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Dettaglio seduta n.166 del 05/07/73 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE OBERTO


Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In aggiunta ai congedi annunziati questa mattina, vi è richiesta di congedo anche da parte del Consigliere Fassino, impegnato in una riunione politica a Roma.


Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta") - Assistenza sanitaria (prevenzione - cura - riabilitazione)

Disegno di legge n. 79 "Assegno integrativo di natalità alle artigiane in caso di parto o di aborto spontaneo o terapeutico"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del disegno di legge relativo all'assegno integrativo di natalità alle artigiane in caso di parto o di aborto spontaneo o terapeutico.
Consideriamo come fatta la relazione alla legge già resa in aula stamattina da parte del Consigliere Beltrami? Lei intende aggiungere qualche cosa di specifico oltre a quello che ha detto stamattina?



BELTRAMI Vittorio

No, dovrei ripetere le stesse cose di stamani.



PRESIDENTE

Qualcuno chiede di parlare sulla relazione scritta presentata? Nessuno.
Passiamo agli articoli.
Articolo 1.
La Regione Piemonte corrisponde, secondo le modalità ed i limiti stabiliti dalla legge 30 Dicembre 1971, n. 1204, un assegno integrativo di natalità, una volta tanto per ogni evento, in caso di parto o di aborto spontaneo o terapeutico, alle artigiane iscritte, quali unità attive, alle Casse mutue di malattia per gli artigiani ai sensi della legge 29 dicembre 1956 n. 1533.



PRESIDENTE

A proposito dell'art. 1 vi è un emendamento aggiuntivo proposto dai Consiglieri Fabbris, Viglione e Ferraris che chiedono di aggiungere, dopo la espressione "assegno integrativo di natalità" le parole "non inferiore a L. 50.000".
I proponenti hanno da illustrare l'emendamento? Qualcuno chiede di parlare? Nessuno.
Pongo in votazione l'emendamento aggiuntivo proposto, che è accettato dalla Giunta. L'emendamento è accolto.
L'art. 1 va quindi in votazione così emendato. Si procede alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Presenti e votanti 31 Hanno risposto SI 31 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Articolo 2.
All'erogazione dell'assegno provvedono le Casse Mutue Provinciali di malattia per gli artigiani del Piemonte, competenti per territorio, a seguito di domanda da presentarsi in carta libera a cura dell'interessata entro 90 giorni dalla data del parto o dell'aborto.
Alla domanda deve essere allegato, in caso di parto, il certificato di nascita o il certificato di assistenza al parto di cui al RDL 15.10.1936 n.
2128; in caso di aborto un certificato medico attestante il mese di gravidanza alla data dell'aborto.
All'art. 2 sono state avanzate proposte di emendamento, sono le stesse di cui ci siamo occupati stamattina per l'altra legge. Si propone, da parte dei Consiglieri Fabbris, Viglione e Ferraris, la soppressione dell'intero primo comma e la sua sostituzione con il seguente: "L'assegno integrativo di cui all'art. 1 della presente legge viene corrisposto in un'unica soluzione dal Comune di residenza dell'avente diritto e su apposita domanda da presentarsi in carta libera a cura degli interessati, entro i 90 giorni successivi all'avvenuto parto o aborto".
I proponenti vogliono illustrarlo o si richiamano alla esposizione di questa mattina?



FERRARIS Bruno

Ci richiamiamo all'esposizione già fatta.



PRESIDENTE

La Giunta mantiene la posizione negativa all'accoglimento, quindi pongo in votazione l'emendamento soppressivo testé letto.
L'emendamento non è accolto.
Vi è un altro emendamento che propone, dopo il secondo comma di aggiungere: "Il Comune provvede d'ufficio all'accertamento dei requisiti di cui all'art. 1 per la corresponsione dell'assegno integrativo".
Anche per questo ci si richiama alle illustrazioni fatte. Nessun altro chiedendo di parlare pongo in votazione per alzata di mano l'emendamento aggiuntivo, non accolta dalla Giunta.
L'emendamento non è accolto.
Vi è infine un emendamento aggiuntivo all'ultimo comma: "In caso di contestazione o di diniego da parte del Comune l'interessata può inoltrare ricorso al Presidente della Giunta tramite il Sindaco, entro 30 giorni dalla reiezione della domanda".
Anche questo emendamento non è accolto dalla Giunta.
Qualcuno chiede di parlare? Nessuno. Lo pongo in votazione per alzata di mano.
L'emendamento non è accolto.
Si passa pertanto, se nessuno chiede la parola, alla votazione dell'art. 2 nel testo del disegno di legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Presenti e votanti 34 Hanno risposto SI 19 Consiglieri Hanno risposto NO 14 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Art.colo 3.
La presente legge si applica agli eventi verificatisi successivamente al 1^ gennaio 1973 e cesserà di avere vigore allorché la somma complessiva dell'assegno di natalità corrisposta alle artigiane sarà superiore a quella corrisposta alle lavoratrici mezzadre e colone.
Vi è una proposta di emendamento aggiuntivo da parte dei Consiglieri Curci e Carazzoni, che suona: "Per gli eventi verificatisi nel periodo intercorrente tra il 1 gennaio 1973 e la data di entrata in vigore della presente legge la domanda e la documentazione di cui al precedente art. 2 dovranno essere presentate entro il termine di 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge presente".
L'illustrazione dell'emendamento è stata fatta, vi si richiama. Nessuno chiede di parlare? La Giunta lo accoglie.
Pongo in votazione per alzata di mano l'emendamento.
L'emendamento è accolto.
L'art. 3 viene pertanto posto in votazione con il secondo comma dell'emendamento aggiuntivo.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Presenti e votanti 34 Hanno risposto SI 34 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
Articolo 4.
Per ripartire il contributo tra le Casse Mutue provinciali per gli artigiani, in base agli eventi verificatisi in ciascun anno, la Giunta Regionale si avvale degli uffici della Cassa mutua provinciale di malattia per gli artigiani di Torino, ai sensi dell'art. 68 dello Statuto e senza ulteriori oneri per il bilancio regionale.
E' stato proposto un emendamento soppressivo dell'intero articolo con un emendamento aggiuntivo che recita: "La Regione provvede semestralmente a rimborsare ai Comuni le somme da questi ultimi erogate ai sensi degli artt. 1 e 2 della presente legge. A tal fine i Comuni provvedono a trasmettere semestralmente gli elenchi delle lavoratrici artigiane aventi diritto, con indicata la data di erogazione dell'assegno medesimo e i Comuni, su loro richiesta, possono ottenere dalla Regione acconti trimestrali ad essi dovuti per le erogazioni effettuate.
Il saldo degli importi e relativi conguagli ed il rimborso delle spese eventualmente sostenute nei Comuni per l'adempimento delle funzioni ad essi delegate dall'art. 2, vengono effettuati da parte della Regione a chiusura dell'esercizio finanziario e comunque non oltre il mese di febbraio di ogni anno".
L'emendamento aggiuntivo e praticamente sostitutivo è dei Consiglieri Fabbris, Viglione e Ferraris.
La Giunta ha dichiarato stamattina di non accoglierlo.



FERRARIS Bruno

Al solo scopo di evitare una ormai inutile ginnastica e per sveltire i lavori, non perché siano mutati i nostri convincimenti, lo ritiriamo.



PRESIDENTE

L'emendamento viene ritirato, si passi alla votazione dell'art. 4 nel testo del disegno di legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Presenti e votanti 36 Hanno risposto SI 19 Consiglieri Hanno risposto NO 16 Consiglieri Si è astenuto 1 Consigliere L'art. 4 è approvato.
Articolo 5.
La Cassa Mutua provinciale per gli artigiani di Torino iscriverà gli assegni integrativi di natalità, corrispondenti alle artigiane del Piemonte, in una contabilità separata. Il rendiconto delle concessioni è presentato annualmente alla Giunta Regionale per l'approvazione.
C'è una proposta di emendamento soppressivo dell'intero articolo.
Il Consigliere Ferraris rinuncia all'emendamento per le ragioni avanti dette. L'emendamento è ritirato.
L'articolo viene posto in votazione nel testo testé letto.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Presenti e votanti 36 Hanno risposto SI 20 Consiglieri Hanno risposto NO 15 Consiglieri Si è astenuto 1 Consigliere L'art. 5 è approvato.
Articolo 6.
All'onere di L. 72.000.000, derivante dall'attuazione della presente legge, per l'anno 1973 si provvede mediante la corrispondente riduzione dello stanziamento di cui al capitolo 1018 del bilancio di previsione per l'anno medesimo.
Il Presidente della Giunta Regionale è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio.
A decorrere dall'anno 1974, alla spesa annua di lire 72.000.000, si provvede con l'iscrizione di apposito capitolo nel bilancio preventivo della Regione.
Qualcuno chiede di parlare? Nessuno.
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Presenti e votanti 37 Hanno risposto SI 37 Consiglieri L'art. 6 è approvato.
Ci sono delle dichiarazioni di voto? Nessuno chiede di parlare, allora si procede alla votazione finale dell'intero testo del disegno di legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Presenti e votanti 37 Hanno risposto SI 37 Consiglieri La legge è approvata


Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta") - Assistenza sanitaria (prevenzione - cura - riabilitazione)

Disegno di legge n. 80 "Assegno integrativo di natalità alle esercenti attività commerciali in caso di parto o di aborto spontaneo"


PRESIDENTE

Passiamo alla terza legge, quella relativa all'assegno integrativo di natalità alle esercenti attività commerciali, in caso di parto o di aborto spontaneo o terapeutico.
Il Presidente della Commissione non ha nulla da aggiungere a quanto è stato detto.
Qualcuno chiede di parlare in termini generali sulla relazione? Nessuno.
Possiamo procedere allora alla votazione dell'art. 1 che recita: "La Regione Piemonte corrisponde, secondo le modalità ed i limiti stabiliti dalla legge 30 dicembre 1972, n. 1204, un assegno integrativo di natalità, una volta tanto per ogni evento in caso di parto o di aborto spontaneo o terapeutico alle esercenti attività commerciali iscritte, quali unità attive, alle Casse Mutue di malattia per gli esercenti attività commerciali della Regione, ai sensi della legge 27 novembre 1960, n. 1397".



VIETTI Anna Maria, Assessore ai servizi sociali

C'è solo un errore formale, la legge è del 30 dicembre 1971.



PRESIDENTE

C'è da fare la correzione materiale della data, 30.12.71 anziché 1972.
Vi è anche un emendamento a firma dei Consiglieri Fabbris, Viglione e Ferraris che propongono di aggiungere dopo "assegno integrativo di natalità" "non inferiore a L. 50.000".
L'emendamento è accettato dalla Giunta. Qualcuno chiede di parlare? Nessuno.
Viene posto in votazione per alzata di mano. L'emendamento è accolto.
L'art. 1 viene posto in votazione nel testo così emendato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Presenti e votanti 39 Hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Articolo 2.
All'erogazione dell'assegno provvedono le Casse Mutue provinciali di malattia per gli esercenti attività commerciali del Piemonte, competenti per territorio, a seguito di domanda da presentarsi in carta libera, a cura dell'interessata, entro 90 giorni dalla data del parto o dell'aborto.
Alla domanda deve essere allegato, in caso di parto, il certificato di nascita o il certificato di assistenza al parto di cui al RDL 15 ottobre 1936, n. 2128; in caso di aborto un certificato medico attestante il mese di gravidanza alla data dell'aborto.
E' stata presentata una serie di emendamenti soppressivi uno dell'intero primo comma: "L'assegno integrativo di cui all'art. 1 della presente legge viene corrisposto in un'unica soluzione dal Comune di residenza dell'avente diritto e su apposita domanda da presentarsi in carta libera, a cura dell'interessata, entro i 90 giorni successivi all'avvenuto parto o aborto".
Metto in votazione l'emendamento che non è accettato dalla Giunta.
Chi lo approva è pregato di alzare la mano. L'emendamento non è accolto.
Al secondo comma si propone ancora l'emendamento aggiuntivo: "Il Comune provvede d'ufficio all'accertamento dei requisiti di cui all'art. 1 per la corresponsione dell'assegno integrativo".



FERRARIS Bruno

Questo lo manteniamo.



PRESIDENTE

Chi approva questo emendamento non accolto dalla Giunta è pregato di alzare la mano.
L'emendamento non è accolto.
E' un ultimo emendamento aggiuntivo: "In caso di contestazione o di diniego da parte del Comune l'interessata può inoltrare ricorso al Presidente della Giunta tramite il Sindaco, entro 30 giorni dalla reiezione della sua domanda".
L'emendamento non è accolto dalla Giunta. Nessuno chiede di parlare? Lo pongo in votazione per alzata di mano.
L'emendamento non è accolto.
Si passa alla votazione dell'art. 2 nel testo del disegno di legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Presenti e votanti 38 Hanno risposto SI 22 Consiglieri Hanno risposto NO 14 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Articolo 3.
La presente legge si applica agli eventi verificatisi successivamente al 1°gennaio 1973 e cesserà di avere vigore allorché la somma complessiva dell'assegno di natalità corrisposta alle esercenti attività commerciali sarà superiore a quella corrisposta alle lavoratrici mezzadre e colone.
Vi è una proposta di emendamento a firma dei Consiglieri Curci e Carazzoni, emendamento aggiuntivo: "Per gli eventi verificatisi nel periodo intercorrente tra il 1°gennaio 1973 e la data di entrata in vigore della presente legge, la domanda e la documentazione di cui al precedente art. 2 dovranno essere presentate entro i termini di 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge presente".
L'emendamento è accolto dalla Giunta. Qualcuno chiede di parlare? Nessuno. Lo pongo in votazione per alzata di mano. L'emendamento è accolto.
Si pone pertanto in votazione con l'emendamento aggiuntivo testè approvato, l'art. 3.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Presenti e votanti 40 Hanno risposto SI 40 Consiglieri L'articolo 3 e approvato.
Articolo 4.
Per ripartire il contributo tra le Casse Mutue provinciali per gli esercenti attività commerciali, in base agli eventi verificatisi in ciascun anno, la Giunta Regionale si avvale degli uffici della Casa Mutua provinciale malattia per gli esercenti attività commerciali di Torino, ai sensi dell'art. 68 dello Statuto e senza ulteriori oneri per il bilancio regionale.
All'art. 4 è stata presentata una proposta di emendamento soppressivo dell'intero articolo dai Consiglieri Fabbris, Viglione e Ferraris.



FABBRIS Pierina

Lo ritiriamo.



PRESIDENTE

L'emendamento viene ritirato e allora si può, se nessuno chiede di parlare, passare alla votazione dell'art. 4.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Presenti e votanti 41 Hanno risposto SI 23 Consiglieri Hanno risposto NO 16 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 4 è approvato.
Articolo 5.
La Cassa Mutua provinciale per gli esercenti attività commerciali di Torino iscriverà gli assegni integrativi di natalità, corrispondenti alle esercenti attività commerciali del Piemonte, in una contabilità separata.
Il rendiconto delle concessioni è presentato annualmente alla Giunta Regionale per l'approvazione.
Anche a questo articolo è proposto un emendamento soppressivo da parte dei Consiglieri Fabbris, Viglione e Ferraris.



FABBRIS Pierina

Lo ritiriamo.



PRESIDENTE

L'emendamento viene ritirato, pertanto, se nessuno chiede di parlare si procede alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Presenti e votanti 39 Hanno risposto SI 23 Consiglieri Hanno risposto NO 14 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 5 è approvato.
Articolo 6.
All'onere di L. 90.000.000, derivante dall'attuazione della presente legge, per l'anno 1973 si provvede mediante la corrispondente riduzione dello stanziamento di cui al capitolo 1018 del bilancio di previsione per l'anno medesimo.
Il Presidente della Giunta Regionale è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio.
A decorrere dall'anno 1974, alla spesa annua di lire 90.000.000 si provvede con l'iscrizione di apposito capitolo nel bilancio preventivo della Regione.
Qualcuno chiede di parlare? Nessuno.
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Presenti e votanti 38 Hanno risposto SI 38 Consiglieri L'art. 6 è approvato.
Qualcuno chiede di parlare per dichiarazione di voto? Nessuno chiedendo di parlare si passa alla votazione dell'intero testo di legge per appello nominale



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Presenti e votanti 39 Hanno risposto SI 39 Consiglieri La legge è approvata.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Mi è stato fatto presente da qualche Consigliere la possibilità di un'inversione dell'ordine del giorno passando prima l'esame del disegno di Legge n. 95 relativo a "Norme per l'esercizio della caccia nella Regione Piemonte" anziché le mozioni che sono state riportate all'ordine del giorno precedentemente.
Di fronte a questa richiesta chiedo al Consiglio di volersi esprimere.
Mi è stata segnalata la caratteristica di urgenza di questa legge perch richiede i soliti trenta giorni, dopo l'approvazione chiede la pubblicazione, ma richiede un adempimento successivo da parte dei vari Comitati caccia prima della data del 10 settembre, data in cui la caccia in Piemonte dovrebbe essere aperta.
I Consiglieri hanno da opporre qualche cosa? Lo chiedo soprattutto ai Consiglieri presentatori delle mozioni. Non ci sono opposizioni, allora si procede senz'altro a questa inversione dell'ordine del giorno.
La parola all'Assessore Debenedetti che chiede di parlare prima del relatore.



DEBENEDETTI Mario, Assessore alla caccia

Avendo la Giunta intenzione di presentare un emendamento che riguarda l'aspetto della materia, si rende indispensabile, ai sensi dello Statuto sentire il parere della I Commissione competente sulla nuova formulazione.
Chiederei quindi al Presidente una sospensione di 5/10 minuti, con la convocazione della I Commissione.



PRESIDENTE

Il Presidente della I Commissione è disponibile per una convocazione urgente? I membri della I Commissione ci sono?



ZANONE Valerio

Sostituisco il collega Rossotto.



PRESIDENTE

Va bene. Allora sospendo per un quarto d'ora esatto, in maniera che la I Commissione possa prendere in esame l'emendamento che dovrà essere presentato.
I membri della I Commissione sono convocati nella sala a fianco.
La seduta è sospesa.



(La seduta sospesa alle ore 17,30, riprende sue ore 18)


Argomento: Caccia

Esame del disegno di Legge n. 93: "Norme per l'esercizio della caccia nella Regione Piemonte"


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Passiamo all'esame del disegno-di Legge n. 93 relativo a "Norme per l'esercizio della caccia nella Regione Piemonte".
Relatore il collega Consigliere Cardinali, il quale ha facoltà di illustrare il disegno di legge.



CARDINALI Giulio, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, a nome della VII Commissione rassegniamo oggi al Consiglio, per l'esame, il provvedimento di legge presentato dalla Giunta Regionale relativo alle norme per l'esercizio della caccia nella Regione Piemonte.
Abbiamo esaminato il documento in Commissione riconoscendone sia la validità che i limiti, riconoscendo cioè che nella situazione abnorme in cui si dibatte oggi il problema della caccia e attorno al quale si sono sollevate questioni di diverso genere che hanno imposto attenzione nei campi dell'ecologia, dell'agricoltura e dell'incolumità, il provvedimento tendeva a mettere ordine nella materia e non aveva le caratteristiche n dell'Ukase né tanto meno delle grida spagnole, nei momenti in cui calandosi con i piedi per terra, intendeva esplicare una normativa che realizzasse alcuni obiettivi fondamentali, i quali sono costituiti dalla salvaguardia dell'incolumità pubblica, della selvaggina e dell'ambiente ecologico in cui vive e dell'agricoltura, che in questi ultimi anni è stata, o per lo meno si è proclamata, e credo a ragione, la grande vittima dell'attività venatoria.
Questi tre obiettivi sono dal disegno di legge prospettati in termini chiari e realizzati in una serie di norme che non intendono sovvertire l'ordinamento della caccia, non intendono modificare sostanzialmente le leggi vigenti dallo Stato, bensì portare una regolamentazione che ha alcuni binari obbligati. Uno di questi è quello dell'estensione a tutto il territorio della Regione, non compreso nella zona faunistica, del regime di caccia controllata.
E' un provvedimento che ha, come conseguenza, di mettere sotto controllo l'intero territorio regionale; da questo conseguono una serie di norme che vanno dalla durata del calendario venatorio, al tipo e alle modalità con cui si esercita la caccia, le giornate di concessione per la caccia, l'introduzione di un tesserino a carattere regionale con il quale è possibile cacciare nella Regione Piemonte e tutta una serie di norme che hanno l'obiettivo di realizzare i tre scopi che il disegno di legge si prefiggeva.
La VII Commissione a questo proposito, ha preventivamente effettuato alcune consultazioni chiamando gli organismi interessati alla caccia: le amministrazioni provinciali; i Comitati provinciali della caccia; le associazioni venatorie; le associazioni di rappresentanza degli agricoltori e dei contadini; gli enti che rappresentano la tutela della natura e ha dovuto constatare che l'insieme delle proposte, pur differenziando nei contenuti e pur facendo delle riserve specifiche sul singolo articolo o sull'aspetto più o meno particolare della legge, erano tutte indirizzate a riconoscere la validità dello strumento legislativo proposto dalla Regione Piemonte per la regolamentazione di questa importante materia. Se ci fosse la possibilità di dare una rappresentazione plastica di ciò che si è verificato, direi che se consideriamo una linea retta il disegno di legge con il suo articolato, vediamo che le varie proposte di modifica sono state tutte contenute entro un'onda, vuoi a sinistra, vuoi a destra, della linea di fondo del disegno di legge, ma con la possibilità di una sintesi finale che riporta il tutto sulla linea retta del provvedimento stesso.
In sede di consultazioni sono emersi dei concetti nuovi che non avevano molto a che fare con il disegno di legge proposto (tipo quello della capienza faunistica) così come sono state fatte osservazioni che esulavano dal tema specifico che la legge aveva indicato. Abbiamo anche avuto la verifica di un incontro responsabile tra le varie componenti dell'attività venatoria, con un indubbio senso di responsabilità da parte delle associazioni venatorie, cioè dei rappresentanti dei cacciatori i quali hanno affermato la validità del documento di legge regionale e hanno accettato i principi informatori fondamentali del disegno di legge.
La Commissione per parte ha ritenuto che la legge rappresentasse sì un momento di tutela e di regolamentazione della materia della caccia nella Regione Piemonte, ma anche il sistema per dare alcuni indirizzi sul modo in cui viene intesa la salvaguardia dell'ecologia e dell'agricoltura, sempre nell'ambito del rispetto degli interessi dei cacciatori e dello sport a cui essi si dedicano.
E' stato introdotto il concetto delle zone di ripopolamento e cattura inteso nel senso che ha voluto dargli il T.U. della legge sulla caccia nei suoi artt. 52 e 54 nel momento in cui dà la competenza ai Consigli provinciali, cioè a organi altamente responsabili, di determinare delle zone di ripopolamento e cattura delle varie province. Il disegno di legge definisce quantitativamente la misura in cui questo deve essere realizzato e la quantità è rappresentata dal 10% della superficie della provincia utile per la caccia. Si è trattato di dare un indirizzo particolare a questo tipo di attuazione che ha (e per questo vi è un'apposita norma transitoria) un collegamento con l'attuale sistema delle zone rifugio che noi non vogliamo rappresentino un pretesto per buttare all'aria iniziative già in corso e che devono essere portate a termine nel periodo che intercorre (e si parla di 18 mesi) fra la realizzazione di un sistema e un altro.
Questo sistema, per la tutela dell'ordinamento della caccia, per la tutela della selvaggina, per la sua protezione e anche per la caratterizzazione della selvaggina stessa, dato che il sistema invalso di un'importazione indiscriminata di selvaggina, non sempre efficace a determinate finalità, può creare conseguenze di carattere ecologico nell'ambito della nostra Regione che noi vogliamo evitare; noi vogliamo indicare la necessità che la produzione di selvaggina sia il più possibile autoctona, competerà poi agli organi interessati vedere attraverso quali strutture questo elemento può verificarsi e attuarsi in modo specifico.
Questo è un elemento che si è verificato in pieno accordo fra la Giunta rappresentata dal suo Assessore e la Commissione che ha trovato un punto di unione nell'articolato che ne è scaturito e che è lievemente variato rispetto a quello del disegno di legge presentato dalla Giunta.
Il resto delle norme si regge da sé: attraverso il disegno di legge intendiamo impedire per la caccia l'uso di armi sempre più perfezionate e sempre meno sportive. E' evidente che la perfezione tecnica verso la quale ci avviamo potrebbe consentirci l'uso di armi talmente micidiali che sarebbero certamente negative e che si sono rivelate pericolose anche per gli stessi cacciatori; se si pensa che ci sono armi che hanno una efficacia utile alla distanza di un Km. e un Km. e mezzo, è evidente che l'incolumità pubblica va incontro a notevoli minacce. I limiti tradizionali ribaditi sono: il divieto dell'uccellagione e il divieto dei richiami vivi di qualsiasi tipo per un sistema di tiro a volo, o per un sistema di caccia che non è suffragato o spiegato dalla attività sportiva così come la intendono, giustamente, gli stessi cacciatori.
Questo è stato il criterio che ha portato la Commissione a valutare il provvedimento di legge presentato dalla Giunta Regionale. Vi è la questione delle riserve sulla quale la legge non aveva modo di esprimersi, ma che rappresenta un settore aperto; le riserve devono essere verificate per ci che rappresentano effettivamente, per vedere se rispondono agli obiettivi che ci si prefigge e quale sarà la loro validità col protrarsi della concessione.
Concludendo direi che si tratta di un disegno di legge che introduce un sistema di regolamentazione che non ha certo la pretesa di dire l'ultima parola in una materia così complessa, ma che va verso le aspettative delle popolazioni piemontesi, degli stessi cacciatori che non saranno più a tu per tu con popolazioni rurali inferocite con le quali il colloquio avviene con reciproca diffidenza quando non addirittura con ostilità e che va soprattutto nell'interesse dell'agricoltura alla quale non arrecare danni superiori a quelli che legittimamente ci si possono attendere.
Uno dei concetti del resto compresi nel progetto di legge che ci accingiamo ad esaminare è quello dell'indennizzo agli agricoltori del danno arrecato dalla selvaggina; una quota parte di tutti gli introiti regionali verranno destinati a questo scopo, così come avverrà per la parte che riguarda le somme gestite dai Comitati caccia.
Si tratta di un provvedimento che ha le caratteristiche dell'esperimento, un esperimento valido col quale, in assenza di una legge quadro, possiamo ritenere di aver fatto passi avanti nella regolamentazione della materia; lo stesso non ha la pretesa di essere definitivo, né vuole individuare nei cacciatori nemici numero uno dell'ecologia della nostra regione, o delle altre componenti che contribuiscono a ospitare il grande ambiente della caccia, le vittime designate e rassegnate dell'attività venatoria.
E' quindi un provvedimento di legge in fase sperimentale dal quale si potranno trarre tutti gli elementi utili per arrivare ad una legge quadro nazionale che stabilisca i termini precisi dell'attività legislativa della Regione e possa arrivare a una regolamentazione di tutta la materia.



PRESIDENTE

Prima di aprire la discussione generale, mi corre l'obbligo, a norma dell'art. 38 del nostro regolamento, par. 5, di dare lettura di un ordine del giorno che è stato presentato a firma dei Consiglieri Boni, Cardinali e Calsolaro, il quale sarà poi votato eventualmente anche per divisione prima del passaggio alla discussione degli articoli, ma che è opportuno sia conosciuto da coloro che intendono intervenire nella discussione perché il suo contenuto concerne la legge e ne determina o ne modifica il concetto e contiene delle direttive o delle istruzioni che dovranno essere prese in considerazione dalla Giunta per le loro applicazione, o eventualmente le Commissioni e questo non è il caso.
Io ne dò semplicemente lettura perché sia conosciuto, dopo di che si procede all'esame dei singoli articoli e, arrivati a quel punto, si voterà come si riterrà di votare, l'ordine del giorno.
Aggiungo anche che ho un altro ordine del giorno che conterrebbe una pregiudiziale sotto forma di emendamento che vorrei dire totalitario perché il collega Calsolaro propone la soppressione degli articoli dall'1 al 20 del disegno di legge n. 93, che ha peraltro un correttivo con un emendamento subordinato, però la prima parte ha, a mio modo di vedere carattere di un ordine del giorno pregiudiziale perché recita: "L'esercizio della caccia è sospeso in tutto il territorio della Regione Piemonte fino al 31 dicembre 1975. Subordinatamente l'esercizio della caccia è sospeso in tutto il territorio della Regione Piemonte fino al 31 dicembre 1973".
E' comunque opportuno che i signori Consiglieri siano a conoscenza di queste prese di posizione perché allora negli interventi la discussione pu già tenerne conto.
L'ordine del giorno è di questo tenore: "Il Consiglio Regionale, dopo ampia e approfondita discussione sulla situazione venatoria in Piemonte, rileva la necessità di operare efficacemente in direzione di un sostanziale potenziamento del patrimonio faunistico regionale attraverso l'ampliamento delle aree destinate al ripopolamento, al rifugio e alla protezione della selvaggina, sia essa nobile, stanziale che migratoria.
Il Consiglio Regionale, nell'intento di realizzare un programma di riproduzione naturale della selvaggina, che dia un valido contributo al miglioramento del patrimonio faunistico del Piemonte, ritiene necessario il superamento dell'istituto riservistico che rappresenta un privilegio anacronistico con l'attuale ordinamento democratico del Paese e che invece di assolvere allo scopo di incrementare la produzione della selvaggina ed agevolare la sosta della specie migratoria, rappresenta un luogo dove si può realizzare un indiscriminato massacro senza limiti di carniere per il cacciatore riservista.
Il Consiglio Regionale impegna la Giunta a verificare, a livello di ciascuna provincia, se sono tuttora rispettati i limiti di estensione del territorio destinato a riserva, stabiliti dall'art. 65 del T.U. 5.6.1939 n.
1016 e successive modificazioni, a non concedere altre autorizzazioni all'istituzione di nuove riserve, a verificare che tutti i concessionari di riserva assolvano agli impegni loro prescritti dalla legge e dai provvedimenti di concessione, ad operare affinché le riserve che perverranno alla naturale scadenza della concessione, non siano più rinnovate.
Il Consiglio Regionale impegna altresì la Giunta a chiudere all'esercizio dalla caccia tutte le aree che sono state liberate dalle riserve, per destinarle esclusivamente a compiti di riproduzione protezione e al rifugio per la selvaggina nobile, stanziale e migratoria".
Questo per loro conoscenza, e dopo la discussione vedremo il da farsi.



DEBENEDETTI Mario, Assessore alla caccia

Dopo la discussione sulla legge?



PRESIDENTE

Si si, dopo la discussione, perché qui si dice "gli ordini del giorno sono votati anche per divisione, prima dal passaggio alla discussione degli articoli".
E' aperta la discussione ed ha chiesto di parlare il Consigliere Gerini, il quale ne ha facoltà.



GERINI Armando

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, fare una regolamento e addirittura predisporre una legge per l'esercizio della caccia che accontenti tutti i cacciatori è veramente un'impresa, è certamente una cosa difficile.
Il Presidente del Consiglio avv. Oberto, ci ricordava un giorno un detto di Giolitti "Volete far cadere un governo? Fate una legge sulla caccia!" Chi questa passione non ha, chi non esercita la caccia non pu conoscere i cacciatori e quanto siano diversi gli uni dagli altri: c'è chi va a caccia senza cane all'aspetto ed ha le sue esigenze; chi caccia con i cani da ferma e ne ha altre; chi ancora caccia con i cani da seguito, chi ancora e ne ha tempo, integra l'un sistema all'altro, e chi gode cacciare d'inverno gli anatidi. Fra tutte queste categorie c'è contrasto così sul calendario venatorio, sul carniere e su tante altre cose. Ecco perché il progetto di legge che abbiamo in esame e per il quale il Vice Presidente ha tanto lavorato e gliene dò atto, discutendo, consultando, potrà non avere il consenso di tutti i cacciatori anche se la legge sarà qui approvata.
La materia è difficile e questa legge, per salvare alcuni principi contiene, a mio avviso, errori ed omissioni.
Badate, colleghi Consiglieri, che le osservazioni che sto per fare sono a titolo personale, sono critiche che ho fatto in sede di Commissione ed il cui concetto ho fatto verbalizzare. Esse vengono esposte innanzi tutto per essere io un cacciatore che esercita questo sport da oltre 30 anni e perciò ritengo dettate da esperienza, per non dire dalla pratica e sono condivise da tanti colleghi cacciatori e nel complesso sono state portate avanti da associazioni e comitati che abbiamo testè consultati.
Cosa hanno messo in evidenza in primo luogo i comitati caccia quasi all'unanimità (cinque su sei) e alcune associazioni? Che il territorio ammesso all'esercizio della caccia non può più sopportare, in rapporto alla consistenza faunistica, tutti i cacciatori che si riversano su quel territorio, anche se può supporsi che i due giorni settimanali consentiti alla caccia in un primo tempo, e i tre giorni dopo la metà di ottobre possono essere scelti nell'arco di quattro giorni settimanali.
Perché chiedono limiti o temperamenti? Innanzi tutto, credo, per salvare la caccia, dando un po' di soddisfazione a chi questo sport oggi ancora concepisce; poi per salvaguardare il più possibile l'incolumità personale e non ultimo in ordine di importanza per procurare meno danni possibili all'agricoltura di cui tutti, giustamente, ci preoccupiamo.
Perché aumenta il numero dei cacciatori? Perdé c'é più tempo libero ed è un'ottima cosa; perché la vita in città, collega Calsolaro, diventa sempre più caotica ed insopportabile e si cerca quindi sfogo, magari temporaneo, nelle campagne e poi perché non tutti hanno la vocazione di andare in campagna a passeggiare armati magari di un bastone da passeggio o non tutti hanno la forza, o l'agilità per munirsi di funi e piccozza e scalare una montagna, o non hanno l'agilità di infilare un paio di sci e correre sulla neve, oppure perché a tanti non piace essere schiacciati in uno stadio ad assistere a competizioni quali esse siano.
La Caccia è vecchia come il mondo, la caccia, un tempo necessaria per sopravvivere, si è trasformata in uno sport ritempratore del corpo e dello spirito e con grandi risvolti economici e sociali. Questa passione, è legata alle più ataviche tendenze dell'uomo il quale ha diritto ad una maggiore tranquillità per esercitare lo sport che preferisce, ma lo deve esercitare pure nei dovuti limiti e con maggiore sicurezza e con maggiore soddisfazione.
Viene obiettato che limitare per zone un numero massimo di cacciatori è difficile e difficile sarebbe stabilirne i criteri. Io non vedo, tutto sommato, queste cose molto difficili: stabilito un plafond, diciamo 30.000 cacciatori per una certa provincia, si fissino i termini per presentare le domande di esercizio di caccia in quell'entità territoriale. Saranno accettate le domande presentate in stretto ordine cronologico da qualunque parte esse provengano. Giunti al livello prefissato, non c'é più posto e sic et simpliciter, come avviene per la prenotazione dei posti allo stadio (con la differenza che qui non ci sono bagarini) non si accettano più le domande. E se qualcuno avesse il fondato sospetto che alcuni Comitati caccia possano prestarsi a favoritismi, si possono adottare misure tecniche atte ad impedirli.
Ma c'é di più; chi resta fuori da una provincia, potrà andare sicuramente in un'altra dove c'é capienza, pagando il tesserino regionale istituito con l'art. 2 della presente legge.
A me pare che questa sia una soluzione obiettiva che soddisfa le esigenze prospettate dagli enti consultati, quasi tutti d'accordo nello stabilire questo principio e che dovrebbe soddisfare anche gli ultras dell'ecologia nel senso che l'equilibrio ecologico non viene così rotto. Se ne avvantaggia l'incolumità personale, l'agricoltura è maggiormente protetta e minori sono i danni che può sopportare il cacciatore.
L'altra osservazione di fondo che desidero ancora fare, si riferisce al calendario venatorio. All'art. 3 della legge viene stabilita l'apertura della caccia praticamente alla data del 16 settembre, per ogni tipo di selvaggina, mentre c'è vivissimo desiderio, in moltissimi cacciatori, di anticipare l'apertura limitatamente alla selvaggina migratoria. Questa richiesta a me pare fondata. Infatti il passo della migratoria è normalmente finito già a fine agosto e qualche migratore può rinvenirsi appena dopo. Sicuramente non potrà effettuarsi con qualche apprezzabile profitto la caccia alla quaglia, la quale a metà settembre ed in annate di moderata siccità, prende il volo e scompare quasi totalmente dal territorio piemontese.
Il cacciatore sportivo, nel senso letterale della parola, con la scarsità provata di starne e pernici e con la limitazione di carniere per queste ultime specie, si era dedicato, da qualche anno, specialmente alla quaglia. E' infatti, diciamolo pure, per il cacciatore è la caccia più bella, più eccitante, quella che appaga di più; o la più sportiva; si pratica esclusivamente col cane, con il fido cane, l'amico di sempre.
Seguitemi un momento in una stoppia: il cane fiuta la quaglia, comincia ad eccitarsi, compie piccoli scatti, l'uomo si fonde con il cane in modo armonico, lo segue, il cane si ferma, si irrigidisce, occhi contro occhi poi l'ultimo balzo ed il volo.
Con questo calendario, amico Debenedetti, quanta malinconia proveremo noi ed il cane, attraversando una stoppia, o bordeggiando un campo di trifoglio



ARMELLA Angelo, Assessore alla sanità

Ma pensa alla quaglia!



GERINI Armando

Ma voi non avete il gusto della caccia, queste cose anche se vi leggessi tutto un libro non riuscireste a capirle e mi spiace.
E poi gli anatidi. Questa bella caccia sulle rive del fiume quando gela, da gennaio fino a marzo, è finita anche questa, non c'é più; germani folaghe, alzavole, beccaccini che potete senza passaporto volare lontano andrete a farvi massacrare dai bottari delle valli di Comacchio, oppure salvandovi per polche ore andrete, con l'ultimo volo sull'Adriatico, a farvi uccidere lo stesso sulle coste jugoslave magari anche da qualche casalese, o vercellese, o novarese che non poté con questa legge incontrarvi sul Po, o sulla Sesia, o sul Ticino. Questa è la realtà.
E le quaglie? Volate via dalle stoppie del Monferrato, o dai meligoni della Fraschetta, o dalla Vaccheria, moriranno lo stesso, affrante dal lungo estenuante viaggio fino alle spiagge sicule o tunisine, oppure sotto i colpi feroci di quei cacciatori che il cane certamente non usano.
Ecco quanto, amici e colleghi Consiglieri, volevo osservare e desideravo che voi capiste. Tuttavia, amico Debenedetti, affermare che la legge in esame non è nel complesso, buona, è azzardato; sono fissati principi importanti che godono del favore dei veri cacciatori, debbo ammetterlo: l'abolizione della caccia primaverile, anche se nel nostro Piemonte non aveva molto rilevanza, è un'ottima cosa; l'aver proibito l'impiego di armi a canna rigata e di carabine a percussione anulare calibro 22 e vietando altresì l'uso di ogni altra arma portatile o da getto a cavalletto superiore al calibro 12, è stata un'altra vittoria dei cacciatori sportivi.
Talune forme di bracconaggio, con l'impiego di carabine calibro 22 a percussione anulare che sono notevolmente silenziose, troveranno sicuramente un temperamento.
Ottima ancora la soluzione adottata di proibire l'uso di richiami vivi che avevano trovato ultimamente uso maggiore in relazione alla proibizione prevista dalla legge per l'uso dei richiami acustici.
Ancora di rilevante interesse ed è motivo di plauso al proponente della legge, l'avere statuito il divieto di catture d'uso di ogni specie avifaunistica per il tiro a volo. Il tiro a volo si può benissimo esercitare, con completa soddisfazione, col piattello, che è una grossa attività sportiva della quale da tempo l'Italia detiene primati olimpionici.
Ancora da rilevare un punto qualificante: l'avere formulata la norma che vieta l'uccellazione. E' un problema che appassionò e appassiona grosse correnti di opinione pubblica e che ha sensibilizzato in più tempi il Parlamento nazionale.
Infine - e qui parlo delle riserve caro Bono, figurati se non ne parlo l'avere affrontato con dignità l'istituto della riserva di caccia. Io grosso modo, conoscevo l'ordine del giorno che stavi predisponendo Bono, e ti dico subito che voterò contro, a titolo personale, s'intende.
E' nota da tempo l'avversione manifestata, signor Presidente, verso le riserve da alcune parti, adducendo motivi che ritengo non abbiano completo fondamento. L'art. 49 dei T.U. fissa categoricamente gli obblighi ai quali è sottoposto il concessionario di riserva di caccia: sono obblighi che, se rispettati o fatti rispettare da chi di dovere, fanno della riserva un organismo necessario ed utile, specialmente in questi periodi di magra, che vedono i territori a caccia libera poveri di selvaggina a causa di lanci poco consistenti, per la moria della fauna a causa dei diserbanti usati nelle colture e, dal consistente aumento dei cacciatori e infine della vigilanza carente per mancanza di mezzi.
Come è noto, l'apertura della caccia nelle zone riservate, avviene di regola e per intelligenza dei concessionari, in epoca successiva all'apertura della caccia in terreno libero oppure oggi controllato, anche perché la selvaggina viene ritenuta dai concessionari più formata e più matura. Orbene, giunti a quell'epoca nei territori liberi ed oggi soggetti a caccia controllata, è difficile per il cacciatore rinvenire ancora selvaggine stanziale. Ecco allora la riserva servire da serbatoio per i cacciatori che affollano quasi esclusivamente i bordi delle riserve con la speranza, e talvolta la certezza, di dar mano alla matita e segnare sul cartellino l'abbattimento di qualche capo.
Così, non è vero che la riserva sia solo per pochi fortunati, anche perché i proprietari dei terreni che consentono l'uso al concessionario normalmente si valgono delle autorizzazioni a cacciare in riserve, o direttamente, o favorendo amici e parenti. Perché le riserve sono frequentate ed apprezzate da migliaia di cacciatori? Perché normalmente gli agricoltori concedono volentieri l'uso a riserva dei propri terreni? Perch sanno di essere sicuramente risarciti dei danni patiti dall'agricoltura sia per quelli provocati dalla selvaggina e dal cacciatore, mentre oggi, anche se viene fissato ed assicurato nella legge il principio del risarcimento dei danni causati dalla selvaggina nelle zone di ripopolamento, la sicurezza ancora non c'è, o quanto meno resta da dimostrare per gli scarsi mezzi a disposizione, o per la burocrazia che dovrà instaurarsi per il risarcimento dei danni: dovranno fare le domande all'Ispettorato, dovranno delimitare la zona, dovranno capire quanti capi di selvaggine c'erano e prima che siano liquidati i danni chissà quanto tempo passerà. Io mi auguro che lo facciano ed in modo rapido e per tutti soddisfacente, ma ho i miei dubbi, anche se abbiamo cercato di fare il meglio per codificarlo e penso che anche Debenedetti sia d'accordo con me su questo.
E' ancora da dimostrare che le riserve siano a disposizione solamente dei più facoltosi e che in esse avvengano massacri. La riserva è normalmente frequentata o da professionisti, e, guarda caso, specialmente da medici, in prevalenza dentisti. Che cosa avete da ridere? Sono esperienze che ho fatto io, che voi non conoscete perché non siete cacciatori.



ZANONE Valerio

Anche da avvocati socialisti...



GERINI Armando

Anche da avvocati socialisti, hai detto bene Zanone! Vogliamo, signor Presidente, infoltire la schiera dei cacciatori che sacrificano somme e che sempre più numerosi diventano e che di anno in anno si riversano in Jugoslavia, in Cecoslovacchia, Bulgaria, Turchia, le coste settentrionali dell'Africa? E così, per soddisfare le loro legittime esigenze, da incremento al turismo estero! Perciò, l'avere limitato il numero dei giorni consentiti alla caccia in riserva con lo stesso calendario della caccia libera è stata una buona norma, accettata responsabilmente, mi risulta, dall'associazione riservisti. Porre però ulteriori limiti, come si vorrebbe da qualche parte dire riserva antieconomica e così la tacita abolizione della stessa. Non c'é bisogno di fare degli ordini del giorno dunque! Ripeto il concetto che migliaia e migliaia di liberi cacciatori sarebbero i primi a dolersene. Questo naturalmente, voglio ancora ribadirlo, é il mio pensiero personale che non coinvolge il mio gruppo il quale potrebbe anche dissentire.
Perciò, fatto il bilancio della legge, atteso che l'Assessore competente a più riprese, in Commissione e nella fase di consultazione ha parlato di una legge che chiamerei legge-esperimento, che avrebbe una durata limitata in attesa della legge quadro e poiché la Giunta all'art. 20 si riserva provvedimenti limitativi sul territorio regionale o in parte di esso, recependo indirettamente, il principio della cosiddetta capienza faunistica, il giudizio del mio gruppo, a prescindere dai rilievi che ho fatto a titolo personale e sui quali mantengono coerentemente le mie riserve, è nel complesso favorevole alla legge, sempre che la Giunta accerti o faccia in modo che il calendario venatorio che sarà adottato dalle Regioni limitrofe coincida con il nostro.
Mi auguro ancora di poter sottoscrivere eventuali emendamenti aggiuntivi o sostitutivi, che migliorino i contenuti o dell'art. 2, o dell'art. 20 per i quali contenuti, datemene atto, ho cercato di battermi come ho potuto.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Calsolaro. Ne ha facoltà.



CALSOLARO Corrado

Signor Presidente, signori Consiglieri, il Gruppo socialista non ha ritenuto di assumere, in merito al disegno di legge sulla caccia, una posizione unica e vincolante, ma nel quadro della politica di difesa dell'ambiente, e nei limiti da essa consentiti, ha deciso di autorizzare l'espressione autonoma di pensiero e di scelta dei suoi componenti.
Vorrei dare atto, preliminarmente, alla Giunta, ed in particolare all'Assessore Debenedetti, dello sforzo compiuto con la predisposizione del disegno di legge sull'esercizio della caccia in Piemonte, per una regolamentazione di carattere restrittivo a tutela dell'agricoltura e della selvaggina, a protezione dell'ambiente naturale della regione.
Intendo riferirmi alla estensione del regime di caccia controllata a tutto il territorio della regione; alla ritardata apertura della stagione venatoria; alla limitazione del carniere giornaliero; alla previsione di zone di divieto per il rifugio della selvaggina e del conseguente risarcimento dei danni provocanti agli agricoltori; al divieto dell'esercizio dell'uccellagione, della cattura e dell'uso di ogni specie avifaunistica per il tiro a volo; al divieto delle armi da strage; al divieto degli appostamenti fissi.
Il disegno di legge si presenta più avanzato rispetto a molte legislazioni regionali, fra le quali quella del Friuli-Venezia Giulia che consente la caccia con il vischio, della Sardegna, che consente i lacci per i tordi, della Sicilia, che permette la caccia a primavera avanzata. Le Regioni Calabria, Puglia e Campania, d'altra parte, come sicuramente l'Assessore sa, si sono viste respingere lo scorso anno le leggi regionali per il ripristino della caccia primaverile.
Non ritengo tuttavia, e me ne dispiace, di poter esprimere il mio consenso su questa legge in quanto il solo provvedimento valido per evitare la distruzione della fauna, in attesa di una legge-quadro che subordini la possibilità di disporre della selvaggina all'istanza naturalistica - e sempre che si intenda a continuare a riconoscere la libertà del cosiddetto sport della caccia - è quello di sospendere l'esercizio della caccia, anche al fine di provocare una riforma della legislazione venatoria che la renda degna di un Paese civile.
Le consultazioni effettuate nel corso dell'esame del disegno di legge hanno messo in evidenza la posizione sostanzialmente conservatrice e pseudo tecnicistica dei Comitati provinciali della caccia.
E' abbastanza singolare e significativo il fatto che i più retrivi contestatori dei poteri e delle competenze regionali siano proprio quegli organi che svolgono attività prevalentemente ausiliarie e secondarie, quali la vigilanza, la consulenza, la propaganda e la gestione di fondi particolari, in materie nelle quali le funzioni amministrative sono di competenza esclusiva degli organismi elettivi.
Secondo la memoria del Comitato Caccia di Alessandria, largamente accettata da tutti i Comitati Caccia (per la verità, non dal Comitato provinciale per la caccia di Torino), "il disegno di legge sembra viziato da incompetenza assoluta e da eccesso di potere". La Regione non potrebbe quindi, arrogarsi la competenza di istituire il regime di caccia controllata, dato che l'art. 12 bis del Testo unico, esplicitamente stabilisce che tale particolare regime venatorio è posto in essere dai Comitati provinciali della Caccia.
I redattori del parere hanno però semplicemente omesso di consultare il decreto delegato n. 11, successivo al Testo unico modificato, secondo il quale le funzioni amministrative in materia di esercizio della caccia sono trasferite alle Regioni a statuto ordinario, ivi compreso il calendario venatorio, la disciplina delle bandite e delle riserve di caccia e il ripopolamento; quindi, tutta la materia relativa all'esercizio della caccia, e pertanto anche quella relativa alla istituzione del regime di caccia controllata. Tale potere, che non può essere riconosciuto se non a quella autorità alla quale l'ordinamento lo attribuisce, trova il suo fondamento, per quanto riguarda l'attribuzione alle Regioni a statuto ordinario, proprio nel decreto delegato n. 11. Tanto è vero questo che gli stessi incentivi nella materia della caccia sono trasferiti dallo stesso decreto delegato, all'art. 1, lettera q. alle Regioni, e non ai Comitati provinciali della Caccia, che continuano ad esistere e a funzionare esclusivamente come organi ausiliari e secondari delle Amministrazioni provinciali.
Una presa di posizione del genere di quella assunta dai Comitati provinciali della Caccia del Piemonte (ripeto, ad esclusione del Comitato provinciale della Caccia di Torino), ove fosse accolta, non dico dal Consiglio Regionale ma dagli organi di governo, che eventualmente dovessero intervenire nella materia, oltre a vanificare ulteriormente i poteri attribuiti alle Regioni dalla Carta costituzionale e dai decreti delegati già largamente restrittivi, finirebbe con il mettere le Regioni su di un piano di totale subordinazione nei confronti dei Comitati provinciali della Caccia.
Ancora una volta, quindi, la Regione si trova a dover difendere e ad affermare la propria competenza in una materia ad essa affidata costituzionalmente; ma non può non sorprendere il fatto che le Amministrazioni provinciali, dopo essersi fatto sottrarre, praticamente questo settore di attività dai Comitati provinciali della Caccia, che di fatto conducono una loro politica venatoria al di fuori e al di sopra di esse, abbiano potuto consentire un tale atteggiamento da parte dei Comitati in questione, atteggiamento che non può essere definito altrimenti che stupidamente provocatorio.
Lo stesso discorso vale per l'obiezione - anch'essa avanzata dai Comitati per la Caccia - circa la illegittimità della ritardata apertura della stagione venatoria in quanto fissata alla terza domenica di settembre, in contrasto con il Testo Unico che la consentirebbe dall'ultima domenica di agosto. Anche su questo punto il richiamo alla lettera o art. 1 del decreto delegato sulla caccia, che attribuisce alle Regioni il potere di stabilire il calendario venatorio, ci sembra più che sufficiente per affermare l'indubbia competenza regionale.
Si tratta evidentemente - ritengo opportuno ribadirlo - di un contrasto che solo apparentemente riveste i caratteri di una controversia tecnica sull'esercizio venatorio, per assumere invece la qualificazione di una precisa e ben determinata posizione politica, che sotto la specie di un diverso indirizzo di politica venatoria maschera una profonda sfiducia nell'istituto regionale e la conseguente assoluta contestazione dei poteri e delle funzioni ad esso attribuite.
L'emendamento che ho proposto - soppressivo degli articoli da 1 a 20 del disegno presentato dalla Giunta, e da 1 a 22 del testo elaborato dalla Commissione, e che recita nella formulazione principale: "L'esercizio della caccia è sospeso in tutto il territorio della Regione Piemonte fino al 31 dicembre 1975" (cioè fino al termine della presente legislatura) e nella formulazione subordinata: "L'esercizio della caccia è sospeso in tutto il territorio della Regione Piemonte fino al 31 dicembre 1973" (e che implica pertanto la sospensione dell'esercizio venatorio per quest'anno, e cioè per un periodo di tempo limitato) - ha lo scopo di realizzare una pausa di riflessione e di studio, che gioverebbe alla fauna ed ai cacciatori "veri" molti dei quali si sono già chiaramente espressi in questo senso.
Questa pausa consentirebbe di raggiungere alcuni importanti risultati: costituirebbe un importante strumento di pressione sugli organi legislativi per la emanazione di una legge-quadro alla quale le Regioni consultate potrebbero arrivare con proposte e suggerimenti meditati al riparo dal frastuono delle doppiette; dare modo di risolvere con carattere definitivo, e non equivoco, il problema dei rapporti fra Regioni e Province e i relativi Comitati caccia provinciali, attraverso l'affermazione di quella competenza regionale che per noi è fuori discussione permetterebbe di valutare attentamente il problema dei danni alle colture agricole e di eliminare quelle norme che consentono in pratica l'occupazione manu militari delle proprietà contadine e il concentramento massiccio di masse imponenti di cacciatori su territori limitati, con grave ed imminente pericolo per la incolumità pubblica. Consentirebbe soprattutto un serio ed approfondito esame della situazione faunistica della Regione nella prospettiva di una totale chiusura delle frontiere alla importazione di selvaggina da pollaio.
Non faccio il discorso ecologico. Sarebbe troppo facile e scontato.
Come tutti i problemi alla moda, l'ecologia, nel nostro Paese, trova il generale consenso dei cittadini e l'unanimità dei più diversi e contrastanti interessi economici e sociali.
Ma tutto ciò fino a quando non si toccano singole categorie e corporazioni. A questo punto saltano fuori i Comitati Caccia, che contestano i poteri, le competenze delle Regioni; i cacciatori, che accusano i petrolieri (poi ci saranno i petrolieri che accuseranno l'Enel e così via); i riservisti, che difendono i loro diritti chiaramente feudali gli armaioli - non parliamo poi delle aziende che forniscono le armi ai cacciatori e contemporaneamente al Sud Africa, al Congo, ai parà dei vari Paesi; poi i produttori e importatori di selvaggina, che si troverebbero ad esercitare un'attività senza scopo. Naturalmente, tutto in nome dell'ecologia, della tutela dell'ambiente, della protezione della fauna della difesa della incolumità pubblica e delle colture agricole, della pratica sportiva e del buon uso del tempo libero.
E allora si arriva alla caccia controllata. Qualcuno resiste, qualche altro accetta. Ma sorge a questo punto un altro problema. I cacciatori sono troppi: prendono il tesserino provinciale, e successivamente quello regionale. E poi convergono tutti su determinati territori. Come si fa a fermarli? Come si fa a limitare il numero di coloro che trasmigrano da una provincia all'altra e vanno ad esercitare la loro "arte" fuori dal loro feudo di residenza? Il problema, a questo punto, diventa insolubile, perché si dovrebbe arrivare alla costituzione di tante repubbliche venatorie, con un apparato di guardie di frontiera e di uffici amministrativi, tale da determinare evidentemente enormi costi, quali è impossibile sopportare.
La verità è che tutta la legislazione venatoria risente di norme antiche e largamente superate dai tempi, e che solo una profonda riforma dell'istituto, sulle linee che prima ho indicato, e sempre che non si voglia applicare, come mi auguro avvenga e come avviene in altri Paesi civili, il cosiddetto "ius prohibendi", può consentire un equilibrato e più corretto esercizio dell'attività venatoria.
Il disegno di legge presentato dalla Giunta contiene alcune innovazioni che appaiono recepite dalla proposta di legge-quadro formulata dal ministro Natali. Fra queste, per esempio - ne do atto lealmente all'Assessore Debenedetti ed alla Giunta -, la soppressione delle cacce primaverili, il divieto assoluto dell'uccellagione, il potere attribuito ai Presidenti delle Regioni nell'ambito dei rispettivi territori di vietare la caccia nelle località di notevole interesse panoramico, paesistico o turistico, a tutela dell'integrità e della quiete della zona.
A questo punto vorrei ricordare al collega Gerini che una importante rivista, che sostiene gli interessi dei cacciatori e contemporaneamente quelli delle riserve private, si è scagliata contro la proposta del ministro Natali di attribuire alle Regioni quest'ultima competenza dicendo: "Questa norma, così come enunciata - (questo è importante, perché è stato presentato in proposito dal collega Bono un ordine al giorno che anche io ho firmato) - può dar adito a varie interpretazioni, e al limite potrebbe anche consentire - (si badi bene) - ad una Regione che ha sempre dichiarato la propria avversione per le riserve private di vietare la caccia, per esempio per ragioni di interesse paesistico, in una intera vallata dove esistono numerose zone riservate". Questo l'atteggiamento che hanno alcuni gruppi di cacciatori in materia di difesa dell'ambiente e di politica ecologica: quella politica di cui tutti parlano e su cui sembra che tutti siano d'accordo.
Ora, la proposta di legge-quadro del ministro Natali, ripresa saggiamente dall'Assessore Debenedetti, si richiama a quella "bozza di legge per la difesa della fauna selvatica italiana" che è stata elaborata dal Consiglio nazionale delle ricerche, in cui si chiede la difesa e la gestione in maniera scientifica e antispeculativa del patrimonio faunistico italiano.
Non si può certamente dire che le reazioni dei cacciatori espresse dalle riviste e dai bollettini venatori siano state positive. Lo stesso accadrà - ne sono certo - anche per questa legge. Fra le critiche rivolte alla proposta del ministro Natali, per esempio, vi è quella di non avere ascoltato i cacciatori. La Commissione 7^, presieduta dal collega compagno Cardinali, ha proceduto diversamente, ed ha giustamente consultato i Comitati Caccia e le associazioni venatorie, e non solo questi.
Dove però non ci siamo è quando i cacciatori si autodefiniscono, visto che vengono "definiti" così da una loro rivista, "i diretti interessati" alla legge sulla caccia. Sarebbe come dire, per esempio, per parlare di cose più serie, più gravi e più urgenti, che le scuole, gli ospedali e le case interessano solo gli studenti, i malati e gli inquilini, e non piuttosto la collettività, e quindi anche coloro che non sono studenti, non sono malati e che già la casa ce l'hanno. A parte poi la considerazione che si tratta, in queste ipotesi, di servizi sociali costituzionalmente garantiti ai cittadini, mentre nel caso della caccia (e questo lo dice la Corte costituzionale, non io), si tratta di attività non protetta come diritto soggettivo - è detto chiaramente anche nella relazione dell'Assessore Debenedetti e ripreso dalla relazione del collega Cardinali costituzionalmente irrilevante, e che trova il suo limite oggettivo nell'interesse pubblico alla protezione della fauna, all'incremento della selvaggina, alla tutela della incolumità pubblica, e così via.
Il convincimento sulla opportunità, anzi, sulla necessità, di una sospensione dell'esercizio della caccia nella Regione può essere espresso con le stesse parole della relazione alla progettata legge-quadro: "Tra i primari e fondamentali aspetti del vasto e complesso tema della conservazione della natura e delle sue risorse - dice il ministro Natali sono da annoverare quelli che direttamente e immediatamente riguardano la salvaguardia della fauna selvatica: l'urbanesimo, sempre crescente, con tutti i connessi aspetti (disboscamenti, inquinamenti, costruzioni eccetera) estende sempre più in modo allarmante i suoi tentacoli di cemento verso nuovi terreni agrari, trasformando gli ambienti naturali ed investendo aree che dovrebbero essere gelosamente protette per le specie rare che ospitano. A tali cause, che immediatamente provocano la distruzione della fauna selvatica, si aggiunge l'attività venatoria, con una pressione sempre più intensa, che, se non contenuta e disciplinata potrebbe condurre tra non molti anni a risultati distruttivi gravissimi per il patrimonio faunistico, con tali alterazioni degli ambienti naturali delle quali non è forse nemmeno possibili prevedere le dimensioni e le conseguenze.
Assai spesso chi visita il nostro Paese con rammarico constata l'assenza quasi assoluta nel nostro paesaggio della componente di vita animale, mentre l'italiano che soggiorna in altri Paesi può notare con sorpresa la presenza accanto all'uomo di specie animali che, ravvivando ed esaltando l'ambiente ove egli vive, sono altresì testimonianza di una maggiore consapevolezza popolare della importanza della conservazione e protezione della natura nelle sue multiformi espressioni".
Risparmio il commento di una delle riviste più diffuse dei cacciatori che fa dello spirito sul fatto che il ministro Natali, evidentemente, si reca la radiolina a transistor nei boschi e quindi il rumore della radiolina non gli fa sentire il canto degli uccelli, ma che se spegnesse la radiolina sentirebbe le upupe, le tortore, gli usignoli.... Saremmo su di un piano non degno di questo Consiglio Regionale.
A fronte di questa relazione, la proposta di legge-quadro della Federcaccia dice, fra le altre cose, che è consentita la uccellagione; che e consentita la caccia in primavera e che tutti i mammiferi e tutti gli uccelli sono considerati selvaggina; che questa appartiene a chi la cattura e la uccide (ciò a conferma di quella che ormai nessun giurista serio responsabile, nel nostro Paese sostiene: la concezione romanistica, siamo addirittura al tempo delle dodici tavole, insomma, della res nullius); che è permessa la caccia ad alcuni rarissimi predatori, quali la civetta, il barbagianni, il falcone pellegrino, l'astore e via dicendo; all'adorno, il quale può essere abbattuto là dove tradizioni e consuetudini locali lo richiedono; ma soprattutto propone che nei Comitati provinciali della Caccia i componenti siano almeno per il 50 per cento rappresentanti dalle associazioni nazionali venatorie riconosciute, in aperto contrasto con il testo della proposta del ministro Natali, che invece propone che le Regioni costituiscano dei Comitati Regionali per la difesa della fauna, Comitati nei quali di difensori della pubblica incolumità, della pace dei cittadini che vogliono andare la domenica a spasso per i boschi senza correre il rischio di essere impallinati, dovrebbero avere la maggioranza rispetto alle associazioni di carattere corporativo quali sono le associazioni venatorie.
Signor Presidente, io so che lei si batte da anni per la difesa e la salvaguardia dell'ambiente naturale dell'uomo, nella sua qualità di presidente del Parco nazionale del Gran Paradiso. Penso che lei probabilmente, consentirà almeno in parte su quanto ho esposto in questo breve intervento, e che non mancherà di far sentire la sua autorevole presenza in questa occasione. Così come sono convinto che da molte parti del nostro Consiglio vi sia una attenta e consapevole considerazione per tutti i problemi che la massificazione consumistica della caccia pone ai pubblici poteri.
Io non voterò questa legge, come non voterò, in nessun caso, qualsiasi altra legge che con criteri più o meno restrittivi consenta comunque la distruzione del patrimonio faunistico della Regione, che è "res communitatis" e non "res nullius"; che non sappia imporre l'interesse della generalità dei cittadini all'interesse particolaristico delle corporazioni e che non sia in grado di impedire ad una piccola minoranza di sparatori di mettere in pericolo la quiete e l'incolumità dei cittadini.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Bono. Ne ha facoltà.



BONO Sereno

Signor Presidente, Colleghi Consiglieri, il disegno di legge che ci è stato presentato dalla Giunta, pur con gli emendamenti ad esso apportati dalla Commissione, si differenzia a nostro parere troppo da quello originariamente presentato dalle Associazioni venatorie in modo unitario e non contempla iniziative nuove, più incisive, più significative per l'esercizio della caccia in Piemonte, che a nostro parere invece avrebbero dovuto essere assunte per imprimere appunto all'esercizio della caccia quella svolta, abbastanza radicale rispetto al passato, che, mentre da un lato avrebbe dovuto permettere questo esercizio solo ed esclusivamente per scopi sportivi, e non a carattere consumistico o commerciale, così come purtroppo oggi avviene ancora, dall'altro avrebbe dovuto contemporaneamente garantire al massimo la difesa dell'ambiente e gli interessi dell'agricoltura.
Le carenze più significative che noi rileviamo in questo disegno di legge, ovvero le scelte che non si sono volute fare, sono a nostro parere le seguenti.
In primo luogo, non si avvia, con questo disegno di legge, nessun discorso per un nuovo e più razionale uso del territorio ai fini della salvaguardia del patrimonio faunistico e dello stesso esercizio della caccia. In questo quadro, il problema del superamento dell'istituto riservistico non viene nemmeno sfiorato, e questo ha appunto costretto chi vi parla ed altri colleghi del Consiglio a presentare l'ordine del giorno che il signor Presidente ha letto, per operare, anche se con la gradualità necessaria, il riassorbimento dell'istituto riservistico per ampliare invece le zone di ripopolamento, le oasi di protezione e tutte quelle zone che dovrebbero servire a consentire alla fauna di riprodursi naturalmente.
Il collega Gerini, sulla base di argomenti che sono vecchi quanto è vecchia la caccia, ha sostenuto la necessità delle riserve. Sono argomenti che vengono invocati dai tempi del Medioevo per poter mantenere privilegi a determinate categorie di cittadini rispetto ad altre categorie. Il collega ha anche affermato che le riserve sarebbero utili anche ai cacciatori liberi perché ai margini della zona delimitata qualcuno potrebbe anche raccogliere qualche cosa. E' la solita storia dei poverelli che girano attorno alla mensa del padrone per vedere se cade qualche briciola ed essere pronti a raccoglierla. Oggi però ci troviamo di fronte a padroni tanto avari che si prendono anche le briciole, e all'esterno delle riserve purtroppo, non solo non si trova più niente ma si corre anche il pericolo di incorrere in determinate infrazioni.
L'ordine del giorno da noi proposto, afferma con forza la necessità del superamento dell'istituto riservistico, sotto l'aspetto giuridico e sotto quello democratico, direi, perché la riserva rappresenta sempre un'oasi di privilegio e quindi di discriminazione classista....



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Ci vanno i dentisti nelle riserve...



BONO Sereno

Già, così ci ha detto Gerini, anche se per la verità non sono riuscito a comprendete il significato di questa sua affermazione: che i dentisti nella loro generalità siano della povera gente non penso sia cosa facilmente sostenibile.



GERINI Armando

Non hai capito il senso del mio intervento.



BONO Sereno

La riserva è uno strumento superato anche dal punto di vista tecnico soprattutto perché non è nell'ambito della riserva che si produce selvaggina. Il riservista produce selvaggina nella misura in cui questo corrisponde al suo interesse; ma poi nella riserva si verifica il massacro della selvaggina. Mentre infatti all'esterno della riserva, nelle zone di caccia controllata, il numero di capi da abbattere è limitata, cosa sempre spiacevole per chi vorrebbe conservare intatta la natura così com'è all'interno della riserva questo limite non è fissato. Quindi, tutti quei signori che richiedono a gran voce l'abolizione della caccia proprio in quanto strumento di sterminio e di distruzione della fauna selvatica dovrebbero avere un minimo di conseguenza e incominciare a dire: se non è possibile eliminare la caccia oggi, perché, cosa bella o brutta che sia interessa un milione e seicentomila cacciatori in Italia e oltre 110 mila cacciatori nel Piemonte, incominciamo ad eliminare le riserve, che sono un momento di sfruttamento consumistico della caccia e un momento di degenerazione della caccia, da superare sia dal punto di vista sociale che dal punto di vista tecnico vero e proprio.
Noi non chiediamo che si aboliscano le riserve per utilizzare quelle stesse aree per la caccia libera: chiediamo di abolire le riserve per adibire le aree da esse precedentemente occupate al ripopolamento della selvaggina. Facciamo questa proposta perché abbiamo coscienza che le riserve si sono installate proprio là dove l'habitat è migliore, dove l'ambiente naturale è il più adatto alla riproduzione della selvaggina proprio perché lì ci potrebbe essere modo di operare questa svolta radicale.
Purtroppo, nel disegno di legge della Giunta questo problema non viene toccato, e a nostro parere ciò costituisce un grosso difetto del documento.
Ma l'abolizione delle riserve, oggi, non è chiesta soltanto da coloro che tendono ad impedire che vi si continui ad operare massacri: è chiesta dalla totalità dei cacciatori. Fanno eccezione solo alcuni gruppi, legati ai riservisti e ai produttori della selvaggina di allevamento, che hanno praticamente in mano la direzione della caccia nel nostro Paese, perché le vecchie strutture che ci sono state lasciate in eredità da coloro che hanno fatto i primi decreti sulla caccia e che hanno praticamente in mano queste istituzioni determinano tutta la politica venatoria. Tutti coloro che sono interessati all'esercizio della caccia esclusivamente come attività sportiva, non come attività consumistica, contrastano decisamente il mantenimento della riserva. La riserva sancisce un diritto riconosciuto a chi paga, sulla base del concetto - dal quale ancora non sa distaccarsi qualche liberale, per la verità di stampo forse molto antico e che non ha la percezione dei momenti che stiamo attraversando - che chi paga deve avere il diritto di fare tutto quello che vuole.
Noi certo non pretendiamo che con una legge, dall'oggi al domani, le riserve vengano abolite: chiediamo però una politica conseguente, graduale che porti al superamento dell'istituto riservistico, nel rispetto anche delle attuali leggi, le quali non stabiliscono che necessariamente nell'ambito di ciascuna provincia, un quinto del territorio dev'essere destinato a riserva: le leggi vigenti dicono che il territorio destinato a riserva "non può superare il quinto"; per cui, se vi sono esigenze di potenziamento faunistico, l'autorità preposta alla politica in campo venatorio può anche decidere l'abolizione delle riserve e l'utilizzo di quelle aree a tale scopo.
Il secondo elemento che a nostro parere non figura nella proposta di legge della Giunta, e che è emerso anche dal dibattito che abbiamo avuto in Commissione è costituito dalla non intenzione della Giunta di riconoscere alcun ruolo alle associazioni venatorie. Di fatto, quindi, si esclude la partecipazione dei cacciatori alla gestione delle strutture venatorie della Regione, si accetta che queste vengano gestite, in modo autoritario, da quegli apparati che, come diceva giustamente il collega Calsolaro, si sono presentati con volto decisamente antiregionalista, e io aggiungerei anche in atteggiamento arrogante, alle consultazioni che abbiamo tenuto sostenendo la incapacità, la incompetenza, tanto sul piano legislativo che sul piano tecnico, del Consiglio Regionale ad assumere misure, decisioni in materia di politica venatoria.
In questo modo, non solo non si corregge una impostazione errata e corporativa della vecchia legge, che affidava il monopolio assoluto della gestione venatoria ai Comitati provinciali per la caccia, che tutto possono essere all'infuori di strumenti di democrazia, ma addirittura si vorrebbe addossare ai cacciatori responsabilità che assolutamente essi non hanno.
Cosa significa, infatti, collega Debenedetti, il taglio che è stato dato nella relazione della Giunta, tendente con ogni evidenza a sottolineare i limiti, i divieti, le punizioni che debbono essere inflitte ai cacciatori se non si individuano nei cacciatori i principali responsabili della distruzione del patrimonio faunistico e dello sconvolgimento degli equilibri naturali? Si adottano misure punitive quando si ha convinzione di aver a che sfare con gente disposta a violare la legge, a comportarsi quanto meno nei confronti del patrimonio e della collettività in modo irresponsabile. Ebbene, io non ritengo che noi ci troviamo di fronte ad una categoria di irresponsabili: ci troviamo di fronte a gente che è invece altamente responsabile, a gente che rivendica la possibilità di esercitare una attività cui ha diritto nell'ambito degli ordinamenti e dei regolamenti vigenti che non rechino nocumento, con la loro applicazione, alla generalità della collettività.
Tutti coloro che non si accontentano di un giudizio superficiale, di comodo, sanno che i momenti principali di distruzione della fauna e di rottura degli equilibri naturali sono ben altri che non la presenza dei cacciatori. Non stiamo a nasconderci dietro un dito: la fauna viene distrutta dallo stesso tipo di società nel quale oggi viviamo, da questa società che è produttrice di grandi quantità di rifiuti, di sostanze inquinanti, che è basata sulla esasperazione incontrollata di certi tipi di consumo, questa società che ha imposto alla stessa attività agricola dei metodi di lavorazione con l'uso di sostanze che non possono certo essere considerate utili all'incremento della popolazione faunistica. Non lasciamoci indurre a riversare tutte le colpe della situazione sui cacciatori, perché nell'ambito dei rapporti di forza sociali essi potrebbero sembrare i più deboli e più incapaci a difendersi. Affrontiamo il problema nei suoi termini reali, dando anche ai cacciatori le responsabilità che loro spettano, ma cercando di individuare anche tutte le altre responsabilità nel campo della distruzione dell'ambiente. A Torino mi diceva un amico, non si va a caccia: però si respira male. E' forse colpa dei cacciatori se aria e acqua sono inquinate? E questo avviene non solo a Torino ma in larghissima parte nel nostro Paese.
Il terzo elemento che ci induce a ritenere non accoglibile questa legge è che con essa si dà ancora una volta la preferenza ad un certo tipo di caccia rispetto ad altri tipi, e vengono così ingiustamente castigate certe categorie di cacciatori. Si è preferita, ad esempio, decisamente la caccia stanziale, pregiudicando completamente la possibilità di esercitare la caccia alla selvaggina migratoria. E' questa una scelta ancora una volta collegata al modo di esercitare la caccia oggi, collegata al consumismo: perché la selvaggina stanziale erroneamente chiamata nobile si riproduce anche in pollaio, la migratoria artificialmente non si può produrre. Non si sono accettate le aperture differenziate per specie. Non si è accolta la proposta delle Associazioni venatorie, a mio avviso abbastanza moderata che limitava la caccia alla migratoria sulle sole sponde dei corsi d'acqua fino al 31 marzo. Si è mantenuto per i tesserini un costo troppo elevato: ventimila lire sono molte. E' una cifra che non spaventa certo un professionista, un dentista, un avvocato; ma per chi vive, ad esempio, con una pensione contadina costituiscono un esborso eccessivo. E perché si deve impedire al vecchio lavoratore contadino, che ha sempre avuto nella sua vita la passione della caccia di esercitare negli ultimi anni della sua esistenza quello che è stato il suo sport preferito? Si è negata la caccia d'aspetto, e anche questa decisione denota una scelta a favore dei cacciatori più attivi: la caccia d'aspetto è una caccia abbastanza modesta, che viene esercitata prevalentemente dalle persone anziane, quelle persone che sono disposte ad alzarsi qualche ora prima il mattino e che non hanno la possibilità di camminare tutta la giornata per portarsi a casa un modesto carniere.
Ho citato alcune delle lacune più vistose che abbiamo rilevato in questa legge. Non vogliamo tuttavia sostenere che nella legge che ci viene presentata non vi siano anche elementi positivi: questi, però, sono ancora troppo scarsi in rapporto al contesto generale della legge. Consideriamo positiva l'estensione della caccia controllata a tutta la zona non compresa nel settore delle Alpi, con un unico tesserino regionale, che però, come abbiamo detto poco fa, è ancora troppo caro; abbiamo apprezzato altresì la fissazione della destinazione di un minimo di territorio regionale a zone di ripopolamento, perché riteniamo che il potenziamento faunistico di una regione non potrà mai aversi attraverso l'allevamento in pollaio, ma deve sempre avvenire nell'habitat naturale, e quindi occorre aumentare queste zone, attrezzarle, investendo nel loro potenziamento quelle centinaia di milioni che fino ad ora sono stati sperperati nell'acquisto di selvaggina all'estero o presso gli allevatori; giudichiamo con favore anche la libera scelta da parte dei cacciatori della giornata di caccia, perché è evidente che un cacciatore-lavoratore deve poter esercitare la caccia quando è libero dal lavoro, e non sempre la sua libertà dal lavoro coincide con le giornate che venivano fissate dai Comitati provinciali; sono pure positive alcune misure per la selvaggina dell'agricoltura, introdotte prevalentemente in conseguenza del dibattito svoltosi in Commissione infine, ci pare utile aver inserito nella legge il controllo sanitario, e non solo questo, sulla selvaggina di importazione o di allevamento che viene immessa nelle zone di ripopolamento.
Per concludere dichiaro che, come sintesi di questi giudizi articolati che noi riteniamo equilibrati, non settari, perché abbiamo cercato di non fare di ogni erba un fascio ma di distinguere quello che c'è di positivo nel disegno di legge da quello che c'é di negativo, noi collochiamo il problema della caccia nel contesto dei problemi generali che ad essa sono collegati, e principalmente vediamo il problema della caccia come modo di utilizzo del tempo libero nell'esercizio di una attività sportiva collegato strettamente alla difesa dell'agricoltura, perché non è possibile pensare alla caccia avendo gli agricoltori contrapposti ai cacciatori; come momento di difesa dell'ambiente. I cacciatori - ne sono pienamente convinto hanno la certezza, la coscienza che da un processo di degradazione ambientale vengano compromesse le loro possibilità di esercitare il loro sport preferito.
Partendo da questa visione, globale e generale del problema della caccia, e abbandonando la vecchia visione settoriale, corporativa che si -è fino ad ora coltivata, noi riteniamo che la legge che qui è stata presentata non corrisponda alle esigenze per cui era stata decisa e come la evoluzione dei tempi richiederebbe.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Vera. Ne ha facoltà.



VERA Fernando

Signor Presidente, signori Consiglieri, il progetto di legge che ha avuto parere favorevole dalla Giunta e della 7^ Commissione e che viene presentato oggi al nostro voto non può non suscitare contrasti, per la materia che affronta. Ha ricordato all'inizio di questo dibattito il collega Gerini, ed è indubbiamente vero, che questa attività, cosiddetta sportiva - ma personalmente non la considero tale -, attività antica tramandata fino ai nostri tempi dalle epoche prime della storia umana quando ad uccidere altri esseri viventi l'uomo era mosso non da una ricerca di diletto ma dalla esigenza di nutrire se stesso e la propria famiglia, è tuttora esercitate, secondo l'indicazione data dal collega Bono, da un milione e 600 mila cittadini italiani.
L'imponenza della cifra può dare l'impressione di un fatto democratico e questo è uno degli argomenti che vengono addotti da qualche parte sostenuto anche in qualche rivista venatoria, tra cui quelle citate dal collega Calsolaro; ma è, secondo me, pura apparenza, ed il concetto è da rifiutarsi perché evidentemente il fatto che una certa attività, sulla quale può pendere un giudizio in ordine ad esigenze di carattere comune di tutta la collettività, sia esercitata da un numero più o meno elevato di cittadini costituisce bensì un elemento di valutazione sociale, di cui occorre tener conto, ma non può certo rappresentare un fatto di democrazia.
Poiché, se si volesse tener conto di tale argomento, si dovrebbero considerare, a fronte di questo milione e 600 mila cittadini, i milioni di cittadini cui ripugna l'esercizio della caccia e che ne vorrebbero l'abolizione: gli agricoltori, di cui spesso sui giornali leggiamo, proprio in occasione del periodo dell'esercizio dell'attività venatoria, le proteste per i danni che vengono provocati dai cacciatori alle coltivazioni, e quindi al frutto di una attività che ha per essi evidentemente una importanza essenziale e primaria; i cittadini che vedono nell'esercizio della caccia, e soprattutto nell'esercizio indiscriminato della caccia, un attentato ad un certo equilibrio bio-ecologico; il costo non finanziario ma estremamente doloroso, drammatico, di vittime umane provocato dall'esercizio di questa attività (non sono in grado di citare le statistiche in proposito, ma d'altronde, a mio avviso, il fatto che le vittime siano cento o mille ha una importanza relativa, quel che conta è il fatto che ci sono delle vittime: o vittime innocenti o comunque famiglie che in conseguenza della passione per la caccia di un loro congiunto ne restano orbate per incidente venatorio).
Se si vuol tener conto dei numeri come elemento di suffragio indubbiamente importante per le forze politiche qui rappresentate, come lo sono nel mondo politico nazionale, teniamo conto però anche dell'elemento di suffragio rappresentato da quei milioni e milioni di cittadini che da questa attività sono danneggiati o che comunque nei confronti di questa attività esprimono una avversione che deriva da una sensibilità.....



RASCHIO Luciano

Guarda che si ammazzano anche in macchina.



VERA Fernando

Vale lo stesso ragionamento. Però, non si può giustificare, per il fatto che incidenti mortali si verificano anche in fabbrica o perché tanta gente muore in conseguenza, per esempio, di un'altra attività consumistica quella della corsa all'automobile, che oggi impegna tutti i cittadini nel week-end domenicale, che ci siano disgrazie mortali per altre ragioni. Non è affatto una ragione sostenibile quella che tu adduci.



RASCHIO Luciano

Ha però un certo peso.



VERA Fernando

Ha un peso per contrapporre argomenti contro quelle attività, non per sostenere che questa della caccia è una attività lecita, approvabile e di cui dobbiamo essere entusiasti.
Teniamo conto, dicevo, della sensibilità morale di larghe masse di cittadini, che sono sempre più urtati da uno spettacolo di crudeltà in cui l'Italia detiene un poco invidiabile primato nei confronti di altri Paesi civili (valgono i giudizi che molto spesso noi leggiamo sui giornali stranieri nei confronti di questa situazione e di questa mentalità).
Il collega Calsolaro, facendosi interprete di queste istanze che pure esistono nel Paese, ha sostenuto qui una tendenza abolizionistica che mi trova personalmente del tutto consenziente, almeno come obiettivo di prospettiva, che però non ritengo possa essere concretamente e realisticamente portata avanti oggi. Secondo me, è importante ora anzitutto acquisirla nel costume, perché soltanto in questo modo si può arrivare a raggiungere quell'obiettivo senza che esso appaia un elemento di repressione proprio nei confronti di quel milione e 600 mila cittadini di cui ci parlava prima il collega Bono.
Ci sono indubbiamente nella legge elementi di limitazione nei confronti di una tendenza che vorremmo portata avanti con maggiore entusiasmo o con maggiore energia, ma comprendiamo questa cautela in considerazione delle molte remore che l'Assessore e la Giunta hanno trovato sul loro cammino per arrivare a varare questa regolamentazione dell'esercizio della caccia nella nostra Regione. Costituiscono elementi positivi, a nostro avviso, i limiti per lo meno le remore che vengono poste, all'esercizio del tiro a volo, del quale auspichiamo ovviamente che, il Parlamento nazionale, che del problema è stato investito attraverso una proposta di parlamentari, arrivi a vietare l'esercizio in tutto il territorio nazionale, trattandosi non di uno sport ma di un esercizio barbaro, che disonora il nostro Paese.
E' stato toccato anche il problema delle riserve. L'argomento, spesso addotto a favore del permanere del sistema delle riserve, secondo cui attraverso la riserva si consegue il ripopolamento faunistico, grazie al contributo che i cacciatori pagano per poter cacciare in riserva, mi è sempre parso un argomento particolarmente specioso. Nei confronti di una attività che viene considerata nociva, o che, quanto meno, urta contro la coscienza di gran numero, di cittadini, non credo che possa avere molto valore il fatto che per esercitare questa attività si deve pagare e che con quello che viene pagato si limitano in qualche modo i danni provocati dall'attività stessa. A parte poi la ripugnanza che tutti noi proviamo ad accettare il concetto, che si richiama ad un diritto feudale, secondo cui chi ha una certa disponibilità di danaro può esercitare una certa attività preclusa ai meno abbienti. Con ciò non intendo evidentemente dire, secondo un principio pseudo-democratico, che tutti devono poter esercitare questa attività, ma che non la devono esercitare né coloro che hanno denaro n coloro che non ne hanno molto.
Si è detto che il prezzo del tesserino che viene proposto dalla legge e troppo elevato: personalmente, io ritengo, al contrario, eccessivamente basso, e vorrei che fosse assai maggiore. E non mi pare che il fatto di sborsare le ventimila lire richieste per questo tesserino ci si possa sentire tranquillamente in diritto di andare in giro a massacrare inermi esseri viventi, sia pure con certi limiti di numero e di orario, di esercitare comunque attività che io considero non accettabile sul piano morale. E' un prezzo, oltretutto, davvero esiguo in rapporto al costo dell'attrezzatura indispensabile per svolgere questa attività: un fucile prodotto della ben nota industria di cui abbiamo avuto occasione di parlare recentemente per altre sue attività altrettanto lucrose - alludo alla Winchester -, le munizioni, l'equipaggiamento (borse, stivali, cartucciere ecc.) hanno costo ben più elevato delle misere ventimila lire per il tesserino.



MARCHESOTTI Domenico

Intanto, sono non venti ma trenta.



VERA Fernando

Personalmente dico che la cifra vorrei fosse dieci, cento volte superiore, perché ritengo che il prezzo elevato costituirebbe, se non altro, una remora a che il milione e 600 mila cittadini di cui si è parlato possano esercitare questo tipo di attività.



MARCHESOTTI Domenico

Andrebbero a caccia solo certe persone, per esempio Agnelli.



VERA Fernando

Se non altro, criticheremmo soltanto Agnelli, non diremmo che ci sono in Italia un milione e 600 mila cittadini che si divertono ad uccidere esseri viventi.



MARCHESOTTI Domenico

Perché tu, cosa mangi?



VERA Fernando

C'è una differenza fondamentale fra l'uccidere per nutrirsi, come già avveniva agli albori della storia, e l'uccidere per sadico piacere.



MARCHESOTTI Domenico

Non pensi mai, quando mangi un pollo, che hanno dovuto ucciderlo?



VERA Fernando

E' del tutto inutile affrontare una discussione con chi non riesce a capire quanto sia riprovevole la gioia che qualcuno prova nell'uccidere un essere vivente.
In conclusione, preannuncio il voto favorevole mio e del mio Gruppo alla proposta di legge che viene presentata e che, tenuto conto del carattere sperimentale che per dichiarazione dell'Assessore, della Giunta e della Commissione, mi auguro possa subire modificazione, naturalmente in senso restrittivo, nei prossimi anni, ed esprimo l'auspicio che da parte dei cittadini, attraverso un'attività di educazione civile, impartita già al tempo della scuola (che la può curare, e credo già in parte lo faccia) si arrivi all'acquisizione di una mentalità più civile, più progredita, che faccia sì che descrizioni entusiastiche quale quella che oggi ci ha fatto il collega Gerini, e che, pur con tutta l'amicizia che ho per lui, devo dire che ho ascoltato con raccapriccio, suscitino pari orrore nel maggior numero possibile di cittadini del nostro Paese e porti al rigetto di ogni inutile violenza contro gli esseri viventi, da parte di tutti come un fatto di civiltà, come un fatto di progresso umano, come un aumento di sensibilità dell'uomo nei confronti di tutto l'universo che lo circonda. Mi dà una certa fiducia per l'avvenire il fatto che le giovani generazioni appaiano molto sensibili a questo argomento, molto più di quanto lo siano state la nostra generazione e quelle che ci hanno preceduti. Già oggi soprattutto appunto nelle nuove generazioni, questo concetto, della inutilità della violenza, questa repulsione per la gioia della violenza sembrano aver fatto notevoli progressi.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Carazzoni. Ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, Colleghi Consiglieri, sarebbe ingeneroso, e noi non vogliamo peccare di ingenerosità, muovere all'esame di questo disegno di legge senza riconoscere in premessa che il voler dettare norme nell'esercizio della caccia, in carenza di una legge-quadro che indichi i confini chiari e precisi entro i quali la Regione possa svolgere la propria attività legislativa, è impresa ardua e spinosa. Così come peccherebbe di eguale ingenerosità chi non avesse presente che la materia stessa è di una tale complessità per cui almeno sino a quando la normativa in questo campo non verrà radicalmente mutata e innovata ben difficilmente si potrà giungere al varo di un qualunque provvedimento che possa lasciarsi alle spalle una soddisfazione generale, essendo inevitabile che sempre si finirà con il lasciare inaccolta questa o quella richiesta.
Prendiamo, dunque, questo disegno di legge per ciò che esso è, per ammissione della stessa Giunta proponente e per riconoscimento della Commissione che l'ha esaminato: non tanto un organico e completo intervento, capace di dare regolamentazione all'esercizio della caccia in Piemonte, ma al più un insieme, un complesso di norme che, senza la pretesa di dare un definitivo assetto a questa difficile materia, tuttavia permettano di compiere un primo passo verso questo traguardo: un primo passo, dobbiamo dire, arduo, coraggioso, che proprio per questo motivo noi ci sentiamo anche di aiutare e di incoraggiare.
Non ci sembra, però, che si incominci bene il cammino con questo primo passo se non si riconosce che il disegno di legge portato oggi in discussione abbisogna di modifiche in alcune sue parti. Come è stato già da altri sottolineato, infatti, l'elaborato della Giunta non può essere semplicemente, e forse faziosamente, respinto in blocco, in quanto contiene in sé indubbiamente alcune qualificanti proposizioni che noi siamo disposti ad accettare, ma al tempo stesso ne ha altre che non possono non suscitare talune riserve di fondo.
A noi sembra di dover introdurre - anche se non ci nascondiamo la difficoltà di affrontare questo tema - il discorso sui compiti che si vogliono attribuire attraverso questo disegno di legge ai Comitati provinciali caccia e conseguentemente sui mezzi che si intende affidare agli stessi Comitati caccia perché questi compiti possano essere assolti.
Diciamo subito che sui compiti noi non abbiamo nulla da eccepire: sono validissimi, su un piano di principio generale. Il giudizio va forzatamente modificato in relazione ai mezzi di cui i Comitati provinciali saranno dotati per perseguire questi scopi. Perché, a proposito del costo che si propone di stabilire per legge del tesserino istituendo, diecimila lire, si può fare un discorso alla buona, anzi, un discorso.... alla Bono dicendo: è troppo caro. (In questo caso avremmo naturalmente diverse argomentazioni da addurre, perché la demagogia è sempre una merce facile da spendere e anche diecimila lire possono essere in funzione demagogica valutate una somma eccessiva, un onere intollerabile). Ma se facciamo il discorso da un altro punto di vista, cioè se entriamo nell'ordine di idee che queste quote devono servire a raggiungere i fini indicati dalla legge, cioè se scendiamo su un terreno di realismo, dobbiamo per forza di cose essere perplessi ed esitanti, perché teniamo che proprio con queste quote non sarà possibile raggiungere gli scopi che la legge si prefigge. Potremo anche dare a questo riguardo - un accenno l'abbiamo sentito nell'intervento del collega Vera il discorso sul costo di questo tesserino dal punto di vista sociale, e dire che non ci sembra proprio che queste quote siano eccessivamente gravose poste in raffronto con il costo di qualunque altro sport praticato.
Senza scendere ad una dettagliata esemplificazione, basti pensare che, ad esempio, il costo medio di un biglietto per una partita di calcio si aggira dalle 5 alle 6 mila lire; che chi voglia, ad esempio, praticare uno sport come il tennis, deve necessariamente iscriversi ad un club, spendendo cifre ben maggiori per la sola quota di iscrizione, e poi per l'esercizio dei campi; si tenga presente quanto siano di gran lunga superiori le spese che incontrano coloro che hanno la passione per lo sci o per la montagna.
Noi riteniamo, pertanto, che la somma stabilita - e vorremmo sottolineare questa distinzione - non può non essere considerata esigua se si vogliono con la legge e attraverso la legge raggiungere determinati fini. Perché non vediamo quali possibilità avrebbero i Comitati caccia usufruendo di queste quote, di provvedere alle spese di sorveglianza alle spese di ripopolamento, alle spese inerenti la costituzione, la gestione il risarcimento dei danni, le zone di rifugio che si intende ampliare o altro. Questa sembra a noi essere una carenza particolarmente presente nell'art. 2 della legge.
Riteniamo inoltre poco opportuno concedere la facoltà di conseguire il tesserino per tutta la Regione Piemonte con l'aggiunta di altre diecimila lire. Ciò per alcune ragioni che esporremmo sinteticamente. Innanzitutto non è spiegabile perché le diecimila lire del tesserino regionale debbano essere versate all'Amministrazione regionale e non ai Comitati provinciali per la caccia, sui quali per larga parte gravano i compiti previsti in questa legge. E' vero che in un capoverso di questo articolo è detto che le somme introitate dall'Amministrazione regionale sono utilizzate nella misura di almeno il 50 per le spese di vigilanza, il residuo per il ripopolamento faunistico della Regione e per il risarcimento dei danni causati dalla selvaggina alle colture agricole. Ma è altresì vero che questi sono anche proprio i compiti attribuiti dai successivi articoli 8 e 10 ai Comitati provinciali per la caccia, i quali dunque, ecco la tesi nostra, dovrebbero avere diritto ad introitare per intero questa quota.
Inoltre, anche ammettendosi che l'Amministrazione regionale venga poi a ripartire tra le varie Province piemontesi l'importo dei tesserini, noi crediamo che si compirebbe pur sempre l'ingiustizia di attribuire lo stesso importo alle singole Province senza tener conto (così almeno pensiamo di aver capito) della diversa intensità dell'esercizio della caccia in ognuna di queste Province praticato, e quindi della maggiore o minore intensità del successivo ripopolamento. Il tutto, poi, prescindendo dal fatto che questa misura comporterebbe conseguentemente l'impianto, con un certo costo, di una contabilità presso l'Amministrazione regionale per la suddivisione dell'importo del tesserino fra le varie Province piemontesi.
Il motivo più profondo di riserva e di perplessità che abbiamo nei confronti del disegno di legge proposto dalla Giunta Regionale sta proprio nella considerazione da noi fatta che sia in pratica impossibile conseguire con questi mezzi i fini che peraltro si dichiara di voler raggiungere con la legge stessa.
Su questo articolo il nostro Gruppo non ha ritenuto di dover presentare un emendamento specifico, pensando che spetti alla Giunta stessa, qualora si accetti questa nostra osservazione, provvedere e all'adeguamento della quota del tesserino e alla diversa distribuzione dei fondi. Noi intendiamo comunque ribadire il principio che, a giudizio nostro, l'articolo, così come è stato formulato, è inaccettabile, mentre, al contrario, si renderebbe necessario statuire, con una disposizione correttiva, che la quota del tesserino viene diversamente adeguata e che al tempo stesso si riconosce al cacciatore la facoltà di avere il tesserino anche per Province diverse, però pagando la quota intera e rimettendola direttamente ai Comitati provinciali per la caccia interessati.
Vi sono, nella proposta di legge, altri articoli sui quali non abbiamo assolutamente osservazioni da avanzare. Ciò dicasi, ad esempio, per il divieto assoluto alla uccellagione, per l'introduzione del principio che non possono essere usati determinati tipi di armi, e, aggiungeremmo, anche per ciò che è stato deciso relativamente alle riserve. A proposito delle riserve riteniamo di poter tranquillamente sposare in tutto la tesi che sono state lucidamente, e, ad avviso nostro, convincentemente, sostenute dal collega Gerini. Con una sola considerazione aggiuntiva: che la lotta contro le riserve è fatta nel solco di una impostazione che bisogna pure avere il coraggio di definire demagogica e populista, dal momento che certi istituti vengono definiti feudali se si trovano in certi Paesi, mentre non suscitano alcun motivo di critica se sono mantenuti in vita in altri Paesi definiti magari progressisti.
Accanto a questi dichiarati motivi di consenso vi sono da parte nostra come dicevamo, motivi di riserva e di perplessità. Là dove ne abbiamo riscontrati negli articoli di legge, abbiamo elaborato e presentato alcuni emendamenti che confidiamo possano venire accettati. Anzi, sarà proprio la posizione che si verrà ad assumere su queste nostre proposte l'elemento condizionante e determinante per la definizione del nostro voto finale su questo disegno di legge; un disegno di legge che, tutto sommato, potremmo anche suffragare con il consenso, pur essendo consapevoli delle sue carenze, giudicandolo accettabile quale passo iniziale verso un radicale mutamento di situazioni in materia di caccia; ma, al tempo stesso, un disegno di legge che saremmo costretti a respingere qualora si volesse conservare immutato il testo presentato e formulato dalla Giunta.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Simonelli. Ne ha facoltà.



SIMONELLI Claudio

Signor Presidente, Colleghi del Consiglio, penso che questo dibattito sulla legge regionale per la caccia abbia allargato l'ambito del suo interesse ad una tematica molto più vasta, ed a mio avviso giustamente giacché la caccia - credo che i cacciatori per primi ne siano consapevoli non è certo affare privato dei cacciatori ma è una attività di impiego del tempo libero di massa, destinata, quindi, a coinvolgere non solo chi direttamente la pratica o chi è economicamente legato a questa attività penso alle imprese produttive che lavorano per la caccia - ma il territorio, i suoi abitanti, tutti i cittadini, anche quelli che non la esercitano.
Di fronte all'ampia trattazione che il Consiglio ha oggi dedicato al problema della caccia, cui ha dato avvio l'approfondito intervento del collega Calsolaro, credo sia bene che noi ci poniamo, la domanda se sia giunto il momento di proibire, o sospendere, l'esercizio della caccia secondo l'implicita richiesta del mio compagno di partito, che rispecchia l'opinione di altri Consiglieri e di larga parte dell'opinione pubblica.
Dirò francamente che il mio parere è che la sospensione o la proibizione della caccia sia un provvedimento né auspicabile né opportuno.
E non perché io non veda i limiti che l'attività venatoria può determinare ad una bene intesa tutela dell'ambiente. Sennonché, a torto viene generalizzata una serie di accuse nei confronti dei cacciatori, quasi che esclusivamente dall'attività venatoria derivassero gli attentati determinanti per la difesa dell'ambiente e per la stessa consistenza della fauna e della selvaggina.
Non credo valga la pena di entrare in troppi dettagli o fare difese d'ufficio: è certo però che in questo nostro Paese, di difesa dell'ambiente, di tutela della selvaggina nessuno si è dato mai carico fino all'esplosione della moda ecologica di questi anni -, salvo, entro certi limiti, e in misura, se vogliamo, anche strumentale, i cacciatori stessi.



(Applausi dalla tribuna del pubblico)



PRESIDENTE

Invito il pubblico a non intervenire più, né positivamente n negativamente, altrimenti mi vedrei costretto a farlo allontanare dall'aula. Inviterei anche coloro che seguono i nostri lavori a indossare la giacca, come i Consiglieri che siedono nella stessa aula.



SIMONELLI Claudio

E' possibile, in astratto, che un Paese destini una parte delle sue risorse al ripopolamento faunistico di colline, o montagne, o pianure, ma questo, in concreto, non succede: è vero, invece, che gli oneri che sopportano i cacciatori sono stati anche in parte destinati a ripopolare di fauna il Paese. Ci sono delle specie che probabilmente senza gli investimenti provenienti dall'ambito dei cacciatori si sarebbero estinte: oggi vengono allevate, ad esempio, in cattività, per iniziativa o comunque per le esigenze dei cacciatori, delle specie, come la pernice rossa, come la coturnice, come lo stesso urogallo. D'accordo che vengono allevati per essere in parte poi uccisi; ma nessuno in Italia fino ad oggi ha mai speso una sola lire per un investimento di questo tipo che non fosse finalizzato in qualche modo anche ad un utilizzo di natura economica. Del resto, anche la fauna selvatica dell'Africa, delle zone ove si organizzano grandiosi safari, viene abbattuta secondo piani che comportano l'utilizzo economico dei capi uccisi per il consumo delle popolazioni che vivono in quei Paesi.
Non mi pare, in sostanza, che ci sia da scandalizzarsi per il fatto che i cacciatori uccidano: ritengo più giusto che questa attività venatoria venga pianificata, sottoposta ad una serie di limitazioni.



CALSOLARO Corrado

Si uccidono anche uccellini di nessuna rilevanza in fatto di commestibilità, come ad esempio le capinere.



SIMONELLI Claudio

La caccia alle capinere, veramente, è proibita.



CALSOLARO Corrado

E' questo il motivo per cui non le allevate.



SIMONELLI Claudio

D'altronde, penso che l'abbattimento di una capinera non possa essere motivo di gran vanto per un cacciatore: non mi è mai passato per la mente di potermi fregiare il cappello con una penna di capinera. Il luogo comune dell'italiano che uccide i piccoli volatili ci viene soprattutto dalla Germania e riguarda in genere le zone in cui si pratica, con il roccolo e con altri sistemi, l'uccellagione, cioè soprattutto le zone del Bresciano e del Bergamasco: non credo che il cacciatore piemontese, che conta le cartucce che spara, abbia molta voglia di sparare ad uccelli il cui utilizzo economico è piuttosto modesto.
La caccia, dicevo, non è la causa principale, né una delle concause rilevanti, dell'alterazione degli equilibri biologici e della contaminazione dell'ambiente. Il suo esercizio può anche certamente causare danni all'agricoltura se è praticato in modo dissennato e da persone irresponsabili, ma non è affatto in contrasto con le esigenze dell'agricoltura, tanto è vero che noi valutiamo positivamente le norme che nel disegno di legge presentato dalla Giunta prevedono il risarcimento dei danni cagionati agli agricoltori soprattutto nelle zone ove la caccia non si pratica, cioè nelle zone di ripopolamento e cattura, dove, non essendo ammessa la caccia, i capi di selvaggina sono eccessivamente numerosi e dove quindi occorre intervenire per tutelare le colture agricole non dai cacciatori ma proprio dalla selvaggina.
Quindi, sono legittime, a mio avviso, le preoccupazioni di conciliare l'attività venatoria e con la tutela dell'ambiente e con le esigenze dell'agricoltura: non è giusto, però, generalizzare e condurre il discorso in un modo che a mio avviso non è centrato.
Comunque, ritengo positivo che questo dibattito sia fatto, e credo sarà giusto in un prosieguo di tempo approfondirlo, perché chi, come me, è cacciatore, non ritiene per questo di dover ignorare, per esempio, le argomentazioni che ha svolto il collega Calsolaro ma ritiene che sia giusto esaminarle, discuterle, confrontarci su tutti i temi, per poi far emergere le posizioni che sembreranno più ragionevoli. Io credo che in una politica bene intesa di tutela dell'ambiente i cacciatori possano essere alleati di chi si batte a favore della natura, a favore della difesa dell'ambiente proprio perché i cacciatori - intendo dire i cacciatori che sentono la caccia come uno sport - sono persone che conoscono, la natura, che l'apprezzano, disponibili ad una battaglia di tipo naturalistico.
Ecco allora che il problema si amplia. E' giusto che ci si preoccupi che i bambini possano andare nei boschi senza rischiare di essere scambiati per un selvatico e impallinati (cosa peraltro che non succede), ma il problema non è di scegliere se lasciare campo libero nei boschi ai bambini o ai cacciatori bensì di fare una politica del territorio che preveda da una parte la caccia, dall'altra parchi naturali destinati allo svago di chi cacciatore non é, una politica che tenga conto di tutto il complesso delle necessità che il tempo libero pone ad una società industriale di massa, e quindi una politica capace di coordinare l'uso del territorio, di dare al territorio la giusta collocazione per tutte le attività che nel territorio devono avere svolgimento.
Ora, in questa situazione, la normativa contemplata nel disegno di legge che viene presentato dalla Giunta si colloca necessariamente con grossi limiti di partenza, che del resto la stessa relazione non manca di enunciare, e cioè i limiti posti dalla legislazione nazionale, che non consente in mancanza di una adeguata legge quadro, di spaziare sulla materia, come sarebbe necessario. I limiti di una legge nazionale largamente inadeguata sono grossi, e vanno dalla concezione della selvaggina come "res nullius" anziché come "res communitatis", aspetto sul quale io sono ovviamente d'accordo con il collega Calsolaro, ad una serie di norme anacronistiche, che non permettono un uso moderno del territorio per la caccia, alla stessa disciplina delle riserve, che non consente norme restrittive, in un disegno di legge regionale, alla mancanza di norme poste per la difesa della fauna, ad una disciplina dell'ambiente, che assolutamente è assente nella normativa di carattere generale.
Nell'ambito della legge-quadro vigente, e pur con questi limiti, il disegno di legge della Giunta si caratterizza - lo hanno detto i Colleghi che mi hanno preceduto - perché pone una serie di norme particolarmente restrittive, norme che in larga parte credo debbano essere peraltro valutate come necessarie.
Tra i punti positivi della legge c'è, a mio avviso, la estensione del regime di caccia controllata a tutta la Regione, con la conseguenza di un limite all'esercizio della caccia nelle riserve, assoggettandole allo stesso regime della caccia controllata, per quanto riguarda le giornate di caccia, i periodi di apertura e di chiusura, con eccezione solo per quanto concerne il carniere. Questo è un risultato positivo perché la caratteristica essenziale delle riserve, colleghi del Consiglio, non è neppure il privilegio di carattere medioevale del feudatario, quello di avere l'esclusiva del diritto di caccia nel suo feudo, bensì l'esercizio di una attività industriale. Chi ha visitato qualche riserva, o vi ha cacciato, se che per la maggior parte dei casi le riserve sono gestite come imprese che vendono, un tanto per capo, gli animali, rispetto ad esse quindi, non è la regola del privilegio medioevale a comandare, ma quella del profitto industriale. Riserve speculative di questo tipo, che poco hanno a che vedere con la caccia intesa come sport, vengono ad avere un primo colpo da questa normativa, che generalizza il sistema della caccia controllata a tutta la Regione.
Dev'essere valutato positivamente il principio, che la legge riconosce della risarcibilità del danno apportato dalla selvaggina all'agricoltura fatto importante, che consente di evitare attriti che hanno poi anche dei fondamenti, tra i cacciatori e gli agricoltori. Sarebbe, secondo me, da rivedere la questione del limite di carniere: io, per esempio, sono convinto che sulla selvaggina migratoria si potrebbe anche evitare di porre un limite, giacché per talune specie, le più pregiate, le più interessanti il limite è dato automaticamente dalla rarità degli esemplari; che so, per la beccaccia o il germano reale l'imposizione di non abbatterne più di dieci capi al giorno è assurda, perché non potrà mai capitare di trovarne tanti, mentre per l'allodola, lo storno, la stessa tortora se si potesse cacciare, dieci capi al giorno sono pochi per chi pratica soltanto questo tipo di caccia. Comunque, il problema non mi sembra essenziale: il limite è stato elevato da sei a dieci, il che costituisce già un discreto miglioramento.
Pure opportuni considero: Il vincolo a zone di ripopolamento e cattura di un decimo del territorio utile la previsione della istituzione da parte delle Regioni di oasi per la selvaggina la tendenza chiaramente espressa a privilegiare la produzione autoctona di selvaggina rispetto alla immissione di selvaggina d'allevamento, nonch le norme che prevedono il controllo sanitario sulla selvaggina immessa il divieto assoluto della uccellagione, che viene incontro ad una richieda avanzata dagli ambienti protezionistici il divieto dell'uso delle specie faunistiche per i tiri il divieto dell'uso di armi a canna rigata, della 22 a percussione anulare, delle armi superiori al calibro 12, e, direi esplicitamente (e questo forma oggetto di un emendamento che ho presentato unitamente ad altri Colleghi) della spingarda, che, seppure poco usata nella nostra Regione, credo debba essere compresa esplicitamente nell'elenco.
Rimangono, a mio avviso, due grossi problemi per i quali la discussione è giustificata, per i quali è opportuno che confrontiamo ancora le nostre opinioni: il calendario, in modo particolare la data di apertura della caccia, e il problema del rapporto tra numero dei cacciatori, consistenza faunistica e territorio. Le soluzioni date ad essi dal disegno di legge meritano, a mio avviso, un ulteriore approfondimento. Dev'essere chiaro innanzitutto, che la data di apertura proposta - 16 settembre - sacrifica pressoché totalmente la caccia alla selvaggina migratoria estiva significa, praticamente, in Piemonte, non cacciare né quaglia né tortora n estatini minori, il che può anche produrre l'effetto di far aumentare la pressione dei cacciatori sulla selvaggina stanziale. La proibizione, poi che ritengo peraltro giusta, della caccia primaverile, o meglio, della caccia anche invernale, cioè del ripasso, praticamente toglie di mezzo altre specie interessanti dal punto di vista venatorio; come la mazzoliola ed altri migratori. Noi in questo modo certamente chiediamo ai cacciatori piemontesi un grosso sacrificio e li portiamo ad accentuare la pressione sulla selvaggina stanziale, togliendo di mezzo alcune forme tradizionali di caccia della selvaggina migratoria.
Non mi sento di fare concrete proposte alternative, perché credo che un principio fondamentale cui ispirarci debba essere quello di evitare di aprire la caccia in epoca diversa da quella di apertura nelle Regioni limitrofe, per evitare l'altro effetto, ancora più funesto, quello della invasione da parte dei cacciatori liguri lombardi. Però, vorrei che la Giunta e l'Assessore avessero ben presente che non può essere accettata come definitiva dai cacciatori piemontesi una disciplina così restrittiva che proibisce loro, in sostanza, per sempre, certi tipi di caccia che vengono praticati, e che hanno anche un certo interesse. Se si intende mantener ferma l'apertura alla terza domenica di settembre, mentre pu valere in via definitiva la proibizione della caccia invernale e primaverile dopo gennaio, secondo me occorrerà riesaminare la possibilità in prospettiva di una duplice apertura in tutto o parte il territorio regionale, da realizzare naturalmente solo quando ci siano le condizioni per farlo, quindi possibilità di avere il personale adatto a svolgere un adeguato servizio di sorveglianza, se del caso anche con inasprimento delle pene previste dal Testo Unico.
Il secondo ed ultimo punto delle mie osservazioni riguarda il rapporto fra i cacciatori e il territorio. E' a tutti noto che il Piemonte è zona d'invasione, fatta oggetto a pressioni dall'esterno da parte di cacciatori provenienti da altre Regioni, in quanto le caratteristiche dell'habitat consentono di praticarvi la caccia in larga misura.
Mi rendo perfettamente conto dei limiti di costituzionalità di una norma che riservasse la caccia in Piemonte ai residenti, e probabilmente anche di una norma che limitasse in assoluto il numero dei cacciatori senza alcun riferimento alla consistenza faunistica, così come la legge consente di prevedere.
Però penso che almeno sotto un certo profilo il problema debba essere affrontato, come legge, se volete, come soluzione provvisoria, come soluzione di breve momento per incominciare a controllare la situazione.
E' stata da qualche parte prospettata la possibilità di creazione di zone sperimentali. E' un vecchio discorso, che fu già proposto negli anni passati, che io ho riproposto con un emendamento a questo disegno di legge non legando la creazione di zone sperimentali al numero chiuso nelle zone medesime ma semplicemente ad un diverso tipo, ad una diversa scelta del cacciatore; il quale potrebbe essere libero di scegliere la zona in cui cacciare. Non vedo grossi inconvenienti in una generalizzazione del sistema o diffusione del sistema, anche in prospettiva, purché il regime di caccia sia uniforme in tutte le zone; quindi, non caccia praticata con regole diverse, ma praticata con le stesse regole in zone diverse, il che significa anche con scelta del tipo e della selvaggina da parte del cacciatore, ma non con modalità diverse. Nel primo anno, a mio avviso, si potrebbe anche non fissare alcun numero, così da poter constatare se per avventura non ci sia una automatica, spontanea distribuzione dei cacciatori tra una zona e l'altra, riservandosi di intervenire in un secondo tempo, se del caso, una volta accertato come questa soluzione trovi rispondenza nella realtà in relazione al territorio e alla consistenza faunistica.
Forme sperimentali di questa natura, a mio avviso, non urtano né contro il disegno di dare una soluzione organica ed omogenea a tutta la Regione né contro i limiti costituzionali, che non consentono l'erezione di barriere protezionistiche intorno ai confini di una regione, ma permettono la manifestazione di capacità anche di autogestione delle diverse zone della Regione, che, per esempio, potrebbe manifestarsi anche in quella produzione autoctona della selvaggina che zone limitate possono mettere in cantiere, sulle quali si possono impegnare perché lo sentono come problema loro, come fatto direttamente legato al loro territorio, e sulle quali potrebbero essere sensibili anche i Comuni, oltre alle associazioni venatorie di base. I Comuni potrebbero essere coinvolti addirittura nella gestione, o comunque negli eventuali realizzi di questa gestione, in questo modo saldando nei fatti gli interessi dell'agricoltura, e più in generale delle Comunità locali, con gli interessi del mondo venatorio e della caccia. Soprattutto in relazione a questa proposta chiederei ancora alla Giunta e all'Assessore di voler rimeditare, se possibile, l'emendamento a tal fine proposto.
Penso che questo dibattito non sia stato inutile, e, nonostante alcune polemiche che ci sono state, sia stato proficuo. Abbiamo la consapevolezza che sia stato fatto un lavoro anche di un certo impegno da parte della Giunta, con la elaborazione di questo disegno di legge; però ci rendiamo tutti conto della sua necessaria provvisorietà, del fatto che non abbiamo tracciato norme definitive ma abbiamo cercato di cominciare a dare alcuni indirizzi alla caccia in Piemonte; indirizzi che, tra l'altro, io penso i cacciatori, al di là del malumore per le norme severe, al di là di qualche problema che merita ancora una riconsiderazione, finiranno con l'accettare proprio perché i cacciatori sanno che attraverso la loro autodisciplina potranno vincere la loro battaglia contro chi della caccia chiede la soppressione. Perché i cacciatori sanno che, per poter imporre il loro punto di vista legittimamente nei confronti delle altre componenti della società che la caccia non vogliono, devono accettare una serie di limiti, e sono, per quanto mi risulta, disposti a farlo.
Però, questo disegno di legge, ripeto, non esaurisce il discorso sulla caccia in Piemonte. C'é una battaglia da condurre per la riforma del Testo Unico sulla caccia, che ci deve trovare in prima fila; ci sono norme di comportamento nella gestione della caccia che devono essere tenute presenti: per esempio, le norme di cui all'art. 20, che esigono un controllo continuativo da parte della Regione sullo svolgimento e sull'andamento della stagione venatoria per fare anche degli interventi d'urgenza qualora fosse necessario. Ad esempio, esiste un problema, che ha sollevato l'ordine del giorno del collega Bono, cioè di controllo delle riserve, per verificare se rispondano sempre, in ogni momento, ai requisiti di legge, e quindi per stroncare non tanto l'istituto riservistico in s (il che non rientra nelle nostre competenze), ma la riserva speculativa che viola le norme stesse per le quali il testo unico prevede la possibilità di istituire delle riserve. E' dunque una legge che segna una svolta importante, ma che dovrà essere seguita da compartimenti e da atteggiamenti conseguenti per dare dei frutti positivi, direi non solo per i cacciatori ma per l'intera comunità regionale.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Garabello. Ne ha facoltà.



GARABELLO Enzo

Signor Presidente, rilevo innanzitutto che è da ascrivere a merito della Giunta l'aver affrontato il tema della caccia, pur sapendo bene che si tratta di un argomento scottante, a proposito del quale è più facile farsi dei nemici che degli amici. Certamente, se tutti votassimo seguendo il nostro istinto, molto probabilmente in questo Consiglio tanto la legge quanto la stessa sopravvivenza della caccia incontrerebbero un destino ben triste, ed io mi troverei senz'altro dalla parte di coloro che lo renderebbero triste. Però, in argomenti di questa importanza non ci si pu limitare alla espressione dei propri punti di vista personali, perché così non faremmo gli interessi delle popolazioni e della nostra comunità regionale: senso di responsabilità, comprensione per la passione sportiva di 110 mila piemontesi ci impongono di evitare di assumere atteggiamenti radicali ai quali per tendenza personale potremmo essere portati.
E' opportuno, ripeto, che la legge sia stata approntata: ci pare che essa sancisca delle restrizioni opportune, anche se forse non ancora sufficienti, sia in difesa della fauna sia in difesa dell'agricoltura, sia in difesa dell'ambiente dal punto di vista ecologico. Però, è un primo passo avanti rispetto ad un regime parecchio indifferenziato, pur senza dimenticare i riferimenti fatti dal collega Calsolaro a situazioni prospettate da leggi di altre Regioni, certamente più permissive di quelle che noi oggi esaminiamo. Quindi, questo discorso non può essere disatteso e ci pare, almeno mi pare, di dover rimarcare il carattere sperimentale che lo stesso Assessore, e quindi penso la Giunta, come ricordava il relatore Cardinali, ha inteso attribuire a questo primo provvedimento.
Indubbiamente, i problemi che rimangono aperti sono enormi. Io non mi addentro in quelli specifici della caccia, che non conosco a fondo, ma qualcuno di noi, che è cacciatore, ha già provveduto, a prospettarli nei termini in cui li vedono i cacciatori. A me pare che noi dobbiamo soprattutto fare un'apertura sperimentale sui compiti che l'Ente pubblico ha nei confronti di questo problema, sempre relativamente ai doveri di difesa della fauna, dell'ambiente, dell'agricoltura e via dicendo.
Nel suo discorso, il collega Calsolaro ha svolto argomentazioni di indubbio rilievo per chi sia già tendenzialmente dubbioso sulla opportunità della caccia. Alcuni, però, meriterebbero forse, proprio attraverso una sperimentazione, maggiore approfondimento, perché attengono direttamente a certi principi dai quali non possiamo astrarci, soprattutto al significato comunitario che certi beni, compresa la fauna, compreso l'ambiente in particolare, hanno in rapporto al problema. Rispetto all'ordine, del giorno che egli ha presentato io preannuncio la mia astensione, motivata da un lato dal desiderio di non voler bloccare il provvedimento proposto dalla Giunta (perché l'ordine del giorno è pregiudiziale mentre io ritengo che quanto meno il documento Calsolaro non debba essere posto in termini così drasticamente alternativi) per non lasciar cadere gli elementi positivi che tale legge contiene, e dall'altro dalla considerazione dello stato d'animo di coloro che sono preoccupati per le distruzioni sia in fatto di fauna sia, più generalmente, in fatto di ambiente ecologico, che la caccia indiscriminata, e probabilmente in parte anche una caccia controllata comporta. La legge, ripeto, ha un significato concreto positivo, di sviluppo, se è vista veramente in termini chiaramente sperimentali, tal che al momento in cui faremo una revisione di questa situazione, ciascuno di noi, responsabilmente, se lo riterrà opportuno, potrà anche ritirare una adesione che viene data con certe riserve, qualora non risultasse che la legge ha prodotto effetti positivi in questo settore.
Rispetto al discorso che ha fatto il collega Bono ad illustrazione dell'ordine del giorno da lui presentato, particolarmente in relazione al problema delle riserve, esprimerò voto contrario, che ritengo però di dover far precedere da una motivazione. Non si tratta di un voto contrario dovuto ad incomprensione della sostanza di certi argomenti che il Consigliere Bono ha portato avanti e che secondo me debbono essere ben presenti nelle nostre determinazioni (forse più quelle di prospettiva, di sperimentazione, che non quelle di questa giornata in cui votiamo la legge). Siamo tutti convinti, anche coloro che non sono esperti del settore, che certe riserve quelle che Simonelli definisce speculative e che, a mio avviso, spesso hanno ben poco a che fare con la passione sportiva, della gran parte dei cacciatori, inducono ad una revisione di tale istituto per procedere gradualmente ad una sua nuova regolamentazione. Però la legge, tutto sommato, presenta elementi positivi - che sono stati rimarcati dallo stesso collega Bono - anche sotto questo punto di vista, pure se, partendo dall'attuale sistema venatorio, considera certe forme di riserva, e io penso che noi dobbiamo operare affinché vengano mantenute, se mai, le forme di riserva di tipo consortile, che assumono significati diversi da quelle di natura squisitamente e strettamente privata, in particolare se speculativa. Però penso che questo problema debba essere mantenuto aperto: mi pare che i tempi non siano ancora maturi per una determinazione drastica in questo senso, ma che la questione debba essere tenuta presente per la nostra azione successiva. Se partiamo da un presupposto di natura sportiva è necessario, ripeto, che siano favorite tutte le forme sportive della caccia, e che sia invece posto un limite a quelle che con lo sport hanno poco a che spartire. Pertanto, anche questi aspetti positivi che rileviamo nel documento presentato dal collega Bono devono essere tenuti presenti in una visione sperimentale della legge.
Annuncio pertanto voto positivo al complesso della legge. Se vi saranno emendamenti che siano effettivamente migliorativi questi potranno essere accolti, però avendo ben presente questa riserva: se da un lato vi sono tanti cacciatori, della tutela dei cui interessi dobbiamo giustamente preoccuparci, dall'altro vi è una larghissima maggioranza della popolazione che, se sondata, si pronuncerebbe senz'altro in senso contrario alla caccia.
La legge di questa sera, pertanto, signor Assessore, Colleghi della Giunta, va vista non soltanto come uno strumento statico, che pure ha elementi positivi, ma come un elemento dinamico, per una politica dell'ambiente in cui la caccia, se collocata utilmente, può diventare un elemento non negativo. Se la legge ci darà queste garanzie, la sperimentazione ce lo farà anche conoscere, toccare con mano. In questo senso vorrei che fosse colto questo aspetto dinamico, nuovo, innovatore che la legge di per sé porta, ma soprattutto la volontà politica che l'accompagna.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Bianchi, ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Un breve intervento signor Presidente e signori colleghi, anche per dichiarazione di voto, al fine di ridurre i tempi che sono già lunghi di questa discussione.
Il quadro giuridico nel quale siamo chiamati ad operare e a discutere su questa materia, è assolutamente assoggettabile a fiere critiche ed io penso che basti leggere il primo comma dell'art. 2 del disegno di legge Natali per vedere quali tipi di salti di qualità devono essere fatti per dare una conseguente disciplina alla materia stessa.
La fauna selvatica italiana costituisce patrimonio comune di tutti i cittadini. Se l'attuale ordinamento giuridico, se l'attuale stato della legislazione fosse improntata a questo principio evidentemente la discussione, la stessa elaborazione della legge regionale e così via sarebbe totalmente diversa.
Io auspico, a titolo anche personale, ma credo lo si possa auspicare non solo a titolo personale, che sia prossimo, rapido questo salto di qualità che è atteso.
Nell'economia invece della legislazione attuale, nella quale si colloca il disegno di legge della Giunta che qualcuno ha meglio definito come un regolamento che assume dignità di legge a significare l'attenzione che viene portata a questo argomento, sono contenuti come tendenza e come una soluzione una serie di indicazioni positive che ci portano ad anticipare la nostra dichiarazione di voto favorevole.
Naturalmente, quando si affronta una tematica così controversa come quella della caccia, è già implicito dalle premesse quale sia il mio atteggiamento personale di fronte a questo problema, le passioni si accendono e anche le intelligenze diventano acute a trovare i motivi di dissenso e di contestazione.
A questa legge sono state fatte, da coloro che la caccia esercitano e che sui problemi della caccia esercitano la propria intelligenza, anche una serie di appunti, o meglio, questa legge ha fornito il momento per la collocazione di suggerimenti, indicazioni e di richieste. Queste richieste sono in gran parte valide in sé, ma a seguito della discussione che in questi giorni si è condotta anche fuori dell'aula, si è raggiunta la convinzione prevalente che siano valide la maggior parte più de jure condendo, più in prospettiva di una legislazione che possa fondarsi basi e principi, che non nella veste stretta nella quale la Regione oggi è chiamata ad operare.
E direi che anche sotto questo profilo, nel formare una coscienza su questi problemi, nell'aggiornare e rendere più omogenea la preparazione anche di coloro che sono stati fino a ieri molto lontani dall'attenzione per questi problemi, questa giornata è stata estremamente utile perché si tratta di una competenza regionale, che credo soltanto un momento passionale può aver portato a contestare, competenza nella quale la Regione approfondirà i propri poteri e li estenderà e non certo li vedrà ridotti in prospettiva. Del resto noi possiamo qui affermare che opereremo perch questa competenza di tipo costituzionale sia ricoperta in tutta la sua ampiezza.
Le osservazioni che vengono sollecitate dallo sviluppo di questa attività sportiva a livelli di massa, non possono essere contestate dal punto di vista razionale e logico; il fatto di masse di cacciatori che possono concentrarsi, invadere territori arrecando il duplice danno delle presenza e del modo della presenza fisica e il danno rispetto alla consistenza dell'esistenza faunistica, sono fatti che l'esperienza anche di noi cacciatori hanno qualche volta toccato con mano nei loro aspetti clamorosi.
Quali i modi più efficaci, più corretti per rispondere a queste obiezioni, per dare una soluzione a questi problemi? Secondo la mia modesta opinione personale le soluzioni vere, definitive, radicali stanno a monte in una diversa soluzione, in una diversa impostazione del problema nell'ambito di questo ordinamento giuridico, di questo stato della legislazione è certamente difficile giungere a certe forme di limitazione che devono trovare un loro temperamento nell'esercizio di quelle facoltà discrezionali che riconoscono l'esistenza di particolari condizioni della nostra Regione che, come è stato detto, è la Regione di immigrazione e qualche volta di invasione di cacciatori che sentendosi quasi fuori del proprio ambiente, si lasciano andare, ancorché forniti di educazione originaria, a momenti di libertà che incidono fortemente sull'uso e l'esercizio di questo sport così definiti che ha anche i suoi aspetti positivi.
E' vero che i cacciatori autentici possono svolgere anche un'azione parallela o concorrente all'affermazione di alcuni principi naturalistici alla difesa di interessi naturalistici, però è una tendenza limite che potrà essere meglio organizzata in un altro contesto. Io ho sentito parlare sempre di fauna, ho sentito citare le capinere; sappiamo tutti che la fauna viene allevata e poi immessa, quindi nessuno e preoccupato della salvezza di queste specie, e che nel contesto dell'esercizio della caccia, così come viene effettuato, senza limitazioni, senza adeguati controlli, senza condizionamenti che devono essere commisurati alla vastità che il fenomeno ha assunto e che invece si è dimostrato essere impotenti, anche dal punto di vista legislativo, a condizionare, vi sono poi tutte le altre specie che, anche per effetto della caccia e qualche volta di altre cose vengono a subire un grave attentato.
Ho sentito parlare di riserve. Direi che questo problema, se si prescinde dalla titolarità, consideriamo che la titolarità può essere attribuita nei modi migliori, secondo una visione sociale e particolare, la più aggiornata, la più moderna, prescindiamo dall'abuso e dalla speculazione, consideriamo la riserva in sé, essa è, a mio giudizio perfettamente funzionale rispetto a questo sistema giuridico.
Quindi coloro che affermano che non è da riformare all'origine, a monte il sistema della caccia, la definizione della fauna, la sua disciplina e così via, non possono non essere favorevoli alla riserva in sé, sono un rapporto che è perfettamente funzionale a mio modesto avviso. Quindi si pu essere contro le riserve, ma allora bisogna essere contro la caccia così come viene concepita, esercitata e i mezzi di tutela della fauna così come sono concepiti ed esercitati oggi. Questo come discorso al limite, per sgombrarlo da aspetti più o meno passionali, o demagogici o di prese di posizione di principio.
Concludendo, noi non possiamo non riconoscere che la Giunta ha elaborato un disegno di legge molto ampio che segnala la Regione Piemonte tra le Regione che affrontano con aggiornati criteri questo problema, il principio della caccia controllati, non possiamo non rilevare che malgrado questo intento la serie di provvedimenti che gli altri colleghi hanno ricordato sono positivi, che ciò malgrado restano insoluti alcuni problemi della limitazione, del modo di commisurare le presenze fisiche dei cacciatori rispetto e alle dimensioni delle zone e alla presenza della fauna e alla sua tutela ed auspicare che l'esercizio dell'attività amministrativa e il margine di discrezionalità che è concesso dalla stessa legge con l'art. 20 possano essere utilizzate in questa fase di passaggio di sperimentazione come è stato detto, per ovviare a degli inconvenienti che non trovano soluzione solo sul terreno giuridico, ma trovano le soluzioni anche sul terreno del buon senso, dell'adattamento dell'utilizzazione degli strumenti e degli istituti giuridici da parte degli uomini perché queste cose devono essere calate nella realtà.
Per questa volta quindi faremo violenza delle nostre tendenze personali che possono portare a vedere con notevole simpatia molte delle indicazioni e formulazioni che il collega Calsolaro si è fatto carico di portare qui e con realismo doveroso ci atteniamo al quadro nel quale siamo collocati e in questo daremo il voto favorevole alla legge presentata dalla Giunta con l'eventuale votazione di qualche piccolo emendamento che serve ad accentuare alcune delle indicazioni che ho modestamente fornito.



PRESIDENTE

Qualcuno chiede ancora di parlare? Nessuno? La discussione generale è chiusa, darei la parola all'Assessore Debenedetti per la replica.



DEBENEDETTI Mario, Assessore alla caccia

Signor Presidente, signori Consiglieri, cercherò di essere breve anche perché l'ora me lo impone e confesso che alla Giunta preme che si proceda alla votazione della legge quanto prima possibile.
Anzitutto devo ringraziare doverosamente il Presidente ed i componenti della VII Commissione per l'apporto veramente notevole ed obiettivo che hanno dato al lavoro fatto dalla Giunta, introducendo miglioramenti e suggerimenti che peraltro ci hanno consentito di rivedere certi aspetti del problema e che ci hanno portato ad un consenso che riteniamo si sia poi tradotto in elementi migliorativi del progetto originario della Giunta.
Detto questo vorrei fare subito una constatazione, anche se mi pare superflua. In tema di caccia ci si trova a spaziare in confini politicamente non ben definiti nel senso che non ci sono rigidi schieramenti di partito: individuandole come corrente dei "cacciatori" contrapposta, ed altre di non cacciatori. Ma ritengo che il dibattito di questa sera, pur nell'evidente, grosso divario di opinioni, abbia evidenziato quanto il presidente della Commissione collega Cardinali ha enunciato nella sua relazione al Consiglio, che cioè questa legge si pone come una linea retta mediana suscettibile di qualche curvatura in una direzione piuttosto che nell'altra, ma che recepisce soprattutto le esigenze di fondo per dare una prima, sia pure provvisoria regolamentazione alla caccia nella nostra Regione.
Ritengo sia superfluo ripetere quanto è contenuto nella relazione della Giunta - che è stato peraltro ricordato da tutti - e cioè che questa non può essere considerata, né ha le pretese di esserle, una legge di strutturazione nuova e definitiva dell'esercizio venatorio, ma ha dei limiti ben precisi che ci sono imposti anche dalla situazione giuridica nella quale ci troviamo ad operare: in assenza di legge quadro e con un T.U. che è legge dello Stato si dovevano definire anzitutto i limiti entro i quali fosse consentito un intervento legislativo regionale al fine di stabilire una normativa che da un lato si ponesse sul piano della correttezza giuridica e dall'altro enunciasse alcune indicazioni di massima della politica venatoria che si intende attuare nella Regione Piemonte.
Io credo che questi elementi siano stati correttamente ravvisati da quasi tutti i colleghi intervenuti nel dibattito; è stata giustamente evidenziata la difficoltà di carattere giuridico, in assenza di legge quadro, ad affrontare la materia: effettivamente le maggiori difficoltà nel predisporre un progetto di legge sulla caccia oggi sono costituite non tanto dal merito della regolamentazione, quanto dalla valutazione dell'aspetto giuridico, cioè dalla liceità della normativa in relazione al rispetto di norme del T.U. che possono essere ricondotte ai principi fondamentali desunti dalla legislazione vigente, al fine di individuare i margini entro i quali operare.
Ed allora la scelta di fondo che è stata fatta, in questo contesto, è proprio quella di estendere tutto il territorio della Regione a regime di caccia controllata, al fine di trovare un ancoraggio giuridico, a mio avviso valido, per introdurre una normativa diretta sostanzialmente a realizzare quelle tre linee di tendenza enunciate nella relazione della Giunta e cioè: contemperamento delle diverse esigenze della tutela delle colture agricole, dell'ecologia e dello sport venatorio.
Sono previste delle limitazioni dell'esercizio venatorio è vero caro Gerini, ma devo subito dire che forse sono state malintese o, come ha fatto il Consigliere Bono, sono state erroneamente interpretate in senso punitivo nei confronti dei cacciatori: penso invece che tali limitazioni abbiamo un senso più profondo che alla fine si traducono in una normativa obbligata per trovare uno spazio per la sopravvivenza all'esercizio venatorio.
Non sto a fare il grosso discorso, che peraltro è affiorato in tutti gli interventi che mi hanno preceduto della estrema necessità di vedere oggi il problema della caccia avulso dal semplice fatto sportivo del cacciatore, ma collegato ad un più ampio contesto riconducibile alla esigenza di una politica della tutela dell'ambiente, alla tutela ecologica e anche, come è stato ripetutamente evidenziato nel progetto di legge, alla tutela delle colture agricole.
In questa situazione credo che le doglianze dell'amico Gerini, che peraltro, da buon cacciatore, era forse per dovere di....coscienza tenuto a fare, debbano essere ridimensionate e (come del resto molto onestamente ha fatto) ricondotte al senso di responsabilità che deve investire ciascuno di noi quando si affrontano questi problemi che non hanno visto in modo esclusivamente settoriale, o di interessi specifici di una categoria di cittadini ancorati alla individuazione di finalità di interesse generale.
Il collega Gerini ha anche accennato ad un problema, poi ripreso da altri, al quale credo valga la pena di dedicare qualche considerazione: il numero dei cacciatori e, secondo alcune logiche, la necessità di limitarlo con una normativa discriminante.
La cosa non è così semplice anzi - ed ecco l'assurdo della situazione questo problema lo pongono soprattutto alcuni cacciatori i quali dimenticano che la stragrande maggioranza dell'opinione pubblica si chiede perché i cacciatori continuino ad aumentare quando l'impiego del tempo libero potrebbe essere dedicato anche ad altre attività. Con questo non intendo assolutamente condannare lo sport della caccia, "absit iniuria verbis": come Assessore alla caccia non posso permettermi tale licenza....
ma penso che sotto la richiesta di limitazione del numero dei cacciatori si nascondano delle pretese particolaristiche di voler creare delle situazioni di privilegio a danno di altri che praticano lo stesso sport.
Ritengo che una caratteristica di rilievo delle nuove normative proposte è proprio quella che ha portato all'uniformità di regolamentazione e che ha eliminato alcuni inconvenienti esistenti nel territorio piemontese, con le cosiddette "zone particolari" di caccia riservate ad un numero ristretto di cacciatori e che hanno dato adito a gravi critiche, a questioni di legittimità e di contestazione; non per nulla l'anno scorso ci siamo trovati di fronte addirittura ad interrogazioni parlamentari, a interventi del commissario di governo, a ricorsi nell'ambito dello stesso territorio piemontese di associazioni venatorie contro le decisioni del Comitato caccia di alcune province. Si tratta di interessi contrastanti derivanti, secondo me, dal fatto che non c'era uniformità di regolamentazione. Ma non dobbiamo dimenticarci, che intanto non è valido l'esempio dello stadio, del cinema, dove va solo chi è provvisto di biglietto: il cacciatore è munito di licenza, indipendentemente dal tesserino regionale, che gli viene rilasciata dall'autorità statale, per la quale corrisponde la tassa dovuta e che gli dà diritto ad esercitare la caccia. Se in Piemonte abbiamo esteso il regime di caccia controllata - e quindi non esistono più zone di caccia libera - mi chiedo come un titolare di licenza munito del tesserino Regionale possa legittimamente essere escluso dal praticare l'esercizio venatorio senza contrastare un principio fondamentale di diritto......
La legge poi fa dei riferimenti precisi nella normativa che riguarda il regime di caccia controllata e dice chiaramente che le limitazioni che si possono porre in regime di caccia controllata sono limitazioni di tempo, di specie, di luogo, di carniere, ma non fa alcun riferimento (si direbbe che lo esclude) alla limitazione soggettiva; infine, afferma in termini chiari che "tutti i titolari di licenza possono accedere, a parità di diritti e di doveri, alle zone di caccia controllata".
Lo stesso concetto è ripetuto nel regolamento ministeriale, agli artt.
3 e 5 dove si dice che i regolamenti dei Comitati provinciali della caccia possono in particolare zone proporzionare l'esercizio venatorio alle possibilità faunistiche; ma da questo non deriva automaticamente che si possa ritenere legittima una limitazione, tout court, del numero dei cacciatori. Certo il problema è grave perché l'aumento dei cacciatori e la riduzione dello spazio utile alla caccia provoca uno squilibrio preoccupante. Mi auguro che la legge quadro ci consenta di muoverci in un ambito più ampio, senza i vincoli della legislazione vigente e che consenta alla Regione di ristrutturare tutta la materia, realizzando un'organizzazione che potrebbe essere totalmente diversa da quella che oggi .
L'amico Calsolaro ha saputo molto bene, e con argomenti convincenti illustrare l'emendamento da lui proposto; ci sono delle considerazioni valide, ma mi permetto di obiettare che l'abolizione o la sospensione dell'esercizio venatorio deve essere vista come un provvedimento di carattere eccezionale, con motivazioni legittimamente valide se non vogliamo contrastare il T.U. della legge dello Stato. Mi scuserai se mi riferisco sempre al T.U., ma devi darmi atto che questa è una realtà della quale dobbiamo tener conto.
Mi ha fatto estremamente piacere l'avere sentito dal collega Calsolaro evidenziare quello che è bene sia stata detto in questo Consiglio e che riguarda l'atteggiamento assunto dai Comitati caccia nei confronti della Commissione consiliare, atteggiamento di contestazione globale alla Regione nel senso che essi lo ritenevano non solo incompetente sul piano tecnico e legislativo ma addirittura un organo che non avrebbe neanche dovuto affrontare la materia perché in mancanza di legge quadro la situazione doveva rimanere quale era. Ha fatto bene quindi il collega Calsolaro a evidenziarlo in questa sede, anche perché attraverso questa esperienza penso che tutti i Consiglieri abbiano preso coscienza di una realtà che purtroppo è in atto: la Regione viene spesso chiamata in causa quando si tratta di scaricare su di essa responsabilità che non ha, mentre si contestano le competenze che le sono proprie.
Posso anche essere d'accordo con Calsolaro quando parla di "repubbliche venatorie" (ecco perché la premessa che ho fatto acquista particolare rilievo) e ritengo che un elemento di fondo sia quello di dare una normativa di uniformità, al fine di evitare che si vengano ad ingenerare delle piccole, autentiche "repubbliche venatorie".
E passo ai rilievi mossi dal collega Bono. Primo argomento: riserve. Ho letto l'ordine del giorno Bono-Calsolaro-Cardinali e mi permetterei di fare intanto una prima osservazione: sono stato definito una volta, da un collega della VII Commissione, un "legale cavilloso"; sarà un complesso al quale non riesco a sottrarmi, ma mi pare che anche qui ci sia una cosa importante da precisare. Quando si dice che il Consiglio Regionale impegna la Giunta a non concedere altre autorizzazioni all'istituzione di nuove riserve, o a operare affinché le riserve che perverranno alla naturale scadenza della concessione non siano più rinnovate, sono di nuovo costretto a fare un richiamo alla legislazione vigente: non è questa materia di competenza della Giunta Regionale, ma è una specifica ed esclusiva competenza che la legge demanda chiaramente e senza ombra di equivoco ai Comitati provinciali della caccia. Quale è la competenza della Regione in merito?: di giudicare gli eventuali ricorsi avverso le deliberazioni dei Comitati caccia: ma - e questo è importante - in quella sedete Giunta Regionale non fa delle scelte politiche, bensì diventa un organo giudicante sulla base della legge, delle documentazioni, della istruttoria della pratica; quindi è una decisione di ricorso gerarchico nella quale ovviamente non può assolutamente essere introdotta alcuna scelta politica.
Questo ho voluto precisarlo perché mi sembra un'argomentazione che va tenuta presente, a scanso di equivoci: ed è del resto opportuno che tutti ne siano consapevoli. La decisione spetta ai Comitati caccia; in sede di decisione di ricorso la Giunta Regionale è organo giudicante che deve attenersi alla legge. E la legge oggi è quella che è: un conto è esprimere una tendenza verso l'abolizione delle riserve, verso una ristrutturazione globale del settore della caccia (e in questo contesto ci può stare anche l'eventuale abolizione delle riserve) altra cosa è esprimere un impegno preciso, categorico, formale che mi pare non sia pertinente con le nostre competenze.
Si è detto che questo disegno di legge non dà sufficiente rilievo o sufficiente esaltazione alle associazioni venatorie: direi proprio il contrario, perché, dove è pertinente il disegno di legge fa riferimento alla collaborazione che le associazioni venatorie possono prestare ai Comitati caccia. Noi non possiamo fare espresso riferimento alle singole libere associazioni perché in base alla sentenza della Corte Costituzionale oggi c'é libertà di associazione e nulla vieta di ipotizzare che fra qualche anno le associazioni venatorie possano aumentare o diminuire.
Quindi anche questo è un argomento che va ponderato: un conto è possedere contatti di partecipazione, altra cosa è istituzionalizzare delle associazioni venatorie libere al punto di farle diventare soggetti non dico di deleghe, ma quasi di esercizio di potere pubblico; questo sarebbe veramente un discorso pericoloso.
I divieti: ho già detto che sono stati messi non per punire i cacciatori, ma per quelle finalità cui avevo accennato all'inizio; sono divieti che hanno una logica e che tendono a trovare uno spazio valido sufficiente per un legittimo esercizio dello sport venatorio. Abbiamo anzi la consapevolezza che i cacciatori più responsabili li accettano, quindi non sono punitivi, tutt'altro.
Caccia alla selvaggina migratoria. Certo, non può essere messa, a mio avviso, sullo stesso piano della caccia alla selvaggina stanziale protetta per quest'ultima c'é la fase di ripopolamento che consente di salvaguardare non solo le specie, ma addirittura di incrementarle al punto a volte da esasperare i contadini che si vedono compromessi i raccolti. Ritengo sia una questione di sensibilità, di civismo quello di preoccuparsi di tutelare in modo speciale la selvaggina migratoria.
Costo del tesserino. Abbiamo visto come in Consiglio ci siano tendenze opposte: troppo caro per gli uni e per gli altri troppo esiguo rispetto agli introiti che sarebbero necessari per assolvere la finalità di ripopolamento che con questa legge perseguiamo; noi abbiamo scelto una via mediana perché già gli anni scorsi i cacciatori pagavano 10.000 lire il tesserino per una sola provincia: va precisato che se il cacciatore voleva accedere nelle zone di caccia controllata delle altre cinque province doveva prendere altri cinque tesserini e pagare altre 50.000 lire. Oggi con un versamento di 20.000 lire praticamente si può cacciare in tutto il territorio della regione.
Ho scritto questa annotazione: la caccia cosiddetta all'aspetto non è uno sport. Tu carnefice Bono ti sei lamentato perché abbiamo ridotto gli orari, in modo da eliminare la caccia all'aspetto. Posso dirti con estrema franchezza, e ti prego di credermi, che tutti i cacciatori con i quali ho parlato mi hanno raccomandato di intervenire in modo da evitare questa forma di bracconaggio che non ha nulla di sportivo; diciamo la verità arrivati ad una certa età uno sport che non è più consentito non si pratica.
L'intervento del collega Vera ha soprattutto evidenziato le finalità che questa modesta legge si propone, finalità che non sto a ripetere e che pur nella loro limitatezza nel senso di provvisorietà e nel senso di sperimentazione, indicano chiaramente alcune linee di tendenza che noi riteniamo estremamente valide.
L'intervento di Carazzoni merita una precisazione a parte. I compiti ai Comitati caccia: mi pare sia affiorata una preoccupazione derivata dal fatto che ai Comitati caccia si vorrebbero attribuire dei compiti ai quali poi finanziariamente non riescono a far fronte. Ma non è che i Comitati caccia introitino esclusivamente i proventi del tesserino: basterebbe fare riferimento all'art. 92 del T.U. dove si dice che "il provento proveniente dalle soprattasse viene distribuito dalle amministrazioni provinciali in ragione del 40%, ed il 45% di nuovo alle amministrazioni provinciali in relazione all'importanza faunistica del territorio". Si tiene conto cioè anche dell'importanza faunistica del territorio: del resto questo è un criterio che già abbiamo adottato nella ripartizione dei fondi indipendentemente dall'introito del tesserino regionale. Ci sono due criteri: uno di carattere puramente territoriale e l'altro che fa riferimento all'importanza faunistica della singola provincia.
Io credo che con questo congegno l'amministrazione regionale possa intervenire in modo da soddisfare queste esigenze. Può darsi, anzi, sarà sicuramente necessario che, se vorremo attuare uno dei punti più qualificanti del nostro programma (quello di migliorare il servizio di sorveglianza) dovremo fare degli investimenti ad hoc, ma nulla vieta che nel bilancio regionale si deliberi uno stanziamento idoneo indipendentemente dal gettito dell'introito del tesserino regionale.
Non c'é quindi nessuna compromissione per l'attività dei Comitati caccia. Direi di più, che anche la quota che si è riservata l'amministrazione regionale non è che per legge si imponga di spenderla direttamente: si è' riservata la facoltà di farlo, ma nulla vieta che si possa devolverla ai Comitati caccia.
In questo quadro mi pare che quel tipo di preoccupazione dovrebbe cadere.
Mi fa piacere che Simonelli abbia colto un aspetto particolare di questa legge, cosa che non era stata fatta da nessun altro Consigliere.
"Con questa legge (cito le sue parole) si dà un primo grosso colpo alle riserve di speculazione"; e ne ha dato anche una motivazione ancorata a fatti precisi, a constatazioni che è facile verificare in relazione alla normativa proposta.
Per quanto riguarda la limitazione del numero dei cacciatori e delle istituzioni di zone sperimentali, credo di aver già detto, sia pure telegraficamente, il mio personale punto di vista.
Ho apprezzato in modo particolare l'intervento del collega Garabello il quale ha definito questa legge "un momento dinamico" che ci porta ad una normativa, ad una regolamentazione più completa accettando come validi (questo è importante) i punti fondamentali, l'ottica che ci ha guidati nella formulazione di questa prima provvisoria normativa.
Lo stesso mi pare si possa dire dell'intervento del collega Bianchi.
A questo punto rendendomi conto dell'ora tarda e della esigenza di passare immediatamente alla votazione, vorrei aggiungere una semplice considerazione: siamo noi i primi ad essere consapevoli che con il nostro lavoro non abbiamo risolto tutti i grossi problemi che stanno sul tappeto: regolamentazione della caccia inserita nella tutela dell'ambiente, esigenza della tutela dell'agricoltura ecc.
Non abbiamo la presunzione di avere presentato un disegno di legge perfetto, abbiamo però la certezza di avere dato alcune indicazioni e di avere espresso delle linee di tendenza, se così si può dire, che dovrebbero muoverci nella formulazione di una definitiva politica venatoria della Regione Piemonte. Quello che si è fatto lo si è fatto con la convinzione di non servire a interessi settoriali, ma di sentire e di trasferire in questo Consiglio le esigenze della collettività regionale, esigenze che vanno spesso in direzione opposta e che peraltro - ecco il punto conclusivo meritano (ed è questo il nostro compito) un adeguato contemperamento.



PRESIDENTE

La discussione generale è così conclusa. Dovremmo passare adesso all'esame dell'ordine del giorno pregiudiziale, lo debbo considerare così perché è scritto così, del Consigliere Calsolaro, e poi all'altro ordine del giorno Bono - Cardinali - Calsolaro.
Faccio presente all'assemblea che sono 24 gli articoli della legge, che richiedono ciascuno una votazione, che impegna dieci minuti, quindi sono 240 minuti, ai quali vanno aggiunti altri 10 minuti per la votazione della legge, il che significa più di quattro ore. Ci sono dodici emendamenti che vengono ad aumentare, ovviamente, il tempo di impegno di discussione. Io sono disponibile per andare alla fine questa sera, ma bisogna che il Consiglio sia altrettanto disponibile. Faccio notare che nel corso di questo periodo avrò bisogno di chiedere qualche sospensiva perché sono senza i vice presidenti e loro terranno conto che io sono seduto qui costantemente, sempre.
Decida quindi il Consiglio o, se credono, facciamo una riunione dei capigruppo per vedere l'eventuale aggiornamento della votazione.
Vogliono venire i capigruppo da me? Va bene.
La seduta viene sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 21,25, riprende alle ore 21,40)


Argomento:

Ordine del giorno della prossima seduta


PRESIDENTE

La seduta è riaperta. I presidenti di gruppo hanno convenuto sull'opportunità di non passare questa sera alla votazione degli articoli e pertanto l'argomento verrà trattato nella seduta di giovedì 12 che sarà convocata per le ore 9,30 con la viva preghiera a tutti di essere presenti in aula alle 9,30. Non si darà corso né ad interpellanze né ad interrogazioni, si procederà immediatamente alla prosecuzione dell'esame dell'argomento che impegnerà sicuramente fino alle 14. Al pomeriggio alle 16 riprenderanno i lavori per gli altri punti che sono all'ordine del giorno e cioè: approvazione verbali precedenti sedute; interpellanze e interrogazioni; comunicazioni del Presidente; non l'esame di proposta regionale n. 92 perché il Consigliere Besate mi ha detto che non sarà pronto e andrà invece al 19; esame di disegni di legge regionale n. 88 e 89 relativi rispettivamente a contributi degli oneri di esercizio delle imprese concessionarie di autoservizi di linea per viaggiatori e contributi per il rinnovo e l'efficienza del materiale rotabile alle imprese concessionarie di autoservizi di linea per viaggiatori; esame di proposta di deliberazione della Giunta Regionale circa la tutela sanitaria nei luoghi di lavoro; esame delle proposte di deliberazione della Giunta Regionale circa l'acquisizione de "La Mandria"; esame delle mozioni e ordini del giorno che erano già all'ordine del giorno di questa seduta.
Pertanto il Consiglio è convocato per le ore 9,30 e per le 16 del 12 luglio nell'aula del senato subalpino a Palazzo Madama.


Argomento:

Interrogazioni, interpellanze e ordini del giorno (annuncio)


PRESIDENTE

Debbo adempiere alla formalità consueta e informare che sono stati presentati oggi e verranno trasmessi nel testo integrale ai Consiglieri e alla Giunta: un ordine del giorno a firma Viglione - Bianchi - Berti - Ferraris Fabbris nel quale si ribadisce l'esigenza di predisporre organici interventi di riforma nei settori dell'assistenza sanitaria e sollecita le forze politiche, che partecipano alle trattative, ad inserire, con scelta prioritaria, nel programma di governo, la realizzazione delle forze suddette interrogazione del Consigliere Fonio il quale interroga il Presidente della Giunta e l'Assessore all'Agricoltura e l'Assessore alla Sanità per conoscere se sono noti i seri danni subiti ancora attualmente dalle zone collinari a viticoltura della provincia di Novara e per chiedere quali siano le provvidenze che si ritiene di prendere in proposito ordine del giorno Lo Turco - Viglione - Vera - Garabello che vuole impegnare la Giunta a prendere gli opportuni contatti con il Comune di Torino e l'Istituto Autonomo delle Case Popolari a contribuire con ogni mezzo a rendere necessario l'acquisto delle case del villaggio SNIA, come richiesto da tutti gli abitanti lavoratori SNIA e dalle organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL e SUNIA interrogazione con richiesta di risposta scritta dai Consiglieri Fabbris - Lo Turco - Rivalta relativa all'assegnazione del patrimonio ex GIL della Regione ed in particolare per il complesso dell'ex colonia di Bardonecchia interpellanza urgente dei Consigliere Marchesotti - Bono - Vecchione con la quale si interroga il Presidente della Giunta e gli Assessori competenti per conoscere quali provvedimenti siano stati assunti per la definizione dell'iter relativo all'affiorazione dell'acquedotto articolato in tre lotti di diramazione della frazione Faiallo di Pont Canavese interrogazione del Consigliere Giulio Cardinali al Presidente della Giunta e all'assessore competente per sapere se sono a conoscenza che l'ANAS è in procinto di attuare le circonvallazioni esterne alle località di Varallo e Borgosesia e se conoscono le soluzioni che vengono in merito proposte interpellanza urgente del Consigliere Menozzi per conoscere se il Presidente della Regione e l'Assessore all'Agricoltura sono informati della drammatica situazione che nelle zone interessate si è venuta determinando nei Comuni di Gabbiano, Camino, Pontestura, Monbello, Toniolo, San Giorgio ed altri a seguito dei danni subiti dagli operatori agricoli interrogazione del Consigliere Viglione che interroga il Presidente della Giunta e l'Assessore competente per conoscere quali iniziative la Giunta intenda assumere per contribuire alla costituzione del ponte sul fiume Stura nel tratto Castelletto Stura e Murazzo alla statale Cuneo Fossano interpellanza del Consigliere Viglione che interpella il Presidente della Giunta e l'Assessore - competente per sapere se la Giunta intende intervenire nei confronti della società che gestisce l'autostrada Torino Savona per far costruire, nell'ambito dei lavori di raddoppio, un casello in un certo punto interpellanza urgente del Consigliere Gerini che chiede di conoscere quali misure siano state adottate o stiano per adottarsi circa i danni patiti anche quest'anno dalle colture agricole nei Comuni di Camino Gabbiano e Monferrato interrogazione del Consigliere Gerini che interroga l'Assessore all'agricoltura per sapere se risponde al vero che in alcuni comuni dell'astigiano è in corso una procedura per delimitare l'intero territorio comunale da assoggettarsi a riserva tartufi, con esclusivo diritto di cerca a favore dei residenti dei comuni stessi ordine del giorno dei Consiglieri Nesi-Calsolaro-Fonio-Simonelli Viglione con il quale si auspica che in sede di Commissione parlamentare si giunga quanto prima all'approvazione di una nuova legge che stabilisca una scala di indennità agli amministratori locali, valutando equamente l'impegno degli amministratori secondo la grandezza dei Comuni e delle Province, risolvendo altresì il problema del trattamento previdenziale.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 22,50)



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