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Dettaglio seduta n.147 del 16/04/73 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE OBERTO


Argomento: Bilanci preventivi

Esame del disegno di legge n. 73 relativo al bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 1973 (seguito)


PRESIDENTE

La seduta e aperta.
Informo i Consiglieri che nella riunione con i Presidenti dei Gruppi si è deciso di portare la seduta di oggi fino alle ore 20. Riprenderà domattina alle ore 10 precise e a chi tocca tocca; alle 10 ha la parola e parla.
E iscritto a parlare il Consigliere Rossotto, che ne ha facoltà.
Successivamente parleranno i Consiglieri Curci e Ferraris.



ROSSOTTO Carlo Felice

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il bilancio proposto all'approvazione del Consiglio presenta un limite e una necessità; il limite, è detto chiaramente, è la carenza di quel piano di sviluppo regionale che è in corso di discussione e che sarà oggetto di approvazione da parte del Consiglio; la necessità è quella si evitare, per l'anno '73 ancora per quello che sarà possibile operare sul bilancio '72, i residui passivi, affinché nella funzione affidata dalla Costituzione alle Regioni si possa aiutare - anche se i limiti di bilancio, come osservava stamattina il collega Conti, sono talmente modesti che non possono essere una delle componenti essenziali di un bilancio nella fase congiunturale della nostra economia - e incominciare ad avviare già quegli indirizzi che il dibattito sul piano di sviluppo regionale sta evidenziando, per mutare una realtà regionale che esiste, che vede la ricchezza e la congestione dell'area metropolitana torinese, il ristagno delle zone agricole di pianura, il degrado della fascia montana della pre Alpi. In ognuna di queste zone esistono problemi generali a tutte le altre zone e problemi particolari specifici e settoriali.
Nell'area metropolitana, oltre alla congestione che sviluppo industriale e residenziale conseguente hanno creato, si nota il degrado e la paurosa caduta dei servizi sociali, elementi essenziali di quel salario reale presupposto prima per eventualmente sollecitare le parti sociali ad un inizio di dialogo su una concreta politica dei redditi, servizi sociali che alluvione, inurbazione ed immigrazione hanno posto in condizioni ed totale inefficienza, creando le premesse di tensione e di diseconomie pubbliche e private che sussistendo e incancrenendosi fomenteranno una sempre maggiore sfiducia verso il sistema e verso le istituzioni. Ospedali scuole, asili, parchi verdi, viabilità, distribuzione, assistenza sociale ai pensionati (il problema della terza età o meglio, dell'emarginazione dal contesto socio-economico dei pensionati) acquistano, pur nella generalità del problema, in tutto il territorio regionale, particolari drammatici quando si radicalizzano e si analizzano nel tessuto metropolitano torinese.
Sono problemi di ieri non risolti per carenze gravi della pubblica amministrazione e già a questi se ne aggiungono altri, non nuovi per loro nascita, ma per la nostra conoscenza. E qui si innesta tutta quella serie di quesiti che si appongono nella classe politica di amministratori legislatori regionali e che possono essere ricordati, come l'inquinamento idrico, l'inquinamento atmosferico, l'inquinamento dei rumori, oppure tutti gli altri che anche le consultazioni sul piano di sviluppo regionale hanno posto costantemente alla nostra attenzione, quale lo smaltimento dei rifiuti, depuramento delle acque, ecc.
Ma questi problemi strutturali congeniti di una vasta collettività che convive in sì breve spazio di terreno, cioè l'area metropolitana, devono imporsi all'attenzione di chi ha l'onere di amministrarla non solo nel contingente, ma di preparare anche in futuro, a monte della stessa sua formazione, ciò che forse è stata la causa della formazione di questa area territoriale di carattere monoindustriale dell'economia torinese.
I problemi per innestare e sollecitare processi alternativi validi e vitali sono propri, di questo settore. Delle zone agricole ha parlato stamattina l'amico Gerini, il 15 per cento della popolazione attiva della nostra regione è dedito ancora al settore dell'agricoltura: l'8 o 10 per cento, come si ricava dai dati che la Giunta ha dato, sono gli elementi del reddito in rapporto al reddito totale che l'agricoltura dà alla Regione.
Eppure anche qui vi è un complesso di interventi contraddittori con i quali alle volte poco vi è da capire di quello che vogliamo e possiamo fare in questo settore primario fondamentale.
Esiste poi il problema più grave, sia dal punto di vista sociale, che dal punto di vista economico, dove un'azione della Regione si impone e che in base a questo bilancio è possibile attuare, ed è quello che riguarda quella fascia della pre-Alpe oggi investita da un nuovo elemento che sottopongono all'attenzione del Consiglio quando a giorni esaminerà e approverà gli articoli della legge regionale di attuazione delle comunità montane. Il 40 per cento dei Comuni, se non oltre, sono interessati da questo nuovo tipo di agglomerazione che si viene a porre nel suo aspetto sovracomunale e io vedo che a queste comunità verranno distribuiti un miliardo 640 milioni, ma già in Commissione abbiamo visto con quale modestia si riducono al momento della loro ridistribuzione a queste entità per cui chiedo alla Giunta che nell'attuazione degli impegni di spesa che i singoli capitoli del bilancio che stiamo per approvare consentono, possa dare, nei limiti della sua discrezionalità (stamattina il collega Sanlorenzo ha posto il tema in tono allegro e molto pittoresco, in evidenza) degli stanziamenti a queste comunità per il rilancio non soltanto di quelli che sono i compiti cui istituzionalmente saranno chiamate ad operare, ma perché possano operare con criteri nuovi. Queste comunità montane vanno seguite con particolare attenzione e nel momento in cui ci rendiamo conto che i mezzi finanziari che il governo centrale a noi destina sono limitati rispetto ai grossi problemi che si impongono, noi dobbiamo a nostra volta riguardare verso queste nuove formazioni che si stanno attuando quasi come le gemelle della Regione, che si pongono in sovrastruttura ai Comuni, per poter portare una maggior vita democratica in piccoli Comuni dove lo spopolamento delle montagne, dove l'immiserimento delle economie dei centri ha indubbiamente anche contribuito a rendere meno viva, meno salda la vita democratica e per poterle raggruppare in più ampie dimensioni. E' necessario che la Regione le aiuti affinché non si sentano al primo avvio, completamente abbandonate. Io credo che le comunità montane rappresentino la concreta empirica possibilità di riempire in noi quelle lacune concettuali e culturali che la povertà (scusatemi, ma questo è quanto è emerso nel dibattito avvenuto sulla materia specifica dei comprensori) ha evidenziato.
Eppure la traduzione di politica di piano di riforma dell'apparato dello Stato risorgimentale vecchio, inusitato, non capace oggi di rispondere alle esigenze del mondo moderno, presuppone la realizzazione di enti sovracomunali che possano, nel concreto, dare respiro a una politica del territorio di indirizzo unitario e contestualmente corpo sufficiente a quelle nuove strutture dipartimentali che una moderna politica della società, della sanità, della scuole e dell'assistenza presuppone. I problemi dell'area metropolitana, l'assetto territoriale del Piemonte possono trovare, nelle comunità montane, il banco di prova per nuove e più snelle strutture burocratiche amministrative sostanziate di autonomia e di partecipazione.
Con indubbie lacune, il presente bilancio è strumento valido per iniziare a operare concretamente e per indicare specialmente le più macroscopiche carenze legislative. E ritengo che è un merito della Regione l'avere impostato i capitoli di spesa con riferimento a leggi nazionali anche se queste leggi a volte suonano come superate.
La possibilità di intervenire con due miliardi nel settore della zootecnia è collegata a una norma di legge del 1929, antecedente addirittura alla riforma della bonifica integrale del 1933 del Serpieri ed io ritengo che sia una legge che deve subire notevoli e profonde modifiche ma oggi consente a noi amministratori regionali di dare immediata e concreta risposta a esigenze che esistono.
Stamattina il collega Sanlorenzo chiedeva se eravamo disponibili per una legge sulla zootecnia, indubbiamente sì e da una prima indagine che il mio Gruppo ha fatto - anche in riflesso a quelli che sono stati risultati obiettivi che le partecipazioni ai dibattiti sul piano di sviluppo dell'Ires hanno recato - io invito a guardare con particolare attenzione un disegno di legge (non c'è mai nulla da inventare, qualche volta basta guardarsi attorno) che la Regione Valle d'Aosta da poco tempo ha approvato facendo le opportune modificazioni, tenendo presente la diversità tra l'assetto orografico di quella Regione e le caratteristiche peculiari della nostra. Si potrebbe anche rapidamente portare avanti un disegno di legge che diventi legge operante e che possa consentire dal '74 in avanti di affrontare questo grosso problema che incide a tutti i livelli, che indubbiamente incide anche sul costo della vita.
Questo bilancio che è burocratico, arido e contabile è stato detto, non indica obiettivi, ma consente un'immediata spesa, consente di evitare residui passivi e può dare, nella fase iniziale di decollo della nostra attività regionale, una concreta ed immediata risposta. Molto più valido questo che parlare di obiettivi che vanno ricercati e individuati. E sempre per rimanere nel settore della zootecnia, di quello che possiamo e dobbiamo fare in aiuto delle comunità montane, tenendo presenti i problemi silvo pastorali - sarà possibile determinare ed aiutare il sorgere di nuove strutture in zone dove il degrado, l'abbandono ha indubbiamente creato situazioni gravi.
Abbiamo detto precedentemente che questo bilancio permette di iniziare ad operare concretamente, ma nel contempo - e qui sorge la nostra responsabilità di amministratori - ci permette di legiferare, incidere e modificare un certo tipo di strutture che sono vecchie, che sono obsolete.
A questo punto inizia la nostra attività di legislatori e mi pare che sarebbe cosa inutile, una perdita di tempo forse stare ad elencare le leggi che la Commissione del bilancio ha indicato a pag. 88 e 89 della sua relazione. Posso dire che il Gruppo liberale, come diede il proprio voto favorevole in sede di Commissione al totale della relazione, così si impegna ad attuare queste leggi perché possano diventare elemento di una nuova modernizzazione della nostra attività, ponendo cosa in rilievo, come già per la zootecnia, anche altri elementi.
Un settore che sta impegnando forse più di ogni altro le possibilità finanziarie della nostra Regione, per il quale raggiungiamo cifre veramente alte, è quello della formazione professionale. In questo settore, mentre si evidenzia ancora più la validità del bilancio in quanto rende operativa la spesa, ricorrendo a norme di legge nazionali, si impone da parte nostra un riesame totale del problema, secondo il taglio, secondo le volontà, secondo le possibilità di creare maggioranze in determinate direzioni, ma chiaramente deve uscire un qualche cosa di moderno che possa essere nel contempo aiuto, sollecitazione, elevazione, sociale sia nei riguardi del dettato costituzionale del diritto allo studio, sia in questa funzione di elevare il livello di vita e nel contempo di rendimento delle forze-lavoro della Regione.
Stamattina il collega Sanlorenzo ha fatto un'analisi dei mille rivoli da cui può scappare il denaro pubblico nel campo assistenziale. Se in questo modo si ha una perdita di possibilità, di intervento, è indubbio che è ben più grave se perdiamo la possibilità di incidere, attraverso strumenti snelli e moderni, nel campo della formazione professionale perché non solo sprechiamo del denaro pubblico, ma andiamo a creare dei presupposti in preparazione di classi future, in classi attuali che pagheranno uno scotto di arretratezza. E qui c'è soltanto da sbizzarrirsi nelle forme della specializzazione professionale e nel modo di aderenza ai problemi sociali. Noi stiamo, in questo bilancio, rendendo operante la spesa di oltre sei miliardi (se non vado errato) per gli asili nido, eppure nelle consultazioni ci siamo resi conto che mancano le operatrici per questi asili nido. La collega Fabbris sovente sottolineava nelle consultazioni come la richiesta è sempre di operatori specializzati, che siano ad un livello superiore del normale servizio d'ordine; è compito e funzione della Regione intuire e preparare questi corsi per classi adeguate; nel contempo mi permetto, dalle segnalazioni giunte, ricordare la necessità di creare personale specializzato all'assistenza geriatrica ed ai psico-geriatrici. Nella ergoterapia, personale adatto all'organizzazione e assistenza nei centri di lavoro.
Io ritengo, in quadro esatto del problema, che si debba evitare che forze lavoro rimangano nell'inedia, in attesa di una collocazione. Il mercato e le forze del mondo del lavoro richiedono sempre di più un alto grado di specializzazione ed è opportuno che da domani affrontiamo la questione della formazione professionale con tutta l'ampiezza che il settore richiede, proprio in funzione dello sforzo finanziario che stiamo compiendo in questo bilancio. Sarebbe tradire l'impegno che dimostriamo nello stanziare queste forti somme, se poi non sapessimo dotare noi stessi di mezzi più efficaci per il compimento della nostra attività.
Vi sono in questo bilancio alcuni capitoli però che, a parte il quadro generale che abbiamo fatto e che sarà compiuto da altri colleghi indubbiamente con maggiore preparazione sui singoli specifici settori, da parte mia richiedono un'attenzione particolare.
Capitolo 1104: io solleciterei la Giunta affinché per il progetto pilota dell'area metropolitana torinese, ove per memoria si attende lo stanziamento che il Ministero del bilancio e alla programmazione effettuerà, venga costituita la convenzione. Se non vado errato è da oltre un anno che la Regione ha consegnato i propri documenti e il governo centrale non ha ancora dato la risposta che ISPE, IRES attendono. Questo può già essere un motivo di sollecitudine per avere una risposta, ma ci che è più grave è che si attende la possibilità di un dibattito logico su misure e su dati di fatto precisi che l'area metropolitana impone.
Noi stavamo discutendo, nella Commissione speciale all'Università sugli insediamenti, se farli nel centro storico, se all'esterno, ma se continuiamo ad agire su intuizioni strettamente personali non riusciremo ad essere buoni operatori e buoni amministratori di quel poco di cui la nostra buona volontà vuol fare qualche cosa di più.
Esiste un'altra osservazione da fare sulle previsioni di spesa del bilancio e che io sollecito per l'importanza. E' stata presentata alla II Commissione, avvalendosi dell'istituto del referendum altamente partecipativo, vanto della nostra Regione, la richiesta di contributi a favore di Comuni, Consorzi, Comunità montane per strumenti urbanistici.
Questo mi pare di nuovo uno di quegli elementi pregnanti e qualificanti la nostra funzione di amministratori regionali per permettere che anche piccole comunità che non avevano disponibilità finanziarie possano difendersi dagli scempi che la speculazione, quando scopre posti belli, o per lo meno che tali possono divenire, può creare. E' inutile parlare dopo dello scempio se non abbiamo aiutato costoro a potersi almeno dotare di quegli strumenti che possono essere la prima salvaguardia, a parte il fatto che molte volte, indipendentemente dagli strumenti, le evasioni avvengono lo stesso.
Altro problema che desta una certa attenzione e un certo preallarme, è il capitolo 612. Nella relazione della Giunta si parla di finanziamenti dell'ordine di 1100 milioni, nei trasporti di interesse regionale si dice che 350 sono in ordine a impegni assunti già dallo Stato, 450 riguardano gli oneri della Regione per l'assunzione diretta della Torino - Rivoli e della Stresa-Mottarone e si dice che esistono altre quattro istanze (mi pare proprio questa l'espressione a pag. 28) al vaglio della Regione e per queste si dà la copertura di aziende che dovrebbero essere assorbite.
Io vorrei che fosse spiegato quali sono queste aziende, cosa vi è in animo di fare, per quali motivi andiamo già ad impegnare in capitolo qualche cosa che forse non sarà opinione generale di questo Consiglio di vedere attuato.
Altro argomento sul quale ritengo sarebbe opportuno avere nel dibattito chiarimenti, assicurazioni, riguarda i capitoli 684, 686 e 688 della spesa in cui si parla di progetti di studio e di possibilità di conduzione diretta da parte della Regione. E' interessante la possibilità che la Regione possa finanziare studi, magari in concessione a privati, ricorrendo per adesso a delle cifre molto modeste di stanziamento, ma che potrebbero anche trovare una dilatazione, per questo vorrei vedere come e in che modo intende, in quella fase operativa, agire.
Con ciò viene richiamata di nuovo la necessità, in un quadro di assetto territoriale e di rilancio, di tener presenti i due miliardi e 247 milioni di cui 742 se non vado errato (a meno che i dati siano ancora quelli precedenti alle ultime modifiche) per le foreste e 1455 milioni per investimenti nel settore della silvicolture.
E' importante poter adoperare questi stanziamenti ai fini di un potenziamento dell'attività delle comunità montane.
Io ritengo che la Regione deve essere momento essenziale della riforma del sistema produttivo e sociale e questo bilancio può essere, proprio per la sua parte operativa, indirizzato in questo senso, pur essendo chiaro che per divenire motore del rilancio di una politica di sviluppo che sappia superare l'attuale fase congiunturale, si deve anche affiancare una necessaria visione di legislazione nuova che parta da noi.
La credibilità della Regione è condizione essenziale dell'istituto regionale perché ci possa permettere, nei confronti dello stato centrale di pretendere di più come giustamente la relazione della Giunta pone in rilievo, come tutte le componenti politiche regionali, tutti i Consigli Regionali stanno chiedendo. Gli sforzi mi pare che comincino ad aprire certe brecce, ma sta proprio nell'attività concreta di dare credibilità a questo istituto, credibilità che si deve imporre alla sfiducia e alla delusione che la nascita, i primi passi delle Regioni hanno generato nella collettività nazionale e che consiste nella concretezza dei compiti che si vuole assumere e nella prontezza con la quale li esplicherà, stimolando l'accidiosa indifferenza della macchina pubblica, dando nuova dignità e determinatezza ai mezzi scoordinati, concorrenziali e contraddittori che 112 anni di legislazione nazionale accentrata hanno realizzato, che nonostante l'esistenza formale sostanzialmente emergono non per facilitare la strada dell'iniziativa, ma per imbrigliarla e il più delle volte farla morire nelle gore di una burocratica agonia.
Il tutto deve avvenire con modestia, virtù dei forti e di chi ha le idee chiare, modestia che deve essere accompagnata da una determinata ed inflessibile volontà di incidere col più aggressivo dei modi per far sorgere nella realtà regionale quelle forze vive che esistono e superando nell'unitarietà dello sforzo l'aspetto centrifugo delle singole e difformi esigenze e possa indirizzarle, coordinate, al raggiungimento di quelle finalità programmatiche che nella sintesi dei partecipati interventi si chiamerà piano di sviluppo regionale.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FASSINO



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Curci, ne ha facoltà.



CURCI Domenico

Signor Presidente, signori Consiglieri, la relazione della Giunta Regionale al bilancio di previsione per l'anno finanziario 1973, ha inizio con una considerazione che potrebbe essere accolta in linea di massima e cioè la compatibilità delle previsioni con il piano di sviluppo nazionale e regionale, e l'adesione dei vari capitoli di spese alla volontà espressa dal programma quinquennale.
Mancando questo, l'articolazione della spesa della Regione Piemonte nel 1973 deve essere, ispirata ad alcuni orientamenti sorti dagli studi dell'Ires e dai convegni che ultimamente si sono svolti a vari livelli: Canavese, Pinerolese, Chierese, area metropolitana di Torino ecc., nonch da consultazioni che la Regione ha posto in atto con le forze politiche economiche e sociali.
Ad avviso del M.S.I. Destra nazionale, questo fatto, che ci auguriamo contingente, non ha solo aspetti negativi perché, pur essendo favorevole ad una politica di piano, riteniamo che questo non sia il momento di vincolare il bilancio della Regione ad un programma destinato ad essere fatalmente disatteso, e quindi destinato a diventare libro dei sogni, come fu definito quello del 1965/1970 dall'on. Fanfani.
Ci troviamo infatti di fronte ad avvenimenti di gravità eccezionale destinati ad incidere rilevantemente sull'economia nazionale e quindi su quella del triangolo industriale e quindi su quella del Piemonte. Se la resistenza alla crisi, dell'economia piemontese, dovesse crollare, i gravissimi problemi sociali prima ancora che economici si porrebbero alla Regione, alle Province ed ai Comuni, come quelli riguardanti l'occupazione di centinaia di migliaia di lavoratori, molti dei quali immigrati, che non hanno beni di sorta in Piemonte, che sarebbero immediatamente alla fame che non potrebbero essere restituiti all'agricoltura e dovrebbero invece essere rimandati alle loro terre di origine; cosa questa praticamente impossibile anche perché la miseria sarebbe peggiore nel Veneto, nel Sud e nelle Isole e perché lo stato di inserimento di tali lavoratori e delle loro famiglie nel tessuto socio-economico del Piemonte, è avanzatissimo anche se non appare alla luce di certe riserve di alcuni ambienti piemontesi.
Gli avvenimenti di gravità eccezionale sono: la crisi economica, che si fa sempre più pesante; la progressiva perdita di valore della lira travolta prima dall'inflazione conseguente alla crisi e poi da una tempesta speculativa proveniente da oltre Atlantico e che investe tutte le monete europee, ma che maggiormente infierisce sulla nostra, la più debole tra quelle impegnate nella difesa dalla tempesta stessa.
Per quanto riguarda la crisi economica, questa non ha precedenti nella storia dell'economia dell'Italia unita, perché questa è stata voluta ed artatamente costruita da quando, nel 1968, il socialista on. Lombardi ebbe ad affermare che, se i lavoratori avessero avuto dal miracolo italiano cioè dal sistema che egli marxisticamente definiva "capitalistico", il benessere cui aspiravano e la partecipazione ai fenomeni della produzione più non avrebbero distrutto il sistema in quella palingenesi sociale che è fra i maggiori temi della tematica marxista. Di qui non l'autunno caldo del 1969, ma l'attacco sistematico, continuo, accanito alla produzione di tutti i beni, attacco operato con le fermate di reparti, di officine, di linee imposte con la violenza dai gruppuscoli e che fermavano il lavoro di migliaia di operai a monte ed a valle delle linee rese inoperose. Di qui gli scioperi inutili e rovinosi del 1970 e '71, proprio quando occorreva produrre di più per soddisfare la maggiore richiesta globale dei lavoratori italiani; di qui la lotta continua alla produzione che l'allora Presidente del Consiglio dei Ministri on. Colombo definiva "conflittualità permanente" .Quindi la permanente impossibilità di fare dei preventivi, di stabilire costi e prezzi, di investire, di vendere all'interno e di esportare.
Ma la situazione attuale non è migliore, mentre l'on. Andreotti riceve sistematicamente ed esclusivamente, per consultazioni, CGIL, CISL, e UIL considerando ormai acquisita la formulazione della triplice sindacale potere contro potere, tale triplice, che rappresenta di fatto nemmeno un quarto dei lavoratori italiani, risponde negativamente ad ogni proposta vuole imporre le sue priorità, ammassa nelle piazze lavoratori e studenti di sinistra, a scopo di ricatto e di terrore, impone una sua politica che è di parte e di classe e non risponde agli interessi della Nazione.
L'opposizione nelle fabbriche e sui cancelli delle fabbriche della politica dei soviet, definiti impropriamente "consigli di fabbrica", a quella del governo, il clima di incertezza così determinatosi, hanno provocato una così grave sfiducia in tutti gli operatori economici, che ormai pochissimi investono, pochissimi rinnovano gli impianti, nessuno più crede ad un aumento della produttività, tutti temono il peggio.
I fatti di questi ultimi mesi, riguardanti il ritardo nella stipulazione del contratto del metalmeccanici, ad oltre tre mesi dalla sua scadenza ed a più di cinque mesi dall'inizio delle trattative, lo strano immobilismo del Ministro del Lavoro Coppo e dopo tante dichiarazioni ostili e distruttrici dei capi della federazione metalmeccanici, certo non sono servite a ridare fiducia ed a disperdere quella nebbia di paura che rende difficile il cammino e non fa vedere un migliore avvenire.
Mentre questa situazione si aggrava, l'assalto del dollaro alle monete europee allo scopo di ridurre le importazioni dall'Europa e di incrementare invece le esportazioni americane, nonché l'espansione di quel capitale nell'area della CEE, rende impossibile qualsiasi previsione che non sia quella di un accordo, anzi, di un compromesso che significherà comunque per noi, una notevole riduzione delle esportazioni, fuori dall'Europa e ad un aumento delle importazioni dall'America e dal Giappone.
Prospettive sempre più inquietanti, quindi, per la nostra economia e per la sorte dei lavoratori italiani e tali comunque da non rendere possibile né la preparazione di un programma, né la sua attuazione. Non si possono fare programmi con due lire, una nominalmente stabile e l'altra fluttuante; non si possono fare programmi quando ogni rilevazione statistica, ogni esperienza è sovvertita da avvenimenti imprevedibili e da una volontà politica distruttrice di valori, morali e di beni materiali.
Ne deriva che, se la Regione avesse impostato il suo bilancio sui programma 1973/1978, per graduarne gli impegni e distribuirne nel tempo le realizzazioni, si troverebbe ora in un marasma di stanziamenti non convertibili in servizi, ed in opere, si troverebbe nella necessità, di tamponamenti immediati di situazioni di emergenza non previsti in alcun piano.
Ciò rilevato, passiamo all'esame di alcuni punti del bilancio del 1973 considerati quanto abbiamo sopra affermato e che risponde ad una visione realistica dei problemi che si pongono all'Ente Regione.
Per quanto riguarda le entrate è indubbio che un'assegnazione di 700 miliardi alle Regioni, su un bilancio statale di 20.000 miliardi, è insufficiente e denota una resistenza degli organi centrali a cedere alle Regioni quella parte di poteri che la Costituzione assegna alle stesse nonché i relativi mezzi economici.
D'altra parte, e pur senza voler giustificare una politica governativa ondivaga ed incapace di seguire una linea di progresso, può darsi che lo Stato voglia avere delle precise indicazioni sul modo di amministrare delle Regioni a Statuto ordinario, prima di dare ai governi regionali tutti i mezzi operativi ad essi spettanti, specie dopo l'esperienza negativa fatta da alcune Regioni a Statuto speciale e gli sperperi che ne sono seguiti.
Il pericolo di vistosi residui passivi, che denotano l'esistenza di un divario fra la volontà politica della Giunta e del Consiglio Regionale e la possibilità di porre in atto una politica di realizzazione e di operatività, è presente; e non basta, ad eliminare tale pericolo l'esperienza fatta dallo Stato. Bisogna pertanto agire sulla burocrazia regionale, dando ad essa fiducia, mezzi di lavoro e quel trattamento morale ed economico che trasformi il funzionario e l'impiegato in collaboratore consapevole, capace di superare gli ostacoli piuttosto che fermarsi davanti ad essi o, peggio, creare gli ostacoli stessi con formalismi ed eccessive analisi che non stanno nella logica di una sintesi che è politica ed amministrativa ad un tempo.
Purtroppo, comunque, dobbiamo fare assegnamento su '70 miliardi ed in questa cifra dobbiamo contenere le innumeri esigenze di una Regione come il Piemonte, che è tra quelle che maggiormente sopporta gli oneri della crisi economica in atto e della quale abbiamo dianzi, parlato.
In questi limiti le uscite, ovvero le spese della Regione, affermano delle priorità ed un indirizzo che solo molto parzialmente possono essere da noi accolte. Alla categoria seconda, personale e alla Sezione I amministrazione generale, si notano i capitoli 14 e 16 riguardanti il personale non di ruolo, per un onere complessivo di 250 milioni. Questi oneri poi, si ripetono in ogni Sezione del bilancio.
E' opportuno dire sin d'ora che non è buona politica ricorrere al personale fuori ruolo ed è socialmente riprovevole la divisione dei collaboratori tra figli e figliastri; occorre riassorbire nei ruoli organici tali impiegati e ricorrere ai concorsi per le nuove assunzioni, se non si vuole che si pensi a favoritismi e nepotismi.
Alla Sezione IV, azioni ed interventi in campo sociale, si rileva l'esiguità degli stanziamenti ai capitoli 428 "Spese per iniziative ed attività di istruzione e di propaganda igienico-sanitaria" per appena dieci milioni e al capitolo 432 "Spese per ispezione alle farmacie ed industrie farmaceutiche" per appena tre milioni.
In ordine alla formazione professionale, notevoli sono gli stanziamenti su tutte le voci, ma certo andrebbero potenziati gli stanziamenti sui capitoli 560 "Contributi e sussidi ai Consorzi provinciali per l'istruzione tecnica"; 563 "Contributi ad enti pubblici e privati per l'organizzazione ed il funzionamento di corsi di formazione ed addestramento professionale" 564 "Contributi ad enti pubblici e ad organismi privati per l'addestramento professionale dei mutilati ed invalidi civili" poiché le esigenze sociali in questo settore sono pressoché ricorrenti, sia per la riconversione di maestranze che devono abbandonare attività lungamente e tradizionalmente praticate nelle loro zone (quelle tessili ad esempio) sia per sollevare dalla miseria morale ed economica i molti invalidi civili che, provenendo da ogni parte d'Italia, più non avrebbero possibilità di inserimento nell'economia regionale, essendo state coperte le quote di obbligo a loro assegnate.
Alla Sezione V "Trasporti e comunicazioni" esiguo ci appare lo stanziamento di cui al cap. 600 di cinque milioni per acquisto manutenzione, noleggio ed esercizio dei mezzi di trasporto, nonché per la manutenzione degli automezzi in dotazione ai nuclei di polizia stradale distaccata presso la Direzione compartimentale di Torino.
Un particolare discorso meritano l'ingente stanziamento al cap. 612 di lire un miliardo e 100 milioni per sovvenzioni per l'esercizio di tranvie di filovie extra urbane e di funivie in servizio pubblico, nonché di autolinee sostitutive di impianti fissi; e quello di lire 120 milioni al cap. 614.
Occorre qui, secondo noi, superare i criteri assistenziali a favore di comunelli serviti da autolinee delle quali ben pochi sono gli utenti, come occorre superare mentalità elettoralistiche e clientelari. Le linee sovvenzionate devono servire a lavoratori, a studenti, ad operatori commerciali ad ogni livello, a consumatori e devono operare in bacini di traffico che non solo rendano necessario il servizio, ma lo rendano socialmente valido. Quando esigenze degli abitanti delle zone, servite dai mezzi pubblici sovvenzionate, esigano che tali mezzi funzionino e non solo per attendere il turista che dovrà arrivare, la spesa diventa necessaria ed essa non va compressa ad ogni costo, pena il sacrificio di modeste economie, specie montane; ed a questo occorre soprattutto pensare.
Ben modesto ed insufficiente ci appare inoltre lo stanziamento di cui al cap. 132 per la manutenzione delle opere di bonifica e delle opere di sistemazione idraulico-forestale ed agraria, in lire 150 milioni, quando si pensi alla lunghezza dei corsi d'acqua che attraversano il Piemonte e alla ricchezza e fertilità dei territori attraversati. Centocinquanta milioni basteranno sì, e no a mantenere le opere di sistemazione idraulico forestale che dovrebbero difendere il biellese da nuove alluvioni.
Assurdo poi per difetto ci sembra lo stanziamento di 10 milioni di cui al cap. 734, per le attribuzioni relative allo sviluppo della proprietà coltivatrice.
Fortunatamente, e solo per memoria, il cap. 743 si riferisce all'Ente di sviluppo agricolo del Piemonte, uno dei carrozzoni ai quali abbiamo già in più occasioni, dichiarato la nostra irriducibile avversione.
Passando alle foreste, anche i 300 milioni destinati dal cap. 768 alla manutenzione delle opere di bonifica montana e di sistemazione idraulico forestale dei bacini montani, riteniamo che possano rivelarsi insufficienti di fronte alle vastissime zone da curare e di fronte alle opere da mantenere, ma soprattutto di fronte ai guasti compiuti dagli uomini e gli uomini continuano a compiere.
Per quanto riguarda poi l'artigianato, tutti gli stanziamenti cui i capitoli 822, 824 e 828 sono carenti a nostro avviso, e non corrispondenti alle esigenze di un settore così importante anche dal punto di vista sociale.
Ci auguriamo che il contributo all'Ente per lo sviluppo dell'artigianato piemontese, altro carrozzone politico, rimanga per memoria.
In ordine all'assistenza sociale dobbiamo notare, con rincrescimento che nemmeno uno stanziamento minimo è stato posto a bilancio a favore dei patronati medico-legali di assistenza sociale dei lavoratori, i quali patronati, in Piemonte, sono oberati di lavoro in conseguenza delle immigrazioni e del trasferimento di incomplete quando non esistenti pratiche di pensione di vecchiaia e di invalidità sul lavoro ed invalidità civile ed in conseguenza dell'enorme ritardo con il quale le sedi provinciali della previdenza sociale provvedono alla liquidazione delle pensioni, proprio per gli stessi motivi derivanti dalle massicce immigrazioni ed alla carenza di personale. Sarebbe necessario, più che opportuno, stanziare almeno dieci milioni a favore dei cinque patronati dei lavoratori e di quello dei coltivatori diretti.
Tutta la Sezione V, Trasporti e comunicazioni, del Titolo II del bilancio, investimenti, merita un lungo discorso che ci riserviamo di fare allorché discuteremo le scelte politiche che saranno effettuate dalla Giunta Regionale e dalle Province e dai Comuni.
Sulla Sezione VI, Viabilità, si hanno sui capitoli 1211, 1212 e 1214 stanziamenti a favore delle Province e del Consorzi per le strade provinciali e comunali, di cinque miliardi 544 milioni e 480.000 lire. E' necessario che la Giunta Regionale eserciti un costante controllo sugli investimenti che ne dovrebbero derivare, ad evitare le solite dispersioni improduttive dovute agli interessi dei partiti e delle clientele locali.
Non riteniamo che l'attuale Giunta abbia la volontà politica di operare superando tali interessi e resistendo a siffatte interessate pressioni. La vicenda della lunga crisi che per tre mesi ha bloccato l'attività regionale, i motivi pretestuosi che la determinarono la sua farsesca conclusione, rivelano che fondamento dell'attività della Giunta, dei gruppi politici che la compongono, della maggioranza che la sostiene, sia esclusivamente la volontà di gestire il potere per il potere, senza alcuna aderenza al programma, come dimostrò l'adesione dei liberali al programma socialista varato per una Giunta che avrebbe dovuto essere di sinistra senza una visione organica delle necessità prioritarie della Regione, senza capacità di eseguire quelle scelte politiche dettate dal deterioramento della situazione politica ed economica.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Simonelli, ne ha facoltà.



SIMONELLI Claudio

Signor Presidente, colleghi, già in seno alla I Commissione il Gruppo socialista ha manifestato la sua netta opposizione al bilancio 1973 quale è stato presentato nella sua prima stesura dalla Giunta; le modifiche peraltro numerose, che sono state apportate successivamente, non possono mutare il giudizio negativo che abbiamo espresso.
Diverso, anche se egualmente negativo, è il giudizio che il Gruppo dà sulla relazione Dotti, negativo soprattutto per la contraddizione che emerge tra una lunga esposizione che sostanzialmente è contraria alle linee del bilancio ed una sommaria conclusione che è, viceversa, favorevole.
La relazione Dotti però, contiene una fedele, ampia analitica esposizione dei risultati della consultazione. L'indicazione di una lunga serie di obiettivi alternativi rispetto alle soluzioni fornite inizialmente dalla Giunta; e, in definitiva, prova di un lungo e paziente lavoro di cui deve essere dato atto al relatore Dotti. Ed è per questo insieme di considerazioni che il Gruppo socialista non ha presentato una propria relazione di minoranza.
Lo abbiamo detto in Commissione, e lo ripetiamo in Consiglio: il bilancio 1973, presenta, peggiorati, gli stessi caratteri del bilancio 1972. E' cioè, un bilancio di ordinaria amministrazione, non più per stato di necessità, ma per scelta politica precisa. Lo ha ribadito, più della relazione della Giunta, e di quella che ci ha fatto (in parte arricchendo ed ampliando la prima) l'Assessore Paganelli in Consiglio, l'intervento fatto dal Presidente Calleri in seno alla I Commissione, quando espose le due direttrici di fondo di questo bilancio: 1) garantire la continuità dell'azione amministrativa già svolta dall'autorità centrale 2) verificare la funzionalità degli uffici trasferiti anche ai fini della delega di funzioni agli enti locali.
Noi crediamo che si tratti certamente di due condizioni che sono preliminari ad ogni politica di bilancio , ma se vengono assunte come pilastri portanti del bilancio stesso, sono indubbiamente rivelatrici di una concezione della Regione come organo di puro decentramento burocratico la cui principale ambizione non può perciò che essere quella di fare le stesse cose dello Stato e di farle nello stesso modo in cui le ha sempre fatte lo Stato.
Ora, non solo non rifiutiamo questa concezione della Regione, ma diciamo anche che se queste sono le ambizioni della maggioranza e della Giunta, sono destinate esse stesse ad essere frustrate e anzi, sono già smentite e contraddette dalla realtà. Infatti, il trasferimento delle funzioni e conseguentemente delle risorse finanziarie dallo Stato alle Regioni, è stato, come sappiamo, largamente incompleto. Lo Stato sì è riservato non solo arbitrariamente dei settori di attività, ma anche il finanziamento dei programmi in corso di esecuzione e perciò su questo terreno la Regione ha già perso in partenza la sua gara, se si da a questa gara un aspetto mimetico, di pura imitazione della gestione statuale.
In qualche caso abbiamo visto dallo Stato addirittura interrotto il finanziamento dei programmi in corso e così la Regione deve intervenire, in modo identico a quello già adottato dallo Stato, per sopperire alle carenze di quest'ultimo; lo abbiamo visto con chiarezza quando abbiamo discusso la legge regionale sui contributi all'agricoltura che sostituisce con un nostro, rilevante intervento finanziario i contributi mancanti per l'ulteriore finanziamento del "piano verde" (una legge che il Gruppo socialista non ha votato, proprio anche perché rappresentava un modo distorcente di impiegare le risorse della Regione; una legge, comunque, che darà risultati ben lontani dal soddisfare anche le minime esigenze di razionalità richieste all'intervento pubblico nel settore dell'agricoltura).
Quanto poi al problema di verifica della funzionalità degli uffici della Regione, è certo un problema a cui credo tutti dobbiamo essere sensibili, ma non può essere una condizione del bilancio, non pu condizionare l'intera politica della Regione. Quanto poi alle deleghe agli enti locali, sarebbe stato meglio se si fossero avviate quelle indagini sullo stato e sulla condizione finanziaria degli enti locali stessi, ben più importanti, al fine di evitare di gravarli di compiti che essi non sanno o non possono svolgere, perché carenti di attrezzature, di uffici e di mezzi adeguati.
Coerentemente all'impostazione data dal Presidente della Giunta, il bilancio 1973 si traduce perciò nell'elencazione di impegni che riproducono in gran parte quelli già contenuti nel bilancio dello Stato. Lo spazio per autonome e originali iniziative della Regione è ancora più ridotto; con le stesse modifiche apportate in sede di variazione del bilancio, si sono ridotti a ben poca cosa i fondi globali destinati al finanziamento delle nuove iniziative regionali, mentre gli stanziamenti aggiuntivi per lo più sono destinati a tipi di intervento tradizionali, per i quali è largamente condiviso un giudizio di dubbia efficacia.
Le spese che emergono perciò dalle indicazioni del bilancio sono spesso quantitativamente, e sempre qualitativamente, uguali alle spese dello Stato. La mancanza di spinta innovativa, di originalità, il rifiuto anche solo di cercare di battere nuove strade è così evidente, che con una sintonia che crediamo davvero singolare tutte le voci ascoltate in sede di consultazione hanno criticato, e per lo più severamente, il bilancio di previsione della Regione.
Sarebbe troppo facile ribattere che tali critiche, provenendo da ambienti spesso diversi e comunque rappresentativi di un'ampia realtà economica, sociale, sociologica anche, si possono eludere a vicenda; n credo che convenga al Presidente della Giunta consolarsi con una constatazione del tipo "molti nemici molto onore", formula peraltro che non portò fortuna, in altri tempi, al suo inventore e che credo non ne porterebbe in questo caso, se la facesse propria, al Presidente Calleri.
Si potrebbe obiettare - ed è anche stato fatto in Commissione - che molte proposte non sono concrete, ma discorsive, sono ampie carrellate sui problemi emersi; anche se è vero che in parte la consultazione ha affrontato argomenti di ordine generale, in molti casi (e vi faccio grazia della lettura della consultazione, che del resto è riportata nella relazione Dotti) si è trattato di proposte precise che sono arrivate a definire l'entità, degli stanziamenti suggeriti per l'inserimento in bilancio. Comunque resta il fatto, che bisogna chiarire una volta per tutte, che non tocca certo ai sindacati, alle associazioni, ai Comuni fare il bilancio della Regione; il loro contributo consiste nel porre una serie di problemi concreti che sorgono dal vivo delle esperienze proprie di ciascuno e che si riflettono sulle possibili scelte della Regione. Tocca a noi che abbiamo auspicato questo apporto, che abbiamo dato un valore preciso, con rilievo anche statutario, all'istituto della partecipazione proprio perché ci siamo dati carico della necessità di non procedere staccati dalla realtà vera della società regionale, chiusi nella torre d'avorio delle nostre competenze burocratiche; tocca a noi, se davvero crediamo all'importanza della consultazione, tirarne delle conseguenze in ordine alle scelte della Regione.
Una prima generale serie di critiche riguarda la mancata visione programmatica del bilancio regionale. Questo, si dice da ogni parte - e diciamo anche noi qui - non ha alcun rapporto con il piano regionale di sviluppo in corso di discussione, né si inquadra in una visione programmata dell'attività regionale.
Questa critica è fondata, l'abbiamo fatta già l'anno scorso e il fatto che la si debba ripetere quest'anno non fa che aggravare la fondatezza della critica stessa.
La Giunta replica a questa critica in due modi: il primo modo, più schematico, più semplice è che il bilancio non può raccordarsi con un piano che non c'è; la seconda obiezione è che non sarebbe tecnicamente e giuridicamente possibile presentare un bilancio programmatico, in quanto il bilancio non può fare altro che recepire delle spese già decise, con provvedimenti legislativi nazionali o regionali.
Noi crediamo che entrambe queste obiezioni, non siano fondate. Se valesse la prima, se si dovesse davvero attendere, per muoversi sul terreno della programmazione, la messa in funzione di tutto il meccanismo programmatorio previsto dallo Statuto, col piano globale di sviluppo della Regione, i piani di settore, il programma pluriennale di attività e di spesa e il bilancio annuale raccordato a questo programma, io credo che dovremmo allora tranquillamente dare per scontato che la prima legislatura regionale si esaurirà fuori dal terreno della programmazione (e mi sembra che sarebbe constatazione amara che non potremmo assolutamente fare con leggerezza).
La verità è - e qui io credo di dover esprimere una posizione che ho già anticipato in Commissione e sulla quale il Gruppo socialista desidera richiamare le altre componenti del Consiglio e in primo luogo la Giunta che in ordine ai rapporti tra il bilancio ed il piano è opportuno arrivare ad un'estrema chiarezza di idee e ad alcune considerazioni operative. Noi siamo convinti che sia necessario prendere atto subito che il piano regionale di sviluppo non potrà essere redatto in tempi brevi: mancano troppi studi importanti per la redazione del piano, l'Ires stesso ci chiede di potere aggiornare i dati sulla base dei quali ha formulato il suo rapporto; di conseguenza non è possibile chiudere entro il '73 il piano regionale di sviluppo. Del resto gli enti consultati ci hanno chiesto di essere riconsultati quando dal rapporto si passerà al piano vero e proprio.
Tutte queste considerazioni concorrono nel fare ritenere che il piano non possa essere pronto in tempi brevi. Se, d'altra parte, noi lo volessimo chiudere in modo frettoloso, rinunciando alle ricerche, basandolo su dati invecchiati, faremmo rimpiangere davvero il vecchio schema di sviluppo del CRPE e non faremmo un buon servizio alla Regione.
E' opportuno perciò scindere i due momenti del processo di programmazione: da un lato è certamente necessario approfondire gli aspetti conoscitivi della realtà regionale, per arrivare, almeno entro il '75, ad un piano globale di sviluppo (indicheremo poi alcuni di questi studi) d'altra parte, però, non possiamo rinviare, con questa scelta, una politica di programmazione nella nostra Regione, né sottrarci alle responsabilità che la Regione ha in questo momento.
Questa impostazione, cioè l'aggiornamento del momento conclusivo del piano e l'effettuazione degli studi necessari hanno, come loro premessa che la Regione assuma subito una serie di proposte programmatiche precise cioè che sia subito data una prima risposta politica al rapporto dell'Ires che cioè noi ci assumiamo subito in concreto una serie di progetti da indicare e da finanziare nel corso del prossimo esercizio.
Questo discorso si collega all'altro che è stato fatto in Commissione che è stato fatto anche in Consiglio, sul quale mi ricordo il collega Sanlorenzo ha richiamato più di una volta la nostra attenzione, sulla necessità cioè che le indicazioni programmatiche delle Regioni non procedano disarticolate rispetto ai problemi di politica economica generale, i quali trovano una loro traduzione nel bilancio dello Stato e nelle scelte della programmazione nazionale.
Questo discorso si concretizza nella necessità che le Regioni partecipino all'elaborazione e alla predisposizione del bilancio generale dello Stato per il 1974, chiedendo in quella sede che venga ampiamente finanziato il fondo per i programmi regionali di sviluppo previsto dall'art. 9 della legge sulla finanza regionale.
Ed io credo che proprio il finanziamento statale, in base all'art. 9 dei programmi di sviluppo regionali, sia la prima importante valvola attraverso la quale iniziare concretamente ad esercitare i poteri di governo della Regione.
Io penso che al punto in cui siamo, a oltre metà della prima legislatura regionale, non possiamo cullarci ancora nella fase costituente detto in altri termini, non possiamo continuamente riproporci soltanto lo scopo di fare vivere e funzionare, per di più, ad un regime, di giri basso ad un regime di efficienza scarso, la macchina della Regione. Non possiamo soltanto darci carico della pura gestione, della pura sopravvivenza dobbiamo cominciare a passare dalla fase costituente a quella di governo. E poiché lo strumento per muoversi su questo terreno non può che essere quello della programmazione, noi dobbiamo darci strumenti insieme operativi e finanziari per cominciare a governare.
L'impatto avviene perciò con il fondo per il finanziamento dei programmi regionali di sviluppo, un fondo che era di venti miliardi nel 1972, che é, se non sbaglio, di circa 140 miliardi nel 1973 (erano 114, poi sono diventati 140), che le richieste formulate da alcune Regioni, tendono a porre nella dimensione di 1500 miliardi per il 1974. E' chiaro che dobbiamo lavorare concretamente e subito su questa prospettiva.
La quota che ci compete per il 1972 è, se non vado errato, di 950 milioni, sarà di una decina di miliardi quella per il '73 e mi pare che si tratti di fondi che dovrebbero essere, indirizzati a programmi di intervento nel settore dell'agricoltura e che noi potremmo destinare per esempio a quegli interventi prioritari, tipo piano della zootecnia, che sono stati indicati anche dalle consultazioni come interventi di rilevante interesse per la nostra Regione. Ma la battaglia grossa si combatte sul fondo del '74 e si ha qualche possibilità di vincerla non solo chiedendo un adeguato aumento del fondo, ma anche proponendo al CIPE e al governo quali progetti di intervento le singole Regioni intendono portare avanti; in caso contrario, non ha compiuta credibilità la richiesta di stanziamento di somme per le quali non si prevede uno specifico utilizzo. Del resto mi risulta che le altre Regioni stiano proprio facendo una ricognizione delle priorità di intervento che ciascuna sta scegliendo. Questa è la battaglia principale che dobbiamo combattere: dobbiamo chiedere il rifinanziamento del fondo in misura adeguata, tenendo anche conto che questo fondo dovrà ulteriormente incrementarsi per i residui statali sui capitoli relativi alle funzioni trasferite, ma che lo Stato si è tenuto, perché in corso di finanziamento e che non sono stati impegnati entro il 31/12/'72. Si tratterà di somme che saranno trasferite, la legge dice, entro il 31/12/'74 e che quindi saranno trasferite non "entro", ma "il 31/12/'74". Ed è anche possibile, conoscendo l'andazzo della burocrazia ministeriale, che queste somme che qualche Regione si illude siano cospicue, saranno invece ridotte all'osso perché i singoli Ministeri, secondo la prassi invalsa, attraverso lettere di impegno saranno riusciti a non spendere quei soldi, ma a non trasformarli tecnicamente in residui; quindi saranno residui nella sostanza, ma non saranno residui tecnicamente da trasferire sul fondo. Per anche questa è una battaglia che deve essere condotta, ed è chiara l'importanza non puramente strumentale della stessa; anzi, noi pensiamo che intorno a questo tema debba essere combattuta una battaglia destinata ad avere anche profondi riflessi sulla politica, anticongiunturale del governo.
Noi stiamo vivendo un momento di particolare crisi e la ripresa produttiva è lungi dall'essere avviata. Noi imputiamo a questo governo alle sue incapacità, alle sue contraddizioni, alla rottura stessa degli equilibri classici del nostro sistema finanziario, la causa prima, la responsabilità primaria della crisi, che stiamo attraversando. Non crediamo che nel corso del '73 si possano indicare ad un governo che ci ha precipitati nell'inflazione e ci ha allontanati dal Mercato Comune e dalla Comunità europea molti altri obiettivi oltre a quelli di porre un freno all'inflazione e di farci tornare in Europa. Ma per il '74 bisogna darci dei precisi obiettivi di ripresa produttiva e di sostegno della congiuntura, chiedere alle Regioni di intervenire in questo compito, dare al fondo per i programmi regionali di sviluppo il carattere di grossa battaglia per il rilancio degli investimenti pubblici e anche di contributo essenziale per invertire la tendenza della spesa pubblica, che è stata una delle cause della stagnazione del sistema economico. E' questo più ampio disegno che rende indilazionabile una nostra iniziativa su questo terreno.
Se quanto ho detto più giù è vero, occorre marciare subito, perché si devono rispettare dei tempi e delle scadenze ben precise. Il bilancio dello Stato deve essere approvato entro il 30 luglio, quindi, tenendo conto dei tempi necessari per gli aggiustamenti da parte della Ragioneria generale dello Stato e delle Ragionerie dei vari Ministeri, occorre predisporre il documento programmatico della Regione entro il 15 giugno. E' perci necessario che subito venga avviata da parte della Giunta, delle competenti Commissioni consiliari, dell'Istituto regionale di ricerca, una serie di lavori, con scadenze, estremamente serrate, per giungere a definire entro quella data uno schema di programma.
E' un lavoro che già altre Regioni hanno messo a fuoco. Io cito - e l'ho citato in Commissione perché mi sembra il più realistico, il più finalizzato a questi scopi - il documento programmatico dell'Emilia Romagna, ma anche la Lombardia, le Marche, la Toscana si sono mosse o si stanno muovendo in questa prospettiva, il Veneto lo sta facendo, tutte le Regioni si stanno muovendo.
Noi indichiamo fin d'ora al dibattito del Consiglio ed all'attenzione delle altre forze politiche, quelli che a nostro giudizio possono essere due settori di intervento prioritario, naturalmente tenendo presente le necessita di legare l'intervento della Regione con quelle che sono le scelte della programmazione nazionale, quindi, l'opportunità di non individuare dei settori di intervento che siano sradicati dalla logica della programmazione nazionale.
Sarebbe un buon inizio partire con i due progetti pilota del piano economico-nazionale, uno relativo all'area metropolitana torinese, l'altro relativo ai collegamenti con il sistema dei porti liguri, tenendo conto della priorità da assegnare, all'interno di questi due progetti, ai settori dell'edilizia economica popolare, in connessione con l'attuazione della riforma della casa, dei trasporti e delle aree industriali attrezzate.
Perché riteniamo che siano questi i due progetti sui quali puntare? Prima di tutto perché si tratta, ripeto, di progetti già contenuti nel piano nazionale e quindi che trovano, a livello di CIPE, un'udienza particolarmente favorevole; in secondo luogo perché nei fatti sono, mi sembra, i due nodi centrali che la Regione ha davanti: il programma di intervento nell'area metropolitana torinese e il programma di riequilibrio imperniato sugli assi portanti che interessano tutto lo sviluppo del Piemonte meridionale, collegato con le grandi infrastrutture dei porti liguri.
All'interno di questi due progetti, la priorità operativa, deve essere data ai tre settori che, a nostro giudizio, hanno un interesse predominante, ossia l'edilizia economica e popolare, che presenta in Piemonte dei problemi particolarmente pressanti, il sistema dei trasporti specie per i collegamenti che servono la pendolarità e per il sistema dei trasporti metropolitani, le aree industriali attrezzature, essenziali al problema del riequilibrio territoriale e al decentramento degli impianti produttivi.
Si tratterebbe, in definitiva, di stralciare una prima tranche operativa dei due progetti pilota e di cominciare a realizzarli con finanziamento dello Stato coordinato col finanziamento della Regione (e non solo della nostra, perché se le altre Regioni si muovono, per esempio la Lombardia e la Liguria, con progetti analoghi - e lo stanno facendo - noi avremo un finanziamento interregionale per la soluzione di questi problemi).
Questa ci sembra l'unica possibilità concreta per rendere immediatamente operativa la programmazione regionale e per dare inizio alla fase di governo della Regione. Noi esprimiamo fin d'ora la nostra piena disponibilità a partecipare a questo impegno, ben consapevoli che c'é un rischio in quanto noi proponiamo, per noi e per i compagni comunisti in particolare, il rischio cioè di lavorare per dare credibilità ad una Giunta che queste credibilità non si è conquistata nel corso dei mesi passati. Ma noi pensiamo che a fronte di questo rischio, se non si facessero queste cose, ci sarebbe il rischio ben peggiore di far perdere ulteriore credibilità alla Regione e siccome non siamo per il tanto peggio tanto meglio, ma siamo convinti che la battaglia regionalista la si vince tutti insieme, o la si perde, alla lunga, tutti insieme, siamo disponibili a dare tutto il nostro contributo perché questo discorso venga fatto nei tempi in cui è indispensabile farlo, con tutta la prontezza e l'operosità di cui il Consiglio Regionale deve essere capace.
Accanto a questo problema, che riteniamo il nodo fondamentale da affrontare nei prossimi tempi, tornando al bilancio, vogliamo replicare al secondo tipo di obiezioni che la Giunta ha fatto alla nostra richiesta di avere un bilancio programmatico e cioè all'obiezione secondo la quale il bilancio o è così o non può essere, per cui quello seguito e l'unico modo possibile di fare il bilancio. Questa considerazione nasce da una visione che è certamente giusta, ma che è parziale, dalla visione cioè del bilancio come puro documento formale e legale, trascurando che storicamente il bilancio dello Stato è eminentemente un documento politico che consente l'esame globale di tutta la politica del governo, quale si esprime nelle scelte finanziarie compiute. Cosicché nella prassi di tutti i Parlamenti il voto annuale sul bilancio è diventato una sorta di verifica periodica della fiducia delle Camere nei confronti del governo. Il bilancio della Regione non può sottrarsi a questa caratterizzazione, non può diventare un documento contabile ed in effetti le Regioni si stanno tutte adoperando nel tentativo di rendere il bilancio leggibile, discutibile, proprio come documento politico di verifica di una volontà politica, di scelte politiche precise. E così si assiste al tentativo che ha fatto la Lombardia, per esempio, di fare un bilancio per obiettivi, tentativo che noi riconosciamo carente, appunto non più che un tentativo, ma comunque rappresenta uno sforzo per andare in una certa direzione; ed anche di accompagnare il bilancio formale, rispondente ai requisiti della classificazione funzionale ed economica, con l'indicazione di un programma legislativo della Giunta delle leggi cioè che si intende presentare in Consiglio nel corso dell'esercizio: e questa ci sembra esigenza prioritaria ed insopprimibile per una seria discussione sul bilancio.
L'elenco di queste leggi può anche non avere un valore giuridico preciso - ma noi riteniamo che in parte lo abbia - ma ha certamente un eminente valore politico. Anche sotto il profilo giuridico però noi riteniamo sia comunque, indispensabile presentare un elenco di provvedimenti da finanziare con le somme stanziate nei fondi globali di cui agli articoli 1018 per le spese correnti e 1404 per le spese di investimento.
I Consiglieri ricorderanno certamente che nel corso della discussione sul bilancio '72 il Gruppo socialista si batté particolarmente perch questo elenco di provvedimenti da finanziare fosse presentato, ritenendo che in mancanza di ciò la prescrizione di un fondo globale generico fosse incostituzionale, perché in violazione delle prescrizioni dell'art. 81 della Costituzione che impone di inquadrare gli impegni di spesa non solo entro un limite quantitativo, ma in una visione coordinata delle priorità da perseguire attraverso la spesa pubblica.
Per il bilancio '73 la Giunta, dopo avere inizialmente rifiutato di fornire questo elenco, lo ha infine predisposto, con la relazione Paganelli, e con il documento che poi è stato consegnato ai Consiglieri.
Noi prendiamo atto con piacere di questa innovazione che ci auguriamo sarà continuata nei prossimi esercizi. Ma la lettura del documento ci convince viceversa molto meno. Innanzi tutto i fondi si sono ridotti a ben poco poco più di tre miliardi complessivamente; in secondo luogo, l'elenco dei provvedimenti da finanziare sui fondi appare poco più che un espediente.
Per la parte corrente, c'è la legge sul personale - che va bene, come diceva Sanlorenzo stamattina -; c'è la legge sull'assegno integrativo di natalità, sulla quale noi abbiamo invece molte riserve e che comunque riteniamo inspiegabilmente privilegiata rispetto agli altri provvedimenti all'esame del Consiglio; poi ci sono i contributi all'Ente regionale di sviluppo ed all'Ente per l'artigianato, enti che non esistono ancora e che io dubito fortemente potranno usufruire nel corso dell'esercizio non solo del fondo istitutivo che è già previsto sul bilancio '72, ma addirittura anche dei contributi annuali per il loro funzionamento. A parte poi la considerazione che non si vede perché dei tre strumenti della programmazione, due, cioè l'Ente regionale di sviluppo per l'agricoltura e l'Ente per l'artigianato, dovrebbero avere un contributo annuale, e viceversa la Finanziaria pubblica no. Per la parte relativa agli investimenti, in pratica il fondo globale si limita al finanziamento delle leggi che prevedono contributi all'agricoltura, anche qui facendo toccare con mano la fondatezza della nostra critica a leggi che si sarebbero rivelate (come abbiamo sostenuto quando il Consiglio le ha approvate) un esempio di programmazione a rovescio; prima si fanno le leggi di settore ispirate per di più non a criteri di sviluppo, ma a criteri assistenziali e poi il bilancio si deve adeguare ad una produzione legislativa casuale ed episodica.
In verità, la Giunta sostiene talora, a sprazzi, di non volere presentare un proprio programma legislativo perché non vuole soffocare la libera espressione dell'iniziativa legislativa dei Consiglieri. Io credo si tratti di una finzione, per altro consueta nella vita politica ed amministrativa del nostro Paese. In realtà la libera iniziativa legislativa dei Consiglieri esiste soltanto come ipotesi astratta; nella prassi nessun progetto di legge di iniziativa consiliare va avanti nelle Commissioni fino a quando la Giunta non presenta il suo disegno di legge sullo stesso argomento. La Finanziaria pubblica è un esempio probante di quanto sostengo: il progetto presentato al riguardo dal Gruppo socialista è bloccato perché la Giunta non si è ancora espressa sull'argomento. E così vale per altri progetti presentati su iniziativa dei singoli Consiglieri anche di maggioranza. In verità è la Giunta ad imprimere indirizzo, tempi e modi dell'intera produzione legislativa.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Tempo no perché li abbiamo da otto mesi nelle Commissioni quelli dell'Ente di sviluppo agricolo e dell'Ente di sviluppo per l'artigianato.



SIMONELLI Claudio

Sì, ma anche in quel caso suppongo che i ritardi siano dovuti alla difficoltà di conciliare diversi progetti di legge, magari all'interno della stessa maggioranza.
Quanto il sistema che si viene instaurando sia conforme alla Costituzione e allo Statuto regionale non saprei dire, ma comunque questo può costituire oggetto di un altro dibattito. Certo, bisogna prendere atto della situazione così com'é e allora constatare che in questa situazione cioè con la Giunta che di fatto guida l'attività di produzione legislativa della Regione, la mancanza di un programma legislativo è la conseguenza della mancanza di un programma politico, da parte di questa Giunta e di questa maggioranza. E non a caso l'Assessore Paganelli, quando nella sua relazione fatta in Consiglio si riferisce per una volta ad un impegno programmatico, lo fa nei confronti del programma che fu presentato nell'aprile del 1971 dalla Giunta di centro sinistra e non ad un programma di questa Giunta, che non c'é mai stato.
Tenendo conto di queste considerazioni, il fatto che si sia ridotta all'osso la disponibilità per finanziare le leggi regionali da approvare nel corso dell'anno e si sia preferito distribuire praticamente tutti i fondi a disposizione sui singoli capitoli di spesa che sono ricalcati su quelli statali, dimostra ancora una volta il rifiuto a fare della Regione qualcosa di nuovo, a disciplinare diversamente, in modo originale, o comunque in modo autonomo la materie trasferite dallo Stato.
Nel corso della discussione sul bilancio '72 questa concezione della Regione come istituto di decentramento burocratico fu giustificata dalla Giunta con la necessità di avere un bilancio realistico, un bilancio da realizzare tutto in impegni di spesa per non lasciare residui passivi. La fantasia, insomma, avrebbe lasciato il passo ad un'alacre, anche se meno suggestiva, concretezza. Questa chiave interpretativa non viene più usata nella relazione '73 e si direbbe "pour cause". In verità anche il bilancio asfittico e modesto del '72 non si è tradotto in impegni di spesa e non in parte e il primo provvisorio rendiconto delle spese impegnate nell'anno che non è, lo so bene, un consuntivo, ma che tuttavia ai fini del discorso che sto facendo è la stessa cosa perché corrisponde agli impegni assunti nell'anno -, è un cimitero di capitoli non toccati, di spese per le quali non si è neppure cominciato ad affrontare la procedura per il relativo impegno.
Ecco perché noi riteniamo che il rifiuto di un'autonoma capacità legislativa e di un conseguente autonomo impiego delle risorse non sia stato perciò il prezzo necessario pagato per un'efficiente gestione, anche se di routine, ma sia stata una perdita secca che incide sul prestigio sulla credibilità e anche sull'operatività della Regione Piemonte. Per avere una conferma, basta scorrere l'elenco dei capitoli non toccati oppure impegnati solo in parte: per le spese correnti; in materia urbanistica i capitoli 328 e 332, cioè le spese per i piani delle aree per insediamenti produttivi e per i programmi di localizzazione dell'edilizia pubblica; per l'ecologia, gli interventi per la difesa dell'igiene del suolo, per i quali non si è speso nulla e gli interventi per l'ecologia agraria; il cap. 452 sulla medicina scolastica; gli interventi contro le calamità naturali; per le spese in conto capitale; le indagini per i piani territoriali di coordinamento; i capitoli 1342, 1344 e 1348 che concernono l'acquisto di terreni per impianto di vivai forestali e altri interventi per il rimboschimento; e ancora interventi per l'industria, l'artigianato le attrezzature alberghiere. Insomma, si tratta di una serie di capitoli di rilevante interesse per l'attività regionale.
Noi temiamo fortemente che anche il bilancio '73 sia destinato in buona parte a fare la stessa fine e per questa via, contro la volontà e le intenzioni manifestate dalla Giunta, esso venga davvero alla fine a ridursi ad essere un bilancio simile a quello degli enti locali, a ricalcare cioè l'esperienza negativa dei bilanci, dei Comuni e, delle Province, con capitoli di spesa destinati a restare sulla carta, ma utili per far vedere che ci si occupa di tutto: dalle partorienti agli orfanelli, dall'industria all'artigianato, ai malati di lebbra. Non importa se poi, in pratica, non si riesce ad operare neppure sul terreno che si è scelto, che è quello della pura gestione dell'attività regionale. Ne consegue che la rinuncia ad interventi innovativi non è compensata da niente, è una pura umiliazione delle capacità di crescita dell'istituto regionale.
Contro questa impostazione che noi riteniamo di rinuncia, viziata da una concezione burocratica della Regione, noi opponiamo l'esigenza invece di un preciso impegno programmatico che il Consiglio deve assumere attraverso un ampio confronto, che consenta alla Giunta di definire gli impegni legislativi da assumere per i prossimi tempi, impegni legislativi che in parte potranno anche tradursi in impegni di spesa nel corso dell'esercizio. Noi crediamo che questo bilancio abbia un margine superiore di spesa rispetto alle previsioni formulate dalla Giunta. Ma comunque questo lo si può verificare, certo è possibile che le entrate diano a consuntivo delle poste superiori a quelle previste, è possibile che ad un certo punto si riesca ad impiegare gli avanzi degli esercizi, precedenti, è possibile, e noi riteniamo auspicabile in certi settori, che si riducano certi stanziamenti su capitoli di spesa per i quali non ci possono essere realizzazioni; è possibile, infine, che ci sia un primo ricorso all'indebitamento, che a onor del vero anche la relazione della Giunta non esclude.
Sul problema dei mutui noi riteniamo che sarebbe sbagliato partire subito con un grosso indebitamento, perché rischieremmo di pregiudicare delle esigenze che invece possono essere meglio messe a fuoco nei prossimi tempi. Però nulla vieta di cominciare a contrarre prestiti a lungo termine per alcuni miliardi per finanziare investimenti diretti della Regione, cioè l'acquisto di immobili, di aree, dei terreni per i parchi naturali e per le foreste ad esempio, o per assumere partecipazioni, ad esempio nella società Finanziaria regionale, cioè attenendoci strettamente ai vincoli posti dalle norme della legge finanziaria regionale.
In questo modo sarebbe possibile avere risorse aggiuntive per finanziare anche nel corso del '73 alcuni interventi prioritari. E' questo ciò che noi proponiamo, cioè la formulazione di un programma legislativo di un elenco delle leggi da predisporre nel corso dell'anno, che in parte riguardi le opere che possono essere finanziate nel corso del '73, ma con le maggiori risorse disponibili, che comunque serva a stabilire una scala prioritaria di proposte, che possono essere realizzate gradualmente anche nel corso del prossimo esercizio.
Ecco perché insistiamo sulla necessità di un programma legislativo che deve accompagnare il bilancio, per togliere alla successiva legislazione di spesa il carattere d'improvvisazione e della casualità, per impedire stravolgimenti di priorità che si traducano in uno spreco di risorse, o in vuoti legislativi, che comportano ulteriori ritardi nella soluzione dei problemi regionali.
L'indicazione di questo programma legislativo e dei conseguenti primi impegni di spesa, non è difficile; un'attenta lettura delle proposte emerse dalla consultazione e uno stralcio delle cose più rilevanti, più interessanti, più pressanti può essere fatta agevolmente ed io non vorrei soffermarmici oltre misura, vorrei fare un rinvio ai risultati della consultazione, soprattutto per quanto riguarda i settori dell'artigianato della piccola e media industria, dell'istruzione professionale, gli interventi per l'ambiente, per lo sport, per il tempo libero, per il verde e così via.
Alcune considerazioni più ampie vorrei fare per alcuni tipi di interventi, in particolare, innanzitutto, per l'agricoltura. Io credo che in agricoltura sia necessario ribadire che non possiamo continuare nella politica di inpinguimento dei tradizionali canali della spesa statale rivelatisi inefficienti, spesso viziati da preoccupazioni clientelari nonché degli interventi puramente caritativo-assistenziali; basti considerare che l'aumento dei fondi destinati ad investimenti per le bonifiche, la sistemazione idraulico-forestale, lascia immutati settori ed i criteri di intervento, entrambi largamente soggetti a critiche negli anni passati. E noi riproponiamo, potenziandolo, lo stesso tipo di intervento.
Occorre, invece, ribadire la priorità dell'intervento programmato attraverso piani di zona e piani comprensoriali, che sono importanti soprattutto per le zone montane, per le quali la programmazione in agricoltura non può evidentemente basarsi solo sui piani di zona che, data la loro dimensione territoriale necessariamente ristretta, non danno garanzie di interventi adeguati. Sui piani zonali, al cap. 1328 c'è uno stanziamento che, se non ricordo male, è di cento milioni. Vorremmo per che il discorso uscisse dal generico e affrontasse alcuni impegni precisi.
C'é un piano zonale già fatto dall'Ires che riguarda parte della Valle del Belbo. Qui il problema consiste nel dire se lo vogliamo attuare, cioè se lo stanziamento di bilancio comprende anche le spese per cominciare ad attuare questo piano. Poi occorre finanziare degli altri piani: diciamo quali prendiamo impegni precisi. Per me bisogna, ad esempio, finanziare, a titolo sempre di esperimento pilota, cinque piani zonali per le altre cinque province del Piemonte, esclusa quella di Asti per la quale c'é già il piano del Belbo. Naturalmente, basandoci su iniziative che stanno prendendo corpo dal basso, perché non credo che il piano zonale si possa facilmente imporre dall'alto, se manca è interesse in loco da parte degli enti e delle categorie. In provincia di Torino, ad esempio, i giovani della Coltivatori diretti hanno proposto già quattro piani zonali per quattro zone ben definite; per iniziativa del Comune di Savigliano, nella zona di Savigliano Racconigi, c'è già una specie di pre-piano in corso di effettuazione; il Comune di Alessandria aveva preso tempo fa contatto con l'Ires per un piano zonale che riguardasse i territori agricoli del Comune capoluogo che, date le dimensioni sarebbero sufficienti per realizzare un piano zonale.
Quindi c'è già terreno sufficiente per fare uscire le previsioni di spesa dalla genericità di un'impostazione globale e indicare degli impegni precisi. Se lo stanziamento di 100 milioni è sufficiente, bene; se no, si può impinguare. Gli esperti del settore calcolano che per questo tipo di piani le spese siano di mille lire all'ettaro. La superficie interessata varia: in collina la dimensione media è di circa 10.000 ettari, in pianura evidentemente è maggiore; ma non è difficile calcolare la spesa, in base ad una prima individuazione delle zone interessate.
Interventi di più vasto respiro, come il piano della zootecnia, o interventi organici contro le calamità naturali, o interventi nel settore della cooperazione, possono essere finanziati con i fondi per i piani regionali di sviluppo che ho ricordato prima, relativi al '72 e al '73.
La politica del verde, poi, esige che la Regione cominci ad entrare operativamente in campo, acquisendo terreni per creare parchi naturali terreni già a bosco oppure da rimboschire, in montagna, ma anche nella collina depressa che si presta ad interventi di questo tipo e per i quali si può avere una disponibilità di aree a prezzi modesti, proprio perché si interviene in zone di esodo, nelle quali i terreni non sono perci particolarmente pregiati in relazione ai prezzi di mercato. In questo settore è preferibile l'intervento diretto, mediante l'acquisto - anche se limitato - che non l'apposizione di vincoli, che allo stato della legislazione sono di dubbia efficacia. Certo, per incominciare a creare un patrimonio di parchi naturali da destinare ad un ampio uso sociale - salvo le limitate zone da destinare a riserva integrale -, in attesa di poter fare una legge regionale sui parchi, che a sua volta presuppone una legge nazionale (quella famosa legge-quadro all'attenzione del Parlamento da anni e che non viene mai approvata), la Regione può usare - più dove è possibile gli strumenti offerti dalla legge sulla casa ma deve anche intervenire direttamente con l'acquisto.
A questo punto desideriamo tornare a parlare de "La Mandria" per la quale c'era stato un impegno in sede di discussione sul bilancio '72 e di cui non conosciamo più nulla se non la protesta degli abitanti di Fiano per ulteriori processi di lottizzazione in corso e rispetto alla quale torniamo a chiedere alla Giunta un impegno per un sollecito intervento.
Un altro intervento che riteniamo prioritario e per il quale chiediamo l'integrale finanziamento sul bilancio 1973, è il progetto di legge presentato dal Gruppo socialista per la concessione di contributi agli istituti di patronato e di assistenza sociale, che viene incontro a precise richieste fatte nel corso delle consultazioni dai sindacati e da vari altri enti che hanno messa in evidenza l'estrema necessità di interventi per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e la difesa della salute dei lavoratori. Questo progetto di legge comporta un onere di un miliardo, come esplicita la relazione e riteniamo che sia finanziatile già sul bilancio del 1973.
Riteniamo poi che occorra cominciare a muoversi nel settore dell'assistenza. Anche qui tutti gli enti consultati ci hanno indicato la necessità di interventi volti a superare i criteri, da un lato caritativi dall'altro emarginanti, delle strutture assistenziali tradizionali. La Regione non può essere assente, disattenta a quanto sta emergendo di nuovo in questo settore, addirittura ignara delle notizie riportate dai giornali.
"La Stampa" apre una sottoscrizione per realizzare un centro di ricupero di bambini spastici; non possiamo, per dignità, tollerare che la Regione sia fuori da questo discorso. O si ritiene il problema irrilevante, e allora ne prenderemo atto, o è un'iniziativa - come noi riteniamo - che incide su una realtà degna di essere attentamente seguita, e allora è la Regione che se ne deve dar carico in prima persona, sia per ciò che riguarda l'onere finanziario, sia per la guida, i criteri di realizzazione e le finalità dell'intervento.
Nel settore dell'assistenza psichiatrica, ai minori, agli anziani e agli handicappati, c'é una notevole spinta al rinnovamento, sull'impulso dato da associazioni che da anni si muovono per proporre soluzioni alternative alle forme tradizionali istituzionalizzate. Io non voglio fare un riassunto delle indicazioni che sono emerse dall'attività di questi enti e di queste benemerite associazioni; posso dire, però, che è ormai generale la spinta per arrivare ad unità locali dei servizi, a comitati di zona, a strumenti nuovi di intervento collegati con la riforma sanitaria.
E' chiaro che ci vuole una legge per poter arrivare a costituire nuovi strumenti, ma anche prima di un provvedimento legislativo - che pure è auspicabile e per il quale il Gruppo socialista si impegna formalmente - ci sono degli interventi che possono essere finanziati subito, per esempio interventi volti a realizzare forme di assistenza domiciliare, affidamento familiare di minori, creazione di comunità alloggio e di strutture articolate inserite nei quartieri (soluzioni anche provvisorie che potranno poi essere riassorbite nelle unità locali dei servizi o negli altri enti quando ci saranno, ma che intanto consentono di intervenire subito in modo diverso dal passato). Si può pensare, ad esempio, anche a contributi che la Regione dà ai Comuni o agli enti locali che si fanno promotori di iniziative in tale senso. Occorre comunque iniziare subito un intervento alternativo, per il quale chiediamo almeno uno stanziamento di un miliardo complessivamente per l'intera Regione.
Nello stesso ambito, ancora limitandoci a raccogliere dati forniti dalla cronaca quotidiana, non grosse cose astratte, fuori dalla nostra possibilità, assistiamo alla crisi di istituzioni come il Centro di tutela minorile per esempio, che svolge un'attività intensa a favore dei minori, e va in crisi solo perché difetta di sovvenzioni. Non credo che possiamo tranquillamente assistere allo smantellamento di un'istituzione di questo tipo; se è necessaria una leggina regionale che dia un contributo facciamola; lo stesso discorso per tutti gli altri enti, che hanno compiti promozionali, che si pongono intenti innovativi e collaborativi nel settore dell'assistenza, che mirano a inserire la loro azione nel filone di un intervento pubblico profondamente rinnovato e umanizzato. Io non amo che la Regione si trasformi in istituto di erogazione di contributi a destra e a manca, ma visto che facciamo anche questo, non vedo perché debbano essere sottratti a quell'elenco che ci ha fornito con amabilità stamattina, in tono faceto, ma dicendo delle cose serie, il collega Sanlorenzo, anche altre associazioni che operano nel campo dell'assistenza dall'Unione Italiana per la promozione dei diritti del minore, all'Associazione spastici, all'Associazione per la lotta contro le malattie mentali.
L'attività che queste associazioni svolgono è talora rilevante sul piano della proposta, dello studio e dell'iniziativa; la Regione non pu disinteressarsi di chi - autonomamente - dà un contributo ad individuare e risolvere problemi che si pongono entro le sue specifiche competenze.
Occorre esaminare come possiamo erogare dei contributi se è necessario attraverso una legge regionale: anche interventi di entità modesta testimonierebbero di un'attenzione verso associazioni e forze che, ripeto a mio giudizio sono benemeriti in questa importante attività.
Un ultimo punto relativo alle ricerche e agli studi, per i quali è stata stanziata in bilancio la somma di 400 milioni. Noi desideriamo ribadire due principi fondamentali: innanzi tutto deve essere la Regione che indica le ricerche necessarie alla programmazione e più in generale all'esercizio delle attività regionali; noi dobbiamo darci carico delle responsabilità che competono al committente della ricerca. A questo proposito indicherò molto brevemente alcune ricerche che il Gruppo socialista ritiene preliminari, per arricchire gli elementi già raccolti col rapporto Ires, al fine di pervenire, entro li '75, al piano regionale di sviluppo.
Un primo studio andrebbe condotto sulla diversificazione settoriale dell'industria piemontese, esaminando in particolare i settori tecnologicamente avanzati e i settori tradizionali; attraverso questa indagine occorrerebbe pervenire ad una valutazione critica sui "quantum" di industria insediabile in Piemonte, cioè sulle dimensioni industriali del sistema regionale, sulle convenienze alla localizzazione nelle diverse aree della Regione, sulle relazioni con gli altri settori ed in particolare con il settore terziario evoluto.
Una seconda ricerca dovrebbe mettere a fuoco e studiare la gerarchizzazione dei settori, ossia verificare (cosa di cui si parla spesso ma per la quale mancano elementi conoscitivi) in che misura sia valido considerare arretrati certi settori in perdita dell'economia regionale soltanto perché hanno perso buone occasioni per impostare le loro produzioni con maggiore fantasia o con adeguati investimenti; in che misura quindi non ci sia la possibilità di ricuperare anche settori tradizionali dell'economia piemontese che, con una valutazione semplicistica consideriamo arretrati e per i quali - anche se non lo diciamo - riteniamo che si possa soltanto pronunciare una sentenza di condanna a morte o di lenta agonia.
Una terza ricerca dovrebbe affrontare i problemi della congestione e del decentramento, sotto il duplice aspetto della capacità produttiva già insediata e del possibile insediamento di nuove unità produttive. Anche perché il discorso del decentramento, che pure rappresenta uno degli obiettivi di fondo della programmazione regionale, deve essere posto in relazione alla necessità di non distruggere le maglie di importanti relazioni intersettoriali che si sono fin qui consolidate, anche a livello di area, metropolitana; mentre, sotto un altro profilo, è necessario collegare questo discorso con le priorità della politica di intervento nel Mezzogiorno.
Una quarta ricerca, sempre relativa ai settori industriali, è infine una ricerca sulle condizioni delle piccole e medie imprese, soprattutto in relazione ai rapporti di controllo, subordinazione e integrazione che ci possono essere tra le piccole e medie imprese e l'industria motrice. E' indispensabile, infatti, per affrontare una politica di diversificazione del tessuto industriale regionale che faccia perno sulla piccola e media impresa, conoscere il grado di autonomia di questa piccola e media impresa rispetto all'industria motrice e quindi la possibilità reale di crescita autonoma di un sistema industriale basato su questo tipo di impresa.
Una quinta ricerca dovrebbe riguardare l'artigianato, soprattutto la sua consistenza e la sua differenziazione nei tre tradizionali comparti dell'artigianato di servizio, dell'artigianato di produzione e dell'artigianato artistico.
Una sesta dovrebbe riguardare gli studi cui ho già fatto cenno, sulle condizioni e sulla finanza degli enti locali, essenziale per l'esercizio delle deleghe; una settima indagine campione sulla situazione dell'edilizia abitativa e un'ultima ricerca dovrebbe riguardare la situazione idrica, per pervenire a quello che abbiamo chiamato "Piano regionale delle acque".
Questa indagine è indispensabile non per fare un doppione del piano nazionale degli acquedotti, ma proprio per partire dai dati largamente insoddisfacenti del piano nazionale degli acquedotti e fare una verifica concreta della condizione delle acque nella nostra regione. Una verifica tra l'altro, che si rivela indispensabile per qualsiasi attività di pianificazione territoriale, soprattutto per una Regione con una struttura orografica così differenziata come il Piemonte. Noi siamo convinti, ad esempio, che ove il piano degli acquedotti fosse realizzato, renderebbe impossibile programmare qualsiasi tipo di sviluppo in certe zone della nostra regione, perché il prelievo a scopi potabili previsto dal piano depauperebbe praticamente intere aree, rendendo improponibile ogni ipotesi di insediamenti di una certa consistenza. E' perciò indispensabile un censimento più accurato della situazione idrica, che porti ad un piano regionale delle acque.
Lei non è d'accordo, signor Presidente?



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Ma c'é questo piano.



SIMONELLI Claudio

Si, c'è, ma non va bene. C'è un piano nazionale degli acquedotti..



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Sarebbe bene anche dire perché non va bene, non continuare a dire che non va bene senza dirne le ragioni.



SIMONELLI Claudio

Se lei si riferisce ai criteri attraverso i quali è stato redatto..



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

No, io mi riferisco ai criteri di indagine, non di redazione e vorrei che quando si dice che qualcosa non va, si dicesse anche il perché, la ragione per cui non va.



SIMONELLI Claudio

Ne ho indicata almeno una, che per noi è fondamentale: il piano degli acquedotti è stato redatto con un'estrema semplificazione che ci fa dubitare anche della serietà delle indagini a monte, e con una sconcertante settorialità, senza alcun contatto con piani, studi, indagini riguardanti i possibili usi delle acque diversi da quello potabile.
In pratica, per restare all'esempio che ho teste ricordato - se il piano fosse applicato, tutte le zone del basso Piemonte comprese nel tratto appenninico ed anche quelle contigue sarebbero private di acqua, perch questa è stata interamente destinata a rifornire gli acquedotti della Liguria.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Le sarò molto grato se vorrà mettermi queste cose per iscritto, in modo che le confrontiamo con i dati dell'Istituto geologico. Può darsi che sia vero, ma dobbiamo confrontarlo su livelli tecnici.



MARCHESOTTI Domenico

Ma non sarebbe più giusto che lei prendesse questo piano e lo portasse in Consiglio, invece che viene applicato senza che mai nessuno lo abbia visto?



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Ma io non lo conosco così profondamente.



SIMONELLI Claudio

Io capisco l'obiezione del Presidente della Giunta, che però è ancora un'obiezione di tipo legalistico.
Secondo me il piano non è intangibile solo perché c'è: può essere migliorato e superato. Per indicare un altro caso che merita un attento esame, c'è il problema della classificazione dei fiumi, legato alle esigenze di tutela dell'ambiente, e così via. Sarebbe bene che la Regione su un problema che sarà nei prossimi anni essenziale per la vita delle comunità locali, avviasse dei seri e approfonditi studi in proposito. In fondo io non chiedevo altro, per cominciare, che l'avvio di quel confronto di cui il Presidente faceva cenno e poi, se risulterà necessario come io ritengo - la messa in moto degli studi che consentano, in prospettiva, una modifica del piano degli acquedotti.
L'indicazione degli studi, che possono essere questi ed altri, ancora non può perciò prescindere dalla prima considerazione, che ho già ricordato, che deve essere la Regione, il Consiglio Regionale a deciderli nella loro natura e nella loro ampiezza.
La seconda considerazione concerne l'impossibilità che l'Istituto regionale di ricerche, da solo, possa portare avanti tutta questa mole di studi, sia per la loro ampiezza, sia anche per un principio che abbiamo più volte riaffermato in questo Consiglio e che riguarda l'inopportunità di un monopolio della ricerca in Piemonte. Dobbiamo quindi essere in grado, in base alla legge che il Consiglio ha approvato, di articolare la nostra committenza, affidando ricerche anche ad altre società ed istituti in grado di affiancare l'Ires.
Ci sono altri problemi, forse meno pressanti, ma non privi di un loro rilievo. C'è il discorso del Centro di calcolo dell'Università. Io non credo che possiamo trascurare di occuparci di un tema per il quale l'Università, fornendo una soluzione organica, coordinata con il Politecnico, potrebbe anche consentire alla Regione di fornire dei servizi utili.
Ci sono, poi, delle attrezzature e delle istituzioni culturali che vivono in Piemonte, a Torino, e che rischiano di saltare, ancora una volta per mancanza di adeguate sovvenzioni.
C'è l'Istituto universitario di Studi europei, per esempio, per il quale una legge dello Stato nel 1971 ha stanziato 50 milioni, a patto per che uno stanziamento uguale sia predisposto in sede locale. Mi sembra che un istituto di questo rilievo, che tra l'altro si occupa di ricerche legate alla geografia urbana e all'assetto del territorio e che quindi potrebbero tornare direttamente utili alla Regione, non debba correre il rischio di essere chiuso perché manca uno stanziamento di 50 milioni da parte della Regione. Se è necessario, facciamo una leggina regionale che ricalchi quella dello Stato e intervenire con un contributo di questa entità.
Analogamente, il CIEST, Centro Internazionale di Studi superiori del Turismo, che organizza dei corsi residenziali per operatori turistici stranieri, in particolare dei paesi del terzo mondo, per un difetto di finanziamenti rischia di chiudere o più probabilmente di essere trasferito a Ginevra, presso le altre organizzazioni internazionali. E' bene vedere se non sia opportuno un intervento regionale, anche attraverso un'apposita legge.
Queste, signor Presidente e colleghi, sono le indicazioni che noi crediamo di dare. Un bilancio come questo, ovviamente, non può avere il nostro voto; ciò che noi possiamo fare è collaborare perché muti il quadro generale nel quale vive ed opera la Regione.
Nella seconda parte dell'intervento ho fatto una serie di proposte alternative all'impostazione data dalla Giunta al bilancio e utili per l'attività dei prossimi mesi. Vorrei brevemente ripetere - in chiusura quanto ho sostenuto nella prima parte, in modo particolare insistendo sulla necessità che si addivenga in tempi brevissimi a formulare un progetto operativo, cioè l'indicazione di una serie di cose da fare, da inserire entro la metà di giugno tra quelle da finanziare con il fondo per i programmi regionali di sviluppo.
E' un'occasione che abbiamo per mobilitare ingenti risorse pubbliche e che la Regione non deve perdere. Soprattutto la nostra Regione che nelle intenzioni del suo Presidente - pur oggetto da parte nostra di critiche in passato ed anche oggi - ha avuto sempre l'ambizione di muoversi sul terreno concreto delle cose più che su quello arduo, anche se suggestivo, delle idee.
Mettere a punto un programma rapido, uno stralcio di indicazioni operative da discutere col CIPE, da fare finanziare sul bilancio dello Stato per il 1974, può significare fare partire i due progetti pilota dell'area metropolitana torinese e dei collegamenti infrastrutturali di riequilibrio della Regione legati ai porti liguri, che coinvolgono tutto il Piemonte meridionale; può significare farli partire subito.
E' chiaro che questo disegno è grosso, coinvolge tutte le Regioni coinvolge l'impresa pubblica, perché non credo che programmi di questo tipo possano partire senza l'impegno dell'impresa pubblica, Ma una volta tanto l'impresa pubblica non sarebbe vista come alternativa di efficienza rispetto alle Regioni inefficienti, come spesso da taluni viene considerata, ma come strumento di un intervento pubblico programmato articolato sullo Stato e sulle Regioni.
Questo è un programma concreto; per essere messo a fuoco necessita dell'impegno della Giunta e del Consiglio che nel giro di un mese e mezzo devono definire le priorità e indicarle alla programmazione nazionale.
Potrebbe essere la svolta dalla fase costituente alla fase di governo della Regione, potrebbe essere un primo esempio di concretezza e di operatività al quale, io credo, al di là dei rapporti che esistono tra maggioranza e minoranza e che non verranno meno, neppure in questa circostanza, tutto il Consiglio sarà disposto a collaborare, perché in fondo a noi interessa che la Regione funzioni.
A questo appuntamento attendiamo la Giunta e la maggioranza.
Votando "no" a questo bilancio, vogliamo esprimere il senso della nostra battaglia di opposizione, che è lo sforzo per ottenere che - con un bilancio diverso, una diversa Giunta ed una diversa maggioranza - questa Regione funzioni meglio.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Ferraris.



FERRARIS Bruno

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, come già è emerso nel corso di questo dibattito, sia da parte del collega Simonelli sia anche da parte liberale (mi riferisco soprattutto al collega Gerini), sia da quanto era pure stato ampiamente discusso in Commissione agricoltura, prima, e dopo nel corso della consultazione, da parte delle organizzazioni contadine agricole complessivamente intese (e resta fermo, in quanto che le modifiche non hanno sostanzialmente cambiato alcunché), le previsioni di competenza per il settore agricolo arrivano, grosso modo, sui 5 miliardi e 280 milioni, che poi potrebbero aumentare, con la parte di fondi destinata al finanziamento dell'Ente di sviluppo agricolo, cifra assolutamente inadeguata; soprattutto inadeguato è però il modo in cui sono state impostate, non finalizzato e finalizzabile ad affrontare in forme nuove le reali esigenze dello sviluppo agricolo, le esigenze della difesa addirittura, prima ancora che dello sviluppo, del settore agricolo regionale.
Non mi diffonderò eccessivamente sulla situazione agricola in generale sulla crisi, sulle sue cause, cose note e arcinote. Ma siccome nella sua relazione al bilancio il collega Paganelli si è soffermato a lungo sui dati dell'occupazione, sulla crisi che ha investito e investe l'economia regionale, mi permetto di sottolineare ancora un volta un fatto ormai da tutti riconosciuto: che cioè il problema dell'agricoltura, al pari di quello meridionale e al pari di quello del settore distributivo, è una delle cause fondamentali che acuiscono le tensioni inflazionistiche in atto. Per cui non vi sarà una seria e duratura ripresa e non sarà possibile avviare un nuovo tipo di sviluppo economico quale noi chiediamo senza rimuovere le cause che stanno alla base della crisi agricola, senza assegnare un ruolo nuovo e trainante al settore primario. Così come ogni tentativo di rimettere in piedi l'attuale meccanismo di sviluppo da parte delle forze che si richiamano a questa vostra maggioranza centrista sarà destinato a scontrarsi con i problemi irrisolti del settore agricolo ed a creare gravi contrasti e profonde contraddizioni nella stessa base sociale e politica. Mi riferisco alle masse contadine, sulle quali si fonda e si regge gran parte della vostra stessa forza politica, e quindi del vostro potere. L'assenza dei colleghi che si richiamano alla Coldiretti, le riunioni che in questo momento travagliano questi nostri colleghi e la loro organizzazione stanno a dimostrare una profonda insoddisfazione. Ma ritornerò ancora su questo argomento. Del resto, un sintomo di questo stato di disagio lo abbiamo rilevato nella manifestazione organizzata dai viticultori del Monferrato nello scorso dicembre in rapporto ai danni provocati dal maltempo, in quelle organizzate dai giovani della Coldiretti circa i problemi del latte, nella manifestazione regionale, promossa sempre dai giovani della Coldiretti, assunta come propria dal Regionale della Coldiretti, poi rinviata sine die, obtorto collo, per il paternalistico intervento non so bene se di Bonomi, comunque dei suoi più fedeli rappresentanti regionali, e senz'altro per pressioni di carattere politico alle quali non credo siano stati estranei coloro che avevano gettato la Regione in quella lunga crisi dalla quale siamo appena usciti.
L'assurda e impopolare impostazione e applicazione classista dell'Iva che colpisce fondamentalmente il consumatore, ma in particolare i contadini, posti praticamente nell'impossibilità di ottenere qualsiasi rivalsa, sta aggravando ed esasperando una situazione già difficile sia sotto il profilo sociale sia sotto l'aspetto economico. L'assenza o quasi di ogni investimento da tre anni a questa parte si ripercuote non solo sui redditi agricoli in modo assai negativo e sui livelli occupazionali in agricoltura, ma anche sull'intera situazione economica, con conseguenze gravissime per la bilancia commerciale, che ha ormai toccato, come tutti sappiamo, un passivo di ben 1500 miliardi (mille miliardi per importazione di carne bovina, 250 per importazione di latticini, 300 per importazione di mangime).
Se è vero che le responsabilità risalgono alle scelte rovinose compiute a suo tempo, sia in sede comunitaria sia in sede nazionale, scelte che Andreotti, Malagodi e il Ministro Natali per l'agricoltura vogliono riconfermare pari pari, qui, però, per quanto riguarda gli investimenti tanto sul piano della quantità, come dicevo prima, che della qualità, e quindi del metodo di fare politica, stanno ormai prendendo corpo precise responsabilità da parte di questa Giunta e della sua maggioranza.
Infatti, che cosa potete dire di aver fatto a tre anni dall'attuazione dell'ordinamento regionale, e ad oltre un anno dal trasferimento dei decreti delegati, e quindi dall'avvio nelle Regioni dell'esercizio del potere legislativo e delle funzioni amministrative trasferite? Certo, ci sono molte attenuanti: assenza di leggi-quadro, tentativi sempre più aperti e prepotenti di svuotare e contrastare i poteri e le prerogative della Regione, di limitarne le risorse finanziarie. Esemplari sono sotto questo profilo sia lo scontro che si è verificato al Parlamento, e che è in atto in questi giorni intorno al problema dei fitti agrari per quanto riguarda le competenze della Regione, sia attorno ai problemi dei finanziamenti per quanto riguarda appunto lo stanziamento di fondi per le Regioni e per l'agricoltura. Sono in discussione le varie proposte di legge e tutte quante sono certamente migliori di quelle del Governo, le quali non soltanto sono limitate nella quantità, come tutti sappiamo, ma puntano ad erogare i fondi sulla base dell'art. 9 e non dell'art. 8, della 281 proprio per vincolarne la destinazione, e soprattutto puntano a trattenere al Ministero stesso gran parte degli stanziamenti, in contrasto sia con le proposte di legge di iniziativa parlamentare (gruppo capeggiato da Bonomi) sia delle notevoli sette, otto, dieci leggi di elaborazione regionale.
Tutto ciò è stato, anche in più occasioni, denunciato da tutti. Abbiamo approvato tutti insieme, non molto tempo fa, un ordine del giorno assai esplicito per quanto riguarda gli affitti, per quanto riguarda gli investimenti. Ma non basta esprimere delle posizioni, bisogna poi essere anche coerenti a tali affermazioni. E allora si pone il problema di verificare come voi avete speso o non avete addirittura speso, i pur limitati fondi che erano a disposizione.
Ebbene, di fronte ad un monte di domande presentate in tempi passati, e non finanziate per l'esaurimento dei fondi statali, che si aggira attorno ai 50 miliardi, sui vari articoli del Piano verde n. 2, di fronte ad altri grandi problemi, come quelli dell'utilizzazione delle acque del Tanaro, del risanamento e della ristrutturazione di un patrimonio come quello rappresentato dalle Cantine sociali del Monferrato, di fronte al problema della liberalizzazione del latte, che è di questi giorni ma che avevamo sollevato più volte, l'ultima volta ancora a settembre, quando c'era tempo per intervenire, per promuovere qualche iniziativa..



BORANDO Carlo

Quale iniziativa?



FERRARIS Bruno

Quella, ad esempio, che abbiamo ripetutamente proposto di un intervento che interessa in parte anche il tuo Assessorato, non soltanto quello all'agricoltura - inteso intanto ad affrontare i problemi delle Centrali del latte, di quella che c'è a Torino, con indicazioni tendenti allo sviluppo dell'associazionismo, alla creazione di prospettive per quanto concerne la conversione di questa attività, e via dicendo. Oggi invece non abbiamo ancora alcuna proposta alternativa, alcuna iniziativa concreta.
Così, di fronte ad altri grossi problemi che si sono presentati, quali i danni, per qualcosa come 70-80 miliardi, provocati dal maltempo lo scorso anno, cosa avete saputo fare, quali iniziative di legge ci avete sottoposto, come si è mossa, sul piano promozionale ed organizzativo la Giunta, che cosa ha fatto l'Assessore all'agricoltura? Durante il dibattito sul bilancio del '72 avevamo accettato che in via provvisoria, proprio perché comprendevamo realisticamente le difficoltà di giungere in quel momento ad una legislazione, autonoma regionale (realismo che abbiamo dimostrato anche approvando quelle ultime leggi sulle quali ha parlato anche il collega Simonelli, ricordando l'astensione del suo Gruppo), per questo primo periodo ci si potesse limitare ad utilizzare vecchie leggi dello Stato, naturalmente scegliendo gli stanziamenti più validi o che potevano essere più profondamente adottati. E il Presidente Calleri aveva concludendo il dibattito, accolto interamente le nostre richieste assicurando che entro il settembre '72 la Giunta avrebbe presentato precise proposte di legge.
Ebbene, come tutti sappiamo, soltanto recentissimamente siamo riusciti a vedere approvate le due proposte di legge, la n. 49 e la n. 51, tendenti la prima a coprire un certo monte di domande, presentate prevalentemente sull'art. 16, ma a tutto il 31 dicembre '71, la seconda a garantire un minimo di credito di esercizio al 3 per cento anche per quest'anno. E ora siamo daccapo. Il 1972 è trascorso in bianco. Mi puoi dimostrare, infatti caro Borando, che sia stato previsto qualche stanziamento per il 1972? Siamo già ad aprile del '73, al bilancio, e non mi consta sia previsto alcunché. A parte quei fondi della legge n. 49, che servono però soltanto per le pratiche presentate fino a fine '71. Per il periodo dalla fine del '71 ad oggi non vi è alcuna previsione: dunque il 1972 è passato in bianco e non è improbabile che lo stesso capiti per il 1973.
I finanziamenti che dovrebbero venire dallo Stato, sulla base sempre di questo benedetto, o maledetto, "Piano verde", per quella parte di fondi di rotazione che sono rimasti allo Stato e vengono distribuiti, a quanto ci consta da un informazione dell'Assessore dovrebbero essere ripartiti in questo modo: 9 miliardi e 700 milioni per la meccanizzazione agricola (quando tutti sappiamo - e il rapporto Ires sta a dimostrarlo - che vi è già un supero di meccanizzazione, che la meccanizzazione è utilizzata soltanto al 30 per cento delle sue possibilità) 2 miliardi e 500 milioni per la zootecnia, in base alla legge 767 e ancora agli articoli 13-14 del "Piano verde", per prestiti al 2 per cento (mentre sarebbero necessari ben altri stanziamenti) 3 miliardi e 500 milioni per la piccola proprietà contadina (di fronte per questo settore, ad un monte di domande che si aggira sugli 11 miliardi.
Sapete come il Ministro, indebitamente, ed il suo succube, cioè il nostro Assessore, hanno pensato di risolvere questo divario fra disponibilità e fabbisogni? Inviando una circolare agli Ispettorati provinciali agrari con la quale li si invita a non prendere in considerazione tutte le pratiche presentate a questo titolo per importi inferiori ai 5 milioni. Se poi consideriamo il discorso sul prezzo congruo eccetera, vediamo che le cose sono anche più gravi. L'Assessore dà l'impressione di non avere neppur letto - e non ci sarebbe da stupirsene conoscendo la sua proverbiale pigrizia - la circolare del Ministero limitandosi ad apporvi il timbro e a trasmetterla. Oppure questa circolare è ispirata da una concezione che è certo nella mente del Ministro, quella che si debba arrivare ad avere aziende di certe dimensioni per cui conviene abbandonare le piccole al loro destino. A parte che anche questo ragionamento sarebbe sbagliato perché la piccola proprietà contadina, come tutti sappiamo, serve anche, in gran parte, per l'acquisizione di quote ideali.
Già questo è una riprova di quanto è stato detto praticamente da Simonelli e da altri, ed è stato lamentato nella consultazione non soltanto si stanzia poco o nulla, ma si spende male quel poco, cioè appunto lo si spende sulla base delle indicazioni del Ministero dell'Agricoltura, alla vecchia maniera. La cosa è preoccupante: è preoccupante che il nostro Assessore non si senta autorevole rappresentante di una Regione che è parte essenziale dello Stato e Stato essa stessa, ma si consideri una sorta di sovrintendente o proconsole periferico di una struttura centrale, alle dipendenze del Ministero dell'Agricoltura, quindi del Ministro Natali. Per svolgere queste funzioni bastava il prof Negretti: i contadini non avevano certo bisogno che si creasse l'Ente Regione. So bene che il Ministero dell'Agricoltura, e questo Ministro in particolare, ha della Regione una concezione di questo tipo e tenta in ogni modo e con ogni mezzo di instaurare un siffatto rapporto gerarchico con gli Assessori regionali: ma che il nostro Assessore, la nostra Giunta subiscano questa concezione e cosa abnorme, inaccettabile da parte di tutto al Consiglio Regionale.
Il giudizio da me espresso, per quanto sostenuto da un esempio così concreto come quello della circolare sulla proprietà coltivatrice, potrebbe anche apparire drastico e forzato. Ma a dimostrare che tale non è stanno altri esempi, altrettanto gravi, e l'intera impostazione del bilancio almeno per quanto concerne l'agricoltura.
Di altri esempi vi citerò solo il programma approvato dall'Assessore e dalla Giunta per la decima ed ultima tranche del FEOGA, programma che è stato sottratto all'esame del Consiglio e della stessa Commissione agricoltura, oltre che a qualsiasi consultazione delle organizzazioni di categoria.
Il Piemonte è presente, forse per la prima volta nella storia del FEOGA, con un programma di progetti per finanziamenti, per una somma complessiva di 30 miliardi e 995 milioni. Si potrebbe dire: evviva finalmente anche il Piemonte si muove! Molti colleghi sapranno che noi abbiamo sempre polemizzato sul fatto che la nostra Regione in tutto il periodo che va dal '64 al '71, avesse ottenuto un miliardo dal FEOGA, meno della Liguria, quattordici volte meno di quanto è andato all'Emilia, alla Toscana. Imputavamo questa situazione all'assenza di un Ente di sviluppo di un intervento programmatorio in questa direzione, alla crisi del movimento cooperativo. Ed ancora lo scorso anno abbiamo imputato alla Giunta di non decidersi a coordinare, a tentar di suscitare iniziative. Non che adesso io intenda muovere la critica opposta: dico però che non è bene che ci si trovi di fronte a questo monte di domande senza che nessuno ne sappia nulla.
Non so come avrebbe reagito nei confronti dell'Assessore il mio compagno Berti se avesse avuto una lettera di questo tenore, inviata da un organismo paraministeriale: "E' a nostra conoscenza che codesto Consiglio Regionale, nel rispetto delle disposizioni emanate a suo tempo dal Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste, ha compiuto l'esame dei progetti concernenti le iniziative programmate per la vostra Provincia (per la precisione, il riferimento è alla Provincia di Alessandria) e da realizzare a valere sulla decima tranche del FEOGA, con le provvidenze di cui al Regolamento in oggetto ecc.
ecc. Per vostra conoscenza vi informiamo che ecc. ecc." e segue l'elenco di una serie di pratiche.
Ne cita una soltanto: "Società cooperativa agricola zootecnica Villabella, Pomaro Alto; stalla sociale - 2 miliardi 267.871.000" Di che cosa si tratta? Di un'altra Cussanio? Di una nuova cattedrale nel deserto? Una stalla sociale non costa certo tale cifra: deve dunque trattarsi di un grosso complesso.
Ho citato la lettera sul piano del metodo, per invitarvi a immaginare come si sarebbe trovato un Consigliere di quella provincia che si fosse sentito dire che il suo Consiglio Regionale aveva approvato questo bel piano, mentre lui non ne sapeva niente, anche se era della Col diretti. Per me la sorpresa non vi è stata, perché io ho l'abitudine, visto che l'Assessore non mi tiene informato, di andarmi a documentare personalmente per cui conosco l'intero piano.
Ma io vi faccio un altro discorso, sul problema della Centrale del latte. Mentre in tutte le Regioni si dibatte ampiamente questo argomento (già l'anno scorso l'ho denunciato) qui cosa vediamo? Con tutti i problemi che ci sono, per la S.pA Centrale del latte di Torino, stabilimento lattiero caseario e via dicendo, viene proposto uno stanziamento di 8 miliardi e 855 milioni. Si stanziano 8 miliardi per una società che tutti sappiamo essere privata, in cui il Comune, presente per il 25 per cento non è mai riuscito ad avere un peso determinante: perfino l'Assessore Costamagna votava contro i bilanci (anche se poi non si è opposto a che il suo collega Assessore all'urbanistica concedesse le licenze che hanno permesso alla Centrale del latte di urbanizzare una bella area, che sarebbe servita a creare uno stabilimento per la produzione di latticini).
Comunque, in questo momento di ristrutturazione, quando la Coldiretti, i giovani della Coldiretti, quelli dell'Alleanza, tutti quanti, i sindacati dei lavoratori chiedono un intervento diretto se mai a pubblicizzare questo strumento, noi, Regione Piemonte, approviamo (non è così, in realtà, ma dato che si parla di Consiglio in generale c'é chi ritiene che l'abbiamo approvato tutti) uno stanziamento di 8 miliardi per questo organismo privato.
E potrei continuare con le esemplificazioni: per il "Consorzio agrario provinciale di Torino: essiccazione mais", sono previsti 991 milioni.
Niente da obiettare, non ho alcun rilievo da fare al Consorzio agrario, ma vorrei lo stanziamento inquadrato in un piano.
C'è poi un altro stanziamento di 514 milioni e 400 mila lire che si riferisce ad una "Stalla sociale a Cameri" un altro di un miliardo per la S.p.A. Salpi di Torino, per un'iniziativa a Cherasco.



BORANDO Carlo

Questa iniziativa della Stalla sociale di Novara la conosco bene: è un'iniziativa promossa da produttori agricoli.



FERRARIS Bruno

Io non dico affatto che questi stanziamenti, il cui complesso ammonta a trenta miliardi, siano da respingere in blocco: qualcuno è criticabile, gli altri vanno benissimo.
Continuiamo a dare un'occhiata alle cifre più grosse: "Società allevatori Ceva - Stalla - 1 miliardo e 320 milioni" "Società produttori agricoli piemontesi,. Alessandria - 1 miliardo e 366 milioni" potrei ancora ricordare, che so, alcune belle figure di agrari del Vercellese, come Cavalli d'Olivola, che riceve anche lui un bel mucchietto di milioni.
Ora, a parte la questione del metodo, che ho già richiamato prima perché anche qui si è sottratta al Consiglio la possibilità di discutere, e soprattutto di utilizzare questi fondi, di recuperarli ad una politica programmatoria, il fatto che non ci sia ancora il piano di sviluppo e il fatto che non ci siano ancora i piani di zona (del che siamo responsabili noi) non ci impedisce di avere una visione d'insieme, di fare coerentemente alcune scelte dicendo di sì all'una e di no all'altra. Invece, o si è proceduto come lo scorso anno, accogliendo senza discussione il pacco trasmesso dall'Ispettorato compartimentale, vistandolo e mandandolo a Roma ci si è limitati cioè a quella funzione di proconsolato che già svolgeva il buon prof. Negretti; oppure - e questo sarebbe più grave - la Giunta ha scelto di procedere a pezzi e bocconi pur di favorire certi interessi donde gli stanziamenti ai signori della S.p.A. Centrale del latte, ai Cavalli d'Olivola e via di questo passo. Non so se la Giunta sia orientata in questo senso: certo, si tratta di un piano che non è noto ai Consiglieri, nemmeno a quelli della maggioranza, nemmeno ai membri della Commissione per l'agricoltura, i quali si sono mostrati scandalizzati ed hanno anch'essi protestato vivacemente. Allora, il fatto è assai più grave.
Noi riteniamo che sia invece da esercitare un'iniziativa, una presenza nella direzione dell'applicazione dello Statuto.
Il collega Simonelli ha parlato di programmi-pilota, e ne ha indicati due. Io non sono affatto contrario in via di principio ai piani-pilota.
però, quando si tratterà di fare le scelte, bisognerà tener presente questa problematica, anzitutto, e vedere come recuperare e utilizzare in questo senso tutte le risorse, tutti i fondi che possono essere disponibili: quelli che può mettere a disposizione la Regione, quelli che derivano da leggi dello Stato, quelli che gli operatori possono acquisire attraverso la decima tranche del FEOGA.
Voglio ancora soffermarmi su quei 2 miliardi e 267 milioni per la stalla di Pomaro Alto. Di che cosa si tratta precisamente? Anche quando mi dimostriate che sono coltivatori (e non lo credo: forse ci sarà la Federconsorzi), io continuerò a dire: non è bastato l'esempio di Cussanio? Non contestiamo lo strumento, ma diciamo che occorre ridimensionarlo alla misura giusta, costruirlo per i contadini, ma con la loro collaborazione dare ad esso una dimensione ottimale, che è di zona o che è di comprensorio. Altrimenti, non si faranno mai né i piani zonali né quelli comprensoriali.
Quindi, delle due l'una: o siamo in quel regime di cui dicevo prima per cui si preferisce, per pigrizia o per impostazione ideologico-politica ridursi al rango di uomini del Ministero; o invece si agisce così proprio in base ad un disegno, ad una linea che si intende portare avanti. Quel che è certo è che noi non possiamo accettare ne l'una né l'altra alternativa.
Venendo a parlare degli stanziamenti in bilancio, ci troviamo di fronte ad un'altra questione: o per pigrizia, o in omaggio al solito motto del "quieta non movere" abbiamo un bilancio costruito - lo ha già sottolineato mi pace, con forza Simonelli - sulla vecchia legislatura. Ho già ricordato che lo scorso anno ci avevate convinti che questa fosse la sola via valida per poter fare il bilancio, per poter utilizzare subito gli stanziamenti e non accumulare residui passivi, fondi non spesi. Però, i residui passivi si sono poi accumulati egualmente, e in misura più che consistente soprattutto sul piano delle iniziative più qualificanti. Simonelli parlava di come utilizzare i 100 milioni per i Piani di sviluppo stanziati a bilancio quest'anno; ma deve essersi dimenticato che nel bilancio '72 erano stati stanziati circa 40 milioni per i Piani di sviluppo, ma non sono stati utilizzati. Eh sì che da anni è pronto, e sta ricoprendosi di polvere nei cassetti, il piano cui egli ha accennato, elaborato dall'Ires per la Valle del Belbo, e sarebbe stato sufficiente organizzare una o due riunioni in quella zona per incominciare ad avviarlo a verifica, con il consenso delle popolazioni locali. Così, non si è spesa una lira per le indagini di mercato; si è utilizzata solo metà della somma stanziata per la ricerca e la sperimentazione agraria; si sono spesi 6 milioni e 576 mila lire per la difesa contro le calamità naturali, dei 400 milioni che erano stati stanziati (ma questo era uno stanziamento sbagliato, fatto per figura tanto per tacitare qualcuno, e da non spendere, anche se, come tutti sappiamo, si sono avuti effettivamente danni per 80 miliardi).
L'elencazione potrebbe continuare a lungo.
Ma veniamo al bilancio del '73. Si ripetono, grosso modo, gli stanziamenti precedenti, con qualche riduzione e qualche miglioramento.
Il cap. 743, ad esempio, "Fondo per le calamità nazionali", è stato ridotto, forse in seguito alle critiche, da 400 a 100 milioni, ma sono ancora troppi se si intende spenderli nel modo in cui si sono spesi i 6 milioni e mezzo; per che i Consorzi per la difesa antigrandine, così come li ha concepiti la 364, non si sono decuplicati, e nemmeno ventuplicati.
Quindi, questa cifra ancora una volta non sarà spesa, mentre era possibile ed è un'esigenza improcrastinabile - intervenire con uno strumento legislativo integrativo, come avevano chiesto le organizzazioni di categoria, come hanno chiesto le Amministrazioni locali, e tutti i componenti della Commissione agricoltura, a favore dei danneggiati dalla grandine.
La Giunta deve altresì sciogliere il riserbo, sulla proposta di legge presentata dall'Amministrazione Provinciale di Vercelli; non può continuare a dir di no, senza precisare il suo intendimento. Se ritiene che la proposta così, com'è stata formulata non possa essere finanziata lo dica l'Assessore all'agricoltura, oppure lo dica l'Assessore al bilancio, e proponga un'alternativa, proponga un progetto di legge integrativo che investa quei fondi che sono disponibili o che si devono recuperare, in modo da operare un tangibile intervento in considerazione dell'enormità dei danni che si sono avuti. Per quanto ci riguarda, abbiamo pronta una proposta di legge, e la presenteremo quanto prima.
Detto questo, esaminerò pochi altri capitoli del bilancio.
Al cap. 740, "Spese correnti", è previsto uno stanziamento di mezzo miliardo per "Contributi ad enti ed associazioni nel campo dell'agricoltura", in relazione a leggi del 1938 e alla 493 del '54. Si impone ormai come necessario un diverso e nuovo metodo per sostenere lo sforzo che devono compiere le organizzazioni di categoria, le organizzazioni professionali nel campo dell'assistenza tecnica, nel campo dell'associazionismo: quest'anno avrebbe dovuto essere possibile varare una leggina che ci permettesse di spendere assai meglio questa cifra.
Al cap. 1334 sono previsti "Contributi, sussidi e premi per incoraggiare, aumentare e migliorare la produzione zootecnica", in rapporto alla legge 29 giugno 1929, per 2 miliardi e al cap. 1335 "Contributi per lo sviluppo della cooperazione agricola e delle altre forme associative", legge 493 e legge del 13 febbraio 1933 per mezzo miliardo.
Sono questi, per quanto si riferisce all'agricoltura in senso stretto cioè escludendo la parte Foreste, i soli capitoli di un qualche rilievo e che incidono, o che potrebbero incidere, anche con questi modesti stanziamenti, sul piano delle strutture produttive e della necessaria assistenza tecnica.
E qui i rilievi, che noi formuliamo in proposito attengono anche alla quantità: due miliardi per la zootecnia, mezzo miliardo per la cooperazione sono assolutamente inadeguati. Ma la cosa peggiore è che si voglia ancora nel 1973 utilizzarli, gestirli, spenderli sulla base di leggi ancora più inadeguate, scarsamente funzionali, di leggi che non sono più idonee per un'impostazione nuova e risolutiva di questi problemi.
Almeno per questi due problemi, sia pur rifacendosi in parte, per ragioni di carattere giuridico, per l'assenza delle leggi-quadro, a quelle leggi, al "Piano verde" e via dicendo, sarebbe stato possibile fare qualcosa di diverso. Due miliardi per la zootecnia sono veramente troppo poco per le esigenze che ci sono: ma anche tre o quattro miliardi, spesi in quel modo, non produrrebbero i risultati che si attendono gli allevatori, i produttori, che tutti auspichiamo per la ripresa e lo sviluppo del settore agricolo. Lo stesso discorso vale per la cooperazione. E' a causa dei metodi che si seguono che la cooperazione è giunta all'attuale stadio di grave crisi.
Eppure sarebbe stato possibile fare diversamente. Su questi due problemi il nostro Gruppo, anche allo scopo di offrire un contributo concreto, come quello che sollecitava il Presidente da Simonelli a proposito del piano degli acquedotti, ha presentato due proposte di legge: una è stata annunciata, mi pare, nella precedente seduta del Consiglio l'altra pensavo lo fosse questa mattina, probabilmente lo sarà domani.
Una proposta si intitola: "Interventi a sostegno delle strutture della cooperazione agricola e per lo sviluppo dell'associazionismo". Prevediamo uno stanziamento di 3 miliardi e 150 milioni per il '73 e di 3 miliardi e 150 milioni per il '74; somme che possono essere comprensive del mezzo miliardo stanziato a quel titolo di cui dicevo prima, e anche di gran parte dei fondi stanziati per l'assistenza. Riteniamo che uno strumento come questo, che si rifà, per ragioni di forza, anche alla legislazione vigente possa provocare investimenti per 15-20 miliardi nel corso di questo biennio, ma anche servire ad affrontare alcuni grossi problemi, in particolare i problemi del risanamento e della ristrutturazione della cooperazione oggi in crisi, a partire dal settore delle Cantine sociali per affrontare gli altri, per dare la necessaria verticalizzazione a quei tipo di cooperativa di base che già esiste e che ha bisogno di avere il secondo e il terzo grado, di raggiungere l'organizzazione dei mercati generali l'organizzazione del consumo e quindi della cooperazione di consumo.
La seconda proposta di legge riguarda la zootecnia e a nostro avviso rappresenta, come del resto la precedente, un primo sforzo teso ad impostare ed a realizzare un vero e proprio piano pluriennale quinquennale, per la precisione - nel settore dello sviluppo degli allevamenti e per il potenziamento delle strutture zootecniche. Nel quinquennio noi prevediamo uno stanziamento di 15 miliardi e 600 milioni che possono essere comprensivi dei 2 miliardi così stanziati, che invece devono vedersi aggiunti i fondi stanziati dallo Stato sulla 767. Nel corso del quinquennio si dovrebbero poter mobilitare e provocare investimenti per circa 75 miliardi, così da affrontare i problemi della zootecnia in tutte le loro articolazioni e connessioni, da quelli dell'alimentazione foraggeri, sviluppo e realizzazione di piccole opere irrigue, a quelli delle strutture di allevamento, a quelli dell'approvvigionamento del vitellame da allevamento e da carne, a quelli del risanamento, ai più grossi problemi di mercato; e soprattutto cercare di rapportare queste scelte nell'ambito appunto dei piani zonali, di stimolarle, collocando ai diversi livelli le varie opere. Interventi per opere di grande dimensione da due a tre miliardi, devono essere studiati in modo da farle servire per più strutture di base, per un comprensorio, per tutta la Regione. Ecco allora che il piano si costruisce a mano a mano, ecco che scelte fatte oggi non sono poi scoordinate, incoerenti ed irrecuperabili nei piani zonali sui quali bisogna pur andare avanti.
Ora, sull'esigenza di leggi regionali per questi settori e di questo tipo vi è larga unanimità, sia tra le organizzazioni contadine che abbiamo consultato, sia a livello della Commissione agricoltura. Certo, dico questo non in riferimento agli articoli singoli o alle singole frasi del nostro progetto di legge, ma al concetto di leggi di questo tipo; e, se non vado errato, una sollecitazione in questa direzione è stata fatta dallo stesso relatore di maggioranza sul bilancio e quindi dalla Commissione che ha varato, pure a maggioranza, la relazione sul bilancio.
Su queste iniziative, che non esauriscono certo tutti i problemi aperti nell'arco di tutte le nostre proposte di legge, abbiamo presenti ovviamente i problemi di carattere sociale (del resto, siamo stati fra i primi a sollevarli); abbiamo presenti altri grossi problemi da affrontare già nel '73, quali i problemi dell'abitazione, dell'elettrificazione rurale eccetera. Su queste prime iniziative di legge noi ci auguriamo non soltanto il confronto con la Giunta ma un dibattito costruttivo, che porti al più presto e rapidamente ad una soluzione positiva.
Mi si consenta ancora di ricordare alcune esigenze e proposte che investono più il settore terziario, del commercio e della distribuzione che quello dell'agricoltura, ma che a questo si collegano, di richiamare le discussioni che qui abbiamo fatto attorno ai piani di adeguamento e sviluppo della rete distributiva, le applicazioni della legge 426, il grosso problema degli orari, le iniziative a favore della cooperazione di consumo e delle forme associative fra i dettaglianti.
Avevamo sostenuto a suo tempo che occorrevano idee, criteri, che occorrevano anche stanziamenti e soldi, che occorreva un impegno operativo ed organizzativo. Vi rammento i due dibattiti che abbiamo avuto, e le mozioni, gli ordini del giorno con i quali abbiamo concluso quei dibattiti l'ultimo a settembre - su questi problemi.
Ora, l'Assessore Borando, meno pigro, all'apparenza almeno dell'Assessore Franzi, e certo assai più cattivante e condiscendente del suo collega di Giunta, ha elaborato effettivamente un documento, che, a parte la forma letteraria, a parte certe circumlocuzioni, traduce, o meglio comprende, gli orientamenti fissati dal Consiglio con quegli ordini del giorno che ho citato. In esso si ritrovano i grandi concetti che hanno ispirato quegli ordini del giorno sui quali abbiamo tutti concordato. Ma quei dibattiti si erano conclusi sì con l'impegno da parte della Giunta di definire dei criteri di riferimento, ma anche di cercar di recuperare ai concetti che sono alla base di quei criteri l'operato dei Comuni, per sollecitare piani di adeguamento e di sviluppo della rete distributiva, per sollecitare piani a livello comprensoriale, a livello intercomunale, così come con l'impegno di provvedere attraverso appositi stanziamenti Capogruppo della Democrazia Cristiana, collega Bianchi, se ne ricorda certamente - per lo sviluppo dei centri di vendita controllati, della cooperazione di consumo, delle forme associative fra i dettaglianti.
Ebbene, cosa si è fatto? Borando - mi dispiace citarlo mentre è assente ci ha dato un documento in cui ci ritroviamo, ma non sappiamo quale azione quali risultati esso abbia prodotto; anzi, per essere più schietti sappiamo che non ha sortito proprio alcun effetto: i piani non ci sono iniziative per promuovere i centri di vendita controllati non ne sono state assunte. Non si può continuare in questo modo: questo equivale a fare le stesse cose che fa Franzi in un altro modo. Vien fatto di pensare, allora che questa sia la politica voluta dalla Giunta.
Nell'avviarsi a conclusione, richiamo e sottolineo la responsabilità della Giunta e della maggioranza per la mancata approvazione di due leggi che da troppo tempo figurano nei discorsi programmatici di tutti, o costituiscono precisi adempimenti di leggi nazionali: le legge per le Comunità montane e la legge per l'Ente di sviluppo. Non cerchi, signor Presidente, di far ricadere la responsabilità di ciò sulle Commissioni o sul Consiglio. Queste leggi non sono ancora passate per due motivi: intanto, perché la Giunta ha tardato troppo a presentare i suoi strumenti sia per l'Ente di sviluppo sia per la legge sulla montagna, dopo aver anche prevaricato le competenze del Consiglio, almeno per quanto riguarda la montagna; poi, perché è sopravvenuta la crisi.
Tanto per la legge sulla montagna quanto per quel che concerne l'Ente di sviluppo, ci sono poi ancora grossi nodi da sciogliere, e tocca alla maggioranza farlo (io spero che l'Assessore Franzi, il Presidente Calleri il Capogruppo della Democrazia Cristiana coglieranno questa occasione per provvedere a ciò, perché è davvero vergognoso che la nostra Regione si trovi ancora a questo punto). Sia ben chiaro che se si vogliono imporre soluzioni presidenziali o commissariali, se si vuol fare dell'Ente di sviluppo un ente in cui prevale la gestione di tipo "proconsolare", noi saremo ben fermi nella nostra opposizione. E i no su questo punto mi pare non vengano solo dal nostro Gruppo ma da altre forze interessate e da parte di componenti di questo Consiglio. Altrimenti, non ci troveremmo sempre ad avere ampia concordanza di idee in tutte le Commissioni. E' dopo che tutto si inceppa, che qualcosa blocca tutto, funzionando come la strozzatura di un imbuto. E' pertanto il momento, questo, ripeto, secondo noi, di risolvere questi nodi una volta per tutte.
Si è detto fin troppo spesso, e soprattutto anche in polemica con noi che l'Ente di sviluppo deve essere snello, deve avere pochi compiti eccetera. Siamo perfettamente d'accordo: vogliamo soltanto che sia un ente utile a fare qualcosa, e a fare quel che c'è bisogno di fare. Tra le cose che occorre fare c'è la promozione della cooperazione, ci sono i piani di zona, e c'è anche l'applicazione delle direttive comunitarie (a meno che Malagodi e Andreotti, per compiacere Nixon, riescano a disgustare a tal punto i nostri partners della Comunità costringerli a cacciarci via, e a quel punto non avremo più direttive comunitarie da seguire ma faremo quel che ci parrà meglio). E nell'applicazione delle direttive comunitarie, sia pur recepite, interpretate in modo adeguato alla realtà nazionale, alla realtà regionale, alla realtà delle singole zone (montagna, alta collina e pianura), salteranno fuori compiti specifici. Così l'Ente di sviluppo dovrà assumere la funzione di ente fondiario, se dovrà essere attuata la cosiddetta direttiva sul prepensionamento, che non significa soltanto corrispondere la pre-pensione ma prendere le terre, ristrutturarle acquisirle poi per riorganizzare le aziende e cederle ad altri coltivatori in forma individuale od associata. Sono davvero curioso di vedere come sapranno organizzare tutta questa materia coloro che han sollevato tante polemiche sul nostro progetto, che già prevedeva illo tempore questa funzione.
Ciò e importante, essenziale - su questo sono d'accordo - e che attraverso la discussione di questo bilancio si giunga anche ad un chiarimento, a sciogliere i nodi che stanno bloccando queste due importantissime proposte di legge, in modo che questi strumenti possano diventare fondamentali per avviare una nuova politica agraria nella nostra Regione.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Cardinali. Ne ha facoltà.



CARDINALI Giulio

Signor Vicepresidente, colleghi Consiglieri, intervenendo in questo dibattito sul bilancio, che mi pare si avvii un poco verso le secche della stanchezza, a nome del partito socialista democratico italiano, non posso non ricordare un'esperienza fatta parecchi anni fa come Capogruppo, in un'Amministrazione Provinciale, di un partito di opposizione, il quale si era permesso, in sede di votazione di bilancio, di astenersi, riconoscendo che quel documento, pur con taluni difetti, sostanzialmente era accettabile: venni allora ripreso dai dirigenti di partito, i quali mi osservarono che quando si è all'opposizione, si vota sempre contro il bilancio, non fosse altro che per ragioni politiche.
Non si interpreti questo mio richiamo come un tentativo di sminuire le argomentazioni dei colleghi delle opposizioni, in particolare di quelli di parte comunista, che in realtà hanno posto in luce problemi di notevole consistenza. Certo, non può non essere rilevato il fatto che mentre la sedicente Destra nazionale accusa il bilancio della Regione di dirigismo soffocatone, da altre parti viene messo in risalto lo sganciamento del bilancio stesso da qualsiasi fenomeno di programmazione.
Io penso si debba dare atto alla Giunta, soprattutto all'Assessore alla programmazione, la cui relazione, che abbiamo ascoltato nella scorsa seduta del Consiglio, è uno dei testi non direi soltanto più leggibili ma più focalizzanti di una reale situazione obiettiva, che accompagna un documento stilato, oltre tutto, a mio modo di vedere, in termini molto più leggibili di quanto non fosse quello che l'aveva preceduto, di aver precisato e articolato le linee lungo le quali la Giunta ha inteso procedere. Si potranno discutere queste linee, non si potrà però non riconoscere che sono state adottate con un preciso intendimento: quello, sostanzialmente, di legare gli stanziamenti a leggi attualmente vigenti. Il collega Ferraris ha detto: è un concetto che ci ha persuasi un anno fa, non ci persuade più oggi. Io non credo invece che abbia perso la sua validità, nella misura evidentemente con cui si tratta di mettere immediatamente nella bocca dei cannoni le munizioni occorrenti per incidere nelle realtà della nostra Regione.
E' a tutti palese il notevole divario esistente fra le disponibilità di un bilancio che ha toccato i 73 miliardi e le esigenze: esso appare notevole soprattutto attraverso le consultazioni e in specie quando abbiamo contatti con gli enti locali della nostra Regione, per i quali ormai l'Ente Regione è diventato esclusivamente l'erogatore di sovvenzioni, di beni di tutti i generi, attribuendosi alla Regione poteri taumaturgici che, ahimè essa ancora non ha. Ci associamo, certo, a tutti coloro i quali sostengono mi pare sia detto molto chiaramente anche nella relazione dell'Assessore Paganelli - che le somme che lo Stato mette a disposizione per le Regioni sono irrisorie, non soltanto per il decollo delle Regioni stesse ma soprattutto per quell'organica pianificazione dello sviluppo che a mio modo di vedere dev'essere il nostro obiettivo preminente.
A me pare che non ci sia contraddizione tra il bilancio e questa visione programmatica: se volete, c'è un approccio alla visione programmatica, necessariamente non ancora organico in un momento in cui una consultazione che, obiettivamente dobbiamo ammettere, rappresenta uno dei risultati più clamorosi della partecipazione della nostra Regione, sta focalizzando gli aspetti fondamentali del Piano di sviluppo, e sta dando contributi e indicazioni che certamente dovranno essere tenuti presenti.
Credo che il bilancio non si smentisca in tutta quella parte di previsione che ha già tenuto conto di queste linee, di quelle che potevano essere, almeno, con facilità anticipate, e la prova di tutto ciò sta nel fatto che la maggior parte degli stanziamenti fanno capo a leggi regionali che abbiamo votato tutti insieme, sulle quali non mi pare ci siano state sostanziali divergenze al momento della loro votazione.
Certo, il fatto che il quadro della programmazione non sia stato completato si ripercuote fatalmente su un bilancio di 73 miliardi con indubbie zone di ombra, di silenzio; zone che non possono essere considerate di silenzio doloso nel senso che non si voglia dire cosa si intende fare, ma zone di silenzio in quanto lasciano comprendere come lungo le direttrici del programma regionale, del programma che abbiamo ripreso fin dalla prima Giunta che si costituì dopo lo Statuto, il bilancio marcia nella misura in cui ha piedi e gambe per poter marciare.
Direi che questo bilancio ha una caratteristica certamente positiva: di aver evitato il pericolo di trasformarsi in un'elencazione di velleità usando questo termine in senso contabile, perché certe indicazioni di vario genere che si possono dare rimangono pur sempre velleità che non sono suffragate o dall'attività legislativa della Regione o dalla reperibilità effettiva dei fondi che si vorrebbero destinare Si è dunque fondato sulle realistiche possibilità di intervento, che hanno, a mio modo di vedere anche una funzione, sia pure moderatamente, di tipo congiunturale; perché è indubbio che nella misura con cui intervengono grossi stanziamenti nel campo dei lavori pubblici, nel campo del settore dell'agricoltura, nel campo di tutte le altre attività che mettono in moto a loro volta con movimenti indotti altre attività, non si può non parlare di posizione congiunturale anche del nostro bilancio.
Il limite della somma disponibile rende evidentemente appena accennabili alcuni dei problemi che stanno a cuore. Ricordo che quando si fece il primo programma della Giunta fu il Presidente a caratterizzare un'indicazione che non abbiamo potuto ancora portare ad un avvio concreto nei fatti, un'indicazione che oggi è alla base della più ampia discussione in tutta la Regione, in tutto il Paese, e cioè il problema fondamentale dell'intervento diretto nell'ecologia, dell'intervento diretto nel risanamento dell'assetto idrogeologico del nostro Piemonte, problemi che oggi stanno diventando di fondamentale importanza. E' evidente che in questo settore lo stanziamento di cui all'art. 1120 rappresenta esclusivamente un intervento legato ad uno dei più significativi, ma non certamente essenziali, problemi che oggi riguardano questo settore. Io credo che si debba affrontare invece in termini purtroppo non localizzabili in questo momento nel bilancio questo grosso problema: un problema che investe tutto il settore degli inquinamenti, che apre il discorso sulla questione degli acquedotti, delle scelte prioritarie negli stanziamenti per le opere pubbliche, e quindi che sia certamente un impegno della Giunta quello di dare la priorità nell'esecuzione delle opere pubbliche, sia con gli stanziamenti sia con l'indagine conoscitiva, a quei settori che portino a risolvere questo annoso problema, che le Amministrazioni Comunali non sono in grado di risolvere per conto proprio.
Vi sono, dunque, delle zone di silenzio. Vedremo - e mi pare che l'intendimento sia scaturito dalle relazioni - in che modo si possano riempire queste zone di silenzio, in che modo sia possibile articolare anche in questa direzione una politica regionale.
Passando all'assetto del territorio, gli stanziamenti, evidentemente modesti e insufficienti per quello che riguarda le pianificazioni, gli studi, non hanno ancora la possibilità di incidere, anche perch permettetemi di dirlo, sulla base della poca esperienza che ho potuto farmi ci sono difficoltà oggettive anche nel portare avanti degli studi che leghino una materia così complessa come quella urbanistica, sulla quale non è facile neanche porre l'ordine statistico, in questo momento: manca, per esempio, nella nostra Regione un rilievo completo aero fotogrammetrico, che sarebbe fondamentale, essenziale per una corretta visione dell'intero assetto territoriale, ma un'operazione del genere implica costi di centinaia di milioni.
Un altro problema sul quale non c'è stata, e non poteva esserci risposta nel bilancio è quello della casa: noi gestiamo questo settore come delega da parte del Governo: non abbiamo pertanto la possibilità di intervenire direttamente. Credo però che la richiesta fatta in proposito dai sindacati non possa essere ignorata, e soprattutto debba portarci a ricercare attraverso altri canali la possibilità di affrontare questa esigenza. La Regione è intervenuta, esaurendo una parte dei fondi globali per le opere di urbanizzazione, dando così già un notevole contributo alle Amministrazioni Comunali nell'attrezzatura delle aree destinate all'edilizia pubblica sovvenzionata. Le sue possibilità di intervenire invece, per un rilancio, se volete, della politica della casa, secondo me passano attraverso strumenti di altro tipo. Confido nell'abilità delle menti finanziarie che esistono nel nostro Consiglio Regionale perché si possa addivenire alla vera e propria identificazione di una Cassa depositi e prestiti regionale la quale, in collaborazione con gli istituti di credito, sia in grado di porre a disposizione di chi lo richiede cooperative e tutti i vari istituti privati che operano nel settore dell'edilizia, somme per surrogare le indubbie carenze da parte dello Stato.
Altri settori rimasti piuttosto in ombra nel bilancio, per le ragioni che abbiamo citato, sono proprio quelli delle attività terziarie, anche se sappiamo tutti che in questa direzione particolarmente dobbiamo premere per la ricerca di soluzioni alternative alla situazione o di crisi o di ipotizzabile livello di esaurimento delle attività industriali e di altro tipo, Uno sforzo in questo senso mi pare sia già stato fatto, molto maggiore di quanto fosse previsto nel bilancio dello scorso anno, ma a mio avviso a questo scopo dobbiamo riservare buona parte delle possibilità di accensione di mutui, se vogliamo realmente addivenire ad un piano di ristrutturazione turistica del Piemonte, un piano che non può tardare anche perché sono sempre preoccupanti le iniziative singole che, affidate a chi non ha, o ha in modo insufficiente, una visione panoramica dei problemi, possono portare ad autentiche dispersioni di energie finanziarie quando non addirittura a guasti nell'assetto del territorio là dove il coordinamento venga meno in questa direzione.
Da quanto mi sono permesso di dire in questo breve intervento mi pare risulti evidente che abbiamo un bilancio, ma abbiamo in proiezione possibilità di agire in direzioni che surroghino, in gran parte, le carenze del nostro bilancio, e credo che queste direzioni siano rappresentate dall'urgenza indilazionabile della formazione degli enti di sviluppo, e soprattutto della Finanziaria pubblica. Penso che la Finanziaria pubblica possa divenire un fattore fondamentale per lo sviluppo del nostro Piemonte e preciso che personalmente intendo questa Finanziaria pubblica come un organismo finanziario controllato dalla Regione ma che tenda a creare fattori promozionali e soprattutto a mettere in moto azioni indotte in tutti i settori dell'economia, in tutti i settori dell'attività del nostro Piemonte, dove cioè con poco si possa smuovere il molto, un molto che noi sappiamo esiste tuttora anche in Piemonte.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Revelli. Ne ha facoltà



REVELLI Francesco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, questo bilancio, per quanto concerne l'assistenza scolastica, gli interventi in campo culturale, per la formazione professionale, per i musei e le biblioteche degli enti locali non è altro che la riedizione del bilancio dello scorso anno. Vi sono, è vero, alcune variazioni di carattere quantitativo (variazioni in aumento di alcune voci), ma così modeste da non corrispondere per nulla, anche qualora si accettasse il modo tradizionale di erogazione dei fondi, alle necessità più volte espresse, in incontri con l'Assessore e la III Commissione consiliare, dagli Amministratori degli enti locali, da delegazioni di genitori, dalle Organizzazioni sindacali dei lavoratori.
Con questo bilancio si continua a percorrere la vecchia strada e si disattendono tutti gli impegni più volte assunti dalla Giunta e dall'Assessore nei dibattiti svoltisi in Consiglio ed in Commissione nel corso di tutti questi mesi. Da quei dibattiti erano emersi precisi orientamenti, largamente condivisi dalle forze presenti in Consiglio, per un riordino di tutta la materia, sia dell'assistenza scolastica che della formazione professionale, tale da permettere l'inizio di una politica qualitativamente nuova e positiva rispetto ai ritardi ed alle inadempienze del Governo nel campo della riforma della scuola.
Non sono mancate poi le critiche, severe ed espresse in modo unitario all'attuale politica governativa nel campo della scuola. Credo che tutti ricordino quanto si è detto nel corso dell'approvazione della proposta di legge al Parlamento sull'edilizia scolastica o nel parere sul piano di sviluppo nazionale. Di tutto ciò la Giunta non ha voluto tener conto.
Il parere della III Commissione consiliare su questo bilancio si richiama invece a quei dibattiti ed a quelle conclusioni e dà delle indicazioni positive per cambiare strada.
Ma queste indicazioni non sono state colte in tutta la loro portata nemmeno dal relatore della Commissione bilancio Dotti. Egli si è soffermato piuttosto su di un punto, quello concernente i contributi alle scuole private, che per la verità è molto mal formulato nel parere della III Commissione e che gli è stato facile distorcere e strumentalizzare ai fini della solita politica arretrata e retriva della D.C. Credo comunque di dover precisare, poiché questo emergeva dal dibattito in Commissione che l'interpretazione data dal relatore Dotti non sia quella condivisa nemmeno dalla maggioranza dei Commissari D.C. della III Commissione. Si intendeva affermare che i contributi alle scuole private, soprattutto per quanto concerne alcuni servizi (trasporti, ecc.) della scuola materna dovevano essere mantenuti nel caso in cui tali scuole svolgano un servizio di interesse pubblico rilevante, in carenza di scuole materne statali o gestite dai Comuni. Per quanto ci concerne in quell'occasione abbiamo ribadito che devono essere portati in Commissione i piani di finanziamento delle scuole materne non statali ed esposto la linea del nostro partito sulla "scuola pubblica per l'infanzia" che deve essere finanziata dallo Stato, programmata dalle Regioni, di proprietà dei Comuni e gestita in modo aperto e democratico con la partecipazione delle forze sociali. Secondo questa linea di riforma che proponiamo, alcuni elementi di fondo delle scuole oggi gestite da enti morali, ordini religiosi, ecc. vengono salvaguardati anche con il passaggio delle stesse ai Comuni, in particolare per quanto concerne la presenza degli enti originari nella gestione.
Pur ammettendo la tortuosità con cui tali concetti sono stati espressi nel parere della III Commissione, tortuosità dovuta al Consigliere che ha steso il testo del parere, non posso non rilevare come il Consigliere Dotti abbia subito colto l'occasione per un'interpretazione retriva di questa parte del parere. Colgo l'occasione per dire che sarà opportuno riportare sempre, come allegati alla relazione, i pareri forniti dalle Commissioni.
Complessivamente la risposta di questo bilancio è una risposta negativa ai gravi problemi che travagliano la scuola, sia per quanto ho detto in precedenza, sia perché manca una precisa volontà di modificare qualche cosa in questo bilancio dopo le dure critiche che ad esso sono state portate dalle forze sociali che hanno partecipato alla consultazione.
Ci presentiamo all'apertura del nuovo anno scolastico, in autunno, con un bilancio che contribuirà non poco ad aggravare i problemi della scuola ed è necessario che in questi mesi si provveda con opportune leggi a modificare il tipo di interventi. A ciò ci richiamano non solo le esigenze che sono emerse nel corso di questo anno scolastico, ma il fatto, di grande importanza, che le lotte per il rinnovo dei contratti, ed in primo luogo quello dei metalmeccanici, hanno messo in evidenza l'urgenza di un intervento riformatore nel campo della scuola. I lavoratori hanno evidenziato con estrema chiarezza e responsabilità come quello della riforma della scuola sia un momento decisivo per l'avvio di una seria politica di riforme ed al tempo stesso come la realizzazione del diritto allo studio, soprattutto nella scuola di base, abbia un'incidenza rilevante ed immediata sulle condizioni di vita delle masse lavoratrici. (Lotta al caro vita attraverso la gratuità dei libri, dei trasporti, la realizzazione delle refezioni scolastiche ecc.).
A mio avviso è possibile giungere all'apertura del nuovo anno scolastico con un tipo nuovo di interventi almeno nei settori principali: assistenza scolastica, formazione professionale, e formulo alcune proposte precise.
Occorre in primo luogo aver piena coscienza che questa Giunta ha fallito, questa Giunta che si è presentata sempre con il volto dell'efficienza, nella scelta della gestione diretta di queste funzioni trasferite. I ritardi e la confusione che si sono venuti a creare, anche per il tipo di politica clientelare che l'Assessorato ha voluto perseguire sono andati ben oltre i limiti prevedibili ed ammissibili per il trasferimento delle funzioni. L'Assessore e molti Consiglieri conoscono la situazione che si è venuta a creare e non mi soffermo su di essa.
Per l'assistenza scolastica facciamo le seguenti proposte. E' necessario superare ogni dispersione dei fondi, oltre sei miliardi a disposizione in bilancio, attraverso la legge di delega delle funzioni agli enti locali e di riordino della materia. In tal senso si deve partire dall'affermazione che tutti i poteri in materia di assistenza scolastica spettano alla Regione ed una rilettura attenta del Decreto Delegato conferma questa impostazione. Quindi il Consiglio Regionale può legiferare non solo per quanto concerne la delega agli enti locali, ma anche per una riforma vera e propria del settore.
Lo scoglio maggiore pare essere quello dei patronati scolastici e dei loro consorzi. Secondo alcuni la Regione non può scioglierli, secondo altri invece ciò è possibile. Va ribadito che la necessità di superare i patronati scolastici si colloca non nel quadro di un attacco al "pluralismo", come alcuni hanno voluto denunciare, ma semplicemente perch tali strumenti non corrispondono più, ed anzi intralciano una politica nuova dell'assistenza scolastica, come più volte il Consiglio Regionale stesso ha affermato di volere.
A nostro avviso il patronato scolastico, proprio partendo dal decreto delegato, può essere sciolto, e tutti i suoi compiti devono essere delegati ai Comuni. Il fatto stesso che la Regione Umbria abbia approvato una legge (legge che è stata approvata anche dal Commissario di Governo) secondo la quale le funzioni spettanti alla Regione in merito ai patronati scolastici sono state delegate ai Comuni ed alle Province, dimostra che i patronati scolastici debbono essere considerati degli enti strumentali e non degli enti locali. Ad ogni modo si deve procedere almeno secondo quanto già è stato fatto dalla Regione Umbria.
In una chiara visione, dei compiti spettanti alla Giunta, al Presidente della Giunta e del Consiglio, vanno poi delegate ai Comuni tutte le funzioni in materia di assistenza scolastica.
Nella legge va poi modificato il tipo di intervento sin qui seguito.
Tutti i capitoli di bilancio vanno convogliati in un unico fondo, per quanto concerne la scuola di base, dalla materna fino al 14 anno di età "per la gratuita della scuola dell'obbligo". Tale fondo deve comprendere la gratuità dei libri e degli strumenti didattici, la disponibilità dei posti mensa, interventi per nuove sezioni di tempo pieno e per il dopo-scuola, la gratuità dei trasporti, le colonie estive ed invernali, organizzazioni delle attività sportive ed il turismo scolastico, ecc.
Ugualmente dicasi per la scuola secondaria superiore. Infatti con il decreto delegato sono state trasferite alla Regione anche le funzioni concernenti tutta la parte "assistenza" che fa capo alle Casse scolastiche.
Si deve quindi creare anche per questo settore un "fondo per gli interventi per la secondaria superiore".
Alla Provincia vanno affidati compiti di promozione e di coordinamento in modo che la delega ai Comuni possa essere esercitata in modo associato a livello di comprensorio o sub - comprensorio.
Attraverso questo tipo di intervento legislativo si possono aumentare i fondi per quanto concerne la scuola dell'obbligo puntando alla realizzazione della gratuità sia attraverso gli interventi della Regione sia attraverso quelli già in atto predisposti dai singoli Comuni e dalle Amministrazioni provinciali.
Nella legge di delega va previsto anche un modo nuovo di gestire tali fondi a livello di Comune o di Consorzio di Comuni, prevedendo la formazione di un fondo per l'assistenza scolastica presso ogni Comune o Consorzio di Comune, fondo che deve essere gestito con la partecipazione delle forze sociali, dei rappresentanti delle famiglie, dei sindacati degli insegnanti.
Per quanto concerne il problema delle Borse di studio, occorre andare ad una nuova normativa. Essa deve prevedere il superamento del tipo di intervento basato sull'attuale legge per le borse di studio e limitare nel tempo l'erogazione di nuove borse di studio, modificando per intanto i criteri di "merito" e di "bisogno".
Per quanto concerne il diritto allo studio a livello universitario, la questione è senza dubbio più complessa e va affrontata in relazione alla riforma universitaria, pur tuttavia noi chiediamo che venga discussa ed approvata la legge che abbiamo presentato per interventi a favore dei posti mensa, trasporti ed alloggi; servizi che vengono erogati in modo nuovo rispetto a quanto fatto sino ad ora dalle Opere universitarie.
Per quanto riguarda la formazione professionale, alcuni primi interventi possono essere attuati.
In primo luogo ci troviamo di fronte ad una maggiore disponibilità di fondi rispetto allo scorso anno (i fondi INPS), circa sette miliardi.
Occorre andare al più presto ad una legge di norme che ribalti sul territorio le funzioni della Regione. Si devono affrontare le questioni concernenti i tre livelli della formazione professionale, in attesa della riforma della secondaria superiore, in conformità a quanto il Consiglio ha affermato in più di un documento nel corso di questi anni: livello di base livello post-diploma, livello post-laurea. L'importanza della formazione professionale è stata più volte ribadita poiché essa condiziona tutti i settori di intervento regionale, dall'artigianato all'agricoltura, alla sanità ecc. E' necessario un riordino di tutta la formazione di "base" rivedendo il ruolo dei centri, la loro ristrutturazione, il compito che devono svolgere gli enti che sono stati trasferiti alla Regione, la questione dei finanziamenti.
Puntando ad una realizzazione della gestione pubblica di tutto il sistema della formazione professionale, come raccordo tra le uscite scolastiche e l'attività lavorativa (non mi soffermo su questa questione condividendo pienamente l'impostazione che è stata data nel parere al piano di sviluppo nazionale da parte del Consiglio), una legge di norme deve indicare chiaramente le condizioni cui devono sottostare i finanziamenti agli enti gestori ed il rapporto che deve essere stabilito con essi per il controllo e la vigilanza oltre alle finalità che i corsi devono perseguire.
Ugualmente dicasi per il rapporto con le Organizzazioni sindacali, rapporto che deve tendere in un breve arco di tempo a conferire alle OO.SS. un ruolo di controllo e di programmazione nell'istituzione e nei contenuti dei corsi lasciandoli liberi da una gestione diretta.
Tale sistema di gestione pubblica deve anche sciogliere a breve termine alcuni nodi importanti per quanto concerne la formazione professionale nel settore dei servizi ed in particolare nel campo, ne accenno uno solo ma di estrema importanza, della sicurezza sociale e della sanità.
Una precisa delibera del Consiglio ha a suo tempo stabilito l'unificazione di tutta la materia della formazione professionale nell'Assessorato all'istruzione, ma l'Assessore alla sanità resiste, a quanto pare su questo terreno, continuando a fare e disfare a suo piacimento. Tale unificazione deve essere realizzata sin da questo nuovo anno e vanno chiariti i rapporti che devono intercorrere tra Regione ed enti, in particolare quelli ospedalieri che provvedono a questo tipo di formazione. Qui la gestione deve passare subito sotto il controllo pubblico.
Aspetti particolari presenta la formazione professionale nel campo dell'agricoltura. Qui non attendo una risposta dall'Assessore Franzi, ma voglio dargli io una risposta..



FRANZI Piero, Assessore all'agricoltura

Quali corsi?



REVELLI Francesco

I corsi di formazione professionale per l'agricoltura...



FRANZI Piero, Assessore all'agricoltura

Su questo la risposta compete al collega Visone.



REVELLI Francesco

Ma, come dicevo, intendo dare io una risposta a lei in rapporto alle obiezioni, da lei sollevate in VI Commissione. Lei ha criticato il modo indiscriminato con cui sono stati finanziati i corsi quest'anno, e le sue osservazioni celavano un attacco a certe organizzazioni professionali che tengono corsi per la prima volta in alcune province.
Le sue osservazioni sotto questo aspetto vanno respinte. E' chiaro invece che non si deve andare anche qui alla dispersione dei corsi e che è necessario procedere all'unificazione degli interventi, prevedendo un rapporto nuovo nella gestione dei corsi tra le organizzazioni professionali contadine. In questo senso in modo diverso si presenta il sistema di gestione pubblica nel campo dell'agricoltura per rapporto alle organizzazioni dei coltivatori. Essendo queste organizzazioni di lavoratori autonomi devono partecipare direttamente alla gestione, ma in modo unitario, prevedendo attraverso forme diverse da quelle attuali i finanziamenti per i loro centri di formazione e per gli istruttori.
Solo in questo modo si va nel senso della terza direttiva comunitaria e si impedisce il clientelismo politico di certe organizzazioni che svolgono veri e propri corsi di propaganda politica per questo o quell'altro candidato...



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Perché capita questo?



REVELLI Francesco

Eh sì, capita. Lei lo conosce l'on. Baldi?



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Di Cuneo?



REVELLI Francesco

Si. D'altronde Presidente non sono proprio i suoi amici di Cuneo a ricordarle: "se non ci fossimo noi, Calleri, quante cose mal fatte non potresti fare"?



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

La stessa cosa vale per lei.



REVELLI Francesco

No, io sto dalla parte opposta.
Ad ogni modo si tratta di andare a questa legge di norme al più presto.
Poiché di grande rilevanza è la questione delle 150 ore dei metalmeccanici sia per quanto riguarda l'attuazione del diritto allo studio, sia per la formazione professionale, noi chiediamo che subito la III Commissione vada ad un dibattito ed un confronto delle posizioni su questo argomento che dovrebbe già trovare nelle leggi di delega e di riordino delle materie su accennate una prima indicazione di realizzazione.
Chiediamo, poi, proprio perché connessa strettamente con questo argomento una chiara informazione della Giunta sulla ristrutturazione della Lancia e sui fondi destinati a livello europeo per la riconversione della manodopera.
Sino ad oggi il Consiglio è stato tenuto completamente all'oscuro di tutta la questione con un comportamento inammissibile da parte dell'Assessore Visone e Petrini.
Anche per i musei e le biblioteche non si è fatto nulla. Anche in questo campo si deve fare una legge organica. Si può fare anche in questo caso una legge di delega tipo quella che ho accennato prima, avendo come punto di riferimento le biblioteche più importanti, che stanno a livello oggi, dei maggiori centri di alcune Province, che possono essere già il cuore dello stesso comprensorio o della delineazione delle aree programma.
Anche l'intervento in questo settore dovrebbe servire a rivitalizzare le iniziative che saranno assunte dal Consiglio in merito al diritto allo studio. Oltre a mettere a disposizione un bene collettivo, bisogna agevolarne l'utilizzazione, ed aiutare in questo gli stessi Comuni, molti dei quali stanziano cifre cospicue magari per motivi di prestigio, per tenere aperte e funzionanti queste istituzioni, senza raggiungere lo scopo di farne beneficiare i molti studenti che ne hanno estremamente bisogno.
Tutta una serie di spese, come quella del servizio di lettura, affidato ai pochi funzionari regionali della Sovrintendenza, non ha una vitalità piena e incontra slancio solo in quelle poche Province, in quei pochi Comuni dove ci sono funzionari estremamente preparati a dirigere le biblioteche. E' questo un fatto di cui dobbiamo avere coscienza, e se mai uno sforzo va fatto oggi, quando non possiamo intervenire massicciamente, con fondi nuovi, in questo campo, sollecitando un riordino di tutti i beni culturali a livello nazionale e dando la nostra parte di contributo a livello regionale, è quello diretto ad investire bene i soldi nella formazione di personale che sia in grado di collegarsi poi a questo sistema. Ritengo che mezzo miliardo speso nella formazione di personale di un certo livello sia più utile, oggi, che non l'acquisto indiscriminato di testi o di collezioni di libri, una piccola goccia in una biblioteca che non abbia una sua vitalità, una sua diretta funzionalità. All'interno del discorso generale bisogna farle, queste scelte.
Per tutto quello che riguarda musei e biblioteche, bisogna tenere conto anche - e probabilmente in linea generale lo dirà anche il collega Rivalta nel suo intervento sull'urbanistica - che la stessa possibilità di intervento all'interno dei centri storici, e quindi di recuperare di tutta una serie di edifici e di ricchezza culturale che esiste, esiste a questo livello, per metterlo al servizio di queste funzioni.



PRESIDENTE

Avendo ormai raggiunto il traguardo delle 20, rinviamo l'adunanza a domani mattina alle ore 10 precise.
Ho già iscritti ad intervenire domani mattina i Consiglieri Besate Berti, Garabello, Rivalta, Bertorello, Raschio. Dovremo cercare di fissarci un programma che ci consentisse di esaurire tutti gli interventi entro le 13-13,30, così che al pomeriggio si potesse iniziare con la replica del Presidente, dell'Assessore al bilancio, di quanti altri dovranno replicare passando poi alle dichiarazioni di voto e alla votazione, che richiederà un certo tempo essendo la legge composta di ben otto articoli.
Riprenderemo dunque i lavori domattina alle 10.
La seduta è tolta



(La seduta ha termine alle ore 20,15)



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