Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.146 del 16/04/73 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE OBERTO


Argomento:

Approvazione verbale precedente seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
L'ordine del giorno reca al primo punto: "Approvazione verbale precedente seduta".
Il processo verbale della seduta del 12 aprile è stato distribuito ai singoli Consiglieri prima della seduta odierna. Vi sono osservazioni?



BERTI Antonio

Ho notato che nel processo verbale risulta scritto: Luigi Fassoni anziché Passoni. Non vorrei che l'errore rimanesse nel testo definitivo.



PRESIDENTE

Probabilmente si tratta solo di un errore di trascrizione, che andrà naturalmente corretto.
A parte questa correzione, non ci sono altri rilievi? Allora, possiamo considerare il processo verbale approvato all'unanimità.


Argomento: Varie

Comunicazioni del Presidente del Consiglio


PRESIDENTE

Passiamo al punto secondo dell'o.d.g. "Comunicazioni del Presidente".
Signori Consiglieri, i fatti violenti e tragici avvenuti a Milano mi hanno indotto a farmi interprete del pensiero, ritengo unanime, del Consiglio Regionale inviando al Presidente del Consiglio Regionale della Lombardia, Gino Colombo, in considerazione anche del fatto che a seguito di quegli episodi vi fu un tentativo di interruzione - e l'interruzione si ebbe e durò oltre mezz'ora - dei lavori dell'assemblea regionale lombarda un telegramma che leggo al Consiglio per ufficializzarlo nella sua manifestazione di esecrazione e di condanna, condivisa penso da tutti coloro che siedono in quest'aula. Se il Consiglio è d'accordo, proporrei di rinviare qualunque discussione in merito a questi fatti, anche con riferimento alle comunicazioni del Presidente, a quella seduta che già in passato abbiamo previsto per discutere del grosso problema relativo alle esplosioni di violenza, esaminandolo nelle cause e non soltanto nelle conseguenze e negli effetti.
Ecco il testo del messaggio telegrafico "Esprimendo at nome Consiglio Regionale Piemonte severa condanna violenze perpetrate a Milano da eredi squadracce fasciste di infausta memoria, che non debbono ritornare perch soffocatrici libertà democratiche garantite da Costituzione, inchinandomi dinnanzi vittima caduta in adempimento dovere, elevo viva protesta per atti incivili diretti ad interrompere libera attività Consiglio Regionale Lombardia et pregoti renderti interprete presso Consiglieri nostro sdegno con attestazione viva solidarietà".


Argomento: Bilanci preventivi

Esame del disegno di legge n. 73 relativo al bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 1973 (seguito)


PRESIDENTE

Passiamo al punto terzo dell'o.d.g., che reca: "Esame del disegno di legge n. 73 relativo a 'Bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 1973' ".
Devo informare l'assemblea che ha chiesto congedo il Consigliere Vera.
Sono in congedo, per richiesta fatta in precedenza, per ragioni di salute i Consiglieri Viglione e Giovana.
Sono iscritti a parlare fino a questo momento sul punto terzo dell'o.d.g. i Consiglieri Gerini, Conti e Sanlorenzo. Quanti altri intendono chiedere la parola sono pregati di mettersi in lista, così da consentire all'Ufficio di Presidenza di fare una certa valutazione e distribuire gli interventi sia in quanto a ordine che in funzione del tempo.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Gerini.



GERINI Armando

Signor Presidente , colleghi Consiglieri, il bilancio di previsione per l'anno 1973, anche se non venne presentato nei termini statutari per i ben noti motivi, ha avuto un iter intenso, attraverso un'ampia consultazione un dibattito in seno ad ogni Commissione, sfociato in una profonda relazione della Commissione competente ed in una corretta relazione di minoranza.
L'intervento dell'Assessore al bilancio, collega Paganelli, ha chiarito nell'ultima parte quali siano gli intendimenti della Giunta circa l'utilizzazione dei fondi globali e dell'anno scorso e del 1973, che saranno di supporto ai provvedimenti legislativi appena approvati ed a quelli che il Consiglio si appresta ad approvare in importanti materie ricorrendo, se sarà necessario, all'accensione di mutui per investimenti e contribuzioni.
Nel mio intervento mi occuperò di alcuni settori che interessano le Commissioni permanenti di cui sono membro, cominciando dall'agricoltura.
L'agricoltura, sia in campo nazionale che in campo regionale, in mezzo a mille difficoltà, tra le quali non ultime le avversità atmosferiche, nel 1972, rispetto agli altri settori traenti dall'economia che subirono gravi flessioni, ha, nel complesso, mantenuto le posizioni. In Piemonte, si noti i danni derivanti dal clima sono stati pari a circa il 10 per cento della produzione lorda vendibile. Tuttavia, le maggiori sacche di depressione economica si sono manifestate ancora una volta nelle zone montane e nelle zone collinari. E quindi lì, ritengo, che la Regione dovrà particolarmente orientare i futuri interventi.
Gli impegni da assumere devono avere come supporto una chiara programmazione attraverso l'individuazione di zone omogenee, per elaborare in esse i piani zonali previsti all'art. 75 dello Statuto. Devono essi ovviamente inquadrarsi non solo in una volontà politica regionale, ma anche nel rispetto della politica nazionale e sovranazionale, in modo da dare rispondenza alle direttive CEE dell'aprile 1972, che interessano le comunità. La nostra agricoltura è obbligata ad aggiornarsi per quanto riguarda la dimensione aziendale e specializzarsi quindi culturalmente.
Tuttavia, se vero è che le direttive CEE costituiranno il quadro cui uniformarsi per le iniziative, è pur vero non doversi dimenticare che a livello regionale s'impongono possibilità operative collegate al D.P.R. n.
11 sulle competenze proprie della Regione. A questo fine, ed in più occasioni, si è già manifestata la nostra volontà politica di sostenere iniziative, di creare validi strumenti operativi cui rendere partecipi i produttori agricoli e le forze più rappresentative del mondo agricolo.
Queste iniziative devono tendere all'attuazione di scelte responsabili ed impegnate in armonia di programma. Fatte poi le scelte, occorre subito passare alla fase attuativa.
Si evidenzia così la necessità di creare un certo tipo di ente di sviluppo, che tenda a favorire l'espansione sociale ed economica del mondo rurale per rispettare, non solo, gli impegni statutari, quanto per eliminare squilibri di settore concorrendo alla formazione di una società più giusta.
Un impegno a cui, a nostro avviso, la Regione non può derogare è quello di mantenere i territori popolati, perché, favorendo insediamenti umani in montagna e in collina, si può veramente concorrere alla difesa suolo. E' noto infatti che i più validi custodi del territorio sono proprio i produttori, i quali sorvegliando e salvaguardando in modo ordinato i propri beni, svolgono un grosso servizio per la società che vive nelle valli e nella pianura.
Proprio per realizzare questo principio noi guardiamo con grande interesse all'iniziativa della Regione valdostana e della vicina ed amica Nazione francese. E' un'iniziativa tendente a integrare i redditi, mediante speciali indennizzi, ai giovani che intendono mantenere ed insediare aziende agricole in montagna ed in collina.
Pure con molto interesse guardiamo all'impegno della CEE volto ad intervenire con una quarta direttiva in favore delle popolazioni che vivono in territori montani.
Nella cornice di queste iniziative, dobbiamo guardare con occhio fermo però, alla politica dei prezzi. Se i risultati conseguiti nell'ultimo decennio sono stati validi per mantenere un certo equilibrio dei prezzi dei prodotti agricoli, e con la difesa alla frontiera e favorendo contestualmente l'esportazione delle nostre eccedenze produttive, ciò non toglie tuttavia che oggi una più marcata iniziativa per favorire l'aggiornamento strutturale si renda necessaria. L'aggiornamento strutturale è necessario sia a livello aziendale che a livello extra aziendale. Sono ancora tanti i miglioramenti fondiari che interessano le aziende: vanno dalle case di abitazione alle stalle, agli allevamenti alla meccanizzazione, e così via; e quelli extra-aziendali, come l'elettrificazione da completare, gli acquedotti, strade, centri di commercializzazione, sono miglioramenti non certamente secondari.
Il settore che evidenzia carenze più gravi è forse oggi quello della commercializzazione dei prodotti. Se dobbiamo riconoscere ai nostri produttori una capacità di produrre bene, di volersi adeguare ai nuovi processi di aggiornamento, dobbiamo altresì riconoscere che c'è in molti di essi un eccesso di personalismo, che li mette in condizione di dover più volte soccombere alla pressione speculativa di troppi intermediari, che arrecano danno non solo alla produzione ma anche al consumo. Ecco così balzare evidente l'impegno di ricercare, di sforzarsi di creare iniziative nuove e di appoggio per i centri cooperativi di commercializzazione dei prodotti della terra.
Ecco cosa riteniamo si possa fare nell'ambito delle possibilità della Regione, quando la Giunta accoglierà il principio di accendere mutui già nel 1973 in supporto ad apposite leggi regionali aventi un indirizzo programmatico nel settore agricolo: 1) completare, nell'arco di tre anni, l'elettrificazione rurale, con una stima di spesa di circa 6 miliardi 2) assumere un impegno quinquennale per la costruzione e l'ammodernamento di case di abitazione per un importo di 40 miliardi e per la viabilità minore di 30 miliardi, oltre ad un impegno pure quinquennale di 60 miliardi per acquedotti rurali, per la cooperazione ed il ripiano dei debiti e per nuove iniziative.
Naturalmente, i nostri interventi avranno la finalità di concorrere alla riduzione dei tassi d'interesse per portarli a livelli sopportabili.
Si impone, fra l'altro, un intervento a favore della zootecnia, col varo di un piano zootecnico orientato verso la produzione di carne e valorizzazione della nostra tipica razza piemontese.
La legge nazionale 25/5/1970 n. 364, che prevede provvidenza a favore di zone colpite da calamità atmosferiche, ha ancora una volta mostrato i suoi limiti. Occorrerà perciò integrarla, intervenendo in qualche modo per quanto attiene alle colture intensive non arboree E' significativa la presentazione della prima proposta di legge regionale ad iniziativa popolare, la n. 62, inoltrata da alcuni Comuni vercellesi, in riferimento alla quale la VI Commissione ha avuto un primo contatto con i presentatori.
C'è la necessità, ancora, di impegnarsi per un piano acque, che risolva il problema di disporre, in alcuni mesi dell'anno e segnatamente in luglio ed agosto, quantità d'acqua sufficiente per favorire le colture foraggere.
Per i problemi dell'istruzione professionale, c'è l'esigenza di mantenere aggiornati i produttori agricoli sui livelli del continuo sviluppo tecnologico dei settori industriali, chimici e genetici.
I problemi prospettati non sono i soli, perché il settore è vasto ed importante: è un settore che abbisogna più che mai di un coordinamento.
Ritengo necessaria, e rivolgo il mio invito all'Assessore Franzi, la costituzione, a livello regionale, di un comitato tecnico per il coordinamento agricolo.
Vorrei ora accennare ad alcuni problemi che riguardano un altro importante settore di attività, qual è l'artigianato. L'artigianato porta con sé valori economici e culturali ed alto livello, che meritano oggi maggior considerazione in quanto siamo integrati in una società che vive la crisi di trasformazione della Regione e del Paese ad alta concentrazione industriale ed urbana.
Notevoli sono le istanze e le attese dei mondo artigiano, rivolte sia al Governo centrale che al Governo regionale. C'è viva attesa perché il Parlamento nazionale provveda ad emanare una legge-quadro relativa alla disciplina giuridica del settore modificando la legge 860 del 1956; che sia così accolto il principio della certificazione professionale, che consenta alle Regioni di operare sulla base di indirizzi certi ed uniformi, così da non creare diversità di condizioni tra artigiani appartenenti a regione contigue. Desta interesse la proposta, di iniziativa parlamentare, diretta a fissare l'istituzione dell'albo degli installatori di impianto: si proteggerebbe l'interesse collettivo con ripari a tanti rischi, ed avrebbero modo di emergere gli operatori più seri e capaci.
L'istituzione dell'Ente per lo sviluppo dell'artigianato piemontese approvato dalla Giunta Regionale, in corso di elaborazione presso la competente Commissione, varrà certamente a qualificare i nostri interventi.
Il problema di sempre, però, è quello del credito, anche perché le piccole unita produttive artigiane sono le più sensibili ed esposte ai fenomeni di crisi ed alle trasformazioni e alle tensioni della società. Si dovrà operare con moderni criteri, potenziando sì il credito di esercizio ma ampliando la sfera del credito di investimento e operando infine sul leasing.
Il piccolo credito di esercizio estinguibile in ventiquattro mesi, al tasso di circa il 6 per cento, concesso da alcuni istituti bancari convenzionati dalle Camere di Commercio con fondo di garanzia, può essere rivalutato e portato ad almeno tre milioni, attesa la continua svalutazione della moneta. Proprio qui sarebbe opportuno ed apprezzato, io penso, il nostro intervento per contribuire e garantire sugli interessi.
Non mi soffermo sui problemi dell'istruzione professionale e dell'apprendistato, perché chiaramente fissati nei compiti e nelle finalità dell'ESARP, desiderando invece sostenere l'opportunità di una legge regionale che preveda l'erogazione di sussidi a quei piccoli artigiani senza dipendenti, o che impegnino ai massimo tre dipendenti, in caso di malattia.
Do atto infine alla Giunta di avere in parte accolto le istanze rivolte dalla VI Commissione, per il tramite della I Commissione, tendenti a maggiori stanziamenti su alcuni capitoli che interessano l'agricoltura e l'artigianato, riducendo le quote residuali degli articoli 1404 e 1018.
Un problema da risolvere, molto atteso, e che finanziariamente non incide sul bilancio, è la regolamentazione a carattere regionale per la caccia. Il tempo che ci separa dall'apertura della caccia non è molto, ma è sufficiente per discutere, per consultare, per giungere ad una definizione del problema che, se non accontenterà certamente tutti, eliminerà almeno alcuni lamentati inconvenienti.
Altri colleghi del mio Gruppo penso interverranno sui problemi sanitari. Mi sia permesso, come socio Lion, ed a nome dei responsabili del Comitato distrettuale Lions assistenza disadattati, rivolgere un pubblico ringraziamento all'Assessore alla sanità per aver manifestato vivo interesse alla soluzione del problema della diagnosi precoce di una abbastanza rara ma terribile malattia: la fenilchetonuria. Per rendere il più possibile valida la profilassi, occorre una ricerca sistematica del neonato fenilchetonurico, un vero depistage. Il costo, dell'ordine di qualche decina di milioni l'anno, è irrilevante se pensiamo che alcune creature ogni anno non saranno più comprese nella categoria dei disadattati.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FASSINO



PRESIDENTE

E iscritto a parlare il Consigliere Conti. Ne ha facoltà.



CONTI Domenico

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, dico subito che esprimerò un voto favorevole al Bilancio 1973.
In primo luogo, per gli aumenti praticati agli stanziamenti relativi alle spese: per indagini conoscitive e ricerche per la medicina scolastica e per altri interventi sul campo igienico-sanitario, per l'assistenza sociale prestata dagli enti locali e da altri enti, per la formazione professionale, per l'assistenza scolastica, per l'agricoltura e l'artigianato.
In secondo luogo, per il rilievo che le spese relative ai servizi sociali vengono ad assumere nel bilancio che stiamo esaminando.
In terzo luogo, perché in qualche misura almeno si è tenuto conto dei risultati della consultazione.
Infine, perché il tempo stringe e non c'è posto per il rinvio dell'approvazione del bilancio.
Intendo ora procedere, brevemente, a considerare alcuni degli impegni della Giunta in rapporto al bilancio. Vale a dire: l'impegno di collegare il bilancio con un'azione legislativa adeguata l'impegno di rapportare il bilancio a una prospettiva di programmazione l'impegno di voler impiegare il bilancio come strumento anticongiunturale e persino in funzione di strumento per la modificazione degli attuali meccanismi di sviluppo economico.
Prima, però, mi si consenta ai rilevare che un bilancio vale anche per le relazioni che lo accompagnano e che spiegandole lo giustifica. Ma nella relazione della Giunta mancano i dati di riferimento necessari a valutare per esempio, gli aumenti apportati agli stanziamenti. Detti aumenti a quale situazione si riferiscono? Che cosa si propongono, almeno in termini quantitativi? Mancano indicazioni circa il modo di rendere operative le spese previste. Mancano indicazioni, di obiettivi da perseguire e dei criteri operativi, conseguenti. Manca qualsiasi tentativo di valutare il rapporto fra costi e benefici.
E' per ovviare anche a queste censure che l'Assessore Paganelli, a nome della Giunta, ha osservato che il problema non è quello semplicemente della dilatazione degli impegni di spesa ma è soprattutto quello di produrre modificazioni nella legislazione vigente in amministrazione alla Regione per renderla più operativa e più rispondente alle esigenze di potenzialità ed efficienza e per meglio adeguarla agli obiettivi di uno sviluppo programmato organico ed equilibrato sul piano economico e sociale e profondamente democratico sul piano politico istituzionale. Momento legislativo, questo, di grande impegno e di grande difficoltà in assenza di leggi-principio, ma anche perché esso dovrà essere armonicamente coordinato al conferimento delle deleghe per l'esercizio delle funzioni amministrative agli enti locali.
Più avanti, però, l'Assessore Paganelli sostiene che e la Giunta "è del parere che ai fini di una consistente modificazione della legislazione vigente e di una sua più organica articolazione sia però indispensabile innanzitutto, un primo processo di semplificazione delle procedure e di snellimento dei processi decisionali, quali si può ottenere soltanto delegando le funzioni amministrative agli enti locali". "...... La delega dell'esercizio delle funzioni amministrative agli enti locali avverrà seguendo lo schema dei decreti delegati con cui sono state trasferite le funzioni dallo Stato alle Regioni".
La posizione espressa a nome della Giunta appare, pertanto, nelle delibere: a pag. 12, infatti, sembra che venga postulato un serio e impegnativo programma legislativo, in vista di un vasto movimento di deleghe nel quadro di una maggiore efficienza, anche a livello amministrativo e operativo dell'attività regionale; per contro, a pag. 21 si parla ancora di deleghe ma le si antepone ad ogni altro intervento legislativo, ricercando inoltre una difficile, per non dire impossibile, contestualità tra deleghe, norme sulle procedure regionali e risultati del piano di sviluppo.
Sono affermazioni che si giudicano da sole.
Quello che forse abbisogna di alcuni chiarimenti è il discorso circa le conseguenze. Tali conseguenze valgono sia sotto un profilo di tecnica giuridica, sia da un punto di vista pratico e politico.
Cominciamo dal secondo. La Giunta intende, a quanto sembra, procedere mediante delegazione "per trasferimento" di proprie competenze amministrative, sullo schema già utilizzato dallo Stato in sede di decreti delegati. L'esercizio di funzioni amministrative regionali passerebbe così agli enti locali.
Va detto che lo schema di trapasso effettuato con i decreti delegati ha rappresentato e rappresenta un precedente non positivo, e si resta perplessi nel constatare che si vuol usare un tipo di procedimenti che ha avuto collaudi negativi.
Ma v'è di più: la materia delegata è assai scarsa di agibilità amministrativa. Il difetto è nel manico: come la materia dei decreti delegati è pressoché inagibile, per mancanza di leggi di principio in riguardo, così a maggior ragione sarà di difficile praticabilità la materia delle attività amministrative delegate agli enti locali, per la mancanza di idonee leggi regionali intese a dare organicità e chiarezza, per essere il supporto non solo di un'azione ripetitiva di erogazioni, secondo una politica spicciola e "assistenziale" volta, caso per caso, a tamponare falle, o a rimediare a carenze, e non invece, come dovrebbe essere destinate a promuovere un tipo nuovo di amministrazione, con risultati di sviluppo.
Non a caso, quindi, la consultazione degli enti locali ha rivelato una serie di richieste nella sostanza contrarie alla pura e semplice gestione da parte della Regione, delle leggi nazionali così come sono. Ne discende l'esigenza e la richiesta di leggi regionali "serie" per i settori di competenza, e quindi viene nettamente respinta l'attuale prassi che vuole nella Regione un mero centro di duplicazione, la cui autonomia costituzionale tende a stemperarsi in una pallida "decalcomania amministrativa".
La competenza legislativa regionale, come la Costituzione la vuole deve essere esercitata, e al più presto, altrimenti si assiste alla vanificazione dell'istituto regionale in quello che è il suo carattere istituzionale saliente.
Occorre quindi che l'azione della Regione si sviluppi contemporaneamente in due direzioni: a) a livello di potere centrale per ciò che si riferisce alle leggi principio di cui all'art. 117, per le materie ivi contemplate b) a livello regionale mediante l'esercizio della competenza legislativa fondata su solide basi conoscitive, secondo scelte politiche elaborate dal Consiglio Regionale o comunque emergenti dal dibattito consiliare.
Per quanto concerne l'aspetto tecnico giuridico, è quanto meno strano pensare di poter delegare competenze (e quindi materie attinenti a concreta sfera di rapporti) prescindendo dalla disciplina sostanziale e procedurale degli stessi. Dove con l'espressione "disciplina sostanziale" si intende il doveroso esercizio delle competenze ex art. 117 della Costituzione e con disciplina procedurale si intende quel nuovo ordine da dare ai procedimenti per realizzare un decentramento effettivo, e non invece cadere nell'adozione di un espediente per scaricare sugli enti locali disagi operativi della Regione.
Circa le leggi di principio (impropriamente dette leggi-quadro, o leggi cornice), in quanto intese a perfezionare e a dare organicità alle sfere di competenze regionali, non potranno non comportare ulteriori trasferimenti di funzioni, come del resto lasciano intravedere i decreti delegati fin qui emanati. Perciò occorrerebbe, per le leggi-principio, adottare lo stesso procedimento seguito per i decreti delegati, e cioè la richiesta del parere preventivo da parte delle Regioni su appositi schemi di legge. In ogni caso occorrerà collegare l'esercizio della funzione d'indirizzo e di coordinamento propria dei poteri centrali con la consultazione preventiva o contestuale delle Regioni. Parimenti occorrerà rivedere tutto il complesso delle cosiddette competenze o funzioni residue rimaste allo Stato.
Ora, affinché l'iniziativa e l'attività legislativa per i settori di competenza possano realizzarsi, non posso non rivolgere al Consiglio di Presidenza le raccomandazioni che seguono. Pur apprezzando l'annunciata costituzione dell'Ufficio legislativo del Consiglio, debbo rilevare che ci non basta. Infatti, occorre inoltre promuovere l'approfondimento circa i principi legislativi contenuti nella legislazione vigente per i settori di competenza regionale; occorre accertare le effettive possibilità offerte al legislatore regionale dalle funzioni trasferite, così come ci sono state trasferite; occorre approfondire il problema delle leggi-principio, che debbono essere materialmente simili a leggi costituzionali; occorre ricercare quali altre materie dovrebbero essere trasferite alle Regioni secondo quanto previsto dall'art. 117 della Costituzione; occorre garantire al Consiglio le acquisizioni conoscitive senza le quali non è possibile alcuna attività legislativa veramente efficace per rapporto ai settori di competenza regionale.
Per quest'ultimo punto mi rivolgo anche alla Giunta per chiedere l'impegno di fornire al Consiglio, al più presto, quel quadro conoscitivo che è assolutamente necessario affinché si possa esercitate con serietà e positività l'iniziativa e l'attività legislativa. In ogni caso, andrebbero prima fissati, attraverso il dibattito in Consiglio, gli obiettivi da perseguire per ogni settore di competenza regionale, atteso che le ricerche conoscitive non sono neutre.
Sempre in riferimento all'acquisizione del necessario presupposto conoscitivo, mi permetto di richiamare l'opportunità che si offre al Consiglio con il dettato dell'art. 19 dello Statuto regionale: "Il Consiglio, con le modalità di cui all'articolo precedente, istituisce: a) Commissioni speciali incaricate di esperire indagini conoscitive ed in generale di esaminare, per riferire al Consiglio, argomenti ritenuti di particolare interesse ai fini dell'attività nella Regione".
Venendo alla volontà della Giunta, manifestata dall'Assessore Paganelli, di collegare, nel prossimo futuro, il bilancio con una politica e attività di programmazione, debbo rilevare che, lo si voglia o no qualsiasi bilancio si muove sempre secondo prospettive politiche amministrative ed operative. Non esistono bilanci neutrali, tanto più se si susseguono per più anni secondo una stessa impostazione. Perciò, se non si vuole compromettere la futura attività di una programmazione sufficientemente strutturata e dispiegata in tutti i suoi momenti e le sue rilevanze politiche, amministrative e operative, è necessario che sin da questo bilancio ci si muova secondo una logica di programma e di azione programmatica tale da costituire una premessa e una fase di avvicinamento al programma regionale di sviluppo.
Ciò è possibile principalmente mediante leggi regionali intese a dare secondo indirizzi politici prestabiliti, una migliore organicità e praticabilità amministrativa e operativa alle materie di competenza regionale.
Per questa via, accanto e per rapporto al bilancio strutturato come il presente, bilancio inteso ad assicurare certezza e correttezza amministrative, dovrà venirsi strutturando un bilancio capace di esprimere nel concreto la volontà politica della Regione circa il miglioramento del modo e del quadro di vita e di lavoro della comunità regionale. Un bilancio programma tale da consentire di risolvere il problema delle scelte allocative, evidenziando in modo sistematico le implicazioni in termini di costi e di risultati di scelte alternative. Ma, ripeto, occorre partire da una base conoscitiva che consenta le suddette scelte allocative, in coerenza con i giudizi di valore prestabiliti. Ciò è necessario anche per poter operare i necessari "compromessi" fra gli obiettivi predeterminati.
In ogni caso, dovendosi procedere gradualmente verso la programmazione, è urgente provvedere: alla ristrutturazione e al funzionamento della Giunta secondo il criterio del dipartimento, l'unico che sembra compatibile con il perseguimento di programmi-obiettivo ad una corrispondente organizzazione dei servizi e degli uffici regionali con il relativo organigramma del personale all'istituzione dell'Ufficio del Piano, senza il quale non sarà possibile l'elaborazione del Piano regionale di sviluppo, atteso che ciò non rientra nei compiti istituzionali dell'Ires all'istituzione dei comprensori.
Per quanto si riferisce alla raccolta ed elaborazione automatica dell'informazione, occorre muoversi nella direzione di una collaborazione con i corrispondenti centri dell'Università, al fine di realizzare un sistema informatico pubblico, a disposizione anche degli enti locali. Ci nel quadro delle relazioni possibili ed auspicabili tra Regione e istituzioni universitarie, così come è già stato prospettato con la Nota dell'Intercommissione consiliare indirizzata al Consiglio di Amministrazione e al Senato accademico dell'Università e del Politecnico di Torino.
Circa la considerazione del bilancio come intervento anticongiunturale e persino come intervento capace di modificare i meccanismi strutturali di sviluppo socioeconomico, occorre ribadire che l'incidenza in questo senso sarà dovuta più alla qualità della spesa, sia corrente che d'investimento che non alla quantità.
La funzione modificativa da parte della spesa pubblica dipende dalla sua capacità di operare come elemento promozionale e moltiplicatore. Si rende indispensabile così il superamento di un bilancio che agisce in modo rilevante nella direzione del tamponamento e dell'assistenza intesa prevalentemente al recupero di situazioni compromesse, senza, peraltro incidere sulle cause degli squilibri e delle frustrazioni.
Secondo detta linea di promozione e di moltiplicazione condivido il parere espresso dal Consigliere Dotti nella sua veste di relatore della I Commissione sull'esigenza di approntare un piano regionale inteso a fare della formazione professionale lo strumento più mobilitante, cioè lo strumento più avanzato, della ripresa e dello sviluppo economico in Piemonte. Egli ha ancora detto che "il modo di gestire i fondi destinati alla formazione professionale dev'essere alla base del giudizio sulla capacità di far politica dell'amministrazione Regionale". Parimenti occorre ricordare quale impulso promozionale e moltiplicatore potrebbe essere connesso con la determinazione di adeguati piani territoriali di coordinamento.
Venendo ora ad alcuni settori di spesa in particolare, debbo precisare che lo stanziamento aggiuntivo da parte della Giunta per la formazione professionale è soltanto di mezzo miliardo e non di un miliardo e 168 milioni, perché lo stanziamento di 668 milioni al cap. 566, relativo all'integrazione fondi formazione professionale (Fondi CVAF) non riporta la quota parte stabilita dal Ministero del Lavoro.
L'aggiunta di mezzo miliardo sarà forse appena sufficiente a conservare in vita i Centri di formazione attualmente esistenti. Infatti, per l'esercizio 1972-'73 occorrono contributi aggiuntivi: per l'Iva, per i mesi estivi, avendo la legislazione vigente provveduto a stabilire il carattere di rapporto di lavoro a tempo indeterminato per quello relativo agli istruttori dei Centri di promozione professionale; per la piena soddisfazione delle clausole dell'accordo internazionale tra il Ministero del Lavoro ed alcune rilevanti iniziative di formazione professionale accordo che ricade sulle Regioni. In base a stime approssimate ci comporterà circa il 20 per cento in più per i contributi destinati al personale; per la necessità di fronteggiare gli aumenti che si siano resi necessari a causa dell'aumentato costo della vita, degli scatti dell'indennità di contingenza, del computo dell'anzianità maturata.
In ogni caso, occorre rilevare che di contro alle 5 mila lire ora/settimana stanziate per ogni corso dalla Regione Piemonte stanno le 7.500 stanziate dalla Regione Lombardia.
Se gli stanziamenti sono forse nemmeno sufficienti a mantenere in funzione le iniziative formative attualmente esistenti, mi domando perch si sia proceduto a finanziarne delle nuove, sei o sette, mi pare. Occorre anche domandarsi sulla base di quali accertamenti di necessità oggettive e di idoneità funzionale tali iniziative siano state approvate e ammesse a godere delle erogazioni regionali.
Questo fatto ci richiama all' indilazionabile necessità di provvedere a quanto occorre per l'espletamento della funzione di vigilanza tecnica e amministrativa nello svolgimento delle attività regionali in materia di istruzione artigiana e professionale, così come si esige in base all'art. 1 del relativo decreto delegato.
Sempre in materia di formazione professionale, è necessario modificare la legge nazionale n. 264 anche per ciò che si riferisce ai contributi erogati alle aziende che organizzano corsi per i loro dipendenti. Le attuali disposizioni privilegiano le grandi aziende, le uniche che siano in grado di predisporre quanto occorre per l'attuazione dei corsi aziendali di formazione. Mentre ne vengono, in pratica, escluse le piccole e le medie aziende, senza contare le difficoltà per l'artigianato.
Per i corsi aziendali o interaziendali occorre vigilare perché non si cada nel pericolo di indebite intermediazioni, ove fossero frequentati da lavoratori non dipendenti dalle aziende interessate.
A favore della promozione professionale è urgente la realizzazione di un piano operativo che, muovendosi sulla base di accertato fabbisogno consenta altresì la ristrutturazione e il coordinamento delle molteplici iniziative formative operanti in funzione dei diversi settori dell'occupazione, tenendo conto anche delle recenti conquiste contrattuali in materia di formazione. Parimenti, la Regione deve sapersi collocare di fronte ai problemi formativi connessi con le ristrutturazioni ed i nuovi insediamenti industriali, tra i quali sono da considerare il nuovo insediamento "Lancia" di Verrone e la ristrutturazione stabilita per la "Montedison". Urge, infine, l'accertamento delle possibilità di intervento che si offrono alla Regione con il Fondo sociale europeo, con particolare riguardo per gli handicappati, i giovani non qualificati e il lavoro femminile.
A questo proposito, mi si consenta di leggere alcune disposizioni contenute nel Regolamento attuativo della decisoria n. 71, 1º febbraio 1971, del Consiglio della Comunità europea, relativa alla riforma del Fondo sociale europeo.
Art. 2 - "1. Ai termini dell'art. 5 della decisione del Consiglio n.
71/66/CEE, sono suscettibili di beneficiare del contributo del Fondo le operazioni realizzate: a) sia in regioni ove i problemi posti dal ritardo di sviluppo, dal declino delle attività predominanti riflettono situazioni di squilibrio grave e prolungato dell'occupazione b) sia in rami di attività economica ove l'adeguamento al progresso tecnico comporta importanti modifiche degli effettivi e delle conoscenze professionali c) sia in gruppi di imprese aventi attività comuni o connesse, costretti a cessare, ridurre o trasformare, in modo definitivo, la loro attività a causa di importanti modifiche delle condizioni di produzione o di smercio dei prodotti".
"2. Alle condizioni e nei casi limite fissati al paragrafo 1, possono beneficiare del contributo dei Fondo le operazioni: a) intese ad eliminare la disoccupazione e la sottoccupazione strutturale di lunga durata, a favore delle persone attive senza occupazione, in procinto di divenirlo, in situazione di sottoccupazione ovvero costrette a cessare un'attività non subordinata.
Per 'persone attive in situazione di sottoccupazione' si intendono: le persone che svolgono un'attività subordinata la cui durata settimanale sia inferiore a quella normale per ragioni indipendenti dalla loro volontà le persone che, pur svolgendo a pieno tempo un'attività subordinata o non subordinata, ne traggono un reddito anormalmente basso a causa d'una insufficiente utilizzazione della loro capacità b) destinate alla formazione di mano d'opera la cui qualificazione debba essere adattata all'esercizio di professioni altamente qualificate c) intese ad inserire o reinserire nell'attività economica: i minorati riconosciuti suscettibili di esercitare un'attività professionale dopo riabilitazione funzionale e qualificazione o riqualificazione professionale i lavoratori il cui ricollocamento sia considerato difficile dai servizi dell'occupazione a causa della loro età le donne di età superiore ai 35 anni, che desiderino esercitare un'attività professionale per la prima volta o dopo un'interruzione lavorativa che ha reso la loro qualifica inadatta alla richiesta i giovani di età inferiore ai 25 anni, privi di occupazione perch mancanti di qualificazione o perché in possesso di una qualifica inadeguata alla richiesta".
Anche per il settore dell'Assistenza scolastica è necessario un piano inteso per lo meno a "razionalizzare" e a coordinare gli interventi. In mancanza di piano, si proceda almeno ad incrementare i diversi interventi secondo dati di situazione, bisogni ed esigenze effettivamente accertati.
Per i buoni-libro, occorre un impegno della Giunta per aumentare la spesa di almeno 300 milioni sugli stanziamenti previsti per il potenziamento per le spese obbligatorie.
Per le casse scolastiche, occorre favorire la gestione partecipata e sociale, considerando, per esempio, quanto è stato richiesto dalla Regione umbra.
Per i patronati scolastici occorre modificarne gli statuti, allo scopo di potenziare l'esercizio di alcune funzioni, da parte degli stessi patronati e per favorire le deleghe di altre ai Comuni. In ogni caso bisogna connettere la funzione dei patronati da un lato più strettamente alla funzione educativa svolta dai processi scolastici e dall'altro alla partecipazione sociale realizzata con l'intervento attivo delle famiglie e delle amministrazioni locali.
Per la medicina scolastica è indispensabile coordinare gli interventi per eliminare le sovrapposizioni ed i doppioni e le carenze di tali servizi.
Per lo sviluppo della cultura occorrerebbe determinare la direzione nella quale debbono muoversi e andare gli stanziamenti per i musei e le biblioteche degli enti locali, in vista della realizzazione di un sistema di unità culturali locali a loro collegate, che basandosi sull'attività del musei e delle biblioteche determinano la possibilità di usufruire di altri tipi di apporti culturali. Non basta, perciò, alimentare l'attuale sistema di lettura organizzato da Sovraintendenza bibliografica.
Anche per quest'anno ribadisce l'opportunità, già condivisa dalla Giunta, di costituire un Centro regionale per lo sviluppo pedagogico inteso, tra l'altro, a promuovere ed agevolare le relazioni tra le varie istituzioni e iniziative culturali, scolastiche, formative e d'informazione e tra queste e lo sviluppo socio-economico e territoriale e i suoi fattori specifici con il fine di favorire, con il progresso economico e sociale e l'equilibrato assetto territoriale, una crescita umana progressiva: ovunque diffusa e per tutti generalizzata.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri, le giovani generazioni, i lavoratori soprattutto, hanno individuato nella richiesta di formazione e di cultura, un fattore decisivo per conseguire traguardi di giustizia e di eguaglianza, di operosità che sia espressione di dignità e di libertà, di crescita umana personale e comunitaria, oltre che di sviluppo economico. Mi auguro che la Regione voglia e possa rispondere a questa significativa richiesta, tanto civilmente elevata. Grazie.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Sanlorenzo, ne ha facoltà.



SANLORENZO Dino

Signor Presidente, signori Consiglieri, io credo sia giustificato il rilievo politico che finirà per avere complessivamente dibattito sul bilancio 1973, sia per il lavoro fatto, prima di arrivare a questa seduta Consiglio, sia perché, esse colma le carenze obiettive dal dibattito svoltosi sulla fiducia alla nuova Giunta. Allora, si vorrà riconoscere dato che il Documento della Giunta era assai scarno il dibattito fu dominato dai problemi del cumulismo, dell'incompatibilità, per cui in effetti un confronto politico e programmatico molto accurato non fu possibile, mentre questo auspichiamo che lo sia dato che si tratta del primo vero bilancio della Regione Piemonte. Quello del '72 fu, come tutti sappiamo, uno "spizzico" di bilancio.
I colleghi del Consiglio forse avranno notato che nella relazione di minoranza vi erano delle locuzioni temporali ed alcuni verbi al condizionale. In effetti la relazione si riferiva primo documento presentato dalla Giunta, ai risultati della consultazione, alle conclusioni che ne aveva voluto trarre la maggioranza in Commissione. Ora abbiamo un quarto momento del dibattito ed è costituito dal documento che ci è stato letto giovedì dall'Assessore Paganelli, a sua volta anch'esso frutto del lavoro che c'era stato in precedenza, e anche della discussione avvenuta in Commissione.
Dobbiamo dire subito che, malgrado il nome propiziatorio per un Assessore ai bilancio, e malgrado la considerazione che non gli neghiamo mai, da leali avversari politici, la sua relazione "paga poco". In effetti nelle sue ventidue pagine che cosa c'è? Nelle prime undici c'è un'analisi dell'andamento occupazionale ed industriale in Piemonte che è abbastanza corretta, anche se parziale nel senso che alcuni settori produttivi non vengono esaminati. Problema, quello dell'occupazione, di cui ci siamo già occupati, anzi, di cui ci occupiamo tutti i giorni, e ci occuperemo ancora in sede della relazione generale conclusiva della Commissione Programmazione e Bilancio sul documento Ires. Ricordo solo qui, ma senza sviluppare l'argomento, che recentemente il prof. Silos Latini ha licenziato un libro molto interessante che non sarà privo di conseguenze credo, nel dibattito che faremo in quest'aula sulla struttura dell'occupazione in Piemonte e sulle conseguenze politiche che ne derivano.
Ma questo è un dibattito che faremo un altra volta. Il problema principale è certo l'occupazione, ma la nota fatta in questo momento, in questa sede si valuta e "deve" essere valutata sul piano politico generale solo se c'è in sostanza, un nesso chiaro, esplicito, un'assunzione di responsabilità rispetto alla politica economica nazionale: per cui sono interessanti le undici cartelle scritte, ma solo se la conclusione politica è tale da esprimere un elemento di condanna dell'attuale politica economica che il governo porta avanti e nella quale siamo immersi, tutti, anche la nostra Regione, anche la nostra possibilità di intervenire concretamente.
Noi abbiamo di fronte un governo che fa ogni giorno correre avventure economiche e politiche di ogni sorta al nostro Paese e si configura come il peggior governo che potevamo aspettarci. Ma non voglio soffermarmi in una disamina accurata della situazione politica; voglio però denunciare i limiti di consapevolezza che ci sono al termine di quelle undici cartelle dell'Assessore. E' questo in fondo che dobbiamo, in sede politica, valutare ed è questo che noi valutiamo negativamente.
Noi non siamo più agli inizi dei dibattiti in questo noto Consiglio Regionale, non siamo più nella fase in cui, non conoscendo approfonditamente le forme di intervento, le possibilità, i nostri poteri potevamo anche illuderci di poter affrontare tutto, di poter risolvere tutto. Con questa illusione generosa abbiamo anche fatto delle cose interessanti nei prima mesi; adesso le cose devono essere valutate in modo più maturo. Dobbiamo renderci conto di quello che possiamo e dobbiamo chiedere, dobbiamo avere consapevolezza che se si vuole davvero avviare una politica di sviluppo dell'occupazione in Piemonte bisogna dare ragione a ciò che c'era scritto sui cartelli in occasione della manifestazione di 200.000 edili di Roma dell'altro giorno e non dire di sì invece alla politica del governo che sulla casa tende a liquidare gli aspetti innovativi di quella legge. Non c'è uno sviluppo della politica dell'occupazione se non c'è un radicale cambiamento di tutta la politica agraria, se non continuiamo ad emarginarci da soli dal MEC, se non c'è una politica che davvero freni l'inflazione e non invece la gestisca assai poco felicemente portando a una svalutazione crescente della lira. Insomma, se non c'è una modifica di fondo di tutto il quadro nel quale siamo chiamati anche noi a collocarci e ad operare. E tutta questa consapevolezza Assessore Paganelli, in quelle undici corrette cartelle di analisi economica, non c'è.
Dobbiamo averla, invece, questa consapevolezza, anche per la situazione politica nella quale siamo immersi. Guai se in questo Consiglio Regionale discutendo il bilancio del 1973, potessimo davvero pensare che problema di fondo è l'apertura della caccia o la modifica di alcune leggi. Noi viviamo in una situazione, cari colleghi, di cui mi pare dobbiamo tutti in qualche modo essere consapevoli e dobbiamo esprimerla questa consapevolezza, come l'ha espressa il Presidente del Consiglio Regionale. Ma allora dobbiamo poi trarre tutta una serie di conseguenze da questa situazione. Noi non possiamo nemmeno correre il rischio di fare come ha fatto il Presidente del Consiglio Andreotti (è una cosa che ha delle origini storiche nel trasformismo politico italiano) il quale si è messo al seguito di un corteo per esprimere il suo cordoglio, pochi giorni dopo avere accettato in Parlamento i voti di quella forza politica che è responsabile, di fronte agli occhi di tutti gli italiani, di ciò che è successo a Milano due giorni or sono.
Non ci sarà bilancio buono o cattivo della Regione alla fine del 1973 da resocontare, se ben prima della fine del '73 non si colpiscono non solo gli esecutori, ma i mandanti dell'eversione fascista. Non solo la teppaglia disperata, utilizzata e poi buttata a mare, secondo una tecnica che fu del fascismo nostrano e del nazismo, i Dumini ed i Viola di ieri di casa nostra, ed i Rohm nazisti tedeschi ed i Nico Azzi o i Maurino Muselli di oggi. Tutto ciò che stiamo vivendo ha una storia alle spalle. La conosciamo già questa meccanica, non c'è proprio niente di nuovo sotto il sole da questo punto di vista. Se non viene sradicata la radice di questa trama nera che imperversa sull'Italia ormai da circa quattro anni, altro che del bilancio 1973 discuteremo fra poco alla Regione e nelle piazze dell'Italia! Ma certo, non voglio nemmeno tradurre tutto il dibattito sul bilancio solo in una condanna politica, in un discorso che non deve essere evitato ma che certo non può nemmeno risolversi in quest'aula. E allora? Allora discutiamo pure del bilancio e discutiamone nell'aspetto nuovo rispetto alla seduta precedente, cioè nel confronto fra le conclusioni e della relazione aggiuntiva della Giunta, considerando la prima e la seconda assieme, in modo da vedere ciò che vi è di coerente e ciò che non lo è affatto.
Cominciamo con la questione dell'occupazione. La Commissione Programmazione e Bilancio dice nelle sue conclusioni che è "necessaria una politica di investimenti che favorisca la massima occupazione; il bilancio '73 deve essere uno strumento anticongiunturale per eccellenza; non può la Regione accantonare ancora per un anno la possibilità di contrarre mutui quando il sistema creditizio è in grado di appoggiarla immediatamente in questa direzione".
Cosa dice l'Assessore Paganelli? Da un lato accetta ciò che Giunta sinora aveva sempre taciuto e di fatto rifiutato, cioè la necessità di ampliare la spesa pubblica qualificandola e, quindi, di accedere alla massa dei mutui accendibili, ma si guarda bene dal dire l'unica cosa che pu tranquillizzare la Commissione. E che cos'è questo qualcosa che non c'è? Non ci dice quali leggi vuole davvero promuovere la Giunta nel 1973 per ottemperare ai mandati della Commissione e non ci dice quali somme intenda impegnare del fondo globale per far fronte a quei comandamenti che dice di voler accettare.
Come si può pensare che si arriverà a realizzare concretamente nel 1973 l'accensione dei mutui, nella qualità e quantità richiesta dalla Commissione, se non si sa ancora per che cosa, se non sono già anzi pronte le leggi che la Giunta dovrebbe presentare alle Commissioni, se non si sono fatti i necessari, doverosi calcoli, sia pure preliminari, sia pure da non iscrivere a bilancio? Io ho fatto il conto delle sedute di Consiglio che abbiamo ancora a disposizione da adesso fino alla fine dell'anno: prima delle ferie estive ci sono tredici sedute possibili. Con il ritmo attuale di funzionamento del Consiglio Regionale, queste sedute sono appena sufficienti per portare avanti soltanto le leggi che le Commissioni stanno per finire di esaminare! Quasi tre quarti di quelle sedute sono già impegnate sin d'ora, dopo di che ci sono già delle scadenze che si pu presumere andranno alle sedute dopo il ferragosto. Allora, o le leggi sono pronte e vengono consegnate in questi giorni a tutte le Commissioni perch le esaminino, o niente di tutto ciò di cui qui si sta chiacchierando passerà nel 1973, passerà invece solo qualcosa di quanto era già stato impiantato nel 1972. Qui c'è il problema dei tempi, dei contenuti e del quantum, che è tutt'uno con le cose che si dice di volere e che invece rischiano di tradursi in nulla. Ed io prescindo qui dal giudizio sul contenuto di queste leggi solo osservando il ritardo e la contraddizione con i giorni disponibili, il tempo, e la coerenza con la metodologia che ci siamo dati, che prevede sempre un'ampia consultazione.
La giusta osservazione che non si possono iscrivere a bilancio le somme relative a leggi che non esistono, non ha impedito alla Regione Lombardia come impegno politico della Giunta di presentare perché siano approvate nel 1973 n. 14 leggi di carattere generale per il Parlamento italiano e 85 leggi regionali. Voi direte: quelli lì parlano molto ma in realtà fanno poco. C'è forse del vero, però almeno dicono di volerlo. C'è, d'altra parte, un modo più corretto per esprimersi, per confrontarsi con tutte le forze politiche che il dire con chiarezza che cosa si vuole e poi magari pagare il prezzo per non averlo fatto? Questo è il modo, non ne vedo altri.
Tra l'altro di queste 85 leggi la Giunta Regionale dice quali pensano siano approvate nel '73 e quali oltre quella scadenza. C'è tutto un programma legislativo e io non do qui un giudizio sui contenuti, anche se questi già si intuiscono perché il titolo della legge è preciso, non è evanescente dice verso quale direzione si vuole andare.
La Regione Emilia invece presenta per il 1973 ed allega nel Bollettino Ufficiale della Regione, per un bilancio già approvato, l'elenco minuzioso di 31 leggi per un ammontare complessivo di investimenti di presumibili nove miliardi (probabilmente i calcoli non sono precisi, in sede di dibattito si modificherà il quantum ma tuttavia si sa che cosa la Giunta intende fare nel 1973). Analoga procedura è stata seguita dalla Regione Toscana.
Io capisco che si possano comprendere le ragioni del ritardo di elaborazione, e anche efficienza, ma qui c'è un vero e proprio distacco che sta crescendo fra alcuni aspetti dell'attività della nostra Regione e le altre Regioni italiane. Si può capire perché la Giunta si presentò a suo tempo con quella relazioncina sul bilancio, si può capire che cerchi di colmare i vuoti di impostazione con questa seconda relazione, che aggiunta alla prima fanno tuttavia ancora parte di un corpo assai misero rispetto alla problematica ed al modo in cui dobbiamo atteggiarci di fronte ai problemi che abbiamo in una Regione come questa. Si può capire ma voi non potete chiederci di condividere tutto questo. La nostra Regione ha avuto quattro crisi, mentre la Regione che ho citato io non ne ha avuta neanche una; e quattro crisi sono un anno di ritardo cari colleghi! Ma questa è una responsabilità che lasciamo a voi! Abbiamo fatto il possibile perché le cose andassero diversamente, noi non giustifichiamo niente di questo ritardo, assolutamente nulla, nemmeno la questione della carenza degli uffici, perché nessuno vi ha mai detto di mettere questa Regione in queste condizioni, di non fare l'ufficio legislativo, oppure di non attrezzare gli assessorati come si deve. Si possono contestare certi elefantismi di altre Regioni (però prima vediamo quanto c'è di giusto in questa critica) e noi siamo certo contro le assunzioni indiscriminate di eserciti di consultori ma siamo anche contro a una Giunta che dice di non essere in grado di presentare i progetti, gli studi, i calcoli necessari alle cose che si devono fare.
Noi, anche per le cose che diceva il Consigliere Conti, adesso, abbiamo la sensazione che questa Giunta lavori male, che il suo modo di lavorare non sia produttivo, che ognuno vada un po' per conto suo, che tutti assieme gli Assessori non combinano un granché. Ancora una volta prescindo dalla questione pur fondamentale dei contenuti. Questi li valutiamo volta per volta, ma il problema è proprio che non producete molto, siete scarsi, come dire, di "produttività", siete "assenteisti".
Non è la preoccupazione di vincolare l'attività legislativa del Consiglio quella che vi anima. Noi sappiamo benissimo poi come difenderci da un vincolo di questa natura. Intanto è vero che di leggi ne abbiamo sovente presentate noi comunisti prima e voi, maggioranza, siete venuti fuori dopo. Quindi figuratevi un po' che preoccupazione abbiamo noi di essere vincolati dall'attività legislativa della maggioranza. No, a rimorchio siete venuti sovente, e quando non siete venuti a rimorchio avete presentato dei progetti di legge che poi non avete nemmeno potuto portare avanti perché avete trovato ostacoli, dissensi di varia natura e di vario genere qui dentro e nella Regione. Quindi non è questa la preoccupazione che vi spinge a non presentare le leggi, a "non fare". La vostra linea è un'altra, al di là delle chiacchiere. La vostra linea è di andare avanti in modo da avere le mani libere, da non avere impegni, anche formali, per fare volta per volta le cose che siete in grado di fare, mediare quando si è costretti, ma al di fuori di qualunque logica di piano di programmazione e di assunzione coerente di responsabilità, e quindi disposti poi a pagare il prezzo di questa coerenza e di questa responsabilità. Questa è la linea che sostanzialmente vi ispira; al di là delle singole volontà di qualche Assessore, il meccanismo finale che producete è questo.
E adesso vediamo, punto per punto, altre dissonanze fra ciò che la Commissione chiede e ciò che la Giunta recepisce. Cominciamo con quanto la Commissione rileva a pag. 68. Elencando e spulciando dalla relazione dell'Assessore Paganelli le leggi che la Giunta, tutto sommato, considera proprie e vuole impegnarsi a far sì che siano approvate dal Consiglio, si evince che queste leggi sono l'Ente di sviluppo agricolo (1972), l'Ente di sviluppo dell'artigianato (1972), la Società Finanziaria pubblica (promessa nel 1972, non ancora consegnata), la legge sugli incentivi all'urbanizzazione primaria (anche di questo se ne parla dal '72, arriverà nel '73, ma per adesso non c'è), la legge sul personale (se ne parla da sempre e forse questa ci sarà ma non si sa quando). La legge sul personale è indispensabile. La Regione Piemonte dovrebbe fare in maniera che alla fine dei cinque anni non siano soltanto approvate le leggi per gli stipendi ai Consiglieri e per gli Assessori, ma anche per il personale, che è una cosa importante e giusta, soprattutto se sarà una buona legge.
E poi le leggi per assegni di natalità e le leggi di delega dell'esercizio delle funzioni. Queste sarebbero leggi serie, importanti per il modo di gestire della Regione, se già fosse possibile esaminarle. Ma una prima osservazione è che tutte queste iniziative del passato e del futuro non sono ancora in grado di intervenire in funzione anticongiunturale sulla situazione economica che per undici cartelle ci sono state elencate in modo, ripeto, corretto dall'Assessore. No, qui interverremo in una legislazione necessaria, certo, e in un settore importantissimo, ma sempre a medio termine.
Si dice poi che faremo forse (quando?) la legge sul piano. Noi siamo i primi ad aver rallentato tutto l'iter del piano, ma sappiamo che non sarà facile concludere rapidamente.
C'è quindi una prima discrepanza di fondo fra tutti i concetti ispiratori della relazione Dotti e ciò che la Giunta dimostra di volere concretamente fare: un divario di ottica, di tempi e di contenuti.
Ciò emerge dal confronto più analitico che è necessario qui fare perch permette di individuare meglio i silenzi e forse di aprire ancora in questa sede un dibattito dal quale, concludendo, Assessori e Presidente della Giunta possono cogliere l'occasione per colmare delle mancanze vistose. Se questo alla fine non accadesse ci sarebbe la manifestazione evidente di una non volontà politica.
Cominciamo da ciò che viene affermato a pag. 68. La Commissione qui dice che bisogna "controllare la distribuzione e quindi i prezzi, non solo con la vigilanza, ma promuovendo centri di vendita diretta, soprattutto per il settore alimentare, rinnovando vecchie e decrepite strutture, attivando la concorrenza, disciplinando il settore commerciale attraverso l'attuazione dei piani urbanistici previsti dalla legge 11 giugno 1911 n.
426". Ben detto.
Ma nella relazione dell'Assessore Paganelli di questo problema non c'è nulla e io chiedo all'assessore Borando di intervenire e dirci quanti punti vendita diretta la Regione intende avere e quanti piani urbanistici previsti dalla legge vuole mettere in cantiere nel 1978, per essere coerente con ciò che dice la relazione della sua stessa maggioranza! Agricoltura. Ci saranno altri interventi specifici su questo, ma a me interessano alcuni punti. La Commissione dice: "Occorre: varare una legge sulla zootecnia per il risanamento delle stalle e gli allevamenti, con particolare riguardo alla cooperazione; approvare una legge di pronto soccorso per venire incontro agli agricoltori colpiti gravemente dalle calamità atmosferiche; approvare un piano di sviluppo dell'agricoltura, con programmazione pluriennale da finanziare sistematicamente già con l'esercizio 1974".
E allora chiedo all'Assessore Franzi di intervenire nel dibattito chiedo al Presidente della Giunta, ai Consiglieri Menozzi, Bertorello e Giletta, a quelli che erano presenti con me a tutte le consultazioni sul piano Ires nella zona di Cuneo, chiedo se la Giunta e se la maggioranza interessata, se si impegna a presentare non le modifiche di bilancio quantitative che qui sono state anche presentate sulla zootecnia, ma la "legge" sulla zootecnia, che è una cosa diversa. Siccome non c'è niente di tutto questo nella seconda relazione di Paganelli, chiedo una risposta esplicita. Mi riferisco anche al documento approvato dal C.E.M. nel monregalese che su questa questione ha puntato un dito e mi riferisco anche alle esplicite piattaforme avanzate dalle organizzazioni contadine.
Artigianato. C'è scritto, nelle conclusioni della Commissione: "Istituire una consulta regionale permanente dell'artigianato e condurre un rapido censimento delle forze dell'artigianato in Piemonte". Questo costa davvero poco farlo, però nella relazione dell'Assessore Paganelli non se ne parla. Io chiedo che qualcuno ci dica, prima della fine del dibattito se come e quando si fa la Commissione, si fa il censimento. Ci sono poi tutti gli altri problemi dell'artigianato, ma questa è una questione unitaria su cui c'è stato consenso in Commissione.
Piccola industria. "Provvedimenti per la promozione commerciale e l'assistenza tecnica: creazione di un ufficio regionale di marketing e di un ufficio regionale di ricerca ed assistenza tecnica. Iniziative per il reperimento aree da destinarsi ad insediamenti produttivi ai sensi della legge 865, e per l'istituzione del leasing immobiliare". Ecco ciò che dice la Commissione.
E allora chiedo all'Assessore, dato che nella relazione dell'Assessore Paganelli non c'è niente: sì, no, quando, come, nel '73 si farà qualcosa per essere coerente con l'impegno della Commissione che sottolinea la necessità di intervenire subito.
Sanità ed assistenza sanitaria. Qui c'e scritto: "La medicina e l'assistenza preventiva nei luoghi di lavoro". Chiedo all'Assessore di riferire qui, nel dibattito sul bilancio, che cosa si vuole fare, quando lo si vuole fare, come. Altrimenti non è possibile sostenere che nei documenti della Commissione ci sono tante cose giuste, su cui la Giunta non dice niente ma gli si dà comunque il voto favorevole. Una coerenza di questo genere la lasciamo ai colleghi di maggioranza, se la vogliono.
Assistenza scolastica: dice la Commissione: "Approvare una legge regionale per il riordino della complessa materia" che è cosa diversa dallo stanziare più soldi. Di soldi in fondo ce ne sono già, tanti anche se insufficienti in questa direzione. Ci sono sei o sette miliardi a bilancio pochi rispetto a tutte le esigenze, ma ce ne sono. Ora qui viene richiesta la legge. C'è un progetto? C'è qualcuno che ci lavora? Verrà presentata? Quando, nel '78, nel '74, quando? Formazione professionale. Si legge: "Approntare un piano regionale".
Assessore Visone, c'è questo piano? Qualcuno ci lavora? Siete d'accordo sul piano? Quando lo fate, come si fa? Casa, Assessore Benzi. Si legge nella relazione: "Assolvere le incombenze che spettano alla Regione nel quadro della legge 875". Siccome non c'è niente nella relazione dell'Assessore Paganelli, che invece a quanto pare trova già d'accordo il Consigliere Conti, io chiedo delucidazioni su tutti i punti per sapere quando, come e in che maniera si intende assolvere alle incombenze delle leggi. Dato che le case non si fanno, i soldi dovrebbero esserci, ma le Regioni non prendono neanche quelli che avevano avuti consegnati dallo Stato, anche se i riparti sono gia stati fatti.
Per la viabilità, acquedotti, fognature. Stessi silenzi.
Trasporti. Dice la Commissione "delimitazione dei bacini di traffico avviare la pubblicizzazione (non la 'pubblicazione' come è scritto qui) del servizio". Due cose importanti, ma sarebbe interessante conoscere l'opinione dell'Assessore perché le nostre leggi sui trasporti non sono prese per fortuna a modello in Italia. La Regione Lazio ne ha fatte altre completamente diverse e nella consultazione che c'è stata ad Ivrea (alla quale erano presenti molti sindaci, ma non c'era l'Assessore Gandolfi) sono state dette delle cose interessanti. Parecchi sindaci hanno fatto riferimento al fatto che delle aziende private depennano i servizi pubblici che non gli vanno, vengono alla Regione in base a quella legge a chiedere i soldi, per poi fare quello che facevano anche prima. Se le leggi che abbiamo fatto noi servono a questo brillante risultato è un bell'affare! Noi l'avevamo prevista e questo è stato denunciato non da sindaci comunisti, che non abbondano nella zona di Ivrea, ma da sindaci di varie maggioranze.
Vi risparmio le altre citazioni, ma vi invito a compiere questa ricerca per conto vostro delle contraddizioni fra la relazione di maggioranza della I Commissione e i documenti della Giunta.
Nella seconda ed ultima parte del mio intervento vorrei occuparmi invece di un'altra questione inerente al bilancio. E potrebbe intitolarsi: "Come si spendono i soldi nella nostra Regione". Argomento che è altrettanto importante di quello "Come si vogliono spendere". E' vero che avremo occasione di affrontare la questione in modo più approfondito quando ci sarà il consuntivo del '72, ma qualche osservazione già sin d'ora non credo sia fuori luogo. Qualche avvertimento, qualche precauzione, per evitare che anche qui ci sia difformità non soltanto con quello che la Commissione ha già chiesto all'unanimità, ma con prassi corrente. Non ne faccio neanche qui questione di condanne generiche o di sola denuncia. Ne faccio una questione di gestione corretta del pubblico denaro. E dico anche che questa è una componente politica, morale che ha grande rilievo nel nostro Paese, specialmente in una situazione come questa, per una Regione che non può ancora fare moltissimo, ma che comincia ad avere un bilancio di un certo rilievo. Non può ancora fare l'attività preminente che dovrebbe cioè legiferare, coordinare, programmare e quindi l'attività amministrativa acquista ancora maggiore rilievo, maggiore importanza perché finisce di fatto di essere un terreno di misurazione della volontà di rinnovamento nel modo di spendere i quattrini e degli eventuali concetti innovatori nel gestire il denaro pubblico dello Stato. Se avessimo 200 leggi all'esame questo aspetto potrebbe essere non dico oscurato, ma visto in una prospettiva che tende a modificare tutti i meccanismi del modo di spendere.
Ma siccome la carenza c'è su "quel" piano e "questa" invece è l'incombenza che impegna oggi tutti gli assessorati, allora il problema acquista un rilievo particolare e tenuto conto del momento politico lo acquista anche per una ragione politica generale.
Un settimanale, uno dei più moderati settimanali italiani, "Epoca", ha pubblicato delle interessantissime pagine proprio questa settimana, col titolo "Vi riveliamo che fine hanno fatto i miliardi pro Calabria". Voglio ricordarlo qui anch'io perché è qualcosa di più di un ammonimento.
"In questi mesi le alluvioni in Calabria hanno provocato 320 miliardi di danni: fiumi, torrenti, pezzi di montagna che precipitano a valle e portano via villaggi e case. C'era una legge? Sì. E ci sono anche i fondi.
I cittadini italiani hanno pagato dal 1956 al 1972 per il risanamento idrogeologico della Calabria 1.259 miliardi e 357 milioni. Tanto è quanto ha fruttato l'addizionale pro Calabria istituita appositamente per impedire che in quelle terre si ripetessero, come era sempre successo, i disastri e le rovine. Oggi voi sapete come stanno le cose: 19.000 senzatetto in provincia di Reggio Calabria, duemila emigrati partiti in questi giorni da San Luca, migliaia accampati nelle tendopoli a 250 grammi di pane a testa mezzo chilo di pasta, una scatoletta".
Questa non è un'immagine retorica, è proprio così: 250 grammi di pane mezzo chilo di pasta, una scatoletta. Ebbene, di quei 1.260 miliardi circa che sono stati pagati dal contribuente, e tutti quanti incassati, il governo ne ha stanziati 599 e di fatto se ne sono spesi 350. E' uno dei più grandi scandali del nostro Paese, quelli che fanno scrivere colonne indignate ai giornalisti inglesi, americani, francesi, che lavorano in Italia. Certo, è uno scandalo, superato solo da quello del Belice dove si sono spesi 162 miliardi e non si è potuto costruire nemmeno una casa.
Ma c'è uno scandalo nello scandalo, perché dei soldi spesi, 90 miliardi sono stati di opere varie, 70 di migliorie fondiarie; se poi si va a vedere come sono stati spesi questi 90 e questi 70 si vedono contributi a parroci a proprietari che si sono fatti la strada poderale (la villa in campagna in alcuni casi), circoli ricreativi monarchico-fascisti (ecco le loro organizzazioni di massa), squadre di calcio per alimentare il football in Calabria. Questione che come è noto, riveste un rilievo fondamentale per il risanamento economico del Paese.
Il settimanale milanese dice, e lo cito fra virgolette: "In pratica tutti i furbi che erano in condizioni di farsi raccomandare all'onorevole hanno avuto un contributo, un sussidio, un finanziamento, non importa a che titolo". Naturalmente il settimanale non specifica gli onorevoli in questione ma voi dovreste immaginarli.
E' un ammonimento. Io credo di sì. Solo un ammonimento? Io credo di no.
Ho qui sotto gli occhi un po' di delibere della Giunta Regionale piemontese e credo proprio che dobbiamo riflettere a fondo su un certo andazzo.
Ci sono tre delibere: una per una spesa di dieci milioni e 500.000 un'altra per 29.210.000, una terza per 146.900.000 e sono prima di tutto istruttive per tutti credo, persino per gli Assessori, perché una parte di essi credo che non sanno forse queste cose. Istruttiva perché si viene a sapere la quantità incredibile di gente che si dedica in Piemonte alla beneficenza e all'assistenza degli altri; credo che stiamo tendendo a divenire la Regione dove coloro che si dedicano all'assistenza sono nettamente superiori agli assistiti e la cosa dovrebbe cominciare a preoccuparci tutti quanti: 221 enti a Torino, 42 a Vercelli, 22 ad Alessandria, 7 ad Asti (come mai solo sette ad Asti? Ci deve essere un errore), 33 a Cuneo, 11 a Novara. Ma non sono tutti, questi sono solo le pattuglie, i più attenti all'esistenza della Regione. Insomma quelli che hanno già ricevuto dei soldi. Ah! Sì, certo, in applicazione delle leggi ci mancherebbe altro. In applicazione delle leggi. Però, scorrendo gli elenchi, ho capito che qualche cosa appariva strano leggendo questi nomi.
Io penso ai sindacati quando cercano di stabilire un rapporto con la Giunta, con la Regione, a volte correttamente, a volte con qualche sbaglio di indirizzo. Essi vengono, parlano, protestano e se ne vanno. Dobbiamo invece prendere atto che c'è invece un'altra categoria di enti in Piemonte che telefonano, parlano, prendono i soldi e via. Sono già due mondi con cui la Regione ha rapporti, uno dei quali usa forse solo i telefono (non ancora controllato) e subito ascoltato mentre ci deve essere qualcosa che non funziona per l'altro mondo. I rappresentanti di 700/800.000 persone che lavorano, scrivono, propongono, elaborano e non ottengono niente. Mentre altri, fanno una telefonata e un milione, due milioni, cinque milioni scappano dalle mani di certi assessorati. Non dico che siano soldi sperperati, constato un fatto, e rilievo un metodo.
Poi leggendo queste delibere ho imparato un sacco di nozioni. Io sapevo per esempio dell'esistenza delle Figlie di Maria Ausiliatrice, sapevo dei Piccoli amici di Gesù, sapevo delle monache di clausura, ma non conoscevo per esempio, l'esistenza delle Suore scalze del Carmelo (non le Carmelitane scalze, quelle sono un'altra cosa). Sapevo delle Immacolate, ignoravo l'esistenza delle Immacolatine; del tutto ignoravo l'esistenza delle Protette da San Giuseppe. Tutti questi enti si prendono le 100/200/300.000 lire di contributi. Certo poco più di un'elemosina insomma. Se poi però si sommano assieme tutti questi enti, si vede per esempio che San Vincenzo è presente dodici volte nell'indice, e quindi alla fine sono dodici i contributi per la San Vincenzo. Se si fanno le somme si scopre che 23 sono monasteri e le opere assistenziali dei monasteri. Già, perché sono i monasteri e le opere assistenziali dei monasteri. I contributi naturalmente danno agli uni ed agli altri. E ci sono 16 parrocchie, 52 gli istituti di suore, figlie di Maria, della Consolata, delle Fanciulle povere Maddalene e delle Maddalenine e delle Clarisse. Il resto: anche qualche asilo, qualche scuola, ma assai poco. Totale: 342 sovvenzioni. Ho visto che ce n'è una che si intitola a un istituto a nome Agnelli. Forse sbaglio io, ma non vorrei davvero che si fossero date anche solo centomila lire della Regione ad un istituto imparentato con gli Agnelli, e chiedo all'Assessore di dirci che non è successo. Ci deve essere un errore, si chiama Agnelli ma mi rifiuto di credere a parentele con la grande famiglia.
Il secondo elenco, quello dei 146 milioni, è più rilevante e qui si tratta di contributi straordinari (art. 49 R.D. 18/11/1923 n. 2440) e le cifre sono qualcuna solo di 100/200.000, anche di 300.000 lire una tantum ma il più delle volte si tratta di milioni. Nell'elenco prima le delibere della Giunta non facevano cenno alla richiesta di documentazione sulla concreta attività degli enti richiedenti, qui invece il riferimento alla documentazione necessaria esiste. Ma io sono andato a vedermi il decreto a cui si ispirano i due elenchi. E' un decreto del 1945 che dice all'art. 2 cui fa riferimento: "I Comitati provinciali di assistenza e beneficenza pubblica curano il coordinamento delle varie attività assistenziali nelle rispettive province, sovrintendono all'attività medesima e promuovono l'intervento degli istituti che svolgono tale attività ed in caso di urgenza intervengono con i fondi, eventualmente messi all'uopo a disposizione dei prefetti dal Ministero dell'Interno".
Però i Comitati di allora, pur fatti nel '45, quando non c'erano ancora le Regioni, prevedevano (oltre a tante altre cose) la presenza di un paio di rappresentanti delle organizzazioni sindacali, per esempio. Ho letto al punto 4 dell'art. 7 della necessaria presenza di "due membri effettivi e due supplenti eletti dalle organizzazioni del lavoratori". Siccome tutto questo adesso è passato di competenza delle Regioni, allora viene gestito dalla Giunta e qui c'è già l'osservazione di fondo cioè una gestione senza controlli. E allora quando ci sono da prendere delle decisioni di questo genere, straordinarie ed eccezionali per 146 milioni, ci vorrebbe una convocazione della Commissione, una presentazione da parte dell'Assessorato dei criteri che si intendono adottare, l'esame attento delle documentazioni attraverso le quali vengono richiesti i soldi. Perché per noi 146 milioni sono tanti, le Regioni hanno pochi soldi ma 146 milioni cominciano ad essere una cifra; 73 milioni e 600.000 per Torino, 29 milioni per Cuneo, 16 per Alessandria, 15 per Asti, 7 per Novara e 5 per Vercelli (e non si capisce nemmeno perché a Vercelli 5 ed a Novara 7 soltanto, forse questi enti non sapevano le cose, non sono stati avvertiti, o forse non fanno parte di certi collegi elettorali). E allora ciò che non è stato possibile chiedere prima lo chiedono adesso. Quali criteri presiedono a questo meccanismo di sovvenzioni? Ci sono poi, come dire, le contraddizioni interne. Cioè enti che ne approfittano di più, altri di meno. Ad esempio sono 12 in provincia di Alessandria ma 16 in provincia di Asti. Sono 16 in provincia di Cuneo, solo 9 in provincia di Novara, ma 41 in provincia di Torino e 1 solo in provincia di Vercelli.
Di che cosa si occupano questi enti? 37 sono enti ed istituti religiosi (e qui ritorna San Vincenzo, che si prende altri due contributi da 500.000 lire l'uno); le Piccole suore dei poveri ne prendono uno da cinque milioni (e certo continuano ad essere piccole e certamente dei poveri, ma è da sperare che adesso lo siano po' meno, dopo il contributo); le Immacolatine che devono ristrutturarsi l'edificio prendono 5 milioni pure loro, le Figlie di Sant'Eusebio 5 milioni. Ora, il fatto che i poveri aumentano mentre notoriamente diminuiscono le suore e aumentano solo i soldi che escono in questa direzione dalla Regione dovrebbe essere un fatto che ci induce a profonde meditazioni.
Più in generale credo che sia tempo di vedere tutta questa materia che va sotto il nome assistenza. E' tempo di discuterne a fondo perché il nostro è un Paese dove niente è più consueto dello straordinario e niente nella vita politica italiana finisce di essere più definitivo del provvisorio, e niente è meno occasionale della prassi che si instaura e che poi tende a diventare per inevitabile forma tradizionale. E' proprio il metodo qui che più di ogni altra cosa è in discussione. Quando non possiamo ancora discutere dei tanti soldi che vorremmo avere e che non abbiamo, la questione del metodo che viene impiegato per spendere quelli che ci sono non riguarda soltanto quegli elenchi che ho citato ma tutto il modo di gestione delle funzioni trasferite. E qui preciso altre critiche agli Assessorati.
La Giunta ha deliberato di assegnare in via definitiva, con delibera 3318241, 17 milioni 750.000 alle Aziende autonome di soggiorno, mentre con delibera precedente aveva già previsto di stanziare 72.750.000. Qui non è che la Giunta abbia potuto decidere molto, ha applicato cose stabilite dallo Stato, non è lì il punto. L'osservazione è un'altra ed è che si poteva prendere spunto da questa occasione in cui la Regione magari metteva soltanto la firma (anche se non credo che abbia messo solo la firma perch per quanto riguarda l'Azienda autonoma di soggiorno ha deciso anche lei la sigla a cento milioni che se ne vanno per riunire la Commissione competente) per discutere come vengono elargiti i finanziamenti. Tra l'altro c'è una Commissione permanente del Consiglio che non fa niente perché non le si danno leggi da esaminare, è la Commissione che presenta meno bilanci di attività e di riunioni. L'Assessore secondo me doveva chiedere un incontro, per essere sorretto, aiutato in queste circostanze.
Dobbiamo lavorare così se vogliamo fare una Regione aperta, nuova, anche perché deve tendere a modificare il sistema di gestione. Non è questo che è scritto nello Statuto? Invece si firma, si mandano già i telegrammi per illustrare l'interessamento di questo o quell'Assessore ma la riunirne non richiede l'esame, non lo sollecita: in Consiglio non si viene, Commissione nemmeno. Siccome non siamo un Consiglio Comunale finisce che l'Assessore firma tutto al Comitato di controllo, ma non c'è tipo di controllo preventivo. E allora è peggio dei Consigli Comunali dove almeno chi ha voglia va a vedersi la pratica. Qui per prendere visione di una pratica bisogna fare gli investigatori. E' tempo di modificare strutturalmente tutto questo meccanismo e proposte sono state fatte concretamente dalla I Commissione.
Anche perché non succede così dappertutto, e porto l'esempio di una Regione governata dalle sinistre, dall'Emilia, e la vostra opposizione pu contestare se è in grado di farlo, ma non mi consta che l'abbia fatto su questo punto. Per esempio l'Assessore Romagnoli pubblica sulla rivista dell'Emilia Romagna il metodo attraverso il quale sono arrivati in quella Regione a definire come spendere i soldi, come distribuirli per gli acquedotti, le fognature, ecc. Ecco come hanno fatto; i programmi di intervento dei vari settori sono stati messi a punto attraverso quattro fasi: la raccolta del quadro delle richieste; l'informazione trasmessa alla Commissione consiliare urbanistica ed assetto territoriale; la consultazione dei Comuni, delle Province e dei Consorzi in sede provinciale; la definizione dei programmi da parte della Giunta, tenuto conto delle proposte scaturite dalla consultazione dei Comuni, delle Province e dei Consorzi in sede provinciale; la definizione dei programmi da parte della Giunta, tenuto conto delle proposte scaturite dalla consultazione. Il metodo, sperimentato in modo positivo, verrà ulteriormente perfezionato, tra l'altro, con l'elaborazione di un quadro analitico dei finanziamenti erogati dalla Regione per opere pubbliche nel '72, unitamente al quadro di quelli forniti dallo Stato nell'ultimo quinquennio per gli stessi tipi di opere ed in base alle stesse leggi e ci per mettere a disposizione uno strumento utilissimo non soltanto a scopo conoscitivo, anche per la definizione delle scelte ulteriori da compiere.
Ecco, bisogna, secondo me, fare così per tutti i fondi che spendiamo e che hanno un rilievo di programmazione democratica.
Invece questo non si fa e non lo si fa nemmeno per le cose che non costano. Infatti il 13 febbraio 1973, con delibera n. 160, viene composto per il triennio '73/'75 un Comitato regionale contro l'inquinamento atmosferico. C'è un Comitato e c'è il decreto del Presidente che lo licenzia, e c'è anche un regolamento in sei articoli. E chi l'ha discusso questo regolamento? Chi l'ha deciso? Sono state designate diciassette persone a far parte di questo Comitato, tredici di Torino (mi paiono tante, troppe, come se il problema degli inquinamenti fosse soltanto un fatto torinese) e le altre quattro non è che sia scritto di che provincia sono. Può darsi che siano di Torino anche quelle, eppure è un Comitato regionale.
Il nostro Statuto non prevede forse, all'art. 23, la necessità di sentire la Commissione consultiva per le nomine? La Commissione c'è, ma la Giunta ha deciso senza cercare il confronto.
Di questo sistema di governare voi non siete affatto innocenti, anche quando date la causa di tutto allo Stato, alle leggi vecchie, ai limiti delle Regioni, ai fondi che mancano perché voi siete parte di tutto quello che nel passato e in questo momento è successo e succede in Italia, e quindi del marasma economico, politico, culturale e morale attuale e ne portate una grossa fetta di responsabilità. D'altronde queste cose non le diciamo più soltanto noi, ma si pubblicano sui vostri giornali. Io leggo qui sul numero di marzo di "Regione democratica" un titolo: "Grossa crisi degli ospedali di Alessandria". Il periodico è della sinistra della D.C. e che cosa si può leggere? Ecco c'è scritto che: "potrebbero essere come sette sorelle le zone ospedaliere della provincia di Alessandria, ma a differenza di quelle ben altrimenti famose, sono povere e piuttosto malandate, anche orfane se vogliamo poiché hanno un padre nel piano provinciale ospedaliero, ma non una madre, la Regione, anche in questo caso assente, o meglio assente sul piano della programmazione perché di tanto in tanto arrivano gli stanziamenti, contributi distribuiti per lo più con criteri paternalistici". Questo non l'ho detto io, lo scrivete voi.
E ancora: "I rapporti con la Regione non sono certo di proficua collaborazione, anzi, di costante confronto se non di aperto e profondo dissenso. Dei sette ospedali, due provinciali, cinque di zona, soltanto tre sono riusciti a darsi un Consiglio di Amministrazione, Casale, Acqui Tortona. Negli altri è in atto una guerra sotterranea con la Regione che nel tentativo non sempre felice di affibbiare ovunque possibile amministrazioni di centro-destra agli ospedali, ha provocato la robusta opposizione delle Amministrazioni Comunali. I Consigli Comunali di Novi Ligure ed Ovada hanno impugnato il decreto regionale che individua gli interessi originali dell'ente, del prefetto di Alessandria e del vescovo di Tortona. Il primo ospedale è commissariato nella persona di un uomo di fiducia dell'Assessore alla sanità Armella, che il Consiglio di Stato già ha fatto decadere (non Armella, il suo uomo), il secondo è tuttora presieduto, pur scaduto, da Ambrogio Lombardi, armelliano pure lui". Se succedono queste cose, vedete bene che non siete innocenti.
E poi c'è il fatto che in questa Regione, fra gli amici del Presidente quelli di Armella, i cognati dei potenti (io vivo in una provincia dove non c'è soltanto Scalfaro, ma c'è anche suo cognato che è Presidente della Provincia) gli amici ed il clan di Nicolazzi, il confronto politico è sempre difficile ottenerlo, dato che non serve al sottogoverno e al superpartito. Queste cose le ha dette due giorni fa una persona autorevole (io sono un ateo convinto che vuole sinceramente il dialogo politico con i cattolici e quando parla un Vescovo so che cosa rappresenta).
"E' innegabile - scrive il Vescovo di Torino - che molte lagnanze sono motivate dai fatti, che vi sono forme svariate di favoritismi e di corruzione, che invece di ascoltare i cittadini che si rappresentano e di porsi al loro servizio, si fa del posto uno strumento di potere e di dominio, in una corsa scandalosa agli incarichi meglio retribuiti e cumulati in poche persone e che i primi a soffrirne sono i deboli ed i poveri che giustamente reclamano per avere i servizi essenziali: case scuole, ospedali, verde".
Io credo che siano parole chiare dette da una persona attendibile.
Avrei voluto che per smentirla se del caso ci fosse una smentita del Presidente della Regione a quella notizia apparsa su "La Stampa" che lo dà fra i candidati a presiedere anche il SAMIA.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Se io dovessi correre dietro a tutte le illazioni!



SANLORENZO Dino

Sarà un'illazione de "La Stampa" e ne prendo atto. Ma allora mettiamolo anche soltanto sotto l'aspetto di un giornale che può arrivare a pensare che il Presidente della Giunta diventi "anche Presidente del SAMIA"; come se non bastassero tutte le presidenze che ha già sulle spalle il dott.
Calleri.
E' proprio per queste cose che credo possiate capire perché, pur essendoci impegnati a fondo nella battaglia sul bilancio, pur avendo dato il nostro contributo di idee, pur avendo influito, crediamo, in modo positivo anche in cose che sono state recepite dalla relazione di Paganelli, pur essendo impegnati oggi, come sempre, a fare in modo che la Regione decolli davvero, voi non potete chiederci per questo bilancio una fiducia che dovete caso mai conquistarvi, che adesso non avete, malgrado le cose che a volte siete costretti a dire. Tocca a voi operare e lavorare nel '73 per ristabilire un clima ed una possibilità di confronto politico costruttivo che oggi è più affidato alle sorti, alle compattezze all'intelligenza, al lavoro dell'opposizione che non ad una disponibilità piena, coerente e sincera di tutti i componenti dell'attuale Giunta di governo regionale.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE OBERTO



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Rossotto se il suo intervento non è molto lungo.



ROSSOTTO Carlo Felice

Non so se giudicarlo lungo o breve.



PRESIDENTE

Può terminare verso l'una, l'una e dieci?



ROSSOTTO Carlo Felice

Non credo.



PRESIDENTE

Allora faccio presente che stamattina abbiamo sentito tre interventi ne abbiamo una decina di altri, quindi bisognerà che puntualmente alle 16 quest'oggi si dia inizio ai lavori. Alle ore 16 io apro la seduta che è attualmente sospesa.
Convoco i Presidenti di Gruppo per le 15,30/15,40 qui nel mio studio.



(La seduta ha termine alle ore 12,50)



< torna indietro