Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.143 del 29/03/73 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE OBERTO


Argomento: Comprensori

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

La seduta è aperta. Vorrei informare il Consiglio che ritengo confortato in questo anche da decisioni delle sentenze della Corte costituzionale, la n. 66 del '64, la 24 e la 143 del 1966, la 6 e la 12 del 1970, che quanto attiene alla elezione dell'Ufficio di presidenza e dei componenti dell'Ufficio di presidenza, debba considerarsi come un atto interna corporis, quindi non assoggettabile obbligatoriamente all'esercizio di controllo che la Commissione di controllo esercita sulle deliberazioni amministrative, ai sensi dell'art. 45 della Legge n. 62. Pertanto non si fa neanche luogo alla necessità di una dichiarazione di immediata esecutività della nomina che abbiamo fatto questa mattina del Vice Presidente, che è immediatamente esecutiva. Per cui, dichiaratolo eletto come si è fatto questa mattina, prego il Vicepresidente di prendere posto al banco della presidenza.
La parola al Consigliere Berti.



BERTI Antonio

Il dibattito che dobbiamo iniziare è importante e l'aula semivuota, io le faccio quindi questa proposta, che lei valuterà: sospendiamo per mezz'ora la riunione, andiamo alla "tenda", secondo l'impegno dell'ordine del giorno e al nostro rientro iniziamo il dibattito.



PRESIDENTE

Ma qui non ho neanche i capigruppo!



VECCHIONE Mario

Peggio per loro.



BERTI Antonio

Può venire un Consigliere per ogni gruppo.



NESI Nerio

Io sono d'accordo.



PRESIDENTE

Io invece pensavo di andare avanti col dibattito; alle sei, come avevamo detto, andiamo con tutti i capigruppo. Io preferirei che i capigruppo fossero presenti, mettetevi nei miei panni. D'altra parte non so se fra mezz'ora l'aula sarà maggiormente arricchita di persone.



GARABELLO Enzo

Allora andiamo a casa.



PRESIDENTE

Cominciamo a fare un intervento sui comprensori, poi vediamo come si sviluppa la cosa.



FABBRIS Pierina

Ma diventa una cosa fra intimi, non mi sembra giusto, mi pare sarebbe meglio valutare la proposta fatta dal Consigliere Berti, anche perché sono presenti tutti i partiti.



PRESIDENTE

Io mi preoccupo della sostanza e non della forma: interrompere una seduta del Consiglio Regionale perché non ci sono grosse presenze, per andare ad esercitare un mandato che mi è stato affidato mi sembra poco simpatico, proprio nell'espletamento di quella funzione. Io preferisco interrompere i lavori del Consiglio a pieno, andando investito di quello che si è convenuto nell'ordine del giorno. In questa situazione mi sembra che sia proprio la estrinsecazione dell'atto che sia mortificante. Mi perdonino, ma questo è il mio punto di vista. Sembrerebbe proprio un riempitivo, il che non è simpatico.


Argomento: Comprensori

Dibattito sul problema del comprensorio


PRESIDENTE

Qui c'è una mozione che è stata presentata stamattina da parte dei Consiglieri Viglione, Nesi, Fonio, Calsolaro e Simonelli relativa al comprensorio.
Prego il Consigliere Segretario di volerne dare lettura perché dovrebbe costituire un argomento in più per continuare il discorso.



MENOZZI Stanislao, Segretario

Ritenuto che l'esperienza di questi anni in Piemonte e in altre regioni italiane, gli studi compiuti, le proposte pervenute e le richieste formulate da larghi settori renda matura la creazione dell'Istituto del Comprensorio previsto specificatamente all'art. 71 dello Statuto Regionale.
Ritenuto inoltre che l'Istituto stesso debba nascere su basi democratiche e rappresentative e debba essere dotato di strumenti idonei a farne un protagonista della programmazione regionale. Impegna la Giunta a) a presentare al più presto un disegno di legge sulla individuazione e sull'istituzione dei comprensori nei quali suddividere la Regione b) a formulare il suddetto disegno di legge sulla base dei seguenti fondamentali principi informatori: 1. Il Comprensorio promuove la partecipazione della collettività piemontese alla predisposizione ed alla attuazione dei programmi di sviluppo e dei piani territoriali di zone omogenee, collabora alla definizione della politica generale di riequilibrio economico e sociale del Piemonte, nel quadro del programma economico nazionale.
2. A questo fine il Comprensorio è strumento permanente di dialogo tra la Regione, la Provincia e il Comune, dai quali può ricevere delega di funzione ed ai quali può delegare l'esecuzione di determinate opere.
3. Il Comprensorio è mezzo di confronto e di dialogo con le forze del lavoro, in particolare con le Organizzazioni Sindacali.
4. Il Comprensorio ha come compito istituzionale la predisposizione e la realizzazione del piano di sviluppo economico e sociale e del piano urbanistico del suo territorio.
5. Il Comprensorio è una associazione consortile volontaria degli Enti locali.
6. Il Comprensorio è retto da un Consiglio che nomina a sua volta gli organismi esecutivi.
7. La rappresentanza democratica negli organismi deliberanti ed esecutivi del Comprensorio è garantita attraverso una elezione di secondo grado predeterminata proporzionalmente ai suffragi riportati dai singoli partiti nell'ambito del Comprensorio alle precedenti elezioni regionali.



PRESIDENTE

Questa è una proposta di mozione che potrà essere portata a conclusione questa sera o in un giorno successivo, quando sarà concluso il dibattito relativo ai comprensori.
Prima di dare la parola a chi la chiede, desidererei puntualizzare molto rapidamente quello che è il pensiero più volte espresso personalmente e ritenendomi interprete di una volontà largamente diffusa del Consiglio circa l'importante problema dei comprensori.
Penso che potrebbe essere utile che nel dibattito si esaminasse il tema fondamentale, e cioè se allo stato delle cose e delle leggi sia o meno possibile, alle Regioni, istituire i comprensori con una propria legge. E a questo proposito mi permetto di richiamare l'attenzione dei colleghi Consiglieri regionali su un'affermazione che è contenuta nel rinvio del Governo alla legge toscana sulla delega agli enti locali. E' una dichiarazione per incidens, non è che si rifletta direttamente al problema comprensoriale, però ad un certo momento induce ad una riflessione e ad un esame approfondito perché in definitiva poi riguarda il problema dei comprensori.
Infatti quel documento, riferendosi all'art. 3 della legge toscana, che è stata rinviata, con il quale si stabilisce che sono destinatari della delega i Comuni, le Province, gli enti comprensoriali, le comunità montane i consorzi, le associazioni di Comune, il Governo rileva appunto come (e qui virgoletto quello che ricavo dalla rivista toscana "Consiglio Regionale" n. 2 del 1973): "Tali enti comprensoriali o associativi non siano attualmente previsti dal vigente ordinamento comunale e provinciale di riserva dello Stato, ai sensi dell'art. 128 della Costituzione".
La materia è indubbiamente opinabile ed è ampiamente discutibile. Noi sappiamo tuttavia che vi è stato il rinvio di una legge. Io non conosco ancora che cosa la Regione Toscana abbia fatto di fronte a questo rinvio ma i casi sono due: o conferma quella che era stata la sua normativa approvata e il Governo accetta, oppure il Governo ha la possibilità di riferirsi alla Corte costituzionale per fare risolvere il problema.
Mi sembra poi di dover sottolineare l'aspetto fondamentale di questo comprensorio. Chiedo scusa all'assemblea se mi cito, ma il mio pensiero modesto, sommesso, che ripropongo alla considerazione di loro Consiglieri se vorranno tenerlo presente, è stato espresso quando il Consiglio Regionale approvò, per la prima volta, il circondario di Biella. Mi espressi allora così, nella relazione che venne approvata dal Consiglio: "Ma quale sarà la fisionomia del nuovo circondario? Non certamente quella che aveva fino al 1926 quando fu soppresso, ma nemmeno ancora quella che il più si attende e che è prefigurata dallo Statuto regionale quando all'art.
70 stabilisce che i circondari devono possibilmente coincidere con aree o subaree ecologiche, il che è preludio ad una diversa e più avanzata strutturazione comprensoriale, realizzabile il giorno in cui - ed ognuno si augura che ciò avvenga presto - i comprensori saranno tutti delimitati e la fisionomia della loro organizzazione fissata e stabilita in ogni particolare di competenza e di funzionalità. Quel giorno segnerà la pienezza della partecipazione responsabile degli enti locali comunali alla programmazione, nel momento decisionale e nel momento operativo, avendo presente che la realtà zonale è oggi acquisita come dimensione capace di consentire soluzioni che a livello di singoli Comuni non sono possibili.
Sarà l'organo comprensoriale, con una sua capacità politica, assumendo responsabilità dirette e non lievi, ad inserirsi nell'attività regionale in una valutazione particolare e globale dell'insieme di interessi che attengono al bene dell'intera comunità".
Mi permetterei di richiamare l'attenzione dei Consiglieri su alcuni argomenti che mi sembrano utili per un dibattito di carattere generale: 1) quale sia il ruolo che deve svolgere e quale tipo di ente debba essere prefigurato per la creazione del comprensorio; se si possa pensare ad un ente che sostituisca la Provincia questa soluzione rischia di essere l'opposto di ciò che si intende creare con i comprensori 2) potrebbe costituire un livello organizzativo intermedio delle comunità locali, che si inserisca tra il Comune e la Provincia, però non potrebbe derivare un'eccessiva proliferazione dei diversi livelli di Amministrazione, con il conseguente rischio di verticalizzazione e gerarchizzazione degli stessi 3) mi sembra sia opportuno prefigurare quali potrebbero essere i rapporti tra Province e comprensori.
Questa è una linea indicativa che come Presidente del Consiglio ho ritenuto opportuno di rispettosamente prospettare a coloro che interverranno nel dibattito, che mi auguro sia ampio, pieno e completo anche se, come è stato detto, non è che la prima parte di un dibattito che potrà avere uno sviluppo successivo.
Mi pare che da parte della Giunta vi siano dei motivi da esporre in relazione alla mozione che è stata presentata. Si vogliono esporre prima o dopo il dibattito? La parola al Consigliere Berti per mozione d'ordine.



BERTI Antonio

Questo dibattito, signor Presidente, è certamente informale, tuttavia è bene che nessuno dimentichi che c'è una proposta di legge regolarmente scritta e assegnata alla Commissione, la quale ne ha già iniziato il dibattito.
Devo anche ricordare che nella formulazione del programma di lavoro di circa tre mesi fa, i presidenti di gruppo - e la cosa è poi stata regolarmente scritta nel documento uscito da quella conferenza - decisero di aprire un dibattito sulla proposta di legge presentata da un gruppo del CR. Sta bene quindi la mozione presentata, sta bene l'informazione che ha dato lei, ma ho il dovere di ricordare che c'è un impegno che potremmo addirittura tradurre nella richiesta che la proposta di legge venga portata in aula, a norma di regolamento, ma questo non lo vogliamo fare proprio per le cose cha abbiamo detto prima.
Il dibattito ha come documento principale la proposta di legge che è stata presentata, emendabile, trasformabile, tutto quel che si vuole, ma di lì bisogna partire, perché quello è l'impegno preso nella conferenza dei capigruppo.



PRESIDENTE

Per questo io ho premesso che ritenevo la discussione di oggi un preliminare di discussione. Peraltro se dovessi interpretare il suo intervento come richiesta di aggiornamento per abbinare il dibattito di oggi.



BERTI Antonio

No.



PRESIDENTE

Non in questo senso? Benissimo.
L'Assessore Paganelli intende intervenire prima o dopo?



PAGANELLI Ettore, Assessore alla programmazione

Interviene il Presidente della Giunta.



PRESIDENTE

Allora su questa mozione, che costituisce l'avvio al discorso, la parola a chi la chiede.
Consigliere Viglione, ne ha facoltà.



VIGLIONE Aldo

Nel corso delle consultazioni sui circondari, cui hanno partecipato non meno di trecento tra sindaci, amministratori locali, Consiglieri comunali e provinciali, nel corso di dibattiti, incontri con le forze sindacali e popolari, direi quasi in ogni circostanza, si è affrontato un discorso qualificante ed importante, che è quello dei comprensori.
Questo tema è stato dibattuto con forza e decisione, ma bisogna anche considerare il pericolo di vedere nel comprensorio un'istituzione mitizzata che nasce e si forma dall'alto per risolvere i problemi di base.
Nelle vaste consultazioni per i circondari, che hanno interessato un'area della nostra Regione di quasi 500.000 abitanti, sovente gli intervenuti si sono espressi considerando il circondario come un momento puramente provvisorio in attesa del punto più qualificante, che è quello dei comprensori.
Abbiamo ascoltato tutte queste opinioni nel corso delle vaste consultazioni per i circondari. Si ipotizza un passaggio da una forma che noi possiamo considerare ancora di inizio dell'attività della Regione, ad una più vasta riforma di concetto democratico dell'esercizio del potere che deve nascere e che deve portare quello che è il concetto decisionale alle forze popolari. Questo istituto è stato individuato appunto nei comprensori.
L'art. 71 dello Statuto regionale d'altronde dice semplicemente: "La Regione, sentiti gli Enti locali interessati, può istituire comprensori con legge regionale".



VECCHIONE Mario

E' legge dello Stato quella.



VIGLIONE Aldo

Si deve quindi giungere alla definizione del termine "comprensorio" che non ha ancora trovato certamente una sua estrinsecazione che è estrinsecazione sociale, politica, economica; né ha trovato ancora una sua tematica operativa e democratica perché lo stesso Presidente, sul punto della tematica operativa ci ha ricordato che per ora non vi sono ancora delle leggi che consentano di portarlo innanzi.
Noi pensiamo però che sia soprattutto l'inizio di un modo nuovo di svolgere l'attività politica e sociale e pertanto riteniamo che, senza alcuna remora, si debba procedere ad una più precisa individuazione. E qui riprendo anche l'osservazione del Consigliere Berti: l'unica legge che esiste e che è oggi sul tappeto è quella del gruppo comunista che si è fatto promotore, lunghi mesi addietro, appunto di questa normativa che avrebbe già dovuto trovare, in quest'aula una sua discussione; e di questo gliene diamo atto. La nostra mozione era soltanto l'inizio di un discorso perché se avessimo portato la legge evidentemente bisognava discuterla mentre la mozione serve per cercare il punto comune prima di iniziare la discussione sulla legge.
E allora, colleghi Consiglieri, dobbiamo chiederci quale indirizzo dargli, se una forma comunitaria o una forma olivettiana tecnocratica se si vuol cogliere il suo significato in senso tecnocratico: purtuttavia anche questa forma olivettiana di tanti anni fa aveva posto la dimensione umana seppure limitata al carattere urbanistico; ed era importante come strumento ma non innovava profondamente i vari rapporti della società nuova che vorremo creare; una forma di nuovo organismo intermedio. Certe forze conservatrici vorrebbero farne una mediazione in senso statico conservatore, clientelare, ancora una volta disattendendo, quanto hanno chiesto gli amministratori del Piemonte.
Ecco perché, signor Presidente, le sue obiezioni, che sono giuste riflettono appunto questo discorso.
Il discorso che oggi abbiamo avviato non è certo da poco e noi ci rendiamo conto di tutto questo ed occorre essere molto chiari a questo riguardo. Vogliamo tentare una definizione del comprensorio? Allora facciamo questo sforzo, prima ancora di riempirci di questo mitizzante termine di comprensorio e diciamo che cos'è il comprensorio.
In realtà la definizione e la delimitazione del comprensorio è strettamente connessa con gli obiettivi che si intendono raggiungere perch se non si individuano gli obiettivi evidentemente anche al termine di comprensorio non potremo dare alcun significato concreto. Viene definito il comprensorio come strumento di programmazione, ma anche portando innanzi il concetto spaziale l'individuazione del comprensorio è sempre in funzione degli obiettivi da raggiungere. Ed è per questo che la definizione di comprensorio non ha ancora trovato un'esatta individuazione; restrittiva per gli uni, allorché il comprensorio lo si limita ad un'attività urbanistica collegata, che ci ricorda i piani urbanistici intercomunali più ampia invece se la si individua come momento di superamento delle attuali strutture, tendente ad avviare un'effettiva partecipazione ed a rappresentare un momento importante del processo diretto a portare le popolazioni del Piemonte ad una più immediata potestà decisionale. Perch se lo limitassimo puramente ad una ricerca comune di un fatto urbanistico oppure ad una ricerca puramente tecnocratica di un fatto di programmazione evidentemente non ci soddisferebbe ancora.
Non è vero che non esistano dei precedenti comprensoriali nel nostro Paese, ce ne sono oltre 40 che stanno di fronte a noi e che partono dal lontano 1955 per venire al 1960, al 1962. Il comprensorio dovrebbe rappresentare l'area entro la quale sia possibile realizzare una comune partecipazione, e comuni responsabilità.
Ecco il punto che noi intendiamo porre in discussione. In questo quadro allora noi possiamo muoverci per tutta la tematica che accompagna il comprensorio. Certo noi socialisti abbiamo scelto l'ultima definizione in questo dialogo che ormai si fa serrato a tutti i livelli e da parte di tutte le forze politiche democratiche e non soltanto di quelle progressiste, perché nel corso della consultazione abbiamo sentito e non soltanto amministratori e sindaci collocati a sinistra o attorno a forze progressiste, ma abbiamo sentito anche altri amministratori dire che l'unico modo nuovo per operare ad un certo livello, era il comprensorio.
Spesso si dice che mancano gli strumenti per realizzare questi obiettivi, però abbiamo visto che la partecipazione, la democrazia, la volontà di cambiare questa società non ha bisogno di tanti strumenti legislativi, ma ha bisogno di volontà politica per porre in essere gli strumenti atti a rimuovere tutte le cause che ostacolano le riforme. Ecco perché noi impegniamo la Giunta a dirci qualche cosa al riguardo.
Riconosciamo che il progetto sui comprensori già è stato presentato da un gruppo di opposizione quale è quello comunista, riconosciamo anche la bontà del progetto, ma senza il parere del Governo, senza dialoghi e confronti tra le forze di opposizione che si muovono in questa direzione e le forze del Governo, questa linea non potrà essere portata avanti. E quando invitiamo il Governo a farlo non è perché noi non siamo in grado di presentare un progetto per i comprensori, ma è perché, questo progetto deve nascere ed essere portato avanti insieme, deve essere un modo nuovo di dialogo che insieme, fra opposizione e Governo, dobbiamo porre in essere.
E vediamoli questi principi, vediamo anche quali sono state le principali iniziative nel campo dei comprensori; almeno una quarantina di esempi stanno di fronte a noi.
Il primo, che ci è più vicino, è un tentativo di individuazione dei fatti comprensoriali, cioè gli studi dell'IRES per le aree ecologiche che ho poi visto riportate esattamente come individuazione spaziale nella proposta di legge del gruppo comunista. L'IRES ha individuato le aree ecologiche che rappresentano una specificazione del piano regionale e che comprendono quindi tutti gli elementi sociali, economici e territoriali di un piano di sviluppo; esse costituiscono la base per i programmi pluriennali di attività delle amministrazioni pubbliche. Nel documento si parla con tutta chiarezza dei piani comprensoriali di contenuto più specificamente urbanistico, di cui i piani di area ecologica rappresentano il quadro di riferimento.
Ricordiamo poi i casi del Friuli, Venezia Giulia, delle province autonome di Trento e Bolzano (legati ad una particolare legislazione urbanistica perché gli era stata trasferita dallo Stato) l'esperienza dell'Emilia Romagna, l'organizzazione comprensoriale della provincia di Firenze, lo Statuto di autonomia della Regione Trentino Alto Adige.
Ricordiamo ancora il comprensorio della montagna bolognese, del piano intercomunale di Bologna, quello imolese e quello della pianura bolognese.
Questi sono solo alcuni oltre i piani settoriali turistici e agrari.
Ecco perché noi a questo punto diciamo che il comprensorio deve essere un fatto nuovo, perché in caso contrario non vi sarà grande differenza fra circondario e comprensori che potrà sorgere come un momento puramente tecnocratico, incapace di dare una risposta valida alle domande che sono drammaticamente poste dall'intero Piemonte.
Se così stanno le cose, se il comprensorio può essere altresì soggetto di delega, cioè, un autentico governo che crei nuova democrazia, dobbiamo rilevare, individuare quale può essere la definizione spaziale del comprensorio. Per lungo tempo si è girato attorno al problema, pur rissando spesso nel definire spazialmente un comprensorio fra un Comune e l'altro fra una zona e l'altra, mentre il concetto spaziale consegue alle individuazioni delle linee attraverso le quali il comprensorio pu muoversi.
Ci si è chiesto da più parti: qual è questo concetto spaziale, dove deve essere inserito, come può essere portato innanzi, quali sono i temi sui quali dovremo muoverci? E allora si è determinato attraverso una omogeneità socio-economica, attraverso motivazioni storico politiche, aree gravitazionali, un minimo di popolazione, la pendolarità per motivi di lavoro attorno ad un determinato polo; questo è stata una scelta che ha fatto l'IRES con le aree ecologiche.
In sostanza per la Regione Piemonte però c'è un punto fermo di individuazione e di collocazione del comprensorio ed è la disarticolazione della mono-industria che ha soffocato un'intera area, quella torinese, per ribaltare, decongestionare, per creare la possibilità di un modo nuovo di vivere. Recentemente si è parlato di tutti i problemi del vivere civile in riferimento a quello che è l'ambiente e l'inquinamento, cioè la cosiddetta ecologia. Si è cioè rilevato che ormai le aree congestionate, come quella di Torino, in cui masse intere di lavoratori, di fabbriche, costituiscono un coacervo dove non si può vivere, rendono urgente l'individuazione delle aree ecologiche comprensoriali per riprodurre finalmente quello che pu essere un concetto nuovo di vita come abbiamo già detto, di comuni responsabilità, di comuni decisioni e di un livello superiore socio economico.
A questo punto giungono le motivazioni essenziali. Quali sono? Le laceranti contraddizioni di questa società, non più fatta a misura d'uomo ecco perché insorge, ancora informe, nella coscienza popolare questo concetto comprensoriale che porta all'esterno una nuova possibilità di vita di fronte a queste aree congestionate, dove non c'è più alcuna comunità dove non è neanche più possibile parlare perché non si conosce il vicino dove non c'è più possibilità di vita; talmente laceranti sono le contraddizioni che la ricerca di questo nuovo modo porta inevitabilmente a quella che è la forma del comprensorio. E' la ricerca dal basso di una dimensione sovra comunale. Ed ecco che qui cominciamo il discorso che sentivo accennare dal Consigliere Garabello precedentemente, quando il Presidente voleva parlare della sorte della Provincia (verremo poi a quella che è la sorte della Provincia). Il comprensorio parte come superamento del Comune, ma non superamento come forma democratica del Comune, bensì come insufficienza comunale per risolvere i problemi. Si instaura anche il problema della Provincia, ma lo vedremo sotto un'altra ottica: la presa di coscienza dell'insufficienza dell'ambito territoriale ai fini di una corretta pianificazione urbanistica. Io penso soltanto a Cuneo, che ha già una definizione urbanistica, e vediamo che attorno ad esso sorgono altri Comuni che hanno tutta un'altra definizione urbanistica, perché quando finisce la città di Cuneo cominciano i paesi sparsi, case disordinate, non vi è più un piano. Ecco che allora in una corretta pianificazione urbanistica si inserisce la partecipazione all'elaborazione della programmazione nazionale e regionale; anche questo costituisce un momento democratico che non è trascurabile, anzi, ritengo sia il fatto più importante: la ricostruzione di un ambiente capace di assolvere i compiti di un più elevato modo di vita.
Quali sono dunque gli strumenti e gli organi attraverso i quali possiamo giungere alla forma comprensoriale? Ha ricordato prima il Presidente che non vi sono leggi quadro, che non vi sono strumenti legislativi, però vi sono degli strumenti. Noi abbiamo detto che vi era una sola forma per l'attività comprensoriale, il consorzio dei Comuni, delle Province e degli altri enti operanti nell'ambito del comprensorio. Qual è la rappresentanza? Anche questo non è un discorso sciocco. Quando nella mozione abbiamo indicato che la rappresentanza doveva essere corrispondente alle forze politiche presenti nel Consiglio Regionale, evidentemente abbiamo offerto un nuovo modo, perché non vorremmo che gli statuti prevedessero 80/100 sindaci vanno a votare e non riproducono esattamente quelle che sono le forze politiche che invece debbono dirigere l'attività comprensoriale perché è legata inscindibilmente al problema regionale ed anche a quello provinciale.
Quali sono i rapporti all'interno con le comunità montane, con i piani zonali dell'agricoltura? Si è fatta una legge per la comunità montana, ma il comprensorio abbraccia tutte le zone; se vogliamo andare alle aree ecologiche possiamo dire che il comprensorio di Cuneo abbraccia anche le valli alpine assistite dalla legge sulle comunità montane. Ebbene, le comunità montane rappresentano un dialogo all'interno del comprensorio, il quale raggruppa la pianura, la città e la montagna.
Quali sono le modalità giuridiche? Non si hanno leggi quadro nuove, è evidente, l'abbiamo già detto, ci si muove sempre nelle vecchie strutture giuridiche, e quali sono? Sono la legge comunale e provinciale degli artt.
156 e 172 del T.U. 3.3.1934 n. 383, che prevede il consorzio volontario facoltativo per il conseguimento di fini determinati. Non possiamo andare oltre questo.
E qui occorre essere chiari: quali sono i fini determinati? Quelli di rendere operante la democrazia esterna dal basso per fare scaturire decisioni che saranno assunte in sede sia comprensoriale, sia regionale. La presenza della Provincia, per legge non potrà essere inferiore al 25% per le spese e questo porterà un vantaggio perché molti Comuni a causa dell'esiguità del bilancio non potranno certamente assumersi molte ulteriori spese mentre la Provincia potrà dare un contributo maggiore.
Sorge quindi il problema della Provincia. Certo, è un problema importante dato che da alcune parti si è voluto vedere la soluzione comprensoriale come una liquidazione della Provincia. D'altronde nel progetto stesso dei compagni comunisti si fa riferimento specifico al problema e lo si lascia aperto perché si dice che non deve essere visto nella legge comprensoriale, è una decisione di ben più ampia portata che non potrebbe trovare risposta nella legge comprensoriale. Quasi tutti gli statuti regionali fanno cenno a dei legami con la Provincia, ciò perch l'istituto della Provincia non potrà essere abbandonato.
Ma un discorso sul comprensorio si potrebbe fare un pochino più approfondito. Qualche tempo fa mi diceva Zanone: abbiamo il Comune, la Provincia, la Regione e col comprensorio creiamo un altro ente. Noi non vogliamo creare degli enti inutili, vogliamo creare degli enti di democrazia diretta, questo è importante, ben vengano anche mille enti di democrazia diretta. Quando le città hanno i quartieri che fanno, come a Bologna, l'elezione diretta, che cosa dobbiamo dire? Che è un ente inutile? Io non credo.
Molti Comuni che fanno parte delle fasce periferiche verso altre province sono immessi in comprensori di queste altre province; vediamo per esempio l'area ecologica di Torino che comprende una grossa fascia dell'area dell'albese, racconigese e anche Sommariva Bosco, Ceresole d'Alba, ecc.; così molti comuni dell'astigiano fanno parte dell'area ecologica di Torino. Nel momento in cui si dice che la Provincia potrà partecipare al comprensorio, non è mica fatto divieto a due Province nello stesso tempo di partecipare al comprensorio. Il comprensorio porta al superamento del contrasto che ha accompagnato questi enti per lunghi anni il comprensorio ne supera territorialmente i limiti. Si hanno quindi: Comune, Comprensorio, Provincia, Regione, non come momento statico, ma come momento operante di democrazia diretta.
Ecco qual'è il concetto che deve presiedere al comprensorio, il quale non è una forma mitica o mitizzata per risolvere i problemi dall'alto; non è un regalo che la Regione fa, con la sua legge, alla periferia; le riforme, i nuovi modi di governare e di fare politica non sono regali, sono degli istituti che servono finalmente a creare la democrazia diretta, sono le decisioni che dal basso debbono risalire verso l'alto e costituirne un momento qualificante ed importante.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Garabello, poi sono iscritti i Consiglieri Gandolfi, Carazzoni e Rivalta.



GARABELLO Enzo

Signor Presidente, questo dibattito allo scoperto, senza preparazione tecnica di una relazione unitaria in se stesso potrebbe anche essere criticabile; lo è meno se consideriamo la opportunità e la validità di mettere a confronto, senza riserve, punti di vista che nel frattempo sono maturati, con l'intento di giungere, non appena possibile, a soluzioni concrete. Quindi anche io partecipo a questa fornitura al Consiglio Regionale di opinioni personali, di opinioni politiche, con la speranza assieme agli altri colleghi che intervengono, di centrare qua e là qualche punto che possa servire allo scopo.
Vorrei fare riferimento ad un lavoro che la Commissione bilancio sta svolgendo nell'ambito delle aree ecologiche. L'impressione che ho riportato io (ma so che è anche di altri colleghi) nell'ambito di quelle aree, dove in qualche modo si è già verificato un pregresso lavoro di accostamento, di dibattito, di confronto delle forze politiche, di ricerca portando ciascuna amministrazione i propri problemi su un tavolo comune di discussione, è che si verifica un interessante punto di convergenza anche rispetto alle prospettive di pianificazione regionale, attraverso un'espressione meditata, se vogliamo sofferta, che però a parere di tutti coloro che partecipano alla consultazione è certamente molto qualificata, molto addentro nella visione generale dei problemi della Regione e naturalmente ancora di più dei problemi specifici.
Noi riscontriamo in qualche area, dove per un qualsiasi motivo, che in un altro momento potremo approfondire meglio non si è lavorato assieme, non ci si è confrontati fra il Comune principale e i Comuni minori, fra le forze politiche di varia natura, che se fosse avvenuto prima questo confronto certamente il parere che viene fuori sarebbe più chiaro, più meditato, più approfondito, meno campanilistico, meno legato a fattori locali.
Io mi limito, rispetto a queste constatazioni che abbiamo fatto durante le consultazioni, a dire che anche nell'ambito della Regione ci sono dei livelli diversi di maturazione dei problemi territoriali. Notiamo però, al di là delle specifiche situazioni di area, di comprensorio (per usare fin d'ora questo termine) un quadro reale che ci presentano i Comuni sofferenti di un progressivo decadimento di fatto della loro autonomia, non per volontà delle forze politiche o magari non partitiche presenti nell'ambito dell'amministrazione come rappresentanza popolare, ma per un'incertezza derivante da fattori obiettivi. Mi pare che qualcuno già questa mattina ricordava il fatto che il Governo nazionale non sta versando ai Comuni le quote mensili previste dalla riforma della finanza locale, mettendoli in una situazione veramente difficile di operatività e anche di una mancanza sostanziale di autonomia, di certezza nella possibilità di spendere quello che occorre; addirittura qualcuno non ha mai dovuto ricorrere a questi mezzi straordinari di dover fare anticipazioni di cassa con il tesoriere con una banca disponibile, per pagare gli stipendi al poco personale presente e fa sì che oggi i Comuni che hanno una loro tradizione e anche una loro consistenza, una loro visione politica definita, si trovano nelle condizioni di depotenziare servizi comunali esistenti.
Nel Comune del Canavese dove sono Consigliere Comunale abbiamo discusso con i capigruppo, in vista del Consiglio comunale, di domani, il problema del servizio sanitario con una forte tendenza ad un adeguamento degli stessi alle linee che qua dentro abbiamo più volte discusso in relazione a medicina preventiva, geriatria, maternità e infanzia, ecc. per non trovarsi nell'impossibilità materiale, ad esempio, di far fronte a quegli accordi di carattere nazionale che riguardano il trattamento economico.
Per cui una perdita di autonomia, che non è voluta in termini teorici politicamente definiti, ma di fatto, di cui gli amministratori soffrono (cioè bilanci bloccati, impossibilità di fare una vera politica di bilancio perché non si possono determinare le entrate) il bilancio non è soltanto il capitolo di spesa, ma è anche la possibilità di determinare i capitoli delle entrate.
Noi vediamo che nei Comuni c'è una certa frustrazione nei confronti della possibilità o meno di svolgere una politica autonoma. E tutto ci mentre i Comuni - e credo che di questo siamo convinti tutti - tendono a fare propri gli avanzamenti politico-ideologico-organizzativi nella società, portati avanti anche da forze sociali organizzate, per un ammodernamento delle strutture di servizio alle popolazioni e che oggi ci si rende conto non essere più possibile risolvere nell'ambito territoriale.
Come è possibile affrontare nell'ambito territoriale, nei 1209 Comune della regione, i problemi dell'istruzione, degli asili nido, dei servizi sociali in genere, dei servizi sanitari dell'urbanistica (anche soltanto in termini di rapporti ecologici con l'ambiente) dei servizi igienici (acquedotti, fognature, smaltimento dei rifiuti urbani) dei trasporti, cioè dei servizi che oggi vanno sotto il nome di servizi sociali? E' chiaro che i Comuni, uno per uno, singolarmente non sono più in grado di risolverli.
Ed ecco che si fa strada, volenti o nolenti, la necessità di giungere senza rompere le tradizioni, senza rompere gli elementi fondamentali per cui il Comune vive da centinaia di anni, ed è pur sempre un forte riferimento democratico con le popolazioni - al concetto di programmazione.
Questa strada supera largamente il livello comunale, per cui ci si rende conto che l'assetto del territorio non è soltanto un fatto di tecnica urbanistica o di rapporto ecologico con l'ambiente, ma è un fatto di poteri politici e amministrativi che devono trovare necessariamente, per poter rispondere a quei servizi, un nuovo riferimento, anche territoriale.
E' un fatto, quello dell'assetto del territorio, che riguarda l'ammodernamento di una struttura civile parecchio invecchiata, con una visione che lentamente, molto lentamente, dipende dalle zone, dalla sensibilizzazione delle forze politiche che dirigono le amministrazioni comunali; ma vi è una crescente tendenza alla partecipazione dei cittadini nelle più varie forme. Oggi i Consigli comunali aperti non sono ancora di larga diffusione, mentre è di larga diffusione, in un certo ambito, la partecipazione della comunità tramite le associazioni di rappresentanza delle forze sociali.
In questo quadro, come possiamo vedere il comprensorio? Viglione ha già detto molte cose e non c'è molto da aggiungere. Mi pare che sia scontato il significato del comprensorio come un'associazione di secondo grado fra i Comuni, però quello a cui si deve tendere, se vogliamo un comprensorio operante, è che esso possa essere fornito di poteri unificanti che vengano sul piano operativo della gestione della parte di territorio loro affidata.
Oggi questo passaggio di poteri è di tipo consortile, perché la legge probabilmente non consentirà altro, mentre domani, in una prospettiva di più ampio quadro rispetto al discorso comprensoriale, sarà un diritto autonomo, con una propria capacità di giudizio, seppur sempre in una visione di secondo grado, cioè di collegamento, di super autorità rispetto al Comune e che ritroverà tutta la sua forza politica proprio all'interno dei Comuni.
Io ho visto un ordine del giorno presentato dal collega Viglione con il gruppo socialista, ho visto altri documenti preparati, ma penso che il Consiglio Regionale, al fine di non autolimitarsi, debba creare un dibattito qui in aula sulle idee the stiamo esponendo tutti quanti, ma forse anche al di fuori dell'aula per la ricerca di una formulazione che non sia approssimativa, bensì che riceva il meglio già approfondito, già valutato dalla Giunta Regionale e dalle forze politiche, perché è un terreno sul quale è molto facile partire in termini mitici (e sono con te Viglione) come pure arrestarsi di fronte ad un primo ostacolo, ritenendo di non poterlo sollevare quando invece forse, in un determinato modo, abbiamo modo di superarlo.
Io mi permetterei di fare proposte raggruppate in cinque titoli.
La prima che venga presentato (darei il termine, come punto di riferimento, di due mesi) uno schema di disegno di legge che consenta la soluzione del problema in termini di libera associazione dei Comuni, con le aperture di tipo consortile da valutarsi in termini generali su tutta l'attività del comprensorio, o piuttosto come strumenti singoli di funzioni operative della visione supercomunale. La visione unitaria di carattere consortile la troviamo già realizzata a Biella ed è un punto di riferimento cui dobbiamo guardare con attenzione, oppure possiamo tenere conto che nell'attuazione di servizi sociali largamente intesi, non è detto che debba esserci necessariamente una visione di larghi territori (mi riferisco, a titolo meramente funzionale per il dibattito, alle aree ecologiche) per affrontare tutti i problemi. Penserei quindi che certe funzioni tipiche del comprensorio potrebbero anche esercitarsi attraverso una somma di consorzi che però abbiano sempre un punto di riferimento comune nell'ambito comprensoriale.
Al di là di una rappresentanza politica importante, ma non sufficiente sempre nell'ambito di questo schema di disegno di legge, dovrebbe esserci l'attuazione di concreti servizi tecnici: ed ecco che l'attuazione di concreti servizi tecnici ha un immediato riferimento alla Provincia, che potrebbe essere il luogo di riferimento per detti comprensori.
Seconda proposta: estremamente difficile, perché è su questo che siamo un po' in stallo tutti quanti, è il contemporaneo studio ad approfondito livello tecnico, quindi con riferimento a giuristi, anche di valore, in posizione di contraddittorio fra di loro, sulla compatibilità o meno di una legislazione successiva, non quella dell'immediato, della libera associazione, qualcosa di più concreto e pregnante rispetto all'attuale legislazione.
Il Presidente della Giunta, che queste cose le ha già affrontate, sa benissimo che ci sono giuristi di primo piano che sostengono essere necessaria addirittura una modifica costituzionale. Vi sono giuristi i quali sostengono che è sufficiente, per la legge di approvazione degli statuti, il fatto che da parte di determinate Regioni, fra cui la nostra sia stato citato un articolo per l'approvazione del comprensorio nell'ambito regionale.
Io non prendo partito non essendo un giurista, ma ritengo che forse per una via intermedia si possa trovare una soluzione, cioè non sia facile con una legge regionale risolvere il problema, ma che nello stesso tempo non sia necessario arrivare alla modifica costituzionale.
Io ho indicato un termine ristretto, perché queste sono minestre che se si riscaldano sono sempre meno facili da portare al giusto grado di temperatura: e allora poniamoci delle alternative: da un lato questo schema di progetto di attuazione, un qualcosa che già penetri nell'interno delle proposte avanzate dal gruppo comunista come progetto di legge, il quale mi pare adatto per dare consistenza associativa ai Comuni, anzi, va anche più avanti; parallelamente questo studio approfondito da portare alla discussione su parere dei giuristi.
Terza proposta. Io posso immaginare che ci saranno coloro che ritengono la cosa facile (legge regionale), coloro che la ritengono enormemente difficile (modifica costituzionale) e quelli che forse prenderanno una posizione mediana (modifica o comunque necessità di una legge positiva a livello nazionale, a livello parlamentale); se questo fosse il parere comune allora direi che immediatamente dopo dovremmo partire con un'iniziativa legislativa regionale per una legge nazionale, la quale anche qui può avere una vastità maggiore o minore, a seconda della nostra valutazione politica, potremo addirittura pretendere di esercitarci e quindi di stimolare il Parlamento e il Governo ad una radicale modifica della legge comunale e provinciale, al limite. Io mi rendo conto delle difficoltà obiettive che ci sono, ma poiché i nostri Comuni, le nostre Province continuano a dirci in tutti i modi, da vent'anni e più che la legge è un vecchio catenaccio che costringe anziché dare nuove aperture ai problemi degli enti locali, ci potremmo anche cimentare in una strada così.
Avrei solo qualche riserva di carattere pratico, perché questo vuol dire mandare dei malloppi a Roma che poi rimangono fermi.
Forse occorre una meno ambiziosa legge che ricalchi le linee della legge per le comunità montane le quali, volenti o nolenti, hanno creato degli organismi sovracomunali, in qualche caso addirittura a livello territoriale pari ad un comprensorio, costituendo enti di diritto pubblico e stabilendo certe forme molto simili a quelle che andiamo ipotizzando come enti di secondo grado.
Io credo che nessuno abbia parlato di incostituzionalità della legge sulle comunità montane.



PRESIDENTE

C'è la legge nazionale però.



GARABELLO Enzo

No Presidente, se noi riteniamo che non sia in ballo la Costituzione direttamente, una legge che contenga questi elementi sostanziali potrebbe essere da noi proposta per l'approvazione al Parlamento nazionale, perch le Regioni, anche collegandosi fra di loro, hanno la facoltà di determinare una pressione politica, e questo conta più che non la forma giuridica nei confronti del Governo e del Parlamento. Dobbiamo cominciare ad approfittarne in cose di alto livello, di profondo interesse per le nostre comunità.
Certo che nello studio di una legge di questo genere non possiamo non farci carico in partenza, per serietà, per non essere preda di una facile demagogia che poi cade di fronte agli ostacoli a livello parlamentare, di parecchie cose di cui ha già parlato anche Viglione.
Il problema dei rapporti tra il comprensorio e la Provincia, ha una sua importanza e se sapremo obiettivamente e concretamente risolverlo faciliterà il decollo dei comprensori, quando saranno creati, circa le comunità montane, nella nostra Regione ci troviamo di fronte a dei previsti comprensori che sono di parti territorio delle comunità montane. Che cosa si deve fare? Fare delle strane cose quando già abbiamo l'aiuto della legge sulle comunità montane? In altri casi un problema ci è in parte sfuggito e dovremo approfondirlo, là dove i comprensori, per l'intero territorio o per parte di esso, sono interessati dalla legge sulle comunità montane, per non in termini unitari, bensì di comunità previste in maniera spezzettata.
Questo è il discorso politico operativo di cui dovremo tenere conto nel momento in cui vareremo questa legge, in una Regione come la nostra il rapporto fra comprensori e comunità montane non può sfuggire nella fase di studio legislativo.



BERTI Antonio

Sono delle subaree.



GARABELLO Enzo

Non sempre, bisogna vedere, questa è una questione che deve essere approfondita. Possono essere subaree come potrebbero coinvolgere il tipo di organizzazione che stiamo dando ai nostri studi sulla legge delle comunità montane. Penso che in molti casi potranno essere subaree, ma un punto di riferimento ci deve pur essere.
Dovremo tener conto che l'iniziativa dei Comuni associati ha già creato consorzi di carattere generale, di carattere specifico, di parziale estensione territoriale, non dobbiamo dimenticarlo. Vi è pure un problema che riguarda i Circondari, hanno aspetti diversi, è vero, però non credo che la Regione debba operare a compartimenti stagni. Certo la cosa migliore sarebbe che i comprensori corrispondessero all'area dei circondari e che ad un decentramento di tipo politico programmatorio corrispondesse nello stesso tempo il decentramento di tipo amministrativo, sarebbe una cosa importante e come tale da valutare.
Si è parlato dei piani di zona dell'agricoltura: il problema del comprensorio anche in termini giuridico-legislativi contiene tutta una serie di interrelazioni che io mi sono permesso qui di segnalare perch ritengo che non possano essere trascurati in partenza.
Quarto punto: identificazione del territorio.
La legge dei comunisti per quanto riguarda l'identificazione dei territori comprensoriali ha ripetuto a titolo di avanzamento il discorso delle aree ecologiche dell'IRES. Anche qui io vorrei fare un rapidissimo riferimento alle consultazioni che stiamo svolgendo, avendo scelto la Commissione, rispetto al piano, di usare quella struttura, avvertendo fin dall'inizio gli amministratori locali che non è una scelta definitiva, è un mezzo funzionale che potrà essere ampiamente modificato.
E' venuto fuori dalle prime assemblee che abbiamo fatto che una certa necessità di revisione di queste definizioni territoriali c'è, perch rispetto alle aree ecologiche dell'IRES, che sono un'entità forse un pochino astratta sotto certi aspetti, mai discussa dai Comuni minori, ma soltanto sempre ad un certo livello politico, vi sono delle difficoltà a farle accettare così, quindi dobbiamo approfondire il discorso. Lo ha già detto anche il collega Viglione. Bisogna tener conto della volontà dei Comuni.
Faccio qualche esempio: i 13 Comuni della Val Sessera nelle aree ecologiche sono legati a Borgosesia, mentre di fatto, da anni, sono legati al biellese anche nel loro consorzio; la Valle Belbo, cuneese, collegata dall'IRES (forse giustamente, io non sto mettendo in dubbio né l'una n l'altra cosa) all'area ecologica di Asti, richiede invece di rimanere collegata ad Alba per una serie di motivi di ordine se vogliamo anche solo tradizionali; nella pianura pinerolese vi sono dei Comuni collegati con l'area di Torino che preferiscono essere collegati con l'area di Pinerolo in provincia di Cuneo, certe zone vicino al braidese collegate all'area di Torino.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Verzuolo!



GARABELLO Enzo

Non Verzuolo, Bagnolo, la storia di Verzuolo si riferisce alle aree montane e non ai comprensori. Il problema della revisione esiste e noi l'abbiamo evidenziato ad Asti. Mentre tutte le altre province hanno più di un comprensorio nel loro interno, la provincia di Asti è quasi pari ad un comprensorio, ad una area ecologica, con delle smagliature verso Alessandria, Casale, Torino, Alba in parte. E' possibile che addirittura si arrivi ad un'identificazione fra provincia e comprensorio. Quali collegamenti vi sono fra queste cose? Io riterrei che sarebbe bene raccogliere tutte le volontà che sono state espresse in vario modo dai Comuni, oltre che in sede di consultazione, perché sappiamo esistere lettere di sindaci, delibere di Consigli comunali, ecc. di cui non possiamo non tenere conto.
Forse l'IRES, che ha fatto quel tipo di proposta sei o sette anni fa potrebbe essere incaricato di fare una revisione di quelle previsioni. Io ricordo che all'epoca della formazione del piano intercomunale di Torino lo stesso IRES diceva che certi problemi di definitiva attribuzione di un Comune ad una e ad un'altra area intercomunale o comprensoriale, dipende più da fattori di studio urbanistico che non da quelli visti a tavolino.
Quinta ed ultima proposta: segnalazione.
Credo che sia abbastanza diffuso il punto di vista - e certamente come tale lo colgono specialmente quelle aree e quei Comuni che hanno già svolto una loro attività informale sul problema comprensoriale - che vi è uno stretto collegamento tra la definizione di comprensorio, i poteri che domani avrà e quindi le deleghe della Regione sul piano operativo di attuazione del piano regionale. C'è una cosa che è bene che i colleghi sappiano, che in più di una area ecologica ci siamo sentiti dire, proprio là dove maggiore esperienza vi è di lavoro in comune nell'ambito dell'area che la Regione come norma dovrebbe evitare la delegazione a Comuni singoli (salvo per problemi di carattere specifico che siano largamente giustificati), ma sempre rivolgersi ai collegamenti fra i Comuni, quindi ad una realtà comprensoriale, ad una realtà consorziale per dare maggiore contenuto al collegamento tra i singoli Comuni. Anche perché quanti sono i Comuni nella nostra regione che da soli non sarebbero in grado di reggere anche piccole deleghe di carattere operativo? E in questo modo che cosa avverrebbe? Un'ulteriore emarginazione dei Comuni minori a favore di Comuni principali che già per conto proprio hanno un maggiore respiro di bilancio e di possibilità operative.
E' certo che a livello degli studi non si può trascurare questo collegamento. Dirò qui, e soltanto a titolo informativo, che quegli stessi Comuni collegati già fra di loro sul piano informale associativo di fatto mentre richiedono che la norma della delega sia all'associazione, al comprensorio come "autorità superiore al Comune" anche se scaturente il proprio potere di rappresentanze dei Comuni, analogamente chiedono che le deleghe non siano date che ad enti locali di estrazione elettiva, cioè Province, Comuni, Consorzi, Comprensori, a sfavore decisamente di enti di tipo funzionale, di tipo statale come le Camere di Commercio, gli ospedali.
Io non credo di aver detto tutto quello che penso in proposito, ma credo che qualche elemento ci sia anche nel mio intervento, quanto meno l'intenzione era questa.
Concludo dicendo che il binario su cui dobbiamo camminare è quello del chiarimento giuridico per la ricerca del meglio possibile, con le minori fatiche di tipo legislativo e nello stesso tempo una volontà politica. E proprio la indicazione ultima che ho dato sul problema delle deleghe, è la volontà politica di fondo che mi pare di poter testimoniare che esiste largamente fra i nostri amministratori locali, sia dei Comuni più importanti che non vogliono imporre la loro supremazia nei confronti dei Comuni minori, ma cercano una naturale "leadership" che si collega ad una visione di programmazione economico-sociale, sia dei Comuni minori che non vogliono perdere le loro caratteristiche, ma vogliono essere valorizzati in un insieme armonico.
Prego l'amico Viglione e i colleghi del CR di non prendere in senso qualunquistico quello che sto dicendo, ma proprio nel nostro ultimo incontro, quello di Ivrea (nella cui zona vi sono non poche amministrazioni non colorate) i sindaci di amministrazioni indipendenti sono venuti a dirci: noi comprendiamo tutto il valore del riferimento a forze politiche partitiche, però dovete capire che vasti territori sono amministrati da forze che sono pur sempre politiche, pur non essendo partitiche, quindi tenetene conto, al fine di evitare che nasca una specie di contrapposizione che potrebbe diventare meramente campanilistica e addirittura qualunquistica.
Noi che rappresentiamo le forze politiche dobbiamo ricercare dal meglio della nostra intelligenza di Consiglio Regionale, dal meglio della collaborazione sentita da parte degli Enti locali, una strada che è piuttosto difficile ma che riteniamo essere opportuno, necessario e qualificante percorrere fin d'ora.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Gandolfi, ne ha facoltà.



GANDOLFI Aldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, mi sembra che il progetto di legge comunista, che è all'origine di questo dibattito, come anche formulazioni che avevamo inserito all'atto dell'approvazione dello Statuto in merito ai comprensori, partano dalla sollecitazione a superare in molti problemi la dimensione comunale, a superarla in termini istituzionali per garantire l'effettiva rispondenza a certi ordini di problemi da parte dei poteri pubblici.
La crisi dei Comuni e delle autonomie comunali non è soltanto o non tanto una crisi di possibilità finanziarie che in una dinamica di sviluppo del Paese ci auguriamo che possa essere superata garantendo agli Enti locali un adeguato volume di entrata, la crisi deriva da altre cose, cioè dal fatto che il fenomeno di sviluppo economico e di urbanizzazione della nostra industrializzazione, della nostra vita nazionale ha reso evidente la necessità di arrivare a delle dimensioni sovracomunali per alcuni fondamentali problemi di carattere pubblico.
In campo urbanistico innanzitutto, perché ormai è inconcepibile che molto spesso Comuni confinanti si diano in piena autonomia degli strumenti urbanistici che possono essere tra di loro scoordinati. In campo sanitario il discorso della riforma di fatto è centrato sull'individuazione di dimensioni di servizio di gran lunga superiori a quella comunale. In tema di opere pubbliche infine vediamo che molto spesso opere pubbliche quali viabilità, acquedotti, fognature e così via richiedono delle realizzazioni che abbiano una visione coordinata fra interi gruppi di Comuni e in aree molto vaste. Non parliamo poi del campo dei trasporti, dove i fenomeni di mobilità nelle aree regionali hanno caratteristiche che sono di dimensione comprensoriale.
Però nell'evidenziare questi problemi dobbiamo stare attenti, ad avviso mio e della parte politica che rappresento, innanzitutto a fare riferimento ai livelli istituzionali corretti e imputare questo tipo di problemi ai livelli politici ai quali vanno riferiti. E' fuor di dubbio, mi sembra, che il processo di riorganizzazione della struttura amministrativa dello Stato che si è iniziato con la realizzazione delle Regioni a statuto ordinario debba essere perseguito a livelli inferiori, con una rifondazione degli elementi costitutivi della nostra organizzazione statuale. Non possiamo pensare di creare una serie troppo ampia di livelli di riferimento pubblico rispetto agli elettori, agli operatori economici, alle forze sociali, va quindi ripensato completamente l'assetto costituzionale dei nostri Enti locali.
Non è pensabile che sia più razionale in un contesto di riforma costituzionale, la abolizione delle amministrazioni provinciali? Altrimenti rischieremmo di organizzare una molteplicità di enti e un eccessivo frazionamento di momenti di intervento pubblico.
Ma non è tanto questo l'aspetto che io volevo sottolineare.
La realizzazione di fatti istituzionali di carattere sovracomunale deve avere due aspetti: da un lato legare a questi momenti di carattere sovracomunale degli effettivi poteri e di carattere urbanistico, e in materia di servizi sociali, e di opere pubbliche perché il discorso della democrazia partecipativa e dell'articolazione della vita democratica è molto bello, ma rischia di essere un'evasione se non si creano dei fatti istituzionali che abbiano dei poteri concreti di intervento.
Il problema fondamentale è di creare dei fatti istituzionali nuovi, ma legandoli a degli effettivi poteri di carattere operativo nelle materie che noi riteniamo di considerare. E questo non si può fare che per due strade: o una riforma costituzionale, che certamente è molto più impegnativa e molto più complicata, o creando, con la soluzione adottata per le comunità montane, dei nuovi enti di diritto pubblico che abbiano ad esempio poteri in materia di redazione di piani urbanistici intercomunali di coordinamento territoriale, che abbiano poteri nel campo della riforma sanitaria. E' fuori di dubbio che ci troviamo nella necessità di investire di questo tipo di problemi innanzitutto il Parlamento e un'attività legislativa di profondo rinnovamento organico e di quadro di alcune materie che sono anche di competenza regionale, tipo l'urbanistica e l'assistenza sanitaria o la materia dei trasporti.
Quello che vorrei consegnare al dibattito come momento di riflessione è se non sia più importante in questa fase di dibattito, anziché perseguire delle soluzioni che non possono che vedere dei fatti di carattere puramente consultivo e sostanzialmente elusive rispetto alle istanze che abbiamo di fronte, battere piuttosto la strada della presentazione di proposte di legge al Parlamento per alcune particolari materie (come potrebbe essere la materia urbanistica) ossia di leggi quadro che prevedano la creazione di fatti istituzionali con dei precisi poteri. Vedo che Berti fa dei cenni probabilmente vuoi dire che si possono battere contemporaneamente tutte e due le strade. Io direi però che dovremmo avere questa cautela, perché se ci limitassimo semplicemente alla seconda strada, cioè creare degli organi consultivi, direi che il disegno di legge comunista in fondo è abbastanza abile e va dato atto a chi l'ha redatto di cercare di sfuggire a certi nodi per arrivare a creare degli organi che abbiano dei poteri consultivi, ma a mio avviso corre il grosso rischio di portarci in una situazione in cui alimentiamo delle aspettative alle quali poi non siamo in condizioni di dare delle risposte di carattere operativo concrete, precise e che abbiano una loro validità.
Se in questo momento il dibattito ha il senso di ricercare delle vie di soluzioni a questo ordine di problemi, la posizione della mia parte politica è quella di ricercare la massima pressione possibile verso il Parlamento, attraverso dei disegni di legge di cui anche il Consiglio Regionale può farsi promotore, affinché il Parlamento dia inizio ad un'attività legislativa di leggi quadro per singole materie e di revisione dell'assetto dei nostri Enti locali, perché questa è l'unica strada che ci sembra possa dare uno sbocco concreto e alla lunga non elusivo al tipo di istanze che abbiamo di fronte.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Carazzoni, ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, poiché l'argomento in discussione è genericamente indicato all'ordine del giorno della seduta come dibattito sul problema dei comprensori, noi crediamo di dover aprire questo intervento con una dichiarazione di umiltà, intanto in quanto avendo consapevolezza dei nostri limiti, disperiamo potere arrivare ad affermazioni di carattere definitivo e di valore assoluto, in ordine a una concezione, quella appunto del comprensorio, che è tuttora argomento di interpretazione e di disputa a livello di giuristi ben più qualificati di noi, giuristi i quali ancora oggi, dicevamo, sono fermi a discutere intorno a una estesa varietà di tesi che lasciano questa nuova struttura politico amministrativa non esattamente definita sul piano legislativo e non precisamente delimitata nella legislazione vigente. Pertanto la nostra partecipazione al dibattito più che arricchire, il che potrebbe essere presuntuoso, la discussione sull'argomento, si propone di chiarire semplicemente e con la maggior chiarezza possibile quale sia la posizione del MSI a fronte del problema del comprensorio.
Dicevamo prima che del comprensorio noi non abbiamo ancora oggi una definizione esatta. Chi infatti può con completezza rispondere alla domanda: che cosa si intende per comprensorio? Lo studioso di ecologia umana parla di comprensorio come di spazio di convivenza, l'economista lo vede come area comune omogenea, l'urbanista lo colloca in un quadro di organizzazione del territorio e così di seguito. Il tutto in una varietà estesa, come notavamo poc'anzi, di interpretazioni e di concezioni. Sono tentativi di definizione che possiamo anche accettare, così come accettabile pure nella sua genericità e forse proprio per questa sua genericità che lascia libero campo alle più ampie interpretazioni, è la definizione sua, signor Presidente, che noi avevamo letto sulla stampa del dicembre scorso e che ci eravamo annotati: "I comprensori saranno un modo nuovo e snello di partecipazione diretta al governo della cosa pubblica evitando da un lato un eccessivo accentramento regionale e dall'altro la dispersione e la frantumazione di iniziative a livello locale troppo ristretto; cioè - concludeva il presidente del nostro Consiglio Regionale saranno l'articolazione ideale a giusto livello".
Altri ha detto, con un giudizio di sintesi che a noi è sembrato essere particolarmente interessante e felice, che il comprensorio potrà essere "la Provincia razionale" e su questo piano cioè sul piano della definizione di principio, formalmente acuta ma generica quanto al sostanziale contenuto potremmo ancora a lungo continuare. Né ci soccorre, in questa ricerca, lo statuto regionale che parla sì del comprensorio, senza peraltro definirlo se non per indicarlo all'art. 75 come strumento di programmazione, il che ci sia consentito dirlo, ci sembra essere per lo meno azzardato perché (se possiamo aprire una breve parentesi) dà per scontato il fatto che la legge dello Stato sulle procedure della programmazione (legge, come è noto, non ancora promulgata) abbia a recepire, ad accettare questa funzione del comprensorio, cosa che in ipotesi potrebbe anche non verificarsi.
E sempre approfittando di questa occasione vorremmo anche dire che il principio del comprensorio istituito con legge regionale, art. 71 dello Statuto, continua a lasciarci perplessi poiché ci sembra contraddire proprio alla spontaneità e alla scelta autonoma che appunto nel caso del comprensorio dovrebbero scaturire dal basso e di cui (ecco come noi avremmo diversamente statuito) la Regione con legge regionale prende atto. Ma chiudendo questa parentesi e tornando all'assunto, noi crediamo di potere concludere questa prima parte del nostro intervento riconoscendo una certa originale validità alle definizioni di comprensorio alcune delle quali ci siamo permessi di ricordare: e riconoscendo perciò stesso una certa originale validità al comprensorio in sé considerato. Sin qui restiamo per sempre sul piano della pura teorizzazione, quando non addirittura sul piano della dissertazione accademica.
Il discorso cambia ed acquista un taglio più squisitamente politico se come ci sembra indispensabile fare, si tocca il fatto della veste giuridica da dare al comprensorio. Si vuole da alcune parti che il comprensorio venga inteso come un nuovo Ente locale territoriale, cioè a dire un quarto ente locale territoriale che verrebbe ad aggiungersi al Comune, alla Provincia alla Regione, previsti dalla Costituzione, collocandosi appunto tra Regione e Provincia. Da altre parti si vuole invece che il comprensorio sia identificato come terza dimensione di governo territoriale, in sostituzione della Provincia che si vorrebbe soppressa, come ricordava poc'anzi, secondo la tesi repubblicana, il collega Gandolfi, anche tenuto conto dell'avvenuta istituzione dell'ordinamento regionale.
Ora, poiché noi ci eravamo proposti di limitarci a definire il nostro punto di vista sull'argomento, dobbiamo subito dire che il MSI-destra nazionale non può essere d'accordo né con l'una né con l'altra di queste due tesi. E' fuor di dubbio che sia sentita nella realtà attuale la necessità di individuare una dimensione sovracomunale per la produzione di servizi comuni, oppure per il coordinamento delle politiche di sviluppo e di programmazione. D'altra parte la Costituzione parla di comprensorio anzi all'articolo 114 limita la ripartizione della Repubblica in Regioni Province e Comuni. E sempre la Costituzione fa riferimento esplicito, art.
129, all'istituto del circondario per il decentramento statale regionale e non a quello del comprensorio.
Non ci sembra dunque possibile riconoscere il comprensorio come autonomo livello di Governo, o quanto meno non ci sembra possibile riconoscerlo come tale ove prima non si faccia luogo ad una necessaria ed indispensabile revisione costituzionale. A parte poi le perplessità che crediamo giustificate, perplessità che sussisterebbero, anche in questo caso, di giungere a istituzionalizzare un nuovo ente territoriale rendendo così ancora più piramidale l'assetto delle rispettive autonomie degli enti che, a diverso livello, hanno competenze sullo stesso territorio e popolazione.
Né la nostra parte politica può accettare la seconda tesi, cioè quella della soppressione della Provincia e della sua sostituzione con il comprensorio. Anche qui è fuor di dubbio e non saremo noi a contestarlo che l'Ente provincia oggi sia in crisi e si ponga fondatamente come un problema che non può ancora essere ignorato; tuttavia la soluzione di questo problema non è soltanto e obbligatoriamente quella della soppressione, come si va sostenendo da talune parti: il problema può essere risolto (e per quanto si riferisce al MSI deve essere risolto) con la ristrutturazione dell'ente provincia, cioè allargandone le competenze e ampliandone la sfera attuale.
Attraverso quindi una ristrutturazione che oggi si impone, vuoi per motivi di ordine contingente (la nascita stessa delle Regioni, quindi l'opportunità di risolvere i problemi della riorganizzazione della pubblica amministrazione e degli enti pubblici territoriali) vuoi soprattutto per motivi di fondo rappresentati dal dovere politico di adeguare la struttura dell'Ente Provincia alle nuove esigenze della nostra società, nonch dall'obbligo giuridico di realizzare una struttura dell'Ente Provincia che sia conforme alle norme della Costituzione.
Per concludere su questo punto respingiamo dunque anche la tesi del comprensorio sostitutivo della Provincia che ci sembra inaccettabile e per la difficoltà politica di eliminare un'istanza elettiva e consolidata ormai nel tempo e per la difficoltà tecnica di ridisegnare le circoscrizioni territoriali e di ridefinire le competenze dei nuovi enti intermedi, data anche la varietà delle situazioni locali e la complessità degli obiettivi che si vorrebbero assegnare agli enti comprensoriali e, infine e soprattutto, per l'ostacolo giuridico rappresentato dalla necessità di una preliminare revisione della Costituzione.
D'altra parte ci permettiamo di osservare che per quanto inefficiente e sia pure piena di gravi lacune, l'attuale geografia amministrativa provinciale e l'attuale ripartizione delle competenze tra i diversi livelli di governo hanno alle loro spalle un secolo di storia durante il quale anche con una serie di ritocchi e di espedienti vuoi legislativi, vuoi operativi, esse sono venute consolidandosi. E se per conservare una struttura senza dubbio insufficiente, non occorrono né giustificazioni n garanzie, molte se ne chiedono a chi voglia modificarla.
Non d'accordo dunque sul comprensorio come quarto Ente locale territoriale e neppure sul comprensorio sostitutivo della Provincia, noi pensiamo, anche con riferimento e per così dire con ancoraggio a quella che è la legislazione vigente, che il comprensorio non possa che ricondursi alle ipotesi della legge comunale e provinciale del 1934 art. 156, cioè alla forma del consorzio intercomunale volontario, sia pure costituito per scopi plurimi. Un comprensorio, dunque, ridimensionato e riavvicinato al concetto di Circondario previsto dall'art. 129 della Costituzione all'interno della provincia, concepita come governo di vasta area, unico intermedio fra Comune e Regione.
Questa nostra interpretazione, e siamo i primi a rendercene conto - pu sembrare forse restrittiva alla luce delle moderne esperienze che sono andate maturando in altre nazioni dell'Europa occidentale, come la Francia la Germania federale o l'Inghilterra, nonché a fronte dei fermenti, delle esigenze, delle istanze che si avvertono anche nella realtà giuridico amministrativa dell'Italia. Tuttavia, pur con tutti questi riconosciuti limiti, ci sembra anche essere la sola interpretazione possibile tenendo conto, vuoi del dettato costituzionale, vuoi della legislazione in vigore.
Semmai è un'interpretazione che impone la denuncia nei confronti di una classe dirigente che continua a trastullarsi nel prospettare ipotesi nel teorizzare valutazioni, nell'avanzare suggerimenti, nel perdersi, insomma in un mare di parole, restando peraltro incapace di dare a queste ipotesi e a queste teorizzazioni la necessaria veste giuridica.
Una classe dirigente che non ha lo spirito di attuare, in tutte le sue parti, la Costituzione e non ha neanche il coraggio di rivederla in quelle che sono ormai vecchie e superate. Una classe dirigente che, dopo tutti questi anni, ancora non è riuscita a modificare e ad adeguare alle mutate esigenze il T.U. della legge comunale e provinciale. Si dice che "ex facto oritur jus" (mi si passi la citazione latina, in un periodo in cui il latino è sicuramente non più di moda)...



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Meno male che non dice "scusate la mia erudizione"!



CARAZZONI Nino

No, non lo dico in questo caso! Cioè che è il diritto che nasce dal fatto concreto. Ma noi pensiamo che sia tempo ormai di fare il diritto; anche sul problema del comprensorio sul quale ci siamo permessi di esprimere talune valutazioni di massima che il M.S.I. Destra nazionale ritiene di dover fare, ma che è problema che al di là dei diversi e magari contrastanti giudizi politici che si possono o si potranno ancora dare vorremmo vedere finalmente definito, almeno sul piano giuridico.
E un'ultima osservazione, prima di concludere, che ricaviamo dalla lettura or ora fatta dalla proposta di mozione presentata dal gruppo socialista e che già era riscontrabile nel progetto di legge n. 48 presentato, ci sembra, dal gruppo comunista.
Vediamo che qui si fa cenno agli organi che dovranno reggere o che si pensa dovranno in futuro reggere i comprensori, e si parla di Consigli che a loro volta vengono poi a nominare organismi esecutivi. Ecco, noi temiamo veramente di andare, così facendo, incontro ad una pletora di pubblici amministratori: Regione, Provincia, Comune, Comunità montane, Comprensori Distretti scolastici, Unità sanitarie locali, abbiamo addirittura la sensazione (e non è una facile battuta) che gli italiani, dopo essere stati un popolo di eroi, di poeti e di navigatori, si vadano trasformando soltanto in un popolo di amministratori, con quei risultati che nella pubblica amministrazione stanno davanti agli occhi di tutti noi.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Rivalta. Ne ha facoltà.



RIVALTA Luigi

Lo stato di crisi istituzionale ed operativa che coinvolge gli Enti locali e le conseguenze negative che da essi derivano - gli squilibri l'abbandono di risorse in determinate zone, la distruzione di risorse o delle potenzialità in altre, con alti costi umani e sociali - inducono tutti noi a pensare che è necessario cambiar rotta, e ciò sia per quanto concerne il tipo di sviluppo sia, e conseguentemente, per quanto concerne i metodi della gestione politica e amministrativa.
D'altra parte, questa esigenza di cambiare non è sostenuta soltanto da gruppi ristretti di intellettuali, di ricercatori, di tecnici, ma è messa in evidenza dalla situazione sociale. Il Consigliere Garabello ha fatto riferimento alla esperienza che ci viene dalle consultazioni condotte in questi ultimi tempi in rapporto al bilancio in discussione, della Regione e in rapporto alle consultazioni per il Piano di sviluppo regionale. Egli ha rilevato come da tali consultazioni emerga la volontà di trovare forme nuove di gestione politico-amministrativa territoriale attraverso le quali modificare la situazione. Vorrei richiamare a mia volta una testimonianza recentissima, di questa mattina: chi ha partecipato all'incontro con la delegazione degli auto-ferro-tranvieri ha sentito che fra le loro rivendicazioni questi lavoratori, insieme con le questioni inerenti i rapporti di lavoro e le condizioni di lavoro, pongono la questione dell'organizzazione del loro servizio, il che ci riporta immediatamente al problema del controllo dell'organizzazione territoriale e di una gestione politica del territorio a livello sovraccomunale.
Mi sembra che, al di là ancora delle opinioni che taluni di noi possono avere, ci sia una larga convergenza di posizioni sulla esigenza di stabilire condizioni operative e amministrative a livello territoriale diverse dalle attuali; e questa presa di posizione penso abbia avuto in questi ultimi tempi un riflesso positivo sugli atteggiamenti dei vari partiti politici, dal momento che anche il campo politico, tolte alcune eccezioni che non è neppure il caso di tenere in conto, appare aperto ad una soluzione del problema in direzione della realizzazione del comprensorio (penso si tratti proprio di una convinzione maturata attraverso questo contatto con la realtà, e solo in casi molto limitati di calcolo o di opportunità).
Una posizione unanime in questa direzione era stata già espressa nel momento della definizione dello Statuto regionale, quando, senza che il problema fosse giunto al grado di maturazione che ha oggi, purtuttavia almeno a livello di individuazione della linea di soluzione, si erano introdotti nello Statuto, in due diversi articoli, il principio che la Regione può istituire comprensori e quello che prescrive che il Piano regionale si articoli in piani comprensoriali.
A me pare, quindi, che qui non si tratta tanto di decidere se dire sì o no al comprensorio quanto piuttosto di verificare la convergenza delle motivazioni per le quali più forze richiedono il comprensorio, precisare gli obiettivi che si pongono, individuare secondo quali modi e in quali tempi si intende procedere.
Molteplici risultano le motivazioni e le finalità, alla luce di quanto qui oggi è stato detto. Intanto quelle che, saltando un po' il discorso degli attuali limiti di poteri degli Enti locali, delle attuali loro possibilità, si rifanno alla esigenza di dare efficienza e razionalità agli interventi dei Comuni e delle Province, partendo dal presupposto che con il semplice coordinamento dell'attività dei Comuni si possano di fatto ottenere un miglioramento del livello di intervento, e quindi risultati migliori. A questa motivazione, di carattere prettamente tecnicistico, che non è mancata anche negli interventi di oggi, se ne accompagna un'altra più ricca, direi, di contenuti, aperta a significati politici, ma ancora fortemente fondata su una visione di pura efficienza: quella che si rifà al divario tra l'ambito in cui prendono origine i problemi che investono le comunità locali e i poteri che i Comuni hanno, e in particolare la dimensione territoriale su cui questi poteri si possono esercitare.
A mio modo di vedere, queste due motivazioni, delle quali la seconda ingloba in parte la prima, hanno tutto sommato, una limitazione d'origine che è proprio quella di porsi dall'angolazione visuale soprattutto della efficienza di carattere tecnico. Sono le motivazioni addotte in primo luogo dagli urbanisti, che hanno teso a superare il limite del loro intervento attraverso la individuazione di nuove strutture e di nuovi strumenti derivanti da valutazioni di carattere tecnico, mediando anche elaborazioni e risultati delle scienze sociologiche ed economiche. Io ritengo che queste preoccupazioni di carattere efficientistico siano valide e debbano essere tenute nel debito conto nei nostri discorsi: ma penso che siano anche limitative, e che se noi affrontassimo il problema dei comprensori unicamente sotto questa angolatura limiteremmo la concezione che noi abbiamo, tutto sommato, della importanza dei comprensori. Anche l'intervento di Gandolfi mi pare sia stato estremamente ancorato ad una visione di efficienza: d'altro canto, egli non ha fatto che riportare la concezione, la ideologia che sta alla base del suo partito.
Queste motivazioni, dicevo, sono accettabili, e noi stessi le adottiamo. Ma non vogliamo che tutto il discorso del comprensorio venga ancorato ad un puro problema di soluzione tecnica ed efficientistica; non accettiamo una visione limitata di questo tipo. Noi pensiamo che sia giusto preoccuparsi di soddisfare queste esigenze di maggiore efficienza dell'intervento degli Enti locali, ma come condizione che deve essere strettamente connessa e dipendente a quella della gestione politica.
Credo sia questo il tema di fondo e pregiudiziale, dalla soluzione del quale dipenderà anche il modo di collocarsi della Regione nei confronti dei problemi del comprensorio. Noi siamo per attribuire al comprensorio l'obbiettivo di fornire maggiori poteri agli Enti locali, al sistema delle autonomie locali che è presente nel nostro Paese. Proprio dal modo con cui si darà risposta a questo problema dipenderà la natura del rapporto che si costituirà fra Regione ed Enti locali e quindi la caratterizzazione che la Regione assumerà nei confronti dei problemi del sistema delle autonomie degli Enti locali.
Se la scelta di questo strumento, il comprensorio, non fosse orientata ad un potenziamento del sistema delle autonomie locali, il comprensorio risulterebbe un mero strumento di gestione burocratica, da parte della Regione, dei processi che avvengono a livello territoriale, e anzich andare verso quella politica di esaltazione delle autonomie (che è prevista dalla nostra Costituzione, ed è sostanziata dalla stessa istituzione delle Regioni) muoverebbe verso una politica di centralizzazione, pur se a livello regionale.
Dobbiamo quindi ritenere fulcro fondamentale dei nostri discorsi attorno al problema del comprensorio proprio la necessità di realizzare il principio di potenziare il sistema delle autonomie locali, di riconoscere e promuovere le autonomie locali, come vuole la Costituzione. La creazione dell'Ente Regione è stata soltanto un passo su questa strada: ora è necessario che la Regione operi in modo da dare significato al dettato costituzionale in direzione del potenziamento delle autonomie locali.
La stessa Costituzione dice che la Repubblica si riparte in Regioni Province e Comuni e configura, proprio in questa triade, il sistema di autonomie nel quale i vari livelli di governo si pongono tutti, pur con diversi contenuti e con diversi ambiti territoriali, come un modo d'essere dello Stato. Non c'è, quindi, in rapporto al problema del sistema delle autonomie, una differenziazione, una graduazione di valori, una scala di priorità, c'è un modo d'essere unitario che colloca questa triade in modo uniforme ed omogeneo. La posizione del nostro Partito è pertanto quella di vedere i problemi che sono connessi all'esigenza di una maggiore efficienza e razionalità legati a quella, espressa nella Costituzione, di dare potenziamento a tutto il sistema delle autonomie.
Che cosa può significare questa esaltazione delle autonomie locali? Per noi significa, come abbiamo detto in più occasioni, una modifica dei rapporti fra Stato e cittadino, un potenziamento delle possibilità di intervento del cittadino nella gestione della cosa pubblica; potenziare il sistema delle autonomie locali, significa in sostanza realizzare quei concetti di partecipazione che sono stati fatti propri dalla Regione Piemonte, che sono sanciti nello Statuto regionale e che attendono ancora in gran parte, di essere concretizzati.
Voglio qui precisare che noi riteniamo vi sia uno stretto collegamento fra la battaglia per la partecipazione che noi conduciamo, affiancati da forze sociali e sindacali, e la difesa delle autonomie. Mai in nessun caso noi abbiamo posto in alternativa fra di loro la partecipazione e le autonomie locali. C'è stato, certo, qualcuno che anche su questi fatti ha condotto un proprio gioco, avventuroso e pericoloso, di negazione delle istituzioni. Noi abbiamo sempre fatto coincidere la battaglia per la partecipazione con l'esaltazione dei poteri delle autonomie locali. Quindi per noi sostenere la creazione del comprensorio equivale proprio a raccogliere questa esigenza di una gestione più efficiente a livello territoriale, ma per dare agli Enti locali una maggiore capacità di intervento e realizzare, attraverso questa via, le condizioni per rendere effettiva la partecipazione alla gestione della cosa pubblica da parte dei cittadini.
Nell'indicare il comprensorio quale strumento per questo tipo di politica, sappiamo di dover colmare molti vuoti ed ostacoli, di carattere istituzionale ed anche di carattere culturale, nel senso che l'elaborazione non è sostenuta da esperienze concrete. Ma teniamo anche presente che la Costituzione, che non ha previsto i comprensori, indica appunto l'articolazione della Repubblica italiana in Regioni, Province e Comuni, ha indicato dei principi. La nostra Costituzione contiene soprattutto indicazioni di carattere programmatico, che oggi vanno perseguite. Io posso essere non completamente d'accordo sul fatto che una Costituzione debba contenere soltanto dei principi e delle indicazioni di carattere programmatico: la mia parte (sulla base di una concezione che nasce dal tipo di azione ed esperienza politica che il movimento operaio marxista ha condotto) ha sempre ritenuto che una Costituzione debba riguardare il presente, debba sancire le conquiste concrete acquisite dalle forze sociali che l'hanno promossa. E' un fatto, però, che la Costituzione italiana è nata dalla Resistenza, da un grande movimento di massa che non ha assunto la portata di una rivoluzione sociale; la Resistenza cioè non ha distrutto un ordinamento sociale, pur avendone cambiato sostanzialmente il carattere attraverso la restituzione al cittadino delle libertà politiche, premessa per la realizzazione delle trasformazioni sociali. Proprio per questa ragione storica è comprensibile come la Costituzione italiana contenga indirizzi e programmi più ancora che fissare norme concrete di trasformazioni sociali ed istituzionali. E' in questa visione storica di trasformazione della società, dopo la conquista delle libertà individuali della emanazione della Costituzione in poi, attraverso una serie di interventi e di iniziative che quotidianamente vengono portate avanti (mi richiamo a tutta la politica che il Partito Comunista ha svolto nei ventisette anni seguiti alla Liberazione, nell'ambito di quella che noi chiamiamo "la via italiana al socialismo"), il mio partito si adopera per l'attuazione dei principi contenuti nella Costituzione, come elemento sostanziale della nostra battaglia politica, della nostra marcia per la trasformazione della società. In questo quadro sono oggi diventate mature alcune trasformazioni istituzionali, necessarie per far corrispondere le istituzioni alle trasformazioni di carattere sociale; intervenute al diverso peso politico cioè che alcune classi hanno assunto proprio a partire dalla Resistenza in poi.
Se nel momento in cui la Costituzione è stata elaborata, sancita, non è stato possibile prefigurare né nuovi elementi statutari per un nuovo ordinamento sociale né conseguentemente le istituzioni corrispondenti oggi, a distanza di ventisette anni, ci troviamo con trasformazioni sociali a cui non ha fatto seguito una equilibrata evoluzione delle istituzioni cioè, in sostanza, ci troviamo ad avere istituzioni arretrate rispetto alla stessa situazione sociale che è emersa. Il richiamo al tema della partecipazione da me fatto all'inizio è una dimostrazione di questo assunto: la Costituzione aveva suggerito alcuni principi di partecipazione in questi ventisette anni, alle sostanziali profonde modificazioni di condizioni politiche, sociali e culturali che si sono verificate e che hanno promosso una più estesa esigenza di partecipazione, non ha corrisposto un adeguamento delle istituzioni. Oggi è veramente giunto il momento di adoperarsi per adeguare il livello istituzionale a questo livello politico e a questa richiesta di partecipazione.
Per quello che riguarda il comprensorio come potenziamento del sistema delle autonomie noi facciamo riferimento sostanziale agli Enti locali elettivi (concordo con le indicazioni fornite dal collega Garabello), e non ad altri, non agli Enti locali funzionali, proprio perché l'Ente locale elettivo è il nucleo, il punto nodale dei processi di partecipazione.
Dicevo prima che, per noi, partecipazione ed autonomia degli Enti locali sono stati elementi unitari di un'unica battaglia, per cui intendiamo il comprensorio come elemento di potenziamento delle autonomie locali con riferimento alle assemblee elettive, Comuni e Province. Ma in questo senso dobbiamo cogliere anche alcune differenziazioni fra questi due Enti locali.
Il Comune si è storicamente formato, come elemento di origine naturale: si è venuto definendo in maniera spontanea, come forma di aggregazione degli individui, dei loro interessi, delle loro attività; è stato, e forse è tuttora, soprattutto quando si tratta di piccoli Comuni, la cellula intermedia fra la famiglia e lo Stato; ha una sua tradizione storica e culturale che non può essere disconosciuta, che non può essere cancellata che è sostanziale nella vita della società.
Il riferimento che noi facciamo al Comune è un riferimento di tipo particolare, di accentuato valore rispetto a quello che facciamo relativamente alla Provincia. La Provincia è infatti una creazione artificiale della legge, faticosamente giustificata nel corso degli anni.
All'inizio del secolo si era detto che la Provincia era necessaria in quanto occorreva uno stadio intermedio fra lo Stato e i Comuni, ma essa è rimasta nella nostra società come un qualcosa di artificioso, che ha stabilito scarsi legami con la comunità. E quindi sotto questo profilo noi pur ponendoci come obiettivo immediato quello di individuare il comprensorio come elemento e strumento di potenziamento del sistema delle autonomie, comunale e provinciali, onestamente dobbiamo dire che è soprattutto con riferimento ai Comuni che noi poniamo l'obiettivo di tale potenziamento.
Per quanto concerne questo potenziamento, noi riteniamo, quindi ponendo appunto come base della nostra azione politica il potenziamento in particolare degli Enti comunali, che il comprensorio non debba in alcun modo venire a configurarsi come uno strumento che si sovrapponga ai Comuni e li opprima. Nessun nuovo diaframma deve stabilirsi fra Regione ed Enti locali, in particolare Enti comunali. Siamo quindi contro tutte le concezioni che vogliono già delineare il comprensorio sulla base di una elezione diretta, sostanzialmente quindi identificandolo con la Provincia poiché riteniamo che un tale tipo di assemblea elettiva sarebbe veramente un diaframma posto fra Regione ed Ente locale e anziché esaltare le possibilità di intervento dell'Ente locale lo soffocherebbe e limiterebbe.
Noi, dunque, concepiamo il comprensorio (e questa concezione abbiamo posto alla base della nostra proposta di legge, richiamata oggi da alcuni Colleghi) come libera associazione dei Comuni. In questa fase iniziale, che chiamerei anche "sperimentale", di costruzione di strutture di gestione a livello sovracomunale, il comprensorio deve rappresentare una libera associazione dei Comuni. Ciò non può sminuire la portata politica di questo strumento e neanche far correre il rischio che esso sia respinto dai Comuni. Se così fosse, vorrebbe dire che il comprensorio non assume il significato di accrescimento di potere di intervento degli Enti locali: dovrà essere la Regione, che vede nel comprensorio uno strumento della propria politica regionale (tant'è che nello Statuto è appunto detto che il Piano regionale si articola in piani comprensoriali) a conquistarsi la fiducia degli Enti locali affinché questi partecipino a quella che deve essere una libera associazione. Si deve dunque instaurare un rapporto di fiducia fra Regione ed Enti locali.
Non credo che qui siano da invocare, in questo momento come da qualcuno è stato fatto, le modifiche istituzionali, che sarebbero impositive imperative nei confronti dei Comuni. E' all'interno di quel processo di costruzione, di esaltazione delle autonomie cominciato con la costituzione della Regione - e che deve essere portato avanti - che la Regione stessa deve operare per conquistarsi la fiducia dei Comuni. E un mezzo per incominciare a conquistarsi questa fiducia da parte della Regione esiste in termini concreti, sul piano del rapporto di delega che si deve stabilire tra la Regione e i Comuni. La delega di poteri ai Comuni dev'essere l'elemento di unificazione, di omogeneizzazione della politica fra Regione ed Enti locali; l'elemento attraverso il quale gli Enti locali trovano nella Regione un punto di riferimento per l'accentuazione delle proprie possibilità di intervento. Per questo noi vediamo il problema dell'istituzione dei comprensori strettamente connesso al problema delle deleghe: non avrebbe alcun significato parlare di comprensori senza parlare di deleghe.
Sottolineo, come già ha fatto il Consigliere Garabello, l'unità che deve esistere fra la politica comprensoriale che la Regione deve promuovere e la politica di deleghe che la Regione deve effettuare. Libera associazione dei Comuni e deleghe, quindi; il che significa che le deleghe devono essere date agli Enti locali, Comuni e Province, a patto che questi le gestiscano in forma associata. Cioè, la libera associazione trova qui una rispondenza da parte dei Comuni, quale strumento per la gestione di carattere associato delle deleghe ricevute.



BERTI Antonio

Almeno per una parte importante.



RIVALTA Luigi

Evidentemente, deleghe da dare ai Comuni a patto che le gestiscano in forma associata, per quei tipi di intervento che hanno una dimensione, una incidenza di carattere sovracomunale. Non avrebbe evidentemente senso chiedere una amministrazione associata di deleghe che riguardano il singolo Comune, o parte di un singolo Comune.
In questo senso, dunque, con la libera associazione e le deleghe, si deve costruire il modo d'essere, del rapporto fra Regione ed Enti locali.
Su questa base noi siamo contrari a qualsiasi proposta che voglia oggi porre il problema di una legge di riforma istituzionale: a ciò si potrà arrivare quando si sia in effetti costruito, sperimentato questo nuovo rapporto, senza imporlo dall'alto.
Crediamo poi ancora che la difesa ed esaltazione dell'autonomia degli Enti locali debba essere garantita anche attraverso il tipo dei rapporti interni al comprensorio. Si deve stabilire che le decisioni fondamentali che il comprensorio dovrà assumere vengano assunte sulla base di dibattiti ed anche di delibere prese a livello di ogni Consiglio comunale; quindi una stretta dipendenza del comprensorio dall'Ente locale.
Per quanto concerne i compiti, noi - proprio perché diamo al comprensorio il senso di un adeguamento delle istituzioni al nuovo rapporto che è andato creandosi nella nostra società e che vede nuove forze sociali sempre più mature, coscienti di dover partecipare alla gestione della vita pubblica intendiamo attribuirgli immediatamente, in questa fase di costruzione, di sperimentazione, compiti subito concretizzabili, effettivi e quindi sotto questo profilo in grado di attirare credibilità sugli stessi Enti locali. E io credo che questa possibilità di rendere immediatamente operante un intervento del comprensorio stia in quella di realizzare una politica di piano. Credo che qui si ritrovi l'anello di congiunzione. Non so se ci sono altre condizioni che rendono possibile immediatamente fornire ai comprensori una possibilità operativa. Le stesse deleghe agli Enti locali, al di fuori del piano e della politica di programmazione, possono risultare velleitarie. Secondo me, ripeto, è possibile fornire ai comprensori dei compiti solo attraverso la politica di piano: e ciò è possibile istituzionalmente per l'organizzazione territoriale, sia perch la Regione ha competenza assoluta, a norma dell'art. 117, in campo urbanistico, sia perché lo Statuto regionale stabilisce che il Piano regionale si attua a livello di piani comprensoriali.
Mi sembra allora che qui troviamo una possibilità di concretizzazione del rapporto Regione-Comuni, e di indicazione specifica di delega dalla Regione ai Comuni. Credo che si tratti, intanto, di fornire al comprensorio una possibilità di gestione politica di tutta quella che è la elaborazione e la formulazione della politica di piano comprensoriale: cioè la formazione e l'attuazione del piano comprensoriale. E poiché questo piano comprensoriale, che è un piano di sviluppo globale, deve essere accompagnato da un piano urbanistico, e se questo piano urbanistico è il piano territoriale, si tratta di fornire al comprensorio, alla sua struttura di gestione politica, espressione dei Comuni, la delega per la formazione del piano territoriale. L'approvazione del piano territoriale è imputata dal decreto delegato alla Regione; tale atto, non delegabile consentirà alla Regione di coordinare i vari piani territoriali di comprensorio delle aree ecologiche fra di loro, e di coordinarli alla politica di piano regionale. Non solo, ma a mio avviso soltanto con riferimento alla politica di piano sarà possibile attribuire ai comprensori la gestione e l'attuazione di singole e specifiche opere, attraverso le modalità a cui si richiamava, ad esempio, il Consigliere Garabello, il quale ha individuato nei consorzi dei comuni anche solo di una parte dell'area comprensoriale, o nei consorzi relativi a singoli problemi uno strumento per la gestione delle deleghe.
A parte la forma di gestione, consorzio o non consorzio, di cui potremo discutere, dobbiamo concordare che è possibile attribuire al comprensorio capacità di gestire alcuni fatti singoli e specifici, solo nella misura in cui il comprensorio si sia data una politica di piano; solo nella misura in cui questi fatti specifici siano inquadrabili, ancorabili, ad una più generale programmazione degli interventi.
Pertanto noi siamo per l'istituzione dei comprensori, come forma di libera associazione dei comuni; attraverso la delega della Regione ai Comuni perché la esercitino in forma associata è possibile far partecipare gli Enti locali alla politica di piano, e per quello che riguarda la politica urbanistica responsabilizzarli alla formazione dei piani territoriali. E' questa una possibilità concreta ed immediata di operazione.
E' stato già portato un esempio, quello del Consorzio dei Comuni biellesi. Noi non lo approviamo appieno, ma riconosciamo che esso costituisce già una indicazione di come i Comuni associati fra di loro possano avviare un dibattito a livello di area comprensoriale a mezzo del quale maturare una coscienza nuova, non più di carattere campanilistico, ma di carattere comprensoriale. Faccio richiamo alle citazioni riportate dal Consigliere Garabello, dedotte dalla esperienza fatta durante le consultazioni: queste hanno dimostrato nei rappresentanti degli Enti locali una elevata maturità là dove il confronto e la elaborazione a livello comprensoriale era già stata autonomamente iniziata. L'esperienza dei Comuni del biellese, i quali stanno approntando un proprio piano comprensoriale, e all'interno di questo piano comprensoriale stanno indicando le linee di un piano urbanistico, costituente un piano territoriale, è un esempio positivo e incoraggiante. Vorrei soltanto richiamare il fatto che proprio lì, nel consorzio dei Comuni biellesi, che per la gran parte sono comuni montani, si è persa l'occasione di applicare utilmente la legge sulle comunità montane, che consentirebbe di superare già alcune delle limitazioni istituzionali che rendono difficile una politica comprensoriale: si è invece formata una serie di comunità montane estremamente frammentarie (ci sono comunità montane di quattro comuni, per quattro-cinquemila abitanti). Poiché la legge sulle comunità montane non è ancora stata portata al dibattito in Consiglio possiamo ancora porre rimedio ad una situazione di questo genere. Se siamo d'accordo, come mi pare che la maggior parte delle forze politiche lo sia, di arrivare alla costituzione dei comprensori, nel biellese ove si coglie già un'operatività spontanea, dei Comuni, i quali si sono associati, noi dovremmo - operare affinché i numerosi comuni montani lì rappresentati abbiano a riunirsi per formare un'unica comunità montana e trovare nella legge nazionale un sostegno della propria azione e attività comprensoriale. L'esperienza biellese se rappresenta un esempio positivo da un lato, d'altro lato, a causa di un'inopportuna applicazione della legge sulle comunità montane mostra di autolimitare le proprie possibilità operative.
Per procedere sulla strada della costituzione dei comprensori (dichiarandomi disponibile per portare avanti l'approfondimento del problema, soprattutto in sede di Commissione), penso si debba affrontare la discussione della nostra proposta di legge. Essa non esaurisce il problema: d'altronde non vi è stata neanche una tale intenzione da parte nostra nel formularla. Qualche collega ha osservato che noi abbiamo per certi versi cercato di sviare gli ostacoli: è vero, abbiamo considerato tutti gli ostacoli di carattere legislativo e istituzionale che possono esserci ed abbiamo cercato proprio di aggirarli pur di arrivare ad alcune proposizioni che possano essere rese immediatamente operanti.
La nostra proposta di legge presenta un'occasione per discutere, per approfondire questo problema. E l'approfondimento più utile credo sia quello che può avvenire in Commissione; è lì che si può richiedere quel tipo di consulenze specialistiche, estremamente necessarie, cui face va riferimento il Consigliere Garabello. Soltanto un organismo come la Regione, attraverso le Commissioni con le consultazioni e le consulenze che è in grado di produrre, può Procedere ai dovuti approfondimenti.
Si discuta, dunque, attorno a questa nostra proposta di legge. Nel contempo la Regione si adoperi per creare, ovunque già esistano le condizioni degli organismi politici che riuniscano i Consigli comunali e diano vita a prime forme, anche informali, di gestione politica del comprensorio, sulla base anche dell'indicazione pervenuta a questo proposito dal Convegno dell'area metropolitana indetto dalla Provincia di Torino.
Questa linea può utilmente essere portata avanti, in modo particolare a Torino. Qui si sta avviando lo studio, tra l'altro del piano dell'area metropolitana e credo che non potremmo permetterci di lasciare che lo studio dell'organizzazione dell'area metropolitana proceda senza contemporaneamente costruire un organismo politico che la gestisca. La costituzione di organismi politici potrebbe altresì fare passi importanti negli altri luoghi dove le situazioni sono già maturate in modo tale da consentirlo.
Oltre a favorire la formazione di questi organismi politici, che devono essere fondati su basi strettamente rappresentative delle forze politiche (sarebbe snaturato tutto il discorso della democrazia e della partecipazione se questo rapporto non venisse tenuto in conto), dobbiamo intervenire come Regione per la creazione immediata di alcuni strumenti di lavoro a livello comprensoriale. E qui mi richiamo al fatto che se la Regione deve fare il Piano di sviluppo regionale, e si è avviata su questa strada attraverso il dibattito che si fa delle linee di piano formulate dall'Ires, e deve articolare questo piano a livello comprensoriale, è necessario che l'articolazione a livello comprensoriale non avvenga d'ufficio, da parte della Regione, ma attraverso una partecipazione anche elaborativa che abbia come ambito di analisi specifica quello dell'ambito territoriale comprensoriale. Quindi, costruzione immediata di strumenti di elaborazione di carattere comprensoriale, che in questa prima fase possono essere anche strumenti di dipendenza della Regione; possono essere inizialmente delle articolazioni dello stesso Istituto di ricerca regionale, il quale ha certamente necessità di una entità che lavori in modo specifico nei confronti degli approfondimenti e delle verifiche comprensoriali che il Piano regionale deve avere.
Questi strumenti, insieme alla costituzione degli organismi politici possono costituire il primo filone verso la realizzazione dei comprensori mentre noi discutiamo la legge istitutiva e accertiamo attraverso quale possibilità queste leggi possono essere portate avanti. Credo sia questa la linea concreta, immediatamente possibile; credo sia questa la linea di sperimentazione attraverso la quale non solo noi stessi ma tutte le forze politiche e sociali possono giungere a definire responsabilmente quel quadro di modifiche istituzionali che in futuro potremo proporre al Parlamento nazionale ove dall'esperienza concreta se ne ravvisasse la necessità.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Zanone. Ne ha facoltà.



ZANONE Valerio

Signor Presidente, questo dibattito ha avuto un andamento molto preliminare, tanto che alcuni dei problemi che si possono sollevare circa le funzioni dei futuri comprensori sembrano a questo stato di sviluppo della questione ancora molto prematuri. Citerò, per tutti, il problema dell'affidamento delle deleghe, che davvero non saprei come inquadrare nella situazione odierna del nostro dibattito.
Mi propongo pertanto unicamente di esporre alcune osservazioni del Gruppo liberale circa la definizione, le funzioni e le modalità di organizzazione delle strutture comprensoriali.
Circa la definizione del comprensorio, devo dire che il termine non ha tutto sommato, un significato giuridico ben definito, anche se quasi tutti gli Statuti regionali prevedono nei titoli relativi alla programmazione o al decentramento verso gli Enti locali organizzazioni o strutture di carattere comprensoriale. L'elemento comune che si può dedurre da un confronto fra gli Statuti delle Regioni appare quello che i comprensori dovrebbero essere costituiti per associazioni fra gli Enti territoriali, ed essenzialmente fra i Comuni.
Per restare allo Statuto piemontese, aggiungerò che l'art. 71, il quale prevede che si possano stabilire comprensori con legge regionale, non dice in sostanza nulla di più rispetto al successivo art. 75; cioè, il comprensorio di cui il nostro Statuto parla all'art. 71 non è, in fondo nient'altro che la circoscrizione del Piano comprensoriale di cui parla l'art. 75, vale a dire una articolazione del Piano regionale relativa ad un'area che, forse, dovrebbe essere considerata non tanto un'area omogenea perché la omogeneità si riscontra forse ad un livello ulteriore, cioè quello delle comunità montane, dei piani agricoli zonali ma piuttosto un'area organica, cioè idonea ad un particolare disegno di pianificazione del territorio.
Questa è essenzialmente la funzione che la letteratura quasi unanimemente assegna ai comprensori: la funzione caratterizzante ed essenziale è quella della pianificazione territoriale di secondo grado cioè a livello intermedio fra il Comune, la Provincia e la Regione.
Questa definizione di "pianificazione territoriale di secondo grado" mi sembra di una certa rilevanza politica perché evidentemente, se noi individuassimo nel comprensorio un livello di pianificazione territoriale di primo grado, andremmo contro le autonomie comunali, mentre mi pare che il punto fermo da cui dobbiamo partire è che alla Regione non compete in alcun modo, quand'anche essa lo volesse, la facoltà di riordinare, o tanto meno, di ridurre, l'autonomia delle Province e dei Comuni che è riconosciuta all'art. 128 della Costituzione.



MARCHESOTTI Domenico

Può svilupparla.



ZANONE Valerio

Su questo punto si potrà ritornare.
L'assegnazione ai comprensori di compiti di aggregazione intercomunale per la pianificazione del territorio pone però un problema: se ciò sia concretamente fattibile in assenza di una legge urbanistica regionale.
Perché se noi individuiamo questo livello di aggregazione per la politica del territorio fra i Comuni dobbiamo porci il problema dello strumento che ci consentirà di farlo, e dobbiamo quindi domandarci se, in assenza di una legge urbanistica regionale, ciò sia concretamente fattibile.
Alla funzione di determinare il piano direttore dell'attività urbanistica di zona il comprensorio può poi unire la funzione prevista nello Statuto, di determinare per la stessa zona l'articolazione del Piano di sviluppo economico e sociale. Qualora ciò si verificasse noi avremmo quindi il comprensorio come punto d'incontro tra la sintesi delle politiche territoriali dei Comuni (un fenomeno per così dire di aggregazione dal basso) e l'articolazione del piano di sviluppo della Regione: un punto d'incontro fra un processo di aggregazione e un processo di decentramento.
Se queste possono essere oggi individuate (in via molto preliminare, ne convengo) come le funzioni caratteristiche degli istituendi comprensori lasciando per il momento in sospeso la questione dell'affidamento di deleghe amministrative a questi nuovi enti ancora avvolti nel mistero sorge il problema degli aspetti istituzionali, e in particolare del collegamento fra questa nuova struttura comprensoriale e gli enti territoriali già operanti. Mi pare riconosciuto da tutti, anche dai proponenti del disegno di legge comunista, che, in assenza di una legge statale adeguata, il comprensorio, al momento attuale, può avere soltanto la natura giuridica di una associazione consortile e volontaria fra i Comuni. Quanto alle Province, queste, certo, possono essere consociate ai Comuni nei comprensori, salvo però un esame molto più ampio sul futuro stesso dell'istituzione provinciale. Un dibattito che richiede una revisione costituzionale, che quindi rischia di essere più un dibattito dottrinario e teorico che effettivamente operante. Mi pare indubbio il fenomeno di un progressivo depotenziamento della rappresentanza politica a livello provinciale, che si esprime nel tentativo di costituire queste nuove entità di politica intermedia; perché se il futuro delle Province dovesse essere quello di enti gestori di deleghe amministrative settoriali c'è da chiedersi se sia il caso di mantenere, ad esempio, l'elezione popolare diretta dei Consigli provinciali. In ogni caso, comunque, la compresenza dei comprensori con le Province pone pericoli evidenti di duplicazione, di confusione di compiti, e quindi una necessità di coordinamento delle funzioni reciproche.
Va egualmente chiarito e precisato il rapporto che deve esserci fra il piano comprensoriale e gli altri livelli della pianificazione nelle aree che non presentino una organicità come dovrebbe avere il comprensorio, ma che siano omogenee per qualche titolo: quindi le comunità montane, le aree soggette ai piani agricoli zonali (il che pone un altro problema cioè il rapporto che gli organi di comprensorio dovranno avere con l'istituendo ente di sviluppo agricolo che dovrà determinare e redigere i piani agricoli zonali); per le aree urbanizzate, quanto riguarda gli strumenti urbanistici di carattere intercomunale; e infine i piani di settore, dai bacini di traffico ai bacini idrogeologici, alle unità sanitarie e assistenziali. Vi è quindi una grande pluralità, una grande ricchezza, per lo meno ipotetica di nuovi livelli di autogoverno locale, che non deve essere considerata in se stessa pregiudizievole ma che senza dubbio ci richiama ad una esigenza di coordinamento e di razionalità.
Per quanto riguarda l'organizzazione interna dei comprensori, mi pare che nella legge regionale prevista dall'art. 71 vi siano molti aspetti che dovrebbero essere definiti. Mi limiterò a citare i tre principali.
Un primo aspetto è quello di organizzare attraverso anche forme di consultazione e di partecipazione permanenti, come previsto dall'art. 75 dello Statuto, l'apporto autonomo delle forze economiche e sociali, vale a dire se a livello di comprensorio il rapporto che vi sarà fra gli organi l'assemblea politica e le istanze economiche e sociali di zona debba avvenire in modi analoghi a quanto avviene nel Consiglio Regionale o piuttosto essere strutturato in forme permanenti di consultazione.
Un secondo punto è lo statuto dei comprensori, sul quale vi sarebbe da chiedersi se sia del tutto indispensabile lasciare a ciascuna assemblea di comprensorio la determinazione della propria organizzazione statutaria interna, oppure se, vista anche l'evidente analogia di compiti e di problemi che si porrà, non si possa già nella legge regionale stabilire una sorta di statuto-tipo, valido per tutti i comprensori.
Il terzo punto è la individuazione delle aree, sulla quale mi pare che l'unico punto di riferimento, sia dal punto di vista della elaborazione scientifica, sia dal punto di vista di una certa quale ratifica politico amministrativa che già è venuta, quindi l'ipotesi di partenza dalla quale dobbiamo muovere, siano le aree cosiddette ecologiche, a suo tempo individuate dal Comitato Regionale per la programmazione economica. E' probabile che queste aree necessitino di qualche aggiornamento, di qualche revisione, ma credo che si possa partire di lì per individuare la dimensione dei comprensori. Del resto, in fondo il merito delle aree ecologiche allora previste è appunto quello di collocare il problema ad una ampiezza sufficiente perché i comprensori possano avere una loro organicità.
Toccherò soltanto di sfuggita, visto che il dibattito non è entrato in determinazioni specifiche su questo aspetto, il problema che politicamente sarà il più delicato, anche se forse non è il più sostanziale: i modi di composizione degli organi. Partendo dalla previsione che i comprensori, in analogia con tutte le altre strutture pubbliche, abbiano tre organi, cioè un organo di assemblea, un organo esecutivo e il presidente, e lasciando per ora accantonato il problema dell'esecutivo e del presidente, che saranno evidentemente nominati dall'assemblea con una qualche procedura che rispetti i diritti delle minoranze, vi è il problema di chi compone l'assemblea, di come si forma l'assemblea dei comprensori. Ora, su questo se da un punto di vista dell'elettorato attivo, mi pare sia facile raggiungere un certo consenso, perché se noi concepiamo i comprensori come associazioni consortili fra i Comuni, pare indubbio che l'elettorato attivo sia riservato ai Consiglieri Comunali in carica nell'area comprensoriale vi è invece da porre un quesito sull'elettorato passivo, cioè se i membri dell'assemblea di comprensorio debbano essere tutti pubblici amministratori, come mi pare preveda la proposta di legge comunista, o se non possano invece essere cittadini dotati dei medesimi requisiti che servono per esempio per essere eletti consiglieri comunali. Escluderei comunque, quello che mi pare previsto dal progetto di legge comunista, che nelle assemblee dei comprensori possano sedere i Consiglieri regionali perché questo veramente ci porrebbe in un pericolo di estrema settorializzazione delle posizioni politiche.
Comunque, il punto su cui molto probabilmente i nostri sforzi si faranno più acuti e più polemici sarà il sistema della designazione. E' piuttosto singolare che nella proposta di legge n. 48 presentata dal gruppo comunista si vada contro il principio generale per cui coloro che sono elettori di un determinato organo, oltre ad avere il diritto di votare hanno anche il diritto di presentare e di designare i candidati. Se devo fare un addebito di principio e un addebito di carattere generale al disegno di legge presentato dal Partito comunista, devo dire che trovo in esso una sfasatura fra il discorso generale, che è stato qui anche Ripetuto dal collega Rivalta, di una forte accentuazione delle autonomie locali, e comunali in particolare, ed il modo in cui poi si prevede in concreto la designazione delle assemblee di comprensorio, che di fatto non sarebbero espressione dei Consiglieri comunali elettori ma di liste presentate dagli organi regionali dei partiti che fanno parte di questo Consiglio.



BERTI Antonio

Solo per introdurre automaticamente le stesse maggioranze comunali.



ZANONE Valerio

Mi rendo conto che l'osservazione che vado facendo può avere dal punto di vista della rappresentanza politica esiti molto pericolosi soprattutto per i partiti minori, i quali da una distribuzione paritetica e proporzionale del ruolo che hanno in questo Consiglio sarebbero quanto meno in una qualche misura salvaguardati; però, siccome l'attinenza fra il tipo di logica di questo istituto e il modo di designazione dei suoi organi dev'essere salvaguardata in linea preliminare, a me pare che sia di un certo peso l'osservazione, qui portata anche come risultato di consultazioni avvenute in sede locale, dal collega Garabello, della maggiore pluralità di situazioni di rappresentanze politiche che esiste nei Consigli comunali, soprattutto nei piccoli Consigli comunali, rispetto alla rigida classificazione delle forze politiche, per cui si dovrebbe individuare un meccanismo, probabilmente piuttosto complesso, che consentisse ai Consiglieri comunali elettori dell'assemblea di comprensorio di procedere a questa designazione con un certo grado di libertà rispetto alle posizioni di partito.
Per concludere, vorrei citare un eminente uomo politico democristiano che si è occupato parecchio di questa questione, l'on. Vittorino Colombo.
Egli ha scritto recentemente che "la politica di decentramento implica un momento di riorganizzazione ma anche di rivalutazione e di potenziamento degli Enti locali sub-regionali". Questo è giusto, ma ci richiama alla necessità di approfondire, (ricorrendo, se si vuole, alla collaborazione di esperti), tutte le difficoltà, molto complesse, di arrivare attraverso le strutture comprensoriali a questo duplice momento: di rivalutazione dell'attività politica locale a livello infracomunale o sub-regionale e di riorganizzazione delle vecchie e delle nuove strutture che ci accingiamo a costituire. Queste complesse difficoltà di ordine giuridico, di ordine amministrativo e di ordine politico - perché si tratta poi di verificare in concreto l'adesione degli Enti locali e il grado e la volontà di partecipazione delle organizzazioni sociali - devono costituire un momento di necessaria verifica, e soprattutto devono investire in primo grado la Giunta Regionale, per la responsabilità preminente che lo Statuto stesso assegna alla Giunta proprio come iniziativa nella predisposizione degli atti dei piani settoriali. Questa responsabilità preminente della Giunta nella predisposizione dei piani settoriali giustifica, a mio avviso, la richiesta che nel muoversi su questo terreno la Giunta si impegni ad approfondire tutti quegli studi che possano portare, nonostante le lacune e le carenze dell'attuale ordinamento statale, alla predisposizione di uno schema per l'attuazione degli articoli 71 e 75 dello Statuto.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Presidente della Giunta. Ne ha facoltà.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Signor Presidente, Colleghi Consiglieri, a me pare che con questa discussione sui comprensori noi siamo arrivati ad un punto nodale della nostra attività regionale, sul piano concettuale e sul piano dell'attuazione di alcuni principi che abbiamo posto a fondamento del nostro Statuto peraltro riprendendo principi affermati dalla Costituzione vale a dire i principi del rafforzamento delle autonomie locali. Di tal che questo discorso che noi oggi facciamo è un discorso collegato, come qui è stato sottolineato, sia alla esaltazione, da un lato, delle autonomie locali, sia al conferimento delle deleghe amministrative dalla Regione agli Enti locali, sia alla politica di programmazione. Su questi tre cardini si basa essenzialmente il discorso in ordine ai comprensori.
Se noi non ci formalizziamo su aspetti meramente nominalistici, con ogni probabilità il problema, dal punto di vista giuridico, può essere affrontato in termini positivi. Perché la Costituzione innanzitutto prevede, come sancito dalla legge dello Stato, a livello degli Enti locali la costituzione dei Comuni e delle Province, ma prevede altresì che le circoscrizioni provinciali possano essere suddivise in circondari per attuare un ulteriore decentramento.
Non vi è dubbio alcuno che noi oggi, in assenza di leggi quadro possiamo legiferare sulla base di principi generali quali sono desumibili dalle leggi statali attualmente vigenti. Ora, la legge Scelba, alla quale ci riferiamo per quanto riguarda buona parte della organizzazione, in definitiva, delle Amministrazioni delle Regioni, ha dato una valutazione in termini di costituzione di ulteriori fasi di decentramento, concependo, per quanto riguarda una parte dell'amministrazione, cioè l'amministrazione di controllo, il decentramento attraverso i circondari. Se noi, pur parlando di "comprensori" anziché di "circondari", non facciamo una disputa nominalistica ma inquadriamo questo problema in un principio generale della legge dello Stato che ha già previsto comunque degli organi decentrati al di fuori della Provincia e del Comune, abbiamo un organo intermedio, che la legge Scelba ha chiamato "circondario" ma che in realtà può corrispondere come autorità supercomunale e subprovinciale, a quel tipo di configurazione di carattere istituzionale che noi abbiamo indicato nel nostro Statuto chiamata comprensorio. Quindi, io credo che, superando un motivo di carattere nominalistico, noi possiamo arrivare alla costituzione di questa entità allacciandoci al principio generale della legge dello Stato quale già è stato sancito non solo dalla Costituzione, trovando questo nome nella Costituzione, ma già anche in una legge dello Stato che è la legge Scelba.
Se poi noi lo riferiamo ad una attribuzione di delega amministrativa che la Regione può conferire, non vi è dubbio che ci inseriamo in quell'art. 129 della Costituzione secondo cui le circoscrizioni provinciali possono essere suddivise in circondari, con funzioni esclusivamente amministrative, cioè non con funzioni legislative, per un ulteriore decentramento.
Negli interventi che si sono avuti qui oggi a me pare si possa cogliere, in fondo, questa linea di orientamento, e penso che nessuno voglia attardarsi su dispute nominalistiche. Se noi ci trovassimo di fronte a circondari (comprensori) sostanzialmente dotati e di capacità amministrativa di controllo, secondo quanto stabilito e dalla Costituzione e dall'ordinamento statutario che ci siamo dati, e di capacità amministrativa attiva, derivante dalle deleghe che la Regione può dare a queste entità di carattere sovracomunale, tutti gli aspetti giuridici che obiettivamente ci possono preoccupare a mio giudizio verrebbero ad essere superati con il superamento del nome. E io credo che a tutti quanti noi nella misura in cui ci interessi il decentramento, possa interessare superare le dispute nominalistiche per andare al concreto.
Se così è, il problema è proponibile e valutabile sotto vari aspetti: stabilire il perimetro di questi comprensori, che potremo chiamare circondari, fissare le funzioni da delegare ad essi, funzioni della Regione che sono evidentemente funzioni di amministrazione attiva, individuare il collegamento fra il tipo di queste funzioni delegate dalla Regione a queste entità, fra l'esercizio di queste funzioni e l'autorità regionale.
Sono tutti problemi che io non ho risolto ma che sottopongo alla vostra attenzione, che mi sembra siano risolvibili con approfondimenti precisi.
Posso semplicemente esporvi le conclusioni alle quali io sono pervenuto esaminando nel suo insieme tutto l'argomento.
A mio giudizio, noi dovremmo, in un certo senso, seguire la strada che ci è stata tracciata nel trasferimento delle funzioni amministrative dallo Stato alla Regione, e che in realtà è la strada che già è indicata nella Costituzione: il trasferimento, cioè, materia per materia, che da un lato facilita, nel senso che ci permette di puntualizzare di volta in volta le diverse situazioni, e d'altro canto ci consente anche di identificare meglio gli enti ai quali delegare, a seconda delle funzioni, delle attribuzioni che si intende delegare.
C'è stata una polemica, spesso anche abbastanza aspra, all'interno di questo Consiglio, per quanto concerne l'atteggiamento di opposizione che ha sempre tenuto la Giunta di fronte alle insistenze perché si varassero le cosiddette "leggi regionali di procedura". Proprio oggi, mentre appare chiara, e viene ribadita, la volontà della Giunta, che è d'altronde volontà dell'intero Consiglio Regionale, consacrata, oltre che dalle indicazioni della Costituzione, anche dalle indicazioni del nostro Statuto, di amministrare attraverso deleghe, mi sembra tutti si possa riconoscere come sia stato opportuno non fare delle leggi di procedura, perché questo fatto ci dà modo di parlare sostanzialmente di deleghe da attribuirsi dalla Regione agli enti periferici, agli enti locali, senza essere vincolati da cristallizzazioni che le leggi di procedura avrebbero di fatto finito con il creare nella stessa macchina amministrativa regionale. Se si confrontano onestamente, come ciascuno di noi sono certo intenda fare, le posizioni credo che in questo indirizzo si possa obiettivamente dare riconoscimento alla Giunta Regionale.
Noi abbiamo avuto oggi un dibattito di alto livello contenutistico perché abbiamo precisato alcuni di questi problemi, una volta tanto consentitemi di dirlo, in termini estremamente concreti, sfuggendo alla tentazione che spesse volte abbiamo di vagare sulle nuvole della generalità e della astrazione. E' un contenuto specifico, ad esempio, a mio giudizio il collegamento di una autorità che formi ed approvi i cosiddetti piani territoriali urbanistici: una autorità, cioè, che, dotata di effettivi poteri sulla base di una indicazione che proviene dal Governo Regionale alleggerisca il Governo Regionale del compito di redigere e approvare questi piani, avendo il grande vantaggio di essere una autorità che si colloca al di sopra dell'autorità comunale senza sottrarre a questa alcun potere e che consente, nell'ambito della stessa legge (art. 5 e 6 della Legge urbanistica del 1942) di fare quel programma - per le grandi infrastrutture ma anche per gli insediamenti industriali eccetera - di organizzazione del territorio al quale i Comuni dovranno adeguare i propri piani regolatori. L'indicazione che in questo senso ha fatto il collega Rivalta mi trova pienamente consenziente: già avevo in mente di sottoporre all'attenzione della Giunta, d'accordo con l'Assessore all'urbanistica, una indicazione di questo genere, che attribuisse appunto ad una autorità comprensoriale che abbracci i Comuni compresi nel perimetro relativamente al cui interno si deve fare il piano territoriale di sviluppo, la responsabilità della redazione e dell'approvazione di tale piano.
Restano poi da stabilire i rapporti specifici fra queste autorità di carattere comprensoriale e l'Amministrazione regionale. Così come resta da stabilire - vorrei dire a questo punto qualche cosa che va persino più in là di quanto io ho obiettivamente pensato e approfondito - come viene formata questa autorità comprensoriale: potrebbe evidentemente essere una autorità di secondo grado, cioè eletta dai Consigli comunali; io credo per che non possiamo nemmeno far mancare in una istituzione di questo genere la presenza delle Amministrazioni provinciali.
Prima di giungere, tutto sommato, ad una definizione di come dev'essere costituita istituzionalmente questa autorità che presiede a talune funzioni amministrative delegate dalla Regione in quell'area, penso sia per opportuno precisare quali siano le deleghe che la Regione intende affidare all'amministrazione di questa autorità circoscrizionale. Ed è questo il grosso problema che io sottopongo all'attenzione del Consiglio Regionale il problema che indubbiamente ci assilla: proprio per la non del tutto chiara (lo ribadisco ancora una volta) definizione delle funzioni amministrative che sono state trasferite dallo Stato alla Regione, e quindi anche la obiettiva difficoltà spesso di identificare nella interezza del loro contenuto queste funzioni di carattere amministrativo. Io credo sia atto di responsabilità il riconoscere di fronte al Consiglio Regionale la estrema difficoltà di identificare con precisione i compiti che sono stati dallo Stato attribuiti alla Regione, e quindi di distinguere quali fra questi debbano essere trasferiti dalla Regione ad altre autorità: le Province per certi compiti, per certe attribuzioni, queste autorità che io preferirei chiamare circondariali anziché comprensoriali (non per fare una disputa nominalistica ma per tradurre già in un fatto legislativo possibile) e i Comuni. Tenendo poi sempre conto anche di un fatto che il collega Garabello ha sottolineato, e che io ritengo di dover richiamare: che noi, in definitiva, non possiamo sottrarre ai Comuni alcuna delle loro competenze, perché la Costituzione e le leggi ci vietano di operare con legge regionale sottrazioni di questo genere. Non vi è dubbio alcuno quindi, che questa autorità circondariale (o comprensoriale) in realtà sarà una autorità che di fatto potrà avere solo ed esclusivamente, per legge regionale, per quanto può riguardare la Regione, delle competenze ad essa delegate dalla Regione, non certo competenze che siano già proprie dei Comuni o della Provincia, perché la Regione non può sottrarre né ai Comuni né alle Province le competenze ad esse assegnate dalle legge.
In questo quadro, che vuol essere riassuntivo di tutto quanto noi siamo andati via via pensando e abbiamo confrontato oggi in un dibattito a mio avviso essenziale ed utile, che ha anche inquadrato taluni degli atteggiamenti che possono essere parsi particolarmente duri da parte della Giunta in ordine al non fare le leggi di procedura, noi abbiamo già alcune indicazioni di fondo sulle quali camminare, emerse dal Consiglio e sulle quali siamo tutti largamente consenzienti.
Nella prima riunione della presente Giunta io ho rinnovato l'invito agli Assessori a voler esaminare il problema del trasferimento di queste deleghe amministrative e voler identificare nel miglior modo possibile quali siano gli enti destinatari di queste deleghe; proprio perché vi sono deleghe che per la loro natura esigono una autorità che abbia competenza su un territorio più ampio, altre che possono limitarsi ad ambiti territoriali più ristretti, come quello di un Comune. Sappia dunque il Consiglio che la Giunta è avviata e intende procedere lungo questa strada, studiando contemporaneamente - ed i primi risultati di questo studio ve li ho esposti oggi, in questo intervento - il problema dell'autorità intermedia, tra il Comune e la Provincia. A mio giudizio, se non ci attardiamo in dispute nominalistiche, la possibilità di legiferare con una legge regionale in ordine alla costituzione di organismi intermedi fra il Comune e la Provincia vi è con il circondario, che la legge dello Stato ha consentito come destinatario di un'attività amministrativa di controllo e che, a mio avviso, il principio generale della legge può consentire di scegliere come destinatario di deleghe amministrative provinciali.
Non so fino a che punto - e forse in questo può essere estremamente utile avere il conforto delle opinioni di esperti giuristi e costituzionalisti - possa essere suffragata anche sotto l'aspetto costituzionale questa mia tesi, ma secondo me, atteso che fra le materia comprese nell'art. 117 della Costituzione si attribuisce potestà legislativa alla Regione per l'ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti della Regione, enti destinatari di delega regionale, al limite, si potrebbero anche considerare enti amministrativi dipendenti dalla Regione, visto che all'art. 129 si parla di costituzione di circondari come destinatari di deleghe, di compiti, di funzioni esclusivamente di carattere amministrativo. Fra l'art. 117 e l'art. 129 della Costituzione mi sembra possa esser vista una sorta di collegamento anche se non ho la certezza che il riferimento sia esatto.
Mi pare che i punti fondamentali, tuttavia, sui quali si è articolata la discussione di oggi trovino nella Giunta un largo consenso, la massima disponibilità soprattutto al superamento di una concezione generale per quanto riguarda la costituzione di questi organismi intermedi, allo studio per poter definire, puntualizzare con una certa precisione le deleghe di controllo da un lato - e quelle sui circondari mi pare che le abbiamo già predisposte - e di amministrazione attiva dall'altro (che sono in parte anche di controllo: ad esempio, non c'è dubbio che in materia di politica urbanistica, tutto sommato, l'Amministrazione regionale ha più poteri di controllo che di amministrazione attiva; ha il controllo sui piani e i programmi di fabbricazione, sui piani regolatori eccetera, ma non un controllo reale ed effettivo nel senso che possa agire direttamente, mentre può, credo, delegare tutti questi compiti ad autorità che siano a livello intermedio tra Comune e Provincia).
In questa direzione la Giunta intende proseguire il cammino, grata di tutti i suggerimenti e i contributi che e a livello di Consiglio regionale e a livello di Commissioni le verranno dati per la predisposizione di un disegno di legge che, materia per materia, puntualizzi questa situazione.
Io non credo che convenga costituire istituzionalmente i comprensori riservandosi di dire in un secondo tempo di quali deleghe saranno i destinatari: credo che dovremmo esaminare molto bene il problema della destinazione delle deleghe e successivamente vedere il problema della costituzione dei comprensori. Questo è un suggerimento che do, anche se neppure io sono assolutamente certo che sia questo il modo migliore di procedere. Mi sembra che una valutazione delle diverse deleghe può farci costituire questi organismi intermedi con un quadro di riferimento più ampio proprio in relazione al tipo di deleghe di cui questi enti intermedi possono essere i destinatari.
Non mi resta che ringraziare i Consiglieri Regionali intervenuti oggi su un argomento di così grande interesse e ribadire l'impegno già formulato dalla Giunta, in ordine alla volontà di procedere quanto più sollecitamente possibile alla formazione di un disegno di legge che, materia per materia provvede a delegare le funzioni amministrative della Regione agli Enti locali ai diversi livelli: comunale, comprensoriale e provinciale.



PRESIDENTE

Concludendo il dibattito questa sera, rileviamo tutti concordemente che non è conclusa la discussione sull'argomento che ha interessato tre ore buone dei nostri lavori. E' stato sottolineato da più parti che questo argomento dev'essere ripreso, riconsiderato, anche alla luce degli argomenti che sono emersi, superando le difficoltà, le perplessità, le incertezze che da tutte le parti sono state fatte presenti.
Mi sembra che l'impegno preso dal Presidente della Giunta a nome dell'organo esecutivo sia di grandissimo rilievo. Come presidente del Consiglio lo debbo rilevare in sede di Consiglio, chiudendo questi lavori e prendendo a mia volta impegno di fissare al più presto possibile un'altra seduta nella quale l'argomento venga riaffrontato e discusso ulteriormente alla luce anche e soprattutto di quel documento legislativo che è stato presentato da una parte del Consiglio e che potrebbe essere motivo di avvio proprio di questa discussione.
Ritengo che la proposta di mozione presentata dal Gruppo socialista possa essere pertanto tenuta in piedi, ma aggiornata, per ritornare a parlarne quando il dibattito sarà ultimato.
Chiede di parlare il Consigliere Berti. Ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Nel discorso del presidente Calleri abbiamo rilevato elementi di notevole interesse, in particolar modo il suo accenno alla volontà di costituire un'autorità (vedremo poi come deve essere) per la formazione e per l'attuazione della politica di piano. Non vorrei tuttavia che il Presidente della Giunta si sentisse investito dal Consiglio di un mandato (che potrebbe anche esserci quando tutto fosse stato perfettamente chiarito) a preparare delle leggi nel senso da lui indicato. Preciso meglio, pesando le parole ad una ad una data la complessità dell'argomento: io non sarei del tutto contrario a demandare alla Giunta il compito di elaborare la proposta di legge, anche se c'è già una nostra proposta di legge, quando ne fossero estremamente chiari i termini.
Per esempio, secondo me non c'è chiarezza (forse perché anche il Presidente della Giunta non ha le idee del tutto chiare in materia, come egli stesso ha ammesso) su quello che egli intende quando parla di un'autorità intermedia fra Comune e Provincia. Tutti qui mi pare si siano espressi in termini diversi: noi intendiamo per comprensorio una dimensione territoriale che va oltre la Provincia, che corrisponde alle aree ecologiche previste dall'Ires ed è la dimensione territoriale ottima, e cioè la scala giusta ai problemi che si propongono in una politica di piano. Quindi, non si tratta di un organismo intermedio tra Comune e Provincia ma di un organismo al cui interno è anche la Provincia, per le funzioni che a quel momento potranno esserle affidate. Questa è la nostra posizione, di cui prego il Presidente della Giunta di voler tenere conto.
La seconda questione verte ancora su quelli che il Presidente della Giunta chiama termini nominalistici (potrebbero essere termini nominalistici ma possono anche non esserlo.).



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

In questo caso non lo sono.



BERTI Antonio

Se, in sostanza, l'autorità comprensoriale è, come noi l'abbiamo proposta nella legge, così come le varie forze politiche hanno espresso in questo dibattito, una libera associazione di Comuni (noi abbiamo detto che quando il 50 per cento dei Comuni aderisce, diventa automaticamente valida per tutti, altrimenti sarebbe difficile associarli tutti), che esprime una sua autorità politica in forma elettiva (sulla forma di elezione si potrà poi discutere). Ma se noi invece assumiamo, per i motivi che sono stati esposti, non il termine di "comprensorio" ma il termine di "circondario", a questo punto è un organo amministrativo che si costruisce, al limite un organo dipendente dalla Regione, diretto, se si vuole, da un funzionario della Regione, o da un Assessore, il che cambia qualitativamente i termini della questione.
Noi siamo, ripeto, per un'associazione dei Comuni a cui vengono assegnati una serie di compiti, primariamente nella politica di piano, da svolgere autonomamente - ecco qui l'autonomia. La Regione in questo caso assolve una sua funzione precisa di indirizzo e di coordinamento attraverso il conferimento dell'incarico, la formazione dell'istituzione e l'indirizzo generale di piano che è di competenza della Provincia, quindi indirizzo-coordinamento, ma che tuttavia conferisce a questi organismi che si vengono a costituire una potestà sulla base dei compiti che le sono stati assegnati da svolgere autonomamente, cosa che non sarebbe se invece con il circondario noi al limite mettessimo dei Comuni insieme. Tutto sommato, il circondario oggi è una entità territoriale non ben definita.
Chi la dirige praticamente? A meno che non si pensi di istituire i circondari nei termini in cui noi abbiamo proposto i comprensori, e cioè i circondari visti come adesione volontaria, con organismo dirigente (consigli di amministrazione, comitato direttivo, vedremo come chiamarlo) eletto nelle forme che saranno stabilite. Ma sono termini, questi, che devono essere precisati, altrimenti il circondario finisce con l'essere una istituzione amministrativa dipendente dalla Regione, ciò che noi dovremmo evitare.
Queste sono solo alcune delle puntualizzazioni, che naturalmente riprenderemo. Io arriverei a proporre, visto che c'è una volontà pressoch unanime, alla Giunta di volersi far affiancare per questo lavoro dal Consiglio, formando, eccezionalmente, per questa questione che è da tutti ritenuta di estrema importanza, una commissione, un gruppo di lavoro, se così preferiamo chiamarlo, per l'approfondimento di tutti gli aspetti e la collaborazione alla stesura di una legge. Questo a prescindere dalla questione delle deleghe di cui ha parlato il Presidente, su cui io sono d'accordo.



PRESIDENTE

Vogliamo allora considerare l'argomento non concluso ma chiuso per questa sera? Ci sono ancora due adempimenti che dobbiamo assolvere.
Chiede di parlare il Consigliere Viglione. Ne ha facoltà.



VIGLIONE Aldo

Ci è parso che nel discorso del Presidente, notevole per le cose che ha detto, sia mancata una risposta in merito ad alcune nostre osservazioni.
E' ovvio che per giungere all'istituzione del comprensorio si dovranno anzitutto individuare gli obiettivi che esso deve perseguire. Ma gli obiettivi non possono essere soltanto urbanistici o territoriali. Noi abbiamo parlato di una nuova concezione, addirittura di travolgimento della realtà attuale, e quindi siamo andati molto più in là. In campo urbanistico alcuni strumenti li abbiamo, senza bisogno del comprensorio: abbiamo, ad esempio, già la legge del '42 che consente i Piani intercomunali, e quindi praticamente potremmo anche valerci di questa, ad un certo livello (abbiamo già citato l'esempio del Piano intercomunale milanese, che è uno dei più tipici in questo campo). Vi è inoltre la legge comunale e provinciale, che prevede specificamente il concorso volontario fra gli enti. Evidentemente è uno degli strumenti che noi già utilizziamo.
Sugli organi deliberanti, poi, il Presidente è stato assai nebuloso....



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Volutamente, perché non ho una formula.



VIGLIONE Aldo

Ma sugli organi deliberanti è importante decidere, per la garanzia delle forze minori. Perché ad un certo momento dire che gli elettori potrebbero essere i sindaci ed anche i Consigli comunali non significa niente rispetto alle forze politiche presenti in Consiglio Regionale.
Noi abbiamo anche ricordato che ci sono molti esempi di comprensori una quarantina addirittura, e quindi non è vero che ancora non ne siano stati formati. In Emilia Romagna si è addirittura ipotizzata la suddivisione della Regione in 31 comprensori. Localmente siamo già in presenza di una massa di studi e di dibattiti veramente notevole. Ci basta qui riferirci ad un pregevole lavoro sui comprensori della Provincia di Bologna. Ricordo la suddivisione della Provincia di Bologna in quattro comprensori: il Comprensorio della Montagna bolognese, il Comprensorio del Piano intercomunale di Bologna, il Comprensorio imolese, il Comprensorio della Pianura bolognese. Ricordo il comprensorio formato dalle Province di Trento e Bolzano.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Saprai che hanno competenze legislative.



VIGLIONE Aldo

Hanno una legge speciale, ma soltanto rispetto all'urbanistica. Si tratta di comunità che si assumono responsabilità di decisioni e che hanno proprio la caratteristica della comunità. Abbiamo ricordato addirittura in proposito le comuni cinesi, rispetto a questo. Perché il problema non.è soltanto un problema nostro: vi sono esempi nella stessa Francia, che recentemente si è messa su questa strada.
C'è quindi una spinta in questo senso, non sotto l'aspetto puramente tecnocratico, perché altrimenti potremmo rifarci alla comunità olivettiana che per prima forse aveva individuato già determinati problemi. Questi problemi sono andati avanti nel loro insieme.
Siamo lieti che il Presidente abbia accolto molto del contenuto della mozione, della stessa legge presentata dai compagni comunisti, e aderiamo alla proposta che ha formulato il collega Berti di una commissione che porti avanti lo studio del problema comprensoriale.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Garabello, per mozione d'ordine.



GARABELLO Enzo

Signor Presidente, la mia mozione d'ordine è diretta a proporre l'accoglimento del suo invito precedente: consideriamo concluso il dibattito per questa sera, facciamo il punto, dopo gli interventi importanti che vi sono stati da parte dei vari Gruppi, utile contributo all'approfondimento delle questioni, quello assai efficace del Presidente della Giunta, rimanendo intesi che riprenderemo la discussione in un nuovo dibattito da tenersi alla data che si riterrà di fissare in quanto risulterà più opportuna.
Sono d'accordo sulla proposta di trasferire ad una Commissione lo studio dettagliato di questa materia. Mi pare che continuare a rimescolare le carte oggi, dopo una giornata così densa di lavoro, ci porterebbe a rimasticare gli argomenti complicando le cose senza riuscire ad arrivare a risultati positivi.
Non per sminuire ma per accrescere l'importanza del discorso che oggi abbiamo condotto, quindi, mi permetterei di proporre di far punto questa sera sull'argomento, con l'intesa di riaffrontarlo con maggiore approfondimento.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Se me lo consentono, mi asterrò dal rispondere su alcune delle obiezioni che sono state formulate, cioè sulla vastità o meno di questi comprensori, se possono essere sovraprovinciali o meno, riservandomi di farlo in altra sede: mi pareva che il riferimento da me fatto all'art. 129 della Costituzione li relegasse di fatto ad essere subprovinciali, proprio perché le circoscrizioni provinciali possono essere divise in circondari, e quindi come fatto subprovinciale.
Ai fini anche di una organizzazione del nostro lavoro (senza voler con questo minimamente mettere in dubbio il diritto di ogni Consigliere Regionale di farsi promotore di una iniziativa legislativa), ritengo che la Giunta debba come tale presentare un documento in relazione al problema del trasferimento delle deleghe, dopo aver esaminato in concreto come effettuare tale trasferimento.
Ho già detto che non sono del tutto favorevole a vedere il problema in termini generali, ma propenso a considerarlo collegato con il trasferimento delle deleghe. Altrimenti, noi rischiamo di fare un doppio lavoro, e non è poi detto che esso possa portare a risultati coincidenti: esaminare da un lato il problema dei comprensori visto in assoluto, senza riferimenti precisi, e dall'altro il problema del trasferimento delle deleghe visto senza avere più come interlocutori dei riferimenti precisi. Io preferirei vedere le due cose in un unico momento. Vi chiederei pertanto di consentire alla Giunta di procedere lungo questa strada. Dichiaro comunque fin d'ora di essere obiettivamente aperto - non appena abbia precisato queste cose agli apporti collaborativi che possono, anzi debbono, io ritengo, venire per una migliore specificazione ed un migliore approfondimento di questo problema.
Se sono stato in qualche punto carente nelle mie risposte, ciò è dovuto al fatto che il problema è in effetti di notevole impegno e di rilevante difficoltà sotto molti aspetti: sia sotto gli aspetti giuridici di carattere generale sia in ordine alla politica di programmazione che giustamente Viglione sottolinea come politica per obiettivi (e obiettivamente, se si concepiscono i comprensori come organi strumentali della programmazione, è chiaro che il riferimento alla politica degli obiettivi è in definitiva il riferimento ad un tipo di programmazione che sta facendosi strada a livello nazionale).
Fermiamoci, dunque, per questa sera, in questa discussione, lasciando che la Giunta prosegua lungo la strada che ho reso esplicita al Consiglio in modo da potere al più presto possibile consegnare, se non ancora un disegno di legge ben definito, delle ipotesi di lavoro in ordine alle quali verificare, prima di proseguire, quali sono gli orientamenti del Consiglio.
Voglio assicurare al Consigliere Berti che con ciò la Giunta non ritiene affatto di avere una delega da parte del Consiglio per procedere lungo questa strada: ritiene di attuare un suo indirizzo politico che già altre volte ho specificato e che oggi, approfittando di un discorso serio e approfondito quale è stato indubbiamente quello che si è tenuto in questa seduta, ha ritenuto di dover rendere ancora più esplicito con alcune precisazioni che ha potuto recare in ordine agli approfondimenti nel frattempo eseguiti.



PRESIDENTE

Resta inteso che nella prossima conferenza dei Presidenti di gruppo preciseremo e puntualizzeremo la situazione per fissare un'altra adunanza nella quale penso potremo ultimare il dibattito che è stato iniziato molto proficuamente questa sera.
Anche questa volta devo chiedere la collaborazione di un segretario volontario, perché i due Segretari titolari si son dovuti entrambi assentare. Scelgo, come di consueto, il Consigliere più giovane, il collega Revelli.
Sono pervenuti due ordini del giorno, mi si dice concordati in larga misura e soprattutto già a conoscenza della Giunta. Vorrei pregare il Consigliere segretario aggiunto di voler dare lettura del primo.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Ordine del giorno sulle vertenze contrattuali negli stabilimenti Michelin


REVELLI Francesco, Segretario aggiunto

"Il Consiglio Regionale del Piemonte, preso atto che da oltre sei mesi i lavoratori degli stabilimenti Michelin di Torino, Cuneo, Alessandria sono in lotta su di una piattaforma rivendicativa di gruppo che verte sull'applicazione contrattuale, sulla ristrutturazione in atto e sulla salvaguardia dei livelli occupazionali, sulla garanzia della salute, sulla garanzia del salario costatato che sino ad oggi la Michelin ha rifiutato ogni incontro per discutere e risolvere la vertenza esprime la propria solidarietà ai lavoratori in lotta invita la Giunta ad intervenire presso la Direzione della Michelin affinch accetti di aprire serie e concrete trattative cessando dall'attuale atteggiamento, contrario allo spirito ed alla lettera della Carta costituzionale e dello Statuto dei diritti dei lavoratori".
Firmato: Nesi, Viglione, Giletta, Soldano, Garabello, Cardinali, Vera Lo Turco, Revelli, Marchesotti, Raschio.



PRESIDENTE

Il Presidente della Giunta accetta questa raccomandazione da parte del Consiglio per un passo presso la Michelin? L'ordine del giorno deve essere ulteriormente illustrato? Qualcuno chiede di parlare? Allora viene posto in votazione. Chi lo approva è pregato di alzare la mano. L'ordine del giorno è approvato all'unanimità.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione - Trasporti e comunicazioni: argomenti non sopra specificati

Ordine del giorno sulla crisi nel settore del trasporto pubblico


REVELLI Francesco, Segretario aggiunto

"Il Consiglio Regionale del Piemonte, preso atto che l'agitazione del personale del settore auto-ferrotramviario per il rinnovo dei contratti nazionali trae le sue motivazioni da uno stato generale di crisi nel settore del trasporto pubblico e riguarda i problemi concernenti l'occupazione, il rapporto di lavoro e l'organizzazione di un servizio fondamentale per la vita della comunità e per lo sviluppo economico e sociale individuando nella carenza, provvisorietà e frammentarietà degli interventi statali in materia verificatisi nel decennio '60-'70 le ragioni della crisi del settore sollecita al Governo, nel quadro della programmazione economica, nuovi indirizzi in materia di trasporti pubblici, che garantiscano volumi adeguati di investimenti al settore indica in particolare in un deciso potenziamento delle ferrovie locali la risposta alla domanda che nasce da quanti devono ogni giorno affrontare gravosi spostamenti per ragioni di studio e di lavoro richiede adeguati finanziamenti alle Regioni, secondo i meccanismi forniti dalla legge finanziaria per la riorganizzazione dei trasporti di interesse regionale, la realizzazione delle ferrovie metropolitane sottolinea l'esigenza di provvedimenti legislativi nazionali a favore degli autotrasportatori per l'esercizio gennaio '71- marzo '72 per il quale lo Stato non ha ancora provveduto riconferma infine l'impegno della Regione piemontese ad operare, pur nei limiti delle proprie potenzialità finanziarie, per l'ammodernamento e la riorganizzazione delle aziende di trasporto, ed in particolare per un ampliamento della partecipazione pubblica nel settore, per il coordinamento tecnico tariffario, per una politica di unificazione dei servizi a livello comprensoriale richiede il concreto impegno di intervento della Giunta Regionale presso il Governo della Repubblica per la rapida definizione della trattativa per il rinnovo del contratto della categoria nonché per la soluzione dei problemi rilevati nel presente documento".
Firmato: Garabello, Vera, Calsolaro, Rivalta, Rossotto.



PRESIDENTE

La Giunta accoglie questo ordine del giorno? Nessuno chiede di parlare per illustrarlo? Allora, lo pongo in votazione, Chi lo approva è pregato di alzare la mano. E' approvato all'unanimità.


Argomento:

Ordine del giorno sulla crisi nel settore del trasporto pubblico

Argomento:

Convocazione prossime sedute


PRESIDENTE

Il Consiglio Regionale è convocato per il giorno 5 aprile alle ore 16,30 con il seguente ordine del giorno: approvazione verbali precedenti sedute; interrogazioni e interpellanze comunicazioni del Presidente esame dei disegni di legge sui circondari n. 54-56-69-71 nomina di tre rappresentanti della Regione nel Consiglio di amministrazione dell'Istituto autonomo Case popolari.
E' prevista una successiva convocazione del Consiglio, come avevamo già preannunziato nella passata riunione, per il giorno 12 aprile, al mattino alle 10 e al pomeriggio alle 16, per l'esame del bilancio. In quella occasione determineremo esattamente la successiva adunanza, che sarà certamente necessaria per l'approvazione del bilancio nel suo complesso.
Dico subito, perché i Consiglieri ne possano prendere nota, che si prevede tale convocazione avvenga per le giornate di lunedì 16 e certamente di martedì 17. Il giorno 17 è il giorno in cui per norma statutaria dev'esserci obbligatoriamente una convocazione del Consiglio, e poiché il giovedì successivo è il Giovedì santo mi parrebbe opportuno anticipare la seduta al giorno precedente il 17.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 20,05)



< torna indietro