare l'applauso di una claque che non si è ancora resa conto di quanto sia stata ingannata dall'on. Bonomi e dai suoi proconsoli regionali, che condividono in pieno la responsabilità del crollo dell'agricoltura italiana, la responsabilità di una politica che rischia di farci perdere persino i contributi speciali per l'agricoltura della CEE ed il fondo per le aree depresse.
Non si pone mano alla cura della crisi agricola se non si attua una politica creditizia e leggi che permettano l'accorpamento delle unità fondiarie troppo spezzettate se non si attua una politica di strenua difesa del prodotto agricolo specie in seno al Mercato Comune; una migliore commercializzazione dei prodotti attraverso il miglioramento e l'ammodernamento dei mercati all'ingrosso ed attraverso una legislazione di tutela della produzione delle campagne; attraverso piani di sviluppo agricolo nelle zone di produzione omogenee.
Signor Presidente della Giunta, io a questo punto avrei terminato il mio intervento. Potrei dunque chiuderlo se non fossi tentato di commentare brevemente le ultime righe, l'ultima cartella della sua relazione, del cosiddetto "arco costituzionale". là dove ella fa appello alla vocazione resistenziale ed antifascista del suo e degli altri partiti Un commento che contiene una domanda, signor Presidente della Giunta.
Si rende conto che l'invocazione antifascista, se per antifascismo si intende - come ella certamente intende e soprattutto come intendono i comunisti - avversione e discriminazione nei confronti della nostra parte politica, se lanciata da lei come esponente della Democrazia Cristiana appunto perché esponente della Democrazia Cristiana, non è credibile, non è accettabile, è risibile? Se di antifascismo, nei termini che ho dianzi detto, cioè di avversione e discriminazione nei nostri confronti, parlano i comunisti, bene riconosciamo loro una coerenza che trova riscontro nel nostro coerente anticomunismo; coerenza comunista interrotta solo durante il breve periodo dell'esperimento milazziano in Sicilia, allorché l'allora segretario del P.C.I., Togliatti, ebbe a scrivere sull' "Unità", non certamente richiesto e tanto meno gradito da noi, che "in quel movimento - alludeva al nostro si avvertono dei fermenti democratici".
Ma l'antifascismo, nei termini suddetti, di avversione e discriminazione nei nostri confronti, della Democrazia Cristiana, suvvia signor Presidente della Giunta, lo lasci stare, perché la smentiscono nei fatti, che in politica contano molto di più delle parole, altissime personalità del suo partito.
La smentisce De Gasperi, che nel 1953, dopo un incontro ufficiale, nel corso del quale aveva richiesto l'appoggio nostro o la nostra astensione entrambi negati, per quel Governo monocolore che fu poi battuto alla Camera dei Deputati, dichiarò ai giornalisti - e la frase fu riportata da tutti i giornali dell'epoca - che "con i dirigenti del M.S.I. si era parlato da italiani".
Ella è smentita dall'attuale Segretario del suo Partito, on. Fanfani che nel 1954, accingendosi a costituire un altro monocolore, non aprì, ma spalancò, a destra, per ottenere i voti determinanti del nostro partito che gli furono negati.
Ella è smentita dall'on. Pella, che nel 1953 quei voti chiese, ottenne gradì, e governò. Ella è smentita da Segni, che dei nostri voti, o delle nostre astensioni, si avvalse per i suoi successivi Governi.
Ella è smentita, molto più recentemente, dal penultimo Segretario del suo Partito, l'on. Forlani, il quale, come è stato documentato, i nostri voti chiese ed ottenne per determinare l'elezione dell'attuale Presidente della Repubblica.
Quindi, signor Presidente della Giunta, lasci stare la Resistenza e l'antifascismo: essi non servono a niente, neanche a risolvere il più sparuto dei problemi che ha dinanzi a sé; le servono soltanto per suonare le sue serenate ai comunisti, ma veramente non sappiamo fino a quando questo potrà giovare a lei stesso ed al suo Partito.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Marchesotti. Ne ha facoltà.



MARCHESOTTI Domenico

Signor Presidente, signori Consiglieri, ieri sera il Consigliere Bertorello - che mi spiace non sia ora presente - ha usato in quest'aula con una certa riluttanza, un aggettivo che gli sembrava eccessivamente pesante, ma che, inquadrato nel contesto della manifestazione dei coltivatori diretti di ieri, pienamente giustificata dalla mancata risoluzione di tanti problemi, a me non è sembrato poi tanto inopportuno e spregiativo. Credo, però, che il Consigliere Bertorello, che è indubbiamente un coltivatore diretto serio, non se l'abbia a male se gli ricordo che, se il grano non si vaglia, alla fine nascono i papaveri, e che mettere tutto in un sacco serve a rovinare tutto.
Egli ha usato quell'espressione riferendosi a qualcuno che non ha specificato, attribuendogli delle responsabilità. E' anche vero che non tutti che vendono merce in piazza, vendono sempre merce avariata. Ma a chi voleva riferirsi Bertorello? Non a noi, voglio credere, perché, come ha ben dimostrato l'intervento del collega Ferraris, noi in questa materia non abbiamo responsabilità alcuna; anzi, in merito alla zootecnia, come Bertorello ben sa, abbiamo presentato una proposta che da sei mesi e più attende di essere discussa. E nemmeno poteva riferirsi al P.S.I. Forse al Partito liberale, che aveva condizionato la Giunta di centro-sinistra fino a poco tempo fa; ma i liberali non hanno mai preteso di difendere gli interessi dei coltivatori diretti. Qualcuno potrebbe insinuare, senza malignità, sentito l'intervento di ieri, che il riferimento fosse a Menozzi.
Vorrei ricordare agli amici di Bertorello che i responsabili, qui, in quest'aula, dove è stata usata quell'espressione a proposito della politica agraria, sono uomini del suo partito e di una corrente con la quale il Gruppo dei coltivatori diretti ha stretto precisi accordi: Calleri Presidente della Giunta, Franzi Assessore all'agricoltura, Menozzi Presidente della VI Commissione (agricoltura). Sono questi i responsabili.
Va affermato esplicitamente, perché è bene che si faccia chiarezza, che i responsabili siano indicati, sia per ragioni politiche, sia per riuscire a risolvere i problemi che abbiamo di fronte. I coltivatori diretti, se vogliono - e sono convinto che lo vogliano - contribuire davvero a risolvere i problemi, non debbono assolutamente dare spazio al qualunquismo, ma indicare chiaramente fatti e responsabilità, dando così alle masse un esempio educativo. Fatta questa premessa introduttiva, entro ora nel merito del tema che mi sono prefisso di trattare: quello dei trasporti pubblici. E' già stato detto da parte nostra, ed io lo confermo che nell'ascoltare la lettura del documento presentato dalla Giunta abbiamo sentito elementi nuovi. Corretta ci è parsa l'impostazione generale data al problema dei trasporti, cioè l'accettazione, in linea di principio, della necessità della pubblicizzazione e della creazione di un piano regionale per i trasporti pubblici. Giusta impostazione culturale e filosofica, che si distingue dal passato; sia sulla funzione della Regione che nel dispiegamento dei suoi poteri nel settore dei trasporti pubblici.
Nuova, poi, secondo me, appare l'apertura delle stesse proposte proprio perché sono poste in alternativa, e quindi con possibilità di discuterle. Se gli impegni di apertura saranno mantenuti, come mi auguro in quanto assunti non formalmente, possiamo forse in questo campo fare qualcosa di meglio e di buono, andare avanti anche speditamente.
A cosa è dovuto tale elemento positivo? Credo dobbiamo rendercene conto, per riuscire poi a vedere nel merito dei problemi quali sono le forze che intendono operare nella direzione giusta. Credo che l'Assessore ai trasporti, Gandolfi, nella nuova Giunta si trovi più libero di muoversi: senza la presenza del "Conte Calleri" probabilmente si sente più a suo agio nell'avanzare proposte. Ma un elemento positivo è anche costituito dalla presenza del P.S.I. in Giunta. Credo, anzi, che i due elementi insieme possano contribuire a risolvere una situazione che, per la verità, è risultata pesante e carente.
Ma l'elemento determinante, a mio modo di vedere, sono i fatti, che ostinati e sempre più gravi, inducono oggettivamente a cambiare atteggiamento. Mi richiamo alle considerazioni già fatte ieri dal mio compagno Minucci. Ciò che è necessario, penso, è partecipare attivamente cioè farsi carico, tutti insieme, della soluzione dei problemi con un serio impegno, con la capacità e responsabilità che ognuno ha, e deve metterci sia all'opposizione che al governo della cosa pubblica. Non basta quindi subire gli eventi, riconoscendoli, occorre affrontarli, con capacità e volontà politica per risolverli nell'interesse delle masse.
Credo sia doveroso rilevare un aspetto, negativo, della relazione là ove tratta dei trasporti: mentre si propone la seconda pista a Caselle nulla si dice per un piano di immediato intervento. E' vero che l'Assessore mi può anche rispondere che c'è una leggina che in questi giorni discuteremo per tamponare le esigenze conseguenti alle restrizioni domenicali, ma è evidente che io intendo un'altra cosa per "immediato intervento nella questione dei trasporti": intendo cioè un'iniziativa atta a far fronte alle più impellenti esigenze con il recupero delle situazioni ancora idonee nel campo delle Ferrovie dello Stato e dei trasporti pubblici su gomma. Vedo in ciò una carenza, e metto questo a confronto con la proposta della pista di Caselle, perché mi sembra significativo. Noi, è evidente, non siamo contrari allo sviluppo dei trasporti aerei, sia perch data la configurazione geografica dell'Italia, i trasporti aerei possono favorire il movimento delle persone, sia perché la necessità di migliorare i collegamenti con l'Europa impone di andare in questa direzione. Ma il problema della costruzione della seconda pista a Caselle va affrontato nel quadro dello sviluppo dei trasporti aerei di carattere nazionale e nel contesto del piano regionale di sviluppo. Una domanda, credo, sia il caso di porci: è opportuno costruire una seconda pista proprio a Caselle o cercare un'altra località del Piemonte meno soggetta alla nebbia? (Ricordo che anni fa si parlava addirittura di costruire un aeroporto vicino ad Alessandria, in prossimità del Bormida, in una zona in cui la nebbia è assai frequente). Vorrei però che cercassimo tutti insieme di prenderla in considerazione. Su questo punto occorre un esame serio, approfondito, che potrebbe essere fatto prima di tutto in Commissione e poi in Consiglio.
Inoltre, non credono la Giunta e l'Assessore che sarebbe più giusto ed efficiente impegnare i 940 miliardi, che si dice occorrano per la seconda pista di Caselle e che il Governo metterebbe a disposizione, per far fronte alle esigenze del trasporto pubblico che diventa di settimana in settimana sempre più difficile, caotico e congestionato? I lavoratori piemontesi ne trarrebbero profitto.
In Piemonte abbiamo circa duemila pullman, troppo pochi per far fronte all'esigenza di trasporti su strada, per giunta il 65 per cento hanno superato i dieci anni di servizio. Penso che un piano di intervento debba impegnarci per almeno 500 pullman all'anno per cinque anni; è un obiettivo minimo, per rispondere alle più impellenti esigenze di mobilità. E' un impegno, certo, nella direzione di un nuovo tipo di sviluppo. Noi crediamo che in questa direzione si debba lavorare subito in quanto i trasporti sono un elemento di un nuovo sviluppo e condizionano gli insediamenti e la tendenza all'urbanesimo. Se c'é ancora qualche studio da fare facciamolo ma operiamo subito sugli obiettivi minimi di pubblicizzazione corrispondenti al medio e lungo termine. Queste sono le esigenze.
Le ordinazioni che giungono alla Fiat da tutta Italia sono per 8.000 pullman all'anno, ma la Fiat può costruirne solo 4.000. Cosicché siamo costretti ad acquistare all'estero non solo la carne, ma anche i pullman.
Se osserviamo i dati forniti da voi, nella relazione programmatica sull'aumento vertiginoso del trasporto privato, del numero delle macchine ci rendiamo ben conto degli errori commessi dai dirigenti politici del Governo italiano e dall'industria automobilistica.
Un intervento della Regione Piemonte e delle Regioni, può portare ad una domanda, da parte del mercato italiano, di diecimila pullman l'anno contro gli attuali ottomila. Ecco un modo concreto, da avviare subito, per mettere in moto il nuovo modello di sviluppo.
Si pone qui un problema concreto, che va affrontato anch'esso immediatamente, è quello del costo dei pullman e dei prezzi dei pullman.
Credo si debba assolutamente evitare che la forte richiesta induca i costruttori ad alzare i prezzi. Naturalmente la soluzione sarebbe quella di incrementare la costruzione. Ma fino a che la domanda rimarrà superiore all'offerta occorrerà che la Giunta ed il Consiglio intervengano presso il Governo ed anche presso la Fiat per accertare se il prezzo fissato sia equo rispetto al costo di produzione. Dobbiamo chiedere al Governo di operare in proposito un controllo serio ed efficace.
L'altra questione che credo debba essere affrontata, con una visione d'insieme per attuare un'efficace politica regionale dei trasporti è quella dell'area metropolitana di Torino. Siamo del parere che, le soluzioni dei problemi che l'area metropolitana di Torino pone, debbano essere visti nel contesto del Piano Regionale dei trasporti (pubblicizzazioni potenziamenti, sviluppo, allargamento delle A.T.M.), strumento primario e fondamentale per realizzare il decentramento ed il decongestionamento dell'area di Torino e lo sviluppo delle aree depresse del resto del Piemonte.
Sappiamo tutti che i trasporti sono elemento determinante per attuare un efficiente assetto del territorio. Perciò l'intervento della Regione nel settore deve tendere subito a raggiungere l'obiettivo dello sviluppo diffuso in Piemonte. Riteniamo che occorra, per l'area torinese, utilizzare al massimo le Ferrovie dello Stato, con la quadruplicazione dei binari delle linee Trofarello-Torino, Settimo-Torino, con la valorizzazione, la ristrutturazione e il potenziamento delle stazioni di Stura, San Paolo Lingotto, Porta Susa ecc. e con una nuova stazione al Mauriziano, se dovesse risultare necessaria, assegnando così a Porta Nuova una diversa e più congeniale funzione del servizio rispetto alla città. In questo senso ci sono studi delle Ferrovie, proposte dei sindacati, elementi dell'Assessorato, perciò credo sia possibile concludere abbastanza celermente in Commissione per investire della questione il Consiglio.
La Giunta propone il passaggio alla Regione delle ferrovie secondarie.
Mi riferisco alla Torino-Cirié-Lanzo, Torino-Rivarolo, Trofarello-Chieri Torino-Pinerolo. La prospettiva potrebbe avere una sua suggestione ma solo a certe condizioni, non verificandosi le quali la realizzazione del progetto potrebbe avere effetti negativi: la prima è che la Regione non debba sopportare oneri finanziari per il riscatto; la seconda è che ci siano congrui contributi dello Stato per la gestione; la terza, che sia assolutamente evitato il passaggio alle Regioni delle ferrovie denominate "rami secchi", lasciando alle FF.SS. la polpa, cioè le dorsali Torino Milano, Torino-Genova, Milano-Genova ecc. Bisogna chiedere che i "rami secchi", o meglio, quelli che si diceva essere rami secchi ma che oggi si dimostrano assolutamente necessari, siano rivitalizzati, potenziati dalle Ferrovie dello Stato.
Noi riteniamo che l'efficienza del servizio, la necessità di diminuire i costi di gestione impone l'unificazione dell'A.T.M., della Satti e della Torino-Rivoli, facendo assolvere all'azienda unificata una funzione pilota nell'area ecologica di Torino, ma i partiti di governo non sembrano disposti a prescindere dal numero dei Presidenti da nominare. Il potere prevale sull'efficienza con grave danno per gli utenti e per la spesa pubblica. Mentre invece un servizio adeguato delle Ferrovie dello Stato rispetto alle esigenze della città di Torino, più razionale ed unificato servizio urbano sono elementi di ulteriore giudizio, a disposizione del Consiglio per valutare la convenienza e l'utilità della costruzione della metropolitana.
Noi riteniamo che i tre provvedimenti di cui ho detto possano portare ad escludere la costruzione della linea 1 della metropolitana, mentre potrebbero postulare, se visti sempre nel quadro regionale, un esame attento del come, dove e quando realizzare la linea 2.
Queste questioni vanno evidentemente approfondite, crediamo occorra un dibattito sia in Commissione che in Consiglio. Anche perché l'approvazione dei piani di massima e di realizzazione della metropolitana sono di competenza regionale. Dico questo perché non vorrei che la Giunta si attribuisse dei poteri che a nostro parere stando al decreto delegato, sono del Consiglio. Lo sviluppo del Piemonte impone di affrontare con la Regione Liguria, con le Ferrovie dello Stato, con il Governo, con le Province di Alessandria e di Cuneo, il problema del collegamento del Piemonte con i porti liguri. La questione non è più nei termini di qualche anno fa, è diventata urgente; in quanto le Ferrovie dello Stato propongono un collegamento Voltri-Rigoroso (Acquata S.) da realizzarsi con una galleria l'ILSES di Genova propone invece l'asse attrezzato che interessa la piana di Predosa. L'un progetto esclude l'altro, non possono essere realizzati entrambi. Bisogna discuterne e decidere. Non possiamo lasciare la decisione alle Ferrovie dello Stato, per poi accorgersi che non era quella la soluzione giusta. Perciò i tempi sono stretti.
Occorre chiedere al Governo ed alle FF.SS. il potenziamento e la rivitalizzazione dei cosiddetti "rami secchi", per metterli al servizio dell'agricoltura, dei pendolari, dei cittadini, dei giovani e degli studenti. Mi riferisco in particolare alle linee Genova-Ovada-Alessandria Alessandria-Mortara-Milano. Cito queste, ma potrei citarne tutta una serie che collegano i centri di Alessandria, di Cuneo, di Asti, di Casale, ecc.
con il loro interland. Sono linee queste che, potenziate adeguatamente sistemate e velocizzate riducono il carico sulle dorsali principali e mettono la Regione in condizione di organizzare meglio la rete dei trasporti su strada. Questo risulterà più agevole, meno costoso, più efficiente sia nei giorni feriali che in quelli festivi a beneficio degli utenti della città e della campagna.
La concezione del bacino di traffico, così come emerge dalla proposta dell'Assessorato, peraltro mai discussa, noi non la condividiamo. Pensiamo invece, al bacino di traffico corrispondente all'area ecologica, o, se volete, al comprensorio omogeneo. E se le aree ecologiche in Piemonte sono quindici, nonostante tutte le critiche hanno retto bene, noi riteniamo che quindici debbano essere i bacini di traffico: pensiamo che sia un errore serio, grave, da non farsi, quello di dividere le aree ecologiche in più bacini. Per la gestione, a livello di bacino, noi siamo favorevoli alla costituzione di aziende pubbliche di gestione, formate da enti locali singoli od associati. Certo, è possibile, all'inizio, la coesistenza di queste aziende con le concessionarie private, ma a condizione che sia l'azienda pubblica a dirigere operativamente tutto il traffico del bacino compreso quello delle concessionarie. Se fosse altrimenti finiremmo con l'avere delle storture. Occorre inoltre costituire il Comitato regionale di coordinamento dei trasporti, con la presenza delle Ferrovie dello Stato degli enti locali e dei sindacati. Pertanto, siamo contrari - l'abbiamo detto già, ma lo ripetiamo con forza, perché sentiamo che bisogna essere anche in questa direzione concreti, precisi - all'Ente regionale per i Trasporti. Ritengo occorra precisare gli obiettivi di pubblicizzazione obiettivi vicini, obiettivi a medio termine. Abbiamo, come sapete, l'A.T.M.
a Torino, Alessandria, Asti e Novara: noi riteniamo che occorra favorire e sollecitare la costituzione dell'A.T.M. a Vercelli ed a Cuneo, cioè nei capoluoghi di provincia e di area ecologica, iniziando dalle sedi provinciali, per far assolvere a queste una funzione pilota nel bacino come si sta tentando, con risultati positivi, ad Alessandria. Pensiamo che altrettanto debbano fare le A.T.M. di Asti e di Novara. Occorre sollecitare e favorire la formazione di aziende pubbliche a Casale, a Pinerolo, a Verbania, ad Ivrea, nel Biellese, con le stesse funzioni pilota per la loro area. L'indicazione delle località è in relazione alla maturazione del movimento. Noi siamo contrari alle Società miste, riteniamo sia un errore il costituirle, bisogna puntare invece come ci suggerisce chiaramente l'esperienza, su aziende pubbliche, singole od associate, di enti locali.
Da ultimo, v'è da considerare il problema dei finanziamenti e dei contributi. Credo che occorra impegnare notevoli risorse nel settore dei trasporti, che presenta esigenze impellenti: non basteranno certo pochi miliardi. Occorre, quindi, sulla base degli obiettivi che ci prefiggiamo determinare il contributo per il riscatto, anche per i trasporti urbani quindi di competenza comunale. La Giunta, secondo me, dovrebbe intervenire ad aiutare i Comuni con un contributo cospicuo: Vercelli, Cuneo ecc. per esempio, con il 50 per cento sul capitale, o con l'accollarsi l'intero interesse, oppure intervenendo in forma mista su capitale e interesse.
Occorre fare un piano di cinque anni, da questo stralciare quel che si ritiene di poter fare nei 500 giorni che ci rimangono, e muoverci immediatamente, stanziando le cifre occorrenti e impegnando le forze di maggioranza e del Consiglio a procedere speditamente. Noi ci facciamo carico di queste questioni, e in base a tale programma se concordato daremo il nostro apporto per superare anche i limiti di potere, perché nessuno mai ci ha detto che non possiamo dare contributi ai Comuni e nessuno mai ce lo dirà. Se volete, lo possiamo fare.
Contributi per gli investimenti per acquisto di materiale rotabile. Noi siamo contrari, lo ripetiamo ancora, ad assegnare contributi di questo tipo alle concessionarie private. Intanto, perché finiremmo con il pagare due volte i pullman nuovi: una volta con il contributo e l'altra volta al momento della pubblicizzazione. Ma soprattutto perché, se facciamo un piano di pubblicizzazione dei trasporti, non abbiamo ragione di intervenire a favore dei privati.
Bisogna che risolviamo anche un'altra questione, quella di privilegiare quei Comuni, o comunque quei centri capoluogo di area ecologica del nostro Piemonte che hanno le condizioni più difficili. Il Comune di Torino anche avendo un grosso deficit, è in condizioni di sostenerlo. Ma per giungere alla pubblicizzazione, ad un servizio efficiente laddove manca, occorre privilegiare Comuni minori. Bisogna anche qui che facciamo una scelta. Così come deve essere fatta la scelta per i contributi di gestione. Perché non basta il contributo per l'investimento, non basta il contributo per il riscatto: occorre pensare anche ad un contributo di gestione da parte della Regione alle aziende pubbliche di quelle aree che hanno assolutamente bisogno di essere rafforzate e di essere poste in condizioni di attrarre gli elementi dello sviluppo economico.
Credo che l'Assessorato e la Giunta abbiano tutti i poteri per giungere a determinare le condizioni favorevoli al conseguimento di questi obiettivi. Infatti è l'Assessorato, è la Giunta a rilasciare le concessioni annuali ai privati, concessioni che devono essere date a condizione che siano esercitate in modo efficiente. Ciò è decisivo per la pubblicizzazione. Il secondo potere è costituito dai contributi alle concessionarie. Anche questo è un tema che ci mette nelle condizioni di vedere qualità e quantità, e quindi anche di determinare nei prossimi anni quali sono le linee, o i bacini, che devono essere pubblicizzate. E la Giunta può decidere se consentire o no all'aumento delle tariffe.
La prima richiesta che faccio è dunque che, queste questioni, vengano discusse dal Consiglio Ho già detto in una riunione con l'Assessore, a proposito della pubblicizzazione della Torino-Chieri, che la Regione, come istituzione (credo anche la Giunta) non può tollerare di venire a conoscenza delle situazioni che si determinano a seguito dell'aumento delle tariffe, perché generano grandi proteste. Sappiamo che a Pinerolo sono aumentate le tariffe dei pullman perché gli utenti protestano; sappiamo che sono aumentate a Chieri perché gli studenti protestano; nel Biellese perché i lavoratori protestano; ma nessun componente del Consiglio compresi i democristiani, sapeva che erano state aumentate le tariffe, e in qual misura. Questo non lo possiamo ammettere. Occorre che questi poteri siano esercitati in modo democratico nel contesto del piano. Perché voi capite che questo è un elemento essenziale, per realizzare o meno la pubblicizzazione. I poteri della Regione, devono essere usati, non in funzione degli interessi delle concessionarie ma in funzione dell'interesse pubblico, per fissare, l'ammontare del riscatto, i contributi, i finanziamenti. C'é una A.T.M. nella Regione Piemonte, che sta discutendo il riscatto di una linea che collega una città con l'altra; ebbene, la cifra del riscatto va, diciamo, da 10 a 20 a seconda che il concessionario si alza la mattina con il piede sinistro o con il destro. Il concessionario fa questo ragionamento: acconsento soltanto se ottengo 80 milioni, cioè il doppio del valore effettivo; ad una cifra inferiore non mi conviene cedere perché posso ancora sfruttare per alcuni anni la concessione, che la Regione mi darà, i contributi e via dicendo, e quella cifra la otterr comunque. Ho volgarizzato un po' la questione, ma i termini di essa non cambiano, Gandolfi lo sa benissimo. Per determinare il riscatto, della pubblicizzazione, l'Assessorato ha i poteri, ma se non li esercita saranno i privati ad imporre il loro punto di vista.



GANDOLFI Aldo, Assessore ai trasporti

In quel caso l'Azienda non ha richiesto l'intervento della Regione..



MARCHESOTTI Domenico

Non l'ha richiesto e non lo richiederà, la concessionaria.



GANDOLFI Aldo, Assessore ai trasporti

Io mi riferivo all'A.T.M.



MARCHESOTTI Domenico

Comunque, io non ho inteso porre il problema specifico ma fare un esempio. Se la Regione un anno o due fa avesse operato diversamente, la richiesta ora non sarebbe di 80 milioni ma si sarebbe concluso senza troppa difficoltà sulla base di 30-40. Questa è la realtà della situazione.
Bisogna quindi precisare questi obiettivi e muoversi avendoli sempre ben presenti, se davvero si vuol in breve termine portare avanti il piano che proponete. I tempi delle pubblicizzazioni non sono tempi morti: sono tempi che a qualcuno fruttano, e l'ente pubblico o deve pagare o risparmia. Anche i tempi contano, in fatto di quantità di investimenti. E quando voi ci dite, in parte anche giustamente, che il drenaggio delle risorse per i trasporti deve essere equo, osservo che il massimo di investimenti debbono avere il massimo possibile di resa.
Evidentemente, non basta, a questo punto, accettare il principio che i trasporti pubblici determinano l'assetto del territorio, che sono un elemento importante per un nuovo sviluppo economico, che determinano o meno uno sviluppo sociale diffuso, che contribuiscono all'equa distribuzione del reddito e quindi sono elemento di sviluppo, anche di ricchezza. Occorre, a questo punto, passare dalla fase dell'elaborazione dei progetti alla loro concreta realizzazione. Perciò le scelte principali devono essere coerenti al quadro del piano, ma a breve termine, e di rapida operatività.
Pertanto, gli stanziamenti a bilancio devono essere cospicui, precisi ed attuabili con poche e buone leggi: non occorrono dieci leggi, ne bastano due, se possibile una sola, per evitare che i tempi si allunghino eccessivamente. Solo puntando in modo deciso sulla pubblicizzazione, sul controllo dei prezzi dei pullman, sul mantenimento dell'occupazione operaia, sul servizio efficiente per i lavoratori della città e della campagna, questa Giunta, questa maggioranza ha possibilità di risolvere molto sollecitamente alcuni problemi ed anche di qualificare in termini concreti quello che tutti diciamo e vogliamo che sia un nuovo modo di sviluppo.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Garabello, ne ha facoltà.



GARABELLO Enzo

Signor Presidente, il dibattito che si svolge è di notevole interesse: partito da un documento molto vasto, va per successive indicazioni a precisare il pensiero delle forze politiche del Consiglio sui vari punti nel complesso offrendo alla Giunta di centro-sinistra, da poco nominata una masse di orientamenti, di consigli, di critiche, di proposte qualificanti. Vorrei dare anch'io un modesto contributo, partendo dal documento che è stato presentato dal Presidente della Giunta, al fine di puntualizzare, di sottolineare, in qualche caso di contrappuntare le proposte che vi sono contenute.
Sulla prima parte del documento sono già state qui offerte, da Consiglieri di vari Gruppi, dichiarazioni di larga convergenza, perché il contenuto, il tono, il rilievo politico dato illumina il complesso del documento stesso sulle intenzioni, sulla volontà politica della nuova Giunta e in questo senso anch'io voglio dare il mio consenso sottolineando alcuni aspetti relativi alla politica di piano.
C'é un primo punto in cui si dice: "Sarebbe un grave errore se la Giunta attendesse, per dare il via ad una politica di programmazione, il momento della definitiva approvazione del piano". Mi pare un'affermazione che deve essere sottolineata perché se il 1974 sarà l'anno in cui il piano dovrà trovare completa definizione da parte della Giunta e del Consiglio e quindi potrà costituire la chiusura virtuale della fase costituente regionale, sarebbe un errore affidargli solo questo aspetto attendendo la definizione per mettere in movimento una politica di piano. Il piano dovrà ancora superare qualche tappa, nell'ambito degli organi della Regione, per sui problemi fondamentali riteniamo che le idee si siano definite e la consultazione svolta dalla I^ Commissione ha portato gli apporti notevoli della comunità regionale. Ora siamo ormai in grado di vedere quali saranno le linee fondamentali e non soltanto di quella che è stata definita la filosofia del piano In questo scorcio finale, la situazione di crisi economica che stiamo vivendo imporrà qualche ritocco, qualche precisazione qualche chiarimento, soprattutto qualche spostamento di obiettivi e di tempi. Bisogna che noi chiudiamo la legislatura con un piano definito, per fin d'ora dobbiamo sentirci impegnati nella politica di piano, perciò per parte mia do piena adesione al documento, là dove afferma che la prima attuazione della politica di piano deve partire subito, cominciando dalla trasformazione in legge di progetti riguardanti gli strumenti attuativi del piano giacenti nelle Commissioni e soprattutto con lo sforzo della Giunta per proporre una nota di variazione al bilancio, che deve essere un'organica revisione del bilancio del '74, al fine di orientare la massima parte possibile delle previsioni di spesa e di investimento alle indicazioni di piano.
In questo modo non sprechiamo i 500 giorni, li orientiamo nella direzione giusta e diamo un'indicazione che ha valore politico: ponendoci nel quadro di quello che è stato più volte individuato come il nuovo modello di sviluppo già tendiamo ad innovare a fondo la vita e l'attività della Regione.
Mi pare quindi che, sotto questo profilo, il documento qualifichi la volontà della Giunta. E si può comprendere come, nel cercare la soluzione ai problemi che vengono posti, si indichi la strada dei "progetti".
Anch'io, come altri, ho il desiderio di conoscere il significato delle consulenze, dell'utilizzazione degli esperti di cui si parla nel documento.
Mi rendo conto delle motivazioni: i tempi stretti per poter concretamente lavorare senza prevedere un ufficio del piano elefantiaco, nel cui interno nascano contrapposizioni e dibattiti che possono fuorviare la volontà politica di fondo. Però l'ufficio occorre e, pur nella sua sostanziale snellezza organizzativa, deve essere l'elemento di continuità, accanto all'Amministrazione, per assicurare una forte presenza di natura tecnico politica: dobbiamo evitare gli esperimenti, che altre volte abbiamo fatto anche negli enti locali, di lavori commessi all'esterno, che vanno per le lunghe e, alla fine, hanno ormai perduto, con la tempestività, il significato e le intenzioni politiche che ne hanno ispirato l'avvio. Se consulenti ed esperti significano una soluzione che dia garanzie sotto questo profilo, aderisco alla tesi della Giunta e mi auguro che presto la stessa possa mettere in atto i propositi e gli impegni che ha dichiarato.
Rispetto al piano abbiamo, nel documento della Giunta, indicazioni che riguardano l'azione della 1^ Commissione la quale, a mio giudizio, deve poter utilizzare il rapporto aggiuntivo dell'Ires attualmente in corso di stesura. Faccio però presente le difficoltà, di carattere temporale, di conciliare i due mesi che sono indicati per arrivare al dibattito in Consiglio e quindi ritengo che la Giunta farà bene ad assicurarsi che il rapporto aggiuntivo arrivi per la fine del mese e la Giunta stessa lo trasmetta, nel giro di pochissimi giorni, alla Commissione.
A questo punto mi permetterei, data la difficoltà dell'argomento e l'urgenza di uscire dall'empasse in cui ci troviamo ogni volta che lo affrontiamo, di dire una parola sui Comprensori. Io penso che la Giunta deve tentare subito di definire quello che è il suo punto di vista sui Comprensori e su come la Regione possa operare per arrivare all'istituzione e all'attivazione degli stessi, sia sotto il profilo giuridico istituzionale, sia sotto il profilo organizzativo. Su un documento di tal genere si potrà avviare una seria, approfondita discussione nell'ambito del Consiglio, delle Commissioni degli enti locali, delle forze sociali al fine di individuare intanto qualche forma transitoria, ma soprattutto per determinare, con la serietà necessaria elementi di indicazione e di proposta, al Parlamento nazionale affinché lo stesso possa entrare nell'argomento per darci la possibilità giuridica dell'istituzione formale dei comprensori.
Indispensabile rilevare comunque, ed è stato ripetuto dal documento (e anche nell'ultimo intervento del collega Marchesotti), come le indicazioni territoriali che erano state date a suo tempo con le aree ecologiche Ires abbiano retto abbastanza bene nei confronti con la realtà regionale: ci sono problemi di margine che non hanno una rilevante importanza e possono trovare facile sistemazione, però quell'assetto nel complesso regge.
E' chiaro che all'interno di questa ripartizione del territorio regionale, l'area fondamentale (anche se sostanzialmente individuata quale area residua di comprensori definiti), viene ad essere quell'area metropolitana di Torino su cui in questi ultimi anni tante parole si sono fatte, ci sono stati interessanti convegni, si è scritto, ma finora non si è arrivati a concrete proposizioni per la sua organizzazione. Mi rendo conto che ci sono problemi di ogni genere, da quelli politici a quelli tecnici, a quelli territoriali, occorre però affrontarli decisamente convinti tutti che o la Regione riesce, in una visione politica, discussa ma ad un certo momento chiarificata, a ottenere il coordinamento degli Enti locali, o molta parte dell'impegno programmatorio della Regione ed anche il suo peso politico rischiano di andare dispersi. Questo è un chiaro invito alla Giunta a proseguire con iniziative concrete. Teniamo conto che se non arriviamo ad una definizione, ad un inquadramento del problema comprensoriale, non potremo dare il via alla pianificazione sub-regionale che è l'elemento fondamentale per dare vitalità territoriale al piano anche per i suoi aspetti urbanistici. E ciò anche in rapporto al coordinamento delle Comunità Montane che tanta parte hanno nella nostra Regione e che se lasciate a se, invece di essere elemento di propulsione di avanzamento delle zone di montagna, potrebbero diventare forme di isolamento, di chiusura campanilistica e di impermeabilità ad idee, ad impostazioni nuove di pianificazione proprio nell'ambito del nostro territorio regionale: non dimentichiamo che la legge regionale sulla montagna porta in sé il grave peso di una ripartizione territoriale senz'altro discutibile. Il problema dei comprensori si impone quindi anche per questo angolo visuale, non dimentichiamo che le Comunità Montane ormai sono costituite, hanno i loro organi, stanno lavorando per lo statuto subito dopo dovranno cominciare a lavorare per la propria programmazione e guai a noi se non sapremo dare delle indicazioni organiche di quella che è l'intenzione della Regione sulla pianificazione del territorio.
Mentre si studiano e si portano avanti queste cose ritengo che la Giunta dovrà prendere delle iniziative per dare concreto significato e riconoscimento alle forme associative fra Comune di cui abbiamo diverse esperienze della nostra regione, come prefigurazione, come prima attuazione informale dei comprensori, facendo scaturire quella che si potrebbe chiamare un'autorità di consenso, visto che non potrà essere ancora un'autorità di diritto.
Per quanto riguarda l'Ires concordo sulla necessità di una pronta definizione degli aspetti statutari e di guida amministrativa dell'istituto. Non c'é dubbio che l'istituto, proprio in rapporto alla programmazione sub-regionale e agli impegni crescenti, ha bisogno di potenziamento nel personale e di nuovi mezzi, ha bisogno quindi di avere un respiro più ampio e un'amministrazione ordinaria che possa guidarne concretamente lo sviluppo e l'attività. Altro tema specifico è quello dell'Università. Concordo sulla necessità di concludere i lavori dell'Intercommissione per giungere a proposte operative: ormai l'Intercommissione è andata avanti molto, deve definire le sue proposte deve concludere affinché sul sistema universitario piemontese il Consiglio Regionale si possa esprimere, particolarmente per la sua localizzazione.
Sono problemi in cui ci siamo assunti delle responsabilità, parte che ci vengono dalla legge, parte che ci vengono dalla nostra volontà politica comunque è un punto d'onore per la Regione non lasciare chiudere questa legislatura senza aver detto una parola definitiva in merito.
A questo proposito, in rapporto ai lavori dell'Intercommissione, non vedo citato il Centro di Calcolo: se ne parlava con un'espressione chiara nel documento politico di formazione della Giunta, con riferimento ai lavori dell'Intercommissione; chiedo alla Giunta se viene confermato e credo che non possa essere diversamente, il.



BESATE Piero

Ne ho parlato a lungo io stamattina.



GARABELLO Enzo

Ma io non lo vedo citato nel documento, non nel dibattito. Quindi unisco la mia voce a quella di coloro che hanno chiesto che si prosegua in questa direzione e soprattutto che si giunga rapidamente a prendere delle decisioni in proposito. La Regione nel suo complesso non può più fare a meno di avere uno strumento a disposizione e non deve andare a ricercare qua e là l'utilizzazione di altri mezzi perché è necessario che ciò che si riferisce al dato e all'informazione sia unitario, facilmente accessibile e di sicura disponibilità: senza un Centro di Calcolo idoneo anche la programmazione rimane in dubbio.
Rispetto ai problemi di settore mi limiterò soltanto a qualche sottolineatura nel senso di presa di posizione favorevole su alcune delle proposte, non potendo fare a meno di rilevare che sotto questo profilo il documento è un po' ridondante. Può essere anche un metodo, il Presidente Oberto ha voluto mettere direttamente alla frusta gli Assessori per ottenere un contributo personale e diretto...



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Senza la frusta!



GARABELLO Enzo

...con il loro contributo al documento programmatico. Questo metodo può essere accettato o meno, ma purtroppo comporta come conseguenza un documento in cui ci sono molte cose e in cui è difficile distinguere la linea delle priorità.
Io dirò alcune cose su argomenti che mi paiono più urgenti, più significativi, più importanti. La Giunta li valuterà.
Sul personale, che è nella parte generale, pongo un interrogativo al Presidente: capisco le motivazioni per cui ha dato un certo quadro al problema del personale, ritengo però estremamente difficile stabilire una divisione fra lo stato giuridico-economico e l'organigramma particolarmente da parte di un ente che non vuol fare un organico tradizionale da pubblico impiego, ma sta tentando, come tentano tutte le Regioni, nei limiti consentiti dalla legge sull'impiego civile, di dire qualcosa di nuovo attraverso un rapporto più stretto tra il mansionario della Regione e le carriere.
Le domande che si pone il Presidente della Giunta sulle deleghe, sui comprensori cioè su cose che devono venire, che in parte caricheranno e in parte scaricheranno necessità di personale, rendono molto difficile prendere una decisione a monte che sia soddisfacente per tutti, per proprio per questo ritengo che occorra un notevole impegno per non arrivare a provvedimenti sostanzialmente a scatola chiusa e in cui le organizzazioni sindacali, le rappresentanze del personale, il Consiglio Regionale non abbiano sostanziale spazio di discussione.
Il problema è comunque urgente, dopo tre anni e mezzo abbiamo ancora del personale dotato delle più strane e colorite qualifiche di provenienza che invece occorre riordinare, dando serenità e tranquillità anche all'aspetto, oltre che giuridico, economico. Ho dei dubbi sulla possibilità di concludere presto e bene, ma mi affido alla capacità del Presidente della Giunta, anche con le indicazioni di partecipazione che ho segnalato.
Sul problema dei trasporti vorrei segnalare telegraficamente tre punti: 1) i piani di bacino o di comprensorio sono l'elemento a cui ci pare di poterci ormai indirizzare per la pianificazione dei trasporti e devono essere strettamente correlati al piano di sviluppo regionale. Questa è un'affermazione di collegamento al piano di cui evidentemente l'Assessore non ha bisogno, però ritengo non sia male ricordarlo perché questo è certamente uno dei punti qualificanti ed urgenti, sul piano operativo, del programma regionale di sviluppo 2) questione dei contributi in conto capitale. E' un argomento che io richiamo soltanto. Molto dipenderà dalla quantità di denaro che potremo mettere a disposizione poiché è chiaro che non abbiamo solo il problema dei trasporti; pertanto non potrà probabilmente essere destinata una fetta del bilancio tale da coprirlo in maniera soddisfacente rispetto alle esigenze che, particolarmente in questo momento di crisi energetica, sono sentite da tutti. E' importante riuscire a determinare una scala di priorità. Gli investimenti per il miglioramento del servizio, particolarmente delle aziende pubbliche o municipalizzate e per la pubblicizzazione (allo scopo di creare al centro di ogni bacino un punto di riferimento di tipo pubblico di iniziativa degli Enti locali), lo ritengo un elemento fondamentale di indirizzo.
3) Aeroporto di Caselle. E' un tema entrato un po' di traverso in quest'aula e dovremo discuterne; è di carattere nazionale e non può essere risolto soltanto da noi, io però ripeto la richiesta già avanzata: nella discussione non lasciamo fuori le popolazioni e gli enti locali, non facciamo calare dall'alto un aeroporto dimenticandoci che c'è della gente che abita vicino. La recente sciagura ce lo ha ricordato, anche se fortunatamente non è accaduto niente di irreparabile in proposito.
Sull'agricoltura si è detto molto e nel complesso la parte che la Giunta presenta è approvabile in blocco perché è il risultato di lunghissime discussioni che anche qui hanno trovato ampia eco. Devo dire però che proprio per il limitato tempo che resta alla legislatura saremmo forse degli illusi se pensassimo di varare tutti questi provvedimenti, e quindi occorre una scala di priorità. Io che non sono un tecnico credo di poter dire, sempre in una visione di piano, che è necessario che le priorità siano date a quei provvedimenti che hanno un significato strutturale, di fondo, che vanno a modificare stabilmente le cose del mondo agricolo. Per l'agricoltura e anche per l'urbanistica, direi che dobbiamo modificare un concetto che finora è stato largamente diffuso e che è stato dibattuto anche in quest'aula: in passato si è ritenuto, nella pianificazione del territorio, che il terreno nobile fosse quello edificabile, per le zone residenziali o industriali, e tutto il resto, la risulta, fosse per l'agricoltura.
Questo ha fatto sì che gravissimi errori siano stati compiuti, terreni di altissima vocazione agricola sono stati utilizzati per farne zone industriali o residenziali, terreni che per la loro natura si prestavano benissimo come aree industriali sono rimasti all'agricoltura e, anche nella nostra Regione, non sono pochi i comprensori di questa natura. Quindi occorre uno stimolo agli enti locali e alla Regione, come stimolatrice dell'attività urbanistica, perché l'agricoltura abbia una sua collocazione di carattere territoriale confacente e valida.
Ieri abbiamo assistito ad una chiamata in causa, rumorosa e poco regolamentare, del Consiglio sui problemi dell'albo professionale. E' un problema sul quale non mi esprimo in termini tecnici anche perché coinvolge aspetti giuridici di estrema importanza e delicatezza. A me pare però che la frase inserita nel documento della Giunta: "E' proposito della Giunta di destinare, con opportune garanzie, in armonia del resto con la direttiva della CEE n. 159, in via assolutamente prioritaria, ogni agevolazione e contributo a quanti sono i veri e reali professionisti agricoli, a coloro coltivatori e agricoltori (e, stamani aggiungeva Giletta, mezzadri, coloni) che traggono dall'esercizio dell'attività professionale agricola la parte essenziale del loro reddito, che è reddito di lavoro".
In fondo con questa definizione la Giunta cerca una soluzione sostanziale di un problema che viene posto anche in termini formali. Non essendo un agricoltore e quindi non partecipando alle passioni, del resto largamente giustificate, del mondo agricolo, debbo dire che se ogni legge relativa all'agricoltura avrà come distintivo una definizione, in apposito articolo, di questo concetto, la sostanza è raggiunta e maggiori garanzie ci saranno che i fondi stanziati per l'agricoltura vadano veramente all'agricoltura e non a far frutto nelle banche o per altri scopi.
Istruzione. A proposito dell'assistenza scolastica riteniamo, credo ormai tutti che il problema della delega sia maturo, e debba essere affrontato in termini organici completi, tali da dare ai Comuni i fondi necessari ed i poteri per quello che già in vario modo, ma certo con estremo impegno, quasi sempre superiore alle forze finanziarie di cui dispongono, hanno fatto.
Il problema è maturo e deve essere affrontato in termini legislativi mentre rimane urgente la questione dei libri di testo per cui si sono fatti transitare dei fondi del '73 al '74 con una recente legge di variazione del bilancio. Ritengo anch'io che la sua soluzione non può essere disgiunta dalla visione organica delle deleghe: occorrerà un provvedimento transitorio, ma dovrà essere in questa direzione.
Sulla formazione professionale devo dire che l'Assessore nel dare indicazioni forse è stato troppo modesto nella richiesta di impegno della Giunta in quanto ritengo che il reclamare e sollecitare la legge quadro sia poco rispetto al settore, che fra l'altro impegna già notevolissimi stanziamenti di bilancio. Che sia essenziale non vi è alcun dubbio Assessore Borando, però, come per altri settori, la chiamata alla responsabilità del Parlamento e del Governo deve trovare la Regione in un atteggiamento di preparazione, di prefigurazione di quello che accadrà dopo; pertanto è indispensabile un'indagine conoscitiva molto approfondita sui problemi della formazione professionale, non soltanto sotto gli aspetti organizzativi, cioè su quelle che sono le attività di oggi (e credo che già per questo vi sarà molto da fare per vedere tutto e per vedere a fondo) ma anche su quelle che sono le prospettive di necessità di forza-lavoro qualificata. Pertanto mi permetto di sollecitare un impegno in questa direzione.
Sanità. Mi pare che sia rilevabile l'impegno di giungere presto al piano delle circoscrizioni ospedaliere delle unità sanitarie locali. Anche qui, necessità assoluta di collocarsi, con il piano regionale di sviluppo nella visione comprensoriale del problema e di collegarsi anche con il settore della sicurezza sociale perché ritengo che l'uno e l'altro dei due dicasteri (sanità e sicurezza sociale) agendo unitariamente ed in visione dipartimentale devono trovare il modo di avviare delle forme di sperimentazione delle unità locali dei servizi sociali; il settore sanitario in particolare deve impegnarsi nella direzione della medicina preventiva, scolastica e del lavoro.
E' indubbio che - e l'ho detto anche all'Assessore privatamente - il quadro che ci viene presentato, anche se sotto il profilo formale corrisponde al dettato costituzionale, è eccessivamente incentrato sugli ospedali. E' vero che il compito nostro è anzitutto quello ospedaliero però ritengo che si debba superare questa visione un po' ristretta altrimenti rischiamo veramente di camminare su due piani diversi rispetto alle previsioni di riforma: la Regione deve riuscire a compiere una sintesi politico-tecnica sull'argomento della sanità pubblica, per cui quanto la Giunta farà in questa direzione non potrà essere che accolto positivamente.
In rapporto ai servizi sociali mi richiamo essenzialmente ad un dibattito che abbiamo recentemente avuto sulla questione del disadattamento giovanile, confermando le richieste e gli orientamenti che davo in quella circostanza, richiedendo anche qui, come ho fatto per l'istruzione, di andare oltre la sollecitazione di leggi quadro e di deleghe da parte dello Stato (come del resto è detto molto opportunamente nel documento) per tentare prefigurazioni, affinché quando le leggi vengano non ci trovino impreparati, vero pericolo al quale andiamo incontro. Ritengo che facciano parte di questa prefigurazione il sostegno, il coordinamento delle iniziative nuove, avviate in una visione di riforma, dagli enti locali particolarmente dalle Province, da alcuni grandi Comuni e da alcuni Consorzi di Comuni. Ripeto inoltre la richiesta del già citato esperimento di unità locali dei servizi sociali e sanitari.
Urbanistica. L'urbanistica presenta un programma molto ambizioso e anche questo mi auguro possa essere attuato nello scorcio dell'attuale legislatura, anche se ho qualche timore che si riescano a mettere a posto tutte le tessere del mosaico. Dicevo questa mattina ad un funzionario dell'Assessorato che mi pareva un po' freudiano l'uso del termine "smaltimento" a proposito dei piani regolatori e dei programmi di fabbricazione attualmente giacenti, determinato probabilmente dall'enorme quantità di documenti giacenti e della pressione psicologica esercitata nei confronti di amministratori e funzionari addetti. Fra i propositi espressi nel settore urbanistico do la mia convinta adesione alla legge dei contributi ai Comuni per lo studio di nuovi strumenti urbanistici privilegiando sempre, come in altri campi, le iniziative di tipo consortile o intercomunale. Il rilancio dell'edilizia economico-popolare, abbinando i due disposti, quello della legge 865 con quello della nuova legge approvata dal Consiglio per le urbanizzazioni primarie delle aree dovrebbe farsi sentire presto e mi auguro che così sia. Sull'attuazione dei lavori necessari per il piano dell'area metropolitana, ricordo ancora una volta che il decreto del Presidente della Giunta non si può considerare completo e soddisfacente e pertanto ha da essere modificato come hanno anche da essere modificati gli incarichi eventualmente dati: la cosa è importante e urgente. Nel settore urbanistico, anche se forse dovrebbe essere più in quello patrimoniale, una particolare conferma chiedo al Presidente della Giunta per la soluzione dei problemi della Mandria, delle Vallere e di Stupinigi, cioè del verde dell'area metropolitana. Per quanto riguarda il commercio mi pare che siamo complessivamente nel quadro di quello che è uscito dalle consultazioni della Commissione sul piano regionale: indicazione del credito, del privilegio dell'associazionismo e della cooperazione, ricerca di modifiche al sistema di trasferimento dei prodotti agricoli dalla produzione al consumo. Mi paiono elementi che debbano essere senz'altro confortati dalla nostra approvazione. Questo vale anche per il controllo dei prezzi, per cui è previsto il Comitato regionale di iniziativa.
Per quanto si dice sull'urbanistica commerciale comunale, con particolare riferimento all'impegno che c'é di dare un concreto aiuto ai Comuni anche come assistenza tecnica per l'attuazione dei loro piani ritorno su un argomento venuto in Consiglio qualche giorno fa rispetto all'incarico dato alla Siteco per il modello commerciale regionale, e ripeto le due cose che allora già sostenni: forte necessità di una guida politica del lavoro di questo gruppo tecnico e riferimento stretto al piano regionale di sviluppo.
Sui problemi del lavoro concordo particolarmente là dove si dichiara la disponibilità organica della Giunta Regionale al rapporto continuativo con i sindacati, non su episodi occasionali che temiamo debbano dare nel prossimo periodo molti motivi di incontro, ma in forma organica, in una visione più completa e dinamica di quella che è la ricerca dei punti di vista dei lavoratori.
Nel settore dei lavori pubblici mi pare che ci sia un quadro nuovo particolarmente interessante sul quale non mi soffermo, mi permetterei solo di sottoporre all'attenzione dell'Assessore competente l'opportunità che sui metodi di intervento che va definendo dovrebbe avere un confronto con la II^ Commissione, al fine di raccogliere le idee dei Gruppi politici anche su questo argomento.
Sul turismo e sport do la mia particolare adesione alla legge, che è stata annunciata, relativa agli aiuti ai Comuni per l'attuazione di impianti sportivi comunali, con privilegio agli intercomunali e ai comprensoriali, anche perché mi esime dal compito che mi ero assunto di preparare un progetto; attendo quello della Giunta e gli darò il mio appoggio.
Settore delle finanze. Sulla Finanziaria, che qui è ricordata giustamente, chiedo alla Giunta che voglia dirci come intende muoversi.
Questa mattina è stato ricordato che due nuove Regioni che avevano avuto le leggi fermate dal Governo, oggi le hanno avute approvate. Inoltre abbiamo avuto l'incontro con le altre Regioni che ci ha permesso di scambiare tutta una serie di punti di vista. Ora la Giunta ci deve dire se intende - e potrebbe essere una strada - fare una revisione del proprio disegno di legge per venire con proposte più definite che tengano conto essenzialmente della rimozione degli ostacoli a livello d'autorità di governo, oppure se questo compito viene demandato alla Commissione in accordo con gli Assessori competenti. Comunque è uno di quegli strumenti per cui bisogna camminare subito.
Industria e artigianato. Essendo anche qui piuttosto vicini alle linee scaturite dalla consultazione, un'unica raccomandazione è di stabilire il più ampio possibile collegamento col piano regionale di sviluppo (del resto sono propositi contenuti nella relazione).
Signor Presidente, ho finito. Questa discussione, che dicevo interessante ed alla quale mi auguro di aver fornito un contributo personale, avviene in un quadro preoccupante, quello che si è concretizzato ieri l'altro con il noto provvedimento che riguarda un grande stabilimento della provincia di Torino, la Lancia. Se fosse uno stabilimento qualunque direi che è un campanello d'allarme; ma, trattandosi di uno stabilimento del gruppo Fiat è una sirena d'allarme. Devo dire peraltro che tutti assieme, Giunta e Consiglio, abbiamo iniziato a dare una risposta seria a questo particolare momento che vivono la Lancia ed i suoi dipendenti; lo stesso ordine del giorno presentato al Consiglio, alla stesura del quale ho dato la mia collaborazione, rimarca non soltanto un aspetto di carattere negativo nelle decisioni improvvise della proprietà, ma anche un aspetto positivo di indirizzo, di visione sia sul piano nazionale che regionale dei problemi economici congiunturali: ritengo che questo documento debba essere accolto dal Consiglio. Concludendo, la Giunta deve mettersi al lavoro attivizzando al massimo la collaborazione del Consiglio Regionale e delle Commissioni permanenti su tutto il vasto quadro di ipotesi di lavoro che ha portato avanti. L'aver sottolineato, come del resto è chiaro nel documento presentato dal Presidente Oberto, la priorità della visione di piano l'anticipazione delle sue conclusioni e delle intenzioni di camminare secondo il piano, ha un significato politico che non dobbiamo trascurare.
Se poi saremo capaci di andare in questa direzione e contemporaneamente di spendere bene i fondi che fanno parte del nostro bilancio, daremo da un lato un buon motivo di fiducia ai lavoratori e a tutti i cittadini della Regione. Il bilancio della Regione non è, anche finanziariamente, cosa trascurabile dal momento che viene speso per l'attuazione di servizi sociali, di quelle strutture a cui tendiamo da molto, di cui vi è necessità e che oggi sono più vicine specialmente se ci impegniamo a fondo per attuarle. Credo che abbia un significato morale e politico che in questa congiuntura negativa la Regione intenda dare particolare impulso alla sua attività, alla ricerca di un nuovo modo di vivere che aiuti a superare momenti difficili come quello che stiamo vivendo. E la Giunta di centro sinistra potrà esprimere le proprie intenzioni ed il proprio impegno innovatore, con un'operatività fervida e continuativa che non ammette altri ritardi.



PRESIDENTE

Ringrazio il Consigliere Garabello e prima di dare la parola al Consigliere Bono che l'ha chiesta, vorrei comunicare al Consiglio che oggi l'VIII^ Commissione (di cui ero Presidente) ha nominato nuovo Presidente il Consigliere dr. Visone. Io mi congratulo con lui a nome di tutto il Consiglio e gli auguro buon lavoro.



VISONE Carlo

La ringrazio per le cortesi parole di augurio e spero che l'VIII Commissione continuerà a lavorare con l'impegno col quale ha lavorato sotto la sua presidenza.



BONO Sereno

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, è mia intenzione fare qualche considerazione su alcuni aspetti del programma che la Giunta ha presentato e sul quale altri colleghi ed in particolare il compagno Minucci hanno già espresso il giudizio globale e politico che il nostro Gruppo ha dato su di esso.
Chi vi parla condivide totalmente tale giudizio, pertanto intende soltanto sottolineare, con un contributo anche critico, ma sempre animato da una volontà costruttiva, alcuni temi che meritano, a mio parere, un maggior approfondimento.
A noi pare interessante ed anche corretto il modo con il quale viene affrontata per la prima volta la necessità di produrre un piano regionale delle acque che, partendo da un accurato censimento delle risorse idriche sotterranee e di superficie, ne regolamenti l'uso per i vari servizi eliminando gli enormi sprechi che fino ad ora si sono verificati.
Fino al secolo scorso l'acqua era considerata un bene inesauribile, con l'avvento della società industriale, per la vertiginosa espansione demografica e per le basi consumistiche che si sono volute dare alla nostra economia, la convinzione dell'inesauribilità del bene è andata man mano scomparendo per lasciare posto ad un preoccupato grido di allarme circa la possibilità per il futuro di disporre delle quantità di acqua necessarie al fabbisogno.
A questo proposito vogliamo soltanto ricordare che le previsioni del piano generale degli acquedotti, previsioni di necessità che si riferiscono al 2015, stanno già per essere superate a livello nazionale prima ancora del 1980 e che per alcune grandi città, tra le quali Milano, la previsione di consumo pro capite (al 2015) è già stata superata.
Oltre al maggiore consumo pro capite, accentuato anche dal progressivo aumento demografico, a ridurre considerevolmente la disponibilità di acque concorre, in misura allarmante, lo spreco determinato dai vari processi di inquinamento che vedremo più avanti. A proposito del piano regionale delle acque, o meglio della sua stesura, prendiamo atto dell'affermata volontà della Giunta e cioè che esso dovrà indicare i fabbisogni dei vari settori per soddisfare le rispettive esigenze di sviluppo loro assegnate dal piano generale di sviluppo socio-economico della Regione.
Questo metodo, che subordina i piani settoriali al piano di sviluppo generale della Regione, ci pare corretto, nel merito però vorremmo subito affermare che anche per la stesura del piano generale delle acque sarà bene avvalersi dell'opera dell'Ires il quale, anche se dovesse necessitare di eventuali apporti scientifici esterni, e l'organismo di ricerca che sul piano dell'autonomia, soprattutto dal grande capitale privato, può dare maggiori garanzie.
Affidare però a tecnici ed a specialisti la stesura del piano, non deve significare che noi affideremo loro anche la responsabilità politica del piano, anzi, è bene affermare subito, proprio anche per verificare nei fatti le linee di una nuova metodologia e di una nuova politica che dalle parole giudichiamo positive, che l'assegnazione dell'incarico per lo studio del piano deve essere preceduto da un dibattito da farsi in Consiglio Regionale, dal quale dovranno emergere le linee politiche e gli obiettivi che con il piano delle acque la Regione si prefigge. Importante, sempre in questo settore, ci pare l'esigenza, riconosciuta nel programma, di fare una seria analisi sulla situazione idrogeologica della Regione e di intervenire presso lo Stato per rivendicare maggiori disponibilità finanziarie, ma soprattutto per rivendicare maggiori competenze di intervento in un settore tanto importante per la montagna, ma anche per la pianura, utilizzando e valorizzando la grande competenza che nel merito specifico possono avere le Comunità Montane.
Attenzione e considerazione esprimiamo anche a favore degli impegni che emergono dal programma della Giunta in merito ai servizi di depurazione delle acque e per lo smaltimento dei rifiuti solidi. A questo proposito ci pare anche importante quanto noi abbiamo sempre sostenuto e che ora constatiamo che è stato recepito dalla Giunta, che tali servizi saranno organizzati a livello comprensoriale, e noi aggiungiamo con la totale delega agli enti locali, ed aggiungiamo anche che questa dimensione comprensoriale dei servizi dovrà coincidere con la perimetrazione amministrativa delle aree e sub-aree ecologiche.
Questa precisazione è estremamente importante al fine di evitare che per un discutibile perfezionismo sul piano tecnico, si creino nella medesima area diverse autorità sovrapposte per problemi che porterebbero nei cittadini e nella pubblica amministrazione una confusione ancora superiore a quella che attualmente già esiste.
Conosciamo perfettamente il punto dell'iter al quale si trovano le iniziative legislative in corso per prevenire gli inquinamenti delle acque e del suolo, vorremmo aggiungere però che sarà bene promuovere ulteriori studi per assumere eventuali successive iniziative legislative tendenti a prevenire, o quanto meno a contenere gli stessi inquinamenti. In questo senso mi pare che vada interpretata la volontà della Giunta, quando afferma di volere esercitare un maggiore controllo sull'uso di prodotti chimici in agricoltura e di promuovere una più rigorosa regolamentazione di tale uso.
Anche in questo caso il concetto di accentuare maggiormente gli sforzi a monte, al fine di prevenire il danno dell'inquinamento e di alleggerire l'impegno di depurazione, mi pare valido. Vorrei però anche sollecitare (mi pare sia già stata avanzata una proposta da parte del nostro Capogruppo in sede Ires) uno studio tendente a produrre una nuova regolamentazione anche per l'uso di una serie di altri prodotti che hanno un forte potere inquinante, o che, per la loro natura, non hanno tassi accettabili di degradabilità. In proposito, senza voler entrare in specificazioni che l'economia del discorso non consente, basta pensare un momento alle difficoltà che esistono per lo smaltimento di certi contenitori di materiale plastico.
Mi pare che invece non possa essere considerata altrettanto positivamente quella parte del programma della Giunta che si riferisce all'attività turistica ed alberghiera. Dalla lettura di queste pagine si evidenzia in modo macroscopico la mancanza di un impegno di elaborazione e di volontà di operare una svolta di qualità nella gestione politica del settore. Siamo forse l'ultima Regione interessata al problema turistico che non ha ancora approvato una propria legge per sostenere l'attività turistica attraverso il potenziamento della piccola e della media industria alberghiera.
Le passate Giunte hanno sempre gestito questa attività con i metodi burocratici ed accentrati che erano propri del Ministero; dalla lettura di questa parte del programma non si recepisce, a nostro parere, una seria volontà di operare una svolta. Si afferma nella dichiarazione che è in corso di definizione l'elaborazione di un progetto di legge da parte dell'Assessorato per il potenziamento della ricettività turistica piemontese.
Sottolineiamo i gravissimi ritardi di questi studi e ricordiamo che la nostra proposta di legge in materia è stata presentata fin dal 29 maggio 1973. Ma anche dalla terminologia usata nella relazione della Giunta, ci pare di individuare alcuni indirizzi sbagliati. Infatti in Piemonte non necessita tanto potenziare la ricettività turistica, quanto migliorare e utilizzare più compiutamente quella che già attualmente esiste e che viene utilizzata nella misura di circa il 20 per cento, con un calo costante annuo di utilizzazione e con gravissimi sprechi se si considerano gli elevatissimi capitali che in essa vengono investiti.
Il turismo invernale e quel turismo domenicale che rappresenta anche una consistente fonte di reddito per le popolazioni contadine, sono stati sicuramente tra i settori più colpiti dai provvedimenti sull'uso dei carburanti, ma nella relazione della Giunta di questo gravissimo problema non si fa minimamente cenno, il che dovrebbe significare che i ventilati provvedimenti di sostegno, soprattutto per le situazioni più fragili, così come era accennato nella dichiarazione del 21 dicembre, presentata dalla Giunta, costituivano nulla di più che una semplice dichiarazione fatta tanto per affermare che il problema era presente.
Ragione di osservazione critica è anche costituita dal modo in cui si sono gestite le stesse leggi statali, in mancanza di una legge regionale e che le altre Regioni hanno ritenuto superate. E' il caso dell'applicazione della 326 che, per candida affermazione della Giunta, ha cumulato circa due miliardi di residui ed ha bloccato per quasi due anni il credito per l'iniziativa in campo turistico.
Questo significa che la Giunta passata non è stata nemmeno capace di gestire le vecchie leggi statali che operavano nel settore. Infatti presso l'Assessorato esistono decine, forse centinaia di pratiche inevase per l'erogazione di contributi sulla 326 per interventi appunto nel settore alberghiero.
Sembra che non una sola domanda sia stata evasa dalla Giunta dopo il passaggio dei poteri da parte dello Stato e questo a noi pare particolarmente grave.
Si ha poi veramente la misura della mancanza di una chiara linea nella gestione della politica turistica in Piemonte, se si prende atto del fatto che nel bilancio preventivo del '73 venivano ridotti gli stanziamenti a favore degli E P.T. per aumentare quelli a favore delle aziende autonome affermando, allora, che si voleva potenziare l'attività di base ed oggi ci troviamo una dichiarazione che impegna la Giunta ad aumentare di mezzo miliardo di lire gli stanziamenti a favore degli E.P.T.



DEBENEDETTI Mario, Assessore al turismo

C'é un errore materiale, "a mezzo miliardo di lire".



BONO Sereno

Se avete fatto degli errori avreste dovuto correggerli, lì si parla di aumentare di mezzo miliardo di lire gli stanziamenti a favore degli E.P.T.
e io mi domandavo appunto che cosa era cambiato nel frattempo nei compiti degli E.P.T. per giustificare un così congruo aumento degli stanziamenti? La ragione e l'argomentazione che per prima balza alla mente - se non viene corretta da una diversa interpretazione dell'Assessore - e che sembra più verosimile, è che si sono verificati nel frattempo le solite spinte clientelari di coloro che gestiscono questi organismi.
Particolarmente debole ci pare la pagina sull'attività di promozione turistica, che sembra tra l'altro l'unica attività effettivamente svolta.
Ma a questo punto ci si deve porre una domanda: sono veramente questi i compiti della Regione? Compiti di propaganda e di pubblicità corrente? Per questo riteniamo bastavano gli E.P.T. che in passato hanno sempre svolto bene o male questi compiti, e non vi sarebbe stato certo il bisogno per queste ragioni soltanto, di demandare la materia del turismo alla Regione e di fare un apposito Assessorato. Fragile ed enormemente generico è il capitolo che parla di turismo sociale. Questo capitolo ci ricorda la classica foglia di fico che viene imposta per nascondere qualcosa e che invece, proprio la sua presenza serve a mettere maggiormente in evidenza.
Si dice che "l'Amministrazione intende accentuare i propri interventi per l'accesso alla pratica turistica da parte dei lavoratori e delle loro famiglie". In primo luogo bisogna dichiarare che cosa è stato effettivamente fatto per poter capire quali sono gli interventi che l'Amministrazione si propone di accentuare, secondariamente, anche per dimostrare che non si tratta di una dichiarazione fatta per dovere d'ufficio, bisognerebbe dire come, quando e con quali mezzi queste iniziative saranno intraprese. La Giunta avrebbe dovuto essere più precisa e più concreta per essere creduta.
Lo stesso disimpegno si verifica per altri settori di competenza dell'Assessorato e mi dispiace di dover intervenire in modo così critico ma mi pare che sia un nostro preciso dovere quello di stimolare, anche attraverso la critica, la correzione di determinati errori nei vari settori dello sport, della caccia e della pesca. Apprendiamo dalla relazione che sono in corso di elaborazione molti progetti di legge, sembrerebbe di trovarsi di fronte al grande risveglio dopo tre anni di letargo. Purtroppo invece la genericità degli impegni e la mancanza di un chiaro taglio sociale in tutto il discorso, stanno a dimostrare che non esistono, a livello di Assessorato, idee nuove e che al massimo vi sarà una continuazione, anche in questi settori, della vecchia gestione esistente nei tempi precedenti alla costituzione della Regione e che la Regione avrebbe dovuto seriamente modificare in meglio. E' significativo ad esempio che non si dica una sola parola, quando si parla di pesca e di caccia circa la volontà della Giunta di abolire i vecchi privilegi riservistici che costituiscono un cappio al collo per questi settori di attività sportive.
Prima di concludere, qualche parola sullo scottante problema della salvaguardia del verde e sulla costituzione di una rete di parchi estesa su tutto il territorio regionale.
Anche per questi problemi si dice che l'Assessorato sta studiando e che sta procedendo alla formulazione di un'apposita legge. Nel merito vorremmo fare due osservazioni: la prima è che al punto in cui siamo, dopo tanti dibattiti e convegni sui parchi, la Giunta avrebbe dovuto già venire oggi con alcune proposte concrete da sottoporre all'approvazione del Consiglio.
Ricordiamo in proposito solo alcuni esempi: l'Alpe Veglia, il Parco del Ticino per il quale la Regione lombarda ha già assunto una precisa proposta di legge, la Mandria, le Vallere, Stupinigi e altri che sono stati puntualizzati nel dibattito di questi ultimi giorni la seconda si richiama alla necessità che lo studio approntato dal prof. Peyronel sia portato a conoscenza almeno dei membri della V Commissione, visto che, con grave disappunto dello stesso prof. Peyronel questo studio è stato dato al solito giornale che ne ha pubblicato alcuni stralci da ormai qualche mese mentre i Consiglieri regionali non ne sono a tutt'oggi a conoscenza.
E' un ulteriore esempio, l'ultimo in ordine di tempo, di un certo costume che noi non possiamo assolutamente condividere e non possiamo non denunciare.
Comportandosi diversamente e nel modo che noi proponiamo la Giunta rispetterebbe la volontà del Consiglio, fissata, tra l'altro, in un'apposita mozione che è stata a suo tempo approvata all'unanimità se si otterrà, da parte del Consiglio, oltre alla doverosa e necessaria informazione, anche un contributo di idee e di proposte che potranno sensibilmente accelerare i tempi di realizzazione di quella rete di parchi a livello regionale che tutti dichiarano, a parole, di volere.
Questo, signor Presidente e signori Consiglieri, era quanto molto succintamente volevo dire e vi ringrazio per l'ascolto.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FASSINO



PRESIDENTE

E' iscritta a parlare la Consigliera Soldano, ne ha facoltà.



SOLDANO Albertina

Signor Presidente, signori Consiglieri, i molteplici problemi della nostra realtà regionale affioranti dal documento programmatico della nuova Giunta, sono già stati ampiamente illustrati nei numerosi interventi che hanno preceduto il mio. Non mi pare pertanto opportuno ribadire ancora certi argomenti chiaramente evidenziati; tuttavia mi sia concesso richiamare la loro attenzione sulla necessità urgente di affrontare e approfondire un problema di attualità. Alludo al distretto scolastico, la cui realizzazione, a termini di legge, per quanto concerne le competenze regionali, dovrà essere predisposta entro la metà del prossimo mese di maggio. L'art. 7 della legge n. 477 del 30 luglio scorso, se opportunamente interpretato, mi pare che presenti alla Regione il dovere di un impegno preciso, là dove dice testualmente: "Su proposta delle Regioni e sentiti gli enti locali e gli organi periferici, il Ministro per la P.I. procederà alla suddivisione del territorio regionale in comprensori scolastici, di norma sub - provinciali ecc.".
Successivamente si parla dell'istituzione del consiglio scolastico distrettuale come organo di partecipazione democratica alla gestione della scuola. Secondo da quale punto di vista si vogliono considerare queste prime affermazioni, o si pensi di passare alla realizzazione, è chiaro che almeno due possono essere le interpretazioni del distretto scolastico: organo burocratico, oppure strumento di programmazione. La legge dice "comprensorio scolastico", "di norma sub-provinciale". Con quale significato? Organo decentrato dell'amministrazione statale, oppure un organismo di tipo nuovo, articolato secondo una chiara visione di programmazione? A me pare che, in sede regionale, abbiamo il dovere anzitutto di chiarirci a fondo il significato di queste indicazioni. Particolarmente mi pare impegnativa la presentazione del consiglio scolastico distrettuale come organo di partecipazione.
Se poi si dà uno sguardo al terzo comma, sempre dello stesso articolo si legge: "Il distretto scolastico avrà funzioni di proposta e di promozione per ciò che attiene all'organizzazione e allo sviluppo dei servizi e delle strutture scolastiche, nonché, secondo le direttive generali del Ministro per la P.I., e d'intesa con gli organi provinciali e regionali, per le attività di sperimentazione, per le attività integrative della scuola, per le attività di assistenza scolastica educativa, di orientamento, di assistenza medico-psico-pedagogica, per le attività di educazione permanente, ecc.".
E' evidente che in questo terzo comma vengono enucleati aspetti diversi di problemi che si riferiscono sia alle competenze dello Stato, sia alle competenze della Regione, particolarmente nella sua articolazione, con preciso riferimento agli enti locali e agli organi periferici "da sentire".
Ritengo che si debba trovare una linea chiara di indirizzo, di coordinamento, di animazione; vale a dire, noi non dobbiamo trascurare quella che è la situazione socio-economica articolata nell'ambito del nostro Piemonte, la quale situazione non può, in prospettiva, essere avulsa da un impegno preciso di programmazione. Perciò, a mio avviso, il comprensorio scolastico deve coincidere con il comprensorio socio economico. Evidentemente, nel rispetto delle competenze, occorre trovare una linea di collaborazione sul piano attuativo, che risponda ad un organico disegno politico di programmazione.
In particolare, non si tratta di sostituire un organismo nuovo agli Enti locali, ma occorre invece riuscire ad avvalersi di un organismo di tipo nuovo, in un rapporto di collaborazione con gli Enti locali e con tutte le componenti interessate al problema. E direi di tenere presente non tanto la possibilità di delega di funzioni generiche, quanto piuttosto la possibilità di delega di compiti precisi; d'altra parte, chiaramente nella legge si parla di delega di compiti per l'assistenza scolastica.
Se si stabilirà un rapporto di collaborazione, si potrà verificare, in sede attuativa, la graduale soluzione dei problemi, molteplici e complessi relativi non soltanto all'assistenza scolastica intesa come graduale realizzazione del diritto allo studio, ma anche di quelli relativi alla formazione professionale e, in senso lato, di quelli più spiccatamente a sfondo educativo e formativo, quali anzitutto l'educazione permanente, sino ai problemi dello sport e del tempo libero evidenziati, anche se in termini generali, nel documento presentato dalla Giunta. Ma altresì si potrebbero tenere presenti, e affrontare con decisione, altri problemi cioè quelli spesso drammaticamente incalzanti e urgenti, quali, ad esempio, quelli connessi all'occupazione.
E' chiaro inoltre che il comprensorio scolastico deve corrispondere al comprensorio socio-economico, anche al fine di evitare inutili e tuttavia possibili sovrapposizioni di organismi burocratici isolati, avulsi dalla realtà.
Oggi non esiste ancora il piano di sviluppo programmato per il Piemonte, alla formulazione del quale tuttavia, da mesi, le Commissioni permanenti di questo Consiglio stanno lavorando, ciascuna nell'ambito delle proprie competenze.
In vista delle conclusioni di questa attività di studio e di ricerca e delle successive decisioni che il Consiglio stesso dovrà assumere, occorre che la Regione non trascuri l'aspetto evidenziato dell'art. 7 della legge 477; anzi, occorre, a mio avviso, saper prevedere quali saranno le conclusioni del piano, sia dal punto di vista dell'assetto territoriale sia da quello del possibile sviluppo socio-economico, in un'organica visione programmata, cercando, a tutti i livelli e con l'apporto di tutte le energie disponibili, di svolgere una vera funzione di indirizzo e di coordinamento, nel rispetto delle competenze dello Stato e nell'affermazione delle competenze della Regione. Occorre cioè promuovere nell'ambito di ogni provincia, quella partecipazione responsabilizzata e consapevole di cui si avverte l'esigenza e, almeno in parte, già l'esistenza. Occorre predisporre convenientemente, almeno nelle linee generali, il graduale avvio al servizio sociale scolastico, che dovrà comprendere quanto verrà dato in fruizione agli studenti, senza distinzioni discriminanti, per promuoverne la formazione personale e per far loro raggiungere il più elevato livello culturale possibile, secondo le capacità e le attitudini di ciascuno.
In sintesi, mi permetto rilevare che gli elementi di questo servizio sociale scolastico, che potrebbe essere organizzato nell'ambito del distretto (comunque è un'ipotesi da verificare), sono, a mio avviso, i seguenti, del resto già ampiamente sottolineati, anche in altre precedenti occasioni, in questo Consiglio Regionale: 1) il coordinamento delle iniziative per l'inserimento ed il reinserimento degli evasori scolastici 2) la cura della refezione intesa non più come integrazione alimentare ma come particolare momento educativo, utile per stimolare socialità e capacità di vivere correttamente i rapporti interpersonali 3) l'organizzazione dei trasporti e dei relativi servizi ausiliari 4) la disponibilità dei testi e dei sussidi didattici o, in senso più ampio, delle tecnologie educative, indipendentemente dalle situazioni ambientali e familiari 5) l'azione di sostegno didattico e di recupero per gli studenti che mostrino difficoltà di rendimento, almeno fino a quando tali iniziative non saranno assorbite dalla riforma della scuola 6) l'orientamento dei giovani, svolto soprattutto nell'alveo dell'azione educativa della scuola, in collaborazione con la famiglie 7) il servizio medico esercitato in forma unitaria e sistematica, per rispondere alle varie esigenze dell'alunno (igiene e profilassi delle malattie, dépistage, controllo biologico sanitario, particolarmente con riguardo all'educazione fisica, d'intesa con le famiglie) 8) l'azione di recupero sociale per gli alunni handicappati da situazioni di convivenza familiare delicate e difficili o da deficit di natura fisica e sensoriale 9) la collaborazione all'organizzazione del tempo libero e all'avviamento e alla pratica dello sport giovanile non agonistico 10) la necessità di affrontare in modo organico e correlato il complesso problema dell'edilizia scolastica.
Questi elementi mi sembrano essenziali per realizzare un servizio adeguato alle necessità; ma poiché, nella breve elencazione fatta, sono evidenti le interferenze tra le competenze statali e quelle regionali credo che si debba tener presente anzitutto l'unitarietà del momento educativo e formativo, pur nelle sue varie articolazioni.
In altri termini, se il servizio che si vuole predisporre deve volgersi al vero protagonista dei processi formativi, che è il ragazzo-alunno occorre trovare un momento unificante delle competenze e un ambito territoriale nel quale questo momento si possa realizzare. In particolare occorre trovare una componente unitaria, tra le varie energie disponibili: Stato, Regione, Enti locali, insegnanti, famiglie, organizzazioni sindacali o di categoria, componenti sociali in genere.
La Regione può intervenire per ascoltare, verificare, confrontare indirizzare, mai sovrapponendoci, ma promovendo, ai vari livelli, la collaborazione responsabilizzata di tutte le energie, cioè realizzando quella partecipazione intelligente, autenticamente democratica e civile profondamente vissuta che tutti auspichiamo per lo sviluppo ordinato e progressivo della nostra realtà regionale. Non contrapposizione, quindi, ma confronto leale e coerente, se vogliamo realizzare quanto, in molte occasioni, ci siamo proposti di raggiungere. E confronto significa, a mio avviso, volontà di ricerca comune, di collaborazione proficua, di sintesi costruttiva ed efficace.
Luogo di incontro e di integrazione: questo, mi pare, dovrebbe essere il distretto scolastico. Avviandomi alla conclusione, desidero precisare che quanto ho affermato è essenzialmente un'ipotesi, del tutto personale sull'interpretazione del distretto scolastico, ipotesi che, a livello operativo, deve essere verificata e confrontata. Non ho voluto, né voglio imporre ad altri questa interpretazione. Gradirei tuttavia, nel limite del possibile, una risposta al riguardo, anche soltanto a titolo indicativo, da parte del Presidente della Giunta Regionale.
Una cosa sola desidero affermare: enti locali, Province e Comuni insegnanti, presidi e direttori didattici, famiglie, alunni, organizzazioni sindacali e di categoria, cioè, in sintesi, tutti coloro che nella scuola o vicino alla scuola vivono ed operano, sensibili ai problemi formativi ed educativi perché li ritengono essenziali allo sviluppo non soltanto economico, ma soprattutto umano della nostra società, attendono dalla Regione una risposta che sia il più possibile chiara, incisiva e concreta.
E' un dialogo richiesto dalla base, che non deve essere mortificato, n tanto meno deluso; ma anzi, deve essere avviato in modo corresponsabile e veramente partecipato a tutti i livelli, con l'apporto costruttivo di tutte le energie disponibili. Grazie.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Vecchione. E' l'ultimo oratore iscritto per questa sera.
Prego i Capigruppo di fermarsi oltre la durata di questo intervento per programmare con me e con il Presidente della Giunta l'ordine dei lavori nella prossima settimana.



VECCHIONE Mario

Signor Presidente, signori Consiglieri, il mio compito, di intervenire in materia di sanità e servizi sociali, è notevolmente facilitato dal giudizio negativo globale sul documento programmatico, specialmente per quanto attiene alla sanità. Articolerò il mio intervento collocando prima il discorso sulla sanità, poi quello relativo ai servizi sociali, anche se in un contesto generale sanità e servizi sociali vanno visti come un complesso unico. Il giudizio negativo sulla parte del documento programmatico relativa alla sanità non viene espresso per quanto vi sia taciuto, ma per quanto vi si afferma e per le gravi contraddizioni che vi sono contenute.
In questo campo, non vi sono elementi di novità: l'Assessorato mantiene la propria concezione conservatrice, statica, fallimentare degli interventi nel settore della sanità. Rileggendo il documento programmatico in materia di sanità, si ha l'impressione che l'Assessorato giochi fuori dal contesto della Giunta, e sostanzialmente contro l'impianto generale politico che a nostro avviso contiene indubbiamente interessanti elementi innovativi.
Posta questa premessa, passiamo al merito.
Non pare ultroneo ricordare a questa Giunta ed al suo Presidente - non tanto all'Assessore, perché sufficientemente notiziato - che tutte le Regioni hanno elaborato un documento di indubbia rilevanza, al quale mutato il quadro politico regionale piemontese, era auspicabile ci si richiamasse. Questo documento del febbraio, approvato all'unanimità da tutte le Regioni, contiene dei principi generali sulla riforma sanitaria.
Fra questi principi e quello - leggo testualmente - che "deve essere riaffermata la tutela della salute del cittadino come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, cui provvedono lo Stato, le Regioni, gli enti locali attraverso il servizio sanitario nazionale articolato perifericamente nelle Unità sanitarie locali". Altro punto che traggo da questo documento: "L'obiettivo è di promuovere la salute come stato di completo benessere fisico, mentale, sociale del cittadino, e non soltanto come assenza di malattia". Vi si aggiunge inoltre che: "Per garantire il raggiungimento dell'obiettivo, scopo del Servizio sanitario nazionale e delle Unità sanitarie locali è di unificare le competenze per un intervento a tutela della salute, che sia globale, unitario, nelle funzioni di igiene e sanità pubblica, di prevenzione, cura e riabilitazione". Si afferma inoltre che la legge istitutiva delle Unità locali deve tener conto che queste articolazioni, questi momenti per i quali passa la riforma sanitaria devono collocarsi in un ambiente che abbia sostanzialmente una popolazione variabile fra i cinquanta e i centomila abitanti, e che la gestione - questo è importante - delle Unità sanitarie locali deve essere espressione del Comune, o dei Comuni, o delle Comunità Montane.
E' ben vero che l'Assessore Armella in quella occasione, dell'incontro degli Assessori regionali alla sanità, ben si guardò dall'esprimersi come Assessore alla sanità del Piemonte; ma non si può contestare che tale documento ha costituito, e costituisce, la piattaforma per il lavoro di tutte le Regioni, compresa quindi la nostra, nel quadro della approvanda riforma sanitaria.
Ora, ci viene ancora proposta la zonizzazione ospedaliera che era stata sostenuta dalla Giunta di centro-destra. Zonizzazione ospedaliera che si fonda su due documenti politici non più esistenti: lo schema Gaspari-Coppo e la relazione Gaspari, che fu sconfessata completamente dal documento unitario delle Regioni. Noi ci domandiamo allora come mai questa zonizzazione permanga nel programma della Giunta, come mai esista una così grave smagliatura.
Questo documento è in stridente contrasto con il documento delle Regioni. Non solo, ma si muove su un piano contrario a quanto qui, nella Provincia di Torino, è già stato proposto e portato avanti, con una zonizzazione che è giunta in Commissione per un esame. Quindi, siamo agli antipodi. In realtà, non siamo in presenza di un programma in materia di sanità, ma di mere pezze da cucire su un sistema che è ormai in completa dissoluzione. Vi è un motivo di fondo, molto chiaro, che lega in un'unica gabbia conservatrice la linea di politica sanitaria della Giunta Regionale (vorrei aggiungere dell'Assessore regionale, nella speranza che la Giunta dia un taglio diverso): concesso sul piano dell'ideologia spicciola un tributo alle Unità sanitarie locali ed al superamento del sistema mutualistico, tutto il meccanismo proposto ruota intorno all'ospedale e alla razionalizzazione del sistema mutualistico. Ed è grave che proprio oggi, mentre stiamo trattando e discutendo il programma della Giunta, si apprenda dai giornali che un certo non meglio conosciuto dott. Cravero si presenta a proporre un programma ospedaliero che nessuno di noi ha visto nessuno di noi ha discusso, e lo illustra al Rotary, segnando linee tendenzialmente opposte a quelle che si stanno seguendo in altre Regioni sulle quali occorreva aprire un confronto, centrando nell'ospedale il punto di riferimento essenziale e vedendo l'Unità sanitaria locale con un'articolazione dell'ospedale stesso. Questa è una concezione errata; ma la cosa più grave è data dal metodo. Direi che l'Assessore è un extraparlamentare nel senso più pieno dell'accezione, perché non rispetta neanche le regole fondamentali della democrazia parlamentare. Poteva farlo domani, poteva farlo dopodomani, ma non certo anticipando lo stesso intervento che l'opposizione ha diritto di fare su un programma che nemmeno nel documento programmatico è concepito nei termini in cui è esposto oggi sulle colonne della "Stampa". L'Unità sanitaria locale vi è considerata come una mera articolazione dell'ospedale, e questo, ovviamente, in questa logica conservatrice, non si pone come uno dei servizi dell'Unità sanitaria locale. Ecco come si rovescia ogni discorso sul Piano sanitario regionale sul Servizio sanitario nazionale, sul modo nuovo di gestione della salute.
Siamo nelle tenebre più fitte, signor Presidente. E in questo settore gli spiragli che l'intero documento programmatico pur contiene non possono raggiungere quella camera oscura che è l'Assessorato alla sanità. Per questo non comprendo come nel contesto generale del documento programmatico possa essere presente questa parte relativa alla sanità. Quanto affermo trova puntuale conferma alle pagg. 45 e 46 del documento programmatico nelle quali il massimo sforzo è quello di concentrare il tutto in strutture tipicamente ospedaliere, in servizi di alta specializzazione, in istituzioni di unità di pronto soccorso; e cioè di concentrare tutto un discorso di strutture quando ancora il quadro di riferimento della riforma sanitaria non è stato discusso, quanto meno in questo Consiglio, o meglio si è avuta una discussione di linee generali in questo Consiglio, nel dibattito del maggio, vi sono proposte operative su questo piano, confronti in Commissione su questa materia e ciò doveva quanto meno indurre l'Assessore ad una maggior prudenza su questo punto.
Ora, se è vero che tutti attendiamo un quadro generale sulla riforma sanitaria, è del pari vero che questa attesa non può essere utilizzata per intraprendere iniziative che fin d'ora si rivelano in netto, stridente contrasto non solo con gli orientamenti generali del Paese, delle forze politiche e delle forze sindacali, ma con quelle stesse scelte che questo Consiglio ha fatto, e durante il dibattito del maggio scorso e con la delibera delle Unità di base. Ma qui occorrerà aprire un altro capitolo.
Nella parte del programma relativa alla sanità manca del tutto, sul piano meramente istituzionale, una coerenza con l'impostazione generale del programma. Ed è per questo che ho poco fa affermato che l'Assessore gioca fuori e contro la Giunta. Mi spiego con un esempio. Il piano sanitario così come qualsiasi iniziativa in questa materia, non può essere assunto senza la consultazione degli enti locali, che, ove si dia per acquisito il concetto che la strada della riforma passa attraverso l'Unità sanitaria locale, sono essi stessi chiamati a gestire il servizio sanitario, con la partecipazione attiva delle forze politiche, sociali, sindacali e popolari.
Tutti i servizi sanitari devono passare attraverso il necessario decentramento, non burocratico, ma politico, decisionale; devono, cioè trovare nei Comuni, nei loro Consorzi, nei sindacati, nella popolazione nuovi strumenti di direzione e di gestione.
Ora, la logica dell'Assessorato non tiene alcun conto di ciò; anzi caparbiamente, mira alla rottura di un nascente assetto partecipativo e innovativo e tende al potenziamento esclusivo degli enti ospedalieri. Ecco l'esempio: la delibera sull'unità di base e il metodo con cui se ne è data attuazione. La Giunta, con tre delibere, dell'ottobre-novembre '73, ha modificato arbitrariamente la linea fissata dal Consiglio Regionale: dal meccanismo promozionale della Regione verso la costituzione delle Unità di base e la tutela sanitaria nei luoghi di lavoro si è passati all'accentramento di tutte le scelte al centro regionale per la tutela sanitaria, sottraendo - ed è qui la scelta politica grave, conservatrice ed eversiva nei confronti della volontà espressa dal Consiglio - questa area di intervento ai Comuni, e quindi alle stesse future Unità sanitarie locali. E ciò proprio nel momento in cui i Comuni avevano iniziato a recepire e ad attuare la delibera del Consiglio Regionale.
Cito - perché si tratta di un documento che è giunto sia alla IV Commissione, sia all'Assessore, sia al Presidente del Consiglio, sia al Presidente della Giunta - che, sulla scia della delibera del Consiglio Regionale si erano espressi o Comuni di Settimo, Collegno, Grugliasco Nichelino, Susa, Rivoli, Vercelli, Santhià, Gattinara, Trino, Livorno Ferraris, Biella, Borgosesia, Alessandria, Tortona, Ovada, Casale Monferrato, Acqui, Novi Ligure, Valenza, Novara, Verbania, Villadossola Borgomanero, Omegna, Asti, Cuneo, Savigliano, Fossano, Alba, Bra. La deliberazione del Consiglio Regionale, invece, trova attuazione nell'acquisto di un laboratorio mobile e uno fisso per il Centro regionale con una spesa di 251 milioni, e nell'acquisto di 10 laboratori fissi e 10 mobili per le Unità di base, con una spesa di 378 milioni. In totale 602 milioni, del miliardo impegnato con la delibera del Consiglio Regionale.
Vedete che torna qui confermato il discorso che è stato fatto dal mio compagno Marchesotti sui criteri, sulla necessità che il Consiglio veda i criteri di ripartizione dei contributi, veda come si dà esecuzione alle deliberazioni che il Consiglio stesso assume; perché ci troviamo di fronte allo stravolgimento, in ultima analisi, della volontà politica espressa.
Ecco che non è più il caso di disquisire se si tratti di norma regolamentare o di norma di altra natura: si tratta di un confronto fra maggioranza e minoranza sull'attuazione della volontà politica.
Queste delibere della Giunta ritengo debbano essere revocate, per dare attuazione alla deliberazione del Consiglio. Ma si potrebbe dire che questa è acqua passata, anzi, acqua inquinata, e che con l'istituzione dell'Assessorato all'ecologia si provvederà ad un'opera di risanamento. Ci sarebbe auspicabile, ma dal programma proposto si ricava un'impressione del tutto diversa: degli enti locali non si parla mai, anzi, se ne parla una sola volta, a pag. 48, sempre per la parte relativa alla sanità, laddove in tema di medicina scolastica e della rete di ambulatori scolastici si afferma che sarà richiesta la "collaborazione" degli enti locali collaborazione, non partecipazione responsabile, perché in questa chiave si realizzi il servizio, ma gestione dello stesso dall'alto, dal centro ed è questa la concezione dell'Assessorato. Gestione da parte di qualche ospedale, magari di quegli ospedali che ancora rimangono in regime commissariale permanente, tagliando in radice tutta la problematica e sconoscendo, nel senso di rifiuto di conoscere, che alcuni Comuni amministrati dalle sinistre hanno da tempo istituito essi stessi il servizio di medicina scolastica. Ora, quando si pone sull'ospedale e sulle sue strutture accentrate il solo esclusivo accento, non si comprende perché è incomprensibile, in quale modo possa la medicina scolastica essere attuata. Avremo - è certo questo che vuole l'Assessore - il medico che va a visitare gli alunni a 400 lire a testa, prepara la letterina per la famiglia nei casi in cui ha scoperto la scoliosi in atto. Ma tutto finisce lì. E' questo che vogliamo? Oppure avremo la medicina scolastica legata all'Unità sanitaria locale, all'Unità di base, che intervenga, prevenga imponga le strutture scolastiche - per stare nel campo della scoliosi palestre ed altre attrezzature - necessarie per prevenire la malattia? Ecco dove si manifesta la spaccatura non solo fra quanto il nostro Gruppo propone da tempo con forza, al di là di ogni riferimento a discorsi della "corona in attesa", ma fra quanto tutte le Regioni richiedono, tutte le forze sociali reclamano, i lavoratori impongono con la loro lotta, e quanto questa Giunta prospetta. Stona molto, signor Presidente della Giunta, nel contesto del suo discorso programmatico, questo aspetto relativo alla sanità. Stona ancor più perché appare evidente l'aperta contraddizione fra la dichiarazione che occorre muoversi per la sostituzione del sistema mutualistico e quella, un paio di pagine oltre che la Regione deve intervenire perché i vari enti mutualistici estendano il servizio ovunque sia possibile, che l'unica via d'uscita e quella di tendere alla razionalizzazione, magari a mezzo di gestioni commissariali delle amministrazioni ospedaliere, alle quali ovviamente si promette un intervento sul piano dell'edilizia ospedaliera.
In questo quadro si colloca la grave politica dei contributi non sorretti da alcun presidio logico o di programma, ma si inseriscono nella tanto diffusa concezione assistenziale e clientelare. Ed è così che viene concesso un miliardo all' "Amedeo di Savoia", è così che vengono concessi 200 milioni all'Ospedale di Omegna, 150 milioni all'Ospedale di Pra Catinat, e gli esempi potrebbero moltiplicarsi.
Non un cenno su eventuali iniziative in tema di medicina preventiva neo natale, di cui nel corso del dibattito di maggio-giugno l'Assessore pur riconobbe l'utilità e la necessità. Non un cenno sulla situazione politica che determina la spirale delle rette. Non un cenno sul tipo di politica finanziaria delle banche sulla salute. Non un cenno sulla necessità di insediare i consigli di amministrazione; e a questo proposito abbiamo per la seconda volta presentato un'interpellanza, affinché l'Assessore risponda del ritardo in questo settore; di ciò discuteremo nell'opportuna sede. Non un cenno sulla necessità di rivedere l'individuazione degli enti originari alla luce della recente decisione del Consiglio di Stato nota all'Assessorato; e per il suo silenzio anche su questo punto è stata presentata dal Gruppo comunista una seconda interpellanza.
In materia di sanità, non ci si muove, quindi, solo fuori dal quadro politico e dallo stesso programma della Giunta di centro-sinistra che abbiamo visto con attenzione e consideriamo in tutte le sue parti, ma anche fuori dai limiti della legge, che deve essere rispettata da tutti. La nostra opposizione si esprime non con riferimento alle formule, ma ai contenuti da quelle formule espresse. Il giudizio è quindi completamente negativo, in quanto nessuna novità da inserire nel più ampio quadro di innovazioni che lei, signor Presidente, ha formulato e intende portare avanti, si scorge per quanto concerne il settore in esame.
Questo intervento tende necessariamente a rompere con il vecchio e ad introdurre il nuovo che deve qualificare la nuova Giunta, che su questo settore parte da quota di molti punti al di sotto dello zero.
Veniamo ai servizi sociali. Anche in questo settore, che noi vediamo saldamente collegato a quello della sanità, i nostri rilievi in ordine al documento programmatico - che altro non è se non la sintesi della relazione che l'Assessore svolse nel maggio scorso - non differiscono molto da quelli mossi nei confronti dell'impostazione dataci in tema di sanità. V'é in comune, pur essendoci chiaramente delle differenze, fra i due Assessorati (in negativo, però, su questo punto) una linea rinunciataria rispetto alle scelte politiche che la Regione deve compiere per anticipare la legge di riforma. Più reazionaria la posizione dell'Assessore alla sanità conservatrice e rinunciataria quella dell'Assessore all'assistenza.
Anche in questo documento ci si richiama alla legge-quadro di riforma alle Unità sanitarie locali, che si afferma giustamente, debbano essere gestite dai Comuni e dai Consorzi di Comuni, con la partecipazione dei cittadini; ma poi non si fanno passi avanti per prefigurare una linea anticipatrice, moderna, intelligente, che si ponga in questa direzione. Si parla di necessità di sciogliere gli ECA, di sciogliere la congerie di enti (40 mila) per i quali lo Stato spende 1.500 miliardi l'anno. Ma tali enunciazioni generali non solo restano lasciate sospese nell'aria, ma vengono contraddette dall'azione pratica dell'Assessorato, e persino dallo stesso documento, ove a pag. 50 si afferma che, cito tra virgolette, "la Giunta Regionale intende aggiornare l'indagine conoscitiva sulle strutture assistenziali esistenti al fine di contribuire a migliorarle come supporto per futuri interventi". Questa affermazione appare grave non solo perch insanabilmente contraddittoria rispetto alla premessa, ma anche perché ci mostra come l'indagine venga svolta sul piano delle strutture, e non su quello della ricerca delle cause per eliminare l'emarginazione negli istituti, pubblici o privati che siano.
Mentre, quindi, è pur sempre indispensabile che i risultati delle indagini affidate all'Ires siano noti al Consiglio, occorre tendere ad avere un quadro dell'assistenza per modificarlo. Chi sono gli assistiti? A quali ceti sociali appartengono? Perché vengono internati? Come si colloca la Regione nei confronti degli istituti pubblici di assistenza e beneficenza? Vi sono strutture di recupero? Come si vede, anche la linea di questo Assessorato accentra il discorso sul momento dell'intervento diciamo così, curativo, ed emette ogni discorso sulla fase preventiva. Ne consegue che il riferimento all'Unità sanitaria locale appare essere più una concessione di maniera che una precisazione e valutazione politica delle Unità sanitarie locali nel quadro della riforma della sanità e dell'assistenza.
La Regione concederà ancora per il '74 360 milioni di contributi per le colonie ad enti privati; o vorrà, sull'esempio della Lombardia privilegiare le iniziative degli enti locali, cui la Lombardia conferisce l'80 per cento della somma iscritta a bilancio? E questi enti privati devono svolgere non un intervento assistenziale o tendere ad un servizio a favore dell'infanzia? La Regione vorrà considerare le scelte positive anticipatrici che in tal senso i Comuni amministrati dalle sinistre hanno fatto, o si arroccherà contro gli enti locali nella gestione delle strutture assistenziali ed emarginanti? La Regione saprà imporre - perch questo è il punto, politicamente, s'intende - una modifica anche degli statuti degli enti di assistenza, per renderli, in via transitoria, prima della loro soppressione, conformi alle linee politiche in tema di assistenza? La nota di variazione al bilancio '74, che nella relazione di Giunta si afferma essere un nuovo bilancio, come il punto qualificante della nuova Giunta di centro-sinistra, saprà rispondere a questi, che non sono quiz a premi - e mi richiamo all'intervento di Zanone - ma scelte politiche da operarsi? Appare oggi evidenziarsi un tentativo di smantellare l'Istituto poveri vecchi per ridurlo con identiche strutture, anche se localmente frazionate ad essere la stessa cosa, lo stesso meccanismo di emarginazione. Cos'ha da dire in proposito la Giunta? Sta a vedere che le venga costruita sotto gli occhi una politica di assistenza agli anziani senza muovere un dito? E non ci dica l'Assessore che gli intendimenti sono buoni, ma che in mancanza della legge-quadro, in materia assistenziale si traccheggia, o si fa la melina. Nel bilanci 1973 il cap. 1172, per contributi a Province, Comuni istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, nonché per opere di soggiorno ad anziani ed invalidi, è stato interamente impegnato ed esaurito con la concessione di contributi alle sole istituzioni di assistenza e beneficenza per fare nuove strutture, e si tratta di 300 milioni.
L'Assessore potrebbe obiettare che vi è stato un ritardo da parte di certi Comuni. Se questo può essere parzialmente vero, ciò è dovuto soprattutto al fatto che la Regione non sa, o non vuole, dare una linea politica che sia un punto di riferimento per i Comuni, per gli enti locali in genere.
Nel corso del dibattito del maggio l'Assessore aveva promesso che sarebbe stato presentato per ottobre un disegno di legge come anticipazione, sperimentazione di alcuni servizi fondamentali delle future Unità sanitarie locali. Siamo a gennaio e tale promessa è rimasta insoddisfatta ritengo che la proposta di legge annunciata dall'Assessorato possa collocarsi, sul piano del metodo, nella linea politica anticipatrice che la Regione Piemonte deve portare avanti rispetto alla legge-quadro nazionale. Anche questa anticipazione è un segno positivo che anche nella relazione, pur con il ritardo denunciato, il Gruppo apprezza.
Ora, se è vero che la riforma sanitaria comprende l'assistenza, che con la sanità si colloca nel quadro del più ampio servizio sociale, la Regione deve fin d'ora proiettarsi in avanti come momento politico ed operativo, e ciò non può fare che collegandosi agli enti locali, concependo le deleghe come metodo nuovo di intervenire e di gestire il potere pubblico; in una parola, rendendosi viva. Solo così, signor Presidente, come ella ricordava avrà un senso la sua esclamazione: "facciamola funzionare, questa Regione! " oggi che la condanna degli errori passati è stata pronunciata politicamente.
Desidero dedicare un'ultima considerazione agli asili-nido. Ci pare apprezzabile - e questo distingue i due Assessorati - che si sia accennato che l'asilo-nido è un servizio sociale, reso alle famiglie, ma costruito con l'intento di garantire lo sviluppo psicofisico del bambino da 0 a 3 anni. Cessa, quindi, teoricamente, la concezione meramente assistenziale dell'asilo-nido come area di parcheggio del bambino. Il che è positivo.
Occorre, però, una volta che si sia individuata la finalità reale - il bambino ed il suo sviluppo - non ricadere, come si legge nel programma nella concezione che tale servizio si muova dentro l'ottica delle donne che svolgono attività extra-casalinga. Certo, alle donne che lavorano fuori dalla casa deve essere posta particolare attenzione, ma sarebbe errato puntare solo in questa direzione, perché così facendo salterebbe subito ogni discorso sul bambino, ogni discorso sul servizio sociale, che per tutti i bambini deve essere un diritto.
Appare poi gravemente errata la politica dei contributi. Cito un esempio che mi faceva poc'anzi la compagna Fabbris, relativo al Comune di Cossato, che ha 16.000 abitanti. Se è escluso per quel Comune il contributo in quanto già vi esiste un asilo privato. Questo non si può considerare un atteggiamento corretto. Torna poi a questo proposito calzante il concetto della necessità di discutere sui criteri di ripartizione dei fondi, perch si tratta sempre di scelte di intervento. Appare necessario collocare nella politica per gli asili-nido il discorso della gestione, nel quadro più generale del superamento della differenza fra spese correnti e spese di investimento. Sostanzialmente ritenere che specialmente i Comuni più piccoli non hanno la possibilità di gestire l'asilo e pagare il personale per cui verso questi Comuni deve essere rivolta la maggiore attenzione da parte della Regione.
La gestione democratica degli asili-nido passa anche attraverso i regolamenti che gli stessi devono darsi, attraverso la formazione del personale. Questo, della formazione del personale, è un nodo essenziale che deve essere sciolto in tutta la materia, e dei servizi sociali e di quelli sanitari. Perché se non scioglieremo questo nodo non potremo mettere le gambe alle idee che sosteniamo. La formazione del personale degli asili nido, come la formazione del personale in genere, è compito della Regione.
Su questo punto occorre misurarsi sulla nostra proposta di legge, seguendo quanto è già avvenuto in altre Regioni, come Lombardia, Emilia, Toscana.
Appare poi indispensabile - ed ecco che la struttura dipartimentale degli uffici acquista un senso concreto - saper collegare la politica della scuola materna e del suo personale a quella degli asili-nido: non vi pu essere soluzione di continuità, ove si consideri che soluzione di continuità non vi è nella crescita e nella formazione del bambino. E si deve giungere, infine, a mio avviso, al programma degli asili-nido nell'ambito del programma regionale, così come previsto dall'art. 2 della legge 26 ottobre '72, norma che viene richiamata dall'Assessorato. Con quali criteri, però - questo l'Assessorato non lo dice - andiamo a formare questo piano? Qual è il metodo di lavoro che dobbiamo impostare con i Comuni? Come consideriamo il piano, ad esempio, del Comune di Novara, che prevede 150 asili-nido? Quali azioni promozionali la Regione intende mettere in atto, sia con la predisposizione delle note di variazione di bilancio, sia con la linea di intervento politico in questa materia? Anche in questo caso, non sono quiz, ma richieste di intervento immediato richieste di risposte e di scelte politiche che la Regione, e per essa questa Giunta, deve fare.
Occorre pensare ad un Convegno re gionale, a Convegni provinciali, per mettere in moto il processo di partecipazione democratica dei Comuni su questa materia.
Se pure in questo campo non è tutto così buio - mi riferisco al campo dei servizi sociali - come in quello della sanità, penso, signor Presidente, che sia ancora lunga la strada da percorrere per spazzare via i guasti che la Giunta di centro-destra ha causato alla nostra Regione.



PRESIDENTE

Si concludono così oggi i nostri lavori.
Nella riunione, che seguirà immediatamente, dei Capigruppo con il Presidente del Consiglio e il Presidente della Giunta proporrò di riconvocare il Consiglio, per la prosecuzione del dibattito, martedì pomeriggio e giovedì mattina della prossima settimana. Se tali date saranno accettate, faremo regolare convocazione a mezzo telegramma. Coloro che sono in aula vogliano comunque tener conto di questa indicazione nel fissare gli altri loro impegni.
I Capigruppo e il Presidente della Giunta sono pregati di passare nella saletta di riunione.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18.30)



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