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Dettaglio seduta n.152 del 03/05/73 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FASSINO


Argomento:

Approvazione verbale seduta precedente


PRESIDENTE

La seduta è aperta Essendo stati distribuiti i processi verbali dell'adunanza del 26.4.73 se non vi sono osservazioni si intendono approvati.
Nessuno chiede di parlare, quindi sono approvati.


Argomento: Beni demaniali e patrimoniali

Interrogazione del Consigliere Giletta sull'alienazione delle proprietà terriere di Racconigi degli eredi Savoia


PRESIDENTE

Dobbiamo procedere all'esame delle interpellanze e degli ordini del giorno.
Poiché è in congedo per la seduta del mattino l'Assessore Armella iniziamo con l'interrogazione del Consigliere Giletta che riguarda l'alienazione delle proprietà terriere di Racconigi degli eredi di Casa Savoia a favore di un gruppo di operatori.
Do la parola all'Assessore Franzi per la risposta.



FRANZI Piero, Assessore all'agricoltura

In risposta all'interrogante ritengo opportuno precisare che sino ad oggi nessuna notizia ufficiale è pervenuta agli uffici della Regione da parte degli interessati e che il primo documento ufficiale è costituito dall'interrogazione cui si sta dando risposta.
Per avere informazioni precise abbiamo interessato l'Ispettorato provinciale dell'agricoltura di Cuneo, che ha confermato le notizie che da tempo circolano negli ambienti agricoli circa la messa in vendita di questa grossa proprietà degli eredi Savoia. Risulta infatti che gli eredi Savoia hanno messo in vendita i terreni agrari di loro proprietà, siti nel comune di Racconigi consistenti in circa 1750 giornate piemontesi di terreno a culture ordinarie, suddivise in 18 aziende agricole affittate ad altrettante imprese coltivatrici e in circa 750 giornate coltivate a pioppeto e boschi, condotte in economia diretta, oltre a fabbricati di servizio alle aziende e per l'agricoltura.
L'acquirente sarebbe un gruppo finanziario che avrebbe già concluso l'acquisto dei beni in questione per una cifra globale di circa due miliardi. Per quanto riguarda la posizione degli affittuari, risulta che gli stessi hanno affidato delega ad un professionista particolarmente esperto in materia per trattare l'acquisto in blocco dei terreni ed esercitare congiuntamente il diritto di prelazione loro riconosciuto dalla vigente legislazione.
Le leggi 26.5.1965 n. 590 e 14.8.1971 n. 817 precisano infatti che in caso di trasferimento a titolo oneroso, l'affittuario, il mezzadro, il colono o il compartecipante, a parità di condizioni, ha diritto di prelazione purché coltivi il fondo stesso da almeno due anni e non abbia venduto nel biennio precedente altri fondi rustici d'imponibile fondiario superiori a lire mille, salvo il caso della cessione a scopo di ricomposizione fondiaria e che il fondo per il quale intende esercitare la prelazione, in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprietà od in enfiteusi, non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa della propria famiglia.
Il suddetto diritto di prelazione spetta anche al coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con i fondi offerti in vendita, purch su gli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari compartecipanti o enfiteuti coltivatori diretti (dizione letterale) dell'art. 7 secondo comma legge 14.8.71 n. 817.
Nel caso di vendita di un fondo coltivato da una pluralità di affittuari, o mezzadri o coloni, la prelazione non può essere esercitata che da tutti congiuntamente. Qualora qualcuno abbia rinunciato alla prelazione, può essere esercitato congiuntamente dagli altri affittuaria mezzadro o coloni, purché la superficie del fondo non ecceda il triplo della complessiva capacita lavorativa delle loro famiglie.
Nel caso di vendita di più fondi, ogni affittuario, mezzadro o colono può esercitare singolarmente o congiuntamente il diritto di prelazione rispettivamente nel fondo coltivato dell'intero complesso di fondi, legge 817 art. 6 terzo comma.
Il proprietario è tenuto, per legge, a notificare al coltivatore interessato la proposta d'alienazione, indicandone il prezzo e il coltivatore deve esercitare il suo diritto entro il termine di 30 giorni.
Qualora il proprietario non proceda a tale notificazione, o il prezzo indicato sia superiore a quello risultante dal contratto di compra vendita l'avente titolo al diritto di prelazione può, entro un anno dalla trascrizione del contratto di compra-vendita, riscattare il fondo stesso dell'acquirente ed ogni altro successivo avente causa.
La proposta dell'alienazione deve essere notificata al coltivatore interessato mediante lettera raccomandata, trasmettendo il preliminare di compra-vendita e le altre norme pattuite compresa la clausola per l'eventualità della prelazione (legge 817 art. 8).
Qualora non sia stato esercitato il diritto di prelazione ed il terzo che procede all'acquisto sia coltivatore diretto e chieda le agevolazioni tributarie di cui alla legge 590, non le potrebbe ottenere qualora il prezzo d'acquisto denunciato nell'atto di compra vendita superasse il prezzo congruo di cui all'art. 4 secondo comma della legge 590, prezzo congruo che viene determinato a competenti uffici dell'amministrazione.
Se il terzo acquirente, coltivatore diretto, chiede il mutuo agevolato su tale richiesta non influisce l'eventuale situazione di cui sopra, il mutuo sarebbe negato solo di fronte a forte divario dell'ordine del 50 per cento e più tra il prezzo che risulta pattuito ed il prezzo ammissibile a mutuo, che a sua volta può differire in meno dal prezzo ottenuto congruo per altre considerazioni che influiscono sull'attività del servizio, quale la scarsezza dei fondi rispetto alle domande pendenti e via di seguito.
Nel caso in cui il terzo compratore non sia coltivatore diretto, questi non ha diritto alle agevolazioni tributarie e nemmeno al mutuo agevolato.
Questo è quanto dispongono le leggi n. 590 e 817 a tutela degli interessi degli affittuari coltivatori diretti.
Dal 1.7.1972 le attribuzioni conferite dalle leggi 590 e seguenti agli organi centrali e periferici del Ministero d'Agricoltura e Foreste in materia di provvidenze per lo sviluppo della proprietà coltivatrice, sono di competenza della Regione.
La Regione Piemonte esercita tale attribuzione di legge per perseguire le finalità delle leggi stesse e ha voluto prima di tutto agevolare l'accesso alle proprietà degli affittuari coltivatori diretti, insediati nelle aziende.
Ciò premesso, non si può che convenire con l'interrogante che la procedura dai venditori eredi Savoia rappresenta un'aperta violazione delle vigenti leggi in materia di trasferimento a titolo oneroso; tuttavia dobbiamo dichiarare la nostra impossibilità ad intervenire in modi diversi da quelli previsti dalle leggi richiamate.
Si assicura comunque che si segue e si seguirà ancora attentamente la questione prospettata, così da salvaguardare i diritti degli affittuari interessati. A tale riguardo informo che abbiamo già interessato un mese fa il Ministro dell'Agricoltura e la direzione della Cassa per la formazione della proprietà coltivatrice per ottenere i necessari fondi per l'Acquisto della proprietà in vendita. A questo riguardo devo dire che qualora il contratto si potesse perfezionare, la Cassa per la formazione della proprietà contadina metterebbe a disposizione i fondi necessari.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante



GILETTA Giuseppe Chiaffredo

Mi dichiaro soddisfatto della risposta dell'Assessore e insisto perch questi terreni coltivati dagli affittuari vadano agli affittuari stessi.


Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Passiamo al punto terzo dell'ordine del giorno "Comunicazioni del Presidente".
Devo comunicare al Consiglio che hanno chiesto congedo i Consiglieri: Armella (limitatamente alla seduta del mattino), Bono, Chiabrando, Calleri Conti, Debenedetti, Ferraris (forse anche limitatamente al mattino) Giovana, Oberto, Paganelli.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio


PRESIDENTE

Devo anche dare comunicazione di quanto hanno deciso, nell'ultima riunione, i Capigruppo.
Il 27 aprile si sono riuniti i Presidenti di Gruppo i quali hanno concordato il seguente programma di lavori per il mese di maggio riservando ad una successiva seduta la definizione del programma per il resto della sessione: 3 maggio (seduta odierna): proposta di legge al Parlamento per l'elezione di membri al Parlamento Europeo; proposte di mozioni circa adesione AICCE e controlli telefonici 10 maggio: dibattito sull'Università; annuncio rinnovo Commissioni permanenti 17 maggio: legge sulle Comunità montane; indennità ai componenti dei Comitati di controllo e relazione della Giunta circa l'attività di tali Comitati 24 e 25 maggio: piano riparto asili-nido per il 1972 e criteri per riparti futuri; dibattito politico su problemi della sanità e dell'assistenza 29 maggio: Enti sviluppo agricoltura e artigianato.
Entro la prima quindicina di giugno sarà presentata anche la legge preparata dal Gruppo comunista, sull'artigianato ed eventualmente sul piano di zootecnia.
L'Ufficio di Presidenza, nella seduta di lunedì, ha deciso la stampa del quaderno di documentazione n. 2 che raccoglierà: relazioni e dibattito sul bilancio del 1973.
In modo particolare raccomando a tutti i Consiglieri di correggere e restituire tempestivamente i propri interventi il cui testo è stato distribuito oggi. Gli interventi che non fossero restituiti entro il 10 maggio dovrebbero essere pubblicati nel testo consegnato dalle stenografe.
Quindi raccomando la puntualità nella restituzione dei testi.
Sono pervenuti alla Presidenza i documenti che prego il Consigliere Segretario di leggere.



GERINI Armando, Segretario

Dal Consiglio di fabbrica della Fiat-Abarth, della Pont Cantamessa e della SPA Centro documento di denuncia degli attentati fascisti e degli attacchi alle sedi dei partiti democratici dal Comune di Novara copie di un documento elaborato dai rappresentanti dei Gruppi di quel Consiglio comunale sui problemi dell'Università in Piemonte dalla Segreteria provinciale della FILTA-CISL la piattaforma contrattuale per il rinnovo dei contratti tessili e la relazione presentata da tale Segreteria al secondo Congresso provinciale dall'Associazione minerari italiana e dall'Associazione nazionale industrie metalli non ferrosi, uno studio sui limiti di accettabilità degli affluenti liquidi nelle tecnologie minerarie metallurgiche non ferrose dalla Sezione di Novi Ligure-Ovada d'Italia Nostra una memoria sul frantoio in località Rocchetta del Comune di Lerma dal Comune di Gargallo, copia del parere sul rapporto preliminare IRES dalla Confederazione nazionale dell'artigianato, un documento su IVA e artigianato, contenente al cune proposte di modifica della legge introduttiva di tale tributo dal Presidente del Consiglio Regionale delle Marche, copia di un ordine del giorno sulla richiesta al Ministero della P.I. delle schede microfilmate relative al patrimonio artistico, storico e culturale di quella Regione dal Comune di Villadossola un ordine del giorno sulla situazione occupazionale della zona Ossola ed in particolare dello stabilimento Rumianca di Pieve Vergonte dal Comitato regionale d'intesa per l'estensione dei benefici combattentistici ai lavoratori di aziende private, un documento di protesta contro i tentativi di rinviare ogni decisione sul problema da un gruppo di Consiglieri del Comune di Crodo (Novara), una lettera con cui si segnalano gravi irregolarità dagli stessi ravvisate, nel taglio dei boschi in corso nella località Sottodeccia di tale Comune dall'Unione autonomisti Valli Occitaniche, un sollecito per la rapida approvazione della proposta di legge regionale n. 41 per la tutela del patrimonio linguistico e culturale dal Consigliere Beltrami, la mozione finale e la relazione del gruppo di studio degli ospedali psichiatrici liguri-piemontesi, al terzo corso di aggiornamento infermieri cattolici, svoltosi a Pallanza dal 23 al 25 marzo 1973 dalla Pro Natura Torino, una mozione sulla creazione di nuove aree verdi nell'area metropolitana con cui si invita la Regione a bloccare tutte le licenze edilizie, gli insediamenti, i piani regolatori comunali che si rivelino pregiudizievoli a un equilibrato ed armonico sviluppo della comunità e un altro documento sui problemi connessi con le condizioni di vita dell'uomo nell'area metropolitana, esaminando i grandiosi progetti di viabilità in contrapposizione alle altre realizzazioni sociali dall'Associazione nazionale Comuni d'Italia, il progetto di legge sulla disciplina dei controlli sulle Province, i Comuni e gli altri enti locali predisposto dall'ANCI dal Comune di Asti, un ordine del giorno sui gravi fatti di Milano e di Roma dalla città di Cuneo, un ordine del giorno con cui si chiede una revisione della legge istitutiva del fondo speciale per il risanamento dei bilanci degli enti locali dal Comitato per i problemi dell'Università nel Piemonte orientale, la relazione introduttiva del convegno svoltosi in Alessandria il 27 marzo su "Università e territorio nel Piemonte orientale" e il documento finale approvato all'unanimità agli intervenuti dal Comune di Melle (Cuneo), un ordine del giorno della Giunta municipale con cui si sollecita la rapida approvazione della legge sulla montagna e ribadisce l'esigenza di una più corretta classifica di montanità e di omogeneità delle zone dal Consiglio delle Valli Gesso, Vermenagna, Pesio, un ordine del giorno di protesta perché nel riparto dei fondi della legge 20.10.71 n.
912, la Giunta Regionale ha ignorato completamente, le esigenze di tale zona montana e di sollecito per l'approvazione della legge sulla montagna dalla città di Oleggio, un documento di protesta per la soppressione del locale ufficio del registro dal Comune di Ceppo Morelli, in ordine del giorno sulla difficile situazione occupazionale della zona Ossola ed in particolare dello stabilimento della società Rumianca di Pieve Vergante.



PRESIDENTE

Vi sono osservazioni sulle comunicazioni? La Parola al Consigliere Raschio.



RASCHIO Luciano

Signor Presidente, le chiedo scusa innanzi tutto perché la mia domanda è un po' imbarazzata ed un po' imbarazzante, in quanto non sono presenti n il Presidente né il Vicepresidente della Giunta, né tanto meno l'Assessore Chiabrando. Siccome nelle comunicazioni che ha letto il Segretario Gerini vi è la notizia che le Sezioni Italia Nostra di Novi e Ovada hanno fatto pervenire un altro esposto circa la situazione del frantoio di Lerma è siccome tempo fa l'Assessore Chiabrando ci aveva comunicato che il 7 maggio ad Alessandria, presso l'Amministrazione provinciale, avrebbe avuto luogo una riunione a cui erano invitati i Comuni di Lerma...



PRESIDENTE

9 maggio.



RASCHIO Luciano

7 Maggio. Ecco, già questo ci mette ulteriormente in difficoltà! Il motivo per cui mi rivolgo, tramite suo, Presidente, agli sparuti componenti della Giunta che questa mattina siedono su quei banchi, è che intanto vorrei conoscere se questo impegno è confermato per il 7. I disguidi postali possono avere la loro parte di colpa, ma allora si facciano le telefonate necessarie per fare in modo che la riunione, da tempo richiesta dal nostro Gruppo e anche da quello del PSI, tramite il Consigliere Simonelli, abbia luogo con un incontro tra le parti, sotto il patrocinio non solo della Giunta e dei Consiglieri che hanno avanzato delle proposte ma della stessa Amministrazione provinciale di Alessandria. Chiedo che in giornata ci venga data una risposta anche per poter determinare i nostri singoli impegni di lavoro.



PRESIDENTE

Se altri non chiedono la parola assicuro il Consigliere Raschio che il Consiglio di Presidenza provvederà a dare la comunicazione richiesta.


Argomento: Nomine

Nomina dei tre rappresentanti della Regione nel Consiglio di Amministrazione dello IACP della provincia di Torino (rinvio)


PRESIDENTE

Passiamo al punto quarto all'ordine del giorno "Nomina dei tre rappresentanti della Regione nel Consiglio di Amministrazione dello IACP della provincia di Torino".
La parola al Consigliere Beltrami.



BELTRAMI Vittorio

In sostituzione del Capogruppo devo dire che mancano elementi validi per esprimere un voto, quindi chiedo la convocazione della conferenza dei Capigruppo per riordinare i favori dell'assemblea e nei limiti consentiti in dipendenza della stessa riunione, la posticipazione o il differimento della votazione.



PRESIDENTE

Qualcuno chiede la parola? Consigliere Berti.



BERTI Antonio

Signor Presidente, se occorre sospendere cinque minuti per una riunione dei Capigruppo io non ho niente in contrario, ma se si vuole, come ha chiesto Beltrami, rinviare ancona questa votazione noi ci opponiamo decisamente; è una vergogna. Se la riunione è chiesta essenzialmente per concordare un rinvio, la nostra risposta è già no, noi chiediamo che sia posta in votazione perché non può essere accettato un metodo di questo tipo. Sono passati due mesi. A meno che si precisi esattamente se l'incontro è per definire i nomi, se è per questo sospendiamo, altrimenti siamo contrari a sospendere e chiediamo che si continui invece con la votazione iniziata nell'altra seduta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Beltrami



BELTRAMI Vittorio

Mi permetto d'insistere nella richiesta, vi sono delle obiettive difficoltà.



BERTI Antonio

Ma quali difficoltà? Il fatto che non vi mettete d'accordo?



BELTRAMI Vittorio

Potrebbe anche essere questa la difficoltà



BERTI Antonio

Allora sono difficoltà soggettive, non obiettive.



BELTRAMI Vittorio

E' un problema d'interpretazione. Obiettivamente si dia atto di questo che oltretutto c'é un vuoto in Consiglio (non nei banchi della maggioranza) e questo eventualmente è un elemento di responsabilità che va a colpire coloro i quali si sono assentati o non sono presenti alla seduta, ma evidentemente mancano anche dei collegamenti reali per esprimere una certa votazione.
Io ritenevo che, così com'è accaduto nel passato e in assenza del Capogruppo della D.C...



RIVALTA Luigi

Ma durante la settimana che cosa fate?



BELTRAMI Vittorio

Ieri ho avuto la IV Commissione e mi sono adoperato al servizio della Regione interpretando la volontà del Consiglio Regionale e la delega che ho avuto a livello elettorale, non so che cosa facciate voi, ma questo è un problema che non penso debba essere discusso qui. Ci sono parecchie cose che vengono rinviate e non è il caso di sollevare motivi di carattere scandalistico.....



RIVALTA Luigi

Siete in ritardo di un anno e mezzo su questa questione.



PRESIDENTE

Pregherei di lasciar concludere il Consigliere Beltrami.



BELTRAMI Vittorio

Io insisto nel richiedere la convocazione della conferenza dei Capigruppo per decidere sul da farsi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Raschio.



RASCHIO Luciano

Nella riunione del 26 aprile del Consiglio Regionale, con voce rotta dalla preoccupazione il Capogruppo della D.C. avv. Bianchi aveva chiesto mentre stava già iniziando (come giustamente ha detto il nostro Presidente di Gruppo) la votazione, di sospenderla ed ha preso impegno d'onore, come responsabile del Gruppo della D.C. che nella prossima seduta, cioè questa si sarebbe votato. Per questo non so quanto nel futuro potrà essere considerata la validità e la serietà di un impegno preso davanti al Consiglio da parte del Capogruppo del partito di maggioranza relativa.



PRESIDENTE

Altri Consiglieri chiedono di parlare sull'argomento? Poiché la prassi del Consiglio è sempre stata che, ogni qualvolta è stata chiesta una sospensiva del dibattito, è stata concessa, il Presidente ritiene di concederla per dieci minuti, invitando i Capigruppo ad una riunione.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 11,10, riprende alle ore 11,30)



PRESIDENTE

Si riapre la seduta.
Debbo comunicare che nella riunione dei Capigruppo non è stato raggiunto un accordo.
Approfitto di queste comunicazioni per assicurare il Consigliere Raschio che il Presidente della Provincia di Alessandria ha confermato telefonicamente all'Ufficio di Presidenza, attraverso il Consigliere Segretario Gerini, che la riunione per il frantoio di Lerma avrà luogo mercoledì 9 maggio alle ore 16 presso l'Amministrazione provinciale.



RASCHIO Luciano

Ringrazio il Presidente per questa comunicazione.



PRESIDENTE

Riapro la discussione sulla nomina dei tre rappresentanti della Regione nel Consiglio di Amministrazione dell' IACP della Provincia di Torino.



BELTRAMI Vittorio

Non ho che da confermare quanto ha già registrato in aula il signor Presidente ed al di là degli aspetti umani e degli impegni solennemente assunti nella trascorsa seduta di dare luogo oggi alla votazione per le designazioni sull'IACP, devo comunicare che c'è questo disaccordo.
Un approfondimento del tema ha consentito di rilevare alcuni elementi che, seppur da un angolazione di fondo, non possono portare giustificazioni accette all'altro gruppo politico che vivacemente insiste perché si passi ad una votazione per l'assunzione delle responsabilità dei diversi gruppi non ultimo quello di un accordo che si dice è nell'aria, anche se non è mai stato formalizzato, a livello di Consiglio Provinciale di Torino, che pure è una componente espressiva piuttosto interessante di queste delegazioni.
Questo accordo ha dato luogo nella recente riunione dei Capigruppo alla possibilità di rilevare la volontà almeno di una larga parte dei partiti politici del cosiddetto arco democratico costituzionale ad essere rappresentati entro l'Istituto. Per dar luogo a questa scelta il Gruppo D.C., ritengo anche a nome degli altri Gruppi che sono in maggioranza in questo Consiglio, (gli altri che formalmente non fanno parte della maggioranza vorrei sperare che possano accostarsi a questa nostra impostazione, attesa questa visione globale delle scelte) insiste perché si abbia a procedere ad un rinvio delle votazioni e ne formalizzo pertanto la richiesta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Berti



BERTI Antonio

Il Gruppo che "insiste vivacemente"- come dice Beltrami, e cioè il nostro, lo fa in forza delle ragioni che gli consentono d'insistere vivamente.
Le ragioni sono: un anno e mezzo da quando sono scaduti i rappresentanti nell'IACP; due mesi da quando la questione è iscritta all'ordine del giorno; gli impegni solenni ricordati dal rappresentante della D.C. assunti in due riunioni di Capigruppo, specificatamente nell'ultima, quella di otto giorni fa; situazione quale quella che si presenta nel nostro Consiglio.
Noi dobbiamo rendere conto a migliaia di abitanti di quartieri, delle case popolari che chiedono la nomina di questi rappresentanti nell'Istituto non soltanto per le case che ci sono già e che devono avere una loro manutenzione, una loro vita democratica, ma anche per i piani che l'Istituto deve approntare in attuazione della 865. Noi vogliamo che l'opinione pubblica, se la stampa vorrà informarla, sappia che ci sono delle precise responsabilità politiche e dichiariamo inaccettabile un metodo che trasferisce nel Consiglio Regionale questioni che interessano soltanto gli accordi di maggioranza.
Per quanto riguarda l'affermazione fatta qui oggi dal rappresentante della D.C. Beltrami (il quale non avendo partecipato a nessun'altra delle riunioni precedenti è all'oscuro di quanto in quegli incontri si è detto) circa l'ipotesi di accordo tra le forze politiche che sarebbe intervenuto alla Provincia, la stessa non ha alcun fondamento ed era già stato ammesso nella precedente riunione dei Capigruppo. Mi spiace che si debba ricorrere a questi trucchetti, a questo modo che io definisco ipocrita di proporre delle questioni per rendere accettabile la decisione di rinvio che ancora una volta la D.C. e gli altri Gruppi propongono al Consiglio Regionale.
Noi quindi chiediamo che si voti perché l'opinione pubblica sappia esattamente quali sono le forze politiche che ritardano la messa in opera del Consiglio di Amministrazione dell'Istituto, al quale incombono dei doveri molto pressanti tra cui ad esempio l'attuazione dei piani della 865.



PRESIDENTE

Il Consigliere Nesi ha chiesto di parlare. Io pensavo trattandosi di una mozione d'ordine avessero diritto di parlare uno a favore e uno contro comunque se il Consigliere Nesi insiste, gli dò la parola.



NESI Nerio

Io non insisto affatto, rinuncio.



PRESIDENTE

Se nessun altro chiede la parola metto in votazione la richiesta formalizzata dal Consigliere Beltrami di rinvio di quanto previsto al punto quarto dell'ordine del giorno e cioè "Nomina di tre rappresentanti della Regione nel Consiglio d'Amministrazione dello IACP della Provincia di Torino".
Chi approva il rinvio è pregato di alzare la mano: 20. Contrari 13.
Nessun astenuto.
La proposta del Consigliere Beltrami è accolta


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Esame della proposta di legge n. 36 relativa a Proposta di legge al Parlamento del Consiglio Regionale del Piemonte per l'elezione unilaterale a suffragio universale diretto dei delegati italiani al Parlamento Europeo


PRESIDENTE

"Esame della proposta di legge n. 36 relativa a 'Proposta di legge al Parlamento del Consiglio Regionale del Piemonte per l'elezione unilaterale a suffragio universale diretto dei delegati italiani al Parlamento Europeo' ".
Relatore e il Consigliere Viglione, Presidente della VIII Commissione che ha facoltà di parlare.



VIGLIONE Aldo, Relatore

Colleghi Consiglieri, l'art. 121 della Costituzione dice che il Consiglio Regionale esercita le potestà legislative regolamentari attribuite alle Regioni e le altre funzioni conferitegli dalla Costituzione. Inoltre dice che può fare proposte di legge alle Camere.
In questa ottica il Gruppo socialista ha presentato al Parlamento una proposta di legge per l'elezione unilaterale a suffragio universale diretto dei delegati italiani al Parlamento europeo. Questa proposta di legge segue ad un'altra di iniziativa popolare del 1969 e segue altresì a tutta una serie di dibattiti che sono avvenuti nel Parlamento e anche all'interno del Parlamento della Comunità Europea.
Che cos'è, il Parlamento Europeo di cui tanto si è parlato? Il Trattato di Roma del 25 marzo 1957 (Trattato che istituisce la Comunità Europea dell'energia atomica, che istituisce la Comunità Economica Europea, nonché la Convenzione relativa ad alcune istituzioni comuni alle Comunità Europee) prevede che sia costituito il Parlamento cosiddetto Europeo che viene poi tradotto in assemblea la quale, assemblea composta di rappresentanti delle nazioni, degli Stati riuniti nella Comunità, esercita i poteri deliberanti e di controllo che le sono attribuiti dal presente Trattato. L'assemblea è formata di delegati che i Parlamenti sono richiesti di designare fra i propri membri, secondo la procedura fissata da ogni Stato membro.
Per il nostro Paese sono fissati 36 membri, cui 18 vengono eletti dal Senato e 18 dalla Camera. L'assemblea elaborerà progetti intesi a permettere l'elezione a suffragio universale diretto, secondo una procedura uniforme di tutti gli Stati membri.
Il Consiglio, con deliberazione unanime, stabilirà le disposizioni di cui raccomanderà l'adozione da parte degli Stati membri conformemente alle loro rispettive norme costituzionali.
Il Trattato di Roma, che fu successivamente ratificato dal Parlamento del nostro Paese con la legge 14.10.1957 n. 1203, è ancora oggi motivo di discussione? Infatti l'art. 3 della legge che ratifica il Trattato di Roma per ovviare ad una particolarità che non era stata chiarita relativa all'elezione dei membri al Parlamento Europeo, dice che "i membri italiani dell'assemblea prevista dagli artt. 137 e 138 del Trattato istitutivo della C.E.E. e dagli art. 107 e 108 del Trattato costitutivo dell'Euratom, nonch della Sezione L della Convenzione relativa ad alcune istituzioni comuni alle Comunità Europee, siano eletti dalla Camera dei Deputati e dal Senato della Repubblica fra i propri componenti nel numero di 18 per ciascuna Camera".
Dovendosi effettuare la composizione del Parlamento Europeo e non essendoci ancora gli strumenti che dovevano essere elaborati per la elezione a suffragio diretto universale, l'art. 3 veniva a porre delle misure a carattere provvisorio con l'elezione all'interno delle due Camere dei 36 membri.
A questo punto sono sorte alcune questioni di carattere giuridico, ed anche costituzionale, si è detto che l'articolo prevede un'uniformità d'indirizzo per l'elezione dei membri che devono essere nominati dai vari Stati e che soltanto quando si fosse raggiunto un accordo poteva scattare questa norma e quindi rimaneva sempre in piedi la norma di carattere provvisorio dell'elezione da parte del Parlamento. Anche la questione giuridica di carattere costituzionale venne però superata, soprattutto da parte delle forze politiche olandesi che sia nell'interno delle proprie assemblee, sia anche in altri dibattiti sollecitarono la presentazione per ogni singolo Stato membro di leggi all'interno dei propri Paesi dirette ad ottenere il suffragio universale.
Uno degli argomenti più discussi è stato: vogliamo ripetere altre elezioni a suffragio universale diretto? Non è sufficiente dare attuazione all'art. 3 della legge che ratifica il Trattato di Roma e che provvede provvisoriamente all'elezione all'interno delle assemblee? Perch aggiungete un'altra spesa per l'elezione a suffragio universale quando altri problemi potrebbero essere più pressanti? E' vero, vi sono problemi pressanti nel nostro Paese, ma vi sono anche dei problemi di carattere europeo. Oggi la Comunità Europea avanza a grandi passi, non è ignoto ai colleghi Consiglieri che proprio in questi giorni all'interno della C.E.E., sono state prese alcune decisioni relative all'agricoltura, dopo circa 200 ore di discussione in cui si sono visti a livello della C.E.E. degli scontri in cui, dicono i giornali (io non ho altri elementi per giudicare se è vero) sarebbe prevalsa la tesi di Bonn su determinate linee strategiche. Comunque, che sia prevalsa la tesi tedesca di Bonn invece di quella francese o no, si è rilevato che le grosse decisioni economiche che vengono assunte a livello europeo passano attraverso gli istituti e gli organismi della C.E.E. Questo ormai è fuori di dubbio, vi è un carattere sovranazionale di cui non possiamo non tener conto. L'elezione a suffrago diretto universale se anche può rappresentare un onere per il bilancio dello Stato, viene a porre un problema che ha delle implicazioni vastissime anche per la politica economica del nostro Paese, viene ad evidenziarlo in misura determinante. E' vero, è uno sforzo notevole, che si accompagna ad altre elezioni di carattere parlamentare regionale, provinciale e comunale, ma essendoci un organismo di così vasta importanza deve essere posto innanzi con la dovuta attenzione.
Un'elezione a suffragio diretto universale verrebbe a ovviare anche a questa sorta di indifferenza che c'è nel nostro Paese verso gli organismi della C.E.E., che invece in virtù di forze di altri Paesi più preparati stanno portando innanzi delle politiche che poi dovranno essere accettate e introdotte in Italia.
La questione costituzionale giuridica è stata superata, i Parlamenti possono elaborare delle leggi unilaterali, come sta già facendo il Parlamento olandese il quale ha detto già che se entro breve termine non si provvederà a concordare una linea direttrice per tutti gli Stati membri provvederà unilateralmente a darsi una legge per l'elezione diretta dei membri.
Io ritengo che l'iniziativa presa dal nostro gruppo (che speriamo sia fatta propria anche dalle altre forze politiche che si sono già espresse in occasione di dibattiti parlamentari) venga ad ovviare a questa manchevolezza che dura ormai da circa 16 anni e ponga all'attenzione del Paese questo problema di così grande importanza.
La legge si articola in sette punti: 1) "I delegati italiani al Parlamento Europeo sono eletti con atto parallelo simultaneo e disgiunto dalla Camera dei Deputati e dal Senato della Repubblica, dopo una consultazione a suffragio universale diretto" 2) "La consultazione popolare di cui all'art. 1 è indetta dal Presidente della Repubblica" 3) "L'elezione è effettuata col sistema proporzionale- che verrebbe a dare alle forze minori una rappresentanza maggiore che invece non hanno avuto nel corso della vita del Parlamento europeo. Abbiamo visto per lunghi anni molte forze importanti del nostro Paese escluse dal Parlamento Europeo con un voto in positivo dell'assemblea sia di Palazzo Madama, sia di Montecitorio;" 4) "Partecipano alla consultazione popolare i cittadini che hanno diritto di voto alla Camera dei Deputati" 5) "Sono eleggibili al Parlamento europeo i membri del Parlamento" limita quindi le candidature puramente ai membri della Camera dei Deputati e del Senato 6) "Ciascuna delle due Camere proclamerà eletti i candidati proposti dalla consultazione popolare che avranno conseguito nelle rispettive liste suffragi richiesti, secondo il sistema elettorale adottato" 7) prevede che l'onere finanziarlo sia iscritto nel bilancio dello Stato.
Noi riteniamo di avere quanto meno sottolineato un argomento che nel nostro Paese ha scarsa risonanza (spesso le forze politiche dimenticano l'importanza che gli organismi comunitari stanno assumendo ogni giorno di più) dando uno strumento al Parlamento ed anche attuazione ad una precisa disposizione del Trattato di Roma che è ripetuta nelle tre parti dell'Euratom, della C.E.E. e della C.E.C.A. e quindi deve essere recepita anche nel nostro Paese.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Calsolaro, ne ha facoltà.



CALSOLARO Corrado

Signor Presidente, signori Consiglieri, sul numero di novembre del 1972 della rivista "Comuni d'Europa", il Segretario Generale aggiunto dell'Associazione Italiana per il Consiglio dei Comuni d'Europa, Gianfranco Martini, democristiano, commentando l'iniziativa della proposta di legge regionale al Parlamento della Repubblica Italiana per l'elezione unilaterale a suffragio universale diretto dei delegati italiani al Parlamento europeo testualmente, sotto il titolo "Il Piemonte e il Parlamento Europeo", scriveva: "Se il Consiglio Regionale piemontese adotterà formalmente la proposta questa metterà in moto in sede di Parlamento nazionale, l'iter costituzionale volto a tradurla in legge della Repubblica. Certamente essendo pendente dinnanzi ad uno dei rami del nostro Parlamento una proposta di legge d'iniziativa popolare d'identico contenuto, si renderà necessario il coordinamento tra i due provvedimenti, Ciò che importa è rilevare il significato politico di un'iniziativa regionale tendente a far uscire dal proprio lento cammino parlamentare una proposta di legge di notevole importanza per la democratizzazione del processo integrativo europeo. Con quest'iniziativa l'Europa passa concretamente attraverso le regioni: ci auguriamo che sempre più le regioni (sul piano politico generale e nelle singole materie di competenza regionale) diano un contributo reale e responsabile al rafforzamento dell'azione delle Comunità europee e ad una partecipazione più impegnata e più efficace del nostro Paese al processo d'integrazione".
Sullo stesso tema delle elezioni unilaterali, un anno e mezzo fa circa al Convegno "I Comunisti e l'Europa", in polemica con l'on. Jotti che riteneva che all'elezione diretta si dovesse giungere in forma generalizzata, o da parte di tutti i paesi o di nessuno, il sen. Umberto Terracini affermava: "Il Parlamento europeo avrà maggiore autorità e potrà assicurarsi un potere più effettivo dell'attuale se, anziché essere formato su designazione dei Parlamenti nazionali, sortisse da un'elezione diretta".
"Se avessimo accettato una simile impostazione" - quella cioè del tutti o nessuno - "allorquando, assieme ai socialisti, abbiamo lottato per ottenere che il Parlamento italiano nelle sue designazioni al Parlamento europeo rinunciasse alla discriminazione a danno delle sinistre, se avessimo aspettato che la battaglia venisse ingaggiata in tutti i paesi aderenti e dappertutto vinta, noi non saremmo oggi a pieno diritto membri del Parlamento europeo, il che probabilmente avrebbe sminuito il nostro interesse per il MEC e, magari, non ci avrebbe portato ad organizzare l'odierno convegno. Il successo da noi riportato in questa battaglia non può d'altronde che agevolare gli altri partiti comunisti dei paesi aderenti nel raggiungimento dello stesso obiettivo. La nostra presenza, di noi comunisti italiani, nel MEC, costituisce per essi un utile precedente. E i precedenti sempre e in ogni campo generano i susseguenti".
"L'elezione diretta al Parlamento europeo"- concludeva il sen.
Terracini - "deve essere da noi perseguita con molta decisione, poiché non vi è dubbio che essa costituirebbe un grande passo innanzi sulla via della democratizzazione del MEC, il che rappresenta in questa fase del processo d'internazionalizzazione del sistema economico, un contributo fondamentale del movimento comunista e in genere degli schieramenti di sinistra di tutti i paese aderenti".
Non vi è quindi dubbio alcuno che sull'opportunità di procedere ad elezioni unilaterali vi sia la più larga convergenza di tutte le forze politiche democratiche del nostro Paese.
L' 11 giugno 1969 la proposta di legge d'iniziativa popolare per l'elezione unilaterale diretta dei delegati italiani al Parlamento europeo veniva consegnata nelle mani del Presidente del Senato, on. Fanfani. Nel corso della seduta, il sen. Caron per la D.C. il sen. Pieraccini per i socialisti, il sen. Cifarelli per i pubblicani, il sen. Bergamasco per i liberali, il sen. Parri per gli indipendenti di sinistra e l'on.Colombo per il Governo, esprimevano la loro piena adesione all'iniziativa.
In particolare il Ministro Colombo dichiarava che il Governo salutava la presentazione della proposta di legge d'iniziativa popolare per l'elezione diretta dei delegati italiani al Parlamento europeo come un segno tangibile di risveglio della coscienza popolare europeistica in Italia, in un momento in cui apparivano rinverdite le speranze di una ripresa dell'iniziativa europea e che la creazione dell'Europa unita non poteva del resto che derivare le sue origini non solo dalla volontà dei Governi ma soprattutto dalla partecipazione diretta della volontà popolare che, infine l'esigenza di un Parlamento europeo pienamente rappresentativo della volontà popolare appariva essenziale ove si tenesse conto del ruolo da attribuire all'Europa nel mondo, anche ai fini di una sua efficace partecipazione all'instaurazione di un pacifico e sicuro assetto dei rapporti internazionali.
Il sen. Fanfani concludeva il dibattito augurandosi che, "con bella prova d'attività e di sensibilità politica", il Senato potesse procedere all'approvazione della proposta di legge prima delle ferie estive (del 1969).
Nel corso dello stesso anno l'Xl Congresso Nazionale della D.C.
approvava, su proposta di un folto gruppo di delegati (fra i quali Andreotti Petrilli, Granelli, Vittorino Colombo, Pastore, Giraudo Bassetti, Sullo, Sart, Scarascia, Mugnozza, Fracanzani, Zamberletti Bernassola) un o.d.g. nel quale impegnava i propri gruppi parlamentari ad assumere prontamente ogni iniziativa volta a conseguire, fra l'altro l'urgente approvazione del progetto di legge per l'elezione, anche unilaterale, della rappresentanza al Parlamento europeo.
Il 12 agosto 1969, in occasione della presentazione del suo secondo Governo, il Presidente del Consiglio on. Mariano Rumor dichiarava: "Il Governo avrà bene presenti, le indicazioni del Movimento federalista europeo e del Gruppo europeista del Senato, con particolare riguardo alle proposte, che con altre accoglie, per l'istituzione sollecita di un Parlamento europeo a suffragio diretto".
L'iniziativa italiana per l'elezione unilaterale diretta dei delegati italiani al Parlamento provocava notevoli ripercussioni negli altri paesi.
In Francia un progetto di legge di identico contenuto a quello italiano veniva depositato alla Camera Francese da Mitterand dai membri della Federation de la gauche il 5 aprile 1968. Lo stesso avveniva in Belgio, e nel luglio 1969, l'Europa Union Deutschland proponeva ad un gruppo importante di personalità tedesche di appoggiare l'iniziativa italiana allo scopo di favorirne il successo e di testimoniarne le implicazioni europee. Tra i firmatari della lettera invito ai parlamentari italiani era Walter Scheel, liberale, attuale Ministro degli Esteri della Repubblica Federale Tedesca e realizzatore - con Willy Brandt - della Ostpolitik.
Le alterne vicende della situazione politica del nostro Paese che, a far tempo dal luglio 1969, ha visto susseguirsi la scissione socialista, la rottura della coalizione di centrosinistra e così via fino alle elezioni anticipate dello scorso anno, determinavano l'interruzione dell'iter legislativo, peraltro mai concretamente avviato, della proposta d'iniziativa popolare.
Il 28 giugno 1972 il Gruppo socialista alla Regione presentava la proposta di legge oggi in discussione.
Non possiamo non far rilevare - e ne diamo opportuna informazione al Consiglio - che a seguito di essa in alcune Regioni si stanno predisponendo, ad iniziativa di altre forze politiche dell'arco costituzionale, analoghi strumenti di partecipazione delle Regioni al processo d'integrazione politica europea.
Abbiamo già esposto nella relazione che accompagna la proposta il fondamento giuridico di essa e il suo significato politico come affermazione di presenza effettiva della Regione nel quadro di un programma europeo che proprio nella politica regionale può realizzare importanti risultati.
Nel comunicato finale del vertice di Parigi viene riconosciuta nel paragrafo dedicato appunto alla politica regionale - l'alta precedenza all'obiettivo di rimediare, nella Comunità, agli squilibri strutturali e regionali che potrebbero pregiudicare la realizzazione dell'unione economica e monetaria. I nove Governi partecipanti alla Conferenza hanno assunto l'impegno esplicito di coordinare le politiche regionali: a tale fine le istituzioni comunitarie sono state invitate a creare un fondo di sviluppo regionale da istituire entro il 31.12.1973. Questo fondo coordinato con gli interventi nazionali, dovrà consentire, di pari passo con la realizzazione dell'unione economica e monetaria, di correggere i principali squilibri regionali nella comunità allargata, in particolare quelli risultanti da una predominanza agricola, dai mutamenti industriali e da una sottoccupazione strutturale.
La presenza delle Regioni nell'area europea, che oggi si attua attraverso un'iniziativa di proposta legislativa al Parlamento nazionale e che si potrà porre, in un futuro più o meno prossimo, nel quadro di un sistema bicamerale europeo, come partecipazione diretta ad una Camera dei popoli o delle Regioni, comporta sin d'ora un complesso di rapporti Regioni Governo nazionale -Comunità Europea che, al di là del profilo tecnico giuridico-istituzionale, si risolve soprattutto in una questione squisitamente politica.
L'avvento delle Regioni ed il trasferimento ad esse di un'aliquota di poteri statali apre una nuova problematica. Pensiamo ai settori d'iniziativa legislativa nei quali il controllo della Comunità Europea e più penetrante: l'agricoltura, i trasporti, l'industria ed il commercio. Si tratta evidentemente di materie che coinvolgono principalmente i poteri delle Regioni italiane.
Si pone quindi un primo problema: se sia possibile costituire un raccordo istituzionale utile e propulsivo fra l'attività comunitaria e l'attività delle Regioni, non tanto in ordine ai controlli, quanto per la partecipazione delle Regioni alle scelte e alle politiche che condizionano la vita della Comunità Europea.
Con le Regioni, il tradizionale quadro istituzionale italiano è e deve risultare profondamente mutato. Allo stato unitario centralizzato si è sostituita, e comunque deve sostituirsi, la Repubblica regionale e autonomistica, nuovo assetto statuale che tanto fatica a consolidarsi e a dare i suoi frutti trova soprattutto nella politica agricola la prima e più importante scadenza per affermarsi. La politica agricola è forse la più appariscente "politica comune" per l'Europa; e, ad un tempo, per la sua natura che presenta volti e problemi assai diversi all'interno degli Stati la caratteristica identificante delle Regioni.
E su questo terreno che troviamo il banco di prova della Comunità Europea e dello Stato d' intendere questo determinante fatto innovativo che sono le Regioni, e il banco di prova delle capacità delle Regioni di essere un nuovo, potente e costruttivo livello di autentico potere politico in Italia.
Molti segni c'inducono a temere, anche in questo campo, la tendenza riduttiva che si è fortemente accentuata negli ultimi mesi. Si fa sempre più strada il convincimento che le Regioni, nate in un singolarissimo momento, politico di forte spinta democratica nel Paese, siano ora costrette sulla difensiva. Viviamo, per il regionalismo, in una fase di riflusso. Emerge con chiarezza un disegno che mira a fare delle Regioni non dei Governi con poteri circoscritti ma pieni, ma dei meri strumenti di decentramento amministrativo da impegnare per lo più in settori depotenziati, senza mezzi per efficaci interventi nel campo strategico dell'economa e del territorio.
L'interpretazione assolutamente restrittiva che, ad esempio, viene data al precetto enunciato dall'art. 93 del Trattato di Roma allarma e preoccupa le Regioni.
C'è il contenzioso diplomatico del Ministero degli Esteri che in un paese come l'Italia, che fra gli stati membri è sempre stato il più inadempiente ai precetti comunitari, è divenuto fiscalissimo con le Regioni. E' dubbio che sia competente, ma si attribuisce la competenza e la esercita con grande rigore. Se si imbatte in leggi regionali che contengono specifiche discipline già dichiarate compatibili dalla Comunità, non conosce l'aureo principio del "precedente" e rispedisce tutto di nuovo a Bruxelles. Il Governo non corregge questa prassi e non ricorre, come potrebbe e dovrebbe, alla "procedura d'urgenza" che implica un esame contenuto e in periodo di tempo ragionevole. I tempi della Comunità sono solitamente di tale lunghezza da vanificare in sostanza la potestà legislativa delle Regioni. Ci sono certamente dei problemi tecnici, ma non c'è problema tecnico che non possa essere affrontato e superato se esiste la volontà politica di trovare una soluzione.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, con circolare 27 dicembre 1972, si fa portavoce delle doglianze del Ministero degli Esteri e scrive: "Talune Regioni, in più occasioni e specialmente in sede di studio ed elaborazione di provvedimenti legislativi, assumono diretti contatti, anche in via ufficiosa, con i servizi della Commissione della Comunità Europea.
Il Ministero degli Esteri segnala che l'instaurazione di una prassi del genere potrebbe dare origine ad inconvenienti di varia natura e costituire serio pregiudizio. Non si possono che condividere le preoccupazioni manifestate, concordando nella necessità che venga in avvenire evitato il ripetersi di tale irregolare ed anomalo procedimento".
Molte Regioni hanno risposto di non poter aderire ad una linea di questo tipo. E ciò sulla base di un'interpretazione del Trattato di Roma che non identifica necessariamente nello Stato lo Stato-apparato o lo Stato persona, ma anche lo Stato-ordinamento, la definizione dei poteri pubblici essendo rinviata alle scelte costituzionali interne dei vari sistemi. In questa visione del diritto comunitario le Regioni ben possono affermare che in quanto soggetti investiti di potestà normativa sono facultizzate ad instaurare rapporti diretti con l'autorità comunitaria. Tanto è vero che una sentenza della Corte di giustizia della CEE in data 15 12.71 ha dichiarato che il problema di scegliere gli organi ai quali all'interno degli Stati membri spettano gli adempimenti delle obbligazioni comunitarie va risolto sulla base del sistema costituzionale di ogni Stato membro. I governi quindi non possono pretendere di gestire in proprio, escludendone le Regioni, la politica comunitaria. Non l'hanno oggi questo potere per quanto riguarda il settore dell'agricoltura, né lo possono avere in avvenire per quanto riguarda per esempio il settore più vasto della politica regionale.
All'interno della Comunità le tradizionali limitazioni soggettive del diritto internazionale, per cui solo lo "Stato-apparato" è soggetto, sono saltate e devono saltare. Se così non fosse dovremmo allora chiederci perché costruiamo l'Europa: trovando invece una corretta soluzione a questi problemi la Regione può aiutare l'Europa e l'Europa può aiutare le Regioni e con le Regioni aiutare di più l'intero nostro Paese.
Si tratta perciò di stabilire al più presto, con coraggio e con determinazione, collegamenti di varia natura fra le nuove realtà regionali e la Comunità; con la Commissione, con il Consiglio, con il Parlamento. I collegamenti appaiono opportuni e necessari soprattutto per la politica agricola. Non basta dire che il panorama agricolo è differenziato, che occorre una pluralità di politiche diverse secondo le vocazioni colturali i dati naturali, lo specifico quadro sociale di questo o di quel territorio se manca una reale consulenza delle Regioni la Comunità non può assicurare efficacia, realismo e credibilità alla sua azione.
Il nostro Paese si è data una struttura regionale e le Regioni sono soggetti necessari per preparare le linee di comportamento nazionale a livello comunitario nelle materie che la Costituzione assegna alla competenza regionale. Non si tratta di un discorso in prospettiva, ma di un discorso urgente che ha scadenze assai ravvicinate.
L'Italia dovrà fare i conti con le tre direttive sulle strutture agricole approvate dal Consiglio della Comunità il 17 aprile 1972. Il ruolo che il Governo intende far svolgere alle Regioni in questo campo non è soltanto un problema di correttezza costituzionale, ma di reale difesa della nostra agricoltura.
E' chiaro che le direttive europee influiscono sui contenuti della politica agricola delle Regioni, ma non intaccano le loro competenze costituzionali Governo e Regioni devono pertanto collaborare e trovare soluzioni concordate affinché l'interlocutore italiano della Comunità sia davvero in grado d'esprimere la volontà dell'intera collettività del nostro Paese.
Da quanto si rileva, sia pure sommariamente, in ordine ai rapporti fra Regioni, Governo nazionale e Comunità Europea, con problemi d'interpretazione giuridico costituzionale e con implicazioni di natura politica interna e comunitaria irrisolti, appare evidente che la Comunità sta assumendo un carattere sempre più tecnocratico e che questa tendenza è destinata ad accentuarsi se il gradualismo propriamente economico non viene integrato da una iniziativa diretta del popolo europeo sul terreno politico istituzionale, che metta in moto, per approssimazioni successive meccanismi democratici di formazione della volontà politica.
L'opportunità di procedere alla elezione a suffragio universale del Parlamento europeo, conformemente all'art. 138 del Trattato di Roma, è stata riaffermata nel comunicato finale del vertice di Parigi, ma i tempi per la sua effettuazione sono stati ancora rinviati nel tempo.
Nel corso della conferenza, dopo essersi a lungo battuto per ottenere una dichiarazione positiva - e non soltanto di principio - sulle elezioni del Parlamento europeo, il Primo Ministro dei Paesi Bassi annunciava che nel corso del 1973 il suo Paese avrebbe comunque tenuto elezioni unilaterali dirette.
E' ormai pacifico che l'unificazione economica non potrà mai produrre da sola l'unificazione politica, e che anzi - come è stato ampiamente dimostrato dai due o tre cicloni monetari che si sono abbattuti in un paio d'anni sul continente - non potrà sicuramente giungere a compimento senza un governo federale, responsabile di fronte ad un Parlamento traente la sua legittimità da una diretta investitura popolare.
Le elezioni unilaterali rispondono quindi ad un'esigenza reale nella misura in cui esse appaiono suscettibili di produrre reazioni a catena negli altri Paesi membri, riproponendo concretamente il problema di una reale democratizzazione delle istituzioni comuni, presupposto irrinunciabile di una vigorosa ripresa del processo d'integrazione.
La proposta di legge n. 36 fa richiamo alla proposta d'iniziativa popolare del 1969 che ho citato alcune volte nel corso del mio intervento per evidenziare i generali consensi espressi ai più alti livelli politici sulla opportunità di procedere unilateralmente alle elezioni dirette.
Vorrei fare osservare che le due proposte si differenziano sul piano giuridico nel senso che la proposta in discussione tiene conto di alcune imperfezioni giuridiche della proposta d'iniziativa popolare e le corregge.
L'art. 1 della nostra proposta prevede infatti che i delegati italiani al Parlamento europeo siano eletti con atto parallelo, simultaneo e disgiunto della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica - così come avviene oggi - dopo una consultazione a suffragio universale diretto.
Il voto popolare non investe quindi immediatamente i delegati dei loro poteri, ma realizza una procedura in cui il voto rappresenta il primo stadio, cioè la consultazione di base. Il secondo stadio è quello della proclamazione parlamentare.
L'art. 138, n. 1 del Trattato di Roma recita: "L'Assemblea è formata di delegati che i Parlamenti sono richiesti di designare secondo la procedura fissata da ogni Stato membro".
L' art. 138 richiede pertanto e semplicemente che siano i Parlamenti nazionali ad indicare formalmente quali fra i propri membri debbano essere i delegati al Parlamento europeo. Il procedimento di scelta rimane a monte e fa parte di quelle procedure interne che gli Stati, ai sensi dello stesso art. 138, n. 1, possono determinare liberamente.
Una volta adempiute le due condizioni previste dall'art. 138 n. 1 e cioè che i delegati al Parlamento europeo siano membri dei Parlamenti nazionali e che siano questi ultimi ad indicarli alla Comunità, non esiste alcuna altra restrizione a carico degli Stati membri relativamente al procedimento d' elezione dei delegati.
L'art. 6 della proposta, in coordinazione con l'art. 1, stabilisce così che ciascuna delle due Camere proclamerà eletti i candidati "proposti" dalla consultazione popolare che avranno conseguito, nelle rispettive liste, i suffragi richiesti secondo il sistema elettorale adottato.
Candidati non potranno evidentemente che essere, a norma dell'art. 138 del Trattato e come ripete l'art. 5 della proposta, i membri del Parlamento italiano in carica al momento dell'elezione.
L'art. 2 prevede, colmando una lacuna della proposta d'iniziativa popolare, che la consultazione sia indetta dal Presidente della Repubblica con proprio decreto. Non esiste alcun ostacolo costituzionale a che tale consultazione, prevista da una legge, sia indetta in tale forma. La garanzia, del resto, è prevista dall'art. 89 che esige per qualsiasi atto presidenziale la controfirma dei Ministri proponenti e in dati casi anche del Presidente del Consiglio.
Al di là e al di sopra del problema giuridico, risolto nella proposta n. 36 dopo opportuna consultazione dei testi legislativi e dei più importanti contributi della dottrina costituzionale, vi è un grosso problema politico, che è l'intervento di una Regione, come il Piemonte, nel vivo del quadro istituzionale europeo.
Così come le elezioni unilaterali a suffragio universale nel nostro Paese saranno destinate a mettere in moto una serie di reazioni positive negli altri Paesi e a consentire la partecipazione diretta delle masse popolari alla costruzione dell'Europa, la proposta della Regione Piemonte non potrà non ottenere gli stessi effetti nei confronti delle altre Regioni e delle collettività da esse rappresentate.
Di tutto ciò ha già tenuto conto L'VIII Commissione permanente rinviando al Consiglio, per la discussione e l'approvazione, la proposta di legge. Che non è, né potrebbe essere, la proposta di un particolare gruppo del Consiglio Regionale, ma che è invece l'espressione permanente di una volontà politica nella quale si realizza la più larga convergenza, sia sul piano nazionale che sul piano locale, di tutte le forze politiche autenticamente e sinceramente democratiche.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Vecchione, ne ha facoltà.



VECCHIONE Mario

Signor Presidente, signori Consiglieri, molto brevemente per esporre la posizione del Gruppo comunista su questa proposta di legge della Regione Piemonte al Parlamento in ordine all'elezione a suffragio universale diretto col sistema proporzionale dei membri della Comunità.
E' bene dire subito che sul problema generale del tipo, del metodo dell'elezione, non vi sono posizioni discordanti da parte del nostro Gruppo in Commissione VIII questa questione è stata discussa e a livello nazionale non ci sono problemi. L'unico problema che sorge - ripreso anche dal collega Calsolaro - è che il vecchio progetto di legge del 1969 non esiste più praticamente, non si lavora più su quel progetto alla Camera e al Senato, si lavora su un altro testo che è sostanzialmente correttivo migliorativo, aggiusta il tiro dal punto di vista costituzionale rispetto a quel primitivo testo di legge.
A nostro modo di vedere, quando la Regione intraprende la strada della proposizione di norme legislative al Parlamento, occorre valutare due aspetti: o si deve superare un certo torpore del legislatore statuale e allora questi tipi d'iniziative prendono la giusta strada e raggiungono un loro effetto, oppure si tende ad incentivare una certa attenzione su una visione diversa del problema In questo caso non esiste sul piano delle opportunità e solo su questo piano, né l'uno né l'altro requisito. Perché? Perché recentemente (se non vado errato il 29.3.72) nelle Commissioni I e III del Senato è stata raggiunta un'intesa di massima fra la D.C., PCI, PSI in base alla quale non si proceda tanto sulla strada dell'unilateralità delle proposte di legge dei singoli Stati sul metodo di elezione, ma si vada verso un processo e un dibattito politico più ampio, più unitario, più aperto che investa tutti i Paesi della Comunità, che risolva insieme attraverso questo dibattito politico, il tipo di elezione a cui si deve andare incontro.
Questa è la ragione per la quale riteniamo che, in relazione all'intesa che è stata raggiunta a quel livello, che è l'unico livello che ha nelle mani il potere decisionale, il potere legislativo su questo punto, la proposta di legge (che è giusta nei contenuti e nelle finalità, nel metodo specialmente circa il tipo di elezione a cui si vuole andare incontro) sia un po' fuori argomento rispetto alle intese politiche che sono state raggiunte.
Per questa ragione il Gruppo comunista si asterrà dalla votazione e proporrà un ordine del giorno più generate che avrà il significato anche di far vedere l'unanime volontà delle forze dell'arco costituzionale democratico della Regione Piemonte in relazione a questo problema.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Vera, ne ha facoltà.



VERA Fernando

Anche per guadagnare tempo nei nostri lavori, se il Presidente me lo consente, mi riferirò nel mio intervento sia alla proposta di legge per il Parlamento europeo che alla mozione relativa all'adesione della Regione Piemonte all'AICCE, cioè all'Associazione italiana per il Consiglio dei Comuni d'Europa, data la stretta interdipendenza trai due argomenti. Si tratta, infatti, di due iniziative alle quali non soltanto a nome del mio Gruppo ma anche personalmente, in quanto, membro della Direzione nazionale dell'AICCE, dò la più completa e piena adesione, poiché a mio avviso esse si collocano correttamente in una politica di rilancio dell'idea dell'unità europea conseguente ai risultati del recente "vertice" di Parigi; risultati che è ben difficile poter considerare soddisfacenti, dal momento che ci si è limitati ad impegni di carattere estremamente generico ed a prospettive estremamente lunghe in ordine all'unità europea, che non possono soddisfare quanti nei vari Paesi, anche se forse sul piano attivo sono delle minoranze, tengono alla realizzazione sollecita di una unità federale europea. A dire il vero, i numerosi vuoti che si notano oggi in quest'aula per l'assenza di tanti autorevoli membri del nostro Consiglio, dovuta certo a ragioni ed impegni giustificabilissimi, parrebbero proprio convalidare le recenti dichiarazioni di Olivi secondo cui la classe politica italiana è forse, nell'ambito europeo, quella meno sensibile all'idea europea; il che è dimostrato, del resto, non soltanto sul piano degli interventi di carattere politico ma anche da un atteggiamento che all'estero solitamente viene definito fraudolento nei confronti delle nonne comunitarie.
Dicevo che, in conseguenza di quanto è successo a Parigi, i movimenti europei del nostro e di altri Paesi hanno ritenuto di adottare delle iniziative in particolare, la- Direzione nazionale- dell'AICCE indubbiamente in Italia l'organizzazione europeistica più importante e più attiva, anche perché, attraverso le rappresentanze degli enti locali, dà una indicazione popolare, un voto popolare, ha ritenuto che dalle insufficienze e dai fallimenti dei Governi nazionali nella costruzione comunitaria, dalla evidente stasi del momento del passaggio dall'unione doganale economica e politica, emerga irrefutabile l'esigenza d'impegnare non retoricamente i popoli e quindi di chiamare in causa concretamente, nei loro diversi strati sociali, e con una non simulata partecipazione attraverso una campagna elettorale europea, i cittadini dell'Europa. E perciò ha chiesto a tutte le Regioni italiane, ed in particolare a quelle socie titolari dell'AICCE, di presentare alle Camere una proposta di legge per l'elezione unilaterale a suffragio universale diretto dei delegati italiani al Parlamento europeo, la stessa proposta che noi siamo chiamati a discutere questa mattina; proposta che indubbiamente ripete, salvo qualche modifica, quel progetto di legge d'iniziativa popolare n. 706 che già era stato presentato nella precedente legislatura e che poi, trattandosi di progetto d'iniziativa popolare, non è decaduto ma è stato recepito dalla legislatura attuale n. 1 delle Commissioni senatoriali competenti.
Ci rendiamo tutti perfettamente conto che sia la proposta della Regione Piemonte che, del resto, lo stesso progetto di legge presente attualmente in sede parlamentare italiana, più che altro rappresentano una provocazione rispetto ad una esigenza di democratizzazione degli organi della Comunità europea; perché l'obiettivo che tutti intendiamo raggiungere non è evidentemente, soltanto quello di attirare sui parlamentari italiani che vengono designati negli organi comunitari un generico consenso popolare, ma quello di arrivare, come vuole una universale regola democratica all'estensione dell'elettorato passivo in ordine al Parlamento europeo a tutti i cittadini europei. Ma riteniamo che anche questa mossa, di carattere provocatorio, nel senso più positivo del termine, sia necessaria se si vuol bruciare i tempi, che per la verità sono tempi che però si stanno incredibilmente allungando da anni, da quando si è cominciato nell'immediato dopoguerra, attraverso persone che si chiamavano De Gasperi Schuman, Adeneuer, a lanciate l'idea europea.
Contemporaneamente a questa proposta, il Consiglio Regionale è chiamato a deliberare su una mozione che propone, come hanno già fatto in passato le Regioni a statuto speciale e come hanno fatto, secondo gli ultimi dati di cui dispongo, sette Regioni a Statuto ordinario, l'adesione all'Associazione italiana del Consiglio dei Comuni d'Europa; associazione italiana che, per dissipare i dubbi di coloro che si domandano, come risulta in qualche caso anche recente, quale ragione abbia la Regione di aderire ad una associazione dei Comuni, penso sia opportuno chiarire che ha come titolo "Associazione dei Comuni, delle Province, delle Regioni e degli altri enti locali". Adesione all'AICCE che, oltre ad avere evidentemente un significato simbolico e politico tutt'altro che irrilevante, ha per gli enti locali anche delle ragioni di carattere pratico non indifferenti rappresentate dalla possibilità offerta dall'AICCE, attraverso il Bureau aperto presso gli Uffici comunitari di Bruxelles, di un'ampia assistenza nei confronti di tutti gli enti locali, e quindi in particolare delle Regioni, sia per quanto riguarda i problemi dei fondi comunitari sia per quanto riguarda il problema di un corretto inquadramento delle legislazioni regionali nelle norme comunitarie, sia infine, cosa non meno importante per le ampie possibilità d'informazione che attraverso tutte le attività del Consiglio dei Comuni d'Europa, organizzazione nazionale che raggruppa le varie associazioni a carattere nazionale, si offrono in ordine a problemi comuni, in particolare a problemi di programmazione, che tutti gli enti locali devono affrontare.
A questo proposito, ritengo che occorra fare un passo avanti, nel senso che il progetto d'iniziativa per l'elezione del Parlamento europeo e l'adesione all'AICCE rappresentano due momenti ufficiali di partecipazione della Regione Piemonte alla lotta per l'idea europea; ma, evidentemente, al di là di questo, la Regione deve assumere un impegno militante e attivo in ordine a un tipo di politica, un tipo di inquadramento della propria attività nell'idea europea, senza la quale, evidentemente, i primi due atti perderebbero molto del loro significato: l'impegno d'impostare delle linee direttrici di politica di programmazione che non siano in contrasto con un panorama ed una prospettiva europea, impegno che pure la Direzione nazionale dell'AICCE ha recentemente richiamato, dicendo che si deve affiancare un'azione diretta delle Regioni e di tutti i poteri locali democratici al di sopra delle frontiere, come recita la Carta europea delle libertà locali, per una politica regionale comune che non sia l'elemosina per i sottosviluppati ma un punto di riferimento per l'attuazione di un modello di sviluppo della Comunità, un modello che risolva insieme problemi quantitativi e quelli qualitativi, miri al pieno impiego, ai servizi sociali, alla qualità della vita, e respinga uno sviluppo abbandonato esclusivamente alle preoccupazioni a breve termine dei grandi feudatari privati e pubblici dell'economia e alle richieste irrazionali del consumismo da essi stimolato.
In particolare, l'esigenza d'inquadramento del tipo di sviluppo, del tipo di programmazione che ci dà la Regione Piemonte in un quadro europeo penso che debba essere sentita nella nostra Regione perché è una regione di frontiera, una Regione che ha quindi caratteristiche particolari, non comuni a tutte le Regioni italiane, in un momento in cui si afferma particolarmente l'istanza di una politica regionale transfrontaliera (mi pare che anche il collega Calsolaro abbia ricordato come a Bonn, nel settembre '70, si fossero riuniti sedici Paesi per affermare l'esigenza di una politica che coinvolgesse Regioni di più Paesi). Tipo di politica che altre Regioni a Statuto speciale, particolarmente la Regione Friuli-Venezia Giulia, per il fatto, rispetto alla nostra, di esser nata molto prima, e quindi di averci già potuto dare un certo tipo attivo operativo d'impostazione, hanno svolto e svolgono da anni. In pratica, si è creata una forma di politica regionale che comprende la Regione Friuli-Venezia Giulia, la Carinzia e la Slovenia; Regioni, quindi, che appartengono a Paesi aventi impostazioni politiche molto differenti, che appartengono anche a regimi di alleanze differenti, eppure hanno, malgrado ciò, trovato elementi comuni nella politica dei porti, nella politica delle autostrade nella politica degli scambi commerciali, in quella dell'iniziativa turistica, in quella dei parchi naturali.
E' evidente che le Regioni di frontiera, che da un certo punto di vista si collocano rispetto agli Stati centrali come regioni periferiche, viste nell'ambito di uno spazio comunitario sono invece dei punti centrali, dei punti di attrazione, dei punti, soprattutto, di politica soprannazionale.
Questo tipo d'impostazione e stato ribadito dal Consiglio d'Europa nel 1971 e recentemente, l'anno scorso, 1972, nel Convegno di Innsbruck, che tanto ha fatto parlare di sé, nel quale è stata lanciata l'idea di una Regione alpina considerando le Alpi non come un elemento di divisione, come secoli di storia hanno fatto pensare ai vari Stati nazionali, ma invece come un elemento dorsale della Comunità europea, c'è lo spazio europeo.
A questo tipo di relazioni, che, ripeto, ritengo che la Regione Piemonte debba intrattenere con altre Regioni confinanti per una politica transfrontaliera, si oppongono obiettive difficoltà di carattere burocratico da parte del Governo centrale, alcune delle quali ha già citato 51 collega Calsolaro. Richiamandosi ad una vecchissima legge, risalente al 1935 - il Regio decreto del 17 ottobre 1935 che vietava qualsiasi contatto qualsiasi convegno o congresso avente carattere internazionale che non fosse stato organizzato dal Ministro degli Esteri (divieto spiegabile con il timore che attraverso questi contatti si arrivasse addirittura ad una sorta di spionaggio), i Governi, democratici che si sono succeduti in Italia, e ancora recentemente l'attuale Governo, hanno emanato disposizioni nei confronti di tutti gli enti locali volte a vietare in pratica qualsiasi contatto fra questi enti locali ed i corrispondenti enti locali al di là della frontiera, salvo autorizzazione richiesta sei mesi prima - dice la circolare ministeriale - al Ministero degli Esteri (il che evidentemente rende estremamente difficile questo tipo di contatti, perché immagino come si troverebbe a disagio l'Assessore Benzi, o l'Assessore Franzi, o un gruppo di Consiglieri che volesse stabilire contatti con i Consiglieri regionali di Regioni francesi, o del Cantone di Ginevra, se dovesse aspettare per sei mesi l'autorizzazione del Ministero degli Esteri: in caso di esame di problemi di una certa urgenza, passati i sei mesi, la soluzione si renderebbe superflua perché probabilmente le questioni sarebbero già superate).
A questo atteggiamento burocratico del Governo centrale che non sempre per fortuna, è stato rispettato dagli enti locali, ed al quale non si sono sempre attenuti pignolescamente gli organi locali di controllo, ma che tuttavia in molti casi ha reso difficili contatti europei degli enti locali italiani - io penso che le Regioni italiane, attraverso i loro organismi collettivi, attraverso i convegni dei loro Presidenti del Consiglio, dei loro Presidenti della Giunta, debbano opporre una posizione estremamente rigida, che costringa il Governo nazionale ed il Ministero degli Esteri ad abbandonare simili pretese.
Signor Presidente, colleghi, il voto favorevole che certamente il Consiglio Regionale del Piemonte darà sia alla risposta per l'elezione del Parlamento europeo a suffragio universale sia alla proposta d'adesione della Regione Piemonte all'AICCE, l'Associazione italiana del Consiglio dei Comuni d'Europa, ha non solo lo scopo del raggiungimento degli obiettivi enucleati in queste due proposte ma anche il significato di un appello a tutti gli enti locali piemontesi, perché assumano analoghe iniziative volte ad una affermazione dell'idea europea. Con questo voto noi intendiamo altresì impegnare la Giunta e il Consiglio ad assumere tutte le iniziative che pongano la Regione Piemonte, conforme alle sue tradizioni culturali sociali, politiche, nella visione, nel quadro europeo, attraverso un collegamento con le altre Regioni europee, e a dare al suo Piano di sviluppo, che noi saremo chiamati quanto prima in quest'aula ad approvare una dimensione europea.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Sanlorenzo.



SANLORENZO Dino

Prendo la parola solo per illustrare brevemente la proposta di un ordine del giorno che dovrebbe dare tutt'uno con la legge che il Consiglio si accinge a votare ed approvare, pur con il nostro voto di astensione, e che mi pare potrebbe contribuire a rendere più puntuale, più incisiva la nostra iniziativa politica, che, come ha detto giustamente il Consigliere Vera, ha prevalentemente un valore provocatorio nei confronti di una situazione stagnante nel momento attuale sui problemi europei.
Come i Consiglieri sapranno, della questione che oggi ci interessa si sono recentemente occupate le Commissioni I e III del Senato, che in due successive riunioni, soprattutto l'ultima, del 29 marzo, hanno affrontato il problema della legge d'iniziativa popolare del 1969, divenuta legge n. 1 nell'attuale legislazione. In queste riunioni si è aperta un'ampia discussione, non ancora conclusa, che ha già portato però ad alcune decisioni unitarie, e cioè la necessità di modificare adeguatamente il testo della legge d'iniziativa popolare del '69, come ha riconosciuto il sen. Bartolomei e come ha già ricordato il Consigliere Vecchione, e di avere una iniziativa politica tale da consentire di arrivare davvero all'obiettivo che si vuole raggiungere, e cioè, l'elezione diretta dei rappresentanti del Parlamento d'Europa da parte di tutti i Paesi interessati Non dobbiamo, infatti nasconderci il mare di difficoltà e di diffidenze che oggi, obiettivamente, imperversa su tutti i Paesi della Comunità europea. Dopo il vertice di Parigi, dopo la tempesta monetaria, per nulla placata, nel pieno della guerra dei prezzi agricoli, e di fronte al processo d'inflazione galoppante a livello internazionale. Dobbiamo, cioè renderci conto che, oggi come oggi, siamo in presenza di nove Europe, più che dell'Europa dei Nove. E noi dobbiamo, nel momento stesso in cui ci poniamo un problema d'iniziativa politica, non credere di poter dimenticare la realtà di oggi, che in un certo senso, è più grave della realtà anche soltanto di un anno addietro. E' d'altronde estremamente difficile indicare chi è stato a lungo d'accordo, e con chi, nella Comunità a Sei del recente passato, ed è parimenti difficile indicare oggi chi è d'accordo, e con chi della Comunità che tuttavia è divenuta di Nove. Né si può gabellare per un accordo ciò che è stato siglato fra i Ministri dell'Agricoltura della CEE sui prezzi agricoli l'altro ieri. E' il classico caso in cui l'accordo è peggio che niente: si pensi al fatto che, addirittura due dei cosiddetti Ministri italiani (dico "cosiddetti" perché qualche volta vengono chiamati ministri persone che nessun Parlamento ha eletto), Altiero Spinelli e Carlo Scarascia Mugnozza, sono andati in vacanza proprio negli ultimi giorni della trattativa, a sottolineare l'entusiasmo per come si stavano mettendo le cose nella trattativa sui prezzi agricoli. E in effetti, le trattative hanno portato alla brillante conclusione che nessun legame fra l'aumento dei prezzi e l'andamento monetario è stato stabilito; il che significa che in molti casi, essendo l'aumento riferito ai prezzi del 1972, è già assorbito dal mutamento di valore delle monete; e, in secondo luogo, gli aumenti non arrivano a toccare i prezzi reali esistenti sul mercato interno, e perciò, mentre non avvantaggiano in alcun modo il reddito dei coltivatori, divengono motivo unico per aumentare i prezzi al consumo e per offrire ulteriori profitti ai complessi commerciali. Se pensiamo che la Comunità europea vende oggi a 200 lire il chilo lo stesso burro che in Italia paghiamo tra le 1200 e le 1600 lire il chilo, potete immaginare cosa può significare il premio di 62 lire che, per far contenta l'Inghilterra, è stato deciso due giorni or sono. Un caso di questo genere ci indica la proporzione del premio, così modesta da annullare ogni beneficio. La cosa è riconosciuta persino dalla associazione degli agricoltori italiani, che in fondo è avvantaggiata da queste decisioni, la quale però ammette che non può durare così in eterno. Si può infatti constatare come, volta per volta in questi ultimi anni, si sia trattato di accordi tra spizzichi di Europa: quattro, cinque Paesi, o magari solo due o tre Paesi di quelli che contano di più; contro quegli altri che non facevano parte dei due o tre. "Altri" che, qualche volta, si chiamano Inghilterra, qualche volta Italia, quasi sempre si chiamano Francia. E' questa la meccanica che finora ha presieduto nel concreto al discorso della Comunità europea.
In questa situazione, sulla quale d'altra parte non voglio soffermarmi oltre (perché credo sia a tutti ben presente soprattutto per gli avvenimenti in questo ultimo anno) il problema diventa quello di tutta una politica, di tutta una serie di iniziative da intraprendere per superare l'impasse. Ricorderò soltanto, che, tutto ciò di cui ci stiamo occupando oggi, non può prescindere dalla definizione, ad esempio, di una politica comune dell'Europa verso gli Stati Uniti, che è cosa diversa dall'essere ricevuti singolarmente, uno per uno, dal Presidente Nixon. E voglio ricordare la necessità dell'indicazione di una politica di sviluppo europeo, che è cosa diversa dalle singole politiche dei grandi gruppi economici multinazionali. Intendo riferirmi alla necessità dell'elaborazione di una veramente comune politica regionale verso le zone dell'Europa sottosviluppate, che non ha nulla a che vedere con la politica d'incentivi, di sussidi, della elargizione di qualche centinaio di miliardi. Intendo riferirmi alla necessità di avere una strategia comune nei confronti dei tre aspetti di una politica europea organica, oggi, che è cosa del tutto diversa dalle tre strategie che appaiono affermarsi: quella dell'Europa atlantica, quella dell'Europa mediterranea e quella dell'Europa europea, cioè, quella che rimane, poi, formata dagli altri Paesi che, in questo discorso non entrano.
Bisogna anche porre attenzione a considerare possibile e anche utile una sorta, di prima, e di dopo, fra il problema della elezione generale del Parlamento europeo e la soluzione di questi problemi, giacché, e anche troppo evidente che, se da venti anni non si fa quello che pure i Trattati di Roma indicano si deve fare, vi devono pur essere delle ragioni che non sono state rimosse; e se non si riesce a superare gli ostacoli di fondo che hanno non solo impedito sino ad oggi ciò che si doveva fare già ieri ma che rendono, oggi, persino più complicato fare ciò che si doveva fare nel passato, occorre per lo meno avere coscienza che si deve procedere a rinsaldare le fondamenta scosse, prima di pensare che si possa costruire un tetto.
Quindi, iniziativa provocatoria, sì, ma coscienza di tutto ciò che bisogna contemporaneamente fare, e direi persino fare prima, per riuscire a fare in modo che l'iniziativa abbia uno sbocco politico positivo. Meno che sulla questione dell'Europa possiamo accontentarci della propaganda, o dei discorsi: dobbiamo avere coscienza di ciò che bisogna fare in questo campo.
Non basta, infatti, ad attenuare le gravi difficoltà che ho indicato, cioè la crescente divaricazione di posizione fra i nuovi partners, qualche singola dichiarazione, sia pur importante, ma sempre dichiarazione, non atto, come quella del premier olandese o quella di Michael Stuart, capo della delegazione britannica al Parlamento europeo. Sono dichiarazioni che muovono nella direzione che vogliamo noi, ma sappiamo benissimo che la Francia gollista non si muove, e l'episodio che è stato citato è quello di una contraddizione interna, che però non è dominante nella linea francese mentre sono perplesse Gran Bretagna e Irlanda ed è contraria la Danimarca oggi, ad andare in questa direzione.
E' quindi il problema politico che dev'essere al centro della nostra attenzione, e la dignità della nostra iniziativa deve essere commisurata alla capacità di essere al livello delle difficoltà politiche che abbiamo di fronte, per superarle, per andare avanti in questa direzione. Ecco quindi, l'opportunità di muoversi, come si stanno muovendo la I e la III Commissione del Senato, che hanno raggiunto già un'intesa per arrivare a modificare la proposta di legge del '69 elaborando un sistema elettorale che sia consono alle tradizioni italiane e muovendosi, nei confronti delle altre assemblee parlamentari europee, per fare in modo che, anche le altre assemblee parlamentari europee si orientino nella stessa direzione, in modo da arrivare all'elezione generale contemporaneamente. Questa è la verità. E i gesti, in una situazione di tale complessità, possono rimanere solo gesti, se non c'è tutta una pressione, una iniziativa politica a questo livello, che non impegna più certo soltanto la Regione Piemonte, ma che impegna prima di tutto il Governo italiano. In questo senso si muove l'ordine del giorno che ci accingiamo a presentare. E insieme sosteniamo l'opportunità, già ricordata qui accortamente dal Consigliere Vera e dal Consigliere Calsolaro, che la nostra Regione, intanto, però, e in ogni caso, si dia i suoi organi, i suoi strumenti, a livello di Giunta, a livello di assemblea, a livello di Presidente della Giunta e dell'assemblea, per seguire, con molta precisione e puntualità, tutte le fasi del processo, sia pure tormentato, di costruzione della Comunità europea. Questo per il peso che la nostra Regione ha nella vita politica ed economica del Paese, per la sua condizione di Regione di frontiera ed anche perché noi siamo già di fatto, interessati, agli avvenimenti e alle decisioni - (l'abbiamo ricordato proprio nell'ultimo dibattito in questo Consiglio) - ai soldi, che cominciano ad arrivare, i soldi del FEOGA, al modo in cui vengono elargiti, alle decisioni, ai pareri che vengono espressi in questo campo, e quindi, alla necessità che ci sia anche una strumentazione interna alla nostra Regione, che permetta d'individuare con molta precisione a che cosa fa capo una espressione di parere in questa materia.
Questo è un argomento che potrebbe essere ulteriormente approfondito in sede di riunione di Capigruppo: la proposta potrebbe essere di una Commissione speciale del Consiglio Regionale. Si studino le formule.
L'importante é, però, che noi stessi prendiamo coscienza, in un ordine del giorno anche, che questo problema non può più essere rinviato, ma bisogna trovare per esso soluzioni concrete.
Aggiungerò ancora pochissime parole per assicurare le forze europeiste precisando anche la posizione generale che il nostro partito ha su tutto questo problema. Come voi avrete certamente inteso, le nostre preoccupazioni sono dirette a fare in modo di essere incisivi sul piano politico, attenti alla dinamica con cui gli eventi, si sviluppano in Europa, per far progredire questo processo, non certo per arrestarlo o dilazionarlo, Questo lo dico ai Consiglieri che sono anche membri del Movimento federalista europeo, lo dico anche fuori di qui, perché sia ben chiara questa posizione.
Ma voi sapete che non è sufficiente "dichiarare" una posizione, come in tutte le questioni della politica italiana ed europea: bisogna lavorare perché tutto proceda secondo questo intendimento. In effetti, il nostro partito non si è limitato ad assumere, nell'ultimo Comitato centrale, la posizione, che voi conoscete bene, espressa dal compagno Berlinguer, di una Europa che possa essere né antisovietica, né antiamericana: dopo quella dichiarazione c'è stato il viaggio del Segretario generale del nostro partito in Inghilterra, ci sono stati gli incontri con il Partito comunista inglese, le dichiarazioni comuni rilasciate ai giornali, e ci sarà fra pochi giorni la venuta in Italia del Segretario generale del Partito comunista francese, per incontri in questa direzione. C'è stata, altresì l'iniziativa delle centrali sindacali unitarie del nostro Paese nei confronti delle altre centrali sindacali unitarie che si muovono in questa direzione. Perché, sapete bene anche voi, e non è certamente compito nostro tacere, che, anche all'interno del movimento operaio europeo e delle forze della Sinistra europea, non c'è unità in questa direzione: lo sanno i compagni socialisti nei confronti dei socialdemocratici, lo sappiamo noi comunisti nei confronti delle forze che rappresentiamo in Europa. E, sapete bene anche il valore che ha, il peso che ha, il più grande Partito comunista dell'Occidente quando si muove lungo questa linea. E, d'altra parte, l'Europa o è fatta secondo questo modello, quello che s'intravede nelle lettere dei condannati a morte della Resistenza europea, o, non ha significato, e corre il rischio soltanto di essere una propaggine delle divisioni e dell'egemonia americana nel nostro Continente. Quindi parliamoci chiaro; l'Europa potrà nascere, crescere e svilupparsi se c' questa intesa di fondo fra le componenti basilari del popolo europeo, e quindi, vengono chiamate ad essere protagoniste di questa le grandi masse popolari, i lavoratori, i sindacati, le forze politiche della Sinistra.
Occorre, dunque, molta chiarezza in questo senso, una ampia assunzione di responsabilità. In questo senso, se c'è l'intesa di tutte le forze del Consiglio Regionale per muoversi in questa direzione, non solo non verrà mai a mancare il contributo del Gruppo comunista, ma credo che possiamo anche, come Regione Piemonte, nella visione generale delle Regioni italiane, assumere un ruolo promozionale e dirigente, o per lo meno attivo come ci compete il peso che abbiamo nella vita politica del Paese e per le forze che qui sono rappresentate.



PRESIDENTE

E' iscritto ora a parlare il Consigliere Zanone. Prima di dargli la parola, vorrei avvertire i colleghi che vi sono ancora tre iscritti a parlare. Da parte di alcuni Gruppi mi è stato proposto di continuare fino alla conclusione della votazione di questa proposta di legge. Se il Consiglio è d'accordo, possiamo proseguire, altrimenti sospenderei i lavori alle 13. In attesa di avere una indicazione in un senso o nell'altro, dò la parola al Consigliere Zanone.



ZANONE Valerio

Signor Presidente, mi scuso se non potrò esprimere una valutazione sull'ordine del giorno proposta dal Gruppo comunista, il cui testo mi è pervenuto esattamente in questo momento, cosicché, non ho avuto la possibilità di leggerlo. Direi, però, che questa proposta di legge n. 36 che è stata trasmessa dalla VIII Commissione al Consiglio senza emendamenti, può, essa stessa, essere interpretata in qualche modo come una raccomandazione che il Consiglio Regionale rivolge al Parlamento, perch raccogliendo non solo la vasta convergenza di forze politiche che si è sviluppata e si è dichiarata già favorevolmente su questo tema, ma soprattutto, la significativa iniziativa popolare sviluppata nel corso della passata legislatura e ricordata nell'intervento del collega Calsolaro e di altri, si promuova con atto unilaterale, l'elezione dei rappresentanti italiani nel Parlamento europeo, attraverso una consultazione popolare diretta le cui modalità di svolgimento sono indicate, per la verità, dalla proposta di legge n. 36 soltanto in forma molto generale.
Pur rendendoci conto del carattere, direi, più dimostrativo che direttamente operativo, che una iniziativa di questo genere può avere, noi confidiamo che, qualora il Parlamento italiano desse seguito a questa sollecitazione del Consiglio Regionale, probabilmente altri Paesi si assocerebbero con analoghe iniziative, soprattutto nell'area del Benelux, e si compirebbe un altro, graduale passo in avanti sulla via, certo né breve ne facile, della unificazione politica.
Noi non possiamo farci, temo, molte illusioni sui tempi brevi: la Internazionale liberale, che in tutti i suoi convegni e le sue assemblee ha sempre ribadito la propria sollecitazione per l'elezione popolare del Parlamento europeo, ha votato l'anno scorso una risoluzione in cui si fissa come obiettivo per la piena entrata in funzione di un Parlamento europeo eletto a suffragio universale la data del 1980. E' una previsione, credo realistica, se si tiene conto delle forti remore che il processo di europeizzazione federativa incontra anche in Paesi che, pure, sono stati antesignani della politica europeistica, come la Germania e la Francia.
Quanto al nostro Paese, è convinzione dei liberali che l'Italia debba esercitare in questa direzione tutto lo sforzo possibile, anche se, la nostra situazione interna, non rende sempre agevole il tenere il passo con lo sviluppo complessivo dell'Europa occidentale, come, purtroppo testimoniano le ricorrenti difficoltà del Governo italiano a tener fede ai propri impegni comunitari.
L'art. 11 della Costituzione, che è richiamato nella premessa alla proposta di legge n. 36, afferma, com'è noto, che l'Italia, in condizioni di parità con gli altri Stati, consente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni. E il contributo principale che noi possiamo dare alla pace è proprio quello di partecipare all'unificazione dell'Europa occidentale.
Un'area nemmeno tanto estesa, tutto sommato, di democrazia costituzionale fra dittature di diverso segno che occupano, in gran parte, il resto del Continente e i nuovi nazionalismi autoritari che si affacciano sul Mediterraneo.
Noi crediamo, che, nell'Europa politicamente unita, i limiti particolari e le debolezze tipiche della democrazia italiana, troverebbero sicuramente un forte impulso al superamento. Ma, a questo fine, occorre che l'integrazione economica, tuttora ben lontana dà compimento, si sviluppi e si trasformi nella integrazione politica. Certo, sulle diverse concezioni e strategie di questo tipo di processo, è in atto, da più di vent'anni, un dibattito che del resto è troppo noto perché occorra richiamarlo in questa sede, ma noi concordiamo che, l'Europa dei popoli - per riferirci a quanto poco fa è stato accennato dal collega Sanlorenzo - è qualcosa di più, e anche qualcosa di diverso, dall'Europa dei diplomatici, dei finanzieri, dei commissari, e cioè dall'Europa degli eurocrati. Tuttavia, quel poco o quel tanto che finora è stato compiuto attraverso le istituzioni comunitarie non può essere sottovalutato se si ha riguardo allo spirito originario dei trattati istitutivi, alla intenzione dei loro animatori, e al momento storico in cui si colloca, ad esempio, la conferenza di Messina per il rilancio europeo, promossa nel 1955 da Gaetano Martino, dopo che il Parlamento francese aveva respinto la soluzione direttamente sovranazionale della Comunità europea di difesa. Pochi anni dopo, ricordando quell'iniziativa in una sessione del Parlamento europeo, Martino affermava di avere fin dall'inizio percepito l'impossibilità di costruire l'Europa senza interessare direttamente la coscienza popolare agli sforzi dell'unificazione. E fu per questo che, fin nei primi protocolli, fu proposto dall'allora Ministro liberale agli Esteri, che i membri dell'assemblea fossero eletti a suffragio universale diretto. La proposta fin da allora, trovò difficoltà, che sono rimaste fino ad oggi insormontabili; e fu oggetto di molte obiezioni, alcune delle quali fondate, fra cui la principale sembra essere quella che l'elezione popolare del Parlamento europeo allenterebbe i legami con i Parlamenti nazionali mentre questo legame è essenziale per il funzionamento delle strutture comunitarie.
Gli art. 1 e 6 della proposta di legge in esame tengono appunto conto di questa antica obiezione, in quanto prevedono che l'elettorato passivo sia riservato ai membri del Parlamento nazionale e che, l'atto di nomina popolare, spetti alle due Camere.
E' pur vero, che, iniziative politiche di questo genere evadono in gran parte dalle competenze specifiche della Regione, ma a noi pare che questa proposta di legge, abbia una sua legittimità, perché s'inserisce nel discorso, anch'esso ormai molto diffuso, dell'Europa delle Regioni, e cioè della congiunzione tra principio di sovranazionalità e il principio di decentramento, per la riforma della tradizione ottocentesca dello Stato nazionale centralizzato. Ed a questo discorso, è pur vero, che la Regione Piemonte è predisposta non solo per ragioni storiche e geografiche, ma anche di tradizione politica. Vorrei ricordare che l'idea della federazione europea, o degli Stati federali d'Europa, compare sul giornale "La Stampa" di Torino già in un articolo del 1897, firmato da Luigi Einaudi.
Non ci pare, quindi, fuor di luogo che il Consiglio Regionale abbia dedicato un breve arco dei suoi lavori per destinare al Parlamento questa raccomandazione. Anche se, a volte, gli stessi europeisti possono essere colti dal dubbio che una Europa politicamente unita, diretta da un Parlamento eletto a suffragio universale, rappresenti tuttora poco più che una generosa utopia. Per testimoniare che questa proposta merita invece di tradursi in una realtà effettiva, il Gruppo liberale voterà a favore della proposta di legge, così come approverà l'adesione della Regione alla Associazione italiana dei Comuni d'Europa.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Gandolfi, ne ha facoltà.



GANDOLFI Aldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, già sono state espresse, mi sembra ampiamente, da tutti gli intervenuti, le ragioni politiche economiche ed anche ideali che devono indurci a dare un contributo alla battaglia per l'elezione a suffragio universale dei delegati al Parlamento europeo. Le ragioni politiche ed economiche stanno nella necessità, già indicata, di porre fine ad una situazione estremamente difficile di creazione di organismi sovranazionali che si aggiungano a quelli comunitari già esistenti sul piano, ad esempio, di una moneta europea e di una programmazione economica europea. Le ragioni ideali sono quelle, ricordate anche dal collega Sanlorenzo, che si riallacciano - è superfluo ricordarlo proprio in questo periodo di rievocazioni e di celebrazioni della Resistenza - allo spirito europeo della Resistenza, che pure è stato forte nel senso che la Resistenza è stata anche una battaglia almeno nelle componenti più illuminate, per superare le contraddizioni della condizione nazionalistica europea attraverso la realizzazione di una Federazione europea. Dobbiamo essere grati al Gruppo socialista di averci offerto, con la presentazione di questo disegno di legge d'iniziativa regionale l'occasione per una manifestazione ed una espressione di questo tipo di sollecitazione rispetto al Parlamento nazionale.
Il Gruppo comunista ha voluto portare all'interno di questo dibattito ulteriori precisazioni, assumendo una posizione che vuol essere più precisa e più politica rispetto alla proposta socialista, quindi dichiarandosi a favore, piuttosto che dell'approvazione del disegno legge, di un ordine del giorno. A me sembra che il disegno di legge proposto dal Gruppo socialista abbia lo stesso significato politico dell'ordine del giorno comunista, per cui non ci sia obiettivamente contraddizione tra la presentazione dell'ordine del giorno proposto dai Consigliere Sanlorenzo e l'eventuale approvazione del disegno di legge presentato dal Gruppo socialista. Cioè, è ben vero che c'è uno stadio di discussione a livello del nostro Parlamento che può far maturare delle iniziative adeguate in collegamento con gli altri Parlamenti nazionali per la formulazione di proposte uniformi in tutti i Paesi e per la elezione contemporanea in tutti i Paesi europei della Comunità europea dei delegati all'assemblea sovranazionale. Però, mi sembra che sia l'ordine del giorno che il disegno di legge presentato dal Gruppo socialista siano forme di pressione innanzitutto verso il Parlamento italiano perché di questo problema esso si faccia carico con iniziative adeguate.
Nell'annunciare il voto favorevole del Partito repubblicano sul disegno di legge d'iniziativa socialista, proporrei di votare, oltre a questo, un eventuale ordine del giorno da concordarsi che contenga una serie di elementi comprensivi delle valutazioni fatte dal Gruppo comunista nel suo documento.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la nostra parte politica, già in oggi rappresentata nel Parlamento europeo, in più d'una occasione, nel corso di dibattiti svoltisi sia alla Camera sia al Senato, si è dichiarata favorevole a che lo stesso Parlamento venga nominato con elezione a suffragio diretto. Questa scelta si sostanzia anche con una considerazione che non abbiamo sentito esprimere dal relatore ma che purtuttavia ci sembra meritevole e degna di sottolineatura: vale a dire, che, con l'elezione a suffragio diretto, i rappresentanti del Parlamento europeo si troverebbero ad essere designati direttamente dal corpo elettorale, e quindi sottratti ai compromessi oscuri, ai patteggiamenti talvolta poco nobili,- alle scelte condizionate, in una parola, dei partiti politici, come fino ad oggi è avvenuto.
Ovviamente, noi non possiamo condividere talune motivazioni d'ordine più strettamente politico che abbiamo sentito qui addurre. Ma, al di là delle considerazioni con le quali lo si è voluto accompagnare, il progetto di legge in esame incontra se non il nostro assenso quanto meno il nostro non dissenso, per coerenza con la posizione su questo tema già assunta a livello nazionale dal Movimento Sociale Italiano.
Poiché però, secondo una osservazione giusta venuta d'altra parte, il proporre oggi l'elezione a suffragio diretto del Parlamento europeo come atto unilaterale dell'Italia è misura ormai superata dagli accordi politici intervenuti a livello di Commissione senatoriale - accordi politici, ci permettiamo di far osservare al collega Vecchione, che sono stati raggiunti fra tutte le forze politiche, non soltanto nell'ambito del cosiddetto arco costituzionale - riteniamo di dover mantenere una giustificata perplessità in ordine al progetto di legge in esame, e pertanto su di esso ci asterremo in sede di votazione.
Non parteciperemo alla votazione sull'ordine del giorno del Gruppo comunista, tanto più che con squisita cortesia non ce ne è neppure stato fatto pervenire il testo.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Beltrami, ultimo degli iscritti.



BELTRAMI Vittorio

La mia sarà una semplice dichiarazione di voto. Noi diamo adesione come Gruppo alla proposta di legge n. 36 per l'elezione unilaterale a suffragio universale diretto dei Delegati italiani al Parlamento europeo coerentemente con il voto già espresso nella VIII Commissione coerentemente, ancora, con la convinta presenza europeistica della parte politica alla quale apparteniamo (la D.C., e non solo quella italiana, ha da sempre espresso uomini impegnati in questa direzione): la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, la Comunità europea economica l'Euratom e altre entità politiche hanno visti impegnati a fondo uomini di primo piano, che qualcuno degli intervenuti ha cortesemente voluto ricordare, citando De Gasperi, Schuman, Adenauer ed altri.
E' un provvedimento, quello che stiamo per votare, al di là degli orientamenti in atto anche tra i partiti a livello nazionale - e lo ha ricordato Sanlorenzo -, al di là delle difficoltà frustranti chi pone mente ed energie per il raggiungimento di un risultato così importante, meno distaccato e lontano di quanto possa apparire dalla sfera della Regione: esistono legami obiettivi, e non solo per la posizione geografica del Piemonte, che il Consigliere Viglione, il Consigliere Calsolaro ed alti ancora ci hanno ricordato e che fanno da cerniera tra la realtà regionale e quella europea.
Approviamo pertanto questa proposta di legge con la consapevolezza che essa è un atto utile e necessario, come prova la serie d'interventi autorevoli che hanno preceduto il mio: ed anche per riaffermare ancora l'importanza dei valori di fondo e di principio, al di là della fortuna che potrà avere nel futuro immediato questo progetto a livello nazionale.



PRESIDENTE

Se nessun altro chiede la parola dichiaro chiusa la discussione sulla proposta di legge.
Passiamo allora alla votazione dei singoli articoli, che avrà luogo per appello nominale, in analogia alla procedura adottata per la votazione relativa al progetto di legge sull'edilizia scolastica.
"Proposta di legge al Parlamento dei Consiglio Regionale del Piemonte per la elezione unilaterale a suffragio universale diretto dei Delegati italiani al Parlamento europeo.
Il Consiglio Regionale della Regione Piemonte visti gli artt. 11 e 121, 2^ c., della Costituzione italiana visto l'art. 3 della Legge 14 ottobre 1957 n. 1203 visto l'art. 17, lettera a), dello Statuto della Regione Piemonte propone al Parlamento della Repubblica italiana la legge per l'elezione unilaterale a suffragio universale diretto dei delegati italiani al Parlamento europeo.
Art. 1- I delegati italiani al Parlamento europeo sono eletti con atto parallelo simultaneo e disgiunto della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, dopo una consultazione a suffragio universale diretto." Qualcuno chiede di parlare? Non sono stati presentati emendamenti. Si può dunque passare alla votazione, per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 33 Consiglieri hanno risposto SI 25 Consiglieri si sono astenuti 8 Consiglieri nessun contrario.
L'art. 1 è approvato.
Art. 2 - "La consultazione popolare di cui all'art. 1 è indetta dal Presidente della Repubblica con proprio decreto".
Qualcuno chiede di parlare? Non sono stati presentati emendamenti. Si può pertanto passare alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

PRESIDENTE. La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 34 Consiglieri hanno risposto SI 26 Consiglieri si sono astenuti 8 Consiglieri.
L'art. 2 è pertanto approvato.
Art. 3 - "L'elezione è effettuata con il sistema proporzionale sulla base della circoscrizione unica nazionale".
Qualcuno chiede di parlare? Non sono stati presentati emendamenti. Si può passare alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 34 Consiglieri hanno risposto SI 26 Consiglieri si sono astenuti 8 Consiglieri.
L'art. 3 è pertanto approvato.
Art. 4 - "Partecipano alla consultazione popolare di cui all'art. 1 i cittadini italiani elettori della Camera dei Deputati".
Qualcuno chiede di parlare? Non sono stati presentati emendamenti. Si può passare alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 33 Consiglieri hanno risposto SI 26 Consiglieri si sono astenuti 7 Consiglieri.
L'art. 4 è pertanto approvato.
Art. 5 - "Sono eleggibili al Parlamento europeo i membri del Parlamento italiano in carica al momento delle elezioni, nella misura di metà per il Senato e metà per la Camera dei Deputati".
Qualcuno chiede di parlare? Non sono stati presentati emendamenti. Si può passare alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 34 Consiglieri hanno risposto SI 26 Consiglieri si sono astenuti 8 Consiglieri.
L'art. 5 è pertanto approvato.
Art. 6 - "Ciascuna delle due Camere proclamerà eletti i candidati proposti dalla consultazione popolare che avranno conseguito, nelle rispettive liste, i suffragi richiesti secondo il sistema elettorale adottato".
Qualcuno chiede di parlare? Non sono stati presentati emendamenti. Si può passare alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 34 Consiglieri hanno risposto SI 26 Consiglieri si sono astenuti 8 Consiglieri.
L'art. 6 è pertanto approvato.
Art. 7 - "All'onere per l'applicazione della presente legge sarà provveduto con l'istituzione di appositi capitoli nello stato di previsione della spesa dei Ministeri per gli Affari Esteri e per gli Interni".
Nessuno chiede di parlare? Non sono stati presentati emendamenti. Si può passare alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 34 Consiglieri hanno risposto SI 25 Consiglieri si sono astenuti 9 Consiglieri L'art. 7 è pertanto approvato.
Votati i singoli articoli, dovrei ora mettere in votazione l'intero testo della proposta di legge. Ci sono dichiarazioni?



CARAZZONI Nino

Devo fare una osservazione formale. Per tutti i sette articoli gli astenuti vanno considerati 9, cioè i Consiglieri del Gruppo comunista presenti in aula e chi vi parla. Per ogni votazione io infatti ho sempre detto: "mi astengo", in coerenza con quanto avevo dichiarato in sede di comunicazione all'assemblea.



PRESIDENTE

Per la verità, devo dar atto ai Segretari che da questo banco all'infuori che per l'art. 7, si è sempre captata la sua risposta come un SI. In queste condizioni, forse sarà necessario ripetere la votazione.



CARAZZONI Nino

Non può essere sufficiente una mia dichiarazione formale in questo senso?



PRESIDENTE

Mi appello al Consiglio. Forse si può superare l'equivoco, dato che si tratta non di una legge ma di una proposta di legge.



SANLORENZO Dino

Poiché anche per altri articoli della legge vi sono variazioni nel numero dei SI e delle astensioni, per il semplice fatto che qualche Consigliere si è assentato temporaneamente durante la votazione, penso, non abbia grande importanza che per alcuni articoli gli astenuti risultino 8 anziché 9, dato che la modifica non inficia la sostanza politica della dichiarazione del Gruppo missino.



PRESIDENTE

Se il Consiglio non ha obiezioni, penso si possa accettare la soluzione indicata dal Consigliere Sanlorenzo, tanto più che dobbiamo ancora mettere in votazione il testo completo della legge, e in quella votazione l'astensione del Gruppo cui appartiene il Consigliere Carazzoni risulterà ben chiara.
Metto dunque in votazione il testo completo della proposta di legge. Si dia corso alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 33 Consiglieri hanno risposto SI 24 Consiglieri nessuno si è dichiarato contrario 9 Consiglieri si sono astenuti.
La proposta di legge è quindi approvata.
E' pervenuto alla Presidenza un ordine del giorno presentato dai Consiglieri Sanlorenzo, Vera, Nesi, Gandolfi e Beltrami. Esso suona: "Il Consiglio Regionale del Piemonte, di fronte agli avvenimenti internazionali europei soprattutto inerenti alla crisi monetaria ed agricola, che hanno divaricato ulteriormente i rapporti fra i Paesi della Comunità impegna il Governo italiano a concrete iniziative di democratizzazione della Comunità, tese nello stesso tempo ad allargarne i poteri ed a svolgere nello stesso tempo un'azione per giungere, nel momento politicamente più favorevole, ad una elezione generale contemporanea in tutti i Paesi della Comunità e con elezione diretta dei rappresentanti al Parlamento europeo concorda con l'iniziativa recentemente intrapresa in sede di Commissioni riunite 1^ e 3^ al Senato di addivenire ad una modifica del testo proposto nel 1969 per tener conto dell'esigenza di armonizzare il sistema elettorale da prescegliere in relazione alle tradizioni istituzionali italiane auspica e sollecita iniziative da intraprendere per una analoga armonizzazione con le assemblee parlamentari dei Paesi interessati, impegna gli organi della Regione a predisporre gli strumenti regionali atti a seguire direttamente sia i processi di costruzione della Comunità europea che quelli inerenti la formazione di pareri e decisioni da parte della Regione sui vari aspetti della politica comunitaria: Fondo comune, Fondi Feoga, Fondi sociali".
Qualcuno chiede di parlare su questo ordine del giorno? Ha facoltà di parlare il Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Mi limito a confermare, richiamandomi alle ragioni esposte in sede d'intervento, che non parteciperò alla votazione su questo ordine del giorno.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Zanone.



ZANONE Valerio

Pur avendo qualche perplessità sul testo dell'ordine del giorno, anche per quanto riguarda il "processo di divaricazione nei rapporti tra i Paesi della Comunità", che oggettivamente ci sembra vada addebitato a situazioni economiche sostanziali più che non ad un determinato indirizzo politico da parte dei Governi o delle Commissioni europee, dichiaro che il Gruppo liberale, (concordando nella sostanza e tenendo conto che questo ordine del giorno non dev'essere messo in contrapposizione con la proposta di legge che è stata testè votata, visto che alcuni firmatari di questa proposta hanno ritenuto anch'essi di aderirvi, e che quindi la proposta d'elezione contemporanea non deve considerarsi alternativa al progetto per una elezione con atto unilaterale), voterà a favore dell'ordine del giorno.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Nesi.



NESI Nerio

Il Gruppo socialista voterà a favore di questo ordine del giorno, non ritenendolo in contrasto con la legge che il Gruppo socialista stesso si è onorato di proporre attraverso la relazione del collega Calsolaro, e superando le stesse perplessità sulle ragioni di politica generale manifestate dal collega Zanone, nel senso di una generale situazione di contrasto esistente nel capitalismo internazionale, che porta questo ad uno scontro tale da far muovere l'una contro l'altra anche Nazioni politicamente legate da patti di alleanza.



PRESIDENTE

Se nessun altro chiede la parola, posso mettere in votazione l'ordine del giorno per alzata di mano.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano. L'ordine del giorno è approvato.
Debbo avvertire il Consiglio che, analogamente a quanto era avvenuto in occasione dell'approvazione della proposta di legge in materia di edilizia scolastica, occorre che il Consiglio precisi presso quale ramo del Parlamento preferisce sia inviata la proposta di legge che abbiamo poco fa approvata. Risulta essere già pendente altra proposta analoga davanti ad uno dei due rami del Parlamento. Si ritiene opportuno, ad evitare di suddividere la materia, indirizzare anche questa allo stesso ramo o all'altro? E' una decisione che spetta al Consiglio.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Vecchione.



VECCHIONE Mario

Signor Presidente, c'è una proposta di legge pendente al Senato precisamente alla 1^ alla 3^ Commissione del Senato.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Vera.



VERA Fernando

Potrebbe essere conveniente, per impegnare politicamente anche l'altro ramo del Parlamento, mandarla invece alla Camera, così da interessare a questo argomento contemporaneamente tutti due i rami.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Vecchione.



VECCHIONE Mario

A me sembra che sarebbe molto più logico, dal momento che il Senato sta già esaminando tutta questa materia, e dovrà poi passare il documento e le sue conclusioni alla Camera, far capo a questo stesso ramo del Parlamento e cioè al Senato.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Nesi.



NESI Nerio

Il mio punto di vista collima perfettamente con quello del collega Vecchione.



PRESIDENTE

Il Consigliere Vera non insiste nella sue proposta? Allora, accettiamo la proposta Vecchione e inviamo il documento al Senato.


Argomento: Rapporti delle Regioni con l'ordinamento comunitario

Mozione del Consigliere Nesi e altri sull'adesione della Regione all'AICCE


PRESIDENTE

Giunti a questo punto, colleghi, noi dovremmo ancora esaminare due mozioni: quella presentata dai Consiglieri del Gruppo socialista circa l'adesione della Regione all'Associazione italiana del Consiglio dei Comuni d'Europa, e quella sui controlli telefonici. Sono le 13,30. Lascio ai presentatori decidere se continuare la discussione o rinviarla. La parola al Consigliere Vera.



VERA Fernando

Dal momento che tutti i Gruppi negli interventi dei loro rappresentanti sull'argomento precedente si sono dichiarati favorevoli all'adesione della Regione all'AICCE, e che quindi questa mozione non dovrebbe comportare discussione, mi pare che la si potrebbe mettere in votazione.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Nesi.



NESI Nerio

Anche per ragioni di omogeneità, direi che dato che abbiamo discusso questo argomento, sarebbe bene proseguire i lavori votando anche questa mozione.



PRESIDENTE

Allora, se il Consiglio concorda, farei dare lettura della mozione presentata dal Gruppo socialista e quindi, se nessuno chiederà la parola la porrei in votazione.



GERINI Armando, Segretario

"Preso atto dello Statuto dell'AICCE e dei fini in esso espressi, che s'inquadrano nella lettera e nello spirito dell'art. 11 della Costituzione della Repubblica, e della Parte II, Titolo V, della Costituzione stessa rilevato che l'AICCE e l'intero CCE svolgono con efficacia essenzialmente i seguenti (omissis) preso atto che il CCE gode dello Statuto consultivo del Consiglio d'Europa...(omissis) costatato che da anni il CCE ha a Bruxelles un Bureau di collegamento con le Comunità europee omissis...
il Consiglio Regionale dei Piemonte delibera l'adesione della Regione Piemonte all'AICCE, Associazione unitaria di Comuni, Province e Regioni Sezione italiana del CCE omissis....."



PRESIDENTE

Qualcuno chiede di parlare sulla mozione? Non ci sono altre proposte.
Metto pertanto in votazione la mozione presentata dal Gruppo socialista per alzata di mano. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La mozione è approvata.
Vorrei sapere, sempre dal Gruppo socialista, presentatore della seconda mozione, quella sulle intercettazioni telefoniche, se ritenga necessario discuterla oggi o preferibile rinviarla alla prossima seduta.



VIGLIONE Aldo

Se il Consiglio non avesse niente in contrario, si potrebbe discutere ora, anche se abbiamo superato le 13,30.



NESI Nerio

Pur essendo d'accordo con il collega Viglione, vorrei osservare che la mozione sui controlli telefonici tocca una questione molto seria, che dovrà trovare, mi auguro (ci sono state anzi precise dichiarazioni in questo senso, di molti autorevoli esponenti anche del Governo) una sollecita soluzione. I casi sono due: o c'è un consenso di fondo su questo problema e allora alle 13,30 si può cominciare a discutere e rapidamente deliberare o ci sono osservazioni da fare, e allora si apre un grosso problema politico, che probabilmente vedrà divise maggioranza e minoranza. Non c' niente di straordinario in questa seconda eventualità, anzi, comporterebbe un utile chiarimento, che però non so se si possa raggiungere ad un'ora così tarda. A mio avviso, sarebbe più opportuno, in questo secondo caso continuare i lavori oggi pomeriggio, oppure rinviare la discussione al giorno 10. Penso comunque che sarebbe corretto che il Presidente sentisse i Capigruppo in proposito.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Zanone.



ZANONE Valerio

Sono convinto che vi sia una sostanziale uniformità di vedute, poich non penso esistano gruppi che vedano di buon occhio la pratica delle intercettazioni telefoniche, per lo meno se attuata in forme non giuridicamente garantite. Ritengo però che il problema sia in effetti di particolare vastità e che il rinvio alla prossima seduta della discussione di questa mozione potrebbe anche essere consigliato dal fatto che notoriamente un disegno di legge governativo su questa materia è in stato avanzato di elaborazione, e che da parte anche di altre forze parlamentari il problema è in corso di esame e darà luogo quanto prima ad iniziative legislative. Penso perciò che se il Consiglio vuol dedicare a questo argomento l'attenzione che esso merita è opportuno, considerata l'ora rinviarlo alla prossima seduta.



PRESIDENTE

Altri chiedono di parlare? Ho sentito avanzare due proposte: quella del collega Nesi, di un rinvio al pomeriggio o ad altra seduta, quella del Consigliere Zanone di un rinvio senz'altro ad altra seduta. Anche il Consigliere Viglione mi pare sia d'accordo in questo senso. Se l'intero Consiglio è d'accordo - perché in questo caso dev'esserci unanimità di decisione -, proporrei di rinviare la questione alla prossima seduta, per avere in mano tutti gli elementi necessari per una discussione più approfondita, così come giustamente è stato rilevato dai Consiglieri Nesi e Zanone.
Non essendoci obiezioni, l'argomento è rinviato.


Argomento:

Interrogazioni, interpellanze e mozioni (annuncio)


PRESIDENTE

Devo ora far dare comunicazione delle interpellanze ed interrogazioni che sono pervenute alla Presidenza questa mattina e successivamente dell'ordine del giorno della seduta del 10 maggio. Prego il Consigliere segretario Gerini di procedere alla lettura e prego altresì i Consiglieri di rimanere in ascolto in quanto, non essendo certo il funzionamento della posta, sarà bene che siano messi fin d'ora al corrente di quanto costituirà argomento all'ordine del giorno della seduta del 10 maggio.



GERINI Armando, Segretario

C'è una interrogazione del Gruppo liberale, il quale, viste le recenti notizie apparse sulla stampa secondo cui il tracciato della costruenda tangenziale est di Torino attraverserebbe il territorio del Comune di Pecetto, una delle poche zone verdi rimaste pressoché intatte, interroga il Presidente della Giunta per sapere quale azione intenda esperire per far sì che il nastro d'asfalto della strada in questione venga tenuto lontano dal territorio di quel Comune seguono un'interpellanza del Consigliere Aldo Viglione, con la quale di fronte alla denuncia dei tre Segretari per la provincia di Cuneo per il settore gomma CGIL, CISL, UIL da parte della Direzione italiana della Michelin, denuncia presentata al fine di rivalersi sui rappresentanti sindacali dei danni provocati dai recenti scioperi, rilevando la volontà intimidatoria e provocatrice, interpella il Presidente della Giunta e l'Assessore regionale competente per sapere se siano al corrente del fatto e quale atteggiamento intendano assumere una mozione a firma Nesi, Calsolaro, Fonio, Simonelli, Viglione, che di fronte il susseguirsi di sempre più numerose azioni punitive attuate dai nuclei organizzati del movimento neofascista, preoccupati della impunità di cui godono gli autori di tali criminose imprese, ribadiscono la ferma condanna verso ogni e qualsiasi manifestazione di risorgenza fascista invitano il Governo e il Parlamento della Repubblica a dare sollecita piena e concreta attuazione alla disposizione transitoria 12 della Costituzione e chiedono la nomina di una Commissione consiliare di indagini che, assunte le necessarie ed opportune informazioni, riferisca al Consiglio Regionale sulla violenza fascista nelle scuole in Piemonte.


Argomento:

Ordine del giorno prossima seduta


PRESIDENTE

Ordine del giorno della seduta del 10 maggio. Il Consiglio Regionale è convocato per il giorno 10 maggio '73, alle ore 10 e alle ore 16, con il seguente ordine del giorno: 1) approvazione verbali precedenti sedute 2) interpellanze e interrogazioni 3) comunicazioni del Presidente 4) nomina dei tre rappresentanti della Regione nel Consiglio d'Amministrazione dell'Istituto autonomo Case popolari della Provincia di Torino 5) informazioni sullo stato dei lavori dell'Intercommissione per Università e proposte operative, relatore Conti 6) esame di proposta di legge n. 62 della Provincia di Vercelli e dei Comuni di Asigliano ed altri sul Fondo di solidarietà regionale a favore delle aziende agricole colpite da eccezionali avversità atmosferiche relatore Menozzi 7) esame proposta di mozione del Gruppo socialista sui controlli telefonici.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,45)



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