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Dettaglio seduta n.129 del 07/12/72 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE OBERTO


Argomento:

Interrogazioni (rinvio)


PRESIDENTE

Interrogazioni ed interpellanze.
C'è un'interrogazione del Consigliere Nesi, che non è presente, alla quale dovrebbe rispondere l'Assessore Cardinali, anche lui assente pertanto viene rimandata ad altra seduta.
Interrogazione dei Consiglieri Berti, Fabbris, Lo Turco, Vecchione in data 8.11.72 "Commissari straordinari in ospedali della Regione in luogo dei Consigli di amministrazione". Dovrebbe rispondere l'Assessore Armella il quale ha fatto sapere che stamattina ritarderà; se il Consiglio nulla oppone, e se gli interroganti sono d'accordo, la discuteremo quando sarà presente l'Assessore, destinando il tempo che normalmente si dedica alle interrogazioni.
Il Consiglio non si oppone che la posponiamo? I Consiglieri interroganti non si oppongono? Bene.


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

Approvazione verbali precedenti sedute.
I processi verbali delle adunanze del 29 e 30 novembre sono stati distribuiti ai singoli Consiglieri prima della seduta odierna. Vi sono in proposito delle osservazioni? Nessuno chiede di parlare, pertanto i verbali si intendono approvati senza alcuna riserva.


Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo Consiglieri Bianchi, Carazzoni, Cardinali Giovana, Simonelli e per la seduta del pomeriggio l'Assessore Franzi.


Argomento:

Congedi

Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Informo che verso mezzogiorno conterei di sospendere i lavori del Consiglio per riunire i Presidenti dei gruppi con i quali prendere alcune intese relativamente a problemi che sono sul tappeto. Pertanto pregherei i presidenti dei gruppi di volersi trattenere per questo incontro, tanto più che in quella sede, tra le altre cose, vorrei esporre la situazione relativa al problema della nostra sede.



BERTI Antonio

A mezzogiorno non posso essere presente, bisognava farlo alle 8,30 oppure nel pomeriggio alle 15. A me hanno detto che ci sarebbe stata la riunione alle 15.



PRESIDENTE

La prevedo adesso la riunione dei Capigruppo, non ne ho parlato minimamente prima. Comunque vediamo nel corso della seduta. L'importante nella riunione dei Capigruppo è che intendo fare il punto relativamente alla sede per poter portare l'argomento ad una prossima seduta consiliare per delle determinazioni concrete, anche in relazione al fatto che ho chiesto al Presidente della Giunta di chiedere a sua volta al Museo del Risorgimento di soprassedere all'esecuzione della delibera, che comportava il versamento della somma per il trasloco del museo stesso, consentendo così la disponibilità della sala per il Consiglio.
Consigliere Berti, non le riesce proprio di essere presente a mezzogiorno?



BERTI Antonio

Il problema è che non si inizierà a mezzogiorno.



PRESIDENTE

Sì, sì, e le dico subito anche il perché: l'esame del disegno di legge n. 61 va spostato al pomeriggio perché mi ha riferito il Presidente della Commissione che saranno pronti per le 4 del pomeriggio.



BERTI Antonio

Io però alle 13 me ne devo andare.



PRESIDENTE

Va benissimo, da mezzogiorno all'una.
I Consiglieri Fassino e Gandolfi ci sono? Viglione, vuole prendersi cura lei di informare il Presidente del suo Gruppo che a mezzogiorno c'è questa riunione per risolvere anche delle questioni che sono state proposte dal Gruppo socialista? Mi spiace, ma sono costretto a fare così, se invece di vedere il deserto dinanzi ai miei occhi nella tribuna del pubblico, avessimo il pubblico presente non credo che ne trarrebbe delle conclusioni molto felici, consentitemi che lo sottolinei per un'altra volta. Non è che il Consiglio funzioni come dovrebbe funzionare.



VIGLIONE Aldo

Io sono sempre presente.



PRESIDENTE

Capisco che la predica viene solitamente fatta a quelli che sono in chiesa (o in assemblea) mentre gli altri sono fuori, ma è così.



BERTI Antonio

Lei potrebbe scrivere una lettera a nome suo e dei presenti a chi è assente, rendendola anche pubblica.



PRESIDENTE

Mi determinerò a questo, perché devo fare presente che se non siamo puntuali e non dibattiamo in questo scorcio di tre o quattro sedute arriviamo alla fine dell'anno senza avere approvato un certo numero di leggi, talune delle quali anche importanti. Lo scriverò anche, ma ho ragione di temere che lo scritto abbia lo stesso effetto del parlato.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori

Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio


PRESIDENTE

Questione della Pinin Farina. Vi sono stati degli incontri del Presidente con il dr. Marzotta, che è il dirigente del personale, e due incontri personali con l'ing. Pinin Farina. Si è ancora in fase di sviluppo che mi auguro possa portare ad una conclusione positiva. Vi è stato anche un incontro mio e dei Capigruppo con una delegazione di operai che hanno esposto i loro problemi, anzi, li hanno riesposti perché li avevamo già ricevuti in sede di Consiglio.
Assistenza agli spastici. Il Comitato di agitazione della sezione di Torino nell'Associazione italiana assistenza agli spastici, sollecita al Consiglio Regionale del Piemonte alcune prese di posizione sui problemi della categoria. In particolare si chiede l'adesione alle posizioni, già assunte dalla Regione Lombardia, con cui si chiede al Ministero della Sanità di mettere annualmente a disposizione delle Regioni, sulla base dei costi relativi ai minorati già assistiti nelle varie forme, uno stanziamento per permettere alle Regioni stesse di far fronte alle spese per l'assistenza sanitaria agli invalidi civili (funzione amministrativa che è delegata alle Regioni sulla base del decreto del Presidente della Repubblica 5.1.72 n. 4 art. 13) al fine di ottenere un'assistenza più capillare ed un maggior controllo sugli enti che gestiscono centri di riabilitazione per gli invalidi civili.
A questo proposito, se il Consiglio concorda, potrei rivolgere l'invito all'Assessore competente ad intervenire in tale senso presso il Ministero e sarebbe già un passo concretamente fatto, soprattutto se da parte del Ministero si risponde positivamente assegnando alla Regione questi fondi e lasciandoglieli amministrare.
L'AIAS chiede anche che la Regione Piemonte provveda alla programmazione dei servizi socio-assistenziali, sulla base del passaggio dagli attuali interventi emarginanti e spesso segregatori, ai servizi aperti a tutti, handicappati e no.
Per illustrare questi gravissimi problemi il Comitato di agitazione chiede un incontro con i Capigruppo consiliari e questo è anche un argomento da trattare nella riunione che faremo a mezzogiorno.
Il Ministro per il coordinamento delle Regioni ha telegrafato che il Consiglio dei Ministri ha accolto la sua proposta relativa alla presentazione di un disegno di legge, per assicurare l'autonomia contabile e finanziaria alla Presidenza dei Consigli Regionali.


Argomento:

Documenti - Assegnazione a Commissioni


PRESIDENTE

Il disegno di legge n. 67 "Provvedimenti a favore dei Comuni per agevolare la realizzazione di opere pubbliche relative all'urbanizzazione primaria delle aree destinate all'edilizia pubblica residenziale e di quelle opere necessarie ad allacciare le aree stesse ai pubblici servizi" è stato assegnato in data 30.11.72 alla II Commissione permanente.
La proposta di legge n. 68 "Norme per la costituzione e il funzionamento delle comunità montane" è stata assegnata in data 1º dicembre '72 alla II Commissione permanente.
Il disegno di legge n. 69 "Istituzione del circondario di Ivrea" presentato in data 6 dicembre '72 dalla Giunta Regionale è stato assegnato alla stessa data alla VIII Commissione permanente.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio (seguito)


PRESIDENTE

Alla Presidenza sono pervenuti: dal Comune di Grugliasco, un ordine del giorno circa licenziamenti ed altri provvedimenti recentemente assunti alla Pinin Farina ed in altre industrie della zona dalla città di Domodossola, un ordine del giorno con cui si invita la Regione Piemonte a classificare "provinciale" l'ospedale San Biagio di Domodossola dalla città di Ceva, copia della domanda trasmessa alla Commissione censuaria centrale per l'inclusione di quel Comune nell'elenco dei comuni montani di cui alla legge 1952 n. 991 dalla Provincia di Asti, un ordine del giorno circa il preoccupante aumento dei prezzi dall'Associazione contadini biellesi, l'ordine del giorno votato dagli allevatori della razza bovina pezzata rossa d'Oropa, partecipanti all'assemblea svoltasi a Graglia il 12 novembre dalla Camera di Commercio di Asti, un ordine del giorno sugli artigiani e le riforme tributarie.
Qualcuno chiede la parola sulle comunicazioni? Consigliere Besate.



BESATE Piero

Con i colleghi Marchesotti e Lo Turco io ho presentato un'interpellanza urgente per sapere che cosa la Giunta intende fare in rapporto alla situazione venutasi a creare alla Pinin Farina.



PRESIDENTE

Io l'ho trasmessa immediatamente alla Giunta mezz'ora dopo averla ricevuta e letta.



BESATE Piero

Giovedì scorso il Presidente del Consiglio ha ricevuto, sia pure rapidamente durante i nostri lavori, una delegazione della Pinin Farina ed il giorno seguente - come egli ha annunciato ha ricevuto, insieme con i capogruppo, la stessa delegazione per un approfondimento della questione.
Ho potuto così rilevare come il Presidente del Consiglio, nel breve volgere di dodici ore, se fosse stato Assessore sarebbe stato in grado di rispondere avendo egli acquisito molti elementi.
La Giunta ha ricevuto lunedì l'interpellanza urgente da noi presentata e dal Presidente del Consiglio subito trasmessale e oggi non è in grado di rispondere. Per questo comportamento della Giunta io elevo una protesta perché tratta di situazioni importanti e delicate che richiedono di essere affrontate.
Il Presidente del Consiglio, con il suo tempestivo interessamento ha potuto stringere dei rapporti, dei contatti; io mi auguro che il Presidente del Consiglio (sempre naturalmente tenendosi in contatto con i Capigruppo o con chi ritiene) prosegua nella sua azione, indipendentemente dalla Giunta e dall'interpellanza, al fine di pervenire ad un risultato possibilmente positivo su questa vicenda che, come dicevo prima, è di estrema urgenza ed importanza.



PRESIDENTE

Assicuro il Consigliere Besate che per quanto mi riguarda continuerò in questa azione.
La parola al Consigliere Conti.



CONTI Domenico

In merito a quanto abbiamo udito circa i controlli da effettuare per i corsi per invalidi civili, vorrei ricordare al Presidente del Consiglio ed ai Capigruppo che si riuniranno anche per discutere questo problema, che in seno alla III Commissione del controllo sui centri di formazione professionale, sulle varie espressioni formative che i decreti delegati pongono sotto la vigilanza della Regione se n'è già parlato ed è un tema generale che investe quanto la Regione sta operando in materia di formazione. Già noi avevamo sollecitato la Giunta perché venissero presi dei provvedimenti urgenti in materia di controllo sul piano amministrativo abilitativo delle strutture a disposizione, del personale, dell'azione formativa, avvalendosi degli organi periferici del Ministero del Lavoro.
Voglio ricordare a questo punto che l'interpretazione della Giunta del decreto delegato che ci è stata fornita in Commissione, al punto in cui recita che le Regioni si possono avvalere di organi periferici dell'amministrazione statale operanti nel campo di settori non trasferiti è tendenzialmente orientata a escludere la possibilità di avvalersi di questo tipo di controllo. Bisognerà quindi approfondire l'argomento perch ci verremo a trovare in una situazione delicatissima, esplosiva per quanto riguarda l'attività formativa posta sotto il controllo della Regione, che comporta anche un'erogazione di parecchi miliardi e che interessa così da Vicino i lavoratori e le giovani leve del lavoro.
Naturalmente il problema del controllo andrà affrontato successivamente con un'organizzazione apposita, ma intanto occorre avvalersi degli organi periferici del Ministero del Lavoro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bono.



BONO Sereno

Con altri colleghi stamane ho presentato un'interrogazione urgente sui problemi della ristrutturazione della Montedison.



PRESIDENTE

Io devo applicare il Regolamento, lei non parla sulle comunicazioni quindi non le posso dare la parola.



BONO Sereno

Trattandosi di un problema di tale gravità volevo solo chiedere se è possibile avere una risposta in giornata da parte della Giunta.



PRESIDENTE

Sto studiando se c'è una possibilità.
Sulla proposta contenuta nelle mie comunicazioni, cioè di sollecitare l'Assessore affinché adeguandosi a quanto avvenuto nel Consiglio Regionale di Milano solleciti dal Ministero l'erogazione, la messa a disposizione dei fondi alla Regione perché si possa procedere rapidamente all'assistenza degli spastici, vi sono dei dissensi? Posso assicurare questo Comitato di agitazione che interesseremo l'Assessore competente perché esamini confortato dal parere del Consiglio, l'opportunità di chiedere al Ministero l'erogazione dei fondi? Non vi sono opposizioni? Allora posso ritenere accettata la proposta.
Qualcun altro chiede la parola sulle comunicazioni? Nessuno. Le comunicazioni tono così state discusse.
Dovremmo ora passare all'esame del disegno di legge n. 61 "Norme per l'applicazione dell'imposta regionale sulle concessioni statali dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile".
Il Presidente Garabello assicura che tutto è pronto per le 16 del pomeriggio?



GARABELLO Enzo

Signor Presidente, devo dire che assicuro che per le 16 daremo una risposta definitiva al quesito. Abbiamo ancora un problema da risolvere, mi auguro di poterle dire qualcosa prima della sospensione meridiana.


Argomento: Consulte, commissioni, comitati ed altri organi collegiali - Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici - Beni ambientali - tutela del paesaggio (poteri cautelari, vincoli - Edilizia e norme tecnico-costruttive

Commissione speciale di indagine sulla situazione edilizia a Bardonecchia: relazione conclusiva


PRESIDENTE

Punto quinto dell'o.d.g.: "Commissione speciale di indagine sulla situazione edilizia a Bardonecchia: relazione conclusiva".
Ha facoltà di parlare il Presidente della Commissione Consigliere Dotti.



DOTTI Augusto

Signor Presidente, signori Consiglieri, la Commissione di indagine per Bardonecchia, che era stata istituita dal Consiglio Regionale all'unanimità per indagare sugli abusi edilizi in quella città e sullo sfruttamento di mano d'opera, dopo oltre sei mesi di lavoro ha concluso la sua attività presentando questa relazione al Consiglio Regionale.
Le riunioni della Commissione sono state numerose: quindici o sedici ad esse vanno aggiunte cinque riunioni di una sottocommissione per la stesura di questa relazione, che ha ottenuto per la sua obiettività l'approvazione unanime dei membri componenti la Commissione.
La Commissione ha effettuato a Bardonecchia due sopralluoghi. Ha interpellato il Commissario prefettizio, l'architetto estensore anche della variante al Piano regolatore. Ha raccolto elementi presso i sindacati, gli Uffici di collocamento, l'Ispettorato del Lavoro, gli imprenditori locali.
Ha avuto anche una documentazione, ha ascoltato i rappresentanti dei cittadini, almeno di una parte dei cittadini. A conclusione dell'indagine dobbiamo dire che abusi a Bardonecchia ce ne sono stati, così come dobbiamo dire che la carenza legislativa nel campo della mano d'opera ha certamente favorito uno sfruttamento della mano d'opera.
Per quanto riguarda la prima parte, quella degli abusi edilizi, abbiamo constatato che il Piano regolatore del 1958 è stato sovente disatteso.
Purtroppo, per gli illeciti si i concessa una sanatoria semplicemente attraverso una obiezione, qualche volta anche modesta. Edifici previsti di tre piani sono stati portesi a quattro, persino a cinque, come se i costruttori non sapessero contare; l'abitabilità delle mansarde è diventata la regola, e molte volte le mansarde si sono costruite anche su due piani mentre la dizione tecnica del sottotetto non poteva consentire l'abitabilità che di una mansarda, cioè della vera mansarda; sono stati resi abitabili persino seminterrati. Non solo, ma il vincolo a verde di certe zone - per esempio, della cosiddetta "Piccola pineta" o del "Parco Savoia" - è stato violato con costruzioni certamente abusive. In questo campo soprattutto abbiamo voluto, come Commissione, proporre che, viste le carenze di questi piani regolatori, la Regione si muova con leggi proprie nel campo dell'urbanistica, dell'agricoltura e direi della parte turistica che più si rifà alle funzioni di Bardonecchia, cittadina dell'alta valle in grandissimo sviluppo.
Questo piano regolatore del 1958 era a quell'epoca uno dei pochi piani esistenti nella valle, ed è forse proprio grazie a questo piano che si è potuto evitare il sorgere di costruzioni abnormi, come in altre cittadine montane, per esempio a Sauze: perché, se a Bardonecchia si contano fino ad otto piani, purtroppo a Sauze d'Oulx se ne contano quattordici ed anche quindici, appunto perché Sauze non aveva uno strumento urbanistico di alcun genere.
A Bardonecchia tutti, presi come collettività, sono propensi ad auspicare che le norme urbanistiche vengano coscienziosamente rispettate.
Purtroppo, devo lamentare che anche in queste ultime elezioni amministrative, molti candidati, oggi divenuti amministratori, che si erano dichiarati fautori essi stessi della variante al Piano regolatore restrittiva nei riguardi della fabbricabilità residenziale e più estensiva nei riguardi delle aree destinate ai servizi sociali, abbiano proprio condotto una campagna in favore di una maggior fabbricabilità sui terreni rimasti evidentemente a dei proprietari che non avevano ancora goduto del privilegio di costruire in modo intensivo sulla loro proprietà. Quando si parla di coscienza urbanistica bisognerebbe essere coerenti e ammettere che qualche sacrificio va fatto da tutti, nella città, e che sarebbe troppo comodo pretendere che i sacrifici siano sempre fatti sul terreno del vicino.
Questa coscienza urbanistica, che oggi la regione deve cercare di far sorgere, è una delle novità, una delle formazioni, diremo, professionali che devono essere man mano radicate nell'animo di ciascuno di noi. Così come è diventata oggi non dico di moda ma essenziale alla nostra vita l'ecologia. Purtroppo, solo in quest'ultimo decennio ci si è accorti di queste necessità: ancora vent'anni fa (forse per i giovanissimi vent'anni sono tanti, ma per noi che li abbiamo vissuti sono ben poca cosa) le leggi dello Stato non prevedevano il rispetto delle distanze delle costruzioni lungo le strade statali, e proprio per questo mancato arretramento degli edifici rispetto al filo della strada ci troviamo oggi in grande difficoltà, ad esempio, ad ampliare le carreggiate di queste arterie.
L'urbanistica è una scienza nuova, che permea ormai la nostra vita quotidiana e dev'essere effettivamente sentita dalla Regione come un proprio credo, una propria necessità da sostenere, affinché noi stessi non rimaniamo vittime di indiscriminati sviluppi sia residenziali sia industriali in zone che diventano congestionate. Era ancora di moda, direi pochi anni fa, la dizione: "economia di scala"; credo che ogni congestione invece, porti a "diseconomie di scala". La Regione deve quindi sviluppare tutta una sua politica in questa direzione, del miglioramento urbanistico che deve diventare per noi tutti un principio che non possiamo disattendere.
Quanto alla seconda parte della nostra indagine, quella che riguardava lo sfruttamento della mano d'opera ci siamo trovati di fronte ad una specie di muro del silenzio. Di fronte a denunce, a voci su organizzazioni di tiro mafioso, non siamo stati in grado di raccogliere prove concrete, anche se abbiamo avuto la piena convinzione della loro fondatezza. Certamente, vi sono carenze legislative in questo campo: direi che siamo ancora all'anno zero in fatto di collocamento, di protezione del lavoratore che si avvia al lavoro, ad una attività. D'altra parte, la legge non si occupa di regolare l'appalto di mano d'opera, e questo è, secondo me, un errore, perch diversi settori produttivi sono caratterizzati da lavori saltuari che devono essere coordinati per permettere al lavoratore una continuità lavorativa: così, nel settore edilizio ognuno di noi sa che vi sono squadre di addetti agli scavi, altre di specializzati nel "gettare' il cemento armato, altre di specializzati, nel "gettare" i soffitti, altre nella posa delle piastrelle, dei pavimenti di legno, dei serramenti, degli impianti che passano da un cantiere all'altro fermandosi in ognuno per un periodo piuttosto limitato; eppure, non c'è nessuno che regoli questo passaggio ed assicuri a questi, lavoratori la continuità dell'occupazione. La carenza della legge permette purtroppo il sorgere di organizzazioni illecite, che sfruttano il lavoratore e qualche volta anche lo ricattano.
E' una situazione che va superata, e noi nella nostra relazione indichiamo anche alcuni rimedi, avanziamo alcune proposte. La nostra relazione, infatti, non ha voluto essere soltanto un lavoro di critica, ma ha voluto prospettare alla Regione alcuni orientamenti. Per esempio, una delle difficoltà maggiori che incontra il lavoratore proveniente da altre Regioni è quella di trovare alloggio: abbandonato a se stesso, egli si appoggia ad un'organizzazione che gli garantisca la possibilità di vivere e di avere un tetto per la notte. Dobbiamo a questo proposito recitare "mea culpa", perché la questione degli immigrati - dato che questo sfruttamento si rivolge in modo particolare agli immigrati -, è aggravata dal fatto che Bardonecchia non è per essi ambiente ospitale: un immigrato isolato sicuramente a Bardonecchia non riesce a trovare alloggio, vuoi per prevenzioni, vuoi per le solite differenze, difficilmente superabili, di tradizioni. Così, per trovare lavoro e alloggio l'immigrato è costretto ad appoggiarsi ad una organizzazione, della quale poi finisce di diventare vittima perché essa ovviamente pretende in cambio dell'appoggio una parte sostanziale della retribuzione. Questo è purtroppo capitato anche a Torino e credo capiti anche in altre Regioni settentrionali, soprattutto nei settori ove il lavoro è saltuario, per cui l'operaio durante l'inverno ritorna al suo luogo di provenienza.
Una domanda che ci siamo posti, e che può rivolgerci il Consiglio, è questa: abbiamo incentrato difficoltà in questo nostro lavoro di indagine? Sì, ne abbiamo incontrate.
Abbiamo avuto difficoltà a farci autorizzare a controllare le licenze edilizie emesse dal Comune di Bardonecchia negli ultimi anni; difficoltà in parte poi superate in quanto che abbiamo potuto poi avere accesso all'esame di alcune licenze relative ad edifici che apparivano i più compromessi.
Abbiamo avuto difficoltà ad ottenere, e non l'abbiamo ottenuto, un rapporto della Prefettura relativo alle condizioni amministrative a Bardonecchia, rapporto circa il quale in un primo tempo dalla Procura della Repubblica ci era stato riferito essere ancora in corso una inchiesta formale mentre successivamente ci è stato dichiarato che una sentenza di rinvio a giudizio risaliva all'anno scorso, e abbiamo anche distribuirla.
Certo, il nostro lavoro sarebbe stato più completo se avessimo potuto effettivamente fare un bilancio di tutte le licenze emesse nel decennio precedente, dal 1958 ad oggi, e anche, avessimo avuto questo rapporto avremmo potuto dettagliare meglio su questioni abbastanza importanti di abusi nel Comune di Bardonecchia.
Abbiamo anche richiesto una documentazione alla Commissione antimafia e questa richiesta credo sia ancora in corso quanto il Presidente del Consiglio mi aveva annunciato che il Presidente della Camera, on. Pertini aveva risposto che aveva fatto propria la richiesta e l'aveva rivolta alla Commissione antimafia per la messa a disposizione di questi documenti relativi a Bardonecchia.
Non voglio dilungarmi troppo, perché altri colleghi interverranno in modo particolareggiato, e forse in modo molto più veemente di quanto abbia fatto io. Tengo anche a dire che se nella seduta scorsa ho fatto opposizione alla richiesta di distribuzione di alcuni documenti è perch mentre alcuni - come il regolamento edilizio, le planimetrie, la sentenza di rinvio a giudizio - sono sicuramente attendibili, come quello dei lavoratori e quello di un gruppo di cittadini, da cui abbiamo tratto elementi di guida per le nostre indagini, non sono stati da noi né delibati né fatti propri. Li abbiamo allegati comunque alla relazione della Commissione affinché Consiglio possa prenderne visione e rendersi esso stesso conto dell'effettiva delicatezza degli argomenti trattati.
Non avrei altro da aggiungere. Lascio la parola ai membri della Commissione che vorranno illustrare particolari aspetti della questione.
Devo dire che il monito che viene da questa Commissione è: che purtroppo sono stati commessi fino ad oggi, non solo a Bardonecchia, credo, ma anche in altre località, forse anche a Torino, numerosi abusi; che la coscienza urbanistica è ancora ai primordi, si sta sviluppando soltanto quest'oggi che purtroppo anche le regole dell'ecologia, dell'anti-inquinamento molte volte trovano gravi opposizioni, perché non sempre la cittadinanza stessa nel suo complesso è disposta ad accettare alcune restrizioni, per quanto siano adottate per il bene della collettività, per cui la responsabilità dell'amministratore pubblico molte volte comporta all'inizio impopolarità.
Però il nostro dovere ci impone questo comportamento, e noi dobbiamo coraggiosamente affrontare l'impopolarità pur di assolverlo.



PRESIDENTE

Chi chiede di parlare? Per ora ho iscritti i Consiglieri Besate e Rivalta. Ha facoltà di parlare il Consigliere Rivalta (al quale il Consigliere Besate, invitato a parlare per primo, lascia la precedenza)



RIVALTA Luigi

Parlo io prima di Besate perché ci siamo ripartiti il compito di esaminare il contenuto della relazione, e la parte da me trattata precede quella di cui si è occupato il mio compagno.
Voglio intanto rilevare alcune questioni in merito all'attività della Commissione. Il giudizio espresso da Dotti sulla positività del lavoro svolto dalla Commissione non mi pare possa essere unanimemente condiviso come non credo possa essere unanimemente condiviso il tono, direi dimesso quasi sotto voce, con cui il Presidente della Commissione ha voluto presentare le risultanze dell'indagine svolta.
Per prima cosa, mi sembra debba esser fatto rilevare il significato che assume il ritardo con cui questa Commissione presenta le proprie conclusioni al Consiglio Regionale. Non si tratta di sei mesi, Consigliere Dotti, che sarebbe già un periodo eccessivamente lungo, ma di dieci mesi: la Commissione, nominata il 9 febbraio di quest'anno, aveva l'impegno di esperire la propria indagine e di riferire al Consiglio entro tre mesi periodo che è stato poi prorogato di altri tre mesi; siamo giunti, per ulteriori tacite proroghe, a questa mattina, se non vado errato 7 dicembre '72; quindi mancano due giorni soltanto al completamento di dieci mesi dalla data di affidamento dell'incarico. E non trova nessuna giustificazione il fatto che, conclusisi i lavori della Commissione qualche mese fa - già nel mese di ottobre tutte le indagini erano state esperite e la bozza della relazione era stata approntata e tutti avevamo riconosciuto esauriti i compiti della Commissione - si siano lasciati cassare ancora due mesi prima di giungere alla consegna dell'elaborato e al dibattito in Consiglio Regionale. Non credo possa essere valida la giustificazione, che qualcuno ha voluto adombrare, consistente in un atteggiamento di cautela che bisognava avere nei confronti del problema di Bardonecchia in considerazione del fatto che il 26 novembre in quella città dovevano svolgersi le elezioni amministrative Non si capisce per quali ragioni si dovesse indugiare ad informare l'opinione pubblica circa le conclusioni cui era pervenuta la Commissione d'indagine. A mio avviso, proprio perch c'erano le elezioni amministrative comunali a Bardonecchia - che si svolgono al di fuori delle tornate normali a causa di un intermezzo di commissariato prefettizio causato dalla natura scorretta delle vicende amministrative, soprattutto quelle connesse all'attività edilizia urbanistica - si doveva rendere edotta sollecitamente la popolazione di quanto era stato oggettivamente assodato dalla Commissione, per dare così alla popolazione un ulteriore elemento per decidere ed operare le proprie scelte. Il fatto che non si sia presentato questo elaborato nei termini giusti può indurre a pensare che si sia temporeggiato per favorire qualche candidato alle elezioni. Ma se lo scopo era questo, l'obiettivo non è stato certo raggiunto, dal momento che la lista che ha avuto la maggioranza a Bardonecchia è proprio quella che aveva posto a base della propria campagna elettorale la battaglia contro le speculazioni edilizie, contro il malgoverno del passato, contro la struttura produttiva edilizia che si è instaurata a Bardonecchia, fondata sul racket, fatta di pressioni non lecite sul Comune, sull'Amministrazione Comunale, sui lavoratori, e sulle altre imprese, ai fini di speculare attraverso queste attività edilizie e di accrescere lo sfruttamento sul lavoro anche nel momento del lavoro o dell'occupazione nel cantiere. Ecco dunque un primo elemento di scorrettezza che va rilevato, connesso al ritardo con cui arriviamo oggi al dibattito in Consiglio Regionale.
Credo vada poi anche detto che la piena correttezza dei lavori di una Commissione dev'essere mantenuta fino al termine dei lavori, e il termine dei lavori di questa Commissione si ha oggi, con questa comunicazione in Consiglio e con il dibattito. Mi sembra doveroso osservare che non si attiene a questa regola quanto è accaduto: il breve dibattito che c'è stato nella riunione scorsa, aveva portato a conclusione ad a impegni che non sono stati mantenuti. In ciò rileviamo un altro elemento di scorrettezza: la documentazione sulla cui presentazione ci si era accordati all'unanimità non è stata poi trasmessa a tempo debito al Consiglio Regionale, ed è stata consegnata soltanto oggi, in una forma che sa di poliziesco, come materiale strettamente riservato ai Consiglieri. Ma si tratta di documenti che portano tutti, tra l'altro, in prima pagina, la firma degli enti che li hanno promossi e che sono di pubblico dominio poiché questi enti ne hanno dato comunicazione attraverso conferenze stampa, o li hanno trasmessi alla stampa nel passato. Anche questa cautela ci sembra veramente fuori luogo si richiama a principi di correttezza che peraltro non trovano riscontro nei comportamento del Presidente della Commissione. La Commissione aveva unanimamente deciso di dare a tutti i Consiglieri in allegato quegli atti che erano stati assunti come elementi di giudizio, e dai quali sono stati trasferiti nel testo della relazione quello che abbiamo ritenuto oggettivamente valido. A questa decisione non si è dato seguito.
Vorrei rilevare, a valle di questo, ancora un altro elemento di scorrettezza: se solo oggi la conclusione del lavoro della Commissione di indagine viene in dibattito nel Consiglio, non ci si spiega come mai nelle edizioni di sabato mattino "La Stampa", che sta diventando il centro di diffusione delle notizie della nostra Giunta, abbia pubblicato vari brani della relazione. Non ci adombriamo per i termini dell'informazione che anzi, credo vada sottolineato, hanno colto efficacemente alcuni aspetti sostanziali della relazione: ma parecchi di noi commissari sono rimasti vivamente sorpresi che sia venuta meno quella riservatezza che i commissari hanno avuto nel corso di tutto il periodo di lavoro della Commissione quella riservatezza che ha indotto tutte le parti politiche a non parlare di queste questioni, prima che se ne trattasse in Consiglio Regionale secondo la decisione presa di comune accordo (nessuno di noi personalmente ha strumentalizzato le risultanze dell'inchiesta, nonostante si potesse ritenere giusto, in relazione alle elezioni amministrative, dare un'informazione perché gli elettori potessero scegliere con maggior cognizione di causa). E' una questione di metodo e di comportamento. Ci si è richiamati molto spesso alla riservatezza, e la stessa relazione della Commissione, per ragioni di riservatezza, ha tralasciato una serie di elementi per cui non erano disponibili prove, anche se avevamo ragione di ritenere assolutamente fondati: non si vede perché questa riservatezza questa correttezza debbano essere ad un certo punto messi in non cale.
L'unica spiegazione che si possa trovare è che, dopo il breve dibattito di giovedì scorso, qualcuno abbia voluto cercar di sciogliere la tensione (una tensione che essi stessi avevano contribuito artificiosamente a creare voglio sottolinearlo), dando immediatamente a "La Stampa" l'informazione sulla relazione.
Detto questo, voglio passare ad alcuni elementi richiamati in buona misura nella relazione della Commissione, ma non sufficientemente sottolineati a mio avviso nella relazione del collega Dotti. E mi rifaccio essenzialmente a quelli che riguardano i problemi di carattere urbanistico e l'attività edilizia.
La situazione rilevata dalla Commissione in merito ai problemi edilizi urbanistici di Bardonecchia configura un quadro impressionante di carenze e di manchevolezze particolarmente gravi; carenze e manchevolezze alle quali si è giunti attraverso l'uso illecito fatto da parecchi amministratori delle normative e degli strumenti urbanistici vigenti a Bardenecchia.
La vicenda di Bardonecchia in rapporto agli strumenti urbanistici parte da molto lontano, dai primi anni Trenta (1934-'35, a quanto ci ha detto l'architetto Ognibene), ma trova una prima conclusione formale soltanto nel 1958. Il piano urbanistico di Bardonecchia non si può considerare sufficiente neanche alla luce di quel momento storico del livello culturale raggiunto in campo urbanistico nel '58: è uno strumento urbanistico che introduce norme estremamente permissive e neanche tanto chiare (un miscuglio di norme urbanistiche e di regolamento edilizio che non fissano limiti precisi o li fissano in termini ambigui). Dal punto di vista della struttura urbana non si è posto assolutamente il problema di una espansione edilizia (visto che si prevedeva che questa sarebbe certamente avvenuta) capace di rispettare gli elevati valori ambientali che contraddistinguono la conca di Bardonecchia; non si è prevista una strutturazione del tessuto urbano e del tessuto edilizio rispondente alle esigenze di vita degli abitanti stabili di Bardonecchia.
Queste norme urbanistiche sono state fissate nel 1958, quindici anni addietro; ma proprio collega Dotti, che ci ha dichiarato che vent'anni non sono poi gran cosa, in contraddizione con questa sua asserzione ha poi affermato che quindici anni fa la scienza urbanistica non aveva ancora espresso alcun elemento di valore, non aveva ancora individuato l'essenza dei problemi, che solo oggi vengono avanti. Voglio confutare questa tesi che nel giustificare l'operato di allora, tende evidentemente a giustificare gli errori in campo urbanistico commessi nel passato, non solo a Bardonecchia ma anche altrove, magari anche nel Comune di Torino, ove il collega Dotti era assessore. E mi richiamo al fatto che nella seconda parte degli anni Cinquanta è incominciato un larghissimo dibattito intorno alla legge urbanistica, è incominciata una rivendicazione estesa per una riforma urbanistica sostanziale. E' di quegli anni la formulazione di proposte di legge che nel campo urbanistico hanno avuto un significato, e lo hanno tuttora, ricordo le proposte di legge dell'on. Zaccagnini, dell'on. Sullo dell'on. Pieraccini, le proposte di legge che in quegli anni il mio partito è andato formulando sui temi dell'urbanistica. Quindi, non si tratta, come ha detto il collega Dotti, di rifarci, richiamandoci al 1958, ad un anno zero in fatto di cultura urbanistica, né ad un anno zero neppure per quanto concerne la rivendicazione della riforma e di un sociale atteggiamento nei confronti dei problemi urbanistici.
L'atteggiamento assunto dal collega Dotti tende soltanto a minimizzare le responsabilità che certi gruppi politici hanno nelle vicende amministrativo-urbanistiche della gran parte dei Comuni italiani, le responsabilità che un gruppo politico come la Democrazia Cristiana ha in generale nel frenare lo sviluppo della cultura e della tecnica in generale e all'interno di settori come quello dell'organizzazione urbana. Proprio attraverso questi strumenti urbanistici, nel Comune di Bardonecchia, nel periodo dal '53 al '70, sono stati costruiti qualcosa come un milione di metri cubi, ed è stata consentita la creazione di 20-25 mila posti letto disconoscendo e distruggendo i valori ambientali ed il paesaggio.
L'elemento caratterizzante di questa espansione urbanistica è poi, in fondo, la speculazione edilizia. Sul mercato edilizio di Bardonecchia gli alloggi vengono venduti intorno alle 300 mila lire al metro quadro qualcosa come dieci milioni ogni cento metri cubi di costruito; grosso modo, lo stesso valore unitario in base al quale, la Regione - adattandosi a favorire una grossa speculazione, come noi abbiamo denunciato a suo tempo in Consiglio - ha pagato per l'edificio di Piazza Castello. Questo non va a giustificazione dei prezzi pagati dalla Regione per Piazza Castello, ma vale piuttosto ad evidenziare i giochi, gli interessi di speculazione che si son venuti creando in una zona come quella di Bardonecchia, e quindi a spiegare qual è il corrispettivo di quel milione di metri cubi costruiti di quei 20-25 mila posti letto che in questi ultimi venti anni sono stati realizzati a Bardonecchia. Questo è il prezzo che la società, la nostra cultura, paga alla speculazione insieme alla distruzione di un ambiente come quello di Bardlonecchia. Tale speculazione, utilizzando le norme urbanistiche che abbiamo denunciato tutti come non chiare, come permissive ha agito così da rompere anche quei margini di vincolo che pur esistevano nelle norme. Le altezze indicate come massime sono state largamente superate, e la cosa non è di poco conto: in Bardonecchia quel regolamento edilizio prevedeva al massimo quattro piani, un'altezza che posta in termini così indiscriminati, senza l'intervento di piani particolareggiati già non poteva essere considerata valida; ma molti degli edifici che vi sono sorti - e l'abbiamo costatato in occasione del nostro sopralluogo superano questa misura e si arriva in alcuni casi fino agli otto-nove piani di altezza.



BESATE Piero

Evidentemente, i costruttori sanno contare solo fino a quattro; dopo tale numero per essi termina la serie di numeri naturali.



RIVALTA Luigi

Sanno contare quando speculano.
E la cosa non può essere giustificata, anche se ha come punto di partenza questa matrice, semplicemente con il fatto che le norme erano permissive e non erano del tutto chiare: perché quattro piani sono un dato preciso e non si può pensare che per il fatto che le norme in generale non sono del tutto chiare, che sono permissive, si possano far diventare otto o nove.
Nella relazione si fa riferimento a quattro casi di abusi edilizi; solo a quattro, perché quattro sono i condomini che abbiamo scelto come campione; ma non sono gli unici, essi sono indicativi di un comportamento che è diventato prassi comune a Bardonecchia. Alla situazione rilevata per essi sono riconducibili buona parte delle costruzioni che in questi vent'anni sono state erette; per lo meno quasi tutte quelle che sono state costruite prima del 1967 (momento in cui è intervenuta la legge ponte, che attraverso le sue disposizioni ha limitato la edificabilità su tutto il territorio nazionale fino all'approvazione dei piani particolareggiati o dei piani di lottizzazione).
Non può essere, come dicevo, fatta risalire la colpa di tutto, quindi alla confusione che ci può essere nella normativa originaria degli strumenti urbanistici di Bardonecchia, perché appunto otto piani sono un dato oggettivo. Ma anche in quei casi in cui non si sono fatti otto piani veri e propri ma si sono utilizzati i sottotetti, per ricavarvi altri due o tre piani mascherati, si è agito con la precisa volontà di andare al di là delle norme edilizie, e di non tener conto della normativa di Bardonecchia.
L'art. 140 del Regolamento, riportato nella relazione della Commissione, dice esplicitamente: "I sottotetti saranno di massima adibiti a ripostiglio"; il "di massima", certo, è un'indicazione che consente delle discrezioni, ma non si può non ammettere che se discrezionalità sono possibili queste devono costituire l'eccezione, per casi che siano chiaramente motivati; non può diventare la prassi, come è stato a Bardonecchia.
Lo stesso articolo, più avanti precisa che "eccezionalmente possono essere adibiti ad abitazione". In Bardonecchia, invece, la prassi è stata che tutti i sottotetti sono stati utilizzati per abitazione. In alcuni casi queste abitazioni sono state costruite su licenze edilizie; in altri casi sono state ricavate senza che la licenza edilizia le prevedesse e sono state convalidate successivamente come varianti. Qui si sono innestate altre grosse speculazioni, perché evidentemente l'impresario, una volta ottenuta con una variante la possibilità di adibire il sottotetto ad abitazione, ricavava un'altra aliquota di metri quadrati di abitazione da immettere sul mercato speculativo a prezzi che hanno seguito una spirale crescente che ha portato a quei valori che ho riferito. Quindi sostanzialmente un'altra bella fetta di speculazione, che si è aggiunta a quella originaria. Il che ha creato una serie di problemi all'interno dei condomini: abbiamo rilevato nella nostra indagine a Bardonecchia che una serie di azioni legali sono state avviate da condomini che avevano comprato un alloggio in abitazioni nelle quali il sottotetto doveva essere adibito a ripostiglio e che se lo sono poi trovato abitato; cosicché si è aperto un vero conflitto fra le persone compartecipi a questi condomini. Anche questo elemento serve a dare una idea del caos, della confusione che si è determinata a Bardonecchia; dei conflitti ingeneratisi e che hanno sempre visto - qui va detto con estrema chiarezza - le Amministrazioni comunali passive: dire passive è inesatto perché in realtà si tratta di un atteggiamento che di fatto ha favorito questo tipo di speculazione, questo tipo di illeciti. Tant'è che vari amministratori di Bardonecchia di questi anni sono stati sottoposti a inchieste: per qualcuno, il tutto si è risolto in nulla di fatto nonostante o dubbi emersi, per altri c'è l'azione giudiziaria in corso. Uno di questi amministratori, un certo signor Bosticco, che è stato sindaco di Bardonecchia, è sottoposto a giudizio (gli atti di questa trasmissione a giudizio sono allegati alla relazione); così pure il capo dell'Ufficio tecnico, geom. Jacob. Entrambi per aver operato attraverso l'Amministrazione comunale, per interessi privati nel campo del settore edilizio.
Ma non si può neanche addebitare soltanto a queste persone l'insieme degli illeciti che si sono commessi a Bardonecchia. Il quadro è assai più vasto, facilmente riconducibile ad una situazione che potremmo definire di mafia. La mafia non è soltanto chiaramente connessa ad alcuni aspetti manifesti, come quello del racket delle braccia: è un qualcosa che si presenta in modo diffuso; che ha investito appunto le Amministrazioni comunali, che ha investito, coscientemente o no, una serie di strutture del potere pubblico, determinando una miriade di situazioni in cui si riconoscono le conseguenze negative di un tale stato di fatto. L'opinione che, insieme alla maggior parte dei commissari (forse non tutti, però), mi sono fatto è che uno stato mafioso nei comune di Bardonecchia esiste, ed è esteso ai vari aspetti connessi allo sviluppo di Bardonecchia. E' una mafia che, come tutte le situazioni mafiose, si presenta in molti casi attraverso un velo impercettibile, o meglio percettibile solo per certe manifestazioni parziali non sempre collegabili tra di loro. Ma mi sembra che sia proprio questo un elemento caratterizzante le situazioni mafiose. Chi ritiene e sostiene che proprio questa impercettibilità è dimostrazione che non si è in presenza di una situazione mafiosa, di fatto non fa che contribuire a creare quel velo, quella situazione imponderabile all'interno della quale la mafia vive. Dobbiamo invece dire con estrema chiarezza, se vogliamo colpire queste situazioni, che gli elementi emersi, anche in maniera non sempre riconducibile in un unico quadro, mostrano caratteri di tipo mafioso, coinvolgendo una serie di personaggi (molto esplicite in questo senso sono state le organizzazioni sindacali, che hanno compiuto vere e proprie indagini, svolgendo un lavoro che è stato molto più ampio di quello della Commissione regionale). Questi personaggi, fra l'altro, sono noti per i legami con la rete mafiosa che ha le sue radici negli ambienti meridionali, e che si è trasferita qui proprio in relazione alle possibilità che offriva una situazione speculativa come quella di Bardonecchia: una situazione speculativa e di nuovo sviluppo, senza tessuti precostituiti sul piano dell'imprenditoria, quindi con la possibilità di inserirsi facilmente.
Tali personaggi hanno operato approfittando anche della possibilità di controllare in quell'ambiente estremamente ristretto, una serie di leve, di nodi di decisione e di potere, che hanno consentito loro di avere in mano l'insieme dei processi edilizi speculativi e produttivi.
Non voglio venir meno a quello che è stato l'impegno assunto: non fare nomi di persone che non siano già state sottoposte a giudizio. Perci rimando i Consiglieri alla lettura del documento presentato dal Sindacati documento che espone con estrema chiarezza ciò che si intende e a chi riferisce quando si parla di mafia nella zona di Bardonecchia. Richiamo qui il fatto che questa mafia è presente ed è stata presente, in forme anche nuove da un lato; e d'altro lato in forme che forse non siamo propensi a ritenere mafiose perché sono tipiche di quel tessuto di piccole corruzioni che aleggia normalmente nella vita amministrativa e che ritroviamo molto spesso attorno (ed è stata anche questa una delle considerazioni sulla base delle quali si tendeva nei dibattiti in Commissione, da parte di qualcuno a giustificare il fenomeno di malcostume riscontrato a Bardonecchia: in fondo certi fatti successi a Bardonecchia capitano qua e là intorno a noi sono cose che capitano, poi, in fondo, in una struttura sociale che non è ancora assestata, ed in una situazione in cui le Amministrazioni comunali per quanto concerne l'espansione urbana e l'attività edilizia devono procedere in base a leggi non più adeguate ai tempi nuovi). Ma concedere spazio e giustificazioni al tessuto di corruzione e di speculazione che abbiamo attorno, che non esiste certo solo a Bardonecchia, e che in certi casi opera anche attraverso amministratori comunali e operatori pubblici, è farci partecipi di quel tessuto e di quelle situazioni permissive attorno alle quali la mafia cresce.
Un insieme di piccoli illeciti e disattenzioni possono anche non configurarsi come interventi direttamente mafiosi, ma vengono a costituire substrato su cui si innesca l'intervento mafioso vero e proprio. Ciò vale per tutte le iniziative che non sono incisive sul piano del controllo all'interno dei cantieri, sul piano del collocamento, sul piano dell'esercizio dei controllo dell'attività edilizia da parte dell'Amministrazione Comunale. Pertanto, nel momento in cui ci poniamo il problema di colpire l'insorgere di situazioni mafiose dobbiamo andare a coglierlo sin dalle radici, vederne tutti gli aspetti, renderci conto che i tessuti mafiosi di tipo tradizionale trovano anche qui da noi la possibilità di inserirsi, di integrarsi, di svilupparsi proprio perché in molti casi i poteri pubblici, anche per limitatezze oggettive, oggi non si trovano in condizione di garantire una vita pubblica chiara ed efficiente.
Va poi precisato che non è che ci siamo stupiti della situazione irregolare rilevata a Bardonecchia anche se in quella località ci sono stati fenomeni di abusi edilizi in misura eccezionale dal punto di vista e quantitativo e della frequenza. Abbiamo riconosciuto che la carenza di normative urbanistiche, la carenza di normative edilizie, le difficoltà di intervento che hanno gli Ispettorati del Lavoro, gli Uffici di collocamento, non riguardano solo Bardonecchia e che quindi in una certa misura queste situazioni sono presenti anche altrove. Sono cioè una norma.
Non ci siamo stupiti, noi, consiglieri del Gruppo comunista, quando si è parlato dei racket delle braccia, poiché queste forme non sono specifiche solo di Bardonecchia. Certo, noi conoscevamo questo tipo di intermediazione della mano d'opera, la conoscevamo e la conosciamo presente nelle grandi industrie dell'area torinese: alla Fiat, ad esempio, che si è avvalsa addirittura dei centri del Movimento Sociale per reclutare la mano d'opera alla Michelin, come in una serie di altre fabbriche. Però, il fatto che non ci siamo stupiti non dev'essere confuso, come qualcuno ha voluto fare intendere con un riconoscimento che la situazione, tutto sommato, poiché è diffusa è abbastanza normale. No, a Bardonecchia c'è una situazione che pu essere presente anche altrove, ma che non è affatto accettabile e non solo perché lì esplode con sintomi più espliciti che altrove.
Dette queste cose che succintamente richiamano, per quanto riguarda gli aspetti urbanistici-edilizi, la situazione di Bardonecchia, sulla quale si è inserita una serie di processi mafiosi nel campo della produzione edilizia, lasciando al collega Besate di intervenire in modo specifico per quello che riguarda i problemi del lavoro, vorrei concludere sottolineando i compiti che la Regione ha e che la Regione deve svolgere; compiti d'intervento immediato che riguardano Bardonecchia, ma che, proprio per le ragioni che ho detto, devono riguardare l'intero territorio, non soltanto i punti in cui le degenerazioni esplodono in forma più virulenta.
Anzitutto, per Bardonecchia si pone problema di una utilizzazione turistica di massa, dando a questa espressione un significato non solamente quantitativo ma qualitativo. Bardonecchia è certamente già sottoposta ad un uso turistico di questo tipo: i 20-25 mila posti letto che vengono denunciati dicono che vi è già un turismo che ha dimensioni quantitative di massa. Ma io mi riferisco ad un concetto di massa dal punto di vista qualitativo, auspico un turismo di massa che si rivolga alla generalità della popolazione, che consista nella possibilità aperta a tutti gli strati sociali di fruire delle condizioni ambientali favorevoli ad attività ricreative, ad attività di rigenerazione psico-fisica, ad attività turistiche. Sotto questo profilo dobbiamo denunciare che a Bardonecchia non confluisce un turismo di massa inteso in questo senso bensì un turismo che ha assunto dimensioni estese ma che interessa solo quegli strati sociali che possono permettersi di pagare le 300 mila lire il metro quadrato di superficie di abitazione. E' necessario dare al turismo una funzione sociale. Anche le tipologie d'uso che devono essere introdotte devono essere diverse: deve esservi una tipologia, una struttura turistica che consenta una fruizione estesa a tutti gli strati sociali. C'è qui tutto un problema da affrontare, che richiede impegni diretti in questo senso della Regione.
Sottolineo qui il fatto che a Bardonecchia, mentre si sono creati 20-25 mila posti-letto turistici, e tutti in condomini, si stanno chiudendo gli alberghi, cioè le strutture tradizionali del turismo collettivo.
Certamente, non sono quelle le strutture che possono favorire un turismo esteso alle classi sociali meno abbienti, ma anche ciò è significativo delle tendenze di trasformazione della struttura turistica in atto a Bardonecchia. Sotto questo profilo, occorre precisare impegni di intervento perché l'uso turistico di zone come quella di Bardonecchia non sia privilegio di chi ha la possibilità di pagare 300.000 lire il metro quadro di abitazione, o di pagare affitti evidentemente correlati a questi costi.
Qui la Regione ha alcune possibilità di intervento, d'intesa evidentemente, con i Comuni. Faccio riferimento alla legge 865, quella legge che da più parti si vorrebbe affossare per eliminare alcuni aspetti che sono invece positivi, e vanno utilizzati proficuamente. All'art. 27 vi si legge che i Comuni possono predisporre piani di aree, espropriabili attraverso la legge 865, da destinare ad attività produttive, e fra queste comprese e citate nella dizione di legge, quelle di carattere turistico.
Quindi, quella grossa fetta di speculazione di rendita fondiaria che è contenuta nei prezzi che io ho citato può essere tolta di mezzo, e pu essere avviata un'attività turistica che abbia come caratteristica quella di rivolgersi a tutti gli strati sociali, non solo a quelli più abbienti.
Occorre, dunque, un impegno preciso di iniziativa, di promozione della Regione esteso a tutte le zone turistiche, perché ci si muova in questa direzione e non si consenta più che l'utilizzo dei patrimoni ambientali turistici continui ad avvenire secondo gli interessi e le speculazioni con cui è avvenuto nel passato. Impegno quindi, preciso ed immediato, che pu essere promosso dalla Regione, e che toglie sul nascere la possibilità di malgoverno e di illeciti.
A fianco di questo problema c'è quello dell'utilizzo turistico e del rispetto dell'ambiente, cui non si è badato assolutamente nel passato. Per competenza, ove non operino Comuni deve oggi essere imposto dalla Regione: la Regione infatti ha competenza in materia turistica, in materia di agricoltura e di foreste, in materia urbanistica; ha, quindi, tutti gli strumenti per intervenire a controllare l'utilizzo delle zone turistiche impedendo che questo utilizzo provochi una distruzione dell'ambiente, una distruzione delle stesse condizioni che devono essere alla base della fruizione turistica. Sotto questo profilo, quindi, è necessario impedire che piani regolatori e normative edilizie possano operare quando presentano le caratteristiche di carenza e manchevolezza del vecchio piano regolatore di Bardonecchia.
Sappiamo che la situazione che abbiamo rilevato a Bardonecchia non si limita a questo Comune, poiché altri presentano, come risultato dello sviluppo edilizio, le stesse configurazioni negative: basta richiamare alla mente gli scempi compiuti in una serie di comuni della nostra stessa provincia di Torino per renderci conto che la situazione normativa di Bardonecchia è certamente ripetuta in altri Comuni.
Di questi giorni è la notizia di iniziative urbanistiche che interessano la Valle del Chisone, le Valli del Cuneese, e che promuovono grossi sfruttamenti turistici. Anche qui dobbiamo intervenire facendo sì che l'esperienza negativa di Bardonecchia valga non solo per recuperare il recuperabile a Bardonecchia, ma serva di base per programmare una presenza della Regione nel campo dell'utilizzo turistico delle zone della Regione.
Mi riallaccio qui, tra l'altro, al fatto che la Provincia di Torino, un paio d'anni fa - ne era presidente proprio l'attuale presidente del Consiglio regionale, avv. Oberto - aveva elaborato un piano di sfruttamento turistico della provincia di Torino, in cui erano stati fissati alcuni criteri, perché lo sfruttamento turistico potesse avvenire e potesse estendersi in modo equilibrato su tutto il territorio provinciale e nel rispetto dei valori ambientali e nel rispetto dell'esigenza di costituire condizioni di vita confacenti alla funzione turistica. In quel piano, per quanto concerne Bardonecchia era indicato come tale Comune aveva già superato le soglie limite di espansione. Il giudizio era tratto in base al rapporto fra numero di turisti ed aree facilmente agibili, e quindi non scoscese, ancora disponibili intorno agli insediamenti turistici. Tale rapporto per essere ritenuto equo dev'essere più alto di quello che si richiede per i parchi interni alle città, trattandosi di una popolazione che trascorre le vacanze e che quindi dispone dell'intera giornata per svolgere attività ricreativa all'aperto (in città il tempo che un individuo può trascorrere in un parco nel corso di una giornata è limitato ad alcune ore, mentre nelle zone turistiche interessa l'intera giornata). Non è concepibile che una zona turistica abbia zone a parco facilmente agibili in misura inferiore alla città. In questo piano turistico provinciale era indicato chiaramente che a Bardonecchia alcune soglie erano già state superate, per cui si diceva che con molta cautela bisognava prevedere gli ulteriori sviluppi della zona. In quel piano sono individuate invece altre zone della provincia di Torino nelle quali quelle qualità ambientali e quelle condizioni di facile agibilità di terreni - e quindi di terreni che possano configurarsi come parchi naturali, accessibili alle persone anziane, bambini, che rappresentano la percentuale più consistente di popolazione maggiore nei centri turistici - sono ancora disponibili; per cui eventuali espansioni turistiche dovrebbero essere indirizzate in quelle località.
Ecco dunque una serie di problemi che investono la responsabilità della Regione. La loro soluzione, allo stato attuale della legislazione dev'essere inquadrata all'interno di un piano territoriale di coordinamento, che è lo strumento di cui oggi disponiamo. Con esso è possibile intervenire per regolarizzare, e coordinare spazialmente tutto lo sviluppo economico sociale, in tutti i vari aspetti e quindi anche quelli turistici, l'area ecologica di Torino, per rifarci ad una delimitazione che è coerente con la politica di piano e di programmazione più di quanto non lo sia la delimitazione provinciale, dovrebbe essere pianificata attraverso un piano territoriale di coordinamento.
Ecco, quindi, una serie di impegni da assumere con immediatezza e senza lasciar passare altri mesi, altri anni: attività promozionale per una piena applicazione della legge sulla casa per quello che riguarda l'art. 27 realizzazione di strutture nel settore turistico rispondenti alla domanda di massa; l'applicazione del piano territoriale esteso a tutta l'area ecologica. Solo attraverso questi strumenti la Regione può intervenire coordinare, e controllare lo sviluppo turistico.
Da ultimo, a lato di questi riferimenti portanti per una politica regionale, dobbiamo richiamare la responsabilità che la Regione ha in quella che il Presidente della Giunta la volta scorsa ha definito come seconda battuta nell'approvazione dei piani regolatori e di tutti gli strumenti urbanistici. Se in generale l'attuazione dei piani regolatori deve attraverso piani esecutivi - la stessa legge urbanistica del '42 era informata a questi principi -, è chiaro che in quei punti, in quelle località, come Bardonecchia ed altre zone turistiche, dove esistono valori ambientali, o interessi economici, o intensità dello sviluppo edilizio, non si possono concedere deroghe nell'applicazione corretta di questo principio: in quei luoghi occorrono i piani particolareggiati, o comunque piani esecutivi. A monte di questo, trattandosi oggi, per la Regione, di approvare anche il piano regolatore di Bardonecchia, il piano promosso dal commissario prefettizio, esiste una possibilità immediata di controllo. Il piano regolatore deve essere valutato attentamente per assicurarci che le sue indicazioni e la sua normativa siano tali da salvaguardare le caratteristiche ambientali della zona. Inoltre per quanto la dimensione riguarda in generale l'entità dello sviluppo è necessario individuare i limiti oltre i quali non è possibile pensare che lo sviluppo avvenga, anche se controllato attraverso i piani esecutivi, senza provocare irreparabili danni all'assetto generale della zona. La concentrazione di popolazione turistica non può essere illimitata in una zona: ci sono soglie che vanno definite. A questo deve prestate estrema attenzione la Regione al momento di esaminare ed approvare il piano regolatore di Bardonecchia.
L'impressione che ho avuto quando siamo stati a Bardonecchia, per esaminare il Piano regolatore, è che esso consenta ancora troppo larghi margini di sviluppo. In generale, credo debba essere prestata attenzione perché attraverso questi strumenti di carattere urbanistico (mi rifaccio a questi, io) si riesca ad esercitare il controllo da parte della Regione realizzando le condizioni per evitare l'insorgere, l'insediarsi l'intricarsi di tutta una rete piccola o grande, di speculazioni ed illeciti, su cui si insediano i rapporti mafiosi che abbiamo rilevato nella situazione di Bardonecchia. E la cosa è urgente, perché per la Valle di Susa si sta parlando di grosse trasformazioni: è prevista la costruzione di infrastrutture varie che daranno impulso allo sfruttamento turistico. Non mi esprimo qui nel merito della validità di questi problemi, ma penso che comunque debba essere posta attenzione da parte nostra al grosso gioco interessi che si stanno instaurando in questa valle; interessi turistici che fanno capo alla Fiat, per tutta una serie di aree che la Fiat possiede ma che fanno capo anche ad una serie di altri operatori, come già abbiamo avuto modo di discutere in questa sede.
Già avevamo rilevato, al momento di presentare l'interrogazione sulla STEF, l'esigenza di una attenzione particolare per tutto quanto avverrà nella Valle di Susa. Avevamo allora chiesto che le persone che hanno responsabilità pubbliche non assumessero la funzione di operatore privato.
Questo perché nel quadro delle operazioni che si prevedono nella Valle di Susa se non si interviene con estrema chiarezza, senza commistioni di poteri, con estrema rigidità di controlli, con interventi di piano, i casi di degenerazione amministrativa nel settore della produzione edilizia, e del collocamento della mano d'opera, si infittiranno e potranno coinvolgere personaggi, istituti pubblici anche di maggiore responsabilità di quelli che sono stati coinvolti nel passato. Si alimenterà il substrato su cui si innescano le trame mafiose



PRESIDENTE

Consigliere Besate, consente a che, per alternare le voci, dia la parola prima che a lei al Consigliere Conti?



BESATE Piero

Senz'altro.



CONTI Domenico

Signor Presidente, signori Consiglieri, il compito della Commissione è stato, com'era prevedibile, abbastanza difficile, soprattutto per quello che riguardava i problemi relativi al lavoro, all'occupazione, al cosiddetto "racket delle braccia".
Inizialmente, quando si è costituita la Commissione, siccome l'orientamento era prevalentemente di dedicarsi soprattutto a questo tipo di problemi, non avevo nascosto le mie perplessità, soprattutto perché la Commissione non è dotata dei poteri di intervento che può avere, per esempio, l'Ispettorato del Lavoro, o di compiti che spettano alla Magistratura vera e propria. Allargato il campo d'indagine della Commissione, si è potuto operare anche nel settore urbanistico e dell'edilizia, con risultati più specifici, più caratteristici, più pertinenti.
Debbo tuttavia riconoscere che anche il lavoro svolto dalla Commissione in materia di problemi del lavoro ha una sua importanza, un suo rilievo.
Intanto, è stato possibile porre l'attenzione alla serie di denunce, da parte dell'Ispettorato del Lavoro, e di condanne, da parte della Magistratura, per fatti di intermediazione che si sono potuti accertare (non riferisco i dati perché sono contenuti nella relazione). Se si pone mente alle difficoltà che lo stesso Ispettorato ha incontrato nel fare i suoi sopralluoghi al fine di determinare la consistenza di questi fatti di intermediazione, i dati che sono consegnati nel rapporto della Commissione sono altamente significativi: si tratta di un fenomeno di intermediazione direi, massiccio, generalizzato, favorito dal fatto della legge vigente che in materia, per esempio, di subappalto non richiede quelle garanzie che si dovrebbero richiedere come ditta alle imprese cosiddette subappaltatrici, favorendo perciò, sotto questo aspetto, tutto il fenomeno dell'intermediazione. Ritengo che quanto è stato possibile rilevare dalla Commissione in materia di violazione sulle leggi del lavoro debba essere considerato attentamente, anche perché la situazione di Bardonecchia va un po' assunta come situazione significativa, direi emblematica, di quanto avviene nel settore dell'edilizia.
Le attuali leggi sul lavoro colpiscono l'intermediazione - basti pensare allo statuto dei lavoratori - con l'intento di inibire tutto ci che facilmente si connette a tale pratica: la discriminazione, rispetto ai lavoratori, non motivata; la intimidazione, rispetto ai lavoratori ancora le estorsioni, che possono esercitarsi nei confronti dei lavoratori costretti a pagare delle tangenti per poter avere il lavoro, e nei confronti delle ditte che vogliono avere una determinata mano d'opera; le violenze che si accompagnano in ogni caso, almeno con molta facilità a tutte queste illegalità, a questi crimini. Ci troviamo cioè di fronte ad una legislazione garantista, che in qualche modo vorrebbe tutelare il lavoratore impedendo l'intermediazione, ma non a legislazioni sociali, a provvedimenti organizzativi adeguati a dare consistenza, a dare forza, a dare operatività alla legge. Difatti, rimane, nonostante la legge garantista che impedisce la intermediazione, la necessità di favorire, di indirizzare e di coordinare l'incontro fra la domanda di lavoro e l'offerta di lavoro; rimane l'esigenza di conseguire quella che, con termine tecnico si può definire la compensazione fra la domanda di lavoro e l'offerta di lavoro. Occorre, cioè, un tramite valido, attivo tra chi vuol operare, e intraprende e realizza una azienda, e chi vuol offrire la propria prestazione in cerca di una occupazione e di una giusta remunerazione. Se noi guardiamo a come il collocamento è attuato in Italia, ci rendiamo conto della sua assoluta inadeguatezza rispetto a questo incontro e a questa compensazione fra domanda e offerta.
Tutti noi conosciamo come il collocamento, come anche detto nella relazione, si verifichi come un atto burocratico di rilascio di nulla osta ma in merito a questo incontro, a questa compensazione non fa assolutamente nulla, anzi, direi, è negativo, e per i ritardi burocratici, relativi al rilascio del nulla osta, e per la intempestività, per la insignificanza di questo intervento fra il datore di lavoro e il lavoratore, con nessun carattere di orientamento, nessun carattere di agevolazione, sia per la domanda di lavoro sia per l'offerta di lavoro.
Ora rimane, ripeto, il fatto che domanda e offerta di lavoro debbono potersi riconoscere vicendevolmente e tempestivamente, l'azienda per fare i suoi programmi e il lavoratore per intraprendere quanto relativo all'attuazione dei propri.
Va da sé che in questo ordine di cose l'incontro fra la domanda e l'offerta di lavoro facilmente si verifica in termini di illegalità soprattutto per quei settori, come quello dell'edilizia, la cui occupazione ha spesse volte carattere stagionale.
Così, non certo voluta dalla legge, ma favorita dalle sue carenze e dalla sua mancata strumentazione per renderla effettivamente operante abbiamo largamente diffusa l'illegalità e facilitato il crimine, il quale si connette con molta facilità con questa illegalità, crimine tanto più grave se si tiene conto che si avvale dell'esigenza di trovare un'occupazione Noi abbiamo visto dei lavoratori trasferitisi per un certo numero di mesi in una località distante dai luoghi di provenienza, che non riescono a realizzare alcuna forma di rapporto valido con la comunità civica che li accoglie, vivono come in ghetti, sono appartati, con l'assillo che trascorra il tempo per raggranellare quel tanto che permetterà loro di tornare alle proprie famiglie e di affrontare i periodi in cui non trovano lavoro. Quindi incomunicabilità, disorientamento, da una parte i lavoratori, dall'altra la comunità che li ospita, sfiducia nelle leggi e nell'azione dei pubblici poteri, compromissione di ogni genere perché a lavorare bisogna andare, o comunque bisogna avere la manodopera che necessita per l'azienda, quindi paura sempre più dilagante, omertà non soltanto suggerita dalla paura di rappresaglie, ma che alla fine si giustifica con il fatto che bisogna lavorare per riuscire a guadagnare quanto basta per sé e per la famiglia, che è la forma più grave di omertà che possa realizzarsi.
Quindi abbiamo ancora potuto constatare in tutta la sua gravità la carenza della legge, dell'azione pubblica, la carenza di funzionamento dell'organizzazione burocratica dello Stato in materia di servizi, per ottenere un'effettiva applicazione delle leggi del lavoro e la tutela del lavoratore.
La Commissione ha potuto anche rilevare, sempre dai dati delle denunce la gravità della carenza delle leggi, in materia antinfortunistica, le sanzioni previste sono irrisorie, la legge a tutela della vita dell'integrità fisica, della salute dei lavoratori è praticamente inoperante, si può addirittura arrivare al caso in cui una violazione di legge può essere comunicata dalla stessa azienda che la pratica, corredata magari da un assegno per versare l'importo anticipato di quanto la legge prevede come sanzione pecuniaria. Si può arrivare a questo limite con le leggi vigenti. E questo è particolarmente grave se si tiene conto che viene pagato con la vita, con l'invalidità, con le menomazioni rispetto all'integrità fisica e con tutte le conseguenze che questi fatti gravissimi producono non soltanto sul piano personale, ma familiare e sociale. Perci mi pare necessario leggere convenientemente il rapporto della Commissione rapporto che ha dovuto assumere una struttura stringata essenziale preoccupata soprattutto di indicare provvedimenti da attuare per rimediare ai gravi difetti riscontrati sia in materia di urbanistica che in materia di lavoro; è anche un documento di accordo di Commissione, necessario per dargli peso, per dargli forza, perché qualora fossimo venuti ad una divisione, avremmo introdotto un elemento di disturbo, di disorientamento rispetto alla meditazione, alla riflessione che la popolazione e soprattutto gli organi responsabili devono fare su quanto avviene a Bardonecchia e un po' in tutta Italia.
Quindi è necessario che il Ministero del Lavoro continui l'opera che in qualche modo aveva già incominciato ad intraprendere in merito alla revisione della legislazione sul collocamento, della strutturazione dei servizi di collocamento, della funzione di collocamento, in modo che diventi veramente un fattore attivo per la politica del lavoro, come ho già avuto occasione di dire in altri interventi.
So che era stato preparato un progetto di ristrutturazione del Ministero del Lavoro dove questo problema aveva assunto tutta la sua evidenza, tutta la sua importanza, però è urgente sollecitare la riforma del collocamento e rivedere tutto ciò che riguarda i servizi sociali che hanno attinenza al collocamento: l'alloggiamento, i trasferimenti, il primo inserimento nella comunità di arrivo, l'assistenza alle famiglie che sono rimaste nei luoghi d'origine.
Parimenti è necessario rivedere tutto ciò che si connette alla sicurezza sul lavoro, alla tutela della salute sul lavoro. L'opera della Regione, anche se in materia di collocamento e di legislazione di lavoro non ha diretta competenza. Rendiamoci conto che per ottenere il passaggio da uno stato semplicemente garantista ad uno stato sociale, è necessario riallacciare i rapporti sui problemi essenziali della società a tutti i livelli e non soltanto ai massimi livelli del pubblico potere.
L'avere troppo confidato o esclusivamente confidato in leggi di garanzia per quello che riguarda il lavoro, senza essersi poi preoccupati di tutto il resto, ha favorito la caduta di tensione e di attenzione da parte dei corpi locali; è necessario rinforcarla questa attenzione e questa tensione. L'opera della Regione in questo caso è essenziale, per esempio attraverso incontri periodici (anche se di carattere informale) con tutti gli operatori direttamente interessati ai problemi del lavoro, compresi i rappresentanti degli organi periferici del Ministero del Lavoro, sia uffici regionali e provinciali, sia Ispettorati provinciali e regionali organizzazioni sociali e padronali. E' assolutamente essenziale questo incontro, questo dibattito, questo approfondimento, l'accordo che ne pu scaturire può essere tale da esercitare una mentalità nuova, degli interventi puntuali anche da parte dei pubblici poteri. Mi sembra che si possa avere fiducia in questo tipo di azione e che si debba convenientemente organizzarlo e perseguirlo con carattere di continuità confidando nei suoi risultati.
Concludo affermando che il rapporto della Commissione, benché scarno contenuto nelle espressioni di denuncia, contenuto nello sviluppare le implicanze che i fatti riscontrati sia in campo urbanistico che in campo del lavoro hanno, va interpretato con una larga sensibilità umana, sociale e politica. Secondo me anche se così scarno e forse un, po' freddo, un po' burocratico, il rapporto contiene degli elementi di riflessione estremamente utili ed importanti, si offre alla riflessione di tutti coloro che hanno a cuore la cosa pubblica per capire sempre più e sempre meglio quanto è stato indicato come soluzione per intervenire a correggere i mali riscontrati.
E' necessario fare questa lettura e naturalmente i Consiglieri regionali non mancheranno di farla con la loro viva sensibilità politica.
Soltanto una lettura fatta in questo modo potrà permetterci di conseguire tutti insieme (non solo il Consiglio Regionale, ma la comunità regionale) la dimensione esatta della gravità dei fatti riscontrati e dei pericoli che incombono. Guai a noi se questi fenomeni dovessero generalizzarsi connettendosi con tutte le violenze e le sopraffazioni che lo sfruttamento del lavoro porta fatalmente con sé; guai a noi se nella nostra Regione dovessimo affidare poco per volta a queste forze oscure che operano nel campo dello sfruttamento, tutto il mondo del lavoro, con tutte le implicanze di corruzione, di degenerazione di un costume civico, di frustrazione che questi fenomeni non convenientemente affrontati e non convenientemente repressi e superati da una dinamica nuova sociale politica che comportano.
Ecco, quindi, la necessità di operare rigorosamente e di far valere presso i poteri centrali, con una conveniente illustrazione, il rapporto della Commissione affinché si intervenga con tempestività e con efficacia allo scopo di risparmiare alla nostra Regione e non soltanto alla nostra Regione un'epoca oscura di involuzione sociale, di involuzione politica.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Besate, ne ha facoltà.



BESATE Piero

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, io condivido appieno le valutazioni fatte dal collega Rivalta circa il modo di procedere della Commissione e non tolgo nulla a quanto egli ha detto, ma mi pare doveroso toccare un tema che è rimasto un po' in ombra.
E' vero, la Commissione ha dei limiti che derivano dai limiti di potere che le Regioni hanno in fatto di polizia giudiziaria o criminale, perch così vuole la Costituzione. Quindi chi si attendeva conclusioni esplosive clamorose, chi si aspettava di mettere le manette a qualcuno può darsi rimanga deluso, ma la Regione è un organo costituzionale, legislativo amministrativo, politico e non ha limiti specialmente in materia di urbanistica, di lavori pubblici, di comunità montane, di turismo, cioè in materia di problemi che nella situazione concreta di Bardonecchia e non soltanto di Bardonecchia sono presenti in modo larghissimo e fondamentale decisivo e condizionante.
Per quanto riguarda invece limiti di polizia si è potuto rilevare come la Commissione si sia scontrata contro quei silenzi, contro quella non collaborazione non soltanto di privati ma anche di organi pubblici, che lascia alquanto perplessi e sconcertati; questi sono gli elementi tipici delle situazioni mafiose, elementi che si riscontrano non soltanto nel caso di Bardonecchia, ma che sono ripetutamente richiamati e presenti nei casi di situazioni mafiose (vedasi la Sicilia, la Francia, l'America latina o gli Stati Uniti); in proposito non c'è soltanto un'ampia letteratura e una produzione filmica molto popolare, ma ci sono documenti ufficiali noti a tutto il mondo che mettono in rilievo queste caratteristiche.
Sul piano politico e amministrativo invece e anche sul piano morale la Regione ha notevoli possibilità di intervento e credo vada sottolineato come l'attività della Commissione di indagine, per il fatto stesso di esistere, di operare e di intervenire, abbia introdotto un elemento nuovo dialettico, politico, amministrativo e anche morale di freno, comunque di richiamo dell'attenzione dell'opinione pubblica intorno al problema delle attività mafiose nel Piemonte che sicuramente non può non avere effetti positivi.
Più in generale occorre sottolineare come le proposte conclusive della Commissione indagine sulla situazione di Bardonecchia e della Valle di Susa, come del resto - mi sia permesso di richiamarlo qui - le conclusioni della Commissione stessa sulla situazione di Crescentino, partendo dal particolare siano giunte a delle proposte di validità generale per la politica della Regione. Noi crediamo che se l'Assessorato all'industria l'Assessorato alla programmazione, l'Assessorato che si interessa alla politica del territorio e le relative Commissioni che si interessano a questi problemi pensassero che le conclusioni cui le Commissioni sono giunte siano puramente e semplicemente da passare agli atti della Regione commetterebbero, anche agli effetti della politica di piano, un gravissimo errore, perché non si tratta di valutazioni generiche (sempre valide in ogni caso) ma di indicazioni di carattere generale che traggono lo spunto dai casi particolari della vita viva del Piemonte, così a Crescentino come a Bardonecchia, e si qualificano come proposizioni le quali incidono direttamente sulla situazione specifica del Piemonte con una loro validità generale. Mentre quindi la conclusione è limitata in rapporto ai fenomeni criminosi, come già rilevato da chi è intervenuto, è positiva agli effetti dell'azione politica e amministrativa della Regione che mi pare sia quella che più conta, perché nel prossimo futuro elimineremo, per quanto possibile, le condizioni oggettive e soggettive che possono dare luogo al ripetersi, al propagarsi e al consolidarsi dei fenomeni mafiosi, della speculazione mafiosa, per quanto concerne le linee della politica di piano e anche di intervento immediato.
In primo luogo ritengo di dovere esprimere un riconoscimento al ruolo che hanno svolto i sindacati in rapporto alla specifica situazione mafiosa e del racket nel settore edilizio in Bardonecchia e nella Valle di Susa con ogni probabilità, senza la loro coraggiosa azione questa situazione non sarebbe stata posta all'attenzione degli organi pubblici, come invece è avvenuto. Se la Commissione parlamentare antimafia si è interessata ed ha espresso dei giudizi, se la Regione e gli organi di stampa si sono interessati, gran parte del merito va ai sindacati, ma credo vada riconosciuto anche il ruolo che hanno avuto i giornalisti, per taluni dei quali non senza inconvenienti negli scontri con mafiosi.
Non si è arrivati certamente al caso recente della Sicilia, ma credo che se non si avrà un'attenzione continua, permanente, sul propagarsi di questi fenomeni, potremmo trovarci dinanzi a situazioni, a strutture che metterebbero a ben dura prova la vita pubblica politica e delle istituzioni democratiche del Piemonte e non solo del Piemonte.
Si è già fatta una discussione nel nostro Consiglio sulla questione della libertà di stampa, sul pericolo di chiusura delle testate, sulla politica di grosse potenze finanziarie verso la concentrazione delle testate; credo che riferito al caso di Bardonecchia questo problema assuma ancora una volta (mi sia concesso di sottolinearlo) una rilevanza notevole non solo ai fini di una pluralità di informazione, ma di una vita democratica che sia fondata sulla libertà di espressione e di informazione.
Infine va ricordato che contro il propagarsi della mafia e della speculazione edilizia a Bardonecchia molti cittadini hanno svolto coraggiosamente un ruolo importante, malgrado i pericoli, anche personali ai quali potevano andare incontro. Comunque i risultati delle recenti elezioni del 6 novembre, come ha già rilevato Rivalta, hanno in certo qual modo premiato l'attività di questi cittadini, dimostrando nello stesso tempo come le popolazioni di Bardonecchia e di altri centri del Piemonte quando si dà loro la possibilità di potersi esprimere, hanno un forte senso della giustizia, della democrazia che li porta a scegliere, al di là di considerazioni puramente e strettamente di parte, quei personaggi e quelle forze che hanno combattuto e combattono lotte giuste. Se è vero, come è vero, quanto ha detto il collega Dotti, che qualcuno sta già pensando ad ampliare il piano, a portarlo ad una densità edilizia uniforme e di maggior livello, dobbiamo dire a queste forze - proprio perché le situazioni mafiose, compromesse, possono sempre trovare una rispondenza là dove non te l'aspetti - che le aspettiamo alla prova, che non vadano a qualificarsi come nuovi gruppi di potere in sostituzione dei vecchi, quasi che la lotta condotta giustamente e correttamente sul piano della moralizzazione della vita pubblica in quel centro, non fosse che un pretesto per sostituire un gruppo di potere ad un altro. La Regione nell'esercizio dei suoi poteri in materia urbanistica, di turismo, di montagna ecc., deve vigilare al massimo a Bardonecchia come altrove affinché questi fenomeni non si perpetuino, non si allarghino e non mettano piede ulteriormente.
Io desidero però entrare nel merito dell'argomento più specifico del mio intervento: al racket della manodopera. Quando si parla di racket della manodopera si parla di un fenomeno ben preciso. Una violazione del collocamento e l'intermediazione non sono ancora racket. La violazione del collocamento è un fatto gravissimo che per il modo come è strutturato il collocamento fa parte del panorama della vita italiana e può avvenire per clientelismo, per beneficenza, per discriminazione politica, ma non siamo ancora in presenza di un fenomeno con caratteristiche criminose come viene configurato dal codice penale. In molte province noi abbiamo denunciato la mafia della manodopera quando certi tipi di pseudo-sindacati si sono posti per conto del padrone a scegliere i lavoratori senza sottostare alle priorità previste dal collocamento.
L'intermediazione invece è già una lurida attività che ha contemporaneamente al centro l'imprenditore, il padrone, e dall'altra individui che lucrano sul salario del lavoratore, sul bisogno di lavoro trovandogli il posto e facendosi pagare una tangente una tantum al momento del collocamento, oppure continuativamente al momento della percezione della busta paga; però chi ne trae beneficio è sempre l'imprenditore il quale da queste pseudo-imprese riceve un servizio a più basso costo che lo mette in condizione di lucrare molto di più nella realizzazione della costruzione o dell'incarico che gli è stato affidato. Questo vale per l'edilizia ma anche per grandi aziende come la Fiat, la Montedison che svolgono lavorazioni che invece dovrebbero essere affidate direttamente a dipendenti trattandosi di lavori permanenti, non temporanei (non come la costruzione e la posa di macchine e poi l'impresa se ne va) come le manutenzioni che vengono affidate alle imprese interne alle aziende le quali si procurano manodopera che non pagano secondo i contratti o affibbiano ai lavoratori qualifiche inferiori a quelle spettanti rispetto alle mansioni che svolgono.
Ma violazione del collocamento e intermediazione, per quanto da condannare, da perseguire, da stroncare, non sono ancora il racket delle braccia, il quale non ha solo questi scopi che presuppognono la violazione del collocamento e l'intermediazione, ma si propone lo sfruttamento della manodopera e anche di settori produttivi; questa volta si rivolge anche verso le imprese e i padroni, ricorrendo al crimine se necessario spinto fino all'assassinio, ma quotidianamente condotto con l'intimidazione, le minacce, i danneggiamenti, (le rotture di vasche da bagno si contano a centinaia) verso le imprese che non sottostanno all'assunzione della manodopera del racket, che vogliono sottrarsi all'imposizione del racket come è avvenuto a Bardonecchia. Non faccio i nomi delle imprese per non obbligare il Consiglio a passare in seduta segreta, tuttavia credo che non interessi tanto il nome quanto i fatti che sono avvenuti, che sono di tipica marca mafiosa. Si tratta di una delle organizzazioni criminali più temibili e più pericolose per il cittadino, non solo per la società e per le istituzioni democratiche. La mafia poi ha sempre degli addentellati politici, non è che la Commissione sia andata ad accertarlo direttamente ma dai rapporti della Commissione antimafia degli Stati Uniti, dell'America latina, della Francia, della Sicilia si sa che costantemente ci sono questi addentellati politici; e quando si tratta di Bardonecchia occorre stare attenti. Rivalta ha ricordato il futuro traforo del Frejus, l'autostrada della Valle di Susa che ci metterà in comunicazione con la Francia; i recentissimi numeri dell'Express del 27 novembre e 3 dicembre riportavano rivelazioni sulla mafia francese riferentesi alla cattura di Tom Buscetta (di cui si parla tanto in questi giorni sui giornali, alla TV, alla Radio) e ricordavano come la rete della mafia sia molto ampia.
La violazione del collocamento, l'intermediazione ed il racket sono interdipendenti e le prime due sono necessarie, anche se non sufficienti da sole, per il sorgere del racket. Giustamente la relazione della Commissione dice che in questa situazione di permissività, nel caso della situazione urbanistica edilizia già illustrata da Rivalta e ripresa dal collega Conti si è inserito l'elemento soggettivo, perché il racket non sorge di per s perché ci sono condizioni oggettive. L'intermediazione di manodopera è molto diffusa in tutto il Piemonte. Non più tardi di ieri mi hanno segnalato il caso del Comune di Cossato dove quando il funzionario dell'Ispettorato va a controllare non trova nessuno, mentre il cantiere è sempre pieno di lavoratori. Non si tratta quindi solo di Bardonecchia, ma non per questo c'è il racket della manodopera vero e proprio. Ciò che è importante rilevare però è che in Piemonte sono presenti tutti e tre i fenomeni: violazione del collocamento, intermediazione e racket. La relazione della Commissione antimafia del Parlamento nel documento pubblico allegato agli atti dice: "In questo centro (cioè Bardonecchia) la Commissione ha accertato, anche attraverso apposite indagini, l'esistenza di un'organizzazione non interamente composta da siciliani ma che per i sistemi di chiara impostazione mafiosa, per i collegamenti con determinati ambienti e personaggi del mondo mafioso, per le compromissioni di alcuni esponenti della pubblica amministrazione, rivela come anche zone assai lontane dalla mentalità mafiosa per posizione geografica, per cultura e per costume possono divenire vulnerabili se non soccorre la continua vigilanza dei pubblici poteri e della pubblica opinione".
E' un ammonimento molto grave per chi lo voglia intendere ed è basato sugli accertamenti della Commissione antimafia che ha poteri molto più ampi della nostra. Anche gli ultimi fatti avvenuti in Piemonte in rapporto all'attività mafiosa ci dicono che lì c'è un centro di infezione molto grave. Recentemente ho letto sui giornali che un certo Francesco Mazzaferrato di Gioiosa Jonica, in provincia di Reggio Calabria (un paese di lavoratori che per trovare lavoro devono emigrare; i lavoratori calabri non dimentichiamolo, sono quelli di Melissa, sono quelli delle lotte contro il feudo, che hanno perso la vita per trovare un lavoro nella lato terra) viene mandato al domicilio coatto, lui sceglie l'alta Valle di Susa, e va ad insediarsi a Bardonecchia; dopo venti giorni lo ritroviamo come impresario di trasporti per l'edilizia. O ha trovato degli aiuti, o ci troviamo in presenza di un individuo della capacità imprenditoriale eccezionale. Diceva Conti che il lavoratore che emigra si trova alla merc di tutti, non sa come fare, qui invece c'è un lavoratore che emigra e nel giro di venti giorni da manovale diventa imprenditore. C'è una contraddizione tra quanto dice Conti e quanto dicono i giornali? Io propendo per il giudizio che danno questi ultimi perché poi questo tale è risultato implicato in faccende molto più gravi che non l'attività di intermediazione, ed è stato riportato al suo paese.
Anche quel certo Tripodi che a Torino lavorava in Porta Palazzo è risultato che aveva molti collegamenti con l'ambiente di Bardonecchia. Egli andava e veniva per Torino con macchine lussuose ed è stato ignorato o si era reso irreperibile per diversi anni. Tutti questi fatti ci dicono che a Bardonecchia confluiscono molte fila dell'attività mafiosa che abbiamo in Piemonte e quindi il richiamo che faceva la Commissione antimafia alla vigilanza dei poteri pubblici non è gratuito, ma si basa sulle conoscenze che ha e che ancora forse non può rendere pubbliche; si rilevano però dalla vita quotidiana di ogni giorno.
L'allarme deve quindi essere suonato con forza, ma per intervenire e richiamare al loro dovere organi pubblici, statali, ispettorati del lavoro polizia, prefettura e magistratura la quale impiega sette o otto anni per una procedura (non so, avrà i suoi motivi per impiegare tutto questo tempo ma credo che il riconoscimento all'indipendenza della magistratura che qui intendiamo riaffermare completamente non ci esima dal dare un giudizio politico quando su fatti come questi impiega anni per condurre l'istruttoria). La magistratura nega gli atti alla Commissione affermando che non possono essere dati perché non si è ancora in fase istruttoria, poi si scopre che fin dal 1971 c'è una sentenza di rinvio a giudizio, ma allora gli atti sono pubblici e c'è da domandarsi se si tratta solo di una svista (e questo ci porterebbe a dare un giudizio molto amaro sull'organizzazione del suo lavoro) e se ci troviamo di fronte ad una passività che involontariamente rende possibile che situazioni come questa si incancreniscano, si consolidino senza che la legge, che può intervenire colpisca immediatamente alle radici un fenomeno che deve essere considerato con la massima urgenza per la sua pericolosità per la vita dei cittadini per l'organizzazione della società, per l'istituzione democratica, ai fini della credibilità da parte dei cittadini verso il regime democratico.
L'allarme è tanto più drammatico quanto più si evidenziano le situazioni di indubbia natura mafiosa, che presentano: da una parte vistosi e clamorosi episodi criminali che vanno dall'assassinio al danneggiamento degli impianti di coloro che non vogliono sottostare ai taglieggiamenti del racket; dall'altra una pratica incapacità di risalire ai responsabili delle organizzazioni con prove irrefutabili, anche se le responsabilità sono conosciute, conclamate e nemmeno smentite, perché giornali, rotocalchi ecc. hanno parlato della situazione di Bardonecchia e le smentite non sono venute.
Sono elementi caratteristici delle situazioni mafiose ai quali si affiancano quelle sconcertanti tradizionali lentezze e inefficienze degli organi pubblici. Però si affiancano anche fatti, questa volta non più opinabili, molto clamorosi che dimostrano la capacita del racket di prevenire l'attività degli organi di repressione e di controllo e della polizia. Questi sono fatti accertati che ci devono preoccupare profondamente e indurci ad intervenire.
Il 16 giugno 1971 ben 230 tra carabinieri, agenti e ispettori del lavoro si recavano a Bardonecchia per un'operazione che doveva essere nell'intenzione degli organizzatori (quindi degli organi di polizia di Torino) assolutamente segreta per sorprendere in flagrante l'organizzazione del racket. Ebbene, quando i 230 sono arrivati gli uccelli erano scappati dal nido perché a conoscenza in precedenza dell'operazione di polizia.
Io non dico che nella polizia ci fosse un informatore, prendo atto semplicemente che il racket aveva conosciuto in precedenza l'operazione che la polizia avrebbe svolto. Gli ispettori del lavoro sostengono che le loro visite a Bardonecchia sono precedentemente conosciute dal racket, c'è un'organizzazione efficiente che segnala alla stazione ferroviaria l'arrivo di forestieri, specialmente se si tratta di persone che si presentano con borse non turistiche; macchine civetta corrono per i cantieri e fanno scomparire la manodopera che non è in regola. Oggi ci sono 50 e più cantieri, allora ce n'erano 42 e l'operazione di polizia e scattata nel mese di giugno, quindi nel pieno dell'attività edilizia, eppure erano presenti solo alcuni lavoratori; come facciano a sorgere quei palazzi di sette-otto piani in zona montana dove il lavoro è ancora più complesso che nelle zone pianeggianti, non si sa.
Dell'omertà, dell'intimidazione, della paura dei lavoratori ha già parlato il collega Conti, quindi tralascio questi aspetti che sono tipici delle situazioni mafiose, però vorrei mettere in risalto un aspetto: se è vero che gran parte di questa situazione era già stata denunciata dai sindacati, dai giornali, dai cittadini, il fatto nuovo è costituito dal suggello pubblico e ufficiale che la Regione, con il suo intervento imprime alla coraggiosa e meritevole lotta di chi si è opposto e si impone al radicarsi della nuova mafia in Piemonte.
Noi comprendiamo che i piemontesi si attendevano misure immediate che avessero incidenza ai fini della procedure penali. A questo proposito è necessario rilevare i limiti istituzionali della Regione rispetto alle attività della polizia e sottolineare la positiva funzione politica amministrativa legislativa che la Regione può e dovrà svolgere se recepirà in modo sostanziale e operativo le indicazioni e le proposte della Commissione.
Circa i limiti dal punto di vista giudiziale valga un esempio: quattro aziende convocate non si sono presentate alla Commissione e non hanno nemmeno giustificato la loro assenza. Si tratta di aziende i cui titolari portano nomi che sono ricorsi più volte sui giornali, sui rotocalchi, nelle denunce dei sindacati e si presentano come quelle più interessanti dal punto di vista dell'indagine sul racket. I limiti della Commissione sono tali che non ha potuto indurle a presentarsi, ma anche l'assenza è molto eloquente e si rivolge in definitiva contro coloro che si sono comportati in questo modo caratterizzandone la maleducazione.
Per proteggere i lavoratori dal racket, per proteggere i cittadini e gli istituti democratici dell'infiltrazione, dell'inquinamento del racket il collocamento deve essere ricondotto alla sua originaria natura di strumento che amministra e governa la manodopera e sono i lavoratori che devono governare il collocamento; le Commissioni di collocamento devono essere istituite con i nominativi indicati dai sindacati, così come vuole lo statuto dei lavoratori, legge 300 del 1970, in modo che non abbiano ad infiltrarvisi i rappresentanti del racket, i quali hanno la capacità di impadronirsi degli strumenti pubblici e di dare una parvenza legale alla propria attività, con i propri uomini nelle leve del potere pubblico.
Per quanto riguarda l'intermediazione, il subappalto, ho il piacere anche personale di annunciare che il Gruppo comunista ha presentato alla Camera un progetto di legge.
La funzione dell'assistenza, della sicurezza sociale - come ama chiamarla la collega Vietti - deve essere presa in considerazione dall'Assessorato e dalla Commissione e tradotta in operatività legislativa e amministrativa della Regione, chiamando gli imprenditori però a pagarla perché sono loro che si servono della manodopera, sono loro che ne hanno bisogno, ma anche imponendo politicamente l'intervento della Regione, non rifugiandosi dietro i suoi limiti di potere. Ed è tanto più importante questo se si pone (come già ha fatto il collega Rivalta) mente al prossimo traforo del Frejus, all'autostrada della Valle di Susa, a tutti i problemi che sorgeranno ancora in quella bella valle, per farne motivo di riflessione e di azione legislativa amministrativa in rapporto ai problemi del turismo non solo della Valle di Susa, ma di tutta la Regione e in rapporto alle questioni della comunità montana, all'assetto del territorio ai problemi dell'assistenza dei lavoratori.
Il Gruppo comunista si riserva, dopo la discussione, di presentare un ordine del giorno che puntualizzi le linee di intervento e impegni la Giunta Regionale ad un intervento tale che accogliendo le conclusioni della Commissione le traduca in attività operativa in modo da creare delle condizioni che, mentre da una parte eliminano gli elementi nei quali si innesta l'attività mafiosa, dall'altra si collochino in una prospettiva di trasformazione delle situazioni che guardi allo sviluppo di organizzazioni democratiche della vita delle nostre valli e della società piemontese.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE OBERTO



PRESIDENTE

Informo il Consiglio che la I Commissione ha licenziato il disegno di legge n. 61 che è in corso di distribuzione e che sarà oggetto di esame nell'adunanza del pomeriggio, la quale riprenderà alle ore 16 per la prosecuzione della discussione dell'argomento all'ordine del giorno.
Mi permetterei di invitare coloro i quali chiederanno di parlare di rinunciare a quell'analisi ampia che è stata fatta questa mattina, ma di sintetizzare gli argomenti specificamente su quello che è il testo della relazione che viene distribuita, dando per scontata e per conosciuta la tematica generale di questi problemi che peraltro stamattina sono stati largamente prospettati da coloro che sono intervenuti.
La seduta è rinviata alle ore 16.



(La seduta ha termine alle ore 13)



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