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Dettaglio seduta n.186 del 21/12/73 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


VIGLIONE ALDO


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni - Presidente della Giunta Regionale

Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto per l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta Regionale (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Sono iscritti a parlare i Consiglieri Rossotto, Gandolfi, Calleri Garabello e Rivalta.
La parola al Consigliere Rossotto.



ROSSOTTO Carlo Felice

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, dopo un lungo periodo di attesa ha finalmente avuto conclusione questa crisi regionale. Ogni specie naturale ha propri periodi di gestazione che si differenziano; questa Giunta per evidenziare il suo aspetto massiccio, ha avuto bisogno, come i pachidermi, di un periodo di gestazione molto, troppo lungo.
E' indubbio che questo lungo tempo già sprecato ha creato delle situazioni che sconteremo al momento in cui ci presenteremo all'elettorato abbiamo perso tre mesi di tempo ed è opportuno che ognuno si assuma le proprie responsabilità se le ha. Non ritengo che siano responsabili di questo lungo ritardo né i colleghi del gruppo comunista, né quelli della destra nazionale, il discorso incomincia così a restringersi alle cinque forze che, o perché una usciva, o perché l'altra doveva rientrare, erano direttamente responsabili del cambio che stava avvenendo alla linea politica che amministra questa Regione.
Non penso che riguardino il mio partito eventuali responsabilità che il PSI indubbiamente ha, è un discorso intercorso tra DC, repubblicani socialdemocratici e partito socialista e che riguarda eventualmente le prime tre componenti.
Noi liberali vogliamo chiarire, nei rapporti di coloro che sono stati con noi alleati nella precedente Giunta, che responsabilità non ne abbiamo alcuna. Si è aperta una crisi regionale sul e nel vuoto e non sul provvedimento che ha destato notevole scalpore (l'approvazione della gratuità dei libri di testo per le scuole medie); anche se ciò determin l'uscita dalla maggioranza dei repubblicani, infatti, ciò nonostante la Giunta centrista aveva sempre un largo appoggio.
Noi responsabilità non ne abbiamo su questa crisi che si è protratta così a lungo, esse ricadono sulle altre tre componenti le quali non ci risulta che abbiano rotto un certo tipo di conduzione per un contrasto di contenuti. E nelle varie dichiarazioni che in questo Consiglio, a cicli di due settimane, si facevano, noi abbiamo sempre chiesto un chiaro confronto sui contenuti, per sapere se potevamo o no aderire: ciò non è mai avvenuto.
Finalmente abbiamo avuto la proposta di cui abbiamo preso visione nella giornata di ieri e che stamattina è stata nuovamente letta ai Consiglieri abbiamo potuto così esaminare come e per che scopi si presenta la nuova formazione politica. Devo dire che noi liberali accettiamo la situazione politica che si è determinata, con serenità e ciò per due motivi: prima di tutto perché le Giunte Regionali, per statuto, sono caratterizzate da chi ne è il Presidente e nei confronti del futuro Presidente Gianni Oberto Tarena, da nostra parte, c'è profondo rispetto e riconoscenza, proprio perché quello che egli ebbe a dichiarare in questo Consiglio il 29 luglio del 1971. Egli per primo e ufficialmente, dopo quel chiaro ma limitato accenno al riconoscimento di una battaglia a difesa della democrazia condotta dal partito liberale (dichiarazione fatta alcuni giorni prima dall'on. Mancini) disse parole di profondo rispetto e considerazione nei confronti del nostro partito, dimostrando di conoscere profondamente l'animo, il carattere e la volontà di partecipare attivamente allo sviluppo sociale che ci anima, riconoscendo infine che quando siano concretamente chiamati a farlo, sappiamo assumerci le nostre responsabilità. E mi dispiace che in quell'occasione alcuni degli attuali suoi corresponsabili di Giunta non vollero sentire le dichiarazioni che egli pronunciava in quanto mi ricordo, i colleghi del gruppo socialista appena sentirono il nome liberale con tono seccato uscirono per protesta in massa da questa sala e non poterono così ascoltare quei chiari riconoscimenti nei nostri confronti, che forse meglio li avrebbe portati a meditare su tante loro responsabilità Sia chiaro che questa riconoscenza e questo rispetto per l'Avv. Oberto non sono dovuti al conformismo dei deboli, ma sono sentimenti di forza, la forza che ci deriva dalla convinzione della validità della battaglia che purtroppo in pochi, vogliamo e dobbiamo combattere per contribuire ad un articolato e graduale processo di realizzazione di una società di uomini liberi, liberi di agire, di pensare, di ragionare, liberi soprattutto dalle necessità.
Il secondo motivo è che con questa soluzione noi assumiamo la funzione di opposizione, un ruolo più facile all'apparenza. Ci passiamo per volontà di coloro che hanno realizzato la Giunta in un modo verticistico che non ha permesso alcun confronto, non evidenziando i presupposti di dissenso su quella che era stata l'azione che per due anni e mezzo si era portata avanti in questa Regione; ma passiamo all'opposizione anche per i motivi che più avanti enuncerò, opposizione che ci permette un chiaro discorso e la correlativa assunzione di responsabilità.
E sempre riallacciandomi a quell'intervento che l'attuale Presidente della Giunta Regionale fece il 29 di luglio, ricordo che egli citava il caso di un imprenditore di Chivasso che segnalava la grave situazione economica che colpiva lui, i suoi simili, e coloro che con lui cooperavano e collaboravano per la realizzazione di un'economia libera di mercato ebbene, quell'imprenditore diceva che non c'era più possibilità di lavorare, che c'era un qualcosa di profondamente drammatico nella situazione economica della nostra Regione e dell'Italia in generale il che doveva portare la classe politica ad assumersi precise responsabilità.
Abbiamo poi visto nei mesi successivi come le parole di quell'imprenditore di Chivasso fossero seguite da altre ben più concrete; i fatti più sintomatici: la crisi dei tessili e il problema della Leumann.
Dobbiamo anche osservare che, drogata o non drogata, le cose buone fatte dai liberali sono sempre vivide, una precisa svolta centrista determinò almeno la soluzione immediata di questi problemi e permise la realizzazione anche di quel famoso provvedimento dell'agosto del 1972, la legge 464 che permetteva di ristrutturare le aziende caricando sulla collettività gli oneri che le aziende e le casse di integrazione non potevano più sopportare, o i limiti delle quali non avrebbero potuto permettere questo processo di ristrutturazione.
Anche questo provvedimento del Governo centrale che così si è posto con un passo più avanti di quello che lo precedeva in campo sociale, è oggi già maturato nel senso che per le zone del nord questa legge non dovrebbe più operare. Nonostante che già sorgono problemi ben più seri a livello occupazionale per la situazione economica verso cui ci stiamo avviando. Ad ogni modo verso quell'imprenditore così emblematico di Chivasso ognuno di noi oggi potrà assumersi le sue giuste responsabilità: il Presidente Oberto alla Giunta con la responsabilità diretta di agire e noi all'opposizione e vedremo chi riuscirà meglio a tutelare questa entità emblematica fatta di imprenditori e di lavoratori. E sia chiaro che molte volte abbiamo dovuto ricorrere a degli artifici verbali, richiamare un senso di socialità ampio e ciò per dire che noi siamo sensibili a determinati problemi non solo a parole: ed i fatti ci hanno permesso la conferma.
Mi pare che l'ultima legge votata da questo Consiglio Regionale, quando ancora noi eravamo corresponsabili diretti della Giunta, aveva affrontato il problema sentendo e recependo le istanze che sorgevano dalle forze vive della Regione, e ciò sta a dimostrare per una volta tanto definitivamente che se i problemi sono veri ci sappiamo assumere anche l'impopolarità di un certo tipo di decisione.
E allora esaminiamo un momento i motivi per cui noi liberali indipendentemente dalla volontà di coloro che hanno formato questa Giunta delle forze politiche che hanno contribuito a formarla, ci sentiamo all'opposizione.
Questa proposta così ampia ha un grandissimo merito, quello di essere riuscita, quasi novello "petit Larousse" della politica e dei problemi politici, a racchiudere in undici pagine tutti i problemi che devono essere affrontati dalla classe politica non solo a livello regionale, ma anche nazionale.
Il prima motivo è che noi riteniamo che non si possa amministrare per un anno e mezzo (il momento in cui scadrà la nostra competenza e il nostro mandato si avvicina) in questo modo, con questa genericità. Come dicevo prima, qui è elencato tutto, si è pianificato tutto, si è previsto tutto ma occorre una volontà politica per realizzare e per scegliere poi, fra tutti questi problemi, quelli che sono prioritari (e non è dato ancora rilevarlo da questo tipo di proposta) e i mezzi, quei famosi mezzi che sono necessari per realizzare determinate opere o assolvere a particolari impegni.
Riferendoci al limitato bilancio regionale di cui stamattina la Commissione ha conosciuto le cifre (87 miliardi per il 1974) il guardare a tutti i problemi che vengono posti sul tappeto, per quanto possiamo realizzare la finanziaria regionale, per quanto riusciremo a monetizzare tutto quello che pensando di potersi affrontare non pare possibile. Tale possibilità non sussisterebbe neanche disponendo in assoluto di tutto il bilancio dello Stato e ciò con buona grazia dell'On. La Malfa.
E' un problema di serietà, di assunzione di responsabilità coerenti nei confronti della situazione che abbiamo davanti agli occhi.
Noi in I° Commissione abbiamo, tra giugno e luglio, incontrato imprenditori privati e pubblici, e tra questi i fornitori di energia creatori di energia, e non abbiamo saputo assolutamente da costoro che poteva esistere la possibilità improvvisa di una crisi che poteva colpire la nostra Regione, il nostro Paese, il nostro continente. Se ciò mi fa realizzare un giudizio negativo nei confronti degli uomini ENI, noi come classe politica, non possiamo dimostrare pari insipienza nel voler affrontare problemi di così grande ampiezza e complessità senza averne i mezzi. Qui si parla di nuovo modello di sviluppo e anche del tipo vecchio qui realmente c'è tutto, ma bisogna sapere cosa si sceglierà: se si sceglierà un po' dell'uno e un po' dell'altro faremo solo un tertium datum che ritengo sia qualche cosa di talmente nuovo di cui ancora non abbiamo discusso né noi né gli economisti più accreditati! Ma proprio perché il documento è troppo ampio, occorre scegliere i punti qualificanti per un certo tipo di linea politica e dire chiaramente cosa noi avremmo scelto e vedere, indicandolo prioritariamente, che cosa non vada, dove siano le carenze per questo tipo di programma.
Io limiterei la mia analisi a tre punti: il primo è la casa, il secondo è quello dei trasporti e il terzo è quello dell'agricoltura.
Ho parlato di questi punti proprio perché, forse non per nostra responsabilità, siamo stati tutti quanti presi allo scoperto da una situazione di crisi energetica che impone riduzioni di posti di lavoro: ora noi con i pochi mezzi, almeno una risposta bisogna incominciare a darla e cercare di alleviare con ciò l'incipiente disoccupazione.
Casa. Si legge sul documento: "Per l'attuazione della legge 865 attraverso un autonomo impulso della Regione che consenta l'avvio da parte degli Istituti autonomi case popolari e delle cooperative, nonch attraverso interventi per i centri storici a favore dei Comuni per il finanziamento delle opere di urbanizzazione". Mi pare che si è detto molto poco, perché applicare la legge 865 - legge fatta male, ma legge della nostra Repubblica a cui, anche perché prevede la nostra funzione, dobbiamo dare corso, darle esecuzione - è soltanto un dovere a cui non possiamo sottrarci. Noi dobbiamo chiederci se esiste la possibilità di fare qualcosa di più di quanto tale errata legge consenta. Alla fine di un ampio dibattito che era stato realizzato in giugno sul problema della casa, ci fu un ordine del giorno votato all'unanimità che diceva qualcosa di più oltre alla 865 che, partendo dalla sensibilità e filtro di noi classe politica delle istanze che le forze vive della Regione ci avevano portato, noi avevamo determinato. Se non vado errato la Giunta aveva assunto l'impegno di studiare la realizzazione di un fondo per poter intervenire ulteriormente a favore di un'edilizia economica popolare. Il collega Bianchi parla dei centri storici a favore dei Comuni, bisognerebbe allora ricordare che non soltanto attuiamo le leggi esistenti, ma dobbiamo mettere un po' più di volontà politica nostra per poter rispondere meglio alle innumerevoli domande che sorgono dal contesto sociale. Ma noi sappiamo (lo avevamo riconosciuto nel dibattito e mi pare che anche su questo eravamo perfettamente d'accordo), che nella programmazione nazionale 1966/70 che ricorda tanto questo tipo di proposta della Giunta in quanto come questa era un libro dei sogni, si parlava di interventi pubblici per l'edilizia nell'ordine del 25% e che tale percentuale doveva aumentare. Noi sappiamo che se si sono realizzati interventi pubblici dell'ordine del 3/5% è tanto.
Io vorrei chiedere al Presidente della Giunta come intenderà operare questa Giunta per quell'altro 95% d'intervento privato: anche qui il "tertium non datum" o lo teniamo completamente in secca, oppure riteniamo che l'edilizia privata possa essere elemento essenziale della ripresa economica e ciò con tutte le necessarie e giuste regolamentazioni perch non si aprano processi speculativi. Così rispettando soltanto quello che è il processo produttivo ed il giusto profitto che di esso è la conseguenza.
Se così non fosse sorgerebbe la necessità, per voi che gestite la regione di saper poi dare l'adeguata risposta alle masse di addetti di questo settore che verranno qui, quando avranno perso il loro posto di lavoro accompagnati dagli altri disoccupati addetti oggi ai settori più duramente colpiti dalla crisi. Sappia che se ciò succederà non basteranno ordini del giorno, ma fatti! Veniamo ai trasporti. E' un altro grosso problema, in rapporto al quale vorrei ricordare come, quasi prevedendo quanta importanza esso avrebbe assunto a non grande distanza di tempo - si può trattare di fortunate coincidenze, ma a volte si tratta di meriti, di capacita di amministrare di regolamentare, di agire, specie quando non si premia soltanto una parte ma attuando un giusto equilibrio -, si siano qui discusse quelle leggi, che tante discussioni suscitarono, tendenti ad aiutare finanziariamente le imprese che gestivano gli autotrasporti nella nostra Regione, fossero esse pubbliche o private. Ricordiamo anche i contrasti che vi furono, ricordiamo come, sostenendo la necessità di adottare quelle leggi, anche per quelli che erano soltanto interventi per spese di gestione o correnti, la Giunta da noi sostenuta, avesse dichiarato che il sistema di autotrasporti pubblici esistente nella nostra Regione era al limite del collasso. Quella Giunta ha indubbiamente avuto il merito di intuire e affrontare il problema, di proporre delle soluzioni in ciò sostenuta dalla sua maggioranza: ed oggi parliamo appunto di necessità di trasporto pubblico.
Pensate se senza quelle leggi molti gestori fossero falliti in quale più grave situazione saremmo. E' ovvio che se ciò non avviene il merito non è di coloro che ieri erano all'opposizione ed ora in Giunta: vero è il contrario.
In rapporto al problema del trasporto pubblico, discutendo sulla convenienza di farlo gestire da enti pubblici oppure da privati, si fecero anche considerazioni sull'opportunità da parte degli enti pubblici di lasciare ai privati certe linee e certi esercizi, proprio sulla base dell'esperienza fatta dalla Regione Emilia-Romagna, una regione che spesso ci è additata ad esempio dai colleghi del Gruppo comunista e della quale indubbiamente non si può non riconoscere che sa affrontare con tempestività determinati problemi sociali (il giudizio sulla positività o meno delle soluzioni adottate può variare, naturalmente, a seconda del punto di vista politico). Ora l'Emilia-Romagna ha in gran parte lasciato che continuassero ad operare, sovvenzionandoli, gli operatori privati, eludendo il discorso della pubblicizzazione di questi servizi, poiché si rendeva ben conto che i costi di essi, se pubblicizzati, sarebbero stati ben superiori. E mi pare che tutte le forze politiche di opposizione al Consiglio Comunale di Torino, e non soltanto quelle di opposizione, ma anche quelle che solo temporaneamente si trovarono strumentalmente all'opposizione (alludo al partito repubblicano), abbiano rilevato quali conseguenze disastrose abbia un certo tipo di gestione, quale quella dell'Azienda Tramvie Municipali di Torino, in cui si è arrivati addirittura a bilanci che sono pazzeschi in quanto rappresentano, come deficit, l'esatta metà del totale di disponibilità finanziarie che la nostra Regione dispone nell'anno 1974.
Il problema del trasporto pubblico, con la crisi in atto, si è imposto anche all'attenzione della nostra Assemblea regionale. Ma non soltanto in funzione della necessità del collegamento domenicali o dei giorni festivi in cui è vietato l'uso dei veicoli privati. Tutto un insieme di ragioni porta a riconoscere la necessità di eliminare gradualmente, con il potenziamento dei servizi di trasporto pubblici sostitutivi di quelli privati, sia nel tessuto urbano che nel tessuto dell'area metropolitana l'indubbio spreco di energie materiali, e, quel che più conta, di energie psichiche da parte di coloro che devono spostarsi da una zona all'altra affrontando i disagi di una circolazione sempre più caotica. Anche per raggiungere questo fine occorre far riferimento non soltanto ai servizi gestiti dagli enti pubblici, ma non dimenticare l'esistenza di organismi retti da imprenditori privati, che hanno saputo dare tempestiva risposta a determinate istanze poste dalla collettività, ed in favore dei quali la precedente Giunta aveva deciso certi provvedimenti proprio per mantenerli in vita.
Mi si consenta, infine, un appunto in rapporto alla frase che conclude l'argomento: "Stimolo all'accelerazione dei programmi di investimento della metropolitana torinese". Si introduce all'improvviso un argomento sul quale il Consiglio Regionale non si è mai pronunciato, né direttamente, n attraverso la II Commissione; anzi, proprio in Commissione, quando si procedette all'esame di tutto il sistema dell'area metropolitana, e con riferimento al problema specifico della metropolitana di Torino, si disse che questo era un problema sul quale come Consiglio Regionale noi non potevamo direttamente intervenire.
Questo improvviso "stimolo all'accelerazione" significa che noi, senza avere approfondito il problema, lo diamo già per esattamente risolto nella sua attuale determinazione. Eppure, forse con scarsa conoscenza tecnica delle questioni, ma con quel buon senso che mi pare sia sintesi di percezioni raccolte ascoltando chi ne sa di più o chi porta esperienze di vita al nostro avido discorso politico, mi pare sia parere pressoch unanime che la soluzione oggi prospettata per la metropolitana di Torino non dia l'impressione di recare effettivo vantaggio alla circolazione urbana. E' indubbio, comunque, che il fatto che si dia per acquisito impegnandosi a stimolarne la accelerazione, l'utilità di un qualche cosa che non è stato discusso è già, secondo me, più che sufficiente a giustificare un discorso di opposizione.
Farò infine un breve cenno all'agricoltura, invocando la tolleranza del collega Ferraris, il quale mi disse un giorno che era evidente che di questa materia ne masticavo poco (e non posso dire di avere in questo frattempo approfondito molto le mie conoscenze con studi, diretti o indiretti, sull'argomento). Parlerò anche qui sulla scorta del buon senso e dell'intuito che ho ereditato dai miei avi contadini. Mi pare che in fatto di agricoltura sia necessario fare affermazioni molto più chiare, più puntuali, più precise, anche per evitare le confusioni e perché ognuno sappia assumersi le proprie responsabilità.
In un intervento da me fatto il 14 luglio '72 avente per oggetto l'esame del piano di sviluppo regionale, era stata evidenziata la necessità di incentivare una ripresa dell'attività agricola in alternativa al processo di industrializzazione - che ha identificato Torino col settore metalmeccanico, - ha portato alla congestione nel capoluogo piemontese e ha creato le premesse per le grosse preoccupazioni che assillano oggi gli amministratori locali. Se tale ricerca di alternativa appariva necessaria allora, quando questo processo sembrava destinato a continuare senza pause e ci si poneva il problema della necessità di dirottarlo verso altre zone in specie il mezzogiorno a maggior ragione lo è oggi che assistiamo ad un processo forse di regresso proprio in questo settore già forza traente ed inarrestabile.
L'agricoltura, però, è in una situazione di collasso generale, totale in conseguenza di una politica fallimentare che come conseguenza può solo reinventare la battaglia del grano e sta anche reinventando le tessere sulla carne (cito espressioni contenute in un articolo scritto dall'amico on. Alpino e apparso sul Resto del Carlino, che a me sono sembrate molto calzanti e molto aggiornate).
Cosa e possibile fare per tirarle fuori da questa situazione? Qui c'è un antefatto logico che ingenera molta confusione. Io ritengo sia opportuno, nel parlare di problemi dell'agricoltura, scindere nettamente fra interventi sociali a favore degli agricoltori, interventi necessari, in dispensabili, direi prioritari da un punto di vista di politica sociale, e interventi economici a favore della stessa. Non è opportuno che questi due discorsi si confondano, si mescolino, perché così facendo noi recheremmo grave danno all'agricoltura e agli agricoltori stessi e favoriremmo il permanere di un grosso equivoco per cui ogni intervento in questo settore ha in sé del paternalistico e adopero questa parola lezione perché si riferisce ad una mentalità non di un solo uomo ma di una classe politica che per lungo tempo ha governato, e ancora sta governando, il nostro Paese sia stando al Governo come la D.C. sia all'opposizione come il P.C.I..
Gli interventi sociali sappiamo quali possono essere. Qui ritorna il discorso di disponibilità di risorse: non si può lasciar credere che si possa fare una politica sociale soltanto promettendo, sapendo già che non ci sono i mezzi; il discorso dell'austerity ha un significato anche in senso di responsabilità, di poter dare esattamente quello che vi è di disponibile.
Quanto agli interventi economici, bisogna fare un passo non so se indietro, di fianco o in avanti, per richiamarci al progetto italiano sottoposto al preventivo esame della CEE, quale attuazione delle sue direttive per cui tutti gli interventi economici nel settore dell'agricoltura devono presupporre l'esistenza di un imprenditore, anche se dalla forma di cooperazione, a patto però che questa forma di cooperazione sappia assumere quel carattere di personalità giuridica così come le direttive indicavano.
Occorre allora esaminare attentamente che cosa si è cercato di fare in via sostitutiva a difesa e sia per un'agricoltura imprenditoriale sia a favore di quei piccoli e medi proprietari che non hanno sufficiente forza per poter essere da soli imprenditori al livello che le direttive CEE presuppongono, per aiutare a realizzare un'agricoltura competitiva. Un tempo c'erano altri mezzi, oltre a quello di un'organica compartecipazione esse si chiamano società per azioni o altre forme che potevano però sempre individuare una responsabilità nell'imprenditore: esisteva, cioè, la possibilità di creare grosse aziende, accorpamenti, attraverso un istituto risalente molto indietro negli anni, cioè l'affitto. Lo stesso Mansholt che non mi pare sia legato alle ideologie che io professo, in un suo promemoria parlava dell'affitto come del mezzo più idoneo a realizzare quegli ampi accorpamenti che sono oggi indispensabile presupposto per un'agricoltura economicamente valida e così capace di dare buoni risultati.
Questo affitto, proprio per la tutela dei piccoli, la tutela di coloro che giocavano a favore di altri la loro parte di piccolo diritto alla vita doveva concedere vantaggi anche a questi: cioè i proprietari, ma qui la demagogia congiunta D.C. - P.C.I. ha regalato la De Margi Cipolla tanto tristemente nota. Nel caso dei piccoli, il discorso rientrava ancora in un discorso sociale, nel caso dei grandi, per i quali poteva determinarsi un eccessivo arricchimento, cioè un eccessivo vantaggio tratto dalla proprietà, è comunque possibile una soluzione, secondo il modello liberale che vuole un certo tipo di sviluppo, e questo rimedio è una tassazione che avocasse alla collettività la parte di utile eccedente una ragionevole misura.
In Italia si è scelta, secondo me, la via più demagogica: quella di decretare l'ostracismo della proprietà privata, identificando in colui che ha una proprietà l'essere più abietto che esista al mondo, senza rendersi conto di minare le basi del nostro sviluppo economico e di colpire così soprattutto i piccoli proprietari, che sono il nervo di una Nazione, quelli che si additano ad esempio soltanto il 31 ottobre, in occasione della "giornata del risparmio" e che, indipendentemente da ogni misura previdenziale, giorno per giorno, con sacrificio continuo proprio, dei loro figli, delle compagne della loro vita, hanno saputo conquistarsi un piccolo lembo di terra, una piccola proprietà su cui vivere, di cui anche vivere, o per lo meno parzialmente vivere, che sentono come titolo d'orgoglio l'indipendenza propria anche nel calpestare un pezzo di loro proprietà.
Di tali questioni non trovo concreto riferimento in questo documento in cui si parla soltanto di forme cooperative, di cooperazione, di associazionismo, il tutto come trito discorso di forma.
Ho analizzato tre soli punti che ritengo essenziali per un serio e fattibile programma regionale. Se fossi membro della Giunta chiederei che su di essi fossero concentrate tutte le capacità di operare della nostra Regione, lasciando perdere tante altre questioni di contorno per essere tempestivi ed efficienti almeno su alcuni problemi, e dicendo contemporaneamente al Paese che per gli altri non esistono al momento risorse.
Ho letto ancora nel documento che bisogna attuare un nuovo metodo di sviluppo. E' un'espressione già usata nel '72 dal collega Minucci del gruppo comunista, in un suo intervento ampio, serio, preciso e coerente con i suoi punti di vista politici. Che cosa si deve intendere per nuovo modello di sviluppo? Purtroppo, a mio parere, l'eliminazione delle situazioni paralibere e la creazione di situazioni paracollettive. In effetti, in questo documento della Giunta noi abbiamo, come dicevo in precedenza, e il para-libero e il paracollettivo. Vedremo giorno per giorno che cosa questa Giunta saprà scegliere e che cosa eliminare.
La nostra opposizione, come ho già detto, sarà senza aggettivi, ma faremo in modo che venga giudicata dagli altri seria e puntuale.



PRESIDENTE

Ha ora facoltà di parlare il Consigliere Rivalta, che ha chiesto la parola.



RIVALTA Luigi

Mi spiace dover sottolineare l'assenza quasi generale dei candidati Assessori della Giunta che sta per essere formata. Voglio sperare che questo assenteismo non sia anch'esso programmatico e non preluda ad una disattenzione permanente, e neppure sia la conseguenza dell'abitudine di accentramento e di delega dell'intera attività nelle mani del Presidente.
Intervenendo per esprimere la posizione ed il giudizio del mio Gruppo sulle linee politiche con le quali si sostanzia la formazione di questa nuova Giunta, non è possibile sottacere il ritardo con cui essa si presenta al Consiglio. La crisi, aperta formalmente ottanta giorni fa, ma latente già prima, è stata condotta avanti in modo oscuro, mascherando costantemente il significato politico che l'aveva generata, protratta artificiosamente attraverso manovre nascoste, in una trama di interessi personali, con sfrontata indifferenza verso i problemi presenti all'interno della Comunità regionale. Ed anche nel momento che doveva essere del ripensamento e del confronto per definire la formazione della nuova Giunta cioè durante il periodo di crisi, è prevalso ancora il partito della paralisi, che già ha dominato la vita della Regione nel passato, sia nei periodi di Giunta in carica sia nei periodi ricorrenti di crisi.
Ancora una volta con questo immobilismo si è fatto pagare alla comunità un prezzo non risarcibile. Oltre ad impedire di impostare le soluzioni per i tanti problemi urgenti da affrontare, si è impedito di dare esecuzione ad interventi che già erano stati predisposti. Cito ad esempio, scegliendo fra quelli per cui le decisioni potevano essere immediate, quello relativo ai libri scolastici, ai provvedimenti per l'agricoltura (sulla zootecnia sulle cantine sociali), all'applicazione della delibera per la costituzione delle unità di base per la tutela della salute, al potenziamento dei trasporti ed alla loro pubblicizzazione. Più in generale, si è protratto un atteggiamento di passività nei confronti dello sviluppo spontaneo in atto in un momento in cui la situazione politica ed economica avrebbe richiesto un'assunzione di responsabilità immediata da parte dell'Ente pubblico e la creazione di un nuovo rapporto di forze, basato sulla posizione unitaria delle masse popolari e dei lavoratori, al fine di modificare le tendenze del passato. Questo, per poter uscire dalla crisi e trovare rinnovati obiettivi e nuove linee di sviluppo.
Così, mentre si sono ancora dilazionati i provvedimenti sulla scuola sull'agricoltura, sui trasporti, sulla salute, sull'organizzazione territoriale, si è lasciata libertà alle linee di sviluppo del passato basate sull'iniziativa dei privati. A Borgaro, l'Immobiliare ha portato avanti la sua iniziativa di costruzione di una città per quarantamila abitanti, rilanciando quindi il potenziamento dell'area torinese ed i processi di concentrazione di residenze e di attività. Sono proseguiti assumendo anche maggiore estensione in questo periodo, gli insediamenti industriali nell'area torinese. E' andata avanti la politica autostradale pur se la situazione economica avrebbe dovuto bloccare ogni iniziativa in questo settore. Per assecondare questa politica autostradale, la Giunta pur se in crisi, ha espresso pareri favorevoli, ad esempio, per la tangenziale di Novara e per il completamento delle reti tangenziali ed autostradali di Torino (autostrada Torino-Caselle e tangenziale est).
Ho voluto citare questi recenti atteggiamenti della Giunta, assunti durante il periodo della crisi, perché essi sono il simbolo del modo con cui la Democrazia Cristiana e quello che è stato il suo più autorevole rappresentante nel Consiglio Regionale in questi anni, l'ex Presidente della Giunta, hanno concepito l'attività politica ed hanno svolto i loro impegni di amministratori nel corso di tutti questi anni di vita della Regione: assecondare il prolungarsi dei meccanismi di sviluppo del passato e rifiuto di ogni indirizzo alternativo. Ed ho richiamato questa situazione non solo per una denuncia ed una attribuzione di responsabilità, che deve pur essere fatta senza alcuna attenuante, come d'altra parte la sta facendo l'intera comunità regionale, ma per indicare alcune delle ragioni della crisi. In queste inadempienze, in queste scelte sbagliate stanno infatti le ragioni della crisi. Sono questi gli esempi che non devono essere seguiti in futuro.
La politica del passato ha avuto effetti così deleteri per la comunità regionale e così degradanti per i Partiti che l'hanno promossa che credo si debba tutti constatare che bisogna cambiare e ripartire con intendimenti e volontà rinnovate. Non può essere altro che così stante la depauperizzazione della vita politica che si è generata all'interno della nostra Regione, in particolare all'interno del nostro Consiglio.
Ebbene, emergono dalla chiusura di quest'ultima crisi, da questa nuova Giunta che si è presentata qui oggi, elementi che possano far intravedere prospettive nuove e positive? Emergono, oppure sono state impedite dalle ambiguità con cui è stata condotta avanti la trattativa per comporre questa crisi, incerta fino all'ultimo giorno? E' questa la domanda che ci dobbiamo porre oggi, ed a cui è necessario dare una risposta.
Noi, com'è nostro costume, com'è prassi costante di lavoro del nostro Partito, assumiamo, nel dare una risposta a questa domanda, un atteggiamento critico, ma costruttivo. In questo senso, prima di entrare nel merito del programma, vogliamo cogliere anche gli elementi positivi che si può pensare di dedurre dagli aspetti anche formali con cui la Giunta oggi si è presentata. Voi sapete che noi non siamo soliti a dar peso agli aspetti formali, e tanto meno a darne più di quanto non se ne debba ricavare dai contenuti che essi esprimono. Ma non possiamo non trarre soprattutto in questa particolare situazione, elementi di valutazione politica anche dalla nuova formula di maggioranza e dalle scelte delle persone designate a comporre la nuova Giunta.
Per quanto concerne la composizione della Giunta e le persone che ne fanno parte si evidenzia un rinnovamento interessante, che non può non avere un significato politico: sono state escluse dalla Giunta le persone che, per concezione e modalità di esercizio del potere, per i metodi che hanno imposto alla vita di questa nostra Regione, alcuni per l'elusione continua dal confronto sui problemi, altri anche per inefficienza ed incapacità, hanno contribuito a caratterizzare più degli altri la vita, il comportamento e l'attività della nostra Regione. Anche se le esclusioni non sono tutte quelle che sarebbe stato lecito attendersi e che sarebbe stato necessario fare, non può essere casuale il fatto che il Presidente della Giunta passata, insieme all'Assessore ai Lavori pubblici, all'Assessore all'Istruzione, all'Assessore all'Agricoltura non facciano più parte di questa nuova Giunta. Tale esclusione dall'ambito dell'esecutivo non può non assumere un preciso significato politico, poiché questi elementi, in misura e con incidenza notevole, hanno contribuito a, determinare il carattere presidenziale della Regione Piemonte; hanno isolato il lavoro della Giunta dal Consiglio, eludendo il confronto e financo l'obbligo dell'informazione (mi tornano alla mente gli atteggiamenti assunti dall'Assessore Franzi nei confronti di documenti pubblici a disposizione della Giunta, che sono stati addirittura rifiutati alla conoscenza dei Consiglieri, tanto che l'allora Presidente del Consiglio, avv. Oberto, ha dovuto riprovare tale atteggiamento in aula); hanno provocato con il loro comportamento il distacco della Regione dalla Comunità regionale e dai suoi problemi; hanno instaurato una gestione di carattere amministrativo clientelare (faccio qui riferimento preciso alla condotta dell'Assessore ai Lavori pubblici, che non ci ha mai proposto un piano di intervento e di spesa dei fondi destinati alle opere pubbliche). Per alcuni si può trattare soltanto di inefficienza e di incapacità.
In sostanza, questa nuova Giunta si presenta nella composizione come il frutto anche, pensiamo noi, di una scelta politica, si voglia ammetterlo o no, che non può essere sottovalutata. Ed e certo che è costata scontri interni al Partito di maggioranza, dai quali sono usciti vittoriosi, tutto sommato, gli uomini più positivi delle Giunte passate, o, dal mio angolo visuale, quelli meno negativi, quelli che non hanno mostrato di preoccuparsi unicamente dei posti di potere, ma hanno teso ad affrontare i problemi. Dal fatto, ad esempio, che la Democrazia Cristiana di Cuneo abbia preferito Paganelli a Falco dobbiamo dedurre che questi scontri abbiano promosso un processo di chiarificazione nel Partito di maggioranza. A ci ha certamente dato un contributo notevole una serie di campanelli d'allarme che si son fatti sentire in questi ultimi tempi: dai risultati delle elezioni svoltesi un mese fa alle sentenze della Magistratura riguardanti i clinici (penso che tutti qui ricordino la sperticata difesa del comportamento dei clinici fatta dall'ex Presidente della Giunta, oggi smentita dalla Magistratura, la quale ha invece confermato quanto allora noi denunciammo), alla sentenza pure della Magistratura in merito all'incompatibilità dei Consiglieri Comunali di Torino, che hanno fatto denotare un'inversione di tendenza nel comportamento della Magistratura torinese.
Per quanto concerne la formula, non è una novità per nessuno che noi abbiamo sempre considerato il centro-sinistra una formazione insoddisfacente, e le vicende politiche del primo centro-sinistra si sono incaricate di darci ragione. Non cambiamo certamente opinione; anzi, se mai, la situazione politica ed economica di oggi ci dice ancora una volta che il centro-sinistra non può assolutamente essere soluzione adeguata ad affrontare i problemi presenti sia nel nostro Paese che nella nostra Regione. Una formazione, quindi, da superare al più presto.
Ma dobbiamo e vogliamo cogliere il significato che assume nella situazione politica italiana, e nel clima determinatosi dopo l'abbandono del centro-destra a livello nazionale, la caduta, seppure con un ritardo di sei mesi rispetto al pronunciamento della Democrazia Cristiana al suo Congresso nazionale, della linea a destra anche della D.C. piemontese, che della politica a destra era stata anticipatrice: il significato è quello della sconfitta e sconfessione della linea voluta dalla Democrazia Cristiana torinese nel 1971, e in particolare dall'ex Presidente Calleri.
Una sconfitta subita dopo che in questi due mesi e mezzo di crisi sono state sollevate notevoli resistenze, e quindi per questo tanto più significativa; d'altra parte queste resistenze mostrano quanto sia dura a morire questa linea di destra, e come ancora non possa essere ritenuta del tutto debellata neppure oggi.
Se l'ex Presidente Calleri vuole esprimere compiutamente il suo parere avrò nel corso del mio intervento modo di controbatterlo. Altrimenti, lo prego di lasciarmi continuare.



PRESIDENTE

Continui, Consigliere Rivalta.



RIVALTA Luigi

E' la sconfitta nei fatti dello stesso principio della centralità della Democrazia Cristiana, su cui qui si è tanto teorizzato per giustificare la libertà della Democrazia Cristiana di scegliere indifferentemente a destra come a sinistra; ed è la sconfitta di quella concezione di natura qualunquistica, qui sostenuta in particolare dall'ex Presidente della Giunta, per cui le risposte ai problemi della popolazione sarebbero state possibili di volta in volta, senza un programma, pragmaticamente, si è detto, e indipendentemente dalle forze che esprimono la maggioranza, siano esse orientate a destra o a sinistra, Credo che si possa pensare si sia incrinata, o abbia cominciato comunque ad incrinarsi, questa concezione, in base alla quale cinismo e qualunquismo sono stati contrabbandati come concretezza e teorizzati come pragmatismo; concezione per la quale il disprezzo per il dibattito e la dialettica politica si sono accompagnati con l'accentuazione dei poteri dell'Esecutivo, e i rapporti di forza sono stati cercati attraverso l'appello diretto a questo o quel Gruppo, a questa o quella corporazione che opera all'interno dei partiti di maggioranza, in cambio di qualche privilegio e non già del confronto sui problemi. Dovrebbe essere quindi anche un colpo inferto a quei legami di tipo corporativo che avevano fatto individuare da parte di qualcuno la presenza di un superpartito; un colpo a quei legami oscuri che noi abbiamo denunciato e combattuto sempre, e non solo verbalmente, come dimostra la concretezza con cui abbiamo posto la questione delle incompatibilità.
Noi pensiamo si debbano cogliere questi significati positivi dall'attuale cambiamento di rotta, seppur cautamente, dato che questi mutamenti si sono espressi dopo una conduzione non chiara della crisi, i cui sbocchi sono stati fino a ieri incerti; cautamente poiché dobbiamo tener conto dei pericoli, da cui guardarsi, di nuovi rigurgiti.
Alcuni segni, seppure timidamente e da una valutazione esteriore appaiono già di per sé indicatori di uno spostamento positivo. Fra questi vogliamo mettere l'ingresso nell'Esecutivo di quelle componenti politiche che sono espressione delle forze popolari e dei lavoratori, ed in particolare l'ingresso dei compagni socialisti, Segni non sufficienti per poiché l'accantonamento dei rapporti di maggioranza di centro-destra è diventato peraltro un fatto obbligato nel nostro Paese, a meno che non si voglia perseguire ancora la strada di una rovinosa distruzione delle istituzioni democratiche; strada che irresponsabilmente la Democrazia Cristiana piemontese e la Democrazia Cristiana nazionale due anni fa hanno tentato di imboccare. La gravità della situazione economica, l'inceppamento del meccanismo di sviluppo del passato, l'aggravamento delle condizioni sociali di vita richiedono che si muti radicalmente il modo di utilizzare le risorse, e che l'uso delle risorse sia orientato al conseguimento dei fini sociali. Tutto ciò non è possibile se i lavoratori e le popolazioni non divengono gli artefici delle decisioni. Non è possibile togliere ai gruppi finanziari privati il privilegio di fare dell'attività produttiva sociale lo strumento per i propri profitti; non è possibile passare da una smodata produzione di beni di uso individuale a rapido e largo consumo alla produzione di beni collettivi, alla produzione dei servizi sociali necessari nel nostro Paese, senza che i lavoratori assumano un ruolo dirigente e senza che le assemblee elettive diventino espressione e strumento di questo ruolo. Non è possibile risolvere la crisi alimentare o la crisi delle abitazioni se la volontà delle popolazioni o le esigenze dei contadini non vengono messe in condizione di contenere l'assorbimento di risorse che la produzione di beni di consumo individuali ha fino ad ora esercitato distogliendoli dall'agricoltura e dall'edilizia. Allo stesso modo, non è possibile avviare a soluzione gli squilibri territoriali regionali e nazionale, e attivare nuovi settori produttivi se non cambiando modello di sviluppo; e tutto ciò richiede che si dia vita a nuovi processi di democratizzazione della vita della nostra società.
Nella nostra Regione, come in tutto il Paese, partendo dai guasti prodotti dal vecchio meccanismo di sviluppo, dalla vecchia politica portata avanti dalla Democrazia Cristiana, dalle carenze e dai costi che essa ha fatto pagare alla Comunità per il permanere di arretratezze strutturali amministrative, le popolazioni ed i lavoratori stanno reagendo, e noi abbiamo avuto modo di misurare l'entità di questo fenomeno nel corso della nostra consultazione nella Regione; consultazione che abbiamo condotto come Gruppo nel corso di questi due mesi di crisi, mentre i Partiti dell'attuale maggioranza non si preoccupavano di un confronto con la realtà regionale.
Questa mobilitazione, che è presente nella nostra Regione, oggi si esprime attraverso forme coscienti, nella piattaforma rivendicativa dei lavoratori Fiat, attraverso la lotta degli agricoltori, di cui si sono avuti anche segni significativi nella nostra città, attraverso le manifestazioni di malcontento, diffuso e palese, degli amministratori locali, a qualsiasi parte politica essi appartengono, verso i limiti dell'autonomia e verso la politica regionale condotta finora. E' questa mobilitazione che ha messo in crisi la maggioranza di destra alla Regione Piemonte, come già l'aveva messa in crisi nel nostro Paese; e questo tipo di mobilitazione che sottopone la stessa Democrazia Cristiana ad un processo di lacerazione e di crisi interne, che le impone la ricerca anche affannosa di una nuova collocazione, di una nuova identità.
Questi tenui segni di inversione che ci porta oggi la Giunta di centro sinistra sono quindi frutto dell'azione rivendicativa e di lotta delle masse popolari presenti nella nostra Regione, sono il risultato anche di quella azione rivendicativa e di lotta di cui il nostro partito, per la capacità di orientamento, per il legame delle sue proposte con la realtà per la capacità di mobilitazione e di essere presente a fianco dei lavoratori e delle popolazioni, si sente una parte determinante. E' un'inversione di tendenza che nasce, quindi, come esigenza oggettiva, dalla situazione economica e dal quadro di problemi sociali da affrontare, ma anche determinata dall'azione soggettiva che i lavoratori e le forze popolari della nostra Regione hanno esercitato. Ed è in questo quadro che va quindi collocata la formazione della Giunta di centro-sinistra, come un risultato, sia pur parziale e limitato, ancora insufficiente, delle lotte popolari.
I limiti e le insufficienze non stanno però solo nella formula di Governo. Leggendo il documento contenente le linee politiche con cui la Giunta si è presentata, si ha coscienza che il quadro politico, che pure è stato determinante dell'inversione di tendenza, non è nei suoi contenuti e nella sua sostanza sufficientemente presente. Non è condiviso allora da tutte le forze di questa nuova maggioranza, perché altrimenti sarebbe stato esplicitamente espresso. Si deve perlomeno dedurre che queste forze se pur sentono la pressione che proviene dalla Comunità, che le spinge in una nuova direzione, che le obbliga ad una inversione di tendenza, non ne comprendono appieno il significato e non ne assimilano le ragioni, e accettano passivamente questo nuovo corso, ma senza farsi parte promotrice e innovatrice.
Solo così si spiega l'assenza di un inquadramento all'interno della situazione economica nazionale delle linee di intervento proposte. Non c'è neppure un accenno di analisi, neppure un aggancio, un riferimento al peso che la Regione Piemonte, con la sua attività produttiva economica, ha nel quadro nazionale. Non un riferimento al significato che assumono oggi, in questo contesto, il problema dello sviluppo dell'agricoltura, la questione dei trasporti e dei servizi sociali, la ricerca di nuovi fattori produttivi in Piemonte, ma soprattutto a livello nazionale, ed il ruolo che la Regione può avere in questo quadro di inizio di una nuova politica di sviluppo. Non può essere considerato un caso il fatto che non si citi una sola volta - e non ne faccio qui evidentemente una questione formale -, nel corso di tutto il documento, il Meridione, e che, se si deve ricercare un riferimento ad una collocazione della politica regionale all'interno della politica nazionale, questo riferimento lo si può trovare solo là dove si parla delle relazioni della politica nazionale con la politica comunitaria. E' quindi la politica comunitaria quella che questa Giunta ci presenta come cornice in cui collocare la politica della nostra Regione? Così facendo non si coglie il fatto sostanziale di questa situazione economica e politica, che non soltanto per lo sviluppo economico ma anche per la difesa della democrazia, vede il Meridione come problema di fondo della nostra politica nazionale. Per ogni riferimento, internazionale e regionale, è necessario che prima di tutto siano messi in luce i lineamenti di una politica nazionale di sviluppo, una politica, intanto, di unità ed equilibrio nazionale.
Altro elemento che mostra la mancata acquisizione...
Dicevi?



CALLERI Edoardo

Ce l'hai con me? In un momento in cui sono in crisi politica tu mi attacchi. Almeno non maramaldeggiare.



RIVALTA Luigi

Non può essere che così. A parte il fatto che io ti ho sempre attaccato anche prima.
Altro elemento, dicevo, che mostra la mancata acquisizione di una coscienza della situazione politica da parte di questa nuova maggioranza è dato dal modo in cui viene posta, o meglio, in cui non viene posta affatto la questione comunista. I comunisti non sono citati una sola volta nel documento. E anche qui quello che mi preme non è l'aspetto formale, ma quello di sostanza. Certo, è interessante...



BIANCHI Adriano

Per la verità, non vi si parla neanche dei democristiani.



PRESIDENTE

Beh, avrete modo di parlarne fra breve, Consigliere Bianchi. Ora continui lei, Consigliere Rivalta.



CALLERI Edoardo

Cosa sono, signor Presidente, queste preferenze? Anche dei socialisti avremo modo di parlare.



RIVALTA Luigi

Certo, è interessante l'indicazione contenuta nelle linee politiche presentate che "si tratta di tendere a realizzare un'ulteriore fase dinamica di incontro di forze politiche e popolari". Certo, si è lontani dal modo in cui era stata posta la questione comunista nel luglio '71, in occasione della formazione della maggioranza di centro-destra...
Capisco che tu abbia motivo di dispiacerti, però abbi un po' di pazienza.



CALLERI Edoardo

Sto ascoltandoti con la massima attenzione. Credo di essere uno dei pochi a farlo.



RIVALTA Luigi

Tutti ricordiamo che, quando si formò la Giunta di centro-destra, nel luglio del '71, - forse anche in questo caso c'erano ragioni abbastanza nascoste, quelle dichiarate non erano forse quelle fondamentali ma solo quelle strumentali - venne motivata dall'impegno di autonomia e autosufficienza della maggioranza. Si incolpava il Partito socialista di essere in Giunta con il Partito comunista in parecchi Enti locali del Piemonte; e si avvisava allora che il Partito socialista sarebbe stato riaccolto in Giunta solo quando avesse rimosso quelle scelte di alleanza "frontista" (uso questo termine fra virgolette, riportando pari pari l'espressione usata allora) con il Partito comunista ai vari livelli Questa condizione non viene più posta oggi, e credo non sarebbe più possibile porla oggi, per le ragioni che ho detto. Anche questo è un segno evidente della sconfitta della politica introdotta nel 1971. Siamo lontani anche dai toni quarantotteschi degli interventi fatti a quel tempo, nel mese di luglio del '71, dall'attuale Presidente in pectore della Giunta avv. Oberto: interventi che avevano provocato nostre vivaci interruzioni poiché ci riportavano indietro di più di vent'anni, per i contenuti anticomunisti che vi erano espressi.
Un passo avanti c'è, dunque, rispetto a due anni fa, ma in una dinamica per usare l'espressione contenuta nelle linee politiche presentate da questa Giunta - troppo lenta e incerta. Il fatto che le condizioni per un Governo di svolta democratica non siano ancora maturate appieno a livello nazionale e a livello regionale non avrebbe dovuto far perdere di vista, se ci fosse stata una corretta coscienza della situazione politica attuale della situazione sociale, dei processi unitari presenti nelle fabbriche e nel Paese, della gravita dei problemi da affrontare, l'esigenza, matura e indilazionabile, di realizzare nei rapporti politici un'ampia convergenza di lavoro e di intenti con noi; convergenza la quale non cancellerebbe certo - lo dico per tranquillità soprattutto del collega Bianchi, che ci ha sempre fatto teoria in questo senso - la distinzione fra Governo e opposizione di sinistra, cioè fra Governo e Partito comunista, ma consentirebbe di affrontare i problemi reali ed urgenti della Regione e del Paese con il concorso delle forme democratiche e popolari che più sono espressione delle esigenze dei lavoratori e delle comunità, che più hanno radici profonde nelle comunità locali e nei lavoratori. In questo modo voi mostrate di non conoscere la realtà della situazione economica e sociale e mostrate di non voler riconoscere nel nostro lavoro, nel nostro legame con la Comunità e con le forze attive democratiche della nostra Regione un mezzo necessario per qualificare la vita politica e dare forza all'istituto regionale.
Da questa mancanza di connessione con il quadro economico e politico generale derivano anche la superficialità e la incoerente impostazione delle linee politiche che ci sono state presentate. Certo, l'incertezza che ha regnato fino a ieri nel corso del lavoro per la formazione di questa Giunta avrà avuto un peso determinante, ma anche questo dimostra che un confronto con noi avrebbe evitato tale limite; e lo riprova il lavoro che noi abbiamo fatto in questi due mesi, e di cui vi daremo testimonianza attraverso un nostro programma di interventi e di impegni per i prossimi diciotto mesi che ci dividono dalla fine della legislatura. Superficialità poiché si riportano ancora indicazioni generiche, a livello delle indicazioni che erano state date addirittura al momento della formazione dello Statuto regionale. Le indicazioni contenute in queste linee politiche, quelle riguardanti la programmazione, qualcuna di quelle riguardanti i settori di intervento, anche là dove sono impostate correttamente, ci riportano, per la loro genericità, indietro di tre anni e mezzo. Non si è fatto un solo passo avanti, e in alcuni casi esse sono in arretrato rispetto alle stesse linee politiche che vennero presentate al momento della formazione della prima Giunta di centro-sinistra.
Oggi è possibile e necessario dire cose più precise, in termini operativi, assumendo impegni di tempo collocati in questi prossimi diciotto mesi.
Lo si deve fare per l'agricoltura - che pure risulta, in questa sintetica enunciazione di linee politiche, fra i settori maggiormente messi a fuoco. Devono essere presi impegni in relazione alle proposte di legge giacenti che riguardano gli interventi in questo campo: dal marzo dello scorso anno sono giacenti le leggi sulla zootecnia e quella sulle cantine sociali presentate dal nostro Gruppo.
Sull'urbanistica, quando si dice di voler fare i piani territoriali, si dicono cose che si sono ripetute per tre anni e mezzo all'interno di questo Consiglio: oggi si richiede l'indicazione di quali piani territoriali verranno fatti in questi prossimi diciotto mesi, e soprattutto si chiede l'impegno che il piano territoriale di coordinamento, insieme al piano di sviluppo globale, sia formulato immediatamente per l'area ecologica di Torino.
E così per la scuola, bisogna precisare impegni e tempi di risoluzione di alcuni problemi di fondo che pure sono indicati nel documento della Giunta; è necessario precisare gli impegni per la soluzione del diritto allo studio: per intanto, l'impegno a rendere gratuiti i libri come già è stato promesso, nonché l'impegno per l'istituzione delle mense e della gratuità dei trasporti.
Occorre dire fin d'ora, in partenza, quali importi destiniamo in questa direzione, ed entro quanto tempo si intende attuarli. Di qui alla fine della legislatura la Regione dovrà decidere di una spesa intorno ai 300 miliardi: la formazione di una Giunta che si pone la prospettiva di durata per questi prossimi diciotto mesi deve dare indicazioni precise in ordine alla spesa.
Sull'ecologia, l'indicazione è generica e non tiene conto dei dibattiti, delle analisi e delle ricerche svolti dal Consiglio Regionale e dell'esperienza tratta dall'attività di Commissione. Ad esempio, ci si dimentica di aver fatto con la Commissione speciale per Crescentino un'esperienza, e di avere assunto impegni sui problemi della difesa dell'ambiente e sulla difesa delle risorse idriche della zona. Quanto ai parchi, si ignora addirittura che è stato votato nel mese di maggio un ordine del giorno che impegnava la Giunta ad acquisire La Mandria Stupinigi e le Vallere. In merito a questi impegni, già assunti, il non avervi fatto riferimento alcuno non credo possa essere considerato una semplice dimenticanza: l'elusione è indicativa di mancanza di volontà da parte di questa Giunta. E non solo gli impegni già assunti avrebbero dovuto essere ribaditi, ma impegni nuovi dovevano essere indicati; quali altri interventi si vogliono fare in relazione alla costruzione di parchi nei territori urbani, come fuori dal territorio urbano? Nessun impegno è assunto per la costituzione di un sistema regionale di parchi. Non è indicata alcuna politica di difesa dell'ambiente e della natura. I problemi del tempo libero non sono affrontati. I problemi del turismo sono richiamati nelle indicazioni politiche di questa Giunta semplicemente come linea di intervento per contributi alle strutture alberghiere, così snaturando completamente i valori di fondo che deve assumere la funzione del turismo, e una più generale fruizione del tempo libero.
Anche a proposito dell'Università, uno dei settori in cui riteniamo più positive queste linee politiche, le indicazioni sono generiche. E' necessario oggi fissare dei tempi, ad esempio, per la conclusione del lavoro svolto con l'Ateneo in merito alla costruzione del Centro di calcolo; tempi e luoghi per la costruzione delle nuove sedi universitarie.
E così devono essere fissati tempi per la realizzazione delle unità sanitarie. Proprio i giornali di oggi ci danno notizia dell'azione svolta nei confronti della Giunta da parte delle organizzazioni sindacali per un intervento in questa direzione.
Per quello che riguarda l'industria, non è più sufficiente parlare di conversione, ma bisogna, ricollegandoci al quadro generale dello sviluppo nazionale, dire che cosa si intende per conversione, e precisare quali riferimenti localizzativi si intende attribuire alla conversione industriale delle strutture presenti nell'area torinese. Va esplicitato che il discorso della conversione non deve tradursi ancora una volta in scelte che, privilegiando la regione piemontese, vadano a scapito dello sviluppo del Meridione. E sulla questione delle aree attrezzate, dopo i dibattiti che sono stati fatti in Commissione, che hanno trovato consenziente larga parte delle forze politiche, non è più sufficiente pensare alla legge generica che è stata presentata, ma deve essere deciso e definito in sede di linee politiche in quali zone si vogliono costruire queste aree. Si vuole ancora pensare all'area torinese, oppure si intende guardare alle aree depresse della regione? E quali sono queste aree? Incoerenti, oltre che superficiali, sono anche le indicazioni per quello che riguarda la politica dei trasporti. Nonostante la situazione richiamata con drammaticità all'attenzione di tutti dalla crisi energetica non c'è qui un mutamento di indirizzo nella politica dei trasporti. Si fa ancora sostanzialmente riferimento alla politica del passato, che è una politica di potenziamento delle aziende private, e soltanto cautamente si parla di possibilità di pubblicizzazione. Il problema della pubblicizzazione si sta invece sempre più rivelando un problema fondamentale in un momento in cui solo attraverso il trasporto pubblico sarà possibile risolvere problemi della mobilità - in una prospettiva di alti costi dei carburanti che non sarà momentanea, essendo essa connessa alle ragioni di sviluppo dei Paesi che dispongono delle fonti energetiche più ancora che alle carenze quantitative. Eppure, in questo documento non si fissa una linea precisa per la pubblicizzazione dei trasporti.
Probabilmente, se la stesura di queste linee avesse potuto avvenire in forma interlocutoria, si sarebbe sfoderata ancora una volta la tesi che la Regione non può affrontare queste spese. Io non credo che ciò sia vero. Per il problema del Pinerolese, con i funzionari dell'Assessorato ai Trasporti si è fatto un conto di quanto può costare la pubblicizzazione delle linee della Società Sapav, che notoriamente non è, fra quelle di trasporto, una delle più dissestate. Ebbene, è emerso che il costo della pubblicizzazione per questo bacino del Pinerolese può aggirarsi su un miliardo e 300 milioni e un miliardo e 500 milioni. A fronte di una prospettiva di possibilità di spesa della Regione di 300 miliardi, in questo prossimo anno e mezzo, è possibile indicare una consistente linea di pubblicizzazione del trasporto pubblico, a partire soprattutto da quelle aree che sono maggiormente in decadenza da quelle aree che più hanno bisogno di interventi infrastrutturali e di servizi sociali per una riqualificazione e per trovare elementi di autopropulsione.
Ma su questo piano non si fa alcuna proposta positiva: si continua a ricalcare le linee politiche del passato, che sono poi quelle già perseguite dai Governi nazionali. E c'è di più, come già citava il collega Rossotto, nell'ambito del capitolo sui trasporti appare peregrino quanto sbrigativo l'appoggio che questa Giunta fornisce in favore del progettato servizio di metropolitana torinese. Di questo problema non si è mai parlato, né in quest'aula né in seno alle Commissioni. Eppure, qui si sostiene addirittura che bisogna incentivare, accelerare la formazione della rete metropolitana, inserendo un elemento di forte incoerenza con quello che dovrebbe essere il modello di utilizzo delle risorse disponibili per uno sviluppo nazionale fortemente incentrato sullo sviluppo del Meridione, sullo sviluppo dell'agricoltura, sulla ripresa di settori produttivi oggi arretrati come l'edilizia. La metropolitana di Torino, la prima linea, che assorbirà soltanto il 10 per cento dei movimenti che si sviluppano nella città, costerà 390 miliardi al potere pubblico. Una linea che voglia risolvere il problema del trasporto pubblico attraverso strutture sotterranee nelle cinque-sei maggiori città italiane, e risolverlo con una rete capillare capace di rispondere alle effettive esigenze di mobilità, assorbirebbe una tale quantità di risorse che tutti i programmi di nuova politica economica e di riequilibrio territoriale, sia a livello regionale che a livello nazionale, dovrebbero essere automaticamente accantonati.
Vi è superficialità nelle linee tracciate anche per quello che riguarda il problema della casa. Quando si richiamano interventi in favore della casa, e si fa riferimento ai centri storici, non si specifica se si vuol promuovere una nuova legge o portare avanti quella che è in discussione presso le Commissioni, che non promuove affatto interventi nei centri storici, ma semplicemente interventi atti a svuotare i centri storici della popolazione oggi insediata. Ecco, sotto questo profilo, permane la genericità dell'indicazione, nonostante che in Commissione vi sia stata una discussione che ha posto in luce i reali problemi dei centri storici ed a cui hanno partecipato i Gruppi che fanno parte di questa maggioranza.
L'adozione di quell'orientamento non farebbe altro che dare un incentivo alla politica territoriale portata avanti nell'area torinese, di allargamento spaziale della localizzazione della popolazione e di svuotamento del centro di Torino. Questa è la logica che vuole consentire l'ulteriore insediamento di attività terziarie nel centro di Torino, per fare ad esso svolgere un ruolo direzionale, di carattere regionale, e quindi in questo senso ancora accentuando gli effetti negativi dell'accentramento e non favorendo il riequilibrio territoriale.
Mi limito a questi esempi, per non dilungarmi eccessivamente. Sono esempi che tendono a mostrare da un lato l'insufficienza, del tutto inaccettabile, delle indicazioni contenute in queste linee politiche che sono state presentate, e dall'altro alcuni elementi di incoerenza ingiustificabili in un documento programmatico.
A questo giudizio negativo che diamo sul contenuto delle linee politiche, vogliamo tuttavia accompagnare, come indicazione costruttiva per una possibile via d'uscita dai limiti in cui si è posta questa Giunta, un atteggiamento di attesa. Chiediamo pertanto a questa nuova Giunta di volersi nuovamente presentare in Consiglio con un vero e proprio programma in cui siano effettivamente affrontati i problemi, e, inoltre nella formulazione di questo programma, di avvalersi degli apporti collaborativi che noi abbiamo dato. Di quello che per parte nostra intendiamo, mi sono limitato a delineare un profilo generale, ma il documento che vi consegneremo in questa stessa giornata, tratta in modo specifico dei singoli problemi, dei singoli settori, e indica precise soluzioni che vogliamo sperare siano tenute in considerazione nel nuovo testo in cui dovrà ulteriormente definirsi il programma della Giunta.



PRESIDENTE

Devo comunicare al Consiglio che ha chiesto congedo, per malattia, il Consigliere Curci; comunico inoltre che, a seguito della mia elezione a Presidente del Consiglio, il Gruppo socialista ha nominato Capogruppo il Consigliere Corrado Calsolaro.
E' ora iscritto a parlare il Consigliere Gandolfi. Ne ha facoltà.



GANDOLFI Aldo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, vorrei contribuire al dibattito con alcune considerazioni che faccio a nome del Partito repubblicano, riguardanti innanzitutto il tipo di soluzione politica che è uscita da questa lunga crisi regionale.
Sottolineerò, in primo luogo, come nel complesso quadro dei rapporti politici torinesi e piemontesi sia emerso in tutta evidenza che il centro sinistra organico, come da tempo il mio Partito sosteneva, è l'unica soluzione, tutto sommato, che possa permettere alla vita politica piemontese di riprendere in modo ordinato, con un corretto dibattito e un corretto rapporto tra le forze politiche. Dobbiamo, quindi, salutare con particolare compiacimento questa ulteriore tappa, che regolarizza la vita politica ed amministrativa del Piemonte, e crea, non ne dubitiamo, una cornice all'interno della quale tra le forze politiche di maggioranza e tra la maggioranza e l'opposizione potranno riprendere un dialogo e un rapporto costruttivo.
La seconda considerazione è che, ovviamente, uno schieramento non esaurisce da solo i problemi: la capacità di uno schieramento politico va misurata in base alla capacità di rispondere ai problemi che questo schieramento, attraverso le istituzioni, riesce ad affrontare. Da questo punto di vista, devo dire che mi ha un po' sorpreso l'apprezzamento negativo contenuto nella seconda parte dell'intervento svolto dal collega Rivalta, a nome del Gruppo comunista.
Mi sembra prima di tutto - egli stesso l'ha osservato, al termine del suo intervento - che egli abbia mostrato di non aver colto, tutto sommato quello che deve essere il ruolo di un documento di questo genere, che non è ancora un documento programmatico compiuto ed articolato ma è un'indicazione di volontà politica di una maggioranza, che deve avere poi un momento di elaborazione programmatica da parte della Giunta, sotto la guida del suo Presidente. E' ovvio, pertanto, che in questo documento non si possono trovare taluni degli aspetti che il Consigliere Rivalta si duole di non avervi trovato.
Secondariamente, non potevano certamente essere trattati, in un documento di proposte di azione amministrativa, dei problemi di rapporti tra le forze politiche. Questo dibattito, sul ruolo del Partito comunista e sui rapporti con il Partito comunista, è un dibattito che dovrà certamente avvenire tra le forze politiche, ma non può essere elemento caratterizzante o contenuto specifico di un programma che riguarda l'attività di un organo istituzionale.
In terzo luogo, mi sembra ingiusto, e, tutto sommato, piuttosto superficiale, argomentare che questo documento, pur con i suoi limiti scontati, è un documento che non si aggancia ad un quadro politico nazionale. Può darsi che questo discorso non sia stato esplicitato fino in fondo, ma nel documento, in alcune sue premesse, in alcuni punti qualificanti è contenuto il riferlmento ai problemi di fondo che oggi deve affrontare il Paese, che sono appunto, come si diceva, i problemi di modificare un meccanismo di sviluppo della nostra vita nazionale, di modificare un rapporto fra consumi privati e consumi sociali che è stato fortemente squilibrato nel nostro Paese, di contribuire, quindi, ad una diversa collocazione degli interventi pubblici e ad un diverso modo di sviluppare l'economia del nostro Paese. Nel complesso del documento questo mi sembra sia contenuto, e comunque, nel caso che non fosse sufficientemente estrinsecato, gli atti successivi della Giunta, e prima di tutto il suo documento programmatico, verranno a specificare ulteriormente questo tipo di rapporto. Che va qualificato - questo è il terreno sul quale si dovrà misurare l'attività della Giunta - soprattutto nei programmi di intervento e nelle scadenze - perché giustamente si è parlato anche di scadenze - che la Giunta si fisserà sui singoli temi.
Senza entrare nel quadro della problematica complessiva cui è stato fatto cenno sia da parte del Consigliere Rivalta, a nome del Gruppo comunista, che da parte del Consigliere Rossotto, a nome del Gruppo liberale, vorrei ora fare un semplice accenno ai problemi dei trasporti che sono stati citati, mettendo in rilievo come un confronto tra il discorso di Rossotto e quello di Rivalta porti a questa curiosa e paradossale constatazione: mentre Rossotto dice che il discorso programmatico con cui la Giunta si presenta è tutto sbilanciato a favore di interventi volti a determinare un ampliamento della sfera pubblica, Rivalta sostiene che non c'è una linea precisa di pubblicizzazione, fa il discorso che abbiamo sentito, quale esempio, dell'area pinerolese.
Da questo punto di vista, debbo semplicemente dire, per il contributo e l'apporto che ho dato all'elaborazione di questo programma, che queste linee programmatiche sono state scelte anche come collegamento e prosecuzione di atti che sono stati fatti nei mesi scorsi. Nei mesi passati, cioè, si è provveduto a consolidare nel suo complesso il settore dei trasporti intercomunali su strada, e direi che oggi c'è una ragionevole certezza che le aziende, sia pubbliche sia private, che gestiscono il trasporto su strada intercomunale, saranno, tutto sommato, in grado, con le provvidenze che ha garantito la Regione, di affrontare programmi di investimento e di ampliamento, se necessario, dei servizi. Quello che è estremamente carente sul piano congiunturale, cioè degli interventi a breve termine, è invece la capacità delle Aziende municipalizzate di mettere in atto programmi di investimento adeguati.
Il primo punto che abbiamo voluto sottolineare come punto particolarmente urgente è la necessità che la Regione intervenga anche nel settore del trasporto urbano con provvedimenti tesi a potenziare le capacita di investimento delle aziende municipalizzate. Ma c'è, mi sembra anche il discorso dell'ampliamento del settore pubblico in generale, perch se era una prospettiva più a lunga scadenza e meno urgente, in alcune zone in particolare questa è una prospettiva senz'altro urgente. Quindi, il provvedimento che si dovrà varare, se la Giunta e il Presidente saranno d'accordo in questo senso, dovrà toccare tutti questi aspetti: interventi immediati a favore delle aziende municipalizzate per il trasporto urbano, e rifinanziamento di interventi a favore degli Enti locali, delle aziende pubbliche, dei consorzi, per interventi volti alla pubblicizzazione, come continuazione di un provvedimento già adottato nel 1972.
Quanto poi ad una linea di pubblicizzazione, questa nasce purtroppo dal fatto che questi interventi si fanno particolarmente urgenti in certe aree precisamente non quelle aree dove ci sono aziende private dotate di una certa efficienza ma quelle in cui purtroppo l'intervento privato è diventato estremamente carente. Quindi, non mancherà, io penso, una linea di pubblicizzazione, perché saranno purtroppo gli eventi che dovremo fronteggiare a determinarla in una certa misura. Vorrei sottolineare in particolare questo aspetto della questione.
Riguardo al discorso della metropolitana, che è stato affacciato, non mancheremo di affrontarlo - in una certa misura, abbiamo già cominciato a farlo in una riunione che si è tenuta per discutere i programmi dell'Ires in cui in maniera incidentale si è toccato questo argomento -: quando affronteremo il discorso delle ferrovie, e delle ferrovie nell'area metropolitana, la questione verrà in discussione automaticamente, perché è evidente che occorre predisporre un piano coordinato in cui il discorso della metropolitana deve integrarsi e deve farsi compiutamente.
Non afferro bene, però, l'argomentazione che ha svolto il Gruppo comunista: se portata fino alle estreme conseguenze, questa tesi condurrebbe a non fare investimenti di alcun tipo, cioè a non realizzare le linee metropolitane per il trasporto di massa sotterraneo. Mi sembra che Rivalta sostenesse da questo punto di vista la priorità di investimenti in infrastrutture nell'Italia meridionale...



RIVALTA Luigi

...o in altre zone del Piemonte.



GANDOLFI Aldo

Questa è una questione che dovremo dibattere approfonditamente, oltre tutto per dimostrare che non intendiamo affatto eludere i problemi. La mia personale opinione è che, per quanto riguarda la materia dei trasporti limitandoci per ora a considerare il Piemonte, abbiamo dei problemi che ci derivano da una domanda di mobilità elevatissima nell'area metropolitana e ancora relativamente bassa, invece, in altre zone del Piemonte. Le zone periferiche del Piemonte hanno certamente necessità di collegamenti ferroviari efficienti, di collegamenti interpolari di tipo stradale, e anche queste vanno tenute nel dovuto conto, secondo un certo ordine di priorità. Ma una delle priorità maggiori, quanto a problematica dei trasporti, tocca certamente al problema dei pendolari nell'area metropolitana, un problema che, io penso, sul breve o medio termine non si può pensare di risolvere con il decentramento di attività produttive da Torino. L'area metropolitana, così come, senza prendere in considerazione ulteriori incrementi del potenziale produttivo e demografico, è un'area in cui oggi c'è una domanda di mobilità rispetto alla quale non ci sono condizioni di risposta adeguate da parte dei poteri pubblici, il che provoca dei costi umani altissimi.
Naturalmente, bisogna contemperare le esigenze di investimento nell'area metropolitana in infrastrutture di trasporto di massa collettive con le diverse esigenze delle aree periferiche, che però hanno problemi di scala e di dimensione nettamente diverse sul piano delle esigenze di investimento.
Su questo argomento, certamente, dobbiamo confrontarci. La mia opinione, e quella del mio Partito, è che non si possa prescindere da un tentativo di dare soluzione ai problemi di mobilità nell'area metropolitana, che è certamente uno dei problemi sociali di maggiore entità che noi abbiamo nella nostra Regione. Comunque, su questo piano non mancheranno di esserci presto occasioni di confronto, in Consiglio o in sede di Commissione, in cui il dibattito potrà articolarsi fino in fondo.
Non mi resta che ribadire la soddisfazione del mio Partito per la soluzione strutturale e di quadro politico che si è venuta realizzando e per l'insieme delle indicazioni programmatiche che si sono concordate attestando piena fiducia che un lavoro costruttivo e collaborativo fra le varie componenti della maggioranza non mancherà di produrre quegli arricchimenti che varranno a togliere anche quei margini di incertezza che il documento può aver lasciato.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Carazzoni. Ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, signori Consiglieri, poiché la quarta crisi della Regione Piemonte sembra doversi chiudere alla conclusione di questo dibattito, noi non perderemo l'occasione per dire adesso quale sia il nostro pensiero in ordine alle vicende squallide e mortificanti che hanno provocato la caduta della Giunta centrista e che stanno per dare vita alla Giunta di centro-sinistra.
Prima però di passare ad una valutazione in chiave politica di quanto accaduto e di quanto fatalmente dovrà in futuro accadere, a seguito dell'emarginazione dei liberali e della riapertura ai socialisti, noi non possiamo tacere due osservazioni di fondo.
La prima, configurabile come una constatazione, e rivolta a sottolineare - se mai si rendessero ancora necessarie sottolineature al riguardo - il fallimento completo, e senza attenuante alcuna, dell'Istituto regionale piemontese. E' il povero e squalificante bilancio di tre anni e mezzo di vita che lo dimostra, non certo una nostra interpretazione forzata o polemica della realtà.
Quando sia possibile disporre, come nel caso nostro, come nel caso del Piemonte, di ogni immaginabile tipo di maggioranza - di centro, di centro sinistra, persino di centro-destra - e quando, purtuttavia, altro non si sappia fare se non trascinarsi da una crisi ad un'altra, ciò significa, al di là dell'incapacità degli uomini, che è il meccanismo stesso, cioè l'istituto regionale in sé considerato, a non saper funzionare, o meglio, a non poter funzionare, dato che lo si e costruito nella logica di un sistema vecchio e sclerotico, chiaramente incapace, a Roma come a Torino, di capire e di interpretare gli interessi, le attese, le speranze dell'uomo moderno.
E come non ricordare adesso gli accenti trionfalistici con i quali proprio in quest'aula, il 13 luglio '70 era stato salutato il parto regionale? Noi ce li siamo appuntati, colleghi Consiglieri, e non ve ne risparmieremo la lettura, almeno per citare le dichiarazioni di coloro che questa Regione hanno poi concorso a guidare in modo non certo felice.
Dissero i repubblicani: "La Regione dovrà concretamente dimostrare di essere viva e vitale, strumento di sviluppo e di crescita democratica capace di realizzare una politica veramente moderna".
I socialdemocratici: "La Regione e per il nostro Paese vanto e realtà uno strumento tra i più moderni ed avanzati. Oggi incominciamo gli anni del 1970 come un secolo fa sono incominciati gli anni del 1870. Siamo degni dei nostri avi".
I socialisti: "Dobbiamo fare, e fare presto. La Regione sarà uno strumento di nuova e più diretta partecipazione popolare alla vita pubblica".
I democristiani: "L'Istituto regionale è uno strumento per avviare ad una riforma profonda i rapporti tra i cittadini, le forze sociali, le organizzazioni in cui si articola e si manifesta il potere politico".
Ebbene, in poco più di tre anni, questo strumento, avanzato, moderno nuovo, secondo le definizioni or ora ricordate, si è rotto ben quattro volte. In pratica, abbiamo avuto una crisi all'anno. Nel 1971, dal 17 gennaio al 9 marzo; nel 1972, dal 2 al 29 luglio; nel 1973, dal 17 gennaio al 15 marzo; per giungere alfine a questa quarta crisi, che, come dicevamo ha dato l'esatta misura del fallimento della Regione come strumento operativo ed innovatore e del regionalismo come modo nuovo di fare politica. Adesso, alla retorica della partenza si cerca di sostituire la retorica dell'arrivo, mitizzando quanto ancora si potrà fare nei diciotto mesi che separano dal termine della legislatura. E' un modo come un altro per illudersi, o per sfuggire a certe sgradite realtà; ma sicuramente non è una posizione corretta ed onesta, poiché sapete tutti benissimo, colleghi Consiglieri, che nulla più, ormai, riuscirà a modificare il giudizio pesantemente negativo assegnato alla riforma regionale. Oggi vanno di moda le indagini conoscitive: ebbene, si provi a domandare all'uomo della strada, al cittadino medio, al piemontese qualunque che cosa ne pensi delle Regioni in genere e della Regione Piemonte in particolare. Le risposte, che saranno risposte davvero rivelatrici, non sorprenderanno certo la nostra parte politica, che al riguardo ha sempre avuto idee ben chiare e che oggi seppure con amarezza - perché nel frattempo si è andato accelerando ed aggravando lo sfacelo dello Stato -, le verifiche esatte e valide nella realtà. Ma se non costituiranno per noi motivo di sorpresa, suoneranno per voi come la più pesante delle critiche, come la più dura delle condanne.
Con riferimento alla situazione piemontese, la quarta crisi regionale giustifica queste critiche e rende inappellabili queste condanne. Ecco la prima osservazione di fondo che noi sentivamo di dover mettere a cappello di questo nostro intervento.
Né possiamo tacervene una seconda, che anzi vogliamo prospettarvi in modo esplicito, forse anche brutale. D'altra parte, la situazione è stata da voi degradata al punto che sarebbe persino fuori luogo commentarla con parole ovattate. Nel corso di questi tre anni, molto spesso mascherando il vuoto di idee e di programmi con il più fumoso e pretestuoso antifascismo non si è trascurata occasione per metterci sul banco degli imputati accusandoci di essere i nemici e i sovvertitori delle istituzioni democratiche. E' un gioco che è stato portato avanti anche troppo a lungo ma che adesso, e proprio per ciò che è accaduto con questa crisi, sul piano morale ancora più ed ancora prima che su quello politico, non vi sarà più consentito continuare. E' stato davvero, stupefacente - noi non vogliamo definirlo in altro modo - quanto ha detto stamane il Consigliere Bianchi nel tentativo di riassumere ed inquadrare in una normale e corretta dialettica tra i partiti tutto quanto è avvenuto in questi mesi in sede di Comune capoluogo e di Regione. Si legga, Consigliere Bianchi, le dichiarazioni che un uomo non di nostra parte, Consigliere Comunale di Torino, ha rilasciato ad un settimanale non sospetto, quale la rivista "Panorama", per motivare le sue dimissioni dal P.S.I.! "Lo spettacolo che la vostra classe politica, dirigente in quanto e solo perché detentrice del potere, ha offerto di sé medesima durante questi giorni e queste settimane è stato semplicemente penoso. Le lotte furibonde tra i partiti, lo scontro furioso delle correnti, i ricatti e le pressioni, le ambizioni smodate ed i faziosi personalismi, il mercato delle poltrone e la spartizione dei posti di potere, gli incarichi di Sindaco del Capoluogo e di Presidente del Consiglio Regionale e usati come merce di scambio e di contrattazione".
Ecco, questo è quanto avete dato in pasto, senza pudore e senza ritegno, ad un'opinione pubblica avvilita e mortificata. Al punto che noi che pure non dovremmo per la verità preoccuparci molto della vostra sorte più d'una volta ci siamo sorpresi a domandarci come vi fosse possibile non accorgervi del baratro nel quale stavate precipitando e nel quale soprattutto, facevate precipitare proprio quelle istituzioni che a parole affermavate di voler difendere dal pericolo eversivo di destra. Ed altra spiegazione non abbiamo saputo darci se non quella proverbiale del Dio che acceca chi vuol perdere. Altro che scrivere, come avete fatto nel documento programmatico, che "il centro-sinistra nasce per una rigorosa difesa delle istituzioni". Voi, e voi soltanto siete i più pericolosi nemici di questo sistema politico. Che oggi traballa, è vero, ma traballa solo per i colpi che voi stessi ad esso portate con il vostro comportamento. E voi soli avete la responsabilità del discredito di cui le istituzioni, in conseguenza della vostra azione, sono venute a godere.
Non permettetevi dunque più di assumere nei nostri confronti posizioni di falso moralismo o di pretestuosa condanna. Noi non siamo disposti a tollerare altre lezioni di democrazia da parte vostra né più sopporteremo di essere indicati come i guastatori degli istituti democratici. Se mai vi azzarderete ancora a farlo noi vi ricorderemo in quest'aula, e fuori da quest'aula, il degradante esempio che avete offerto con questa crisi quando tutti insieme, socialisti e democristiani, repubblicani e socialdemocratici, avete contribuito, alle spalle e sulla pelle della comunità regionale, a squalificare ancora più questa già squalificata democrazia. Può essere una verità scottante, ma è una verità che non potevamo e non possiamo fare a meno di gettarvi in faccia.
E passiamo così alla valutazione politica della soluzione di centro sinistra che sta per venire approvata. Una soluzione - per chiarezza giova dirlo subito - che personalmente non ci meraviglia né ci sorprende, in tanto in quanto diviene del tutto spiegabile e logica ove si abbiano presenti la morale dorotea e la naturale vocazione della Democrazia Cristiana. Di questa diremo poi, intendendo per il momento soffermarci su quella che abbiamo definito "morale dorotea" e che, ad avviso nostro altrimenti non può qualificarsi se non come la tendenza a gestire il potere in qualunque modo e attraverso qualsiasi alleanza o compromesso che dir si voglia.
Il dotti Calleri ne offri una prima ed interessante interpretazione nel luglio del 1971, allorquando, con un fiuto politico che gli possiamo tranquillamente riconoscere, anticipò i tempi della cosidetta "centralità democratica" scaricando i socialisti e ripescando i liberali. Fu, senza dubbio, un'abile operazione di tempismo e di trasformismo, che consenti al dotti Calleri di diventare antesignano, da Torino, di una formula che doveva poi essere attuata a Roma, cioè a livello nazionale. Ma non rappresentò, come noi, e noi soli, ebbimo fin da allora a denunciare un momento autocritico della Democrazia Cristiana, esattamente come non lo sarebbe stata in seguito la nascita del Governo Andreotti. A quella scelta il dott. Calleri si adeguò solo perché si stava andando verso le elezioni politiche, e si rendeva tatticamente opportuno incollare alla faccia della Democrazia Cristiana una maschera diversa, nel tentativo, poi per fortuna nostra solo parzialmente riuscito, di frenare l'emorragia di voti a destra.
Fu dunque un espediente, tipico della Democrazia Cristiana in genere, e della corrente dorotea in particolare, per continuare a gestire il potere.
Ed il carattere chiaramente strumentale di quella operazione lo si pu anche meglio comprendere adesso, alla vigilia del ritorno al centro sinistra, ricordando - lo ha fatto per altri ed opposti motivi il Consigliere Rivalta - che la Democrazia Cristiana prese a pretesto per la rottura con i socialisti l'esistenza di Giunte frontiste nei comuni di Nichelino, di Caluso e di Castellamonte, mentre oggi, assolutamente dimentica di quei lontani ed interessati pruriti, torna ad allearsi con quel Partito socialista che non soltanto a Nichelino, a Caluso e a Castellamonte, ma in decine e decine di altri Comuni, piccoli e grandi, del Piemonte, resta strettamente legato al Partito comunista.
Il dott. Calleri, nel dibattito del luglio 1971, ebbe, nei confronti del dott. Nesi, che rivendicava per il P.S.I. il ruolo di partito di frontiera, una battuta di indubbia efficacia. Disse: "Ma attraverso le frontiere aperte passano i contrabbandieri". Bella frase ad effetto, in verità, ma nulla di più. Oggi noi chiediamo al dott. Calleri, o al suo successore designato, avv. Oberto, che cosa è successo ai democristiani.
Hanno perduto il gusto di fare i doganieri, oppure, dati i tempi, hanno stimato conveniente diventare contrabbandieri anche loro? La formazione della Giunta centrista fu pertanto, come dicevamo, nulla più che un momento nella gestione dorotea del potere. Ce ne rendemmo ben conto noi, lo compresero perfettamente i socialcomunisti, pur fingendo polemica indignazione. Non lo capirono soltanto i liberali, i quali per miopia politica, o nell'illusione di poter tornare a contare qualcosa, si acconciarono a fare da spalla al gioco spregiudicato del dott. Calleri fino a ridursi, senza dignità e senza decoro, alla situazione di bagnomaria nella quale sono stati tenuti in queste ultime settimane ed in questi ultimi mesi.
Poi, i tempi mutarono, e, sempre nella logica del doroteismo, il dotti Calleri stimò giunto il momento di compiere un altro disinvolto giro di valzer: forse innamorato della parte di precursore periferico, anche questa volta tentò di anticipare l'evolversi della situazione nazionale, e, ancora al governo Andreotti, aprì a freddo un'altra crisi, con il chiaro disegno di liberarsi del P.L.I., divenuto ormai scomodo e inutile, per tornare ai vecchi amori con il P.S.I. Pure in questa circostanza fu facile trovare il pretesto per la rottura: la difesa delle autonomie locali, offese, secondo il dotti Calleri, da una sentenza della Magistratura sulle incompatibilità al Comune di Torino. Altra risibile giustificazione, che tuttavia a nulla servì, perché, non essendo ancora maturo il centro-sinistra, la crisi regionale, dopo diverse settimane di penoso trascinarsi, tornò al punto di partenza, con la sola variante di un diverso Vicepresidente, cosa indubbiamente importante, sia pure in diverso modo, per l'uscente Cardinali e il subentrante Benzi, ma non tale da spiegare, se non con la mera interpretazione di potere che noi ne abbiamo dato, l'immobilismo cui la Regione fu condannata dal 17 gennaio al 15 marzo 1973.
Il dotti Calleri, questa volta, e non certo per cattiva volontà, non riuscì ad essere a Torino il tempestivo anticipatore di quello che poco dopo sarebbe accaduto a Roma con la defenestrazione di Andreotti, che aveva ormai esaurito il compito assegnatogli, e con la nomina di Rumori. Ma ormai la scelta era decisa: il potere doroteo si poteva salvaguardare soltanto con la ripresa della collaborazione con i socialisti. E a questo fine venivano impiegati i mesi successivi, allorquando il dotti Calleri e la Democrazia Cristiana non persero occasione per cercarsi rinnovate simpatie a sinistra. Così come denunciato, oh, non dai socialdemocratici, e tanto meno dai liberali, ma dal repubblicano Gandolfi, il quale, in un mai smentito comunicato alla Stampa del 22 settembre, ebbe a parlare di "indebolimento della formula politica in atto, che costringe la Giunta a ricercare consensi e patteggiamenti in direzione del Partito comunista".
Siamo agli accordi nazionali di luglio, che tuttavia, per trovare attuazione, presuppongono l'apertura di una nuova crisi, tanto più, poi che il P.L.I. nonostante tutto, continua ad incassare tranquillamente, ben guardandosi dal passare all'opposizione. Questa volta, Nichelino e Caluso non servono, e neppure le autonomie locali. Ed ecco allora la demagogica legge sui libri di testo gratuiti, inventata a bella apposta, varata con inusitata urgenza, freddamente usata, senza riguardo per le attese che si andava a suscitare nella Comunità regionale, per far saltare la Giunta centrista e spianare la strada al centro-sinistra.
Così il gioco è fatto, nel pieno rispetto della morale dorotea, secondo la quale ciò che conta è il potere, comunque e con chiunque assicurato: prima con i liberali, adesso con i socialisti.
I quali, per la verità, tutti d'accordo non sono, se è vero, come è vero, che proprio ier l'altro la sinistra socialista ha detto che tutto questo non basta ancora, perché la nuova Giunta non costituirà quella inversione di tendenza a livello regionale che è richiesta dal P.S.I. ma piuttosto quella sostituzione di maggioranza che sembrava ormai inevitabile persino alla D.C. piemontese.
Ma forse gli intransigenti socialisti, qui rappresentati dal dott.
Nesi, che non è in aula, non tengono nel giusto conto che il rilancio del centro-sinistra costituisce un rilancio dello stesso P.S.I., che altrimenti, come ha candidamente confessato il socialista Simonelli nella divertente polemica sugli illeciti edilizi di Ovada, non sarebbe più riuscito a far parlare di sé se non "in occasione di scandali, inchieste della Magistratura e fatti poco edificanti dello stesso genere".
D'altra parte, che la nuova maggioranza sia molto meno compatta di quanto sembri lo si è visto anche stamane, nell'occasione dell'elezione del Presidente del Consiglio, che sarebbe dovuta risultare plebiscitaria ma che invece, a fronte delle due schede bianche ufficialmente dichiarate dal Gruppo dell'M.S.I. Destra Nazionale, ne ha fatto riscontrare ben sei, oltre a tre voti dispersi.
Chiudiamo la parentesi e riallacciamoci a quanto stavamo prima dicendo quando annotavamo che, secondo la morale dorotea, la sola cosa che conti è la gestione del potere, con chiunque controllata. Ecco perché, in ultima analisi, vista da questa angolazione, la scelta di oggi appare, come abbiamo già avuto modo di rilevare, spiegabile e logica, rientrando perfettamente nei canoni del doroteismo.
Ma spiegabile e logica è anche giudicandola con un'ottica diversa, cioè avendo a mente quella che è la naturale vocazione della Democrazia Cristiana.
E qui occorre aprire un altro discorso. Obiettività vuole che si dica che la Democrazia Cristiana è un partito di sinistra che ha la stragrande maggioranza dei suoi voti e dei suoi interessi a destra. La qual cosa non le impedisce di essere un vero partito di sinistra, cioè di varare formule politiche e maggioranze soltanto di sinistra. Chi si riferisce al tempo di De Gasperi commette molti errori storici e di prospettiva. Al tempo di De Gasperi la Democrazia Cristiana non era una forza politica autonoma, ma una forza politica il cui nucleo, dottrinalmente democratico e popolare nel senso più modernista e sinistroso di questi termini, era il punto di raccolta e insieme lo strumento di spinte e di interessi internazionali dietro i quali, fatalmente, non potevano non mettersi gli interessi, le aspirazioni, le paure della gran massa degli italiani anticomunisti, anche se tali per diversi e a volte addirittura contrastanti motivi. Ora quel tempo è finito, e non da oggi. Chiusa la guerra fredda, apertasi una nuova fase nel grande dialogo fra l'America e la Russia, nelle inevitabili conseguenze che ne derivano per tutti noi la Democrazia Cristiana ha perduto quella sua funzione. Nonostante la buona, o cattiva, abitudine di votarla in massa, ora di interessi veri la Democrazia Cristiana non può più rappresentare che i suoi, che sono appunto la sua vocazione democratica popolare, socialistoide, oltre che, naturalmente, la sua imperiosa necessità di restare al potere, a qualunque costo, a qualunque condizione perché questo comandano la sua mentalità, il suo mondo clientelare, le sue esigenze di restare fermamente legata alla Chiesa che non potrebbe certo aiutarla a sostenerla come partito di opposizione.
Ciò spiega perché fin dal 1960 la Democrazia Cristiana abbia puntato tutte le sue carte a sinistra, e perché, molto meno scioccamente di quanto creduto, lo abbia fatto con lo spirito di chi ritiene che ciò sia fatale ed irreversibile. E ciò spiega perché, muovendosi in quest'orbita, la D.C.
degli anni Settanta non possa avere come interlocutori i liberali, ma obbligatoriamente, i socialisti, e, in prospettiva ravvicinata, i comunisti.
Ecco dunque perché abbiamo detto che la scelta che qui si sta per compiere è in questa valutazione spiegabile e logica. Può, se mai, stupire e magari indignare, tanti ingenui elettori, rimasti fermi all'immagine degasperiana della Democrazia Cristiana, ma non giunge a sorprendere chi come noi, ritenga di avere idee chiare, ormai da tempo, sull'attuale vocazione del Partito di maggioranza relativa. Dieci o tredici anni fa la politica di centro-sinistra poteva ancora essere considerata una libera scelta democristiana, un'autonoma decisione basata sul convincimento che appoggiandosi a determinate forze politiche, e mobilitandole in una certa direzione, si potesse sul serio arginare l'avanzata del Partito comunista allargare l'area della maggioranza democratica, introdurvi in maniera autonoma il Partito socialista. Allora, in quelli che furono definiti i tempi mitici dell'incontro tra marxisti e cattolici, non era facile capire che certe speranze erano solo illusioni inconsistenti e che non appartenevano alla realtà politica italiana.
Oggi, però, il centro-sinistra, per la Democrazia Cristiana, non è più una libera scelta: è una pratica necessità. Lo è per l'attuale vocazione della Democrazia Cristiana, ma lo è anche, Colleghi democristiani, perch avendo annientato tutto quello che vive alla vostra destra, voi vi siete messi nella condizione di essere trascinati a forza verso sinistra. Questo è il risultato della battaglia di divisione e di distruzione da voi fatta unicamente verso destra, il risultato di avere scioccamente ritenuto di discriminare, in maniera politicamente storta, oltre che volgare ed ingiusta, le forze vive di tanti e tanti italiani che sono rappresentati ed interpretati dalla politica della destra.
E oggi non avete alternative neppure qui, neppure in questa Regione: dovete, per stato di necessità, passare al centro-sinistra, anche se non ignorate che il centro-sinistra, a Roma come a Torino, non può essere che una politica aperta alla pressione, all'influenza, al predominio del Partito comunista. Perché questo, e non certo il cambio del Presidente della Giunta, è la sola, grande, drammatica novità rispetto al passato.
Bastava avere orecchie buone per intendere quello che ha detto in quest'aula, in una precedente seduta, il Consigliere Minucci, interpretando con abilità la tattica attuale del Partito comunista. Basta ricordare quanto ha detto ancora questa mattina il Consigliere Berti, non tacendo la propria soddisfazione per il ritorno al centro-sinistra. Basta riandare con la mente all'intervento recentissimo del Consigliere Rivalta.
I comunisti non sono contrari alla formula che qui sta per essere varata. Certo, oggi voteranno contro la Giunta proposta. Il Partito comunista ora non è più un rozzo avversario: è un sottile, fine, abilissimo oppositore, che sa dosare la sua azione, che sa quali strade deve percorrere per arrivare nell'area della maggioranza. Lo notava anche stamane, acutamente, Vittorio Gorresio su "La Stampa". E poiché l'autore nonostante i suoi trascorsi fascisti, può essere considerato al di sopra di ogni sospetto, io credo valga la pena, colleghi Consiglieri, di rileggere insieme questo passo del suo articolo: "Sa, il Partito comunista, per lunga esperienza, forte del suo notevole approfondimento culturale, che la politica dei jamais-jamais gli italiani a Roma, secondo un ministro degli esteri di Napoleone III nel 1869, jamais gli italiani a Fiume, 'c'est la lune', diceva Clemenceau nel 1919 funziona nella storia tanto poco che con il fluire del fiume si arriverà un bel giorno all'accordo dei partiti democratici con il Partito comunista".
In questo, il Partito comunista ha una sua esperienza, maturata in anni di dura e spregiudicata lotta, da quando è stato costretto a prendere atto che in Italia, per ciò che si era deciso a Yalta, non vi era altro modo per arrivare al potere se non quello di farvicisi accompagnare per mano dalla Democrazia Cristiana, sfruttandone i dissidi interni, le correnti di sinistra, l'eversivo modernismo dei populisti dei camillisti, dei mao cristiani, che ormai pullulano dietro lo scudo crociato. Il compromesso storico di cui tanto si và parlando altro non è che un momento della strategia comunista per la conquista del potere. Ed è persino inutile costruirvi sopra bizantine ipotesi, se è vero, come è vero, che, al di là del no sfumato di Fanfani al patto D.C.-P.C.I. perché ancora non sarebbero maturi i tempi per un'organica alleanza di Governo, il compromesso storico a livello di collaborazione concreta fra Democrazia Cristiana e Partito comunista, è già nei fatti, e ormai in atto, ed in modo tale che lo stesso Berlinguer, nell'intervento di ieri l'altro al Comitato centrale comunista ha ritenuto di poter definire soddisfacente.
E' in atto anche qui in Piemonte, nell'UNCEM, ad esempio, e nei Consigli di Comunità Montana Piemontesi, dove ormai insieme siedono comunisti e democristiani, per una politica delle cose concrete, come la D.C. finge di credere o tenta di far credere, ma in realtà perché la diga è caduta ed oramai, al di là degli sterili velleitarismi dell'on. Costamagna i democristiani sono rassegnati al compromesso storico, che altro, poi, non è se non un tradimento destinato sì a fare storia ed a provocare fatali e drammatiche più che storiche conseguenze.
Tutto questo lo sapete anche voi, colleghi della Democrazia Cristiana.
Come sapete di dover fatalmente subire il condizionamento comunista, perch altrimenti nessuna parte del vostro programma potrà realizzarsi.
Già, il programma del nuovo centro-sinistra. Noi non ne abbiamo parlato sinora. Sarebbe anche facile criticarlo, osservando che è un programma tanto vasto quanto generico, al punto che se ne sono resi conto gli stessi Partiti del centro-sinistra, i quali, infatti, nel documento programmatico presentatoci stamane lo ridimensionano a semplice punto di riferimento impegnandosi a presentare in Consiglio, in un secondo tempo, una più concreta relazione programmatica.
Ma quello che vogliamo dirvi adesso è che i programmi sono tutti buoni o sono tutti cattivi, a seconda della volontà politica e della capacità politica di realizzarli. Il vostro programma, buono o cattivo che sia realizzerà soltanto quello che piacerà ai comunisti, e non realizzerà assolutamente niente di quello che ai comunisti non piacerà. Perché se i comunisti non volessero, sei comunisti facessero sul serio una battaglia di opposizione, allora nessuno dei punti e delle leggi qualificanti del vostro programma - ammesso che ve ne siano, e noi in verità non ne abbiamo trovati molti - potrebbe essere approvato. E voi sapete anche questo, colleghi democristiani. Ma fate finta di non accorgervene, e vi arrampicate su tutte le giustificazioni possibili, nel vano tentativo di mascherare la realtà. E magari vi illudete sulla possibilità di imbrigliarlo, questo Partito comunista, di guastarlo in qualche modo, di addolcirlo o di logorarlo, come tanto bene è sempre riuscito di fare alla Democrazia Cristiana con tutti i suoi alleati. Folle illusione davvero, questa, che non tiene conto che il Partito comunista è tutta un'altra cosa, terribilmente seria: non è un partito come quelli con i quali siete stati abituati a trattare. Anzi, non è neppure un partito nel senso stretto della parola, bensì una interpretazione religiosa della vita, materialista, d'accordo, ma religiosa, è una fede, atea, sia pure, ma fede, per cui, o si combatte il Partito comunista con un'altra interpretazione religiosa, con un'opposta fede, e non è il caso vostro, oppure si è fatalmente destinati a venire travolti, ad essere spazzati via.
Per questo, avvocato Oberto, lei oggi, accettando di sostituire il dotti Calleri e di varare un centro-sinistra con queste nuove e pericolose caratteristiche, si è obiettivamente collocato in una posizione di grave responsabilità. Perché lo abbia fatto poco ci interessa saperlo. Magari tra qualche tempo ce lo dirà Donat-Cattin, che forse, nel suo rozzo discorso di domenica al Teatro Carignano, non pensava soltanto alla on. Savio quando diceva: "Non vogliamo che si ripeta ciò che è avvenuto in passato, quando dopo aver atteso per mesi che il Presidente della Giunta regionale si dimettesse, ci siamo trovati di fronte ad un Presidente di copertura, con lo stesso sistema usato dai banditi, che si mettono davanti le donne e i bambini".



OBERTO Gianni

Io non sono né una donna né un bambino.



CARAZZONI Nino

Sarebbe troppo facile, e comunque irrispettosa, la risposta, e quindi gliela risparmio.
Questo, dicevo, è un linguaggio che noi non usiamo: lo lasciamo ai democristiani, per giudicare altri democristiani. Può essere, dunque, che lei, avv. Oberto, ponendosi a capo di questo nuovo centro-sinistra aperto ai comunisti, lei si è messo, come si dice, a cavallo della tigre.
Per questo, il ritorno all'alleanza organica fra democristiani e socialisti attribuisce da oggi una nuova, pesante responsabilità alla Destra Nazionale, quale sola forza politica ancora in grado, soprattutto per volontà, non diciamo per intelligenza, di contrastare l'ingresso del Partito comunista nell'area della maggioranza. Ciò che qui si sta per intraprendere è una politica di estrema gravità, ma è anche, per noi l'occasione di un grande e qualificante impegno: l'impegno di essere in quest'aula la sola, vera opposizione, nettamente differenziata dall'opposizione di comodo dei comunisti, che da ora in poi, direttamente o indirettamente, baderanno soltanto a dare una mano alla maggioranza per agganciarla e condizionarla sempre più da sinistra, ed altresì nettamente differenziata dall'opposizione inutile dei liberali, i quali, bruscamente scaricati dal Governo regionale, così come si mette alla porta un servo non più utile, nonché faziosamente chiusi a destra, ormai non hanno altra prospettiva se non quella di sopravvivere a sé medesimi; l'impegno, poi, di essere, al di fuori di quest'aula, al di là degli attuali limiti del nostro elettorato, interpreti della coscienza, della volontà, delle speranze di tutti coloro che al comunismo non intendono piegarsi. Cercheremo, con tutta umiltà, ma con ferma decisione, di non venir meno a questo che consideriamo essere un nostro dovere preciso.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SANLORENZO



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Calsolaro. Ne ha facoltà.



CALSOLARO Corrado

Signor Presidente, signori Consiglieri, il documento proposto dalla maggioranza con la lista degli Assessori della nuova Giunta di centro sinistra avvia il primo tempo della nuova fase di rinnovata collaborazione tra le forze politiche del centro-sinistra.
Si tratta, evidentemente, di un documento di proposta, che, come recita la parte conclusiva, costituisce un mero punto di riferimento per un giudizio sulla linea politico-amministrativa della costituenda Giunta e sulla volontà che la sostiene.
Documento preliminare, sul quale le forze politiche interessate daranno un'adesione di massima, che dovrà, comunque, e necessariamente, essere confortata da un successivo giudizio sul programma operativo.
Esso è stato elaborato nel corso di incontri fra i partiti del centro sinistra e rappresenta la trasposizione sul piano politico e programmatico delle prospettive che derivano da decisioni assunte dagli organi di base dei Gruppi politici.
Il documento pone fine ad una fase particolarmente travagliata nei rapporti fra i Partiti del centro-sinistra e colloca a livello delle loro effettive rappresentanze politiche le rispettive responsabilità. L'accordo fra i Partiti del centrosinistra è l'enucleazione degli impegni prioritari che la nuova Giunta dovrà assumere sul piano legislativo corrispondono a quegli stessi impegni che sono stati assunti nel vertice dei Partiti di maggioranza a livello governativo.
Il vertice della maggioranza ha considerato prioritarie le azioni intese ad operare in quegli stessi settori che richiamano l'intervento dei poteri regionali: i trasporti pubblici, l'edilizia a favore dei consumi sociali, quali la scuola, gli ospedali, le abitazioni, l'agricoltura. Il documento in appoggio alla lista degli Assessori che compongono la nuova Giunta prevede appunto di dare un rilievo prioritario ad un intervento programmatico e riformatore nei settori dell'agricoltura, dei trasporti della casa, della scuola.
Abbiamo, come socialisti, espresso dalle file dell'opposizione il nostro impegno costante a favore dello sviluppo dell'autonomia degli Enti locali territoriali - dei Comuni, delle, Province, delle Comunità montane dei Consorzi fra Comuni e fra Comuni e Province - e della loro partecipazione al Piano di programmazione regionale. L'autonomia degli Enti locali territoriali, da attuarsi attraverso l'istituto della delega e dei comprensori, trova nel documento politico per la costituzione della Giunta di centro-sinistra il suo fondamento nell'impegno per la realizzazione dell'istituto della delega e per l'avvio di una politica comprensoriale che dovranno essere praticamente attuati, da una parte, ed inizialmente, con l'esperimento concreto nel settore dell'assistenza scolastica, dall'altra attraverso l'elaborazione e lo studio della materia che dovrà fare dei comprensori la nuova dimensione politica ed amministrativa democratica delle collettività locali.
Nel corso delle sedute del Consiglio che hanno preceduto l'accordo per la ricostituzione della Giunta di centro-sinistra i colleghi e compagni del mio Gruppo hanno esposto, con particolare accentuazione verso i problemi di loro competenza specifica, le soluzioni che i socialisti proponevano sul piano programmatico: così, il collega Simonelli sui problemi della programmazione e della pianificazione territoriale; il Consigliere Fonio sui problemi delle acque (e su questo punto annunciamo sin d'ora che proporremo iniziative per la pubblicizzazione, o regionalizzazione, totale del settore acquedottistico attraverso l'acquisizione da parte o delle aziende municipali o attraverso la Regione, direttamente dei pacchetti azionari delle aziende private acquedottistiche), il collega Viglione sui problemi della sanità. Senza ripetere quanto essi hanno già detto nelle passate quattro sedute del Consiglio Regionale, svoltesi nella attesa dell'accordo per la costituzione della nuova Giunta, vorrei dire che la posizione dei socialisti nei confronti del programma è che esso debba proporsi di portare la Regione Piemonte in primo piano nel dibattito attualmente in corso nei rapporti istituzionali fra lo Stato e la Regione vorrei citare soltanto il grosso problema dei rapporti fra le Regioni, lo Stato, la Comunità economica europea, e l'affermazione da parte delle Regioni del loro diritto di partecipare direttamente alle scelte della Comunità economica europea in materia di agricoltura, di trasporti, di piccola e media industria, di sistemazione del territorio, di programmazione regionale, di partecipazione alle scelte del Fondo europeo di sviluppo regionale - dibattito dal quale la nostra Regione è stata fino ad ora, se non praticamente assente, quanto meno in una posizione di secondo piano; e che nell'attività legislativa di questi ultimi e prossimi diciotto mesi sappia affrontare, senza cedere alle suggestioni settorialistiche, i problemi di fondo della collettività piemontese.
Rifiuto netto di programmi enciclopedici, facilmente eludibili e sicuramente irrealizzabili, ma concreta e precisa individuazione delle iniziative necessarie per una corretta elaborazione del Piano di sviluppo regionale, per il sostegno ed il rafforzamento delle autonomie locali, per un'effettiva politica riformatrice a favore della comunità.
Il programma di massima contenuto nel documento recepisce in misura soddisfacente, anche se per ora in modo ovviamente generico ed enunciativo queste proposizioni.
Dalla relazione programmatica che la Giunta presenterà in Consiglio dovrà essere evidenziato il preciso quadro organico degli interventi. In questo quadro i termini entro i quali dovrà procedere l'attività di iniziativa legislativa della Giunta e quella di raccordo fra l'attività della Giunta e l'iniziativa legislativa del Consiglio, in attuazione del programma concordato nella più larga apertura ai contributi di tutte le forze politiche democratiche presenti in Consiglio, assumeranno una fisionomia ed un significato ben definiti, destinati a caratterizzare anche al di là degli schieramenti, quella svolta che abbiamo inteso come momento essenziale della rinnovata collaborazione di centro-sinistra.
Non è sufficiente, cioè, a nostro avviso, scrivere nel documento di proposta che si costituiranno la Finanziaria pubblica, l'Ente di sviluppo dell'agricoltura e quello dell'Artigianato. Accertata la generale disponibilità alla creazione di questi strumenti essenziali all'attività programmatica della Regione, sarà necessario precisarne i contenuti e le modalità cronologiche di attuazione.
I documenti di buona volontà, sui quali il più delle volte si è esaurito lo sforzo per una comune intesa, devono far luogo ad un serio e responsabile impegno.
La partecipazione dei socialisti al Governo regionale non esaurirà la loro iniziativa politica nell'ambito della Giunta. I socialisti si riservano pertanto di proporre, nello spirito degli accordi sottoscritti e liberamente votati, per quella autonomia dei Gruppi politici che è condizione essenziale ed indispensabile ai fini di una corretta e democratica dialettica politica e di un effettivo progresso delle istituzioni democratiche, quelle soluzioni che valuteranno più opportune e meglio rispondenti alla domanda della collettività.
Questo, e solo questo, è il senso del nostro voto alla nuova Giunta: un voto che troverà la sua più compiuta valutazione nel momento in cui in questo Consiglio si procederà all'esame del programma e della relazione al programma e si decideranno le scelte definitive che si faranno in questo scorcio di legislatura.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Vera. Ne ha facoltà.



VERA Fernando

Sottolineo l'evidente generale disattenzione, o disaffezione chiamiamola come vogliamo, dei Consiglieri della maggioranza nei confronti di questo dibattito: della maggioranza, preciso doverosamente, perché i Consiglieri della minoranza sono invece presenti in buon numero nei loro banchi. Sia chiaro che non faccio questo rilievo per quel che riguarda la mia persona, ma per il dibattito in generale: infatti, personalmente posso ricordare di non essermi scoraggiato quando mi accadde, due anni fa, di tenere comizio con un uditorio formato da due persone.
Il programma che i quattro Partiti hanno presentato a questa Assemblea è semplicemente un'indicazione programmatica, che non intende evidentemente chiudere in un quadro completo l'azione futura e della Giunta e del Consiglio; tanto è vero che si conclude con la precisazione che a questa farà seguito un'ulteriore discussione, in cui il programma sarà aperto a quegli apporti, a quegli arricchimenti che potranno venire. E questo carattere di indicazione di quadro programmatico mi pare sia una dimostrazione della volontà della maggioranza di non chiudersi in un ambito ristretto ai soli componenti, alle formule politiche dei quattro Partiti ma di aprirsi a tutto un ventaglio di scelte e di proposizioni che vengano da tutte le forze politiche presenti in Consiglio.
Questa Giunta di centro-sinistra, la cui formazione noi abbiamo auspicato nei mesi passati, nasce in un momento estremamente difficile molto più difficile di quel che avrebbe potuto essere un anno fa: un momento in cui le popolazioni, i cittadini sono assillati da problemi impellenti e contingenti - quello della carenza di energia, quello della preoccupazione per livello dell'occupazione, per la possibile disoccupazione, quello dell'aumento dei prezzi - che rendono difficile fare discorsi in prospettiva. Tanto è vero che noi ci troviamo di fronte a molti che sostengono che ci si debba proporre unicamente di salvare il salvabile nell'attuale situazione economico-sociale; ci troviamo di fronte ad alcuni che ci dicono che le riforme cui la società italiana tende possono essere prese in considerazione soltanto come impegno conoscitivo, e non come impegno operativo degli organi di Governo, sia a livello nazionale che a livello locale; ci troviamo di fronte ai profeti dell'Apocalisse economica che prevedono per la nostra società e per la nostra civiltà una fine prossima e drammatica; ci troviamo di fronte a coloro che parlano in termini estremamente generici, ma comunque profetici ed ugualmente drammatici, di un nuovo tipo di sviluppo da sostituire a quello che finora ha caratterizzato il mondo civile; e abbiamo visto nelle settimane scorse sui giornali le fotografie dei calessi, dei cavalli, delle biciclette, come preannuncio di una novella Arcadia che dovrebbe succedere alla società tecnologica nella quale abbiamo vissuto fino a ieri.
Confessiamo che di fronte a questo tipo di profezie ci coglie un vago senso di fastidio, e, soprattutto, esse, presentate in condizioni di costume, di entità numerica di popolazione, di rapporti sociali assai diverse da quelle di un mondo ottocentesco cui erano abituali, ci appaiono colorite di una venatura reazionaria che non ci sentiamo assolutamente di accettare. Del resto, venendo da parti contrapposte - da un lato i laudatores temporis acti, dall'altra un certo tipo di contestatori comunque di uguale estrazione sociale, ci appaiono come una manovra aristocratica che mira a far pagare alle classi più popolari gli errori del passato ricacciandole in un mondo dal quale sono da lungo tempo uscite.
Analogo fenomeno si verificò nel momento in cui il mondo conobbe la scoperta delle macchine, e queste diventarono strumento di sfruttamento della classe lavoratrice: anche allora noi ci trovammo di fronte ad utopisti, a persone, forse in buona fede, che volevano riportare l'umanità ad un livello precedente, respingendo l'ipotesi della macchina come una forma di tirannia dell'uomo; e ricordiamo che in quel momento proprio il socialismo scientifico, organizzato, in contrapposizione ad un certo tipo di dottrine utopistiche, si batté non per ricacciare l'umanità all'indietro rispetto alla macchina ma perché la scienza e la tecnologia fossero poste al servizio di tutti e sottratte al controllo e allo sfruttamento di pochi.
Per questa ragione noi riteniamo sia un fatto positivo nel documento programmatico che viene presentato a questo Consiglio quanto vi è detto a proposito dell'evitare di accettare fatalisticamente un arretramento delle condizioni economiche e sociali. Non riteniamo che la società a misura dell'uomo del nostro tempo, anno di grazia 1973, sia la tanto esaltata società del calesse, del cavallo, in un'epoca in cui le astronavi solcano lo spazio alla velocità di decine di migliaia di chilometri l'ora. A nostro avviso non si può e non si deve far tabula rasa di tutto quanto la scienza l'ingegno umano ha fino ad ora acquisito, in nome di modelli o arretrati o non definiti, ma si debbano invece correggere gli errori del passato, fare altri passi avanti. Con la crisi energetica, con la crisi della società cui assistiamo sono finiti gli aspetti deteriori del macchinismo e del consumismo, di cui abbiamo avuto fino ad oggi nella nostra società davanti a noi gli aspetti allucinanti, ma soltanto questi: si tratta ora di correggere questi errori, di sostituire ad una società in cui la produzione faceva premio sull'uomo civile una società in cui l'uomo civile faccia premio sulla produzione.
Per questo, noi crediamo che in ogni forma di vita organizzata i partiti che credono veramente in un progresso umano non si debbano limitare a fare opera di tamponamento nei confronti di una situazione difficile ma debbano proporsi anche di realizzare delle riforme, debbano proporsi anche un discorso di prospettiva; perché soltanto questo può rappresentare una speranza, e qualcosa di più che una speranza, per le popolazioni cui sono richiesti gravi, pesanti sacrifici, e soprattutto per i lavoratori, che fra queste popolazioni sono poi quelli che maggiormente sopportano questi sacrifici.
In questa situazione difficile di crisi economica, di crisi energetica di crisi sociale, i popoli dell'Europa devono fare fronte comune, ed in comune programmare il proprio destino. Nel documento della Giunta Regionale noi troviamo a questo proposito un solo accenno, che già ha citato precedentemente il compagno Calsolaro, ove si dice che "la Regione dovrà far riferimento alla politica economico-sociale elaborata in sede comunitaria". Accenno isolato, ma estremamente importante. (Non ti dispiacerà, collega Calsolaro, se ti cito di tanto in tanto: d'altronde, su questi argomenti abbiamo un'esperienza assai lunga di battaglia comune.) Noi riteniamo estremamente importante che venga affermata ad ogni livello e quindi anche in questa sede di Consiglio Regionale, una vocazione europea del nostro Paese, della nostra Regione, di tutte le Regioni ed i Paesi d'Europa. Vocazione europea che è vocazione democratica, laica, riformista nel momento in cui viene avanzata da alcune parti, non direi per una scelta ragionata e approfondita, ma in dipendenza di circostanze e di velleità una vocazione mediterranea che è esattamente il contrario di questo tipo di vocazione democratica, laica e riformista cui accennavo. Non dimentichiamo che nel Mediterraneo l'Italia è l'unico grande Paese che abbia, sia pure in misura ed in modo imperfetto, un regime democratico fondato sul pluralismo politico.
L'Europa che si è riunita a Copenaghen non è certamente ancora l'Europa che noi sogniamo. Anzi, l'istituzionalizzazione dei vertici ci appare una contrapposizione estremamente negativa nei confronti di quel Parlamento eletto da un voto democratico che anche il Consiglio Regionale del Piemonte ha non soltanto auspicato ma esplicitamente richiesto con una proposta di legge di iniziativa regionale: l'Europa dei popoli, che si contrappone all'Europa dei mercanti, all'Europa dei funzionari, all'Europa fondata non sugli ideali, su una cultura ed una tradizione comune del passato e una prospettiva ed una fiducia comune nell'avvenire, ma soltanto sulle funzioni commerciali ed economiche che purtroppo, dopo trent'anni di esperienza di concezione funzionalistica dell'europeismo, noi constatiamo completamente superata e fallita. E' un cammino lungo, ma è un cammino necessario per tutte le comunità che compongono il nostro Paese.
La Regione, dicevo, ha già fatto un grosso passo in questo senso nel momento in cui ha votato la sua proposta di iniziativa regionale per l'elezione democratica del Parlamento europeo. Ma ritengo che ancora possa contribuire, attraverso una serie di iniziative, alla promozione e alla realizzazione dell'unità europea. In questo spirito è evidente che il ricorso alla politica di piano assunta dalla Giunta Regionale che sta per nascere oggi si inserisce in una scelta che in sede europea e comunitaria è indicata come strumento, come modo corretto per costruire economicamente una società europea integrata. Del resto, il Piano regionale e gli enti che ne sono strumento di attuazione, e che vengono indicati nel documento dei quattro Partiti, rappresentano, al di là delle realizzazioni contingenti la più valida eredità che la prima legislazione regionale può lasciare alla seconda per metterla in condizioni di operare in profondità ed in prospettiva correggendo gli squilibri e creando una società regionale veramente che abbia una dimensione umana, sociale ed economica civile ed europea.
Il funzionamento democratico del Consiglio, che è indicato nel documento, propone in modo evidente, pregnante, il problema dei rapporti con l'opposizione. Noi riteniamo che la posizione indicata dal documento sia una posizione corretta: è la posizione che da tempo alcuni esponenti del mio Partito indicano, cioè non una posizione di commissione e di equivoco fra maggioranza e opposizione ma di confronto sui problemi nelle sedi di dibattito. Ed è evidente che il primo problema, nell'ambito di questo più generale, è quello dei rapporti con l'opposizione comunista.
Noi sentiamo ogni giorno, sui giornali, nelle riviste che hanno una qualificazione politica, parlare di questo problema, oggi alla moda, del "compromesso storico". Noi non riteniamo che questo sia (come qualcuno ha detto in quest'aula qualche tempo fa, in uno dei tanti dibattiti che abbiamo fatto in vista della preparazione di questa Giunta) il problema del giorno per l'Europa. E' un problema che si pone in una situazione politica abnorme quale quella italiana, non è certamente il problema del momento per l'Europa, una Europa nella quale la vera alternativa è tra posizioni di progresso, rappresentate dai Partiti socialisti e dai Partiti che ad essi si pongono come alleati, e posizioni di conservazione, con alternanza di preminenze e di cicli che sono normali in un regime democratico. Comunque prendiamo atto che in una situazione abnorme quale quella italiana questo problema si pone, e noi non riteniamo che possa essere risolto con discriminazioni, ignorandolo e relegandolo al di là di una realtà in atto.
Noi facciamo una netta distinzione ideologica - su questo non credo che alcuno possa farsi illusioni -. Ma, fatta questa premessa, ci rendiamo perfettamente e realisticamente conto che il Partito comunista, che il movimento comunista, che ha dietro di sé milioni di voti popolari, non pu quale che siano la sua struttura, la sua natura interna, non recepire richieste e proposte che derivano da questi milioni di lavoratori che esso rappresenta. Noi riteniamo che una aprioristica discriminazione nei suoi confronti finirebbe con il creare un muro che escluderebbe dal democratico sviluppo della società quei milioni di lavoratori.
Per queste ragioni riteniamo che da questo confronto sui problemi, che deve avvenire, ripeto, nell'ambito delle sedi naturali di dibattito che il regime democratico propone, che sono i Consigli elettivi - comunali regionali, parlamentari -, non possa essere escluso un apporto sui problemi da parte di questo Partito.
Accanto all'opposizione comunista noi abbiamo un altro tipo di opposizione, in questo Consiglio, e in generale nel Paese, che è rappresentato dal Partito Liberale italiano. Il Partito Liberale italiano sostiene, in genere, interessi economici che non sono i nostri, che non riteniamo siano i nostri. Ma, a parte il richiamo solito, normale, al carattere democratico di questo partito, che abbiamo più volte fatto, e che è normale fare, noi sottolineiamo che è in atto nel movimento liberale, in altri Paesi, in Europa, nella nostra società, nella nostra civiltà, un processo per cui il liberalismo cessa di essere espressione di interessi economici tradizionali per diventare espressione di istanze di libertà delle minoranze degli individui, in genere della persona umana, contro i soprusi di una società livellatrice. E in questo senso, in questo spirito noi riteniamo che anche esponenti del Partito liberale italiano si muovano e non siano ad esso estranei. E per questo riteniamo che anche quando proviene da questa parte dell'opposizione democratica esistente in questo Consiglio vada guardato con attenzione.
Signor Presidente, signori Consiglieri, noi viviamo in una società in trasformazione, trasformazione che gli avvenimenti di questi giorni, la crisi di questi giorni, hanno accelerato e indirizzato in un certo senso. E riteniamo che questo fatto, al di là delle sofferenze, al di là dei sacrifici che a tutti impone, non possa non essere considerato un fatto positivo. Poiché crediamo nella libertà e nella ragione, guardiamo con interesse, ma anche con fiducia, all'apporto costruttivo di tutte le voci che si levano per dare un contributo, anche nelle forme più contrastanti ed esasperate, al processo di costruzione di una società democratica e civile.
E' un cammino, questo, per quanto riguarda il nostro Paese, che parte da lontano, non solo dalla più volte citata matrice della Resistenza, ma dalle attese del Risorgimento, dalle lotte operaie e democratiche della fine del secolo scorso, e che, se non verrà arrestato, ci porterà lontano. A questo processo anche la Regione, anche questo Consiglio, può dare un suo modesto per i limiti imposti dalle competenze, ma tuttavia importante, contributo.
La Giunta che nasce oggi avrà un Presidente diverso da quello che ha presieduto le precedenti Giunte, che ora siede qui, al mio fianco. Non per rendere un formale omaggio alla persona del Presidente Calleri, ma per reale convinzione, affermo che noi siamo persuasi che la sua rinuncia a presiedere la nuova Giunta costituisca una perdita non lieve per la Regione Piemonte; la perdita di una personalità di rilievo, per quanto discutibili possano essere stati certi suoi atteggiamenti. Conosciamo il valore e le qualità del Presidente Oberto, al quale già questa mattina abbiamo dato un ampio riconoscimento, e guardiamo a lui con fiducia. Ritengo comunque che anche dai banchi del Consiglio il Presidente Calleri - continuo a chiamarlo così seguendo l'usanza parlamentare di chiamare Presidente chi lo e stato una volta, anche se poi non lo è più - vorrà dare un importante contributo allo sviluppo della nostra Regione.
Per quanto ci riguarda, noi assicuriamo alla nuova Giunta di centro sinistra lealtà e collaborazione, quali gli esponenti del Partito socialista democratico hanno sempre dato alle Giunte cui hanno partecipato.
Riteniamo tuttavia che in un momento così difficile com'è quello odierno sia lecito aspettarci dalla nuova Giunta un impegno totale, non soltanto a risolvere i problemi che la grave situazione del momento ci impone ma ad assicurare una prospettiva di vita e di progresso della Regione, della sua economia, della sua società, della sua cultura, senza le quali veramente il nostro lavoro sarebbe inutile. E in questo senso noi non ammettiamo che questo impegno di lealtà e di collaborazione possa essere interpretato come acquiescenza alle decisioni che verranno prese qualora queste contrastino con l'obiettivo che noi assegniamo alla nuova Giunta di centro-sinistra della Regione Piemonte.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FASSINO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Garabello.



GARABELLO Enzo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, spero mi consentirete pochi minuti per dire, a differenza di quanto è accaduto negli ultimi due anni in circostanze analoghe, che non dobbiamo più richiamarci alla disciplina del nostro partito per votare a favore. Siamo lieti si sia ritrovata la strada per una collaborazione organica fra i quattro partiti del centro-sinistra di cui siamo stati sempre fautori e abbiamo testimoniato sia all'interno di questo Consiglio, durante i periodi in cui la Giunta con altre maggioranze presiedeva alla vita della Regione.
Noi riteniamo che lo sforzo che all'interno del nostro partito, sul piano nazionale, regionale, locale, all'interno degli organi elettivi abbiamo fatto per costituire sempre un punto di riferimento, di collegamento con le forze socialiste e laiche democratiche, oggi abbia una conclusione nel documento di cui stamattina il collega Bianchi ha dato lettura.
Non pertanto per meccaniche trasposizioni, anche se più volte l'abbiamo richiesto anche sotto questa visuale di coerenza, ma per una maturazione che ha visto, pur dolorosamente direi e con fatica, i partiti principali della rinata coalizione, approfondire questo discorso a livello nazionale e regionale, si è giunti con una visione unitaria con gli altri partiti minori a questa nuova impostazione.
Il quadro programmatico è nel documento, anche se sintetico, il quale potrà ricevere ulteriori apporti anche dal dibattito che si è svolto qua la Giunta, per parte sua, penso potrà approfondire la meditazione per offrire, non appena possibile, un quadro di natura più strettamente operativa. Mi pare però che non si possa non rilevare come questa linea programmatica abbia nel piano regionale di sviluppo, nella sua visione che tiene conto della crisi congiunturale, un elemento determinante. E pertanto noi, che abbiamo sostenuto da sempre, con altri, la necessità che il piano diventi cosa concreta, daremo la nostra collaborazione perché ciò possa avvenire al più presto, affinché il piano non sia soltanto un'enunciazione generale, e vi sia una rapida ricerca delle soluzioni concrete degli strumenti del piano.
Noi non partiamo da zero, vi sono già all'esame delle Commissioni del Consiglio proposte che vengono dalla precedente Giunta, che vengono da Gruppi consiliari, certi approfondimenti sono già anche avvenuti, per cui l'analisi critica ha consentito dei passi avanti per la concreta attuazione di questi strumenti; io credo che la Giunta dovrà impegnare decisamente con ulteriori suoi apporti, il Consiglio Regionale per decisioni rapide concrete, definitive.
Questa mattina si rilevava che ritorna nell'ambito della nostra assemblea, della Regione e anche di altri importanti Enti locali, il quadro del 1970. E' vero che sono state fatte a questo proposito, essenzialmente per una visione di carattere istituzionale, delle osservazioni e delle critiche. Penso che su questo vi sia possibilità di avere un'interpretazione articolata, io ne colgo essenzialmente l'aspetto politico. Il quadro del '70 ritorna ed era un quadro che voleva una stretta collaborazione fra i partiti di centro-sinistra; gli avvenimenti successivi hanno messo in forse questa collaborazione e ad un certo momento l'hanno interrotta, ma al di là di vari tipi di valutazione che ci possono essere stati (e che tutto sommato sono legittimi perché sono opinioni di gente che pensa e che dice la sua) il ritorno al quadro del 1970 significa soprattutto una volontà politica di non frapporre ostacoli di nessun genere ad un lavoro spedito, concreto, di intensa, seria, valida collaborazione per le forze che determinano questa maggioranza e che compongono la Giunta.
In questo senso gli accenni fatti nell'ambito delle linee programmatiche all'operatività della Giunta, ai rapporti di collaborazione con il Consiglio Regionale, mi paiono non peregrini, non occasionali significativi proprio in questa visione di quadro generale che ho richiamato.
In questa impostazione di centro-sinistra per il lavoro che ci resta per questo anno e mezzo di operatività degli organi regionali, io mi auguro che si possa concludere con questo Governo regionale la legislatura soprattutto in una visione di preparazione della prossima. Se saremo capaci, se consenti, amico Oberto che ti accingi a presiedere la Giunta e se consente il Presidente del Consiglio, ciascuno nell'ambito delle sue competenze, in questa collaborazione fra i due organi, di stabilire i punti fermi per la prossima legislatura con la definizione del piano e degli strumenti, con l'avvio di un'impostazione sin d'ora più programmata del lavoro regionale, penso che la prima legislatura chiuda positivamente la fase costituente: dapprima lo statuto, poi l'organizzazione della Regione infine le sue prospettive programmatiche per il futuro.
Evidentemente in questo lavoro noi ci siamo, ci siamo stati con lealtà e penso con dignità, riconosciuta anche in altre sedi, durante periodi in cui non condividevamo la linea politi.ca scelta, ci saremo maggiormente oggi che crediamo che la linea politica scelta sia quella giusta.
Pertanto il nostro è un voto convinto e pieno di speranza per questo ritorno, ad impostazione ed idee in altri tempi già esposte e oggi maggiormente precisate in una revisione critica di atteggiamenti e di comportamenti.
In questo senso noi che al ritorno del centro-sinistra, alla Regione al Comune di Torino, agli Enti locali piemontesi abbiamo cercato di dare sempre un contributo, che abbiamo pagato dei tributi a volte molto duri e ingiusti, non possiamo che essere soddisfatti delle prospettive che ci sono ed a cui daremo naturalmente tutto il nostro impegno.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Zanone.



ZANONE Valerio

Signor Presidente, signori Consiglieri, intendevo intervenire per dichiarazione di voto (mi riservo comunque di farlo dopo le dichiarazioni del Presidente designato) ma ho ritenuto in un certo senso più corretto anticipare al dibattito generale alcune osservazioni che avevo in animo di aggiungere all'intervento già svolto per il nostro gruppo dal collega Rossotto, per la maggiore attinenza che queste osservazioni che intendo fare hanno col contenuto programmatico della mozione e anche per dare al Presidente designato, che parlerà fra poco, qualche ulteriore elemento di osservazione da parte nostra.
Devo subito dire che questo documento, che si apre con il fatale annuncio della ricostituzione del centro-sinistra organico, non suscita in noi ripercussioni particolarmente acute per questo fatto in se stesso; ci che decide la nostra valutazione nel merito della proposta politica che qui si fa, non è il fatto che si ricostituisca il centro-sinistra organico così come la ricostituzione del centro-sinistra organico non è neppure di per sé stesso il rimedio taumaturgico che possa assicurarci che tutte le fasi di attesa o di scarsa attività che ci possono essere state finora nel funzionamento degli organi regionali, resteranno superate.
Vorrei invece dedicare qualche breve osservazione al contenuto effettivo del documento politico e programmatico; un documento che, dopo le lunghe settimane di elaborazione di cui è stato oggetto da parte dei quattro partiti della nuova maggioranza, noi avremmo desiderato più vicino alla realtà dei problemi e più preciso nell'indicazione delle soluzioni che vengono proposte.
In fin dei conti il punto centrale di questa mozione pare consistere nella proposta di passaggio ad un nuovo tipo di sviluppo. Noi sappiamo bene che il concetto di novità non è un concetto neutrale, ma è di per se stesso molto valutativo, in quanto si dà in genere per scontato che gli sviluppi nuovi debbano essere, proprio perché nuovi, migliori di quelli finora in atto. Ma mi pare che questo sia più consono ad una logica di opposizione che non ad una logica di Governo, nel senso che se le opposizioni possono avvalersi del generico richiamo alla novità per fare una sorta di rinvio a utopie più o meno precise, le maggioranze invece devono essere empiricamente concrete nell'indicare su quali aspetti il tipo di sviluppo che è perseguito sia davvero nuovo. E questa precisazione di indicazioni la mozione programmatica certo non la contiene. Le proposte contenute nel documento sono tante vaghe e generiche che di fatto non consentono neppure un vero confronto dialettico in questa sede.
Infatti nel dibattito di oggi dobbiamo dire che questo confronto dialettico è in gran parte mancato.
Se da questi principi, tanto generici da non suscitare nemmeno un'efficace contrapposizione di tesi politiche, si dovesse poi passare agli strumenti operativi che vengono indicati, dobbiamo dire che anch'essi non contengono sicuramente invenzioni mirabolanti. L'unico sforzo di fantasia che è stato compiuto dai partiti del centro-sinistra organico è quello di assicurarci che si farà al più presto quella specie di triade costituita dalla finanziaria regionale, dall'Ente di sviluppo per l'agricoltura e da quello per l'artigianato: enti strumentali sui quali fra l'altro, quanto più procede il nostro lavoro preparatorio, tanto più si aggravano le perplessità, i dubbi e le incertezze sulla loro effettiva efficacia. Per quanto riguarda la società finanziaria ricordo che nella passata maggioranza parte liberale non si era posta alcuna opposizione pregiudiziale per l'istituzione di un Ente di questo genere, così come oggi noi non siamo per un'opposizione pregiudiziale a che la Regione (come le altre Regioni, se si supereranno tutti i problemi prospettati proprio a Torino in un convegno interregionale su questa materia), costituisca uno strumento finanziario per tutta una serie di interventi. Ma siccome questo Ente dovrà statutariamente avere un'ampiezza di capacità operative, sarebbe stato bene, in un documento politico di questa specie, che la nuova maggioranza indicasse anche quale nella sua mente è la scala delle priorità nelle quali la finanziaria regionale dovrà impegnarsi: si occuperà dell'edilizia residenziale, delle aree industriali attrezzate, di risanare i centri storici? C'è un progetto di interventi che possa dare un avvio concreto all'opera della finanziaria regionale sin dal momento in cui potrà entrare in funzione? Perché, diversamente, se ci limitiamo a dire che noi faremo una finanziaria per fare non si sa bene che cosa, quello non ci consente di dire né se siamo favorevoli né se siamo contrari. Potremmo essere favorevoli alla finanziaria se questa si impegnasse su un certo terreno che a noi pare corretto, come potremmo essere contrari se fosse destinata ad altri usi e ad altre operazioni.
Per quanto riguarda i due enti di settore nel campo degli interventi economici, direi che nella fase di elaborazione in Commissione si sono gradualmente aggravati proprio i dubbi, per il modo in cui fatalmente si dovranno costituire se saranno costituiti, che questi enti operativi possano diventare sin dal loro primo momento delle strutture a carattere corporativo e possano essere enormemente esposti alle politiche di tipo assistenziale. Il che a noi non pare un metodo di soluzione né per i problemi dell'agricoltura, né per quelli dell'artigianato. Noi non ci nascondiamo il timore che questi enti serviranno a rendere dei favori agli agricoltori ed agli artigiani, ma non a promuovere lo sviluppo dell'agricoltura e dell'artigianato.
Uno dei punti che dovrebbe preoccupare oggi più intensamente tutte le forze politiche, è il modo in cui si può risolvere il problema dello squilibrio dei conti con l'estero, che è in parte notevole legato al deficit della bilancia alimentare italiana e quindi alle necessità dell'importazione di prodotti agricoli. Allora dovremmo anche avere il coraggio, come accennava poco fa il collega Rossotto, di impostare una politica di sviluppo agricolo che differenziasse meglio i due aspetti, cioè che differenziasse quelli che sono gli interventi sociali a favore della benemerita categoria degli agricoltori, interventi che ci troveranno sempre cordialmente favorevoli, da quegli interventi che sono invece destinati allo sviluppo della produzione agricola. Servirà a questi fini il costituendo ente di sviluppo per l'agricoltura? A questa interrogazione la vostra mozione (mi dispiace, non voglio certo fare qui un processo che potrebbe anche essere troppo facile) non offre nessuna risposta apprezzabilmente definita.
Forse la stessa cosa e anche in termini più gravi, si potrebbe dire per quanto riguarda la politica del territorio che è poi connessa alla politica di programmazione. Noi non siamo del tutto convinti che il modo in cui fino ad oggi si è avviata la programmazione regionale in Piemonte, sia un modo pienamente efficace. E' pur vero che i più grandi personaggi del mondo capitalistico industriale pubblico e privato della nostra regione si sono scomodati a recarsi nella nostra sede, o per lo meno in sedi contigue e più auliche, per rendere testimonianza dei loro progetti, però abbiamo sentito che cosa le grandi industrie hanno intenzione di fare, ma non abbiamo detto loro quello che ha intenzione di fare la Regione. Probabilmente dovremo richiamarli perché ci documentino sui mutamenti delle loro opinioni, il che può anche consolarci perché ciò dimostra che la programmazione delle imprese è quasi tanto imprecisa quanto quella degli enti pubblici. Ma certo questa politica di programmazione che tarda tanto a definire i propri obiettivi, tanto da porre ormai, come è stato poco fa dichiarato nell'intervento del Consigliere Garabello che è anche l'autorevole Presidente della I^ Commissione, il problema che tutta la prima legislatura regionale sia in fondo una fase costituente la quale si concluderà gettando nelle braccia della seconda legislatura il problema concreto di avviare una politica di piano. Questa situazione viene vista da parte del gruppo liberale, che non è certo un partito di pianificatori rigidi, dogmatici dottrinari, inflessibili, con una certa preoccupazione: non vorremmo che concludessimo la prima fase della programmazione regionale con l'edizione di qualche ponderoso volume da distribuire ad un certo numero di destinatari e la cosa finisse in un'operazione di carattere letterario più che politico.
Se c'è un settore in cui la politica regionale invece potrebbe entrare anche in termini abbastanza brevi, sul concreto, è il collegamento fra programmazione e assetto del territorio. Ma anche qui in fondo si continua a disegnare degli schemi politici sull'idea ormai alquanto stagionata dei poli di sviluppo, i quali restano un elemento descrittivo; se non c'è poi una politica di interventi effettici per cui le cose si polarizzino là dove gli uffici di studio incaricati di queste materie hanno indicato che dovrebbero polarizzarsi, anche il disegno dei quindici poli, delle loro conglomerazioni, delle loro dimensioni resta un elemento descrittivo che non incide sulla realtà e quindi si colloca prima della politica.
Di fatto oggi avviene che, se si va a vedere ciò che succede in concreto, ci sono le descrizioni dei poli di sviluppo, ci sono gli studi dell'IRES e dei vari centri di ricerca su come dovrebbe articolarsi la programmazione del territorio, ma di fatto i grossi interventi che sono in atto non si sa bene sotto l'egida di quale potestà pubblica, dalle opere autostradali ai grandi complessi residenziali di cui si parla con una certa intermittenza sulla stampa e nei convegni, tendono, tutto sommato, ancora a concentrarsi nell'area metropolitana di Torino. Quindi abbiamo una situazione in cui lo schema politico ufficiale e quello della deconcentrazione e la realtà in atto è quella dell'ulteriore concentrazione sull'area torinese.
Su questo tipo di domande, che sono davvero impegnative, la mozione del centro-sinistra ancorché esso sia organico, non offre risposte precise.
Potrei proseguire nell'esemplificazione. Noi abbiamo un settore importante, direi oggi più importante che nel passato per la situazione anche di riconversione produttiva alla quale occorre che la Regione si accinga, se si vuole porre una difesa in tempi preventivi al probabile mutamento della struttura dell'occupazione nell'area regionale e alla necessità, da tutti avvertita, di articolare maggiormente le attività produttive; che è quello della formazione professionale non solo dei giovani, ma anche dei lavoratori adulti. Sappiamo come il passaggio delle competenze alle Regioni di questo settore importante non abbia segnato di fatto mutamenti di carattere qualitativo; in realtà fino ad oggi una politica regionale per l'istruzione professionale che non fosse il mero trasferimento di determinate elargizioni, di determinate funzioni da enti statali alla Regione, non c'è stata. E su questo tema, che mi sembra non secondario se vogliamo connetterlo al problema della diversificazione occupazionale e produttiva della Regione, la mozione, se l'ho letta con attenzione, non dice nemmeno una parola.
Siamo sempre a documenti che contengono grandi silenzi e questo pu anche, dal punto di vista del confronto fra le forze politiche, essere la premessa di un dialogo più libero in futuro; ma non c'è dubbio che l'avere da parte di chi governa, indicazioni precise, direi che anche per l'opposizione è uno stimolo più che un condizionamento; noi non desideriamo una Giunta che abbia poche e generiche idee programmatiche e che le mutui poi all'esterno attraverso il confronto, il dialogo, la partecipazione e di fatto, - come si evinceva fra le righe dell'intervento del collega Vera poco fa - attraverso la trattativa con l'opposizione rappresentata dal Partito comunista dietro la quale si presume esistano forze sociali importanti che si esprimono politicamente per quel tramite. Certo siamo ben contenti che il rapporto fra maggioranza e opposizione sia libero, aperto e che le idee dei gruppi di opposizione siano considerate per quella che pu essere la loro validità, ma occorre che chi ha la responsabilità di Governo, con una maggioranza anche ampia come quella della Giunta che si va costituendo, senta la necessità di essere precisa nella formulazione delle proprie proposte e non di riservarsi sempre di mutuarle o di mediarle lungo la strada dei singoli procedimenti.
Per quanto riguarda il ruolo del Partito liberale io non ho difficoltà ad ammettere che in questo Consiglio, come del resto altrove, noi possiamo essere realisticamente oggi e probabilmente domani soltanto una minoranza critica. Da questo punto di vista devo anche dire che accogliamo la nostra collocazione all'opposizione, quasi come una liberazione da responsabilità di appoggio alle quali non ci siamo sottratti quando la situazione era tale da consigliarci questo comportamento e quasi anzi sembrava imporcelo, ma di cui abbiamo anche in alcuni momenti sentito tutto il peso.
E se finora abbiamo ritenuto, forse (lo ammetto) con un'eccessiva noncuranza verso gli aspetti demagogici della politica, verso gli interessi elettorali del nostro partito, e verso gli interessi di parte, se abbiamo ritenuto di dare l'apporto del nostro appoggio alla Giunta Regionale, non l'abbiamo fatto, cari colleghi, né per rappresentare nell'ambito della maggioranza determinati interessi economici, i quali possono benissimo farsi rappresentare per conto loro senza ricorrere alla nostra mediazione (come è dimostrato quotidianamente dal concreto svolgersi dei fatti politici), né tanto meno per una inclinazione servile come quella che, con un vocabolo che mi permetto di ritenere offensivo, ci è stata attribuita dal Consigliere Carazzoni. Al quale desidero dire che se le apparizioni del MSI destra nazionale in quest'aula e nelle Commissioni non fossero tanto intermittenti come sono, i Consiglieri di quel partito, dal quale ci divide una contrapposizione invalicabile che non ha bisogno di essere faziosa per essere tale, si sarebbero forse resi conto che il gruppo liberale ha cercato nella maggioranza, come farà da domani all'opposizione, di dare un contributo in termini effettivi a questo avvio della politica regionale.



CARAZZONI Nino

Siete voi che non vi siete resi conto che la realtà vera è fuori.



ZANONE Valerio

La realtà di fuori, certo, può passare sopra le nostre teste, ma non passerà attraverso il vostro partito, di questo siate ben certi. E se ci dovesse passare, allora creereste le premesse per un tipo di maggioranza politica che finora non abbiamo conosciuto e che non desideriamo, ma che certo a quel punto forse diventerebbe inevitabile.



CARAZZONI Nino

I risultati ultimi sono quelli che vi danno torto.



ZANONE Valerio

I risultati ultimi certo danno torto al partito liberale del quale io devo dire sinceramente, non condivido tutta la linea politica; però è sempre una cattiva politica quella di farsi guidare dai risultati elettorali, perché questi non sono il fine della politica, ma solo il mezzo; se gli elettori danno il mezzo per fare una politica di piccola minoranza si fa la politica con una piccola minoranza, però a mio avviso un partito serio non fa la politica per i voti che può prendere; prende i voti che riesce a trovare e con quelli fa la sua politica, che può essere premiata e anche non essere premiata.



CARAZZONI Nino

E' il numero...



ZANONE Valerio

Questa teoria del numero è già stata pagata dal nostro paese in termini un po' troppo pesanti in passato e se dovessimo ragionare sulla logica dei numeri le nostre previsioni non potrebbero essere ottimistiche. D'altra parte noi, forse sarà un nostro difetto, ma siamo fautori di una teoria della democrazia che non è una teoria numerica della democrazia, è una teoria qualitativa; il che differenzia anche la democrazia liberale da quella democrazia populistica e assembleare che è invece lo schema al quale inclinano altre forze da cui noi certamente ci differenziamo con molta nettezza, senza tuttavia rinunciare a quelli che sono dei postulati ai quali il MSI, per la sua stessa radice storica, rimane inevitabilmente estraneo.
Questo io volevo dire signor Presidente, nell'attesa delle dichiarazioni che il Presidente designato vorrà fare tra poco e nella certezza che comunque questa nuova Giunta, che si avvia a entrare in carica, potrà contare, anche da un punto di vista di opposizione ragionata e costruttiva, sull'apporto del gruppo liberale per questa fase di impianto della Regione, la quale, dobbiamo esserne tutti consapevoli, è estremamente stentata. Non credo sia poi un utile argomentare quello di rimbalzarci l'un sull'altro le ragioni di questo avvio così poco entusiasmante del processo di regionalizzazione; se dovessimo entrare in questo tipo di retorica allora dovremmo andare a riscoprire che il nostro partito ha fatto addirittura una battaglia di ostruzionismo parlamentare contro questo ente che funziona poco, male ed in ritardo, ma tutto questo mi parrebbe un elemento meramente dialettico in quella che è invece una preoccupazione che credo debba riguardarci tutti, sull'estrema difficoltà di avviare nei 500 giorni che restano una politica regionale degna di questo nome.
Mi permetto di dire che a mio avviso il fatto che nasca oggi qui un centro-sinistra organico, non è un fatto che precluda le nostre speranze ma non è neppure un fatto che di per sé stesso le convalidi e ci rassicuri sul futuro dell'Amministrazione Regionale.



PRESIDENTE

Non ho altri iscritti a parlare.
Dò la parola al Presidente designato, Consigliere Oberto.



OBERTO Gianni

Signor Presidente, cari colleghi, il documento che è stato presentato probabilmente aveva bisogno di una più larga meditazione, invece di ascoltarlo soltanto, leggerlo e forse rileggerlo, considerandolo come una linea largamente indicativa di quello che dovrà essere un programma che verrà successivamente dalla Giunta, che terrà conto delle indicazioni che sono venute nel dibattito di quest'oggi e presentato al Consiglio perch allora sì, veramente si apra il dibattito sul programma. Sono delle linee indicative che provengono dai quattro partiti, i quali hanno ritrovata e rinnovata una loro intesa politica, faticosamente, responsabilmente; c'è voluto anche del tempo, è stato detto che sono occorsi parecchi giorni.
Certo, vivere insieme non è sempre facile, anche perché ciascuno di noi è portatore di talune idee, appartiene ad uno schieramento ideologico prefigura una realtà sociale ed economica che tende alla costruzione ed alla costituzione di società in maniera diversa l'una dall'altra. Far confluire, essendo portatori di queste istanze e di questa idea, la volontà politica di quattro grosse forze come quelle che costituiscono la maggioranza prefigurata di questo nuovo centro-sinistra, non è una cosa semplice e agevole.



BERTI Antonio

Quattro grosse? Diciamo due!



OBERTO Gianni

Grosse nel senso della loro contenutezza politica, io sono un poco contrario alla teoria del numero; ai tempi dei tempi si diceva già che il numero è potenza e abbiamo visto quelle baionette numeriche dove ci hanno portati. Dicevo "grosse" come contenuto ideologico, indubbiamente anche il piccolo partito repubblicano, numericamente piccolo, ha un contenuto ideologico di grandissimo rilievo e di grande portata.
Volevo sottolineare che lo sforzo fatto da questi partiti è giunto ad indicare delle linee sulle quali si concorda, poi si tratterà di calare nella realtà del programma. Nessuno di loro stasera, io penso, aspetterà da me una risposta singola ai vari interventi. Li ho annotati tutti, li ho seguiti tutti con grande attenzione, come li hanno seguiti mano a mano che sono giunti gli Assessori designati, e in una prossima riunione della Giunta, insieme, formuleremo quello che sarà il programma e lo presenteremo il più rapidamente possibile. Penso che occorrano quei 15/20 giorni che ci porteranno alla metà di gennaio, sempre che, fatta l'elezione questa sera si dichiari immediatamente esecutiva la delibera di nomina perché in difetto dovremmo aspettare ancora del tempo prima di poterci convocare prendere degli accordi, fare il programma.
E' un fatto indubbiamente di grande rilievo e anche la discussione che è seguita quest'oggi ha già avuto una caratteristica estremamente positiva ci sono delle convergenze e delle divergenze, sono inevitabili, tuttavia tutte quelle positive e quelle negative, sono apprezzabili e sono apprezzate e saranno, le une e le altre, vagliate, esaminate e serviranno di base per l'elaborazione e la stesura di quel programma concreto e operativo che sia sufficientemente dettagliato, preciso, che prefiguri quale sarà il cammino che si potrà svolgere in questi 16/18 mesi di vita che noi pensiamo di potere avere.
Io so di assumere un impegno particolarmente gravoso, me ne rendo conto e non vado incontro a questa responsabilità senza avere fatto un'attenta personale meditazione sulle mie capacità fisiche, sulle mie capacità di dirigere una Giunta, di rappresentare una Regione così importante come quella del Piemonte e ho considerato che questo servizio, anche se certamente mi impegna molto e mi costa fatica, intendo di renderlo ancora.
E intendo renderlo ancora, prima di tutto perché, designato dal mio partito attraverso all'indicazione che al partito fece il precedente Presidente della Giunta dr. Calleri nel momento in cui egli dichiarava di insistere nella sua presa di posizione di restare estraneo alla formazione del nuovo Governo regionale; e gli devo dare atto di questa generosità della designazione nel senso che egli ha evidentemente stimato che poteva continuare quell'opera alla quale egli ha dato tanta passione e tanta intelligenza, ma che conosce; egli ha dato, attraverso un giudizio di presunzione, un giudizio di capacità per chi dovrà assumere questo compito Certo, signori, è un momento particolarmente delicato, che richiede un grande impegno, lo richiede per me e per tutti coloro che saranno i miei compagni di cordata nella Giunta. Lo dico qui pubblicamente perché ritengo che questo impegno, già assunto nell'intimo di ciascuno, debba essere chiaramente esplicitato; ritengo di condurre avanti, con le forze che avr e con la collaborazione loro, il Governo della Regione con l'ampia collaborazione dei componenti della Giunta.
Se io pronunciassi ora un discorso, se dessi delle risposte, sarebbero interpretazioni ancora personali, frettolose, oppure come una specie di indicazione generica, come un indice, come un sommario di capitoli; invece preferisco, quel poco di tempo di meditazione che ho chiesto, ma certo mancherei al mio dovere di chiarezza se non dichiarassi, nello spirito dell'osservanza dello statuto, che resterò fedele alle linee dell'indicazione politica contenuta nel documento. O questo ha veramente il significato di documento politico, di convergenza dei quattro partiti che formano il centro-sinistra, e allora bisogna seguirlo, costi quel che costi, fino al termine di questa legislatura; sarà una navigazione verosimilmente anche non facile, con delle posizioni anche improvvise, con una difficoltà del contingente alla quale mi riferivo prima, la crisi energetica mette in evidenza in maniera esaltante le già esistenti difficoltà di conduzione. Saranno i fatti ad un certo momento a dimostrare volta volta, come i propositi di natura politica e di impegno programmatico che seguiranno, potranno trovare la loro soddisfazione. Ricercherò io stesso la collaborazione consultando anche quanti esercitano la funzione critica, come è stato sottolineato da quanti hanno parlato dai banchi del gruppo comunista, dai banchi del gruppo liberale (non posso dire altrettanto, perché si è negata anche la collaborazione critica, da parte del gruppo del MSI destra nazionale), funzione critica che è propria delle minoranze, le quali tendono ovviamente a diventare maggioranza, a formare un'altra maggioranza, mentre la maggioranza attuale non può agire in modo diverso da perdere quella sua figura di maggioranza responsabile, pena il suicidio.
La consultazione e l'informazione che sono state richiamate nei diversi interventi saranno le basi su cui fonderò il mio comportamento, non soltanto perché lo vuole e lo richiede lo statuto, ma perché me lo propongo io come esigenza non solo politica, pratica, ma vorrei dire in un certo senso morale.
Si, certo il collega Rivalta ha detto per esempio che manca una parola relativa al Mezzogiorno; è esatto, ma la parola "Mezzogiorno" è scritta nello statuto, questo è il presupposto fondamentale dal quale non si pu deflettere. Non è necessario, a mio avviso, ripetere continuamente quelle enunciazioni che sono la base della stessa nostra vita. Quando nell'art. 73 dello statuto si dice che "la Regione nella politica di piano opera per superare gli squilibri territoriali, economici, sociali e culturali esistenti nel proprio ambito e fra le grandi aree del paese con particolare riferimento allo sviluppo del Mezzogiorno" prescrive tassativamente, si voglia o non si voglia, questo comportamento da parte dell'organo che dovrà avere la responsabilità della conduzione sul piano esecutivo. E del resto si deve dare atto che in questo Consiglio e le precedenti Giunte hanno sempre sottolineato questa nostra vocazione ad avere lo sguardo rivolto al Mezzogiorno, anche perché la realtà del Mezzogiorno è qui presente, in questo nostro Piemonte, non soltanto per il Mezzogiorno disastrato delle nostre montagne, delle nostre campagne, di certe borgate, di certe città ma per la presenza massiccia di 500/600.000 cittadini del Mezzogiorno che vivono nella Regione Piemonte.
Ha accennato il Consigliere Rivalta, molto opportunamente, ad un problema che ha trovato il consenso generale del Consiglio, che è quello de "La Mandria", ha accennato al problema dei libri che ha trovato pure il consenso pressoché unanime del Consiglio; ebbene, nei primi colloqui che ho avuto con il Presidente Calleri, questi due argomenti mi sono stati da lui segnalati ponendomi in condizione di poterli riprendere immediatamente con carattere d'urgenza, sulla scia di quello che è stato fatto in precedenza tenendo conto della necessità di portarli a compimento.
Molto urgente il problema dei libri. Ripeto, lo potremo affrontare soltanto se vi sarà la dichiarazione di immediata esecutività della delibera di votazione, perché in difetto la cosa non potrebbe avvenire.
Quanto è stato detto dal Consigliere Carazzoni sul fallimento dell'istituto regionale, non stupisce. Per chi abbia letto, per chi legga tutto quanto è avvenuto in sede di discussione al Parlamento sulla legge relativa all'autonomia funzionale e contabile degli uffici di Presidenza dei Consigli e legga quanto hanno detto i parlamentari della sua parte, non trova più niente di nuovo, dovrebbe essere l'affossamento. Ebbene, consenta che le dica Consigliere Carazzoni, se dovesse venire quel giorno che le Regioni istituite per volontà della Costituzione e dei costituenti nel 1945, rimaste per troppo tempo inesistenti, se dovesse venire il giorno in cui le Regioni perdono il credito e crollano, quello sarebbe un giorno infausto per tutta la nazione.



CARAZZONI Nino

Non per la Nazione, per voi!



OBERTO Gianni

E il non aiutare con questa posizione permanentemente critica, non costruttiva, non collaborativa la realizzazione della Regione, è veramente mettere delle mine con dei sistemi che non possono essere accettati.
Certo un particolare e molto gravoso impegno attende anche tutte le Commissioni del Consiglio. Accenno a questo argomento perché vi è stato in quest'aula oggi un accorato richiamo del collega Raschio circa la presenza e le partecipazioni alle Commissioni consiliari, che hanno una rilevanza e una importanza grandissima; non è soltanto l'opera di setacciamento delle proposte dei disegni di legge, è l'espressione di pensiero, è un primo incontro nel quale si dibattono le idee e si formano più agevolmente che non in una grande assemblea come questa.
Per quanto mi riguarda, per quanto riguarda la Giunta che se avrò il conforto dei voti andrò a presiedere, considererò come base prima per rendere spedito l'iter legislativo delle proposte dei progetti di legge l'operatività delle Commissioni consiliari.
La Giunta si propone di avere dal Consiglio, da tutto il Consiglio anche se essa è espressione chiara di una parte soltanto di esso (parte cospicua) una concreta e responsabile partecipazione costruttiva anche attraverso lo stimolo della critica, ma non soltanto attraverso questo, le competenze, le prerogative, le funzioni di ciascun organo vanno rispettate perché nulla è peggio della confusione, ma ciascuno nella propria sfera è peggio della confusione, ma ciascuno nella propria sfera d'azione deve lavorare in concorde sintonia di intenti e di propositi. Lo scopo finale da raggiungere, legiferare ed amministrare nell'interesse del Piemonte, è comune, anche se ciascuno deve ovviamente fare la propria parte, il che non significa certo che non si possano, anzi, che non si debbano stabilire rapporti che non siano di pregiudiziale incomunicabilità.
La Giunta, espressione non di una semplice formula, che pure la qualifica nel quadro della politica generale del Paese, ma di un impegno tra volontà politiche espresse dai quattro partiti che la compongono, non verrà meno agli impegni programmatici assunti ed avrà sempre l'orecchio teso alle voci del Consiglio. Il comprensorio, che tutti sentiamo essere l'elemento nuovo sul quale fondare praticamente la politica regionale, è da inventare e ciò non nel senso che sia un sogno, un'ipotesi vaga, o peggio ancora un'utopia; è da inventare e da creare insieme con gli Enti locali e con le popolazioni interessate. La stessa politica di piano, alla quale si è fatto ampio riferimento, non può prescindere da questa unità nuova del comprensorio, nella sua indeterminatezza di limiti e di confini, di compiti, di attribuzioni, di funzioni, tutti ce lo prefiguriamo e lo sentiamo e lo vogliamo; meno agevole, molto meno agevole è calare nella concretezza della sua realizzazione. Eppure lo sforzo che dobbiamo fare per avere uno strumento operativo per svolgere bene la politica territoriale è proprio volto alla creazione del comprensorio.
Il problema delle scelte prioritarie al quale si è fatto pure riferimento, è uno dei più ardui da risolvere obiettivamente e ancora più sotto il profilo subiettivo, almeno nella valutazione di coloro che sono particolarmente interessati ad una piuttosto che ad un'altra scelta. E ci dipende dal fatto che i problemi gravi e urgenti sono molti e diversi tutti potenzialmente prioritari, tanti sono i bisogni, gli uni rispetto agli altri.
Ecco perché la scelta è difficile, ma va doverosamente fatta e va fatta avendo riguardo al piano ed alla programmazione; non si può ulteriormente camminare senza il piano, si rischierebbe di trovarlo compromesso anche nelle linee essenziali in seguito ad occasionali e particolari soluzioni.
Né d'altra parte si possono ancora ritardare delle soluzioni di problemi che attendono da tempo. Ecco perché reputo che quello del piano debba, in via assoluta, come base e presupposto delle varie soluzioni, considerarsi problema prioritario, tutti gli altri essendo in qualche misura coordinati ad esso.
L'ambizione che mi anima - sì, perché se non avessi questa ambizione non affronterei questo gravoso compito - è quella di servire, con tutte le forze e con tutti loro colleghi Consiglieri, il nostro Piemonte, in una visione unitaria che tenga conto innanzi tutto delle zone più depresse e quindi della gente più disagiata in tutti i campi, nel mondo del lavoro nella montagna, nelle campagne, nel settore edile.
Questo, la Giunta che potrò avere l'onore di presiedere, intende certamente di farlo, non disattendendo interessi e istanze di altri settori, così come è stato sottolineato e sollecitato negli interventi di oggi, convinta che soltanto con un'azione armonica e composita si pu veramente favorire il progresso del Piemonte, progresso che ambirei potesse essere più di qualità che quantitativo. Lo scopo finale dell'azione che ci accingiamo ad intraprendere, lo vorrei sintetizzare nell'espressione icastica di un convinto regionalista, Alcide De Gasperi: portare tutto il popolo al governo di se stesso. Se la nuova realtà regionale non riuscisse attraverso alle forme partecipative, di informazione, di consultazione, di iniziativa legislativa, di deleghe a portare il popolo al governo di se stesso, fallirebbe lo scopo della sua istituzione; governare se stessi è la cosa più difficile per tutti, ma solo sapendosi governare si può essere per gli altri uomini di governo, uomini del buon governo. Penso che la Giunta che andremo ora ad eleggere vorrà misurarsi con le realtà, con i bisogni di questo Piemonte.
Chiedo ancora, a loro, scusa di questo intervento non come l'avrei voluto fare, minuto, con risposta a ciascuno degli intervenuti, ma ho fermamente meditato e deciso che questa era la strada migliore da scegliere. Il programma consentirà l'ulteriore discussione, i confronti, i raffronti, gli scontri dai quali uscirà qualche cosa che sarà il segno del cammino per i 500 giorni, se Dio vorrà, di conduzione della vita della Regione Piemonte.



PRESIDENTE

Dichiaro chiusa la discussione generale. Passiamo alle dichiarazioni di voto. Ha chiesto la parola il Consigliere Bianchi, ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Il Presidente designato ha già espresso, per alcuni aspetti in modo esplicito, per altri in modo implicito, ma ancor più efficace, le risposte che avrei voluto dare poc'anzi prima di rinunciare a prendere la parola in sede di discussione generale.
Mi limiterò ora ad osservare, per motivare il voto favorevole del gruppo della D.C., come nel corso di questo dibattito - pur interessante e con interventi anche molto perspicui, intelligenti, ci sia stato un equivoco, che dovremo dissipare, che è quello del "genere letterario", con poca letteratura dentro anche sotto il profilo della forma, costituito dalla dichiarazione sulle linee politiche che abbiamo voluto introdurre in sede statutaria per evitare una specie di assimilazione della Regione ad un ente meramente amministrativo locale, nel quale si elegge prima direttamente la Giunta e poi si discute.
Il documento presentato è sintetico, di indicazione politica e stabilisce i connotati della Giunta che si presenta, serve, a titolo esemplificativo, a dare un'indicazione della linea che questa Giunta vuole seguire, non ha l'ambizione, e non può averla, di fornire delle indicazioni specifiche. Anzi dopo tre anni di attività regionale, il semplice richiamo ad alcuni termini, ad alcuni istituti, ad alcune soluzioni, per i Consiglieri regionali dovrebbe contenere già un'indicazione molto chiara. E quando si parla dell'ente di sviluppo agricolo, dopo che se ne è discusso per un anno, che si è elaborato il testo e si sa quali sono i consensi e i dissensi, si sa benissimo che non si tratta di una scatola vuota, né di incertezze in ordine alla politica sociale in agricoltura, o alla politica per lo sviluppo economico della medesima, ma di uno strumento che ha, tra le sue finalità, due settori d'intervento che rispondono a questa preoccupazione. Quando si enunciano in modo veramente sintetico i tipi di interventi che si scelgono per l'agricoltura, non c'è bisogno di fare, a chi intende il discorso, tutta un'ampia preventiva spiegazione.
Superato questo aspetto, direi ancora che la Regione non si trova, nei 500 giorni che l'attendono per la sua attività, né all'anno zero, mi si consenta, né prossima all'anno mille; non all'anno zero, perché il lavoro che è stato qui compiuto nella fase costituente e in tutta la fase ulteriore (veramente poco remunerativa sotto il profilo delle soddisfazioni, ed i cui risultati saranno utilizzati in futuro) quelli dell'esercizio dell'attività amministrativa, dell'assunzione dei poteri dell'assunzione degli uffici, della messa in moto degli stessi, della messa in moto dell'azione amministrativa, è un lavoro oscuro, pesante defatigante.
Altri hanno già fatto l'elogio dell'intelligenza e della personalità del dr. Calleri, sembrerebbe quasi di maniera, ché non ho sentito mai nessuno negargli, né l'una né l'altra di queste qualità neanche quando venivano fatti apprezzamenti non favorevoli o di critica, ma è certo che in questo tipo di attività egli ha dato un apporto notevole del quale io devo dargli atto a nome del mio partito e credo che si possano associare anche altre forze politiche se per un momento prescindano dalla polemica, dalle esigenze di contrapposizione.
Così come, quando il Consigliere Rivalta fa il bilancio degli aspetti positivi e di quelli negativi (capisco le esigenze di chi è in una posizione critica, di chi è all'opposizione) cerca tra i motivi positivi degli argomenti che suonano quasi come atto strumentale per dividere la maggioranza, per seminare disagi in un partito, io non apprezzo questi argomenti, pur apprezzando la grande serietà...



RIVALTA Luigi

Ne avete già troppi da parte vostra.



BIANCHI Adriano

E' possibile che la vita di un partito democratico abbia i suoi problemi e ne ha sicuramente di seri e di gravi, ma l'insinuare che l'elemento positivo in questa fase sia stato quello di escludere alcune persone, a partire dal Presidente che si autoesclude per delle valutazioni sulle quali il partito ha convenuto nel senso innanzi tutto (e torno un attimo indietro) che le meccaniche trasposizioni di formule, che il minore rispetto di certe esigenze delle istituzioni, che il forzare certi eventi costituisce un danno per le istituzioni, costituisce un momento di menomazione della dignità delle persone e quindi della loro capacità di operare. Il Presidente Calleri, con la sua rinuncia meditata, ha ancora una volta dimostrato che ragioni serie possono portare in democrazia l'avvicendamento degli uomini senza che nessuno sia mortificato, senza che nessuno sia umiliato. Del resto (l'ha già detto Vera e noi l'abbiamo detto in altra sede) Calleri resta con la sua personalità, con la sua capacità col suo peso a dare il contributo che il Consiglio Regionale e chi gli ha dato la fiducia in sede elettorale attende da lui.
Io, devo perciò confermare che coloro che sono scesi hanno tanti meriti e tante capacità quanto quelli che sono rimasti o che sono saliti. Le esigenze della vita democratica, i momenti di stanchezza, di avvicendamento, la scelta dei ruoli più adatti portano alle mortificazioni e alle variazioni delle assunzioni di responsabilità.
Concludo dicendo che il discorso del Partito comunista non lo abbiamo fatto in termini espliciti ancora una volta, perché sarebbe forse stato una specie di concessione ad un discorso di maniera; noi il discorso del Partito comunista lo facciamo in termini semplici e concreti e non teorici.
Sappiamo quanto ci divida da quel partito, sul piano del metodo, sul piano del tipo di società da costruire, quanto ci divida sul piano della visione dei rapporti internazionali, quanto ci divida ancora, per quanto siano stati fatti molti passi, sul piano della visione dell'unità europea e della sua funzione nel concerto mondiale; ma noi non ignoriamo, soprattutto, la realtà sociale che il partito comunista rappresenta, non ignoriamo come i lavoratori D.C., i contadini cattolici, i lavoratori, i ceti medi delle città siano mescolati, vivano, collaborino, costruiscano o producano ogni giorno insieme a milioni di comunisti. Noi non ignoriamo le ragioni che sono dietro di queste, abbiamo già detto un'altra volta che ci ricordiamo come un pontefice ci ha insegnato che bisogna saper vedere la realtà al di là delle coerenze verbali, delle coerenze ideologiche che sono le più lente a modificarsi. Noi vediamo le realtà che si muovono, ma non le vediamo da una posizione di debolezza, di cedimento, da una posizione che dovrebbe dare per definitiva la crisi di una democrazia che corre nelle braccia di ferro del comunismo per farsi da questo, insieme, salvare e soffocare.



BERTI Antonio

Non siamo noi che diciamo così.



CARAZZONI Nino

Siamo noi.



BIANCHI Adriano

Io rispondo a chi faceva queste osservazioni.
Noi vediamo questa realtà nei termini imposti del dovere di costruire una democrazia. Abbiamo già detto l'altra volta che noi vedremmo come un traguardo positivo quello in cui le grandi forze del nostro paese non solo sul piano storico e della legittimità, ma sul piano concreto fossero tutte schierate, così come nelle grandi democrazie, che resistono nel tempo, le forze politiche sono sullo stesso piano non di opposizione allo Stato, non di contestazione nei confronti dell'assetto sociale pluralista, ma lo accettano.
Il nostro confronto col Partito comunista sarà quindi come sempre netto, preciso, serio e guarderà al bene delle popolazioni, alla bontà delle soluzioni, senza dimenticare le differenze politiche. Non strumentalizzeremo il fatto della contrapposizione tra la concezione DC e quella comunista per negare soluzioni o per rendere più difficili i rapporti che devono essere tenuti al livello delle istituzioni. In questo senso è da interpretare la dichiarazione contenuta in questo modesto documento.
Così come, rispetto al Partito liberale non torniamo indietro a tentare di qualificare una coalizione di centro-sinistra perché esclude il partito liberale. Abbiamo imparato, soprattutto qui, quale sia la qualità degli uomini che questo partito rappresentano e come sappiano collaborare su un piano di dialettica democratica al raggiungimento dei migliori risultati a livello istituzionale.
Noi crediamo e confidiamo nel lavoro delle Commissioni, in quello del Consiglio, in quello di controllo e di riferimento al lavoro della Giunta in un rapporto con queste forze di opposizione, l'una grande per numero per forza sociale, per presenza nella vita sociale del Paese, l'altra importante in ogni caso per la sua tradizione, per la cultura di cui è portatrice, per la capacità che qui è stata dimostrata di rappresentare non dei meri interessi - ne convengo e lo riconosco - ma delle idealità politiche. La capacità critica nei confronti delle situazioni e delle cose che ne è derivata ci onora, sul piano della colleganza, di poter raggiungere i risultati più concreti, non dimenticando per istrada le differenze di responsabilità e di posizioni della maggioranza e della minoranza, ma trovando la soddisfazione, ognuno, di svolgere il proprio ruolo correttamente e la soddisfazione di poter convergere là dove l'interesse superiore, là dove l'interesse concreto, là dove la ragione ci porta a convergere.
Così facendo, sdrammatizzando il rapporto politico e nello stesso tempo facendolo serio e chiaro, credo che daremo un contributo. In questo senso il centro-sinistra si qualifica, ma si qualifica perché si tratta di un incontro di forze politiche che riconoscono di dover dare delle comuni risposte ai problemi della società che deve progredire, ai problemi del mondo del lavoro, ai problemi di una democrazia che potrà vedere Consigliere Carazzoni, il tramonto di qualche forza politica, ma non vedrà il tramonto dell'istituzione, perché noi potremo anche cadere per usura di uomini, per stanchezza dei sistemi di organizzazione, ma sentiamo intimamente che lo sforzo di costruzione di questa democrazia ha superato il limite di rottura.
Qualcuno ha negato oggi che certi tipi di forze possono essere eredi di un fallimento; se di fronte ad un fallimento va la democrazia nel mondo, è per una specie di catastrofe, di nuovo medioevo che può affacciarsi alle soglie dell'umanità. E poiché queste profezie di catastrofe ci sembra che siano inopportune, ingiuste, non accettabili, noi sentiamo che contribuendo in questi 500 giorni a costruire la fase conclusiva di questo primo periodo delle Regioni con atti completi, con fatti seri, ma che sono anche ispirati da alta idealità, contribuiremo, non alle fortune dei singoli partiti, ma alle fortune del nostro Paese e al consolidamento della democrazia che per noi è un bene essenziale.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Berti, ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Signor Presidente, signori Consiglieri, il documento che avete presentato si chiude con la dichiarazione che si tratta di un documento di massima che prelude alla formazione di un programma vero e proprio e si afferma che questo vuole essere fatto con il contributo delle forze politiche del Consiglio.
Devo aggiungere che le dichiarazioni del Presidente designato, Oberto e ancora adesso le dichiarazioni del Capogruppo DC, riprendono il concetto riconfermandolo e quindi proponendo, sia pure rinviandolo nel tempo, quel confronto di contenuti che sarebbe stato opportuno ci fosse stato subito.
Ebbene, noi vogliamo cogliere dal dibattito, che è aperto, soprattutto questa parte e quindi ci ritroveremo per confrontarci sui contenuti precisi, sulle scadenze, sui tempi.
Se questo è il vostro intento, noi comunisti vi presentiamo le nostre proposte per diciotto mesi. Abbiamo parlato tutta la mattina di queste proposte, sono arrivate proprio nel momento giusto, stampate un po' in fretta, contengono anche alcuni errori che vi preghiamo di scusare. Noi abbiamo raccolto in questo nostro giornale, i risultati degli incontri che il nostro gruppo ha avuto in questo lungo periodo di crisi con la comunità regionale. Noi siamo partiti dal presupposto, e lo abbiamo spiegato, che un nuovo modo di fare politica generale, in particolare in questo istituto regionale che ha bisogno di essere vitalizzato per trovare credibilità, per trovare del prestigio, fosse quello di stabilire un rapporto permanente costante con la comunità regionali, affinché le scelte di carattere programmatico, di carattere prioritario e gli impegni precisi fossero indirizzati dall'organismo istituzionale, ma convalidati, confortati dal parere, dai consigli che venivano dalla comunità. Abbiamo così raccolto delle proposte. Si tratta, a nostro giudizio, di proposte che possono essere attuate nell'ambito di questi 500 giorni, attraverso i quali per passano due bilanci del Consiglio Regionale, ciò vuol dire la possibilità se esistono le capacità soggettive ed oggettive, di spendere oltre 300 miliardi, senza considerare i mutui. Quindi occorre che l'opinione pubblica sappia che la lamentela che tutti noi facciamo sullo stato di difficoltà finanziario, oltre che politico delle Regioni, è vero rispetto a quello che dovrebbe fare e noi speriamo che potrà fare e che farà la Regione, ma che è purtuttavia possibile in questo quadro disporre di ingenti disponibilità finanziarie, in parte per risolvere, in parte per avviare in modo positivo e nuovo, rispetto al passato, delle questioni.
Credo che noi di più non potevamo fare, la testimonianza dell'azione costruttiva del partito comunista è questa. Noi le proposte le abbiamo raccolte dalla comunità, ve le presentiamo e mentre le presentiamo a voi le spediamo a tutta la comunità regionale (20.000 ne facciamo, pagate coi soldi dei Consiglieri regionali) proprio nell'intento di attuare un metodo che abbiamo più volte enunciato e che trova qui un'esplicazione la più seria possibile.
Sono proposte, a nostro giudizio, non demagogiche, in parte transitorie, che possono essere tutte attuate, alcune con carattere di priorità assoluta, altre come impostazione valida ai fini della seconda legislatura di cui parlava Garabello. E' possibile portare a soluzione delle questioni precise che la situazione impone e nel contempo produrre delle iniziative capaci di indirizzare l'attività della Regione in senso nuovo.
Noi crediamo così di avere dato il contributo; certo non è un documento perfetto, ma sono proposte aperte, approfondibili, modificabili, che servono come base di discussione. Abbiamo evitato anche in questo primo dibattito di intervenire nel merito di ogni singola questione perch sapevamo di produrre questo documento, vi preghiamo di prenderlo in considerazione perché pensiamo di aver dato un contributo positivo all'attività della Regione e all'avvio di quel confronto sulle cose concrete di cui tanto si parla e che noi vogliamo sia attuato.
Detto questo e dovendo quindi dire quale sarà il nostro voto, io credo che occorra riprendere, sia pure rapidamente nell'ambito di una dichiarazione di voto, alcune delle questioni che sono qui emerse.
Noi non abbiamo rinunciato, nel corso dei mesi in cui ha governato la Giunta di centro-destra, alle nostre iniziative tendenti a porre in crisi questa formula di Governo in quanto l'abbiamo sempre ritenuta incompatibile per gli indirizzi programmatici e per il metodo di gestione con le esigenze e con la realtà che la comunità regionale esprime. D'altra parte la situazione nazionale oggi, per chi voglia avere gli occhi aperti su quello che avviene nel Paese, propone a tutte le forze politiche una serie di riflessioni e l'esigenza di cogliere con estrema concretezza e serietà le indicazioni che emergono da tutto questo.
Io credo che nessuno possa negare che il nostro Paese si trovi in un contesto mondiale, ed europeo in particolare, in condizioni di estrema delicatezza e complessità di problemi. Abbiamo gia discusso l'altra volta di come questa crisi di carattere monetario, di carattere economico e che oggi è drammaticamente resa più dura dalla crisi dell'energia, propone un quadro economico e politico con il quale ogni forza politica deve fare i conti e si deve misurare. Credo non possa sfuggire a nessuno che il Paese richiede dei mutamenti profondi e non è un caso che a livello nazionale la D.C. abbia sentito il bisogno, nel recente congresso, di modificare radicalmente le linee che con il centro destra aveva perseguito. Si è sentita cioè l'esigenza di arrivare a profondi mutamenti, si è detto e ripetuto in questi ultimi tempi, del meccanismo di sviluppo per produrre un mutamento di qualità della vita. Il che vuol dire produrre una domanda di consumi qualitativamente diversa, capace di intervenire sul mercato in modo nuovo e questo propone dei grossi mutamenti.
Credo che lo stesso contesto internazionale proponga oggi il problema di un rapporto diverso, non è possibile negare che oggi qualcosa va mutando (la politica della Germania per esempio, all'inizio di questo anno che sta per finire). Elementi del genere sono stati introdotti dal mio compagno Minucci, ma è chiaro che vanno valutati per vedere in quale contesto si collocano, sia pure in minima dimensione, il paese, la nostra Regione; c'è una politica realistica che tende ad un avvicendamento col mondo socialista, che tende ad una funzione dell'Europa più autonoma, ad una funzione nuova in quanto stabilisce un certo tipo di rapporto con i paesi socialisti. Credo avremo tempo di intervenire quando discuteremo del programma generale, ma voglio ricordare questi elementi per dire che in un contesto nazionale in cui si propongono dei problemi così acuti (come anche a livello di governo si è voluto affermare in questi giorni) queste sono parole vuote, l'hanno avvertito in molti, se non si considerano le forze che hanno interesse e sono in grado di produrre iniziative capaci di modificare il meccanismo di sviluppo.
Ecco il perché il discorso è diverso quando si parla dell'opposizione liberale, a cui va tutto il nostro rispetto, è una forza che si colloca sul piano dell'antifascismo, che ha seguito e segue una linea liberamente scelta, di cui paga anche le sue conseguenze, ma sono fatti suoi; altro è il discorso quando si rivolge alle forze del partito comunista, perché il contesto politico, e la natura dei provvedimenti che occorre assumere per risolvere questi problemi, per avviare un nuovo meccanismo di sviluppo che vuole un altro tipo di rapporto col partito comunista. Questa è la situazione.
Ancora una volta il rappresentante del MSI ha voluto parlare di noi e lo ringraziamo per gli elogi alla nostra abilità nel trovare la strada che ci consente di infilarci nella D.C. per renderla ossequiente ai nostri desideri e ai nostri disegni strategici. La cosa è molto più semplice, la nostra collocazione parte proprio da questo contesto in cui occorre che le forze politiche assumano pienamente le loro responsabilità perché da questo contesto politico, sociale ed economico possono derivare delle gravi conseguenze per il Paese, non esclusi (e lo dimostra la situazione) dei pericoli di involuzione a destra; anche se siamo d'accordo con Bianchi che è forte l'unità antifascista in Italia, tuttavia l'esperienza di questo ultimo anno è piena di insegnamenti per le forze democratiche.
Questo è il contesto da cui nasce la nostra proposta del compromesso storico, è una grande proposta politica di un partito responsabile, che sente l'esigenza del momento e propone non un compromesso nel senso deteriore che alcuni attribuiscono a questa parola ma un momento di incontro per affrontare i problemi che ci stanno di fronte.
Ancora ieri al nostro Comitato centrale il compagno Berlinguer ha detto che le condizioni non sono mature, ma non per questo non è valida la nostra proposta politica che in una situazione in cui c'è bisogno di unità di intenti e di sforzi, in cui ci sono forze eversive nazionali ed estere che tendono alla spaccatura verticale del paese tra il Nord e il Sud e tra le varie categorie operaie e dei ceti medi, tende ad un incontro tra tutte quelle forze politiche che rappresentano i vari strati popolari e le categorie intermedie che oggi hanno assoluto bisogno di incontrarsi per elaborare soluzioni valide a produrre una diversa situazione e a collocare il paese in questo contesto con più forza, con maggiore credibilità (e l'ultimo episodio nella non consultazione dell'Italia, di cui si è già parlato, lo dimostra molto chiaramente).
La nostra intenzione quindi non è quella di insidiare, ma di evitare avventure al paese e lo facciamo in difesa dei milioni di interessi che noi rappresentiamo, nell'interesse della comunità che è composta di una stragrande maggioranza di operai, contadini, ceti medi. La nostra è una proposta di alto valore politico e che ci colloca, volenti o nolenti, tra i protagonisti della vita del nostro Paese.
Ecco perché il discorso va fatto con noi, ma quando diciamo che va fatto con noi non intendiamo assolutamente dire niente di diverso, perch allora tanto varrebbe parlare di un ingresso dei comunisti nella Giunta. Le forze che oggi costituiscono la nuova maggioranza, la costituiscono per imprimere una svolta, altrimenti che senso avrebbe fare una Giunta in cui invece dei liberali ci sono i socialisti? La si fa perché si ritiene arretrata quella precedente, se ne vuole fare una diversa in cui tra i suoi componenti ci siano delle forze di maggioranza della D.C., delle forze socialiste capaci di fare sul piano del metodo, dei contenuti e degli indirizzi programmatici, delle proposte diverse.
Se non si tiene conto di questo, allora ci sono le proposte della maggioranza che noi invitiamo sempre a verificare con la comunità regionale. Ecco il metodo che noi vi contrapponiamo. E qui viene il discorso sui comprensori che noi poniamo come una delle questioni più importanti, occorre democratizzare la vita politica del paese, fra i comprensori come autorità politiche in questa fase, tale è la nostra proposta, ma con un riconoscimento di funzioni che noi Consiglio Regionale gli attribuiamo, il che vuol dire riconoscere il pronunciamento di diritto su tutte le grandi questioni di indirizzo della Regione, sui piani di elaborazione e di ripartizione dei contributi per le opere pubbliche, per gli ospedali, per il piano di sanità, devono cioè poter operare con il consenso, non subirlo come è stato a nostro giudizio sino ad oggi, salvo alcune eccezioni. E quando parlo di alcune eccezioni intendo riprendere il discorso del compagno Rivalta perché nella Giunta che è caduta ci sono stati alcuni Assessori che hanno cercato, a modo loro, di mantenere un certo tipo di rapporto. Quindi non era impedito a tutti di farlo, è questione di mentalità, di volontà politica e noi riteniamo che questo debba essere fatto. Noi non vogliamo offendere nessuno, ma è la realtà di questi anni che ci mette nelle condizioni di dare certi giudizi, c'è stato chi ha ritenuto, nonostante le nostre richieste, nonostante il malcontento dei Comuni, di operare comunque e sempre al di fuori del Consiglio Regionale e degli stessi Comuni.
E noi vogliamo trarre dei buoni auspici dal fatto che siano rimasti nella Giunta Assessori che nel corso della loro attività, pur tra limiti di impostazione, tra carenze nell'azione, hanno dimostrato che, se incoraggiati, se inquadrati in una politica che non tende a subire malvolentieri il rapporto, ma lo fa proprio e ricerca continuamente il consenso, è possibile che questi timidi tentativi possano diventare un metodo permanente di Governo con questo realizzando quella gestione nuova di cui si è più volte parlato. Il Presidente che stamattina abbiamo eletto quando dai banchi del Consiglio ha fatto la dichiarazione nella prima seduta dopo la crisi, ha detto molto chiaramente: vogliamo fare un nuovo Governo regionale per operare una svolta che modifichi la gestione della Regione, che proponga un nuovo rapporto ecc.
Per quanto riguarda il giudizio che abbiamo dato sul documento sono completamente d'accordo col compagno Rivalta, che del resto ha parlato a nome di noi tutti, non lo riprendo quindi se non per riconfermare che, così come ci è stato presentato, è debole, non indica praticamente niente, fa delle affermazioni generiche di cui vogliamo considerare il senso positivo anche se poi, circa il contenuto, emergono delle preoccupazioni. Riprendo da quanto ha detto prima Rivalta, che se è vero che dalla situazione attuale di crisi dell'energia escono i limiti e le carenze del trasporto pubblico, se è vero, come tutti affermano oggi, che occorre modificare il modo di vivere, indirizzare gli investimenti verso una produzione di consumi sociali, e non prevalentemente verso i servizi che sono stati richiesti dagli investimenti privati, emerge fra le altre priorità quella dei trasporti pubblici. E non basta dire che è una priorità per produrre una domanda e un servizio nuovo, non basta dire che vogliamo ricollocarci sulla strada delle ferrovie, del progetto che già ci è stato presentato no, occorre dire qualcosa di più per esempio sul problema della pubblicazione. Noi pensiamo che gradualmente, ma già in questa legislatura in questi diciotto mesi è possibile mettere alcune basi che dimostrino che questa è la direzione in cui si vuole andare. E questo vale anche per altri settori.
E' vero avv. Oberto che lo Statuto dice chiaramente che la Regione opera per una politica di superamento, ecc. ma lei mi insegna che le frasi sono frasi e vanno poi nutrite di fatti concreti, di scelte operanti occorre dire chiaramente che la Regione Piemonte intende dedicare le proprie disponibilità finanziarie a rispondere ad una nuova domanda rinunciando alla domanda che viene dagli investimenti privati che vuole dire no alle autostrade ed ai trafori, naturalmente operando delle scelte per non fare della pura e semplice demagogia. Occorre cioè che gli investimenti in Piemonte, nell'alta Italia siano tali da consentire il dirottamento di più ampie masse di investimenti verso il Sud e che gli investimenti qui corrispondano allo sviluppo del Sud. Noi vogliamo augurare che voi lo vogliate completare il discorso, che lo vogliate rendere più esplicito nella dichiarazione programmatica che farete.
Alla luce però del documento attuale, degli indirizzi che sono emersi noi non votiamo questa Giunta volendo tuttavia cogliere, soprattutto nelle ultime dichiarazioni che sono state fatte, la possibilità di un'opposizione la più costruttiva possibile, che consenta di portare a compimento alcune questioni e di avviare l'attività della Regione in senso positivo che poi è quello che lo Statuto fissa in modo molto chiaro e che la comunità regionale richiede fortemente.



PRESIDENTE

Altri chiedono la parola per dichiarazione di voto? Il Consigliere Zanone ne ha facoltà.



ZANONE Valerio

Desidero aggiungere soltanto alcune osservazioni conclusive. La prima riguarda l'utilizzazione che si è fatta di questo lungo periodo di crisi.
Mi pare dimostrato a questo punto che dopo la replica del Presidente designato avv. Oberto, questo lungo periodo di crisi non ha corrisposto ad un periodo di maturazione in termini programmatici.
Non vogliamo disconoscere l'importanza che i cambiamenti di maggioranza e anche i mutamenti di persona hanno sulle crisi politiche; la differenziazione fra la politica dei contenuti e quella degli schieramenti è in gran parte fittizia e quindi anche il cambiamento delle persone e delle designazioni ha il suo significato contenutistico. Ma certo questo periodo è stato molto lungo e vorrei invitare i colleghi a riflettere sul risultato chiarificatore che avrebbe avuto nello svolgimento di questa crisi l'accettazione, allor quando si votò lo Statuto Regionale, della nostra proposta di "sfiducia motivata", che consisteva in sostanza nel meccanismo per cui, coloro che o dall'opposizione o dall'interno della maggioranza provocassero la caduta o le dimissioni della Giunta, dovessero farsi carico contestualmente, nello stesso momento, di proporre la nuova Giunta con il suo nuovo programma. Credo che questo avrebbe avuto un grosso effetto sullo svolgimento della crisi in corso.
Noi comunque prendiamo atto che la nuova maggioranza non si vuole misurare su un programma articolato in questo momento e preferisce rinviarlo ad un momento successivo e assicuriamo che quando questo avverrà ci comporteremo sulla posta in gioco e non su contrapposizioni artificiose in termini di confronto tra i partiti.
Vorrei permettermi di rivolgere al Presidente della Giunta un invito: questa Giunta di centro-sinistra sia aperta al più ampio confronto con le forze sociali, con le istanze economiche, con le opposizioni politiche, ma non rinunci alla prerogativa che le compete, quella di essere portatrice di proposte precise e quindi di responsabilità precise. Noi desideriamo un esecutivo che si assuma queste responsabilità; riteniamo che tutte le istanze settoriali hanno diritto di accesso al Governo Regionale, ma nessuna ha, da sola, il diritto di prevalere; se una funzione ha un Governo (anche la Giunta Regionale è un Governo) questa è proprio la funzione della mediazione la quale se non è di carattere trasformistico richiede un indirizzo politico ben preciso.
D'altra parte anche nella vita nazionale, nella crisi politica di questi anni - la quale rischia di diventare una crisi istituzionale, come accennava poco fa il Consigliere Berti - noi abbiamo avuto modo tante volte di avvertire questa debolezza, cioè la debolezza di esecutivi che cercavano e cercano fuori di sé stessi la forza di controllare le tensioni del Paese di esercitare quello che è il ruolo obbligatorio del Governo. Noi chiediamo alla Giunta Regionale di avere questa fermezza, questa precisione di posizione. Naturalmente una delle grandi occasioni per verificare questa fermezza saranno i rapporti con l'opposizione più forte, la maggiore o minore accettazione che si darà alla strategia del compromesso nei confronti del partito comunista in cerca di un nuovo modello sociale rispetto al quale il Partito comunista propone oggi alle forze del centro sinistra di arrivare a forme di solidarietà allargata. Il nostro partito ha fatto parte di un Governo a maggioranza molto ristretta che è caduto anche perché la sua maggioranza era molto ristretta, ma riteniamo che non siano le maggioranze ristrette a non funzionare, bensì che le maggioranze che non funzionano siano quelle che cercano di allargarsi, di trovare complicità e corresponsabilità al di fuori di se stesse.
Resta quindi da definire il voto del Gruppo liberale sul documento programmatico e sulla Giunta. Devo dire che se fosse per il suo contenuto e per le persone proposte come Assessori, tutte altamente rispettabili e certo capaci di svolgere gli incarichi ai quali sono destinate, noi non troveremmo, tutto sommato, difficoltà di ordine insuperabile; per esempio non sarebbe per noi una difficoltà insuperabile la presenza in questa Giunta di alcuni Assessori socialisti, noi non siamo né filosocialisti, n antisocialisti, non abbiamo alcun preconcetto contrario alla presenza di uomini del P.S.I. negli esecutivi.



CARAZZONI Nino

Voi sognate il pentapartito.



ZANONE Valerio

Di notte si può sognare anche qualcosa di più gradevole del pentapartito, la politica può limitarsi alle ore diurne; comunque, i sogni non sono poi una cosa tanto essenziale.
Atteso il contenuto del documento, la sua genericità, la mancanza di impegni precisi, su questa lista di Assessori potremmo pronunciare, tutto sommato, un voto di astensione. Ciò che ci preoccupa è la costernazione che questo provocherebbe in alcuni dei componenti di questa maggioranza che vuole essere così solida e compatta; sarebbe quasi una specie di attentato seppure fatto un poco per gioco. E noi non vogliamo attentare ad una Giunta che deve ancora nascere, e crediamo anche che le scelte di schieramento non siano dei giochi, ma delle cose serie. Quindi desidero porgere al Presidente Oberto, come modesto omaggio, l'assicurazione che la Giunta di centro-sinistra può fare affidamento sul voto contrario del partito liberale.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Carazzoni, ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, l'intervento fatto in sede di discussione generale era già configurabile come una dichiarazione di voto, a nostro sommesso avviso completa, esauriente e soprattutto motivata. Riprendiamo la parola adesso soltanto perché dobbiamo confermare, dopo aver ascoltato i successivi interventi, tutto quanto abbiamo già detto. In modo particolare perché sentiamo di dover confermare la nostra denuncia che questo centro sinistra nasca sotto la pressione, sotto l'influenza, sotto il condizionamento del Partito comunista. Le fumose teorie del Capogruppo D.C.
sulla distinzione di ruolo tra maggioranza e opposizione di sinistra non possono né bastano a mascherare la realtà; ed è anche troppo facile cercare di dare una interpretazione di un mutato atteggiamento andando a scomodare certi Papi conciliari, dimenticandosi invece altri Pontefici, i Pontefici della scomunica per essere chiari. Né crediamo che la realtà possa essere distorta dall'abile intervento sul piano dialettico, del Capogruppo comunista. Lo abbiamo già detto e non abbiamo nessuna difficoltà a ripeterlo, il Partito comunista non è più il rozzo avversario di un tempo quello che nel 1919 per esempio, insistendo sulla spaccatura tra ceti medi e ceti operai, diede, lo riconosciamo, libero spazio ad altre forze nazionali. Ecco perché oggi il P.C.I. persegue una diversa e opposta politica di saldatura fra queste due categorie ed essendo diventato nel corso di questi anni non più di un rozzo avversario (non sono questi, per la verità, Consigliere Berti, degli elogi, sono solo delle constatazioni, e se mi consente delle preoccupate constatazioni) è ovvio che dica che non intende assolutamente tendere alcun tranello e muovere alcuna insidia all'attuale maggioranza, ma intende al fianco suo portare avanti una politica delle cose concrete. Sarebbe stato veramente assurdo se oggi avessimo sentito formulare dai banchi comunisti la richiesta di entrare in una Giunta.
In fondo il discorso che qui si è fatto altro non ha che ripreso il recente discorso di Berlinguer al Comitato centrale comunista in cui appunto si è detto che certo, i tempi non sono ancora maturi per un'alleanza organica di Governo con la D.C., ma sono ormai maturi per la collaborazione sul piano concreto con i partiti del centro-sinistra. Ed è in questa collaborazione che sta l'insidia, perché, e riteniamo di doverlo ancora sottolineare, voi vi misurate con forze politiche alle quali noi neghiamo di avere più dietro le loro spalle una qualsiasi spinta ideale: l'abbiamo detto prima che noi riteniamo che non si possa combattere la vostra dottrina che è una fede, una fede atea, sia pure, ma fede, senza contrapporre ad essa una fede diversa, opposta, che dicevamo i partiti componenti l'attuale maggioranza hanno ormai perduto.
Questa resta la realtà che ci impone di essere duramente all'opposizione in quest'aula e per il poco che qui ci è consentito fare data l'esiguità della nostra rappresentanza, per il molto che cercheremo di fare al di là dei limiti attuali del nostro elettorato, al di fuori di quest'aula dove cercheremo di essere interpreti attenti e sensibili di tutti coloro che al comunismo non ritengono di doversi piegare. Sarà un'opposizione dura, un'opposizione questa sì davvero diversa un'opposizione avv. Oberto che non lascia spazio neppure alla collaborazione critica, che non sarebbe accettata e che comunque noi non ci sentiamo di dare perché, e lo diciamo con molta tranquillità, quando questo partito nacque nel sangue e nel dramma nel 1946, noi accettammo di scendere sul terreno democratico, ma entrammo nella palude non per esserne infangati, ma per guadagnare rive più sicure, quelle verso le quali riteniamo di poter marciare oggi con il crescente consenso dell'opinione pubblica.



PRESIDENTE

Le dichiarazioni di voto sono terminate. Si tratta ora di passare al primo adempimento richiesto dal Presidente designato Oberto che è l'immediata esecutorietà della deliberazione, quindi prego i Consiglieri di non allontanarsi.
Chiede di intervenire il Consigliere Calleri, ne ha facoltà.



CALLERI Edoardo

Faccio solo una questione di carattere procedurale: noi qui non ci troviamo in un'Amministrazione Comunale o Provinciale dove ci voglia l'immediata esecutorietà delle deliberazioni, le deliberazioni sono di per sé immediatamente esecutive, non c'è d'altra parte alcun adempimento da parte del Presidente della Giunta eletto nei confronti di organi statali quali il giuramento.
Quindi, a mio giudizio, nel momento in cui il Consiglio esprime il voto sul Presidente e sulla Giunta, vi è l'immediata esecutività di per se stessa e per legge.



PRESIDENTE

Era una richiesta formulata dal Presidente Oberto.



OBERTO Gianni

La richiesta era vincolata a quanto si era fatto in precedenza; per mio ricordo era avvenuto così, non ho niente da indicare, lo cito a memoria.
Non vorrei trovarmi in una situazione per cui mi si opponga che non è immediatamente esecutiva ed io non posso convocare la Giunta. In questo caso naturalmente a metà gennaio non sono qui a presentare il documento programmatico.



CALLERI Edoardo

E' un atto interno.



PRESIDENTE

Se il Consigliere Calleri non ha opposizioni, possiamo farlo anche solo per alzata di mano. Nel più sta il meno.



OBERTO Gianni

No, se non si deve fare non si fa.



CALLERI Edoardo

Facciamolo, il di più non guasta.



PRESIDENTE

Il documento è stato consegnato ai Consiglieri con la lista allegata le firme ci sono e sono state controllate dall'Ufficio di Presidenza. Si passerebbe quindi all'adempimento di cui all'art. 32 il quale recita: "Il Presidente e la Giunta sono eletti dal Consiglio nel suo seno con votazione per appello nominale. Si procede prima all'elezione del Presidente che è stato designato. Avvenuta l'elezione del Presidente, il quale deve riportare la maggioranza assoluta dei voti in prima votazione, il Consiglio procede all'elezione della Giunta a maggioranza semplice".
Chi intende approvare risponda "sì", chi non intende approvare risponda "no".
Si inizia con la votazione per il Presidente designato Gianni Oberto.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Presenti e votanti 44 Consiglieri.
Hanno risposto si n. 28 Consiglieri.
Hanno risposto no n. 16 Consiglieri.
Il Consiglio Regionale approva.
Invito il Presidente della Giunta a prendere posto al banco della Presidenza.



PRESIDENTE

Si procede ora all'elezione della Giunta.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Presenti e votanti 44 Consiglieri.
Hanno risposto sì n. 28 Consiglieri.
Hanno risposto no n. 16 Consiglieri.
Il Consiglio Regionale approva.
Proclamo eletti i dodici Assessori indicati nella lista allegata al documento. Prego i seguenti Assessori di prendere posto al banco della Presidenza: Armella, Benzi, Borando, Chiabrando, Conti, Debenedetti, Fonio Gandolfi, Paganelli, Petrini, Simonelli, Vietti.
Il Presidente della Giunta ha chiesto che sia messa in votazione la dichiarazione di immediata esecutorietà delle due deliberazioni con le quali sono nominati Presidente il Consigliere avv. Gianni Oberto Tarena e gli Assessori. Nessuno prende la parola? Pongo in votazione per alzata di mano la dichiarazione di immediata esecutorietà delle due deliberazioni.
Il Consiglio Regionale approva.



CALLERI Edoardo

No, io mi astengo. Se facciamo una votazione la facciamo con i voti favorevoli, contrari e astenuti. Io mi astengo, ma con la motivazione della non necessità.



PRESIDENTE

Contrari: nessuno. Astenuti?



CALLERI Edoardo

Pregando di mettere a verbale che mi astengo con la motivazione che non è necessario mettere ai voti l'elezione di una Giunta Regionale.



PRESIDENTE

Favorevoli 27 Consiglieri; astenuti 15 Consiglieri.
Le deliberazioni di esecutorietà sono approvate. Non drammatizziamo anche se nelle precedenti era stata fatta la votazione.



CALLERI Edoardo

Io non drammatizzo nulla, però mi pare che quando si fa una votazione si debba chiedere chi è favorevole, chi si astiene e chi è contrario.



PRESIDENTE

E questo è stato fatto.


Argomento:

Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto per l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta Regionale (seguito)

Argomento:

Interpellanze e interrogazioni (annuncio)


PRESIDENTE

Vorrei ancora leggere alcune interpellanze ed interrogazioni che mi sono pervenute.
Interrogazione dei Consiglieri Bertorelheo, Menozzi, Giletta che chiedono se si è a conoscenza che il carburante agevolato per l'agricoltura durante il corso dell'anno '73 è stato assegnato in quantità estremamente limitata, tanto che a tutto oggi si può affermare che solo il 50% del fabbisogno è stato consegnato. Chiedono inoltre, al fine di evitare forme di accaparramento e di conseguenti lievitazione di prezzi superiori al prezzo CIP in forma di borsa nera, di intervenire decisamente con i mezzi a disposizione.
Interrogazione dei Consiglieri: Fassino - Rossotto - Gerini - Zanone, i quali, viste le conclusioni cui sono pervenuti i pubblici esercenti, i Sindaci e gli Amministratori degli Enti della Provincia di Asti riuniti in assemblea presso la locale Camera di Commercio per discutere della situazione venutasi a creare in quella Provincia a seguito delle restrizioni energetiche ed in particolar modo del blocco automobilistico festivo, interrogano il Presidente della Giunta per sapere se non intenda nell'ambito delle competenze destinate alla Regione, adottare un piano di trasporti pubblici colleganti i più importanti centri piemontesi con quelli astigiani, al fine di non sottrarre a tale Provincia una delle componenti più cospicue del suo reddito.
Interpellanza del Consigliere Carazzoni il quale, considerate le recenti misure di restrizione dei consumi dei combustibili e di energia elettrica, nonché la loro negativa incidenza nel settore del turismo richiamata la necessità che i sacrifici economici così imposti trovino compenso in adeguati provvedimenti interpella il Presidente della Giunta e l'Assessore competente per conoscere quali urgenti interventi la Regione intenda compiere onde siano adeguatamente potenziate nelle giornate festive i mezzi di trasporto.
Interrogazione urgente con richiesta di risposta scritta dei Consiglieri: Fabbris, Vecchione per conoscere in base a quali criteri ed in relazione a quale programma e a quali scelte di politica sanitaria è stata autorizzata la trasformazione dell'ospedale specializzato di Bioglio ad ospedale di cura per lungo degenti.
Il Consigliere Garabello, avendo preso parte al Consiglio Comunale aperto tenutosi in Condove il 13 dicembre '73, con la partecipazione dei parlamentari e dei dipendenti delle Officine Moncenisio, interpella il Presidente della Giunta e l'Assessore per conoscere se la Giunta è disponibile a far proprio l'indirizzo posto, nonché le iniziative che intende svolgere.
Il Consigliere Nesi interroga per sapere se la Giunta è a conoscenza della situazione delle Officine Moncenisio.
Il Consigliere Nesi interroga con urgenza per sapere se si è a conoscenza della perquisizione effettuata nelle abitazioni del prof.
Massimo Salvatori ed altri.
Comunico al Consiglio che già era stato deciso nell'ordine del giorno pervenuto a tutti voi che domani il Consiglio è convocato, per la prosecuzione dell'ordine del giorno alle ore 9, 9,30 per richiesta del Presidente della Giunta.
Ringrazio tutti i Consiglieri.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 22)



(La seduta ha termine alle ore 22)



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