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Dettaglio seduta n.140 del 15/03/73 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE OBERTO


Argomento:

Approvazione verbale precedente seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Il primo punto dell'ordine del giorno reca: "Approvazione verbale precedente seduta".
Il verbale è stato trasmesso ai signori Consiglieri. Se ci sono osservazioni do la parola a chi la chieda. Non ve ne sono. Pertanto, il processo verbale dell'adunanza 8 marzo 1973 è approvato all'unanimità.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni - Presidente della Giunta Regionale

Comunicazioni del Presidente del Consiglio


PRESIDENTE

Il secondo punto dell'o.d.g. reca: "Comunicazioni del Presidente".
Informo che hanno chiesto congedo i Consiglieri Fabbris e Giovana.
E' stata presentata una proposta di legge n. 75: "Provvidenze a favore dei superstiti dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni", in data 8 marzo '73, dai Consiglieri Regionali Menozzi, Giletta e Bertorello. L'ho assegnata alla 6° Commissione permanente in data 12 marzo '73.
E' stata altresì presentata la proposta di legge n. 76: "Corresponsione della indennità giornaliera in caso di ricovero ospedaliero a favore dei coltivatori diretti e mezzadri residenti in Piemonte". In data 8 marzo '73 dai Consiglieri Regionali Menozzi, Bertorello e Giletta, ed è stata assegnata alla 4° Commissione permanente in data 12 marzo 1973.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni - Presidente della Giunta Regionale

Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto per l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta Regionale


PRESIDENTE

Il punto terzo dell'ordine del giorno reca: "Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto per l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta Regionale".
Mi è pervenuto un documento di proposta al Consiglio Regionale delle linee politiche ed amministrative del Presidente e della lista degli Assessori a sensi e per gli effetti dell'articolo 32 dello Statuto Regionale. Il documento è di questo tenore: "I sottoscritti Consiglieri, a sensi dell'art. 32 dello Statuto propongono al Consiglio Regionale l'elezione di una Giunta composta dal Presidente e da dodici assessori. La Giunta proposta si collega in una linea di continuità politica ed operativa alla precedente. La Giunta si richiama quindi agli indirizzi contenuti nelle precedenti dichiarazioni programmatiche, in parte realizzate con le leggi e le deliberazioni approvate e in parte rese esplicite con i disegni di legge all'esame delle Commissioni e in avanzata fase di elaborazione.
L'imminente ed urgente discussione del bilancio preventivo 1973 e del Piano regionale di sviluppo vengono indicati come il momento più opportuno per gli approfondimenti e l'adozione di nuove soluzioni che l'evolversi della realtà regionale, con i suoi pressanti problemi economico-sociali dell'occupazione e dello sviluppo civile suggerisce ed impone. La Giunta a questo fine sollecita una più ampia collaborazione dei Gruppi consiliari che si richiama all'arco democratico e ripropone un confronto costruttivo con l'opposizione secondo l'esempio offerto dalla discussione del primo bilancio regionale.
La Giunta Regionale, infine, nel trentesimo anniversario della caduta della dittatura fascista, riafferma l'esigenza di una rigorosa vigilanza democratica, con l'impegno a rimuovere le cause ed a combattere ogni forma di violenza che attenta alle istituzioni e turba le profonde aspirazioni popolari a vivere ed a lavorare nella pace e in un garantito ordine democratico.
Viene proposto presidente il dott. Edoardo Calleri di Sala; vengono proposti nella lista degli Assessori: Armella Angelo, Benzi Germano Borando Carlo, Chiabrando Mauro, Debenedetti Mauro, Falco Giovanni, Franzi Piero, Gandolfi Aldo, Paganelli Ettore, Petrini Luigi, Vietti Anna Maria Visone Carlo.
Presentatori e sottoscrittori del documento sono: Armella avv. Angelo Bertorello, Bianchi, Beltrami, Borando, Calleri, Chiabrando, Dotti, Falco Franzi, Giletta, Menozzi, Paganelli, Petrini, Soldano, Vietti, Visone Gandolfi, Benzi, Cardinali, Debenedetti e Vera".
Chiede di parlare il Presidente della Giunta. Ne ha facoltà.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Signor Presidente, signori Consiglieri, la Giunta che si presenta oggi al voto del Consiglio Regionale non ha potuto essere, com'era nelle intenzioni della Direzione della Democrazia Cristiana e mie personali, la identica Giunta che ha governato la Regione dal luglio '71 al gennaio '73.
Non posso tacere in questa sede il mio più profondo rammarico per la modificata composizione della Giunta. Ritengo infatti, e continuo a ritenere, che le ragioni che militavano a favore della integrale presentazione della Giunta precedente meritassero obiettivamente una migliore attenzione di quella che si è loro prestata. E' una considerazione, questa, ed è ovvio, che non intende minimamente intaccare il diritto proprio di ogni partito di operare le scelte degli uomini destinati ad esprimerne la rappresentanza, né intende suonare men che rispettosa ed amichevole nei confronti di chi subentra nelle funzioni di assessore a chi è stato, come il collega ing. Cardinali, vicepresidente della Giunta ed Assessore, esemplare per il suo impegno, encomiabile per la dedizione e per l'apporto intelligente ed esperto che ha dato al lavoro della Giunta. La considerazione si riferisce evidentemente alle ragioni logiche di continuità, atteso che la Giunta precedente non aveva rivelato divergenze politiche nel suo interno né tra i partiti che la formavano e la sostenevano. Questo fatto, a giudizio della Democrazia Cristiana, doveva essere considerato politicamente prevalente e preminente rispetto a qualsiasi altra pur apprezzabile considerazione nel momento in cui si poneva mano alla ricostituzione della Giunta e doveva comportare come conseguenza sia la identica composizione della Giunta che la stessa formula politica.
Voglio perciò dichiarare in questa sede che solo l'imminente scadenza di un importante impegno istituzionale quale il bilancio mi ha indotto ad accettare una Giunta modificata rispetto alla precedente nella sua composizione e mi ha convinto della necessità di superare senza ulteriori indugi un problema che aveva ed ha non soltanto un valore politico ma anche, per me in particolare, profonde ragioni di solidarietà.
Pur se non identica nella sua composizione alla precedente, la Giunta che si presenta oggi al voto del Consiglio rappresenta tuttavia la continuità di quella, sia per quanto riguarda la formula politica sia per quanto riguarda i contenuti programmatici. Ad essa, formata dalla D.C., dal PSDI e dal PRI, ha confermato il proprio appoggio, come per il passato, il Partito liberale, della cui collaborazione si è avvalsa la precedente Giunta ed intende avvalersi anche la Giunta che viene oggi proposta, nel quadro di quello spirito di solidarietà democratica e secondo quella linea di centralità che ha saputo cogliere ed individuare quanto di nuovo, di moderno, di autenticamente democratico è pur presente nel Partito liberale italiano e quanto sia errato, in nome di astrattismi concettuali e di schematismi nominalistici, voler escludere pregiudizialmente l'apporto liberale ad una politica di progresso, di sviluppo e di consolidamento delle istituzioni.
Ho ringraziato altre volte, e ringrazio ora, i colleghi Consiglieri del PLI per la fiducia che hanno accordato e che si apprestano ad accordare alla Giunta tripartita, la quale ha chiesto e chiede ad essi i voti così come li ha chiesti e li chiede ai Colleghi socialisti, auspicando che le rigide preclusioni che il PSI pone anche alla collaborazione con i liberali trovino nelle condizioni dello sviluppo italiano e nella sua proiezione europea i motivi del suo superamento, così come li ha trovati in altri Paesi europei ad avanzato sviluppo, tra i quali, mi par qui sufficiente ricordare la Germania federale. E' vero che l'ipotesi dei pentapartito appare a molti prematura, oggi, in Italia, ma essa non è certo utopistica e non credo che sogni ad occhi aperti chi la persegue, avendo a mente l'accelerazione europea del nostro sviluppo. E' a questa ipotesi del pentapartito che, in una regione certamente tra le più europee del nostro Paese, noi crediamo di poter guardare, perseguendo l'obiettivo di creare più ampi spazi di collaborazione e di solidarietà democratica coerentemente, almeno per noi democratici cristiani, alla linea di centralità del nostro Partito. D'altronde, siamo in Piemonte, insieme, ad altre Regioni italiane, al decollo, o poco oltre, di una nuova fase di sviluppo economico, la cosiddetta fase della terziarizzazione, che fa seguito, di norma, ai raggiunti alti livelli di industrializzazione. Questo nuovo sviluppo non sarà certo privo di effetti rispetto al collocamento delle forze politiche quale è andato maturandosi nella fase dello sviluppo industriale, ed è evidente che esso recherà un notevole contributo al superamento dei vecchi e tradizionali schemi concettuali, che erano certamente adeguati a cogliere la realtà ed i contrasti sociali delle società industriali ma che sono già, e saranno sempre più, inadeguati a descrivere ed a rappresentare la realtà, ben più articolata, della dinamica della società in fase di grande sviluppo dell'economia terziaria. La progressiva espansione dell'economia dei servizi propone e proporrà, cioè con sempre maggiore incidenza nuove collocazioni delle forze politiche, e credere che queste valutazioni siano semplici esercitazioni accademiche o funambolesche fughe in avanti vuol dire non guardare con la dovuta attenzione all'esperienza dei più avanzati Paesi europei.
Da queste considerazioni non traggono spunto soltanto le valutazioni in ordine all'alleanza e alla collaborazione che ho brevemente esposto in relazione alla formula politica della Giunta che si presenta al voto del Consiglio, ma ad esse vanno riferiti anche i contenuti programmatici che la Giunta intende portare avanti. Va sottolineato, infatti, che il processo di terziarizzazione dell'economia, anche nei sistemi di mercato, è molto più sottoposto al controllo e alla guida della pubblica amministrazione di quanto non sia stato sottoponibile la fase di industrializzazione, e in questo controllo e in questa guida, per le competenze che le sono istituzionalmente affidate, la Regione ha un rilevante ruolo da svolgere.
In sede di discussione sul bilancio la Giunta avrà modo fra pochi giorni di affrontare dettagliatamente il discorso programmatico e di collegarlo organicamente agli obiettivi della programmazione regionale agli strumenti di intervento, alle scelte di priorità. La presente dichiarazione non aveva e non ha altro scopo che quello di essere una doverosa puntualizzazione dei criteri e degli orientamenti che hanno presieduto alla formazione della Giunta, la quale intende collocarsi, come già è stato detto, in una posizione di continuità rispetto alla Giunta precedente ed intende assolvere le sue funzioni di governo essendo pronta ed attenta, come ha sempre cercato di essere nel passato, ad ogni contributo capace di renderne più incisiva l'azione e sempre meglio risponde la sua operatività alle aspettative, alle esigenze e ai problemi della comunità regionale.



PRESIDENTE

La discussione è aperta sul documento illustrato dal Presidente proposto. Chi chiede di parlare? Il Consigliere Nesi. Ne ha facoltà.



NESI Nerio

Signor Presidente, ho ascoltato le dichiarazioni programmatiche della nuova Giunta, e debbo dichiarare, a nome del Partito socialista italiano che non ho alcuna osservazione da fare sul loro contenuto. Direi che non è nemmeno il caso di perdere tempo, e di far perdere tempo a questa assemblea, con osservazioni e contestazioni su questo o quel punto del programma: esse ci sembrano del tutto inutili, dal momento che sappiamo per esperienza che questa Giunta considera i programmi degli adempimenti necessari per ragioni burocratiche e regolamentari e non pensa neppur lontanamente di essere tenuta ad applicarli, per cui l'opposizione non ha davvero motivo di prendere sul serio i programmi che essa presenta. Per esplicita ammissione del suo Presidente, il programma della nuova Giunta è lo stesso di quella che l'ha preceduta: un programma che non fu applicato allora e che non vedo quindi perché dovrebbe essere realizzato adesso.
Faremmo un torto all'ottimo collega Cardinali se pensassimo che il programma non sia stato applicato per colpa sua. E credo siano tutti convinti che l'ottimo collega Benzi non riuscirà ad imporre il suo entusiasmo e la sua spinta riformatrice, ad una Giunta riluttante.
Direi quindi di non dare ulteriore spazio a questo argomento e di discutere invece di cose più serie, quelle sulle quali si è lungamente intrattenuto il Presidente della Giunta.
Il Piemonte è la seconda regione italiana, secondo tutti i parametri socio-economici degli istituti di statistica, è una regione-chiave, per una serie di situazioni che è inutile qui soffermarsi a ricordare. Il presidente Calleri, il capogruppo Bianchi, gli altri uomini più rappresentativi della Democrazia Cristiana, in questo Consiglio non sono degli avventuristi che non si rendano conto della conseguenze di un fatto politico di così alto rilievo qual è certamente l'aver mantenuto, in questo momento, nella vita politica del Paese una coalizione di Centro-Destra, non solo, ma di averla confermata con l'inserimento organico del Partito liberale nella maggioranza. I voti pubblicamente richiesti dal presidente Calleri al Partito Liberale sono la conferma di questo orientamento, e l'assenza fisica di assessori liberali non inganna nessuno: non ci saranno assessori liberali, ma ci sarà un vicepresidente del Consiglio liberale, e la Democrazia Cristiana sa che cosa significhi, emblematicamente, questo nei rapporti con il Partito socialista italiano a livello regionale.
E mi consenta il presidente Calleri di confermare ancora una volta che l'ipotesi del pentapartito è una fuga in avanti senza passato, senza presente e senza futuro. Io dissi in questo consesso, già prima del Congresso di Genova, che si faceva grandi illusioni chi pensava che il Congresso nazionale di Genova del Partito socialista italiano potesse costituire un'apertura anche minima ad un pentapartito. Lo confermo adesso: si fa gravi illusioni, destinate a cadere nel vuoto non solo in Piemonte ma in tutta Italia, chi possa pensare minimamente che il Partito socialista italiano sia disponibile, adesso, o fra un anno, o fra due anni, ad un pentapartito.
Aver fatto, quindi, in questo momento, a Torino, una scelta di questo genere non può essere il frutto di semplici decisioni locali, ma è certamente il prodotto di una linea, o di una interpretazione di una linea nazionale. Noi non contestiamo, naturalmente, alla Democrazia Cristiana il diritto di fare scelte di questo genere: contestiamo la coerenza di scelte di questo genere con le dichiarazioni domenicali di questo o quel ministro con le manifestazioni domenicali di intenzioni di questo o quell'esponente nazionale, anche se, dobbiamo dire, non ci siamo mai fatte, per lo meno chi parla, soverchie illusioni su queste dichiarazioni domenicali. Il più glorioso dei nostri militanti, il compagno Pietro Nenni, ha avuto, in un recente discorso al Comitato centrale del nostro Partito espressioni molto chiare sui risultati del Consiglio Nazionale della Democrazia Cristiana e sugli atti concreti che alla Democrazia Cristiana vengono chiesti dal Partito socialista italiano per una ripresa seria del dialogo, interrotto prima in Piemonte, poi a livello nazionale, non per colpa del Partito socialista italiano.
La scelta piemontese della Democrazia Cristiana si colloca, quindi, in questa ambiguità di comportamento, che è poi una ambiguità a senso unico.
Abbiamo la coscienza di aver fatto in questo Consiglio Regionale tutto quello che era possibile fare per tenere aperto questo dialogo; lo abbiamo lasciato aperto anche dopo la rottura della coalizione del Centro-Sinistra nel luglio '71, mantenendo un atteggiamento critico di opposizione mai aprioristica e sempre costruttiva. Non abbiamo mai disgiunto preventivamente le nostre responsabilità da quelle della maggioranza convinti come siamo che la collettività regionale giudica la Regione nel suo complesso, senza fare distinzioni nell'ambito della classe politica regionale. E per queste ragioni la Regione nel suo complesso e la classe politica regionale nel suo complesso, se non riescono a dar vita all'istituto regionale, rischiano di fallire tutte insieme, pur se di gran lunga diverse sono le responsabilità, e da una parte sola sono le colpe.
Per queste ragioni abbiamo sempre sostenuto non un vuoto assemblearismo di maniera, ma un rapporto consiliare che, ferme e precise le distinzioni fra maggioranza e minoranza, coinvolgesse tutti i partiti democratici popolari nell'interesse superiore di trovare delle soluzioni alla crisi più grave che la nostra Regione, che il Piemonte abbia attraversato dalla Liberazione ad oggi.
Anche recentemente abbiamo rivolto un appello alla Democrazia Cristiana, per un confronto delle rispettive posizioni, offrendo un appoggio esterno che poteva essere il primo passo verso un successivo e più costruttivo colloquio. Lo abbiamo fatto al di fuori di ogni interesse immediato e futuro di partito: l'appoggio esterno escludeva evidentemente ogni problema di posizioni personali in assessorati, e dobbiamo dire con molta chiarezza che non c'era in noi alcun interesse egoistico di partito perché non avevamo nulla da guadagnare dando questo appoggio.
Il Partito socialista, dal momento in cui ha iniziato il suo ruolo di opposizione a livello regionale, ha accentuato i suoi legami con la società civile, con il mondo del lavoro, con le fabbriche, con le scuole, con il mondo della tecnica, con gli intellettuali. E noi continueremo su questa strada. Il Segretario del nostro Partito ha giustamente ricordato di recente, al più alto livello, nella direzione del nostro Partito, il ruolo che il Partito socialista francese ha esercitato all'opposizione in questi anni e il successo che gli ha arriso in queste elezioni, in cui è passato da 40 a 90 deputati mentre la sinistra nel suo complesso ha ottenuto il 46,6 di voti, anche se una legge elettorale ancor più iniqua, se possibile della legge-truffa che si tentò a suo tempo di varare nel nostro Paese, non ha fatto coincidere il numero dei deputati della sinistra francese con il numero dei voti da essa ottenuti. Desidero chiudere il mio intervento proprio con il riferimento che ha fatto il segretario del nostro Partito compagno De Martino, quando ha ricordato l'esperienza francese e quello che essa significa anche in Italia.
Signor Presidente, signori Consiglieri, con queste brevi considerazioni il Partito socialista italiano risponde, e risponderà, alla creazione di una Giunta di Destra alla Regione Piemonte, alla quale si opporrà con fermissima decisione.



PRESIDENTE

Chi altri chiede di parlare? Il Consigliere Minucci. Ne ha facoltà.



MINUCCI Adalberto

Signor Presidente, signori Colleghi, credo che tutti i Colleghi e gli osservatori più attenti ai vari episodi legati a questa crisi non breve siano d'accordo con me nel dire che si chiude oggi la vicenda della Giunta e della maggioranza, una vicenda non sempre edificante, ma certo non si chiude la crisi politica che sta al fondo di essa.
Il Presidente della Giunta proposto ha cercato di nobilitare, con la sua odierna dichiarazione, la lunga e travagliata trattativa che ha portato alla rimessa in piedi della vecchia Giunta, con accenni ad esigenze nuove che si pongono sul terreno della politica economica e della trasformazione strutturale del Paese. Già in questi accenni pur così sommari e a mio avviso limitativi dei problemi reali, problemi di trasformazione economico sociale - che stanno oggi di fronte alla nostra Regione e al nostro Paese si poteva cogliere la discrepanza, vorrei dire paradossale, fra tali problemi e questa Giunta, nella sua composizione politica, nel suo programma, nelle sue reali intenzioni. Perché è evidente che una Giunta come questa, che nasce all'insegna della conservazione, all'insegna del collegamento fra la maggiore forza politica di governo e di Partito più autenticamente conservatore che esista nel nostro Paese, il Partito liberale, non ha alcuna possibilità di affrontare con qualche possibilità di successo i nuovi problemi che la nostra società sta vivendo in modo così drammatico.
In realtà, anche gli accenni che il Presidente della Giunta ha fatto alle questioni strutturali ed economiche mi sembrano piuttosto limitativi.
Non è vero che oggi ci troviamo di fronte a questo passaggio trionfale da una società industriale ad alto livello di sviluppo ad una fase di terziarizzazione: oggi ci troviamo di fronte ad una crisi sempre più drammatica, certo, del settore terziario, ed in particolare dei servizi sociali, ma ci troviamo di fronte ad una crisi strutturale che investe le stesse strutture produttive; per cui questo alto sviluppo industriale, che non è stato mai diffuso nel nostro Paese ma ha sempre riguardato aree limitate, oggi addirittura si trova di fronte ad un processo involutivo, e la ripresa economica cui ha fatto accenno il Presidente della Giunta è, in realtà, un processo che sta restringendo ulteriormente le basi industriali del nostro Paese. Credo che questi siano fatti riconosciuti da tutti coloro che seguono con un minimo di obiettività le vicende dell'industria italiana, dove qualsiasi processo di ristrutturazione, in qualsiasi settore, comporta una secca caduta dei livelli di occupazione. Cioè proprio quei settori più dinamici, dove si ha un alto livello di investimenti - dal settore chimico al settore degli elettrodomestici al settore tessile e così via - sono settori che si vanno restringendo e che vanno quindi ancor più debilitando la base economico-sociale del nostro Paese.
In realtà, la crisi è ben più profonda di quanto il Presidente della Giunta faccia intendere nella sua dichiarazione. Non è soltanto una crisi strutturale, ma una crisi dei rapporti sociali, una crisi di direzione politica. Non a caso gli studiosi e le personalità politiche europee che più seguono le vicende del nostro Paese stanno ormai parlando di crisi italiana, cioè in una accezione molto più generale di quanto il Presidente della Giunta voglia appunto far credere.
Di che si tratta? L'accenno soltanto brevemente, perché convengo con il compagno Nesi sull'opportunità di non dilungarsi troppo su temi molti dei quali d'altronde torneranno in piena luce nella discussione sul bilancio ma penso che almeno un cenno sia utile per far comprendere anche all'opinione pubblica, per quello che può seguirci, che in realtà il tentativo del Presidente della Giunta, della maggioranza, è un tentativo mistificante rispetto ai grandi problemi che stanno di fronte a noi. Al fondo di questa crisi italiana ci sono la conclusione, la fine e il fallimento di una situazione internazionale, di una strategia internazionale. C'è il fallimento degli obiettivi che ci si era proposti con la guerra fredda, dimostrato da tutto quello che sta avvenendo da qualche tempo, soprattutto negli ultimi anni, negli ultimi mesi, dagli accordi per il Vietnam a tutta una serie di mutamenti in corso nel mondo alla stessa tempesta monetaria che dimostra una caduta di egemonia delle forze motrici della guerra fredda.
Se alla base della crisi e degli sconvolgimenti attuali c'è la fine di un'epoca - perché, non dimentichiamocelo, la guerra fredda dura ormai dal '47, da ventisette-ventotto anni: è un'epoca intera, una intera generazione che ha vissuto questa esperienza - come si colloca il nostro Paese, e quindi la nostra Regione, in questa svolta di livello mondiale? Non si dimentichi che in Italia tutto quello che è stato fatto negli ultimi ventisette-ventotto anni - e che porta il segno di due forze fondamentali: da un lato la grande industria monopolistica, dall'altro la Democrazia Cristiana, come forza politica di governo - reca l'impronta della guerra fredda, è stato costruito, voluto da alcune delle forze dirigenti del nostro Paese, proprio sui criteri fondamentali della guerra fredda: dal modello di sviluppo economico (bastano, per definirlo, l'accentuarsi del distacco fra Nord e Sud, i caratteri che ha avuto lo stesso sviluppo industriale), che lascia chiaramente intendere come tutto sia impregnato di una soggezione del nostro Paese agli Stati Uniti d'America, una soggezione che ha improntato la qualità stessa dello sviluppo, che ha dato scarsa capacità di autonomia e di indipendenza alla nostra stessa economia; agli stessi rapporti sociali (la divisione fra città e campagna, la rottura fra il mondo industriale e il mondo contadino); a tutto quello che è avvenuto sul piano politico, la continua violazione della Costituzione repubblicana l'anticomunismo eretto a principio di Stato. Oggi che la strategia della guerra fredda è in crisi, si sgretolano le fondamenta su cui è stato costruito il regime italiano in questi venticinque anni, e quindi anche l'edificio mostra le sue crepe.
Ecco perché oggi il nostro Paese, e non solo il Paese ma pure la sua classe dirigente, che si è identificata con questo modello di sviluppo economico, sociale e civile dell'ultimo quarto di secolo, è in crisi, non riesce a prospettare soluzioni nuove. Non si delinea ancora, caro Presidente della Giunta, una nuova fase di sviluppo del nostro Paese: si delineano soltanto dei tentativi di dilazionare una scelta, di trascinare le cose così come stanno. Si avrà una ripresa asfittica, precaria, in certi settori industriali, in qualche settore economico: ma al fondo c'è una decelerazione dello sviluppo complessivo della società italiana, e il nuovo ciclo economico si vuole impostare su questa base, non certo su un'espansione completa delle forze produttive e delle energie creatrici del nostro Paese.
Se questo è vero - mi scuso per la schematicità e la estrema sommarietà con cui mi sono rifatto a questa analisi di fondo, che meriterebbe ben altra attenzione e ben altro tempo - ed ormai tutti riconoscono che è vero perché di questo si discute nel nostro Paese ormai da tempo, che cosa occorre fare per aprire una nuova fase? Occorre ricorrere a soluzioni del tipo di quelle qui prospettate dal Dott. Calleri? No, occorre aprire un processo di spostamento a sinistra.
Il Dott. Calleri corre il rischio di apparire disinformato su come stanno andando le cose in Europa e nel mondo, quando si richiama agli esempi stranieri. In effetti, nei due anni appena trascorsi, nell'ultimo anno soprattutto, ci sono stati in effetti fatti nuovi, in Europa e nel mondo, ma fatti nuovi che, salvo eccezione, portano tutti il segno di un processo di rinnovamento politico e di uno spostamento a sinistra in senso democratico, in senso, cioè, esattamente opposto a quello verso cui sono andati i dirigenti della Democrazia Cristiana del nostro Paese sia in sede nazionale sia in sede regionale. Come si fa a richiamarsi all'esempio della Germania per indicare ai compagni socialisti la prospettiva di andare d'accordo con i liberali come i socialisti tedeschi vanno d'accordo con i liberali tedeschi? Si tratta di tutt'altra cosa. In Germania è stata sconfitta la politica, in grande, di Calleri, è stata sconfitta la politica di destra della Democrazia Cristiana; in Germania, i liberali non sono quelli di Malagodi, sono un partito più o meno progressista, moderatamente progressista, che non a caso da anni si batte come protagonista del processo di distensione con i Paesi socialisti, scontrandosi con la Democrazia Cristiana. Avete mai sentito dire che Malagodi si sia battuto per la distensione con i Paesi socialisti, per la fine dell'anticomunismo? No, Malagodi è sulla sponda opposta. Non nascondiamo con terminologie formali la sostanza delle cose. In realtà, in Germania c'è stato uno spostamento a sinistra: certo, uno spostamento moderato, non di tipo rivoluzionario, non certo quale noi auspicheremmo; ma una rottura con i vecchi temi del passato sì.
E altrove non sta accadendo la stessa cosa? Il rafforzamento e l'unità delle sinistre in Francia cui si è richiamato il compagno Nesi prima di me e, in Giappone, la grande avanzata delle sinistre, dei comunisti e dei socialisti, sempre più uniti in uno schieramento organico. E ancora guardate che cosa è accaduto nella lontana Australia, persino nella Nuova Zelanda. Ovunque vi siano state elezioni si è avuto uno spostamento a sinistra: in Argentina in questi giorni, nel Cile, ove è stata sconfitta la politica dell'alter ego di Calleri. (Dallo schieramento opposto giungono obiezioni e proteste). Siete evidentemente poco informati a questo proposito: in Argentina, alla dittatura dei generali si sostituisce un coacervo di forze in cui sono presenti anche forti componenti progressiste: non a caso ci sono anche socialisti e comunisti nello schieramento che ha vinto. Non bisogna nascondere dietro etichette formali la sostanza delle cose.
Le proposte che viene a farci qui Calleri circa la linea politica e la composizione della Giunta vanno in questa direzione, colgono questa ondata questo processo di rinnovamento? Tengono conto dei problemi che si tende a risolvere non solo in Europa ma nel mondo? Io credo che Calleri si muova in senso esattamente opposto. Sarei lieto di poter dire, colleghi della Democrazia Cristiana, che non è così, che essi faranno uscire il loro partito dalle secche e dalla crisi che lo travaglia. Perché in realtà a me sembra che il problema di fondo che oggi riguarda la nostra Regione e il nostro Paese sia appunto questa caduta della Democrazia Cristiana in una crisi che rischia di essere mortale non solo per quel partito ma per la democrazia italiana, che è ben altra cosa. La Democrazia Cristiana sta diventando un partito gelatinoso, di cui e sempre più difficile definire i contorni politici, le finalità politiche, gli obiettivi politici, in cui ha sempre maggior rilievo lo scontro fra personaggi, correnti, clientele.
La vicenda che abbiamo vissuto in questi due mesi a Torino e in Piemonte non reca forse questo segno? Il collega Bianchi, il Presidente della Giunta adesso riconoscono candidamente che non vi erano conflitti di programmi, conflitti politici. Ma allora cosa c'erano? C'erano questioni personali, questioni di clientele, questioni di potere. In tutta Italia ormai è così. Se non si dà di piglio al freno - e debbono essere in primo luogo i colleghi e gli amici della Democrazia Cristiana che credono davvero nella loro vocazione popolare e democratica i primi a farlo -, se non si investe la tendenza, se la Democrazia Cristiana, una volta che sia definitivamente esaurito quel vecchio regime che l'ha vista protagonista per venticinque anni, non avrà la forza di rinnovarsi e di aprire una nuova fase a se stessa e al Paese, io credo che questa crisi finirà con l'essere pagata da tutto il Paese, ed in primo luogo dalle istituzioni democratiche.
Il problema è, ancora una volta, quello di andare a sinistra, così come in tutta Europa, in tutto il mondo, anche in Piemonte, anche nel nostro Paese. Quando noi diciamo: in Italia la questione di fondo è la questione comunista, la questione del rapporto fra tutte le forze democratiche e il Partito comunista, non facciamo un atto d'orgoglio né tanto meno vogliamo sottolineare chissà quale privilegio del nostro Partito. Il nostro è un partito d'opposizione, che può, pur rimanendo all'opposizione, dare un contributo decisivo alla definizione dei problemi del nostro Paese: noi non chiediamo posti di governo, né in questa Giunta né nel Governo nazionale chiediamo un nuovo rapporto di confronto e di collaborazione tra le forze democratiche, che non può non avere al centro la questione di una nuova definizione di rapporti con il Partito comunista. Perché di questo si tratta. Proprio perché non vogliamo fare quelle analogie formali, e al tempo stesso assurde, senza fondamento reale, cui ricorreva il Presidente della Giunta paragonando i liberali tedeschi a i liberali italiani, noi diciamo: in altri Paesi andare a sinistra può significare un'altra cosa può anche significare Hector Campora in Argentina, può significare in Giappone un'avanzata dei socialisti di un certo tipo, in Germania pu significare un accordo fra socialdemocratici e liberali, perché questo significa spostare in avanti la frontiera, cambiare i rapporti di quel Paese; ma in Italia non c'è altra via che la soluzione della questione comunista.
Questo è il vero problema che vi trovate di fronte: se non lo affronterete con coraggio non giungerete mai a risolvere i problemi del vostro schieramento - in particolare, per quello che riguarda i Colleghi della D.C., del loro partito -, né tanto meno a risolvere i problemi del Paese.



PRESIDENTE

Altri chiede di parlare? Il Consigliere Conti. Ne ha facoltà.



CONTI Domenico

Signor Presidente, signori Consiglieri, giustamente l'amico Garabello aveva iniziato il suo intervento a proposito della crisi definendola "una brutta crisi". Essa ha ora avuto una soluzione che noi certo non approviamo, che anzi consideriamo un nuovo errore.
A parte, comunque, le polemiche, a parte, diciamo, le argomentazioni che si possono addurre contro questo errore, io vorrei porre al candidato presidente della Giunta, ma anche a tutte le componenti del Consiglio maggioranza e minoranza, alcuni interrogativi sui quali riflettere.
Innanzitutto, davvero si pensa che la formula proposta, così com'è possa dare uno sbocco efficace a quella che è la domanda delle formazioni sociali, delle componenti sociali, degli operatori sociali, degli studenti dei giovani all'interno del Consiglio Regionale? Davvero si crede che l'aver mantenuto fuori dalla Giunta il Partito socialista, comunque esso si trovi nell'attuale situazione, sia il modo migliore per dare, nell'ambito della Giunta, uno sfogo, una presenza alle istanze, alle richieste che da parte della comunità regionale affluiscono alla Regione? E, se la risposta è affermativa, con quale taglio sarà possibile operare con una Giunta che sostanzialmente è di Centro-Destra? Gli schieramenti non sono puramente e semplicemente delle etichette: in presenza di concreti problemi, come sono quelli che noi dobbiamo affrontare e risolvere, non sarà certamente indifferente l'avere un Governo composto in un certo modo piuttosto che in un certo altro. Con questa Giunta, se risposta verrà data, certamente, sarà per necessità una risposta diversa - per la logica stessa dei partiti, per quello che i partiti, al di là e al di sopra degli uomini che li compongono, rappresentano, in sostanza - da quella che si sarebbe potuto avere con uno schieramento, diciamo, di Centro-Sinistra.
Il problema è squisitamente politico, e, date le scadenze che abbiamo di fronte, a cominciare dal bilancio per arrivare al programma di sviluppo a tutte le varie leggi, di cui alcune importantissime, occorrenti per concretare l'attività della Regione in questo biennio che ancor ci rimane c'è proprio da domandarsi se il Presidente della Giunta proposto ritenga davvero che sia del tutto indifferente l'avere i liberali al posto dei socialisti. Dico questo senza alcun intento di mancar di riguardo agli amici liberali, nei confronti dei quali personalmente nutro profonda stima come provo il massimo rispetto per il loro partito, autenticamente democratico.
Ancora, ci domandiamo come con questa formazione si darà in qualche modo sfogo politico a quei dissensi, pur democratici ma di tipo supponiamo conservatore, che non mancheranno di profilarsi là dove l'attività della Giunta abbia un suo indirizzo politico preciso; attraverso quali canali democratici saranno rappresentati questi dissensi, e potranno in qualche modo rendersi presenti all'interno del Consiglio Regionale. Con questa formula di schieramento, tra l'altro, a mio avviso certamente molte istanze popolari, sociali, di base, di operatori sociali, di iniziative sociali ed educative, non trovando in alcun modo una canalizzazione a livello di Governo, potranno rimanere soltanto appannaggio delle opposizioni, il che credo sia a danno delle stesse opposizioni. Perché, oggi come oggi, bisogna andare, per quello che riguarda le soluzioni, non ad uno scontro precostituito: quello che importa è trovare, attraverso il confronto democratico, sia pure nella delimitazione maggioranza-minoranza, le soluzioni migliori possibili, secondo le energie a disposizione, le capacità a disposizione. E noi così rischiamo invece di giungere su dei problemi importanti, fondamentali per la nostra società piemontese, a degli autentici scontri che non potranno certo favorire il raggiungimento delle soluzioni che dobbiamo dare alle istanze che emergono dal punto di vista regionale.
Ultimo interrogativo che mi pongo, a proposito della formula di Giunta proposta, - che, ripeto, considero un errore, sia pure fatto in buona fede con l'intenzione di superare un momento difficile della nostra Regione - è se la formula proposta, tanto più nei termini cui si è arrivati, risulta capace di rilanciare l'entusiasmo all'interno del Consiglio Regionale.
Vorrei prendere a prestito, per applicarla alla situazione che ci riguarda più da vicino, una frase di Schlesinger contenuta in un libro uscito di recente del quale ho letto la recensione, a proposito della sconfitta di Mc Govern, senza con questo voler condividere il suo giudizio per il caso cui egli la riferisce: "Con Nixon ha vinto la parte peggiore dell'uomo, mentre con Mc Govern è stata sconfitta la parte migliore". Io mi domando se veramente tutti noi - comprendo nel "tutti" anche le opposizioni, perché le responsabilità, poi, sono di tutti, più o meno naturalmente graduate dal momento che altra cosa è essere alla maggioranza e altra cosa essere all'opposizione - riteniamo che il tipo di soluzione proposta possa far risorgere in noi coraggio ed entusiasmo, come è necessario sia, o non siamo invece ridotti a considerare, secondo uno spirito senile, semplicemente il valore numerico delle decisioni in base al quale alla fine si opera. E' ancora possibile, insomma, in questo Consiglio Regionale, tenuto conto di come sono andate le cose in questi anni, coltivare degli entusiasmi, avendo la speranza di riuscire a dare uno sbocco concreto ai problemi, o dobbiamo rassegnarci definitivamente a ragionare, a trattare i problemi in base al computo dei voti? Io mi domando, dato il modo in cui le cose sono andate e il modo in cui purtroppo stanno per concludersi - ed è una domanda che rivolgo a me innanzitutto, al Presidente, alla Giunta, a tutti i Consiglieri - se esiste ancora una possibilità di entusiasmo rinnovato, di collegamento con le varie espressioni regionali per dare sbocco politico alle loro istanze, in una visione sostanzialmente ottimistica e progressiva dell'andamento della nostra Regione.



PRESIDENTE

Qualcun altro chiede di parlare? Il Consigliere Carazzoni. Ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il viaggio senza ritorno al quale, andando a scomodare Garcia Lorca, si era voluto riferire il presidente Calleri...



MINUCCI Adalberto

Prima l'avete ammazzato, adesso lo volete anche scomodare...



CARAZZONI Nino

Non l'abbiamo scomodato noi, lo ha scomodato il Presidente della Giunta...
...nel dare l'annuncio delle sue dimissioni sembra dunque prossimo a concludersi. Visto il punto cui le cose sono giunte, o, per lo meno, il punto al quale pare debbano giungere le cose se all'ultimo momento non interverranno altri colpi di scena a sconvolgere questa vicenda per tanti aspetti sconcertante e insieme squallida, noi pensiamo però che la suggestiva immagine calleriana vada opportunamente ridimensionata, se è vero, come è vero, che non tanto di viaggio è il caso di parlare quanto di un girotondo oggi tornato là dove si era iniziato tre mesi fa circa.
E' davvero concepibile - ecco il problema politico - che si riportino le cose al punto di partenza? Noi diciamo che non lo è assolutamente, anche soltanto rifacendoci a quei motivi che l'artefice e protagonista della crisi a suo tempo aveva adotto come cause originarie della crisi stessa.
Sono motivi, si badi bene, cui noi non avevamo mai creduto, che anzi avevamo già definito infondati, inconsistenti e pretestuosi, ma che comunque, dato e non concesso che fossero stati l'unica determinante della crisi, permangono a tutt'oggi, per cui non riusciamo a capire con quale coerenza lo stesso dott. Calleri non ritenga di dover oggi mantenere ferme le sue dimissioni.
I Colleghi consiglieri vorranno scusarci se torneremo a ripetere alcune considerazioni già fatte in quest'aula, ma questa crisi è stata di una tale importanza e di una tale emblematica significazione che noi pensiamo che su di essa si debba insistere fino in fondo, senza preoccuparsi di incorrere in ripetizioni.
Il 22 dicembre 1972, non al Consiglio Regionale ma al di fuori e al di sopra del Consiglio Regionale, Calleri espose la decisione di dimettersi da presidente della Giunta perché riteneva la nota sentenza sull'incompatibilità dei consiglieri comunali torinesi Magliano, Alessio e Benzi un grave attacco all'autonomia degli Enti Locali. Sorvoliamo adesso avendolo espresso in modo preciso in un precedente intervento, sul giudizio che noi sentiamo di dover tuttora dare a questo proposito: noi respingiamo anche ora l'assurda critica mossa alla Magistratura, perché non è assolutamente ammissibile, a meno che non si vogliano compromettere gli equilibri fra i poteri dello Stato, che si contesti la libera autonomia del potere giudiziario a fronte del potere politico. E sorvoliamo, avendo già denunciato anche questo, sulla sproporzione (ma sarebbe meglio dire sulla enormità) della reazione di Calleri che, per solidarizzare con alcuni amici non esita un istante a mettere in crisi ed a lasciare senza governo la Regione Piemonte in un momento di grave congiuntura economica, di delicate tensioni sociali. Sulla responsabilità o sulla irresponsabilità di questa posizione, di questo gesto noi lasciamo veramente arbitra l'opinione pubblica.
Vediamo piuttosto che cosa si proponesse di ottenere il dott. Calleri con le sue dimissioni, accolte, in quell'ormai lontano dicembre dall'immediato consenso e dal pronto plauso di tanti qualificati uomini politici, i quali non tardarono un istante a salutare nel dimissionario presidente il novello crociato della lotta contro una legislazione ritenuta e definita arcaica e superata, anche se per anni era stata supinamente accettata. Calleri voleva, per sua dichiarazione, non semplicemente assumere un formale atteggiamento di protesta ma provocare una chiara presa di posizione del Parlamento e del Governo sul problema delle incompatibilità. Quasi a voler togliere ogni dubbio su possibili suoi ripensamenti, egli ribadiva a gran voce: "La mia decisione di rassegnare le dimissioni permane, e permarrà fino a quando non avrò la garanzia che saranno assunte nelle sedi opportune le necessarie e concrete iniziative per risolvere inequivocabilmente l'intero problema". Noi, che non avevamo creduto alla validità di queste ragioni, le diciamo adesso, dott. Calleri: se quei motivi erano i soli, come lei ha sempre sostenuto, come lei è andato più volte ripetendo, che avevano provocato la crisi, forse che oggi essi non permangono? Forse che il Parlamento si è pronunciato, come lei chiedeva, sul problema delle incompatibilità? Forse che il Governo come lei auspicava, ha assunto sull'argomento una qualsiasi inequivoca posizione? Forse che da qualche parte, come lei si aspettava, è giunta notizia di iniziative necessarie e concrete per risolvere il problema delle incompatibilità? Né è stata certo risolutiva a questo proposito la sentenza del 23 febbraio che direttamente la riguardava: il rinvio alla Corte costituzionale congela la situazione, ma lascia impregiudicata qualsiasi soluzione finale, per cui a tutt'oggi non è dato di sapere - e noi non vogliamo azzardare ipotesi - in che modo i giudici si pronunceranno sul problema della sua eventuale compatibilità o incompatibilità. Se quindi come noi crediamo di aver dimostrato, non sono venuti a cadere i motivi che il 22 dicembre '72 lei aveva addotto quale unica ragione delle sue dimissioni, e, al contrario, questi motivi permangono ancora oggi, non essendosi venuto a modificare in alcuna sua parte lo status quo ante, con quale razionalità, con quale senso logico, con quale coerenza di comportamento, lei, dott. Calleri, adesso pensa di dover desistere dal suo intransigente atteggiamento? Ecco perché, come dicevamo, il girotondo non può tornare semplicemente là dove si era iniziato tre mesi fa. Noi non osiamo pensare che in quel 22 di dicembre lei si sia lasciato prendere la mano ed ora, dopo averci meditato sopra per tre mesi, si sia reso conto di aver compiuto un colpo di testa: sarebbe davvero una ipotesi offensiva, e il sospetto neppure ci sfiora. Noi pensiamo, invece, che la verità sia un'altra: che lei abbia approfittato, con abilità, con tempestività, anche se con spregiudicatezza per le conseguenze cui esponeva il Piemonte, della occasione offertale dalla sentenza dei giudici torinesi per tentar di realizzare un suo disegno politico; un disegno politico che negli ultimi tempi è diventato comune ad un largo schieramento del suo partito, è diventato comune a taluni suoi autorevoli amici romani: il disegno di riannodare con il Partito socialista un colloquio interrotto, di ritornare al Centro-Sinistra. Che la Democrazia Cristiana, a livello nazionale, tradendo ancora una volta tutti gli impegni presi nei confronti dell'elettorato cattolico ed anti-marxista, sia ormai indirizzata verso una tale scelta crediamo sia assunto facile a dimostrasi: basterebbe ricordare l'iniziativa, ultima in ordine di tempo, degli incontri ufficiali tra i responsabili dei settori degli Enti Locali della Democrazia Cristiana, del Partito socialista italiano, del PSDI e del Partito repubblicano, i quali, mentre è tuttora in vita - seppure agonizzante, e spesso salvato, com'è avvenuto nel voto al bilancio, dalle compiacenti assenze dei parlamentari socialcomunisti - un Governo di cosiddetta centralità democratica, si riuniscono con il proposito di verificare se esistano le possibilità di estendere il Centro-Sinistra alla periferia, di ritornare cioè alla collaborazione di Centro-Sinistra nelle Regioni, nelle Province e nei Comuni. Che in questa direzione si intendesse e si intenda andare anche in Piemonte, questo potrebbe sembrare meno credibile, rilevando che proprio in Piemonte i socialisti sono stati emarginati all'opposizione sin dal luglio 1971.
Ma, collocata la situazione piemontese nel quadro nazionale come si va ora delineando, nel quadro cioè del rilancio del Centro-Sinistra, noi pensiamo che l'ipotesi qui avanzata non sia priva di un certo suo fondamento. Noi pensiamo che qualcuno, come fu a suo tempo antesignano di un ritorno al centrismo, o alla cosiddetta centralità che dir si voglia adesso si proponesse, e si proponga, di essere antesignano anche di un ritorno al Centro-Sinistra. In fondo, il dott. Calleri ha un suo particolare temperamento che lo porta ad essere, o ad apparire, primo della classe in tutto.
Noi pensiamo che queste, e non altre, siano state le ragioni della crisi. Altro che difesa delle autonomie locali, o responsabile richiamo rivolto a porre ordine in una materia regolata da leggi ottocentesche! Tuttavia, nonostante le buone intenzioni della Democrazia Cristiana nonostante l'analoga volontà più volte qui ribadita dal Partito socialista democratico, nonostante la disponibilità affermata in quest'aula dal Capogruppo socialista, al Centro Sinistra, pur dopo questi tre mesi, non è stato possibile ritornare. Perché mai? Che cosa è venuto a mancare per il perfezionamento di questo disegno? Vi è una sola logica risposta da dare a questa domanda: non è stato possibile, almeno per il momento, ricostruire il Centro-Sinistra, perché al momento i partiti della ipotizzata coalizione si trovano travagliati da pesanti difficoltà interne. Questo nostro rilievo non è gratuito: basterebbe rileggere (è un vero peccato che i resoconti non siano stampati e distribuiti con maggior tempestività), negli atti dell'ultima seduta del Consiglio Regionale, quanto il collega Garabello che non è certo allineato sulle nostre posizioni politiche, che anzi è lontano dalle nostre posizioni politiche, era andato osservando a proposito del disagio, della crisi che travaglia tutti i partiti; è sufficiente ricordare come il Partito repubblicano si sia sfasciato in Piemonte dando vita ad una scissione; come la Democrazia Cristiana parli ormai multiformi e diversi linguaggi, del che poco fa abbiamo avuto una chiara dimostrazione attraverso l'intervento del collega Conti; come il Partito socialdemocratico, ci sia consentito dirlo, abbia offerto di sé e delle sue correnti in questi ultimi giorni uno spettacolo tale che definirlo rappresentativo di lacerazioni interne è quanto meno dir poco. Tutto questo, a nostro avviso, ha impedito il ritorno immediato a coalizioni di Centro-Sinistra.
A fronte di questa constatata indisponibilità, che ti fa il dott.
Calleri? Vien fuori con la sola soluzione che in effetti poteva adottare: propone che tutto venga congelato, sostiene che si deve ritornare alla situazione di tre mesi fa, afferma che occorre rieleggere la stessa Giunta con lo stesso programma, con la stessa formula, addirittura con gli stessi uomini (almeno così era fino all'altro giorno: sembra che soltanto questa notte si sia piegato ad un cambio di guardia fra assessori socialdemocratici).
Al di là dell'assurdità di una simile proposta, che certamente indurrà l'opinione pubblica a domandarsi: ma allora, per quale motivo il 22 dicembre scorso è stata aperta una crisi? Noi pensiamo che il dott.
Calleri, e la Democrazia Cristiana, siano ricorsi alla riesumazione della formula tripartita solo come ad un espediente per guadagnar tempo, per riprendere, non appena la situazione si sarà decantata all'interno dei partiti, il dialogo con la sinistra. Il tripartito, con l'appoggio dei liberali, con innanzi a sé quella ipotesi di fantapolitica cui abbiamo sentito far riferimento questa mattina del pentapartito significa per noi solo questo: un momento di passaggio verso riprese di collaborazione che non possono certo trovare consensi, o approvazioni, o accettazioni da parte nostra.
Della crisi noi abbiamo voluto ricordare il giudizio che avevamo dato su di essa ripetiamo adesso il giudizio conclusivo che pensiamo di dover dare: è stata una brutta crisi, che ha messo in luce le divisioni interne le lacerazioni, gli strappi di una classe dirigente, dei partiti di maggioranza, di tutto un intero sistema: un'occasione di più offerta alla nostra parte per riconfermare la sua ferma ed inequivoca opposizione.



PRESIDENTE

Qualcuno ancora chiede di parlare? Il Consigliere Gandolfi. Ne ha facoltà.



GANDOLFI Aldo

Signor Presidente, signori Colleghi, il Partito repubblicano ha sempre sostenuto, fin dall'inizio, come la soluzione logica e coerente di questa crisi fosse la riconferma della solidarietà tra Democrazia Cristiana Partito socialdemocratico, Partito repubblicano, di fronte a scadenze impellenti e molto importanti della vita regionale, nella necessità di dare un assetto stabile e sicuro alle istituzioni regionali, un assetto che permettesse la ripresa di un dialogo corretto fra tutte le componenti del Consiglio Regionale. Abbiamo quindi accolto con piacere la riproposizione di questa formula di Giunta e la presentazione che ne ha fatto il presidente designato, dott. Calleri, questa mattina, come di una formula aperta al confronto e che richiede un contributo ed un confronto a tutte le forze dell'arco democratico del Consiglio: dal Partito liberale, il cui apporto sarà senz'altro in futuro responsabile e serio come sempre è stato in passato, al Partito socialista italiano, rispetto al quale non vi è certamente volontà di chiusura, di contrapposizione, ma anzi un sincero intento di stabilire un confronto costruttivo.
Ma questo confronto sulla sinistra deve avere - e qui vengo ad un tipo di considerazioni che da molte parti del Consiglio fin qui sono state fatte delle specificazioni ed un terreno di articolazione un po' diverso, mi sembra, da quello sul quale si sono intrattenuti i colleghi Minucci, Nesi e anche Conti, quest'ultimo a nome della corrente di "Forze Nuove" della Democrazia Cristiana.
Comincerò dall'intervento, svolto poco fa, dal collega Conti, per mettere in luce innanzitutto un aspetto che dev'essere determinante in questa situazione intricata e difficile di rapporti fra le forze politiche.
Non posso non sottolineare come patetico il fatto che, dopo che proprio la Federazione socialista di Torino, o meglio le componenti che la reggono hanno inferto un colpo decisivo alla posizione di maggior rappresentatività, di maggior prestigio e rilievo della corrente di "Forze Nuove" in Piemonte, quella del Sindaco della Città di Torino, prima con il ritiro dell'appoggio alla Giunta Pocellana, poi con una trattativa condotta evidentemente all'insegna di una scarsissima disponibilità a ricostruire il Centro-Sinistra, con richieste pregiudiziali molto dure e sulle quali non vi era disponibilità a discutere, denotanti appunto una ridottissima intenzione del Partito socialista italiano di aprire in termini operativi concreti e realistici un discorso di Centro-Sinistra a tutti i livelli, a quello comunale come a quello regionale, i Consiglieri di "Forze Nuove" nel Consiglio Regionale possano accettare come espressione concreta di una possibilità di avvio di una trattativa con il Partito socialista il tipo di dichiarazioni che il collega Nesi ha fatto qui nelle passate sedute di apertura alla Democrazia Cristiana. Questo potrà essere il portato di situazioni particolari piemontesi, di un certo tipo di disposizioni di componenti interne del Partito socialista, di situazioni particolari su cui non è certamente il caso che ci dilunghiamo troppo in questa sede; ma è evidentemente il riflesso di una ancora scarsa maturazione di problematiche e di confronti che è interesse di tutti approfondire ma che deve avere ancora dei momenti significativi, mi sembra, di convergenza nel nostro Paese.
E vengo al tipo di considerazioni che sia il collega Nesi che il collega Minucci hanno fatto, a nome dei loro Gruppi, nell'ambito della discussione che oggi stiamo sviluppando.
A me non sembra molto appropriato riferirsi, come esperienze di sinistra significative, in egual misura all'esperienza di accordo tra il Partito socialista e il Partito comunista nella situazione francese ed a quella tra Brandt ed i liberali nella situazione tedesca. Se scendiamo un po' più a fondo di quel che appare in superficie in fatto di contrapposizione rispetto a schieramenti di destra, dobbiamo rilevare nella situazione della Sinistra francese, e in quella della sinistra tedesca, due atteggiamenti e due modi di concepire la politica di Sinistra totalmente diversi. Da una parte, abbiamo in Brandt l'intelligenza politica di uno statista socialista che, dopo aver condiviso responsabilità di governo con la Democrazia Cristiana per alcuni anni, ha saputo interpretare le esigente di fondo del Paese, cioè di porre fine ad una situazione storica estremamente pesante, con riconoscimento delle situazioni di fatto che si erano determinate per la Germania: ma con assoluta continuità rispetto alla politica precedente su altri punti estremamente importanti per la vita nazionale tedesca: cioè, l'iniziativa europeista della Germania e la necessità per la Germania di porre mano ad una seconda fase della costruzione europeista, la necessità di mantenere intatto il potenziale di crescita della Germania stessa, salvo naturalmente saperlo dirigere in maniera più costruttiva ai fini dell'equilibrio interno della società tedesca. In questa capacità di un uomo di sinistra di interpretare in questo modo, e correttamente, certe esigenze di fondo del Paese, e quindi di proporre un partito di sinistra, com'è il Partito socialdemocratico tedesco, all'opinione pubblica tedesca come il partito in grado di garantire uno sviluppo nella continuità ed una migliore articolazione dello sviluppo nella continuità della politica del proprio Paese di indirizzo, di slancio europeista, di riconferma di ipotesi di politica economica di mercato, sta la intelligenza tattica e politica e direi la grande carica democratica, la capacità di interpretazione delle esigenze nazionali di Brant come uomo di sinistra. L'esempio della sinistra francese mi sembra di tutt'altro tipo. La sinistra, sul piano francese, oggi ha potuto utilizzare, ottenendo un certo successo elettorale, la debolezza del tipo di gestione del potere e della concezione del potere del Partito gollista.
Ma non v'è dubbio che quello della sinistra in Francia è stato un insuccesso, non un successo, perché non ha saputo proporre all'opinione pubblica francese, dando soluzioni di maggioranza a questa proposta di Sinistra, un qualcosa che contenesse in sé tutti quegli elementi di innovazione ma anche di continuità nel senso della politica europeistica e di mantenimento di una linea di sviluppo economico del Paese. La sinistra francese si è fatta piuttosto interprete in questi mesi, per il tipo di campagna elettorale che ha condotto, di un altro tipo di vocazione della Sinistra: quella puramente rivendicativa, che si fa forza di certe situazioni di protesta, magari anche legittime, del Paese, ma senza saperle inquadrare in un programma organico, in una proposta organica di sviluppo del Paese...



MINUCCI Adalberto

Non hai letto, evidentemente, il programma comune. L'unità che esiste in Francia è, anzi, proprio l'accordo sul programma.



GANDOLFI Aldo

Ma è un programma che a nostro avviso è fortemente discutibile, ed è molto simile al tipo di sollecitazioni che...



MINUCCI Adalberto

E' ovvio che tu, essendo d'accordo sul programma di Calleri, non possa essere d'accordo sul programma delle sinistre.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Ma noi non nazionalizziamo niente, non possiamo nazionalizzare....



GANDOLFI Aldo

Le proposte della Sinistra francese sono troppo simili al tipo di sollecitazioni che larghi settori della sinistra italiana....



MINUCCI Adalberto

Se vai d'accordo con i liberali italiani non puoi certo andare d'accordo con le Sinistre!



GANDOLFI Aldo

Le tue obiezioni sono solo nominalistiche. Confrontiamoci invece su questioni concrete. E' fuor di dubbio che in Francia la Sinistra si è fatta portavoce di un tipo di sollecitazione e di istanze esclusivamente settoriali, corporative, rivendicative della società francese, e per questo si è candidata all'insuccesso.



MINUCCI Adalberto

Questo lo dici tu, perché evidentemente non hai letto il programma.
Siete stati sempre voi del Governo di Centro sollecitatori di tutte le spinte corporative del Paese; voi che date i soldi agli alti burocrati.
Cosa ci venite a raccontare? Siete con tutte le corporazioni di questo mondo, e poi fate anche i furbi.



PRESIDENTE

Non facciamo dialoghi. Continui, Consigliere Gandolfi.



GANDOLFI Aldo

Se c'è un problema, nel nostro Paese, al quale bisogna dare una risposta, è il problema del graduale distacco dalla nostra società italiana rispetto alle altre società europee. E' questo il problema di fondo della società italiana, a cui i partiti di sinistra devono riuscire a dare una risposta non strumentale e non tattica. E' su questo terreno, della possibilità di riprendere un meccanismo di accumulazione nel nostro Paese e di indirizzarlo ovviamente e necessariamente a fini di riequilibrio, ma anche di una ripresa di collegamento dello sviluppo del nostro Paese rispetto ai problemi più ampi della Comunità europea e della creazione di fatti sovranazionali europei che la sinistra deve saper dare una risposta.
Ed è ben altra cosa dall'atteggiamento che Brandt sa tenere rispetto a certi tipi di rivendicazione in Germania. Non dimentichiamo che Brandt ha saputo opporsi con estrema decisione ad alcune rivendicazioni di carattere settoriale, senza alcuna paura nei confronti delle spinte che nascevano anche dai settori sindacali. Questa è la differenza che c'è fra la Sinistra tedesca, la Sinistra francese e la Sinistra italiana.



MINUCCI Adalberto

Brandt ha rotto con una politica di destra che voi continuate a fare in Italia.



GANDOLFI Aldo

Ha rotto con una politica estera, il che è cosa ben diversa: non ha rotto con la politica europeistica e non ha rotto con una politica economica.



MINUCCI Adalberto

Perché, era De Gaulle il vostro modello?



GANDOLFI Aldo

No, affatto: eravate voi a sostenere De Gaulle, noi lo attaccavamo.



PRESIDENTE

Manteniamo la discussione nell'alveo regionale, caso mai faremo una seduta apposita in cui lasceremo ampio spazio alle discussioni di politica estera!



MINUCCI Adalberto

Non è ammissibile che il Consigliere Gandolfi venga qui, in Consiglio Regionale, ad impartire lezioni su Brandt, Mitterand e via dicendo.



GANDOLFI Aldo

Permettimi di ricordarti Minucci, che se c'è stato un atteggiamento filo-gollista in Italia per un certo periodo quello è stato il vostro.



RASCHIO Luciano

Ma cerca di essere più modesto!



GANDOLFI Aldo

Non potevo certo esimermi dal rispondere su questo tipo di problemi che voi avete portato in Consiglio regionale.



MINUCCI Adalberto

Ma non per dare lezioni sui fatti, bensì per trarne delle deduzioni.



GANDOLFI Aldo

Non mi si potrà certo negare il diritto di correggere dal mio punto di vista delle interpretazioni non corrette: c'è una eguale libertà per voi e per noi, evidentemente.



BERTI Antonio

L'importante è stare sulla sedia, e lui c'è sempre. Tutto il resto non conta.



PRESIDENTE

Vi pregherei proprio caldamente di permettere all'oratore di portare a termine il suo intervento senza altre interruzioni. Anche perché penso che se tutto procederà in modo tranquillo, potremmo concludere gli adempimenti che ci siamo proposti entro le tredici, senza doverci riconvocare per il pomeriggio, nell'interesse di tutti. Consigliere, la prego di proseguire.



GANDOLFI Aldo

Queste considerazioni, con le quali, ripeto, ho voluto replicare ad argomentazioni che sono state portate dai rappresentanti comunista e socialista, valgono ad indicare, a mio avviso, che sul terreno di un confronto a sinistra di formule, sul terreno di un'apertura di confronti sulla sinistra nel nostro Paese ci sono dei chiarimenti sostanziali, di fondo, che vanno raggiunti, senza dei quali evidentemente le sollecitazioni che possono essere portate, alle quali mi riferivo all'inizio di questo mio intervento, tipo quelle dei Colleghi di "Forze Nuove", rischiano veramente di essere premature e di portare un dialogo già difficile, che ci auguriamo comunque costruttivo, a soluzioni non costruttive, ad arretramenti rispetto agli obiettivi che vogliamo perseguire.
Ribadisco, quindi, in questo spirito, e con questo tipo di interpretazione e di adesione a richieste di apertura di dialogo che noi riteniamo estremamente importanti, che la formula che si ripropone, e alla quale noi diamo la nostra adesione, è una formula che intende appunto essere aperta a questi tipi di contributo e di sollecitazione, ma che vede nella costituzione di questa Giunta tripartita oggi un momento necessario ed importante e significativo di continuità della vita regionale e di ripresa di un dialogo corretto e costruttivo all'interno degli organismi regionali.



PRESIDENTE

Qualcun altro chiede di parlare? Il Consigliere Vera. Ne ha facoltà.



VERA Fernando

Non starò a fare la storia di questa crisi, la più lunga che abbia finora attraversato la Regione Piemonte, ed alla quale, ci auguriamo rimanga questo record di lunghezza perché non credo che la nostra Regione potrebbe affrontare senza conseguenze altri stress di questo tipo.
La posizione del nostro Partito nel corso di questa lunga crisi è ampiamente conosciuta, e per quanto abbiamo detto in altre occasioni in questo Consiglio Regionale e per quanto hanno pubblicato i giornali. Il nostro Partito aveva dimostrato, fin dall'inizio della crisi, una certa indicazione preferenziale verso un dialogo, un confronto con il Partito socialista italiano; dialogo e confronto che - anche questo ho già avuto occasione di dirlo in questo Consiglio - non significava assolutamente n preclusione né discriminazione nei confronti del Partito liberale italiano che noi consideriamo una componente fondamentale ed importante della vita democratica del nostro Paese, così come riteniamo che nell'ambito del pensiero politico e dell'azione politica europea il liberalismo rappresenti un elemento da cui un valido sviluppo democratico non possa prescindere.



MINUCCI Adalberto

Ma scappate proprio tutti in Europa!



VERA Fernando

Basterà citare alcuni esempi per ricordare che cosa abbia rappresentato il liberalismo europeo: da quello di Beveridge, colui che ebbe il merito di avviare nei Paesi civili dell'Europa occidentale quel sistema di previdenza sociale che poi tutti hanno imitato e naturalmente approfondito, a quello del più volte citato dal presidente Calleri leader del Partito liberale della Germania federale, Schell, cui accanto a Brandt va attribuita una parte fondamentale del merito di aver aperto realisticamente un nuovo ciclo di rapporti con l'Europa orientale.
Pur, ripeto, non volendo avanzare né preclusioni né discriminazioni nei confronti del Partito liberale, noi abbiamo ritenuto, ritenevamo e riteniamo che un discorso compiutamente riformatore in Italia non possa prescindere da quell'altro importante partito dell'arco democratico che è il Partito socialista. Lo sforzo del nostro Partito in tal senso è stato frustato in parte da una indisponibilità, più volte affermata, della Democrazia Cristiana e in parte da un silenzio del Partito socialista italiano, silenzio qua e là rotto da sprazzi quali quello del collega Viglione in quest'aula, che però credo parlasse a titolo...



NESI Nerio

Ma i giornali li legge?



VERA Fernando

Sì, li leggo, Nesi, e arriverò a parlare anche di quello che avete scritto nei giornali.



BERTI Antonio

Ma perché non dite la verità? Volevate Benzi in Giunta, la questione era tutta lì.



VERA Fernando

Silenzio rotto, dicevo, dal discorso del consigliere Viglione e poi dall'uscita del consigliere Nesi e della fantomatica Segreteria regionale del Partito socialista italiano, la quale ha avanzato la proposta veramente singolare, di appoggio esterno ad un monocolore democristiano. Io proprio non riesco a capire perché i grandi problemi del Piemonte che il collega Nesi ha citato in quest'aula dovrebbero ottenere una soluzione più avanzata, migliore se il potere fosse affidato, come voleva il collega Nesi, per intero alla Democrazia Cristiana, anziché ad una Giunta cui partecipino i socialisti. Questo il collega Nesi non è riuscito a spiegarlo in quest'aula, e dubito che sia in grado di farlo.



NESI Nerio

Non è certo facile spiegarlo.



MINUCCI Adalberto

Il fatto è che anche con voi in Giunta tutto il potere resta alla Democrazia Cristiana.



VERA Fernando

Evidentemente, il collega Nesi ha una grande fiducia nella Democrazia Cristiana. Fiducia che noi, pur con tutto il rispetto verso un partito del quale riconosciamo le qualità, la forza che ad esso deriva dall'apporto elettorale, non abbiamo in così ampia misura, per cui non riteniamo opportuno porre tutto il potere nelle mani della Democrazia Cristiana.
Per queste ragioni, il rilancio di un dialogo avanzato dal Partito socialista democratico è fallito. Questo non significa, per quanto ci riguarda, né preclusione né rottura né chiusura, come ha già detto il collega Gandolfi, nei confronti del Partito socialista italiano, anche se per la verità, dobbiamo rilevare quanto spesso questi nostri sforzi urtino contro l'ostilità di un Partito che ha spesso difficoltà - capisco, sono difficoltà di carattere psicologico - persino a menzionare i socialisti democratici. Ma noi socialdemocratici saremmo veramente dei politici da quattro soldi, dei politici che non vedono al di là del loro naso, se passassimo noi pure il nostro tempo a centellinare i rancori della scissione e non ci rendessimo conto dell'importanza fondamentale per la democrazia italiana di evitare che il PSI subisca la tentazione di una opposizione che si svolga non nel sistema ma contro il sistema democratico.
Il compagno Saragat, in un recente discorso, ha osservato che elementi fondamentali e non rinunciabili, non prescindibili, di un discorso di democrazia laica sono tutti i partiti che rappresentano in Italia questo tipo di democrazia: il Partito liberale italiano, il Partito repubblicano italiano, il Partito socialista democratico italiano e il Partito socialista italiano. E' un discorso che ha suscitato un certo scandalo come spesso è avvenuto per i discorsi di Giuseppe Saragat, che si lanciano verso una prospettiva lontana nel tempo, non però in senso di fuga compagno Nesi, bensì nel senso di antivedere quelle che saranno delle esigenze della Democrazia italiana forse non oggi ma in un futuro che ci auguriamo abbastanza prossimo: così come il discorso di Saragat su una riforma che attingesse ai motivi di una condizione umana particolarmente disagiata e che portasse ad una modificazione concreta di questa condizione umana, il famoso discorso delle riforme che riguardavano le scuole, la casa, gli ospedali, ironizzato da parte di molta parte della vita politica italiana, si è pure rivelato un discorso talmente urgente e talmente valido che oggi è ripreso da tutti, a cominciare da coloro che allora ci scherzavano sopra.
Ma i compiti che attendono la Regione, che attendono il Consiglio Regionale piemontese sono talmente grandi e talmente vasti che io ritengo veramente che, pur nell'ambito e nella chiarezza delle rispettive posizioni, nell'ambito delle rispettive competenze, il Consiglio Regionale piemontese e la maggioranza che questa mattina eleggerà la Giunta non possa privarsi dell'apporto costruttivo di alcuno: non dell'apporto del Partito socialista italiano e neppure - l'ha detto, mi pare, anche il presidente Calleri - dell'apporto che viene da una opposizione, quella comunista, che piaccia o no a qualcuno, rappresenta, e noi lo riconosciamo, larghissimi settori di classe lavoratrice, i quali, soprattutto in una regione come la nostra, hanno la legittima aspirazione ad inserirsi in una realtà tipica dell'Europa occidentale.
Ripeto, enormi problemi stanno davanti a noi: la grave situazione economica della Regione, la situazione dell'occupazione, l'esigenza di uno sviluppo sociale ed economico della vita e delle popolazioni della nostra Regione e al di là di queste ancora i problemi di attuare, il compito di attuare quella partecipazione che noi abbiamo accolto in una norma statutaria; il problema di dare alla Regione un piano di sviluppo alla cui elaborazione tutte le forze, tutte le componenti sociali, economiche e politiche della nostra Regione partecipino; il problema di realizzare l'attività della Regione attraverso la delega agli Enti Locali; il problema di creare degli enti nuovi che possano meglio rappresentare la volontà di partecipare e di operare di tutte le componenti della Regione, dalle comunità montane ai comprensori ai circondari.
Noi ci accingiamo quanto prima - è una iniziativa di cui si è parlato ieri nella riunione dei Capigruppo - a celebrare, in una con il trentennale della Resistenza, la nascita della Costituzione repubblicana. Non possiamo in un momento simile, dimenticare quanto di attese inappagate, quanto di speranze disattese nate dalla Resistenza, nate dalla Costituzione repubblicana nelle nostre popolazioni, rimanga da soddisfare. Per quel che riguarda noi e la nostra Regione, questo è anche un compito nostro, come lo è sul piano più ampio del Paese, di tutte le forze politiche.
Vorrei infine soffermarmi brevemente sulla vicenda, che ha trovato una larga parte nella esposizione del presidente Calleri, per cui la Giunta Regionale che nasce non si presenta composta in tutto e per tutto dagli stessi uomini della precedente, come voleva, sulla base di ragioni di cui non disconosciamo la bontà, il presidente Calleri, ci associamo a lui avendolo già fatto come Comitato regionale del nostro Partito, nel ringraziamento per le espressioni di stima nei confronti del compagno Cardinali, che per quasi due anni ha retto la vicepresidenza della Giunta di questa Regione, espressione di stima, di considerazione, di ringraziamento, di apprezzamento del suo valore, che è presente in tutte le componenti del nostro Partito, anche nella componente che io rappresento che pure ha motivo di soddisfazione nel vedere finalmente realizzato il desiderio di una sua presenza nella Giunta Regionale del Piemonte, e che si duole che questa sua esigenza non abbia potuto trovare contemperamento con quella di mantenere nella Giunta Regionale piemontese un uomo del valore del compagno Cardinali.
Concludendo, la crisi della Giunta Regionale piemontese è stata una crisi durata a lungo, troppo a lungo. E' ora il momento di rimetterci al lavoro, per dare credibilità alla Regione, agli istituti regionali, il che significa poi anche dare credibilità alla democrazia. Cerchiamo di dimenticare quegli aspetti deteriori che ci sono in ogni vicenda umana e che attengono alla non perfettibilità della natura umana, e di questa vicenda; come di tutta l'attività della Regione Piemonte, riteniamo la buona fede degli uomini, la buona volontà, la decisione di andare avanti per dare alla Regione un volto di progresso, di giustizia sociale, di libertà.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Zanone, ne ha facoltà.



ZANONE Valerio

Signor Presidente, signori Consiglieri, confesso che devo dare ragione ai colleghi del mio gruppo i quali, ieri, mi consigliavano di non entrare in eccessivi dettagli nel dibattito di questa mattina circa il programma della nuova Giunta che si va a costituire. Io per la verità avevo in mente una norma statutaria la quale prevede vi sia, prima di votare il Presidente della Giunta, un documento politico amministrativo, come c'è, vi siano delle dichiarazioni come ci sono state e vi sia un dibattito sulle linee politiche amministrative della Regione. Viceversa fino a questo momento mi pare che abbiamo largamente esaminato la situazione politica non solo europea, ma di entrambi gli emisferi, arrivando anche agli antipodi abbiamo per così dire esaminato le cose di Francia e di Alemagna con grande ampiezza di dettagli riservando una minore attenzione a quello che è il campo operativo di questa nuova maggioranza, di questa nuova coalizione che si sta per formare.



MINUCCI Adalberto

Perché, voi liberali lo ritenete un programma questo?



ZANONE Valerio

E' un documento programmatico sulla base del quale nel corso del dibattito, ciascuna forza politica dovrebbe esprimere quanto meno le grandi linee del proprio programma, salvo il rinvio, per ulteriori specificazioni al dibattito che si farà sul bilancio. Ed io molto brevemente, per non squilibrare il tono generale della discussione, questo vorrei cercare di farlo almeno per alcune indicazioni di massima, anche in vista della particolare posizione che il nostro partito viene ad assumere, non essendo né nella posizione comoda degli oppositori precostituiti, né nella posizione di forza di coloro che direttamente partecipano al governo.
Tuttavia, prima di tutto mi pare obbligatorio esprimere un giudizio sul punto di approdo al quale la crisi della Regione è arrivata nel corso di tre mesi, cioè sulla conferma di una Giunta tripartitica, la quale ha richiesto e concordato l'apporto liberale e che stamattina il Presidente Calleri ha definito una Giunta di centralità con riferimento alla situazione politica operante nel quadro nazionale.
Questa conclusione sgombra il terreno da un vasto materiale dialettico che ciascun partito ha accumulato in queste settimane e che lo aveva portato ad altre ipotesi che poi, nel corso delle trattative, si sono dimostrate di fatto non possibili nel momento attuale, come mi pare poc'anzi il collega Vera abbia riconosciuto. Direi che da questo punto di vista, nell'ambito delle forze che presumo voteranno poi il documento finale e la lista degli assessori, le uniche questioni in sospeso sono state lasciate dall'intervento del collega Conti al quale vorrei dire che in sostanza c'è un momento per domandare e c'è anche un momento per trovare le risposte. Io ricambio al collega Conti ed anche alla tendenza politica che egli rappresenta, l'espressione della massima stima che non è una stima fittizia o retorica, ma autentica, però mi pare che il suo intervento contenesse una serie di ottime domande che purtroppo non erano accompagnate da risposte altrettanto esplicite.
Devo dire che concordo (credo anche a nome dei colleghi del mio gruppo) con la definizione di "centralità" che è stata data nella dichiarazione di stamane del Presidente Calleri; come di una formula non irreversibile, non chiusa, non arroccata in se stessa, ma aperta alla collaborazione con tutte le forze democratiche ed in primo luogo col partito socialista. E mi dispiace che nuovamente il capogruppo del partito socialista sia tornato qui stamane a parlare dei rapporti con i liberali, usando un termine che ricorre ormai regolarmente nelle dichiarazioni dei maggiori esponenti socialisti nei confronti del nostro partito cioè il termine "emblematico".
In sostanza il partito liberale, per quel che può piacere e dispiacere sarebbe considerato oggi dal partito socialista non tanto come una forza politica, con le sue connotazioni e con le sue tendenze, ma piuttosto come un simbolo, un emblema, un'allegoria, qualche cosa di figurato. Mi chiedo a che cosa serva ragionare per emblemi, cioè stabilire che con i liberali non si può collaborare perché sono gli "emblemi" della conservazione. Vorrei chiedere al collega Nesi: se fosse maturata l'ipotesi che egli ha avanzata nell'ultima riunione del Consiglio Regionale di un monocolore rappresentativo di tutte le componenti democristiane, al quale il partito socialista sarebbe stato disposto a dare il proprio voto, anche all'interno della D.C. quale essa è in Piemonte come in Italia, il Consigliere Nesi non avrebbe potuto trovare qualche emblema di conservazione? Eppure c'era l'impegno di collaborare ad una soluzione di questo genere. Quindi l'atteggiamento che possiamo venire ad assumere nei confronti del partito socialista non è quello che mi pare emergesse dall'intervento del capogruppo socialista stamane, cioè di una sorta di aspettativa trepidante o di attesa illusoria, è un atteggiamento serio di disponibilità a collaborare, come poi avviene. Non parliamo della Germania, dei paesi nordici, non parliamo di situazioni tanto lontane, ma anche fra noi, ad esempio nelle Commissioni, (le quali sono molto meno importanti della minicoalizione tedesca ma sono una sede in cui ci misuriamo quasi ogni giorno) si creano situazioni di differenza, ma anche situazioni di collaborazione su temi significativi, politicamente qualificanti.
Mi pare che il significato che si deve dare alla definizione della "centralità" sia quello di una formula in cui coesistono forze molto diverse le quali possono ritrovarsi su punti comuni, nel rispetto delle differenze reciproche. Credo che il problema del rispetto delle collocazioni sia molto più autentico di quello degli emblemi che i vari partiti possono rappresentare.
La prima occasione di collaborazione, anche critica e di verifica di questa confermata maggioranza sarà, come si è detto, in dibattito sul bilancio del 1973 in cui presumo si arriverà a definire concretamente le proposte delle diverse forze politiche in merito ai principali settori di intervento della Regione.
Vorrei spendere una parola circa la connessione che si deve instaurare fra bilancio e programmazione, se non vogliamo che tutto il discorso della programmazione regionale cada sostanzialmente nel vuoto; se si vuole avviare una programmazione, come mi pare siamo tutti d'accordo di fare (poi ci saranno diversità circa i fini, gli obiettivi che la programmazione deve conseguire ma l'opportunità di un'azione politica programmata è condivisa da tutti), se deve essere un fatto concreto bisogna incominciare a programmare il calendario; perché se noi proseguissimo a tempo indeterminato con procedure di consultazione che sono indubbiamente di grande utilità, ma non fossimo in grado di pervenire entro pochi mesi a definire gli indirizzi generali del piano regionale di sviluppo, non dico tutto il piano, ma almeno gli indirizzi generali, non sarebbe possibile non solo nel bilancio '73 che ormai è com'è, ma neppure in quello preventivo del 1974, che dovrà essere presentato alla fine dell'estate, tenere conto di indirizzi effettivamente programmatori, in assenza di questo si arriverebbe nel '75 (che è il bilancio di un anno elettorale, è la scadenza della prima legislatura della Regione) senza che, dopo aver tanto parlato e discusso di programmazione, si fosse fatto nulla per agganciare veramente l'impostazione del bilancio della Regione e quindi della politica regionale ad un'azione di piano.
Un altro punto che mi pare non si possa sottacere, sia pure brevemente è quello degli strumenti, dei dati che servono per la attività di programmazione. Io ho avuto visione dal mio collega e capogruppo Fassino di determinati progetti di notevole ampiezza che sono in corso da parte dell'IRES; se non si definisce il modo di organizzare questo istituto, e se non si arriva alla nomina degli organi, in maniera che si possa correttamente funzionare, mi pare che andiamo nuovamente incontro ad un rischio di grave ritardo.
Vi è poi tutta la questione dell'attuazione statutaria in cui dovremmo riconoscere oggi una chiara priorità alla delega verso gli Enti Locali se è vero, come è vero, che anche qui siamo sempre tutti d'accordo nell'agganciare la politica di programmazione all'istanza del decentramento della partecipazione delle comunità locali.
Ho già avuto modo di esprimere, in sede di commissione, parere contrarlo alla particolare impostazione che a questo grande problema ha dato per esempio il gruppo comunista, riproducendo in Piemonte, con scarsa aderenza a quello che è lo spirito del nostro Statuto, un tipo di disciplina della delega dedotto chiaramente da un modello statutario tutto diverso, dal modello toscano (che fra l'altro è già stato oggetto di opposizione da parte del Governo). Però, se si scarta questo modo di procedere, cioè se non si ritiene che la Regione abbia bisogno di una legge sui principi della delega, bisogna andare con molta sollecitudine alla definizione delle deleghe per le materie, ossia a leggi regionali che stabiliscano che cosa possiamo e vogliamo delegare nei confronti degli Enti Locali. Mi pare che questo sia un impegno fondamentale che la nuova Giunta e la maggioranza che la sostiene si devono assumere.
Per quanto riguarda i grandi settori di intervento io posso farne grazia al Consiglio e rinviare la discussione al bilancio su cui avremo modo, più opportunamente, di presentare alcune proposte circa l'istruzione la cultura (settore in cui la nostra Regione mi sembra abbia operato poco) l'assistenza, la tutela dell'ambiente, e così via.
Vorrei solo spendere una parola su quello che a me pare il punto più importante, cioè quello dell'assetto del territorio. Se non vado errato nel documento che approvammo nel giugno o luglio 1971, quello della Giunta precedente, vi era l'impegno di apprestare entro un certo termine il contributo della Regione al così detto progetto pilota dell'area metropolitana torinese previsto dai documenti della programmazione nazionale e che non so bene quale fine abbia fatto.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

E' al Ministero del Bilancio che prepara una convenzione tra il Ministero e la Regione.



ZANONE Valerio

Ringrazio. Successivamente è intervenuto il problema del piano territoriale di coordinamento. Anche qui si tratta di uno strumento che per diventare operante richiederà qualche anno per avere qualche effetto concreto; nell'attesa che tutto questo si concretizzi. La Regione di fatto si trova a non poter operare in maniera effettiva su tutte le principali scelte che deve assumere: gli insediamenti industriali, anch'essi previsti nel documento del '71, la grande distribuzione; un certo decentramento delle attività direzionali a cominciare dai dipartimenti universitari; la razionalizzazione dei trasporti per i pendolari; il risanamento del centro storico di Torino di cui in città tutti parlano senza sapere bene ciò che possiamo e vogliamo fare. In assenza di interventi assistiamo ad un tipo di espansione che comporta non solo enti di congestione urbanistica e di disservizio delle infrastrutture sociali, ma anche di vera e crescente tensione sociale nella cintura e nell'area metropolitana e quindi in tutta la Regione. Si aggiunga che entro pochi mesi entreremo probabilmente in una fase di quasi totale caos urbanistico, non per colpa della Regione Piemonte, ma per la prospettiva che non sembra del tutto improbabile di una pronuncia di incostituzionalità per quanto riguarda la legge 865 sulla casa, per la scadenza dei piani decennali della 167, per la scadenza credo quasi contemporanea dei provvedimenti quinquennali della così detta legge Natali di proroga alla legge urbanistica del '42, quindi ci sarà tutta una serie di vecchie impalcature che crolleranno e non si sa ancora quale struttura sostitutiva si potrà erigere.
A noi pare che in una situazione di tale incertezza, l'esigenza che la Regione si doti quanto meno, di una propria legge sulle procedure amministrative in materia urbanistica è una esigenza non dilazionabile atteso anche il fatto che non deve trattarsi né di una stranezza, né di una dissennatezza, visto che quasi tutte le Regioni, anzi, direi tutte le Regioni del centro del nord, con poche eccezionali che riguardano la Basilicata, la Calabria ed il Molise, hanno già provveduto in proposito.
Ma non voglio entrare in altri dettagli. Mi ponevo anch'io l'interrogativo che angustia il collega Conti e cioè come possa il Consiglio "recuperare l'entusiasmo". L'entusiasmo, come il collega Conti mi insegna, è un termine che deriva dalla mistica e quindi come il Consiglio Regionale possa recuperare l'entusiasmo è un problema che trascende certo la pur benemerita formula di maggioranza che si può votare questa mattina.
Tutt'al più si può cercare come il Consiglio possa esercitare con vigore e con prontezza di iniziativa le proprie funzioni legislative, amministrative e politiche. In aderenza, se vogliamo fare un atto di ossequio, alla visione del padre del regionalismo democristiano, il quale nel '21 al secondo o terzo Congresso del partito popolare in cui Sturzo presentò una relazione sulla definizione dell'Ente Regione, aveva già allora posto in evidenza il pericolo che la Regione anziché essere un ente di partecipazione popolare, come egli la voleva, diventasse "un ente con poteri statali delegati che avesse per capo un governatore". Evidentemente non è questa la prospettiva, credo che dovremmo essere tutti d'accordo perché lo scardinamento che la regionalizzazione ha prodotto e produce nel vecchio ordinamento burocratico dello stato, non avrebbe senso alcuno se non dovesse poi coincidere con una ricostruzione anche nei processi amministrativi che cercasse davvero di attuare la partecipazione democratica.
Questo si può fare, io credo, anche con questa Giunta. Non penso che la sua composizione politica ci esponga al pericolo, sollevato dal collega Conti, di andare costantemente ad un rapporto di scontro e di conflitto fra le componenti interne. Non voglio qui fare l'elogio o assumere la difesa di questo tripartito con l'appoggio dei liberali, non voglio farlo perché mi pare che questa soluzione della crisi abbia dalla sua una ragione che pu essere semplice ma è anche invincibile, cioè di essere l'unica soluzione che al momento si sia rivelata concretamente possibile.



BERTI Antonio

Ma tu hai avuto la risposta dalla D.C. e da Calleri agli interrogativi che poni nel momento in cui stai dando il voto positivo?



ZANONE Valerio

Ma io non ho ancora dato il voto, non credo che il dibattito sia finito in questo momento. Ci sarà una replica del Presidente, ci saranno delle dichiarazioni di voto.



MINUCCI Adalberto

Non avete un governatorato, ma avete una contea!



ZANONE Valerio

No, per carità... Sturzo non faceva polemiche personali riferite a persone che a quei tempi non avevano certamente colpa alcuna, ma poneva delle ipotesi sul tipo di organizzazione dell'Ente regione, ipotesi che pongo anch'io.
Il collega Minucci ha parlato qui come rappresentante dell'opposizione più forte e quindi anche politicamente più ragguardevole dal punto di vista del peso e del sostegno popolare che rappresenta; nel suo discorso ha spaziato dal Cile alla Nuova Zelanda sottolineando situazioni estremamente ampie sulle quali occorrerebbe vedere perché i liberali tedeschi e i socialisti tedeschi sono diversi da quelli italiani (e perché voi non siete così forti là come siete qui? Probabilmente è una piccola variabile che deve essere inserita nell'ordinanza per arrivare a tirare i conti); per quando ha parlato di questa crisi, anche il collega Minucci, di cui conosciamo la sperimentata abilità politica, cosa ha detto in fondo? Ha solo saputo rivolgere dei suggerimenti e dei consigli alla D.C., che resterà arbitra di farne l'uso che meglio crederà.
In realtà, anche in attesa di scadenze nazionali di cui sarebbe inutile trascurare l'incidenza che avranno sulle politiche locali, noi ci troviamo in una situazione che non ha molte vie d'uscita, fra un centro sinistra di cui si parla o si è parlato in questi mesi, tutti i giorni, ma solo sempre per farne l'elogio funebre, e nuove formule di cui pare ci sia un accenno anche nell'intervento di Gandolfi, che non sono abbastanza mature per essere sperimentabili al momento. In questo quadro l'apporto costruttivo al tipo di Giunta che si è costituito sin dal 1971 ci sembra l'unica possibilità che abbiamo di non condannare la crisi, bella o brutta che sia stata, ad un esito che getti la Regione nel caos o l'immobilizzi nella paralisi e che nello stesso tempo ci consenta quell'autonomia di proposte programmatiche che possono qualificare il nostro appoggio esterno.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Bianchi, ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, il Presidente designato Calleri ha già illustrato le motivazioni della linea politica in cui si colloca la Giunta che è stata presentata all'attenzione del Consiglio. Io mi limiterò a precisare come questa crisi, nel momento stesso in cui si chiude, rimette in moto le condizioni per l'azione, il confronto, il dibattito politico nelle sedi sue proprie, atte a verificare nel concreto e di fronte all'attenzione dell'opinione pubblica regionale che si è fatta più acuta, più attenta e più preoccupata in questi mesi, le reali disponibilità e le effettive collocazioni delle forze politiche.
Questa crisi, per la sua natura, non poteva consentire che questa verifica si compisse in modo corretto e produttivo, anzi, minacciava di favorire sviluppi che possiamo eufemisticamente definire come non atti a far prevalere le più autentiche motivazioni ed indicazioni di natura squisitamente politica. L'appuntamento è dunque, come hanno riconosciuto il collega Minucci in modo esplicito e il collega Nesi in modo implicito, al bilancio e alle materie che la discussione sul bilancio consente di affrontare.
Quanto ai rapporti tra le forze politiche io riterrei che in un contesto quale è quello italiano, con i rischi e le tentazioni, che ogni giorno percorrono la nostra vita politica, non sembra producente e non è quindi politicamente accettabile dalla D.C. una forma di esclusione aprioristica e manichea (con i margini che ha la democrazia nei nostri paesi) nei confronti del PLI, quasi che la qualificazione di altre formule politiche, anziché essere ricercata in contenuti concreti e nel modo di approccio ai problemi, dovesse derivare prevalentemente dal tipo di rapporto da costituire in negativo col PLI.
Così come non è accettabile un tipo di rapporto col PSI, dopo tutto quello che è avvenuto, tenuto conto dello spazio che il PSI occupa e dell'interesse che la realtà sociale rappresentata dal PSI ha per la DC che sia costituito in modo da vedere prima i collegamenti a livello delle responsabilità di potere o di amministrazione e poi la linea e il programma politico. Troppo importante è, per la sorte della democrazia, per la sorte degli schieramenti politici e delle soluzioni che verranno nei prossimi anni, questo discorso e questo dialogo col PSI; per rischiare di pregiudicare ogni possibilità futura partendo da simili premesse.
Noi non possiamo dimenticare come il PSI sia ispirato da alcune indicazioni ideologiche che non gli contestiamo, sappiamo qual è la sua collocazione, sappiamo cosa significa definirsi, essere o volere essere partito di frontiera, ma abbiamo sperimentato cosa ha comportato il giudizio che il PSI ha introdotto sui rapporti col PCI (vedremo come li concepiamo noi i rapporti con il PCI) che concretamente faceva il PCI arbitro ascoltato nelle dispute, nei dissensi, delle debolezze interne della maggioranza. Questa è stata la causa prima dei fallimenti, delle insufficienze, delle difficoltà del centro sinistra.
Ha ragione Minucci: una delle questioni di fondo del nostro Paese è il PCI, il quale è un problema per se stesso, innanzi tutto, per la sua struttura, per la sua metodologia, per la sua prassi. Ogni democratico attento non può che essere osservatore sensibile della realtà rappresentata dal PCI e dei suoi sviluppi.
Il rapporto che noi intendiamo costituire e sviluppare col PCI non pu che favorire e deve favorire tutta quella enunciata, a volte anche realizzata, ma qualche volta, appena adombrata situazione di sviluppo, di riesame critico interno al PCI. Allora noi accettiamo non le interferenze attraverso rappresentanze indirette, magari neanche richieste dal PCI all'interno di una maggioranza di centro sinistra, bensì accettiamo un confronto col PCI come è avvenuto alcune volte, e produttivamente, a livello di lavoro legislativo, a livello di lavoro di commissioni, di fronte ai problemi concreti del Paese. Perché noi non disconosciamo la realtà sociale vasta e importante che il PCI in qualche modo rappresenta in Italia. Ma affinché gli sviluppi siano positivi per la democrazia italiana per quelle forze sociali che il PCI rappresenta, occorre che questo rapporto sia chiaro e corretto, occorre che un incontro, che una solidarietà nuovamente ricostruita tra le forze democratiche passi attraverso una linea diversa da quella ipotizzata in passato. Il PCI non ha bisogno di rappresentanze e altre forze politiche non hanno bisogno di tramiti e di ponti in questo senso, all'interno di una maggioranza occorrono delle solidarietà a tutta prova e occorre un discorso unico e univoco verso questa grande forza che è il PCI, altrimenti si determina una situazione (come è già avvenuto in altri paesi) di radicalizzazione. E' stata questa l'azione che ancora una volta ha compiuto la D.C. in questa ultima fase: fermare il Paese sull'orlo di un confronto radicalizzato o progressivamente volto a portare verso la spaccatura. Tutti hanno parlato di cose che riguardano paesi vicini o lontani dal nostro. E' sempre stato detto che la Francia, in qualche modo, ha influenzato l'Italia e l'Italia in qualche modo ha seguito le realtà francesi e mi sembra che se un'indicazione costruttiva è venuta dalle recenti elezioni francesi, è che una nuova linea di sviluppo democratico, di sviluppo sociale e civile della Francia potrà essere trovata dallo smantellamento dei blocchi contrapposti che si sono costituiti in quel paese. E già ce ne sono i segni nelle indicazioni che il PS trova nella sua ricostituita forza, nelle indicazioni che vengono dall'emergere dei gruppi, chiamiamoli riformatori e centristi e nella ricerca di un'identità che più non si trova nella grande coalizione sostanzialmente conservatrice, tecnocratica, illuminata che era quella gollista. Quindi anche le indicazioni della Francia sono verso soluzioni che sarebbero a portata di mano nel nostro Paese se avessimo il realismo la capacità di abbandonare i nominalismi, la capacità di superare vecchie dispute e vecchie beghe che ci hanno un poco umiliati.
La D.C. sa che vi è un problema che la riguarda, quello della sua compattezza, della sua capacità di sintesi all'interno e di univocità di espressione; essa che ha coscienza della propria forza, non ha difficoltà a riconoscere queste debolezze, non ha difficoltà a sentire le critiche che si muovono anche nel paese in ordine alla sua lentezza nel trovare i momenti di coagulo, la guida sicura, la sintesi che faccia riprendere l'iniziativa nel paese. E' stato preservato all'Italia il rischio della radicalizzazione, c'è stato un momento di ripensamento profondo sugli sviluppi della nostra realtà. Noi sentiamo che si stanno preparando, a ritmi sempre più rapidi, i tempi di una ripresa di iniziativa che ridia al nostro paese un giusto equilibrio democratico.
E vorrei, per concludere, fare una piccola meditazione insieme al caro collega Conti. Quante volte il nostro idealismo, cui non dovremmo mai rinunciare, è stato chiamato a delle verifiche sconcertanti in questo nostro tempo! Abbiamo visto i socialisti di Guj Mollet e compagni impegnati nella fase più aspra, più dura, più impopolare della guerra di Algeria abbiamo dovuto vedere De Gaulle capace di licenziare gli oltranzisti e i "piedi neri"; abbiamo visto il grande idealista, la guida morale dell'occidente, colui che aveva gettato un ponte di intese con la Russia Kennedy, invischiato nella fase più antipatica, negli errori peggiori della guerra del Vietnam; abbiamo dovuto vedere il freddo realista Nixon, l'uomo che sul piano dei rapporti e della simpatia umana certo non esercita alcuna attrazione su chi parla, capace di risolvere i problemi del conflitto vietnamita.
Ecco, conserviamo fermo il nostro impegno ideale, ma apriamoci ad un realismo che faccia sì che le nostre decisioni poi incidano in modo efficace nella realtà e non prendiamo il popolismo plebeo di Campora e di Peron per un'avanzata verso sinistra, sempre per quella via, si va nelle forme peggiori verso destra.
La democrazia è un concetto popolare ma anche aristocratico, non populista: in questo riconosco ad esempio che vi è un modo di affrontare i problemi del PCI cileno che esercita nella United Popular la funzione più seria, più realistica; i discorsi del suo leader sono i più concreti della sinistra cilena. Allontaniamo innanzitutto da noi questi fantasmi di un populismo generico che ci porterebbe sicuramente verso il disordine, verso le mancate soluzioni e quindi verso soluzioni autenticamente reazionarie.
Conservando tutte le virtualità e tutte le possibilità del confronto, del dialogo, del rapporto democratico credo che non creeremo fratture e certo noi non intendiamo creare fratture irrimediabili col PSI; intendiamo con quel partito condurre un discorso che non possa muovere dal presupposto dell'esclusione di altre forze democratiche, e che avrà le sue verifiche concrete a partire dal dibattito in cui saremo impegnati fra alcuni giorni.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Berti, ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Nel momento in cui si chiude questo dibattito e si elegge la Giunta rimangono alcune questioni aperte alle forze politiche piemontesi, che noi abbiamo già esposte durante il lungo dibattito di questi mesi, ma che vogliamo qui riprendere anche perché sollecitati da alcuni interventi.
La prima constatazione che consegniamo alla stampa, all'opinione pubblica, e che conferma i giudizi da noi dati precedentemente è questa: si è aperta una crisi tre mesi or sono circa per dei motivi, come abbiamo più volte dichiarato, che niente avevano a che fare con i problemi del Piemonte; abbiamo avuto tre mesi di dibattiti ed ora la crisi si chiude con lo spostamento di un personaggio nella Giunta: invece di Cardinali, Benzi.
Naturalmente il dr. Calleri si sacrifica ancora una volta per il bene della Regione e fa il Presidente della Giunta; quindi si sono avuti tre mesi di immobilismo politico, abbiamo il Comune fermo per effetto della crisi aperta alla Regione (le cui possibilità di soluzione sono del tutto ipotetiche); abbiamo presentato all'opinione pubblica, ai lavoratori, a tutti coloro che credono ancora nella Regione (e sono sempre meno) un quadro, mi correggo, avete dato un quadro che classificare di degenerazione politica è ancora troppo poco; per che cosa? Questa è la riflessione che occorre fare al di là di tutti i discorsi che questa mattina si fanno. Per che cosa? Perché una corrente del PSDI vuole cambiare un personaggio oppure perché Calleri ha protestato contro la sentenza della magistratura.
Ma come, voi la trovate una ragione seria che giustifichi tre mesi di immobilismo della Regione Piemonte? Io credo che possiamo trarre, anche con l'ultimo atto di questi giorni la conclusione che niente sarebbe cambiato: lo stesso programma, gli stessi uomini, la stessa Giunta, salvo i compromessi faticosamente raggiunti all'ultimo minuto con il PLI che chiede di far parte di una maggioranza organica e ottiene all'ultimo minuto un incontro quadripartito dove la D.C.
è rappresentata da Calleri, non dal Segretario regionale e dove evidentemente....



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Errore!



ARMELLA Angelo

Male informazione.



BERTI Antonio

Ogni reazione è la conferma che ciò che diciamo è sempre giusto.



FASSINO Giuseppe

Vorrai dire che è sempre sbagliato.



BERTI Antonio

L'ha detto il vostro segretario regionale. La realtà è dimostrata dal fatto che un rappresentante liberale è stato costretto in questa sede a porre una serie di interrogativi ai quali risposta non aveva avuto. Questo dimostra quindi che la dichiarata disponibilità dei liberali a partecipare ad una maggioranza organica non per avere dei posti, ma per contare nella definizione di un programma, non è ancora stata presa in considerazione tant'è che il rappresentante liberale stamattina ha posto problemi di contenuto e quindi si dimostra che nemmeno la richiesta del P.L.I. di partecipare in funzione meno emarginata di quella precedente alla formazione che stamattina viene presentata ha avuto risposta.
Quindi la prima constatazione è la conferma di un giudizio negativo sulla D.C., sulle forme che compongono la maggioranza, sugli uomini che dirigono, per la pausa troppo lunga che hanno imposto (ed è la quarta) alla Regione Piemonte in poco più di due anni di attività.
Rimangono aperte alcune altre questioni che non sempre le forze politiche presenti in questo Consiglio hanno voluto e saputo riprendere, ma che l'opinione pubblica ha accolto e che sono entrate a far parte di obiettivi di forze politiche, di correnti politiche.
Noi invece abbiano denunciato sin dall'inizio le vere ragioni della crisi apertasi con il gesto del Presidente della Giunta Calleri, abbiamo cioè denunciato la presenza di quello che ormai sono in molti a chiamare superpartito, che fa del cumulo delle cariche un modo di gestire il potere in Piemonte. Abbiamo indicato alle forze politiche l'esigenza di superare l'incompatibilità del cumulo delle cariche del cosiddetto superpartito come condizione essenziale per rimuovere gli ostacoli che si frappongono per tradurre in pratica quello che ancora stamattina abbiamo sentito dalla voce di alcuni esponenti delle forze che si apprestano a votare questa Giunta; da Vera socialdemocratico, dallo stesso Bianchi. Nel momento in cui vi risolvete, al prezzo di chissà quali compromessi (data la resistenza precedente non si tratta certo della defenestrazione di Cardinali, a meno che non si dia un giudizio politico su come egli ha gestito la politica urbanistica della Regione Piemonte) a chiudere la crisi, rimangono aperte le questioni vere che degenerano la vita politica del nostro Paese, in particolare del Piemonte.
Nell'esporre un programma stamattina, al di là di generiche affermazioni non avete detto una sola parola sulla tensione in atto che vede i lavoratori da una parte mobilitati per ottenere il contratto e dall'altra le forze non soltanto private, ma pubbliche chiuse a recepire queste esigenze. Ma qual è la vostra posizione? Che cosa avete da dire su queste questioni? Niente. Rimangono aperti grossi problemi politici e grosse questioni di morale nella vita politica piemontese e voi avete dato un esempio assoluto negativo in questo periodo.
Noi abbiamo detto nell'altra seduta le ragioni che - al di là delle valutazioni sulla persona, ma che prendono in esame l'atteggiamento, la concezione politica - ci hanno fatto dire no a Calleri: i motivi per cui si è dimesso non sono stati affatto chiariti. Il comunicato conclusivo della D.C. chiede (ipocritamente, lo conferma) a Calleri (che certamente si sarà fatto pregare) di "riassumere la guida sicura della Giunta Regionale e della Regione Piemonte". Ma quale guida sicura? Per le quattro crisi che ci sono state? Per i motivi pretestuosi che hanno mosso queste crisi? Per la situazione di instabilità politica e di lunghi periodi di inefficienza che ha prodotto nella Regione Piemonte? Questa è la guida sicura? Noi abbiamo detto che la persona che voi proponete a presiedere la Giunta (al di là delle sue personali capacità che non sono in discussione) per il modo come intende lo sviluppo della vita politica piemontese quale esponente più qualificato di quel superpartito, per le tesi politiche che ha chiaramente esposto che propongono una commistione fra potere politico e potere economico, non è possibile confermarla, a meno che non sia chiaro non soltanto nelle espressioni, ma nelle iniziative, la volontà di andare contro il cumulo delle cariche per evitare le incompatibilità, per andare verso una Regione veramente fondata sulla partecipazione. Ma questo si fa attraverso atti concreti, sino a quando ciò non avviene, sino a quando continua il metodo della contrattazione, del compromesso, della ricerca di accordi, (lo ripeto, a prezzo di chissà quali compromessi) non c'è possibilità per la Regione Piemonte di risolvere quei problemi che con tanto calore ancora poco fa Bianchi veniva a ricordarci.
Ci si dà appuntamento per il bilancio. Nella prossima discussione saranno proposte nuove soluzioni? Signori, il bilancio l'abbiamo da un mese, è già oggetto di larghe consultazioni per iniziativa della Commissione e già subisce tutta una serie di considerazioni negative perch continua la ordinarissima amministrazione del bilancio precedente, per vostra stessa ammissione. Ma quali innovazioni verranno nella prossima discussione che non siano quelle che emergono dal bilancio che ci avete dato? Oppure dobbiamo cogliere la dichiarazione del capogruppo D.C. come la volontà (a seguito delle consultazioni in atto, dei suggerimenti, delle critiche, dei consigli emersi e dalle forze del Consiglio e dalle forze esterne) di modificare radicalmente la struttura di quel bilancio e farne uno strumento di innovazione dell'intervento della Regione? E' una domanda.



BIANCHI Adriano

Non è una proposta chiusa.



BERTI Antonio

La realtà è che abbiamo un bilancio molto netto.
Che cosa vuol dire l'atteggiamento di disponibilità al confronto? Vuol dire modificare certe leggi che sono state presentate, che sono oggi all'attenzione delle Commissioni, relative ai vari enti di sviluppo, in cui è prevaricante ancora la funzione dell'esecutivo rispetto al Consiglio? E' questo che vuol dire? Sono questi gli appuntamenti ai quali vi attendiamo, sono queste le risposte che avreste dovuto dare alle domande del Consigliere Conti. Ma su questo nessuno risponde, così come non si risponde alle domande su cui si incentra la discussione in Consiglio Regionale da due anni; ma voi credete davvero che il riconfermare, e così chiaramente, la stessa formula, lo stesso programma, gli stessi uomini, voglia dire andare verso la direzione richiesta? Nel momento in cui ci si accinge a dare un voto, che forse in ultima analisi è quello che conta. Potete voi accontentarvi delle formulazioni estremamente generiche che sono state date? Con l'aggiunta, mi si consenta, veramente semplicistica, sul piano della situazione economica sociale, fatta questa mattina dal presidente della Giunta, di una tempestiva puntualizzazione al settore terziario che gli sta molto a cuore (non vorrei che venisse dopo le dichiarazioni di ieri del direttore della Rinascente la quale tende a sviluppare al massimo la grande distribuzione privata) con chiari accenni al territorio delle Vallere, di cui già si è discusso. La risposta del mio compagno Minucci credo che, anche se schematica, sia stata abbastanza chiara è una risposta che non è provinciale, che tiene conto di ciò che avviene nel mondo data dal nostro gruppo anche in questo dibattito.
Ed è per questo che noi diciamo che al di là di tutte le espressioni di buona volontà, rimane una formula incapace di risolvere i problemi, per i motivi che sono stati esposti, rimangono le questioni esterne al Consiglio Regionale e che investono i partiti ed in particolare la D.C. E non solo non si risolve il problema della vita dei partiti ma affermiamo che su questa strada non si risolve neanche il problema della Regione, nel momento in cui l'attacco alle Regioni è così sfacciato che un Ministro in carica il Ministro Scalfaro, può andare tranquillamente alla Camera di Commercio col beneplacito di quel convintissimo regionalista qui presente che è il Consigliere Dotti per chiederle mentre il Consiglio Regionale ha una sua Commissione che lavora con i documenti, con il Rettore e si prepara ad esporre una linea la più unitaria possibile in materia di Università - di costituire una sua Commissione e proporre delle soluzioni ignorando completamente la Regione e affidando compiti di questo tipo alla Camera di Commercio.
Occorre ben altro, occorre un'altra disponibilità, un altro metodo un'altra volontà politica che questa Giunta non può assolutamente esprimere. Ecco perché il nostro gruppo, riconfermando tutti i giudizi precedenti e avvertendo tutta la pericolosità della situazione contemporaneamente afferma la sua presenza continua (come del resto ha ampiamente dimostrato in questi tre mesi di crisi col lavoro fatto con le Commissioni) per un confronto aperto sui vari problemi al fine di evitare che questi pericoli diventino una realtà e per consentire alla Regione di andare avanti così come è nelle aspettative dei democratici, per trasformare il nostro Paese.



PRESIDENTE

Vorrei chiedere se il Presidente designato desidera replicare ancora questa mattina e poi, per l'economia dei nostri lavori, se ci sono delle dichiarazioni di voto e in quanto tempo si intende contenerle, in maniera da renderci conto se per le 14 possiamo chiudere: altrimenti rinvierei al pomeriggio perché poi vi sono degli adempimenti formali, lettura di interrogazioni, convocazione del Consiglio per la prossima seduta.
Le dichiarazioni di voto in quanto sono contenute?



GARABELLO Enzo

Cinque minuti.



PRESIDENTE

Coloro che intervengono stanno nei cinque minuti? Sono praticamente otto: cinque per otto 40.



CURCI Domenico

Per quanto ci riguarda la nostra dichiarazione di voto è contenuta nell'intervento del Consigliere Carazzoni.



NESI Nerio

Io propongo di andare avanti per finire in mattinata, impegnandoci a fare tutti delle dichiarazioni di voto molto brevi perché credo che quello che dovevamo dire lo abbiamo già detto.



PRESIDENTE

Siamo d'accordo su dichiarazioni di voto molto brevi? Benissimo. La parola al Presidente designato.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Da alcune delle dichiarazioni che sono state fatte qui dai colleghi, in particolare dal Consigliere Berti, mi sia consentito di cogliere un tema rispetto al quale è già stata assunta dal sottoscritto in modo molto chiaro ed esplicito - secondo un costume che forse può sembrare arroganza, ma che vuole soltanto essere di verità - una posizione contro coloro che, non sempre bene informati e spesse volte utilizzando come armi le polemiche fanno processo alle intenzioni e ciò che nel mondo moderno caratterizza lo sviluppo dell'economia (come la così detta terziarizzazione) riescono a ridurlo al problema delle Vallere.
Caro Consigliere Berti, devo dirle che sul problema delle Vallere siamo rimasti alle dichiarazioni che ebbi a fare qua ed io prego veramente, se si vuole fare un dialogo serio, di dare un minimo di credibilità a ciò che la gente dice. Vorrei anche informarla che quando si parla di terziarizzazione non si parla necessariamente di grande distribuzione, ma anche di tante altre cose che fanno parte della terziarizzazione che vanno dai trasporti ai grandi consumi pubblici, alla casa, alla sanità, a tutto quel complesso di economia dei servizi che con buona pace vostra è la fase (l'ho detto nella mia dichiarazione e lo ribadisco qua) verso la quale sta decollando con fatica, se si vuole, l'economia del Piemonte.
Io mi sono riferito, collega Minucci, all'economia del Piemonte in un quadro di carattere generale che, non v'ha dubbio alcuno, sta caratterizzando la crescita e lo sviluppo dell'economia nazionale, con tutte le ristrutturazioni che creano senza dubbio dei tragici problemi, con tutte le difficoltà di fronte alle quali si riscontra nel nostro Paese come d'altronde in altri paesi più avanzati, la fase di passaggio dallo sviluppo industriale allo sviluppo del settore terziario.
Questi sono dati reali presenti nelle economie avanzate di tutti i paesi. Come si fa a dire che siamo dei disinformati, che diciamo delle banalità o che ci rinchiudiamo in visioni provinciali? In tutto il mondo si sta parlando delle conseguenze, vi sono degli economisti di grande vaglio che scrivono dei libri sulla modificazione verso la quale si vuole indirizzare il miglioramento della qualità della vita. Allora, caro collega Berti, quando apriamo queste polemiche, penso che dobbiamo veramente liberarci da questo processo alle intenzioni. Si chiede al sottoscritto per quali ragioni un certo gesto è stato fatto, io ho già avuto modo di rispondere, creduto o non creduto non importa, ciò che mi interessa è di dirle le cose, perché quando si crea un'atmosfera politica per cui nella valutazione delle reciproche posizioni prassi costante è il processo alle intenzioni, è chiaro che si arriva ad un processo degenerativo di fronte al quale occorre reagire.
Ma credo non sia il caso di insistere su questo. Io mi richiamo ad un fatto che ritengo debba essere seriamente considerato ed è che il confronto delle diverse posizioni politiche non può e non deve mai prescindere dall'esatta valutazione delle posizioni politiche, si deve sempre evitare di fare dei processi alle intenzioni perché rischiano di presentare un'immagine deformata della realtà e probabilmente di attribuire dei disegni che non ci sono.



BERTI Antonio

Lei mi deve dire se è pro o contro il cumulo delle cariche. Mi dica solo questo.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

E' un problema che, posto così, non ha veramente possibilità di risposta. Io le voglio fare un'altra domanda: che cosa intende per cumulo delle cariche? E allora...



BERTI Antonio

Glielo dico subito: essere Presidente della Giunta, della Cassa di Risparmio, dell'ATIVA e chi più ne ha più ne metta.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

...apriamo una discussione di carattere diverso.
Bisogna che lei vada a vedere esattamente di che cosa si tratta prima di parlare, perché dietro a tutte queste cose vede chissà quali fantasmi e fa il processo. Se vuole un confronto serio io sono disposto a farlo e probabilmente lei giungerà a delle valutazioni diverse. Non basta - mi scusi - riempirsi la bocca con una parola che può avere tanti significati bisogna andare a vedere che cosa c'è dietro a questi significati di reale e di concreto.
Anche in ordine ai problemi di carattere programmatico che qui sono stati posti e che rivestono indubbiamente un carattere di grande serietà se non vogliamo nasconderci dietro il polverone delle parole, se vogliamo mirare all'esame dei fatti, vorrei attirare l'attenzione del Consiglio regionale su alcuni dati: il trasferimento delle funzioni amministrative dallo Stato alle Regioni, avvenuto non ancora da un anno, esattamente dal 1º aprile dell'anno scorso, crea degli enormi problemi perché non ha delle delimitazioni precise per quanto riguarda gli uffici, i servizi, le competenze, è un trasferimento in ordine al quale esistono non solo dei conflitti tra lo Stato e la Regione, tra la Regione e lo Stato, ma addirittura esistono delle interpretazioni diverse sull'esatta delimitazione delle reciproche competenze. Per cui sembra facile dire oggi diamo attuazione alle norme statutarie per quanto riguarda la delega agli Enti locali.
Ed allora dobbiamo guardare la questione sotto diversi punti di vista.
La Giunta non ha alcuna difficoltà a dire che questo problema, affrontato più volte, comporta delle precise definizioni di carattere giuridico e lo si deve risolvere non con dei fatti procedurali, ma con l'effettivo trasferimento delle funzioni; è un argomento su cui non abbiamo alcuna difficoltà a misurarci in modo molto aperto, vogliamo che si esca dalle definizioni di carattere generale.
Noi la risposta la diamo: andare lungo questa linea non ci crea alcuna difficoltà, così come per i problemi che ci sono stati posti in ordine alle leggi di procedura; ma pensiamo seriamente che facendo una legge di procedura ad esempio facilitiamo la questione del trasferimento delle deleghe dalla Regione agli Enti locali? Con la tentazione che sempre si ha quando vi è un irrigidimento di carattere amministrativo, nel senso che c'è una consolidazione di certe strutture amministrative, non creiamo piuttosto un freno a questa delega di carattere amministrativo agli Enti locali? Facciamo attenzione a non correre il rischio che hanno corso le Regioni a statuto speciale quando, avendo creato queste strutture, hanno poi trovato un ostacolo insormontabile nel dare le deleghe agli Enti locali, tant'è che non esiste esempio di Regione a statuto speciale che abbia dato deleghe agli Enti locali, così come anche nelle Regioni a statuto ordinario non si è andati al di là di leggi quadro generiche, fra l'altro spostandosi da quello che è il principio legislativo che il trasferimento delle deleghe dallo Stato alle Regione deve avvenire materia per materia.
Certo, ci troviamo di fronte a dei problemi, ma non credo che possiamo liquidarli con due battute e dire: la strategia del Presidente della Giunta è la strategia del governatorato o della contea o altre amenità del genere dobbiamo andare un pochino più in là e verificarci non in termini generici bensì in termini specifici; quando abbiamo affrontato insieme dei problemi specifici e concreti, voi avete sempre trovato la massima disponibilità alla discussione, all'approfondimento e spesso alla convergenza su determinate tesi che presentavano motivazioni sulle quali si poteva convenire.
Esistono certamente i problemi sollevati dal collega Zanone relativi alla situazione urbanistica e a quel periodo di cinque anni che scadrà a novembre e che era stato dato dalla Corte costituzionale in ordine alle zonizzazioni relative alle indicazioni dei piani regolatori e dei programmi di fabbricazione. Certo, tutti questi problemi esistono, ma esistono anche delle obiettive difficoltà perché di fronte a concrete domande poste agli uffici legislativi del Ministero del LL.PP. ci si trova con delle risposte estremamente problematiche ed interrogative rispetto alle quali riesce davvero difficile assumere delle posizioni precise, sicure sulle vie percorribili che ci consentano di ovviare agli inconvenienti che si verificheranno e di affrontare la politica dell'assetto del territorio avendo in mano degli strumenti inattaccabili sul piano della legittimità inattaccabilità che è ovviamente indispensabile per poter portare avanti un qualunque disegno politico, una qualunque strategia di politica urbanistica.
In ordine ai disegni di legge che la Giunta ha presentato sugli enti di sviluppo obbedendo a motivazioni che a mio giudizio sono valide, riteniamo di dover interpretare la posizione dell'organo esecutivo come quella datale dallo Statuto di organo che esegue i deliberati. Certo, se tutta la politica dell'opposizione è quella di svuotare la Giunta dalle sue funzioni (funzioni di cui deve fra l'altro rispondere al Consiglio Regionale) spostandole ad altri organi che dallo Statuto non sono stati previsti come organi ai quali demandare queste funzioni, ci troviamo in una posizione di contrapposizione, ma non credo che da questa posizione si possa trarre come logica conseguenza il fatto che si voglia avere un atteggiamento di preconcetta ostilità e di pregiudiziale chiusura nei confronti dei gruppi politici che non fanno parte della Giunta. Mi sembra che questo sia un modo semplicistico di porre il problema e che non risponde alla reale volontà politica che i partiti della maggioranza e la Giunta intendono rappresentare.
Signor Presidente, signori Consiglieri, nel momento in cui presentando questa Giunta abbiamo dichiarato che essa si collocava in una linea di continuità rispetto a quella precedente, per quanto riguarda la definizione del programma, abbiamo ritenuto di dire una cosa che avesse un contenuto ed un riscontro nel Consiglio regionale, riscontro determinato da ciò che avevamo proposto di fare nell'arco della legislatura presente. Si tratta di una serie di provvedimenti che, come si ricorda nel documento, sono stati in parte proposti, in parte sono da proporre.
Siamo di fronte al problema del collegamento - come ho ricordato stamattina nel mio breve intervento - della politica del bilancio con una reale ed effettiva politica di programmazione. Ma ciò non consente a nessuno di dire che il bilancio presentato è di ordinaria amministrazione.
Si può non convenire chiaramente su talune scelte, certamente, si può non convenire su determinate impostazioni, si possono volere degli stanziamenti maggiori in un settore e minori in un altro, ma non si può chiudere la critica così, tanto per liquidare il problema, parlando di ordinaria amministrazione, perché questo vuol dire non conoscere i limiti del bilancio della Regione che è simile al bilancio dello Stato e dissimile dal bilancio degli Enti locali, per cui negli Enti locali semmai si può parlare di bilancio di ordinaria amministrazione perché non si affronta tutta una serie di problemi che devono essere affrontati con delle entrate di carattere straordinario: noi invece per legge, se non abbiamo disegni di legge presentati o già approvati, abbiamo quel famoso fondo di riserva dal quale attingere per tutta quella serie di provvedimenti che si collocano nella strategia del programma che si vuole attuare.



BERTI Antonio

Quel bilancio, per ammissione dell'Assessore Falco, è stato redatto dal segretario generale di cui non so il nome; l'ha detto l'altro giorno alla IV Commissione, Falco.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Non lo so, penso che il dr. Falco possa anche prendersi il gusto di fare delle battute.



PAGANELLI Ettore, Assessore al bilancio

Allora è disinformato l'Assessore.



BERTI Antonio

Ha detto che è stato fatto dal segretario, altrimenti noi avremmo potuto dire qualche cosa di più.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Potevate dirlo, se per affermare che un bilancio è di ordinaria amministrazione vi lasciate condizionare dal fatto che vi si dice che è stato redatto dal Ragioniere capo, mi pare che tra la causa e l'effetto ci sia quello che solitamente si chiama un "gap".



PAGANELLI Ettore, Assessore al bilancio

Lo contesto e lo preciserò in sede di bilancio.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Comunque non credo sia il caso di polemizzare su questo. Certo è piuttosto debole l'accusa che è un bilancio di ordinaria amministrazione per il fatto che si è venuti a sapere che è stato redatto dal prof.
Gaboardi. Può anche darsi che il prof. Gaboardi sia in grado di scrivere delle cifre....



BERTI Antonio

Ma se non siete nemmeno riusciti a spendere i 54 miliardi che avevate a bilancio, ne avete spesi 32!



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Consigliere Berti, non creda che urlando mi commuova!



BERTI Antonio

Io non urlo affatto.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Io ho questa sensazione, può darsi che siano le vibrazioni...



BERTI Antonio

Sono le cifre che contano!



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Certo, e noi le faremo il raffronto tra il bilancio nostro e quelli di tutte le altre Regioni e staremo a vedere.



BERTI Antonio

Incominci a fare il raffronto tra il bilancio della Regione emiliana e il suo, non c'è stata nessuna crisi in quella Regione!



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Non ha importanza ...



BERTI Antonio

Ha importanza sì egregi signori!



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Questo non è un ragionamento sul bilancio Consigliere Berti. Comunque andremo a vedere alla fine. Non è stata la Regione Piemonte a chiedere al Ministro delle Regioni di fare un disegno di legge per prolungare a tutto il 1973 l'esercizio del 1972...



BERTI Antonio

Perché quelli avevano molte cose da mettere e voi niente ....



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Certo, noi niente, però quelli non hanno speso nemmeno i soldi che avevano.



BERTI Antonio

Voi non avete bisogno di prolungare per quei quattro soldi che spendete, siete dei passacarte e ve lo dimostrerò.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Ne saremo lieti.



BERTI Antonio

Non avete inoltrato tanto così in questi mesi e ve lo dimostrerò in occasione del dibattito sul bilancio.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Saremo lieti di questa dimostrazione.



BERTI Antonio

Ma allora, per fare i passacarte, basta veramente il Ragioniere capo non c'è bisogno di una Giunta.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Certo, ma quando lei riuscirà a dimostrare quello, quando riuscirà a portare delle argomentazioni che non siano delle urla scomposte ....



BERTI Antonio

Glielo dimostrerò, ho già fatto in IV Commissione, presenti i due assessori.
VOCE. "Piantala!"



BERTI Antonio

Chi ha detto "piantala"? Se sei tu vieni a dirmelo in faccia.



PRESIDENTE

Per cortesia, si prenda atto che il pubblico non può né dissentire n consentire, altrimenti sono costretto a fare sgomberare l'aula.
Prego peraltro il Consigliere Berti di lasciare al Presidente quelle che sono le sue funzioni.



BERTI Antonio

Dopo tre mesi di vergogna per il Piemonte! A loro "piantala"!



PRESIDENTE

Non se la prenda col pubblico che è stato ammonito dal Presidente....



BERTI Antonio

Voglio solo che venga giù a dirmelo in faccia e poi vedremo se io la pianto.



PRESIDENTE

Glielo chiederà fuori Consigliere Berti, non chiudiamo male una mattinata che è andata avanti così serenamente.
Io ho fatto il mio dovere, cosa volete, che facciamo sgomberare l'aula dal pubblico? Ho richiamato quella persona, se la stessa vorrà successivamente incontrare il Consigliere Berti lo farà. Adesso, per cortesia, andiamo avanti.
La parola al Presidente designato dalla Giunta per continuare la sua replica.



MARCHESOTTI Domenico

Dopo tre mesi che non parla può anche parlare!



PRESIDENTE

Ma anche lei, per piacere, non ci metto il suo punto, lasci andare.
Un'altra volta arrivati alle 13 (perché ho tanta paura che ci siano delle ragioni diverse) sospendo la riunione e rimando alle 16.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Signor Presidente, io concludo perché ho l'impressione che continuare il discorso possa sollevare ulteriori polemiche.
Noi prendiamo l'impegno serio di confrontarci concretamente; questo impegno non abbiamo alcuna preoccupazione di assumerlo e se vi verranno delle critiche nella direzione che qui è stata detta non avremo difficoltà a prenderne atto e di apprendere da coloro che sono in grado di darci dei suggerimenti, tutto ciò che vi è da apprendere, secondo un atteggiamento che mi pare abbiamo sempre dimostrato di avere quando questi suggerimenti si sono collocati in termini creativi e ci hanno consentito di migliorare ciò che avevamo proposto.
Concludo ringraziando per gli interventi che qui sono stati fatti e che anche se non si sono sempre direttamente collegati con i problemi della politica che più direttamente interessa la nostra attività regionale ed hanno spaziato in ambiti più vasti e diversi, ci hanno comunque consentito di misurare delle valutazioni che non sono certamente prive di incidenza rispetto a ciò che dobbiamo affrontare.



PRESIDENTE

Il dibattito è chiuso. Qualcuno chiede di parlare per dichiarazioni di voto? Consigliere Garabello, ne ha facoltà.



GARABELLO Enzo

Sarò brevissimo signor Presidente.
L'intervento del collega Conti mi avrebbe anche consentito di non parlare, però sono stato chiamato in causa, anche se con molta cortesia dal collega Gandolfi e quindi ritengo di dover precisare il nostro pensiero.
Noi siamo dell'opinione che nella vita politica contano le occasioni che si presentano e il modo come le stesse si sanno sfruttare. A nostro modo di vedere questa crisi è stata un'occasione perduta per determinare un avanzamento della nostra Regione; perduta in questo senso; noi avevamo espresso il nostro consenso alle dimissioni del Presidente della Giunta ritenendo che queste, al di là delle motivazioni che le avevano determinate, avrebbero potuto consentire un discorso politico; ciò non è avvenuto e per me, quando un partito che è uscito dalla Giunta non per propria richiesta, un anno e mezzo prima, ha mantenuto durante questo tempo un discorso di opposizione democratica piuttosto netto e dichiara la propria disponibilità a riprendere confronti e discorsi di approfondimento su un programma politico e su una possibile collaborazione, è un'occasione da sfruttare.
Tutto questo era accompagnato (non credo di fare il processo alle intenzioni di nessuno) da dichiarazioni molto nette del PSDI che richiedeva un allargamento anche alla Regione della alleanza di centro sinistra. E' chiaro che dopo circa tre mesi il discorso si sposta e riesco a capire anche un certo disincanto del Presidente Calleri nelle sue dichiarazioni di questa mattina, quando dice di dover costituire la Giunta anche per delle scadenze di ordine statutario che tutti quanti dobbiamo farci carico di rispettare proprio in difesa della Regione, cioè la scadenza del bilancio.
Però devo dire che nelle dichiarazioni del dr. Calleri colgo anche un'altra differenza rispetto a quelle che determinarono la formazione della precedente Giunta, che allora si era mossa in maniera più disinvolta sulla dichiarazione pentapartitica; questa volta il richiamo al P.S.I. lo vedo molto meno significativo avendo dovuto essere preceduto da chiare dichiarazioni che riguardano l'impegno del partito liberale nella maggioranza che sostiene la Giunta, cosa che a me non è che dia assolutamente nessun fastidio, anzi, ritengo che sia un contributo di chiarezza, contributo però che determina la necessità, per un superamento di questa situazione, di creare nuove occasioni politiche di dibattito, di incontro, di collaborazione.
Il collega Gandolfi dice che non si spiega come noi veniamo qui ancora a difendere il centro sinistra quando proprio da determinazioni del partito socialista è caduta la Giunta di Torino dove un nostro amico aveva (e speriamo potrà ancora avere) una responsabilità di primo piano. Che cosa ci chiede il collega Gandolfi? Che veniamo qua a fare le boccacce ai socialisti?



PRESIDENTE

La prego Consigliere Garabello, si attenga al Regolamento; la dichiarazione di voto non è la ripresa di tutta la dinamica del discorso ma una semplice dichiarazione: "voto pro" o "voto contro per questa ragione".



GARABELLO Enzo

Concludo. Dicevo che non credo ci si chieda di fare le boccacce a nessuno, riteniamo sia più serio, al di là anche di circostanze che non ci hanno trovati d'accordo, presentare un richiamo ad una linea politica che noi crediamo fondamentale per il paese.
Per quanto riguarda la discussione che qui si è sviluppata questa è in una posizione di collaborazione, non vuole essere una polemica.
Naturalmente il dibattito sul bilancio è l'abbinamento ad un discorso programmatico di enorme importanza. Dirò al Presidente della Giunta, che non era presente la volta scorsa quando feci delle dichiarazioni in proposito, che si ha veramente la impressione che la società civile regionale, attraverso le sue forme rappresentative, territoriali o, di categoria, stia dando una dimostrazione notevole di crescita, di maturazione.
Noi dobbiamo darle una risposta; dal punto di vista tecnico procedurale la discussione nell'interno delle Commissioni per quanto riguarda il bilancio non ha trovato, per mancanza della Giunta in completa carica, la controparte. Occorre che ci sia a quel livello una discussione sui temi di fondo, proprio per evitare che il Consiglio Regionale diventi semplicemente la sede di uno scontro di opinioni che non riescono ad avvicinarsi, proprio per la difficoltà tecnica della formulazione del bilancio, cosa che è stata rilevata nelle Commissioni.
In questo senso, a titolo di collaborazione, dirò che forse sarà il caso che e la presidenza del Consiglio e la Giunta ed i capigruppo esaminino meglio il problema dei tempi, se è necessario arrivando fino all'osso nella consumazione dei tempi procedurali, per consentire un ulteriore approfondimento del tema coi chiarimenti che possono venire nell'ambito della Commissione. In questo senso quindi, nel richiamare una linea politica per cui riteniamo che persa un'occasione se ne deve creare un'altra e almeno dal punto di vista sostanziale il dibattito sul bilancio può essere un'ulteriore occasione di confronto e di avvicinamento, noi dichiariamo il nostro voto disciplinato assieme all'impegno (che non è venuto meno in nessun momento, credo si possa darcene atto) di dare un contributo critico ma serio, approfondito, di vero attaccamento alla Regione Piemonte.



PRESIDENTE

Altri chiede di parlare? Consigliere Nesi, ne ha facoltà.



NESI Nerio

Sono grato innanzi tutto al collega Garabello che ha voluto dare una risposta precisa ad alcune incaute dichiarazioni di parte socialdemocratica e repubblicana sulla nostra intenzione di dare un contributo alla soluzione al problema della Giunta con un voto disinteressato, stando al di fuori della Giunta. Il gruppo socialista voterà contro questa Giunta Regionale nella quale vede l'accentuarsi della svolta a destra della D.C. Questa Giunta sarà incapace di risolvere i problemi sociali ed economici della collettività piemontese, come lo è stata in passato. Questa Giunta sarà incapace per la sua stessa ragion d'essere di esercitare tutto il potere che deriva alla Regione dalla rappresentanza politica generale che le compete. Questa Giunta non avrà né la forza politica, né la capacità di essere un interlocutore valido per le forze sindacali, economiche e culturali del Piemonte. Per di più questa Giunta non avrà la volontà politica di fronteggiare l'attacco che alle autonomie regionali viene fatto quotidianamente dal governo, dalla burocrazia centrale e dai corpi separati dello Stato, che ha avuto proprio in questi giorni, come è stato già detto manifestazioni chiare.
Per queste ragioni questa Giunta, che costituisce obiettivamente un elemento di freno per l'importanza che ha il Piemonte allo sviluppo democratico del paese, avrà il nostro voto contrario. Contro questa Giunta il gruppo socialista si batterà in ogni occasione, in ogni momento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Fassino.



FASSINO Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il gruppo liberale, ormai è ben chiaro, voterà a favore del Presidente e della Giunta.
L'incontro fra le segreterie politiche dei quattro partiti che sosterranno la Giunta, hanno reso possibili quei chiarimenti che il gruppo liberale riteneva indispensabili sia sull'impostazione (parlo di impostazione, collega Berti) del programma, come sulla sua realizzazione attraverso iniziative insieme concertate.
Per il resto, in occasione delle dimissioni, il Presidente aveva categoricamente escluso ogni motivazione politica. L'ha confermato oggi, lo ha confermato con la presentazione della stessa Giunta; il fatto che si registrino cambiamenti di nomi, non penso che possa essere da parte nostra come da parte di altri discutibile, in quanto ciascun partito ha l'autorità autonoma di Proporre gli uomini che ritiene più opportuni. La continuità politica, ancora riassicurata dal Presidente nelle sue dichiarazioni, è quindi completamente confermata.
Non è, secondo noi, né un'occasione perduta, né una conferma di pericolo, così come alcuni colleghi prima hanno paventato. Secondo noi è invece proprio il contrario: è un'occasione guadagnata per confermare un'impostazione, una formula politica, che ad alcuni colleghi potrà non piacere, ma che è quella formula politica di centralità che dal Piemonte nel giro di un anno, è arrivata a Roma, tra estreme difficoltà, non soltanto italiane. Noi ci auguriamo che possa "tenere" per il bene del Paese, anche in futuro, nonostante le schermaglie politiche, le lotte di correnti che talvolta travisano una situazione reale che invece il governo realisticamente affronta e noi ci auguriamo possa risolvere e superare.
Con altrettanto senso di realtà ci auguriamo che la Giunta costituita possa mettersi al lavoro subito e bene, per far progredire, come è nell'intenzione di tutti noi, il nostro Piemonte, senza inutili parole, ma con atti e fatti concreti.
Avevamo dichiarato che noi liberali non avremmo votato per una Giunta che non fosse espressa da una maggioranza della quale, attraverso un confronto su formula e programmi concertati con gli altri partiti, il PLI non fosse parte, sia pure esterna, con l'impegno naturalmente di concretizzarli via via, in occasione della discussione del bilancio, del piano, di quanti altri problemi via via verranno sul tappeto.
Ecco perché, senza alcun fine di polemica, ma semmai di amichevole, di costruttivo stimolo, il nostro gruppo per bocca di Zanone (che ha avuto il grande merito, fra il resto, di riportare il discorso sul Piemonte) ha enunciato qui oggi in aula, come in precedenti incontri con gli amici dei partiti della maggioranza, alcuni problemi che dovranno essere risolti nei futuri programmi per i quali naturalmente non ci saranno sempre univoche concezioni da parte anche dei partiti della maggioranza, bensì dei necessari compromessi perché appunto i Partiti democratici si confrontano e solo attraverso questo confronto riescono naturalmente a costruire. E per tali problemi il mio gruppo ha ricavato la netta sensazione che c'è, sia dai precedenti incontri, come dalle dichiarazioni del Presidente, la volontà di risolverli, di risolverli bene ad il più in fretta possibile.
Ecco perché, con la stessa coerenza con la quale allora dichiarammo che non avremmo votato per una Giunta che non fosse espressa anche da noi, oggi dichiariamo che votiamo per questa Giunta e per il suo Presidente.
Assicuriamo la nostra collaborazione ed auguriamo loro buon lavoro!



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Berti, ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Solo per confermare il nostro voto contrario, del resto scontatissimo anche in relazione alla risposta che ha dato il Presidente. Noi abbiamo cercato in questi dibattiti di portare sempre il confronto sui contenuti che da qualcuno ci è addirittura stato rimproverato perché non era materia di discussione. Dobbiamo dire che questo confronto non è venuto neppure dalle ultime dichiarazioni del Presidente della Giunta il quale dice "siamo aperti al confronto" ma poi, richiesto di entrare nel concreto (per esempio sugli enti di sviluppo) risponde che se la Giunta ha questa intenzione è chiaro che non può fare che così.
Io mi chiedo quale volontà concreta di modifica dal confronto delle opinioni può venire dopo dichiarazioni di questo tipo, è molto chiara l'intenzione di questa giunta di operare nel senso contrario alle cose che dice, perciò le riconfermiamo il nostro voto contrario.



PRESIDENTE

Altre dichiarazioni di voto? Consigliere Vera, ne ha facoltà.



VERA Fernando

Io ringrazio il collega Garabello per aver dato atto al PSDI della volontà dimostrata di dare carattere concreto ad un dialogo che poi si è rivelato impossibile. Il nostro partito non ha purtroppo la forza che hanno altri partiti la cui responsabilità è in proporzione alla loro forza.
Al di là delle questioni nominalistiche e dei supposti fatti emblematici, noi siamo convinti che la volontà della Giunta e dei partiti che la compongono potrà essere valutata nei prossimi mesi, nell'azione del Consiglio, nell'azione delle Commissioni, nei contratti con le componenti economiche, sociali e politiche della Regione, dove del resto la contrapposizione non è mai stata così netta come qualcuno può pensare, ma è invece aperta a commistione di contributi non univoci di tutte le forze rappresentate, dove quindi si esercita quel dialogo che è l'elemento fondamentale della dialettica democratica.



PRESIDENTE

Altri chiede di parlare per dichiarazione di voto? Consigliere Bianchi, ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Semplicemente per confermare, come è ovvio, il voto favorevole del mio gruppo, facendo richiamo alle dichiarazioni del Presidente ed al mio stesso intervento.



PRESIDENTE

Nessun altro chiede di parlare? Allora la discussione è totalmente conclusa.
Vorrei pregare di restare in aula, in maniera che le operazioni di voto possano svolgersi speditamente e regolarmente.
A norma dell'art. 32 del nostro Statuto si deve procedere alla nomina del Presidente, con votazione per appello nominale, successivamente si procederà alla votazione dei componenti della Giunta. Per la prima votazione è necessaria la maggioranza assoluta dei voti dei Consiglieri assegnati alla Regione, per la seconda, la maggioranza semplice, con votazione della lista collegata a quella del Presidente.
Prego un Consigliere Segretario di volere procedere all'appello nominale.



(Si procede all'appello nominale e ad un secondo appello degli assenti)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione.
Presenti e votanti 47 Consiglieri.
Hanno risposto sì 29 Consiglieri.
Hanno risposto no 18 Consiglieri.
Non hanno partecipato alla votazione tre Consiglieri (uno assente e due in congedo).
Avendo il candidato alla presidenza della Giunta riportato 29 voti, ha raggiunto quella maggioranza prevista dall'art. 32 e pertanto lo proclamo eletto Presidente della Giunta e della Regione.
Passiamo alla votazione relativa alla Giunta, che segue a maggioranza semplice, con votazione della lista ad essa collegata.
Vorrei pregare un Consigliere Segretario di leggere la lista collegata.



MENOZZI Stanislao, Segretario

Armella Angelo, Benzi Germano, Borando Carlo, Chiabrando Mauro Debenedetti Mario, Falco Giovanni, Franzi Piero, Gandolfi Aldo, Paganelli Ettore, Petrini Luigi, Vietti Anna Maria, Visone Carlo.



PRESIDENTE

Invito uno dei Consiglieri Segretari a fare l'appello nominale.



(Si procede all'appello nominale)



PRESIDENTE

Proclamo l'esito della votazione per appello nominale.
Presenti e votanti 48 Consiglieri.
Hanno risposto sì 29 Consiglieri.
Hanno risposto no 19 Consiglieri.
Contrari 19. Non hanno partecipato alla votazione, perché in congedo due Consiglieri.
Hanno pertanto raggiunta la maggioranza semplice richiesta dall'ultimo capoverso dell'art. 32 e risultano eletti: Armella Angelo, Benzi Germano Borando Carlo, Chiabrando Mauro, Debenedetti Mario, Falco Giovanni, Franzi Piero, Gandolfi Aldo, Paganelli Ettore, Petrini Luigi, Vietti Anna Maria Visone Carlo.
Se i Consiglieri hanno un momento di pazienza, invece di riunire i capigruppo - se questi sono d'accordo - vedrei di prospettare l'ordine del giorno dei lavori per la settimana ventura. Noi abbiamo previsto già la convocazione del Consiglio per il 28 e 29 marzo per l'esame del bilancio; è una cosa concordata e vedremo di tenerla in piedi.
Abbiamo invece l'aula occupata dal Consiglio provinciale nei giorni 20 21 e 22; c'è tuttavia la possibilità di utilizzare la mattinata del 22 (il Consiglio provinciale si riunisce al pomeriggio). Se non ci sono delle difficoltà, salvo ad integrarlo questo ordine del giorno, proporrei: le comunicazioni del Presidente; l'approvazione del verbale della seduta precedente; la discussione e l'approvazione dei due disegni di legge 49 e 51 relativi ai miglioramenti fondiari e prestiti di conduzione, che erano già stati messi in altra seduta all'ordine del giorno ed erano poi stati aggiornati perché sembrava che fosse necessaria l'indicazione di una decisione della CEE. Sono due leggi che potrebbero essere varate e così guadagneremmo anche del tempo, dovendo poi impegnarci il 28 e 29 per il bilancio e andare ad aprile per le ripresa dei lavori.



NESI Nerio

Faccio rilevare che da tempo il gruppo socialista aveva chiesto di porre all'ordine del giorno l'elezione del vice presidente.



PRESIDENTE

Se i Capigruppo sono d'accordo per me va benissimo. Allora resta così completo l'ordine del giorno.



VIGLIONE Aldo

Mettiamo anche le proposte di legge sui circondari.



PRESIDENTE

Non è possibile; noi abbiamo la disponibilità dalle 10 alle 12,30; poi dobbiamo lasciare l'aula perché interviene il consiglio provinciale. Non ce la facciamo. Lo faremo subito dopo, ma quel giorno non è possibile.


Argomento:

Interpellanze e interrogazioni (annuncio)


PRESIDENTE

Do notizie delle interpellanze ed interrogazioni pervenute: interpellanza Simonelli-Nesi con la quale si chiede se è stato designato un consulente a partecipare all'importante riunione delle tre Regioni del cosiddetto triangolo industriale, concernente l'europorto di Genova interrogazione Fassino-Zanone relativa al bosco dell'Aledè nei comuni di Sampeyre e Casteldelfino, chiedendo all'Assessore competente quali iniziative intenda prendere al fine di proibire la caccia in tutto il territorio interessato Nesi e Calsolaro interrogano sulle iniziative che la Regione intende assumere al fine di evitare il trasferimento degli uffici della Soc.
Rumianca da Torino a Milano, con conseguente nuovo attacco all'occupazione interrogazione del Consigliere Giletta relativa alla assegnazione che sarebbe stata fatta di una parte della proprietà degli eredi di Casa Savoia a Racconigi, non rispettando le norme di legge che dovrebbero fare interpellare preventivamente i conduttori dei fondi con l'esercizio di un diritto di prelazione interrogazione urgente del Consigliere Nesi relativa alla manifestazione promossa dai lavoratori delle officine Aeritalia di Caselle Nord e intervento da parte della polizia; chiede quali iniziative si intenda assumere affinché non vengano a ripetersi interventi di carattere repressivo soprattutto quando, come nella fattispecie, tra le forze dell'ordine e gli scioperanti non si sono verificati neppure scontri verbali interrogazione ancora dei Consiglieri Nesi e Calsolaro per conoscere le ragioni in forza delle quali si è ritenuto opportuno nominare un Commissario all'ospedale Umberto III di Avigliana; che cosa si intenda fare per riportare la normalità amministrativa al più presto interrogazione con richiesta di risposta scritta del Consigliere Carazzoni relativa al trasferimento dell'ispettorato di porto per la navigazione sul Lago Maggiore da Verbania ad Arona interrogazione, con richiesta di risposta scritta, del Consigliere Carazzoni, per sapere se essendo a conoscenza delle disastrate condizioni in cui trovasi la strada statale n. 22 della Val Maira nel tratto Dronero Acceglio, si prendano dei provvedimenti.
Comunico altresì che è pervenuta la richiesta da parte del sindaco di Sampeyre di dare notizia di un ordine del giorno che è stato votato in occasione di un incontro svoltosi il 13 marzo per la legge sulla montagna (1100 e 102) che come le altre interrogazioni ed interpellanze sarà trasmessa ai singoli Consiglieri perché ne abbiano notizia.
Giunge infine, ancora in questo momento, un'interrogazione, a firma dei Consiglieri Simonelli, Raschio, Gerini, Marchesotti, Bianchi, per conoscere se la licenza di attingimento della acque del torrente Piota a favore della Società Inerpi è stata concessa dall'Ingegnere capo del Genio Civile di Alessandria, in caso affermativo se tale provvedimento è stato reso pubblico o comunque portato a conoscenza di quegli enti e privati cittadini che avendo manifestato opposizione sono interessati a ricorrere. Se sono stati esperiti gli opportuni controlli sulla legittimità della licenza edilizia concessa, se non si ritiene opportuno indire una riunione per discutere il problema.
Il Consiglio è convocato per le ore 10 del giorno 22 marzo con l'ordine del giorno approvato.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 14,10)



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