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Dettaglio seduta n.161 del 04/06/73 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE OBERTO


Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Informo che hanno chiesto congedo i Consiglieri Beltrami, Falco Franzi, Giletta, Giovana, Menozzi e Cardinali. Le richieste sono state tutte formalizzate per iscritto, e pertanto le accolgo. Questo va tenuto presente eventualmente ai fini del numero legale.


Argomento:

Approvazione verbale seduta precedente


PRESIDENTE

E' ora di approvare il verbale della seduta precedente, che è stato consegnato ai signori Consiglieri. Se non ci sono osservazioni o richieste di parlare in proposito lo metto in votazione: chi l'approva è pregato di alzare la mano.
Il verbale è approvato.
Non vi sono interpellanze e interrogazioni per cui sia pronta la risposta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio


PRESIDENTE

Passiamo al punto terzo dell'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente".
Oggi è stata presentata all'Ufficio di Presidenza una proposta di legge formulata dal Comune di Collegno a sensi dell'art. 51 dello Statuto regionale relativo a norme per l'esercizio delle funzioni previste nel Decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio '72 n. 3 di delega delle stesse agli enti locali e istituzione del Fondo regionale per la gratuità della scuola d'obbligo. L'Ufficio di Presidenza ha ricevuto il Sindaco di Collegno, che era accompagnato da sindaci di altri Comuni i quali stanno attualmente varando iniziative analoghe ed hanno fatto presente la grave situazione in cui si trovano, e peggio si troveranno, i Comuni nel settore dell'assistenza scolastica, sollecitando l'approvazione rapida della proposta da parte del Consiglio. L'Ufficio di Presidenza si è pronunciato circa la ricevibilità del testo presentato e circa l'ammissibilità della proposta, che pertanto ho assegnato in sede referente alla III Commissione competente, oggi stesso.
Il 30 maggio è stata presentata da 1473 pescatori dilettanti e cittadini che abitano sulle rive del Lago Maggiore una petizione per l'abolizione della pesca con le reti sulla riva bassa del lago. Siccome la materia della petizione non ha ancora una sua perfetta regolamentazione l'Ufficio di Presidenza ha ritenuto di trasmetterla alla Commissione competente, perché la esamini e poi riferisca.
Informo i Capigruppo presenti - formalizzeremo questa comunicazione con una successiva telefonata - che sono convocati il giorno 11 giugno alle ore 17,30 -- prima di tale ora sono già previste altre due riunioni, per cui i Capigruppo sono già impegnati presso la nostra sede - per la definizione del calendario dei lavori per i mesi di giugno e di luglio. Informeremo naturalmente di questa convocazione anche la Giunta, in maniera che il Presidente, o chi per lui, possa partecipare.
Sono pervenuti alla Presidenza alcuni documenti, di cui prego il Consigliere Segretario Gerini di voler dare lettura.



GERINI Armando, Segretario

Dall'Associazione nazionale Direttori dei Mercati all'ingrosso, copia della memoria conclusiva del dibattito svoltosi sul progetto di legge quadro per la disciplina del commercio all'ingrosso dei prodotti alimentari, delle bevande e dei fiori in occasione dell'assemblea dei Direttori dei Mercati all'ingrosso d'Italia dall'Unione edilizia del Piemonte e della Valle d'Aosta, copia del documento elaborato e presentato alle forze politiche regionali nell'incontro avvenuto il giorno 11 maggio dal Comune di Casalino la deliberazione relativa alla celebrazione della Festa della Repubblica e un ordine del giorno di condanna della violenza neo-fascista dalla Federazione CGIL, CISL e UIL il documento approvato alla conclusione del Convegno sulla politica marinara tenutosi a Castellammare di Stabia dalla Società cooperativa per la Casa dei lavoratori di Vercelli, un ordine del giorno di protesta per i gravi limiti con cui procede l'attuazione della legge 865 dall'Amministrazione Provinciale di Caserta, un voto circa il Fondo speciale per il risanamento dei bilanci comunali e provinciali di cui al D.P.R. 26/10/'70 n. 651 dal Centro di coordinamento delle Cantine sociali e delle forme associative fra viticoltori, il documento votato dall'assemblea dei rappresentanti della Federazione sindacale e delle organizzazioni professionali associative contadine della provincia di Asti sui problemi del settore agricolo e dell'aumento dei prezzi dal Comune di Bannio Anzino, una deliberazione circa la situazione occupazionale della zona Ossola ed in particolare dello stabilimento Rumianca di Pieve Vergonte dalla ASUI, associazione dei sanatori universitari italiani, la relazione annuale '72 nonché alcune osservazioni circa la collaborazione dell'istituzione in relazione alle competenze regionali dalla Pro Loco di Breia una protesta circa la disposizione di chiusura festiva dei negozi dal Sindaco del Comune di Crodo alcune precisazioni circa un precedente esposto di alcuni Consiglieri Comunali sul problema del taglio del bosco dal Comune di Borgoticino una deliberazione relativa alla presa di posizione del Consiglio Comunale sui movimenti antifascisti dal Sindacato nazionale Ingegneri liberi professionisti, le conclusioni cui è pervenuto il Convegno sulla riforma della casa tenutosi a Roma nel mese di marzo per iniziativa di tale organizzazione.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni - Bilancio - Finanze - Credito - Patrimonio: argomenti non sopra specificati

Osservazioni della Commissione di controllo sulle norme per l'applicazione delle disposizioni relative all'autonomia contabile del Consiglio Regionale - Provvedimenti in proposito


PRESIDENTE

Nessuno chiedendo la parola sulle comunicazioni del Presidente passiamo all'altro punto dell'ordine del giorno, che reca: "Osservazioni della Commissione di controllo sulle norme per l'applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 3 dicembre '70 n. 1171 e della Circolare del Ministro per le Regioni del 24 luglio 1972 n. 200 relative all'autonomia contabile del Consiglio Regionale. Provvedimenti in proposito".
Avevo riferito al Consiglio nella passata nostra riunione che le osservazioni che erano state fatte dalla Commissione di controllo erano state trasmesse da me alla Commissione competente perché volesse esaminarle e riferire in proposito, in maniera che il Consiglio fosse in condizioni di prendere le sue determinazioni. Se il Presidente della Commissione è in grado di riferire, gli darei la parola.



GARABELLO Enzo

Signor Presidente, come ella ha ricordato, direttamente, ed anche attraverso una mia breve comunicazione, vi era già stata occasione di riferire al Consiglio su quelle che possiamo chiamare delle doglianze dell'organo di controllo, le quali sono elencate nella relazione su cui abbiamo riportato integralmente la lettera del Commissario di Governo.
La Commissione ha esaminato la questione ed ha ritenuto di poter accogliere integralmente tre delle doglianze di natura squisitamente formale, una con una lieve modifica formale: per una quarta, quella relativa all'art. 14 abbiamo preso atto che si trattava di un refuso dattilografico che abbiamo provveduto a correggere. Per quella che è in parte modificativa della sostanza, cioè quella relativa al fatto che il Consiglio Regionale, su orientamento dato dalla Commissione, non aveva assunto determinazioni in merito ai contratti per i lavori relativi a somministrazioni, la Commissione ha ritenuto di non addentrarsi in una specificazione di ordine molto dettagliato, anche perché nel frattempo analoghi provvedimenti, qualcuno addirittura a livello di legge regionale sono stati presi da altre Regioni (il caso più recente è quello dell'Umbria, che ha risolto il problema in termini analoghi a quelli che noi proponiamo). Sul problema dei contratti viene stabilito un rinvio alla legge di contabilità generale dello Stato, anche in relazione al fatto che com'è riportato nella relazione, vengono annunciati come imminenti in sede governativa provvedimenti di legge di riordinamento e di semplificazione della materia.
Questo far rinvio alla legge dello Stato senza ulteriori specificazioni ci consente, a nostro avviso, di acquisire come nostre le determinazioni che eventualmente, come preannunciato, fossero prese dal Governo o dal Parlamento.
La Commissione I, unanime, ha pertanto formulato i nuovi testi degli articoli 10, 11, 12, 14 come detto, ed inoltre ha inserito un nuovo art.
17, ricordando, per il caso che fosse necessario, che in sede di stampa e di coordinamento del provvedimento sarà opportuno apportare alcune modifiche numeriche ai titoli, ai capitoli e agli articoli, come del resto è stato riportato nell'ambito degli emendamenti.
Non posso che raccomandare al Consiglio Regionale l'approvazione di queste modifiche formali alle norme per l'applicazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 1171 e della Circolare n. 200 - 1972 del Ministro per le Regioni.



PRESIDENTE

Qualcuno chiede di parlare sull'illustrazione fatta or ora dal Presidente della Commissione, Consigliere Garabello? Nessuno? Allora passerei senz'altro alla votazione, che, così come avvenuto in precedenza faremo articolo per articolo, per alzata di mano.
"Articolo 10 - Ordinazione di pagamenti.
Al pagamento delle spese liquidate ai sensi dell'art. 9 si provvede con mandati firmati dal Presidente del Consiglio, o, in sua assenza, da uno dei Vicepresidenti nonché dai funzionari preposti al servizio".
Nessuno chiede di parlare? Allora, lo pongo in votazione. Chi lo approva è pregato di alzare la mano.
L'articolo è approvato.
"Articolo 11 - Contenuto dei mandati.
Ogni mandato deve contenere le seguenti indicazioni: l'esercizio cui si riferisce la spesa ordinata il numero d'ordine progressivo il numero e la denominazione del capitolo e dell'articolo cui va imputata la spesa con la relativa disponibilità residua la denominazione del creditore o dei creditori e di chi per loro fosse legalmente autorizzato a dar quietanza e le modalità del pagamento la causale del pagamento la somma da pagare (in cifre e in lettere) con l'indicazione di eventuali ritenute la data di emissione il numero e la data del provvedimento di liquidazione".
Nessuno chiede di parlare? Allora, pongo in votazione l'art. 11: chi lo approva è pregato di alzare la mano.
L'art. 11 è approvato.
"Articolo 12 - Registrazione dei mandati.
I mandati debbono essere compilati in unico originale, numerati progressivamente ed emessi in ordine cronologico.
I mandati emessi sono registrati nei documenti contabili indicati nell'art. 18".
Nessuno chiede di parlare? Allora, pongo in votazione l'art. 12. Chi lo approva è pregato di alzare la mano.
L'art. 12 è approvato.
"Articolo 14 - Pagamenti di spese particolari.
Al pagamento delle indennità mensili spettanti ai Consiglieri regionali e dei contributi attribuiti ai Gruppi consiliari si provvede, sulla base dei ruoli compilati dall'Ufficio di Presidenza, con mandato recante le relative modalità di quietanza.
Al pagamento di somme a qualsiasi titolo dovute a favore di collaboratori esterni si provvede con mandato, sulla base di deliberazioni d'impegno dell'Ufficio di Presidenza".
Nessuno chiede di parlare? Allora, pongo in votazione l'art. 14. Chi lo approva è pregato di alzare la mano.
L'art. 14 è approvato.
Vi é, infine, un emendamento aggiuntivo al Titolo II, che ha come titolo "I contratti": al Capo I.
"Articolo 17 - I contratti.
Tutti i contratti da cui derivi un'entrata o una spesa a carico del bilancio del Consiglio sono stipulati secondo forme e modalità stabilite dalla legge di contabilità generale dello Stato, in quanto applicabile".
Questo testo è seguito da un "Nota bene" che è soltanto esplicativo: " Il Titolo II (gli Uffici e le scritture) diventano Titolo III il Titolo III (Norme finali) diventa Titolo IV gli articoli dal 17 in poi crescono di una cifra".
Ma questo vale soltanto per il lavoro di coordinamento che dovrà fare l'Ufficio prima di trasmettere le norme in approvazione.
Nessuno chiedendo di parlare pongo in votazione l'art. 17. Chi lo approva è pregato di alzare la mano.
L'articolo è approvato.
Pongo infine in votazione nel loro contesto gli articoli singolarmente approvati: 10, 11, 12, 14 e 17. Chi approva è pregato di alzare la mano.
Sono approvate le norme emendate.
Ringrazio la Commissione per la sollecitudine dimostrata per arrivare a questa approvazione.


Argomento:

Documenti - Assegnazione a Commissioni


PRESIDENTE

Informo che in questo momento mi perviene la comunicazione della presentazione di un disegno di legge regionale su: "Norme per l'esercizio della caccia nella Regione Piemonte". La Giunta Regionale, che lo presenta chiede la procedura abbreviata prevista dall'art. 44 - terzo comma - dello Statuto, il Consiglio su questa richiesta d'urgenza che cosa dice? Non ci sono opposizioni? Allora, è concessa l'urgenza. Trasmetterò domani mattina alla competente Commissione il testo del disegno di legge regionale.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici - Edilizia e norme tecnico-costruttive - Edilizia pubblica (convenzionata, sovvenzionata, agevolata)

Impegni della Regione per l'attuazione della legge n. 865 sulla casa


PRESIDENTE

Passiamo al punto sesto dell'o.d.g: "Impegni della Regione per l'attuazione della legge n. 865 sulla casa".
Ha facoltà di parlare l'Assessore all'urbanistica, Benzi, per svolgere la sua relazione.



BENZI Germano, Assessore all'urbanistica

Signor Presidente, signori Consiglieri! La politica dell'intervento pubblico nell'edilizia residenziale in Italia ha avuto una storia i cui fasti e nefasti sono noti a tutti, ma che ci interessa ricordare in questa sede perché, accanto ad interventi sporadici ed estremamente frammentari, ha visto lo svolgimento di alcuni programmi di lungo respiro.
Le tappe più o meno positive di quest'azione sono state il prima ed il secondo settennio INA CASA 1949-1956 e 1956-1963 e il programma decennale GESCAL 1963-1973. Proprio la crisi di quest'ultimo programma, unitamente alla diffusa insoddisfazione circa i modi e la dimensione complessiva fortemente calata -, dell'intervento pubblico nel settore, hanno portato alla faticosa elaborazione della riforma della casa nota come legge 865.
Tutti conosciamo i contenuti profondamente innovatori di questa legge ed in questo senso tutti sentiamo chiaramente che il primo impegno da prendere, la prima cosa da fare, è quella di dare concreta attuazione al programma triennale 1971-1973 che la legge prevede.
In questo quadro di politica legislativa si evidenzia, sotto il profilo attuativo, il ruolo sempre più incisivo ed importante che la Regione deve svolgere all'interno di un settore tanto delicato quale è quello dell'edilizia pubblica residenziale.
La legge 865 ha creato uno strumento di programmazione costituito dal sistema C.I.P.E.-C.E.R.-Regioni che nelle sue linee fondamentali deve essere salvaguardato e al quale va rigorosamente ricondotto l'impegno di tutte le risorse pubbliche destinate al settore.
Al fine di precisare l'impegno specifico della Regione è necessario operare innanzitutto una ricognizione delle funzioni affidate alla Regione stessa dalla legislazione vigente, sia in riferimento alla legge 865 e sia in relazione ai decreti delegati di attuazione, nonché alle leggi sull'edilizia agevolata.
La legislazione vigente individua tre diversi tipi di edilizia abitativa in vario modo sostenuta dallo Stato: l'edilizia sovvenzionata, quella agevolata e quella convenzionata.
Il ruolo che le Regioni sono chiamate a svolgere in questi tre campi di intervento è molto diversificato, ma non vi è dubbio che esso è e pu essere di grande rilevanza ai fini dell'assetto territoriale della Regione stessa.
Edilizia sovvenzionata.
Il settore dell'edilizia sovvenzionata è quello al quale soprattutto si rivolge la legge 865 rinnovando e razionalizzando l'assetto istituzionale preesistente secondo linee ormai ben conosciute.
Alle Regioni sono state demandate le competenze relative all'identificazione del fabbisogno abitativo, alla formazione del piano delle localizzazioni e all'emanazione, sia pure sulla base dei criteri generali determinati dal Ministero dei Lavori Pubblici, della normativa tecnica.
Alle Regioni sono state delegate le funzioni connesse all'attuazione dei programmi, sia per quanto attiene alla determinazione dei rapporti convenzionali con gli enti costruttori e sia per quanto riguarda l'azione di stimolo e di vigilanza nei confronti di essi.
A tali deleghe vanno fra l'altro riferiti i poteri di nomina degli organi amministrativi degli I.A.C.P. ed in particolare la funzione di promozione del Consorzio Regionale degli Istituti stessi e di definizione dei relativi compiti.
Occorre tuttavia sottolineare che le competenze regionali pur importanti risultano, allo stato attuale della legislazione, conferite in modo disorganico e parziale.
Infatti: a) l'utilizzazione dei fondi prevista dalla legge, non consente alle Regioni la possibilità di indirizzare i fondi stessi verso quei tipi di intervento che più si adattano alle condizioni socio-economiche della propria popolazione b) le procedure finanziarie sfuggono totalmente al controllo regionale poiché anche i più impegnati sforzi per l'accelerazione dei piani di attuazione rischiano di essere vanificati dalle diversità dei canali di erogazione e dalle rigidità proprie al processo finanziario centralizzato.
Occorre perciò che si attui a livello nazionale una gestione unitaria dei fondi comunque reperiti e che questi possano venire assegnati alle Regioni e da queste ai singoli operatori in modo continuo e programmato.
Edilizia agevolata.
Con questo termine si definisce l'edilizia da realizzarsi con mutui assistiti dal contributo dello Stato ai sensi delle leggi 1179-291 e 13.
Com'é noto, la programmazione di questo settore ha due momenti: il primo, a livello centrale, comporta la ripartizione dei contributi tra le Regioni e fra gli Istituti di Credito, ripartizione che viene operata dal C.I.P.E.
sentita la Commissione Consultiva Interregionale.
Il secondo momento è quello dell'intervento degli Istituti di Credito i quali concedono i mutui, a livello locale, secondo le norme previste dalla legge.
Edilizia convenzionata.
Nella legislazione vigente, l'unico tipo di edilizia convenzionata è quello definito dall'art. 72 della legge 865. Esso consiste essenzialmente nell'applicazione di agevolazioni, del tipo di quelle concesse all'edilizia agevolata, alle costruzioni che sorgono entro le zone 167 sulla base di apposite convenzioni tra i Comuni e gli operatori.
Tali convenzioni, che assicurano all'ente locale, tra l'altro, un controllo sui canoni e sui prezzi degli alloggi, distinguono l'edilizia convenzionata rispetto a quella agevolata, prevalentemente non compresa nei piani suddetti.
Fatte queste rapide premesse di carattere generale, mi pare opportuno entrare ora nel merito degli impegni assolti e da assolvere da parte della Regione Piemonte in ordine all'attuazione della legge 865.
In merito a tali impegni, in data 19/5/1973, una manifestazione unitaria delle Organizzazioni Sindacali, del movimento Cooperativistico e di altre organizzazioni interessate al settore edilizio, con un documento consegnato a mie mani - ed al quale intendo rispondere anche mediante la presente relazione - sono stati individuati alcuni punti significativi tra la vasta problematica che la legge 865 apre e a cui occorre dare, il più presto possibile, una chiara risposta.
In questo spirito penso sia opportuno trattare i punti suddetti come canovaccio per il prosieguo di questo intervento.
E' evidente che il rilancio della politica della casa, deve essere effettuato nell'ambito delle linee tracciate dalla legge 865, la quale come già detto, per la prima volta ha affrontato il problema dell'abitazione con visione organica.
Per quanto concerne l'attuazione delle incombenze della 865, non v' dubbio che l'Amministrazione Regionale ha assolto i propri impegni con il massimo senso di responsabilità, e i fatti lo dimostrano.
Tutte le scadenze ed i tempi tecnici previsti dalla legge sono stati rispettati, e, se ritardo nell'applicazione della legge vi è stato, esso è da attribuirsi agli organi centrali che hanno tardato o non hanno assunto i provvedimenti di competenza.
Mi sembra opportuno, a questo punto, riassumere i passi fondamentali compiuti dall'Amministrazione Regionale in ordine all'attuazione della legge.
In data 16 marzo 1972 il CIPE, sentita la Commissione consultiva interregionale e le organizzazioni sindacali dei lavoratori, ha approvato il piano predisposto dal CER relativo all'attribuzione alle Regioni dei finanziamenti per la realizzazione dei programmi di edilizia pubblica residenziale per il triennio 1971/1973.
Il progetto del piano, com'é noto, prevede, per la Regione Piemonte, un importo d'investimento pari a L. 63.255.000.000 somma decisamente insufficiente in rapporto al fabbisogno di abitazioni, come la Regione ebbe più volte occasione di denunciare già il 29 novembre 1971 con telegramma e poi, in seguito, in altre circostanze.
Sulla base di due tipi di intervento, ed in particolare: 1) eliminazione delle abitazioni improprie e malsane 2) riduzione dell'indice di affollamento il CER ha previsto la seguente ripartizione dei fondi di finanziamento per la Regione Piemonte: L 8.607.000000 pari ad un contributo di L. 592.000 000, per l'eliminazione delle abitazioni improprie e malsane (art. 68 lettera a); L.54.648.000.000, (somma risultante dai contributi ex art. 68 lettera b) e dei fondi Gescal) per la generalità dei lavoratori.
La Regione ha quindi proceduto alla formazione del programma per la localizzazione di tali fondi, ai sensi del sesto comma, art. 3 della legge 865.
In data 22/6/1972, il programma di localizzazione è stato trasmesso al CER per la necessaria verifica ed approvazione.
Solo in data 12 settembre 1972, il CER facendo riferimento al programma di localizzazione inviato dalla Regione Piemonte, rilevava che, per la sua complessità ed articolazione, esso richiedeva un impegnativo ed approfondito esame non ancora aperto, e quindi, "attesa l'urgenza di accelerare i tempi di attuazione della legge e per non ritardare ulteriormente l'avvio dei relativi adempimenti", autorizzava l'utilizzo dei fondi relativi al settore dell'eliminazione delle abitazioni malsane ed improprie (art. 68 lettera a) per l'importo previsto di L. 8.607.000.000.
A seguito di quanto comunicato dal CER l'Amministrazione Regionale, in data 6 dicembre 1972, stipulava con il Consorzio Regionale fra gli Istituti Autonomi per le Case Popolari un'apposita convenzione, corredata da disciplinare di attuazione, con la quale conferiva ai vari Istituti Autonomi per le Case Popolari Provinciali l'incarico di stazione appaltante ed ente attuatore dei programmi di edilizia pubblica residenziale finanziati ai sensi dell'art. 68 lettera a).
Con tale convenzione è stata costituita anche una specifica Commissione per la verifica dei programmi di intervento, composta da funzionari della Regione e del Consorzio Regionale fra gli I.A.C.P., che finora ha esaminato 65 programmi per un importo complessivo di L. 7.183.144.000.
Ricordo che, a livello provinciale e comunale, seguendo criteri obiettivi già illustrati in sede di localizzazioni, i fondi relativi all'art. 68 lettera a) sono stati ripartiti nel modo seguente: Ripartizione dei fondi per costruzioni Provincia Alessandria - Stanziamento complessivo 972.289.755 Localizzazioni: Alessandria stanziamento 492.289.755 - Casale 300.000.000 Tortona 180.000.000 Provincia Asti - Stanziamento complessivo 681.846.560 - Localizzazioni: Asti stanziamento 531.846.560 - Moncalvo 150.000.000 Provincia Cuneo - Stanziamento complessivo 993.506.010 Localizzazioni: Alba stanziamento 100.000.000 - Bra 140.000.000 - Cuneo 233.506.010 - Fossano 140.000.000 - Mondovì 140.000.000 - Saluzzo 140.000.000 - Savigliano 100.000.000 Provincia Novara - Stanziamento complessivo 741.837.330 Localizzazioni: Domodossola stanziamento 240.000.000 - Novara 351.837.330 Villadossola 150.000.000 Provincia Torino - Stanziamento complessivo 3.518.240.335 Localizzazioni: Ivrea stanziamento 360.000.000 - Pinerolo 480.000.000 Rivoli 600.000.000 - Torino 1.718.240.335 - Venaria 360.000.000 Provincia Vercelli - Stanziamento complessivo 408.230.010 Localizzazioni: Biella stanziamento 204.000.000 - Vercelli 204.230.010.
Localizzazioni art. 68 lettera a) dei fondi per il risanamento e la manutenzione del patrimonio delle case dello Stato art. 48 primo comma.
Provincia Alessandria - Stanziamento complessivo 166.555.470 Localizzazioni: Alessandria importo 151.445.470 - Tortona 12.450.000 - Novi Ligure 2.660.000 Provincia Asti - Stanziamento complessivo 57.976.820 - Localizzazioni: Asti importo 37.940.625 - Canelli 12.731.335 - Nizza Monferrato 7.304.860 Biella - Stanziamento complessivo 1.278.900 - Localizzazione Biella importo 1.278.900; Provincia Cuneo - Stanziamento complessivo 61.216.700 Localizzazioni: Cuneo importo 30.721.700 - Ceva 2.770.000 - Bra 9.220.000 Fossano 10.190.000 - Ormea 1.275.000 - Saluzzo 2.170.000 - Sanfront 4.870.000; Provincia Novara - Stanziamento complessivo 71.916.835 Localizzazioni: Novara importo 33.436.898 - Domodossola 29.645.177 - Omegna 4.181.126 - Verbania 3.707.606 - Cameri 946.028 Provincia Torino - Stanziamento complessivo 469.910.655 Localizzazioni: Torino importo 390.307.395 - Sauze di Cesana 3.834.621 Chieri 8.189.943 - Carignano 5.038.886 - Moncalieri 16.081.883 - Settimo 6.981.552 - Pinerolo 13.613.882- Orbassano 5.799.998 - Ivrea 13.613.882 Bardonecchia 6.902.775 Provincia Vercelli - Stanziamento complessivo 31.844.620 Localizzazioni: Vercelli importo 18.416.170 - Trino Vercellese 5.499.270 Varallo 2.557.800 - Santhià 2.813.580 - Quarona 2.557.800.
Ripartizione dei fondi per edilizia sociale art. 48 terzo comma a livello provinciale per i quali non si è ancora operata la localizzazione a livello comunale.
Provincia Alessandria - Percentuale 13,29 - Fondo disponibile 57.193.515 Provincia Asti - Percentuale 9,32 - Fondo disponibile 40.108.620 Provincia Cuneo - Percentuale 13,58 - Fondo disponibile 58.441.530 Provincia Novara - Percentuale 10,14 - Fondo disponibile 43.637.490 Provincia Torino - Percentuale 48,09 - Fondo disponibile 206.955.315 Provincia Vercelli - Percentuale 5,58 - Fondo disponibile 24.013.530 Totale percentuali 100,00 - Totale Fondi disponibili 430.350.000.
E' appena il caso di ricordare che sul Bollettino Ufficiale della Regione del 22 maggio 1973 a norma dell'art. 1 lettera e) della legge 2 febbraio 1973, n. 14 (relativa alla pubblicazione delle gare d'appalto per opere pubbliche), sono stati pubblicati, a cura dello I.A.C.P. di Alessandria, i primi tre appalti finanziati ai sensi della legge 865 art.
68 lettera a).
In via previsionale, si ritiene che entro il mese di settembre 1973 saranno appaltati tutti gli interventi relativi a detto canale di finanziamento.
Decisamente diverse sono le considerazioni relative ai canali di finanziamento ex art. 68 lettera b) e fondi GESCAL.
In data 21 ottobre 1972 il Ministero dei LL.PP. rilevava che gli interventi da realizzare a cura delle cooperative edilizie, a valere sui fondi di cui all'art. 68 lettera b), stabiliti dalla Regione Piemonte pari ad un'aliquota del 26,17 per cento dei finanziamenti previsti, risultava decisamente superiore a quella stabilita dal CIPE in base al piano CER.
Infatti era ed è opinione del CER che il movimento cooperativo dovesse trovare la sua appropriata sede e svolgere il proprio ruolo nell'ambito dell'edilizia convenzionata e di quella agevolata, e pertanto aveva stabilito che la quota da destinarsi alle cooperative dovesse essere contenuta nel 10 per cento dei contributi assegnati ad ogni singola Regione.
Le determinazioni del CER hanno dato luogo ad un contenzioso tra il Ministero dei LL.PP. e Regioni, le quali ritenevano opportuno, per determinate situazioni interne, incentivare le iniziative di carattere cooperativistico.
Al fine di definire la vertenza, il Ministero ha nuovamente sottoposto il problema al CIPE affinché si esprimesse sull'opportunità o meno di mantenere l'aliquota del 10 per cento per le cooperative.
Infine, in data 2 marzo 1973, il CER comunicava che, "dopo aver lungamente e profondamente esaminato il problema", l'aliquota da attribuire alle cooperative dovesse essere contenuta nella misura citata del 10 per cento dei contributi assegnati. Pertanto, ai fini di una rapida attuazione della legge e atteso l'accentuarsi della crisi nel settore edilizio, si ritiene di non dover più oltre attendere per la rielaborazione delle localizzazioni di cui all'art. 68 lettera b) e pertanto si è dato l'avvio alla nuova stesura del programma, sempre comunque sulla base dei criteri adottati per la formazione del precedente.
E' quindi già anche pronta la convenzione da stipulare con il Consorzio Regionale fra gli Istituti Autonomi per le Case Popolari per il conferimento di incarico a stazione appaltante agli I.A.C.P. provinciali per la realizzazione dei programmi costruttivi finanziati ai sensi dell'art. 68 lettera b) e cioè per la generalità dei lavoratori. Nel frattempo sono state predisposte concrete ipotesi per l'individuazione delle cooperative da ammettere a contributo, sulla base di bandi di prenotazione.
Il criterio di classificare e differenziare le cooperative in base agli attributi di merito soggettivi di ogni singolo socio, applicando i punteggi previsti nei D.P.R. 24/5/1964 n. 655, (norme concernenti la disciplina delle assegnazioni degli alloggi economico-popolari) poteva sembrare, da un primo esame, il criterio più valido e maggiormente perequativo, ma all'atto pratico, per i sottoriportati motivi, non risulta né sufficientemente efficace, né di facile applicazione.
a) E' noto che le cooperative sono formate da soci prenotatari e da soci aspiranti; i primi sono in numero uguale al numero degli alloggi previsti nel programma costruttivo, i secondi subentrano ai primi nel caso di rinuncia o di perdita dei requisiti da parte dei soci prenotatari.
Potrebbe, quindi, verificarsi il caso che la cooperativa, per poter essere assegnataria dei finanziamenti, in base ai criteri di merito soggettivi, venga costituita con soci prenotatari aventi caratteristiche tali (allocati in grotte o baracche, coabitazione ecc.) da ottenere il massimo punteggio.
Quindi, ottenuto il finanziamento, per gli effetti dei criteri di merito, i soci prenotatari verrebbero fatti ritirare, sostituendoli con i soci aspiranti, ai quali la legge richiede unicamente le caratteristiche per essere assegnatario di un alloggio economico-popolare e non eventuali punteggi di merito.
E chiaro, quindi, che la scelta della cooperativa in questo caso verrebbe ad essere grossolanamente falsata. Se è pur vero, che nei bandi di prenotazione sarebbe possibile richiedere, anche per i soci aspiranti, il medesimo punteggio dei soci prenotatari, all'atto pratico si dubita che ci sia operativamente possibile, se non altro per l'elevato numero dei possibili soci, alle medesime condizioni di reddito, abitative, sociali ecc.
b) E' opportuno che la scelta per l'assegnazione dei fondi ricada su cooperative che, in linea di massima, offrano la garanzia di poter assolvere il programma costruttivo nei termini stabiliti e con la necessaria efficacia, per cui si ritiene indispensabile almeno un minimo di autonomia finanziaria tale da permettere le prime operazioni e gli apporti di capitale che la legge prevede a carico dei singoli soci.
E' bene inoltre considerare che, per la soluzione dei problemi abitativi più esasperati, è operante l'Istituto degli I.A.C.P. che, non a caso, regola rassegnazione degli alloggi in base ai punteggi di merito dei singoli richiedenti.
Attribuire i finanziamenti a tal tipo di cooperative significherebbe correre l'alea di non vedere realizzati nei tempi previsti i programmi costruttivi ad esse affidati. Si ritiene, quindi, più valida l'ipotesi di una scelta secondo i seguenti criteri di massima: 1) suddivisione del territorio regionale o a livello provinciale o in comprensori formati da più Comuni scelti in base a situazioni abitative tali da determinare l'oggettiva necessità di promuovere interventi di edilizia pubblica residenziale.
2) Ripartizione a livello provinciale del finanziamento regionale destinato alle cooperative a proprietà individuale, utilizzando il criterio ed il parametro di ripartizione già adottato nell'attribuzione dei fondi di cui all'art. 68 lettera b) della legge 22/10/1971 n. 865, agli Istituti Autonomi per le Case Popolari Provinciali e contenuti nei programmi di localizzazione formati ai sensi del sesto comma dell'art. 3 della legge di cui sopra.
3) Determinazione dell'importo del finanziamento da attribuire eventualmente ad ogni singolo comprensorio in base al parametro di ripartizione derivante dall'indice di affollamento corretto con la percentuale delle abitazioni malsane ed integrato dalla percentuale degli abitanti.
4) Determinazione dell'importo relativo all'intervento minimo da operare nei vari comprensori, differenziato in relazione alle singole tipologie edilizie che meglio si possano conciliare alle situazioni urbanistiche, sociali ed abitative esistenti in ogni singolo comprensorio.
5) Ripartizione del fondo attribuito ad ogni singola provincia o comprensorio in tre aliquote a, b e c: a) destinata alle cooperative a proprietà individuale che hanno infruttuosamente partecipato a più di tre precedenti sorteggi b) destinata alle cooperative a proprietà individuale che hanno infruttuosamente partecipato a più di un sorteggio c) destinata alle cooperative che per la prima volta partecipano al bando di prenotazione.
I finanziamenti eventualmente disponibili in una delle aliquote saranno portati proporzionalmente in aumento sulle altre.
6) Condizione indispensabile per partecipare ai bandi è che le cooperative a proprietà individuale abbiano la loro sede legale in un Comune della Provincia o del comprensorio.
7) Formazione della graduatoria per la scelta della cooperativa a proprietà individuale in base al reddito medio annuo pro capite dei soci prenotatari e degli eventuali soci aspiranti. La graduatoria sarà logicamente formata in modo tale da attribuire i finanziamenti alle cooperative che hanno un reddito medio, ricavato dalla media dal reddito pro capite dei singoli soci prenotatari ed aspiranti, più basso.
8) Nell'eventualità che più cooperative risultassero nella medesima situazione l'attribuzione del finanziamento dovrà avvenire a seguito di sorteggio.
9) Nello statuto dovrà essere contenuto, tra l'altro, l'elenco dei soci prenotatari unitamente ad un elenco di soci aspiranti alla prenotazione, da utilizzare in caso di rinuncia, o di carenza oppure ancora per la perdita di requisiti di legge da parte dei soci prenotatari.
Le considerazioni espresse per la determinazione dei criteri di merito relativi alla classificazione delle cooperative a proprietà individuale non possono essere applicate alla fattispecie delle cooperative a proprietà indivisa, le quali perseguono e si prefiggono scopi diversi e diverse finalità.
E' evidente che la cooperativa a proprietà indivisa, proprio per il tipo di intervento a cui è preposta e soprattutto perché è avulsa da qualsiasi possibile ingerenza di carattere speculativo, permette l'enucleazione di una più semplice ipotesi per la determinazione degli attributi di merito atti all'individuazione delle cooperative da ammettere al beneficio dei finanziamenti, per cui si ritengono validi e sufficienti i seguenti criteri: 1) ripartizione, a livello provinciale, dei fondi destinati al finanziamento delle cooperative a proprietà indivisa analogamente a quanto espresso al punto 2) della presente relazione relativamente alla ripartizione per le cooperative a proprietà individuale.
2) Determinazione dell'importo minimo di intervento da promuovere in ciascuna provincia o comprensorio 3) Le cooperative da ammettere al finanziamento saranno identificate mediante una graduatoria ricavata in base alla ripartizione dei fondi in misura proporzionale al numero dei soci costituenti ogni singola cooperativa a proprietà indivisa.
Le cooperative che nella ripartizione proporzionale dei fondi disponibili otterranno un importo di finanziamento superiore all'importo dell'intervento minimo stabilito dalla Regione nelle varie province saranno ammesse a finanziamento.
4) Lo statuto delle cooperative dovrà contenere il criterio preferenziale per l'assegnazione dei singoli alloggi sociali ai soci.
5) Dovranno inoltre essere contenuti i seguenti criteri validi per l'assegnazione degli alloggi sociali ai singoli soci per gli ulteriori finanziamenti eventuali.
a) N. alloggi riservati ai soci che hanno infruttuosamente partecipato a più di tre bandi b) N. alloggi riservati ai soci che hanno infruttuosamente partecipato a più di un bando c) N. alloggi riservati ai soci che per la prima volta partecipano al bando.
Come per l'attuazione dei programmi edilizi, si è dimostrato medesimo impegno e puntualità nell'affrontare i problemi e le iniziative previste dalla legge 865 per il finanziamento delle opere di urbanizzazione.
La 865 prevede infatti, in attuazione dei piani di zona formati ai sensi della 167, la costituzione presso la Cassa Depositi e Prestiti di un fondo speciale con gestione autonoma per la concessione di mutui disposti all'acquisizione ed urbanizzazione primaria delle aree, nonché alla realizzazione delle altre opere necessarie ad allacciare le aree stesse ai pubblici servizi.
La stessa legge stabilisce che, in sede di prima applicazione, i Comuni presentino le richieste di finanziamento alle Regioni, le quali provvedono a formare "l'ordine di priorità", e a trasmettere le proprie proposte al Ministero dei LL.PP. che, a sua volta, interessa, secondo l'ordine di precedenza, la Cassa Depositi e Prestiti per la definitiva erogazione dei mutui.
In data 12 maggio 1972, il Ministero dei LL.PP., ha invitato la Regione Piemonte a riproporre "l'ordine di priorità" (già a suo tempo formulato) secondo le indicazioni fornite dal CER nella seduta dell'8 aprile 1972, in relazione agli importi finanziari stanziati per il biennio 1971/1972.
A seguito quindi delle disposizioni del CER e in relazione alla capienza del fondo a disposizione, l'Amministrazione Regionale ha interessato i Comuni richiedenti, invitandoli ad adottare gli opportuni provvedimenti di competenza e fornendo, nel contempo, circostanziate precisazioni in merito alle modalità di richiesta.
A tale proposito si è ritenuto opportuno, per una più precisa individuazione dell'effettiva spesa ammissibile a mutuo e per l'esatta compilazione delle domande, inviare ai Comuni una lettera circolare con la quale si richiedeva la compilazione di una scheda di rilevamento riassuntiva dei dati necessari.
Infine, dopo aver considerato il limite massimo di spesa stabilito dal CER (ammontante, per il biennio 1971/1972 a L. 11.800.000.000) ed aver rilevato che l'importo complessivo delle richieste comunali ammontava a L.
29.469.161.890 - per cui la cifra a disposizione rappresentava soltanto il 40 per cento circa dell'importo richiesto -, si è elaborata un'ipotesi di ripartizione tra i vari Comuni tale da attribuire a ciascun richiedente una quota di finanziamento proporzionale a quella richiesta.
"L'ordine di priorità" formulato dalla Regione è stato integralmente recepito dal Ministero dei LL.PP. in data 20/11/1972: al momento attuale quindi, io Comuni hanno in corso le pratiche per ottenere l'erogazione dei mutui da parte della Cassa DD. e P.P. di cui i relativi importi sono: Comuni Importo 1) Alessandria 809.107.000 2) Novi Ligure 145.344.000 3) Tortona 91.928.000 4) Valenza 69.512.000 5) Asti 896.330.000 6) Alba 134.374.000 7) Bra 67.485.000 8) Cuneo 311.911.000 9) Fossano 98.366.000 10) Mondovì 125.074.000 11) Saluzzo 74.758.000 12) Domodossola 65.220.000 13) Novara 623.344.000 14) Villadossola 46.620.000 15) Beinasco 193.871.000 16) Collegno 191.248.000 17) Cuorgné 99.559.000 18) Druento 38.512.000 19) Grugliasco 590.078.000 20) Ivrea 721.472.000 21) Nichelino 47.216.000 22) Orbassarto 238.464.000 23) S. Antonino di Susa 12.877.000 24) Rivoli 530.463.000 25) Susa 73.556.000 26) Torino 5.079.754.000 27) Venaria 160.605.000 28) Andorno Micca 89.782.000 29) Biella 189.936.000 30) Cossato 83.224.000 ___________________ Totale regionale L. 11.900.000.000 Le organizzazioni firmatarie del documento citato nelle premesse, hanno altresì sollecitato un diretto intervento finanziario della Regione nel campo edilizio volto ad uniformare le modalità di erogazione dei mutui su tutto il territorio regionale e tendente ad agevolare il credito da parte degli Istituti mutuanti.
La proposta, che comporta certamente notevoli difficoltà di natura istituzionale e giuridica sarà valutata in sede opportuna.
Tra le numerose incombenze che la legge 865 attribuisce alla Regione va altresì considerata la normativa prevista dall'art. 27 ed il suo campo d'applicazione.
Come noto tale articolo consente ai Comuni dotati di Piano Regolatore Generale o di Programma di Fabbricazione regolarmente approvati, di formare un piano di aree da destinare ad insediamenti produttivi.
La formazione di tale piano è subordinata all'autorizzazione preventiva della Regione che coordina e regola le iniziative di natura produttiva nell'ambito del proprio territorio.
Con tale autorizzazione si vuole evitare che il Comune nell'incentivare il proprio sviluppo produttivo, possa creare, pur nell'osservanza delle disposizioni del proprio strumento urbanistico squilibri o distorsioni nel più ampio contesto del territorio regionale.
Le aree comprese all'interno di tali piani possono essere espropriate dai Comuni e quindi cedute in proprietà o concesse in superficie, ad enti o privati che ne richiedano l'utilizzo.
Tra più istanze concorrenti è data preferenza a quelle presentate da enti pubblici e da aziende a partecipazione statale nell'ambito dei programmi approvati dal C.I.P.E.
Al momento attuale le autorizzazioni preventive concesse dalla Regione sono tre e si riferiscono ai seguenti Comuni: Casale Monferrato - Mondovì - Verbania.
E' evidente che l'insediamento di grandi industrie comporta nell'attuale fase del sistema produttivo italiano, delle congestioni di carattere socio-urbanistico che possono innescare dei processi tali da vanificare ogni sforzo, diretto ad una sana politica della casa.
Sarà pertanto favorita la stipula di convenzioni tra l'industria e gli enti che istituzionalmente operano nel settore edilizio, per la costruzione di case per lavoratori.
Ai fini di una più rapida attuazione della legge 865, la Giunta ha altresì trasmesso al Consiglio Regionale un disegno di legge volto alla concessione di contributi ai Comuni per l'urbanizzazione primaria delle aree da destinare all'edilizia Economico-Popolare.
Tale disegno di legge risulta essere ancora all'esame della II Commissione, in attesa di ulteriori precisazioni e perfezionamenti.
Per quanto riguarda il prefinanziamento dei programmi dell'edilizia pubblica e residenziale è recente la notizia che il Governo ha impugnato dinnanzi alla Corte Costituzionale la legge approvata dalla Regione Lombardia, tendente a favorire il prefinanziamento dei programmi di edilizia pubblica, per anticipare i tempi della loro realizzazione: ci sconsiglia quindi eventuali iniziative analoghe.
Va peraltro detto che, sul piano nazionale, è stata stipulata una convenzione tra il Banco di Roma e L'A.N.I.A.C.A.P. (Associazione Nazionale fra gli Istituti Autonomi per le Case Popolari) per la concessione di prefinanziamenti al tasso di interesse del 7,20 per cento.
Risulta inoltre che il Credito Italiano ha proposto allo I.A.C.P. della Provincia di Alessandria un prefinanziamento all'interesse del 7 per cento.
L'Amministrazione regionale ha inoltre seriamente affrontato le attribuzioni derivanti dall'applicazione del titolo II della legge "norme per l'espropriazione di aree per pubblica utilità".
Sono stati infatti emanati: n. 168 decreti di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza di lavori relativi ad opere pubbliche di competenza regionale.
In questi decreti sono state altresì valutate le indennità provvisorie per l'esproprio delle aree agli aventi diritto.
n. 91 decreti di occupazione d'urgenza con relativi atti preparatori quale, ad esempio, la nomina di tecnici per la compilazione degli stati di consistenza n. 29 decreti di esproprio definitivo delle aree per la realizzazione di opere pubbliche o per l'edilizia pubblica residenziale.
Le organizzazioni firmatarie del documento citato all'inizio del discorso hanno posto l'accento anche sulla necessità del blocco dei fitti e contratti fino al 1975.
A questo proposito penso sia opportuno tendere all'approvazione di una legge che finalmente regoli, in modo equo, la spinosa questione dei fitti.
Il blocco, in sé e per sé, oltreché congelare la corsa all'aumento, pu essere fonte di sperequazioni di notevole entità. Alle sperequazioni non si devono contrapporre altre sperequazioni. E' comunque chiaro che occorra un provvedimento urgente e la Regione deve schierarsi verso la rapida ed equa soluzione di questo problema.
Anche il problema della gestione delle aree della 167 rientra in questo quadro, in questo mosaico dove ogni provvedimento deve collocarsi al proprio posto ed al posto giusto.
In questo mosaico, oltre alla Regione, protagonisti sono gli enti locali su cui gravano pesanti oneri in ordine alla soluzione di questi problemi.
Certo è che la Regione sarà al loro fianco per vivere con essi la nuova gestione democratica dello Stato.



PRESIDENTE

Si apre la discussione. Chi si iscrive a parlare? Chiede di intervenire il Consigliere Rivalta. Ne ha facoltà.



RIVALTA Luigi

La relazione dell'Assessore Benzi ci ha fatto ripercorrere le tappe toccate nell'ambito delle competenze regionali, dall'applicazione della legge 865. Ci ha fatto, tra l'altro, rammentare che un anno fa, proprio di questi giorni, era stato presentato al Consiglio Regionale il piano di localizzazione degli investimenti, di cui noi giustamente avevamo sollecitato la discussione in questa sede visto il ritardo già allora accumulato nel lavoro di elaborazione. I fatti hanno purtroppo dimostrato che il ritardo accumulato dal Consiglio Regionale era ben poca cosa rispetto a quello che oggi le inadempienze governative ci fanno registrare.
Al di là di alcune valutazioni critiche di merito che avevamo allora espresso circa il modo con cui si erano scelti o parametri per la ripartizione - parametri che avevamo ritenuto approssimativi, considerando però giusto che questa ripartizione venisse fatta sulla base di parametri e non di una valutazione del tutto soggettiva dei fabbisogni - dobbiamo per riconoscere che il comportamento della Regione è stato, tutto sommato, un comportamento positivo se confrontato a quello senz'altro negativo del Governo. Definisco corretta la procedura seguita dalla Regione nell'applicazione della legge anche in considerazione del fatto che, almeno per quello che personalmente mi consta - la lettura della relazione fatta dall'Assessore Benzi non mi ha permesso di comprendere appieno il meccanismo con cui verranno emanati i bandi delle cooperative - la definizione di questi meccanismi è stata fatta dall'Assessore e dall'Assessorato attraverso un rapporto di collaborazione con le stesse forze cooperative.
Altrettanto positivo mi pare si possa ritenere l'approccio nella ripartizione dei fondi per il finanziamento delle spese di urbanizzazione in applicazione dell'art. 45 della legge 865. Va però rilevato che le richieste avanzate dai Comuni sono state coperte per meno del 40 per cento stante i limiti di finanziamento previsti dalla legge. Inoltre la Cassa Depositi e Prestiti - oggi mi è stata mostrata una sua lettera - chiede burocraticamente ai Comuni specificazioni sulle singole opere di urbanizzazione e finanzia queste singole opere per il 25 per cento soltanto. In tal modo i Comuni che avevano deciso di utilizzare la loro quota per una sola opera primaria, ad esempio l'allacciamento alla rete urbana, si trovano oggi impossibilitati a seguire questo loro programma, e ad amministrare in questo modo la trancia di finanziamento loro riconosciuta. In sostanza, i Comuni si vedono finanziato per un quarto l'allacciamento, altrettanto l'attrezzatura del verde, altrettanto la costruzione dell'asilo-nido, altrettanto la costruzione della scuola materna, e la costruzione della scuola elementare. In questa situazione non sono in grado di dare avvio all'operazione progettata. Se questo ridotto finanziamento potesse essere concentrato su una singola opera, quella ritenuta primaria dal Comune, per questa almeno il problema finanziario sarebbe risolto. Ecco, dunque, un altro impedimento, conseguenza dei complicati tipi di controllo che vengono operati, al di fuori della Regione, e che ritardano l'applicazione della legge anche quando la Regione ha di fatto assolto i suoi compiti.
Un rilievo che dev'essere fatto in merito all'applicazione della legge 865 - in proposito, non ho sentito alcun riferimento da parte dell'Assessore Benzi - è quello relativo al censimento dei fabbisogni: l'art. 8 della legge stabilisce che ogni due anni le Regioni procedano al censimento dei fabbisogni. La mia osservazione si richiama alle critiche che già avevamo fatto l'anno scorso con riferimento al modo con cui la Regione aveva cercato di individuare i fabbisogni. Mi risulta che è stato inviato un questionario contenente una lunga serie di domande. Molti amministratori di Comuni, anche di Comuni relativamente grandi, si dichiarano nell'impossibilità di dare una risposta basata su una corretta raccolta di dati. Ricorrono qui, insomma, agli stessi difetti, per lo meno stando al giudizio di parecchi amministratori, del tipo di indagine svolto l'anno passato. Noi avevamo sostenuto allora che una serie di dati dovevano essere raccolti con una operazione opportuna, guidata e con strumenti forniti direttamente dalla Regione; avevamo anche rilevato, allora, come il censimento delle abitazioni per famiglia del 1971 fosse, se non soddisfacente, pur tuttavia ricco di dati che avrebbero consentito una valutazione del fabbisogno, in termini comparabili fra Comune e Comune quindi una valutazione oggettiva rispetto a tutto il territorio regionale.
Il rischio che comporta il tipo di inchiesta che è stata fatta, è di ricevere una risposta non completa, in molti casi improvvisata, basata su una valutazione di carattere soggettivo, che probabilmente non coprirà l'intero territorio regionale, e quindi non consentirà una valida valutazione del fabbisogno e della sua ripartizione a livello regionale.
Penso che queste questioni bisognerà riesaminarle, tenendo anche conto che l'ISTAT si è impegnato a trasferire tutti i dati del censimento alle Regioni, per cui vi è da ritenere che trasferisca anche i dati relativi all'abitazione. Per la verità, l'indicazione dell'ISTAT contenuta nella circolare era molto sibillina: si parlava di "dati relativi alle materie di competenza della Regione"; non so se ciò voglia dire che venga escluso addirittura il dato relativo all'abitazione. Penso che sarà opportuno fare un passo perché i dati relativi alle abitazioni, le schede di famiglia vengano trasferiti alla Regione, per poter disporre appunto dei dati di conoscenza che ci possano consentire una valutazione il più possibile obiettiva della situazione abitativa.
Ma quello che mi sembra più importante qui sottolineare è la parte forse tenuta un po' in sordina nella relazione dell'Assessore Benzi relativa alle inadempienze governative. Dobbiamo rilevare appunto come questa legge, varata nel 1971, che ha avuto nei primi mesi del '72 la fase di elaborazione e di approntamento dei piani da parte della Regione, abbia poi visto, con l'avvento del Governo Andreotti-Malagodi, un periodo di arresto.....



VIGLIONE Aldo

Andreotti-Malagodi-Calleri.



RIVALTA Luigi

Per ora è soltanto Andreotti-Malagodi.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Grazie per l'augurio.



RIVALTA Luigi

...del suo iter di applicazione. Tant'é che, a distanza di un anno dal momento in cui le Regioni, quelle più puntuali almeno, hanno formulato i piani, i fondi non sono ancora stati erogati: la relazione dell'Assessore Benzi faceva riferimento a un impegno di rapida elargizione dei fondi, se ho inteso bene, ma questi fondi di fatto non sono ancora stati dati.



BENZI Germano, Assessore all'urbanistica

Li abbiamo solo per una parte: 8 miliardi.



RIVALTA Luigi

Ma la parte consistente, quella relativa ai 54 miliardi, non è stata ancora elargita, e non so se questo Governo morituro, proprio in questa sua fase di chiusura, si deciderà ad effettuare l'esborso. Speriamo che un nuovo Governo.....



SANLORENZO Dino

Vorresti che morisse spendendo.....



RIVALTA Luigi

Ha già speso, ma ha speso male: non ha provveduto invece ad alcune spese valide, e fondamentali. C'é da sperare che, se questo Governo non ha più il fiato per farlo, ad esso ne subentri molto presto un altro che abbia la forza politica, il rilievo politico per operare in questa direzione.



VIGLIONE Aldo

Ma non ci saranno più i soldi. Malagodi ha fatto il resto.



RIVALTA Luigi

E' possibile anche questo. C'è qui da rilevare, quindi, come di fatto anche le formule abbiano un significato: questa legge, elaborata sulla base di una rivendicazione di massa, con la partecipazione dei lavoratori, delle organizzazioni sindacali, sia pure in mezzo ai contrasti, attraverso vicissitudini che ne avevano limitato la portata, era comunque nata; è stata sabotata da questo sub-entrato Governo di centro-destra. Ecco qui un motivo in più, una riprova della necessità di invertire rapidamente la rotta, per portare avanti quelle pur limitate iniziative che erano state da tempo intraprese.
Ora da parte della Regione, proprio anche con l'intento di far invertire a livello nazionale la rotta della direzione politica, è necessario difendere questa legge, che ha corso il pericolo, non ancora del tutto scongiurato, di venire modificata da questo Governo, non certo per migliorarla ed ampliarne gli effetti, ma per ridurne la portata. E' necessario chiederne il potenziamento. E il modo per farlo, visto che i 54 miliardi relativi all'art. 68 B non sono ancora arrivati, consiste anzitutto nel chiedere che vengano immediatamente erogati; siano dati alle Regioni per il loro utilizzo, o finanziamenti che erano stati previsti per coprire il programma triennale '71-'73, e che dovrebbe quindi essere completato entro il dicembre di quest'anno. Inoltre venga effettuato il rifinanziamento della legge, non i termini irrisori rispetto ai fabbisogni com'è stato quello in atto, ma con maggiore aderenza ai fabbisogni reali.
La Regione aveva indicato come i fabbisogni del Piemonte superassero i 1500 miliardi: ne erano stati concessi 63. Attraverso interventi triennali occorrerebbero sessant'anni - ammesso che non ci sia un incremento addizionale dei fabbisogni, e che non ci sia obsolescenza dei fabbricati per risolvere il problema della casa. E' impensabile che si possa riuscire attraverso interventi di questa natura a mettere in moto un'azione pubblica sufficientemente consistente per essere di valido ausilio alla soluzione del problema della casa. La difesa della legge deve quindi partire dalla richiesta di immediata concessione dei soldi promessi per il passato per questo triennio e di un sollecito e congruente rifinanziamento della legge.
Questa difesa della legge dev'essere anche fatta in rapporto all'altro aspetto positivo che il dispositivo ha introdotto: quello della politica degli espropri basata sul prezzo agricolo. E ciò è possibile attraverso un'attività pratica della Regione intesa come facilitazione procedurale all'applicazione di tutte le pratiche di esproprio che i Comuni stanno intraprendendo, e attraverso la richiesta di eliminare le limitazioni di tempo circa la validità dei vincoli sulle aree destinate, a servizi dal piano regolatore (attualmente, i limiti vengono a decadere dopo cinque anni, se l'esproprio non è stato effettuato).



VIGLIONE Aldo

Scadono il 19 novembre.



RIVALTA Luigi

Per i Comuni che hanno il piano regolatore approvato già prima dell'entrata in vigore della legge 1187, questo quinquennio scade nel prossimo novembre; per gli altri Comuni, che hanno avuto i piani regolatori approvati dopo l'approvazione della legge Natali, scadrà a cinque anni dalla data di approvazione dei piani.



VIGLIONE Aldo

In Piemonte, almeno la metà dei Comuni è interessata al primo caso.



RIVALTA Luigi

Facilitazione procedurale, dicevo, alle pratiche di esproprio, tenuto anche conto che i decreti che accompagnano la legge-ponte dicono che dev'essere garantito un rapporto minimo fra le aree per servizi e destinate ad attrezzature collettive, e la quantità di popolazione che si pu insediare nel piano regolatore. La messa in mora dei vincoli sui piani regolatori mette in discussione gli stessi piani regolatori: quindi, o è possibile procedere all'esproprio di queste aree, salvaguardando il giusto rapporto e quindi la capienza prevista dai piani regolatori, oppure la decadenza dei vincoli comporta la decadenza dei piani regolatori per quello che riguarda l'espansione residenziale. Ecco quindi un modo concreto che la Regione ha a disposizione per difendere questa legge: mostrare la sua validità applicativa e quindi rispondere con sollecitudine a tutte le richieste che i Comuni fanno in questa direzione, senza frapporre ostacoli e richiedere ingiustificate dimostrazioni della possibilità di utilizzo.
Ma direi che la difesa della legge, per questo aspetto positivo non deve limitarsi, anche se è importante, ad un atteggiamento operativo proprio della Regione, ma deve anche esprimere la volontà che questo regime di esproprio delle aree a prezzi agricoli sia esteso, riconoscendo nell'esproprio a prezzo agricolo la strada da perseguire. Tale regime di acquisizione dei suoli nella misura in cui ha una possibilità d'intervento limitato assume un carattere discriminatorio fra i diversi proprietari delle aree, privilegiando quelli che non sono sottoposti ad esso; occorre non consentire privilegi, e far svolgere il processo d'espansione e ristrutturazione della città, non riconoscendo ad alcuno delle rendite.
L'eliminazione delle rendite, attraverso il regime di esproprio a prezzo agricolo, e quindi in pratica la pubblicizzazione dell'uso del suolo, costituisce uno dei problemi fondamentali da risolvere se si vuol far superare al settore edilizio i ritardi che esso ha accumulato sia dal punto di vista tecnologico sia nei confronti della capacità di corrispondere ai fabbisogni reali. Sotto questo profilo il problema della casa va strettamente legato alla situazione dell'economia italiana e dei Paesi capitalistici in genere. Infatti, l'assenza di una linea socialmente valida di soluzione del problema della casa e dell'uso del territorio è tipica delle società che fanno del bene-casa una merce attraverso la quale non soltanto si ricava del profitto, ma si specula e si ricavano delle rendite. Ed è ormai inammissibile pensare che un bene così fondamentale sia soggetto ad un mercato attraverso il quale la realizzazione del plusvalore è fondata essenzialmente e strettamente intrecciata a processi di rendita.
La drammaticità con cui il problema della casa si poneva strettamente collegata alla situazione economica italiana. Infatti, è l'arretratezza del settore, il suo fondarsi soprattutto sulle possibilità di espansione attraverso l'utilizzo di mano d'opera non qualificata, con scarso impiego di capitale fisso, il fondarsi per la propria esistenza sulla permanenza della rendita, che ha caratterizzato e influenzato lo sviluppo economico italiano di questi ultimi anni; questo sviluppo italiano che proprio anche per questi motivi segna oggi un aggravarsi di quel processo di regressione il cui inizio va collocato nel 1963/64.
Un regresso che ha causato ingenti sofferenze alla classe lavoratrice ed enormi sprechi di carattere produttivo, e che ha ridotto l'intervento pubblico nei vari settori ad una forma di tipo assistenziale. Ricordava anche l'Assessore Benzi come l'intervento pubblico, ad esempio nel settore della casa, si sia andato via via riducendo negli ultimi anni sino a divenire pari al 3-4 per cento dell'intera produzione edilizia fino a raggiungere oggi una consistenza praticamente nulla.
Il problema della casa , rispetto alla natura dello sviluppo italiano possiede tutte le caratteristiche emblematiche che posseggono problemi quali quello del Mezzogiorno, quello della mancata utilizzazione delle potenzialità della forza - lavoro, quello dell'abbandono dell'agricoltura.
E' un elemento emblematico dello sviluppo economico italiano, delle ragioni della sua crisi. Il problema della casa è uno di quelli che hanno smentito le orgogliose esaltazioni di un capitalismo in espansione e che hanno contribuito al contrario, ad evidenziare l'intrinseca fragilità del suo sviluppo. E' ormai riconosciuta da tutti questa fragilità, che è dato caratteristico della situazione economica italiana; lo stesso Petrilli, che è stato uno dei protagonisti di questo meccanismo e tipo di sviluppo, ha preso atto di ciò, ed al convegno CESPE dei mesi scorsi ha dichiarato che "il tipo di sviluppo economico promosso dalle scelte che furono compiute nel corso della stessa ricostruzione economica, e principalmente dall'apertura della nostra economia degli scambi internazionali e dal suo inserimento nel processo d'integrazione europea, sembra aver esaurito la sua carica propulsiva, proprio nella misura in cui ha condotto ad un sostanziale allineamento delle condizioni di mercato in cui operano le nostre aziende su quelle della concorrenza internazionale, senza tuttavia porre rimedio ai molti squilibri strutturali che caratterizzano l'Italia dal punto di vista geografico e settoriale".



BIANCHI Adriano

Questa è una parte del contesto.



RIVALTA Luigi

Certo, ma riferita proprio ai problemi di squilibrio settoriale, tra cui quello della casa, e quindi ai problemi della rendita. Il problema della casa - lo accennerò adesso - è proprio uno di quelli che consentono maggiore possibilità di acquisizione della rendita.
Le considerazioni complessive che ho citato comprendono certamente un giudizio sulle arretratezze di settori come quello edile, e come quello dell'agricoltura. L'arretratezza del settore edile è parte di quelle incongruenze settoriali cui fa riferimento Petrilli, da cui dipendono i costi elevati che nel nostro Paese la forza lavoro deve pagare per la sua ricostituzione. Proprio la casa é, con l'alimentazione, la voce più importante nel bilancio delle famiglie dei lavoratori. Il fatto che queste due voci gravino in maniera così massiccia, quasi esclusiva, sull'utilizzo dei bilanci e sull'indirizzo dei consumi familiari, comporta ristrettezza nelle forme di vita dei lavoratori, significa che queste spese, sono le componenti più importanti che intervengono a determinare il valore della forza-lavoro. Tutto ciò non solo ha inciso in modo negativo sui vari aggregati macro-economici (quali il risparmio, il consumo, gli investimenti), ma ha progressivamente corroso le basi stesse dell'accumulazione capitalistica. Numerose analisi ed elaborazioni statistiche (si può far riferimento alle analisi svolte dalla Banca d'Italia e dalla Mediobanca, da una delle quali il dato sul fatturato lordo risulta in netta flessione nel nostro Paese) indicano che a questa situazione si è giunti dopo un lungo processo economico e politico, che iniziato appunto, secondo molti autori, nel 1964 (i dati statistici indicano questa regressione a partire dal 1964), ha avuto negli ultimi anni, dal '69 al '72, una rapida accelerazione. Le cause di questa rapida accelerazione degli ultimi due-tre anni vanno ricercate essenzialmente in due fatti concomitanti: uno positivo, che è la diminuzione dei livelli di sfruttamento, conquistata dalla classe operaia con le lotte contrattuali di questi ultimi tre anni; l'altro certamente negativo, che è l'aumento del peso delle rendite sui livelli di plus-valore.
La risposta del capitale italiano al diminuire dei livelli di accumulazione non è stata la qualificazione tecnologica della produzione neanche per il settore dell'edilizia, in cui sarebbe stato evidentemente un fattore fondamentale ed importante ed anche facile da conseguire dato il basso livello di partenza -, ma è stata soprattutto l'esportazione di capitali all'estero; non investimenti in capitali fissi per il rinnovamento dei settori produttivi italiani, ma esportazione di capitali. Basti pensare che mentre dal '51 al '63 le risorse complessive messe a disposizione dall'estero erano state 524 miliardi, nel periodo di sei anni che va dal '64 al '70, cioè in metà tempo di quello prima considerato, le risorse messe a disposizione d'interventi all'estero sono state di 7722 miliardi.
Anziché un intervento a favore dello sviluppo e della riqualificazione tecnologica produttiva dei settori arretrati, in particolare di quello edilizio, c'è stata una accentuazione della fuga di capitali oltre confine.
Nel contempo, c'é stata una accentuazione di tutta l'attività finanziaria speculativa, in forme molto diverse, ma in particolare connesse al problema della casa. Alcuni dati possono essere addotti per precisare quel che è avvenuto. Dopo il 1963 sono diminuite tanto la quota del reddito nazionale destinata ai consumi in generale quanto quella destinata agli investimenti. E questo è da mettere in stretta connessione proprio con la disponibilità di risorse indirizzate in investimenti all'estero. Ma in questo quadro sono aumentati gli investimenti destinati all'abitazione sia in percentuale sia in valore assoluto. Dai dati dell'ISTAT si rileva che nel '63 gli investimenti nelle abitazioni erano stati 2262 miliardi; nel '69 questi investimenti erano saliti a 2886 miliardi; gli investimenti in macchine ed attrezzature complessive erano passati invece solo da 2376 a 2475 miliardi. Si evidenzia da queste cifre come non vi siano stati investimenti per rinnovamenti tecnologici in generale, mentre sono aumentati notevolmente gli investimenti nel settore edilizio, in quel settore, cioè, a scarso capitale fisso e in cui hanno notevole peso gli interventi di carattere speculativo. E' cioè aumentato, in questi ultimi dieci anni, e non calato, il peso delle attività speculative. Oltre a questa indicazione, che si riferisce al maggior peso che ha assunto l'investimento nel settore edilizio e della casa, c'è da richiamare anche il fatto che c'è stata appunto, come dicevo prima, una progressivamente crescente esportazione di capitali. Dalla Confindustria l'anno scorso è stato rilevato, sempre a dimostrazione del peso che ha avuto la rendita come nel 1972, su un valore aggiunto del settore abitazioni pari a 3037 miliardi, circa il 25 per cento sia stato assorbito dalla rendita urbana.
Nuova dimostrazione, Bianchi, del grosso peso che la rendita urbana ha avuto in questo sviluppo economico italiano e della grossa accentuazione di peso che ha fatto registrare proprio in questi ultimi anni.
Questo fatto è avvenuto in un periodo in cui in Italia era stata introdotta una nuova esperienza politica, quella del Centro-Sinistra; una esperienza politica attraverso la quale le forze politiche si erano proposte proprio di eliminare il processo di crescita tumultuosa delle speculazioni, a favore delle posizioni produttive. L'ipotesi schematizzata era quella che mirava sul piano politico alla rottura del fronte di classe evidentemente in chiave anticomunista; rottura del fronte di classe che veniva fondato sulla possibilità di realizzare un processo di razionalizzazione produttiva basato sul trasferimento di ricchezza dai settori parassitari ad una serie d'investimenti di carattere sociale, tra cui anche il settore della casa; una politica, cioè, di riforma, che avrebbe dovuto dare credibilità alla nuova formula politica ed avrebbe dovuto creare un consenso a livello di massa appunto con una rottura del fronte della classe operaia. Si è dovuto invece rilevare in questi anni in cui sono intercorsi tutti questi processi di regressione, in cui si è avuto questo incremento delle rendite della speculazione, una compitezza politica del movimento operaio da un lato, che ha reso impossibile il gioco di rottura del movimento operaio stesso, e dall'altro lato un consistente intreccio, più forte di quello che poteva essere immaginato, tra profitto e rendita, un intreccio che ha di fatto reso inoperante disegno politico ma anche le buone intenzioni che alcune forze politiche all'interno di quella formula governativa avevano riposto. Due fattori che hanno portato i compagni socialisti, che pure erano stati la parte propulsiva di tutta una politica che avrebbe dovuto portare a risolvere il problema della casa, a colpire le rendite, ad eliminare le possibilità di ulteriore acquisizione di rendite di posizione, i compagni socialisti ai quali si deve, nella maggioranza governativa, parte sostanziale dell'azione per la promulgazione della 865, ad uscire dal Governo. Da quelle ragioni di sostanza, e dalla realtà dei processi si è giunti alla rottura sul piano politico da cui ha preso avvio quella parabola che ha portato alla paralisi dell'applicazione della legge, che ha reso improduttivi i suoi dispositivi, che ha portato questo Governo, non solo a non elargire i fondi promessi, ma ad adottare nei confronti dell'Ente Regione un atteggiamento di disconoscimento dei poteri, togliendo ad esso ogni possibilità d'intervento autonomo traducendolo in un mero strumento di carattere operativo (mi richiamo, ad esempio, al fatto che è stato imposto di ridurre al 10 per cento quel 30 per cento che era stato indirizzato alle cooperative, all'interno del quale il 70 per cento era stato fissato per le cooperative a proprietà indivisa).
L'intervento della Regione era stato operato ad allargamento della cooperazione, e sostanzialmente ad allargamento della cooperazione a proprietà indivisa - con ciò rispettando i principi che sono alla base della legge, per cui non si deve creare altri privilegiati, riprodurre altre rendite. Su tali indirizzi è intervenuto il Governo, disconoscendo che la Regione può in maniera più democratica, più realistica, utilizzare i finanziamenti secondo le effettive realtà sociali e sindacali.
Ora, riconoscendo la situazione di difficoltà che viene posta allo stesso sviluppo economico italiano dalla rendita, il capitalismo italiano per lo meno nelle sue punte più avanzate, ritorna alla carica con proposte che hanno evidentemente un contenuto interessante, ma che devono essere considerate, tutto sommato, proposte di carattere strumentale. Agnelli propone, in sostanza, in cambio di una pianificazione dei rapporti all'interno della fabbrica, una sua disponibilità per colpire la rendita.
Io credo che il problema, non possa essere prospettato in questi termini.
Il movimento operaio sta rispondendo con fermezza a queste proposte, pur dedicando ad esse tutta l'attenzione che meritano, tutti gli approfondimenti che è giusto fare: non può esistere una alleanza di questo tipo, inevitabilmente di sudditanza al capitale, che metterebbe in difficoltà e in discussione, non solo le conquiste operaie all'interno della fabbrica, ma le stesse conquiste esterne. Oggi la necessità di colpire la rendita, che il mio partito sostiene da lunga data, è senz'altro un problema essenziale per lo sviluppo economico italiano; ma, secondo me i partiti e gli istituti elettivi, nella misura in cui vogliono essere portatori di un discorso che matura all'interno dei lavoratori, devono porsi essi il problema, non disgiungendo il perseguimento dello sviluppo produttivo dal più generale problema della modifica del quadro politico del nostro Paese, della conquista della egemonia da parte della classe operaia di quella classe che è l'unica veramente in grado di aggregare intorno a s le forze sociali e le forze politiche capaci di svolgere un'azione reale contro la rendita.
In questo noi vediamo un nodo di fondo, per cui quando sentiamo, come abbiamo sentito anche dall'Assessore Benzi, come sentiamo da altre forze politiche, che oggi è necessario andare avanti nel colpire la rendita, noi diciamo appunto che è necessario però farlo sia difendendo intanto la legge 865, ampliandola, portandola a tutti i livelli d'intervento per cui questa legge era nata (nella fase elaborativa era stata espressa l'esigenza di arrivare ad un regime unico delle aree), ma avvertendo anche un'azione di questo tipo, di cui un'assemblea elettiva come la Regione credo debba farsi portatrice, può avvenire soltanto modificando il quadro politico esprimendo a livello governativo nazionale una composizione politica che sia effettivamente espressione di quelle classi lavoratrici che hanno operato per la legge 865 e che intendono migliorarla proprio nel suo contenuto più valido, quello della estensione del regime pubblico dell'uso del suolo.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Rossotto, ne ha facoltà.



ROSSOTTO Carlo Felice

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la relazione dell'Assessore Benzi che già nel precedente intervento ha trovato negli adempimenti puntualmente eseguiti da parte della Regione, l'assenso del collega Rivalta, si scontra però con un documento il quale, per correttezza politica e anche per l'impegno che avevamo assunto, giunse alla Presidenza del Consiglio, ai Capigruppo ed all'Assessore all'urbanistica da parte delle organizzazioni sindacali; mentre rileviamo che la Regione ha fatto quanto era suo dovere, per contro abbiamo i sindacati, i quali evidenziano la situazione che esiste attualmente nel nostro Paese, più grave nella nostra Regione, ancora più grave nell'area metropolitana, gravissima nella città in cui stasera stiamo lavorando. L'inizio di questo documento parla della pesante incidenza dell'affitto sul salario, della prossima scadenza del blocco dei fitti, della crescente domanda di case economiche, cioè della drammatica situazione che si presenta ai nostri occhi.
Con questa legge, tanto discussa prima di essere approvata, discussa in sede di approvazione e ancora ridiscussa dopo che fu approvata, noi in effetti come Regione Piemonte veniamo ad avere a disposizione, sotto la voce del 68 a) otto miliardi e rotti, sotto l'altra voce del 68 b), cioè i fondi residui Gescal, 54 miliardi per un totale di 63 miliardi che paragonato con le esigenze espresse anche in numero di miliardi per quanto si possano dare per attendibili i dati che consideravano un milione e 200.000 lire per camera le valutazioni dell'IACP che si occupavano della materia, porterebbe ad oltre i mille miliardi le esigenze della nostra Regione; con gli interventi dell'art. 68 a) e 68 b) noi possiamo coprire soltanto il 6 per cento dei fabbisogni.
Questa è la situazione di una legge che ci viene richiesta dai sindacati di difendere nello spirito di ciò che la stessa ha voluto rappresentare, il tentativo di organizzare la complessa materia degli interventi dell'edilizia sovvenzionata, agevolata e convenzionata, con le varie disposizioni di legge che dal 1949 in avanti la nostra Repubblica ha conosciuto.
Di questo ha già parlato correttamente il collega Rivalta, ma alcune considerazioni vanno fatte se si vogliono collegare certe drammatiche situazioni di fatto a soluzioni di ordine politico, a svolte politiche oppure ad impegni che possano dare indipendentemente dalle formule, una risposta concreta a quelle che sono le esigenze che sempre più drammaticamente avanzano nel nostro Paese sia per non essere intervenuti nei tempi passati, sia per le migliorate condizioni economiche, sia specialmente per quelli che sono stati i grossi fenomeni di spostamento che i nostri venti anni di vita democratica hanno conosciuto nel Paese.
E allora, non senza polemica, si pensa che la programmazione economica del '66/'70, chiamata da tutti "il libro dei sogni", parlava della necessità di garantire un intervento pubblico del 25 per cento nella costruzione delle abitazioni; nel lontano '51 questo 25 per cento veniva realizzato e fino al 1959/60/61 si è mantenuto a certi livelli, passando dal 25 al 16 per cento raggiungendo di nuovo punte del 21 per cento improvvisamente, dal '63 in avanti, si ha questo forte crollo di percentuali dell'iniziativa pubblica, sopperita ancora per un lungo periodo dall'iniziativa privata. A questo punto dovrei dissentire dai dati di rendita, di speculazione che in quel periodo di massima risposta da parte dell'iniziativa privata si ebbero nel settore, nell'indice comparativo di quello che fu il totale degli investimenti e delle realizzazioni, perché se prendiamo i risultati del 1956, anno in cui in Italia si ebbe la costruzione di oltre 215.000 vani, in corrispondenza con il 1964, anno in cui si raggiunse il massimo tetto di realizzazione edilizia, con 450.000 alloggi, noi notiamo che il totale degli investimenti è raddoppiato e se si considera quello che fu il grande aumento del costo della vita dovuto al progressivo aumento degli investimenti che nel paese si erano realizzati dal 1955 al 1964, si può notare che non avevano giocato, in quel momento grossi fattori di speculazione.
Ad ogni modo una risposta mi pare che dobbiamo darla, non si pu soltanto parlare di rifinanziamento della 865; questo è nel grande desiderio di tutti quanti, se si pensa che nel pieno della battaglia per l'approvazione di questa legge, quando si affrontò il problema col titolo ambizioso di "riforma, della casa" nel gennaio del 1971 (allora non era ancora arrivato Malagodi a spendere tutti i soldi) si parlò di una disponibilità di tremila miliardi. Era stato il Segretario del CIPE incaricato della Presidenza del Consiglio nell'ottobre del '70, a fare quest'indagine. I tremila miliardi erano poi recuperati in parte: 800 miliardi dei residui Gescal e 900 miliardi nuovi finanziamenti Gescal, più i residui del Ministero dei LL.PP. e i nuovi finanziamenti (che poi si ridussero a 50 miliardi previsti nella legge 865) il che vuol dire che anche in quel momento si era già ai limiti, io penso, perché nonostante l'impegno di altre forze politiche, a quanto pare molto più sensibili delle nostre di fronte ai problemi sociali, non si seppero dare che queste ristrette posizioni economiche finanziarie alla legge.
Il problema è quindi indubbiamente grave, non soltanto perché i sindacati ci fanno pervenire questo documento, ma perché lo conosciamo. Gli strumenti in effetti oggi li abbiamo, potevano esistere anche in precedenza, ma la 865 ne ha realizzati di più validi per poter intervenire.
C'è a monte un discorso di finanziamento, ma c'é da prevedere che nel settore pubblico non dia soluzioni dell'ampiezza che si vuole dare, perch la prima operazione finanziaria a favore della 865 fu compiuta da altre forze sociali e politiche diverse da quelle che avrebbero gestito la legge.
Siamo in ritardo, ma i provvedimenti dovrebbero essere di pronta maturazione; sul 68 b) si aveva la preoccupazione che non ci fossero neanche più quei 54 miliardi che ci competevano, e su questo onestamente la forza politica cui appartengo in questo Consiglio, avendo approvato quel piano di localizzazione e di ripartizione a cui accennava il collega Rivalta, in cui si alterò un'interpretazione di volontà politica sulla percentuale prevista dal 10 per cento al 30 per cento per le cooperative che ha determinato un conflitto di competenze tra gli organi ministeriali e il CIPE col passaggio successivo di contestazioni per cui le Regioni che si erano allineate alla nostra, resistendo sul 30 per cento determinarono una giustificazione per non volere erogare i fondi, indubbiamente dicevo, il fatto che da parte nostra si sia voluta affermare maggiormente la nostra volontà politica regionale, può avere avuto delle conseguenze. Quindi indipendentemente dalle considerazioni che dobbiamo fare, è bene ricordare che le battaglie politiche su certi principi, su certe autonomie decisionali che come Regione dobbiamo pretendere, forse è opportuno portarle in testi generici di lotta e non su casi particolari di interventi, proprio per evitare ritardi o giustificazioni a ritardi che ci possono essere.
Il governo centrale mi pare che sta godendo degli ultimi momenti di sua vita, da quello che si sta leggendo sui giornali, ma sorgeranno altre forze politiche con maggiori impegni le quali troveranno anche il rifinanziamento della 865 e molto probabilmente altre possibilità. Ad ogni modo mi pare che questo governo il suo dovere l'ha compiuto, nel volgere di un anno e mezzo dal momento in cui la legge è stata attuata, col 68 a) abbiamo i primi stanziamenti, i primi appalti che il Bollettino della Regione ha evidenziato nei giorni scorsi ed è prossima l'attuazione del resto. Gli strumenti li abbiamo, le possibilità di intervento esistono, ma se pensiamo che oggi possiamo intervenire soltanto per un 6 per cento contro un 94 per cento, tenuto conto che abbiamo gli strumenti nelle mani sia attraverso la 167, sia attraverso la 865 che la 167 prevedeva soltanto il 60 per cento delle possibilità abitative che erano richieste, che sulla 167 nel caso più ottimale si può intervenire con l'edilizia pubblica soltanto nell'ordine del 50 per cento, allora mi pare che anche come Regione potremo essere iniziatori, perché possono sorgere attività da concordare da parte dell'edilizia privata con le pubbliche amministrazioni, agevolazioni e finanziamento, tipologia degli insediamenti, prezzi di vendita garantiti e canoni di locazione fissati predeterminati, tutte cose che attraverso queste forme di intervento che mi pare non si possano escludere, visto gli impegni della nostra carta costituzione e che in ogni caso sono richiesti e sollecitati da una situazione di carenza, possono essere previste.
E allora occorre vedere se è possibile fare qualcosa di più indipendentemente dal richiedere sussidi e interventi finanziari maggiori al governo (al quale senz'altro questi obblighi incombono); esistono già delle competenti e autorevoli rappresentanze politiche che in sede nazionale si stanno battendo nei confronti del governo e al fianco delle quali le Regioni dovranno proseguire questa battaglia, ma esistono anche delle possibilità, io ritengo, a livello nostro, che possono porre in moto determinate opere per battere quelle forme parassitarie, quelle forme che sono diventate di moda e che si chiamano rendite (una volta si chiamavano speculazione) che vogliono dire ingiusto profitto o ingiusta mercede per determinate persone, che tutte le legislazioni devono cercare di combattere e di evitare. Se non sono sufficienti cerchiamone altre nell'ambito del nostro stesso statuto regionale, all'art. 72 ad esempio per realizzare un ente in cui la Regione abbia la maggioranza delle sue partecipazioni e insieme alle altre amministrazioni locali possa gestire meglio queste possibilità edificatorie che ancora esistono ai sensi della 167.
Il governo ha stanziato 300 miliardi per opere di urbanizzazione, pare che questi 300 miliardi potrebbero essere portati a 600, il che vorrebbe dire che ai Comuni, che in effetti sono i più bisognosi proprio per la situazione precaria della finanza locale e per le finanze comunali che ancora conoscono l'incertezza delle nuove disposizioni di erogazione di contributi a loro favore, si potrebbe andare incontro nelle opere di primaria e secondaria urbanizzazione per poter mettere gli operatori pubblici e privati che vogliono esercitare la loro funzione imprenditoriale, che non è quella di poter lucrare sulle differenze di valore delle aree, nella possibilità di intervenire nel contesto delle disponibilità della 167.
Ricordiamoci ancora che nella 865 esiste la possibilità di creare consorzi per attuare forme di edilizia consortile tra i vari Comuni. E' obbligo della Regione di realizzare la costituzione di questi consorzi ove uno dei Comuni lo richieda, ma non mi pare che nell'ambito dell'area metropolitana di Torino, individuata anche col decreto presidenziale dell'anno passato, vi sia stato ancora un Comune che abbia manifestato la volontà di realizzare un consorzio; il che invece potrebbe permettere interventi da parte regionale per risolvere in maniera più organica alcuni problemi di fondo.
In questo senso si potrebbe ancora, come Regione, sensibilizzare gli enti locali, cioè i Comuni, perché diventino loro iniziatori di quest'operazione per determinare un ulteriore sviluppo.
In questo quadro mi pare che si pone un altro problema, che ho notato nel documento dei sindacati e che è inutile nascondere di fronte alla realtà, per non ritrovarci all'ultimo momento di fronte ad un'altra situazione di gravissima ingiustizia: il blocco dei fitti nella sua dissociata articolazione. Noi abbiamo, dal 1947, un certo tipo di legislazione vincolistica che ha subito tutta una serie di aumenti, abbiamo avuto una legislazione particolare nel '63, ripetutasi nel '64 e ancora nel '69 in cui vi fu l'ultima. Dal '69 in avanti siamo di nuovo in regime di completa libertà di mercato, si possono imporre i canoni che si vuole. Il 31/12/1973 dovrà essere imposto nuovamente il blocco degli affitti, perch mi pare che con assoluta serietà, serenità, non si può prevedere altra soluzione che questa in una situazione contingente come quella italiana, ma nello stesso tempo mi pare che si potrebbe, visto che ci sono sette mesi di tempo prima di questa scadenza, imporre una soluzione più organica, perch non è lecito che esistano condizioni di affitto diverse per uguale situazione abitativa: di indubbio favore quelle del '47, di minor favore perché collegate ad una situazione di mercato, quelle del '63, del '64 quelle del '69 e infine quelle assolutamente libere.
Necessita una riequilibrazione del problema, con una diversa struttura organica di un provvedimento legislativo che sappia contemperare queste diverse punte che interventi successivi e in ritardo, per l'esplodere di certe situazioni di eccessiva richiesta di fronte ad una ristretta offerta hanno determinato.
Dal nostro dibattito potrebbe partire un suggerimento alla Giunta perché operi in sede nazionale affinché il Parlamento tempestivamente voglia affrontare il problema, altrimenti, come per il passato, arriveremo ad un articolo unico il quale prorogherà situazioni che confondono e che permettono ai singoli magistrati di valutare differentemente le situazioni il che non corrisponde a chiarezza, a giustizia sociale, a una responsabile risposta alle esigenze che la nostra realtà, drammaticamente provata per un complesso di situazioni, ma anche per dei gravi ritardi da parte dell'operatore pubblico e politico, ha realizzato.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Berti, ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Io vorrei solo puntualizzare alcuni impegni da richiedere alla Regione perché anche se il dibattito deve andare a fondo delle cause del ritardo come giustamente ha fatto rilevare il mio compagno Rivalta, credo che l'opinione pubblica si attenda qualcosa di più di una relazione che fa la cronaca del come la Regione ha applicato le direttive che le sono state date dalla legge per la casa.
Devo dire che dal titolo di un giornale cittadino relativo ad un'intervista con l'Assessore, mi aspettavo qualche cosa di più. Il titolo è molto interessante "La Regione per un nuovo impulso all'edilizia popolare" e le dichiarazioni dell'Assessore sulla necessità di non abbandonare il settore dell'edilizia popolare agli insufficienti interventi d'edilizia pubblica, ma di far risalire l'attuale quota trascurabile del 4/5 per cento ad un livello almeno del 40 per cento, anche, ma un'intervista di questo tipo fa pensare che oltre alla relazione sull'applicazione della legge, per la quale non può essere posta in causa la Giunta che ha diligentemente ottemperato ai compiti che la legge stessa le affidava, vi siano delle proposte per dare un nuovo impulso all'edilizia popolare.
La relazione è deludente, almeno dal mio punto di vista, perché dice cose non nuove, come, ad esempio, in quale modo, siamo arrivati alla formulazione dei criteri per la suddivisione delle somme, ecc. cose dette altre volte, discusse; l'importante invece era di andare ad allargare politicamente il quadro, a ricercare le cause di questa situazione (cosa che ha fatto il collega Rivalta). E' ben vero che si può dire che la Regione Piemonte, visto l'esito della legge lombarda, non assume iniziative del genere, però non c'è stata intenzione di assumerle mai, quanto meno la Regione Lombarda ha operato, al di fuori della legge, sulla base di una propria iniziativa per affrontare l'iter con maggior sveltezza e soltanto una decisione assolutamente conservatrice e reazionaria di una parte del Governo (se è vero come è vero che alcuni ministri hanno pubblicamente dissentito) ha impedito che la Regione Lombarda assumesse, al di là delle ottemperanze di legge, delle iniziative capaci di fare avanzare le cose.
C'é da dire che neanche noi come opposizione le abbiamo sollecitate, ma neanche la Giunta, che del resto ha preteso di avere sempre nelle mani la conduzione di questa legge.
Quindi bisognerebbe proprio proporre qualcosa di più, di diverso. Le stesse proposte fatte dal Consigliere Rossotto secondo me contengono qualcosa d'interessate egli dice, quanto meno incentiviamo i Comuni a consorziarsi, non dà indicazioni precise, ma affida alla Giunta il compito di promuovere delle iniziative.
D'altra parte affermare che la legge d'iniziativa della Giunta sui contributi ai Comuni per le opere di urbanizzazione primaria, risulta essere ancora alla II Commissione, è una cosa non vera, nella realtà è arrivata alla II Commissione, l'Assessore si è incontrato con la Commissione e con le cooperative che hanno fatto delle osservazioni critiche e delle proposte e l'Assessore le ha accettate, ritardando la proposta di legge con l'impegno di ripresentarla in modo diverso. Invece la legge non è più tornata all'esame della Commissione e nella recente riunione dei Capigruppo in cui si formulò il programma di lavoro della sessione di giugno, la questione è venuta in discussione e c'è stato un impegno del Presidente della Giunta a presentarla rapidamente. Vogliamo fare almeno questo? Fissiamo un termine: alla fine di giugno approviamo la legge della Regione per contributi ai Comuni per le opere di urbanizzazione primaria.
Critiche al Governo ne sono venute fuori da tutti i banchi, ma l'azione contro il Governo la si fa in diversi modi e a questo punto occorre determinare quale tipo di azione condurre. Se si riconduce tutto o quasi tutto alla responsabilità del Governo, ai ritardi, al CER che non funziona agli apparati burocratici ecc. bisogna pur decidere di fare qualche cosa che cosa facciamo? Convochiamo tutti i Comuni chiamati in causa, vediamo insieme quali meccanismi mettere in moto, facciamo un'iniziativa pubblica chiamiamo in causa il Governo, costituiamo una delegazione, andiamo a Roma non lo so, ma non basta venire qui a fare un dibattito sull'attuazione della legge per la casa e riscontrare che il Governo non ha ottemperato ai propri compiti. Il discorso va molto in là, chiama in causa le forze politiche, ma tutto questo deve pur avvenire fuori altrimenti ci assolviamo a vicenda, prendiamo atto che la situazione non va bene e ce ne andiamo a dormire. Ma non è questo che la gente vuole, vuole qualcosa di più, vuole che siano ben definite le responsabilità del Governo e delle forze politiche che lo compongono, altrimenti non ci comprendiamo più e i dibattiti, veramente, non servono a niente.
Occorre quindi vedere che cosa fa la Regione. Io chiedo: per quanto riguarda le responsabilità politiche e i ritardi in campo governativo quali iniziative intende assumere la Regione Piemonte? La mia proposta discutibilissima, sostituibile con altre magari più interessanti, è quella di una presa di posizione - che abbia il suffragio dei Comuni, certo, non si risolva soltanto nell'ordine del giorno che possiamo approvare questa sera o un altro giorno - affinché l'opinione pubblica senta che c'è qualcosa che sta al di sopra della Regione che non funziona e occorre modificare e lo senta più di quello che già lo sente altrimenti il nostro diventa un organo periferico dello Stato, prendiamo atto che le cose non vanno bene e tutto finisce lì. E' troppo poco.
Io chiedo quindi alla coerenza regionalistica della maggioranza al di fuori di giochi di partito di prendere atto delle responsabilità delle forze politiche e le addito l'esempio dei ministri che hanno tenuto a scindere le loro responsabilità nei confronti di un'iniziativa presa dalla Regione Lombarda e che ho ricordato prima.
Chiedo poi alla Giunta quando intende riportare in Commissione il testo della legge riveduto e corretto, così come si era impegnato a fare l'Assessore. Fissiamo un termine. Dalle assicurazioni del Presidente della Giunta risulta che questa legge è possibile farla passare rapidamente, se non nel mese di giugno, nei primi dieci giorni di luglio; licenziamo questa sessione con un intervento della Regione, stabilendo la cifra più alta possibile, senza provvedimenti di legge che finiscono per stanziare quattro soldi e non riescono a dare risultati tangibili.
Mi fa piacere che Rossotto abbia detto che non è possibile che non ci sia il blocco degli affitti. Questo, al di là del modo un po' ambiguo (se mi consente) comunque non chiaro con il quale si è espresso l'Assessore, è un altro punto fermo. Prendiamo posizione affinché si proceda all'applicazione di un canone equo, ma intanto, visto che abbiamo cinque anni d'esperienza davanti, prendiamo un'iniziativa che stabilisce il blocco degli affitti, perché deleterio sarebbe per la società italiana che si sbloccassero gli affitti nel momento in cui il costo della vita è giunto a punte così elevate.
C'è poi una richiesta che avevamo fatto in occasione del bilancio 1972 e cioè lo stanziamento da parte della Regione di contributi a fondo perduto per diminuire il costo del mutuo contratto dalle cooperative soprattutto a proprietà indivisa. In quella sede ci fu detto che la cosa non era possibile perché in contrasto con la legge finanziaria che fissa in modo molto preciso i compiti della Regione. Devo dire, in coscienza, che non ho approfondito questa risposta, devo tuttavia chiedere un impegno preciso ad approfondire l'argomento e a dare una risposta precisa.
Io so di avere l'assenso del Consigliere Rossotto, perché lo ha detto nell'incontro avuto con l'Assessore giorni fa, su una questione: si potrebbe fare un ordine del giorno, esprimendo un invito alle forze politiche ad utilizzare i residui attivi di bilancio degli istituti bancari che, se non erro assommano, tra Cassa di Risparmio e Istituto San Paolo, a tre miliardi e mezzo l'anno forse più che meno. Io chiedo al Consigliere Rossotto se è ancora d'accordo su un ordine del giorno del Consiglio Regionale che inviti le forze politiche che hanno fra i loro rappresentanti i Presidenti della Cassa di risparmio e dell'Istituto San Paolo ad impegnare i residui attivi per finanziare programmi di sviluppo sociale potrebbe essere un fondo che serve a far diminuire il costo dei mutui.
Questa è la quarta richiesta che faccio e che chiedo sia iscritta nell'ordine del giorno. Alla fine di questo dibattito potremo avere una serie di osservazioni critiche alle cose non adempiute dallo Stato, potremo indicare quali iniziative si devono assumere (io ne ho proposta una) potremo formulare precisi impegni in ordine alle leggi che la Regione pu fare e potremo formulare un invito alle forze politiche sulle ultime cose che ho detto e che, ripeto, sono venute in discussione nell'incontro Commissione-Assessore ed hanno avuto l'assenso delle forze politiche presenti. Non è una cifra enorme, ma potrebbe mettere in movimento una cifra anche maggiore.
Queste sono alcune proposte di ordine minore rispetto all'ampiezza che ha assunto il dibattito, ma che se accettate potrebbero far chiudere il bilancio con alcuni impegni precisi per quanto riguarda l'iniziativa specifica della Regione.



PRESIDENTE

Il Consigliere Rossotto chiede di parlare; dovrebbe essere però una puntualizzazione soltanto, altrimenti non potrei darle per la seconda volta la parola.



ROSSOTTO Carlo Felice

E' in ordine a una proposta, prima di tutto del tipo di utilizzazione e sul metodo da seguire. Io ho dichiarato di essere pienamente disponibile per chiedere al mio compagno di partito, amico di partito, Presidente dell'Istituto bancario San Paolo se è possibile, in base allo statuto degli enti, effettuare l'erogazione. C'é stata una discussione con l'Assessore sulla forma d'intervento che il Governo centrale aveva già respinto alla Regione Lombarda, successivamente il discorso è proseguito col collega Rivalta sulle forme di utilizzazione di fondi recepiti in questa maniera.
In un incontro con il prof. Jona, a cui è stata espressa chiaramente la domanda, non vi è stata una pregiudiziale negativa, ma dovrei chiedere all'ufficio legale se è possibile erogare in questa maniera. In ogni caso esistono già impegni di chiara assistenza sociale, egli ha precisato, e credo che le componenti politiche che sono nei Consigli possono anche controllarle, per cui i residui eventualmente disponibili si riducono ad una parte molto limitata. Questo perché in base ad un documento dei sindacati, si è aperta...
Voce da sinistra. Fai marcia indietro?



ROSSOTTO Carlo Felice

No non faccio marcia indietro, ho detto esattamente i limiti della posizione: non esiste alcuna preconcetta volontà di difendere certe posizioni, ma la volontà di chiarirle e dal chiarimento è venuto fuori che gran parte di queste erogazioni di utili sono fisse e destinate a beneficenza e non possono essere alienate, su ciò che rimane è da vedere se sono possibili interventi di questo genere in base agli statuti di quegli istituti.
Ad ogni modo è un problema che può essere esaminato successivamente.



PRESIDENTE

Io ho ancora iscritto il Consigliere Simonelli. Vorrei sapere se ci sono altri che si iscrivono, anche per una certa economia del tempo.
Garabello.
Personalmente, su una delle proposte che ha fatto il Consigliere Berti direi che prima di formalizzarla in un ordine del giorno dobbiamo renderci veramente conto se la richiesta sia tale da reggersi ed è quella relativa all'impiego dei residui, perché chiedere una cosa che sia possibile va benissimo, è un voto positivo e concreto, chiedere una cosa che urti contro difficoltà di ordine giuridico, di ordine tecnico.....



BERTI Antonio

Chiediamo di accertare se è possibile utilizzarli.



PRESIDENTE

Io ho voluto solo fare presente questo, non chiedere una cosa che non è possibile ottenere.
Sono iscritti ancora Simonelli e Garabello. La parola al Consigliere Simonelli.



SIMONELLI Claudio

Signor Presidente, colleghi, credo che giustamente ci occupiamo questa sera di un problema sul quale le Regioni la nostra in particolare, hanno mostrato di essere estremamente sensibili e sul quale hanno esercitato le loro capacità di coesione e di compattezza nella vicenda dei decreti delegati previsti dall'art. 8 della legge 865, riuscendo in extremis a incidere sui contenuti dei decreti stessi, anche se non nella misura che si sarebbe auspicata.
Sbaglieremmo se non considerassimo questa azione della Regione inquadrata in una di rapporti da un lato con le forze sociali e dall'altro con il Governo e quindi se prescindessimo dal considerare che anche le Regioni sono livelli di Governo; forse l'autorità centrale sta disconoscendo, con la sua azione limitatrice dei poteri delle Regioni quello che in fondo sta emergendo dalle vicende di questi anni e cioè che anche in questo settore le Regioni aspirano ad esercitare pienamente le loro funzioni a livello di governo del Paese.
Ora, per forza dobbiamo partire dal quadro generale del problema dell'abitazione, dai dati che ci sono stati consegnati dalla relazione, che sono comunque presenti nel dibattito, dalla considerazione della forte domanda di abitazioni che è sempre meno soddisfatta dall'impegno decrescente della mano pubblica nel campo dell'edilizia convenzionata elementi sui quali poi si innesta questa crisi economica del Paese e in particolare del settore edilizio, crisi che è lungi dall'essere risolta anche se in una recente intervista del sen. Perri ci sembra di avere rilevato un minore pessimismo e comunque una minore preoccupazione per gli effetti della 865 e in genere della politica che si è chiamata di riforma della casa. Non so se attribuire questo minore pessimismo del sen. Perri ad un'attenuazione dei toni apocalittici con i quali il partito liberale ha in passato affrontato questo dibattito, forse in effetti c'é un mutamento di tono, io credo di doverlo registrare, per quanto mi riguarda anche con piacere; nell'intervento del collega Rossotto il quale ci ha fatto un discorso intriso di melanconica tenerezza, quasi il discorso della moglie che sta per essere abbandonata, ed è un fatto estremamente piacevole perch di solito in casi di questo genere, quando i matrimoni vacillano scricchiolano, le reazioni sono di altro genere, si va con la carta bollata, si litiga, si portano le cose in tribunale. Invece mi sembra di capire che, per lo meno qui, i Consiglieri liberali hanno un tono un po' melanconico ma, tutto sommato, con un certo stile e questo senz'altro è un dato che credo dobbiamo registrare con una certa soddisfazione.
La politica dell'intervento pubblico nell'edilizia quindi deve per forza tenere conto delle esperienze passate, del fallimento degli interventi che si sono articolati nel primo e nel secondo settennio Ina Casa e poi nel programma decennale della Gescal, e della caduta nettissima della quota coperta dell'intervento pubblico che da un livello massimo del 25 per cento è praticamente arrivata a percentuali irrilevanti e deve partire dalla considerazione che il tema della casa è stato riproposto da una fortissima azione dei sindacati e delle forze sociali che lo hanno rimesso all'attenzione e all'evidenza della classe di Governo. Per forza quindi partiamo da quel primo risultato acquisito che è la legge sulla casa, certamente perfezionabile nei suoi meccanismi di attuazione, ma che deve essere il punto di riferimento da cui non si può prescindere; in questo senso io sono completamente d'accordo con l'ampio intervento che ha fatto il collega Rivalta prima quando diceva che è dal risultato acquisito dalla riforma che dobbiamo partire. E anche tutto quello che si chiede l'attuazione del programma triennale '71/73 e gli interventi finanziari aggiuntivi e di ben altra entità, devono partire da questa constatazione cui va aggiunta l'altra constatazione dello sforzo limitativo del potere centrale ed in particolare del meccanismo delle circolari che tende, se non ad insabbiarla la legge, certamente a rallentarla nella sua attuazione. Del resto non sono mancate esplicite prese di posizione intese a fare di questa legge non un punto di partenza per un diverso intervento nel settore dell'edilizia, ma a farne viceversa un episodio da dimenticare, da accantonare in un corso politico diverso.
Ora la 865 ha creato uno strumento di programmazione e di gestione dei programmi e non possiamo perdere l'occasione, sarebbe veramente assurdo se questo meccanismo, questo tentativo razionalizzatore venisse frustrato da interpretazioni di carattere restrittivo e da mancanza di mezzi, cioè che questo strumento venisse impiegato a gestire stanziamenti insufficienti episodici, scoordinati. Ecco perché è stata avanzata l'esigenza di un programma pluriennale d'interventi che consenta di affrontare il problema posto dalla 865, con tutta l'ampiezza che è necessaria si è visto che un programma di questo tipo dovrebbe essere almeno settennale, che consentisse cioè nel settennio di arrivare a costruire un milione di alloggi e ad investire 10.500 miliardi, portando con ciò la quota dell'edilizia pubblica al 30/40 per cento del totale. E' chiaro che si tratta di una scelta questo programma comporta uno sforzo della finanza pubblica enorme, e non sto neppure a intrattenermi un attimo sugli effetti anticongiunturali sugli effetti importanti per la ripresa economica che avrebbe un intervento di questo tipo a cui dovrebbe essere collegato anche un meccanismo adatto a sollecitare un afflusso del risparmio privato al settore, in forme e modi evidentemente diversi da quelli tradizionali.
E qui occorrerebbe approfondire il rapporto tra l'edilizia sovvenzionata, convenzionata e agevolata. L'edilizia sovvenzionata deve essere quella verso cui si indirizza lo sforzo finanziario con criteri prioritari, proprio perché riguarda l'edilizia destinata ai ceti meno abbienti e a cui deve essere ricollegato lo sforzo maggiore. Questa dovrebbe essere riservata esclusivamente e prevalentemente alla locazione con dei fitti sganciati dal costo dei finanziamenti, in modo da poter effettivamente adeguare i canoni alle capacità economiche degli utenti.
Viceversa l'edilizia convenzionata e agevolata dovrebbe essere sottoposta a degli opportuni controlli, in maniera da poter superare il divario tra una domanda di abitazione a prezzi contenuti e un'offerta di mercato che non ha mai corrisposto a questa esigenza. E' chiaro però che, o riusciamo a fare delle Regioni l'elemento di coordinamento di tutti gli interventi sia nell'edilizia sovvenzionata che in quella agevolata e convenzionata, oppure continuiamo a marciare su piani diversi che non si incontrano e quindi con uno scoordinamento d'interventi e di destinazione delle risorse.
Allora è chiaro che questo grandissimo sforzo finanziario deve essere collegato ad un allargamento dei poteri d'intervento della Regione, facendo veramente di questo ente il perno di una programmazione pluriennale d'interventi.
Un altro aspetto che deve essere sottolineato riguarda gli aspetti urbanistici della 865 ed è l'aspetto sul quale forse le polemiche sono state maggiori, anche se mi sembra di capire che qui oggi nessuno più si azzarda a sostenere quello che nel dibattito di questi anni si sosteneva: da quando i fratelli Agnelli hanno spiegato che la rendita non appartiene ai valori che questa società deve venerare, nessuno più sostiene la rendita, salvo poi chiamare rendita i profitti degli altri e profitti le rendite proprie, ma in genere ormai la rendita non è più un valore guida della nostra società e nessuno più si sente di sostenere che c'è e che è un male trascurabile. Quindi, tutti d'accordo sulla necessità di stroncare la rendita. Però bisogna vedere in concreto quale è il quadro che sotto il profilo della pianificazione urbanistica ci troviamo di fronte; non è un mistero per nessuno che se la norma dell'art. 51 della legge 865 non avesse opportunamente introdotto la possibilità di intervenire anche per i Comuni che non hanno il piano della 167 i Comuni sui quali questa legge potrebbe diventare operante si conterebbero sempre sulle dita di una o al massimo due mani, quindi la legge pone drammaticamente il problema degli strumenti urbanistici dei Comuni ed il problema di non fare degli interventi di attuazione della legge un qualche cosa di disordinato, di disorganico, di staccato rispetto ad una politica di controllo e d'indirizzo della pianificazione territoriale di cui la Regione si deve dare carico altrimenti non riusciamo a svolgere fino in fondo l'intervento di questo settore.
C'é poi la questione degli operatori, che la legge ha nel complesso identificato negli IACP e nei loro consorzi, nelle cooperative e nei loro consorzi, nelle aziende a partecipazione statale e nei privati, definendo anche i rispettivi campi d'intervento. E' chiaro che dobbiamo ribadire il ruolo esclusivo degli IACP e dei loro consorzi nell'edilizia sovvenzionata che deve essere realizzata e gestita in forma pubblica, mentre sotto il profilo istituzionale non possiamo assolutamente essere tranquillizzati per il mancato assoggettamento alla programmazione unitaria degli interventi dello Stato in favore dell'edilizia convenzionata e agevolata. Lo ripeto qui, il fatto che la Regione non possa assoggettare a nessuna forma di controllo questi interventi, ha effetti particolarmente gravi proprio nelle aree metropolitane e in generale nelle aree dove ci sono le maggiori tensioni dal lato della domanda, dove in pratica è impossibile governare soltanto intervenendo nell'edilizia sovvenzionata, dove, tra l'altro, il discorso unitario e programmatico d'intervento viene frustato (anche perch qui vi sono le maggiori distorsioni nei finanziamenti che sono mosse dalla logica di selezione degli istituti di credito) e dove quindi in realtà la maggior parte degli interventi in pratica di fatto sfugge al controllo della Regione.
Questa ripartizione, che comunemente è accettata, tra l'edilizia sovvenzionata, agevolata e convenzionata, non può consentire d'individuare delle categorie che marcino ognuna per suo conto, con delle metodologie con delle differenziazioni procedurali, con delle differenziazioni di competenza così radicate, così macroscopiche da togliere ogni possibilità di coordinamento. E' chiaro quindi che bisogna realizzare una forma di direzione e di coordinamento unitario. Ovviamente è la Regione che pu assumersi questo compito, utilizzando eventualmente una delega ulteriore di funzioni accanto a quelle che la Regione ha già nell'urbanistica, nei lavori pubblici, nei trasporti e a quelle che le competono, delegate dalla 865.
Tornando per un attimo al discorso finanziario, non c'è dubbio che la limitatezza degli stanziamenti previsti dalla 865 costituisce un altro problema, ne abbiamo discusso, ne ha dato conto ampiamente l'Assessore nella sua relazione, ne hanno parlato i colleghi e quindi non mi soffermo oltre. Però rendiamoci conto, noi veniamo da un'esperienza, che è profondamente negativa, d'intervento dell'edilizia pubblica, non solo per la inadeguatezza dei fondi, ma anche perché l'edilizia pubblica non è mai stata concepita come una riforma, non è mai stata concepita con ampiezza.
Ecco perché, collega Rossotto, si è chiamata riforma della casa, perché per la prima volta si è inteso intervenire in quello che è giustamente visto come un servizio sociale e non con finalità diverse. Il piano dell'INA-Casa aveva come sua primaria finalità non tanto quella di costruire case, ma quella di dare occupazione alla manodopera disoccupata, cioè la casa è stato uno dei tradizionali settori di lavori pubblici nei quali si faceva lavorare gente che non aveva lavoro in attività diversamente produttive.
Soltanto con la 865 la casa è vista come un problema di servizio sociale.
In questo senso quindi decolla una politica nuova che deve essere diversamente e più ampiamente finanziata certo, ma anche orientata diversamente per risolvere questi problemi.
Dette queste cose, un po' brevemente perché il fatto che siamo in pochi non credo ci autorizzi a fare il turno di notte completo fino a domattina vorrei ancora prima di chiudere, parlare su due argomenti. Innanzitutto sia per le cose che ho già detto, sia per una considerazione più generale dell'andamento del settore edilizio in relazione in generale all'andamento della nostra economia negli ultimi anni, penso che sia corretta l'interpretazione che alcuni economisti hanno dato di questa crisi, cioè una crisi strutturale e inevitabile dell'edilizia. Probabilmente si è concluso in questi anni un ciclo che sarebbe comunque arrivato alla sua maturazione, di cui la 865 e se vogliamo anche la legge ponte prima, sono state soltanto degli elementi che ne hanno accelerato il momento della verità, ma comunque un ciclo che per l'edilizia tradizionale è destinato a chiudersi.
Ci avviamo quindi ad un momento di necessaria ristrutturazione dell'attività edilizia, di ristrutturazione dal punto di vista tecnologico di dimensione delle imprese di adozione di tecniche industriali diverse e sotto questo profilo l'intervento pubblico può avere un grosso effetto razionalizzatore, può essere una grossa spinta ad un rinnovamento del settore. Non dimentichiamoci che quel poco di prefabbricazione e di industrializzazione edilizia del nostro Paese, è avvenuto sulla spinta dei programmi d'intervento degli IACP nelle aree metropolitane, negli anni in cui questo discorso è andato avanti, e che proprio la messa in moto attraverso stanziamenti pubblici di un adeguato programma d'intervento, è l'unico possibile incentivo per ristrutturare sotto forme più adeguate tecnologicamente più avanzate, lo stesso settore dell'edilizia.
L'ultima considerazione che desidero fare è ancora un ritorno sulla necessità d'inquadrare questi interventi in una visione globale dei compiti della Regione e mi riferisco ancora ad un esempio concreto: il problema del risanamento delle abitazioni malsane e l'intervento nei centri storici.
Discorso che non basta correlare con un grosso fabbisogno, qui ci sono molte abitazioni malsane, quindi qualcosa bisogna fare. Io credo che il problema sia anche di tipo qualitativo, non è possibile affrontare la questione dei centri storici, come non è possibile che l'affronti il privato perché oggi lo sventramento e la scomparsa dei centri storici trasformati in centri direzionali o in aree puramente destinate alla speculazione non è più possibile per la sensibilità dell'opinione pubblica oltre che per le leggi che sono intervenute; ma sarebbe veramente strano se la Regione non pilotasse questa operazione come un modello di risanamento urbano anche sotto il profilo qualitativo adeguato, cioè devono essere interventi pilota capaci di indicare una strada lungo la quale ci si dovrà mettere per fare un risanamento di un certo tipo, che non significhi distruzione dei vecchi centri della città, ma creazione di nuovi modelli.
Se queste sono una serie di considerazioni che la discussione di stasera ci consegna e sulle quali abbiamo fatto bene a discutere, non sottovaluterei la necessità anche di interventi precisi e diretti della Regione che diversi colleghi prima hanno sostenuto; io credo che sia difficilmente superabile l'obiezione che viene fatta oggi dal Governo sulla possibilità per la Regione d'interventi diretti, di finanziamento e di prefinanziamento, ma ci sono almeno due strade per combattere questa battaglia, senza un braccio di ferro inutile; la prima è quella che indicava anche il collega Berti, cioè la battaglia politica. Noi dobbiamo assolutamente individuare le responsabilità di chi questa riforma non l'ha voluta prima e non la vuole far funzionare oggi e quindi combattere perch vada avanti una diversa interpretazione della legge e, ove necessario anche delle riforme che ne migliorino i contenuti e che consentano un ampliamento dei poteri d'intervento della Regione.
In secondo luogo possiamo vedere di trovare la via per destinare dei finanziamenti diretti al settore dell'edilizia economica e popolare, ad esempio (e ripeto cose che abbiamo già sostenuto discutendo del bilancio) attraverso i fondi per i piani regionali di sviluppo, cioè attraverso dei fondi che la finanza pubblica destina alle Regioni perché queste le utilizzino per interventi concreti sul loro territorio. Io credo che un intervento consistente che riguardi l'edilizia economica e popolare anche in un progetto programmatico sull'area metropolitana torinese ci sta bene potrebbe essere un modo per superare le difficoltà legislative perché non ci sono impedimenti, perché quei fondi (quelli previsti dall'art. 9 della legge finanziaria sulla finanza regionale) le Regioni li destinano con una certa autonomia all'interno di programmi d'intervento che vengono sottoposti al CIPE e non vedo come all'interno della Regione.....



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Non vengono più sottoposti, quindi è una garanzia.



SIMONELLI Claudio

Non vedo chi potrebbe fare obiezioni alla Regione Piemonte che chiede di fare un progetto d'intervento nell'area metropolitana torinese e di destinare una parte di risorse nell'edilizia economica e popolare.
Comunque, ripeto, credo che in questa ottica, cioè facendone uno dei pilastri portanti della politica globale d'intervento, noi riusciremo a fare quelle cose concrete che tutti i colleghi intervenuti hanno giustamente indicato come un nostro compito.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FASSINO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Garabello.



GARABELLO Enzo

Sia l'ora che la vastità del dibattito mi consentono di essere telegrafico, anche perché mi ero segnato delle domande da rivolgere alla Giunta, alcune delle quali già preannunciate, altre che non sono forse strettamente relative alla 865, ma che mi pare possano avere attinenza con un'attività più generale.
Questa riunione è stata preceduta da uno scambio di idee fra la Commissione II e l'Assessore in cui sono stati sollevati molti problemi con l'intesa che si sarebbe andati avanti a discutere queste cose, che il dibattito di questa sera avrebbe avuto essenzialmente una certa finalizzazione, ma che la natura dei problemi e anche una serie di questioni di natura più strettamente tecnica avrebbero consigliato un ulteriore approfondimento, in sede di Commissione, di parecchie questioni.
Della drammaticità del problema della casa è stato detto. Mi aggancerei a una delle ultime cose sollevate dal collega Berti e dal documento presentato dai sindacati e dalle organizzazioni cooperative, per chiedere un pronunciamento sul blocco degli affitti. Noi dobbiamo riconoscere drammaticamente che a 30 anni dalla fine della guerra siamo ancora qui con una serie di provvedimenti che hanno fatto sì che vi sono dei privilegiati cioè persone che hanno potuto usufruire di leggi più favorevoli. Giunti alla fine del '73 bisogna pensare a rinnovarli ed il problema non è stato risolto perché l'unico modo per fare sparire finalmente dalla legislazione la questione degli affitti particolarmente per quanto riguarda i lavoratori (Rossotto forse si riferiva anche a coloro che sono proprietari e che affittano, per me è legittimo che venga posto anche in questi termini) e di risolvere correttamente il problema della casa.
Qui sono state fatte anche dichiarazioni di natura più squisitamente politica. Io ritengo che la legge 865, che doveva costituire la base per la riforma, è giunta in un momento in cui ha sollecitato la fine di una esperienza politica, o quanto meno una sua interruzione.
Io mi auguro, favorevole ad una ripresa di collegamenti politici, che poiché questa ripresa non potrà esserci se non su chiari programmi, su linee di riforma non vaghe, incerte, sfumate o fumose, il problema della casa assieme ad alcuni altri possa essere centrato perfettamente.
Ricordiamo tutti la drammaticità dell'approvazione parlamentare della legge 865, ma il problema non si è granché spostato e pertanto il nuovo governo e la nuova maggioranza parlamentare dovranno assumere le più ampie responsabilità. Io mi permetto di essere d'accordo con coloro che dicevano che se si riconosce nella Regione una funzione relativamente alla casa, è logico che questa funzione sia riconosciuta pienamente e dopo questo giro di andata e ritorno di carte, controcarte, di piani e contropiani, di critiche a impostazioni che non sono mai state fatte deve essere poi riconosciuta la potestà di andare avanti, non deve diventare un elemento di rallentamento. In questo senso invocare l'autonomia delle Regioni significa fare un concreto passo innanzi e noi aderiamo a questa tesi.
Io ritengo anche, avendo visto che il documento che hanno presentato le organizzazioni dei lavoratori, che noi già abbiamo fatto in quest'aula (in vista di un colloquio dell'Assessore al Bilancio, per conto della Giunta della Regione su un documento approvato in Commissione e riportato in Consiglio) un riferimento chiaro che nel bilancio '74 c'erano questioni che riguardavano sia la conclusione dei finanziamenti del triennio che la puntualità dei finanziamenti nel periodo successivo. Mi spiace che l'Assessore Paganelli non sia presente e chiedo alla Giunta se nella riunione a livello di Commissione senatoriale, dove certamente il problema è stato sollevato dall'Assessore, sono state date delle assicurazioni non generiche ma concrete in proposito.
Altro elemento a cui mi collego (mi pare sia stato sollevato da Berti è quello della legge regionale annunciata - e poi ritirata per motivi di aggiornamento e di approfondimento - sulle contribuzioni da parte della Regione ai Comuni per le spese per opere di urbanizzazione della legge 167.
Ritengo che sia veramente urgente e che nei termini certi in cui noi possiamo operare possa dare un preciso significato.
L'esperimento Lombardia si potrebbe anche ripetere, ma non so quale significato concreto possa avere se non attraverso un migliore chiarimento anche con il Governo sulla possibilità d'intervenire finanziariamente più direttamente sul problema della casa; quello per cui noi avevamo individuato un campo d'intervento della Regione sono d'accordo che venga portato avanti e risolto ancora in questa sessione del Consiglio Regionale.
Una seconda questione che pongo alla Giunta è questa, molto marginale ma che è in rapporto ai tempi di attuazione del lavoro che devono svolgere i Comuni che, ne diamo atto, dall'azione della Regione hanno visto complessivamente ridursi i tempi tecnici per espropriare i terreni per le opere di urbanizzazione e anche per l'edilizia popolare in genere: vorrei un chiarimento sull'esattezza dell'informazione secondo cui, nell'ambito della legge 865, i Comuni potrebbero fare camminare su due binari paralleli da un lato l'operazione di esproprio ridotta al minimo come burocrazia dall'altro il progetto che segue il suo iter, in modo da fare possibilmente confluire assieme la conclusione delle due procedure.
E' stato affermato (e questa è un'ulteriore questione che aveva già sollevato l'Assessore Benzi) che la legge 865 e la legge 167, cioè le provvidenze legislative che vi sono oggi per andare incontro in qualche modo alla soluzione dei problemi urbanistici e della casa, hanno un vero significato di sviluppo e di avanzamento, ma in visioni che possiamo già dire di carattere comprensoriale, programmatorio qualcosa bisognerebbe fare per agevolare i Comuni ad affrontare concretamente la loro pianificazione territoriale e quindi i piani di coordinamento a cui fare seguire i piani regolatori dentro i quali poi si può avere un'attività attuativa effettiva.
Io mi domando se non è il caso che la Giunta studi, eventualmente con l'Assessore e con la Commissione competente, portandolo poi al Consiglio il modo per giungere alla contribuzione non tanto a singoli Comuni, ma a gruppi di Comuni in una visione precomprensoriale, stimolandoli a costituirsi in consorzio, a scopo urbanistico, per fare il proprio piano territoriale di coordinamento, i piani regolatori singoli od intercomunali anche in una certa accezione della legge urbanistica ancora vigente. Avendo già pronti questi consorzi, si può poi attuare la legge 167 portando l'edilizia economica popolare non più in una visione di una casa qua, una casa là, a piccoli quartieri, ma in un'impostazione di carattere residenziale più rispondente a criteri urbanistici sani e coordinati.
Un'ultima cosa che riguarda l'utilizzazione della 167. Nella Commissione Urbanistica è stato sollevato da qualche Comune, in occasione di consultazioni per altri motivi, il problema di una circolare che un anno fa la Regione fece - e credo con buona intenzione - per indicare ai Comuni il modo, si spera legittimo, per ovviare alla saturazione di isolati, di quartieri, senza ricorrere ai piani di lottizzazione in quanto di fatto non più eseguibili in quei comparti.
Una proposta potrebbe essere questa: anziché andare in questa direzione, per me di dubbia legittimità e, si è visto finora, di nessuna pratica attuazione (mi pare che Novara ha fatto delle proposte in proposito) sarebbe forse il caso di prevedere un particolare piano nell'ambito della 167 composto da isolette inedificate il quale, mentre porta avanti un riordinamento ambientale nei Comuni, possa facilitare l'edilizia economica e popolare. E' una cosa che non so se ha delle possibilità concrete, però la riterrei opportuna per sistemare certe zone della nostra città, anche non soltanto le maggiori, e per avere la possibilità sia con esproprio, che con utilizzazione di mezzi pubblici, di dare attuazione all'edilizia economica e popolare.
Alcuni di questi accenni non sono strettamente legati al dibattito di questa sera, ma mi pare che vi si possano ricondurre (ecco un'altra proposta che ha fatto Berti che viene dai sindacati e che ha portato ad un dialogo con il Consigliere Rossotto) per dire che gli istituti bancari pubblici che utilizzano i residui di esercizio per scopi di natura benefica (questo è il loro scopo statutario) potrebbero orientarli verso il problema della casa. Credo che obiettivamente non si possa rispondere di no ad una proposta del genere, non so quanto legittima e quanto rientrante negli statuti attuali degli istituti di credito, qualcuno probabilmente darà una risposta, anche se non immediatamente, però dovremmo fare in modo come Regione, non accontentandoci di dire che finora abbiamo fatto bene e ne siamo tutti contenti, che la nostra azione politica vada oltre, nella ricerca eventuale di intervento diretto, ma soprattutto con pressione politica nei confronti del potere centrale affinché nell'ambito delle leggi esistenti e di altre leggi o di miglioramenti di quelle vigenti, al problema della casa vengano riservati finanziamenti più cospicui.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Presidente della Giunta. Ne ha facoltà.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Signor Presidente, signori Consiglieri, l'ora tarda mi esime, penso dal dare una risposta dettagliata a tutti i singoli quesiti che sono stati posti da alcuni Consiglieri: a parte di essi ci sarà modo di rispondere o in occasione di altro dibattito, o in sede di singola interrogazione, anche scritta, in modo da poter fornire tutti gli elementi che sono stati richiesti. Ciò vale in particolare per alcune delle domande che sono state rivolte dal Consigliere collega Garabello, per le quali, una risposta dettagliata richiederebbe uno spazio di tempo troppo ampio.
La relazione che questa sera l'Assessore all'urbanistica, dott. Benzi ha letto a nome della Giunta, non mi pare si proponesse di esaurire anche l'argomento delle iniziative che da parte dell'Amministrazione Regionale possono essere assunte, e che evidentemente coinvolgono le responsabilità non solo della Giunta, ma dell'intero Consiglio. La relazione dell'Assessore Benzi, mi pare, dovesse puntualizzare lo stato di fatto dell'attuazione della legge 865 per quanto più direttamente riguarda le competenze dell'Amministrazione Regionale e precisare i termini del nostro grado di responsabilità nei riguardi di questa legge: credo sia stato detto in modo inequivocabile che noi riteniamo che la legge 865 dev'essere difesa interamente, in tutto il suo contenuto, ma, di più, in tutte le sue potenzialità.
Ritengo che non dovremmo limitarci a lamentare che una legge, basata su alcuni fondamentali presupposti di grande valore innovativo, - quelli, ad esempio, inerenti agli espropri e la concentrazione degli interventi, prima polverizzati fra tanti istituti nel campo dell'edilizia sovvenzionata - non sia ancora entrata, a distanza di un anno e mezzo dalla sua emanazione nella pienezza della sua attuazione. Se ci rendiamo conto della portata di questa legge, non possiamo non considerare come essa contenga elementi fortemente innovatori e che indubbiamente la concentrazione in un solo istituto di tutta la molteplicità di questi interventi di fatto rompeva una struttura ormai ultra-trentennale, determinando attriti e vischiosità nell'attuazione. Alcuni dei ritardi che noi tutti deploriamo, in parte sono certamente dovuti ai Comuni, in parte sono dovuti alle stesse Regioni. Ci è riscontrabile non tanto presso la Regione Piemonte, quanto piuttosto presso molte altre che hanno presentato, oltre i termini stabiliti dalla legge i loro programmi di localizzazione. In parte, tale lentezza è certamente da attribuire anche agli organi statali, ad una certa macchinosità degli strumenti posti in essere da questa legge. Superate per queste difficoltà e vischiosità, ritengo che la legge possa facilmente intraprendere il suo iter burocratico. Il fatto che i primi finanziamenti siano pervenuti e che altri si intenda far pervenire, a non grande distanza di tempo, dimostra come l'iter dell'attuazione della legge si vada percorrendo in modo via via più rapido: tutti dobbiamo auspicare certamente facendo tutte le pressioni necessarie, che si arrivi ad un cammino, se possibile, ancor più rapido.
La Giunta Regionale ritiene inoltre che questa legge debba essere sfruttata in tutta la sua potenzialità, che comprende anche la modificazione degli strumenti urbanistici. Non vi è dubbio che questa legge può essere utilizzata per tutto quanto riguarda gli interventi di riorganizzazione del territorio, così come in esso è previsto, attraverso l'acquisizione di aree da parte degli enti locali, per la ristrutturazione dei propri programmi urbanistici, per una diversa articolazione e per mettere veramente a disposizione un assetto territoriale più equilibrato di quanto non sia stato possibile soprattutto utilizzando i vecchi strumenti dell'esproprio. Sono convinto che questa legge possa valere per tutto quanto riguarda l'utilizzazione delle aree per un riequilibrio, per l'attuazione degli standard, così come credo - ribadendo quanto qui è stato detto da alcuni colleghi - nell'intervento di questa legge per la ristrutturazione dei centri storici, anche se da un punto di vista giuridico vi sono contrasti su tali tesi.
A questo punto occorre collocarsi nell'ottica con cui, ad esempio, è stato formulato il documento che abbiamo ricevuto dalle organizzazioni sindacali. Se da un lato è senza dubbio necessario favorire uno sviluppo di terziarizzazione dell'economia del nostro Paese, non dobbiamo commettere nel quadro di questo sviluppo, l'errore di portare innanzi degli squilibri cioè, di fatto, intraprendere quest'opera unidirezionalizzando la nostra attenzione esclusivamente verso i centri storici, o dando un'accentuazione di terziarizzazione ai centri storici: è ovvio che un tessuto cittadino, un tessuto di questi centri che riproduca una serie di rapporti umani tonificandoli, vivificandoli e dando loro una diversa collocazione comporta l'intervento di una legge quale la 865 nei centri storici, insieme ad altre leggi per la tutela del patrimonio artistico. E non vi è dubbio che in un quadro di questo genere, la Regione può collocare alcune sue iniziative, che certamente però non possono essere soltanto dell'Amministrazione Regionale, ma devono trovare anche interlocutori in seno alle Amministrazioni Comunali.
Assumendo questa posizione, io credo che la Giunta Regionale intenda sottolineare un problema che si rivela particolarmente grave nella nostra Regione, in specie nel nostro capoluogo di Regione. Noi condividiamo alcune delle valutazioni che altrove sono state fatte ed inerenti all'abbandono in cui si lasciano i centri storici per poi usufruire, più tardi, della cosiddetta "rendita d'attesa": cioè, non appena si presentano occasioni di sfruttamento sotto forma di costruzione di grandi stabili per ufficio, per attività di carattere terziario, quali le banche, gli ipermercati eccetera. Credo invece che si debba veramente riuscire, insieme alle Amministrazioni Comunali direttamente interessate, a collocare anche l'edilizia economica e popolare come uno dei momenti che attraverso il meccanismo, ad esempio, dell'esproprio, e la possibilità di utilizzare questo meccanismo, riesce ad inserirsi nei centri storici ed a rivitalizzarli mantenendovi quelle attività che li hanno per tanto tempo caratterizzati, che, a mio giudizio, se si vogliono rivalutare i centri storici, debbono essere conservate ed esaltate. In questo senso ritengo che la Giunta possa assumere l'impegno di approfondire il problema, che si rivela certamente grave, di carattere giuridico, di carattere culturale, un problema di rapporti con le stesse Amministrazioni Comunali più direttamente interessate.
Nel quadro di questa impostazione che noi intendiamo dare all'utilizzazione della legge 865, penso non si debbano soltanto collocare i centri storici, ma che la legge debba essere sfruttata in tutte le sue potenzialità per quanto riguarda l'equilibrio territoriale, per quanto riguarda, l'abbiamo detto in una scorsa riunione, ad esempio, il sistema dei parchi regionali nell'area metropolitana, e, direi, in generale nell'intero territorio regionale, per quanto riguarda - lo sa bene il collega Gandolfi - anche lo stesso problema dei trasporti. A proposito del quale mi corre qui l'obbligo di sottolineare come la recente presa di posizione - che non è ancora definitiva, e sulla quale speriamo quindi di poter ulteriormente intervenire rispetto al piano delle Ferrovie dello Stato - ci obbliga anche a rivedere, in questa connotazione urbanistica di carattere generale in cui s'inserisce, ma di cui è anche protagonista la 865, il problema dei bacini del traffico, e soprattutto, per quanto riguarda l'area metropolitana di Torino, anche il problema della ferrovia metropolitana, se è vero, come è vero, che le questioni della pendolarità quindi del riassetto territoriale, quindi dell'edilizia economica e popolare, devono anche esser viste nel quadro di una politica di trasporti che consenta veramente di dare una produzione di questi servizi che non pu non essere vista anche in diretta e stretta connessione con l'edilizia economica e popolare. In questo modo la Giunta Regionale, ed io credo tutte le forze del Consiglio, intendono dare una valutazione della 865 cercando di svilupparne appieno la potenzialità dal punto di vista di strumento urbanistico che può essere utilizzato per una riorganizzazione dell'intero territorio regionale ed in particolare di quelle aree del territorio regionale che si trovano in condizioni di decadimento o comunque di congestionamento.
Al di là di questa presa di posizione - è stato domandato in questo Consiglio -, al di là delle iniziative da studiarsi proprio per utilizzare in pieno la 865 anche dal punto di vista della sua sperimentazione urbanistica, che cosa si conta di fare? Una prima iniziativa credo sia quella di ripresentare rapidamente - su questo la Giunta è disposta ad assumersi un impegno questa sera stessa - la legge relativa al contributo per le opere che i Comuni devono affrontare per l'urbanizzazione primaria e secondaria delle aree da utilizzare per l'edilizia economica e popolare.
Occorre, però, che in questa legge si stabilisca ben chiaramente - mi pare che il Consigliere Simonelli questa sera abbia posto il problema della differenza fra edilizia sovvenzionata ed edilizia agevolata o convenzionata che questi contributi non devono finire nella urbanizzazione di terreni che poi vengono utilizzati per le più colossali speculazioni edilizie che anche nella città di Torino, ad esempio, sono state fatte su terreni della 167, con convenzioni con il Comune che comportavano, ad esempio l'assunzione, da parte dell'impresa dell'obbligo di affittare o di vendere gli alloggi ad un certo prezzo, obbligo che è stato largamente disatteso perché non vorremmo che i soldi dell'Amministrazione regionale dovessero in definitiva servire a favorire questo tipo di edilizia, che di agevolato ha certamente il nome e la sostanza, ma di edilizia economica popolare, per quanto almeno attiene il destinatario della medesima, non ha neanche la più lontana parvenza.
A mio giudizio, debbono essere fissati in modo molto chiaro parecchi punti fermi per quanto riguarda l'utilizzazione di queste cifre: senza dubbio occorrerà che nella formulazione di questa legge si dica ben esplicitamente che la Regione interviene perché si possano attuare determinate iniziative, limitatamente però alle cooperative o all'Istituto autonomo case popolari, proprio per consentire un maggior giro, un maggior gettito, una maggior possibilità, quindi, di costruzione di vani.
Un'altra delle proposte che qui sono state fatte - l'ha avanzata il Consigliere collega Simonelli - è quella dell'utilizzazione dei fondi relativi ai piani di sviluppo. Io non sono in grado, questa sera, di dare una precisa risposta in ordine alla legittimità o meno dell'utilizzazione da parte dell'Amministrazione regionale, dei fondi per i piani di sviluppo atteso che l'edilizia economica e popolare non rientra nei limiti che prevede l'art. 117 della Costituzione. Tuttavia, mi riservo di studiare questo problema insieme ai colleghi della Giunta, perché può darsi benissimo che, invece, nel quadro di una sistemazione di carattere territoriale in cui vi sia il problema dei trasporti, in cui vi sia il problema delle aree verdi, in cui vi sia il problema di altre infrastrutture, si possa inserire il problema delle case economiche popolari, che si dovrebbero a tutti gli effetti considerare servizi sociali e pertanto definire nel quadro dei tipi d'intervento che vi è la possibilità di fare nell'ambito di questi programmi di sviluppo.
La Giunta non ha nulla da eccepire rispetto al problema relativo al blocco dei fitti. Per quel che ne so io, è un provvedimento che il Parlamento italiano ha avuto all'ordine del giorno fin dall'immediato dopoguerra della guerra di Libia: da allora, il progetto si è trascinato avanti con una serie continua di aggiornamenti che hanno portato a quel tipo di squilibri che ha ricordato anche il collega Rossotto. Mi pare che la Giunta possa prendere un terzo impegno, per quanto riguarda gli strumenti di mobilitazione di capitali per l'edilizia economica e popolare derivante dalla costituzione della Finanziaria regionale pubblica, proprio nella misura in cui interventi di questo tipo possono anche essere assunti a carico di una società finanziaria la quale abbia ovviamente la possibilità di mutuare, dagli istituti bancari, cifre da destinare in direzione dell'edilizia economica e popolare. E' bensì vero che una Finanziaria pubblica regionale può muoversi soltanto in quelle materie di cui parla l'art. 117 della Costituzione. Ma io credo che, essendo l'edilizia economica e popolare, almeno per certi versi, una delle materie delegate alla Regione, si possa utilizzare anche questo ampliamento di attività che è dato alle società Finanziarie regionali dalla legge finanziaria 281, la quale parla di queste Finanziarie come operatrici possibili sia nel settore delle materie trasferite alla Regione, di competenza cioè dell'art. 117, sia in quello delle materie delegate.
Quindi, ritengo che sia possibile orientare, anche attraverso la Finanziaria regionale pubblica, una serie d'investimenti capaci comunque di accelerare lo svolgimento dei programmi d'attuazione dell'edilizia economica popolare nel territorio della nostra Regione.
Sarei meno ottimista - consentitemi di dirlo, per quel poco di esperienza che ho acquisito in campo bancario - sulla possibilità di utilizzare gli utili di bilancio degli istituti bancari, per il semplice motivo che è fatto esplicito divieto di assunzione d'impegni che vadano al di là del bilancio approvato nell'anno in corso. E' evidente, infatti, che non si può prendere l'impegno di utilizzare, per gli anni successivi, degli utili di bilancio che è difficile, anche se non impossibile, sapere se ci saranno effettivamente. Da un punto di vista giuridico, l'interpretazione che è sempre stata data dalla Banca d'Italia in ordine all'utilizzazione di queste somme è che essa debba essere limitata al bilancio dell'anno. Ora perché cose di questo genere abbiano un significato, tenuto conto, caro amico Berti, che assai meno di tre miliardi e mezzo di utili possono essere distribuiti in beneficenza, sia pur sommando quelli della Cassa di Risparmio a quelli dell'Istituto Bancario S.Paolo...



MARCHESOTTI Domenico

Ci sono pure altre Casse di Risparmio in Piemonte!



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Le altre hanno tutte una entità piuttosto modesta. La cifra che pu essere destinata in beneficenza, dicevo, è assai inferiore a tre miliardi e mezzo: va tenuto conto, infatti, che il 50 per cento degli utili complessivi dev'essere destinato ad incremento del patrimonio. La cifra disponibile è chiaro che ha un significato soltanto se viene utilizzata come contributo in conto interessi per l'accensione di mutui, il che comporta evidentemente l'assunzione d'impegni per più anni e questo è esplicitamente proibito.
Questo ho voluto dire proprio perché il problema venga valutato in tutta la sua portata, perché il Consiglio Regionale non assuma delle posizioni che possono essere, con estrema facilità, smontate proprio sulla base di precise disposizioni della Banca d'Italia, che é, d'altra parte l'organo tutorio delle banche in rapporto agli impegni che queste possono assumere relativamente a quei fondi che, per statuto, debbono destinare ad opere di beneficenza o di pubblica utilità.
Le iniziative che la Giunta intende assumere sono quelle che vi ho così succintamente esposto. Ciascuna di esse sarà ovviamente oggetto di futuri dibattiti, ma ho voluto esplicitarle a titolo di orientamento, perch possiate farle oggetto di valutazione. La Giunta stessa intende evidentemente fare, in merito specifiche proposte, per quanto riguarda la Finanziaria regionale, per quanto riguarda il disegno di legge relativo al concorso della Regione in ordine ai contributi ai Comuni per le infrastrutture di carattere primario e secondario nelle aree destinate all'edilizia economica e popolare, per quanto riguarda l'assunzione di una precisa posizione in ordine al blocco dei fitti, ma soprattutto per quanto riguarda l'esame più approfondito delle stesse possibilità d'intervento da parte della Regione in appoggio a tutte quelle iniziative che intendano collocare, anche nei centri storici, piani di edilizia economica e popolare per rivitalizzarli e per dare ad esse un assetto di carattere urbanistico che sia significativo e rappresentativo di un certo tipo di civiltà di cui vogliamo tutelare la conservazione all'interno dei nostri centri storici proprio perché essa ha un significato di carattere particolare.
Come ho detto all'inizio, l'ora tarda non consente che m'intrattenga diffusamente su ciascuno di questi temi. Mi è però sembrato opportuno, a conclusione di questo dibattito - una conclusione che peraltro ripropone dei temi e dei problemi sui quali certamente avremo modo di intrattenerci sottolineare la posizione che la Giunta Regionale assume in ordine a questi problemi posti dalla legge 865, anche per esprimere, per conto della Giunta Regionale, non un giudizio pessimistico per quanto riguarda l'attuazione di questa legge, ma un giudizio che, io credo realistico e che tiene conto delle obiettive difficoltà ed anche di talune macchinosità che, per parte degli estensori, non sono state superate, convinto pur tuttavia che, dopo essere stato messo in moto per intero, questo meccanismo sia in grado di funzionare. Per quanto riguarda le responsabilità specifiche della Giunta Regionale, si farà tutto quanto possibile perché questo meccanismo sia messo in moto il più presto possibile, ma soprattutto sia capace di produrre, il più presto possibile, i primi risultati di costruzioni edilizie economiche e popolari.



PRESIDENTE

Con la replica del Presidente della Giunta si conclude così il dibattito di cui al punto sesto del nostro ordine del giorno.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici - Edilizia e norme tecnico-costruttive - Edilizia pubblica (convenzionata, sovvenzionata, agevolata)

Ordini del giorno sull'applicazione della legge 865 per la casa


PRESIDENTE

Sono pervenuti in questo momento alla Presidenza due ordini del giorno entrambi a firma dei Consiglieri Berti, Simonelli e Rivalta. Il Consigliere Rivalta, che me li ha presentati, ha detto che è indifferente l'ordine di presentazione al Consiglio. Prego pertanto il Consigliere Segretario di volerli leggere successivamente.



GERINI Armando, Segretario

"Il Consiglio Regionale a seguito del dibattito apertosi sulla relazione dell'Assessore all'Urbanistica relativo all'applicazione della legge 865 impegna la Giunta a finanziare con apposito provvedimento legislativo gli interventi d'urbanizzazione primaria relativi ai piani d'edilizia economica e popolare redatti ai sensi della legge 167 a favore dell'edilizia destinata alle case in affitto degli IACP ed alle cooperative a proprietà indivisa, nonché a quelle a proprietà divisa costruite su terreni concessi in diritto di superficie a ricercare le forme e le possibilità di costituzione di un fondo da destinare a programmi d'edilizia residenziale con la partecipazione della Regione, di enti bancari di diritto pubblico e delle grandi strutture produttive".
"Il Consiglio Regionale discussa la relazione dell'Assessore all'Urbanistica relativa all'applicazione della legge 865 rilevati i ritardi nell'erogazione dei fondi stanziati considerata la gravità della situazione abitativa e l'alto costo della casa tenuto conto che alla fine del 1973 scade la vigente legge di blocco degli affitti sollecita al Parlamento ed al Governo una immediata elargizione di tutti i fondi stanziati per il triennio 1971/73 il tempestivo finanziamento della legge 865 per il triennio successivo adeguando l'intervento dell'effettivo fabbisogno di abitazioni; il rinnovo del blocco dei canoni di affitto e dei contratti con il miglioramento del meccanismo d'intervento al fine di renderla di facile e regolare applicazione armonizzando in un'unica disciplina i vari testi legislativi che dal 1947 al 1969 si sono occupati della materia l'estensione dell'applicabilità dell'esproprio ai sensi della legge 865 e l'emanazione di una nuova legge urbanistica rivendica che sia concessa alle Regioni un'ampia possibilità d'intervento nell'applicazione della legge 865, non smentendo le ripartizioni da esse operate tra finanziamenti alle IACP ed alle cooperative e consentendo loro di operare interventi autonomi atti a favorire con finanziamenti l'accelerazione dell'attuazione dei programmi e la loro estensione".



PRESIDENTE

Vorrei ora sapere dal Consiglio che cosa intenda fare. Ha facoltà di parlare il Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Il mio giudizio è sostanzialmente favorevole, dato lo spirito che impronta questi ordini del giorno ed anche in considerazione dei contenuti fondamentali. Mi sembra, però, che, anche in rapporto alle dichiarazioni di ampio contenuto, per quanto espresse sinteticamente, dal Presidente della Giunta, atteso che la materia richiede una certa precisione e compiutezza d'espressione, anche ai fini del risultato - gli ordini del giorno sono presentati e l'atto politico è compiuto - si potrebbe concordare di addivenire alla loro puntualizzazione ed alla loro approvazione all'apertura della prossima seduta del Consiglio. Ciò per licenziare documenti il più possibile completi e precisi su un argomento di tanta importanza, disponendo del tempo necessario per un ripensamento sostanziale e formale, senza che ciò comporti il proposito di modificare la sostanza politica degli ordini del giorno stessi.



PRESIDENTE

C'é dunque, una proposta di rinvio della votazione di questi due ordini del giorno alla prossima seduta del Consiglio. Altri desiderano esprimere la loro opinione? Chiede di parlare il Consigliere Nesi, ne ha facoltà.



NESI Nerio

Non si potrebbe sospendere per cinque minuti la seduta per vedere se è possibile mettere a punto i due testi? Sarebbe bene poter chiudere questa sera l'argomento.



VIGLIONE Aldo

Anch'io opterei per una conclusione stasera, dopo breve sospensione.



PRESIDENTE

Se il Consiglio è all'unanimità di questo avviso, concedo senz'altro la sospensione. A me personalmente pare che la proposta di rinvio formulata dal Consigliere Bianchi, con impegno da parte della Presidenza di porre i due ordini del giorno in approvazione all'apertura della prossima seduta potrebbe risolvere il problema con maggior chiarezza, chiarezza soprattutto di idee, considerata l'ora.



BERTI Antonio

Noi siamo d'accordo sulla proposta. Bisogna però stabilire il momento dell'incontro al fine di formulare i nuovi testi, perché la prossima seduta si apra proprio con la votazione.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Per me, andrebbe bene anche adesso.



BERTI Antonio

Anche per me. Se non c'é alcun motivo di contrasto profondo, si pu procedere anche subito. Ad ogni modo, se l'intento è di migliorare le formulazioni, non mi opporrei ad un rinvio della votazione all'inizio della prossima seduta.



PRESIDENTE

Devo far presente ai Consiglieri, in modo particolare, in questo caso al Consigliere Berti, che io ho avuto anche l'incarico di ripetere la comunicazione già fatta dal Presidente Oberto: che tutti i Capigruppo sono convocati per lunedì 11 alle ore 17,30 per concordare lo svolgimento dei lavori del Consiglio per i mesi di giugno e luglio. Non essendoci seduta di Consiglio prima dell'11 di giugno, proprio quella data potrebbe essere quella valida per stabilire l'ordine del giorno della prima seduta del Consiglio nella quale si dovrebbero mettere in approvazione i due ordini del giorno.



BIANCHI Adriano

Con tutto il rispetto e il riguardo per il Presidente e per l'Ufficio di Presidenza, faccio notare che è un classico esempio di decisione presa senza interpellare i diretti interessati. E' prevedibile, infatti, che non tutti i Capigruppo possano essere presenti: ammesso che il Congresso della D.C. si concluda nella notte della domenica - ma non è neppure certo, visto che le prenotazioni negli alberghi per i congressisti sono state fatte fino a mercoledì -, è difficile che dopo un lungo viaggio affrontato già in condizioni di estrema stanchezza, si possa partecipare alle 17,30 di lunedì alla riunione dei Capigruppo. E' imprudente una convocazione per quella data e per quell'ora.



PRESIDENTE

Consigliere Bianchi, quanto lei afferma è stato fatto presente nella riunione odierna del Consiglio di Presidenza da un collega: da parte di alcuni si è ritenuto che il giorno 11 tutto sarebbe stato già concluso altri erano incerti. Comunque, il Consiglio di Presidenza potrà riunirsi e fissare eventualmente una diversa data di convocazione: se non sarà l' 11 sarà il 12. Ho ricordato la data dell' 11 soprattutto per garantire al Consigliere Berti che in quella occasione si fisserà l'ordine del giorno.



BERTI Antonio

Mi rendo però conto che i tempi sono troppo lunghi. Vale la pena allora, di spendere adesso mezz'ora per rivedere la formulazione e mettere in votazione gli ordini del giorno già questa sera. La nostra proposta è in questo senso.



PRESIDENTE

Gradirei sentire cosa pensano gli altri Consiglieri della proposta del Consigliere Berti, per decidere se continuare i lavori o chiudere questa seduta. Tutti sono d'accordo che io sospenda per dieci minuti la riunione per vedere se si può approdare ad un accordo? Però, avverto che non saranno più di dieci minuti.



(La seduta sospesa all'1,10, riprende all'1,25)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Prego il Consigliere Segretario di voler dare lettura del primo ordine del giorno concordato fra i Gruppi consiliari.



GERINI Armando, Segretario

"Il Consiglio Regionale a seguito del dibattito apertosi sulla relazione dell'Assessore all'Urbanistica relativo all'applicazione della legge 865 impegna la Giunta a finanziare con apposito provvedimento legislativo gli interventi d'urbanizzazione primaria relativi ai piani d'edilizia economica e popolare redatti ai sensi della legge 167 a favore dell'edilizia destinata alle case in affitto degli IACP ed alle cooperative a proprietà indivisa nonché a quelle a proprietà divisa costruite su terreni concessi in diritto di superficie a ricercare le forme e le possibilità di costituzione di un fondo da destinare a programmi d'edilizia residenziale, anche con il concorso di enti bancari di diritto pubblico e delle grandi imprese produttive".



PRESIDENTE

Metto in votazione questo ordine del giorno, per alzata di mano.
L'ordine del giorno è approvato.



GERINI Armando, Segretario

"Il Consiglio Regionale discussa la relazione dell'Assessore all'Urbanistica relativa all'applicazione della legge 865 rilevati i ritardi nell'erogazione dei fondi stanziati considerata la gravità della situazione abitativa e l'alto costo della casa tenuto conto che alla fine del 1973 scade la vigente legge di blocco degli affitti sollecita al Parlamento ed al Governo una immediata erogazione di tutti i fondi stanziati per il triennio 1971/73, il tempestivo finanziamento della legge 865 per il triennio successivo, adeguando l'intervento all'effettivo fabbisogno di abitazioni il rinnovo del blocco dei canoni di affitto e dei contratti perseguendo una nuova e più armonica disciplina che garantisca equi livelli di affitto, l'estensione dell'applicabilità dell'esproprio ai sensi della legge 865 e l'emanazione di una nuova legge urbanistica rivendica che sia concessa alle Regioni un'ampia possibilità di intervento nell'applicazione della legge 865, non smentendo le ripartizioni da esse operate tra finanziamenti agli IACP ed alle Cooperative e consentendo loro di operare interventi autonomi atti a favorire con finanziamenti l'accelerazione dell'attuazione dei programmi e la loro estensione".
L'ordine del giorno, come il precedente, reca le seguenti firme: Berti Simonelli, Rivalta, Bianchi, Rossotto.



PRESIDENTE

Metto in votazione il secondo ordine del giorno. Chi lo approva è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato.
Informo che poiché sui due ordini del giorno messi in votazione mancava la firma dei socialdemocratici, per conto del suo Gruppo ha firmato ora il Consigliere Debenedetti.
Al punto settimo dell'ordine del giorno della nostra seduta é: "Esame della proposta di legge della Provincia di Vercelli e dei Comuni di Asigliano ed altri".
Credo d'interpretare il pensiero dei colleghi Consiglieri nel rinviare alla prossima seduta l'argomento. D'altronde, è assente il relatore.


Argomento:

Interpellanze (annuncio)


PRESIDENTE

Sono pervenute due interpellanze, la prima firmata dai Consiglieri Bono, Ferraris e Marchesotti, la seconda dai Consiglieri Menozzi Bertorello e Giletta. Se il Consiglio mi esime dal darne lettura, le considero lette e le rimando alla prossima discussione. Il Consiglio concorda? Allora, la seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 1,35)



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