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Dettaglio seduta n.169 del 19/07/73 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE OBERTO


Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Comunico che sono in congedo i Consiglieri Gandolfi, Giovana Marchesotti (per la seduta di questa mattina) e l'Assessore Visone.


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

Punto primo dell'ordine del giorno. "Approvazione verbali precedenti sedute".
I processi verbali delle sedute del 12 luglio sono stati distribuiti prima della seduta odierna, i Consiglieri ne hanno certamente preso conoscenza. Qualcuno ha da avanzare osservazioni al riguardo? Allora, pongo in votazione il testo dei verbali delle precedenti sedute. Chi approva è pregato di alzare la mano. I verbali sono approvati.


Argomento: Opere pubbliche - Edilizia: argomenti non sopra specificati

Interrogazione del Consigliere Viglione sulla lunghezza dell'iter burocratico di un appalto


PRESIDENTE

Punto secondo dell'ordine del giorno. "Interpellanze e interrogazioni".
Interrogazione letta in Consiglio il 28 giugno, del Consigliere Viglione, relativa a: "Lunghezza dell'iter burocratico di un appalto, che va abitualmente deserto a causa dell'aumento dei prezzi nel periodo che intercorre tra la deliberazione e l'approvazione degli organi competenti".
Ha facoltà di parlare l'Assessore Falco, al quale compete rispondere.



FALCO Giovanni, Assessore ai lavori pubblici

Il collega Avv. Viglione, in data 27/6/'73, ha interrogato il Sig.
Presidente e l'Assessore competente per sapere se gli stessi "siano a conoscenza del fatto che la lunghezza dell'iter burocratico di un appalto è tale che esso va abitualmente deserto a causa dell'aumento di prezzi intercorso tra la deliberazione comunale e l'approvazione degli organi competenti".
L'interrogante chiede inoltre di conoscere "quali provvedimenti la Giunta intenda adottare affinché questo fenomeno venga superato, tenendo anche conto che ai Comuni vengono concessi dalla Regione mutui in base alla prima deliberazione di appalto e che quindi essi risultano insufficienti nel momento in cui viene indetta una nuova gara con prezzo aumentato".
Rispondo al Collega che molto opportunamente ha sollevato un problema che preoccupa gli Enti locali e l'Amministrazione Regionale, che continua ad applicare la legislazione statale vigente anche allo scopo di sperimentarla e disporne le opportune correzioni.
Risulta che presso altre Regioni, dove si verificano gli stessi inconvenienti, si stanno studiando idonei rimedi.
Si ritiene, però, che l'interrogante si riferisca involontariamente a casi legati a promesse di contributo ministeriale. Infatti, l'iter compreso fra la deliberazione comunale e l'approvazione del progetto da parte degli organi competenti prevede le seguenti fasi: approvazione progetto da parte dell'Amministrazione comunale esame degli atti da parte dell'Ufficio del Genio civile competente per territorio esame degli atti da parte del Provveditorato OO.PP. che provvede per il decreto di approvazione del progetto stesso e per la concessione definitiva del contributo.
A tal proposito va rilevato che allorquando competente in materia era il Ministero LL.PP., i progetti delle opere, una volta pervenuti al Provveditorato OO.PP., spesso vi sostavano per un anno mediamente, in attesa che detto Ministero accreditasse i fondi promessi al Provveditorato.
Con il passaggio delle competenze dal Ministero alle regioni questo inconveniente non si verifica più, in quanto l'Amministrazione regionale approva programmi d'intervento contenuti entro i limiti delle disponibilità di bilancio. Ciò consente di approvare i progetti a mano a mano che gli stessi pervengono al Provveditorato OO.PP.
Attualmente, tra la prima e la terza fase di cui sopra (approvazione del progetto da parte dell'Amministrazione comunale - approvazione progetto e concessione definitiva del contributo parte del Provveditorato OO.PP.) intercorre, in media, un periodo non superiore ai tre mesi, mentre prima in molti casi, occorreva un anno di tempo in più.
Inoltre, bisogna tener presente che, mentre in passato il Decreto di approvazione veniva controllato dalla Ragioneria dello Stato, prima, e dopo dalla Corte dei Conti (tempo mediamente impiegato, due o tre mesi) attualmente per il decreto medesimo viene soltanto annotato l'impegno della Ragioneria regionale (pochi giorni di tempo).
La Giunta, comunque, segue l'interessante problema e non tralascerà di adottare ogni opportuno provvedimento in merito, di cui terrà informato l'interrogante.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere interrogante.



VIGLIONE Aldo

Ringrazio l'Assessore Falco della sua risposta, che ci ha anche dato modo di constatare come l'iter di queste pratiche, con il passaggio delle competenze alla Regione, sia diminuito sostanzialmente, in alcuni casi da sedici-diciasette mesi a tre mesi. Ciò fa bene sperare che l'inconveniente che ho rilevato nella mia interrogazione non abbia più a ripetersi.
Nella mia interrogazione io ho inteso riferirmi a tutto il complesso dell'iter delle pratiche, quindi non soltanto all'approvazione dei progetti ma anche a quei decreti di espropriazione e di dichiarazione di pubblica utilità che sono di competenza dell'Assessore all'Urbanistica, e che evidentemente fanno parte di tutto il complesso dei lavori, perché spesso sono abbinati e al finanziamento e alla approvazione dei progetti, e collegati alla dichiarazione di urgenza e indifferibilità delle opere unitamente ad eventuali espropri che debbano essere eseguiti. E desidero appunto rilevare che, per quanto concerne Cuneo, che aveva, se non vado errato, in sospeso la emissione di sette decreti, per parte dei quali la richiesta era stata avanzata nel mese di febbraio, per altri di marzo, per altri ancora di aprile, soltanto l'intervento dell'Assessore, e successivamente del Presidente, diretto a sveltire le pratiche, ha permesso al Comune di Cuneo di giungere ad ottenere quanto richiesto, per una serie di cooperative per la costruzione di fognature e di altre opere pubbliche.
E' giusto quanto dice l'Assessore Falco, che i finanziamenti di cui oggi si discute sono ancora quelli che il Ministero dei Lavori Pubblici ha ancora concesso sulla 181, la 184, la 1090, e cioè la costruzione di strade e la costruzione di opere idrofognanti nel quadro del piano quinquennale 1971-1975. Pur tuttavia, adesso il problema si pone. Cioè, se non vado errato, in Piemonte il piano idrofognario prevede un intervento grosso modo dai 46 ai 50 miliardi. Quando le opere verranno messe in appalto, ci si troverà di fronte ad aumenti del 25-30 per cento, il che significa, per i Comuni della nostra Regione, una maggiorazione di 15 miliardi. E sì che certi Comuni si sono già trovati in difficoltà a partecipare per il 20 o il 30 per cento della spesa, oppure ad accollarsi l'impegno che comporta il mutuo della Cassa Depositi e Prestiti richiesto per la esecuzione delle opere. Come potranno reperire questi 15 miliardi? Pure, a meno di rinunciare alla esecuzione di questi 50 miliardi di opere, occorre trovarli. I Comuni non avevano previsto un simile aggravio, e quindi, nei bilanci di questi anni, del '72 e anche del '73, non avevano tenuto alcun conto di un maggior costo delle opere.
Quale soluzione si può escogitare a tale stato di cose? Ritengo anch'io che non sia facile trovarne una, tanto più che non vi sono attualmente strumenti legislativi che possano consentire alla Regione di intervenire con un congruo contributo ai Comuni, quando nello stesso bilancio regionale non vi è una voce che abbia una capienza di 15 miliardi cui attingere. Io ritengo che solo una proposta di legge da parte della Regione diretta ad individuare le maggiorazioni di costo ed a permettere naturalmente alla Regione di intervenire onde consentire la realizzazione di opere di notevole interesse....



FALCO Giovanni, Assessore ai lavori pubblici

Quando un Comune ci fa la relativa segnalazione, noi teniamo già conto di questi aumenti



VIGLIONE Aldo

Sarò grato all'Assessore se vorrà comunicarmi successivamente se sono stati numerosi i Comuni che già hanno fatto tali segnalazioni.
Mi dichiaro pertanto, concludendo, soddisfatto della risposta. Chiedo però che, sia per quanto riguarda le opere che ormai sono di competenza della Regione, e pertinenza dell'Assessorato ai Lavori pubblici, sia anche per quelle di pertinenza dell'Assessorato all'Urbanistica, si miri ad un ulteriore sveltimento. E' inconcepibile che una pratica per un decreto di pubblica utilità e indifferibilità delle opere o anche di esproprio debba avere un iter di quattro-cinque mesi: una volta che tutta la documentazione sia stata presentata non dovrebbero essere necessari più di trenta giorni al massimo.
Il problema si presenterà anche quando scatterà la 865 per le cooperative. Gli ultimi due decreti di Cuneo, per esempio, riguardavano due cooperative, per 24 alloggi l'uno e 18 l'altro. Se tutto l'iter si fosse concluso con ragionevole tempestività, i costi sarebbero stati del 30-40 per cento inferiori (sull'edilizia si sono avuti recentemente aumenti anche del 40-50 per cento). La carenza di personale all'Assessorato all'Urbanistica non può essere una valida giustificazione: si deve provvedere ad ovviarvi. La Regione, a quanto ci ha precisato recentemente l'Assessore Chiabrando, dispone di 1155 dipendenti: è inammissibile che l'Assessore all'Urbanistica venga a dirci che perché mancano tre dattilografe e tre geometri le pratiche non possono essere portate avanti.
Comunque, ringrazio l'Assessore Falco, e, ripeto, mi dichiaro soddisfatto per la sua risposta.



PRESIDENTE

L'interrogazione è discussa.


Argomento: Edilizia pubblica (convenzionata, sovvenzionata, agevolata)

Interrogazione dei Consiglieri Berti, Rivalta, Vecchione sulle nomine dei rappresentanti del Consiglio di amministrazione degli I.A.C.P. e sul loro immediato insediamento


PRESIDENTE

Interrogazione presentata dai Consiglieri Berti, Rivalta, Vecchione letta in Consiglio il 28 giugno, relativa a: "Nomina dei rappresentanti del Consiglio di amministrazione degli I.A.C.P. e immediato insediamento".
La risposta spetta all'Assessore Benzi, che ha facoltà di parlare.



BENZI Germano, Assessore all'urbanistica

In data 28 giugno i tre colleghi Rivalta-Berti e Vecchione hanno presentato una interrogazione relativa alla ristrutturazione del Consiglio di amministrazione degli I.A.C.P.
Com'é noto, l'art. 6 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, prevede che entro un anno dall'entrata in vigore della legge stessa gli Istituti autonomi per le Case popolari debbano provvedere alla ristrutturazione del loro Consiglio di amministrazione secondo la seguente composizione: a) tre membri eletti dal Consiglio provinciale, uno dei quali in rappresentanza della minoranza b) un rappresentante del Ministero dei Lavori pubblici c) un rappresentante del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale d) tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nominati dalla Giunta provinciale su terna proposta dalle organizzazioni medesime e) un rappresentante degli assegnatari di alloggi economici-popolari eletto dal Consiglio provinciale e scelto in una terna proposta dalle associazioni degli assegnatari f) un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei lavoratori autonomi maggiormente rappresentativa, nominato dalla Giunta provinciale su una terna proposta dalle organizzazioni medesime g) per gli I.A.C.P. operanti su un territorio con popolazione superiore ad un milione di abitanti, nel Consiglio di amministrazione dovranno essere nominati dal Consiglio regionale tre membri, uno dei quali in rappresentanza delle minoranze.
La nomina dei tre membri di cui sopra è necessaria soltanto per lo I.A.C.P. della Provincia di Torino, in quanto è l'unico che operi su di un territorio la cui popolazione è superiore a un milione di abitanti.
Come primo adempimento, il rinnovo del Consiglio di amministrazione ha comportato la modifica dello Statuto organico e conseguente inoltre per l'approvazione al Ministero dei Lavori pubblici.
Ottenuta l'approvazione di cui sopra, gli I.A.C.P. hanno invitato gli enti preposti a provvedere alla nomina dei membri di propria competenza.
Nel caso, in particolare, dello I.A.C.P. di Torino, al quale fa specifico riferimento l'interrogazione in oggetto, è opportuno considerare che lo stesso è stato uno dei primi in Italia ad aver assunto la deliberazione di modifica delle norme statutarie, ed attualmente gli Enti preposti alla nomina hanno già assolto ai seguenti adempimenti: a) l'Amministrazione provinciale ha già effettuato le nomine di competenza nei seguenti nominativi: Antonio Romeo e Umberto Novarese, in rappresentanza della Provincia di Torino, nominati con deliberazione del 22/3/1973 dal Consiglio provinciale Mario Dezani, in rappresentanza della Provincia di Torino, con deliberazione 28/5/1973 del Consiglio provinciale Giuseppe Carlo Nicola, in rappresentanza degli assegnatari di alloggi economici-popolari, nominato con deliberazione 22/3/1973 dal Consiglio provinciale Leonardo Paradiso, Alberto Reale, Alfredo Perozzi, in rappresentanza delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nominati con deliberazione 4/4/1973 della Giunta Provinciali Erminio Trevisio, in rappresentanza delle organizzazioni sindacali dei lavoratori autonomi, nominato con deliberazione 4/4/1973 della Giunta provinciale b) il Ministero dei LL.PP. ha confermato quale consigliere il dr. Luigi Bambini, ispettore generale A.C., addetto alla Direzione generale delle Opere Marittime c) il Consiglio Regionale, con deliberazione n. 57, in data 10 maggio 1973, ha nominato i tre membri di propria competenza.
Successivamente, però, in data 6 luglio 1973, l'Amministrazione provinciale, con nota n. 9290, comunicava che uno dei membri nominati in rappresentanza delle organizzazioni sindacali (l'architetto Alberto Reale) non intendeva accettare la nomina, per cui si rende necessario provvedere ad una nomina sostitutiva.
L'Amministrazione provinciale, nel contempo, precisava che avrebbe provveduto con la massima sollecitudine a detta nomina sostitutiva, al fine di permettere un pronto insediamento del nuovo Consiglio di amministrazione.
E' pertanto impegno della Giunta Regionale operare affinché i relativi adempimenti siano assolti con la massima sollecitudine.
Relativamente al punto 2 dell'interrogazione, si ritiene che l'attuale Consiglio di amministrazione, in carenza delle nomine prescritte dall'art.
6 della legge 865, non possa considerarsi decaduto, per cui, essendo attualmente in carica, ha tuttora poteri decisionali, tuttavia è opportuno considerare che la deliberazione assunta dal Consiglio di amministrazione dello I.A.C.P. si riferisce alla riorganizzazione parziale dell'organico limitatamente, quindi, all'articolazione di alcuni servizi ed uffici.
Le Organizzazioni sindacali interne dell'Istituto (CGIL, CISL, UIL UNRS), a seguito degli accordi aggiuntivi al contratto nazionale dei lavoratori, sottoscritti in data 22 novembre 1971, avevano, a suo tempo richiesto all'Amministrazione dell'Istituto una ristrutturazione generale degli uffici e del personale. All'uopo, l'Amministrazione dello I.A.C.P.
aveva incaricato, da più di un anno, la Commissione per gli affari del personale di presentare proposte concrete per la formazione di un nuovo organigramma.
Rilevata l'inerzia della Commissione, l'Amministrazione dello I.A.C.P.
preoccupata della carenza di alcuni servizi e preso atto dei compiti innovativi che la legge 865 ed i decreti delegati hanno posto a capo degli I.A.C.P., ha previsto una parziale revisione della pianta organica rivedendo solo quei settori laddove le carenze si sono dimostrate macroscopiche e indilazionabile e apparso un immediato intervento correttivo.
Il Consiglio di amministrazione dello I.A.C.P. ha proposto un intervento parziale, proprio perché operava in un periodo di transizione in vista dell'imminente insediamento del nuovo Consiglio, ha ritenuto opportuno non procedere alla totale ristrutturazione dell'organico, per non mettere i nuovi Consiglieri di fronte al fatto compiuto.
Lo studio predisposto per la revisione parziale è stato, inoltre ulteriormente contenuto rispetto alla soluzione ottimale, al fine di consentire, in un secondo tempo, eventuali diverse impostazioni dei nuovi Consiglieri.
Il Consiglio di amministrazione ha ritenuto di potenziare il settore inquilinato-legale, in quanto, ancor prima della pubblicazione dei decreti delegati, era stata rilevata una notevole carenza nell'espletamento delle specifiche mansioni.
E' stato, inoltre, potenziato il centro stampa e studi, al fine di provvedere alla tempestiva stesura di relazioni per la raccolta di notizie e dati.
A questo proposito, è opportuno considerare che gli I.A.C.P. negli ultimi tempi sono stati notevolmente impegnati a fornire dati agli Organi ministeriali, Regioni, A.N.I.A.C.A.P. e GESCAL per l'attuazione dei programmi di edilizia pubblica residenziale e per il passaggio del patrimonio immobiliare da altri Enti agli I. A. C. P. stessi.
Per cui, la decisione di ristrutturare parzialmente alcuni servizi ed uffici dell'Istituto si è resa improcrastinabile, in quanto, se rimandata avrebbe portato l'Ente nella pratica impossibilità di operare con il necessario tempismo ed assolvere alle numerose incombenze che la legge 865 ed i decreti delegati pongono a carico degli I.A.C.P.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare, a nome degli interroganti, il Consigliere Vecchione.



VECCHIONE Mario

L'Assessore, nel rispondere alla interrogazione, ha sostenuto che le nomine del nuovo Consiglio d'amministrazione degli Istituti autonomi Case popolari avvengono con tempestività. Però, nei riferimenti che ha fatto sono sempre ricorse date attorno al maggio 1973, date relative dunque a questi ultimi mesi. Noi ci dichiariamo assolutamente insoddisfatti poich l'art. 6 della legge 865 stabilisce che i nuovi Consigli di amministrazione degli Istituti autonomi Case popolari dovevano essere insediati entro il 31 ottobre 1972. Non è giustificato né giustificabile, questo ritardo, da parte dell'Assessorato, in considerazione della spinta politica che la Regione avrebbe dovuto dare perché si arrivasse immediatamente all'attuazione di questa legge. Teniamo presente, poi, come solo di recente sia stata rimossa la situazione di incompatibilità del presidente dell'Istituto autonomi case popolari, per la sua carica di consigliere comunale; e soprattutto ricordiamoci del lungo lasso di tempo trascorso prima che lo stesso Consiglio Regionale giungesse faticosamente alla nomina di tre rappresentanti della Regione nell'Istituto autonomo Case popolari.
Le responsabilità del ritardo sono dunque responsabilità ben precise che non impingono soltanto sulla parte meramente formale della rinnovazione dei Consigli d'amministrazione: la situazione ibrida determinata dal fatto che si è proceduto tardivamente a queste nomine, che quindi non sono stati insediati i Consigli di amministrazione, ha comportato un ritardo anche nella operatività degli Istituti autonomi delle Case popolari per tutta quella serie di problemi che proprio i nuovi Consigli d'amministrazione nelle loro forme, nelle loro nuove strutture, nelle loro nuove composizioni avrebbero dovuto affrontare, in relazione, in modo particolare, alla legge 865.
Siamo dunque insoddisfatti della risposta per la parte relativa alla denuncia fatta nella nostra interrogazione in ordine al ritardo - e soprattutto alla mancata sollecitazione da parte dell'Assessorato - della Giunta a premere perché gli enti ai quali competeva provvedere alle nomine lo facessero senza indugi, nel rispetto dei termini di legge.
Il secondo punto a proposito del quale dobbiamo dichiarare ancora la nostro insoddisfazione è quello che riguarda la parte di merito della interrogazione, in cui noi abbiamo richiesto se fosse vero - e l'Assessore ce lo ha confermato - che si stavano assumendo degli atti deliberativi sull'ampliamento e l'organizzazione degli uffici, sull'aumento del personale, di straordinaria amministrazione, che vanno visti quindi necessariamente, nel contesto di una nuova politica degli Istituti autonomi Case popolari, in relazione ai nuovi tipi di Consigli d'amministrazione che vengono creati. Su questo punto noi contestiamo nel modo più fermo che un Consiglio di amministrazione scaduto il 31 ottobre '72 e non rinnovato abbia la capacità, e soprattutto la possibilità, dal punto di vista giuridico-formale, di assumere iniziative di questo tipo.
Questo modo di procedere alla nomina dei Consigli di amministrazione (perché non si tratta soltanto dei Consigli di amministrazione dei Istituti autonomi Case popolari; l'Assessore Armella, rispondendo ad una interrogazione analoga per quanto riguarda gli Ospedali, ci disse che si stava per addivenire alla nomina dei Consigli di amministrazione degli ospedali che sono retti da Commissari straordinari; ma, nonostante che siano passati mesi, la situazione non è cambiata) rispecchia un sistema non democratico di gestione la cosa pubblica, di gestire gli enti pubblici. In esso noi ritroviamo un certo modo di operare le scelte nell'ambito della nostra Regione.
Io rivolgo all'Assessore una sollecitazione perché svolga, per quanto possibile, un intervento specifico diretto al sollecito insediamento di questo Consiglio di amministrazione, che comprende i membri nominati dalla Regione, tanto più che tutti i Consiglieri di amministrazione chiamati a farne parte hanno richiesto che il loro insediamento avvenga il più presto possibile affinché sia loro dato di espletare il mandato ricevuto; un mandato che loro deriva dalla volontà popolare espressa per rappresentanza in questo Consigli e negli organismi competenti, e che devono pertanto assolutamente assolvere.
Questo, sostanzialmente, il nostro giudizio, per quanto riguarda la risposta dell'Assessore, cui rinnovo ancora l'invito che, in ordine sia agli Istituti autonomi Case popolari sia ad ogni altro Consiglio d'amministrazione scritto sulla carta ma non ancora operante si provveda nel minor tempo possibile.



PRESIDENTE

L'interrogazione è discussa.


Argomento: Bilancio - Finanze - Credito - Patrimonio: argomenti non sopra specificati - Viabilità

Interrogazione del Consigliere Viglione sulle richieste di contributo per la costruzione del ponte sul fiume Stura tra Castelletto Stura e Murazzo


PRESIDENTE

Interrogazione presentata dal Consigliere Viglione, letta in Consiglio il 5 luglio, relativa a: "Richiesta di contributo per la costruzione del ponte sul fiume Stura nel tratto fra Castelletto Stura e Murazzo".
Ha facoltà di parlare l'Assessore Falco, cui compete dare risposta all'interrogazione.



FALCO Giovanni, Assessore ai lavori pubblici

Rispondo all'interrogazione con la quale il collega avv. Viglione chiede di conoscere "quali iniziative la Giunta intenda assumere per contribuire alla costruzione del ponte sul fiume Stura nel tratto fra Castelletto Stura e Murazzo, della statale Cuneo-Fossano".
L'interrogante "sottolinea che la Provincia di Cuneo ha già disposto i progetti e finanziato l'opera e che quindi l'intervento della Regione dovrebbe essere destinato a creare quelle infrastrutture necessarie al pieno funzionamento dell'asse stradale".
Prima di accennare ad eventuali iniziative da assumersi al riguardo da parte della Giunta Regionale, desidero precisare all'interrogante che l'Amministrazione provinciale di Cuneo, per la costruzione del ponte sul fiume Stura nel tratto fra Castelletto e Murazzo, nonché delle relative rampe di accesso, ha predisposto soltanto un progetto di massima che prevede una spesa complessiva pari a L. 600.000.000.
Il progetto esecutivo di dette opere, secondo le notizie fornite dall'Ufficio tecnico dell'Amministrazione provinciale interessata, è in corso di elaborazione e dovrebbe essere pronto entro il prossimo mese di ottobre.
Va altresì rilevato che la predetta Amministrazione non ha, come afferma l'interrogante, finanziato l'opera, ma ha soltanto previsto nel Bilancio 1973, per la realizzazione della stessa, la spesa di L.
300.000.000 -, da coprirsi con l'assicurazione di un mutuo a totale carico dell'Amministrazione medesima.
Questa circostanza, comunque, fa presumere che la Provincia intenda affettivamente assumersi l'onere della costruzione dell'opera di cui sopra anche se dovrà ancora provvedere per il reperimento dei fondi necessari a fronteggiare la maggiore spesa rispetto a quelle già iscritte in bilancio (600 milioni-300 milioni = 300 milioni).
Per quanto riguarda le "infrastrutture necessarie al pieno funzionamento dell'asse stradale", ritengo che l'interrogante voglia riferirsi alla circonvallazione di Castelletto Stura, non costruendo la quale il ponte verrebbe collegato, da questa parte, soltanto con la vecchia strada provinciale n. 3 "Castelletto Stura-Fossano", ed all'ammodernamento della strada comunale che, dall'altra parte del ponte, va, verso Centallo (strada comunale S. Biagio-Centallo).
La spesa necessaria per la realizzazione di dette opere ammonterebbe a circa L. 200.000.0000.
In ordine alla circonvallazione di Castelletto Stura, risulta che l'Amministrazione provinciale di Cuneo stia effettuando uno studio che successivamente, potrebbe tradursi in progetto.
Eventuali interventi da parte della Regione potranno essere disposti soltanto dopo che ne avranno fatto richiesta gli Enti locali interessati ai quali competano l'iniziativa, la scelta e la progettazione.
La Regione non mancherà di tenere nelle opportune considerazione le richieste che saranno avanzate.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere interrogante.



VIGLIONE Aldo

Signor Presidente, mi dichiaro soddisfatto anche di questa risposta dell'Assessore Falco.
Il problema che ho prospettato non va visto soltanto sotto il profilo della costruzione di un ponte ma della necessità di mettere in comunicazione due zone assai importanti, quelle del Monregalese e del Saluzzese: percorrendo la Statale da Fossano a Cuneo, lungo il fiume Stura ci si avvede che per 30 chilometri non vi sono altri collegamenti; cioè, in quei trenta chilometri da migliaia di anni non vi sono diretti contatti fra le due zone: da tutte le zone del Monregalese, per poter accedere alle zone del Saluzzese, anche alle zone intermedie, è necessario fare una deviazione su Cuneo e Fossano.
L'Amministrazione provinciale di Cuneo ha già predisposto, come ha detto l'Assessore Falco, i progetti ed ha già iniziato il finanziamento dell'opera. Tocca ora alla Regione intervenire - dato che il quadro va al di là delle possibilità della stessa Amministrazione provinciale - affinch quest'opera sia realizzata.
Prendo atto delle dichiarazioni dell'Assessore, della disponibilità dell'Amministrazione regionale a contribuire concretamente alla costruzione di quest'opera, che certamente risolverà un problema di assai antica data e quindi consentire un collegamento fra loro ad una popolazione di centocinquantamila persone.



PRESIDENTE

Le interrogazioni sono discusse.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente


PRESIDENTE

Punto terzo dell'ordine del giorno: "Comunicazioni del Presidente".
Il 12 luglio è stato presentato dalla Giunta Regionale il disegno di Legge n. 99, relativo ad "Autorizzazione alla costituzione di una Società finanziarla regionale, che il 16 luglio è stato assegnato alla 1 Commissione consiliare per l'esame in sede referente". La Giunta ha chiesto per l'esame la procedura di urgenza.
In relazione alle dichiarazioni programmatiche fatte al Parlamento dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Rumor, ho ritenuto opportuno prendendo atto di quelle dichiarazioni, telegrafargli anche affermando che "occorre che manifestati propositi trovino sollecita, piena e concreta realizzazione da parte del Governo, onde evitare che l'istituto regionale sia ulteriormente investito da atteggiamenti di sfiducia e per consentire alle Regioni la responsabile assunzione di tutti i poteri che nella riaffermata unità nazionale consentano il pieno esercizio delle loro attribuzioni per la crescita delle libertà democratiche e per il progresso civile, secondo le attese delle popolazioni".
Alla Presidenza del Consiglio Regionale sono state presentate due petizioni: una della Libera Associazione del Roero, che chiede di essere consultata dalla Regione, soprattutto sui temi dell'agricoltura. E' stata invia per l'esame alla 8^ Commissione la seconda è di 1534 cittadini, i quali chiedono la costituzione con legge regionale del Parco naturale dei Lagoni, presso Arona. E' stata inviata per l'esame alla 5^ Commissione.
Ieri ha avuto luogo un incontro con una delegazione di dipendenti della SIPRA, i quali, come il Consiglio sa, sono in stato di agitazione. Questi rappresentanti hanno prospettato i loro problemi con un documento, al quale hanno allegato anche un dossier di altri elementi. Partecipava alla riunione, alla quale aveva invitato tardivamente - ma anche tardivamente ero stato invitato a fare la convocazione di questa riunione - i Presidenti dei Gruppi, il presidente della 3^ Commissione, Besate. Riesaminata subito dopo la riunione la posizione, sarei venuto nella determinazione, salvo ulteriore approfondimento, di investire ancora la 3^ Commissione del riesame di questo problema, anche alla luce di quelle che saranno le risultanze che potranno emergere da un incontro che i dipendenti della SIPRA hanno oggi a Milano, a conclusione di un periodo di agitazione durato alcuni giorni, per prospettare, evidentemente a livello governativo le esigenze di intervento che consentono l'accoglimento delle istanze che sono proposte, di alta rilevanza di natura politica, oltre che di natura socio economica della conservazione del posto di lavoro a questi dipendenti. Tra le altre cose, è stata sottolineata anche la eventualità,per adesso eventualità, ma che potrebbe diventare anche cosa concreta, purtroppo, di un trasferimento della sede della SIPRA da Torino a Roma, il che evidentemente costituirebbe un'altra spoliazione di elementi che ancora caratterizzano la vita della nostra città capoluogo della Regione. Terr informato il Consiglio Regionale sugli ulteriori sviluppi di questo problema relativo a quanto esposto dai delegati della SIPRA, i quali hanno assicurato che avrebbero messo in condizione - raccogliendo altri elementi se mai - la 3^ Commissione di operare.
E' stata data risposta scritta ad una interrogazione dei Consiglieri Fabbris, Lo Turco e Rivalta relativa al patrimonio della Gioventù italiana da parte dell'Assessore Vietti. Non ho ancora altre notizie da dare alla Consigliera Fabbris per un'altra richiesta di risposta scritta.
Relativamente al problema della sede, desidero informare il Consiglio che nella seduta di lunedì dell'Ufficio di Presidenza proporrò, dopo essermi anche consultato con alcuni dei Capigruppo, così come mi è capitato già di fare in questi giorni, ad evitare una ulteriore perdita di tempo che quella tale Commissione tecnica che era stata già designata per esaminare la possibilità di occupare Palazzo Carignano, esamini la situazione di Palazzo Lascaris, per quanto attiene all'adattamento della sala destinabile alle sedute del Consiglio, in maniera da poter apprestare un progetto. Sicché, se, come tutti vogliamo augurarci, a fine agosto-primi di settembre sarà stata possibile l'acquisizione del palazzo Lascaris, si possa porre mano subito alla sistemazione dell'aula consiliare affinch entro la fine dell'anno la si possa utilizzare, ovviando agli inconvenienti più volte lamentati, anche per quanto si è riferito all'ultima seduta quella svoltasi a Palazzo Madama, che evidentemente, così com'è non potrebbe servire egregiamente alle esigenze.
A proposito di quest'ultimo incontro, a Palazzo Madama, i Consiglieri avranno letto su un quotidiano torinese un inquietante interrogativo proposto da un egregio scrittore e critico d'arte: "Che è di Palazzo Madama?" L'interrogativo può avere anche esigenza di risposta, ma la pu avere anche in piccola parte dal Consiglio Regionale, perché il Consiglio Regionale è in quell'articolo in qualche maniera trattò in causa.
L'articolo prende infatti le mosse proprio da una visita che alcuni Consiglieri regionali compirono, nel giorno della riunione a Palazzo Madama, ai saloni del primo piano, che sono, come tutti sanno, anche se invece si dice che "amministratori e cittadini sembrano ignorarne il valore e la giusta destinazione", un superbo museo torinese. Quella visita era fatta con lo spirito con cui si visita un museo, ma anche con la determinazione di una esigenza che era stata prospettata in una riunione di Capigruppo, ma assecondata, anzi, fatta propria, dal Presidente della Giunta Regionale, che in quella occasione si era assunto l'impegno di promuovere trattative ai livelli competenti per vedere se esistesse la possibilità di acquisire Palazzo Madama come sede del Consiglio Regionale del Piemonte.
La cosa, almeno stando a quel che si apprende da questo articolo sembra per il momento alquanto difficile, perché risulta esservi convenzione fra l'Amministrazione demaniale e il Comune di Torino relativa a Palazzo Madama, per nove anni, con partenza dal 1^ gennaio 1972. Ma ci non esclude che le trattative, anziché essere svolte soltanto a livello dell'Amministrazione demaniale, possano essere condotte innanzi dalla Regione con la partecipazione anche del Comune di Torino.
Ma, mentre è chiaro che tutti possono muovere le doglianze, le critiche che ritengono di dover muovere, sembrerebbe opportuno che prima di scrivere, con accentuazioni anche abbastanza polemiche e fuori di luogo polemiche, si andasse alla fonte e si acquisissero notizie, in modo da non far apparire praticamente come una visita di istruzione da parte di alcuni Consiglieri, che quindi sarebbero stati sprovveduti di quel minimo di istruzione, una visita che invece era stata determinata proprio dal proposito di conoscere la sistemazione degli ambienti, per rendersi conto se vi fosse la possibilità di una loro utilizzazione, nelle condizioni in cui si trovano, con modifiche delle condizioni in cui si trovano.
E' certo che Palazzo Madama è un museo, un grosso museo, è certo che i torinesi conoscono questo museo, è certo che deve essere conservato: per noi siamo continuamente stimolati, anche proprio da interventi di stampa alla acquisizione in qualche maniera ed alla utilizzazione di questi palazzi antichi che debbono essere conservati. Non è che il Consiglio Regionale, così come si scrive, per poter deliberare abbia assolutamente bisogno di essere insediato tra mura solenni del passato, perché abbiamo preso decisioni anche in sedi meno auliche, meno solenni di quella, ma è indiscutibile che se noi crediamo opportuno portare avanti un discorso che molte volte è stato ripreso nelle sedute dei presidenti di gruppo per la conservazione appunto di monumenti insigni, storici, che conservando le tradizioni del passato possano anche essere utilizzati per la realizzazione delle cose presenti, non dobbiamo poi neanche essere fatti segno ad una presa in giro neppure troppo garbata, tale da suscitare in alcuni Consiglieri che si sono fatti portavoce di questo stato d'animo in colloqui avuti con me, e nella stessa cittadinanza un giusto risentimento, del Consiglio Regionale, che avrebbe "scoperto" la esistenza di Palazzo Madama e ad un certo momento, addirittura, avrebbe fatto una "invasione" per poterselo accaparrare. Vi sono in quell'articolo delle espressioni alquanto poco simpatiche, e io ho creduto di doverlo rilevare qui. Vi si legge fra l'altro: "Niente di male che i Consiglieri regionali si istruiscano - ci in contrasto con quanto affermato nel periodo precedente - anzi, molto bene che i nostri amministratori si istruiscano; sennonché, a giudicare dai loro discorsi, i visitatori sembravano piuttosto compiere un sopralluogo per un eventuale uso diverso dell'attuale di quegli ambienti. E' ovvio che l'episodio va preso per quello che vale, cioè zero". Un giudizio di questo genere mi sembra che il Consiglio Regionale, sia pure anche soltanto attraverso la parola del suo presidente, lo debba respingere, perché si tratta di espressione non accettabile da un consenso qual è il Consiglio Regionale.
In occasione della feste del Piemonte, sono venuti in Italia dei piemontesi di Argentina. Un gruppo ha chiesto di poter far visita al Consiglio Regionale nella entrante settimana. Se avrò notizia tempestiva mi farò premura di invitare i Presidenti di gruppo, in maniera che possano partecipare all'incontro.
All'Ufficio di Presidenza sono pervenuti i seguenti documenti, di cui prego un Consigliere segretario di voler dare lettura.



MENOZZI Segretario.

Dal Comune di Nizza Monferrato un ordine del giorno sul nubifragio dell'8 giugno u.s.
dalla Presidenza provinciale delle ACLI alcune indicazioni sullo schema preliminare del Piano regionale '71-'75 indicazioni sullo stesso argomento sono pervenute dal Comune di Gattinara dal Circolo "Il sestante" alcune proposte per la trasformazione del doposcuola in servizio sociale dall'assemblea dei Pensionati organizzata dalle ACLI un ordine del giorno con cui si invitano gli Enti locali responsabili ad assolvere pienamente le loro funzioni in materia di assistenza dalla Giunta del Consiglio Bassa Valle Cervo un documento con cui si esprime completo dissenso per l'aggregazione dei Comuni di Biella Zumaglia, Ronco e Ternengo dal Comune di Verzuolo copia di un ordine del giorno con cui si chiede l'inserimento di tale Comune nella Comunità montana dell'alta Valle Varaita dalla Città di Lecce copia di una deliberazione relativa al progetto di legge dell'ANCI per l'attuazione dell'art. 103 della Costituzione dall'intersindacale dell'Ospedale Bertagnetta di Vercelli un ordine del giorno circa la grave situazione in cui versa l'Ospedale stesso.


Argomento: Prevenzione infortuni - Sanita': argomenti non sopra specificati

Esame proposta di deliberazione della Giunta Regionale circa la tutela sanitaria nei luoghi di lavoro


PRESIDENTE

Se nessuno chiede di parlare sulle comunicazioni del Presidente passiamo al punto quarto dell'ordine del giorno che reca: "Esame proposta di deliberazione della Giunta Regionale circa la tutela sanitaria nei luoghi di lavoro".
La parola al Consigliere Beltrami.



BELTRAMI Vittorio, relatore

Signor Presidente, signori Consiglieri, la IV Commissione, in una serie di laboriose sedute alle quali hanno partecipato l'Assessore alla Sanità assistito da esperti nella materia e qualificati rappresentanti del mondo sindacale, è riuscita, entro tempi brevi, a rassegnare alla Presidenza e attraverso di essa al Consiglio, la proposta di deliberazione riguardante la tutela sanitaria dei luoghi di lavoro. E' una proposta che fa seguito al dibattito consiliare sulla sanità e sicurezza sociale della fine di maggio attraverso la formulazione dell'impegno successivamente assunto nella riunione tra i capigruppo, la IV Commissione e gli assessori alla sanità e alla sicurezza sociale.
Era stato convenuto, in quell'ordine del giorno votato all'unanimità dal Consiglio Regionale: Unità di base (medicina preventiva del lavoro).
Saranno costituite sulla base delle indicazioni emerse nella Commissione paritetica Regione Sindacati: entro una settimana l'Assessore alla Sanità trasmetterà alla IV Commissione la proposta di deliberazione consiliare. Il che è avvenuto puntualmente ed è giusto darne atto, come è giusto dare atto dell'impegno profuso dallo stesso Assessore e da quanti hanno partecipato alla formulazione della proposta che è sottoposta all'approvazione del Consiglio Regionale, comprendendo i colleghi della IV Commissione e la nutrita rappresentanza delle forze sindacali che hanno partecipato attivamente ai lavori.
Il dibattito all'interno della Commissione, gli apporti collettivi, il superamento di talune formulazioni consentono di proporre il testo di delibera consiliare che, pur con le riserve sollevate da qualche parte politica che si è impegnata, tra l'altro, di riproporle in aula, riesce a cogliere, ad avviso di chi parla, i più interessanti indirizzi emersi nel richiamato dibattito consiliare sulla salute e sicurezza sociale e le indicazioni della Commissione paritetica Regione-Sindacati.
E' un atto altamente qualificante la volontà politica della Regione Piemonte, anticipa taluni interventi della riforma sanitaria e, se tradotto seriamente - come è auspicabile - sul piano operativo, costituirà valida premessa per la risoluzione di un grosso problema sociale, offrendo, tra l'altro, l'occasione ad altri enti pubblici di percorrere la stessa strada scambiando le conoscenze acquisite, correggendo gli eventuali errori che potranno accompagnare sul nascere una così importante esperimentazione.
La Giunta Regionale ha ritenuto - e penso sia nel giusto - di seguire la strada della deliberazione consiliare e non solo per motivi di semplice procedura trattandosi di materia delegata, ma ponendoci nella condizione di iniziare al più presto l'esperimentazione, con la costituzione di una serie di unità di base per le quali il discorso è già stato aperto a livello periferico e pervenendo alla copertura graduale dei diversi spazi del mondo del lavoro entro il territorio regionale, sino a raggiungere al massimo una ventina di unità di base, fruendo di stanziamenti di fatto già stabiliti già previsti in talune voci del bilancio.
Questo non impedirà, anzi, è auspicabile, una più appropriata iniziativa di carattere legislativo che investa tutto il settore della prevenzione, dalla scuola all'ambiente in genere, all'ambiente di lavoro in particolare. Al momento, per quanto consta, un'iniziativa specifica riguardante la tutela sanitaria nei luoghi di lavoro a livello di legge non è ancora operante in altre Regioni, mentre esistono leggi istitutive di fondi per la prevenzione dei settori della medicina e dell'assistenza in genere. Le leggi regionali vigenti, anche quelle che si richiamano alla formulazione che ho ricordato, per la verità prevedono l'intervento sul piano di erogazione di denaro, per sovvenzioni all'Università, all'Istituto di medicina del lavoro, ai Comuni e ad altri enti locali, ma non trattino il problema sul piano organico operativo, cosa che nelle nostre aspirazioni dovrebbe invece svolgersi attraverso l'attuazione operativa della deliberazione sottoposta all'approvazione del Consiglio Regionale.
Esistono, per la verità, in altre Regioni, proposte di legge più organiche, intese a regolamentare l'intervento anche nelle traduzioni operative, ma al momento, per quanto si sa, sono e rimangono semplicemente allo stato di proposta.
L'Assessore alla Sanità vorrà certamente evidenziare gli aspetti più salienti dei provvedimenti ed è anche giusto che sia così, perché viene posto a carico dell'Assessorato, in futuro, un pesante onere (se questa delibera andrà in porto e verrà attuata, come è auspicabile, al più presto) che concerne impegni, iniziative e attività di coordinamento.
Sostanzialmente, e dando per letta la delibera che è stata regolarmente trasmessa a tutti i colleghi del Consiglio, con la precisa intenzione di evitare inutili ripetizioni, ricordo semplicemente che la proposta di deliberazione alla voce prima promuove l'istituzione di unità di base, su deliberazione dei Comuni interessati, adottata d'intesa con l'Amministrazione regionale e ne indica il fine ed anche l'organizzazione.
Con la voce seconda l'Amministrazione regionale promuoverà l'istituzione ed il potenziamento di servizi di medicina del lavoro e di igiene industriale presso gli Ospedali siti nei capoluoghi di provincia, al fine di fornire alle unità di base servizi di rilevazione, del rischio ambientale e di consulenza medico-specialistica.
Con la voce terza viene istituito il Centro regionale per la tutela sanitaria nei luoghi di lavoro, con la specificazione delle attribuzioni e con la precisazione che l'Amministrazione regionale potrà convenzionarsi con l'Istituto di medicina del lavoro dell'Università degli studi di Torino.
Con la voce quarta si istituisce, presso l'Assessorato alla Sanità, un Comitato regionale per la tutela sanitaria nei luoghi di lavoro, con funzioni di consulenza e di proposte, alla cui composizione va assicurata la partecipazione delle rappresentanze dei lavoratori e la possibilità di chiamarvi a farne parte altri organi ed enti interessati all'igiene e alla medicina del lavoro.
Concludo questa breve introduzione ricordando come il vero problema della riforma sanitaria è, nella sostanza, quello di invertire la marcia del nostro sistema sanitario che ha continuato, e con una certa ostinazione, a percorrere sempre di più la strada in discesa della cura della malattia, anziché avviarsi su quella forse più faticosa, ma certamente moderna e civile della tutela e della promozione della salute collettiva e singola, attraverso una seria politica di difesa dell'ambiente di vita, della natura entro la quale vive e opera l'uomo, in una parola della medicina preventiva.
Mentre le attività sanitarie, soprattutto quelle tipiche dell'assistenza alla malattia, trovano già modi e mezzi di operare - pur in un sistema scoordinato e poco organico che va certamente corretto e lo sarà attraverso la istituzione delle future unità sanitarie locali - i servizi di medicina preventiva per taluni aspetti sono ancora tutti da scoprire.
Noi siamo chiamati spesso a prendere in esame il quadro di dissesto, di vuoto o di pesantezza economica delle gestioni ospedaliere.
A parte gli aspetti sociali, chi ha vissuto la vita della fabbrica pu parlare con ampiezza di proposizioni e direi che anche solo sotto il profilo dell'economicità e della produttività dell'intervento sanitario, la medicina preventiva potrà dare una risposta sul piano risanatorio a questi momenti negativi della gestione degli enti ospedalieri. Basta pensare al contenimento degli stati di bisogno attraverso la prevenzione delle malattie di più oneroso carico assistenziale, basta pensare al più facile ed ampio recupero funzionale dei colpiti da stati morbosi invalidanti individuati nella fase evolutiva e precoce, basta pensare, da ultimo, al notevole trasferimento delle prestazioni per certi tipi di malattie, dal regime ospedaliero al regime ambulatoriale domiciliare, sempre che le stesse vengano colte entro termini temporali possibili e sostenibili.
Da qui oltre tutto, anche se non è l'aspetto principale, la validità dello sforzo regionale, dello sforzo della Regione Piemonte che a mio avviso oggi, senza indulgere al trionfalismo, si pone su un piano di avanguardia negli interventi su questo delicato settore, almeno per quanto attiene alla medicina preventiva nei luoghi di lavoro.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l'Assessore Armella, ne ha facoltà.
Intanto approfitto per comunicare che il Consigliere Carazzoni ha chiesto di essere messo in congedo per la seduta di oggi.



ARMELLA Angelo, Assessore alla sanità

Egregi colleghi, la relazione del Presidente della Commissione competente ha già messo sufficientemente in luce gli aspetti fondamentali della deliberazione proposta dalla Giunta, largamente discussa dalla Commissione, e la Giunta ha ritenuta di apportare alcune modifiche che in larga parte la Commissione ha proposto.
Anzitutto si vuole accogliere (questo è lo scopo fondamentale) l'esigenza che è salita dal mondo del lavoro e che ha trovato, come già fu detto nel dibattito consiliare, una puntualizzazione nei contratti di lavoro di grandi settori industriali e in delibere che alcune amministrazioni comunali hanno ritenuto, nella loro autonomia, di presentare quasi anticipando l'intervento della Regione e in certo qual modo anche sollecitando un provvedimento in modo che tutto il quadro dell'igiene del lavoro fosse affrontato da parte della Regione Piemonte.
Peraltro nel dibattito consiliare è emersa l'esigenza che questo largo settore di prevenzione, dove si svolge il lavoro, non sia dimenticato, anzi sia il primo a cui l'attenzione si deve porre per regolamentare gli interventi della Regione.
Il primo punto che abbiamo approfondito è stato quello della competenza della Regione. Da una prima lettura del decreto delegato si notano: art. 1) tutela sanitaria dei luoghi di lavoro attribuita alla Regione; art. 6) competenze rimaste allo Stato; le materie delegate alla Regione. Per cui sorge una perplessità nell'interpretazione e noi abbiamo voluto, con questo provvedimento, affermare la competenza della Regione nella tutela sanitaria dei luoghi di lavoro.
Non è una competenza che possa essere obliterata, se un significato ha quell'art. 1, se è rimasto che non può essere interamente annullato dalle disposizioni successive che richiamano l'igiene del lavoro alla competenza statale. Se non abbiamo dei compiti di vigilanza, che sono quelli dell'Ispettorato del lavoro, se non abbiamo possibilità di fare prescrizioni dirette per rimediare a inconvenienti che si possano verificare e che purtroppo si sono molte volte verificati nelle fabbriche ciò nonostante abbiamo senza dubbio la competenza per intervenire a rilevare la situazione esistente, a rilevare i rischi del lavoro, i rischi dell'ambiente (che tra l'altro è una materia delegata alla competenza della Regione).
Una situazione di questo genere, mentre ci impone, proprio per le perplessità che sono sorte, alcune cautele nella formulazione dei nostri intendimenti quando li traduciamo in strumenti giuridici del nostro ordinamento, non ci deve fare conseguentemente ritenere che facciamo cose contrarie alle leggi esistenti; noi riteniamo invece che la competenza della Regione debba essere non solo riaffermata ma, se fosse necessario rivendicata. L'atteggiamento che abbiamo avuto modo di constatare da parte dell'Ispettorato del lavoro, come da parte di altri enti operanti in questo settore, ci fa ritenere che non avremo delle difficoltà per cui altri ci contesteranno questo diritto-dovere della Regione di intervenire. Comunque è chiaro che una votazione del Consiglio fatta adottando una delibera quale quella che è in esame, vuole a maggior ragione, col maggiore impegno confermare questa competenza della Regione nell'ambito della prevenzione nel campo del lavoro mancando il quale verrebbe a mancare un larghissimo settore in cui la tutela sanitaria deve essere espletata.
Perché è la prima scelta? Perché indubbiamente è doveroso intervenire nel campo del lavoro, non si lavora per divertimento, il lavoro è un peso una fatica, un impegno a cui nessuno può sfuggire, quindi c'é una particolare esigenza per la pubblica amministrazione, la quale trae la sua autorità dalla votazione popolare, di intervenire in quel campo affinché in qualche modo e nel migliore dei modi, si tutelino coloro che sono sottoposti a questa fatica.
Nell'articolazione di questo provvedimento sono tre i pilastri che sorreggono le decisioni che si vanno prendendo: il primo è l'istituzione dell'unità di base, che certamente è l'affermazione più importante; il secondo è quello della messa in servizio dell'unità di base e degli ospedali; il terzo è quello del Centro regionale di medicina e di igiene del lavoro.
Una prima stesura fatta dalla Giunta era di istituire direttamente le unità di base, il che comportava una gestione diretta nell'istituzione e rispondeva a criteri di rapidità e di efficienza, ma rispondeva anche all'esigenza espressa dai rappresentanti del mondo del lavoro di attribuire direttamente tale responsabilità all'Amministrazione regionale. La modifica intervenuta e che la Giunta per un più profondo ripensamento ha accolto, è quella invece di promuovere l'istituzione delle comunità di base su deliberazioni dei Comuni interessati.
Si vuole accentuare il momento partecipativo delle comunità diverse a livello giù immediato, come quelle comunali, in cui la presenza delle forze politiche possa in effetti valutare con maggiore precisione e con maggiore immediatezza e direi anche attribuendole maggiore forza, questa scelta escludendo pertanto che ci sia un distacco tra decisioni che possono prendersi alla base della struttura amministrativa del nostro sistema e quelle che invece possono prendersi dall'alto, cioè dall'Amministrazione regionale, per quanto questa sia molto vicina alle esigenze delle nostre popolazioni.
L'istituzione delle unità di base con criteri di uniformità relativi ad una esigenza di coordinamento, ad uniformità di indirizzi, impone che sia fatto d'intesa con l'Amministrazione regionale sia perché occorre determinare delle circoscrizioni (le quali non possono sovrapporsi) sia perché occorre dare a queste unità una consistenza territoriale opportuna necessaria e nello stesso tempo sufficiente perché il lavoro si svolga con efficienza.
L'anello di congiunzione di queste unità di base con l'Amministrazione regionale si trova proprio nella direzione dell'ufficiale sanitario che è diventato organismo dell'amministrazione regionale e che nello stesso tempo è dipendente delle amministrazioni comunali. E' noto che le competenze dell'ufficiale sanitario sono tali per cui ad ogni incombenza deve riferirne al medico provinciale e al sindaco. La figura dell'ufficiale sanitario viene messa pertanto in questa luce, in un quadro che consenta nello stesso tempo di costituire l'anello di congiunzione tra l'attività regionale e le unità di base.
Il secondo passo, secondo noi di un certo rilievo, è che le direttive di tutta questa attività relativa alla tutela sanitaria nei luoghi di lavoro sono emesse dall'Amministrazione regionale facendo partecipare a queste decisioni, sia per consultazione, sia per proposta, le forze attive che operano nel campo del lavoro.
Con molto realismo, per affermare un'esigenza di reciproca collaborazione e nell'intento di assicurare il migliore funzionamento del servizio (non escluso di uniformare i criteri, le procedure, le modalità dei rilievi) si vuole che non ci siano dei contrasti, ma dei contatti degli accordi con gli organi dello Stato e con gli enti interregionali o nazionali che operano in questo settore, vuoi per la vigilanza (Ispettorato del lavoro), vuoi per la cura (assicurazioni, infortuni del lavoro), vuoi per la prevenzione.
Noi conosciamo le polemiche che in questo campo si sono svolte e che hanno trovato larga eco nelle discussioni tra le forze politiche, nella stampa nazionale e regionale: qua e là esse ricompaiono, ma sappiamo come questi enti abbiano espletato la loro attività spesso in condizioni di insufficienza, in carenze di organi e di mezzi appropriati. Noi tutto questo lo conosciamo e non vogliamo ripetere cose già note, ciò che invece desideriamo e che questa nostra attività non contrasti, perché non vuole essere sostitutiva di nessuno, né della vigilanza, che pure spetta all'Ispettorato del lavoro, né degli scopi istituzionali dell'INAIL per quanto riguarda l'assicurazione sugli infortuni sul lavoro, vuole essere però una base larghissima su cui tutti possano efficacemente operare quando si rilevino tutti i dati inerenti a questa materia (visite periodiche, assenze dal lavoro dovute a malattia, infortuni che si verificano sul lavoro) e da questi si traggono le opportune elaborazioni per rimediare ai mali che si possono verificare per i rischi dell'attività lavorativa, adeguandosi rapidamente agli sviluppi delle nuove tecnologie in modo che non avvenga che la stasi degli organi statali o certe carenze possono essere lesive dell'attività di color che sono costretti a lavorare nelle fabbriche. Ciò riteniamo costituisca una piattaforma sufficientemente larga, appropriata e doverosa perché l'attività nostra e degli altri possa svolgersi.
Abbiamo sottolineato che gli ospedali debbono intervenire nella misura in cui la legge istitutiva di riforma ospedaliera ha stabilito, cosa che gli ospedali sinora in larghissima parte non hanno fatto, ancora attestandosi sul piano della cura, delle malattie e non già nell'attività di prevenzione, mentre la Legge (la citava ancora l'art. 2), dispone che possano svolgere attività di ricerca nel campo delle cause delle malattie e particolarmente della prevenzione nel campo del lavoro.
Servizio che si pone a disposizione delle unità di base, per raccogliere tutto questo ad un livello più elevato e per dare la possibilità di un intervento di alta qualificazione, con specializzazioni che non si possono avere neppure a livello degli ospedali nei capoluoghi di provincia, si è istituito il Centro Regionale che dovrà elaborare i dati trasmessi dall'Amministrazione regionale a cui confluiranno dalle unità locali e dagli ospedali; dovrà fare anche tutta quell'opera di consulenza di indagine e tenuta di registri di persone soggette a particolari rischi (come i tumori polmonari) dovrà essere quindi uno strumento tecnico elevato a disposizione della Regione. Nell'amministrazione regionale opererà, con compiti non solo di consulenza, ma, quello che è più importante, di proposta, un Comitato in cui deve essere assicurata la presenza delle forze del lavoro attraverso i sindacati.
I rapporti tra Centro e Comitato sono stati ampiamente discussi e ritengo sufficientemente chiariti. Il Comitato non può che essere l'organo che attraverso l'amministrazione regionale esercita la funzione di indirizzo; è stato detto che le sue indicazioni debbono essere dall'amministrazione regionale recepite e tradotte in termini operativi. Il Centro non può essere che uno strumento ad altissima specializzazione, ma pur sempre, rispetto al Comitato, uno strumento tecnico.
Abbiamo così formulato un quadro generale di indirizzi e di proposte insieme alla Commissione e con un'attività che riteniamo sia stata studiata, come la discussione ampia che in sede di Commissione ha dimostrato. Noi pensiamo che i margini di errore siano possibili e forse tanti dubbi che sono stati espressi possono essere risolti da chi svolge questa attività, l'importante è non indugiare ancora, e porci a questo lavoro con la volontà di apportare ad una regione industriale come la nostra, ove il lavoro ha un peso così importante e determinante, uno strumento costituito dalla attività della nostra Regione. Non mancare ad un impegno preso, ma soprattutto non mancare alle attese che in questo campo sono così vive, come ognuno di noi ha avuto modo, durante la discussione e durante i precedenti incontri e contatti anche con le amministrazioni locali, di constatare.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Viglione, ne ha facoltà.



VIGLIONE Aldo

Signor Presidente, Signori Consiglieri, la proposta di deliberazione relativa alla tutela sanitaria nei luoghi di lavoro che oggi viene portata all'attenzione del Consiglio Regionale, non soltanto si può ritenere una iniziativa di grande importanza sociale, ma costituisce un preciso adempimento sia di norme costituzionali, che sanitarie.
Infatti l'art. 46 della Costituzione riconosce ai lavoratori il diritto a collaborare alla gestione delle aziende nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge.
La Costituzione riconosce dunque che non può sussistere una valida organizzazione del lavoro se il lavoratore non può rendersi parte attiva del processo al quale partecipa. La Costituzione riconosce cioè il diritto ai lavoratori di partecipare alla gestione delle imprese.
I lavoratori possono quindi realizzare tutta una serie di interventi atti a raggiungere quella "elevazione economica e sociale del lavoro" che la Costituzione richiama, primi fra tutti gli interventi diretti a ottenere un ambiente di lavoro che consente di salvaguardare la propria salute.
In adempimento a questi e ad altri principi Costituzionali è stata emanata la Legge 20 maggio 1970 n. 300 "Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento".
Lo "Statuto dei lavoratori" costituisce la realizzazione normativa di una serie di istanze che i lavoratori venivano da tempo segnalando e che erano oggetto delle loro lotte sindacali.
L'art. 9 si riferisce alla tutela della salute e dell'integrità fisica dei lavoratori che hanno diritto di controllare l'applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e promuovere con la ricerca, l'elaborazione e l'attuazione, tutte le misure idonee a tutelarla.
Fino ad allora, infatti, l'adozione delle misure di sicurezza era demandata all'imprenditore (art. 2087 c.c.) e pertanto in funzione del processo produttivo e del profitto, venivano sovente sacrificati i diritti fondamentali dei lavoratori che non avevano possibilità di controllare se le misure assunte erano idonee a prevenire gli infortuni e le malattie professionali o comunque se erano atte a garantire la tutela della loro integrità fisica.
Lo Statuto dei lavoratori quindi tende a rovesciare questa situazione ponendo il lavoratore in posizione attiva in grado cioè di gestire la sua salute e di denunciare quelle situazioni di lavoro che potrebbero danneggiarla.
Lo Statuto regionale all'art. 6 "Tutela della salute dei cittadini" recepisce questi orientamenti.
Le forze politiche che contribuirono alla formulazione dell'art. 6 evidenziarono questa esigenza perché le lotte che la classe operaia aveva condotto, avevano da tempo dimostrato che soltanto incidendo, con un'azione preventiva sulle cause che provocano i danni, si sarebbe realmente garantita la salute dei lavoratori.
Condizione fondamentale per realizzare una autentica azione preventiva era che i lavoratori si ponessero come protagonisti, in quanto costantemente a contatto di quei processi produttivi generatori di danni fisici alla loro salute.
Il Consiglio Regionale recepì la realtà che la classe operaia con le sue lotte aveva imposta, dando rilevanza alla partecipazione dei consigli di fabbrica e dei lavoratori alla gestione degli organismi antinfortunistici della medicina preventiva e riabilitativa.
Tale impostazione è stata più volte richiamata, ed ancora recentemente in occasione delle consultazioni in ordine al Bilancio di previsione 1973 le organizzazioni sindacali hanno sollecitato la Regione ad adottare metodi che consentono di realizzare lo spirito e la lettera dello Statuto dei lavoratori.
La costituzione delle Unità di Base, gestite dalla Regione e dagli Enti locali, è stato poi sollecitata dalla Commissione Regionale di consulenza per la medicina e l'igiene del lavoro che, constatata la generale disorganicità di interventi e la carenza di strumenti per individuare i rischi che comporta l'attuale impostazione del lavoro nelle fabbriche, ha formulato una serie di proposte.
Certamente una radicale riforma del settore sanitario impostata secondo il metodo della prevenzione, o meglio della "gestione della salute", da parte della Regione è resa difficile dalle modalità di trasferimento delle funzioni dallo Stato alle Regioni in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera.
Per quanto riguarda l'igiene del lavoro il decreto delegato esclude la competenza diretta della Regione per realizzare accertamenti, prelievi o altri interventi all'interno dell'ambiente di lavoro.
La Regione può invece intervenire per i fattori esterni quali rumori esalazioni e gli inquinamenti provocati dai processi lavorativi.
Il decreto delegato prevede infatti che il trasferimento delle funzioni riguardi "la tutela sanitaria nei luoghi di lavoro"; la competenza è cioè limitata alle funzioni dell'ufficiale sanitario mentre per "gli aspetti sanitari della prevenzione degli infortuni sul lavoro e l'igiene del lavoro" rimane ferma la competenza statale, salvo alcune deleghe di funzioni amministrative.
Tuttavia è indispensabile prendere atto di una realtà che da tempo va avanti nelle fabbriche e negli ambienti di lavoro, infatti la classe operaia non accetta più di monetizzare la sua salute con indennità di rischio o altri simili interventi.
Il dibattito sulla salute è molto vivo nelle fabbriche ed i lavoratori sono consapevoli che il progresso scientifico consente di prevedere i rischi e di eliminare, quei fattori nocivi che attualmente sono presenti nei processi produttivi generando danni incalcolabili alla salute.
Al proposito potremmo citare una serie innumerevole di gravi episodi avvenuti nelle aziende che si sono drammaticamente imposti all'attenzione anche di questo Consiglio Regionale.
Fino ad oggi il campo della sanità e della medicina è stato sempre riservato a chi detiene il potere; ai lavoratori non rimaneva altra possibilità che prendere atto delle decisioni e delle scelte che li riguardavano e che venivano loro imposte all'interno del luogo di lavoro.
Oggi tutto ciò non è più accettato dai lavoratori che sono consapevoli di non dover più completamente delegare al potere economico ed ai tecnici la difesa della loro salute.
L'azione dei lavoratori in questi anni si è svolta in più direzioni: Sensibilizzazione su questi problemi, all'interno ed all'esterno della fabbrica, rivolta non soltanto ai lavoratori direttamente interessati, ma a tutte le forze politiche e sociali ed anche agli stessi operatori medici e sanitari al fine di costruire insieme un ruolo alternativo del medico quale operatore a fianco dei lavoratori.
Iniziativa diretta all'interno delle diverse aziende per cominciare ad evidenziare le carenze, i pericoli, i rischi e tutti quei fattori che l'operaio, nella sua esperienza, ogni giorno individua come nocivi per la sua sicurezza e la sua salute.
Elaborazione, con il supporto di dirigenti sindacali, di tecnici della salute, di medici, psicologi e di operatori specifici, di programmi di lavoro alternativi, che pur salvaguardando i livelli di produzione tuttavia garantiscano il controllo della nocività ambientale.
Queste iniziative che scaturivano dall'esperienza diretta dei lavoratori si sono via via allargate ed oggi esiste tutta una serie di pubblicazioni curate dalle Confederazioni Sindacali inerenti l'ambiente di lavoro.
La forza e l'unità dei lavoratori nel perseguire questi obiettivi hanno portato a stipulare contratti di lavoro, soprattutto nelle aziende di notevoli dimensioni, nei quali la tutela della salute, viene posta all'attenzione di organismi misti di rappresentanze dei lavoratori e organi dello Stato.
La Regione dunque non poteva esimersi dal prendere atto di questa realtà, come ha anche affermato l'Assessore Armella nel suo intervento durante il recente dibattito sulla Sanità e Assistenza.
Già altre Regioni, quali la Toscana e il Veneto, hanno presentato proposte di leggi per l'istituzione di servizi per la tutela sanitaria dei lavoratori nei luoghi di lavoro, mentre l'Emilia e Romagna ha approvato una legge di "istituzione di un fondo per la prevenzione nei settori della medicina ed assistenza".
La Regione Piemonte, stante la sollecitazione dei Sindacati e le iniziative di numerosi Comuni per costituire le Unità di Base, ha deciso di intervenire con deliberazione, seguendo una procedura di carattere eccezionale dovuta all'urgenza del provvedimento. Questa delibera darà una regolamentazione ad iniziative già in fase di avanzata elaborazione da parte dei lavoratori, all'interno della fabbrica e in collaborazione con gli amministratori comunali, per quanto di loro competenza.
Le Confederazioni Sindacali hanno infatti deciso di operare nei confronti degli Enti Locali affinché "ogni iniziativa per la costruzione delle Unità di Base tenda a rispondere a precise richieste di interventi programmati dalle strutture del Sindacato e abbia come costante riferimento la costruzione dell'Unità Sanitaria Locale".
E' quindi indispensabile un intervento della Regione che promuova l'istituzione delle Unità di Base, indirizzi e coordini la loro attività in modo da giungere ad una conoscenza precisa della realtà esistente nel mondo del lavoro che consenta poi di realizzare, anche sulla base delle indicazioni dei lavoratori, gli interventi più idonei per tutelarne la salute.
Avremmo voluto che la presente deliberazione desse maggiori compiti ai Comuni, che le funzioni degli Uffici Sanitari Comunali fossero maggiormente chiarite e che la funzione di indirizzo, coordinamento e gestione svolta dalla Regione risultasse nel complesso meglio evidenziata.
Certamente il provvedimento non è perfetto e maggiori difficoltà e perplessità sorgeranno in fase di applicazione del medesimo.
Tuttavia siamo favorevoli a questa iniziativa che sorge realmente da istanze di base.
Il presente documento, che scaturisce da tutta una serie di incontri dell'Assessore alla Sanità e dalla IV Commissione con le Organizzazioni Sindacali, ha recepito quasi interamente le indicazioni che i lavoratori hanno dato. Ciò è senza dubbio positivo. Ricordiamo la frase di Berti quando, parlando del Presidente Calleri che aveva modificato un suo atteggiamento a Moncalieri, ha detto: "E' stato un segno di forza, non un segno di debolezza". E quindi anche per l'Assessore Armella, che ha voluto recepire le istanze dei lavoratori è stato un segno di forza, non un segno di debolezza.
Noi siamo convinti che la Regione debba continuare nella linea della ricerca e della prevenzione, deve cioè dotarsi di tutti gli strumenti che le consentano di conoscere la realtà per poter successivamente incidere sulle cause che generano danni alla salute dei lavoratori, i quali dovranno continuare a svolgere un ruolo attivo all'interno di questo processo collaborando alla raccolta dei dati, dando indicazioni, intervenendo nella individuazione delle cause che generano malattie.
Per parte nostra appoggeremo questa iniziativa in quanto siamo convinti che la realizzazione della prevenzione guidata dai lavoratori possa contribuire a far mutare i rapporti di forza e di contrattazione, sia all'interno della fabbrica, che nella società.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FASSINO



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Berti, ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Che invece di una legge (ritenuta anche dagli altri interventi opportuna, comunque essa rientra nei nostri propositi e credo lo sarà del Consiglio intero nei prossimi mesi) si giunga oggi con una deliberazione non sminuisce affatto l'importanza della decisione che il Consiglio Regionale sta per assumere.
Credo di poter affermare che il campo in cui interveniamo e il tipo di decisione che il Consiglio sta per prendere e che vedrà la nostra piena approvazione (a condizione che alcune piccole modifiche siano ancora apportate e che adesso illustrerò) è una delle questioni più importanti che il Consiglio Regionale abbia affrontato dal giorno della sua istituzione ad oggi per il modo come l'affronta e per la procedura seguita per arrivare a questa deliberazione.
Si sono avuti, nel corso dell'elaborazione di questo documento, dei momenti che hanno sottolineato il valore della partecipazione che il nostro Statuto ha così chiaramente stabilito. Si è cioè costruita una deliberazione cogliendo nelle fabbriche gli elementi per elaborarlo. Si è stabilito un rapporto concreto e costruttivo con le organizzazioni sindacali portatrici di esperienze dirette attuate in alcune fabbriche in particolare FIAT e PIRELLI attraverso l'azione di gruppi omogenei nei reparti. E' questa esperienza che ha dimostrato ai lavoratori l'esigenza di collegarsi con istituzioni esterne alla fabbrica dotate di poteri strumenti e mezzi tecnici adeguati per consentire una piena elaborazione dei dati raccolti nella fabbrica e la individuazione degli interventi resi necessari.
E partendo da quell'esperienza concreta che ha portato ad individuare nelle "unità di base" strumenti nuovi di intervento fuori della fabbrica per raccogliere, per censire, come dice appunto questa deliberazione i dati raccolti nella fabbrica, sono state costituite delle equipes, certo ancora ridotte, ma che hanno il valore politico di strumenti nuovi di autogestione della salute direttamente da parte dei lavoratori.
Credo che la prima considerazione importante che occorre fare sia proprio questa: la Regione recependo le proposte venute dalle fabbriche attraverso le organizzazioni sindacali, traducendole in deliberazione stanziando dei finanziamenti per la promozione e la gestione di questi strumenti, esprime uno degli atti che il nostro Statuto ha voluto privilegiare nel suo art. 6 e nello spirito generale dello Statuto ha voluto portare i cittadini piemontesi ad essere compartecipi gestori delle decisioni che li riguardano.
In questo senso la delibera si caratterizza come la prima decisione che si muove chiaramente in questa direzione. C'è un rapporto diretto tra i lavoratori delle fabbriche, gli enti locali la Regione, un rapporto certamente costruttivo e innovativo come contenuto e come metodo perché (e mi riferisco alle parole dette dall'Assessore nella sua introduzione al dibattito sulla sanità, quando ha chiaramente espresso il desiderio, la volontà politica della Regione di andare per una strada che, se pure in parte limitata dal trasferimento delle competenze è tuttavia obbligatoria perché viene da una realtà sociale ed operante del Piemonte ed è quindi valida) non ci trinceriamo dietro le difficoltà che le leggi possono porre ma la affrontiamo.
Un altro aspetto è che questa decisione, come è già stato detto da altri, anticipa in certo qual modo i contenuti di una riforma sanitaria.
Credo che la frase che un po' tutti abbiamo ripetuto e cioè che la salute si difende andando a ricercare a monte le cause e che occorre spostare l'intervento dal momento puramente curativo a quello preventivo ha in questa decisione una sua esplicazione precisa: la Regione interviene in accordo con i Comuni, con i sindacati, a monte, va nelle fabbriche e fa opera di prevenzione.
Io non vorrei, con questo mio intervento, valorizzare anche troppo l'atto che stiamo per compiere, perché mi rendo conto che molti altri aspetti sono collegati a questo; la riforma sanitaria prevede l'intervento generale nel campo della salute che sappiamo essere elemento trainante per la nostra società e per le questioni che ad essa sono collegate. Tuttavia anche per avere il nostro gruppo e personalmente, fortemente vissuto l'elaborazione di questa deliberazione, teniamo a sottolineare che, pur affrontando un solo aspetto e con strumenti ancora abbastanza limitati pure avendo ancora un carattere sperimentale, non essendo una legge, per i luoghi e per il modo in cui interviene essa si presenta (e così noi la concepiamo) come un atto qualificante della Regione Piemonte che merita di essere fatto conoscere.
Certo occorre che a questo atto ne seguano altri, ci auguriamo con la stessa tempestività. Sappiamo che la messa in opera delle equipes delle unità di base non è un compito facile per la penuria di ufficiali sanitari ma soprattutto perché (e siamo pienamente d'accordo con le organizzazioni sindacali) questo tipo di esperienza va avanti nella misura in cui è collegata - e questo è compito dei sindacati e del partito nostro, dei partiti democratici - ciò che si costruisce dentro la fabbrica, affinché il rapporto sia diretto e siano i lavoratori i gestori della propria salute.
Noi siamo quindi pienamente consenzienti anche perché in questo caso si è adottato un metodo che dall'inizio dei lavori di questo Consiglio Regionale noi andiamo chiedendo e che ogni qualvolta e stato applicato ha portato a risultati concreti, senza confusioni tra maggioranza e minoranza.
E' stato, questo, un confronto civile fatto di contenuti, in cui le posizioni sono venute modificandosi in rapporto alla validità delle proposte emerse dalle varie riunioni.
Fatta questa premessa di carattere politico, noi vorremmo ancora proporre, nonostante le lunghissime (l'Assessore dirà estenuanti) riunioni in cui si è valutata, parola per parola, questa deliberazione, e nonostante un accordo di carattere generale, alcune modifiche.
La prima puramente formale circa il modo di presentare la deliberazione. Secondo la stesura iniziale della Giunta, la Regione istitutiva direttamente, mentre credo sia anche formalmente più corretto e più corrispondente al dibattito e alla decisione che stiamo assumendo formulare la delibera dicendo che il Consiglio Regionale, sentite le proposte della Giunta, delibera di organizzare il servizio ecc. Anche perché l'ultimo punto della deliberazione chiarisce che la Giunta Regionale ed il suo Presidente, in applicazione ecc. delibereranno. Mi sembra formalmente più corretto e anche più valido rispetto all'importanza della deliberazione, che non è di ordinaria amministrazione.
Le altre due sono questioni di sostanza. Una sulla quale non abbiamo potuto trovare l'accordo in Commissione, che potrebbe essere di forma, ma che a seconda delle interpretazioni soprattutto future, potrebbe diventare di sostanza, è quella relativa alla parte dell'art. 1 in cui è scritto: "L'attività delle unità di base sarà diretta dagli ufficiali sanitari comunali, quali organismi periferici della Regione stessa (e in questo senso si chiarisce una funzione precisa della Regione) secondo le direttive emanate dall'Amministrazione Regionale, tramite l'Assessore alla Sanità e avvalendosi degli uffici dei medici provinciali, che coordineranno l'attività degli Ufficiali sanitari".
Devo dire che le proposte venute dalle organizzazioni sindacali e che dicevano, a proposito degli ufficiali sanitari, "che operano alle dipendenze del Comune", sono state ritenute pleonastiche perché di fatto gli ufficiali sanitari operano alle dipendenze del Comune. Alla stessa stregua mi pare di poter affermare che è pleonastico scrivere in questa delibera che ci si avvale degli uffici dei medici provinciali che coordineranno ecc. La proposta che noi facciamo è di terminare la frase con le parole "tramite l'Assessore alla Sanità". Che poi questi si avvalga degli ufficiali provinciali, rientra nelle sue competenze, ma pare a noi che scriverlo nella delibera significhi sottolineare un ruolo che è invece assolutamente marginale rispetto ai tre organismi fondamentali che qui vengono costituiti: unità di base, Centro sanitario, Comitato regionale.
Questa è la prima osservazione.
Più avanti sta scritto: "l'Assessore alla Sanità prenderà gli opportuni accordi con l'Ispettorato del lavoro al fine di garantire il migliore funzionamento del servizio". E sta bene. Dice poi "Prenderà parimenti accordi con l'INAIL, l'INAM, l'ENPI e ogni altro ente interessato alla tutela sanitaria nei luoghi di lavoro". In questo caso non è precisato il fine, mentre il fine è quello per il quale ci si accorda con l'Ispettorato del lavoro. Proponiamo quindi che si dica "L'Assessore alla Sanità prenderà gli opportuni accordi ecc. per garantire il migliore funzionamento". Cioè il fine è unico. Mi sembra importante anche dal punto di vista della forma ma finisce per essere una questione di sostanza anche questa.
Un'altra questione molto importante è emersa in Commissione soprattutto dall'intervento del Consigliere Conti (credo ne parlerà ancora lui) e che in quella sede abbiamo se non proprio sottovalutato non preso in esame in tutta la sua importanza. Effettivamente ci siamo preoccupati di accertare che cosa vuole dire "In attuazione di quanto sopra l'Amministrazione regionale potrà convenzionarsi con l'Istituto di Medicina del lavoro dell'Università degli Studi di Torino". Dalle proposte che venivano dal Consigliere Conti pare che invece occorra parlare di Università, stante che c'è un impegno preciso e un'azione continua della Regione per stabilire con l'Università una convenzione per l'istituzione di un Centro di calcolo a cui non potranno non fare capo tutti gli accertamenti e tutte le ricerche che si dovranno effettuare.
Abbiamo convenuto allora in Commissione che avendo appreso che il Centro in questo caso avrebbe bisogno essenzialmente di terminali e non di un Centro elettronico, era possibile, dovendo anche procedere in fretta concludere in questo modo, salvo vedere in seguito come affrontare il problema. In realtà la questione è più seria, cioè noi dobbiamo, in ogni nostra decisione anche parziale, andare nella direzione generale che si ritrova nell'ordine del giorno, ma c'è una notizia che rende quasi obbligatoria questa modifica in quanto nessun istituto di per sé per legge può convenzionarsi.
Se la delibera passasse in questo modo, potrebbe essere messa in causa e comunque non avrebbe valore pratico. E' opportuno dunque, poiché in effetti non modifica la sostanza, poiché il rapporto avverrà certamente con l'Istituto di medicina del lavoro, evitare possibili intralci, andare nella direzione generale del Consiglio Regionale e scrivere che la Regione si potrà convenzionare con l'Università degli studi di Torino.
C'è un'ultima osservazione che riguarda i compiti del Comitato regionale al punto e), dove è scritto che il Comitato "propone ed esprime pareri sull'istituzione di corsi di aggiornamento ed istruzione per specialisti e tecnici".
La nostra proposta è che al "propone ed esprime pareri" si aggiunga "e contribuisce all'organizzazione di corsi di aggiornamento". Il comitato per l'esperienza che acquisisce, per la funzione che viene ad avere, pu non limitarsi ad esprimere pareri lasciando ad altri il compito di organizzarli, bensì contribuire all'organizzazione degli stessi.
Questa è l'ultima proposta che facciamo ed alla quale vorremmo, insieme ad altre proposte, una risposta, che ci consentirà di dare un giudizio e un'approvazione anche più completa alla delibera.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Rossotto, ne ha facoltà.



ROSSOTTO Carlo Felice

Signor Presidente, Signori Consiglieri, riconfermando in aula la piena adesione che già in Commissione fu data alla presente delibera, il gruppo liberale sottolinea l'importanza, già richiamata dai colleghi che hanno parlato prima di me, sia per la materia e per il tipo di regolamentazione sia per l'adempimento degli impegni che oggi con questa deliberazione si da. E' da quando abbiamo esaminato i decreti delegati in materia sanitaria che si ricordò l'importanza della funzione preventiva sanitaria specialmente nel mondo del lavoro. Da parte dell'Assessore si era già parlato di quanto la Giunta aveva compiuto, anche in relazione ai tragici avvenimenti di Ciriè e oggi, con una tempestività veramente degna di lode si offre una prima concreta risposta.
Il valore sperimentale che scaturisce da questa deliberazione assume particolare importanza anche in relazione a quelli che saranno gli impegni che la Regione sarà chiamata ad assolvere non soltanto nel campo della medicina preventiva nei luoghi di lavoro, ma con riferimento al disegno generale della riforma sanitaria che vedrà operare le unità sanitarie di base con le quali creeremo le strutture per poter prontamente intervenire al momento in cui il problema assumerà l'importanza di tutela generalizzata.
Sugli altri problemi che sono stati sollevati dal collega Berti, sui primi due, a prima vista mi pare di poter dare il mio consenso, sugli altri ritengo che alla fine del dibattito, una breve sospensione consentirà ai capigruppo e alla Giunta di approfondire maggiormente le notizie onde decidere ponderatamente.
In ogni caso, indipendentemente dalle modifiche che possono ancora essere accettate e concordate alla fine del dibattito, il gruppo liberale dichiara il proprio voto a favore anche come positivo encomio e stimolo per l'attività di cui la Giunta si è fatta promotrice e per la quale il Consiglio Regionale più volte aveva richiesto precisi adempimenti.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Conti. Ne ha facoltà.



CONTI Domenico

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, desidero anch'io, a nome del Gruppo democristiano, porre in rilievo alcuni aspetti assai significativi di questa delibera, con la quale viene dato l'avvio ad una prima soluzione con carattere sperimentale, dell'importante problema della tutela della salute nel luogo di lavoro.
In primo luogo intendo sottolineare il fatto che con questa delibera si rende possibile, nella nostra Regione, l'effettiva attuazione dell'art. 9 dello Statuto dei Lavoratori che, come i Colleghi ricordano, così stabilisce: "I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l'applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, la elaborazione e l'attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica".
Con l'istituzione delle unità di base viene dato ai lavoratori della Regione Piemonte lo strumento mediante il quale essi possono davvero esercitare il diritto di operare attivamente per la tutela della loro salute e integrità fisica, diritto affermato dalla Costituzione, ribadito dallo Statuto dei Lavoratori e riaffermato dallo Statuto della nostra Regione.
Con questa delibera viene così a estrinsecarsi la forza operante e concretizzatrice della legge, forza senza la quale ogni legge contraddice a se stessa, tramutandosi in sterile enunciazione di diritti e di doveri disattesi e offesi proprio dal fatto che vengono dichiarati senza che ricevano una effettiva garanzia.
In secondo luogo, mi sembra opportuno rilevare come con questa delibera la Regione adotti un principio innovatore circa la tutela della salute tutela che non si esaurisce nell'apprestamento di infrastrutture e strumentazioni, ma che postula ed esige l'attiva partecipazione dei lavoratori. Infatti, la tutela della salute non può essere semplicemente "data", ma deve soprattutto consistere nell'effettiva possibilità di autotutela. Non c'é piena e completa tutela senza autotutela, la salute non può essere completamente assicurata da terzi, ma trova nella partecipazione attiva dei lavoratori una sua essenziale espressione mentre che si pone come migliore garanzia per la stessa efficacia dei servizi apprestati ed erogati.
Detto principio innovatore, a cui si ispira la delibera sottoposta al nostro esame e alla nostra approvazione, è estremamente importante e costruttivo, denso di implicane e di sviluppi anche per ciò che attiene alla cultura dei lavoratori e alla loro formazione.
In terzo luogo, desidero rilevare che questa delibera risulta, come si suol dire, "qualificante" anche perché contribuisce all'avvento di un nuovo modo di lavorare, ed una nuova concezione del lavoro. Un lavoro che non pu svolgersi a prezzo dell'uomo e della sua dignità, col vulnerare anche irreparabilmente la salute e la integrità dell'uomo, e venendosi a perdere di senso e di valore nella sua stessa funzione produttiva, ma un lavoro che deve svolgersi nel rispetto dell'uomo e come promozione dell'uomo.
Ciò è particolarmente favorito dalla funzione "preventiva" degli interventi predisposti. Infatti, e anche con la prevenzione che si è indotti a risalire sino al costituirsi stesso del processo e dell'ambito lavorativo in modo da possedere ogni cosa come in radice e così poterla volgere verso il perseguimento di obiettivi produttivi umanamente accettabili, scongiurando i dolorosissimi insopportabili costi umani conseguenti alla mancata tutela della salute e della integrità fisica nei luoghi di lavoro.
Sempre secondo questa linea di considerazioni non si può non rilevare come questa delibera non possa determinare conseguenze utili e costruttive per la stessa progettazione dei processi costruttivi, per la organizzazione e strumentazione dei rapporti di lavoro non solo allo scopo di renderli sempre meno pericolosi e nocivi, ma anche per realizzarli a servizio del lavoratore e della sua capacità produttiva nel rispetto della sua dignità e delle sue esigenze di soggetto della vita economica e sociale.
Né potrà risultare anche un incremento per la stessa produttività delle aziende. Infatti, proprio i pericoli incontrati e subiti dai lavoratori nei luoghi di lavoro sono causa certamente non ultima del fenomeno del cosiddetto "assenteismo" e della cosiddetta "disaffezione" al lavoro.
Né si può tralasciare il significato politico, costituzionale e statutario, di questa delibera, già ricordato da altri Consiglieri, proprio per la possibilità che essa apre di una effettiva partecipazione dei lavoratori rispetto ai processi produttivi e, indirettamente, rispetto alla vita politica economica e sociale in generale.
Altro aspetto importante, anche se andrà ripreso e sviluppato in misura più soddisfacente è quello che riguarda la partecipazione degli Enti locali in rapporto alla tutela della salute nei luoghi di lavoro. Enti locali che debbono essere considerati, nel concreto, come espressione essenziale di organica e solidale convivenza, aperta e compartecipe per rapporto ai principali aspetti della vita associata e anche, come in questo caso dell'attività lavorativa.
Infine, non possono non rimarcare la fecondità dei rapporti di collaborazione che si sono instaurati fra Regione e sindacati, fra Regione e lavoratori, rapporti che hanno reso possibile questa delibera, rapporti che dovrebbero essere coltivati anche per i problemi che si vorranno affrontare per il futuro.
In effetti, si viene dimostrando che da un dialogo serrato con i lavoratori e con le loro rappresentanze, si possono trarre benefici anche per tutta la comunità verso traguardi di sviluppo civile e di crescita culturale e formativa, che diversamente non sarebbero - in pratica conseguibili.
Tuttavia si potrebbero sollevare alcuni interrogativi rispetto alla effettiva attuazione della delibera, per esempio rispetto alla costituzione e funzionamento delle unità di base, e ciò per rapporto al reclutamento alla formazione e all'inquadramento del personale occorrente.
Soprattutto si potrebbe osservare che effettuato il controllo delle condizioni di lavoro e il rilevamento delle situazioni dannose alla salute la delibera non dice quale ne sarà lo sbocco operativo. Eppure, analizzata e diagnosticata una situazione occorre parimenti prevedere i mezzi e i tipi di interventi risolutivi delle condizioni di nocività e di pericolo riscontrate.
Ancora la delibera non dice chiaramente come andrà svolgendosi l'azione della Giunta in ordine alla funzione di indirizzo di coordinamento e di controllo per questo nuovo e importante settore di attività di prevenzione e di tutela.
Ad ogni modo ritengo di non dover insistere ulteriormente su questi ultimi problemi, poiché essi potranno ricevere una prima soluzione per mezzo della sperimentazione che la delibera rende finalmente possibile.
Sempre che continui il rapporto vivo e puntuale con i lavoratori e le loro rappresentanze.
Come Gruppo della Democrazia Cristiana, non abbiamo difficoltà ad accettare le proposte fatte dal Consigliere Berti (che non ripeto, per brevità) in ordine alla parte introduttiva della delibera, in ordine alla accentuazione del ruolo svolto dagli organi elettivi, dando per scontato il funzionamento dell'apparato burocratico.
Il Consigliere Berti ha avuto la cortesia di ricordare i miei interventi in Commissione a proposito della collaborazione da parte dell'Università. In effetti credo che nella delibera ci si debba limitare a prevedere convenzioni con l'Università e non con questo o quell'altro Istituto universitario.
In primo luogo perché tale collaborazione deve essere ricercata all'interno di una generale impostazione e sviluppo di rapporti collaborativi fra Regione e Università. Ciò è richiesto anche da necessità comuni ai singoli problemi da affrontare. Per es. la necessità della elaborazione elettronica dei dati. Mentre non risulta che l'Istituto di Medicina del lavoro disponga di un elaboratore, l'Università attraverso una apposita Commissione sta provvedendo al noleggio di un nuovo elaboratore a servizio di tutti gli Istituti universitari, elaboratore che dovrà coprire il biennio 1973/75. Nel contempo si sta studiano la costituzione di un grande centro di elaborazione da gestire in collaborazione con la Regione così come abbiamo riferito nel corso del dibattito sui rapporti fra Università e Regione.
C'è poi da soddisfare l'esigenza interdisciplinare che concerne anche i problemi del lavoro e della tutela della salute nei luoghi di lavoro. Tale esigenza non si potrà soddisfare se ci si vorrà limitare ai soli rapporti anche se importanti e qualificati, con l'Istituto di Medicina del Lavoro.
Il che risulta ancora più evidente se si vorrà perseguire una tutela che non si riduca al solo controllo e rilevamento dell'indice di pericolosità e di nocività, ma che altresì ne individui e ne rimuova le cause.
Infine, come è già stato ricordato, non si può ignorare il problema della legittimità di convenzioni fatte con singoli Istituti universitari.
In ogni caso non si può ignorare che questo Consiglio Regionale alla unanimità ha sempre sostenuto nel corso dei suoi dibattiti una concezione dell'Università che superi la logica di un'attività universitaria sbriciolata fra i vari Istituti.
Esprimo ancora l'accordo del mio Gruppo su quanto è stato detto sui corsi di formazione e di aggiornamento del personale. Siamo consapevoli che, in definitiva, il personale è fondamentale quando si voglia effettivamente realizzare un servizio.
A conclusione del mio intervento, mentre esprimo fin da ora il voto favorevole del Gruppo della Democrazia Cristiana, non posso non richiamare l'attenzione del Consiglio Regionale sulla costruttività del lavoro svolto in Commissione con la partecipazione dell'Assessore da un lato e dei sindacati dall'altro.
Debbo dare atto all'atteggiamento di sensibilità e di responsabilità della minoranza, alla piena disponibilità della Giunta dimostratasi sensibili ed aperta a questo problema, all'impegno di tutti i consiglieri.
Tutto ciò ha consentito di addivenire, in tempo relativamente breve, ad una prima soluzione di un problema così importante dal punto di vista umano e anche politico e costituzionale, come quello della tutela della salute e della integrità fisica nei luoghi di lavoro.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Cardinali.



PRESIDENTE

CARDINALI.



PRESIDENTE

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ricorderò sempre, per la viva impressione che ne provai, un intervento svolto alcuni anni fa dal collega Lo Turco, in cui egli tracciò un quadro di una realtà che lui viveva ed alla quale noi eravamo abbastanza estranei, dal quale risultava la minaccia gravante sistematicamente su coloro che lavorano nelle fabbriche ed operano in settori particolarmente pericolosi di tale attività.
Oggi, con questa delibera, si dà, secondo me, avvio ad un provvedimento che inizia un qualche cosa di nuovo nell'ambito di quella segnalazione che era stata fatta, e credo che il risultato che sarà raggiunto sarà certamente positivo, anche se sono portato a considerare il provvedimento come uno di quelli che in fondo dovrebbero essere fondamentali comunque, in qualsiasi momento. Non si può oggi, nella nostra civiltà, così tecnologicamente avanzata, operare senza un minimo di tutela in questo senso.
Penso che la istituzione delle unità di base, con la possibilità di effettuare controlli ed interventi, avrà certamente una notevole finalità ma credo che noi dovremo arrivare, come già succede nelle grandi società avanzate tecnologicamente, a segnalazioni anche ricercate nell'ambito proprio della tecnologia, che diano automaticamente determinati sentori di pericolosità e consentano immediati interventi. Ricordo di essere entrato recentemente, per ragioni di lavoro, in uno stabilimento tessile della mia città e di essermi reso conto che le lavoratrici che operano attorno al cotone in quello stabilimento si muovevano in un ambiente in cui io personalmente non avrei resistito per più di un'ora; esse vi lavoravano tutto il giorno, per otto ore consecutive. Era evidente che qualcosa occorreva fare; anche se certamente quello stabilimento era aggiornato con le moderne disposizioni qualcosa ancora doveva essere innovato perché la vita in quell'ambiente potesse essere facilitata.
La delibera che oggi ci accingiamo a votare, che è risultata da questo incontro felice fra la Giunta Regionale, la Commissione, i sindacati e le organizzazioni dei lavoratori può rappresentare un passo concreto. Sotto questo aspetto, è ovvio il voto favorevole del nostro Gruppo alla proposta di deliberazione stessa, proprio per le finalità che con essa ci prefiggiamo.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l'Assessore Armella. Ne ha facoltà.



ARMELLA Angelo, Assessore alla sanità

Vorrei, in relazione alle proposte che sono intervenute di ulteriori perfezionamenti della delibera, puntualizzare alcuni punti e su altri esprimere parimenti il parere della Giunta.
Il primo punto riguarda l'intestazione, direi, della delibera.
L'espressione "delibera di impegnare la Giunta" in effetti suona anche non tanto bene. Giunti a questo punto, e apportate le variazioni che sono state apportate, si ritiene opportuno aderire alla proposta fatta, per cui la formulazione sarebbe così modificata: "Su proposta della Giunta, delibera di organizzare il servizio relativo alla tutela sanitaria dei luoghi di lavoro ecc. ecc." Su questo punto mi pare ci sia un generale accordo.
C'è poi il punto relativo alla funzione degli uffici dei Medici provinciali. E' fuor di dubbio che questi uffici, essendo trasferiti alla Regione, sono uffici propri dell'Amministrazione regionale. La Giunta Regionale ovviamente si avvale, e continuerà ad avvalersi, di questi uffici per l'espletamento del servizio per la tutela sanitaria nei luoghi di lavoro.
Qualche comprensibile difficoltà ha incontrato anche in Commissione l'accettazione della espressione: "che coordinano l'attività degli ufficiali sanitari". In effetti, il coordinare l'attività non è proprio di un ufficio ma è proprio dell'intera Amministrazione regionale. Pertanto, si proporrebbe di cancellarla. Penso che su questo punto dovremmo avere anche l'assenso dell'ufficio. Quindi, dopo le parole: "tramite l'Assessore alla Sanità e avvalendosi degli Uffici dei Medici provinciali", si sopprimerebbe "che coordineranno l'attività degli ufficiali sanitari", lasciando quindi i disposti di legge, senza porre il problema del coordinamento.
Meno comprensibile è invece, a mio avviso, l'altra proposta, che riguarda gli istituti. La formulazione era: "L'Assessore alla Sanità prenderà gli opportuni accordi con l'Ispettorato del Lavoro al fine di garantire il miglior funzionamento del servizio". Seguiva: "é allo stesso fine del miglior funzionamento del servizio il prendere accordi con l'INAIL, INAM ed ENPI e ogni altro ente interessato alla tutela sanitaria nei luoghi di lavoro". Si era spezzata la frase in due periodi, separati da un punto, perché diverse sono le finalità dell'Ispettorato del Lavoro da quelle degli altri enti: l'Ispettorato del Lavoro ha la vigilanza sui luoghi di lavoro, agli altri enti questa vigilanza non compete, salvo l'INAIL per certi fini. Nulla vieta - comunque la finalità dell'Amministrazione provinciale resta unica, cioè "per garantire il miglior funzionamento del servizio" - di modificare la frase per quanto non aggiunga né modifichi nulla. La modifica consisterebbe nello spostare "al fine di garantire il miglior funzionamento del servizio" all'inizio del periodo, che risulterebbe così: "Al fine di garantire il miglior funzionamento del servizio l'Assessore alla Sanità prenderà gli opportuni accordi con l'Ispettorato del Lavoro; e prenderà parimenti accordi con l'INAIL, INAM ed ENPI ed ogni altro ente interessato alla tutela sanitaria nei luoghi di lavoro".
Quanto al punto che riguarda l'Università e l'Istituto di Medicina del lavoro, occorre rilevare la situazione oggi esistente. In realtà, finora noi abbiamo convenzioni con il Centro traumatologico ortopedico, il CTO, di Torino, in quanto questo è un ente ospedaliero riconosciuto, ha personalità giuridica e può stipulare convenzioni. Nel CTO di Torino esiste l'Istituto di Medicina del lavoro, per convenzione con il CTO può comprendere la possibilità di avvalersi dei servizi di cui questo dispone, compreso l'Istituto di Medicina del lavoro. A questo punto sarebbe necessario, a mio avviso, un ulteriore approfondimento, che si potrà fare forse meglio anche dopo aver accertato quali sono le attrezzature dell'Università e le attrezzature proprie del Centro traumatologico. Mi risulta, ad esempio, che l'Istituto di Medicina del Lavoro è già fornito di un terminale collegato con il calcolatore.
In una situazione di questo genere, parrebbe alla Giunta opportuno lasciare la situazione impregiudicata, cioè consentire che l'Amministrazione regionale possa convenzionarsi con l'Università degli studi di Torino e con gli enti ospedalieri. In questo caso, consentendo poi, anche sentito il Comitato che sarà subito istituito, di addivenire alla migliore delle soluzioni da darsi alla situazione. La Giunta pertanto, propone di modificare la frase in esame come segue: "In attuazione di quanto sopra, l'Amministrazione regionale potrà convenzionarsi con l'Università degli Studi di Torino e con enti ospedalieri esistenti nella Regione".
Rimane da definire il punto e, relativo alle funzioni del Comitato: "Propone ed esprime pareri sulla istituzione di corsi di aggiornamento e istituzione per specialisti e tecnici". Il "propone" dovrebbe essere trasformato in "fa proposte", perché "propone pareri" non avrebbe senso. Si chiede di aggiungere: ".....e contribuisce alla organizzazione dei corsi".
Ma in che modo può contribuire a ciò questo Comitato?



BERTI Antonio

Contribuisce con indirizzi.



ARMELLA Angelo, Assessore alla sanità.

Mi pare che anche il contribuire sia già compreso nella dizione adottata: "Fa proposte ed esprime pareri sulla istituzione di corsi di aggiornamento e istruzione per specialisti e tecnici" significa che contribuisce al funzionamento, formula indicazioni, esprime pareri; in "fa proposte" è detto tutto, insomma.



BERTI Antonio

La richiesta viene dalle organizzazioni sindacali. Il significato ne è questo: se è vero che questa attività si svolge con una presenza non secondaria delle organizzazioni sindacali, è possibile che i corsi si svolgano con la partecipazione anche delle organizzazioni sindacali e dei membri del Comitato come parte attiva. Cioè, si vorrebbero dei corsi in cui ad insegnare possano essere coloro che operano direttamente nel campo; il che può certamente contribuire ad una più idonea preparazione degli allievi.
Chiederei comunque al Presidente, scusandomi con l'Assessore Armella per l'intrusione nel suo intervento, di voler concedere una breve sospensione della seduta, che permetta di chiarire meglio le idee sia su questa questione che in particolare su quella dell'Università. Scrivere che "si convenziona con enti ospedalieri" può consentire di uscir fuori per l'immediato da un impasse, ma non può essere accettato che si stabilisca il principio che la prevenzione si fa tramite gli ospedali.



PRESIDENTE

Sospendo per qualche minuto la seduta. I Capigruppo sono invitati ad incontrarsi con l'Assessore.



(La seduta, sospesa alle ore 12,30, riprende alle ore 12,45)



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE OBERTO



PRESIDENTE

La seduta è riaperta.
Preciso le modifiche apportate, pregando i signori Consiglieri di controllarle sul testo di proposta di deliberazione che hanno sotto mano. A pag. 2, terza linea, si modificherebbe così: "Su proposta della Giunta, delibera di organizzare il servizio relativo alla tutela sanitaria nei luoghi di lavoro ecc." a pag. 3, seconda linea, si sopprime la espressione: "Che coordineranno l'attività degli uffici sanitari", e, più oltre nello stesso periodo, la frase: "L'Assessore alla Sanità prenderà gli opportuni accordi con l'Ispettorato del Lavoro" viene corretta così: "Al fine di garantire il miglior funzionamento del servizio l'Assessore alla Sanità prenderà gli opportuni accordi con l'Ispettorato del Lavoro e prenderà parimenti accordi con l'INAIL, INAM e ENPI ed ogni altro ente ecc." a pag. 4, l'ultimo periodo risulta: "In attuazione di quanto sopra, l'Amministrazione regionale potrà convenzionarsi con le istituzioni universitarie di Torino, e o con il CTO di Torino, in relazione alla convenzione esistente tra l'Università e il CTO ecc." a pag. 5, lettera e, si modificherebbe in: "Fa proposte ed esprime pareri sulla istituzione di corsi di aggiornamento ...." La discussione generale è chiusa. Non resta che passare all'atto formale dell'approvazione da parte del Consiglio, che penso possa esser fatta per alzata di mano, se la Giunta è d'accordo anche su questo.
Pongo in votazione nel testo così emendato la proposta di deliberazione della quale si è data lettura. Chi approva è pregato di alzare la mano. La proposta di deliberazione e approvata all'unanimità.
La seduta è sospesa; i lavori riprenderanno alle ore 16.



(La seduta ha termine alle ore 12,50)



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