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Dettaglio seduta n.138 del 19/02/73 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE OBERTO


Argomento:

Approvazione verbale procedente seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
L'ordine del giorno reca al primo punto "Approvazione verbale precedente seduta".
Il processo verbale dell'adunanza del 5 febbraio 1973 è stato trasmesso ai signori Consiglieri la settimana scorsa. Ci sono delle osservazioni da fare in proposito? Nessuna. Allora il verbale è considerato approvato senza riserve, all'unanimità.


Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Informo il Consiglio che hanno chiesto congedo i Consiglieri Calleri Giovana e Nesi.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni - Giunta, organizzazione e funzioni

Comunicazioni del Presidente del Consiglio


PRESIDENTE

Il secondo punto all'ordine del giorno reca "Comunicazioni del Presidente".
Signori Consiglieri ritengo giusto e doveroso sottolineare la drammatica recrudescenza anche nella nostra regione e segnatamente nel capoluogo, di atti teppistici e di violenza giunti sino al da noi inusitato rapimento e sequestro di persona, che mentre suscitano sdegno e preoccupazione, inducono a reclamare fermi interventi per assicurare e garantire una convivenza civile.
Emarginare la violenza, tutta la violenza, comunque e da chiunque promossa o esercitata, deve essere proposito unanimemente condiviso. E quando parlo di violenza intendo riferirmi tanto a quella fisica quanto a quella morale, tanto a quella di marca squisitamente delinquenziale della malavita comune, quanto a quella che viene esercitata in nome di asseriti orpellati principi politici sovente da groppuscoli dai confini quanto mai incerti ed equivoci.
Gli scontri frontali, comunque determinanti ed esercitati, governati dall'imperativo categorico della violenza, che parla invece della ragione sono sempre da condannare. Le violenze reali, verbali, scritte che turbano il mondo del lavoro, trovano la prima condanna proprio in quel mondo, a volte per necessità anche rude nelle lotte, ma sempre sensibile e responsabile. Le frange violente che si insinuano nelle lotte sindacali offendono prima di tutti proprio i lavoratori che non le accreditano e sempre più le allontanano nettamente disgiungendosene.
Il Consiglio Regionale dunque, per bocca del suo Presidente, condanna ancora una volta ogni violenza, in qualunque modo manifestatasi, ritenendo la matrice di altro male, mai foriera di bene.
Sono certo di trovare consenziente l'intero Consiglio, intimamente convinto, come tutti lo siamo, che non si conquista nulla in modo definitivo se non attraverso alla forza del dialogo, al rigore del ragionamento, allo sforzo per raggiungere soluzioni che soddisfino le esigenze delle parti. La stessa troppo lunga, maledetta ed assurda guerra del Vietnam durata tredici anni con milioni di morti, si è placata, non nel nome e per virtù di una disumana violenza, ma per la forza paziente delle trattative che ebbero conforto e stimolo del peso della condanna espressa dall'opinione pubblica.
Ma il Consiglio non si limita ad una sterile deplorazione ed a condannare a parole la violenza, si impegna anche ad operare in ogni senso in ogni direzione, con ogni mezzo per eliminarla essenzialmente nelle cause che in genere la originano, che sono spesso insite nell'assetto sociale realizzando le condizioni per una migliore giustizia. Anche lo sfruttamento è violenza, manifesta o mascherata che sia. Quando il tessuto della società è omogeneo, non squilibrato, non è soggetto a deterioramento, e allora è meno facile che vi si inserisca il tarlo roditore della violenza.
Quando le competizioni stanno su di un piano di dignità e di lealtà non danno spazio alla violenza; quando la violenza non viene esaltata e programmata come metodo di condotta esclude la reazione violenta che crea la spirale poi difficile da spezzare. Quando la povertà e la miseria sono combattute, eliminate o almeno contenute, si riduce la violenza del furto della rapina, dell'estorsione, del sequestro o la si relega nel mondo vero e proprio della delinquenza criminale, per la quale è tuttavia da esperirsi ogni tentativo di recupero e di redenzione con un forte impegno sociale.
La violenza politica la si riduce, la ci sostiene, la si elimina quanto più cresce il senso responsabile della convivenza democratica, quanto più si pratica la libertà nel significato vero del termine che comporta di esercitare ciascuno la propria libertà fino al limite che è fissato dal rendere possibile la libertà altrui.
E' stato detto: io non la penso come te, anzi penso il contrario di quanto pensi tu, ma mi batterò sempre perché tu possa esprimere la tua idea.
Le idee, buone o non buone che siano, non si legano ad un palo, non si imbavagliano, le cattive e perniciose si combattono sino a vincerle con il rigore ed il vigore del ragionamento, disarmando innanzi tutto gli spiriti.
Anche perché la violenza non paga mai chi l'esercita, mentre accredita il vittimismo.
Gli episodi sconvolgenti e persino allucinanti di questi ultimi giorni (non ne specifico a nessuno perché tutti egualmente meritevoli di condanna) portano a concludere: basta con la violenza dell'uomo contro l'uomo. Basta anche alla violenza anonima e vigliacca che insidia ad ogni livello la sicurezza personale! Chi ha il dovere ed il potere di farlo intervenga a togliere di mezzo le troppe armi che sono in circolazione ed impedisca ogni rigurgito velleitario che si sposa a propositi nemmeno celati di violenza.
Fu dalla violenza tollerata che nacquero tutti i mali del recente passato che non vogliamo si ripeta. Soltanto una veramente umana civiltà dei rapporti ci affranca dalla prospettiva inquietante, di un domani spaventoso e consente la radicale modifica della logica di un sistema, espellendo i germi di violenza che lo insidiano, eliminando le tossine di cui possiamo essere portatori, innanzi tutto analizzando le cause dalla violenza per poterle sopprimere.
Vorrei, colleghi Consiglieri, che queste mie parole venissero considerate come espressione del pensiero e del proposito di tutti e di ciascuno di noi, sia pure con angolazione diversa, ma unitaria nella sostanza. In tale spirito vengano accolte, senza che prevalga l'aspetto del particolare, di una pur spiegabile vis polemica, su quello generale del bene comune.
Non è una violenza che io attuo, è una meditata richiesta che rispettosamente rivolgo al Consiglio.
E sono particolarmente lieto di informare il Consiglio che la riunione dei presidenti di gruppo testé svoltasi ed informata del proposito di questa mia presa di posizione, mentre ha concordato, senza alcuna riserva sulla condanna della violenza, ha inteso riservare una discussione sull'argomento, sulla ricerca delle cause, sull'eliminazione delle cause sul modo di comportarsi in futuro perché la violenza non abbia più ragione di essere nemmeno pretestuosamente, in un dibattito che sarà sviluppato allorché vi siano le condizioni del funzionamento pieno e completo dell'attività della Regione Piemonte.
Invitato a partecipare ad una conferenza stampa relativa alla vertenza Castor, non mi è stato possibile partecipare e ho inviato questo telegramma: "Impedito di essere personalmente presente ad riunione cui sono stato invitato, gradirei essere ragguagliato circa risultato riunione stessa pregandovi esprimere a tutti dipendenti senso partecipativo Consiglio Regionale che sarà rappresentato dai Capigruppo invitati ad conferenza stampa. Rammaricato di non potere in questo momento fare altro che rinnovare l'espressione viva solidarietà accompagnata peraltro dall'impegno di continuare a fare quanto possibile per attenuare dolorose pesanti conseguenze derivanti da incombente chiusura stabilimento assicuro se necessario interessamento presso Ministero Lavoro".
Su sollecitazione del Vicepresidente del Consiglio Regionale, rivolta a me come Presidente e della quale ritengo abbia dato notizia anche ai Capigruppo, sul problema del bilancio statale e sulle richieste delle Regioni, non essendo stato in alcun modo possibile completare l'opera che la Giunta già aveva per conto suo fatta attraverso all'Assessore al bilancio che aveva rappresentato, in sede di discussione romana, l'esigenza di ulteriori accreditamenti alle voci di bilancio per quanto attiene allo sviluppo dell'attività regionale, ho ritenuto opportuno di inviare al Presidente del Senato e ai relatori della legge sul bilancio questo telegramma: "Circostanza attuale discussione bilancio Stato 1973 mi offre occasione riproporre a nome Consiglio Regionale Piemonte richieste Regioni già avanzate presso Camera dei Deputati circa modificazioni progetto Bilancio alfine adeguarlo ad avvenuta riforma regionale stop Sottolineo particolarmente necessità che predette richieste accolte solo parzialmente in Bilancio 1973 siano attentamente valutate per prossimi bilanci et auspico sempre più stretti rapporti di consultazione tra Parlamento e Regioni in tutti i settori dell'attività legislativa statale riguardanti l'ordinamento regionale".
Domenica 25 febbraio avviene ad Aosta la consegna solenne, con la partecipazione del Presidente della Repubblica, della medaglia d'oro per attività partigiana alla Regione della Valle di Aosta. La manifestazione è contenuta nello stretto ambito della Regione stessa, senza estensione di inviti fuori Regione. Ritengo tuttavia opportuno che il nostro Consiglio Regionale sia quanto meno presente con un messaggio che mi dispongo ad inviare così concepito: "Consiglio Regionale Piemonte vuole essere idealmente presente et partecipe solenne cerimonia consegna medaglia d'oro alla Regione Aosta considerando conferimento da parte Capo dello Stato giusto riconoscimento valore et sacrificio popolazione valdostana et combattenti partigiani. Si inchina ad memoria Caduti et addita loro esempio et quello superstiti ad giovani perché non vada perduto. Riafferma decisa volontà difesa valori Resistenza formatisi nella durissima lotta su montagne valdostane cui furono partecipi resistenti et combattenti piemontesi fraternamente uniti per riscatto libertà".



CARAZZONI Nino

Non è a nome di tutti questo telegramma, signor Presidente, ed era stato precisato.



PRESIDENTE

Io lo mando, se lei crede, con una postilla (siccome il telegramma l'ho formulato "Consiglio Regionale Piemonte") nella quale dà atto che i due Consiglieri appartenenti alla destra nazionale non aderiscono al testo del telegramma. Se lo crede accompagno il telegramma con questa dichiarazione.



CARAZZONI Nino

Sì.



PRESIDENTE

Il Presidente della Camera di Commercio ha risposto alla lettera inviatagli confermando l'intenzione di cedere il palazzo, cessione che secondo quanto è stato deciso dovrebbe avvenire mediante asta pubblica.
Continuano le trattative per il perfezionamento di questo rapporto, del quale ovviamente si parlerà in Consiglio, ma intanto si compiono le attività preliminari.
Il Gruppo consiliare già del Movimento Sociale Italiano assume la denominazione di Gruppo del Movimento Sociale Italiano destra nazionale.
Nel darne notizia i due componenti hanno chiesto che la nuova dizione sia comunicata al Consiglio perché ne sia a conoscenza.
Il Consigliere Segretario Gerini è stato insignito dell'onorificenza di Grand'Ufficiale. Mi compiaccio con lui e informo il Consiglio rallegrandomi per l'alta distinzione.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni - Giunta, organizzazione e funzioni

Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto per l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta Regionale


PRESIDENTE

Io non ho altre comunicazioni e quindi se nessuno chiede la parola passerei all'altro punto all'ordine del giorno: "Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto per l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta Regionale".
L'art. 32 recita: "Il Presidente e la Giunta sono eletti dal Consiglio nel suo seno con votazione per appello nominale. L'elezione avviene a seguito di presentazione di un documento sottoscritto da almeno un terzo dei Consiglieri assegnati alla Regione, con il quale si propongono al Consiglio le linee politiche ed amministrative, il Presidente e l'intera lista degli Assessori. Sulle linee politiche ed amministrative proposte si svolge un dibattito al termine del quale il Consiglio procede con votazioni successive all'elezione del Presidente e quindi della Giunta".
Fino a questo momento io non ho avuto alcuna presentazione di liste e di programmi e pertanto chiedo al Consiglio se c'è qualcuno che ne abbia da proporre. Nel caso contrario prendo atto e se nessuno chiede la parola passerei oltre.
Il Consigliere Minucci chiede di parlare, ne ha facoltà.



MINUCCI Adalberto

Signor Presidente, colleghi, ritengo doveroso fare una breve dichiarazione a nome del Gruppo comunista, perché penso che il reiterato congedo del Presidente della Giunta non implichi un congedo dell'attenzione che questa assemblea e l'opinione pubblica in generale debbono avere, nei confronti di una situazione ormai insostenibile che si è venuta creando nella nostra Regione.
Noi abbiamo già espresso un giudizio di fondo sulla vicenda che sta alla base della crisi della Giunta, o meglio dell'impasse vero e proprio che ha colpito l'istituto regionale nel suo complesso, a seguito delle dimissioni del Presidente della Giunta.
Non ripeterò gli elementi essenziali di questo giudizio, voglio solo ribadire che, a nostro avviso, la crisi ha origini in vicende politico giudiziarie che riguardano persone e gruppi di potere ben delimitati, non identificabili né con il Consiglio Regionale, né con la Giunta e neppure con i singoli partiti che compongono la maggioranza. Pur di difendere posizioni acquisite o di potenziarle, queste persone, questi gruppi non hanno esitato e non esistano a coinvolgere la vita e le prospettive della nostra istituzione e in genere di altre istituzioni (si pensi alla crisi che ha colpito il Comune di Torino ad esempio) sino a paralizzare l'attività delle assemblee elettive; mentre le questioni che sono al fondo della crisi potevano e dovevano essere risolte riconducendo al rispetto della legge chi l'aveva violata ed in ogni caso impedendo che la crisi di un gruppo di potere si risolvesse, come si sta risolvendo, nella crisi dell'istituzione.
Credo siano molti i colleghi, anche di altri Gruppi, magari dei Gruppi che di consueto si contrappongono polemicamente a quello che io rappresento, che avvertono il disagio, il malessere per una situazione che vede l'attività della Regione sospesa, in attesa di un processo giudiziario che riguarda un singolo componente del nostro Consiglio. Il fatto che si sia bloccata l'attività della Regione sino al fatidico 23 febbraio, ormai prossimo, è evidente. Ciascuno di noi ha probabilmente un'opinione diversa sulla vicenda giudiziaria e sulle sue possibili soluzioni, ma credo ci possiamo chiedere legittimamente che cosa c'entri tutto questo con la vita della nostra Regione. Come è possibile cioè accettare che tutto sia bloccato per settimane, ormai per mesi, proprio mentre cresce nella realtà della nostra Regione e del Paese, nei processi sociali e politici che sono in corso, una domanda di presenza, di iniziativa, di deliberazione della Regione.
Ma il grave è che neppure la scadenza del 23 febbraio si presenta (almeno da quello che sappiamo) come risolutiva, come capace di sciogliere il nodo gordiano che sta soffocando la vita delle istituzioni regionali e del Comune di Torino. Da voci che stanno circolando ed anche dall'andamento del processo più o meno analogo che si è svolto il 16 scorso e che aveva come protagonista il Sindaco di Torino, si può desumere che al 23 si andrà non per ottenere un giudizio o per sollecitarlo, ma per scappare dal giudizio, per una fuga dal giudice naturale, resa possibile da un cavillo giuridico, quello del regolamento di giurisdizione, la cui inconsistenza è provata da tutta la giurisprudenza in materia; si rinvia alla Cassazione ma si sa già che la Cassazione non farà che confermare la legge, cioè rinviare di nuovo al Tribunale ordinario.
Tutto questo che cosa potrà risolvere? Già noi qui condanniamo il ricorso a questi cavilli, non si tratta di situazioni personali, di posizioni personali, si tratta della vita dell'istituzione e io ritengo del tutto delittuoso, vergognoso che le istituzioni vengano coinvolte in vicende di questo genere.
Che cosa si intende risolvere con questo? Il Presidente della Giunta si dimette, in attesa del giudizio; nel momento in cui il giudizio finalmente si può ottenere, rinvia il giudizio e si attenderà di nuovo il giudizio ritirerà le dimissioni? Le manterrà? Questo è il punto. E di fronte a questo fatto ritengo sarebbe aggiungere vergogna a vergogna se dopo avere imposto il rinvio del giudizio il Presidente ritirasse le dimissioni, cioè smentisse la stessa ragione per cui ha dato le dimissioni, perché ci vorrebbe dire che semplicemente si è inteso prendere in giro, per alcuni mesi, il Consiglio Regionale. Ma l'assurdità, il paradosso che è in questa vicenda, non dimostra che era possibile, da parte dei Gruppi politici responsabili, risolvere la crisi in altri termini. Non dimostra che era possibile isolare, delimitare il caso specifico di un uomo o di un Gruppo e salvaguardare la vita della Regione per risolvere, attraverso la formazione di una nuova Giunta, i problemi che la nostra Regione ha di fronte così urgenti e drammatici? In realtà, io voglio qui ribadirlo, c'è, in tutta questa condotta del Presidente della Giunta e dei suoi amici, una mistificazione solenne, cioè il tentativo di celare dietro una personalizzazione esasperata dei problemi, o dietro il richiamo a principi generali che vengono scomodati nelle parole, con la stessa disinvoltura con cui vengono disattesi nei fatti; pensiamo al principio dell'autonomia degli enti locali. Abbiamo tutti un'esperienza di anni per non sapere che cosa intende il dr. Calleri per "autonomia degli enti locali". Ebbene, dietro a queste formule generali, o dietro un'esasperazione personalistica dei contrasti, si vuole nascondere il fallimento di una scelta politica, scelta politica immotivata e senza prospettive, quella appunto che ha spostato a destra l'asse politico della nostra Regione.
La nostra analisi circa l'esistenza di un gruppo di potere facente capo ad esponenti della D.C. ma ramificato anche in altri partiti, oggi viene accolta da molti gruppi politici, da molti colleghi anche di questo Consiglio, dalla generalità della stampa nazionale; e viene accolta perch risponde a verità, perché nessuno può smentirla. Il centro-destra è stato voluto da questo gruppo di potere perché ritenevano, i suoi responsabili che si trattasse della formula politica più idonea a garantire il potere assoluto del gruppo stesso, di questa sorta di superpartito, come lo abbiamo definito, cioè una formula politica capace di proteggere, di salvaguardare gli interessi di questo gruppo di potere dalla dialettica politica reale, dai condizionamenti, dalle pressioni delle forze più vive della società piemontese e del Consiglio Regionale stesso. Si è cercato attraverso una maggioranza di comodo, attraverso una formula di comodo, di creare come una sorta di cordone di sicurezza attorno alle posizioni di potere di questi personaggi e di questo gruppo. Per questo il passaggio dal centro-sinistra al centro-destra è stato del tutto artificiale, ce ne siamo resi conto, non motivato da ragioni di fondo, da scelte programmatiche, dai problemi che si trovava di fronte la nostra Regione, come un puro atto di vertice non compreso neppure dalle forze presenti nella maggioranza e nella stessa D.C., cioè nel partito più responsabile della direzione del nostro istituto regionale. Ma si è trattato di un passo falso, in realtà, in una società come questa, scossa da processi di trasformazione tumultuosi e dalla presenza di forze popolari e democratiche vive, capaci di portare ogni giorno sul tappeto i problemi veri, non si creano dei cordoni di sicurezza; si tratta di operazioni mistificanti che non risolvono i problemi. E in effetti abbiamo visto che la Giunta creata in questo modo la formula di centro-destra, si è rivelata del tutto incapace di bloccare i processi in atto anche in quest'aula, i processi unitari che si sono sviluppati nella società reale e che si sono riflessi in qualche modo anche tra le forze politiche; non si può andare contro i problemi veri delle masse e contro le scelte chiaramente indicate dallo stesso elettorato piemontese.
Era naturale che questa debolezza, questa contraddizione fosse destinata a esplodere rapidamente. La vicenda giudiziaria è soltanto una goccia che ha fatto traboccare il vaso, se non ci fosse stata la sentenza della Magistratura ci sarebbe stato un altro fatto a fare crollare tutto questo edificio così friabile e senza motivazioni di fondo.
La presa di coscienza di questo dato di fatto credo che si sia fatta strada tra forze diverse, nella nostra Regione, e anche all'interno del nostro Consiglio, tra i partiti, tra i gruppi più diversi, nella stessa D.C.; e non parlo soltanto dei gruppi che in qualche modo si sono distinti anche apertamente, esplicitamente dalle posizioni del gruppo di potere dominante, non parlo soltanto delle correnti della D.C. più legate alle masse popolari, ma parlo di una zona molto più vasta di opinione politica e di forze politiche. Leggevo in questi giorni, ad esempio, con grande interesse le prese di posizione di una serie di enti locali del Piemonte alcuni dei quali importanti, parlo di Fossano (l'ultima che mi è capitata sotto gli occhi), una zona dominata dalla. D.C., con una maggioranza assoluta D.C., con la presenza di forze di destra che fanno parte anche della maggioranza regionale come il partito liberale; ebbene, il Consiglio Comunale di Fossano ha votato all'unanimità, proposto dai D.C. e dai liberali stessi, un o.d.g. di violenta critica alla Giunta di centro-destra e del modo come viene condotta la crisi in questo momento, a dimostrazione che i cordoni sanitari non sono sufficienti a impedire alla gente di ragionare, di subire la pressione dei problemi veri che le masse popolari piemontesi vivono.
Io credo sia giusto che un invito alla riflessione sia rivolto anche in questa occasione, altrimenti potrebbe davvero essere un'occasione perduta a tutti i gruppi politici e a tutti i colleghi, senza nessuna intenzione di impartire lezioni né politiche né morali se volete, ma in un'esigenza che tutti avvertiamo di uscire da una situazione di crisi, di malessere che se si protraesse a lungo, e tenendo presente il rapporto intimo che lega un'istituzione come la nostra alle vicende nazionali, alla situazione politica generale del Paese, non potrebbe non portare il Paese verso un processo di degenerazione ancora più profonda da cui sarebbe davvero difficile uscire.
Poco fa, con parole cariche di sincerità e di preoccupazione, il Presidente del nostro Consiglio ha rivolto parole di condanna alle violenze, agli elementi di irrazionalismo vero e proprio che stanno percorrendo la società nazionale, la nostra Regione, la nostra città; ma questi fenomeni così gravi, che noi condanniamo con grande energia e che combattiamo anche in prima persona, come tutti sanno, non sono altro che espressioni più esteriori, epidermiche di un malessere molto più profondo che ormai sta colpendo le strutture fondamentali, essenziali della società italiana. C'è una degenerazione della vita politica e anche di certe forze politiche.
E lasciatemi dire, la vicenda che sta vivendo la nostra Regione è un elemento di questa degenerazione, è una prova. C'è ormai un coacervo di interessi clientelari, di interessi spesso inconfessati che predominano sulla vita reale dei partiti che hanno maggiori responsabilità di governo c'è un'irresponsabile fuga dalle decisioni che il Paese attende. E si parla di violenze. Ma pensate a ciò che sta accadendo in questi giorni in Italia: un personaggio come Kosta Spledris, il teorico dei colonnelli greci, colui che ha scritto un libro per spiegare come bisogna sovvertire anche l'Italia, come bisogna fare il colpo di stato anche in Italia, colui che vicende giudiziarie precise hanno dimostrato in collegamento con tutta una serie di gruppi eversivi del nostro Paese, sta circolando, con grande tranquillità (e magari, non mi stupirei, con l'ossequio di qualche autorità ufficiale) in Italia. Si trova in questi giorni a Perugia. Che cosa viene a fare se non ad alimentare la sovversione, la violenza, se non ad organizzare iniziative e attività che non possono non risolversi in un pericolo ancora più grave per la sicurezza delle istituzioni democratiche? E badate, non c'è soltanto l'atto specifico in cui il governo viene meno al suo dovere di difendere le istituzioni democratiche, c'è il clima generale che si è creato. Non so se avete letto sentenze di certi magistrati (mi guardo bene dal mettere sotto accusa l'intera magistratura anche perché proprio in questa fase abbiamo visto come vi siano invece magistrati coraggiosi che intendono far valere a far pesare fino in fondo i principi della Costituzione repubblicana, mi guardo bene dal fare di tutte le erbe un fascio sia per quel che riguarda la magistratura, sia per quel che riguarda altre forze e apparati dello Stato). Ma è certo che la presenza di un governo inetto e rivolto politicamente e idealmente a destra, di un governo che arriva a mettere in discussione principi fondamentali e sacri della libera individuale, attraverso il progetto di legge per esempio sul fermo di polizia, la presenza di questo governo non può fare altro che incoraggiare le sedimentazioni più profonde e più reazionarie che stanno spesso dentro lo stato d'animo non svelato di tanti individui. Leggete certe sentenze che oggi vengono emesse, il modo con cui queste sentenze esplicitamente calpestano i principi fondamentali della democrazia repubblicana e della Costituzione repubblicana. Andiamo a vedere che cosa succede anche in certi episodi che non sono marginali; quello che è successo nei giorni scorsi davanti ai cancelli della Mirafiori, dove un gruppo di fascisti prezzolati vanno armati di catene, di bastoni, di pietre a provocare gli operai....



CURCI Domenico

Avevano solo dei volantini, dei pezzi di carta.



MINUCCI Adalberto

....e a picchiare gli operai e di fronte alla sacrosanta reazione degli operai della Fiat un ufficiale dei carabinieri si permette di schierarsi a difesa di questi provocatori e di provocare gli stessi lavoratori. Sono fatti di cui hanno parlato tutti i giornali, basta solo assumere testimonianze per chi non ci crede. E del resto, non lo scrivono sui loro giornali, non lo hanno dichiarato apertamente? Ma che cosa stiamo discutendo con questa gente? Non lo hanno detto nei loro discorsi i loro maggiori responsabili che vogliono lo scontro fisico, che vogliono distruggere la democrazia repubblicana? Ecco perché le responsabilità, sia dirette sia indirette di un governo come questo sono gravissime, e guai a chi non se ne rende conto, guai a chi non avverte che il momento è grave, che le decisioni vanno assunte oggi e non domani. Questo è l'appello che io rivolgo a tutti. E' una richiesta di riflessione che io faccio a tutti, con grande sincerità ma se volete anche con la serenità di una forza che sa di contare nel Paese e che sa che in ogni caso è uno sbarramento sicuro verso coloro che vogliono tornare alle avventure del passato.
Le vicende della nostra Regione non sono scollegate da questo processo in atto del Paese, dall'infezione che lo sta pervadendo. C'è la necessità di ristabilire un rapporto di fiducia tra le masse popolari e le istituzioni democratiche, una necessità tanto più forte per un'istituzione nuova, giovane come la nostra, che tante speranze e purtroppo tante illusioni ha creato fra la gente. Viviamo in un momento in cui sono in pericolo valori fondamentali della vita dei cittadini, il posto di lavoro i processi di ristrutturazione che sono in atto. Quante volte abbiamo discusso qui di quello che sta accadendo alla Zanussi, alla Castor, nel settore chimico, in quello tessile e siamo senza una Giunta perché qualcuno aspetta un processo. Ma è possibile che migliaia di lavoratori aspettino i comodi di una persona che fra l'altro, quando si presenta al processo scappa dal giudizio con un cavillo giuridico? Ci sono problemi urgenti da risolvere sul piano dei servizi sociali, dell'iniziativa degli enti locali che vivono il dramma quotidiano della loro impotenza, delle loro insufficienze sia legali che finanziarie e così via; e noi siamo bloccati paralizzati, in attesa di che cosa? Del 23 febbraio o di qualche altra data, o di qualche altra opportunità e comodità di qualche persona? Io credo che su questo bisogna riflettere al di là del giudizio, pur diverso, che si può dare sulle singole vicende; e proprio nel momento in cui la Regione avrebbe le possibilità, gli strumenti e in molti settori non solo nel nostro, la volontà di intervenire. Si sta discutendo del piano economico regionale, si sta discutendo di alcuni strumenti di intervento fondamentali come l'Ente di sviluppo agricolo, come l'Ente di sostegno alla piccola e media industria e all'artigianato, come la legge sulle deleghe come i comprensori, sono tutti atti fondamentali per far valere, per stabilire questo rapporto di fiducia tra Regione e popolazione. In questo momento si diserta il proprio dovere di eletti, il dovere a cui si è chiamati da centinaia di migliaia di cittadini.
La crisi è molto grave a mio avviso, sia quella nazionale, sia quella locale che è soltanto una componente della crisi generale; molto grave e di portata storica perché ci rendiamo tutti conto che al di là dei giochetti di potere sono in gioco e in discussione oggi gli equilibri strutturali del Paese, i rapporti sociali, la direzione politica, i valori morali e civili che oggi sono scossi e che sono messi in forse. E quindi la svolta che occorre per uscire da questa crisi non può che essere altrettanto profonda di questo siamo consapevoli, una svolta che deve mutare radicalmente il quadro economico, sociale e politico del Paese.
Ma siccome siamo dei realisti e semmai siamo talvolta accusati di un eccesso di realismo politico, ci rendiamo conto che una svolta di questa portata non può essere realizzata in un mattino e nemmeno in un mese, ma per questo io credo che occorra aver tutti chiara l'esigenza di un immediato atto che vada nella direzione di preparare la svolta più profonda, quella che noi definiamo la necessità di un'inversione di tendenza, di un primo passo in una strada diversa. E quando diciamo inversione di tendenza, pensiamo anche a misure limitate e parziali, di carattere immediato, ma che siano chiare nel segno politico che recano con sé, nelle scelte di fondo che implicano per l'avvenire. Questo è il punto.
Ecco perché noi ci sentiamo di avanzare qui una proposta analoga a quella che avanziamo a livello nazionale, che si formi una nuova Giunta una nuova maggioranza, una maggioranza caratterizzata da una rottura netta a destra. Noi non stiamo a discutere le formule, se debba essere un monocolore o una Giunta di coalizione, chiediamo invece che tutto il Consiglio, in un rapporto profondo con la popolazione che lo ha eletto discuta sui contenuti, sul merito di questa inversione di tendenza, discuta cioè un programma anche minimo ma chiaro, capace di incidere nella crisi attuale. I punti essenziali di questo programma, mi permetto di indicarli telegraficamente, sono a mio avviso, in primo luogo una netta chiusura a destra e una netta affermazione di antifascismo della Regione Piemonte e delle sue istituzioni e anche un impegno a battersi nei confronti del governo nazionale perché sia rispettata sino in fondo la legalità repubblicana e antifascista e siano colpiti con severità tutti i centri di eversione reazionaria operanti oggi nel nostro Paese.
A questo deve accompagnarsi un'iniziativa immediata anche se parziale perché siano affermati strutture, strumenti di vita democratica della nostra Regione attraverso lo sviluppo e la realizzazione di quei programmi di quei progetti che del resto sono già stati discussi tante volte dal punto di vista dell'articolazione democratica dell'attività regionale della partecipazione dei cittadini e così via.
Secondo: un intervento efficace e incalzante sui problemi della piena occupazione della nostra Regione, intervento in tutti i settori che oggi vengono colpiti, è il caso di dirlo, da processi di ristrutturazione e che mettono in discussione appunto il posto di lavoro di migliaia di lavoratori; e che questo problema non venga visto a sé stante, ma venga collocato nella discussione e nell'elaborazione del nuovo piano di sviluppo regionale che oggi è all'ordine del giorno della vita della nostra Regione.
Terzo: alcune misure immediate, anche se parziali, che portino avanti il discorso delle riforme in un rapporto democratico di autonomia, ma anche di reciproco contributo alla costruzione di una realtà nuova, con il movimento sindacale unitario, con le grandi associazioni di massa della nostra regione; riforme nel campo della distribuzione dei prezzi dell'agricoltura, della scuola, della sanità. Non chiediamo tutto e subito non chiediamo cose mirabolanti, chiediamo soltanto che certi processi positivi che hanno preso rilievo nella vita della nostra Regione e che hanno trovato spesso dei riflessi anche nel nostro Consiglio, vengano portati avanti con coerenza, al di là delle divisioni ideologiche e politiche che a volte ci contrappongono.
Vedete, nel momento in cui vi sono dei gruppi che dimostrano la loro capacità di colpire le istituzioni in nome dei propri interessi di fazione o di clientela, il nostro partito non chiede niente per sé stesso, non vuole partecipare alla maggioranza, non chiede Assessorati, non chiede posizioni di potere, chiede soltanto che la Regione si avvii su un terreno nuovo, capace di rispondere positivamente alla domanda sempre più pressante e talvolta drammatica che viene fuori dalle masse popolari del nostro Piemonte.
Rivolgiamo questo invito alla riflessione, questo appello ad agire a tutte le forze che noi riteniamo democratiche di questo Consiglio, agli amici della D.C. che sentono come noi oggi il peso di problemi che se lasciati insoluti possono davvero travolgere la democrazia in Italia, ma anche agli altri partiti che hanno una radice antifascista, che pur tra contraddizioni, diciamocelo francamente, perché non abbiamo mai assolto nessuno e non chiediamo mai di essere assolti, questo spirito antifascista hanno teso tante volte a riaffermarlo, ai socialdemocratici, ai repubblicani e così via, chiediamo a tutti una riflessione sul momento che viviamo e una capacità di scelta. Ci rivolgiamo soprattutto ai nostri compagni socialisti a cui ci lega oggi un'iniziativa unitaria in tanti campi, e anche una visione comune di tanti problemi. Io penso che i compagni socialisti ed il partito comunista abbiano oggi insieme una grande responsabilità. Non abbiamo mai fatto problemi formali di partecipazione dei socialisti ad una maggioranza o all'opposizione, chiediamo ai compagni socialisti come chiediamo a noi stessi la massima coerenza nel portare avanti, insieme, i problemi veri e i loro contenuti nel merito specifico dei problemi stessi, in un rapporto sempre più profondo con le masse della nostra Regione.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Viglione. Ne ha facoltà.



VIGLIONE Aldo

Colleghi Consiglieri, oggi, 19 febbraio, siamo ancora senza governo regionale. I partiti che hanno costituito, mesi addietro, una Giunta minoritaria, con appoggio liberale, nemmeno contrattato, forse per vocazione, senza alcun programma preciso, senza scelte, si sono decomposti di fronte alla realtà sociale, economico-produttiva piemontese. Per questo non abbiamo creduto alla motivazione delle dimissioni data dal Presidente Calleri, che con gesto volutamente spavaldo è andato incontro ai giudici torinesi perché fosse affermato un principio di compatibilità o incompatibilità. Per questo, secondo le motivazioni date, il Piemonte si è fermato, in attesa del verdetto che dovrebbe sancire la liberazione di innumerevoli amministratori, sindaci, operatori politici da un incubo precisamente quello dell'incompatibilità. Un gesto di aiuto all'autonomia come si è ancora detto, che nel suo primo significato doveva servire a smuovere remore amministrative, chiarendo la farraginosa materia e consentendo poi, in ultima analisi, invece, un allargamento dei poteri di sottogoverno.
L'atto fu soprattutto dettato dall'ira, inconsulto, senza alcun senso logico, se così lo si vuole intendere. Ma noi pensiamo che le cose siano da esaminare in modo diverso, e sotto una luce ben più accecante. Se così fossero effettivamente le ragioni addotte e le giustificazioni offerte in più circostanze - dichiarazioni alla stampa, nell'aula, in colloqui personali -, non si comprenderebbe come il Presidente non sia intervenuto a suo tempo, allorché una componente del suo governo, il P.R.I., si fece per primo autore di un'autentica aggressione in provincia di Cuneo nei confronti del segretario provinciale della Democrazia Cristiana, l'ing.
Bellani, che ebbe poi partita vinta in Corte d'Appello e in Cassazione, e così nei confronti dei due esponenti socialisti assessori della città di Alba, pure aggrediti dal P.R.I., aggressione che si concluse anche per questa partita con una pesante sconfitta del P.R.I. avanti la Suprema Corte di Cassazione.
Questo tipo di linciaggio cominciò, quindi, e soltanto, dalle forze politiche che componevano il governo di centro-destra e da nessun'altra forza politica. Ciò sta a significare che grossi fatti degenerativi si erano man mano fatti avanti ed evidenziati, dal momento che i vari promotori degli atti giudiziari per le dichiarazioni di ineleggibilità o incompatibilità non perseguivano lo scopo di moralizzare la vita pubblica secondo lo spirito della legge, ma soltanto di nuocere agli avversari interni, ponendo solchi sempre più profondi all'interno di questi partiti ed inquinando in definitiva l'intera vita politica della Regione.
Ecco perché noi non crediamo alle dichiarazioni rese dal Presidente all'origine della crisi ed anche nel corso della crisi stessa. Le ragioni sono ben più profonde: stanno nel distacco sempre più profondo fra il Governo e le forze che lo compongono dalle classi popolari, nella mancanza di un dialogo con gli amministratori, con i sindacati, nell'assenza di un costante confronto con le altre forze politiche; le ragioni stanno nell'incapacità di svolgere una concreta politica traducendo le istanze dei cittadini, dei lavoratori in una realtà quotidiana di governo.
Se volessimo rendere più evidente la situazione, diremmo che questo governo dimissionario manca, ed ha mancato, di idealità e di base. Nessuna spinta popolare per portarlo innanzi, molte suggestioni, stati d'animo superbie, per trarlo indietro. Nell'incapacità di governare, e non di clientelizzare il potere, nell'assenza di ogni originale elaborazione nuova di fronte al più grosso fatto politico degli ultimi vent'anni, e cioè la Regione, nell'impossibilità di tradurre in atto anche le basi minime su cui il governo regionale di centro-destra era sorto: in questa direzione vanno ricercati i motivi della crisi. In caso contrario, tutto veramente sarebbe superficiale ed inquinante. Pensare, come molti hanno fatto, spesso sotto l'inganno, che il Piemonte è fermo perché Calleri vuol farsi dichiarare compatibile, o incompatibile, con le sue numerose cariche, e sfida avversari, magistratura ed elettori a questa specie di palio o singolar tenzone che si terrà venerdì nell'aula del Tribunale di Torino, significa ritornare al Medioevo, ad una nuova edizione del regime dei Borgia significherebbe in definitiva declassare la lotta politica ad un fatto personale di amicizia o di potere, significherebbe in definitiva dare anche un giudizio negativo per le altre forze politiche che da anni si stanno battendo per una moralizzazione autentica della vita pubblica, che nasce dalle lotte popolari, dalle grandi svolte della storia politica, dalla riforma delle strutture arretrate del nostro Paese.
Ecco il motivo per cui noi riteniamo che l'attuale crisi abbia ragioni più profonde, investa l'intera struttura della nostra società e richieda interventi e rimedi che vanno ben al di là di instabili formule neocentriste, dell'empirismo giornaliero di governo, nemmeno all'insegna dell'efficientismo. In sostanza, la Regione Piemonte chiede un nuovo Governo. Non è d'altronde ignoto a voi, signori Consiglieri, che anche sul piano nazionale un vasto movimento politico è in atto. Non parliamo soltanto delle dichiarazioni rese dal cartello delle sinistre democristiane, ma dalla stessa componente fanfaniana, che nelle dichiarazioni rese ieri da Arnaud ha specificato: "Vi sono realtà oggettive che non possono essere ignorate dalle forze politiche, ma rispetto alle quali è anzi necessario proporre soluzioni idonee. La realtà italiana è particolarmente difficile e dura, e si esprime in una prolungata crisi economica, che si è manifestata con la riduzione del tasso di accrescimento del reddito, con la caduta degli investimenti, e con l'aumento della disoccupazione". Chiara condanna del Governo Andreotti-Malagodi. E le sinistre democristiane più propriamente in rapporto alla crisi regionale hanno unanimemente convenuto che l'interruzione di ogni rapporto politico per risolvere la crisi della Giunta Regionale è un altro fatto senza precedenti, che altera funzioni e natura delle istituzioni, danneggiandole.
Continua il comunicato della sinistra D.C. rilevando che "nessun motivo pu essere addotto per giustificare ulteriori ritardi" e che "la soluzione della crisi dev'essere perseguita nella ricerca della ripresa collaborativa tra D.C., P.S.I., P.S.D.I., P.R.I., per la quale esistono possibilità e condizioni".
Ecco perché noi diciamo che il momento è drammatico e ben gravi responsabilità assumono quelle forze o componenti politiche che ritardano questo processo ed impediscono che la Regione Piemonte abbia un Esecutivo in grado di dare una risposta ai problemi urgenti delle nostre popolazioni.
Il momento drammatico che noi viviamo impone meditazione e pronte decisioni. Il pericolo neo fascista, il discredito cui le istituzioni democratiche vanno incontro a seguito dello squallore di questa crisi della sua insolubilità, della pervicacia delle forze di destra, insensibili a tutto, logore ormai ma ancora non vinte, il vuoto politico e di Governo contribuiscono a dare linfa a certe manovre qualunquistiche che vorrebbero anche nel nostro Paese soluzioni autoritarie o paragolliste.
Il P.S.I. è pronto a dare nuove risposte, è pronto alla ricostituzione di un governo regionale che inverta la sua rotta, che sia l'espressione delle esigenze dei cittadini e dei lavoratori del Piemonte. E' pronto soprattutto per attuare quelle riforme che tutti attendevano con l'avvento delle Regioni: la casa, la sanità, l'agricoltura, i grandi lavori pubblici i diritti democratici, la partecipazione, l'informazione, la delega costituiranno l'occasione per il confronto fra i partiti dell'arco costituzionale più propriamente democratici, popolari e antifascisti, in un momento assai importante qual è la verifica di un'effettiva volontà politica, e volontà politica che si manifesta nell'intenzione di imboccare questa nuova strada.
Noi diciamo che il è pronto e disponibile per questo confronto e per questa scelta, con l'inizio delle trattative immediate fra i quattro partiti per la ricostituzione di un governo di centro-sinistra anche alla Regione Piemonte.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Rossotto. Ne ha facoltà.



ROSSOTTO Carlo Felice

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi fa piacere che il collega Minucci abbia detto che non intendeva impartire lezioni politiche e morali: sono certo che è cosi, sia per la serietà e per l'impegno politico che egli ha sempre dimostrato in quest'aula, sia per la forza che egli qui rappresenta. Non sarebbe degno di lui, né da politico quale egli è scendere a valutare approfonditamente le scelte di fondo che sono imposte ad una classe politica soltanto per impartire lezioni di politica o morale.
Si parla di degenerazione; si parla di un fatto, quello che dovrebbe avere la sua conclusione il 23 di febbraio, come se esso solo avesse determinato una certa situazione di crisi. Si è parlato e si parla di gruppo di potere; si è parlato qui di tutto ciò che, con gusto scandalistico menzoniero, la stampa nazionale sta dicendo di questo gruppo di potere. Mi pare però che questo sia un modo molto ristretto e molto provinciale di affrontare il vero problema, tanto più in un momento in cui siamo chiamati a valutare la situazione economico-sociale della nostra Regione nel quadro più ampio in cui dev'essere interpretata una politica regionale nazionale, in vista del cimento massimo cui siamo chiamati quello di riuscire ad evitare gli inconvenienti e assicurarci i vantaggi di una chiara e coerente politica regionale a livello europeo. Ciò dico anche se, riconosco che mi colmerebbe di grande soddisfazione il poter pensare che tutto quanto è avvenuto nel nostro Paese dal luglio del '71 in avanti è in gran parte opera di questo gruppo di potere di cui, è inutile nascondersi dietro il dito, stampa e allusioni anche garbate qui fatte individuano in chi ora parla uno degli esponenti...



VIGLIONE Aldo

Forse esageri. Sarebbe più esatto dire "dei sostenitori".



ROSSOTTO Carlo Felice

Sia pure, La mia modestia borghese mi convince di non essere nemmeno questo.



RIVALTA Luigi

Sei un tecnico, Rossotto.



ROSSOTTO Carlo Felice

In un Paese in cui c'è tanta gente che sa soltanto parlare a vanvera la qualifica di tecnico si può senz'altro considerare onorifica.



BERTI Antonio

Avvocato, diciamo.



ROSSOTTO Carlo Felice

Anche questa è una professione seria, quando è svolta seriamente.
L'elezione dell'on. Leone a Presidente della Repubblica, la formazione di un Governo nazionale, che ha significato un'inversione di tendenza, sono fatti che portano a concludere come, riconosciuti gli errori commessi in dieci anni da determinate forze politiche e sociali, si stia cercando con altre forme, con altri mezzi e con altro impegno di porre rimedio alle carenze, di fare ciò che non è stato fatto.
Perché è vero che bisogna compiere una grossa scelta: è inutile parlare continuamente di riforme senza avere precedentemente deciso con chiarezza se si vogliono riforme utili atte a vivificare, a eliminare tutto ciò che di vecchio esiste nel nostro sistema, per renderlo più efficace, più moderno, riforme tali da consentire all'Italia di rimanere legata ai Paesi facenti parte del sistema libero e occidentale che le è connaturale, o se si vogliono riforme destinate a determinare lo sganciamento dell'Italia da questo tipo di alleanza spirituale e naturale. Direi che il fattore che ha portato al fallimento del centro-sinistra sta proprio nel fatto che non si è voluta operare una scelta fra queste due strategie: quella chiaramente evidenziata, chiaramente sostenuta, e riproposta stamattina dal collega Minucci con i suoi appelli all'unità, e quella invece di riforme attuate senza incidere...



MINUCCI Adalberto

....da Malagodi.



ROSSOTTO Carlo Felice

Non penserai che sia in disaccordo con il Presidente del mio partito dopo che...



MINUCCI Adalberto

Sta distruggendo persino la lira.



ROSSOTTO Carlo Felice

Su questo punto mi propongo di ritornare alla conclusione del mio intervento, come ultimo argomento.



PRESIDENTE

Per carità, non allarghiamo il dibattito. Qui non è presente il Ministro delle Finanze in carica....



ROSSOTTO Carlo Felice

Scusi, Presidente, il dibattito mi pare che sia già stato ampliato notevolmente con il parlare di soluzioni politiche che occorre dare a questa crisi regionale, attraverso un'inversione di tendenza.
Se vogliamo uscire dal gioco degli schieramenti e guardare realmente i problemi, dobbiamo porceli con chiarezza e vedere cosa è tutta questa mistificazione di svolte a destra, di svolte in chiave autoritaria, quando poi invece ci si limita ad esaminare un solo provvedimento, il fermo di polizia, che tra l'altro nel 1966 proprio il sottosegretario Amadei difese chiaramente al Senato di fronte ad alcuni attacchi decisi e precisi portati dall'opposizione comunista e da noi liberali, che ritenevamo che consentire alla polizia di fermare dei cittadini per sette giorni fosse in contrasto con l'art. 113 della Costituzione.



MINUCCI Adalberto

Quella decisione era ancora riservata ai magistrati, qui invece...



ROSSOTTO Carlo Felice

No, Minucci, la formulazione era identica. Se vuoi, torneremo sull'argomento fuori seduta, non adesso, per evitare di ampliare eccessivamente il dibattito, secondo la giusta raccomandazione del Presidente. Il fatto è, comunque, che allora non si ebbero pruriti di tutela della limitazione della libertà dei cittadini. Venne fatto un dibattito in Senato. Oggi dalle forze politiche questo provvedimento viene valutato attentamente specialmente sotto il profilo delle possibili implicazioni di pericolo connesse con il secondo capoverso del testo dell'articolo unico, ma quanta speculazione esiste però! Ma, ciò premesso, vogliamo esaminare attentamente, in chiave regionale cosa è avvenuto precedentemente e quel che sta come conseguenza accadendo oggi nell'ambito nazionale e nell'ambito europeo? Perché, o da questo ambito si decide di uscire, o, se ci si rimane, bisogna farlo dopo aver valutato certi tipi di conseguenze. Dieci anni di politica del centro sinistra in chiave europea hanno reso i problemi dell'occupazione gravi e drammatici, come giustamente più volte abbiamo affermato qui, come ancora stamattina ricordava il collega Minucci. Una politica regionale a tutela delle aree deboli non è stata neanche abbozzata; anzi, gli accordi conclusi durante gli incontri di Bruxelles, in cui si fermavano gli orologi per poter giungere ad una definizione, che i Ministri del Tesoro di allora, al ritorno, annunciavano trionfalmente come vittorie italiane affermando che grazie alla loro opera la lira era salva, la lira era forte, la lira non sarebbe stata svalutata, hanno portato l'Italia a contribuire con le sue forze di lavoro ad incrementare la capacità imprenditoriale delle zone forti d'Europa a detrimento delle nostre, prima quelle deboli del Sud, oggi anche quelle che passano per forti, situate al Nord.
Un'inversione di tendenza c'è stata: è stato proprio il Governo attualmente in carica a Roma ad impostare un chiaro discorso di politica regionale e sociale, a porre per primo sul piatto della bilancia della trattativa con i partner europei la considerazione che una politica a tutela delle aree deboli dell'Europa richiedeva una diversa presa di posizione da parte loro nei nostri confronti. Questa è un'inversione di tendenza, che ha come primo presupposto la difesa dell'occupazione, in un Paese che è sesto a livello industriale nella scala mondiale (forse è già sul punto di scendere al settimo posto, per tutti i fenomeni recessivi che stiamo conoscendo ed a cui si sta cercando di ovviare ).



MINUCCI Adalberto

Se rimane ancora per un po' questo Governo diventerà anche ottavo....



ROSSOTTO Carlo Felice

Al settimo sta scendendo per effetto della politica condotta da altri reggitori. Vedremo se con l'attuale Governo rimarrà al settimo, o passerà all'ottavo, come tu dici, o ritornerà al sesto come ritengo con convinzione io.
Una cosa è indubbia: che il problema occupazionale può essere visto soltanto in un'ottica europea, nel pieno rispetto e nella piena attuazione e realizzazione di strumenti validi. Nulla si è fatto, in dieci anni di centro-sinistra, oltre questo vuoto e famoso discorso per le riforme, per un'incisiva evoluzione sociale del Paese, per utilizzare i pochi strumenti creati e collaudati in sede europea - il BEI, il FEOGA, il Fondo di sicurezza sociale - in modo che operassero in favore dell'Italia. Fra il luglio e il settembre dell'anno appena trascorso l'Italia ha posto al vertice europeo chiare condizioni a tutela delle zone deboli ed ha trovato un primo alleato nell'Inghilterra, che si trova alle prese con problemi del tutto analoghi ai nostri. Nell'incontro dei giorni scorsi a Bruxelles qualche cosa su questo piano si è già affermato ed è già stato concordato.
Noi amministratori regionali dobbiamo pretendere dal Governo nazionale interventi su questi temi, e nel contempo dobbiamo esaminare e valutare le possibili conseguenze.
Togliamoci dall'equivoco degli schieramenti. L'amico Viglione diceva poco fa: noi siamo disponibili... Ma risolvetelo, allora, il problema della vostra disponibilità. Ci vogliono degli iniziati in filosofia politica per poter capire certi comunicati che dicono che voi socialisti, voi socialdemocratici, voi democristiani, al Comune di Torino, non siete riusciti, in quarantacinque giorni, a trovare un accordo per costituire una Giunta che possa, secondo voi, operare in maniera chiara e precisa. E ora come se nulla fosse venite qui a riproporre le stesse formule... Se gli accordi unitari esistono, portateli avanti, ma assumetevi chiaramente la responsabilità di dire di no ad un certo tipo di politica riformista intesa a salvare il sistema ed a riportare il nostro Paese, con una lenta e progressiva evoluzione dei suoi cittadini, ad una vita democratica, per condurli invece seguendo il mito del centro-sinistra ad altre scelte, le cui conseguenze negative mi pare riconosciamo tutti sia democristiani, che repubblicani e socialdemocratici quando parliamo in privato mentre poi da molti di costoro sono disconosciute in dibattito pubblico.
E non si cerchi di confondere le idee con il discorso della chiusura alle destre, dopo che da parte nostra si è impostato un discorso in chiave europea, chiaramente di rilancio dell'economia in un certo tipo di sistema dicendo di no in maniera netta e precisa - per questo pagando il nostro scotto elettorale, in determinati momenti - a collegamenti con certe altre componenti politiche i cui discorsi di corporativismo, presentati in doppio petto, noi non possiamo dissociare dal ricordo della tragedia economica della tragedia militare, della tragedia chiaramente di inciviltà cui essi hanno portato, costringendo molti di noi e dei nostri a riconquistare la propria dignità sui monti, nelle pianure, assecondando altre forze armate che nel nostro Paese avevano manu militari riportato il principio di libertà.



CURCI Domenico

Lo ricorderemo ai vostri elettori, questo discorso.



ROSSOTTO Carlo Felice

Sarà fiato sprecato, perché queste cose ai nostri elettori le abbiamo sempre dette in maniera chiara e precisa. Noi non vogliamo assolutamente essere confusi con voialtri, e non vogliamo che sulla base di queste confusioni che per ovvi motivi altre forze di estrema opposizione hanno interesse a far nascere....



CURCI Domenico

Non vi servirà a tenervi a galla quel che state dicendo.



ROSSOTTO Carlo Felice

Fra noi e voi non esiste alcun rapporto se non su un principio: che noi rispettiamo tutte le opinioni e riteniamo però di combatterle lealmente apertamente.
In questo Consiglio Regionale è risuonato di nuovo un appello all'unità. Da parte del mio Gruppo, indipendentemente da ogni altra opposizione, si richiama nuovamente l'impegno non all'unità ma alla responsabilità delle forze politiche. E' tempo che le scelte siano fatte.
Si operi senza indugio, senza soffermarsi a mercanteggiare da farmacisti su formule e formulette. Il Paese attende chiare decisioni dalla classe politica. Noi abbiamo precisato per quale tipo di discorso siamo disponibili. Indipendentemente dalla poca popolarità che questo può avere nei confronti di coloro che portano avanti un discorso vecchio o di coloro che ritengono di avere un discorso nuovo, ma che, in altri Paesi d'oltre cortina, è più vecchio dei trent'anni, in cui la dittatura marxista stanno tenendo.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Gandolfi. Ne ha facoltà.



GANDOLFI Aldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, questo dibattito e le considerazioni iniziali con cui il collega Minucci l'ha avviato fanno ritrovare i partiti di maggioranza obiettivamente in una situazione di imbarazzo: non può non essere imbarazzante la situazione di partiti che devono dare una soluzione di governo alla Regione e che sono costretti a dilazionare ulteriormente i tempi della soluzione.
Già agli inizi del '71 la Regione Piemonte si era trovata in una situazione di questo genere e già allora il partito repubblicano aveva sollevato critiche per il protrarsi ingiustificato della crisi e fatto il possibile per dare ad essa una rapida soluzione. Anche in questa occasione non possiamo non ribadire che, oltrepassata la scadenza che tutti diamo per scontato si debba attendere, che è quella del 23 prossimo venturo, faremo il possibile, come credo faranno gli organi direttivi anche della Democrazia Cristiana e del partito socialdemocratico, perché si giunga a dare una rapida soluzione a questa crisi, ormai da troppo tempo in atto.
Dal dibattito dobbiamo rilevare, come già la volta scorsa, però, alcuni elementi.
Anzitutto, dobbiamo respingere, ancora una volta, un certo tipo di valutazioni sul lavoro svolto dalla Giunta passata. Questa Giunta ha comunque permesso di portare a soluzione alcuni importanti problemi regionali, e, ci sembra, anche in condizioni di larga convergenza consiliare, per cui certi giudizi ci sembra non possano assolutamente essere dati.
Secondo elemento che è importante rilevare è che questa crisi si è aperta per ragioni non politiche, cioè non di crisi di rapporti all'interno della maggioranza, non di crisi e di difficoltà per il conseguimento di certi obiettivi o di certe realizzazioni della vita regionale. Ci rendiamo ben conto che una crisi non politica può aprire delle fasi di discussione di dibattito, di confronto che invece hanno elementi politici. Il fatto nuovo di fronte al quale ci troviamo è che anche a livello nazionale si è iniziato un dibattito circa la possibilità di ripresa della convergenza fra i partiti di centro-sinistra. Ma credo, Minucci, che tutti dobbiamo essere d'accordo, al di là delle indicazioni che ciascuno di noi ritiene di dover dare, che il Paese non potrebbe affrontare senza pericolo il rischio di un nuovo fallimento di una soluzione di centro-sinistra.
Questa soluzione di centro sinistra, se deve nascere, a livello nazionale come a livello locale, deve nascere in una situazione di estrema chiarezza e di certezza politica, e non deve più produrre dei Governi orientati a sinistra, che mettano il Paese di fronte ad un'azione di governo contraddittoria, incerta, quindi controproducente anche rispetto a disegni o a istanze generali di sviluppo democratico del Paese. Dobbiamo essere estremamente attenti a non commettere più gli errori che sono stati commessi tra il 1964 e il 1971, e quindi è anche importante che si abbia la consapevolezza che, se maturazioni e convergenze devono nascere - e noi ci auguriamo che nascano - ciò deve avvenire con estrema ponderatezza e in un quadro di estrema chiarezza politica fra tutti i contraenti di un futuro accordo di centro-sinistra. Chiarezza che, ripeto, non c'è ancora, ma che tutti devono darci atto che noi facciamo il possibile per far maturare, a tutti i livelli.
Detto questo come elemento di riflessione in questo dibattito, vengo al motivo che mi ha indotto ad intervenire, anche se non era mia intenzione farlo sapendo che avrei dovuto limitarmi a ripetere cose già dette nel dibattito di quindici giorni fa: l'accenno che l'amico Viglione ha voluto fare ad un certo tipo di interpretazione sulle origini di queste vicende di denunce a catena, che tende a farle risalire a denunce di cui avrebbe preso l'iniziativa il mio partito in provincia di Cuneo nei confronti di Consiglieri del partito socialista italiano.
Devo anzitutto far rilevare all'amico Viglione che i rappresentanti del mio partito nella provincia di Cuneo hanno presentato esposti alla Magistratura su problemi di incompatibilità innanzitutto....



REVELLI Francesco

Come ex democristiani.



GANDOLFI Aldo

Sbagli, se mai sono ex socialisti.
......in prima persona, non attraverso prestanome, e dopo aver sollevato questi problemi nelle sedi competenti, cioè all'interno dei Consigli Comunali e in contatti diretti con gli amici del partito socialista. Perché, in fondo, ai socialisti ci lega un rapporto di odio amore, cioè di solidarietà e di vicinanza in certi tipi di battaglie, ma anche di netto contrasto in rapporto a certi momenti della vita pubblica e politica del nostro Paese in questi ultimi anni; convergenze che nella misura in cui nascono da vicinanze ideali noi ci auguriamo che si possano ritrovare, ma anche divergenze innanzitutto in fatto di sensibilità a fronte di certi problemi che molte volte ci costringono ad aprire polemiche ed a rivolgere solleciti al partito socialista.
In particolare, in provincia di Cuneo, rilevata l'esistenza fra gli amici socialisti di casi che a nostro avviso erano di incompatibilità abbiamo sollecitato, innanzitutto nelle sedi competenti, che si prendessero le opportuno decisioni, con la consapevolezza che i partiti di sinistra, a maggior ragione degli altri, non si possono permettere di ritrovarsi nelle condizioni che molto spesso il partito socialista stesso rinfaccia ad altre grosse formazioni politiche, o alle formazioni che stanno alla sua destra.
Cioè, il partito socialista in particolare, che vuol essere interprete rigoroso di esigenze di sviluppo democratico e di esigenze che nascono dalla classe lavoratrice, non può farsi ritrovare in condizioni quali quelle che noi abbiamo denunciato in Provincia di Cuneo. Il partito socialista cade talvolta in questo tipo di contraddizioni, che ad esse derivano appunto da casi di questo genere: attacca violentemente attraverso suoi esponenti, o sue correnti, o nella sua interezza, il centro sinistra, si sgancia sdegnosamente dal centro-sinistra, ma mantiene le cariche di sottogoverno che dal centrosinistra gli erano venute. E' un comportamento che noi riteniamo che i partiti di sinistra in particolar modo non possano permettersi, e per questo noi abbiano avviato un'azione in provincia di Cuneo di carattere politico, ripeto, in prima persona, non anonima, rinunciandovi nel momento in cui ad Alba gli esponenti del partito socialista si sono dimessi, cioè hanno fatto cadere i motivi di incompatibilità: non va imputato certo a noi se poi la Magistratura ha fatto proseguire il procedimento.
Questo il tipo di chiarimento che dovevo all'amico Viglione.



VIGLIONE Aldo

Ci ha dato ragione, in fondo.



GANDOLFI Aldo

Vi ha dato prima torto e poi ragione.



PRESIDENTE

Il Consigliere Viglione è avvocato, e come tale sa che ci sono di queste altalene.



GANDOLFI Aldo

Lo sanno anche altri, mi sembra.
Comunque, permettimi di dirti, Viglione, che mi sembra un po' fazioso far risalire a quella vicenda, che ha tutt'altra origine, tutt'altra storia e diversi modi di svolgimento, l'origine di quel che è capitato e sta capitando qui a Torino, che mi sembra abbia un contesto completamente diverso, per cui, per ragioni di obiettività e di lealtà, non si dovrebbe arrivare a fare le considerazioni che tu hai fatto, che francamente mi sono spiaciute, e che mi hanno indotto a fare questa precisazione.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Vera. Ne ha facoltà.



VERA Fernando

E' evidente che, se continueremo in questa serie a puntate di dibattiti sulla crisi, sarà sempre più difficile trovare nuovi argomenti, e quindi quasi dobbiamo ringraziare i colleghi Viglione e Gandolfi per avere, se non altro, portato nel dibattito questo elemento di cui non eravamo al corrente.
Voglio qui ricordare - mi sembra giusto sunteggiare le posizioni assunte in ordine a questa crisi, così come in ogni romanzo a puntate si è soliti fare il sunto dell'antefatto - che il mio partito si era chiaramente pronunciato in ordine a questa crisi con un documento del Comitato esecutivo regionale del partito, successivamente confermato dal Direttivo regionale all'unanimità, nel quale veniva dichiarata la tendenza del partito socialista democratico verso una verifica delle possibilità di ricostituzione di una maggioranza di centro-sinistra, e ciò per scelte valutazioni, ragioni che ho già esposto nei precedenti interventi sullo stesso tema e che non sto qui a riprendere poiché credo siano abbastanza note; valutazioni, ragioni che discendono da un esame e della situazione nazionale e della situazione regionale, che non intendono rappresentare discriminazioni verso alcuno. (Mi ha fatto piacere sentire questa mattina il collega Rossotto riaffermare il carattere democratico ed antifascista del suo partito: d'altronde, noi abbiamo sempre riconosciuto nel partito liberale una forza sinceramente ed autenticamente democratica, dalla quale ci dividono valutazioni in ordine a programmi, in ordine ad azioni da svolgere nel Paese, ma alla quale evidentemente ci unisce la comune fede democratica e antifascista). E abbiamo chiesto agli altri partiti che dovrebbero comporre questa maggioranza una pronuncia in questo senso.
La volta scorsa il collega Nesi ha detto che il suo partito era disponibile ad un confronto sul programma con gli altri partiti di centro sinistra o con i partiti della maggioranza. Questa mattina il collega Viglione ha fatto un sostanziale passo avanti, dicendo testualmente che "il P.S.I. è pronto ad una trattativa immediata per la ripresa della collaborazione di centro-sinistra". Il fatto che autorevoli esponenti del Gruppo socialista, quali il collega Nesi e il collega Viglione, si siano pronunciati in questo senso ci conforta nella nostra azione a favore di una ripresa della collaborazione di centro-sinistra. Certo, ci conforterebbe ancor di più - senza voler togliere nulla ai meriti che hanno le personalità di Nesi e di Viglione - una pronuncia, quale noi abbiamo richiesto, da parte di quel partito: pronuncia che finora, malgrado i ripetuti solleciti, anche da parte del nostro Segretario regionale nei confronti della Segreteria regionale del P.S.I., è mancata.
Questo appello, che noi abbiamo rivolto con documenti e con lettere, io intendo qui, questa mattina, ripetere, non solo nella mia qualità di Capogruppo ma anche in rappresentanza della Segreteria regionale del mio partito, al P.S.I.; il quale, forse per una deformazione psicologica che è ad esso un po' propria, ha una certa riluttanza a prendere in considerazione richieste provenienti da un partito che qualche volta cerca non dico di non riconoscere ma di non nominare (non è che noi ci adontiamo di questo fatto, perché evidentemente, al di sopra di queste che possono essere questioni psicologiche, c'è un'azione politica che noi riteniamo molto più importante e che intendiamo portare avanti, nel Paese come nella nostra Regione).
La posizione a favore del centro-sinistra il P.S.D.I., ripeto, l'ha chiaramente ed esplicitamente presa di fronte all'opinione pubblica. Noi non siamo in grado da soli di costringere partiti che si muovono in una loro autonomia e con una loro responsabilità politica ad accettare le nostre prese di posizione: ci attendiamo che questi partiti con senso di responsabilità pari a quello da noi dimostrato ci diano una risposta precisa su queste posizioni.
La risposta deve ovviamente venire con una certa rapidità. Il collega Minucci ha fatto considerazioni che noi non condividiamo per intero ma alcune delle quali molto sensate: si è richiamato ad una situazione obiettiva, economica e sociale, della nostra Regione che preoccupa noi tanto quanto preoccupa i colleghi di altri partiti, e che riteniamo renda assolutamente ingiustificato il prolungarsi oltre un certo limite di una crisi di questa natura alla Regione Piemonte. Basti pensare agli avvenimenti finanziari degli ultimi giorni, che hanno riflessi in tutto il mondo, e quindi a maggior ragione in un Paese come l'Italia che, ricordava prima Rossotto, è al sesto, o al settimo, posto nella scala dei Paesi industriali mondiali. In un'economia, in una società mondiale in cui si sono creati tali legami di interdipendenza, da avvenimenti di questo genere l'Italia subisce notevoli riflessi, e li subisce, a maggior ragione nell'ambito dell'Italia, una regione industrializzata com'è il Piemonte, il che porta poi a quelle difficoltà economiche, a quei problemi di occupazione di cui la violenza, che ne è l'aspetto più appariscente e sconvolgente, rappresenta poi soltanto un sintomo, al di là del quale c'è una grossa sostanza di difficoltà e di crisi economica e sociale della Regione piemontese, di cui i responsabili eletti nel Consiglio Regionale non possono disinteressarsi.
Di fronte a questa realtà, ritardare ulteriormente pronunciamenti politici e soluzioni politiche la cui competenza spetta responsabilmente ai partiti, sarebbe dar prova di grave indifferenza nei confronti di esigenze popolari che si evidenziano in modo particolarmente drammatico in questo momento. Per questo, a nome del partito socialista democratico, io rinnovo l'appello a tutti i partiti, naturalmente in particolare ai partiti che hanno formato in passato la coalizione di centro-sinistra, acciocché si trovi una soluzione che risponda agli interessi delle popolazioni della nostra Regione.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Garabello. Ne ha facoltà.



GARABELLO Enzo

Signor Presidente, diventa persino difficile prendere la parola su questo argomento con periodicità quindicinale. Dico questo non perché non ritenga apprezzabili per il loro contenuto gli interventi che si stanno svolgendo oggi in Consiglio, ma perché noi della sinistra democristiana almeno avremmo voluto vedere già risolto l'impasse.
La sinistra democristiana della Regione piemontese, a nome della quale io parlo, ha compiuto un esame della situazione, le cui conclusioni sono state anche rese pubbliche. Desidero qui farmi semplicemente portavoce, per riconfermare le nostre posizioni, che sono di collaborazione alla ricerca di una pronta soluzione ai problemi incalzanti la nostra comunità regionale, purtroppo lasciati in sospeso dal vuoto di potere politico che rischia giorno per giorno di tagliar fuori il nostro istituto dai qualificanti momenti della decisione.
Non abbiamo mai nascosto, qui come altrove, i nostri due fondamentali punti di vista: 1) il rinvio della formazione di una Giunta è deleterio rispetto alla soluzione dei problemi, e pertanto è urgente la formazione di una nuova Giunta, essendo questa l'unico elemento operativo che possa effettivamente contare per la soluzione dei problemi delle nostre popolazioni; perché il Consiglio Regionale discute, approfondisce, porta avanti i problemi confronta le tesi politiche, confronta anche le soluzioni, ma ciò a poco serve senza il momento operativo, senza il momento del potere politico 2) noi siamo orientati decisamente verso la ricostituzione del centro sinistra. La nostra netta scelta in questo senso ha fra l'altro trovato in questi giorni, in importanti assisi politiche, importanti e non episodiche conferme: mi riferisco al Consiglio nazionale della Democrazia Cristiana al Comitato centrale del P.S.I. e, se consentite, agli interventi che in quest'aula, nella scorsa seduta e in quella in corso, hanno svolto per il partito socialista il collega Nesi e il collega Viglione, per il partito socialdemocratico il collega Vera in ambedue le circostanze. Mi pare siano servite, le indicazioni nazionali e quelle regionali, a chiarire ulteriormente la possibilità, sol che lo si voglia, di ricostituire una Giunta di centro-sinistra.
Noi ci permettiamo inoltre di rivolgerci a tutte le forze politiche presenti in Consiglio per chiedere loro di riesaminare, sotto la guida della Presidenza del Consiglio, le attuali pur ridotte attività del Consiglio Regionale, ad evitare che esse costituiscano, come si potrebbe supporre, una copertura ad un vuoto politico che si trascina senza chiare prospettive. Ci pare che questa richiesta non contrasti con le nostre responsabili prese di posizione iniziali, quando ci dichiarammo favorevoli a proseguire i lavori particolarmente di Commissione, soprattutto per evitar di cadere in eventuali - non chiare, perché giuridicamente non definite - conseguenze di una mancata approvazione del bilancio nei termini statutari, nonché per il rapporto dell'Ires sul piano, argomento di per s non legislativo, per il quale è giunto ad uno stadio assai avanzato il lavoro di consultazione della comunità regionale.
Ci rivolgiamo al complesso delle forze politiche, senza intenti polemici nei confronti di alcuna, perché vogliano approfondire questa richiesta, mentre più vivo si fa il nostro sollecito per la costituzione di una Giunta sostenuta dai quattro partiti di centro-sinistra, che rilanci con volontà politica non disgiunta da un programma operativo rinnovato, la presenza operativa della Regione nei problemi pressanti della comunità piemontese.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Carazzoni. Ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, noi abbiamo già avuto occasione di precisare il nostro giudizio sui tempi, sui modi, sulle cause della crisi che ha investito la Regione Piemonte. Un giudizio, giova ricordarlo, estremamente chiaro ed esplicitamente duro; tant'è che forse neppure sarebbe il caso di richiamarlo ancora stamane se questa specie di pirandelliano gioco delle parti, che è tipico del sistema, non ci costringesse, a scadenze quindicinali, a ripetere tutti quanti pressoché le medesime cose.
Avevamo detto in precedenza, soffermandoci in particolare sulle crisi che erano sorte alla Regione e al Comune di Torino ed analizzandone le cause, che non potevamo assolutamente accettare, al di là del tono pateticamente sofferto con il quale il dott. Calleri era venuto a presentarle in quest'aula, le giustificazioni che ad esse si volevano dare.
Non le accettavamo innanzitutto perché respingevamo questo attacco alla decisione assunta dalla Magistratura, che è e deve restare un organo autonomo; non le accettavamo perché si tentava, attraverso questa strada di contrabbandare il principio del cumulismo delle cariche, che per evidenti ragioni moralizzatrici crediamo di dover fermamente respingere non l'accettavamo soprattutto perché, a nostro giudizio, altro non erano se non la copertura di comodo di motivi che non si aveva il coraggio di portare subito alla ribalta.
Questi motivi si possono oggi riassumere, alla luce anche di quanto è andato successivamente verificandosi, nella ormai chiara, manifesta volontà di lasciarsi alle spalle la formula politica con la quale e sulla quale si era retto negli ultimi tempi il Governo regionale. Una formula che ci si ostina a definire di centro destra, ma che quanto meno noi dovremmo chiamare una "strana" formula di centro-destra, dal momento che essa fu varata avendo a supporto lo stesso programma che aveva caratterizzato la precedente formula di centro-sinistra; per cui - ci sia consentito l'inciso polemico - è veramente ridicolo sentire oggi dire dal rappresentante socialista Viglione che il programma di questa Giunta, che, ripetiamo, è lo stesso della precedente Giunta di centro-sinistra, è povero di contenuti e di caratterizzazione.
Non, dunque, formula di centro-destra, ma piuttosto, in questo sì possiamo concordare, formula di comodo.
Formula di comodo innanzitutto per il partito liberale, che attraverso questa via poteva illudersi di continuare a contare ancora qualcosa. E' un'illusione cara alle menti dei liberali, pateticamente agganciati a questo sogno, che ormai è solo più velleità, di restare comunque, in ogni caso, inseriti in posizioni di potere. E fanno davvero tenerezza i colleghi liberali quando si affannano anche in quest'aula a rinnovare, pur senza esserne richiesti o sollecitati, dichiarazioni di strumentale antifascismo nella vana speranza di poter essere così diversamente considerati in quella che è ormai la logica politica che si va concretando.
Formula di comodo per gli altri partiti, dai socialdemocratici ai repubblicani, che avevano, come hanno, solo più un problema di poltrone, di posti di governo e di sottogoverno.
Formula di comodo soprattutto per la Democrazia Cristiana, che non attraversava certo un momento di responsabile autocritica ma che doveva piuttosto e soltanto escogitare un espediente con il quale presentarsi all'elettorato con una veste diversa, sì da tentare, e in parte vi riuscì di recuperare quei suffragi che con crescente consenso si andavano indirizzando alle posizioni della destra nazionale.
Questa formula di comodo oggi il dott. Calleri ha evidentemente deciso così almeno ci sembra di dover dire - che è una formula superata, in ci allineandosi sulle posizioni che a livello nazionale sta assumendo la Democrazia Cristiana, ed in particolare adottata da suoi autorevoli amici i Rumor ed i Piccoli, che dimentichi di tutti gli impegni assunti in campagna elettorale, sono ormai pronti a riannodare il colloquio con il partito socialista.
Questa predisposizione verso il rinnovo di accordi con il partito socialista italiano si va manifestando, a livello regionale come a livello nazionale, in presenza di una situazione sempre più grave, sempre più preoccupante, di estrema confusione, di grave incertezza, che ha i suoi aspetti più clamorosi proprio nei due problemi che il Governo Andreotti si era impegnato di fronte al popolo italiano a risolvere, o per lo meno a cercare di risolvere: il problema economico ed in particolare il problema dell'ordine pubblico. L'ordine pubblico ormai non esiste più, per cui il cittadino ha paura, e lo si può costatare e controllare proprio qui, nel capoluogo regionale, dove sta infuriando il terrorismo politico di sinistra, dove ormai i confini tra delinquenza comune e delinquenza politica si vanno confondendo, così come è dimostrato....



MINUCCI Adalberto

Nel M.S.I. si fondono, sono la stessa cosa.



BONO Sereno

Hanno un'unica matrice.



CARAZZONI Nino

Si fondono sul fronte di sinistra, come è dimostrato da ripetuti esempi, dal caso Labate al caso Carello. Terrorismo politico che ipocritamente si viene a condannare a parole in quest'aula, ma che fuori di qui si avalla, si sorregge, si finanzia, si strumentalizza.



PRESIDENTE

Lei ha il dovere, a questo punto, di fare delle precisazioni, in rapporto a questa sua affermazione categorica e precisa, dato che si rivolge al Consiglio Regionale, a nome del quale il presidente ha fatto poco fa determinate dichiarazioni.



CARAZZONI Nino

La ringrazio, signor Presidente, di questa sua richiesta, che, le garantisco, è per me un invito a nozze.
E' notorio, e mi sorprende che un uomo politico della sua sperimentata esperienza non ne sia al corrente, che la tesi di comodo del partito comunista è oggi quella che si debbano allineare sullo stesso piano il cosiddetto estremismo di destra e l'estremismo degli extra-parlamentari di sinistra, con questo cercando di avallare l'immagine di un partito comunista che si possa presentare quasi come partito di ordine, con l'intento di convincere l'opinione pubblica che si tratta di un partito comunista ormai democraticamente maturo per poter essere inserito nelle aree di governo, e soprattutto di sottogoverno. Questa la precisazione che io ritengo di dover dare.



PRESIDENTE

E' una precisazione che non precisa nulla, comunque ne prendiamo atto.



CARAZZONI Nino

Non so quale altra precisazione lei si potesse attendere.



MINUCCI Adalberto

Fascismo e logica non sono mai andati d'accordo.



CARAZZONI Nino

La logica alberga sui banchi di sinistra, vero? Questa la situazione che si delinea a livello regionale e a livello nazionale, mentre siamo in presenza dei gravi fatti che io ho qui brevemente ricordato e denunciato. Si profilano, dunque, nuovi cedimenti verso sinistra, e nel frattempo la crisi va affogando in un mare di parole.
Da questo mare di parole abbiamo recepito alcuni concetti, ed uno in particolare: quello teorizzato, forse per la prima volta, nella precedente seduta del Consiglio Regionale dal Capogruppo socialista. Il dott. Nesi ha parlato non più di "arco costituzionale" che dovrebbe legare i partiti, ma di "arco popolare". E' interessante questa teorizzazione di "arco popolare" che qui è stata enunciata: noi l'abbiamo raccolta, e la segnaliamo all'opinione pubblica, perché desideriamo che nessuno si possa poi nascondere la pericolosità del disegno che si cerca di portare avanti.
Che significa, che vuol significare "arco popolare"? Nient'altro che la premessa indispensabile di un nuovo frontismo in edizione riveduta ed aggiornata. L'"arco popolare", dal quale saranno sicuramente esclusi, e me ne dispiace per loro, i liberali, andrà dalla sinistra democristiana passando attraverso la disponibilità già affermata del partito socialdemocratico e del partito repubblicano e quella ancor oggi ribadita qui del partito socialista, ad abbracciare fatalmente il partito comunista.
Non a caso noi abbiamo sentito a livello nazionale, per la prima volta, il partito comunista prendere chiara posizione in favore di una riedizione del centro-sinistra; non a caso noi abbiamo sentito questa mattina, qui in quest'aula, il rappresentante comunista dichiararsi favorevole ad accettare anche, come soluzione immediata, la riedizione di un centro-sinistra avanzato. Ecco la pericolosità della formula dell'"arco popolare", che noi abbiamo seri motivi per temere che possa trovare attuazione in quest'aula in questo Consiglio Regionale.
E' evidente che a fronte di questa prospettiva, a fronte di questo disegno politico, l'opposizione della destra nazionale non può che essere ferma e intransigente, così come duro, pesantemente duro, è, ripetiamo, il giudizio che noi dobbiamo dare ancora una volta sulla crisi che ha investito la Regione Piemonte.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Bianchi. Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, noi ci proponiamo di affrontare e discutere a fondo i temi che alcuni Consiglieri, principalmente il Consigliere Minucci, hanno riportato in quest'aula nell'occasione che ci sarà offerta, e che concorreremo a determinare, a brevissima scadenza, in modo da giungere a conclusioni precise di assunzione di responsabilità politiche.
Mi rendo perfettamente conto come la stessa occasione statutaria solleciti le opposizioni ad approfittare di queste circostanze per esporre il loro giudizio politico e per contribuire a indirizzare la crisi verso le soluzioni che appaiono meglio rispondenti al loro modo di vedere.
Certo, anche la Democrazia Cristiana sente con viva preoccupazione i problemi che vengono posti da questa crisi, e soprattutto dalla crisi che attraversa il Paese. Abbiamo già esaminato in altro momento le cause, le origini, le motivazioni politiche e personali, e le situazioni politiche che le motivazioni personali hanno determinato, di questa crisi, e pertanto non tornerò su queste questioni. Dico soltanto che il mio partito, il mio Gruppo consiliare non si sottrarranno ad alcuna delle responsabilità che loro incombono per contribuire a dare una soluzione rapida a questo punto della crisi.
Ad alcuni questa appare legata strettamente alla data del 23 febbraio che in sé, concordo, difficilmente può considerarsi risolutiva del complesso di questioni che sono state poste sul tappeto. Accettiamo, per comodo di ciascuno di noi, questa data come punto di riferimento, al di là del quale si dovrà passare senz'altro a tirare le fila e a reinvestire il Consiglio delle sue responsabilità per la nomina di una nuova Giunta.
Questo tengo a dichiarare affinché non si pensi che si possono cercare, o consentire, altre motivazioni per rinvii o per il perdurare di una situazione di stallo qual è quella in cui sembra trovarsi il Consiglio Regionale. Non ci sarà stallo, perché la Democrazia Cristiana contribuirà ciascuno di noi contribuirà per la sua parte, ad assumere le proprie responsabilità ed a rimuoverne le cause.
In ordine alle affermazioni che ho sentito, mi limiterò a rispondere ad alcuni accenni, perché un mio silenzio su di essi potrebbe assumere significati che non voglio assuma.
Ho sentito pronunciare dei giudizi sul Governo della Repubblica che non posso personalmente condividere e che non può condividere il mio partito nella sua unità e nel suo complesso; perché, se vi sono dissensi, se ciascuno di noi ha delle opinioni non perfettamente coincidenti in ordine alle linee politiche della Democrazia Cristiana ed alle linee politiche attorno alle quali dev'essere ordinata e coordinata un'azione per portare il Paese fuori da questa grave crisi, che viene da lontano e rischia di andar lontano, non si può certo negare come questo sia un Governo democratico, un Governo repubblicano, un Governo costituzionale, un Governo che tende ad operare in termini, secondo prassi, secondo metodi, con azioni che si collocano interamente nel solco della tradizione repubblicana.
Che questo Governo disponga di una maggioranza limitata è un fatto obiettivo; che la scarsa funzionalità delle nostre istituzioni renda difficile ad un governo con una limitata maggioranza di funzionare è un fatto che possiamo deprecare, tanto più considerando le recenti esperienze storiche di altri Governi democratici di Paesi a noi collegati, con maggioranze virtualmente inesistenti, che hanno affrontato grosse tematiche e superato grandi scogli adempiendo perfettamente ai propri compiti.
Noi pensiamo che si debba operare per allargare le basi del Governo democratico del Paese, per allargare le basi del consenso, in assenza del quale non si governa efficacemente in un Paese travagliato come il nostro ma riteniamo che non si possa riproporre così, senza alcun richiamo a nodi che sono venuti duramente al pettine, puramente e semplicemente come aspirazione, il problema di rapporti, di collegamenti che richiamano ad un'indicazione di schieramenti politici che come tale non è e non sarà risolutiva, come non lo è stata in passato. Noi siamo disponibili evidentemente, ad affrontare i temi concreti, gli argomenti concreti, e in questi non collochiamo soltanto la politica delle cose ma la politica che investe i vasti problemi in cui oggi è impegnato il Paese: il problema del clima politico, il problema dell'ordine pubblico, della sua impostazione certo, il problema della rimozione delle cause. Ma abbiamo abusato tutti in tutti i settori, di un sociologismo che si è anche consumato... Noi ribadiamo che ci sono i problemi da risolvere, ma che ci sono anche i problemi della riaffermazione della responsabilità personale degli individui, dei cittadini, della responsabilità dei gruppi, delle categorie della responsabilità delle forze politiche, e, ahimé, qualche volta sentiamo la mortificazione di non riuscire ad affrontare con il vigore necessario le situazioni e le responsabilità che ci riguardano.
Il Paese, ripeto, ha un Governo democratico, il Paese è di fronte ad una tematica politica molto vasta e ad una situazione in movimento. La D.C., chi vi parla, il Gruppo consiliare della Democrazia Cristiana, non si sottrae alla responsabilità di affrontare tutto ciò su un terreno che non sia meramente di etichetta, meramente di schieramento. Perché è un falso modo di proporre le cose quello di dire: intanto, via il Governo Andreotti o: intanto, via la Giunta che ha fin qui governato questa Regione. Il problema dev'essere posto in termini molto più costruttivi, molto più seri.
Perché non c'è più margine per un ulteriore insuccesso: ci sarà soltanto spazio per un'iniziativa escludente tutte le forze democratiche dal ruolo che la volontà popolare ha loro affidato. Non c'è più margine per un tentativo alla leggera di riproporre formule o soluzioni che non siano state verificate, fondate su un programma serio, concreto, a termine sufficiente, riconoscibile dalla volontà popolare e non sottoposto al rischio di rapidi e facili logoramenti.
In questo solco lavoreremo e comunque ci sentiamo impegnati ad affrontare non così, in via incidentale, in via quasi accademica - per il che, riconosciamolo, proviamo tutti una sorta di mortificazione - a brevissimo termine la discussione sulle linee politiche, sul programma in concreto e sul rapporto tra le forze politiche nel nostro Consiglio, che ci auguriamo possa determinare le più ampie convergenze, sì da ridare, anche fiducia all'opinione pubblica, rendendo palese a tutti che la solidarietà è ampia nel momento in cui ci sono da affrontare problemi così seri come quelli che altri hanno enunciato e che sono stati portati alla ribalta del Consiglio Regionale e alla ribalta dell'interesse regionale, credo, anche per la nostra preponderante iniziativa.



PRESIDENTE

Non avendo altri iscritti a parlare, considero chiusa la discussione.
Il Consiglio, a questo punto, prende atto che non si sono verificate le condizioni per l'applicabilità della norma di cui all'art. 32 dello Statuto e passa pertanto oltre nell'ordine del giorno.


Argomento: Enti strumentali

Informazioni sullo stato dei lavori della I Commissione in ordine alle consultazioni sul rapporto Ires


PRESIDENTE

L'o.d.g. al punto quarto reca: "Informazioni sullo stato dei lavori della I Commissione in ordine alle consultazioni sul rapporto preliminare dell'Ires per il piano di sviluppo del Piemonte 1971-'75".
Debbo a questo proposito fare una precisazione, perché si evitino degli equivoci. La Conferenza dei Presidenti ha deciso di mettere all'ordine del giorno della seduta odierna anche l'argomento che ho testé letto trovandosi unanime in questa determinazione, salva una personale riserva avanzata dal collega Berti e da chi vi parla, poi superata per accogliere la volontà dei rappresentanti dei raggruppamenti politici, e ciò ha fatto in considerazione che l'argomento non comporta assolutamente deliberazioni da parte del Consiglio; ma forse ancor più in considerazione del fatto che avendo la Commissione dovuto andare oltre i limiti di tempo che le erano stati assegnati per l'adempimento di questi incombenti, sembrava corretto che i Consiglieri fossero comunque informati sullo stato delle consultazioni.
Questo, pertanto, mentre non viola assolutamente - desidero sottolinearlo a tutte lettere - la norma del penultimo articolo, l'art. 35 del nostro Statuto, che recita: "Qualora il Presidente della Giunta e la Giunta abbiano rassegnato le dimissioni, il Consiglio non può deliberare su alcun altro oggetto prima delle elezioni del nuovo Presidente e della nuova Giunta" non costituisce precedente invocabile per altre eventuali circostanze, né costituisce elemento per l'instaurarsi di una prassi.
Se i Capigruppo riterranno opportuno ad un certo momento riunirsi per prendere in considerazione l'istanza che è stata proposta dal Consigliere Garabello, io non avrò alcuna difficoltà a convocarli per l' ulteriore approfondimento del tema, precisando però che l'operazione di questa mattina non ha alcun senso e significato di copertura per nessuno e per niente.
Pregherei allora il Consigliere Garabello di darci le informazioni sullo stato dei lavori della I Commissione in ordine alle consultazioni sul rapporto preliminare dell'Ires per il Piano di sviluppo del Piemonte 1971 '75.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Garabello.



GARABELLO Enzo

Signor Presidente, cercherò di contenere il mio intervento, anche in considerazione dell'ora avanzata. Ella, del resto, ha già chiarito gli scopi, la natura dell'informazione, e mi pare che abbia posto l'accento sul fatto che l'andamento dei lavori stessi e fattori in partenza imponderabili per il Consiglio e per la Commissione I, non hanno consentito di rispettare esattamente i tempi fissati.
L'ordine del giorno approvato dal Consiglio Regionale il 18 maggio 1972 prevedeva che entro il mese di novembre si sarebbe dovuto effettuare il secondo esame, da parte del Consiglio Regionale, di una relazione predisposta dalla I Commissione, con i pareri delle altre Commissioni permanenti interessate e con il risultato delle consultazioni espletate tra gli enti locali a livello subregionale e le organizzazioni e associazioni previste dallo Statuto. Il ritardo è nato in partenza, perché la consultazione ha avuto in effetti inizio per ragioni già note - ricordiamo tutti le non facili vicende per la stampa, il reperimento e quindi la spedizione del materiale (circa diecimila copie di ciascuna delle pubblicazioni) - soltanto il 22 novembre '72, quando, secondo le previsioni, avrebbe dovuto essere già conclusa.
Rileverò puramente come effetto cronistico che il piano di lavoro ha subito tre salti di data, per riunioni di Consiglio Regionale, e che inoltre in gennaio e in parte in febbraio vi sono state, in rapporto alla crisi, anche delle incertezze sulla prosecuzione o meno e sull'organizzazione dell'ulteriore fase di consultazione, che indubbiamente hanno avuto la loro influenza.
Detto questo, preciserò quelli che mi pare debbano essere i limiti dell'informazione.
Anzitutto, devo dire che non può essere, e non è, un rapporto sul merito della consultazione stessa, in quanto la Commissione non è ancora riuscita, e non l'aveva del resto in previsione, a fare il punto sulla situazione in questo momento, quando praticamente ha svolto metà dei suoi compiti di consultazione. Infatti, la prima fase, quella relativa agli enti, associazioni, organizzazioni, è terminata, mentre sta per iniziarsi la seconda fase, rivolta agli enti locali. Inoltre, il materiale registrato su nastro è in corso di traduzione dattilografica e se ne è iniziata l'interpretazione, resa lunga e complessa sia dalla natura del materiale piuttosto greggio, sia dalla nota scarsità in fatto di disponibilità di personale.
Altra ragione per cui non è possibile entrare decisamente nel merito è che il materiale scritto, i documenti che sono stati richiesti a molti enti ed associazioni ed altri che sono stati preannunciati cominciano ad arrivare proprio ora, come riferirò anche sulla base di elementi numerici.
Qual è stata l'impostazione della consultazione conseguente alle decisioni adottate con l'ordine del giorno del Consiglio? La I Commissione ha inizialmente approfondito questo argomento, cercando di dare alle disposizioni ricevute dal Consiglio Regionale l'interpretazione più funzionale possibile. Si è pertanto deciso: 1) che sarebbero stati sentiti enti, sindacati, associazioni di rilevante interesse aventi un livello regionale di rappresentanza 2) che agli enti e associazioni di carattere provinciale e locale senza una rappresentanza regionale sarebbero stati richiesti contributi attraverso documenti scritti, ritenendo che si potessero esprimere da parte loro dei pareri utili 3) si è deciso, in base all'ordine del giorno che fissava il livello subregionale nella consultazione degli enti locali, di invitarli a tale livello dopo averli richiesti di svolgere una propria attività autonoma di consultazione sia degli organi amministrativi, Giunta e Consigli Comunali e Provinciali, sia della propria comunità, e inoltre sono stati invitati ad esprimere con documenti scritti i propri contributi.
Mi soffermo un attimo sul primo capitolo, cioè su come è avvenuta la consultazione degli enti, sindacati e associazioni a livello regionale. Si è svolta dal 22 novembre 1972 al 20 dicembre 1972, e quindi praticamente nello spazio di un mese. Durante tale periodo, in quattordici sedute conoscitive sono stati sentiti enti e associazioni dei seguenti settori (elencati non in ordine logico ma in ordine cronologico, come concordato): trasporti, urbanistica ed ecologia, bancari (cioè le banche), scuola servizio sociale, assistenza, associazioni femminili, agricoltori coltivatori e contadini, cooperazione, industriali, Camere di Commercio sindacati dei lavoratori, commercianti, settore dello sport, turismo e tempo libero, artigiani. Complessivamente, furono invitati, nell'ambito di questi settori, 78 enti e associazioni, di cui 62, possiamo dire l'80 per cento, hanno risposto positivamente, prendendo parte alle riunioni stesse.
Rimangono in questo ambito ancora aperte alcune piccole necessità di conclusione per gli invii richiesti dagli interessati e relativi agli enti del turismo, alla Cisnal e all'Associazione della piccola industria, che verranno svolti durante i prossimi due mesi.
Per l'Università, argomento di grande interesse, sia per l'aspetto di contributo che può essere dato sul discorso generale del piano, sia per l'aspetto proprio dei problemi di pianificazione universitaria che sono all'ordine del giorno, il dialogo si è concordato avvenga tramite il gruppo di lavoro costituito dopo il dibattito consiliare sul tema dell'Università dalle Commissioni I, II e III, coordinato dal collega Besate, Presidente della III Commissione. In tal modo il gruppo di lavoro, che ha angolature visuali diverse, potrà addentrarsi in tutti questi aspetti: la Commissione III particolarmente per i problemi tipici propri dell'Università, la Commissione II per le attinenze di natura urbanistica, la Commissione I per il discorso più generale sul piano. L'attività del gruppo di lavoro non si limiterà, evidentemente, all'Università come istituzione, ma affronterà tutti gli ambienti, tutti gli angoli visuali delle forze che all'interno dell'Università hanno un significato, andando dai Senati accademici ai gruppi giovanili rappresentativi di studenti.
Agli enti, sindacati e associazioni interpellati è stato chiesto anche di sintetizzare il proprio pensiero in documenti scritti. Ne sono finora pervenuti 19, cioè vi hanno provveduto circa un terzo degli enti che hanno partecipato alla consultazione.
Secondo settore di lavoro: enti e associazioni anche a carattere provinciale o locale cui è stato richiesto un contributo con documenti scritti. Ne sono stati interpellati 219, di 18 settori di attività, quegli stessi di cui sono state già interpellate direttamente alcune delle associazioni più significative, e altri settori aggiunti. Si sono avute 31 risposte scritte, interessanti 18 settori di attività. Poiché è stato recentemente indicato un termine, si è rilevato un aumento nel ritmo di arrivo dei documenti alla Commissione: fisseremo pertanto un ulteriore definitivo termine di consegna.
Terzo campo di attività: gli enti locali a livello subregionale. La Commissione ha dibattuto i pro e i contro relativi alla scelta del livello subregionale. Si è deciso unanimemente di seguire lo schema proposto dall'Ires nel primo Piano regionale di sviluppo con le cosiddette aree ecologiche. In tal modo si ritiene anche di ottenere un primo riscontro di massima rispetto al discorso dei comprensori, temporaneamente accantonato che ha chiari collegamenti con il problema del Piano e che dovrà essere riaperto al più presto. Si provvederà, comunque, a chiarire ai Comuni che la suddivisione è di natura strumentale, è di natura di opportunità di discorso rispetto alla programmazione, e non precostituisce decisione in merito: ciò ad evitare che all'interno delle assemblee fra i comuni e le assemblee dei comuni nascano discussioni di natura diversa che potrebbero fuorviare il discorso da quello fondamentale del Piano. Provvederemo a collocare nei modi e nei tempi giusti il discorso dell'aggregazione dei Comuni dal punto di vista comprensoriale.
La consultazione avverrà in quindici assemblee (tante sono, come tutti sanno, le aree ecologiche) a giornate intere di convocazione sul posto salvo eventuali prolungamenti qualora il dibattito lo rendesse necessario secondo un calendario già definito e che verrà al più presto trasmesso a tutti i Consiglieri regionali, perché pare più che logico che gli stessi possano essere informati e partecipare, al di là della loro appartenenza alla I Commissione o ad altre Commissioni, alle sedute.
A titolo puramente informativo rendo noto che la consultazione comincerà il giorno 27 febbraio a Casale Monferrato e proseguirà in marzo il giorno 2 ad Alessandria, il 6 ad Asti, il 9 a Borgosesia, il 13 a Pinerolo, il 16 a Cuneo, il 23 a Savigliano, il 27 ad Ivrea, il 30 ad Alba in aprile il giorno 3 a Mondovì, il 6 a Novara, il 10 a Biella, il 13 a Verbania, il 18 a Vercelli, mentre è prevista, e non ancora definita, la seduta del 19 aprile a Torino che riguarda l'intera area metropolitana e su cui dovremo intrattenerci con l'Amministrazione civica della nostra città anche, se possibile, per stabilire un collegamento con le già avvenute convocazione precedenti relative all'area metropolitana.
Si spera che altre attività che riguardano la Regione non creino intoppi a questo programma, meno facilmente modificabile rispetto a precedenti consultazioni mancate di qualche ente. I colleghi avranno notato che le date sono state contenute in modo tale che si possa concludere la consultazione prima di Pasqua e abbiamo fissato tutte le settimane i giorni di martedì e venerdì. Tutti i Consiglieri sono invitati, soprattutto quelli delle aree interessate al loro collegio, tenuto conto del non trascurabile peso organizzativo e di impegno personale che ricadrà particolarmente sui membri della I Commissione.
Si prevede una partecipazione numerosa; del resto le convocazioni dei Comuni fatte sul posto, ad esempio per le aree montane, e per altri scopi come i circondari, hanno dato origine a riunioni molto significative. Noi abbiamo invitato i sindaci, ricordando loro l'opportunità che non partecipino come tali, portando pareri personali, ma come numero e soprattutto con delle idee, con larghe visioni e ampi dibattiti all'interno degli organi e anche all'esterno, nell'ambito della comunità. Pertanto non sono stati invitati soltanto con i sindaci, ma tramite loro si sono invitati i Comuni a comporre una delegazione politicamente rappresentativa del Consiglio Comunale e ad esprimere il pensiero del Comune attraverso documenti scritti, certamente più agevoli ad essere interpretati perché più sintetici e definiti.
Giungono notizie crescenti, fortunatamente positive, di Consigli Comunali aperti e di altre iniziative di partecipazione attuate dai Comuni.
In alcune aree sono in svolgimento attività preparatorie; notizie certe (mi spiace se non sarò completamente fedele) giungono da Biella, Alessandria Casale Monferrato, Alba, Cuneo, Mondovì, Savigliano, Verbania; ce ne saranno altre, ma in questo momento mi sfuggono. Tali attività interessano intere aree e pertanto sono considerate essenzialmente come raccordo per i problemi tipicamente locali, bensì a collegare i loro problemi con il piano, riteniamo che ci saranno le migliori indicazioni politiche e tecniche per la disaggregazione territoriale del piano stesso.
Occorre tenere presente che si è richiesto ai Comuni di presentare i documenti in sede di assemblea, pertanto quelli finora pervenuti non sono molto numerosi, ma si ritiene che affluirà notevole quantità di materiale conoscitivo di indubbio valore politico e tecnico.
Ritengo che il Consiglio Regionale (l'invito è rivolto anche ai giornali, credo di poterlo fare approfittando di questa occasione) debba rivolgere un appello a tutti gli amministratori locali affinché il dibattito aperto tramite loro con la comunità regionale dia i frutti sperati di una partecipazione seria e consapevole. Successivamente verranno sentite le Amministrazioni Provinciali; esse sono state contemporaneamente invitate alle assemblee delle aree ecologiche di loro pertinenza.
Questa è l'informazione nuda e cruda, dalla quale mi permetto estrarre tre osservazioni (di cui ho dato comunicazione anche alla Commissione in termini generali) su ciò che mi pare sia opportuno rilevare in questa fase che non rappresenta prese di posizioni di merito, ma che non è inutile che il Consiglio Regionale abbia presenti: 1) in particolare da parte delle organizzazioni sindacali dei lavoratori si è insistito sulla necessità che la Regione abbia sempre dinanzi a s nell'azione programmatica, le linee fondamentali delle lotte dei lavoratori per le riforme ed il collegamento fra programmazione e riforme non solo a livello nazionale, ma anche regionale. Su tali linee i sindacati intendono verificare l'effettiva volontà politica della Regione. Contemporaneamente viene dai sindacati l'ammonimento a non perdere di vista i fenomeni di riduzione dei posti di lavoro, di ristrutturazione aziendale, di forte ricorso alla Cassa integrazione che hanno interessato il tessuto della comunità regionale nel tempo trascorso dal primo esame compiuto dal Consiglio Regionale ad oggi. Tale situazione rischia infatti di compromettere le previsioni, specie in merito ai livelli di occupazione e alla differenziazione delle attività industriali definite come elementi fondamentali nel rapporto Ires e nei pronunciamenti della Giunta e del Consiglio e come tali colti dalle organizzazioni sindacali e da notevole parte delle associazioni intervenute nel dibattito.
Questo richiamo alla concretezza degli studi e delle previsioni in riferimento alla congiuntura, mi pare significativo per il lavoro che andiamo svolgendo, in vista di un piano operativo incidente nella realtà regionale.
Seconda osservazione: la necessità - che penso nessuno varrà contestare di attuare la prima fase della consultazione attraverso inviti di tipo settoriale o categoriale, ha fatto rilevare qualche difficoltà da parte di un certo numero di partecipanti ad inquadrarsi nella filosofia, nella struttura generale del piano. Noi non abbiamo fatto tale invito a scopo corporativo, ma per motivi di opportunità pratica e di funzionalità.
Cionondimeno i contributi sono in gran parte validi, anche se il rapporto Ires, pur così ampio, contiene elementi proporzionalmente più limitati nella parte settoriale. Citerò la scuola, il tempo libero, la sicurezza sociale, il settore terziario a mo' di esempio. Nel quadro settoriale è confermato l'interesse dei consultati per i successivi piani ed i provvedimenti legislativi di competenza del proprio settore. Nel complesso non sono emersi dalla consultazione elementi di contrapposizione netta alle impostazioni generali del rapporto Ires, mentre si sono evidenziati non pochi consensi all'impostazione stessa.
Terza osservazione, che mi pare significativa soprattutto da un punto di vista politico: nell'ambito di ogni gruppo di enti consultati contemporaneamente si è notato un notevole sforzo di confrontare fra di loro le reciproche impostazioni e una tendenza netta a pronunciamenti il più possibile omogenei, senza particolare insistenza sulle ideologie di origine di ciascun ente, di ciascuna associazione. Ciò pare promettente per i successivi sviluppi ed approfondimenti della partecipazione nell'ambito delle iniziative della Regione.
Signor Presidente, io credo di avere sintetizzato gli aspetti tecnici e funzionali del lavoro che va compiendo la I Commissione e di averne indicato alcune prospettive, ho ritenuto anche di sintetizzare alcuni aspetti che dal dibattito sono emersi, soprattutto perché mi paiono non parziali, non di parte, ma significativi di orientamenti che la nostra Regione deve tenere in evidenza.
Devo dire, a conclusione, che lo sforzo fatto dalla I Commissione finora è abbastanza rilevante, pensiamo però che sarà ancora più rilevante nella seconda fase della consultazione e indubbiamente un lavoro pesantissimo sarà quello della terza fase, quella dell'interpretazione della raccolta del materiale e degli elementi venuti dalla consultazione e del giudizio politico generale.
Non credo, anche per l'esperienza che purtroppo abbiamo fatto, sia facile determinare dei tempi, riteniamo però che la Commissione I metterà il Consiglio Regionale in condizioni di esaminare questo voluminoso materiale prima delle vacanze estive, in modo che il Consiglio si possa pronunciare in merito, naturalmente se, come ho detto prima, non sorgeranno intoppi di carattere organizzativo o di qualsiasi altro genere che possano rendere più difficile il lavoro.



PRESIDENTE

Ringrazio a nome dei Consiglieri il Presidente della I Commissione per la sintesi in realtà anche analitica che ha fatto dei lavori e delle prospettive.
Vorrei rispettosamente ricordare a tutti che sono l'una e venti, che nel pomeriggio sono fissate delle riunioni che impegnano alcuni di noi; c'è un Ufficio di Presidenza, c'è una riunione dei Capigruppo fissata per le 15 per il problema dell'Ires; pertanto coloro i quali chiedessero la parola per sollecitare ulteriori chiarimenti alle informazioni già ampiamente date, contengano i loro interventi in un limite di tempo che consenta a tutti di parlare e di chiudere la riunione in tempo sufficientemente breve.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Besate, ne ha facoltà.



BESATE Piero

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'informazione che il Presidente della I Commissione ha dato al Consiglio è stata, mi pare, non soltanto chiara, ma opportuna. Il quadro che ci ha fornito è quello di un vero e proprio avvio di un processo partecipativo molto ampio. A prima vista la situazione sembrerebbe paradossale: da una parte abbiamo una Giunta praticamente in crisi da due mesi e dall'altra abbiamo il proseguimento intensivo dei lavori della Commissione, anzi, di tutte le Commissioni, sul piano regionale di sviluppo con dibattiti, consultazioni partecipazioni e confronti a tutti i livelli.
Credo che non ci sia area del Piemonte che non veda i Comuni, le Province, gli enti locali grandi e piccoli impegnati seriamente e non accademicamente sul tema dello sviluppo, sulla sorte delle fabbriche e di gruppi di fabbriche, dell'agricoltura, della scuola fino all'Università.
Quanto ci ha detto il Presidente della I Commissione mi pare sia inequivocabile e questa ondata democratica, questo grande interesse che si è sollevato in tutta la Regione è in stridente contrasto con la gelida temperatura che invece paralizza il governo regionale e che fa trovare il vuoto assoluto alla domanda di partecipazione e di interesse che viene da tutte le parti del Piemonte. Sarà perché sono ancora sotto l'impressione di alcuni convegni che hanno avuto luogo la settimana scorsa ed ai quali ho partecipato, ma sento una specie di rabbia per questa situazione, credo però sia uno stato d'animo che pervada tutti i Consiglieri che sono a contatto con la realtà della nostra Regione sia che si tratti delle campagne, della scuola, dell'assistenza scolastica o delle fabbriche. E noi ben comprendiamo i giovani della Coltivatori diretti che rifiutano questo stato di cose riferendosi specificamente alla crisi della Giunta; essi chiedono di operare secondo un preciso programma per l'agricoltura piemontese. Come pure comprendiamo la posizione espressa dall'Alleanza contadina piemontese.
Alla loro esplicita richiesta rivolta ai Consiglieri regionali (tutti avrete ricevuto, come ho ricevuto io, quei comunicati) il Gruppo comunista risponde sì ed è un sì non estemporaneo o strumentale, ma un sì che si sostanzia anche nelle iniziative legislative del nostro Gruppo. Non solo ma siamo disponibili al confronto e all'incontro unitario con tutte le componenti sociali democratiche delle campagne piemontesi per arricchire reciprocamente le scelte di linee di azione per una più rapida attuazione dell'aspirazione dei coltivatori, specialmente dei giovani.
Nè si può ignorare ormai il pressoché generale intervento degli enti locali sulla questione dell'Università. Tutti i giornali, ogni giorno danno notizia di interventi di sindaci, di presidenti di Province, di gruppi culturali, di giovani, di Consigli Comunali vari su questo problema ed è sempre la Regione il punto di riferimento di ogni discorso, una Regione che fa trovare il vuoto del governo. Tutto il territorio della Regione è percorso da fermenti, anzi, più che da fermenti direi da un movimento mai conosciuto, le zone montane guardano a questo momento come all'ultima occasione di salvezza, di rinascita e di sviluppo, consapevoli che dalla loro sorte dipenderà in gran parte non soltanto la salvaguardia di patrimoni ecologici e paesaggistici, ma anche la sicurezza delle pianure e delle città dai flagelli e dalle alluvioni; dalle zone montane ai mostruosi nodi dell'area metropolitana, alle agitazioni vere e proprie delle aree degradate o minacciate di degradazione, è sempre la Regione il punto di riferimento. Il vuoto che la Giunta fa corrispondere a questa complessa domanda è la condanna più inequivocabile che si possa pensare di conferire agli autori della crisi ed è in questa cornice e su questo sfondo che emergono ed assumono straordinario rilievo i contorni del problema dell'occupazione nel periodo attuale, problema che è al tempo stesso la misura e lo scopo di ogni piano di sviluppo.
Io mi limiterò alle situazioni critiche che più di tutte esprimono nella loro particolarità le caratteristiche generali del problema dell'occupazione e fra tutte primeggia la Montedison. Non c'è zona del nostro Piemonte che non sia interessata a quella vicenda e anche le zone che non lo fossero lo diventano per il semplice fatto che quando si parla di diversificazione, di mono-industria e di nuovi orientamenti per l'industria tessile l'interesse a quella vicenda diventa generale. Il governo Andreotti volle seguire la strada della riprivatizzazione, blocco ad una maggiore influenza dell'IRI, arbitrato dell'IMI, dimezzamento dell'azione, Montedison sindacato di controllo. L'operazione condotta al di fuori del Parlamento, delle Regioni, dei Comuni e dei sindacati è completamente fallita e ancora ieri il Presidente della Commissione Industria del Senato sen. Ripamonti, la criticava, a Vercelli, in quella grande manifestazione cui hanno preso parte i rappresentanti dei gruppi nazionali parlamentari dei partiti democratici, criticava l'atteggiamento del governo Andreotti che ha voluto scegliere, con il Governatore della Banca d'Italia quel tipo di soluzione, quel disegno che si è dimostrato velleitario, fallimentare, facendolo pagare, purtroppo, ai lavoratori. Sono migliaia e migliaia ormai i lavoratori del Piemonte sotto la minaccia della disoccupazione; il piano va avanti in modo strisciante e la Regione Piemonte, alla quale si riferiscono i Comuni, dal convegno di Pallanza e quello di Vercelli, dall'ordine del giorno votato qui nel Consiglio Regionale alla risposta data dall'Assessore Paganelli all'interrogazione del Gruppo comunista a suo tempo (risposta positiva per la convocazione di un convegno regionale dei Comuni interessati alla vicenda Montedison) oggi non risponde, in Via Magenta c'è il vuoto politico.
Critiche vengono rivolte alla Regione da tutte le parti del Piemonte dalla D.C., da socialisti, da comunisti, da maggioranze intere, da Comuni da consigli di fabbrica, da sindacati. E' una situazione penosa, ma anche pericolosa, alla quale il Consiglio Regionale deve reagire immediatamente con decisione.
Ieri a Rivoli si è svolto un altro convegno interessante sull'economia della Valle Susa e del gruppo Zanussi. Anche lì la Regione è stata chiamata con nome e cognome da ogni parte politica e non per pretendere che essa risolva magicamente queste complesse situazioni, ma per chiedere che svolga il suo ruolo naturale di sintesi della volontà dei Comuni, delle Province delle popolazioni. "Il governo regionale è latitante perché tre o quattro 'mandarini' continuano ad anteporre i loro poteri personali"; non sono parole mie e nemmeno di esponenti comunisti o socialisti, provengono dall'interno della D.C. Questa è la situazione delle forze politiche in Piemonte a contatto con la realtà viva dei problemi che investono intere zone, intere collettività, tutta la Regione. C'è persino da rischiare di essere coinvolti nei severi giudizi sulla Regione oggi, in questi convegni.
Ma voi della maggioranza ve la sentite proprio di dormire il sonno dei giusti con quattro crisi calleriane sulle spalle e una crisi latente continua? Altrettanto si deve dire per quanto riguarda la situazione occupazionale in tutto il Piemonte e nell'industria tessile, dalla chimica agli elettrodomestici, ai tessili che sono minacciati o già attaccati profondamente, mentre dall'altra la Fiat non si espande soltanto a Verrone e a Crescentino, ma rastrella gli operai della Castor. La Regione gioca oggi la sua credibilità, non tanto svolgendo opere di mediazione quasi come un Ministro periferico del Lavoro, ma intervenendo quale portatrice degli interessi della comunità regionale verso il governo per assorbire la Montedison nelle partecipazioni statali, anche in vista di un vero e proprio piano della chimica, di una rinnovata politica dell'industria tessile e di una nuova politica industriale alla quale il Piemonte deve dare un suo contributo.
Ma si può andare avanti con una Giunta continuamente in crisi e chiamando la Fiat a discutere i suoi piani a livello regionale e nazionale per armonizzarli con le scelte prioritarie per il Mezzogiorno e con le linee del piano regionale? Il quadro sommario vede a Torino con il Vallesusa, la Montedison, la Castor e le centinaia di migliaia di operai in lotta per i contratti, a Novara con la Montedison, a Vercelli con la Gallo e la Faini, a Crescentino, a Verrone, vede la lotta contro la ristrutturazione che produce disoccupati collegata a quella contro le rappresaglie, le intimidazioni, le provocazioni che mirano a colpire dividere, isolare i protagonisti del rilancio di programmazione democratica, cioè i lavoratori. E' quel che è avvenuto alla Fiat, alla Lancia, alla Pirelli ecc.
E tiriamo le somme: dalle campagne all'Università, alla montagna all'area metropolitana, la Montedison in Valle Susa, la Zanussi, la Fiat il tema fondamentale di ogni piano, cioè la piena occupazione, è vivo ed è attuale. Oggi, non domani, è motivo di scontro aspro che vede al centro gli operai, ma con al fianco i Comuni, le popolazioni, l'intero Piemonte. E la Giunta Regionale dov'è? La Giunta Regionale attende; che cosa? Attende che avvengano certi eventi. Voi sapete che gli eroi greci se la prendevano molto a cuore quando venivano toccati i loro amici, così se Terenzio Patroclo veniva offeso, al Pelide Edoardo montava un'ira che diventava funesta; oggi però, nel 1973, anziché andare ad ammazzare Ettore, dà le dimissioni da Presidente di una Giunta Regionale comunicandolo magari ai giornali prima che al Presidente del Consiglio. Ma voi credete davvero colleghi della maggioranza, che si tratti di questioni di principio? Io sono andato a rivedere alcuni verbali relativi alla precedente crisi. Ad un certo punto il mio compagno Berti diceva: "Era pacifico nel momento in cui la D.C. ci ha proposto la rielezione dell'Ufficio di Presidenza ecc. E' una questione di forma o di contenuto?". Calleri: " Di forma, di forma". E Berti: "Se è così, si può aprire una crisi alla Regione, in questa situazione politica, per una questione di forma?".
Chi tra voi oggi, a un anno e mezzo di distanza, colleghi della maggioranza, se la sente di alzare la mano non dico per sostenere che si trattava di una questione di forma, ma per fingere di credere che allora si trattava di una questione di forma? Si vede come sorgono le crisi alla Regione Piemonte....



PRESIDENTE

Consigliere Besate, mi consenta....



BESATE Piero

Ho finito, ho finito. D'altronde è collegato strettamente, lo diceva anche il collega Garabello.



PRESIDENTE

Non sono previste le consultazioni su questo argomento da parte della I Commissione!!



BESATE Piero

Il mio compagno Sanlorenzo (che deve essere nato di sette mesi) diceva: "Cosa c'è in sostanza di comune fra questa Giunta e quelle precedenti? Il Presidente della Giunta, questo è l'elemento comune; come si sa lui è uno e trino. Le crisi sono state tre ma lui è stato fermo, stabile". Calleri Presidente della Giunta Regionale: "E' la quarta". Sanlorenzo: "No, la quarta è ancora da vedere. Io non sono più tanto sicuro che lei rimanga al suo posto anche con la quarta crisi".
Non so se sei un settimino, possiamo anche augurarcelo. Però la soluzione della crisi....



PRESIDENTE

Ormai quel che è stato e stato, non c'è possibilità di ritorno.



BESATE Piero

...richiede gli atti enunciati dal compagno Minucci. Perciò non potrà essere né la passata e crollata Giunta, né la riproduzione pura e semplice del centro centro-sinistra, né comunque una Giunta con a capo il primatista nazionale delle crisi regionali sia in gare estive che invernali. Non si tratta di questioni personali evidentemente, si tratta di valutazioni politiche perché nelle crisi recidivanti del Piemonte giocano sì un grande ruolo gli elementi, i coefficienti nazionali, ma giocano altresì un grande ruolo i coefficienti della concezione e del modo di esercitare il potere del dr. Calleri che, se riprodotto e riaccolto di nuovo in una maggioranza non farà altro che riprodurre la situazione di crisi latente permanente o di crisi conclamata, con i collegamenti qui denunciati dal compagno Minucci.
Infine, poiché i problemi ci sono, malgrado le angosce di qualche personaggio, e poiché i lavoratori, i Comuni reclamano che la Regione svolga comunque un ruolo unificatore e propulsore, chiedo che il Presidente del Consiglio e l'Ufficio di Presidenza trovino il modo di superare eventuali remore, senza formalismi, per dare una risposta concreta alle domande che vengono dal Piemonte, per convocare il convegno dei Comuni e delle Province interessati alla Montedison (richiesta partita fin dal mese di dicembre dal convegno di Pallanza).
La Regione non può più essere estranea e se da una parte si è latitanti, sia il Consiglio Regionale ad affermare la sua autorità, la sua funzione di rappresentante dell'intera comunità piemontese, non solo della maggioranza. Se c'è contraddizione stridente tra la situazione dell'esecutivo e quella che c'è in Piemonte, non mi pare che questo contrasto sia presente nel lavoro di ogni giorno delle Commissioni nelle quali i Consiglieri, anche quelli di maggioranza, trovano la dimensione per esprimere la propria volontà, la capacità di fare, l'attaccamento all'istituzione della Regione, il modo di affrontare i problemi dai quali sono premuti quando si trovano nelle loro province. Il Consiglio Regionale assuma anche le iniziative necessarie nelle situazioni urgenti.
E' una proposta precisa che facciamo e che sosteniamo affinché sia attuata rapidamente.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Simonelli, ne ha facoltà.



SIMONELLI Claudio

L'ora mi induce ad essere molto discreto e del resto il collega Viglione mi ha tolto il piacere di parlare di questa crisi; egli però lo ha fatto molto bene e non ho nulla da aggiungere sull'argomento.
Io credo tuttavia che non possa essere lasciata così, senza che sia ripresa, anche brevemente, in Consiglio, la relazione che ci ha fatto il Presidente della I Commissione, Garabello, perché quella relazione testimonia di un fatto di enorme importanza e cioè dell'avvio delle consultazioni per il piano regionale di sviluppo della Regione. Credo vada dato atto a Garabello ed ai membri della I Commissione dello sforzo che è stato fatto per dare a queste consultazioni l'ampiezza che esse richiedono con un impegno anche personale notevole.
Io vorrei solo aggiungere pochissime cose a quanto ha detto Garabello.
Il problema delle consultazioni è avviato a soluzione attraverso quel calendario che porterà il Consiglio Regionale (attraverso la I Commissione) in tutto il Piemonte. Finalmente, aggiungo io, porterà il Consiglio Regionale a contatto con le popolazioni del Piemonte a due anni e mezzo quasi tre anni dalla sua creazione. E forse questo momento di contatto con le popolazioni del Piemonte avrebbe potuto anche avvenire prima, a testimonianza del fatto che la Regione-Ente, subito al suo sorgere incominciava a guardare alla realtà dei cittadini che questa regione abitano. Comunque viene adesso il momento di questa verifica, di questo incontro.
Rendiamoci conto però che, attraverso questa consultazione che deve essere ampia come è necessario, si aprirà una serie di aspettative nella popolazione piemontese, tra gli enti locali, tra i lavoratori, che non possono andare deluse. Questo significa, innanzitutto, non limitarsi ad una registrazione di ciò che gli enti locali del Piemonte consegneranno alla I Commissione ed al Consiglio, ma prendere atto responsabilmente di quelle proposte, di quelle richieste, anche di quelle proteste che nei documenti dei Comuni, delle Province, delle comunità locali sono contenute. Il che significa affrontare i problemi della redazione del piano con una visuale molto più ampia di quella da cui siamo partiti, perché le consultazioni che sono già in corso, con i convegni preparatori a cui il Consigliere Garabello faceva riferimento, le riunioni a livello di aree ecologiche, che incominciano ad impegnare amministratori, lavoratori, giovani su queste cose (io ho partecipato e partecipo a quelle che si fanno nella mia provincia), mostrano un'estrema consapevolezza, da parte di chi partecipa a volere affrontare tutti i temi dello sviluppo economico e dell'organizzazione territoriale della Regione.
Emerge con chiarezza da questi incontri che il materiale contenuto nel rapporto Ires, che viene accettato come base di discussione per l'elaborazione del piano, non è il piano, è soltanto il punto da cui si deve partire per fare il piano. Dovunque viene proposto un arricchimento ed un completamento delle ricerche, degli studi, delle elaborazioni nei diversi settori di cui la Regione si deve dare carico. Occorre quindi, su queste cose, mandare avanti uno sforzo di originalità, di fantasia.
Ricordiamo anche che la richiesta che sta emergendo, che emergerà certamente con forza da tutti gli enti locali, è che questi vogliono tornare ad essere consultati prima che il piano sia deciso. La consapevolezza che il rapporto Ires è solo l'inizio del piano, è solo la base da cui il piano deve sorgere, si accompagna perciò ad una precisa richiesta di partecipazione, nel momento in cui le scelte verranno determinate. Non illudiamoci, colleghi, che la partecipazione, quando l'abbiamo messa in moto, poi si possa placare con alcuni contentini nella fase della consultazione; bisognerà avere la capacità di tornare ad approfondire il discorso insieme con gli enti locali, farli effettivamente partecipi del piano regionale.
Gli enti locali sollecitano poi che le indicazioni che vengono date siano tenute in conto; ha ragione Garabello, io non credo ci sia differenza tra le formule amministrative, tra le forze politiche, tra gli appartenenti a questo o a quello schieramento, ci sono una serie di indicazioni univoche di cui bisogna tener conto. Tutti chiedono che gli strumenti della programmazione siano messi in moto, tutti chiedono che si elabori un rapporto nuovo tra Regione ed enti locali, tutti chiedono che si mettano in moto gli strumenti della programmazione subregionale, a cominciare dai comprensori. Abbiamo cioè un ventaglio di proposte che sono comuni a tutta la realtà della nostra Regione, salvo forse (non lo dico per polemica, ma con obiettività) alla Giunta Regionale, o alla ex Giunta, che di queste cose sembra in definitiva essersene dimenticata.
E' con questa consapevolezza, con la convinzione che si è lavorato bene finora, ma che il lavoro da fare nei prossimi mesi sarà molto più duro e più impegnativo, che io credo possiamo accogliere con soddisfazione questa prima relazione che ci ha fatto il Presidente della Commissione Bilancio e Programmazione.


Argomento:

Ordini del giorno, interrogazioni e interpellanze (annuncio)


PRESIDENTE

Non ho nessun altro iscritto a parlare, considero pertanto chiusa la discussione apertasi sulle informazioni e comunico al Consiglio che mi è pervenuto un ordine del giorno sulla vertenza Zanussi che naturalmente non posso mettere in votazione. Questo documento reca la firma dei Consiglieri Bianchi, Berti, Vera, Viglione, Gandolfi, Fassino, Conti.
Io ricevo il documento perché lo devo ricevere, assicuro il Consiglio che mi farò parte diligente in modo da farlo pervenire alla Giunta nello stesso pomeriggio di oggi perché ne abbia diretta ed ufficiale conoscenza mentre darò notizia anche al Ministro Coppo di quelle che sono ancora le preoccupazioni esistenti, per quanto mi sembra che si possa sottolineare finalmente che un intervento, a livello positivo, vi è stato.
E' stato dato atto che il Ministro Coppo è intervenuto e attraverso il suo intervento è stato possibile dilazionare e sospendere i licenziamenti.
Sono intervenute delle interpellanze, una a firma dei Consiglieri Carazzoni e Curci che denuncia il terrorismo politico instauratosi a Torino, il criminale linciaggio del 12 febbraio 1973 ed interpellano di conseguenza l'onorevole Presidenza della Giunta Regionale per sapere se e quali passi intenda compiere presso le autorità localmente proposte alla tutela dell'ordine pubblico, affinché siano colpiti i mandanti e i responsabili.
Un'interrogazione dei Consiglieri Calsolaro e Nesi chiede, in relazione alla notizia secondo la quale il gruppo Zanussi avrebbe accettato l'invito di procedere ad una revisione del piano di riassetto, quali intese siano state raggiunte con il gruppo stesso.
Altra interrogazione dei Consiglieri Nesi e Calsolaro al Presidente della Giunta per sapere se è a conoscenza che i carabinieri di Settimo hanno arrestato sei componenti del consiglio di fabbrica, quali promotori di una manifestazione di solidarietà con il Vietnam tenutasi il 23 dicembre '72.
Terza interrogazione dei Consiglieri Nesi e Calsolaro i quali interrogano con carattere d'urgenza il Presidente della Giunta Regionale per sapere quali iniziative intende assumere affinché i rigurgiti squadristi e la violenza neofascista ispirata da esponenti del M.S.I.
vengano quanto prima a cessare in seguito all'esemplare punizione di complici e mandanti.
Interrogazione del Consigliere Fassino (alla quale chiede risposta scritta) relativa al traffico sulla linea ferroviaria Cuneo-Airasca-Torino.
Interpellanza dei Consiglieri Bono e Berti diretta al Presidente della Giunta, per sapere per quali ragioni è stato loro negato dagli uffici dell'Assessorato competente e su direttiva dell'Assessore titolare, il testo del disegno di legge della Giunta Regionale recante "Primi provvedimenti contro gli inquinamenti delle acque".
Tutte queste interpellanze e interrogazioni verranno trasmesse, come di consueto, con la convocazione del prossimo Consiglio. A proposito del quale Consiglio si era venuti nella determinazione di farlo per il 28 di febbraio. Io vorrei pregare i Presidenti dei Gruppi di volersi trovare giovedì 22 alle ore 16 in Via Maria Vittoria, al fine di concordare definitivamente la data, nel senso cioè di lasciarla o meno al 28 febbraio o di spostarla al 5 marzo, anche in relazione a quella che sarà una prospettiva credibile relativa alla possibile applicazione dell'art. 32 del nostro Statuto. Questo per non impegnare altra volta il Consiglio senza che si giunga ad una determinazione concreta.
Pertanto, resta ferma la convocazione già predisposta per il giorno 28 con la facoltà, sentiti i Capigruppo, di annullarla per un giorno e spostarla invece al 5 marzo.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,55)



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