Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.135 del 16/01/73 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE OBERTO


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

L'ordine del giorno reca al punto primo: "Dichiarazioni del Presidente della Giunta Regionale".
Vorrei però pregare il Consiglio di consentirmi di porre in approvazione, per ragione formale, i verbali che sono stati distribuiti. Vi sono opposizioni o richieste di parola? Allora, i verbali distribuiti sono da considerare approvati all'unanimità.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio


PRESIDENTE

Desidero ancora chiedere alla cortesia del Consiglio di voler ascoltare alcune notizie che certamente lo interesseranno moltissimo.
Da parte del Commissario del Governo è stato apposto il visto alle leggi regionali approvate il 30 novembre '72 concernenti "Norme per le indagini conoscitive, gli studi e le ricerche inerenti le funzioni regionali" e "Norme per l'organizzazione, l'adesione e la partecipazione a convegni, congressi ed altre manifestazioni", alle leggi regionali approvate il 14 dicembre relative a "Costruzione, gestione e controllo degli asili-nido comunali costruiti e gestiti con il concorso dello Stato di cui alla Legge 6 dicembre 1971 e con quello della Regione" e ad "Iniziativa popolare e degli enti locali e referendum abrogativo e consultivo".
Per l'ultima legge che ho citato il Commissario del Governo ha anche fatto presenti nelle sue comunicazioni alcune osservazioni che sono contenute nel testo, puramente formali, delle quali potremo prendere in seguito atto più attentamente e diffusamente. Vorrei soltanto sottolineare l'importanza notevole di questo visto, apposto alla legge del referendum e alla legge che comporta l'esercizio dell'istituto dell'iniziativa popolare.
Per il referendum, credo addirittura che il Consiglio Regionale del Piemonte possa ascrivere a suo titolo di iniziativa la priorità assoluta.
E' mancata invece l'apposizione del visto alla legge regionale 7 dicembre 1972 concernente le "Norme per l'applicazione dell'imposta regionale sulle concessione statali dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile".


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Dichiarazioni del Presidente della Giunta Regionale


PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta per le sue dichiarazioni.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Signor Presidente, Signori Consiglieri! I motivi per cui ho annunciato il 22 dicembre scorso il mio intendimento di rassegnare le dimissioni da Presidente della Giunta Regionale sono noti, credo, a loro tutti, anche se lo sono, necessariamente, nel modo schematico proprio dei comunicati stampa. Io rendo oggi queste mie dichiarazioni al Consiglio Regionale per dare innanzitutto, come doveroso, un'ampia spiegazione di tali motivi precisando comunque che essi non traggono assolutamente origine da eventuali divergenze di ordine programmatico e politico nell'ambito della maggioranza che ha espresso la presente Giunta Regionale. Rendo queste mie dichiarazioni anche per riconfermare in questa sede le intenzioni già espresse, e che saranno ovviamente rese esplicite attraverso la rituale procedura di richiesta al Presidente del Consiglio di inserire le mie dimissioni all'ordine del giorno della, prossima seduta.
Nell'atto di confermare queste mie dimissioni io sento l'obbligo di esprimere ai miei colleghi di Giunta, al Capogruppo, alla Direzione regionale del mio partito il mio personale rammarico di non poter accogliere l'invito che essi mi hanno rivolto di recedere dal mio intendimento. Rammarico tanto più vivo e profondo quanto più grande la mia riconoscenza per la solidarietà che mi è stata espressa e per la sostanziale, larga convergenza di valutazioni che si è verificata sui motivi di fondo alla base della mia determinazione.
Essa è stata assunta con seria ed attenta ponderazione, sulla base del fermo convincimento che di fronte al verificarsi di taluni recenti episodi emblematici della nostra vita pubblica regionale occorresse l'assunzione di una posizione politica chiara ed inequivocabile, di una posizione, se mi è consentito dirla con Garcia Lorca, "senza possibile ritorno", una posizione capace, insomma, di far meditare, di far discutere, di far magari anche duramente polemizzare, ma comunque in grado, direi quasi per la plasticità della sua evidenza, di recare di per sé un contributo auspicabilmente non effimero né superficiale al superamento di un metodo di lotta politica che al di là degli stessi schieramenti di contrapposti partiti politici, è andato epidemicamente diffondendosi nella nostra realtà locale fin quasi a tipicizzarla. Si tratta di un metodo iniquo di denigrazione, di diffamazione, di montatura di sospetti che non solo è ben lontano dalla grande e cavalleresca tradizione delle lotte politiche, pur spesso asperrime, che hanno caratterizzato la storia regionale dei nostri ultimi cinquant'anni, ma che è obiettivamente, e, ribadisco, al di là degli stessi schieramenti dei partiti politici, un'avvilente manifestazione di sottocultura, anche se furbescamente vestita dei panni del moralismo e del perbenismo piccolo borghese; un metodo che è il vero responsabile della creazione del clima psicologico propizio al verificarsi di quegli emblematici episodi che si sono verificati. Essi infatti non sono fatti a se stanti, non sono monadi senza finestre: sono invece il risultato vistoso, il portato ambientale di un metodo di lotta politica che è andato dilagando nella realtà locale. Un metodo che non si preoccupa tanto di guardare e giudicare l'impegno degli uomini, le idee che essi esprimono gli obiettivi, grandi e piccoli che propongono, che sembra quasi si preferisca lasciare alla decisione delle forze egemoni locali dell'establishment tradizionale, fatti salvi naturalmente gli attacchi di rito per non perdere lo smalto di un certo progressismo di maniera. Un metodo che si compiace invece di processi alle intenzioni, in una generica diffusione di sospetti, non arrestandosi nemmeno di fronte ai più proditori, sfacciati e fantapolitici attacchi personali, com'è puntualmente avvenuto su certa stampa, locale e nazionale.
Anche perché sono personalmente colpito da questo metodo di lotta, da questo scandalismo scostumato, non posso accettare l'invito a recedere dalle mie dimissioni. Si ha pure il diritto di scegliere, io credo, la via della più ampia libertà di azione, per aver modo di potersi adeguatamente e tempestivamente difendere di fronte alla sistematica mancanza di rispetto di un minimo di verità, di fronte ad una quasi pianificata diffusione capillare di un'immagine di se stessi etichettata in termini di pesante manifestazione denigratoria.
Ma questi sono solo aspetti personali, che sono certo per me importanti ma che non riguardano il fatto politico delle mie dimissioni. Uno dei motivi di fondo resta quello, come ho detto, di respingere un metodo di lotta politica che porta a infradiciare tutto in un pantano da cronaca nera, un metodo che è necessario superare se si vuol dare davvero un taglio moderno, un senso nuovo, una dimensione incisiva alla presenza soprattutto anche se non solamente, delle grandi amministrazioni pubbliche locali nella guida del nostro sviluppo. E non già per costruire un'industria della pubblica amministrazione locale, con un reddito netto del 10 per cento com'è andato squallidamente affermando in un articolo su "Il Giorno" un non ignoto giornalista, avvoltolandosi anche lui voluttuosamente nel pantano di uno scandalismo facile e ridicolo, ma per dare piuttosto concreta realtà a quella strategia della programmazione che tanto a livello nazionale che a livello locale ha bisogno, per passare dalle parole ai fatti, di strumenti operativi realmente, non solo formalmente, guidati dal potere politico.
Che senso hanno allora, di fronte a questa problematica, il perbenismo occulto della caccia alle incompatibilità, o certo moralismo plateale di certi improvvisati quanto incredibili Catoni? Nessun senso, assolutamente nessun senso, se non quello di impostare sul piano di un assoluto categorico un problema che invece va criticamente riconsiderato in un'ottica nuova e secondo una direzione che assicuri completamente agli amministratori degli enti locali la possibilità di pesare nella conduzione di quelle iniziative in cui le loro amministrazioni sono associate ad altri enti pubblici e privati ed anche nella conduzione di quegli enti, come ad esempio le banche pubbliche, dalla cui larghezza di credito dipende molta parte della possibilità operativa degli enti locali. Altrimenti, si cammina nella direzione opposta a quella dell'ampliamento della sfera di intervento e di decisione delle autonomie locali, con il risultato fin troppo facilmente prevedibile che le reali scelte di sviluppo, quelle che per realizzarsi hanno bisogno di strutture nuove, di strumenti nuovi, di capitali freschi, continueranno a restare esclusivamente affidate all'iniziativa, alla decisione e alla conduzione degli operatori privati con tanti saluti al ruolo di guida, di indirizzo, di promozione dello sviluppo delle amministrazioni locali; ruolo che molti dicono di volere a parole ma pochi si muovono per rendere realizzabile nei fatti, specie purtroppo, a livello parlamentare.
Si tratta di un problema serio, da affrontare realisticamente, senza sentirsi obbligati a bruciare incenso sull'altare di luoghi comuni o di arcaici tabù. Certo, se si vuol fare del moralismo a tutti i costi se ne può fare a iosa, ma è fin troppo chiaro che il problema di una corretta impostazione del rapporto, controllore-controllato, della pluralità delle cariche degli amministratori locali, in connessione agli interessi diretti ed indiretti degli enti dai quali provengono, e più in generale il problema delle ineleggibilità e delle incompatibilità nelle pubbliche amministrazioni locali, non riguarda affatto la sfera etica, alla quale, se mai, molto più propriamente va riferita l'onestà del comportamento individuale, ma riguarda la sfera politica, in riferimento, principalmente all'ampiezza dei compiti e delle funzioni che agli enti locali si intendono affidare e che ad essi si intende far gestire. E' persino patetico quel che da alcune parti si sta facendo, di richiamarsi a Don Sturzo, se si guarda concretamente, senza inutili ipocrisie, ai risultati derivati dall'impostazione da lui data alla sua battaglia sulle incompatibilità parlamentari. Nel nobile intento di separare drasticamente i controllori dai controllati, e di non permettere a nessun costo la coincidenza delle due funzioni nella stessa persona, a venti anni di distanza dall'approvazione della legge, ci troviamo nella paradossale situazione che i controllati si sono trasformati in controllori, e che, ad esempio, vari Cefis, Girotti, Medugno, Petrilli, per non citare che questi, potendo la sfera essere anche molto più lunga, sono e singolarmente e tutti insieme più forti, e in grado di imporre le proprie scelte a chi dovrebbe essere invece il loro controllore, e cioè allo stesso Ministero delle Partecipazioni statali e molto spesso anche allo stesso Parlamento. E questo è avvenuto a causa di un banale errore logico, che è stato quello di scambiare un concetto, che è per sua natura sempre perfetto nella sua schematica astrattezza, per una realtà, che è solitamente sempre molto più complessa, articolata ed imperfetta; un errore che in filosofia si chiama realismo concettuale e che sta alla base di non poche ammirevoli intenzioni che puntualmente si trasformano in realtà esattamente opposte.
Nel riproporre il problema dell'incompatibilità con le stesse caratteristiche che erano forse appropriate per la vita degli enti locali operanti nella realtà storica dell'Italia giolittiana, il metodo di lotta politica che ho prima deprecato ha operato un obiettivo attacco alle autonomie locali. Le mie dimissioni traggono anche motivo da questo problema, e ne vogliono proporre un sereno e realistico esame, anche ai fini di un'iniziativa legislativa regionale. Lo vogliono proporre senza falsi pudori, senza inutili circumlocuzioni, e senza alcuna preoccupazione di lesa etica politica; anche perché mi è davvero incomprensibile la ragione per cui, in assoluto e pregiudizialmente, dovrebbe essere immorale per gli amministratori degli enti locali la pluralità di incarichi direttamente o indirettamente connessi con il loro mandato mentre la stessa pluralità è considerata per gli amministratori degli enti pubblici economici un'esigenza funzionale cui è doverosamente necessario sottoporsi nell'interesse dell'ente rappresentato.
Infine, le mie dimissioni trovano motivo, e vogliono proporre, il problema dell'ingiusta ed inspiegabile differenza di trattamento che la legge riserva agli amministratori degli enti locali ed ai parlamentari nel caso si verifichi nel corso del mandato qualche motivo di sopraggiunta incompatibilità: ai primi, agli amministratori locali, commina la sanzione della decadenza, secondi, ai parlamentari, riserva il diritto opzione.
Non credo sia necessario alcun altro commento, commentandosi eloquentemente il fatto da se stesso.
Signor Presidente, signori Consiglieri, sono questi i motivi delle mie dimissioni. Io credo fermamente che esse possano servire a modificare qualche cosa: quanto meno a far meditare, a far discutere su tre temi importanti per la nostra società regionale, per la vita della nostra società regionale. Le mie dimissioni sono l'assunzione di una posizione politica, credetemi, sofferta e meditata, posizione di combattimento e non di fuga di fronte ad una degenerazione intollerabile del sistema di lotta politica che io mi auguro da tutti si comprenda che dev'essere superato. Di fronte al tema delle leggi elettorali in materia di ineleggibilità e di incompatibilità, che non può essere lasciato nell'incertezza e nelle condizioni dell'attuale formulazione senza grave nocumento e pregiudizio per l'autonomia degli enti locali, nella fase, fra l'altro, molto delicata del loro approccio operativo e strumentale alla strategia della programmazione; di fronte, infine, al problema della sanzione automatica della decadenza agli amministratori degli enti locali, che rappresenta una vistosa disuguaglianza rispetto alla legge, disuguaglianza che deve essere in ogni caso rimossa e superata.
Mi, rendo ben conto, signor Presidente e signori Consiglieri, che l'apertura di una crisi su questi problemi, rispetto ai quali la nostra competenza non può certo presentarsi come determinante e risolutiva, pu anche apparire un'artificiosa forzatura o una velleitaria battaglia. Ma non è così, e di questo io sono profondamente convinto, credendo in perfetta coscienza di assolvere in questo modo ad un dovere di importanza sicuramente non secondaria rispetto ad ogni altro importante dovere inerente al mandato che mi è stato affidato e che mi appresto a riconsegnare al Consiglio Regionale.



PRESIDENTE

E' aperta la discussione sulle dichiarazioni. Chiede di parlare il Consigliere Berti. Ne ha facoltà. Si iscrive anche il Consigliere Nesi.



BERTI Antonio

Signor Presidente, signori Consiglieri, la discussione che noi facciamo qui oggi credo sia veramente di grande importanza, per quanto essa distolga la nostra attenzione da altri problemi che sono pur drammaticamente presenti nella società piemontese.
Noi ci troviamo alle prese con problemi di attività legislativa, quali le leggi sulle comunità montane, le leggi per i contributi ai Comuni, per le opere primarie, per la politica della casa; abbiamo una serie di altre iniziative in corso, che occorre portare avanti senza soste per qualificare il nostro istituto, per recuperare tutto il tempo che, non per colpa nostra, si è perso, per dare all'attività del Consiglio Regionale una possibilità concreta di intervento.
Dobbiamo intervenire in situazioni drammatiche dal punto di vista dell'occupazione. Credo che tutti i Gruppi e la Giunta abbiano ricevuto richieste di intervento da parte del Comune di Verbania, che dopo il suo interessante convegno, cui hanno partecipato anche rappresentanti di questo Consiglio Regionale, ha sollecitamente invitato la Giunta ad assumere iniziative per cercar di fermare la disoccupazione, che sta venendo avanti da quella parte. Altre richieste sono state avanzate da parte del Comune e dei lavoratori di Vercelli per la stessa crisi che incombe su Verbania. C'è poi la richiesta dei lavoratori di Ivrea, ancora in rapporto al piano di ristrutturazione della Montedison, che sta per gettare sul lastrico centinaia e centinaia di operai e di famiglie. Siamo sollecitati dai lavoratori della Castor perché è ormai assodata la volontà della Zanussi di smobilitare le fabbriche Castor in provincia di Torino, e ci viene raccomandato nel caso specifico di intervenire presto, anche perché le Regioni del Veneto, forse in seguito alle assicurazioni ricevute circa il fatto che quelle industrie non verranno smobilitate, hanno diminuito alquanto la loro pressione nei confronti del Governo, che è l'interlocutore giusto, attraverso le Partecipazioni statali, per fermare questa iniziativa.
Abbiamo infine sollecitazioni pressanti da parte dei lavoratori della Farmitalia, i quali ci chiedono di intervenire urgentemente per le 215 sospensioni a zero ore, che preludono di fatto ad altrettanti licenziamenti. Siamo sollecitati dalle forze sindacali unitarie, che chiedono a noi, alla Giunta ed al Consiglio Regionale, un impegno politico continuo, in rapporto alle competenze che noi abbiamo, per le riforme, per l'occupazione, per il Mezzogiorno - e il grande sciopero dell'altro giorno è testimonianza della volontà di procedere in questo senso.
Si tratta di richieste precise e concrete. E dunque ogni altra questione, per quanto importante essa sia, che distolga il nostro impegno da queste, che hanno pure carattere prioritario, è cosa che ci preoccupa seriamente e che ci fa dire per intanto che l'iniziativa del Presidente della Giunta, salvo le forme, di cui discuteremo, ha comunque ottenuto uno scopo: quello di far sì che il Consiglio Regionale debba occuparsi oggi di altri problemi e debba probabilmente, per la crisi che oggi si apre rimandare a chissà quando quegli impegni, pressanti, importanti, assorbenti del nostro Consiglio Regionale. Quali che siano le ragioni cui essa si ispira, noi diciamo che questa iniziativa è deleteria per gli interessi dei lavoratori, dei cittadini, che attendono invece da noi una soluzione ai loro problemi.
Dobbiamo necessariamente occuparci - noi stessi, del Gruppo comunista abbiamo chiesto discuterli rapidamente in Consiglio Regionale - dei problemi che comporta l'iniziativa del Presidente della Giunta, Calleri.
Noi vogliamo denunciare prima di tutto che questa iniziativa non ha alcuna connessione con i problemi che ho citato prima. E' un'iniziativa che ha aperto la strada e tende alla messa in crisi praticamente delle tre maggiori assemblee elettive del Piemonte; la Giunta del Comune di Torino è già in crisi, quella regionale entra praticamente in crisi oggi, la Provincia resiste, vedremo fino a quando.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

E' stata colpita di striscio.



BERTI Antonio

E' probabile, c'è lì qualcuno che è molto attento ai problemi aperti nel Paese e nella Provincia di Torino, che si impegna.
Per prima cosa, noi eleviamo la nostra più ferma protesta per il metodo che ancora una volta si è voluto seguire. Abbiamo chiesto la discussione in Consiglio Regionale perché ritenevamo necessario, per il prestigio stesso dell'assemblea, che la questione venisse trattata nell'unica sede idonea.
E' una affermazione che non faccio per la prima volta, che non ha quindi carattere di novità. Già in un caso precedente noi ci siamo occupati, in conseguenza di una analoga iniziativa del Presidente della Giunta, del metodo che egli segue nel presentare le sue dimissioni. Apro una parentesi per dire che a me spiace dover personalizzare in questo modo il nostro intervento, anche se è evidente che è stato lui stesso a portare a personalizzare al massimo questa vicenda, tant'è che ancor oggi gli Assessori, per quanto la sua intenzione di dimettersi sia stata discussa due volte in Giunta, oggi erano venuti alla seduta senza conoscere esattamente quale sarebbe stato il carattere delle dichiarazioni. Dirò poi quali, secondo noi, sono i motivi che la inducono ad adottare questo comportamento nei momenti in cui deve prendere delle iniziative. Anche questa volta lei, Presidente Calleri, si è recato presso un giornale, o il giornale ha mandato qualcuno da lei, probabilmente su sua convocazione alla stessa ora, praticamente, in cui era avvenuta la famosa denuncia per quanto riguarda i clinici, e lì ha fatto la sua sparata, ha annunciato l'intenzione di dimettersi per protesta.
Noi prendiamo le mosse da questa seconda occasione del suo modo di operare per mettere a fuoco quello che noi riteniamo essere un primo motivo essenziale di denuncia: questo metodo offende, a nostro giudizio, e gravemente, l'assemblea. Non è ammissibile che si richiami, attraverso i giornali, l'attenzione dell'opinione pubblica, che si mettano le forze politiche in condizione di doversi interessare della questione, inviando comunicati ai partiti, che addirittura si apra la crisi al Comune di Torino, per cogliere una indicazione, o se si vuole, per strumentalizzare l'occasione fornita di riproporre un tema politico che per le ragioni che ho detto all'inizio non serve alla collettività piemontese, non serve agli interessi dei lavoratori.
E quindi, signor Presidente, le preannuncio che non siamo certo noi tra coloro che la invitano a ritirare le dimissioni. Già per questa prima ragione, per questo suo modo di comportarsi nei confronti dell'assemblea noi stessi le diciamo: si ritiri, signor Presidente. L'assemblea regionale è qualcosa di molto serio, sorto per volontà di gran parte dei cittadini le forze regionaliste, dei lavoratori, che hanno visto in questo istituto conquistato a ventidue anni dalla Costituzione, - l'abbiamo detto altre volte, l'hanno scritto vari Capigruppo nelle dichiarazioni stese per questa rivista del Consiglio che dopo due anni e mezzo ha visto finalmente la luce la possibilità di un rinnovamento dello Stato, il modo, cioè, per giungere ad una gestione politica diversa, fondata sulla partecipazione dei lavoratori, dell'opinione pubblica, degli enti locali. Non è quindi possibile non vedere in atti di questo genere una sostanziale sfiducia nella validità di questo istituto, al quale già la vita è resa più precaria e più dura dalle inadempienze del Governo, dai ritardi con i quali siamo costretti ad operare. Denunciamo, quindi, il carattere deleterio di tale procedura e della situazione che essa ha prodotto, che mette in crisi le assemblee elettive senza contenuti precisi, senza alcun riferimento ai gravi problemi posti sul tappeto.
Credo di poter affermare che non soltanto in noi componenti del Gruppo comunista ma anche in altri Consiglieri rappresentanti di altre forze politiche è presente un diffuso senso di disagio e di preoccupazione per tale modo di operare. Questo modo non giova certo al prestigio e alla credibilità delle assemblee elettive, anzi, provoca e alimenta crisi di fiducia sulla loro capacità di incidere sulla situazione.
Dottor Calleri, noi comunisti siamo contrari alle dimissioni dall'incarico pubblico come forma di protesta. Quando i Sindaci della Valle di Susa hanno minacciato di dimettersi in segno di protesta contro i ritardi del Governo ad intervenire nella situazione occupazionale della vallata abbiamo fatto tutto quanto era in noi per dissuaderli. Noi siamo dell'opinione che, una volta ricevuto e accettato il mandato, lo si debba reggere fino in fondo, conducendo una battaglia, quando vi è da condurre una battaglia. Noi siamo contrari alle dimissioni, soprattutto quando riteniamo che siano in gioco interessi della collettività che si deve servire: siamo convinti che occorra invece operare politicamente, e diciamo che nel caso specifico - il caso, cioè della sentenza della Magistratura se (sottolineo il "se") problemi politici erano sorti, si doveva rispondere con atti politici, non con gesti plateali, come il suo; se lei riteneva che la sentenza della Magistratura ponesse dei problemi politici, signor Presidente, poteva benissimo, anzi doveva, chiedere l'immediata convocazione del Consiglio Regionale. In questa sede avrebbe esposto i suoi problemi, le sue preoccupazioni, al Consiglio avrebbe chiesto eventualmente una presa di posizione. Questo è il modo di acquistare credito politico al Consiglio, all'istituto, anche personalmente, non quello di pretendere di collocarsi al di sopra dell'istituto, illudendosi probabilmente di provocare chissà quali reazioni con il gesto personale, sia pure il gesto di un Presidente di Giunta.
Signor Presidente, lei non l'ha mai voluto capire: lei conta nella misura in cui conta il Consiglio Regionale. Tant'è che, dopo aver solennemente proclamato che non avrebbe ritirato le dimissioni fino a quando non ci fossero stati echi da Roma, lei oggi è costretto, credo, a prendere atto che di echi non se ne sono avuti. Semmai, la conseguenza positiva del suo gesto - ecco l'importanza del dibattito, l'importanza dell'iniziativa della Magistratura - è che probabilmente ci consentirà di affrontare per la prima volta di petto uno dei problemi più gravi, più inquinanti della vita politica del nostro Paese, quello della cumulabilità delle cariche.
Noi non condividiamo, Presidente Calleri, certi giudizi di falsa moralità, non consideriamo valido il paragone che si fa fra persone che operano in enti pubblici od economici e amministratori pubblici. Per noi la cumulabilità delle cariche ha un ben determinato fine: serve un sistema di Governo su cui mi permetterò di fare alcuni cenni.
Signor Presidente, signori Consiglieri, tutti i giorni noi abbiamo motivo di protestare contro gli attacchi che vengono portati alle autonomie locali: basterebbe richiamare la situazione politica generale del Paese, la stasi dello stesso Parlamento - un Parlamento che praticamente non si riunisce più -; una situazione politica che si trascina a base di decreti legge usati come sistema di governo; ultimo in ordine di tempo, il decreto del Governo sulla casa, che limita gravemente i poteri delle Regioni soprattutto in materia di programmazione edilizia, offre già di per sé un motivo recente di protesta: qui sì che è in gioco la validità dell'istituto regionale, la sua capacità di intervenire, di affrontare decisamente i problemi, come quello della casa. Sarebbe assai lungo un elenco, senza andare molto lontano. Ma, ripeto; basta rifarsi alla politica generale del Paese, che comprime le autonomie locali, negando ad esse la possibilità di esprimersi in pieno, di contare veramente nella politica di sviluppo del Paese.
Senza voler entrare nel merito di questioni che già sono state tema di convegni e oggetto di iniziative e prese di posizione, osservo che l'autonomia degli enti locali, delle assemblee elettive è da anni continuamente colpita da un Governo costituito da forze e politiche che hanno nome e cognome. Le autonomie locali si difendono in ben altro modo signor Presidente, da quello che lei ha scelto di protestare per una sentenza della Magistratura sulle incompatibilità. Lei non ha protestato in altre occasioni in cui avrebbe avuto motivo di farlo: se ben ricordo l'unica protesta che le ho sentito fare è stata in relazione all'atteggiamento del Governo nei confronti della legge per gli asili-nido.
In generale, lei si è estraniato dai Convegni nazionali in cui i Presidenti di Giunta e gli Assessori si sono incontrati in più riprese proprio per protestare politicamente contro gli attacchi alle Regioni, alle autonomie locali, li ha in generale disertati, ritenendoli inutili. Ha invece fatto questo gesto, che oggi ha voluto sottolineare, in modo particolarmente vistoso, quando è sorto il problema delle incompatibilità.
Per che cosa ha protestato? Forse per generosa solidarietà verso gli amici colpiti dal provvedimento? Sarebbe un motivo sbagliato, ma umanamente comprensibile. No, il motivo che lei ha dato alla sua protesta è quello della necessità di difendere l'autonomia degli enti locali. Ma in questa motivazione non è possibile credere. Proprio perché lei non ha mai protestato, non ha mai invitato il Consiglio Regionale a protestare, non ha mai promosso quelle iniziative degli enti locali, del resto più volte sollecitate, per far assumere a questi atti concreti con i quali l'autonomia può essere sollecitata e portata avanti, e non soltanto difesa.
Al limite, si potrebbe dire questo: l'autonomia locale è colpita nella misura in cui a questi enti locali, in questo caso alla Regione, non è dato di decidere autonomamente sul problema delle proprie incompatibilità.
Questo sarebbe l'argomento più importante. Noi diciamo che l'argomento è stato male scelto e diciamo che la protesta che lei ha ritenuto di dover fare ha invece una ben altra posta in gioco.
Noi comunisti vogliamo tentare, senza creare drammi, di porre l'accento sulle questioni vere, che più volte, del resto, sono state dibattute in questo nostro Consiglio, che oggi vengono alla luce. E' ben vero che la sentenza della Magistratura ha posto problemi di carattere legislativo ed istituzionale, per adeguare le capacità di azione delle assemblee elettive.
E' vero altresì che non abbiamo certezza del diritto, ma su questo potremmo aprire una discussione che non finisce mai, perché la certezza del diritto oggi è affidata anche all'interpretazione di certa parte della Magistratura. Ma noi diciamo che proprio per questi elementi Magistratura e Parlamento sono sollecitati, e anche noi li sollecitiamo, ad una funzione di rinnovamento e di adeguamento del proprio intervento al fine di sostenere e di accelerare i processi di evoluzione democratica in corso. In definitiva, noi contestiamo a lei, signor Presidente, alle forze di maggioranza, alle forze politiche che hanno condiviso questo suo atteggiamento di protesta e la motivazione che per esso è stata addotta, di difendere in questo modo l'autonomia degli enti locali. Noi sosteniamo che l'autonomia degli enti locali si difende e si sviluppa, intanto, con una politica nazionale diversa, la politica nazionale di un Governo che non comprima le autonomie locali ma che le ponga effettivamente in grado di assolvere la funzione di direzione dello sviluppo economico e sociale del Paese e dei Comuni. Sarebbe troppo facile e persino stucchevole rifare l'elenco di tutte le leggi che occorrono, e di cui da tempo le organizzazioni dei Comuni, delle Province, dell'Uncem eccetera, in ogni convegno riaffermano con forza la necessità: ne emergerebbe la situazione tragica di questi enti e il continuo, netto rifiuto delle forze politiche governative a porvi rimedio. Si difende e si sviluppa conferendo agli enti locali un'effettiva capacità di contare, e questo lo si fa - mi sia consentito qui ricordarlo - assumendo iniziative concrete in ordine agli strumenti nuovi che devono essere attuati. In questo senso la Regione ha una funzione primaria per dare dignità all'intervento locale, per dare ad esso un'effettiva autonomia. Dove autonomia non è autarchia, non è campanilismo, ma capacità di contare appunto essendo inserita in contesti in cui si decide.
Da questo punto di vista noi non possiamo non rilevare, quando si parla di autonomia locale, che uno strumento indispensabile che il nostro Statuto ha affermato con forza, l'istituzione dei comprensori, non è ancora oggetto di iniziativa concreta in questo Consiglio Regionale, nonostante le sollecitazioni del nostro Gruppo (si dirà che è un Gruppo di opposizione ma è una forza vitale di questo Consiglio Regionale), e credo di poter affermare che l'iniziativa è condivisa da gran parte degli enti locali del Piemonte. Mentre a parole si afferma di voler difendere l'autonomia degli enti locali, dall'altra parte, concretamente, non si ha la forza, o la volontà politica, di far avanzare questo processo, questo dibattito, la cui conclusione è la formazione dei comprensori, questo nuovo istituto entro cui gli enti locali ritrovano, trovano, anzi, la possibilità effettiva di contare per quanto riguarda le decisioni che intervengono sul loro territorio, per quanto riguarda i problemi che lì si pongono.
C'è poi il problema delle deleghe di funzioni: lo abbiamo solennemente affermato nello Statuto, lo abbiamo più volte sostenuto nei vari interventi, noi della minoranza, ma anche la maggioranza, lo ritroviamo nei programmi delle varie maggioranze delle Giunte che qui si sono succedute, e tuttavia dobbiamo anche qui dire francamente che non possiamo credere alla dichiarazione di chi si erge a difensore degli enti locali, visto che anche in questo campo non si procede, che una nostra proposta di legge-quadro per l'istituzione delle deleghe è da mesi ferma in Commissione e che ancora recentemente, l'altro giorno, l'iniziativa è stata frenata.
Come si può sostenere di voler effettivamente difendere l'autonomia degli enti locali quando non si produce lo sforzo necessario per costruire gli strumenti di questa autonomia? Qui non è in causa il Governo nazionale non è in causa alcun'altra forza all'infuori del Consiglio Regionale, e noi proprio anche da questo dibattito prendiamo lo spunto per invitare tutte le forze politiche che veramente credono nella autonomia a dare il massimo slancio alle iniziative in corso, affinché nel più breve tempo possibile comprensori e deleghe possano essere assegnate ai Comuni, cos realmente facendo progredire e difendendo l'autonomia degli enti locali.
Alla sentenza della Magistratura, quali che siano le riserve che su di essa si possano fare, e non alle sue dimissioni, con le quali lei ha reagito alla sentenza, va riconosciuto il merito di aver sollevato questa questione di grande rilevanza, che è presente nel nostro Consiglio, nella situazione politica piemontese e probabilmente non soltanto piemontese, del cumulo degli incarichi, che noi comunisti abbiamo più volte portato in questo Consiglio Regionale. (Sono presenti a tutti, credo, le nostre mozioni, la nostra lotta permanente contro il malvezzo del cumulismo, la relativa mozione di sfiducia, la nostra iniziativa continua per affermare un potere di partecipazione intanto del Consiglio Regionale ma anche delle forze esterne ad esso).
Ecco qual è in proposito a nostro giudizio la direzione da prendere.
Noi neghiamo che la disputa debba avvenire sulla interpretazione della Magistratura, se la sentenza sulle incompatibilità o ineleggibilità debba essere assunta in un modo oppure in un altro. Quello che realmente va messo in discussione è il significato che ha nella vita politica il cumulo degli incarichi. E' quindi una discussione fortemente politica quella che dobbiamo fare. Pur senza con questo disinteressarci di quello che deve avvenire a livello del Parlamento, della Magistratura per dirimere una questione di diritto che deve pur essere impostata, noi diciamo che in questa situazione occorre rendersi conto - e noi ci rendiamo conto, e invitiamo le altre forze politiche a fare altrettanto - che la questione è soprattutto politica. Perché il cumulo degli incarichi è negativo per una serie di motivi di carattere pratico e anche proprio, mi si consenta, di moralità: noi pensiamo che sia impossibile ad un uomo politico che abbia più importanti incarichi poterli svolgere concretamente, utilmente tutti.
Noi crediamo che proprio ai fini pratici occorra avere non più di uno o due incarichi; per poterli assolvere bene, mentre c'è anche chi di incarichi ama ricoprirsi per un'ambizione assolutamente deleteria.
Ma noi non rileveremmo il vero motivo politico che a nostro giudizio esiste se non cogliessimo invece il fatto che il cumulo degli incarichi costituisce uno degli elementi attraverso cui si istituisce un metodo di Governo che accentra un grosso potere in poche mani, che è gravemente lesivo, questo sì, dell'autonomia degli enti locali, che esclude in modo assoluto ogni effettiva partecipazione popolare, e che Edoardo Calleri, nel segno dell'efficienza, teorizza tentando di elevarlo a sistema. Questo, a nostro giudizio, è l'aspetto politico che occorre cogliere di questa vicenda, perché quello del cumulo delle cariche è uno degli anelli su cui si regge questo sistema. E' un metodo che ha già trovato radici. Il sistema passa, intanto, attraverso il controllo indispensabile e assoluto del partito di maggioranza relativa: occorre, cioè, per esercitarlo, avere il controllo massimo del partito; e da questo punto di vista credo che le iniziative, le esperienze piemontesi insegnino che c'è un gruppo di maggioranza relativa nel partito dominante, il partito della D.C., che questo potere ha. Consiste nel controllo di alcuni punti chiave: banche enti locali, soprattutto quelli decisivi per gli interventi sul territorio comprese le società miste autostradali e per i trafori. Consiste nel collocare in ognuno di questi enti uomini fedelissimi e obbedienti.
Consiste nel collocarsi personalmente come amministratori nel maggior numero possibile di questi enti. Non muovo accuse gratuite, constato una realtà: e la realtà è che gli uomini colpiti dalla sentenza della Magistratura sono in questa condizione; che lei, dottor Calleri - e mi spiace dover premere ancora un vecchio tasto - è presente nella Cassa di Risparmio, è presente nel Credito Agrario...



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Non più. Siete rimasti un po' indietro con le informazioni.



BERTI Antonio

Si vede che vi sono state pressioni che l'hanno già indotta a rinunciare ad un incarico.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Parli anche delle voci di diffamazione, se vuol essere obiettivo.
Perché ci sono incarichi che sono collegati ad altri: dalla Presidenza della Cassa di Risparmio discende, per esempio, tutta quella mole di incarichi che...



BERTI Antonio

Dottor Calleri, non le conviene adontarsi, perché così dà l'impressione a chi ascolta che le nostre frecciate colgano nel segno.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Mi pare che sia lei che pone una particolare vis polemica nel suo intervento.



BERTI Antonio

Forse che, dopo aver fatto per venti giorni il bello e il cattivo tempo, senza dir niente al Consiglio, si aspettava anche degli omaggi floreali da parte nostra? Io sto semplicemente esponendo delle tesi politiche, dottor Calleri, non le sto dicendo che lei è un ladro o simili: sto denunciando un sistema di Governo.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Ed io le ribatto soltanto che prima di fare certe affermazioni occorrerebbe effettuare gli opportuni aggiornamenti.



BERTI Antonio

Ne prendo atto e non mancherò di farlo. Lei non potrà tuttavia negare di essere, oltre che Presidente della Giunta Regionale del Piemonte amministratore delegato del Frejus, di avere posti di rappresentanza nella Step, nell'Ativa, nella Cassa di Risparmio, e di avere suoi uomini, del gruppo doroteo, nei maggiori enti della Provincia (e forse sta manovrando per averli anche al Comune). Dunque, il metodo di cui parlavo prima si attaglia perfettamente alla sua politica.
Dicevo che io non lancio accuse: io constato la realtà. Ma la realtà non è sempre così palese. Perché il gruppo di potere venuto così a collocarsi al di sopra degli enti elettivi si colloca, in definitiva, al di sopra degli stessi partiti, della D.C., nelle decisioni essenziali.
Inevitabilmente si scontra con le frustrazioni che provoca, si scontra soprattutto con le istanze di partecipazione che vengono dalle masse e che sono in tutti i partiti, anche nel partito della D.C. Si scontra con una realtà politica in movimento, si scontra con lo Statuto Regionale, si scontra con un'affermazione continua - mi rifaccio ancora alle dichiarazioni dei Capigruppo della maggioranza - circa la realtà l'esigenza indispensabile di procedere a costruire un metodo nuovo d'intervento. Può annullarsi o indebolirsi il controllo del partito, e ci non può non destare preoccupazioni, perché rischia di mettere in crisi uno dei presupposti essenziali. Può venire infine una sentenza della Magistratura a colpire uno degli uomini più importanti del sistema Magliano. Di qui la reazione, che può sembrare violenta, può sembrare incomposta, può sembrare nervosa, può far pensare ad una forte carenza di equilibrio politico, che porta a compiere atti senza misurarne le conseguenze, mentre in realtà è essenzialmente reazione allo scricchiolio del movimento.
E' questo il quadro che può anche spiegare i contrasti che da tempo avvengono in questo Consiglio. Vede, la stessa concezione degli organi della Regione - al primo posto, naturalmente, il Presidente della Giunta all'ultimo il Consiglio Regionale - serve questo sistema politico posto in atto per controllare tutto il movimento, può essere intesa come un sistema di efficienza, ma è un sistema che contrasta gravemente con la costruzione effettiva di una partecipazione popolare democratica alla formazione e costruzione delle scelte.
Voglio rapidamente ricordare, prima di concludere, come questa concezione, questo metodo si rifletta su ogni atto del Consiglio Regionale: le leggi presentate dalla Giunta hanno sempre, inevitabilmente, un riferimento preciso a questo indirizzo (si veda la legge sulle Comunità montane, dove è la Giunta che approva gli Statuti delle Comunità, dove è la Giunta che approva addirittura i piani di sviluppo preparati dalle Comunità; si vedano le proposte di legge della Giunta per quanto riguarda l'ente di sviluppo agricolo e per l'Artigianato, dove il controllo passa per esempio, attraverso la nomina da parte del Presidente della Giunta del direttore dell'ente e del Presidente dell'ente). E' un sistema che investe ogni organismo, ogni settore d'intervento. E' efficienza, questa? Non lo so. So però per certo che non è assolutamente partecipazione popolare. E noi diciamo che questa concezione va controbattuta, se si vuole veramente far avanzare quella struttura nuova della società piemontese che così fortemente abbiamo sostenuto nel dibattito e nella stesura definitiva del nostro Statuto.
Certo, Consigliere Bianchi e Consigliere Vera, vorrei leggere quello che avete scritto in questa vostra dichiarazione. Voi lamentate il fatto che verso le istanze di partecipazione si procede lentamente, che si stenta a costruire questo sistema voluto dallo Statuto. Ma io vi chiedo: siete voi coscienti dei veri motivi che lo ritardano? Avete tentato, quanto meno, di fare un esame per individuare gli elementi di fondo che impediscono questo sviluppo della società? Ecco l'invito che noi rivolgiamo a tutte le forze politiche. Non è un atto d'accusa: è una riflessione politica indispensabile che noi dobbiamo fare per costruire veramente quello che i lavoratori ci chiedono e che, lo ripeto, tutti abbiamo scritto e sostenuto nel nostro Statuto.
Concludendo, signor Presidente, signori Consiglieri, noi siamo favorevoli ad accogliere le dimissioni del Presidente Calleri. Per i motivi che ho tentato di spiegare. Il dott. Calleri, in due anni e mezzo, ancora non ha voluto capire che un'assemblea elettiva non è un Consiglio d'amministrazione. E probabilmente non lo potrà o vorrà capire mai, perch diversa è la sua formazione mentale, diversa la sua concezione politica. E' per questo che noi diciamo che occorre sgombrare il terreno da questa concezione, opponendosi pertanto a chi più accanitamente la sostiene.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Nesi, ne ha facoltà.



NESI Nerio

Signor Presidente, signori Consiglieri, abbiamo appreso dal Presidente della Giunta le ragioni che lo hanno indotto a rassegnare le sue dimissioni e desideriamo esporre al Consiglio Regionale le osservazioni del nostro partito.
Dobbiamo dire innanzi tutto che ci poniamo di fronte alla nuova situazione creata dalle dimissioni del Presidente con animo sereno e con atteggiamento né moralistico, né scandalistico; riteniamo infatti che in questa sede il discorso debba farsi esclusivamente sul piano politico perché è in questo modo soltanto che possiamo manifestare il nostro rispetto innanzi tutto per l'assemblea regionale ed in secondo luogo per l'ordinamento giurisdizionale dello Stato.
Il giudizio politico quindi non può partire che dai dati di fatto in nostro possesso e che sono i seguenti: 1) la constatazione delle dimissioni del Presidente 2) l'analisi delle ragioni che le hanno motivate 3) la nuova fase che inevitabilmente si apre dopo questi avvenimenti.
Non vi è dubbio che per un partito all'opposizione come è in questo momento il Partito Socialista, la caduta di una Giunta di centro destra non può che avere una serie di aspetti positivi e anche noi accoglieremo queste dimissioni; ma poiché non siamo mai stati e non siamo certamente ora per la politica del tanto peggio tanto meglio, è nostro dovere innanzi tutto dare un contributo ad un'analisi, che è forzatamente approssimata, delle ragioni che hanno condotto il Consiglio Regionale a discutere oggi di questo argomento.
Dobbiamo dire che è motivo di soddisfazione per noi che il Consiglio Regionale ne discuta oggi e se ciò è avvenuto lo dobbiamo all'azione dell'opposizione di sinistra; ed è abbastanza significativo che questo dibattito avvenga nel Consiglio Regionale del Piemonte che dal cataclisma che ha investito la vita politica di Torino è stato colpito in minima parte. C'è innanzi tutto un problema di forma. Sappiamo bene che la quasi totalità delle crisi di Governo della Repubblica sono avvenute non in seguito ad un dibattito parlamentare, ma in conseguenza di modificazioni dell'assetto dei partiti o delle coalizioni di Governo. La realtà è che si è andato istituzionalizzando, nella democrazia italiana, il regime dei partiti e finora non siamo riusciti a creare dei correttivi o dei miglioramenti; ma è altrettanto vero che il Consiglio Regionale doveva nelle intenzioni di tutti, introdurre un metodo nuovo e più approfondito di partecipazione, il che non è avvenuto: l'abbiamo già deplorato e lo ripetiamo.
Il Presidente della Regione ha dichiarato di rassegnare le sue dimissioni in segno di protesta contro un sistema di leggi che per la sua insicurezza e per la sua inesplicabilità, non consente agli amministratori locali di fare serenamente il proprio dovere. Il problema politico che sta davanti a noi è di vedere se il Presidente della Regione ha fatto bene a fare quello che ha fatto, se sarebbe stato meglio che lo facesse in altre occasioni e quali conseguenze politiche avrà il suo gesto.
Sul primo punto: noi riteniamo che i fatti che hanno dato luogo ad una sentenza del Tribunale di Torino, e, di segno opposto, ad un'altra sentenza della Corte d'Appello di Torino e che sono in attesa di una sentenza definitiva della Suprema Corte di Cassazione, siano passibili di esame da questo Consiglio, ma solo sul piano politico. Vogliamo essere chiari su questo punto: è ben lungi da noi ritenere che le decisioni della Magistratura torinese di primo e di secondo grado non siano criticabili non vi è niente di non criticabile in un paese libero e di ciò abbiamo avuto conferma in una sentenza estremamente importante della Magistratura recentemente, quando la Corte di Cassazione dato torto ad alcuni giudici che si erano doluti, in sede penale, delle critiche assai dure loro rivolte da cittadini per una loro sentenza; ma se vogliamo che il Consiglio Regionale, in quanto assemblea legislativa, divenga sempre più assimilabile al Parlamento piuttosto che ai Consigli Comunali e Provinciali, dobbiamo anche fare in modo che i nostri atteggiamenti, le nostre decisioni, il nostro modo di essere abbiano in misura crescente questa dimensione.
Pensiamo quindi che occorra operare politicamente e dare risposte politiche e non risposte personali alle situazioni in atto.
In questo quadro vanno esaminate le ragioni del Presidente della Giunta. Esse si possono in sostanza sintetizzare in tre punti: 1) necessità che una legge più chiara disciplini tutta la materia 2) richiesta che questa legge tenga conto delle nuove strutture degli enti locali 3) richiesta che agli enti locali venga riservata la stessa facoltà che ha il Parlamento di autodisciplinare la posizione dei propri membri.
Sul primo punto: il fatto che vi sia una grande confusione in tutta questa materia sembra difficilmente contestabile. L'occasione per un'opera di revisione era stata offerta da una serie di vuoti legislativi creati dalla Corte Costituzionale, al dispositivo della giurisdizione amministrativa locale, in conseguenza della nota dichiarazione di illegittimità - che loro ricorderanno bene - delle norme che attribuivano funzione giurisdizionale ai Consigli Comunali e Provinciali in materia elettorale (proprio le norme a cui si riferisce il Presidente).
Ma il Parlamento è riuscito soltanto, con la legge del dicembre 1971 ad istituire i tribunali amministrativi regionali. La verità è che le profonde divisioni esistenti nel Parlamento non hanno consentito una visione unitaria dei problemi della giustizia amministrativa, proprio perché essa è destinata a incidere immediatamente nella sfera di influenza degli operatori politici.
Ritenere che occorra un provvedimento di legge che chiarisca tutta la materia, non vuol dire ovviamente ritenere che questo eventuale provvedimento di legge debba essere meno restrittivo delle interpretazioni che alle leggi attuali sono date dalla Magistratura ordinaria; vuol dire semplicemente mettere in condizione il cittadino di conoscere il suo status.
Sul secondo punto, il discorso è più complesso, perché riguarda non la procedura, ma la sostanza dell'attività amministrativa. Si discute cioè se sia opportuno che, creandosi strumenti amministrativi nuovi, quali sono quelli previsti dagli statuti delle Regioni ordinarie o dai Consigli Comunali e Provinciali, i Consiglieri comunali, provinciali e regionali possano e debbano divenirne amministratori.
Anche in questo caso io credo che noi dobbiamo discutere qui il problema non sul piano giuridico, ma sul piano sostanziale. D'altra parte questa discussione è già stata fatta da noi, per lo meno è stata iniziata da noi quando abbiamo discusso il progetto di legge regionale sull'Ires: in quella legge noi non prevedemmo in modo tassativo ne l'una né l'altra possibilità. Ricordo che in Commissione (per lo meno nella Commissione ristretta in cui se ne discusse) giungemmo alla conclusione che si sarebbero lasciate aperte entrambe le alternative; ricordo anche che quando si discusse sull'eventuale designazione di Consiglieri regionali, o no nessun partito, o meglio, nessun Gruppo consiliare pose il problema dell'incompatibilità né giuridica né politica fra le due cariche. Fu detto anche, da alcuni Gruppi, che sarebbe stato opportuno che una parte dei Consiglieri di amministrazione dell'Ires fossero dei Consiglieri regionali e fu rilevata l'importanza che lo fosse in particolare il Presidente dell'Ires per portare nell'istituto di studi la linea politica del Consiglio Regionale, evitando così che l'istituto stesso potesse diventare un centro accademico, slegato dalla realtà operativa della Regione.
Ho ritenuto opportuno soffermarmi su questo episodio che riguarda direttamente il nostro Consiglio, perché esso dimostra per lo meno che non c'era stato in quell'occasione, da parte di tutti i partiti presenti in questo Consiglio, il dubbio che ciò potesse comportare per il Consigliere che fosse stato designato nella carica di Consigliere di amministrazione dell'Ires la possibilità di essere messo in una posizione di incompatibilità e quindi di decadenza.
Sostengono alcuni che dovrebbe essere consentito, anzi che dovrebbe essere augurabile che nei Consigli di amministrazione di società direttamente legate agli enti locali, facessero parte gli Assessori preposti ai settori direttamente competenti su queste società (così come il Ministro dei LL.PP. è presidente dell'ANAS, così come il Ministro del Tesoro è presidente della Cassa Depositi e Prestiti), assumendo per queste posizioni la veste di portatori diretti della volontà politica della Regione, o della Provincia, o del Comune. Coloro che sostengono questa tesi la motivano con l'osservazione che i portatori della volontà politica del governo o dell'amministrazione locale, possono essere soltanto coloro che detengono il potere esecutivo e non tutti gli eletti.
Anche questa è un'opinione che presenta degli aspetti di ragionevolezza, ma anche di estrema contraddittorietà. Per parte nostra riteniamo che i nuovi compiti che ha lo Stato e che hanno le Regioni, così come i compiti vecchi e nuovi che hanno i Comuni e le Province, implicano un allargamento del potere politico che va ben al di là delle tradizionali competenze e riteniamo anche che è auspicabile che gli uomini che detengono il potere politico non abbiano il compito di dirigere quelle aziende che derivano la loro esistenza dal potere politico stesso.
Ma non ci nascondiamo i pericoli che questa linea, che pure è la nostra, comporta. Sono davanti a noi esempi clamorosi a livello nazionale di come il potere politico (il Parlamento ed il Governo in sostanza) si siano lasciati sfuggire di mano il controllo di organismi che, creati con il denaro dello Stato, sostenuti con fondi di dotazione dello Stato alimentati con i finanziamenti di aziende finanziarie dello Stato, non soltanto non rispondono più alle disposizioni del potere politico, ma attraverso i loro maggiori esponenti designati dal Governo, condizionano gravemente l'attività del Governo stesso ed ignorano completamente la volontà del Parlamento.
I casi clamorosi ai quali mi riferisco sono quello ad esempio della Montedison che sta di fronte a noi in questi giorni; ma della stessa E.N.I.; in sostanza, le grandi holdings che fanno in realtà la politica economica del Paese ed i cui capi, sono ovviamente né deputati, n senatori, impongono il loro volere a coloro i quali li hanno nominati.
Come si vede, quindi, la materia è complessa, difficile, certamente non risolvibile con articoli scandalistici e neanche - me lo consenta il Presidente - con atteggiamenti personalistici.
Sui terzo punto, sollevato dal Presidente della Giunta, cioè la richiesta che gli enti locali abbiano le stesse facoltà che ha il Parlamento di autodisciplinare la posizione dei propri membri, il discorso è più chiaro. Come è noto questa facoltà del Parlamento gli deriva dall'art. 66 della Costituzione, che dice: "ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissioni dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità".
E' opinione prevalente e direi generale nella dottrina, che queste prerogative abbiano un carattere eccezionale, il che ne impedisce l'applicazione, in via analogica, ad organi diversi per tipo e per essenza.
Obiettivamente dobbiamo riconoscere che, anche in caso di applicazione analogica, questa potrebbe essere riconosciuta soltanto ai Consigli Regionali, in quanto essi hanno, come il Parlamento, potestà legislativa e non anche, certamente, ai Consigli Provinciali e ai Consigli Comunali. Ma il silenzio osservato dalla Costituzione anche nel titolo dedicato alle Regioni, anche quelle a statuto speciale, fa ritenere che la analogia non potrà che sorgere da chiare disposizioni di legge che dovrebbero essere "leggi costituzionali", con tutto quello che ciò comporta.
In effetti il problema sorse già (io ho voluto andare a rileggere sul piano parlamentare e sul piano costituzionale ciò che si disse in quei giorni) nella prima Regione a statuto speciale, la Sicilia, quando anticipando con il suo statuto il più ampio regolamento costituzionale delle Regioni a statuto ordinario, si attribuì, per la prima volta ad un organo diverso dalle Camere legislative nazionali, un potere legislativo primario, alternativo e concorrente a quello nazionale cioè il potere di emettere provvedimenti aventi valori di legge. Infatti la legge regionale n. 29 del 1961 della Regione siciliana stabilì che "all'assemblea regionale è riservata la convalida dell'elezione dei propri componenti". Questa legge nasceva dalla considerazione secondo la quale la posizione Costituzionale delle assemblee regionali sarebbe identica a quelle delle due Camere del Parlamento.
Su questi principi si è discusso e si discuterà ancora molto a lungo anche perché la magistratura ordinaria ha sempre negato l'assimilazione delle funzioni delle assemblee regionali a quelle del Parlamento, perch ritiene la prima una manifestazione di autonomia politica costituzionale delimitata e la seconda espressione del potere d'indirizzo politico generale del Paese.
E' certo comunque che qualunque sia per essere la futura regolamentazione in questo senso dei compiti e dei poteri delle assemblee regionali, questa non potrà mai riguardare i Comuni e le Province.
Signor Presidente, ho ritenuto non inutile addentrarmi sui problemi posti dal Presidente della Regione a motivazione delle sue dimissioni perché ritengo che qualunque siano le ragioni di fondo delle dimissioni stesse, i motivi che ne hanno dato l'occasione potranno forse essere secondari, anzi, sono secondari, ma non sono né banali né tanto meno inesistenti. Si può senz'altro obiettare e noi obiettiamo che le dimissioni del Presidente della Regione Piemonte potevano essere date in molte occasioni, altrettanto e, in molti casi, più importanti; esse potevano essere date per esempio quando il Presidente della Montedison, in aperto dispregio degli accordi presi e degli impegni più volte riaffermati non solo al governo nazionale, ma anche al governo regionale, ha annunciato la chiusura di alcune fabbriche in Piemonte, provocando una situazione di disagio quale non si riscontrava da vent'anni; esse potevano esser date in questi giorni, nel momento in cui il Consiglio di amministrazione del gruppo Zanussi, nel quale è presente il capitale pubblico, senza interpellare la Regione Piemonte, ha deciso la chiusura della Castor di Rivoli provocando la messa in cassa integrazione di duemila persone; esse potevano essere date - per venire ad un argomento più vicino a queste ragioni - quando la magistratura di Torino ha denunciato centinaia di giovani socialisti, comunisti, democristiani contro i quali esistono delle accuse ridicole; esse infine potevano essere date contro l'atteggiamento più volte denunciato dai banchi dell'opposizione, ma anche da quelli della maggioranza di questo Consiglio, contro le decisioni del governo centrale il quale, evidentemente, sta compiendo una chiara manovra che ha degli aspetti non soltanto accentratori, ma conservatori e reazionari contro l'istituto regionale per quanto di innovativo esso rappresenta. E ricordo a questo proposito i decreti delegati sulla casa, già ricordati dal collega Berti, che hanno limitato gravemente il potere delle Regioni, contro tutto l'atteggiamento che aveva preso questo Consiglio Regionale. Esse infine potevano essere date per protesta contro la situazione generale di grave deterioramento nel quale, come il Presidente della Giunta ben sa, versano tutti i Comuni e tutte le Province grandi e piccole della nostra Regione per la situazione finanziaria, di carenza legislativa, di inefficienza in cui vengono tenuti. Esse potevano essere date (forse sono queste, le ragioni di fondo) perché questa Giunta non è stata in grado di portare avanti anche provvedimenti che essa aveva posto fra i più importanti del suo programma: e mi riferisco in particolare a quelli che potevano sopperire, seppure in parte, alla situazione economica generale della nostra Regione: mi riferisco all'Istituto finanziario regionale piemontese all'Ente regionale di sviluppo, all'Ente regionale dell'artigianato.
Abbiamo assistito in questi giorni a un fatto a mio parere estremamente grave e significativo (voglio ricordarlo al Presidente della Giunta e alla Giunta): degli stanziamenti già effettuati per la creazione di questi enti sono stati distolti per l'esercizio '72 per essere devoluti, secondo un progetto di legge della Giunta, a 3.000 coltivatori diretti togliendo quindi di fatto e di diritto la possibilità di creare, se non in un periodo successivo, questi nuovi istituti.
Dicevo prima e confermo ora che peraltro il problema più importante che sta dinanzi a noi è esaminare la situazione nuova che le dimissioni del Presidente della Giunta hanno creato La situazione politica a livello nazionale è talmente farraginosa che non è assurdo ritenere che una crisi della Regione Piemonte possa essere precorritrice di una crisi del governo nazionale; d'altra parte ricordiamo tutti che proprio da una crisi della Regione Piemonte iniziò un anno e mezzo fa quel momento politico che condusse alla rottura della coalizione di centro sinistra a livello nazionale e alle elezioni anticipate.
Orbene, anche in relazione ad illazioni che ci sono state in questi giorni da tutte le parti politiche più o meno interessate, noi dobbiamo riaffermare qui che le nostre posizioni sono identiche a quelle che io ebbi l'onore di annunciare al Consiglio Regionale nella seduta del 28 luglio 1971, quando il P.S.I. fu estromesso dal governo della Regione. Non abbiamo su questo piano niente da modificare delle posizioni per le quali allora fummo estromessi e alle condizioni che ponemmo allora e che la D.C. e gli altri partiti della coalizione non accettarono e in forza dei quali si compose questa alleanza di centro destra.
Ma voglio ricordare, per finire, un fatto che mi è accaduto di leggere proprio in questi giorni scorrendo gli scritti di Rodolfo Morandi e voglio ricordarlo soprattutto ai colleghi della D.C. Nel Consiglio nazionale della D.C. del luglio 1953, vent'anni fa esattamente, Acide De Gasperi testualmente diceva: "Non mi riesce di trovare tra il cammino di Nenni e il nostro, una possibilità di convergenza che giustifichi il tentativo di fare, sia pure per breve tratto, del cammino insieme. Se ci vedessero camminare in compagnia, la brava gente che incontrassimo per la via scuoterebbe il capo e a ciascuno di noi domanderebbe 'Quo vadis?' ".
Io credo che avesse ragione due anni dopo, nel marzo '55 parlando a Torino nel memorabile 31^ Congresso del nostro partito il compagno Morandi che così commentava il discorso di De Gasperi: "E' accaduto invece esattamente l'inverso, la brava gente che incontriamo per la strada ha preso a scuotere sempre più significativamente la testa vedendo in quale cul di sacco fosse andata a cacciarsi la D.C.".
Io credo, signori, che non ci sia molta differenza fra la situazione di allora e quella di adesso. Aggiungeva Morandi: "Molti volti diversi presenta e disparati linguaggi parla oggi (1955) la D.C. Teniamo a dire che non intendiamo interferire nella sua travagliata vita interna, in quella che si dice, con un eufemismo, la sua dialettica interiore, ma proprio perché vogliamo avere per interlocutore la D.C., e non quella o questa parte di essa, dobbiamo dire che l'unico modo serio perché ciò possa avvenire è che il discorso sia riferito ad un quadro politico generale, dei precisi programmi contenuti negli impegni, nei tempi, nei metodi".
Evidentemente, signori, la storia si ripete e non abbiamo nulla da aggiungere a questa ripetizione della storia.



PRESIDENTE

Qualcuno chiede di parlare? Consigliere Vera, ne ha facoltà.



VERA Fernando

Innanzi tutto dobbiamo dare atto al Presidente della Giunta Calleri dell'estrema sensibilità politica che ha ispirato il suo atto clamoroso e che mi ha fatto cogliere del problema emerso in conseguenza della sentenza della magistratura (non quello personale, quale che possa essere l'amicizia che molti di noi hanno per le persone colpite da questa sentenza) un importante aspetto politico che riguarda tutti noi - e lo dimostra quella parte della discussione che già abbiamo avuto in quest'aula - che riguarda gli enti locali e lo stesso Stato.
Noi, lo abbiamo dichiarato come partito, lo hanno dichiarato i compagni interessati a questa sentenza, non intendiamo assolutamente fare il processo alla magistratura, anzi, come abbiamo detto che accettavamo la prima sentenza della magistratura, così accettiamo la seconda sentenza così evidentemente riterremo giusta, quale che sarà, la terza e definitiva sentenza della Corte di Cassazione.
Il problema non è quello di criticare la magistratura, la quale correttamente ha ritenuto d'interpretare in un certo modo la legge (sia pure in modo difforme nella seconda sentenza rispetto alla prima), ma quello di una legge, probabilmente affrettata che ha mutuato da leggi precedenti. Si è detto che era una legge arcaica, antiquata, però non dimentichiamo che quella legge (del 1960) recepiva in larga parte quanto esisteva precedentemente nella legislazione italiana in materia d'incompatibilità, risalendo addirittura ai tempi di Giolitti o a quelli della Costituzione del regno italiano. Del resto la legge nessuno ha mai preteso che sia Vangelo, che sia perfetta, che non possa essere modificata criticata, corretta; questa indubbiamente non riflette esigenze di funzionalità degli enti locali successivamente emerse e che emergono ogni giorno ed è oltretutto di non chiara ed univoca interpretazione se è vero che decine e decine sentenze di diversi tribunali italiani hanno dato sullo stesso problema, pareri difformi.
Quando noi ci opponiamo a che si faccia del moralismo, intendiamo per moralismo anche quello di chi esalta una sentenza non per difendere la magistratura (siamo tutti per la difesa della magistratura) ma perch colpisce certi uomini politici, come aveva deprecato la sentenza precedente perché non aveva colpito certi uomini politici, quando cioè pretende che la magistratura si faccia strumento di lotta politica; è il falso moralismo di questi strani individui che sono sorti nella nostra città, sconosciuti inavvincinabili, introvabili, che neppure i giornalisti, i quali solitamente riescono a intromettersi nella vita privata dei personaggi più importanti, non sono riusciti a pescare e che evidentemente sono strumenti di un certo tipo di lotta politica che non credo nessuno possa considerare morale e conforme alle norme correnti di etica e di costume politico. E' il moralismo di chi fa degli attacchi sui giornali, come quelli che abbiamo letto sull'"Espresso", su "Il Giorno" e che sono stati giustamente richiamati dal Presidente della Giunta. Più che di moralismo in questo caso si tratta di scandalismo, perché chiunque conosca la realtà torinese ha potuto rilevare le numerose inesattezze di quel tipo di reportage. Ma badate bene, colleghi, è uno scandalismo che non si limita a colpire l'obiettivo ma rischia di colpire la stessa democrazia del nostro Paese perché i cittadini che leggono quei giornali non si danno la pena di discriminare la parte politica o la persona che viene colpita, ma fanno di ogni erba un fascio e traggono da quel tipo d'impostazioni moralistiche un giudizio che colpisce tutta una classe politica, quella classe politica democratica che governa il Paese, compresa evidentemente la stessa opposizione.
Il problema che il Presidente Calleri ha sottolineato ritengo che difficilmente poteva essere sottolineato in altri modi, ad esempio attraverso pronunce di organi elettivi com'è il Consiglio Regionale, perch avrebbero sollevato un'attenzione minore e possiamo essere sicuri che dopo il piccolo clamore sollevato dalla sentenza (clamore più che altro giornalistico) tutto sarebbe passato nel dimenticatoio e questo argomento che riguarda tutti gli enti locali, la stessa vita politica dello Stato sarebbe stato dimenticato.
Io non dico che sia l'unico problema esistente nel funzionamento della democrazia italiana, ve ne sono altri e forse più importanti, però ritengo che anche questo sia particolarmente importante.
Quando noi chiediamo l'attenzione del Governo, del Parlamento per avere una modifica di legge, non intendiamo chiedere una legge più permissiva rispetto a quella esistente, che permetta maggiore cumulo d'incarichi o che, comunque autorizzi quelli esistenti, intendiamo ottenere una legge che permetta di raggiungere alcuni obiettivi tra i quali quello di una possibilità decisionale degli enti locali che sarebbe invece gravemente colpita nel momento in cui si stabilisce una netta separazione tra gli organismi che hanno funzioni esecutive rispetto alle deliberazioni degli organi elettivi e gli organi elettivi stessi, cosa che indubbiamente avviene nel momento in cui viene negata all'ente locale la possibilità di operare direttamente, attraverso la nomina di propri rappresentanti (come era nel caso del Teatro Stabile di Torino e della Società metropolitana) al fine di raggiungere degli obiettivi che tutta l'amministrazione comunale si propone.
Si sono ricordati qui casi clamorosi che non riguardano gli enti locali, ma lo stesso Parlamento, lo stesso Governo, che tutti abbiamo presenti: ENI, Montedison, RAI, ecc., i quali sono praticamente sottratti al controllo del Parlamento, che in una logica democratica dovrebbe essere il detentore di ogni decisione definitiva.
Si parla di controllori e di controllati, però qui assistiamo al caso più clamoroso dei controllati che addirittura diventano controllori, perch non si può negare che chi ha il potere in mano della Sipra, della Montedison, dell'ENI, della RAI, di questi grandi enti nazionali, sia in grado non dico di controllare ma per lo meno di pretendere di controllare i partiti politici, il Parlamento, lo stesso Governo e a maggior ragione la coalizione, come in qualche caso si è verificato, di questi grandi tecnocrati, nei confronti di quella che è una classe politica. Ma anche su un piano più settoriale, più locale, queste cose succedono: il collega Oberto, che presiedeva allora il Consiglio Provinciale e il collega Berti che era come me Consigliere Provinciale, ricordano ad esempio un caso (minimo rispetto a quelli che ho precedentemente citati) quello dell'Opera Pia ospedali psichiatrici. Dopo tutta una serie di esperienze negative il Consiglio Provinciale aveva ritenuto di nominare nel consiglio d'amministrazione dell'opera Pia ospedali psichiatrici dei Consiglieri, in modo da assicurare al Consiglio la possibilità decisionale in ordine a un ente che rappresentava larghissima parte delle uscite del suo bilancio. La Prefettura aveva ritenuto di bocciare la nostra delibera, col risultato che vennero nominate delle persone estranee al Consiglio Provinciale. Io non giudico negativamente l'intervento del Prefetto, che probabilmente interpretava in modo corretto la legge, giudico negativamente la legge che impediva al Consiglio Provinciale d'intervenire nei confronti di un ente che spendeva una larga parte delle entrate della Provincia di Torino e le spendeva in un modo che noi giudicavamo che per lo meno dovesse essere modificato. Tutti in Consiglio Provinciale eravamo d'accordo nel giudicare negativamente quel tipo di conduzione, però essendo state elette delle persone a rappresentarci, queste, una volta nominate, avevano portato avanti le decisioni della amministrazione dell'Opera Pia come ritenevano coinvolgendo così la stessa Provincia e le sue possibilità d'intervento e d'azione nel momento in cui si dilatava questa voce di uscita riguardante l'Opera Pia ospedali psichiatrici.
Un secondo obiettivo che a nostro avviso dovrebbe proporsi la legge coincide con quanto hanno detto altri, quello della opzionalità da parte degli uomini colpiti da situazioni d'incompatibilità, come avviene per i parlamentari, come è a un certo momento logico che ciò avvenga, ma senza che questa punizione possa apparire discriminatoria rispetto a chi è colpito da un ricorso, da sentenze e chi invece continua tranquillamente a mantenere l'incarico, tenuto anche conto di una certa difformità che noi ci auguriamo che la legge possa eliminare, ma che non sarà possibile perch nessuna legge può portare una lunga elencazione di casi specifici.
Infine mi pare che a monte di tutto questo dovrebbe esserci una decisione, ancora più importante, quella di affidare ad un organo locale ad un organo politico (perché si tratta, l'ha detto giustamente il Presidente Calleri, non di un fatto etico, ma politico) la valutazione di fatti di questo genere. Il Consiglio Comunale del paesetto non può essere chiamato a pronunciarsi sull'incompatibilità del Consigliere che fa parte del proprio consesso, deve essere almeno un organo elettivo a livello regionale a farlo.
Al di là dei quesiti posti dalla sentenza, sui quali intendiamo richiamare l'attenzione di tutti gli operatori politici e che riteniamo debbano essere risolti con una modifica della legge, esiste la questione politica aperta dalla crisi in Regione e dalla crisi del Comune di Torino.
Nei siamo preoccupati come lo sono altre forze politiche, del ritardo che la crisi di questi enti porta alla soluzione di molti problemi della Regione, della Città e della Provincia, però avendo sempre valutato la situazione che si era venuta a creare nei tre massimi organi elettivi non ottimale, non normale che accettavamo per uno stato di necessità, ma non era quella che avremmo auspicato, non possiamo non intravedere nell'apertura di una crisi che coinvolge Regione, Comune e Provincia, la possibilità di un tentativo per realizzare una soluzione che abbia invece carattere di maggiore organicità. Il nostro partito, nel momento in cui si sono fatte le trattative nel 1970 per la costituzione della Giunta Regionale, Comunale e Provinciale di Torino, aveva chiesto ed ottenuto dagli altri partiti dello schieramento di centro sinistra un impegno di globalità per questo tipo di soluzione, impegno che era stato sottoscritto dalle Segreterie dei vari partiti. Un primo strappo a questo criterio di globalità si è avuto immediatamente nelle amministrazioni di molti comuni non importantissimi, ma comunque importanti della provincia di Torino e anche di altre province piemontesi e se ricordate uno dei motivi della precedente crisi regionale, di quella che ha portato a una modificazione della formula che governava la Regione Piemonte, è derivato proprio da alcuni clamorosi episodi di frattura del concetto di organicità della formula in alcuni comuni che circondano la metropoli torinese.
E' quindi intervenuta la crisi alla Regione, con la realizzazione di una formula diversa da quella del 1970, una prima crisi al Comune di Torino, poi rientrata, una seconda crisi al Comune di Torino quest'autunno risolta in un modo che non rappresenta certamente l'optimum perché nessuno credo si sia illuso, la soluzione, più che restituire vitale l'amministrazione comunale di Torino, si può dire che la poneva sotto una tenda ad ossigeno per evitare che morisse; e infine l'ultima crisi, quella di questi giorni.
Noi ribadiamo in questa occasione quel principio che avevamo impostato (scusateci la presunzione) anche un po' imposto nel 1970, cioè che la soluzione di tutti questi problemi avvenga in una visione il più possibile organica, unitaria, tenendo conto delle esigenze che la programmazione regionale e l'estrema correlazione dei problemi tra le amministrazioni comunale e provinciale e regionale è venuta a porre nei settori dei trasporti, dell'urbanistica, dei servizi e in altri ancora.
Per noi questa rappresenta la soluzione ottimale e ci batteremo per ottenerla, nello stesso tempo intendiamo anche, come partito, batterci perché sia fatto con rapidità. Noi non siamo sensibili, l'ho detto prima ai molti problemi relativi alla realizzazione di opere per larga parte delle amministrazioni, che sono anche problemi legislativi per quanto riguarda il nostro Consiglio. E affinché una soluzione ci sia e rapida organica, tale da assicurare una stretta correlazione fra tutte le amministrazioni interessate, tale da assicurare la possibilità di operare in senso veramente innovatore, in modo da accogliere le istanze di trasformazione che il primo Governo di centro sinistra aveva suscitato nel Paese e che poi sono andate purtroppo spegnendosi, noi intendiamo trovare come partito, nell'incontro che avremo con gli altri partiti di centro sinistra, una soluzione alla crisi della Regione Piemonte e del Comune di Torino.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Zanone, ne ha facoltà.



ZANONE Valerio

Signor Presidente, signori Consiglieri, la motivazione delle preannunciate dimissioni del Presidente e con lui della Giunta Regionale esula - come il Presidente Calleri ha chiaramente dichiarato - dalla composizione politica della maggioranza che sostiene la Giunta. Tuttavia come del resto ha fatto poco fa anche il collega Vera, qualche considerazione preliminare sugli schieramenti politici ci è imposta dalla connessione, o quanto meno dalla concomitanza tra la crisi che si preannuncia alla Regione e quella che si è già aperta nel comune capoluogo e che mi sembra possa trovare qualche risonanza anche in questa sede.
Vorrei osservare in proposito che la sentenza della Corte d'Appello che ha dichiarato decaduti il vice Sindaco Magliano, il pro Sindaco Alessio ed il collega Benzi dalla carica di Consiglieri al Comune di Torino, è caduta come un fulmine, ma su un cielo che era già poco sereno, cioè su una situazione amministrativa che era già in crisi, in assenza di una maggioranza effettiva che sostenesse la Giunta Comunale.
La decadenza dal Consiglio Comunale dei più rappresentativi esponenti di due fra i tre partiti che precariamente compongono la Giunta, ha accelerato i tempi per la riapertura della crisi, la quale però era già iniziata nell'estate del '72 ed era stata rabberciata in autunno con una soluzione dichiaratamente provvisoria. Sullo stato dell'amministrazione municipale torinese le conseguenze delle recenti decisioni della magistratura, tutto sommato, appaiono come un elemento importante, ma non come l'elemento principale, che è tuttora quello descritto dal Segretario regionale del partito socialista, on. Froio, intervista del 17 settembre '72 al giornale comunista "L'Unità": "La ragione della grave situazione creatasi a Palazzo Civico va ricercata nello scollamento verificatosi nell'attuale maggioranza di centro-sinistra".
Va ricordato, per precisione storica, che fra le cause del cosiddetto "scollamento" l'on. Froio collocava allora al primo posto il fatto che l'amministrazione Porcellana (cito testualmente) "gode della totale protezione della Giunta Regionale centrista del conte Calleri".
Non ho personalmente dati di prima mano per valutare se nella vicenda delle decadenze la protezione lamentata dall'on. Froio sia stata, o meno totale; d'altra parte anche all'interno del partito socialista sono emerse opinioni differenti e non è mancato, nel PSI, chi ha proposto una nuova Giunta di centro-sinistra analoga a quella che l'on. Froio si era attivamente ed anche efficacemente adoperato a mettere allora in crisi.
Senonché, nel frattempo, il centro-sinistra cosiddetto "organico" si è venuto sempre più deteriorando anche ai livelli locali e per ragioni più estese dell'ambito comunale: alla Provincia di Torino, in termini di realtà politica, il centro sinistra è finito da un pezzo; è in crisi, salvo errore, l'amministrazione provinciale di Vercelli; a Novara a due mesi dalle elezioni le trattative per la formazione della Giunta Comunale non sono ancora concluse.
In questa situazione, le dimissioni prospettate dal Presidente Calleri aprirebbero una crisi che, anche se argomentata e motivata diversamente non mancherebbe, come ha dimostrato poco fa l'intervento del collega Vera d'investire il problema politicamente fondamentale per la gestione del governo locale, nel periodo residuo di legislatura. Se crisi vi dovrà essere, la soluzione dovrà essere tale da chiarire i rapporti di maggioranza e da indicare alle amministrazioni provinciali e comunali della regione un indirizzo che sia valido per l'attuale congiuntura politica.
L'esecutivo regionale del partito liberale, con una deliberazione assunta all'unanimità il 9 scorso, ha già precisato a sufficienza il proprio orientamento in merito. Noi riteniamo che una formula democratica di successione al decennio di centro-sinistra, non si troverà se non quando da parte delle altre componenti democratiche, cadrà ogni preclusione aprioristica e immotivata nei confronti del partito liberale.
Quindi, se dal nostro punto di vista il problema del governo locale dalla Regione alle Province ed ai Comuni, è prima di tutto un problema di maggioranze stabili e di rapporti corretti fra i partiti, dentro i partiti e fuori dei partiti, certamente non sottovalutiamo i rilevanti aspetti di ordine istituzionale e giuridico che le recenti vicende giudiziarie hanno messo in risalto e che hanno avuto tanta parte in questo dibattito. Non vi è oggi, come non vi è da vent'anni a questa parte, nessuno che non condivida l'esigenza di una riforma dell'ordinamento degli enti locali, a cominciare dalla legge comunale e provinciale che è una legge antiquata e sconquassata; ma le questioni d'ineleggibilità, d'incompatibilità e di decadenza toccano il problema della riforma dell'ordinamento locale soltanto in un suo aspetto; tra l'altro è facile osservare che le norme relative sono proprio le meno antiquate di tutto il corpo legislativo sugli enti locali...



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Sono del 1904.



ZANONE Valerio

Sì, ma attraverso una serie di filtri successivi; per esempio, per quanto riguarda le Regioni.....



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Sono solo state aggravate le procedure.



ZANONE Valerio

Ma furono aggravate, per quanto riguarda le Regioni, in un dibattito estremamente esteso e recentissimo, perché la legge è di quattro anni fa anche se ammetto che le discussioni dell'ostruzionismo non furono forse le più producenti per dare una corretta formulazione degli articoli relativi tuttavia soltanto quattro anni fa il Parlamento ha ritenuto, per quanto riguarda i casi del Consiglio Regionale, di confermare questa tradizione amministrativa.
Noi siamo d'accordo su alcune sperequazioni che nascono ad esempio dal trattamento diverso che la legge assegna agli amministratori locali rispetto ai parlamentari. Rimane un mistero perché i parlamentari non siano ineleggibili alla carica di Consigliere Regionale, quando la legge elettorale del Parlamento vieta la candidatura dei Consiglieri Regionali al Senato ed alla Camera. Anche per altri aspetti c'è da chiedersi se la legge risponda, in tutte le sue parti, al diritto di elettorato passivo così come è stabilito nell'art. 51 della Costituzione. Del resto la Corte Costituzionale ha già avviato un'opera correttiva proprio in questo senso.
Noi ci dichiariamo quindi favorevoli ad una pressione sul legislatore statale, che potrebbe essere esercitata nella forma più corretta attraverso la presentazione alle Camere di una o di più proposte di legge del Consiglio Regionale, ai sensi dell'art. 121, per la revisione delle norme relative all'elettorato passivo. Ovviamente occorre aggiungere in quale direzione debba muoversi un'iniziativa eventuale in questo senso.
A nostro avviso la revisione auspicata non potrà in primo luogo incidere sul principio che vieta la compresenza nella stessa persona delle posizioni del controllore e del controllato; perché, al di là di tutto ci che si può addurre sui difetti di questo divieto, vi sono delle esigenze che a noi sembrano elementari di distinzione delle responsabilità pubbliche e di trasparenza del processo decisionale. E il principio, a nostro giudizio, se vale per gli amministratori delle Province e dei Comuni, vale ancora di più per gli amministratori regionali, per la funzione di indirizzo e di coordinamento, più che di gestione diretta, che i Consiglieri regionali devono svolgere secondo una tendenza politica che finora mi sembra sia stata quasi unanimemente condivisa in questo Consiglio. Viceversa, dove la riforma dovrà intervenire, è nella determinazione più precisa e più rigorosa dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità. Non credo che ci sia scandalo se un tribunale e una Corte d'Appello pronunciano, sul medesimo ricorso, a distanza di pochi giorni giudizi del tutto opposti, perché questo è insito nella presenza di diversi gradi di giurisdizione e mi pare anche (mi scuso per una considerazione che è del tutto superflua) che ogni valutazione di merito sulle sentenze della magistratura trovi un limite insuperabile nella sua natura costituzionale di organo che è autonomo e indipendente da ogni altro potere. Però le differenti pronunce dei magistrati torinesi sul noto ricorso del cittadino Palumbo e le possibili differenze ulteriori che potranno nascere sui ricorsi tuttora pendenti, sembrano porre in evidenza la discrezionalità troppo ampia che è attualmente lasciata al giudice dall'imprecisione e dalla genericità delle norme relative.
La riforma che potremmo proporre ha un punto di riferimento autorevole in questo senso, nella sentenza pronunciata il 21 novembre 1972 dalla Corte Costituzionale in merito all'ineleggibilità a Consigliere regionale dei capi degli uffici periferici dello Stato. Questa sentenza contiene alcune motivazioni che mi sembrano di grande importanza ai fini dell'iniziativa di legge che il Consiglio Regionale potrebbe assumere. "Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, si legge nella sentenza, la cause di ineleggibilità sono di stretta interpretazione e devono essere contenute entro i limiti rigorosamente necessari al soddisfacimento delle esigenze di pubblico interesse ricollegantisi alla funzione elettorale cui sono di volta in volta preordinate". Proprio perché i casi di ineleggibilità costituiscono eccezione al principio generale di libero accesso alle cariche elettive, la Corte Costituzionale dichiara necessario che essi siano tipizzati dalla legge "con determinatezza e precisione sufficienti a evitare, quanto più possibile, situazioni di persistente incertezza, troppo frequenti contestazioni, soluzioni giurisprudenziali contraddittorie che finirebbero per incrinare gravemente in fatto la proclamata pari capacità elettorale passiva dei cittadini".
Senza dubbio le leggi elettorali - e fra esse anche quella per le Regioni - offrono il destro a numerose situazioni di tipizzazione insufficiente. Per esempio il caso di ineleggibilità previsto al punto b) dell'art. 5 di quella legge, non precisa in forma inequivocabile l'estensione del caso di maneggio di denaro nei confronti degli enti locali sottoposti al controllo della Regione, tanto è vero che la Corte di Cassazione, in una nota sentenza con cui ha stabilito l'ineleggibilità di un Consigliere regionale abruzzese, ha messo in risalto proprio l'ampia accezione del termine di legge. Perciò, riconosciuta l'opportunità di una più precisa tipizzazione dei casi ad opera del legislatore, sembra per anche indubbio che il compito di giudicare in materia di ineleggibilità e di incompatibilità, debba spettare non, come ha detto il collega Vera, ad un qualche organo elettivo, ma alla magistratura anche se le norme che disciplinano l'attività del Parlamento dispongono in maniera diversa perché in fondo, sebbene il giudizio dei magistrati sia ovviamente opinabile dal punto di vista politico come quello di chiunque, esso resta dal punto di vista dell'equilibrio costituzionale il più qualificato e se noi affidassimo il giudizio sull'eleggibilità al corpo medesimo degli eletti, non avremmo probabilmente garanzie di maggiore certezza. Non occorre del resto qui ricordare che la figura della convalida da parte dell'assemblea, al pari dell'immunità parlamentare e di altre situazioni per così dire del parlamentarismo classismo, è un relitto di tempi trascorsi in cui la magistratura non era indipendente dal potere sovrano ma in un sistema costituzionale di autonomia della magistratura, non si vede ragione per sottrarre alla competenza dei magistrati la giurisdizione anche in materia di elettorale passivo per i fini di tutela dell'interesse generale che queste pronunce ovviamente rivestono.
Per concludere su questo aspetto, mi pare che una riforma legislativa che voglia tipizzare più precisamente i casi di ineleggibilità e di incompatibilità ai fini della tutela dell'elettorale passivo, colga il significato più vero della vicenda in discussione, che non verte tanto sull'autonomia degli enti locali, quanto sui diritti e sulle garanzie giuridiche degli amministratori.
Desidero aggiungere che questa vicenda si è sviluppata sulle cronache dei giornali e in privati e pubblici incontri, in forme che, occorre dirlo hanno prodotto globalmente una certa confusione. Il Presidente Calleri ha deplorato il tono complessivo di questa polemica e noi ci associamo alla sua deplorazione. L'esecutivo regionale della D.C., nel comunicato che abbiamo letto nei giornali dei giorni scorsi, parla opportunamente di "democrazia partecipata", ma se la premessa indispensabile della partecipazione democratica è sapere e capire cosa succede nella vita pubblica, devo dire che - probabilmente per mia personale ottusità e ingenuità - alcuni passaggi di questa polemica natalizia mi sono sembrati di ardua interpretazione.
Non si può tacere che questa polemica ha attraversato i singoli partiti con un taglio orizzontale, suscitando divergenze in ciascuno di essi, quasi che accanto ai comparti ufficiali dello schieramento, si giustappongano aggregazioni interpartitiche tali da dividere la città in due campi, che alcuni si sono anche incaricati di individuare, magari con approssimazioni sbrigative.
Per non urtare la suscettibilità di nessuno, mi permetterò di ricorrere ad una revocazione storica, osservando come il Piemonte in queste settimane sia parso diviso in due fazioni addette a congiure di palazzo; una specie di ritorno all'antico, al Piemonte del '600 quando, forse nella stessa piazza su cui si affacciano queste finestre, i fautori dei principi Tommaso e Maurizio contendevano il potere ai fautori di Madama Reale. Ma la partecipazione democratica, cari colleghi, che non era conosciuta ai nostri antenati seicenteschi, e per l'appunto un'altra cosa dal conflitto tra i principiati e i madamisti di allora, anche se il Presidente della Regione lombarda ha giudicato in una sua recente intervista sul "Globo" l'ambiente torinese come l'ambiente di un principato, probabilmente però con un'allusione che, a differenza di quanto crede l'amico Novelli, non andava tanto agli organi politici, quanto agli organi economici che esercitano un'influenza sull'ambiente regionale.
La partecipazione democratica significa chiarezza di informazione sui fatti di rilievo pubblico, tempestività di dibattito nei singoli partiti e di confronto fra i partiti nelle sedi istituzionali come ora qui avviene.
Certo, il dibattito politico che si apre oggi e che probabilmente non si esaurirà in tempo tanto breve, ha in se un difetto di origine, quello di essere originato al di fuori dell'assemblea e per cause esterne ad essa noi non possiamo non rilevare che il ricorso ad azioni giudiziarie è un metodo improprio per l'impostazione delle controversie politiche e che le ulteriori conseguenze di questo metodo rischiano di tagliare i nodi della controversia invece di scioglierli.
Credo di interpretare l'opinione dei colleghi del Gruppo liberale proponendo, per concludere, che il Consiglio dia avvio al più presto alla preparazione di un disegno di legge al Parlamento per la riforma dell'ordinamento locale nel senso precedentemente indicato; e nel prendere atto delle preannunciate dimissioni del Presidente Calleri prendiamo atto insieme della ribadita conferma del Presidente Calleri circa la validità dell'attuale maggioranza regionale.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Garabello Ne ha facoltà.



GARABELLO Enzo

Signor Presidente, si potrebbe dire, tanto per allentare un po' la tensione con una battuta, che non si capisce bene se Babbo Natale 1972 avesse qualche motivo per farla pagare ai piemontesi o volesse prenderli in giro, dal momento che dalla sua gerla è uscita la matassa aggrovigliata di questa strana crisi che dopo l'Epifania siamo ancora qui a palleggiarci nel tentativo di trovare, ciascuno dal proprio angolo visuale, un capo per sbrogliarla.
Una strana crisi, che con motivazioni diverse ha investito i principali enti locali del Piemonte. Una crisi in cui, dopo l'ultima fase dell'operazione Palumbo, conclusasi con la sentenza di secondo grado emessa dalla Magistratura, si è visto da un lato - lo ricordava Vera - il lineare comportamento dei colpiti, che avendo assunto un certo atteggiamento dopo il giudizio favorevole, l'hanno mantenuto dignitosamente dopo il giudizio contrario; poi l'intervento nella polemica del Presidente Calleri; quindi altri avvenimenti, come la strana, per molti aspetti incomprensibile operazione Magliano nei confronti del Presidente Calleri e l'operazione, di cui non ricordo bene il nome del promotore, relativa ad altri amministratori della città di Torino, a cominciare dal Sindaco. La matassa ha così continuato ad ingarbugliarsi.
Oggi, esaminando le cose in un'atmosfera meno rovente, più distesa essendo ormai trascorso un buon mese dall'esplosione di quei fatti possiamo più facilmente ricollegare gli aspetti politici del complesso.
Però in quel momento abbiamo avuto netta l'impressione, e l'hanno avuta anche i nostri amministrati, che sostanzialmente la ragione di fondo per cui la crisi era nata non fosse di natura squisitamente politica. Perch non è facile inquadrare esattamente in una motivazione politica una reazione ad una sentenza. In quell'insieme di avvenimenti che hanno aggrovigliato la matassa vi è stata una posizione nei confronti della Magistratura, diretta o indiretta o anche involontaria, se vogliamo, che io personalmente e i miei amici non riteniamo di condividere, per le stesse ragioni che avevo esposto qui quando si era parlato di un caso analogo da altri qui ricordato, quello dei clinici, che cioè è inopportuno che una classe politica democratica arrivi a scalfire, anche involontariamente l'assoluta indipendenza della Magistratura, che nella nostra Costituzione è il potere cui compete garantire i diritti individuali e collettivi, e contro la quale, anche particolarmente quando ad essa si offrono strumenti imperfetti come leggi che per molti versi sono state dichiarate da tutti inadeguate, ormai superate, è pericoloso da parte, dicevo, della classe politica rivolgere i propri strali, anche se indirettamente.
E' stato d'altronde riconosciuto, ritengo ormai da tutti, a mente più fredda, che sulla base delle leggi esistenti quella sentenza è ineccepibile: vi fu anche un dibattito di studiosi e di politici, che giunse sostanzialmente a questa conclusione. Per cui, l'unico modo che tutti quanti, mi pare, qui continuiamo a ritenere più valido e non equivoco per affrontare questo problema è quello di presentare, o attraverso i parlamentari locali, o nel Consiglio Regionale stesso - che potrebbe, fra l'altro, svolgere un dibattito amplissimo, utile anche proprio per la capacità legislativa di tutti noi e dell'intero Consiglio - un progetto di legge perché questa materia venga riordinata.
Però, detto che vogliamo una nuova legge, in merito alla quale il Presidente Calleri ha detto alcune cose e ciascuno degli intervenuti ha precisato come la vorrebbe formulata, dal proprio angolo visuale, è chiaro fin da ora che non può uscire da tutti questi avvenimenti un nuovo strumento chiaramente delineato per tutti allo stesso modo. Obiettivamente non sarà facile arrivare a concordare i contenuti, né sul piano politico n su quello tecnico.
Mi pare comunque sia emerso anche dal battito dibattito questa sera che questa legge, se e quando sarà emanata - e dobbiamo impegnarci perché ci avvenga presto -, non potrà essere più permissiva della congerie di leggi e di disposizioni che oggi vigono nel nostro Paese. Gli enti locali hanno in questi anni ampliato di molto i limiti e le caratteristiche del proprio intervento, modificandone ed ampliandone anche le forme giuridiche. E' stata ricordata qui, mi pare dal collega Zanone, la questione della legge comunale e provinciale, camicia di Nesso che intralcia gli enti locali contro la quale ogni giorno più ci si scontra, per l'obsolescenza dei principi e delle procedure su cui essa si fonda. Per trovare una collocazione dell'ente locale, particolarmente dei Comuni, nell'ambito dei problemi delle comunità non mi pare conveniente il ricorso alla tradizionale forma della municipalizzazione, da tutti ritenuta ormai uno strumento largamente senescente. Vi può essere l'intervento con servizi diretti offerti dalle Amministrazioni locali; però, proprio per motivi legati alla legge comunale e provinciale, non sempre questo sistema è pratico e funzionale; per effetto di tale legge, questi servizi ricadono nell'impostazione burocratica generale, si trovano in uno stretto vincolo di regolamenti organici per quanto riguarda il personale, gli aspetti economici del personale, la difficoltà, quindi, di puntare all'alta specializzazione di tecnici; non pare, quindi, che almeno in città, in province, in ambiti territoriali significativi, quella dei servizi diretti se non quelli di istituto, possa essere la strada migliore. La strada che si sta scegliendo, più libera, più funzionale, è quella degli enti, delle società azionarie, delle agenzie, quelle che noi stessi nello Statuto regionale abbiamo previsto come strumenti utili per l'espletamento del nostro mandato.
E' chiaro, però, che non è pacifica l'uscita su questi argomenti. Ne hanno parlato molti colleghi, tutti con argomentazioni valide, il che porta a concludere che su questi principi c'è ancora molto da discutere e da approfondire. A me pare che queste forme più funzionali e differenziate che sono un'esplicazione di una maggiore autonomia degli enti locali richiedano una massima autonomia nel loro funzionamento, ma, per conseguenza, maggiore rigidità nei controlli, sia politico-organizzativi programmatici, sia economico-finanziari. Di qui, è chiaro, si può uscire con una proposta che veda un'appendice diretta degli enti locali - ed ecco che c'è chi sostiene che bisogna rendere compatibili le due funzioni ma vi può essere un'altra uscita: che proprio in rapporto a questa necessità di controlli senza ombre, senza dubbi, senza difficoltà da parte anche di coloro che poi dovranno usufruire di questi servizi, cioè le popolazioni vi debba essere una più netta distinzione di poteri. Noi, per parte nostra siamo orientati verso questa seconda forma.
Il Presidente Calleri ed altri ricordavano prima come di fatto la legge Sturzo abbia portato ad un rovesciamento del rapporto fra controllori e controllati. Questa, fatta sommessamente, però in un organo politico, è una grossa critica, non ad una legge ma ad una classe politica che o non ha scelto bene gli uomini da mandare alla direzione di grandi enti o li ha scelti troppo bene, nel senso che non ha aperto le porte a uomini di grande valore perché entrassero nella direzione politica, e li ha utilizzati a livello di tecnici non sapendo poi controllarli sul piano dei programmi delle impostazioni ed anche della gestione economico-finanziaria.
Il problema rimane, però, ce ne rendiamo conto tutti, e quindi da questo angolo visuale una nuova legge sulle incompatibilità penso che non potrà che andare nella direzione già affrontata per quanto riguarda i parlamentari.
In sostanza, la legge che riguarda i parlamentari che cosa dice? Al parlamentare che porta un mandato elettivo è aperta la strada ad altre cariche conseguenti al mandato parlamentare: quelle di governo, quelle di responsabilità politica, quelle di controllo dell'attività dello Stato, che è una delle fondamentali prerogative del Parlamento.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Poi sono anche concesse tante altre cose, Garabello.



GARABELLO Enzo

Ecco, ma mi pare però che l'indirizzo di fondo sia questo. Certamente quelle situazioni di cui si discute da tempo nell'ambito della nostra Regione, e di cui ci occupiamo oggi in questo Consiglio Regionale, non sono ammesse, per i parlamentari. Io non dico che ci debba essere un'automatica trasposizione di norme: si deve tener conto di tante cose. Obiettivamente che una legge metta in questa situazione il collega Benzi, Consigliere del Teatro Stabile, in rapporto ad altri enti, anche fra quelli stessi di cui si tratta nella nostra sentenza, alla stessa società per la Metropolitana che ha altra natura, altri scopi, altri mezzi operativi, altri fini istituzionali, è cosa che non può non lasciare piuttosto perplessi.
Dobbiamo approfondire, dunque, in questa direzione, che, però, secondo noi ha da essere una direzione meno permissiva, più chiara. Anche perché, come diceva Vera, se non vado errato, è difficile pensare ad una legge che contempli tutta la casistica, proprio perché sarebbe immediatamente resa superata dall'apertura a nuove forme di attività da parte degli enti locali, da essa non previste.
Per guanto riguarda l'incompatibilità, e in rapporto a questa crescente e più articolata distinzione dei poteri in uno stato pluralistico com'è il nostro, noi dobbiamo riferirci anche alla tradizione, alle linee di fondo di grandi forze politiche. Ora, prima il Presidente Calleri ha citato Don Sturzo e la legge conseguenza dell'azione di Don Sturzo, che consentì, di fatto, le cose che il Presidente Calleri lamentava. A me pare, per quanto riguarda l'azione di Don Sturzo, che noi cattolici democratici, che abbiamo mutuato da lui tanti elementi per la vita pubblica, per la vita politica dovremmo tener conto che nell'animo di questo antesignano vi era anche un aspetto che noi non possiamo trascurare: che cioè le cariche pubbliche saggiamente distribuite possono essere una grossa scuola di democrazia e di formazione, per la classe politica. La classe politica dev'essere formata ovviamente da persone disponibili e dotate di una sufficiente cultura, che però per formarsi, non potendo contare su scuole o facoltà, devono poter fare il proprio tirocinio nella vita politica, nella gestione della cosa pubblica. Ritengo che questo tipo di apertura, nel senso di consentire ad un numero più elevato di persone di entrare prima nei piccoli enti per poter assumere man mano maggiori responsabilità pubbliche abbia un grosso significato democratico, che assolutamente non possiamo trascurare.
E' un discorso, questo, che la sinistra democristiana va svolgendo da tempo, in termini politici, nel partito, nelle assemblee, anche attraverso i giornali. Essa non ha ritenuto di dover scegliere la strada della carta bollata, la strada, cioè, che crea rapporti di rottura, rapporti di estrema difficoltà, anche se oggi, mancando la volontà politica di superare questi problemi in una visione superiore, molte volte il ricorso alla carta bollata, in ultima analisi, può anche essere utile. Perché riteniamo che il progresso democratico dev'essere sì basato su leggi precise, su leggi chiare, sulla possibilità di far valere queste leggi; ma riteniamo anche che nella mentalità dei cittadini facciano maggiormente presa la persuasione, la volontà politica, l'esempio morale della classe politica piuttosto che scelte imposte da sentenze contrarie o consentite da pronunciamenti di carattere esclusivamente formale. Si potrà dire che questo è moralismo; però, se questo è moralismo, non so dove si debbano ricercare i principi di una sana convivenza democratica.
Pertanto, noi a questo livello chiediamo che ci sia una meditazione, in noi, fuori di quest'aula, nell'ambito della classe politica della nostra Regione, e anche al di là di questa, affinché i portatori di mandato elettivo compiano volontariamente la scelta di lasciare i posti di designazione indiretta, sia di carattere tecnico che di carattere economico che di carattere finanziario, siano essi più o meno giuridicamente compatibili. La volontà politica, l'impegno, l'esempio, con il suo significato, possono meglio di qualunque altra cosa stroncare ogni forma di qualunquismo e di dubbio da parte dei nostri concittadini. Il ricevere un mandato elettorale, sia di alto che di modesto livello, conferisce una responsabilità ed una dignità potenziali che, al di là delle capacità personali più o meno spiccate, non possono essere velate o messe in forse da scelte non compiute o compiute in modo errato, anche se consentite sul filo del rasoio giuridico.
Per questi motivi di indirizzo generale noi non abbiamo approvato il succedersi degli avvenimenti che hanno contrassegnato l'aprirsi di questa strana crisi, il formarsi della matassa aggrovigliata di cui ho parlato.
Abbiamo giudicato, ad esempio, e l'abbiamo detto, sproporzionata, non omogenea a quanto era avvenuto e alle conseguenze che aveva portato la sentenza, la reazione del Presidente Calleri. L'intrecciarsi di casi personali e di posizioni politiche, che ha coinvolto partiti ed istituzioni, ha messo in rilievo, purtroppo, che all'interno delle forze politiche, in questa materia - l'hanno ricordato altri - vi sono incertezze, perplessità, divisioni; che nell'interno di organi istituzionali vi è stata difformità di valutazione, quanto meno nelle conseguenze ultime da trarre da questi avvenimenti (basterà ricordare la discussione già avvenuta in quest'aula sulla Giunta Regionale e sulle reazioni alle decisioni o agli orientamenti allora espressi dal Presidente Calleri). Ora - e secondo me quanto avviene oggi è importante e nel complesso positivo - il problema ritorna ad essere (come è sempre stato, ma ora ce ne rendiamo forse conto di più tutti quanti) un problema decisamente e squisitamente politico: dobbiamo, cioè, superare questa fase cui ci hanno portato gli avvenimenti di questo mese per guardare avanti, non si possono lasciare gli enti locali in una situazione d'incertezza come la presente.
Noi che all'interno degli organi di partito ci siamo pronunciati contro la crisi del comune, perché non ci pareva necessaria per gli scopi che sono stati dichiarati, cioè la costituzione della Giunta organica di centro sinistra, cui siamo decisamente favorevoli (e confermiamo la nostra convinzione che la ripresa del centro-sinistra organico in Comune sia possibile anche a tempi brevissimi), riteniamo indispensabile un forte rilancio programmatico, che rinnovi l'impegno iniziale e faccia superare tutte le incertezze che a livello operativo si sono molte volte riscontrate: con questo intendimento abbiamo presentato proposte concrete di carattere programmatico che riteniamo qualificanti per un rilancio del centro-sinistra e che possono garantire, se meditate e accolte, un più preciso volto all'Amministrazione civica di Torino.
Ciò detto, riteniamo di potere con tutta tranquillità definire maliziose e risibili le insinuazioni su presunte nostre vocazioni commissariali e tendenze conciliari. Noi attendiamo in atteggiamento pienamente collaborativo le trattative fra i quattro partiti di centro sinistra, che devono iniziare subito. E siamo lieti di costatare che ancora una volta in quest'aula tutti si dichiarano animati dalle stesse intenzioni: ma in politica contano i fatti, e la prova dei fatti permetterà di chiarire le posizioni e le intenzioni di tutti, farà venire alla luce le tentazioni commissariali eventualmente esistenti e le relative paternità.
Per quanto riguarda la Regione, ripeto che abbiamo giudicato fin dal primo momento eccessiva e non omogenea la reazione iniziale del Presidente Calleri, attorno alla quale si è sviluppata essenzialmente la crisi complessiva. Al punto in cui si è giunti riteniamo di condividere la sua decisione finale di presentare le dimissioni, ma sempre per i motivi già esposti: perché è un atto politico che ne trascina con sé altri, che pur muovendo da una linea di partenza che non approviamo, potrebbe approdare a traguardi positivi. Essenzialmente, abbiamo la possibilità di ridare la parola ai partiti nella loro integrità responsabile e dignitosa. Il collega Bianchi, mio capogruppo, nella scorsa seduta indicava questa come la via maestra di una politica seria e produttiva, in alternativa ai disturbanti effetti dei contatti personali di simpatia o di affinità. E anche qui la nostra indicazione è la stessa: omogeneità delle soluzioni di schieramento integrazione dei programmi operativi, visione strategica unitaria tra i vari livelli territoriali degli enti locali. E sono d'accordo con te Zanone, per quanto mi concerne: in questa visione che coinvolge la Regione e il Comune di Torino, è giusto che anche gli altri enti significativi come la Provincia di Vercelli e il Comune di Novara, siano ammessi al tavolo delle trattative. Sprovincializziamo, togliamo via questo carattere di eccessivo prevalere dell'influenza torinese che molte volte i colleghi dei vari partiti di altre Province hanno ravvisato anche nel funzionamento della Regione. Quindi, un forte rilancio programmatico, approfondite decisioni sulle soluzioni, in modo da evitare le contestazioni sul piano operativo di decisioni politicamente concordate all'inizio, volontà politica affermata chiaramente nei fatti. Questo è quanto chiediamo ai partiti e ai Gruppi consiliari del centro-sinistra.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri, questa è la nostra posizione.
Senza acrimonie personali per alcuno, con lealtà e chiarezza, con l'offerta sincera di una collaborazione per sgrovigliare la matassa, per risolvere in senso positivo e costruttivo una brutta crisi di cui la comunità torinese e piemontese non deve portare le conseguenze negative.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare Consigliere Carazzoni. Ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, lunghi interventi sono stati sviluppati dagli oratori che ci hanno preceduto in questo dibattito. Pochi minuti basteranno a noi per definire, ci auguriamo in modo sufficiente e completo, la nostra posizione a fronte della vicenda di cui stiamo discutendo. Una vicenda che nel prosieguo del tempo e in future prossime occasioni tornerà ancora a impegnare sicuramente la nostra attenzione, per cui non avremo difficoltà, né ci mancherà l'occasione e l'opportunità, di ritornare a sviluppare taluni concetti, che ora ci limiteremo ad esporre per grandi linee, con poche considerazioni, brevi annotazioni, costruite a braccio.
Una prima argomentazione che riteniamo di dover portare avanti, con tono sommesso, con animo estremamente sereno, è la seguente. La nostra parte politica è esposta quotidianamente ad un linciaggio, non sempre e non soltanto morale, in quanto ritenuta forza eversiva, individuata come nemica delle istituzioni democratiche. Orbene, noi vogliamo e dobbiamo domandare se sono più pericolosi, per le istituzioni vigenti, coloro che in piena lealtà, e assumendosene coraggiosamente le responsabilità, queste istituzioni criticano - tra l'altro con un crescente consenso di opinione pubblica -, indicandone le arretratezze, denunciandone gli scompensi sottolineandone le insufficienze; o coloro che parlano spesso e volentieri per esempio, di partecipazione democratica, ma nei fatti sviliscono e avviliscono le istituzioni stesse.
Non diciamo questo a caso, ma con un riferimento preciso: noi Consiglieri regionali, ci troviamo nella necessità di consultare ogni mattina "La Stampa" per accertare se il Presidente di questa Giunta Regionale sia ancora o non sia più in carica. Perché questa è una prassi che si è ormai codificata: il dott. Calleri, a fronte di situazioni che si verificano, ha preso l'abitudine di convocare i corrispondenti dei quotidiani torinesi e di metterci di fronte al fatto compiuto. Tutto questo, se accresce la qualità informativa, per esempio, de "La Stampa" che resta peraltro e per altri aspetti un quotidiano largamente disinformante, contribuisce anche a svuotare di ogni residuo prestigio questa assemblea, a svuotare di autorità questo Consiglio Regionale, che pur si vorrebbe espressione della sovranità popolare, a ridurci in sostanza a spettatori di un gioco che si svolge al di fuori della sede naturale.
Questa la prima considerazione che noi sentiamo di dover far presente all'opinione pubblica. E' un'argomentazione che già è stata avanzata da altre parti, che ci sembra fondata, ma che pensiamo possa e debba essere soprattutto portata avanti dalla nostra parte, proprio per le ragioni che dicevamo, e perché l'assurdità della battaglia politica oggi condotta è tale che dobbiamo essere proprio noi, addirittura, a difendere queste istituzioni nelle quali poco crediamo.
Una seconda considerazione che riteniamo di dover sviluppare è relativa alle motivazioni che il Presidente della Giunta ha addotto a sostegno delle proprie dimissioni. Egli ha parlato, prima nelle dichiarazioni pubbliche fatte ai giornali, oggi nelle dichiarazioni rese finalmente in Consiglio Regionale, di atto di protesta nei confronti di una sentenza della Magistratura che a suo avviso verrebbe a ledere gravemente l'autonomia degli enti locali. E' una motivazione che non possiamo assolutamente condividere. Noi non riteniamo che le sentenze della Magistratura abbiano a restringere l'autonomia degli enti locali. Ma se volessimo metterci sul piano scelto dal Presidente della Giunta per questo tipo di discussione allora dovremmo semplicemente e fermamente rilevare che l'autonomia degli enti locali si difende innanzitutto e soprattutto non creando motivo pretesto, giustificazione ad interventi dell'Autorità giudiziaria. Non possiamo, quindi, condividere la valutazione data dal dott. Calleri di una sentenza che, tra l'altro, promana da quella che è una legge vigente: una legge che si può criticare, che noi stessi critichiamo, ma che, appunto perché è una legge, non può essere posta in discussione sul piano del suo contenuto giuridico.
Se dunque non è accettabile, dal nostro punto di vista almeno, la motivazione delle dimissioni del dott. Calleri come atto di protesta a fronte di una sentenza della Magistratura, quale reale significato dare al gesto che è stato compiuto dal Presidente della Giunta? Noi abbiamo letto con attenzione molti dei giudizi che da più parti sono venuti al riguardo: il giudizio dello stesso Presidente del Consiglio Regionale, secondo il quale il proposito manifestato dal Presidente Calleri di dimettersi ha un valore di alto richiamo; il giudizio di segretari di partiti politici, da quello liberale ("Il gesto, atto politico di responsabile denuncia, non pu che trovare piena solidarietà"), a quello repubblicano ("Le dimissioni del Presidente della Giunta Regionale rappresentano un atto di piena responsabilità politica"), a quello socialdemocratico, che "concorda con l'impostazione che il Presidente della Giunta Regionale con viva sensibilità ha dato al problema".
Sono giudizi che, per le ragioni dette poc'anzi, noi non ci sentiamo di condividere o di sottoscrivere. Diciamo invece, tanto per cominciare, che forme di protesta come questa, che non possono essere interpretate se non come un tentativo di andare oltre quello che è un chiaro pronunciamento della Magistratura, valgono soltanto a dare spazio alla battaglia moralizzatrice delle sinistre, di tutte le sinistre, a cominciare da quella interna alla Democrazia Cristiana. Perché quando ci si attesta su nozioni come quella assunta dal Presidente della Giunta, fatalmente e inevitabilmente si creano le possibilità per essere ripresi sul piano morale da esponenti della sinistra......



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regioonale

Il piano morale è un piano di comportamento personale, non di forme esteriori.



CARAZZONI Nino

Difendendo la sua impostazione ed ergendosi a critico di una sentenza della Magistratura, che è, e deve restare, organo autonomo, lei porta inevitabilmente alle conseguenze alle quali alludevo; consente, per esempio, all'ex Presidente del Consiglio Regionale, il socialista Vittorelli, che in quanto a cumuli di cariche, almeno all'interno del suo partito, credo sia un esperto, di poter tranquillamente venire ad affermare che "guai se si dovesse tollerare il cumulo delle cariche in poche mani perché non ci si libererebbe mai da controlli fin troppo indulgenti"; e ai comunisti di venire a fare qui quella serie di pesanti accuse che tutti quanti oggi abbiamo sentito qui, pronunciare, anche nei suoi confronti sorvolando, per esempio, con una certa, disinvoltura sul fatto - sempre che noi si sia bene informati - che a questo cumulismo di cariche nelle sue mani anche il partito comunista a dato un suo piccolo contributo concorrendo con i suoi voti, credo determinanti, ad eleggerla rappresentante della provincia di Torino proprio nel Consiglio d'Amministrazione della Cassa di Risparmio.
Se non accettiamo, perché non la possiamo accettare, l'impostazione che lei ha dato di critica, di censura nei confronti di quella che, come dicevamo prima, è una legge vigente, noi dobbiamo invece dirle, Presidente Calleri, che possiamo concordare con lei allorquando lamenta l'arretratezza della legislazione urgente, possiamo condividere le sue critiche ad una legislazione che forse è davvero rimasta all'Ottocento.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Va molto più in là dell'Ottocento.



CARAZZONI Nino

Ma non per questo riteniamo che la protesta del dottor Calleri sia stata giustamente indirizzata. Dottor Calleri, lei dà le dimissioni dalla presidenza della Giunta Regionale: ci consenta di dirle che la riterremmo molto più coerente se presentasse le sue dimissioni dalla Democrazia Cristiana, o quanto meno dal Consiglio nazionale della Democrazia Cristiana, di cui è autorevole componente.



VIGLIONE Aldo

Quasi quasi potrebbe iscriversi al M.S.I.



CARAZZONI Nino

Beh, collega Viglione, con la denuncia che qui si è fatta - e non soltanto, per la verità, da parte del Presidente Calleri - dell'incapacità della classe dirigente politica che dal 1945 sta guidando l'Italia io penso che veramente molti di voi potrebbero intervenire, quanto meno come osservatori, all'imminente Congresso del Movimento Sociale Italiano, ove le stesse considerazioni verranno dette e ripetute, ma credo con maggior credibilità perché noi stiamo all'opposizione e non abbiamo alcuna responsabilità dell'andamento negativo di questi venticinque anni di governo.
Dicevamo, dott. Calleri, che lei molto più coerentemente avrebbe dovuto e potuto presentare le sue dimissioni dalla Democrazia Cristiana. Perch lei si è dimenticato, o forse ha trovato comodo dimenticare, che da venticinque anni a questa parte il partito di maggioranza relativa è la Democrazia Cristiana, cioè il suo partito; si è forse dimenticato che la Democrazia Cristiana, quando l'ha ritenuto opportuno, ha pur trovato la forza di modificare la legislazione: nel 1951, per esempio, vennero varate le leggi sugli apparentamenti comunali, nel 1953 fu emanata la nota legge truffa (in quel periodo alla Democrazia Cristiana facevano comodo i premi di maggioranza); più avanti, quando tornò comodo alla Democrazia Cristiana ingraziarsi il partito socialista sulla strada dell'apertura a sinistra quelle stesse leggi furono abrogate. Non solo, ma in questi venticinque anni la Democrazia Cristiana è riuscita addirittura a modificare la Costituzione, facendo aumentare il numero dei senatori ed unificando il termine di scadenza per il Senato e la Camera.
Noi troviamo pertanto del tutto fuori luogo la protesta, o per lo meno rileviamo che ne è sbagliato il destinatario: la critica dev'essere indirizzata al suo partito, alla classe dirigente che guida l'Italia da venticinque anni. Ad essi, solo ad essi va addebitata la responsabilità.
Ma lei non si dimette dalla Democrazia Cristiana, ovviamente. Il che non toglie che noi ci si debba a questo punto domandare che cosa veramente sta dietro queste sue dimissioni. Si possono fare in proposito molte supposizioni, si possono costruire le più varie ipotesi. Può darsi, come si è detto dai banchi di sinistra, che esse siano una reazione ad un sistema di conduzione e di controllo del potere che comincia a dare i primi segni di cedimento, a produrre i primi scricchiolii...



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Questo non è suffragato, peraltro, da alcun ragionevole motivo.



CARAZZONI Nino

Io, in effetti, stavo soltanto, citando argomentazioni portate avanti da un'altra parte politica. Comunque, le faccio i miei sinceri complimenti per questa sua fiducia nella solidità del potere che ancora detiene.
Può darsi che ci sia, invece, qualche gioco politico di diversa natura.
Noi abbiamo ascoltato con molta attenzione i discorsi che da altre parti politiche sono stati oggi pronunciati. E ci perdoni, collega Zanone: al di là di quella sua voluta sottolineatura alla dichiarazione fatta dal dottor Calleri che resta valida la formula politica attuale, ci è sembrato essere molto più significativo non tanto il discorso del socialdemocratico Vera quanto quello sfumato, possibilista, del socialista Nesi (non commentiamo il discorso pronunciato dal collega Garabello che - possiamo dire, pur senza essere fini e sottili umoristi quali il socialista Morandi, prima citato appunto dal Capogruppo socialista - ha offerto una brillante dimostrazione di quel che si intende per dialettica interiore).
Siamo forse alla vigilia di una svolta politica. Questo Piemonte, che è stato antesignano di un'operazione non di svolta a destra, quale la definiscono strumentalmente le sinistre, ma di espediente della Democrazia Cristiana inteso a recuperare almeno una parte di quei suffragi che le stavano sfuggendo, espediente che ha portato al momentaneo divorzio dal partito socialista, può darsi che oggi, come fanno pensare anche gli orientamenti che sta assumendo qualche autorevole amico del Presidente Calleri a livello nazionale - mi riferisco a Piccoli, e soprattutto a Rumor divenga antesignano di un ritorno al centro-sinistra.
Può darsi che non ci stia neppure questo dietro le sue dimissioni, che molto più semplicemente esse derivino dalla volontà di provocare qualche mutamento di uomini in Giunta. Noto lo sguardo preoccupato del novarese...



CARDINALI Giulio

Se mai, divertito.



CARAZZONI Nino

...al quale posso assicurare la mia solidarietà, non foss'altro che per il fatto che gli sono conterraneo.
Non ci stanno, in ogni caso, le alte, valide e nobili ragioni che con calore, diremmo con sofferta partecipazione, il Presidente Calleri ha voluto dichiarare qui, in apertura di seduta. Saranno i fatti dei prossimi giorni a dare la dimostrazione chiara di che cosa ci sia veramente a monte di questa decisione.
Ma noi non riteniamo di dover aspettare conferme dai fatti dei prossimi giorni per esprimere un giudizio. Si era detto che la Regione, che il regionalismo doveva essere l'indicazione di un modo nuovo di far politica in Italia. Ebbene, due anni e mezzo di esperienza hanno dimostrato che non di un modo nuovo si tratta ma del solito, vecchio modo: un vecchio modo di politica fatta a base di intrallazzi, di compromessi, di congiure di palazzo, di intese salottiere...



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Anche conviviali.



CARAZZONI Nino

Giusto, infatti il centro-sinistra, questa grande occasione storica di incontro fra cattolici e socialisti, nacque proprio su una tavola di ristorante, a Trastevere.
Siamo rimasti, dicevo, al solito vecchio modo di fare politica: un modo che noi condanniamo, che noi denunciamo, soprattutto perché è un modo che non fa che accentuare la frattura fra amministratore e amministrato, fra Paese legale e Paese reale.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Gandolfi. Ne ha facoltà.



GANDOLFI Aldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, mi sembra che il dibattito che si sta svolgendo ci consenta, in una situazione meno calda, che favorisce la meditazione, la riflessione, di arrivare a produrre elementi di sviluppo politico tutto sommato positivi.
I fatti che stanno all'origine delle imminenti dimissioni del Presidente della Giunta sono stati richiamati da quasi tutti gli oratori che mi hanno preceduto. Mi vorrei soffermare anch'io molto brevemente su di essi. Innanzitutto per sottolineare a mia volta il carattere veramente preoccupante, per taluni versi, della sentenza che ha emesso la Corte d'Appello di Torino non sul problema delle cariche alla Metropolitana ma su quelle al Teatro Stabile. E' abbastanza grave che, rispetto ad una prassi che si era ormai consolidata almeno in tutti i grossi Comuni italiani, la Magistratura sia giunta a ravvisare degli elementi di illegittimità. Il che ci riporta decisamente a quel tipo di valutazioni che ha indicato il Presidente sulla necessità di revisioni legislative che, se non altro chiariscano, precisino in maniera esplicita e definitiva i casi di incompatibilità e di ineleggibilità, sui quali oggi evidentemente sono lasciati alla Magistratura dei margini di discrezionalità troppo ampi.
Ho avanzato una riserva per la questione della Metropolitana perch indipendentemente da quello che ha deciso o potrebbe ancora decidere la Magistratura in merito, mi sembra che il caso di questa società, che nelle intenzioni è certamente una società di carattere promozionale, ma che necessariamente prima o poi, e probabilmente a breve scadenza, dovrà arrivare ad un rapporto concessionale con il Comune, sia un caso da considerarsi a parte. D'altro canto, molti amministratori, primo fra tutti il Sindaco di Torino, che si era di fatto dimesso dalla carica di Presidente, avevano fatto intravedere dei rischi di sussistenza di motivi di incompatibilità, anzi, nel nostro caso, di ineleggibilità sopraggiunta in conseguenza dei trapassi dei poteri amministrativi della Regione. E' evidente, dunque, che nel caso della Metropolitana l'amico Magliano sapeva benissimo di correre, se non altro, dei rischi, poiché per lo meno per quella particolare situazione esistevano degli elementi sui quali si poteva certamente configurare un caso di incompatibilità.
Comunque, direi che dal complesso di valutazioni che sono emerse, tutte le forze politiche sembrano concordare sulla necessità di una revisione legislativa. Dove evidentemente i giudizi divergono, come il dibattito mi sembra abbia fatto registrare (e divergono anche per la mia parte politica), dalle valutazioni che ha voluto consegnarci il Presidente, e su quelli che potrebbero, o dovrebbero, essere i principi ispiratori di un provvedimento di questo genere. Cioè, io concordo pienamente con il collega Zanone in tutte le valutazioni che ha dato su questo problema: non c'è dubbio che una nuova legislazione in materia dev'essere tesa a definire e a sancire in maniera incontrovertibile i casi di incompatibilità e ineleggibilità; ma dev'essere anche una legislazione che non può non far suo ed estendere ulteriormente e precisare il principio della distinzione rigorosa fra le posizioni di controllore e di controllato. A mio parere il problema del peso che, ad esempio, a livello nazionale hanno assunto le Partecipazioni statali rispetto al potere politico va posto in termini diversi da quelli che sono stati consegnati a questo dibattito; perché il problema del potere che le Partecipazioni statali, cioè le iniziative economiche dello Stato, hanno finito con l'assumere rispetto al potere politico trae la sua origine dalla debolezza intrinseca degli Esecutivi nel nostro Paese, cioè dalla mancanza di continuità e di possibilità di garantire una continuità di indirizzi da parte del Governo del nostro Paese rispetto alle attività che devono essere soggette ad un controllo e ad un indirizzo politico da parte del potere esecutivo dello Stato; e, per altro verso, anche dall'incapacità del Parlamento di darsi delle forme di controllo adeguato su queste iniziative di intervento economico dello Stato.
Comunque, l'intervento e la presa di posizione che il Presidente della Regione ha voluto fare il 22 e poi il 23 dicembre ultimo scorso hanno certamente e legittimamente posto il complesso di questi problemi. Devo però fare anche rilevare alcuni elementi che abbiamo dedotto da questo dibattito. Abbiamo rilevato anzitutto, e questo come dato positivo, la generosità con la quale il Presidente ha voluto prendere posizione immediatamente su questo tipo di problemi, per la solidarietà che ha sentito e ha voluto dimostrare ai Consiglieri comunali che erano stati colpiti da questo provvedimento, con un'impulsività che certamente è derivata anche dal fatto che è mancata solidarietà ad altri livelli ed in altre sedi, ma direi anche con talune sfumature che sono state colte e rispetto alle quali già in questa discussione ci sono state puntualizzazioni.
Se un errore il Presidente della Giunta ha commesso è stato, a mio avviso, quello di dare alle sue dichiarazioni, appunto per l'impulsività della sua reazione, un tono di confronto, direi quasi di scontro, con la Magistratura, che non poteva non comportare successivamente delle prese di posizione difformi e delle strumentalizzazioni che in effetti ci sono state. Cioè, credo di poter affermare che la presa di posizione del Presidente avrebbe avuto tutti gli elementi per essere presa di posizione unitaria di tutte le forze politiche, all'interno e all'esterno del Consiglio Regionale, se fosse stata fin dal primo momento, come ci è stata precisata oggi, una posizione da un lato di solidarietà e dall'altro di richiesta precisa di revisione legislativa. Invece, per quel suo tono apparente o effettivo, di aspro confronto con la Magistratura su questo terreno, era inevitabilmente destinata a prestarsi a divisioni nell'arco di posizioni politiche e direi anche di strumentalizzazione; perch evidentemente, come già è stato sottolineato in questo dibattito, se difformi interpretazioni, difformi atteggiamenti si devono registrare su problemi di fondo della vita nazionale tra organi giudiziari e classe politica, la strada corretta sulla quale la classe politica deve muoversi è quella naturale delle revisioni legislative, mentre è estremamente pericoloso per le istituzioni dare l'impressione che ci si possa o ci si voglia muovere sul terreno di contrapposizioni o di atteggiamento che possono essere interpretati come impostazioni di rapporti di tipo diverso da quelli della definizione dell'assetto legislativo della materia.
Le reazioni successive, difatti, hanno fatto registrare un ventaglio di posizioni politiche che per un verso o per l'altro hanno mostrato - facendo leva, ripeto, su questo che io mi permetto di definire un errore insito nella presa di posizione originaria del Presidente - due tipi diversi di strumentalizzazione: da un lato gli attacchi personali, non solo contro il Presidente ma anche contro altre persone coinvolte in questa questione relativamente al problema del cumulismo delle cariche, dei collegamenti politici e via dicendo; dall'altro, il tentativo di inserire in questa situazione degli aspetti politici di carattere diverso e di arrivare ad una crisi generale a tutti i livelli. E' stato significativo, da questo punto di vista, il ritiro, a distanza di un mese dalla formazione della Giunta dell'appoggio della Giunta comunale da parte del partito socialista italiano, il tentativo del partito socialdemocratico di coinvolgere nella crisi anche l'Amministrazione Provinciale; tentativi e strumentalizzazioni che di fatto hanno ingenerato l'impressione che dietro la presa di posizione del Presidente si articolasse un disegno di crisi generale che sicuramente nella posizione del Presidente della Giunta Regionale non c'era, se non altro per il fatto che era una posizione che era stata presa poche ore dopo la sentenza della Magistratura e quindi non poteva certamente avere nelle sue intenzioni un disegno così organico e così complesso. Poi sono intervenuti altri fatti: le denunce a catena, l'ultima anche contro il Presidente della Giunta, che per un verso hanno dimostrato la degenerazione della vita politica regionale, della quale dobbiamo certamente rammaricarci, e dall'altro hanno ulteriormente rafforzato l'impressione di collegamenti, di manovre dietro la posizione originaria del Presidente, che, tutto sommato, non hanno certo giovato alla soluzione di quel tipo di problemi sul quale il Presidente ha cercato di attirare l'attenzione dell'opinione pubblica.
Quali sono i problemi che stanno di fronte a noi in questo momento della vita regionale piemontese? Il Presidente della Giunta Regionale ha voluto, molto opportunamente, chiarire, nelle dichiarazioni che ha premesso all'annuncio della sua decisione di dimettersi, che non esistono problemi di linea politica sui quali oggi si articoli una crisi regionale. E questo hanno affermato, mi sembra, attraverso i loro organi regionali, tutti i partiti che fanno parte della maggioranza. Direi che questo è molto importante, perché, in definitiva, noi dobbiamo anche riaffermare la validità di una formula che, comunque voglia essere considerata, è una formula politica che ha garantito, in un momento difficile di rapporti fra le forze politiche, continuità alla vita regionale, e soprattutto ha realizzato il trapasso dei poteri dallo Stato alla Regione senza dar luogo a soluzioni di continuità, realizzando alcuni momenti importanti della vita regionale.
Ma esistono altri problemi. Da un lato occorrerà riuscire a dissipare rapidamente il clima di diffidenza che si è formato, sull'onda di queste polemiche, nei confronti della classe politica regionale, intendendo per classe politica regionale non solo quella che siede ora alla Regione ma quella che è investita di responsabilità anche ai livelli inferiori della vita pubblica piemontese. Ci sono poi problemi personali di rilievo, quali quelli che investono il Presidente della Regione in rapporto al giudizio che dovrà affrontare alla fine del prossimo mese, che ci impongono di non interferire nelle decisioni che il Presidente riterrà di dover assumere.
Esiste infine il problema di dare uno sbocco globalmente positivo e costruttivo a questa crisi, attraverso un'iniziativa concreta della Regione, che non può non essere, a questo punto, un'iniziativa legislativa del Consiglio Regionale, sulla base anche dell'invito e della decisione che aveva ritenuto di dover assumere la Giunta quando al suo interno si era discusso di questo problema.
La soluzione complessiva di questi problemi non è cosa di poco conto.
Passa attraverso due tipi di condizioni. Una, che riguarda la persona del Presidente della Giunta, il quale oggi ha consegnato al Consiglio Regionale una posizione forse criticabile, certamente molto difficile, ma carica di notevoli responsabilità, che derivano dalla posizione che egli ha assunto nella sua autonomia e nella sua sensibilità, di cui gli va dato atto, dal peso che ha avuto ed ha tuttora nella vita regionale e all'interno del suo partito; posizione che ha alcuni limiti obiettivi, che con molta franchezza io in questo dibattito vorrei precisargli, come già del resto ho fatto in altre occasioni. Limiti costituiti in primo luogo dalle strumentalizzazioni che indubbiamente ci sono state, e che mi sembra ci siano state anche nel corso di questo dibattito. Il Presidente della Giunta Regionale, oltre che essere il massimo esponente della Regione, è anche uomo coinvolto nella vita politica della Città di Torino, con responsabilità, dirette o indirette, di non poco rilievo, e sulla scia della sua posizione c'è stato il tentativo, rinnovato ancora oggi, in questa sede, mi spiace doverlo rilevare, da parte del Capogruppo socialdemocratico, di una forzatura della posizione che è stata dal Presidente della Regione illustrata al Consiglio Regionale: cioè, il Capogruppo socialdemocratico, in sostanza, ha posto l'accento sulla necessità che si addivenga ad una trattativa globale per tutti i livelli della vita torinese e regionale, il che è, tutto sommato un dato nuovo e anche diverso da quello che il Presidente ha consegnato al dibattito.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Io sono stato a quello che mi ha detto il partito, ho espresso quello che ha deliberato la Direzione della Democrazia Cristiana.



GANDOLFI Aldo

...rispetto al quale noi chiediamo che ci sia da parte degli organi regionali del partito socialdemocratico una precisazione, perché si dica chiaramente ed esplicitamente se questa ha da essere una crisi politica con tutte le implicazioni che ciò comporta, o se invece è una crisi che deriva da una posizione autonoma, condivisibile o no, del Presidente su un problema di cui nessuno vuol disconoscere la grandissima importanza, che pertanto va affrontata in modo diverso e comporta modi diversi di soluzione.
Il secondo limite che la posizione del Presidente ci consegna è il fatto che in una certa misura - e mi sembra che molti di noi l'abbiano avvertito, nei rapporti sul territorio della Regione - è un tipo di posizione che non rende completamente comprensibile il tipo di rapporto che si è instaurato tra la crisi regionale ed i fattori di crisi, di dialettica, di incontro e di scontro che si ravvisano ad altri livelli nella città di Torino Il ruolo che il Presidente della Giunta Regionale deve avere nelle prossime settimane perché questa situazione abbia uno sbocco positivo perché si giunga ad una soluzione globale di questi problemi - che sono ripeto, problemi politici, di necessità di iniziativa regionale, e sono anche problemi personali per quanto riguarda la persona del Presidente - è estremamente importante e delicato, ed è quindi alla sua sensibilità che noi presentiamo, perché ne tenga conto nelle determinazioni che vorrà assumere, nel decidere il tipo di iniziativa politica da sviluppare, questi elementi di riflessione, così come già hanno fatto le altre parti politiche.
Ma non c'è dubbio che per uno sbocco positivo di questi problemi è importantissima una ripresa di incontro e di verifica tra i partiti attraverso i loro organismi regionali. Perché è fuor di dubbio che subito dopo che si sarà aperta, nella prossima seduta, con la presentazione formale delle dimissioni da parte del Presidente, questa crisi regionale sarà importante che i partiti si pongano sollecitamente all'opera per dare ad essa una soluzione estremamente rapida e positiva, che contenga in s tutti quegli elementi che possano farci lasciare alle spalle non solo questo dibattito ma anche questa situazione di perplessità, di riserve, che si è creata a tutti i livelli nella vita piemontese, con la sicurezza che le istituzioni regionali sappiano veramente essere espressione di tutte le esigenze della comunità regionale e sappiano anche in questa situazione dare quella sintesi che mi sembra tutta l'opinione pubblica piemontese oggi richieda, limitando al minimo le soluzioni di continuità nell'Amministrazione Regionale e permettendoci di affrontare rapidamente quei problemi che il Gruppo comunista ha indicato nell'intervento di apertura di questo dibattito, che sono i problemi rispetto ai quali tutte le forze politiche regionali vogliono misurarsi per dare soluzione alle esigenze del Piemonte.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Bianchi, ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, il dr. Calleri, è passato - e lo ha testimoniato oggi con accenti che non ammettono ironie - attraverso ad un esperienza che è politica e personale nello stesso tempo, che egli stesso ha definito "sofferta". Quando questa situazione di tensione personale è giunta per lui ad uno sbocco per una decisione che diveniva politica in senso obiettivo ha chiesto di venire a chiarirne le ragioni davanti al Consiglio e lo ha fatto in termini di chiarezza, di lealtà e di coraggio, qualità che ben gli riconosciamo. Il Presidente ha però chiarito, facilitando così il compito a chi rappresenta il suo Gruppo, che non vi sono stati motivi programmatico politici, non vi è una crisi politica; vi sono invece una serie di motivi che, pur essendo di natura pubblica, pur essendo attinenti alla sua ed alla nostra o altrui attività di carattere pubblico, sono divenuti o sono stati sentiti anche come fatto personale. Questi motivi personali - e politici quando toccano i problemi dei metodi di lotta politica - quali la strumentalizzazione della legislazione nelle sue occasioni marginali di incertezza; il tentativo continuato di linciaggio nei confronti del personale politico, non possono che richiedere la nostra solidarietà sincera, piena e convinta e non possono che suggerirci gli atteggiamenti e gli interventi più efficaci al fine di concorrere a rimuovere questi aspetti deteriori della vita politica, poiché queste situazioni si ribaltano su tutti gli enti, sulle istituzioni e concorrono a metterle in crisi.
Io penso che sicuramente vi siano molte iniziative da assumere per dare maggiore certezza alla nostra legislazione, al nostro ordinamento giuridico. Questa certezza vale a rimuovere le situazioni e le condizioni per la strumentalizzazione, ad allontanare le tentazioni al ricorso a metodi che non possono da noi essere approvati. Ma io ritengo - e questo lo dico a titolo personale - che nel quadro del nostro sistema costituzionale giuridico, politico e della nostra opinione pubblica, ogni risultato di certezza in tema di diritto necessariamente si sconta, si paga o si ottiene, a seconda da dove si parta per dare il giudizio, in termini di maggiore rigore.
Sono state sollevate in modo autorevole dal Presidente e in modo meditato dagli interventi che abbiamo ascoltato, alcune questioni su materie estremamente opinabili che riguardano l'esperienza di questi 25 anni di notevoli trasformazioni e sviluppi sui modi di essere delle istituzioni pubbliche, in ordine ai modi di affrontare i grandi temi dell'attività economica e politica.
Indubbiamente i sistemi equilibrati e qualificati dalla tradizionale distinzione dei poteri sono, oggi, messi a dura prova dalle esigenze di un intervento ed impegno sempre più vasto degli enti pubblici e dello Stato.
Io però ritengo - e il mio pensiero personale a questo riguardo ha sicuramente ben poco pregio, ma siamo qui, ognuno di noi, per dare una propria testimonianza - che quando l'ente pubblico, sia esso Comune o Stato, ritiene che per l'esercizio di una sua importante funzione o attività, si debba fare ricorso non alla gestione diretta ma, per assicurare una maggiore efficienza, una maggiore economicità di gestione una maggiore rapidità e razionalità di realizzazione, ad enti separati e aventi una propria personalità giuridica e una propria autonomia, in questo momento necessariamente si pone, in maniera irresistibile, direi, la questione della distinzione e della ripartizione delle responsabilità e quindi delle incompatibilità. Credo che il problema debba trovare la sua soluzione nel rafforzamento, nella concentrazione e limitazione ai compiti essenziali (liberandoli da ogni peso diverso) degli organi politici. Se il nostro Parlamento non fosse diventato in grande misura soltanto l'anticamera del governo (o del governo ombra, se si tratta dei partiti di opposizione) e fosse la vera sede in cui si ha il gusto della legislazione e del controllo, io credo che certi problemi che sono stati qui denunciati di sfasature, di discrasie e di difficoltà nel seguire e nel controllare poteri di fatti che attraverso enti economici che lo Stato ha costituito sono andati creandosi, sarebbero stati più facilmente risolti.
Su questi argomenti potremo tornare; questa è stata un'occasione importante per meditarvi, ma potremo ritornarci quando ci applicheremo come sembra auspicabile, a formulare memorandum, o studi, o proposte di legge, perché nella materia che è divenuta tanto spinosa ed opinabile come quella delle incompatibilità delle situazioni di ineleggibilità soprattutto sopravvenuta, è necessario fare il punto con un'iniziativa legislativa.
Oggi ci troviamo di fronte ad una crisi che non è nata da motivi di carattere programmatico o politico. Una crisi però, quando si produca diventa un fatto politico che si esaurisce, si consuma e si risolve in termini politici. Sicuramente il Presidente della Giunta è questo che ci voleva dire in alcune sue indicazioni conclusive. Io rendo conto di cosa sia la solitudine, lo stato di pressione che subisce chi è in una posizione come quella del Presidente della Giunta Regionale e siamo qui ad esprimergli la nostra solidarietà ove anche la nostra disinformazione non avesse colto o non colga dei motivi di disagio personale, ma siamo qui anche per dire che essendosi aperta, partendo da questa situazione una crisi politica, questa deve avere il suo corso e deve essere un corso pienamente politico. E allora non ho che da ribadire un'affermazione fatta nella precedente seduta: approfittiamo di questo fatto di una crisi che qualcuno ha ritenuto negativa, per i modi, per i metodi e per gli sviluppi che ha avuto, approfittiamo di questo fatto per tradurlo in termini positivi. Le crisi non sempre sono un fatto soltanto patologico; la crisi è un momento di ripensamento, di riesame, di riorganizzazione delle forze, di puntualizzazione dei programmi per ripartire con maggiore slancio.
Approfittiamo per ridare anche alle forze politiche che si confronteranno (quelle destinate a fare la maggioranza e quelle destinate a riproporre le loro osservazioni dall'opposizione) per condurre questa crisi secondo il metodo meglio atto alla valorizzazione delle forze politiche, alla salvaguardia della correttezza dei rapporti tra le medesime, alla chiarezza delle ragioni del loro confronto politico e programmatico.
Io credo che se riusciremo ad ottenere un risultato di questa natura avremo già dato un contributo positivo all'ulteriore sviluppo delle nostre istituzioni.
Partendo da questi validi motivi personali noi riconosciamo che i motivi politici e programmatici non possono che essere esaminati, discussi e valutati in sede collegiale, ma riconosciamo, per lo stesso rispetto che abbiamo delle singole persone, che ciascuno di noi ha il diritto di proporre i motivi che intimamente, sinceramente, ha sentito per proporre dimissioni, per chiedere esoneri da responsabilità determinate, per denunciare situazioni che lo riguardano.
Mi auguro infine che la crisi sia rapida, che la soluzione sia ottenuta in termini politici molto chiari; che ogni parte politica sia messa nelle condizioni di confrontarsi sui programmi perché la Regione possa riprendere rapidamente il suo lavoro. Siamo anche noi consapevoli che non solo esistono grossi problemi sociali ed economici che toccano la vita del Piemonte in questa situazione di crisi, ma esistono anche, in fase avanzatissima, una serie di progetti di legge e di materie che hanno pur avuto impulso anche dalla Giunta, alla quale rivolgo il ringraziamento del Gruppo per il lavoro svolto.
Questo lavoro deve essere ripreso, puntualizzato e portato tempestivamente a conclusione. Se la crisi ci darà una Giunta sostenuta da largo consenso, nella chiarezza politica e programmatica, il tempo apparentemente perduto nelle discussioni e nei confronti tra le forze politiche risulterà invece guadagnato.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Sanlorenzo, ne ha facoltà.



SANLORENZO Dino

Io confesso al Presidente ed ai Consiglieri che attendevo questo dibattito anche per avere gli elementi sufficienti per una chiarezza di prospettiva della crisi politica che si apre nella Regione Piemonte, dato che non avevo alcun dubbio circa l'impostazione che avrebbero assunto le dichiarazioni del Presidente Talleri. Devo dire che da questo punto di vista egli ha confermato pienamente tutte le aspettative che avevamo come Gruppo, sulle quali ha già detto tutto quello che c'era da dire il Consigliere Berti, ma io dirò ancora qualcosa.
Ho seguito il dibattito con un certo interesse per cercare di capire dove andiamo, perché qualunque siano state le dichiarazioni, le intenzioni i proclami, i comunicati, i fatti che ci sono stati dietro a questa crisi adesso la Regione Piemonte sta per entrare in crisi, lo è di fatto, lo sarà anche di diritto suppongo domani, dopodomani o sabato e nessuno pu sfuggire al fatto che oggi questa crisi viene dopo quella del Comune di Torino, che nel giro di due mesi è riuscito ad essere in crisi due volte battendo il record stabilito a suo tempo dalla Sicilia; che a Novara dopo due mesi le trattative non sono andate, né si sa quando andranno in porto che a Vercelli l'Amministrazione Provinciale è in crisi e stamane abbiamo saputo che è addirittura scomparso un partito, il partito repubblicano (che non è già grande cosa in provincia di Vercelli) e questo mette probabilmente in crisi anche il Comune dove invece c'era ancora un repubblicano che serviva per una certa maggioranza.
Bucalossi ha firmato la sentenza di scomparsa di tutti gli iscritti l'ha pubblicato la "Gazzetta del Popolo" su cinque colonne.
Ora, come si intende uscire da questa, che apparentemente sembra essere una crisi soltanto degli enti locali, ma che qualche cosa di ciò che si è detto qui dentro rivela che in realtà non si tratta solo di questo? Se ho capito bene (è stata confusa la cosa, tormentosa, siamo tutti molto tormentati signor Presidente) i colleghi della sinistra D.C. vogliono una soluzione globale omogenea di centro-sinistra in tutta la Regione; non è una novità, ma è stata riconfermata. Se ho capito bene i socialdemocratici facenti parte del gruppo Vera (anche questo bisogna dirlo perché discutiamo da tre ore e sembra che qui ci sia un partito D.C., uno socialdemocratico uno liberale, invece ce ne sono due o tre e bisogna dirle queste cose per capire ciò che succederà caso mai domani) hanno detto che vorrebbero anche loro una soluzione globale di centro sinistra. E' vero? Allora ho capito bene. Ma questa non è mica una cosa tanto scontata e ovvia, perché la Giunta che si reggeva qui dentro non era di centro-sinistra, era un'altra cosa, noi l'abbiamo qualificata di centro-destra, voi la chiamate in altra maniera ma certo non era di centro-sinistra.
Poi ho sentito il Consigliere Gandolfi (non è sparito lui, c'è ancora) che ha fatto tutte le cose di rito e ha detto che vuole uscire da questa crisi riconfermando la validità della formula che ha retto sino adesso la Giunta alla Regione.



GANDOLFI Aldo

Ci sono elementi per pensarlo, non ci sono elementi per cambiarla.



SANLORENZO Dino

Ci sono elementi per pensarlo (mamma mia che difficoltà!) non ci sono elementi per cambiarlo; invece di dire che vuole riconfermarlo, lui dice che non ci sono elementi per cambiarlo. Invece ciò che non ho capito è l'intervento del Consigliere Bianchi il quale ha detto tante belle cose: bisogna riprendere il cammino, bisogna lavorare molto, bisogna rimettersi al lavoro; però malgrado ci sia una crisi di queste proporzioni non ha detto come si riprende il cammino, con chi, con quali maggioranze e in quali direzioni. E questa stessa cosa si era ben guardato dal dirla l'altro personaggio principale, il Presidente della Giunta, il quale ha fatto una lunghissima dissertazione sulla difesa delle autonomie locali, poi ci ha motivato le sue ragioni di dimissioni, ma la prospettiva verso la quale andare per risolvere questa e tutte le altre crisi che possono e non possono essere collegate, si è guardato ben dall'approfondirle.
Dopo di che le affermazioni che sono state fatte da tutti, secondo cui al fondo di tutto ci sono sempre delle causali politiche, rimangono un po' sminuite dal fatto che un certo dibattito politico si è svolto, al termine del quale però diventa difficile, per chiunque abbia ascoltato qui dentro capire verso che cosa andiamo, mentre è ciò che dovrebbe preoccuparci di più. Andiamo verso la crisi di quindici giorni? Di un mese? Di tre mesi? Andiamo verso il Commissario al Comune di Torino? Andiamo verso elezioni anticipate alla Regione Piemonte? Andiamo verso una modifica della Giunta per cui tutto questo discorso sulle autonomie degli enti locali consisterebbe alla fine in un Presidente Calleri che viene riconfermato con un Vicepresidente che invece di essere Cardinali è Benzi? E' questo il senso della crisi politica che c'è qui dentro. Tutte le bandiere delle autonomie locali starebbero in questa gigantesca rivoluzione nel Consiglio Regionale? E magari, chissà, al termine di tre mesi di crisi salterà fuori anche un Vicepresidente del Consiglio, che da sei mesi è latitante, chissà perché; forse perché qui c'è un problema di autonomie locali da difendere.
La parte che non si può accettare della commedia che è stata recitata qui e altrove è proprio l'incapacità di affrontare i problemi politici per quello che sono e di denunciarli. Quando ho parlato e scritto, altrove, di "Statura politica" intendevo dire che il Piemonte si merita degli uomini politici che abbiano la statura per affrontare le questioni per quello che sono e di dirle per quello che vogliono essere.
Presidente, quando lei ha aperto una crisi politica un anno e mezzo fa anticipando una crisi di più alte proporzioni in Italia, ha trovato delle motivazioni assolutamente fasulle, tuttavia è parso chiaro a tutti che il senso politico era un altro, noi l'abbiamo criticato per la forma e per la sostanza, altri solo per la forma, accogliendone la sostanza, tuttavia si è capito che si voleva fare in modo che la D.C. perdesse pochi voti in Piemonte, si voleva dare l'avviso che una svolta politica era in corso a livello nazionale e il pretesto erano tre Comuni che nessuno più ricorda tuttavia il senso era molto chiaro...



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Due sono già ritornati al centro sinistra: Caluso e Castellamonte.



SANLORENZO Dino

Il terzo era Nichelino, come posso essermi dimenticato di Nichelino? Oggi io ho atteso in questo Consiglio una sintetica dichiarazione che avvertendo ciò che sta mutando nella vita politica del Paese, ponesse un Presidente di Giunta, una maggioranza o parte di una maggioranza, che sapesse interpretare ciò che si vuole nella realtà profonda del Paese e cercasse di individuare una direzione di marcia; certo non sarebbe stata la nostra, ma sarebbe stato un confronto politico, sarebbe stato un reggere il corso dei tempi. Che cosa viene fuori invece? Viene fuori una situazione per cui se il mondo a Natale è stato in crisi perché c'erano i criminali bombardamenti americani sul Vietnam, se in Francia può darsi che si apra una crisi di grandi proporzioni, per noi positive, perché può persino darsi che le sinistre conquistino la maggioranza, se Nixon può entrare in crisi entro il 20 di questo mese per il fatto che può cambiare la maggioranza al congresso, visto che gli hanno dato un ultimatum per firmare e per concludere le trattative, se la Montedison è in crisi perché perde un miliardo al giorno, la Regione Piemonte invece entra in crisi perché la legge sull'incompatibilità è difettosa. Ciò che si è voluto far credere qui e fuori di qui è che la Regione Piemonte è in crisi perché c'è una legge difettosa per cui il Presidente dà le dimissioni, proclamate, annunciate protratte con questa prassi del tutto nuova instaurata nella vita politica italiana; io avevo sempre solo conosciuto la possibilità di dare le dimissioni e di ritirarle, no, qui ormai abbiamo instaurato un qualche cosa che rimarrà nella storia, lei passerà alla storia come l'uomo che proclama annuncia, procrastina le dimissioni e le dà anche ad un certo punto, ma c'è tutta questa prassi che precede. In questo senso lei è un innovatore della metodologia della politica italiana, ma noi entriamo in crisi per questo.
Altra contraddizione che non si spiega è che se per caso il Presidente è stato mosso, nel dare le dimissioni, da ragioni di generosità, di sensibilità, non riesco a capire perché voi non siete altrettanto generosi e sensibili e non diate tutti le dimissioni. Ma come potete sostenere la tesi che avete sostenuto fino adesso che lui è generoso, sensibile attento, però le dimissioni le dia lui perché voi neanche per idea le date come è possibile che possiate recitare una lezione di questo genere nel Consiglio di una regione in cui ci sono cinque milioni di abitanti centinaia di migliaia di lavoratori che vivono faticosamente, che meditano tutte le sere sul frutto del loro lavoro, sullo scarso salario che hanno? Questi sì che meditano e soffrono davvero. Qui invece abbiamo un Presidente della Giunta che medita per 26 giorni e che soffre molto, questo è indiscutibile, perché uno che sia Presidente di Giunta Regionale e si accinga a non esserlo più e in più gli arrivi anche l'influenza indiscutibilmente soffre, è una sofferenza evidente, naturale, però questo Presidente alla fine viene a dirci che dovremmo applaudirlo perché protesta contro la degenerazione intollerabile della nostra politica, contro una legislazione incerta e protesta anche contro la sanzione della decadenza agli amministratori. Ma Presidente, ammettiamo il caso che le sue motivazioni siano giuste, lei pensa che dando le dimissioni, finisca la degenerazione intollerabile della lotta politica? Badi bene, se pensa che con il suo semplice atto tutto questo finisce, può andare tranquillamente a meditare in convento per vent'anni perché questo semplice atto non modifica niente.
Lei pensa che un suo atto di protesta modifichi la legislazione incerta? Già è stato detto che poteva seguire altri canali, ma la legislazione incerta può diventare certa con i tempi che vigono in Italia? Un progetto di legge presentato dalla Regione Piemonte prima che sia approvato da questo Parlamento e con questo governo si possono prevedere due o tre anni, in questi due o tre anni lei si dedica all'agricoltura alla puericoltura, alle meditazioni in qualche luogo riparato? Deve dirlo.
Se lei ha annunciato qui non le dimissioni, ma il suo ritiro dalla politica perché è così urtato da questa faccenda della degenerazione, della legislazione interna che si dedica ad altri affari, va bene, ma se pensa di dare qualche efficacia alle sue dimissioni deve anche dirmi o dimostrarmi che un progetto di legge pronto domani mattina per riformare tutta la legislazione degli enti locali, ha uno spazio di tempo per essere approvato dal Parlamento e dal Presidente del Consiglio (che è il primo extra parlamentare d'Italia, dato che in Parlamento non si presenta mai, legifera e governa con decreti legge, ma al confronto con le forze politiche non ci va, snobba il Parlamento come metodo di governo). Lei pensa che una cosa del genere possa avere una qualche concretezza politica a breve scadenza? Si sbaglia. Protestare contro la sanzione della decadenza degli amministratori va bene, è un gesto di protesta, anche se qualche malizioso o qualche uomo di sua parte potrebbe dire che assomiglia molto al gesto di quel marito che per far dispetto alla moglie... Ma la protesta va indirizzata verso qualcosa, verso qualcuno; verso l'on. Andreotti, verso Rumor? Ma con Rumor suppongo abbia una certa facilità di contatti e se il Ministro degli Interni fosse sensibile ai suoi atti avrebbe già dato un segno di risposta.
Il collega Berti l'ha già fatto, ma anch'io vorrei ricordarle che in due anni e mezzo sentenze di questo genere ne sono fiorite in ogni parte del nostro Paese e perché per due anni e mezzo non c'è mai stata questa sensibilità, questa generosità, questa lealtà? Per due anni e mezzo in Lombardia, nel Veneto, in Liguria, in Abruzzo, i tribunali hanno sentenziato a destra e a sinistra, in un senso e nell'altro e in nessuna Regione, una qualsiasi forza politica, ha pensato di risolvere il problema con una riforma qualsilvoglia della legislazione locale; qui, come se fosse la prima sentenza, abbiamo un membro autorevole della Direzione nazionale della D.C. che pronuncia le parole che ha pronunciato, cita l'ultima battaglia, cita Garcia Lorca; ma, a parte che Garcia Lorca non era membro di consigli di amministrazione di nessuna Cassa di Risparmio e poco tempo dopo avere scritto quelle poesie lo mettevano al muro e la sua ultima frontiera era contro i franchisti, Presidente, lei vuol far credere a noi all'opinione pubblica piemontese che il suo tipo di battaglia ha qualche parentela? E' vero che poi lei mischia Garcia Lora con Cefis, con Petrilli con Don Sturzo, però guardi che anche se io non ho un'altissima considerazione né di me né del nostro Consiglio Regionale, lei non deve operare come davvero avesse ragione quel saggio che diceva che l'intelligenza ha dei limiti, ma la stupidità è sconfinata; io non credo che il nostro Consiglio debba essere preso per un organismo dove appunto questa tendenza a pensare che la stupidità è sconfinata possa avere legittimità. No, noi abbiamo un Consiglio Regionale dignitoso, non sarà un'aquila, ma le cose sue è in grado di farle. Lei parla di confronto politico, Bianchi, confrontiamoci, ma seriamente; c'è una crisi in atto denunciamola per quella che è, individuiamo delle possibili vie, altrimenti come possiamo prendercela con i giornali, con le campagne, con le illazioni? Cosa volete che scrivano? Che davvero nella Regione Piemonte si sta discutendo la grande riforma della legislazione? Ma non ci crede nessuno, infatti vanno poi a cercare i superpartiti e li trovano. Qui dentro ancora nessuno mi ha spiegato perché il Consigliere Rossotto ha voluto affiancarsi all'on. Magliano per avanzare quell'istanza, e non l'ha spiegato nemmeno Consigliere Rossotto, io ho atteso con interesse che ci dicesse perché è stato protagonista della tesi della perfetta compatibilità e nello stesso tempo si affianchi, non necessariamente, all'istanza presentata da un deputato del Parlamento, per sostenere esattamente l'opposto. Perché succedono cose del genere? L'istanza dell'on. Magliano poteva essere portata avanti senza essere affiancata da un legale. Perch lei si è messo in questa direzione. Che significato politico ha? Lei è un esponente malagodiano, Magliano rappresenta, se non erro, o dovrebbe rappresentare la sinistra del PSDI, Calleri è un esponente doroteo, che senso ha questo? Perché la stampa non può porsi degli interrogativi di questo genere? Quale delitto commette, di lesa maestà, quando chiede di capire che cosa c'è dietro a tutto questo? Io non l'ho ancora capito adesso e prego il Consigliere Rossotto, se ha qualcosa da dire, di dircelo.



ROSSOTTO Carlo Felice

Lo dirò.



SANLORENZO Dino

Ah, benissimo, ma qui per far parlare la gente bisogna sempre presentare le richieste del Gruppo comunista e poi occorre ancora intervenire quando la discussione è quasi chiusa, se no non si parla mai si parla fuori, si fanno altri atti, ma qui no; i confronti bisogna farli nelle sedi giuste, nei momenti opportuni.
E allora io voglio ancora dire una cosa che è stata già detta da altri colleghi: il Presidente deve considerare se vuole continuare a far vita politica. L'indovinello è perché non ha ancora scelto, vedremo che cosa succederà, che cosa ci riserverà il futuro. Badi Presidente che la gravità della sua presa di posizione contro la magistratura non sta nel fatto di averla criticata; noi opposizione di sinistra, movimento operaio, pagando sovente di persona, ci siamo conquistati il diritto di criticare e di giudicare coloro che giudicano e che non possono essere sottratti al giudizio di nessuno, un giudizio politico, certo, un giudizio di apprezzamento. Nessuno di noi l'ha criticata perché ha detto "non mi va quella sentenza", no, io credo che lei non abbia avvertito il fatto che lei è rappresentante del potere esecutivo, lei è Presidente di una Giunta Regionale, lei promulga le leggi; mi sa citare un caso della storia d'Italia, dalle origini ai giorni nostri, in cui un Presidente del Consiglio si sia alzato per censurare una sentenza della Corte Costituzionale? La risposta della Corte Costituzionale o di qualunque magistrato sarebbe "Non ti vanno le leggi che io interpreto? Cambiale, le fai tu le leggi". E doppiamente la sua pronunciazione era sbagliata impropria, pericolosissima, perché lei è anche un alto esponente del partito dominante e come tale ha avuto, non tanto lei quanto il suo partito, la possibilità in questi 25 anni di cambiare tutte le leggi che voleva, in qualsiasi momento, in qualunque circostanza, perché le maggioranze ci sono sempre state per fare quello che volevate, infatti avete fatto quando avete potuto, ma non quando l'opposizione ha condotto la sua battaglia con tutti i mezzi che aveva. Ma lei capisce il significato che ha, oggettivamente, qualunque sia il giudizio di merito. Il rappresentante del potere esecutivo si alza per due volte, nel corso di due anni, nell'avvio di una Regione che dovrebbe essere un elemento di vita democratica del tutto nuova, una prima volta per difendere dei clinici, che poi vengono regolarmente incriminati, una seconda volta per dire che la sentenza della magistratura è sbagliata, che bisogna protestare, anzi bisogna dare le dimissioni? Questo è grave. Io non intervengo nel merito della sentenza, non me ne importa, tutto sommato, granché, perché la questione di fondo è politica, davvero è politica e ha questi risvolti politici di contenuto, di formule, di schieramenti e anche gli elementi che ricordo adesso sono gravi, per questo le interpretazioni, le illazioni, gli interrogativi, fioriscono in ogni dove per tentare di dare una spiegazione di quello che succede.
Per finire, io credo che così come le altre forze politiche hanno in qualche modo detto, sia pure a mezza bocca, qual è la loro opinione, il loro parere sul futuro, io devo ribadire quello che il nostro partito ha detto prima e abbiamo detto sempre: noi siamo per una crisi alla Regione Piemonte, ma intendiamoci bene, noi siamo per le dimissioni del Presidente e per la caduta di questa Giunta; ma cosa credete, che la linea che abbiamo portato avanti in questi due anni e mezzo abbia teso a stabilire un rapporto impolitico sulle cose, ma senza prospettive, come per dire "voi avete il potere e lo gestite, noi gestiamo l'opposizione e andiamo avanti così per cent'anni?". Vi sbagliate, non è così, noi abbiamo condotto avanti la politica che ritenevamo opportuna e giusta, cioè una lotta contro una maggioranza che consideriamo pericolosa, che abbiamo denunciato come pericolosa quando è nata e di cui abbiamo avvertito la pericolosità qui e soprattutto altrove, in tutta Italia. Noi seguiamo un nostro disegno politico, che è quello di sempre, di un'intesa fra le tre grandi componenti dello schieramento politico italiano: la componente comunista, la componente socialista, la componente cattolica e sappiamo anche che i tempi maturano, sia pure non ancora come vorremmo, in quella direzione, in tempi italiani e in tempi internazionali.
Siamo andati recentemente a Cagliari, c'era anche l'Assessore Paganelli il quale ha sentito che respiro c'è nelle Regioni italiane, è un elemento di questa crescita democratica e politica e quando è stato annunciato quel convegno sulle Regioni, che pure era stato un impegno di questa Giunta abbiamo visto interesse perché tutti quanto hanno capito che dobbiamo guardare un po' più al di là di quanto abbiamo fatto sinora, dobbiamo avere questo respiro europeo. E voi volete, nel momento in cui la Germania di Brandt conferma un orientamento che era del tutto incerto prima che le elezioni fossero finite, nel momento in cui si danno le sinistre come possibili vincitrici in Francia, voi volete che noi ci acconciamo a considerare stabile una maggioranza come quella che è stata espressa dalla Regione Piemonte? Noi lavoriamo per cambiarla, per rovesciarla. Avvertiamo anche noi che questo processo ha delle tappe, delle gradualità, che tuttavia rivendichiamo sollecite e rapide, con un confronto politico serio sui problemi; certo, qualunque maggioranza deve nascere sempre soltanto sulle convergenze sui problemi, sulle cose da fare, ma quelle forze politiche che rimangono indietro rispetto alla dinamica della situazione italiana ed internazionale, sono travolte dai fatti prima ancora che dalla nostra opposizione e dalle cose che portiamo avanti qui. Noi saluteremo la nascita di una nuova Giunta in questo Consiglio come un fatto positivo se questa Giunta fosse del tutto nuova, avesse un programma nuovo e avesse delle forze politiche su cui reggersi, nuove o rinnovate. Probabilmente noi non ne faremmo parte, anzi, certamente non ne faremmo parte, tuttavia il nostro atteggiamento potrebbe già avere delle gradualità diverse anche rispetto al recente passato, a seconda della linea di tendenza che una nuova maggioranza potrebbe configurare in questo Consiglio. Ogni nostro passo, ogni nostro atteggiamento in Commissione e altrove, in Consiglio e fuori, è ispirato alla linea che portiamo avanti e con questa linea dovete confrontarvi se volete assumere un ruolo dirigente nella Regione Piemonte.
Ma sono tutte cose che nell'introduzione del Presidente Calleri non c'erano (spero ci siano, almeno per accenni, nella replica) e che comunque rimarranno oggi e domani, fino a quando questa crisi politica di fondo sarà risolta nella Regione e nei Comuni che sono stati messi in crisi in questi giorni.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Rossotto, ne ha facoltà.



ROSSOTTO Carlo Felice

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, io ringrazio il Vicepresidente del Consiglio Regionale Sanlorenzo per avermi rivolto una domanda che gli stessi organi del mio partito mi avevano posto; io ho risposto serenamente agli organi del partito e sono lieto di potergli rispondere oggi e di poter così chiarite un grosso equivoco sul quale si vogliono operare false interpretazioni e vere speculazioni.
Io, quale rappresentante del Gruppo liberale in sede di Giunta delle Elezioni, d'intesa con gli organi del mio partito e con i colleghi in questo Consiglio, ho sostenuto con convinzione tesi che sono state rese note sia attraverso la relazione che è stata distribuita in questo Consiglio da parte del Presidente della Giunta delle Elezioni, sia dalla dichiarazione che la Presidenza e la Segreteria regionale del mio partito hanno fatto e di cui i giornali hanno dato ampia notizia.
Voglio precisare che come professionista non ho fatto nessuna dichiarazione, solo ho parlato quando, in veste politica, mi si è chiesto conto di una certa azione che riguarda la mia sfera di uomo, ma che ha essa pure, nello stesso tempo chiari riflessi politici.
Il 2 gennaio, è improvvisamente apparso un nuovo nome, certo Dauro cultore della materia dell'ineleggibilità, riconfermando un sistema di faide per interposta persona che come uomo, come partecipe dell'amministrazione della giustizia e come politico non ho apprezzato.
Quando si è presentato a me un uomo con una statura politica, con un volto politico, con chiaramente individuata la sua identità politica il quale mi ha chiesto l'ausilio per compiere tutti quei passi che il cittadino nell'azione popolare, se non è assistito da qualche legale, non è assolutamente in grado di compiere, ho personalmente ritenuto questo suo agire un primo atto di moralizzazione. Invece di andare a individuare, con l'eziologia, chi può essere la causa, oppure negare la validità di un diritto che le nostre leggi hanno concesso ai cittadini, per poter far valutare dai magistrati se gli organi elettivi hanno esattamente interpretato le norme sull'incompatibilità, ho ritenuto che era anche certo, un atto politico, il compiere questo gesto, ma un atto politico che insieme con l'attività e il mestiere mio (che non è incompatibile, a quanto mi pare, con l'attività di Consigliere regionale) voleva incominciare a dire di porre chiaramente un tema, un modo di negazione di validità ad un certo tipo di agire politicamente.
Noi liberali abbiamo sostenuto la compatibilità del Presidente della Giunta, quando ci sarà il dibattito in Consiglio Regionale la sosterrò, è un problema che riguarda la mia dirittura professionale l'esporre tesi che possono essere a favore o contrarie a qualche altra tesi. D'altra parte la Corte Costituzionale, quando dice che queste norme sono di stretta interpretazione, l'attività del giurista è molto ristretta e seriamente si riduce nell'esporre i fatti agli organi giudicanti. Ad ogni modo su questo punto, signori, intendo precisare che non vi è nulla di strano, perch quando in Giunta delle Elezioni abbiamo preso certe decisioni, più volte ai colleghi ho ricordato che chiunque non fosse soddisfatto aveva la possibilità di porre di nuovo il quesito davanti all'autorità giudiziaria.
Quando mi si è presentata una persona politica che questo atto ho voluto compiere, la mia conoscenza delle norme processuali è stata a lui offerta.



RIVALTA Luigi

A ciascuno il suo difensore.



ROSSOTTO Carlo Felice

Ognuno si sceglierà il suo difensore, ad ogni modo io ho messo in opera quelle che sono le mie conoscenze tecniche processuali per far sì che questo esame da parte della magistratura potesse essere compiuto.



PRESIDENTE

Nessun altro chiede di intervenire. Ha chiesto di completare le sue dichiarazioni il Presidente della Giunta, ne ha facoltà.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Io ho l'impressione che nel corso del dibattito non siano state colte alcune osservazioni fondamentali che evidentemente, se non colte, possono portare alle conclusioni alle quali è arrivato, nella sua spumeggiante oratoria, il Consigliere Sanlorenzo: quelle di un pasticciaccio brutto.
Io credo che le dichiarazioni che ho fatto vadano attentamente meditate perché, caro Consigliere Sanlorenzo, certamente non mi illudo che con un gesto politico si ponga fine ad un certo modo di fare la polemica politica però posso sperare richiami l'attenzione della classe politica regionale ad una più attenta meditazione del come imposta i problemi.
Io credo che il Consigliere Sanlorenzo, come tanti altri Consiglieri segua non soltanto la stampa e le polemiche regionali del Piemonte, ma segua anche giornali e note di agenzie di altre Regioni. Io vorrei chiedere con molta schiettezza, perché questo è un confronto che da parecchi mesi vado facendo, se non è accaduto anche a voi di notare, come è accaduto a me (e non ho nessuna difficoltà a presentare la documentazione) che in Piemonte la cronaca politica, il dibattito politico sembra sia stato dato in appalto a degli specialisti di cronaca nera, cosa che non mi pare capiti in altre Regioni.
Ci sono alcuni fatti significativi su cui mi sembra di poter richiamare l'attenzione dei colleghi comunisti, i quali credo abbiano letto ad esempio un articolo in cui si è attribuita a Calleri l'appartenenza a cosche mafiose, a traffici loschi, sostantivi ed aggettivi che non mi pare attengano ad un modo serio di fare la polemica politica. Ma non lo dico soltanto ai colleghi comunisti i quali, per la verità, sono incappati in questa manifestazione di giornalismo non molto spesso, perché solitamente la polemica politica, anche quando è dura, quando è penetrante, è contenuta in certi limiti, bensì anche, mi si consenta, al collega Garabello che nel suo intervento ha voluto sottolineare come la sinistra D.C. abbia posto il problema delle incompatibilità non in termini di carta da bollo, in termini di richiamo ecc.; io vorrei pregarlo di leggere taluni numeri di "Rinnovamento democratico" e vorrei richiamare la sua attenzione sul fatto che su due avvenimenti di cui, per la verità, si è ampiamente parlato (Vallere e Candiolo) si sono attribuite delle intenzioni, in modo palese ed espresso, che rasentano qualcosa che non è propriamente la polemica politica, ma vanno ben oltre.
Ancora stamattina, cari colleghi, mi pare che "La Stampa" abbia riportato talune affermazioni della stessa sinistra D.C. e forse personalmente dell'on. Donat-Cattin, attribuendo a talune forze politiche l'intenzione di eleggere un Commissario per creare le premesse dell'avvio ad un più tranquillo saccheggio urbanistico. Siccome spesse volte questo tipo di linguaggio è stato usato nei miei confronti (in generale viene usato verso la classe politica), io mi chiedo se vi è davvero, collega Sanlorenzo, qualche cosa di tanto strano che ci si ribelli a questo tipo di polemica politica dove, con eccesso di faciloneria, si varcano quei limiti di correttezza che a mio giudizio debbono pur sempre essere osservati.
Questo tipo di polemica politica ingenera ovviamente un clima di sospetto che non è certo il clima di chiarezza nel quale io e, penso, tutti coloro che hanno delle responsabilità politiche, intendono muoversi - io credo carichi sulla classe politica, una deviazione di valutazione estremamente pericolosa dalla quale poi partono le denunce ed è evidente che c'è una ricezione da parte di coloro che devono giudicare chi è già pregiudizialmente influenzato dal clima in cui queste cose avvengono.
Non viviamo tanto distanti gli uni dagli altri e questi confronti, se li facciamo con serietà e meditandoci sopra, credo che insegnino qualche cosa a tutti.
Io potrei dare una lunga documentazione Consigliere Sanlorenzo, che le darebbe modo e agio di capire come non sia necessario andare a cercare reconditi disegni dietro le mie determinazioni, che non sia affatto necessario andare a chiedersi se ci sono problemi di cambiamento di formula politica, se ci sono dissensi nell'interno delle forze politiche che hanno appoggiato la presente Giunta, se ci siano da fare dei cambiamenti nell'interno della Giunta, degli spostamenti di uomini, delle uscite e delle entrate. Eh no, Signori, il problema posto in questi termini è troppo furbescamente posto, ma è fuori luogo. Io credo che la classe politica abbia il dovere di reagire di fronte ad un tipo di linciaggio, di fronte all'uso di un linguaggio che è deformante della realtà politica. Non a caso avviene però che non sono questioni linguistiche, è troppe semplicistico dire che si tratta di questioni linguistiche, certe parole hanno un determinato significativo e si può essere dei cavallereschi avversari tentando di attribuirne uno diverso, ma il significato primitivo rimane perché il vocabolario attribuisce a certe parole determinati significati.
Si crea un clima, partono le denunce e la sentenza che viene fuori, di cui poco può importarmi, la ritengo ingiusta sul piano dell'autonomia locale non per le persone che ne vengono colpite, anche se si tratta del Pro Sindaco e del Vice Sindaco di Torino. Queste cose capitano in un'atmosfera di questo genere, che in Piemonte è abnorme rispetto ad altre regioni, si arriva ad un tipo di polemica politica che (per quanto io legga i giornali delle altre regioni) non ho mai trovato esposto in questi termini, con questa durezza e con questa, direi, fredda predeterminazione.
E' chiaro che a questo punto ci sia una forma di reazione. Lei potrà dirmi, Consigliere Sanlorenzo, che può estere velleitaria, illusoria, l'ho già detto anch'io, se ha seguito le mie dichiarazioni fino in fondo avrà visto che ho detto anch'io che può sembrare per la modestia delle nostre possibilità di intervento anche in questo settore più diretto dell'attività politica, un'azione magari velleitaria, può apparire un'arbitraria forzatura, una velleitaria battaglia. Io credo sia nel diritto di ciascuno di noi richiamare l'attenzione della classe politica su questo; è evidente che poi, nel contesto generale, sorgono altri problemi. Certo, nessuno di noi si può illudere che una legge sulle incompatibilità possa venire varata con grande rapidità. Siccome queste dichiarazioni sono state da me a lungo meditate, soprattutto nella parte della problematica politica connessa alla realtà dei poteri locali, pregherei i colleghi Consiglieri di non abbandonarsi ad un facile confronto e dire, per difendere l'autonomia locale, così come mi pare abbia detto il dott. Nesi, che avrei dovuto dimettermi, non ho tenuto bene il conto, ma credo quattordici volte.
Ci sono dei problemi che vanno al di là, almeno nell'interpretazione che potrà essere condivisa o non condivisa delle autonomie locali interpretate come reale bilancia di poteri rispetto a quelli dello Stato o ad altri poteri, quindi con tutta una somma di strumenti operativi interpretati come diretta responsabilità degli stessi amministratori eletti. E' una tesi molto diversa da quella espressa qui dal Consigliere Garabello ma che comunque merita, io credo, di essere valutata, perch certamente delinea un tipo diverso di ente locale, di autonomia locale con una sua strutturazione probabilmente diversa ma che, forse per combinazione, forse per lo stellone che assiste spesse volte gli italiani è una via lungo la quale abbiamo già compiuto dei passi.
Io ho approfondito questi problemi e li ho anche valutati in relazione a ciò che sarà il compito degli enti locali e agli interventi di programmazione, non alla loro enunciazione, ma alla realizzazione concreta effettiva.
Ecco, se noi vogliamo dare veramente agli enti locali queste possibilità, dobbiamo studiare il problema e approfondirlo invece di attardarci in sterili polemiche. Non a caso dicevo che questo mio gesto pu forse anche servire come meditazione su questi problemi che non sono niente affatto secondari, ma sostanziali, perché le autonomie locali intanto esistono in quanto sono una forza reale e concreta di amministrazione attiva, altrimenti è inutile nella nostra regione e in particolare a Torino, parlare di forze egemoni, di monopolismo industriale, di monocultura se poi non sappiamo creare dei poteri, non dico contrapposti nel senso della lotta, ma bilanciati; io credo che possa anche essere utile valutare se poteri bilancianti possono diventarlo gli enti locali, la Regione, come le grosse amministrazioni provinciali e comunali, attribuendo ad essi una carica di possibilità operativa superiore a quella che hanno e agli amministratori locali un peso maggiore a quello che può essere contemplato nella legge attuale.
Sono problemi che credo meritino qualche qualche attenzione e sui quali credo che i Consiglieri regionali, anche del partito comunista, possano, se lo desiderano, fare le loro valutazioni, ma farle con schiettezza, senza la preoccupazione che dietro ci siano delle cose strane, degli strani intendimenti e degli strani disegni; non ci sono, c'è un'opposizione che è stata assunta nella pienezza del senso di responsabilità, c'è un'opposizione che io credo vada anche valutata in relazione alla sentenza che il Tribunale si appresterà ad emettere, credo il 23 di febbraio.



BERTI Antonio

Il verdetto è già scontato.



MARCHESOTTI Domenico

E' "difeso" da Rossotto!



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

No, le difese e le accuse non contano niente. Ciò che credo vada bene valutato è in definitiva un'iniziativa che valga a rimuovere il sistema della decadenza comminata e sanzionata senza consentire l'opzione che è un incentivo anche ad un certo tipo di battaglia politica che, è vero, è stata in altre regioni praticata largamente ma che in una città come Torino in questi 25 anni non era mai stata avanzata da alcuno. Quindi anche questa semplice constatazione credo possa far meditare sulla realtà di una polemica politica che probabilmente da allora ad oggi è notevolmente cambiata ed alla quale ciascuno di noi debba rivolgere la propria attenzione.
Per quanto riguarda gli altri problemi relativi alla soluzione della crisi, vorrei dire al Consigliere Sanlorenzo che ci saranno delle consultazioni tra i partiti, nell'interno dei partiti e non possiamo oggi (sarebbe anticipare un po' troppo i tempi) pretendere di discutere quali saranno le linee di soluzione. Questo mi pare che nella prassi della democrazia partitica sia consegnato ai partiti e le loro determinazioni vengano successivamente portate nelle assemblee per ricevere il battesimo del dibattito e l'approfondimento della tematica.
Non credo di avere niente altro da aggiungere, ma voglio dire con estrema chiarezza che è inutile andare a cercare disegni reconditi dietro dei fatti che sono stati espressi con attenta meditazione, con grande senso di valutazione di ciò che si diceva, senza azzardare nulla che non fosse men che meditato. Credo che nella dichiarazione che ho fatto e con le spiegazioni che forse le hanno meglio e più ancora amplificate, ci sia la risposta chiara, precisa, netta ad un gesto che ho ritenuto di fare e che è stato il gesto delle mie dimissioni.



PRESIDENTE

La trattazione del primo punto all'ordine del giorno si è svolta molto serenamente, molto responsabilmente; credo che su questo si possano questa sera chiudere i nostri lavori.
Vorrei prospettare al Consiglio l'eventualità della prosecuzione dei lavori nella giornata di domani, posto che vi è stata la convocazione, o l'opportunità di sospendere in attesa che venga formalizzato, da parte del Presidente della Giunta quanto ha annunciato, visto che tutti i lavori che dovrebbero svolgersi indubbiamente impegnano la Giunta ed il suo Presidente sotto il profilo esecutivo.
Aggiungo a queste considerazioni anche l'altra, l'assenza del Consigliere Menozzi, relatore sui due disegni di legge in discussione all'ordine del giorno.
Io sono qui a disposizione del . Mi sembrerebbe opportuno attendere la formalizzazione delle dimissioni annunciate, convocare successivamente e rapidamente il Consiglio per la presa d'atto e poi gioca lo spazio dei quindici giorni previsto dallo Statuto, entro il quale io debbo riconvocare l'assemblea, ovviamente a domicilio, per la nomina del nuovo Presidente e della nuova Giunta.
Il Consiglio che cosa pensa di fare, di riunirsi domattina o di chiudere i lavori questa sera? Il Consigliere Berti ha facoltà di parlare.



BERTI Antonio

Noi abbiamo già detto l'altra volta che occorreva chiudere la questione, adesso si è appena aperta e non si può fare altro.
Rimangono da chiarire i tempi: la crisi non si apre se non con la presentazione formale di un documento, si tratta di sapere quando sarà presentato.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Può essere presentato anche questa sera.



BERTI Antonio

Questo è importante, perché se il documento è presentato entro domani mattina, il Consiglio può essere convocato venerdì o sabato mattina per la presa d'atto delle dimissioni, dopo di che si apre ufficialmente il periodo dei quindici giorni.
La mia proposta è questa.



PRESIDENTE

In caso di particolare necessità o urgenza il Consiglio può essere convocato dal suo Presidente anche 24 ore prima della seduta, con l'indicazione dell'oggetto all'esame dell'ordine del giorno.



BERTI Antonio

Può già stabilire la data fin d'ora?



PRESIDENTE

Finché non ho l'atto formale no.
Presidente dice che consegna il documento domani mattina, in questo caso la convocazione potrebbe essere fatta per venerdì.



CARAZZONI Nino

Noi abbiamo il congresso.



PRESIDENTE

Ma la convocazione ha una rilevanza formale, anche se è sostanziale. La presa d'atto, almeno per la prassi che si è instaurata, non comporta discussione. Si comunicano le dimissioni, se ne prende atto e la seduta è esaurita, non c'è motivo di discutere. C'è un precedente al quale io mi ricollego per interpretare questa norma.
La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Vorremmo, Presidente, che richiamasse invece alla prassi che si è instaurata sempre in analoghe circostanze di convocazioni di assisi nazionali di partiti; vorremmo si richiamasse al precedente di sospensioni già accordate in questo stesso Consiglio Regionale in occasione di circostanze simili a questa; vorremmo soprattutto che lei riconoscesse il nostro desiderio di comunque essere presenti ad una seduta in cui si prende atto sia pure formalmente come lei dice, ma certamente con una sostanza che va al di là della forma, per investire più propriamente la sfera politica delle dimissioni del Presidente della Giunta.



PRESIDENTE

Io vorrei soltanto ricordare al collega Carazzoni che il suo e mio collega Consigliere Curci proprio l'altro giorno, proponendo alla mia attenzione il fatto che il congresso del Movimento Sociale si sviluppava nei giorni 18, 19, 20 e 21, mi pregava di non tenere la seduta prevista il 18 ed è in considerazione di questo che l'avevamo anticipata a domani salvo che si trattasse di una seduta che non avesse un sostanziale motivo di presenza per un'importante discussione. Io chiedo se per una presa d'atto delle dimissioni vi sia un'esigenza di presenza di loro due. Lei accenna di sì e allora il Consiglio è convocato per lunedì 22 alle ore 16.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Non è possibile farla al mattino?



PRESIDENTE

Siamo fuori, il Vicepresidente va in Sardegna per rappresentare ufficialmente il Consiglio.
La convocazione è per lunedì 22, alle 16, ma riceveranno la comunicazione telegrafica.


Argomento:

Documenti - Assegnazione a Commissioni


PRESIDENTE

Debbo informare il Consiglio che è stata presentata una proposta di legge regionale dai Consiglieri Calsolaro, Nesi, Fonio, Simonelli Viglione, avente per oggetto "Norme per la concessione di contributi agli istituti di patronato e di assistenza sociale". Mi riservo di esaminarla domani dal lato formale e di trasmetterla alla competente Commissione.


Argomento:

Interrogazioni e interpellanze (annuncio)


PRESIDENTE

Sono state presentate interpellanze da parte dei Consiglieri: Ferraris Raschio e Revelli relative (sintetizzo e poi verranno naturalmente mandate come di consueto, nel testo integrale) a problemi del risanamento e della ristrutturazione delle cantine sociali, chiedendo un incontro col Presidente della Giunta e con l'anzidetto Comitato, allo scopo di vedere modalità ecc.; il Consigliere Revelli presenta un'interrogazione per conoscere quali sono stati i criteri in base ai quali la Giunta ha proceduto alla ripartizione dei fondi per le aree riconosciute depresse.
Anche questa sarà trasmessa.
Vi è un'interrogazione, con richiesta di risposta scritta, da parte del Consigliere Zanone relativa alle disposizioni che possono essere prese in relazione al R.D.L. 30.12.1923 n. 3267.
Un'interpellanza dei Consiglieri Curci e Carazzoni circa la presa di posizione che il Presidente della Giunta intende di prendere relativamente alla situazione di estrema gravità che a Torino, come in altre città, pone in pericolo l'incolumità di quanti, esponenti politici e sindacali, si oppongono alle prepotenze dei marxisti in relazione a episodi che si sono sviluppati nei giorni scorsi.


Argomento: Industria (anche piccola e media) - Problemi del lavoro e della occupazione

Ordine del giorno sulla situazione delle aziende Castor ed Imel del gruppo Zanussi


PRESIDENTE

E' stato infine presentato un ordine del giorno, a firma dei Consiglieri Lo Turco, Berti, Rivalta, Simonelli, Fonio, Nesi che si riferisce alla situazione della crisi del gruppo Zanussi che investe le aziende Castor ed Imel della provincia di Torino. A questo ordine del giorno si vuole dare un carattere di particolare urgenza. Io lo porterei (se naturalmente la cosa è considerata fattibile) prima della presa d'atto lunedì, ma non potrei in questo momento mettere in votazione un ordine del giorno, per quanto urgente, presentato da un Gruppo, non sottoscritto da tutti. Se fosse proposto da tutti i Gruppi si potrebbe fare, è una questione di cinque minuti, ma in queste condizioni no.
La parola al Consigliere Lo Turco.



PRESIDENTE

LO TURCO Giorgio



PRESIDENTE

Il 5 febbraio è una data molto ravvicinata. Io la pregherei di dare lettura dell'ordine del giorno, perché ormai ne abbiamo discusso ampiamente.



PRESIDENTE

Ecco il testo: "Investiti il Presidente della Giunta e la Giunta di determinate attività nel momento in cui.... (omissis) Il Consiglio della Regione Piemonte, di fronte all'aggravarsi della crisi del gruppo Zanussi che investe le aziende Castor ed Imel della provincia di Torino preso atto delle dichiarazioni della Giunta Regionale in sede di assemblea permanente dei lavori della Castor, dichiarazioni dalle quali emergeva una chiara presa di posizione del Ministro Coppo, contraria a qualsiasi soluzione parziale della crisi considerato che l'assemblea degli azionisti della Zanussi ha assunto decisioni in merito al futuro delle suddette aziende che vanno nel senso opposto a quanto richiesto dalle maestranze in lotta e dalle organizzazioni sindacali per la difesa del posto di lavoro e che smentiscono le stesse dichiarazioni della Giunta Regionale a conoscenza delle notizie diffuse da organi di stampa secondo le quali la Zanussi avrebbe intenzione di cedere l'attuale stabilimento Castor alla Fiat o ad una sua filiale, per la realizzazione di un autoporto e parte delle maestranze verrebbe assorbita dalla Fergat cerchioni richiamato l'ordine del giorno approvato il 29 novembre 1972 in cui venivano respinte con la massima decisione le deliberazioni assunte dall'azienda, ribadisce la propria piena ed incondizionata solidarietà con i lavoratori della Castor e della Imel in lotta impegna la Giunta Regionale ad operare, attraverso gli opportuni contatti, in ogni sede, per il mantenimento degli attuali livelli di occupazione alla Imel e alla Castor a promuovere entro il mese di gennaio, a Torino, una riunione di tutti i parlamentari e dei responsabili di governo piemontesi con le organizzazioni sindacali, consigli di fabbrica della Castor e della Imel alla presenza dei rappresentanti degli enti locali interessati per esaminare il problema a sollecitare il Presidente della Regione Piemonte a richiedere l'incontro di tutte le Regioni interessate alla vertenza Zanussi, con il Governo, per una soluzione globale della crisi, come deciso dal convegno di Conegliano Veneto. Firmato: Lo Turco, Berti, Rivalta, Fonio, Nesi".



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Noi avremmo qualche difficoltà a votare alcuni periodi. Se si tratta di formalizzare degli impegni relativamente a quanto la Giunta può fare, va bene, ma credo che promuovere una riunione nell'ambito parlamentare sia un impegno che non penso possiamo assumere.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

LO TURCO Giorgio



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Io mi rendo conto delle difficoltà esistenti con una crisi in atto però una Giunta resta in carica per l'ordinaria amministrazione. Pi ordinaria amministrazione di questa: intervenire per impedire 2.500 licenziamenti che il 5 febbraio scattano.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Non è questo il problema, è l'incontro con i parlamentari.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

LO TURCO Giorgio



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Si tratta di convocarli qui entro il mese di gennaio, abbiamo ancora 14 giorni di tempo, tenendo conto che gli impegni presi a Conegliano sono stati disattesi, almeno in parte.



VISONE Carlo, Assessore al lavoro

Non dalla Regione Piemonte.



NESI Nerio

Io condivido quanto dice Lo Turco, ma mi rendo conto delle ragioni di carattere giuridico e istituzionale che impediscono di fare queste cose. Io vorrei che il Presidente della Giunta o l'Assessore al lavoro ci dicessero che cosa possono fare per questo problema di straordinaria gravità.
Io credo che, anche come ultimo atto, questa Giunta si caratterizzerebbe in senso positivo anche soltanto facendo qualcosa che attiene all'ordinaria amministrazione: questa convocazione per un problema di questo genere, di cui ha parlato tutta Italia. Io credo che la Giunta lo possa fare.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Non è che la Giunta non la possa fare, ma si dà il caso che in questi giorni vi sarà una serie di incontri politici per la costituzione della nuova Giunta che certamente non renderanno molto facile avere il tempo disponibile per organizzare la cosa.



NESI Nerio

Mi rendo conto anche di questo, ma se si delega l'Assessore al lavoro io credo che egli possa, per incarico della Giunta uscente, fare questa convocazione. Non sarà presente il Presidente della Giunta, ma vi saranno alcuni di noi. Penso che sarebbe un grave errore in questo momento per tutti che il Consiglio Regionale non desse luogo a questa convocazione di fronte ad una situazione così grave.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare l'Assessore Visone.



VISONE Carlo, Assessore al lavoro

Io vorrei richiamarmi a quanto ha detto il collega Lo Turco in relazione al convegno di Conegliano promosso dalla Regione veneta. Già in quell'occasione erano stati convocati i parlamentari e gli enti locali oltre che le organizzazioni sindacali ed i rappresentanti dei lavoratori e si era dato mandato esplicito alla Regione veneta di richiedere alla presidenza del Consiglio un incontro per discutere il problema della ristrutturazione della Zanussi. La Regione veneta non è ancora riuscita nel suo intento; la nostra Giunta Regionale ha sollecitato la presidenza del Consiglio in data 10 gennaio e ancora stamattina perché con estrema urgenza venga fissata la data della riunione con i rappresentanti della Regione mentre le organizzazioni sindacali avevano chiesto di incontrarsi con le Giunte Regionali le quali hanno dichiarato la loro disponibilità.
So che il Ministro del Lavoro, che è stato interessato, deve approntare una riunione nei prossimi giorni con i rappresentanti delle Regioni interessate, le organizzazioni sindacali e la Zanussi. E' stato investito del problema anche il Ministro del Bilancio. Date queste premesse non vedo l'utilità di una riunione con parlamentari, quando questi potevano venire a Conegliano dove già erano stati invitati.
L'azione è seguita per quanto rientra nelle nostre competenze, per cui sollecitiamo urgentemente questo incontro poiché nessuno di noi pu nascondere che il problema è urgente.



VISONE Carlo, Assessore al lavoro

LO TURCO Giorgio



VISONE Carlo, Assessore al lavoro

Il Veneto ha già risolto il suo problema, questo è chiaro.



PRESIDENTE

Comunque c'è un impegno da parte dell'Assessore Visone, nel limite delle cose che sono fattibili in questa situazione.
La parola al Consigliere Garabello.



GARABELLO Enzo

Io chiedo alla Giunta se vi sono delle questioni di merito nelle cose richieste nell'ordine del giorno che la Giunta respinge. Mi pare di no, da quanto ho capito.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Vi sono alcuni accenni all'inadempienza della Giunta.



GARABELLO Enzo

Se è così mi trovo in difficoltà per la proposta che volevo fare.



GARABELLO Enzo

LO TURCO Giorgio



GARABELLO Enzo

Scusi signor Presidente, ma se è solo questo che le dà fastidio posso chiarirlo subito.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Lo Turco.



PRESIDENTE

LO TURCO Giorgio



PRESIDENTE

Durante un'assemblea permanente un funzionario mandato dall'Assessore Visone è venuto a riportare osservazioni espresse dall'Assessore stesso in merito ad un suo incontro con il Ministro Coppo. Questo funzionario diceva testualmente che il Ministro non era d'accordo per una soluzione parziale della questione Zanussi, e che doveva esserci invece una soluzione "globale".



VISONE Carlo, Assessore al lavoro

E' per quello che il Ministro mi ha comunicato che sta organizzando una riunione.



VISONE Carlo, Assessore al lavoro

LO TURCO Giorgio



VISONE Carlo, Assessore al lavoro

Il nostro ordine del giorno dice "considerato che l'assemblea degli azionisti della Zanussi ha assunto decisioni in merito al futuro delle suddette aziende che vanno nel senso opposto a quanto richiesto dalle maestranze e dalle organizzazioni sindacali e che smentiscono le stesse dichiarazioni della Giunta Regionale". Il funzionario parlava a nome della Giunta.



REVELLI Francesco

E' il Consiglio d'Amministrazione che smentisce.



REVELLI Francesco

LO TURCO Giorgio



REVELLI Francesco

Comunque non è un problema eliminare questa parte, ciò che conta sono gli impegni per operare subito.



GARABELLO Enzo

Io pensavo che se non ci sono problemi di contrasto nel testo, il Consiglio Regionale lo potrebbe approvare intanto come dichiarazione politica; la Giunta, nei limiti delle sue possibilità formali, farà il possibile per adeguarsi a quegli impegni di cui si può anche capire non possa essere portatrice completa.



PRESIDENTE

Avrei bisogno del testo per poterlo porre in votazione. Salvo che tutto questo si traduca in una raccomandazione, accolta dalla Giunta come tale allora la cosa è semplificata.
E' accettato dalla Giunta come raccomandazione, va bene? D'accordo.
La seduta è tolta ed è riconvocato Consiglio per lunedì 22 alle ore 16 con all'ordine del giorno "Presa d'atto delle dimissioni del Presidente della Giunta".



(La seduta ha termine alle ore 21)



< torna indietro