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Dettaglio seduta n.182 del 09/11/73 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE OBERTO


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni - Presidente della Giunta Regionale

Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto per l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta Regionale (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Hanno chiesto congedo per la seduta del pomeriggio i Consiglieri Menozzi e Conti.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Bianchi, ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, nel momento in cui la Giunta, a mezzo del suo Presidente, presentò le dimissioni, era stata posta una chiara promessa e si presentavano due prospettive: la premessa chiara era costituita dalla linea politica e dalla riconosciuta necessità di ricercare una larga base di consensi alla Giunta, secondo l'indirizzo seguito a livello nazionale, e a questo punto si era giunti attraverso una preparazione precedente attraverso una serie di dichiarazioni, di interventi, di pronunciamenti che avevano toccato non solo i gruppi consiliari e gli organi istituzionali, ma le forze politiche.
Le prospettive e le intenzioni erano, credo: una quella di ristabilire (posto che dava validità alle dimissioni la premessa di contribuire in modo fattivo a sbloccare la situazione anche di enti locali quale il Comune di Torino) un clima politico atto a rilanciare le varie amministrazioni e a dare alla loro esigenze delle risposte adeguate; l'altra quella che in un quadro di quel genere la conclusione della crisi dovesse e potesse essere rapida. Senonché, gli eventi hanno portato a mettere non in forse la linea politica e le scelte fatte che, io ribadisco, sono valide e continuano ad essere perseguite, ma a mettere in discussione per un momento la possibilità di contribuire a quel chiarimento definitivo dei rapporti tra le forze politiche di centro sinistra a Torino ed altrove; a rendere meno facile ancora la conclusione rapida della crisi.
Io qui non posso che registrare la preoccupazione del mio gruppo e mia personale per il recente acutizzarsi in termini pubblici del problema dell'agricoltura (è alla ribalta nazionale l'urgenza dei provvedimenti molti dei quali in avanzatissima fase di preparazione); per la questione che ci è stata posta poc'anzi dall'assetto definitivo del personale per ottenere condizione che consenta un lavoro più sereno ed atto a dare migliori risultati; per la risposta da dare in termini politici concreti alla recente reiezione della legge sui libri per la scuola d'obbligo e così via. Non manca sicuramente materia per la preoccupazione che deriva dal vedere la crisi non vicinissima ad una sua soluzione.
A me non resta oggi che esprimere queste valutazioni e queste preoccupazioni della DC, con l'impegno personale mio e dei miei colleghi ad operare con tutta la serietà e con tutta la tenacia possibili perché tutte queste difficoltà vengano rapidamente superate, non senza un appello alle altre forze politiche egualmente interessate a queste conclusioni perché si rimuovano rapidamente gli ostacoli alla soluzione della crisi.



PRESIDENTE

Chi altri chiede di parlare? Il Consigliere Berti, ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Quando abbiamo preso atto, trenta giorni or sono, della crisi della Giunta di centro destra, lo abbiamo fatto auspicando la formazione di un nuovo governo regionale che si proponesse di attuare un intervento politico diverso, con iniziative nuove, per dirla in una parola, con un salto di qualità nella politica della Regione Piemonte.
Il Consigliere Minucci ha elencato i problemi che ci stanno di fronte nell'intervento svolto nella precedente seduta di Consiglio e non è mia intenzione oggi ripetere quei temi che sono stati valutati in quasi tutti gli interventi la volta scorsa. In alcuni, in particolare in quello del capogruppo DC, abbiamo sentito accenti nuovi, tuttavia ci troviamo oggi dopo trenta giorni, a vedere posto seriamente in pericolo questo auspicio che non soltanto noi, ma le varie forze politiche del Piemonte hanno fatto per l'attività della nostra Regione.
Ha detto poco fa il Consigliere Bianchi che la crisi si era aperta in relazione a determinate questioni politiche che investivano anche il Comune di Torino. Io credo che il modo onesto con il quale Bianchi ha dato una sua giustificazione del ritardo nel quale si procede, non possa essere accettato così. La domanda che mi faccio è se l'intervento il capogruppo DC lo ha fatto solo per ottemperare ad un incarico (qualcosa bisogna pur dire), ma se nel proprio intimo non senta la vergogna, le responsabilità che ricadono sui partiti, in particolare sulla DC per avere aperto questa crisi e che oggi non riesce ad esprimere niente, non solo sul piano delle proposte che si concludono con la relazione della Giunta, ma nemmeno sul piano di una proposta programmatica, cosa che significherebbe imporsi su un piano diverso.
Io credo di dover ricordare che il dibattito precedente si è concluso con l'intervento del Presidente della Giunta il quale, pur collocandosi in posizione più arretrata rispetto a quella del capogruppo DC, difendendo la centralità precedente, quindi non portando contributi alla formazione di un centro sinistra espressione di un salto di qualità, ha assunto posizioni di critica nei confronti del compagno Viglione il quale in effetti aveva posto dei problemi veri; la posizione dei socialisti non ha bisogno di essere difesa, ma colgo l'occasione per dire quali sono i problemi che probabilmente stanno alla formazione di un centro sinistra, che non occorre procedere ad una modifica di formule o di nomi, bisogna invece produrre contenuti nuovi; egli ha detto in sostanza che la presenza dei socialisti nella Giunta di centro sinistra non vuole essere soltanto un ricambio subalterno, ma un apporto positivo nuovo capace di modificare quello che va modificato nell'andamento della nostra Regione.
Io ho sentito alcuni commenti: se voi volete questo allora sì. Sì, si vuole il centro sinistra, ma lo si vuole alla stregua del primo centro sinistra, con il programma della Giunta precedente.
Secondo noi ei sono problemi di carattere politico che occorre verificare e che tuttavia non emergono. Noi non abbiamo sentito nei vari interventi della scorsa riunione e neanche oggi nel primo intervento (molto di maniera) del capogruppo DC, un accenno ai motivi reali che impediscono di formare una Giunta che abbia la volontà politica e la capacità e la forza di operare diversamente e anche più incisivamente del passato.
E quando venite a dire a noi, all'opinione pubblica, che la soluzione non c'è perché la crisi del Comune di Torino si è conclusa in un certo modo, non portate un elemento positivo nel dibattito perché con questo testimoniate che è veramente soltanto un problema, di poltrone, posti. Se si vedesse che alla base del dibattito c'è uno scontro di contenuti, allora si potrebbero anche capire certi ritardi, invece no, c'è stato u accordo nazionale che prevedeva un sindaco DC al Comune di Torino e la presidenza dell'assemblea della Regione Piemonte al PSI, un organigramma cioè in cui le varie forze componenti la maggioranza si collocano a livello di gestione del potere; ma allora perché si farebbe la Giunta di centro sinistra? E perché la Giunta è caduta? Dobbiamo prendere atto che è caduta soltanto perché il Governo nazionale le ha di fatto imposto di dimettersi? Allora quale credibilità hanno le posizioni di quelle forze DC che invece hanno teso a far cadere il centro destra per produrre un salto di qualità e di quelle altre forze politiche che hanno colto l'occasione per sottolineare esigenze nuove, iniziative diverse, come mi pare abbia fatto il capogruppo DC (parlo solo di quello perché in quella seduta ci è parso il più interessante) il quale ci ha fatto credere che probabilmente qualche mutamento si sarebbe potuto produrre nel nostro Consiglio Regionale? Noi abbiamo fatto delle proposte sul piano generale e sul piano specifico e lo ripetiamo, poniamo questa nostra iniziativa a disposizione di tutti i gruppi. Noi ci incontriamo ormai da venti giorni con le Giunte dei più importanti Comuni del Piemonte (Novara, Vercelli, Alessandria Cuneo, Asti) e con le organizzazioni di massa artigianali, di categorie ecc. e sentiamo quanto negativo sia il giudizio della opinione pubblica per dei ritardi che la gente non capisce e che in ultima analisi impediscono a provvedimenti urgenti, certe volte drammatici (come gli ultimi due, quello dei libri e quello dei coltivatori diretti) di avere un risultato.
E' qui che ci giochiamo la credibilità dell'istituto, lo abbiamo detto più volte. Ma io chiedo alle forze politiche qui presenti di dirci di chi è la responsabilità del ritardo. E' di tutti? Qualcuno avrà pure delle carte in mano per dire se fosse per noi, se fosse per me, il problema sarebbe già risolto in senso positivo. O dobbiamo invece, come abbiamo dovuto, prendere atto, del comunicato pubblicato dai giornali dopo l'incontro con Fanfani (che poi non si è svolto) a cui hanno partecipato tutti i dirigenti locali e provinciali della DC e gli assessori del Comune di Torino, il quale diceva che le varie correnti avevano esposto gli interessi politici, dopo di che si è constatato che occorreva rinviare al 20 di novembre, in un successivo incontro. Voi capite che un comunicato di questo tipo che rinvia così tranquillamente di altri 15/20 giorni perché sono emersi interessi delle varie correnti (in questo caso della DC) è allarmante perché fa intravedere che la crisi può avere dei tempi non lunghi ma lunghissimi. E noi non possiamo permetterlo, nessuno qui può permetterselo.
A questo punto l'istituto regionale quale prestigio acquista nel momento in cui, con sul tappeto questioni molto serie, premendo l'opinione pubblica e i lavoratori perché siano affrontate rapidamente, ci troviamo di fronte a una situazione stagnante in cui nessuno parla e si sa soltanto che si rinvia per altri 20 giorni perché Fanfani non c'era o non so bene per che cosa? Abbiamo il diritto di sentire qualcosa di più di questo? Noi abbiamo accolto la caduta del centro destra come un elemento positivo, ci siamo collocati, credo con posizioni costruttive, in un contesto politico nazionale in cui il nostro partito è oggi oggetto di dibattito di tutte le forze che fanno politica.
Che cosa pensate di fare? Veramente ritenete tranquillamente che debbano passare 15/20/30 giorni, altri due mesi perché la crisi si risolva? Quali impegni voi, come gruppo o singolarmente come Consiglieri regionali di fronte all'opinione pubblica ed ai vostri elettori sentite di assumervi perché la conclusione sia rapida? Il timore è che la cassa di risonanza di questo ambiente sia piuttosto chiusa, limitata. Questo mio intervento io l'ho voluto fare senza entrare nel merito delle questioni perché già le abbiamo esposte ed altre ne esporremo quando saremo chiamati in assemblea a discutere di un programma.
Abbiamo sentito nella seduta passata che addirittura si vorrebbe aprire un dibattito sul programma prima della formazione della Giunta. E' un metodo innovativo ma che allo stato attuale delle cose probabilmente era soltanto una battuta per uscire fuori da questa situazione.



RIVALTA Luigi

Dilatoria anche quella.



BERTI Antonio

Si capisce, tutto ad un certo punto diventa un atteggiamento dilatorio.
Mi spiace che non ci sia il Presidente della Giunta perché a questo punto sarebbe interessante sapere quale ruolo personalmente intende giocare affinché questa questione sia risolta, (perché sono in ballo anche questioni personali).
Io faccio un invito a nome del mio gruppo: i Consiglieri della maggioranza, quelli che stanno per formare adesso la maggioranza (mi rivolgo in particolare a tutte le correnti della DC) devono dirci se la crisi non si risolve perché la DC vuole Porcellana Sindaco, o se invece vi sono altri motivi, e quali sono. Secondo me da questa riunione occorre uscire con delle dichiarazioni precise da cui risultino i motivi veri: sono essi in relazione ad un organigramma per cui le varie correnti pretendono a costo di immobilizzare la vita politica degli enti torinesi, di avere determinati posti? E' un problema di contenuti o è invece quel contrasto emerso nella prima seduta tra le richieste del gruppo socialista e la collocazione che nei suoi confronti ha la DC? Perché se così è, il discorso diventa di tipo diverso, si richiamano in causa lo Stato, la svolta nazionale, l'istituto regionale, le sue prerogative e in questo caso ogni gruppo ha la possibilità di assumere delle chiare responsabilità politiche. Si vuole semplicemente fare un ricambio di formula o si vuole produrre un risultato diverso e nuovo? Voi questo nodo lo dovete sciogliere se siete coerenti con il vostro impegno, noi non abbiamo richiesto riunioni straordinarie abbiamo dato tempo perché le forze politiche avessero la possibilità di presentarsi con un programma. A questo punto la cosa è molto preoccupante lo ripete, soprattutto, dopo l'incontro della DC a Roma.
Noi non resteremo inerti oltre questo periodo, non concederemo molto altro tempo, già stiamo operando a livello delle forze politiche categoriali, della Comunità regionale, intensificheremo certamente questo rapporto; il nostro linguaggio sarà diverso e metterà sotto accusa chiamerà a rispondere le varie forze politiche che oggi si apprestano a produrre il nuovo governo di centro sinistra.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Simonelli, ne ha facoltà.



SIMONELLI Claudio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, quando qualche tempo fa il gruppo socialista con una sua interpellanza aveva richiesto un mutamento di rotta alla Giunta Regionale del Piemonte e quindi aveva sollecitato l'apertura di una crisi che ponesse fine all'esperimento di centro destra certamente non si riprometteva un tipo di crisi come quello a cui stiamo assistendo, né una lunga, defatigante carenza dei poteri regionali.
Io credo che sia di tutta evidenza per ciascuno di noi (lo hanno detto tutti i colleghi) che il Piemonte non possa certamente sopportare una crisi al rallentatore come quella che stiamo vivendo, specie in un momento di notevole impegno come è quello presente, momento di impegno che non è soltanto delicato per noi, ma che coinvolge tutte le Regioni in una fase delicatissima della loro vita istituzionale.
Credo che non pecchiamo di masochismo nel riconoscere che stiamo attraversando una fase di difficoltà e di stasi nell'attività di tutte le Regioni a Statuto ordinario del nostro Paese. La fine della fase costituente e della fase di trasferimento delle funzioni e quindi della prima assunzione di responsabilità operative, non ha in realtà coinciso con l'inizio di una seconda fase, una fase di reale attività di governo da parte delle Regioni. Le Regioni sono rimaste nella terra di nessuno in cui i loro poteri sono ancora indefiniti, le loro risorse ancora precarie, le loro capacità e possibilità di azione estremamente limitate. Concorrono a determinare una situazione di questo tipo molti fattori, da un lato certamente l'incompletezza nel trasferimento delle funzioni (in parte per un calcolato disegno, noi riteniamo, delle forze moderate, in parte per la obiettiva difficoltà di individuare le materie di competenza regionale); la carenza delle leggi quadro che rappresenta, come ormai veniamo scoprendo giorno dietro giorno, un'estrema palla al piede per l'attività legislativa delle Regioni, le difficoltà finanziarie, dure, complesse di cui stamattina l'Assessore Paganelli ci tracciava una schematica, sommaria analisi e che se hanno trovato nei recenti provvedimenti annunciati dai ministri finanziari (in particolare dal Ministro del Bilancio) una prima soluzione non per ciò hanno trovato una soluzione definitiva e valida per le Regioni.
Anche perché buona parte delle cose che sono state promesse sono per l'appunto state soltanto promesse, (cioè impegni di operare in una certa direzione, così ad esempio, nella direzione della revisione della legge finanziaria regionale, della modifica dei criteri attraverso i quali si forma il fondo comune di cui all'art. 8, dell'impegno di far partecipare le Regioni in modo non episodico ma istituzionalizzato all'elaborazione del bilancio dello Stato); si tratta soltanto di impegni e di promesse che non hanno ancora trovato alcuna realizzazione concreta. E dunque le Regioni devono sapere, pur prendendo atto con favore, come hanno fatto, di questo impegno nuovo che segna un momento di svolta nella volontà del governo devono tuttavia sapere che questi impegni dovranno essere in concreto verificati nella realizzazione che avranno e non possono sedersi tranquillamente su queste cose, ma devono farne oggetto di un pungolo puntuale e preciso nei confronti del potere centrale.
Per non parlare infine della difficile e contraddittoria ripresa della politica di programmazione nazionale che fa mancare all'attività di programmazione delle Regioni il quadro ed il punto di riferimento nel quale esse devono collocare le loro iniziative.
Tutto questo insieme di fatti genera quel processo di rallentamento e di crisi dell'attività delle Regioni a cui stiamo in questi giorni assistendo.
Possiamo anche aggiungere - giacché sarebbe sbagliato che noi non vedessimo obiettivamente i limiti che la attività regionale ha avuto in questi primi anni - che le Regioni tendono a muoversi non in una logica di piano, ma attraverso un'attività che si basa soprattutto su leggi episodiche, settoriali, su interventi di carattere puntuale non legati a un discorso di piano, ma legati ad una contingenza particolare.
In definitiva le Regioni (noi socialisti lo abbiamo detto apertamente criticando, talora con vivacità, le scelte che sotto questo profilo veniva facendo la Giunta di centro destra) hanno acconsentito - e in particolare la Regione Piemonte ha acconsentito - ad essere, per la parte che le riguardava, puro ente di erogazione; cioè hanno acconsentito a giocare un ruolo di ente dispensatore, di interventi, di favori o di finanziamenti a determinate categorie o a determinati settori, ma non hanno saputo muoversi sul terreno dell'innovazione legislativa, sul terreno dell'effettiva capacità di guida dei processi di crescita della società regionale. Esse non hanno saputo essere enti di direzione e di programmazione, si sono accontentate di assolvere a quel ruolo che l'autorità centrale loro concedeva, anche con una certa discrezionalità che, ce ne stiamo accorgendo tende a ridursi, di enti di pura erogazione. Ma questa via sulla quale la Regione Piemonte si è attardata per troppo tempo, è una via che non paga e lo abbiamo visto stamattina col dibattito che c'è stato in ordine al provvedimento adottato sui libri di testo che, pur rispondendo a legittime attese, ad esigenze che ci sono nella società regionale, di cui noi ci siamo fatti interpreti e portatori, certamente non è un provvedimento inquadrato in una logica di piano, ma si inserisce in quei provvedimenti di erogazione settoriale. Eppure anche su questo terreno le Regioni sono destinate a perdere, perché lo Stato si arroga evidentemente la facoltà di determinare qual è la sfera nella quale la nostra discrezionalità pu esercitarsi. E dunque anche su questo ambito più limitato di puro ente di erogazione e di sussidio, la Regione trova dei limiti, lo Stato pone delle barriere insormontabili.
Occorre dunque riprendere il discorso della piena acquisizione delle sue competenze da parte della Regione, ma per fare ciò occorre rompere il tipo di gestione che alla Regione Piemonte è stato dato. Da qui nasceva la ragione fondamentale di un cambio di rotta politica, di un mutamento di criteri ispiratori per l'attività della Regione che era contenuta nell'interpellanza presentata dal gruppo socialista e di cui il capogruppo socialista, compagno Viglione, nel suo intervento nella seduta del Consiglio scorso si è fatto interprete, cioè un mutamento di rotta che stia a sanzionare da parte della Regione la volontà di occupare gli spazi di autonomia che essa può e deve occupare, di essere presente nella battaglia che tutte le Regioni stanno conducendo per contrastare le tendenze centraliste del potere centrale. E dicendo questo non vogliamo fare una critica all'Assessore alla Programmazione che certamente è diligente ed è presente in tutte le occasioni in cui deve esserlo, ma è chiaro che altro è la buona volontà personale e l'impegno del collega Paganelli, altro è la capacità di iniziativa politica che nasce da un disegno a cui una Giunta un organo di governo si sentono responsabilmente vincolati. Altro è quindi una presenza che non sia episodica o affidata alla buona volontà del singolo assessore, ma che nasca da scelte politiche precise, da battaglie che si intendono condurre, da una strategia che si dà alla attività della Regione. E se queste cose mancano, se questo impegno non c'è, se questa scelta politica non è stata fatta, la Regione è per forza assente, anche se fisicamente presente, in questo discorso, in un momento in cui, proprio per la delicatezza del passaggio dalla fase costituente alla fase di governo tutte le Regioni sono presenti e maturano la propria capacità, misurano i propri sforzi proprio su questo terreno, cioè su quello della conquista del loro spazio di autonomia.
Oggi questa crisi che si trascina stancamente, per la quale nei fatti e nella sostanza non è stato ancora operato alcun tentativo per uscirne, ha bloccato tutto, blocca questa capacità della Regione di essere presente nel concerto delle altre Regioni nei confronti del potere centrale, ma blocca le cose che andavano, seppure faticosamente avanti, attraverso l'attività del Consiglio e delle sue Commissioni. Blocca, o per lo meno ritarda, tutto l'iter del piano, che resta una scadenza alla quale non ci possiamo sottrarre se non vogliamo presentarci, alla fine della prima legislatura in condizioni disastrose davanti al giudizio dei cittadini piemontesi; un piano che necessariamente ha bisogno, per concludere il suo iter, della presenza di un organo politico, un piano che per quanta buona volontà mettano le Commissioni che lo stanno dibattendo, evidentemente ha bisogno del contraltare politico, ha bisogno del momento di governo per essere definito.
Così come sono forzatamente rallentati gli strumenti sui quali già si era venuto maturando tra contrasti, polemiche, dissensi e confronti anche aperti, un certo margine di consenso tra le forze del Consiglio e, credo di poterlo dire, al di là dei rapporti di maggioranza e di minoranza che vi erano anche con la vecchia Giunta di centro destra. C'erano alcune idee guida sulle quali si è venuta maturando a livello di classe politica della nostra Regione una ragionevolmente ampia sfera di consensi, salvo poi definire in dettaglio la realtà degli strumenti; ma che ci dovesse essere un Ente di sviluppo agricolo per esempio od una Finanziaria pubblica non era più messo in discussione. Certo che non siamo in grado di approfondire il contenuto di questi strumenti, proprio perché la Giunta nei fatti si rifiuta ad un confronto serrato, ritarda il momento della verità, quello cioè in cui, dopo avere accettato lo strumento, si arriva a definirne i contenuti, le modalità di attuazione.
Questa crisi rallenta, ritarda anche questo momento della verità, ci impedisce di definire questi strumenti, e gli altri di cui abbiamo parlato tante volte, quello della pianificazione territoriale ecc. Colleghi, se non chiudiamo la prima legislatura regionale almeno avviando la politica di programmazione e la politica di pianificazione territoriale, davvero non potremo dire perché siamo stati cinque anni a sedere su questi banchi.
Resta ancora da fare il discorso del controllo delle localizzazioni industriali, dello sviluppo equilibrato, il discorso della partecipazione della messa in moto dell'attività che gli enti locali, i Comuni, le Province stanno dimostrando di volere esercitare. Questi enti locali che sollecitano il confronto con la Regione, che vogliono essere ascoltati, che hanno dimostrato di volere dire una loro parola, questi enti locali devono essere messi nella condizione di incominciare, su un terreno concreto, la loro attività, di incominciare a muoversi sui temi della pianificazione territoriale. E allora bisogna impostare i comprensori, bisogna iniziare a realizzare i piani territoriali di coordinamento che sono le linee guida entro le quali si deve organizzare lo sviluppo nella nostra regione; per non parlare delle leggi, delle iniziative legislative bloccate, di quelle anche qualificanti per la crescita della nostra regione. Tutte queste cose sono ferme, bloccate inesorabilmente da una crisi che per il modo in cui si sta trascinando, per la lentezza estrema con la quale si viene dipanando (e io non voglio addentrarmi in nessuna indagine politica o fantapolitica al riguardo) è una crisi che ci preoccupa, è una crisi che riteniamo debba essere al più presto risolta.
Per quanto ci riguarda, noi socialisti, lo abbiamo già detto e lo ribadiamo, siamo pronti, disponibili fin d'ora, (abbiamo in recenti convegni dibattuto ampiamente i termini anche programmatici, precisi e analitici, dell'attività della Regione) a tutti i confronti seri, meditati precisi sulle scelte che stanno davanti alla Regione Piemonte.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FASSINO



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Gandolfi, ne ha facoltà.



GANDOLFI Aldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, sembra che sia stato abbastanza evidente, in queste ultime due settimane, che alla radice del protrarsi di questa crisi ci sia soprattutto un processo lento e difficile di raggiungimento di un equilibrio interno e di un'unità ed identità politica da parte della DC piemontese. Su questo mi sembra che non si possa e non si debba essere troppo moralisti e soprattutto che, pur nella gravità del prolungarsi di una crisi di questo genere, sia importante lasciare il tempo alla DC di trovare effettivamente condizioni di unità e di identità politica per la importanza che questa può avere per un corretto funzionamento degli enti locali e dell'ente regionale.
E' fuori di dubbio che le crisi che si son susseguite al Comune di Torino, come anche a livello regionale, da un anno e mezzo a questa parte abbiano le loro radici fondamentalmente in problemi di assetto interno che non sono stati ancora risolti.
Direi quindi che la DC può richiedere legittimamente un margine di tempo per risolvere questi problemi, purché a una soluzione si arrivi, cioè che la DC sia in grado finalmente di esprimere, con un quadro unitario anche a livello regionale, una linea politica, così come ha fatto a livello nazionale.
E' fuor di dubbio che tutte le considerazioni che il collega Simonelli a nome del PSI faceva sono perfettamente valide, questa è una fase della vita regionale nella quale avremmo dovuto gradualmente lasciarci alle spalle i problemi dell'impianto degli uffici e dell'assetto istituzionale per avviare definitivamente una linea di intervento regionale che si collochi in un quadro coerente di medio e lungo termine attraverso il piano regionale di sviluppo, dia delle indicazioni finalmente in positivo, chiare e precise di sviluppo della Comunità regionale e soprattutto di assetto del territorio e di equilibramento del territorio.
Il tempo che abbiamo di fronte non è più molto lungo, se non riuscissimo in uno sforzo di questo genere veramente rischieremmo di portare al fallimento questa prima legislatura regionale; ma siccome condizione indispensabile perché questo si realizzi è che ci sia un quadro politico corretto e solido, non possiamo che augurarci che questa ulteriore dilazione rappresenti finalmente un fatto risolutivo. Se non lo fosse veramente ci sarebbero delle grosse responsabilità da denunciare per quanto riguarda la soluzione dei problemi regionali.
E' con questo augurio e questo spirito che io credo possiamo accettare ancora qualche settimana di rinvio, purché questa prospettiva si apra concretamente e possa rappresentare un quadro politico di sicuro sviluppo e soluzione per i problemi regionali.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Vera. Ne ha facoltà.



VERA Fernando

Io penso che, tutto sommato, sia stato un errore non svolgere questo dibattito a conclusione della seduta di questa mattina, per dedicarvi invece la parte pomeridiana della nostra riunione; perché, se fosse avvenuta come coda della seduta mattutina, forse si sarebbe notato meno lo squallore di una discussione alla quale, fra l'altro, non assistono neppure la metà dei Consiglieri del Consiglio Regionale. E' un ben penoso spettacolo quello che offriamo alla cittadinanza, alla Regione, a noi stessi, direi, ad un certo punto, e che si ripeterà stancamente chissà per quanto ancora, se sono esatte certe preoccupanti previsioni che si sentono avanzare in giro, e che già qualcuno mi pare abbia riportato anche in quest'aula, secondo le quali passeranno ancora settimane, mesi prima che si giunga al superamento di questa crisi, per cui ci vedremo costretti a venir qui a recitare la nostra parte chissà quante volte ancora.



VIGLIONE Aldo

Stasera si recita a soggetto.



VERA Fernando

Intervenire in questo dibattito riesce estremamente difficile, e se il regolamento non fosse ferreo in proposito ciascuno di noi potrebbe benissimo inserire la registrazione dell'interevento svolto nella precedente riunione.
Per quanto concerne il mio partito, io non posso che ripetere ancora una volta che noi abbiamo dichiarato una infinità di volte, come del resto ha sentito prima fare dal collega Simonelli per il PSI, la nostra disponibilità a quella che a noi appare l'unica soluzione politicamente valida, quella di Centro-Sinistra, e che a nostro avviso altrettanto importante quanto la soluzione politica è che ad essa si giunga urgentemente, perché indubbiamente esistono problemi che noi non possiamo trascinare, accanto anche ai problemi di fondo che ha citato prima il collega Simonelli, e che sono problemi di carattere settoriale, quali quelli che noi Capigruppo siamo stati chiamati a prendere in considerazione e questa mattina e oggi (quelli che ci hanno posti i sindacalisti, gli studenti in ordine ad una eventuale ripresentazione modificata della legge sui libri di testo, quello in ordine alla legge per il personale) che attendono da mesi. Sono problemi che indubbiamente non potranno trovare soluzione se non nel momento in cui si formerà una nuova Giunta Regionale quando il Consiglio Regionale potrà essere nuovamente abilitato a legiferare ai sensi delle norme statutarie. Il protrarsi per mesi, come si ipotizza, di questa crisi bloccherebbe tutti questi problemi, oltre evidentemente, a soluzioni più di quadro e di fondo quali quelli che sono state citate.
Anche noi ci preoccupiamo, com'è logico, nell'ambito di un quadro di dialettica democratica, dei problemi interni della Democrazia Cristiana per cui prima il collega Gandolfi ci chiedeva di avere pazienza; però ci preoccupiamo anche, e direi in modo preminente, del fatto che facciamo parte di un istituto, l'ente Regione, che, essendo oltre tutto un istituto nuovo, ha bisogno di acquistarsi una credibilità nei confronti dell'opinione pubblica, tanto più che ci stiamo avvicinando alla fine della presente legislatura. Il 1975 si avvicina sempre più e il tempo a nostra disposizione si riduce con altrettanta rapidità. Continuando a segnare il tempo noi in pratica mettiamo in gioco la credibilità dell'istituto, che è poi anche la credibilità della democrazia.
E' una situazione di cui evidentemente dobbiamo tutti preoccuparci, in rapporto alle forze e alle posizioni di responsabilità dei vari partiti cui apparteniamo, e più di tutti il partito di maggioranza relativa, in cui militano i due quinti dei Consiglieri regionali, a cui noi facciamo appello perché ritrovi l'equilibrio, l'unità interna eccetera, ma anche perch conscio dei doveri che ad esso competono, dia al più presto, senza ulteriori dilazioni, una soluzione a questa vicenda, nella quale sono coinvolte tutte le forze politiche ed anche, a mio parere, la credibilità dell'istituto della democrazia, almeno nella nostra Regione.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE OBERTO



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Rossotto. Ne ha facoltà.



ROSSOTTO Carlo Felice

Signor Presidente, Colleghi Consiglieri, dalle dichiarazioni che questa mattina ha fatto il Presidente sono emerse due questioni che in certo modo rispecchiano la gravità della situazione politica costituente lo scenario di fondo - uno scenario alquanto logoro, per il suo frequente riproporsi nella nostra Regione - della crisi: una il problema del rinvio da parte del Governo della legge per la gratuità dei libri di testo agli alunni delle scuole medie, e l'altra, di non secondaria importanza, a mio avviso, della precaria situazione della nostra agricoltura, che si è estrinsecata a sua volta in due episodi, quello del 31 ottobre, quando gli agricoltori si sono riuniti alla Camera di Commercio di Torino, come Unione Agricoltori, e quello di lunedì scorso, allorché una rappresentanza più numerosa, più organizzata, più forte e direi anche più folcloristica, ha evidenziato appieno la tragicità di quanto avviene nelle campagne con una manifestazione in qualche caso anche di violenza, che hanno suscitato preoccupazione nella gente della città, abituata al cliché che fa degli agricoltori la personificazione della mitezza.
C'è una crisi politica, dicevo, ma non ci si rende conto che essa non è sulla formula. E' finito il Centro-Destra, diceva il collega Berti. Sì, è finito. Ma su che cosa, per che cosa, su quale provvedimento si è fatto cadere il Centro-Destra? Sulla legge per i libri gratuiti? Non mi pare perché ancora questa mattina abbiamo visto che con il consenso, mi pare, di coloro che ci hanno chiamati ad occupare questi banchi, è stato confermato un certo tipo di volontà che non mi pare possa essere condannato, almeno se riteniamo che la nostra opera debba essere diretta a far stare meglio i nostri amministrati e nel contempo ad attuare certi principi costituzionali.



VIGLIONE Aldo

Ti riferisce ai tuoi elettori.



ROSSOTTO Carlo Felice

Ai miei e anche ai tuoi, coloro che questa mattina ci hanno ricordato che ci hanno eletto e che vogliono sapere che cosa noi facciamo.



VIGLIONE Aldo

Il compagno Jona, però.



ROSSOTTO Carlo Felice

Ma vedi, il compagno Jona, che è poi l'amico Jona.



VIGLIONE Aldo

Mi richiamavo ad una espressione che hai usato tu.



ROSSOTTO Carlo Felice

Non è il caso che ti agiti, anche se comprendo che tu avresti preferito che il suo posto fosse occupato dal compagno Dalmazzo. Ecco, è questo il chiodo fisso di voi socialisti: continuate a chiedere il cambio delle persone, nell'illusione che così sia possibile risolvere certi problemi. Ma alla presidenza del San Paolo c'è, e rimane, il prof. Jona, e in rapporto a ciò ho dato il 5 giugno una chiarificazione su una questione che sembrava particolarmente segreta, evidenziando che l'utilizzo dei fondi e degli utili sia del San Paolo che della Cassa di Risparmio non aveva alcun motivo di segretezza, che però non era possibile orientarli per una politica urbanistica, per la quale meglio si addicono altri fondi. Ma voi, che pure siete stati al Governo in Italia per dodici anni, non mi pare che abbiate operato in questo senso: è inutile, quindi, che, improvvisamente, questa sera, Viglione, tu ti risvegli ed evidenzi a livello personale certe soluzioni politiche. Rimaniamo sereni, non facciamo fuochi d'artificio, non comportiamoci come gli agricoltori che son venuti a portar via le panchine da corso Galileo Ferrarsi. Questa crisi, che si trascina stancamente evidentemente riverbera la sua stanchezza anche su tutti noi. Lasciate che anch'io reciti la mia parte in questa commedia stiracchiata che tutti stiamo rappresentando: se vogliamo fare discorsi personalistici, andiamo ad esaminare le posizioni dei singoli che vogliono qui parlare e recitare a soggetto, come tu stesso hai detto. Noi non recitiamo a soggetto: recitiamo secondo il canovaccio della democrazia.
Come esponente di quella parte di Centro-Destra che, ad un certo momento, è stata sbattuta fuori dalla Giunta per operare una svolta, io chiedo quale atto politico di contenuti ha portato alla caduta di quella maggioranza, lo dichiaro una volta di più il mio apprezzamento per il dimissionario Presidente della Giunta, che non è oggi qui presente, per il fatto che ha ricordato che questa maggioranza di Centro-Destra sui contenuti si è misurata con l'assemblea e molte volte ha ottenuto l'unanimità su singoli provvedimenti che essa ha proposto. Questa mattina abbiamo avuto ancora il riconoscimento delle forze vive del Paese, che dalla tribuna per il pubblico hanno, anche se redarguite in tono paternalistico dal nostro Presidente del Consiglio, comprovato con il loro atteggiamento che quel provvedimento, da noi assunto, e bocciato a Roma da coloro che sono "di un passo più avanti" di noi, per usare le parole di Berti, è valido, per cui è ancora da vedere se noi e voi insieme, abbiamo adottato un provvedimento retrogrado nei confronti di coloro che decidono a Roma, oppure se quelli che sono a Roma sono leggermente in arretrato rispetto a noi, se hanno fatto loro un passo indietro. Ma non voglio lasciarmi tentare dalla polemica.



CARAZZONI Nino

Questa è demagogia, Rossotto!



ROSSOTTO Carlo Felice

Mi pare che sia la vostra la demagogia più facile: quella di approfittare degli errori che le forze democratiche stanno compiendo per atteggiarvi a salvatori del Paese, a portatori di pace sociale, accusando tutte le altre forze di essere corrotte. Permettetemi, una volta tanto almeno fra noi, di fronte ai Colleghi che hanno lo stesso tipo di mandato di funzione di parlare in maniera molto chiara, molto seria. Io non credo di aver fatto della demagogia: ma se così fosse, ne chiedo scusa a te, come agli altri Colleghi, quei pochi che sono rimasti ad ascoltarmi; ne dovrei dedurre che, quando improvviso, faccio demagogia.
Ma ritorno al nocciolo del mio intervento. E' stata aperta, qui, una crisi: crisi al buio, da noi condannata non perché volessimo a tutti i costi restare in Giunta, ma perché ci saremmo attesi almeno di sentirci dire - anche per poterlo poi spiegare a coloro che ci hanno mandati qui per quale motivo non dobbiamo più far parte di un certo tipo di maggioranza. Ma questo discorso di contenuti non l'abbiamo sentito. E oggi di ciò paghiamo le conseguenze.
E' inutile che si venga a lamentare, come ho rilevato anche in interventi di esponenti socialisti che pure hanno richiesto, preteso questo tipo di crisi, che questa situazione abnorme pare destinata a trascinarsi lungamente. Nel formulare un certo tipo di mozione prospettando l'opportunità di rivedere la composizione della maggioranza, rovesciando certi tipi di maggioranza, il Partito socialista non aveva indicato precisi obiettivi sui quali ci potesse essere un confronto chiaro: aveva semplicemente chiesto un mutamento di formula, il che non mi pare sufficiente per portare avanti un discorso di chiarezza.
Ha detto il collega Bianchi, con quella serietà e quell'impegno morale che non si può non accreditargli da chi abbia avuto modo di seguirne l'attività sia in Consiglio Regionale che nelle Commissioni, che è impegno suo personale e dei colleghi della Democrazia Cristiana cercar di risolvere al più presto questa crisi. Però, collega Bianchi, non basta l'impegno personale: ci vuole l'impegno politico, assunto con chiara responsabilità.
E in questo senso va ancora una volta sottolineata la chiarezza della posizione politica dei colleghi del Gruppo comunista. Da anni essi sono all'opposizione: lo erano al tempo del primo Centro-Sinistra, lo erano mentre vigeva la formula centrista or ora caduta, non posso anche qui, come in sede nazionale però arrogarsi il merito di aver fatto cadere il Centro Destra, perché esso è caduto per volontà degli organi nazionali della Democrazia Cristiana e degli altri partiti alleati e non perché qui, nei fatti, nei contenuti specifici, si fosse palesata una contraddizione interna nella maggioranza.
Il collega Bianchi ha accennato che le maggiori difficoltà per la composizione della crisi riguardano la copertura dei posti di Sindaco di Torino e di Presidente dell'Assemblea Regionale. Così deve essere effettivamente, perché tutti quei discorsi, fondamentalmente nobili e validi da un punto di vista concettuale, che si sono sentiti oggi anche nell'intervento del collega Simonelli - piani di coordinamento territoriale politica di insediamenti e via dicendo -, riguardanti problemi che quotidianamente ci troviamo ad affrontare in Commissione con tutte le forze vive della nostra Regione, non hanno finora sollevato fra di noi alcun contrasto. E mi pare che l'alleanza, in rapporto ad essi, sia molto più ampia di quella che potrebbe essere necessaria per gestire una Giunta Regionale; perché quando parliamo di questi problemi concreti e specifici l'alleanza comprende anche il Partito comunista. Non è qui questione di compromessi storici o di incontri storici: su questi aspetti noi possiamo chiaramente dire che ci sono state delle forze che hanno riconosciuto la validità di alcuni principi; anche se poi manchi l'accordo su come vanno gestite queste cose, con che chiarezza di opposizione, e che cosa si vuole fare quando si sono realizzati questi istituti. Perché non si può neanche ritornare a parlare all'improvviso di un ente di sviluppo agricolo, la cui creazione ha suscitato in tutte le forze politiche che ne hanno discusso in Commissione seriamente i dubbi sul significato della sua realizzazione.
Ritornare a sostenere all'improvviso che il rilancio di una politica di credibilità regionale richiede che si realizzino degli istituti sul tipo di questo, che all'esame della Commissione ha dimostrato di scricchiolare notevolmente, e mi pare non per volontà della mia componente politica soltanto (perché alla mia parte, che ha esposto con chiarezza i dubbi hanno dato il loro sostegno le altre forze che qui hanno sempre criticato l'alleanza politica dalla quale è derivata la maggioranza di Centro-Destra) non è cosa ragionevole: l'Ente di sviluppo agricolo non è avanzato per volontà comune a molte altre forze al di fuori di quella maggioranza di centro destra oggi, come ieri per alcuni segno di arretratezza.
Noi abbiamo il dovere di parlarci in modo molto chiaro. Il sostenere come fa il collega Minucci da due anni, cioè da quando è stata costituita la Giunta centrista - che non è utile favorire un certo tipo di ripresa che premi un certo sistema ma bisogna incentrare lo sviluppo attraverso un nuovo sistema, è indice di onestà e di chiarezza di discorso. Vogliamo accedere a questo tipo di discorso, che viene proposto in maniera sempre più chiara, sempre più aperta, sempre meno allarmante anche per i buoni borghesi, tanto che il ministro Donat-Cattin arriva a dire che la proposta del Partito comunista equivale ormai nient'altro che a portare avanti il discorso fatto da Gramsci di un'alleanza degli operai del Nord con gli agricoltori del Sud, discorso con il quale si cerca oggi di agganciare la borghesia produttrice? Il discorso va affrontato in questa sede, dal Consiglio Regionale, con questo tono, partendo chiaramente dal discorso portato avanti dalla opposizione. Oppure continueremo a baloccarci nascondendoci dietro le parolette, dietro il ditino, sostenendo che questo o quello sono le formule che vanno meglio, che risolvono tutti i mali.
Perché realmente, con il portare avanti la soluzione del problema soltanto premiando un certo tipo di formula, noi non risolveremo alcun problema politico, perderemo credibilità e avvantaggeremo coloro che non partecipano direttamente a questo dialogo, non credendo a tutti quei nobili concetti che sono stati oggi espressi qui e che fanno parte di una dialettica che si addice ad una democrazia moderna, progressista, una democrazia che vuol misurarsi con i problemi, una democrazia che vuole risolvere dei problemi ed invece se li fa saltare addosso e in maniera sempre più grave. Così facendo, apriremo veramente la strada alle due opposizioni che nel Paese stanno avanzando: una con un suo discorso chiaro economico, politico ideologico, l'altra che gioca su tutti gli errori di una classe politica democratica e su tutti i timori di una popolazione malamente amministrata come sta di giorno in giorno rivelandosi la nostra.
Se questo è l'intendimento nostro, continuiamo pure su questa strada fatta di crisi aperte al buio, di giochetti, per rimuovere ostacoli politici che non esistono se non dietro a strane posizioni personalistiche che molto più chiaramente potrebbero essere evidenziate e che molto più chiaramente evidenziate potrebbero rappresentare allora degli interessi politici. Perché la politica è fatta di interessi, di posizioni di contrasto, di scelte.
Io non credo che non si debba ancora premiare il discorso del 51 %.
Perché al momento in cui noi, in un Paese democratico, neghiamo il diritto del 51 % di governare e cerchiamo il discorso dei consensi, imbocchiamo una strada molto pericolosa, che è la strada del dire che non vale neanche più il gioco di un'assemblea ristretta di individui che rappresentano altri cittadini dai quali sono stati delegati ad esserne portavoce, ma si cerca un discorso molto più corale, molto più assembleare per sopire i contrasti che esistono nel Paese. E questa è una formula che non mi augurerei che il nostro Paese, la nostra società accogliesse così, semplicemente per mancanza, ad un certo momento, di capacità intrinseca di reagire ad una certa situazione che si è determinata con il continuare a giocare e ripetere parole e discorsi sfruttati e non utili a produrre soluzioni concrete.



PRESIDENTE

Mi è parso di cogliere un appunto nei miei riguardi del Consigliere Rossotto: se non sbaglio, egli ha detto che ho usato un tono paternalistico verso coloro che stamane affollavano il settore riservato al pubblico. Lo pregherei di correggere quella affermazione, riconoscendo che il mio intervento è stato non in tono paternalistico ma se mai paterno.



ROSSOTTO Carlo Felice

Chiedo scusa. Quando si improvvisa, capita a volte di usare espressioni non perfettamente collimanti con il pensiero.



PRESIDENTE

La ringrazio per la precisazione. Ha chiesto di parlare il Consigliere Curci. Ne ha facoltà.



CURCI Domenico

Signor Presidente, a trenta giorni di distanza dall'apertura ufficiale e a quarantacinque dall'apertura sostanziale della crisi, ci troviamo oggi in quest'aula cacofonica - come ella ha sottolineato questa mattina - e piuttosto gelida, a ripetere stancamente il dibattito sulla crisi non risolta.
Le norme statutarie, prevedendo la convocazione quindicinale del Consiglio in caso di crisi della Giunta, obbligano le forze politiche a ripetere stancamente, come è stato notato, opinioni già espresse la volta passata. Ingenuamente ottimisti, avevamo però sperato che oggi il Presidente della Giunta sarebbe venuto ad illustrarci i motivi per cui si è determinata questa situazione di stallo. Il Presidente della Giunta non ha ritenuto di intervenire, né alcun altro esponente delle forze della futura maggioranza ha sentito il dovere di spiegare le ragioni che fanno sì che la Regione Piemonte sia da oltre un mese senza governo.
Che cosa si aspetta? Se vi sono dissensi, come si dice, all'interno delle forze della maggioranza, il Consiglio dovrebbe esserne informato, per trarne le conclusioni o per dare delle indicazioni. Se vi sono divergenze programmatiche, il Consiglio dovrebbe pure esserne posto a conoscenza. Se poi, invece, si tratta, com'è verosimile, anzi com'è quasi certo, soltanto di una questione di posti, allora dovremo aspettare che l'on Secreto sindaco di Torino, dia le dimissioni dalla sua carica affinché possa subentrargli l'ing. Porcellana, e conseguentemente, in ossequio a quell'organigramma che tiene conto non soltanto delle forze politiche della maggioranza ma anche, soprattutto, delle correnti esistenti all'interno della maggioranza, la poltrona della presidenza di questo Consiglio sia occupata dal Consigliere Viglione?



VIGLIONE Aldo

Grazie.



PRESIDENTE

Con questi due braccioli che inchiodano fermamente a questo posto, non credo che questa poltrona sarebbe molto adatta al temperamento del Consigliere Viglione, che lo porta al movimento.



CURCI Domenico

C'è da sperare che se, Dio non voglia, davvero quella poltrona dovesse essere, occupata da Viglione, la staticità che essa comporta calmi l'agitazione che lo pervade incessantemente sui banchi di questo Consiglio.
Se questi sono i motivi, dicevo, Signor Presidente, quanto abbiamo detto, con parole forse crude ma certamente realistiche, la volta scorsa, a proposito dello schifo emergente dalla opinione pubblica trova una ulteriore puntuale conferma.



PRESIDENTE

Nessun altro Consigliere è iscritto a parlare. Devo trarre, pertanto la conclusione che, essendo mancata la presentazione del documento sottoscritto da almeno un terzo dei Consiglieri assegnati alla Regione, con il quale si dovrebbero proporre al Consiglio le linee politiche amministrative, con la indicazione del nome del Presidente e della lista degli Assessori, l'argomento resta chiuso attraverso gli interventi che si sono avuti, e non è possibile procedere agli adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto per la elezione del Presidente della Giunta e della Giunta Regionale stessa.


Argomento:

Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto per l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta Regionale (seguito)

Argomento:

Interpellanze e interrogazioni (annuncio)


PRESIDENTE

Debbo adempiere all'ultima formalità, quella di dare comunicazione delle interrogazioni e interpellanze presentate, seguendo il solito sistema, di riassumerle per poi farne avere copia ai Consiglieri: una interrogazione con carattere d'urgenza presentata dal Consigliere Nesi per sapere se la Regione abbia espresso parere favorevole al raddoppio della centrale Enel di Chivasso e se non intenda avvalersi della facoltà prevista dal decreto per impedire che si aggravi ulteriormente l'inquinamento del Chivassese una interpellanza del Consigliere Carazzoni relativa alla modifica dell'orario ferroviario invernale, "per sapere se il Presidente della Giunta e l'Assessore competente non intendano intervenire per chiedere che a partire dall'entrata in vigore dell'orario estivo vengano realizzate comunicazioni ferroviarie più comode e frequenti per Domodossola e Torino via Arona-Romagnano Sesia-Santhià e Arona-Novara" una interrogazione, molto lunga, rivolta all'Assessore regionale alla Programmazione e al Bilancio, Finanze e Patrimonio, con richiesta di risposta scritta, dei Consiglieri Sanlorenzo, Berti e Raschio relativamente all'assegnazione di somme da parte dello Stato, per sapere quali di queste somme, che sono indicate in quindici punti, siano state attribuite alla Regione e siano state dalla Regione impegnate nel bilancio regionale, per quale ammontare queste somme sono state effettivamente ripartite, come e se spese, e, infine, se, in relazione alla situazione sopra esposta, non ritenga opportuno predisporre, in aggiunta ai bilanci un bilancio di cassa per gli esercizi 1972 e 1973, al fine di una miglior comprensione della situazione finanziaria della Regione.
Mi giunge ancora in questo momento una interrogazione con richiesta di risposta scritta del Consigliere Carazzoni, rivolta al Presidente della Giunta, per sapere quando e per quali ragioni è stata deliberata l'apertura di una sede della rappresentanza della Regione a Roma, dove è ubicata quale onere di spesa ha comportato l'affitto e l'acquisto dei locali quanto personale vi è adibito, con quali mansioni, con quale retribuzione e a chi è riservato l'uso dell'autovettura di rappresentanza.
Tutte queste interrogazioni, che ho così sintetizzato, verranno trasmesse tempestivamente, nel testo integrale, ai singoli Consiglieri.
Il Consiglio sarà convocato a domicilio nel termine di quindici giorni previsto dalle norme statutarie e regolamentari.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 17,45)



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