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Dettaglio seduta n.126 del 29/11/72 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE OBERTO


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Ordine del giorno sulla situazione della Zanussi (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
E iscritto a parlare il Consigliere Rossotto, ne ha facoltà.



ROSSOTTO Carlo Felice

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, intendo precisare che l'adesione da me data all'ordine del giorno che stiamo illustrando non nasce - e ciò è ovvio - dall'insieme di motivi che hanno costituito la caratterizzazione dell'intervento del collega Lo Turco; eviterò ove possibile, nella necessaria sinteticità di questo mio dire, l'uso di aggettivazioni comuni già da me usate in altri interventi quando si è parlato della difesa del livello occupazionale, quali "grave" e "drammatico" e cercherò, con la massima chiarezza, d'illustrare come e con che mezzi e con quali azioni noi liberali riteniamo si debba intervenire a tutela di lavoratori che già hanno perso il loro posto di lavoro, di quelli che lo stanno perdendo e di quelli che lo potrebbero perdere in un domani.
Stamani abbiamo sentito il vecchio, trito e logore discorso che la colpa è del padrone e dei governi, ivi compreso quello attuale, ma se non erro (e ciò è opportuno che tutti se lo ricordino) quando fu realizzato questo tipo di governo già da tempo questo Consiglio aveva trattato di situazioni come quella della Castor; della crisi tessile, della crisi del settore chimico e lo stato di dissesto di certe altre aziende, che giustamente hanno occupato tanta parte dei nostri lavori, già preesisteva al governo attuale. Non dirò neppure che questa situazione di crisi, di pericolo dell'eventuale diffondersi della disoccupazione, come conseguenza degli errori del centro sinistra, costituì uno degli argomenti meno graditi a tutti; quando il P.L.I. criticando per dieci anni una precisa ed irreversibile formula di Governo, stava all'opposizione e ciò non lo dico non perché sia modesto, ma perché è ormai una cosa inutile.
Per prima cosa a quest'ordine del giorno il P.L.I. aderisce perch nell'attuale situazione è indispensabile che la nazione, e per essa chi la governa, faccia tutti gli sforzi possibili per evitare che un aumento della tensione sociale, determinata da una forte massa di disoccupati, possa mettere in pericolo il sistema libero e democratico del nostro Paese. Si sa come sono risolte queste tensioni se si lasciano sopravvivere, o con l'ottobre rosso o con quello nero e ciò vogliamo, con i nostri modesti mezzi, che non avvenga o che se avvenisse non ci trovasse corresponsabili nel contempo cerchiamo di aiutare il sorgere di un modo industriale più efficiente e più moderno.
Il Ministro del Tesoro, l'uomo dipinto come il nero lupo famelico della reazione, anche se nelle casse dello Stato non ve n'erano molti trovò i soldi per finanziare la legge 464 dell'8 agosto 1972 che oggi consente a chi perde il posto di lavoro di non morire di fame. Questo mi pare sia uno di quei provvedimenti che può caratterizzare l'azione di chi governa: anche se Donat Cattin la definì la licenza di licenziare. In tal senso noi Consiglieri regionali liberali votammo l'ordine del giorno a favore dei dipendenti licenziati del Valle Susa, quel - duro ordine del giorno che tante polemiche suscitò, invitando nel contempo, con le altre forze politiche, il Governo a non tirare fuori altri soldi per la Montedison se questa azienda non avesse assunto un diverso atteggiamento verso i suoi dipendenti.
E' di ieri il chiaro atteggiamento del governo centrale (riportato dai giornali di oggi) verso la Montedison affinché blocchi i licenziamenti.
Fino ad ora anch'io sono rimasto nel solito gioco dialettico e la profonda vera sensibilità sociale che anima la nostra azione sociale, che stimola i miei amici del Gruppo, che incide pesantemente sulle scelte politiche che quotidianamente sono chiamato ad operare, chiede qualcosa di più che giochi dialettici. E allora diciamo chiaramente ai colleghi comunisti che se colpe ha la classe imprenditoriale, queste sono anche dovute all'essersi illusa che si potesse venire a patti con chi, non credendo nel sistema liberale democratico, i patti li faceva solo per scardinare il sistema. Ma le vere colpe le ha solo chi ha parlato, parlato e riparlato di riforme di tutti i tipi senza volerle, ma solo per far sorgere la violenta rottura del sistema.
Il sistema industriale italiano è in crisi, si parla di assenteismo delle forze del lavoro da una parte e così si butta la croce addosso agli operai, si parla di fuga di capitali e si butta la croce addosso agli imprenditori, ma esiste l'assenteismo dei responsabili.



MINUCCI Adalberto

Fuga anche di capitalisti quando vanno a Beirut!



ROSSOTTO Carlo Felice

Sì, quando falliscono.
Ma esiste anche l'assenteismo dei responsabili politici e sindacali che non hanno previsto che prima delle riforme che costano c'erano le riforme fondamentali quali quella degli istituti previdenziali che è una riforma di risparmio.
Oggi si parla di aumenti salariali che possono porre fine alla concorrenzialità del sistema, mentre il costo della vita aumenta. Ma perch non si è pensato a tempo opportuno d'intervenire nel settore che sta creando il maggiore onere a carico del sistema produttivo italiano e che malamente reimpiega quanto viene posto a carico di questo sistema? Parlo degli oneri previdenziali.
Questa situazione drammatica (mi è sfuggito tale aggettivo di fronte alla reale visione dei problemi) c'impone un esame attento, chiaro e preciso. Se vogliamo evitare che il sistema non abbia possibilità di ripresa, è opportuno che con serietà si studi dove si può intervenire, dove si possano modificare tutte quelle storture che hanno creato le diseconomie e le reali rendite parassitarie, non quelle mitiche che hanno determinato l'attuale paralisi del sistema.
E' con questa visione, senza schematismi preconcetti, che noi riteniamo si debba operare per permettere al nostro Paese la ripresa economica, in un sistema libero di economia di mercato che possa farci tornare a livelli occupazionali che assorbano la manodopera oggi disoccupata e quella nuova che si sta formando e che nello stesso tempo possa affrontare con serietà le riforme necessarie che da dieci anni stiamo aspettando; si è molto parlato ma non si è realizzato nulla: ora è tempo d'agire.



PRESIDENTE

Il Consigliere Viglione è in aula? Un usciere veda se è in Commissione.
Il Consigliere Benzi è anche in Commissione? Consigliere Berti, vuole prendere lei la parola, per occupare il tempo?



BERTI Antonio

Se è solo per occupare il tempo leggo il giornale!



PRESIDENTE

"Occupare" nel senso di non perderne stando ad aspettare.



BERTI Antonio

A prescindere da questo, il mio intervento non affronta in generale il problema delle fabbriche in crisi, perché il dibattito aveva lo scopo di verificare la situazione. Io farei la proposta di circoscrivere la discussione alla questione della Zanussi. Mi sembra che fino a questo momento si sia affrontato essenzialmente il problema della Castor e della Zanussi in generale, sia pure inquadrandolo in una dimensione più ampia. Se concludessimo sulla parte che riguarda l'impegno del Consiglio Regionale nei confronti della Zanussi e della Castor, potremmo eventualmente riprendere poi il dibattito sulle altre fabbriche in crisi per verificare il sistema d'intervento del Governo, della Regione e delle forze democratiche.
Io chiederei quindi agli altri se intendono intervenire sulla Zanussi in caso contrario potremmo chiudere con l'o.d.g. che è stato proposto.



PRESIDENTE

La parola allora al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Colleghi Consiglieri, i risultati del censimento eseguito il 24 ottobre 1971 e pubblicati recentemente dall'ISTAT, ci offrono un quadro di grande interesse delle modificazioni che hanno investito l'assetto socio-economico della Regione Piemonte e della Provincia di Torino.
Innanzi tutto la popolazione è aumentata, rispetto al 1961, del 13,3 per cento toccando i 4.434.802 abitanti, con una prevalenza delle donne sugli uomini calcolabile intorno alle 110.000 unità. L'incremento della popolazione è inferiore in percentuale soltanto a quello del Lazio (18,8 per cento) ed a quello della Lombardia (15,1 per cento) ma è stato assai diverso da provincia a provincia. Infatti, mentre quella di Torino ha visto la sua popolazione aumentare del 25,7 per cento, quella di Cuneo (0,5 per cento) e di Alessandria (0,7 per cento) hanno registrato aumenti minimi, di poco superate da Vercelli (1,4 per cento) ed Asti (1,7 per cento).
Questi dati confermano la tendenza al congestionamento dell'area metropolitana torinese, meta di flussi migratori imponenti sia dalle regioni meridionali sia dalle altre regioni e zone del Piemonte.
Per quanto riguarda la composizione delle famiglie, l'ampiezza media delle stesse risulta inferiore alla media nazionale, oscillando fra 2,8 membri di Alessandria ed i 3 di Cuneo. Oltre la metà delle famiglie risiede in provincia di Torino (780.000 circa su un 1.517.000).
In queste aride cifre si rispecchia la dimensione dei gravi problemi concernenti abitazioni, istruzione, infrastrutture, trasporti che investono le autorità locali e regionali. Ad esempio, le abitazioni disponibili ed occupate risultano 1.490.000 e pertanto se ne inferisce che un buon numero di famiglie coabita nel medesimo alloggio. Ben 115 stanze su 100 sono occupate, di fronte alle 103 su 100 della media nazionale, partendo da un massimo per Asti (134) ed Alessandria (135) per toccare il minimo a Torino (104).
Si potrebbe pensare che, con un incremento globale degli abitanti intorno alle 580.000 unità, la popolazione sia aumentata con una certa uniformità un po' ovunque: in realtà soltanto 358 Comuni su 1209 si sono sviluppati ed i tassi d'incremento più accentuati si registrano nella cintura torinese, ove alcuni centri hanno raddoppiato la popolazione negli ultimi dieci anni.
Com'è noto il fenomeno va ricondotto essenzialmente al saldo attivo dei movimenti migratori, in quanto è dovuto solo per il 22 per cento al saldo naturale che corrisponde all'eccedenza dei vivi rispetto ai morti.
L'immigrazione verso il Piemonte ha quindi toccato le punte più alte rispetto alle altre "aree forti" del nord, pur tagliando fuori intere province periferiche. Gli squilibri territoriali ed umani che questo esodo dalle regioni più povere ha provocato, sono evidenti ed oggi resi più gravi dalla recessione che ha colpito alcuni settori portanti dell'industria piemontese, in primo luogo quelli tessile, chimico ed elettronico.
Malgrado ciò il tasso d'occupazione rimane ancora tra i più elevati d'Italia, poiché riguarda il 39,4 per cento della popolazione ed è secondo soltanto a quello dell'Emilia Romagna, calcolabile intorno al 40,2 per cento.
La concentrazione produttiva nell'area torinese ed in alcuni poli minori come l'Eporediese ed il Biellese ha fatto sì che negli ultimi tempi si verificassero fenomeni di riflusso della forza lavoro meno qualificata o disoccupata verso le zone d'origine, specialmente verso il sud.
Non dimenticando che il tasso medio dell'occupazione nazionale si aggira intorno al 34,5 per cento contro il 39,5 per cento degli anni '60 e che la situazione del Piemonte è relativamente privilegiata, tuttavia sottolineato come, in un momento in cui la forza-lavoro femminile e quella dei giovani anche in possesso di diplomi e di lauree non trova sbocchi adeguati, occorra favorire con tutti mezzi una rapida espansione del sistema produttivo nazionale e regionale, affinché non si accresca l'esercito dei senza lavoro e si prevengano le tensioni sociali nascenti da una situazione così pesante i cui sbocchi non sono necessariamente democratici.
L'ultima indagine effettuata dall'Istituto centrale di statistica sulle forze di lavoro (settimana dal 2 all'8 luglio 1972) fornisce i seguenti dati per il Piemonte: forze di lavoro occupate in agricoltura, maschi e femmine 228.000, di cui 10.000 alle dipendenze; nell'industria 982.000, di cui 876.000 alle dipendenze; altre attività 549.000; totale occupati 1.759.000 di cui sottoccupati 8.000; in cerca d'occupazione 44.000; totale delle forze-lavoro 1.803.000.
Il totale degli occupati nel Piemonte rappresenta circa il 9 per cento del totale occupati in Italia, che sono 18.697.000.
La tendenza generale alla diminuzione dell'occupazione, che ha toccato il livello più basso dal 1961 (34,5 per cento della popolazione contro il 39,6 per cento del '61) non accenna a diminuire. Il fenomeno è particolarmente grave nei settori agricolo e secondari, mentre soltanto il terziario, alquanto polverizzato e superaffollato, ha assorbito nuova forza lavoro.
Dal luglio di quest'anno ad oggi il settore agricolo ha espulso oltre 10.000 unita produttive nel loro Piemonte, mentre la produzione globale e la produttività del medesimo si pensa registreranno un modesto aumento (2 2,5 per cento circa).
Asti e Cuneo continuano ad essere le due province con la maggior percentuale di addetti all'agricoltura: rispettivamente il 33,6 e il 31,1.
Nei dieci anni il calo in questo settore è stato notevole: Asti che aveva il 50,6 nella propria popolazione attiva addetta ai campi l'ha vista scendere al 33,6; Cuneo è passata dal 47,9 al 31,1; nello stesso periodo il loro peso nel settore industriale è salito per Asti dal 2,88 al 3,16, per Cuneo dal 6,58 al 7,85.
La situazione congiunturale dell'industria piemontese non ha manifestato segni di netta ripresa salvo che per alcuni comparti di secondaria importanza. E' pertanto ulteriormente aumentato il numero dei lavoratori a tempo parziale e a domicilio.
Le ristrutturazioni in atto in alcuni settori fondamentali come quello tessile e quello chimico, con particolare riferimento alle fibre artificiali e sintetiche, nonché in diverse aziende di media dimensione localizzate tanto nella cintura e provincia di Torino quanto nelle altre province, minacciano di accrescere ulteriormente l'esercito industriale di riserva. Si teme infatti che, date le caratteristiche strutturali dell'economia regionale fondata sulle monoculture industriali ed una notevole polarizzazione degli insediamenti, ancora alcune decine di migliaia di lavoratori possano perdere il posto.
In rapporto alla scarsa differenziazione territoriale delle attività produttive ed alla difficoltà di ampliare in breve tempo il ventaglio dei prodotti richiesti dal mercato interno ed internazionale, il tasso di occupazione regionale, tuttora superiore al 39 per cento e secondo soltanto a quello dell'Emilia Romagna che si aggira intorno al 4,5 per cento tenderà ancora a diminuire. Il dato potrebbe sembrare a taluni relativamente poco preoccupante se messo in relazione con la situazione di altre regioni. Non bisogna però dimenticare che il Piemonte, oltre ad essere meta di flussi migratori che sono destinati a riprendere entro breve tempo, è anche una delle regioni con l'indice più elevato di scolarità, il che, se da un lato ritarda il momento in cui i giovani s'inseriscono nel mondo del lavoro, d'altra parte favorisce l'aumento del numero di giovani in possesso di titoli di studio superiori alla ricerca di un'occupazione adeguata e non frustrante.
Per quanto riguarda il settore dell'artigianato, nella nostra regione abbiamo oltre 105.000 aziende artigiane, le cui possibilità d'espansione e sopravvivenza sono collegate con un'efficace politica di sostegno alle loro esigenze di razionalizzazione produttiva e di reperimento del credito a condizioni più favorevoli.
Stando così le cose, soltanto una rapida ripresa delle attività produttive nel loro complesso può invertire la tendenza ad un'ulteriore caduta dei livelli occupazionali. Se è vero che non si può parlare di "profitti zero" come ha fatto Giovanni Agnelli in una recente conferenza stampa ("La Stampa" l'ha pubblicata e su "Specchio dei tempi" è stata riportata la lettera di un bancario il quale diceva che non è vero perché i soldi che gl'industriali guadagnano li portano in Svizzera. Questa interessante lettera è stata commentata anche dall'Unità) tuttavia va rilevato che l'uso medio degli impianti è modesto aggirandosi intorno al 70 per cento contro il 90/92 per cento del Giappone, l'assenteismo è elevato e permane inesistente lo sciopero degli investimenti.
Si pone quindi con urgenza l'esigenza di una ripresa qualificata dei medesimi atta a favorire l'espansione dell'industria piemontese attraverso una più attenta e previdente gestione ed eventualmente l'intervento dell'industria di Stato, tuttora del tutto assente.
Il caso della Castor e della Imel di cui si è discusso oggi è sintomatico della grave crisi che attraversa interi settori dell'economia piemontese. Da quanto abbiamo sentito è facile dedurre che si tratta del concorso di più cause, che vanno essenzialmente ricondotte alle difficoltà di reperire sbocchi adeguati ad una produzione eccessivamente specializzata nel campo degli elettrodomestici ed all'incapacità del gruppo dirigente di attuare in tempo una politica d'investimenti e di differenziazioni dei prodotti idonea a salvaguardare il futuro dell'azienda. Situazioni analoghe si sono verificate per diverse fabbriche del gruppo Montedison e per altre operanti nel settore tessile, giudicate oggi "rami secchi" da amputare al più presto. Di fronte ad una situazione tanto grave e purtroppo generalizzata, quali sono gl'interventi che può realizzare la Regione? Evidentemente non essendo possibile un controllo sulle qualità e quantità degli investimenti privati e neppure un modesto condizionamento al fine di razionalizzare l'impiego delle risorse esistenti, le possibilità di agire sull'accumulazione e sulla ripresa produttiva sono relative.
Sappiamo che le esportazioni dell'industria italiana e piemontese non vanno male, anzi, sono aumentate di oltre il 10 per cento negli ultimi mesi rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. E' invece carente, anche in rapporto all'andamento del costo della vita e dei prezzi, la domanda interna di beni di consumo durevoli e strumentali. Sostenere la domanda interna è quindi un problema di immediata evidenza.
La spesa pubblica può sopperire in parte a questo obiettivo (questo era già stato detto anche dall'allora Ministro Giolitti, ma la spesa pubblica calcolata in un certo numero di miliardi, in realtà non aveva dimostrato di essere tale perché si era speso meno della metà di quanto il piano preventivava) in particolare nel caso delle infrastrutture e dei servizi sociali (scuole, ospedali, ricerche scientifiche, trasporti) a cui la Regione deve provvedere nell'ambito delle sue competenze.
L'altro obiettivo che occorre perseguire immediatamente è la ripresa dell'edilizia e non solo di quella abitativa affinché si metta in moto il volano della domanda nei sottosettori; e non, come vuole Andreotti riformare la legge sulla casa nel senso di pagare di più le aree, di liberalizzare finalmente, come richiedono le grandi proprietà, i suoli all'interno della città, anzi, noi vorremmo il contrario, la ripresa edilizia è legata a tutt'altro fenomeno, non a quello di pagare i suoli; è tutto un altro discorso che oggi il Governo di destra non vuole assolutamente sentire.
L'altro obiettivo, dicevo, che occorre perseguire è che si rimetta in moto il volano della domanda nei sottosettori ad essa collegati potenziando le iniziative legate alle competenze regionali ed attivando i residui passivi. Abbiamo 10.000 miliardi di residui passivi che non vengono spesi E' vero che i repubblicani dicono che se si spendessero i 10.000 miliardi ci sarebbe la svalutazione totale, dimenticando che 10.000 miliardi, se spesi in elementi produttivi producono ricchezza, che è il contrario della svalutazione



GANDOLFI Aldo

Servono a pagare le spese correnti



VIGLIONE Aldo

Non è vero, sappiamo che ci sono centinaia di migliaia di opere da costruire, ci sono 1.800 miliardi per costruire scuole che non vengono costruite. Si dice che vengono pagati per le spese correnti, ma le scuole sono spese correnti, gli ospedali anche.
Anche l'artigianato, che può sopperire in periodi di recessione alle difficoltà dei settori base ed assorbire forza-lavoro espulsa dai medesimi va più attentamente seguito ed appoggiato sia sul piano tecnico che su quello finanziario. Si tratta di obiettivi compatibili con l'attuale aspetto socio-economico, anzi ad esso funzionali, in quanto ne favorirebbero una ripresa su basi più solide. Tuttavia mi permetto di esprimere il dubbio che nel quadro politico in cui viviamo, dato il profondo intreccio di profitti e rendita, di posizioni speculative e parassitarie difese contro i loro stessi interessi in lungo periodo dalle maggioranze conservatrici dei partiti al Governo, sia possibile assumere provvedimenti tali da porci sulla buona strada.
Se c'é invece una volontà punitiva e revanscista degli imprenditori che esportano capitali e "rosicchiano" i dati di bilancio, se permane uno spirito di casta e di speculazione nei rappresentanti dei ceti privilegiati, non si può pensare che si manifesti una ferma volontà politica di modificare davvero l'assetto socio-economico del Piemonte puntando alla piena occupazione ed all'attuazione di alcuni obiettivi riformatori qualificati.
Soltanto un'obiettiva ripresa del discorso sulla programmazione nazionale e regionale, ci pare possa consentire di spianare la via a quello sviluppo equilibrato che le forze autenticamente democratiche e popolari hanno sempre auspicato.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Benzi.
Abbiamo detto di circoscrivere il discorso al problema della Castor salvo riprendere quello di carattere generale alla prossima seduta.



BENZI Germano

D'accordo.
Signor Presidente, signori Consiglieri, in due anni e mezzo, da quando cioè si è insediato il Consiglio Regionale, abbiamo visto passare sotto i nostri occhi molte aziende piemontesi che stanno chiudendo o non hanno lavoro (Valle di Susa, Tobler, Caesar, Leumann, Pirelli, Richard-Ginori Montedison, Zanussi e altre aziende minori); abbiamo cioè constatato come in Piemonte ci sia un calo di manodopera continuo e l'aggravamento di una situazione economica molto pesante.
Io forse sono il meno indicato, ma voglio fare un elogio ai sindacati perché senza la spinta sindacale che ha portato qui questi problemi, forse noi non li avremmo visti nella loro completezza. E siamo veramente preoccupati perché non abbiamo fatto mai, se non nel caso del Valle Susa qualcosa di serio per impedire che la disoccupazione continui.
La Giunta Regionale, il Consiglio hanno dato una condanna politica morale a queste aziende che non sempre hanno bene amministrato il loro patrimonio, ma non è sufficiente; per la Zanussi noi dovremmo fare il discorso che abbiamo fatto per il Valle di Susa, dobbiamo verificare se si intascano 50 miliardi per potenziare l'azienda e poi vederla chiudere. Lo Stato, quando elargisce dei fondi, mette la condizione che l'occupazione deve rimanere quella che è, anzi, deve essere incrementata; qui invece abbiamo il caso paradossale dell'azienda che non solo incrementa l'occupazione, ma licenzia i dipendenti che ha. Lo Stato deve controllare se questa gente dice il vero, verificare, perché c'é da temere che altre aziende ne approfittino e facciano accordi con americani, con inglesi o francesi per poi lasciare che la maggior parte degli impianti vadano all'estero. La Zanussi ha venduto una parte commerciale ad una grossa azienda tedesca e lascia a casa la manodopera.
Il mio partito stamattina ha firmato un documento che noi approviamo ma noi vorremmo che ci fossero cose consistenti, che ci fossero dei confronti con le persone che dirigono le aziende, non dobbiamo limitarci a leggere sul giornale che da questo momento duemila persone sono a casa specialmente quando incassano soldi che non sono di loro proprietà, questi 50 miliardi che incassa la Zanussi sono soldi nostri, di tutti noi.
Ha ragione il collega Viglione, da quando c'é la crisi edilizia siamo in piena crisi; ora tocca al Governo, ai Comuni, alle Province muoversi bisogna fare le scuole, le case per gli operai dando così un po' di lavoro a chi non ne ha, in questo campo abbiamo possibilità di muoverci con minori difficoltà e abbastanza presto, perciò ritengo che sia la strada migliore da percorrere.



PRESIDENTE

Consigliere Berti, ha qualcosa da aggiungere?



BERTI Antonio

Forse prima non ci siamo capiti. La mia proposta era questa: chiudere gli interventi sulla questione Castor, approvare l'ordine del giorno e riprendere il dibattito sulla situazione occupazionale, ma subito; per cui io interverrei dopo l'approvazione dell'ordine del giorno sulla Castor.



PRESIDENTE

Sull'ordine del giorno ha da fare delle dichiarazioni?



VISONE Carlo, Assessore al lavoro

Sulla prosecuzione dell'intervento io non sarei d'accordo. C'era stato nell'ultimo Consiglio, l'impegno di parlare della situazione Zanussi e Castor, mentre nell'ordine del giorno l'argomento è presentato in modo diverso ed io non sono preparato a fornire dati e ad entrare nel merito. Io mi appello a quanto si era deciso nell'ultimo Consiglio.



PRESIDENTE

Vorrei precisare che non è perfettamente esatto: si era detto che si sarebbe parlato in maniera preminente dell'argomento della Castor e in questa occasione si sarebbe sviluppato anche un certo discorso di carattere generale. Se però l'Assessore oggi non è in grado di dare delle risposte...



VISONE Carlo, Assessore al lavoro

A meno che si tenga conto che non c'é un documento della Giunta in proposito.



PRESIDENTE

Converrebbe aggiornare l'argomento.
La parola al Consigliere Berti



BERTI Antonio

Io non voglio imporre un dibattito, il quale è utile nella misura in cui c'e la controparte che risponde e si arriva a dei risultati concreti.
Desidero tuttavia precisare (e posso dare atto che la formulazione dell'ordine del giorno può avere indotto ad equivocare) che nella conferenza dei Presidenti di Gruppo si era detto che il dibattito doveva avere lo scopo di affrontare prima di tutto il problema della Zanussi, ma anche di verificare le situazioni delle aziende piemontesi in crisi, non tanto la situazione economica del Piemonte e dell'occupazione, ma che cosa si muove nei numerosi punti di crisi in Piemonte.
Io mi sono preparato in questo senso, attendendo una relazione della Giunta, se la Giunta è disponibile a discutere, il risultato può essere costruttivo, altrimenti rimandiamo a domani. Non voglio fare il dibattito per il dibattito.



PRESIDENTE

Il Presidente della Giunta chiede di parlare, ne ha facoltà



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Vorrei precisare che nella riunione dei Capigruppo il punto di discussione sul quale la Giunta si era impegnata a presentare un documento era quello della Zanussi. Per la verità non nego che si sia sottolineata l'opportunità di verificare anche lo stato attuale delle diverse situazioni delle aziende in crisi, ma mi pare che questo sia profondamente diverso da come l'argomento è stato portato all'ordine del giorno, per cui non posso non essere d'accordo con l'Assessore Visone che sulla questione della Zanussi si era, anche nella scorsa seduta di Consiglio, impegnato a portare un documento sul quale impostare la discussione.
Ciò premesso, la Giunta non è ovviamente contraria, ma dichiara che non ha un proprio documento sulla situazione di carattere generale. Non è pregiudizialmente contraria ad aprire un dibattito di quel genere, ma nel quadro di queste premesse, che cioè non esiste una sua documentazione in quanto, a seguito della riunione dei Capigruppo, si è inteso che il documento vi sarebbe stato, ma relativo alla Zanussi.
Se il contributo che i Consiglieri vogliono portare per un approfondimento, un esame della situazione generale in Piemonte ha lo scopo di un chiarimento, senza poi arrivare a un ordine del giorno, la Giunta non è contraria, anzi, è favorevole al proseguimento del dibattito, non vuole tuttavia essere inadempiente rispetto ad un impegno che in realtà non ha assunto.
Se il Consigliere Berti insiste nel voler aprire un dibattito sull'occupazione generale in Piemonte la Giunta non ha nessuna posizione contraria, anzi, è favorevole a discutere un argomento di così rilevante interesse, dichiara soltanto di non avere un suo documento e perciò prega comunque che la discussione non approdi all'approvazione di un ordine del giorno o ad un documento finale in quanto si riserva di raccogliere tutti i contributi che possono venire da una discussione di questo genere, di elaborarli in un proprio documento per poi sottoporli, in una fase successiva, all'approvazione o comunque all'esame del Consiglio.
In questi limiti la Giunta è favorevole al proseguimento del dibattito.



PRESIDENTE

Il Consigliere Berti è d'accordo che si faccia il discorso, sulla base di un documento della Giunta, in una prossima riunione per arrivare anche a delle conclusioni?



BERTI Antonio

Così stando le cose la mia proposta potrebbe essere questa: è ovvio che abbiamo interesse a che la Giunta presenti un suo documento, devo tuttavia precisare (forse non riesco a spiegarmi bene) che la questione dell'occupazione in Piemonte potrebbe essere collegata al dibattito che andremo ad iniziare domani sul piano nazionale. L'intento nostro era di verificare lo stato degli stabilimenti Leumann, Val di Susa, Faini, Rossari Varzi, cioè dei punti in crisi nei confronti dei quali c'è stato un impegno del Consiglio Regionale di assumerne la difesa. Non si tratta quindi tanto di un dibattito generale sullo stato dell'occupazione, ma di una verifica, perché a due mesi, da questo impegno, l'opinione pubblica, i lavoratori vogliono vederci chiaro. Se la Giunta ci dà degli elementi, li valuteremo, se invece vuole ascoltare ciò che possiamo portare noi a sua conoscenza eventualmente aggiornerà la discussione.
Se vogliamo restringere il dibattito a questi argomenti può essere utile, interessante e vorrebbe dire approvare immediatamente dopo il mio intervento l'ordine del giorno che riguarda la Castor, riprendere il dibattito nei limiti che tra l'altro sono contenuti nell'intervento che intendevo fare ed eventualmente riproporre un dibattito sulla situazione dell'occupazione in Piemonte in rapporto con gli orientamenti del piano, il che coinvolge interessi e questioni anche più generali.
In questo senso ritengo che sarebbe utile continuare il dibattito.



PRESIDENTE

Qualche Consigliere chiede di parlare su questa proposta?



VISONE Carlo, Assessore al lavoro

D'accordo, evidentemente le nostre risposte non terranno conto alla virgola della situazione, in quanto ad esempio ricordo quanto ho avuto modo di sapere dalla Gepi riguardo alla Rossari &Varzi, ma non ricordo esattamente le cifre e quindi darò un'informazione senza entrare nei dettagli.



PRESIDENTE

Il Consigliere Berti vuole ancora dire qualche cosa?



BERTI Antonio

Sono presenti in questo momento in Consiglio le delegazioni della Pinin Farina che vengono a chiedere una presa di posizione in ordine a certe questioni gravissime che sono successe in quella fabbrica, questa potrebbe essere l'occasione per introdurre nel dibattito questo argomento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Conti.



CONTI Domenico

Rinuncio.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Bianchi, ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Forse non ho capito bene. Credo che sia innanzi tutto opportuno concludere in senso positivo il dibattito sull'argomento di grande importanza che ci ha dato l'occasione di esprimere giudizi di carattere generale sul problema dell'occupazione, ed in particolare per la Castor e Imel del gruppo Zanussi.
In secondo luogo, ritengo che la prosecuzione di un dibattito senza una relazione, senza riferimento a qualcosa di obiettivo, di preciso, ci porta a non concludere, a fare qualcosa di non molto concreto ed efficace.
Terzo, ritengo che si possa e si debba, in un tempo ravvicinato e prossimo, riprendere la discussione su una sintetica relazione della Giunta che faccia il punto, dal suo angolo visuale, sulle situazioni delle aziende in crisi per le quali vi sono stati innumerevoli interventi e in quest'altra occasione, come in quella che si farà sul programma nazionale potranno essere ripresi quei motivi di carattere generale che raccordano il problema dell'occupazione con quello della programmazione e della politica economica.
Concludendo, io chiuderei qui la discussione che già ci ha consentito di esprimere un giudizio di carattere generale, dando una risposta quale è attesa dai dipendenti di queste industrie delle quali ci siamo occupati oggi, rinviando ad una data non lontana la ripresa della verifica su un problema di tanta importanza, senza escludere che si possa tornare sulla discussione generale in occasione di uno degli argomenti importantissimi che sono già davanti a noi per l'esame.



PRESIDENTE

Io formulerei allora questa proposta: chiudiamo la discussione in relazione all'ordine del giorno che è stato proposto, poi sospenderei cinque minuti la seduta, riunirei i Capigruppo e vedrei con loro anche l'ordine dei lavori, perché mi pare di capire che il programma economico nazionale '71/'75 che verrebbe al punto quinto dell'ordine del giorno non è pronto.
Proporrei perciò la votazione dell'ordine del giorno che è in questi termini: "Il Consiglio Regionale del Piemonte, dopo un approfondito esame della grave situazione venutasi a creare nel gruppo Zanussi in seguito alle decisioni della direzione aziendale di mettere in cassa integrazione guadagno a zero ore, 2.400 dipendenti tra cui 1.450 fra operai e impiegati della Castor e della Imel, senza garanzie di riassunzione respinge con la massima decisione le deliberazioni prese dall'azienda rileva che da oltre due anni sono in corso: il blocco delle assunzioni le continue riduzioni di orario che già hanno provocato nell'interno del gruppo una riduzione di circa 3.000 unita lavorative sottolinea che l'operazione di acquisto del pacchetto azionario della Zoppas da parte della Zanussi, è stata resa possibile dall'intervento del capitale pubblico e doveva avere come obiettivo l'autonomia dell'azienda rispetto al capitale straniero, per un ruolo primario dell'industria degli elettrodomestici italiana a livello europeo.
Con questa presenza del capitale pubblico, che ha potere di controllo sulla maggioranza del pacchetto azionario della Zanussi, può e deve determinare questo ruolo dell'azienda.
Esprime piena solidarietà ai dipendenti del gruppo Zanussi in lotta rivendica: 1) il mantenimento e lo sviluppo dell'occupazione degli operai impiegati e tecnici 2) Governi, i Ministri competenti e il CIPE intervengano con urgenza per impedire che si effettui il passaggio della Zanussi alla AEG Telefunken e vi sia un esplicito impegno a discutere con urgenza il problema in Parlamento Il Consiglio Regionale del Piemonte ritiene che questa è la prima condizione per avviare uno sviluppo dell'industria degli elettrodomestici dell'elettronica leggera e civile in grado di competere autonomamente su posizioni di parità con le altre industrie europee e mondiali 3) un intervento pubblico che favorisca l'impiego di consistenti investimenti indirizzati in prevalenza verso la ricerca scientifica e lo sviluppo di nuove tecnologie dell'elettronica e civile, tenendo conto di fondamentali esigenze sociali nel campo sanitario, dell'informazione di massa, dell'istruzione, della conservazione di prodotti alimentari ed altre ancora 4) definizione di una politica di ristrutturazione del gruppo che preveda, con il mantenimento degli attuali livelli occupazionali per comprensorio anche sotto il profilo qualitativo, la specializzazione e riqualificazione delle varie aziende del gruppo.
Il Consiglio Regionale del Piemonte invita pertanto la Giunta Regionale a partecipare, nei prossimi giorni, all'incontro che si terrà a Conegliano con tutte le Regioni interessate, alla presenza del gruppo Zanussi (Friuli Venezia Giulia, Toscana, Emilia Romagna, Lombardia) assieme agli enti locali, le organizzazioni sindacali, le forze politiche democratiche per definire una strategia unitaria da presentare al Parlamento e al Governo".
Il documento è firmato dai Consiglieri: Conti, Fonio, Vera, Lo Turco e Rossotto.
In proposito vi sono state delle precisazioni fatte negli interventi mi pare quindi che il documento possa essere posto senz'altro in votazione.
Chi lo approva è pregato di alzare la mano.
Il documento è approvato all'unanimità.


Argomento:

Ordine del giorno sulla situazione della Zanussi (seguito)

Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Sospendo la seduta per cinque minuti?



BERTI Antonio

Io posso già accedere alla richiesta fatta dal Capogruppo della D.C.
cioè arrivare al dibattito in modo più documentato. Chiederei però che una delegazione dei Capigruppo si incontrasse con gli operai della Pinin Farina per le questioni che vogliono esporre.



PRESIDENTE

Questo al termine della seduta.



BERTI Antonio

No, subito.



PRESIDENTE

Ma io sospendevo la seduta soprattutto in relazione a quanto ho detto prima. Io mi sarei determinato a non sospendere più la seduta del Consiglio per....



BERTI Antonio

Lo so, ma questo è un caso di carattere eccezionale. Io rinuncio, a nome del Gruppo, all'intervento e lei mi accordi questo incontro immediato.



PRESIDENTE

Vuole proprio farmi occupare il tempo come vuole lei! Sospendiamo la seduta per dieci minuti soli, non di più.



(La seduta, sospesa alle ore 17,05, riprende alle ore 17,40)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Ha chiesto congedo per oggi pomeriggio l'Assessore Chiabrando.
Al punto quinto dell'ordine del giorno vi è "Programma economico nazionale 1971/75".
La relazione è in copiatura e sarà disponibile domani mattina, quindi pregherei il Consiglio di accettare che venga aggiornato l'argomento a domani mattina, perché poi l'Assessore deve assentarsi.
Vorrei pregare i signori Consiglieri, almeno quelli che sono interessati, a trovarsi domani mattina alle 9,30 presenti al dibattito sulle due interrogazioni e sull'interpellanza sul problema delle Vallere perché a quell'ora darei la parola.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Facciamo almeno alle 10.



PRESIDENTE

Io avevo tanto detto che non avrei spuntato assolutamente quella mezz'ora. Muoviamoci tutti puntuali alle 10 e teniamo l'orario delle 10 e delle 16.
Alle 10 precise domani mattina si comincia con le Vallere e si prosegue subito con l'esame del Programma economico nazionale '71/'75.
Questa sera si tratterebbero gli argomenti al punto settimo "Commissione speciale per lo studio dei problemi degli insediamenti industriali: relazione conclusiva sull'insediamento Fiat a Crescentino" e al punto undicesimo "Nomina di un componente supplente della Sezione decentrata di Biella del Comitato regionale di controllo".


Argomento: Nomine

Nomina di un componente supplente della Sezione decentrata di Biella del Comitato regionale di controllo


PRESIDENTE

Non essendovi delle opposizioni passerei per primo questo ultimo argomento che dovrebbe sbrigarsi rapidamente con un'elezione e poi riprendiamo il discorso. Prego distribuire le schede.
Si tratta di nominare un componente supplente della Sezione decentrata di Biella del Comitato regionale di controllo, essendosi dimesso quello che attualmente ricopriva l'incarico ed era stato designato, se non vado errato, dal Gruppo comunista.
Facciamo l'appello nominale ed i Consiglieri mettono la scheda nell'urna.



(Si procede all'appello nominale)



PRESIDENTE

Presenti e votanti 38; schede bianche 22; Barbone Giovanni 15; Fontana 1.
E' pertanto eletto Barbone Giovanni.


Argomento: Industria (anche piccola e media) - Provvidenze per la costituzione di aree industriali ed artigiane attrezzate - Ristrutturazione industriale

Commissione speciale per lo studio dei problemi degli insediamenti industriali: relazione conclusiva sull'insediamento Fiat a Crescentino


PRESIDENTE

Punto settimo dell'o.d.g.: "Commissione speciale per lo studio dei problemi degli insediamenti industriali: relazione conclusiva sull'insediamento Fiat a Crescentino".
Ha facoltà di prendere la parola l'Assessore Petrini per introdurre la discussione.



PETRINI Luigi, Assessore all'industria

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la relazione sull'insediamento della Fiat a Crescentino - predisposta dalla Commissione speciale costituita con atto del Consiglio Regionale in data 6 ottobre 1970 per lo studio dei problemi degli insediamenti industriali di Crescentino e di Albiano - è il risultato di oltre due anni di discussioni, dentro e fuori la Commissione, ma anche l'illustrazione del tipo di approccio impiegato nella prima occasione di intervento regionale nei confronti di una localizzazione industriale di rilevante importanza.
Va detto subito che la Commissione, composta dai Presidenti della Giunta e del Consiglio, dott. Calleri e avv. Oberto, e dai colleghi Consiglieri Benzi, Bertorello, Curci, Debenedetti, Gandolfi, Garabello Giovana, Rivalta, Simonelli e Zanone, oltre che dal direttore dell'Ires prof. Detragiache, si è trovata a svolgere il suo compito largamente a valle di scelte già avvenute e che devono essere fatte risalire a questo condizionamento preliminare e fondamentale parecchie delle "insoddisfazioni" che pure la relazione evidenzia chiaramente.
Tuttavia, se non abbiamo cominciato i nostri lavori in tempo per discutere, potendo ancora, cambiare, la scelta della localizzazione dello stabilimento Fiat, non è mancato spazio, credo, per discutere le modalità dell'insediamento e cercare in qualche misura di adeguare le caratteristiche di esso, pure in assenza di un piano territoriale di dettaglio, all'ambiente socio-economico in cui si è inserito.
I lavori di questi due anni sono costituiti da riunioni della Commissione speciale, da "audizioni" dei soggetti direttamente interessati all'insediamento (dalla Fiat agli enti locali ai sindacati dei lavoratori) di memorie illustrative e di pareri tecnici che il grosso "allegato" della relazione mette a disposizione di tutti i colleghi. Questa introduzione illustrativa non ha comunque lo scopo di effettuare una sintesi compiuta di tutti i lavori (per questo non si può non rinviare alla relazione). Intende solo effettuare alcune puntualizzazioni e cogliere, dalla relazione, le conclusioni a mio avviso più importanti.
C'é, innanzitutto, da sottolineare il giudizio sulla localizzazione prescelta. Si tratta di una localizzazione (quella di Crescentino) che non è corretta nei confronti del disegno di riequilibrio territoriale della nostra Regione, tendente a ridurre il saggio di crescita e di ulteriore agglomerazione dell'area di Torino per rivitalizzare una serie di poli minori della Regione collocati al centro e alla guida di altrettante aree ecologiche. Questo disegno di riequilibrio, come si legge nella relazione viene disatteso almeno sotto due profili: in primo luogo, perché, collocandosi ancora nell'area di Torino, anzi ai suoi margini, alimenta il processo di allargamento a macchia d'olio dell'area stessa e quindi contribuisce non a ridurre (in senso relativo) il peso dell'area di Torino, ma, ingigantendola, ne rende anche più difficile il controllo, specie nei termini di assetto territoriale in secondo luogo, perché finisce addirittura di impoverire ulteriormente aree in declino o in stasi, come il Casalese ed il Vercellese, le quali, di fronte ad un insediamento proprio ai loro confini subiranno nuove emorragie demografiche, sotto il profilo della pendolarità come sotto il profilo dell'emigrazione vera e propria.
Per citare testualmente l'Ires, "l'insediamento di Crescentino contribuisce in forma limitata a risolvere i problemi dell'area di Casale Monferrato e di Vercelli e si presenta invece come un epicentro di allargamento dell'area ecologica di Torino".
Essendo tuttavia l'insediamento diventato una realtà, si trattava di controllarlo e di ridimensionarlo, onde limitare gli effetti di rottura del disegno di riequilibrio territoriale appena accennati. Si trattava di controllarlo innanzitutto in questi due sensi: impedendo che l'insediamento Fiat, andando oltre i previsti livelli dimensionali (specie di ordine occupazionale), generi a Crescentino un vero e proprio polo di sviluppo, con economie di agglomerazione tali da sbilanciare negativamente, a proprio favore, il residuo potere di forza autonoma, che, in forma ridotta, hanno ancora i vicini centri di Casale Monferrato e di Vercelli organizzando il territorio intorno all'insediamento Fiat ed anche indirettamente interessato ad esso, soprattutto per fornire agli operatori pubblici (enti locali, Istituto Antonomo. Case popolari, Gescal) il corretto quadro territoriale entro cui collocare i loro interventi, e anche, più corrette qualificazioni dei fabbisogni di abitazioni e di servizi di interesse collettivo.
Ma, attraverso una serie di vere e proprie " contrattazioni" triangolari con l'azienda (Regione ed enti locali, azienda, sindacati dei lavoratori), si è anche compiuto un serio sforzo di definire e qualificare l'insediamento anche sotto il profilo delle condizioni di lavoro e ambientali, degli inquinamenti, dei servizi civili e delle infrastrutture che formeranno l'intorno dello stabilimento, dei trasporti. Personalmente ritengo che i risultati positivi raggiunti (di impostazione delle soluzioni e di sollecitazione nei confronti dell'azienda) non debbono essere sottovalutati.
L'organizzazione del territorio dell'area di Crescentino troverà la sua base in uno studio, già avviato, dell'Ires, che definirà il ruolo di Crescentino all'interno dell'area ecologica di Torino, ma vedrà attentamente anche le connessioni di quest'area sia con le aree ecologiche vicine (Casale Monferrato e Vercelli) sia con gli altri centri vicini appartenenti all'area ecologica di Torino (Chivasso in particolare). L'Ires non si limiterà a redigere il piano territoriale vero e proprio, ma sarà anche il capofila delle indagini tendenti a verificare i dati tecnici forniti dalla Fiar relativamente alle caratteristiche dello stabilimento particolarmente per quanto attiene le condizioni di lavoro nella fonderia le misure volte a ridurre l'inquinamento all'interno e all'esterno dell'ambiente di lavoro. Sarà capo-fila anche di tutte le indagini specialistiche relativamente al campo dei fabbisogni e delle disponibilità idriche. Per queste ultime indagini l'Ires ha già avuto un formale particolare incarico dalla Giunta: ad esse annettiamo una fondamentale importanza, trattandosi di esaminare se i fabbisogni del progettato stabilimento Fiat e fabbisogni prevedibili in relazione agli sviluppi demografici e occupazionali indotti nell'area contrastano o meno con gli attuali fabbisogni dell'area del consorzio dei Comuni per l'acquedotto del Monferrato e con i prevedibili, consumi futuri, dato che questo acquedotto ha in prossimità dell'area Fiat le fonti di attingimento.
Le "puntualizzazioni conclusive" della relazione bene evidenziano il "percorso" seguito dai lavori della Commissione, che ha trattato i seguenti temi: il giudizio sulla localizzazione prescelta il problema dell'approvvigionamento idrico il problema degli inquinamenti il problema della mano d'opera e dell'immigrazione indotta le condizioni di lavoro e ambientali nello stabilimento il fabbisogno di residenze e di infrastrutture civili la localizzazione delle residenze e il rapporto con i centri circostanti il problema dei trasporti l'organizzazione del territorio il quadro istituzionale e il discorso del comprensorio.
Nella trattazione dei singoli temi è già emerso che l'intervento della Regione e degli enti locali non può limitarsi ad un giudizio dato una volta per sempre, ma deve tradursi in un giudizio "continuo", basato sui controlli e sull'azione che anche la Regione dovrà svolgere in forma continuativa, specialmente per quanto riguarda il problema degli inquinamenti, e l'altro, non meno importante, delle condizioni di lavoro ed ambientali nello stabilimento. Qui vorrei solo sottolineare l'esigenza che nel piano territoriale si valutino adeguatamente anche questi aspetti di tipo economico e di tipo sociale: i fabbisogni di mano d'opera, con i connessi problemi dei flussi di immigrazione e dei flussi di pendolarità i fabbisogni di residenze e la loro localizzazione le relazioni di trasporto tra i centri di lavoro e le residenze (viste però in un contesto più generale, che consideri la collocazione di Crescentino non solo nell'interno dell'area ecologica di Torino, ma come centro industriale all'interno del Piemonte).
Mi sono limitato, in questa breve introduzione, ad effettuare alcune puntualizzazioni ed a sottolineare gli aspetti a mio avviso più importanti della materia oggi in esame. Se mi è consentito dalle conclusioni della relazione ricavare poche sottolineature veramente essenziali, vorrei innanzitutto mettere in evidenza la riaffermata esigenza di arrivare presto a disporre di un completo piano regionale. Collocate nel suo contesto molte delle domande di oggi troverebbero più solide basi per la ricerca di soluzioni definite e concrete.
L'altra esigenza è che l'area coinvolta dall'insediamento Fiat sia presto dotata di un approfondito studio, affinché gli enti locali interessati siano in grado di darsi, se non un piano globale vero e proprio, un comune disegno di sviluppo, sul quale basare forme di collaborazione intercomunale rivolte a specifici tipi di intervento (sto pensando alle abitazioni, ai trasporti eccetera).
Ovviamente, tutti gli ulteriori approfondimenti della Commissione andranno nel più breve tempo condotti a termine.
Per concludere, vorrei ribadire la necessità non solo che la Regione segua con attenzione permanente il problema delle localizzazioni industriali, ma soprattutto che predisponiamo strumenti normativi ed operativi che ci consentano di guidare le dinamiche territoriali ed economiche.
Già ho detto dell'urgenza che presenta la formulazione del piano regionale di sviluppo, ma non dobbiamo credere che il piano possa essere di per sé in grado di indirizzare lo sviluppo della Regione piemontese in tutte le sue più rilevanti manifestazioni. Perché questo obiettivo possa essere conseguito, com'é nei nostri propositi, occorre da un lato articolare il piano regionale in piani sub-regionali per aree-programma piani che debbono comprendere anche l'assetto del territorio, e da un altro lato, proprio al fine di orientare la localizzazione negli insediamenti industriali, si devono attrezzare specifiche aree industriali e realizzare un adeguato supporto infrastrutturale.
La formazione del piano di sviluppo in cui è attualmente impegnata la nostra Regione deve cioè farsi carico non solo delle indicazioni programmatiche e delle scelte di indirizzo da assumere, ma contemporaneamente della creazione di quegli strumenti che sono essenziali alla gestione del piano stesso e che possono consentirci di operare in termini concreti ed incisivi nella realtà piemontese, sui meccanismi di sviluppo e sui processi che investono il territorio.
Questa prospettiva viene convalidata proprio dal lavoro svolto da questa Commissione speciale e dai primi risultati cui essa è pervenuta; è un'indicazione che dev'essere raccolta per poter avviare - attraverso il decentramento e la diversificazione industriale - quel riequilibrio territoriale che costituisce uno degli obiettivi di fondo del nostro impegno e della nostra azione.



PRESIDENTE

Chi si iscrive a parlare? Il Consigliere Besate, il Consigliere Garabello, il Consigliere Zanone, il Consigliere Rivalta, il Consigliere Simonelli. Vorrei rivolgere a tutti l'esortazione a fare un uso discreto del tempo a disposizione, così da arrivare possibilmente a concludere la discussione questa sera stessa.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Besate.



BESATE Piero

Signor Presidente, la Commissione, con la relazione dell'Assessore all'industria, mi pare abbia colto bene un significato che proietta gli elementi presenti nel caso di Crescentino su un piano più generale, la cui validità non può essere né sottaciuta né ignorata, proprio in rapporto alla vicenda che ormai è in corso e attraverso il parere sul programma economico nazionale e sul rapporto preliminare dell'Ires, che ha immediato riflesso sui contenuti, sugli strumenti del Piano regionale di sviluppo che la Regione sta approntando.
Sottolineata la validità generale delle indagini e delle conclusioni di questa relazione, che prende le mosse dal caso di Crescentino, vi è da fare, a mio avviso, immediatamente un rilievo: la relazione giunge in aula con molto ritardo, dopo oltre due anni di lavoro della Commissione, quando si è ormai prossimi all'inaugurazione, con la prima colata, della fonderia di Crescentino. E' un ritardo che va pure annoverato nel bilancio negativo di questa vicenda.
Evitando di ripetere cose già dette nella relazione, mi limiterò ad evidenziare alcuni aspetti della questione che ci sembrano degni di approfondimento e di acclaramento che in essa non compaiono, sempre badando alla validità generale degli elementi addotti, meglio, alla loro portata generale, più che alla loro portata particolare.
Elementi molto importanti di riflessione vi sono, ad esempio, per quanto riguarda i fattori di localizzazione. La relazione già critica la scelta di tipo aziendalistico ed esprime un giudizio negativo, che condividiamo pienamente. Ma io intendo mettere in rilievo un fatto più rimarchevole ancora. Per localizzarsi, un'industria di una certa entità oltre che della possibilità di disporre di acqua, di elettricità, in misura adeguata, e di altre fondamentali infrastrutture, deve preoccuparsi di un altro elemento essenziale, di avere cioè il consenso all'insediamento degli enti pubblici, degli enti statali. La Fiat non si è data certo soverchio pensiero di ciò: nel volgere di sette giorni - tanti ne sono trascorsi dal momento della presentazione della domanda a quello del ritiro del documento con la firma del Sindaco di Crescentino - ha ottenuto la licenza di costruzione per questo grande stabilimento, quando tutti sanno che in qualsiasi Comune occorre attendere assai più a lungo anche per farsi autorizzare alla costruzione di un pollaio; in quanto all'Ufficio del Genio Civile di Vercelli, ufficio che oggi dipende dalla Regione e sta conoscendo per altri motivi traversie complesse in questo periodo in rapporto ai fatti dell'alluvione del 1968, è stato molto sollecito anch'esso a concedere alla Fiat quanto essa richiedeva.
Al comportamento del Sindaco di Crescentino, che, senza pensarci su troppo a lungo, rilascia una licenza di questo genere in sette giorni, si contrappone quello, in verità recente, del Sindaco di Chivasso, di cui anche l'Assessore Chiabrando ha avuto motivo di interessarsi, il quale prima di concedere la licenza all'Enel per un ampliamento della centrale termoelettrica, ha voluto interpellare la popolazione mediante un pubblico dibattito, nominando una Commissione di tecnici anche per cercar di valutare preventivamente gli effetti di inquinamento da una parte e dall'altra parte del sorgere di nuovi agglomerati, di aggregazione e di localizzazione; ed anche il Sindaco del piccolo Comune di Entracque ha fatto qualcosa di analogo: sta conducendo, in rapporto ad una licenza rilasciata all'Enel da un suo predecessore per il pescaggio delle acque a 1.500 metri di quota, tutta un'iniziativa, che ha investito anche i singoli Consiglieri regionali, essendosi reso conto delle conseguenze che determina tale licenza per la Valle Gesso, per le Terme di Valdieri.
Si sta dunque facendo strada una nuova coscienza intorno a questi problemi. Gli insediamenti non vengono più considerati, come due anni - due anni e mezzo fa dal Sindaco di Crescentino, lasciandosi suggestionare dalle prospettive offerte dalla collocazione in loco di uno stabilimento, di un grande complesso, per cui alla Fiat si devono spalancare le porte, si devono far ponti d'oro in quanto sicuramente apportatrice di benessere.
Anche quel Sindaco, oggi, con ogni probabilità, riflettendo meglio vedrebbe la questione in modo diverso, a meno che si tratti di qualcuno che vuol essere ad ogni costo coerente con decisioni prese in passato (ma si dice che è del saggio saper mutare opinione di fronte al procedere delle cose).
Qual è però la morale che da ciò deve trarre la Regione? Il Sindaco di un piccolo Comune, che è poi, in definitiva, il responsabile del rilascio di una licenza, assillato magari da problemi di occupazione, da casi di degradazione sociale che ha presenti nella propria zona, venendo a trovarsi sottoposto a pressioni da parte di colossi come la Fiat o come l'Enel, pu facilmente lasciarsi indurre a decisioni non ben meditate. Può così accadere che quel piano di sviluppo regionale, che si sta discutendo speriamo democraticamente, in tutto il Piemonte, venga sconvolto perché una grossa potenza economico politica, convincendo con le sue pressioni un sindaco a rilasciare una licenza, può effettuare localizzazioni che risultano fattori di aggregamento di industrie e di popolazioni anche provenienti da altre regioni. La Regione tollera un tale stato di cose? Ecco un primo motivo di riflessione che ci viene dalla considerazione di questo fatto, che ci deve toccare non tanto dal punto di vista scandalistico o personale quanto come responsabili della politica della Regione e delle strutture giuridiche, economiche e sociali esistenti nella nostra Regione, e non soltanto nella nostra Regione.
Un altro fattore di cui non ha tenuto conto la Fiat è evidentemente quello della mano d'opera, in rapporto al suo insediamento a Crescentino con tutte le conseguenze che esso comporta. Essa ha scelto di impiantare questa fonderia, che occupa mano d'opera esclusivamente maschile, in una zona in cui non esiste disoccupazione maschile mentre esiste invece una forte disoccupazione femminile, anche in relazione al fatto che l'agricoltura non occupa più mano d'opera, e perché non ci sono fabbriche che occupino la mano d'opera femminile, nella zona, se non in misura estremamente limitata. La Fiat, evidentemente, ha tentato, nel fornire dei dati, di minimizzare tali effetti. Sottolineo d'altronde con compiacimento che l'intervento della Commissione, ma soprattutto le agitazioni organizzate dalle organizzazioni sociali democratiche, i passi compiuti da personaggi politici nella zona interessata hanno indotto la Fiat ad elevare questo almeno hanno assicurato ufficialmente i suoi rappresentanti alla Commissione, ma dovremo accertarci che i fatti lo confermino - l'età di prima assunzione dai 35 ai 45 anni, il che porta ad una diversa valutazione del flusso migratorio. E' già un primo risultato, seppure molto modesto che dimostra come si possa fare qualche passo avanti anche con un'attività purtroppo limitata, che si ponga come potere di contrattazione di fronte ad un'azienda come la Fiat.
Abbiamo posto in evidenza nella relazione il fatto che, com'è ammesso anche in un documento della Fiat, la maggiore industria torinese non ha neppure preso in considerazione, per questo insediamento destinato alla produzione della ghisa, la scelta di una qualche località del Mezzogiorno.
Nel documento citato l'azienda precisa di aver considerato diverse alternative di localizzazione (fra cui una anche in una provincia lombarda quella di Brescia), senza però menzionare alcuna località del Sud, ma di avere alfine optato per Crescentino. Ha preferito costruire nel Nord, non lontano da Torino, per evidenti ragioni di interesse aziendalistico: trasporti più veloci e prossimi, trattandosi di una fonderia di seconda fusione, con costi ridotti quindi per quanto riguarda l'utilizzo del prodotto, puramente e semplicemente. Senza tener presente che questi problemi dei trasporti potevano essere facilmente risolti con la collaborazione dello Stato, che concede tariffe speciali alle aziende alla Fiat come ad altre - che vanno ad incentivare l'industrializzazione nelle zone del Paese che non sono industrializzate. Nessuno si scandalizza di tali agevolazioni tariffarie: se gli stessi americani hanno fatto una rivoluzione per difendere la propria industria da quella inglese, come meravigliarsi che gli italiani favoriscano l'industrializzazione del Mezzogiorno, soprattutto promuovendo l'intervento di privati? Queste considerazioni non hanno neppure sfiorato la mente dei dirigenti della Fiat in questo caso. Ed è sicuramente merito delle forze che operano nella zona come comunità nuova, delle forze sindacali della zona e delle due Province interessate di Torino e di Vercelli, del Consorzio dell'Acquedotto del Monferrato e dei suoi Comuni, merito della stampa, se questo problema ha assunto tale ampiezza da interessare tutte le forze politiche, da interessare la Regione in uno dei suoi primi atti qualificanti (si era, se non vado errato, ai primi mesi di vita della nostra Regione, quando ancora non c'erano né Statuto né Regolamento).
Oggi, però, il problema si pone - a cose fatte, perché si è intervenuti a cose fatte - rispetto a formidabili interrogativi che rimangono, e che io desidero sintetizzare, anche se già appaiono nella relazione, perché siano ben presenti nel loro insieme di fronte al Consiglio Regionale.
Prima di tutto, la questione delle infrastrutture. Non è esagerato dire che, se la Fiat spenderà 14-15 miliardi per il suo stabilimento, le infrastrutture minime necessarie (scuole, strade, ospedali eccetera), senza dubbio, pure in una valutazione molto ristretta, verranno a costare sui 20 21 miliardi.
Poi, il modo dell'insediamento della nuova popolazione che necessariamente dovrà insediarsi nella zona perché lo stabilimento possa produrre. La cosiddetta ghettizzazione a Borgo Revel degli immigrati o degli operai Fiat, che l'azienda aveva in programma, si è opposta energicamente la Commissione, ma non sappiamo che cosa sia stato fatto dopo l'incontro a tre. Questo è uno dei problemi più grossi connessi a questo insediamento, che occorre controllare e seguire anche con iniziative da parte della Regione e dei Comuni.
Non va poi trascurata la questione degli scarichi: forse non si presenterà subito, ma nel giro di pochi anni le scorie andranno accumulandosi. Una fonderia di quelle proporzioni (le cifre sono contenute nella relazione, e non le ripeto) crea montagne di detriti. La Fiat pensa di sistemarli dapprima in certe aree, poi di destinarli a riempimento delle cave, infine di collocarli lungo le strade. Tutti noi conosciamo la strada che dal Crescentino collega a Verolengo, a Chivasso e attraversa la Dora: questa bella zona verrebbe condannata ad avere poco alla volta le strade fiancheggiate dai detriti della Fiat. Badate che non è solo un problema di natura estetica: interessa anche l'agricoltura, interessa l'ambiente, nel quale devono poter vivere uomini vivi.
Ancor più preoccupante si presenta il problema dell'inquinamento. Si ha un bel dire che verranno effettuati tutti i controlli opportuni: sui fiumi sulle polveri eccetera. Le conseguenze inevitabili che questo stabilimento causerà nella zona andranno ad assommarsi all'induzione per il progettato ampliamento della centrale Enel di Chivasso, agli inquinamenti prodotti dalla raffineria BP di Volpiano, dai cementifici di Trino e di Morano Po.
Quello dell'inquinamento atmosferico non è un problema che possa essere visto distintamente per quello che riguarda Chivasso, per quello che riguarda Crescentino, per quello che riguarda Volpiano, per quello che riguarda Trino: l'atmosfera non ha soluzione di continuità, non si ferma ai confini amministrativi dei Comuni. Questo è dunque un altro dei preoccupanti interrogativi che ci stanno di fronte, e non interessa solo Crescentino ma l'intera vasta zona del Chivassese, per l'assommarsi dei fattori inquinanti che in essa operano.
Poi vi sono le complicazioni del collocamento, che hanno ormai assunto notevoli dimensioni, e soprattutto preoccupanti caratteristiche. Come vedremo meglio quando discuteremo la questione di Bardonecchia, nelle zone ove si verificano immissioni di mano d'opera proveniente da altre Regioni in assenza di strutture assistenziali, o in carenza di idonee strutture assistenziali, per la loro inadeguatezza al nuovo flusso, con situazioni per quanto riguarda le abitazioni, la lievitazione dei prezzi, che non permettono ad una famiglia di lavoratori che provenga dal Sud senza mezzi di affrontare la situazione, il problema del collocamento può trasformarsi in un problema di mercato della mano d'opera esercitato da chi non ha titolo per farlo. Non è ancora l'intermediazione classica, ma sono i primi passi, dai quali si giunge a quelle situazioni disperate di cui con ogni probabilità ci occuperemo domani o nei prossimi giorni. Il problema del collocamento, quindi, va tenuto sotto controllo ad ogni momento e va rapportato alla sua funzione non burocratica ma di contatto e di assistenza ai lavoratori.
Da considerare, poi, i problemi della formazione di questa mano d'opera che proviene o dalle campagne o da altre Regioni, oltre che dal punto di vista della qualifica, della mansione, anche in quanto a coscienza operaia a consapevolezza dei propri diritti, a conoscenza di che cosa è lo statuto dei lavoratori, di che cosa è il sindacato in una fabbrica, di che cosa sono i consigli di fabbrica, di che cosa sono i delegati di fabbrica; così da creare all'interno della fabbrica una forza contrattuale che imponga alla Fiat di rispettare i contratti, di rispettare la personalità del lavoratore, di rispettare le norme che tutelano la salute, soprattutto, del lavoratore, così da dare ai lavoratori la consapevolezza, la forza e l'unità per imporre che siano create le strutture sociali, i servizi sociali, dalla scuola materna agli asili-nido fino alle scuole medie dell'obbligo, nelle quali devono trovare una giusta educazione, istruzione e formazione i figli di questi lavoratori; perché chi emigra, in generale non è l'anziano, ma il giovane, che porta con sé bambini, i ragazzi abbisognevoli di aiuto per inserirsi nel nuovo ambiente, nella nuova città di amalgamarsi con la popolazione per formare una nuova comunità, un nuovo tessuto sociale rinvigorito, arricchito da nuovi valori operai, in cui non vi sia divisione fra piemontesi da una parte e meridionali dall'altra.
Veniamo, infine, al problema delle acque. E' un problema di portata eccezionale. I Comuni dell'Acquedotto del Monferrato e i Comuni per i quali il piano generale degli acquedotti ha previsto prelievi dalla falda artesiana alla quale attinge anche la Fiat calcolano di attingere nei prossimi anni da quella falda 1610 litri d'acqua al secondo, che, aggiunti ai 500 litri al secondo che ne prende la Fiat, portano il prelievo a circa 2 metri cubi al secondo. E' sufficiente confrontare i dati apparsi tempo addietro sulla rivista dell'Azienda municipalizzata di Torino delle Acque potabili, dati che non sto qui a ripetere, concernenti gli impianti per la depurazione dell'acqua per Torino, in rapporto agli anni a venire, per capire quale problema è presente anche in quella zona. Già oggi quei 105 Comuni si trovano in difficoltà per assicurare agli abitanti l'acqua per gli usi civili. Eppure le zone di Asti, Nizza, Canelli, la Val Tiglione hanno bisogno che sia loro assicurato il rifornimento idrico anche per gli usi connessi ad un loro auspicabile sviluppo economico, non fosse altro che attraverso una riqualificazione della stessa agricoltura.
La Regione non può non vedere questi problemi da un punto di vista generale. Con certe scelte riferite a determinati fattori potremmo condannare determinate zone all'ulteriore degradazione, all'ulteriore dequalificazione.
In tema di utilizzo di acque, dirò, riprendendo una considerazione già accennata poco fa, che è stato quanto meno sconcertante il comportamento del Genio Civile di Vercelli. Avevo mandato la relativa documentazione all'Assessore perché l'allegasse, ma egli ha ritenuto di non doverlo fare dal momento che la Commissione non ne aveva discusso. Per la verità, a me non pare scorretto rifarsi puramente e semplicemente a lettere con tanto di data e numero di protocollo - risposte del Ministero dei Lavori Pubblici iniziative del Ministero dei Lavori Pubblici e via dicendo - non vedo che cosa ci possa essere di non lecito nell'allegare un dossier di atti pubblici che è compulsatile presso il Genio Civile di Vercelli. Da tale documentazione si può dedurre che, se il Sindaco di Crescentino era stato sollecito nel rilasciare la licenza di costruzione dello stabilimento suggestionato dal miraggio dell'insediamento Fiat, il Genio Civile e andato ben al di là: pur avendo constatato che la Fiat non si era attenuta nella trivellazione dei pozzi alle particelle di terreno espressamente specificate nella sua richiesta, non ha preteso che quei pozzi venissero chiusi; in secondo luogo, ha rinunciato al suo diritto-dovere di controllare la portata dei pozzi per accertarsi che l'attingimento dalla falda artesiana non superi 500 litri al secondo dichiarati, quasi che invece che di un'azienda privata si trattasse di un ente pubblico. Mi pare che questo comportamento sia non solo strano ma illegale. Esso ci riporta al problema del rapporto fra le grosse concentrazioni economiche e finanziarie e gli enti pubblici, alla capacità delle prime di suggestionare questi ultimi, per usare un'espressione eufemistica e non parlare del modo in cui certi accordi si possono concludere in spregio degli interessi pubblici, degli interessi della collettività. Di fronte ai colossi dell'industria, come nel caso in questione, gli interessi della collettività finiscono sempre con l'essere relegati in posizione subordinata.
Concludo. Nell'insieme, mi pare che la questione di Crescentino, con i problemi ad essa collegati, imponga alla Regione di intervenire subito facendosi promotrice di un'associazione fra i Comuni e le Province interessate, con facoltà di partecipazione anche dei sindacati e delle forze sociali, per costituire una forza politica e amministrativa di contrattazione, di controllo e di iniziativa nei confronti della Fiat affinché lo sviluppo di quella zona venga contenuto nella sua caoticità al minimo possibile delle condizioni attualmente presenti in quel luogo.
Dobbiamo anche imporre alla Fiat di adottare le misure conseguenti obbligatoriamente al suo insediamento. L'Ires sarà capofila per le ricerche sulle acque, ma la Regione dev'essere capofila politico subito. E' giusto quel che dice la relazione, che questi problemi dobbiamo vederli in funzione della formazione del piano. Sarà una scelta del piano, comunque una scelta si deve operare. Il problema non è soltanto di fare adesso le necessarie ricerche tecniche sulle acque, sugli inquinamenti, su tutti gli altri problemi, sull'organizzazione del territorio, finanziandole conducendole a termine il più presto possibile: e di spronare e sostenere i Comuni - ciò che finora non ha fatto, donde la nostra critica alla Giunta nello svolgimento di una contrattazione con la Fiat, che impedisca a questa di continuare ad utilizzare a suo piacimento le risorse naturali ed umane imponendole invece di operare in modo più confacente all'interesse collettivo. Sono indicative in proposito le vicende del Comune di Verolengo, ove la Fiat ha fatto ridurre a 800 milioni rispetto ai 1150 necessari l'intervento e limitando il proprio per i soli impianti sportivi che però pretende di tenere di sua proprietà con l'intesa di cederli al Comune dopo venticinque anni: la Fiat si comporta nei riguardi dei Comuni come se facesse loro dei regali, mentre in realtà impone agli enti pubblici ed alla collettività una spesa di oltre 20 miliardi.
Noi non possiamo non criticare l'inerzia della Giunta dal momento in cui avrebbe dovuto intervenire affinché i Comuni interessati si associassero, o comunque si coordinassero, sotto la guida della Regione per imporre decisamente alla Fiat il proprio punto di vista. Riteniamo che qualcosa sia ancora possibile fare, anche se siamo in ritardo, e pertanto chiediamo alla Giunta un impegno ad intervenire immediatamente, e ad operare in conformità anche in futuro.
L'esperienza, nel complesso positiva, fatta in rapporto all'insediamento di Crescentino, non deve andare dispersa né in rapporto alla formazione del piano regionale né in rapporto allo specifico problema degli insediamenti industriali (e mi riferisco agli insediamenti dell'Enel a Chivasso e ad Entracque, della Lancia a Verrone, con tutti i problemi connessi). Al di la della valutazione della validità o meno di quell'insediamento, i problemi delle infrastrutture e degli approvvigionamenti idrici di quelle popolazioni rimangono e la decisione non può essere lasciata a piccoli Comuni (vedasi Candiolo con tutti gli altri centri che hanno problemi della stessa natura) che non hanno la forza per contrattare con la Fiat, oppressi come sono dal grande peso finanziario del più grosso monopolio italiano.
Su questo tema, di prospettiva immediata ed a più lungo termine, noi chiediamo che la Giunta si impegni, partendo dalle risultanze della Commissione di indagine e dalle stesse indicazioni che, nella conclusione la relazione dell'Assessore dà al Consiglio.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Garabello. Ne ha facoltà.



GARABELLO Enzo

Signor Presidente, sotto un certo profilo è un po' un peccato che un problema di questa natura debba essere necessariamente discusso, in rapporto alla sua collocazione nel nostro ordine del giorno, in una fase finale di una giornata abbastanza faticosa. Perché mi pare che, giunti al termine di questi lunghi lavori, noi che abbiamo fatto parte della Commissione, e abbiamo vissuto tutte le difficoltà di questa esperienza nuova per la Regione, nel dare un giudizio complessivamente positivo di quanto è avvenuto, dovremmo poter ampiamente esternare al Consiglio Regionale le nostre preoccupazioni, e sotto certi aspetti anche la nostra soddisfazione, proprio in relazione al tipo di tema che ci era stato assegnato.
Noi abbiamo lavorato su un problema dopo che questo aveva trovato sostanzialmente, una sua collocazione, e, se vogliamo, una sua definizione non in tutti i particolari (rimangono tuttora aperti degli spiragli di azione preventiva, di azione politica da parte della Regione) ma certamente nell'elemento fondamentale attorno al quale ci siamo mossi. Questo evidentemente, ci giustifica: non si poteva pretendere che noi ottenessimo grandi risultati arrivando a cose fatte Ma abbiamo avuto, al termine dei nostri lavori, la capacità, vorrei dire anche il coraggio civile, di esprimere un parere negativo rispetto a quell'insediamento, così com' avvenuto e come noi lo abbiamo analizzato. C'é da augurarsi che non venga meno, questo coraggio civile di dire con chiarezza il proprio pensiero anche allorquando saremo posti in grado di giudicare preventivamente e quindi di bloccare certe iniziative. In questa circostanza, accertati gli aspetti negativi dell'insediamento, sui quali non mi soffermo dato che sono chiaramente sunteggiati nella relazione e ne ha parlato d'altronde con grande calore il collega Besate, abbiamo ritenuto di dichiarare ugualmente il risultato sfavorevole delle nostre indagini: se, intervenendo in altra occasione, non più a posteriori ma preventivamente, in posizione programmatica, avremo il coraggio civile di dichiarare senza velature i nostri punti di vista, anche in senso negativo, la ragion d'essere della Regione ne risulterà avvalorata: accanto ai "si" che dirà perché a ragion veduta riterrà che certe proposte siano valide, anche i "no" la qualificheranno.
E' pur vero che dovremmo essere presto in condizioni di non dover disquisire in questo modo, soprattutto così a lungo, di operazioni singole del genere, perché una visione di pianificazione complessiva della Regione e sotto il profilo delle prospettive economiche e sotto il profilo conseguente di ordine urbanistico, dovrebbe consentirci sufficienti indicazioni di massima. Ma penso che nella fase di rodaggio, per un certo tempo, fin tanto che non si sia creata una mentalità di accettazione degli interventi della Regione da parte degli organi pubblici locali, degli organi dello Stato, di cui ha sottolineato chiaramente certe disfunzioni anche il collega Besate, dovremo affrontare altri problemi singoli. Io formulo proprio questo augurio: che la Regione abbia la capacità di dire non solo dei "sì" ma, quando sia il caso, anche dei "no", perché molte volte i "no" qualificano ancor più dei consensi.
Il giudizio finale negativo contenuto nella relazione richiama, come ho già detto, ad un discorso di pianificazione, di programmazione. Casi come questo debbono farci render conto che con il lavoro che stiamo svolgendo oggi - ora in corso di approfondimento con la comunità regionale, che poi ritornerà alla responsabilità della Giunta e del Consiglio - per definire il Piano regionale, affrontiamo un grosso problema, di cui dobbiamo cercare la soluzione senza indugiare troppo, ad evitare di trovarci ancora a dover dire dei "sì" o dei "no" senza possedere un preciso quadro di riferimento.
Vorrei fare alcune considerazioni, contenute per la verità nella relazione, e di cui ha parlato anche Besate, essenzialmente su alcuni aspetti, di natura, direi, strettamente politica.
Quando ci siamo accostati - qualche volta non come Commissione nel suo complesso ma come singoli membri - alla realtà di quel comprensorio partecipando sul posto ad assemblee, ricevendo rappresentanze formali dei Comuni, ricevendo le minoranze consiliari, i sindacati, altri tipi di rappresentanza, abbiamo potuto fare una constatazione che certamente ci deve far meditare. In quella zona, fors'anche per la sua posizione di confine fra tre Province, quella di Torino, quella di Alessandria e quella di Vercelli, è ben poco sentito lo spirito comunitario. Purtroppo, il fatto che si sia agito per tanto tempo al di sopra del livello comunale in rapporto alle circoscrizioni provinciali, tracciate in altri tempi nel modo che tutti sappiamo, ha portato popolazioni molte volte assillate da problemi di uguale natura, con le stesse esigenze, vorrei dire con la stessa sensibilità, a trovarsi isolate nell'affrontarli, per il fatto di trovarsi in realtà amministrative diverse. Abbiamo potuto notare in qualche caso (che speriamo non sia troppo generalizzato) come amministrazioni civiche della stessa zona si esprimessero in modo difforme sulle stesse questioni. Abbiamo notato, proprio, io penso, per questa strana configurazione amministrativa della zona, quante difficoltà si incontrino ad affrontare certi problemi, che esaminati in una visione più ampia di quella strettamente campanilistica possono avere valide soluzioni, mentre una loro valutazione sulla base di interessi localistici di una piccola comunità non lascia adito al formarsi di un'esatta comprensione dei fenomeni sociali, dei fenomeni economici, con quelle conseguenze che tutti specialmente gli interessati, si trovano a dover deplorare a posteriori.
Ebbene, da questo male, costituito dall'insediamento di questa fonderia in questa zona, potranno derivare indirettamente dei benefici se noi saremo capaci di guidare quelle popolazioni ad assumere responsabilmente una visione comunitaria, prendendo l'iniziativa politica di far consorziare i Comuni, non tanto al fine di costituire un comprensorio formale, che romperebbe quell'armonia che la nuova visione delle aree ecologiche ci invita a rispettare, quanto per arrivare ad ottenere che questi Comuni nel loro aspetto formale, cioè le amministrazioni, e le comunità locali, cioè le popolazioni, trovino motivi di incontro e non di divisione campanilistica. Occorre però esercitare particolare vigilanza, occorre particolare iniziativa politica, e in questo senso mi pare di potermi associare alla richiesta che faceva il collega Besate di un ulteriore approfondimento da parte della Giunta nella sue varie funzioni istituzionali, al fine di cogliere gli aspetti negativi e tentare di trasformarli in positivi. Il raggiungimento di una visione comunitaria attraverso questo fatto di per sé negativo costituirebbe un frutto positivo che tornerà a nostro merito politico il saper cogliere: se non vi riuscissimo, anziché una correzione positiva potremmo avere un aggravamento della situazione già da noi valutata in senso sfavorevole.
Un secondo aspetto: il problema dell'acqua e degli inquinamenti. Non mi ci soffermo entrando in particolari dato che già qualcuno ne ha parlato e qualcun altro forse ne parlerà, probabilmente il collega Zanone, molto sensibile a questi problemi. Però, mi pare che questo aspetto della situazione abbia ancora delle aperture possibili in senso positivo: l'ulteriore prosecuzione dello studio da parte dell'Ires, e quindi le decisioni che dovranno essere adottate, a livello amministrativo e politico, dalla Regione ci offrono la possibilità di marcare una nostra presenza spiccata in rapporto ad esso.
E' vero che abbiamo riscontrato una situazione stranissima: lo stesso Consorzio dell'Acquedotto per il Monferrato ci ha lasciati molto perplessi con il proprio comportamento, che ha indotto la Giunta ed il Presidente ad un richiamo al momento opportuno, al quale la Commissione si è associata apertamente. Dobbiamo pur dire che appare inconcepibile che, mentre si sono trovate, da parte di questi grandi complessi industriali, di cui pure qui critichiamo una realizzazione, buone disposizioni alla discussione disponibilità ad un dialogo (anche se qualcuno potrebbe dire malignamente che tutto era più facile a problema già risolto) su certi problemi compresi quelli dell'acqua e quelli degli inquinamenti e degli scarichi non analogo impegno si è riscontrato da parte di un ente che è pubblico in quanto consorzia tutti i Comuni del Monferrato Dobbiamo dire, a questo punto, che la responsabilità politica richiama in causa ad un certo momento le Amministrazioni locali, indipendentemente dai colori che hanno sul palazzo civico, e ci fa dire che, mentre noi stiamo sostenendo che per risolvere certi problemi occorre che i Comuni si consorzino fra di loro, è piuttosto preoccupante costatare, a proposito di strumenti già esistenti che sono mancate sensibilità, collaborazione, disponibilità al dialogo.
Indubbiamente, dobbiamo salvaguardare con estrema severità le esigenze della popolazione locale in rapporto al fabbisogno idrico, al punto che se sarà necessario bisognerà, esperiti gli opportuni accertamenti, far avvenire i prelievi d'acqua per scopi industriali in forme diverse, tali da non compromettere né la quantità ne la purezza, la potabilità dell'acqua per le popolazioni civili.
Desidero dire ancora qualcosa su un aspetto che ho evidenziato già prima in termini più generali: la necessità del riequilibrio urbanistico e, se consentite, umano del comprensorio. Noi abbiamo notato, discutendo con le comunità locali, una tendenza abbastanza preoccupante a predisporre insediamenti di natura abitativa senza tener conto di fattori che pure vanno salvaguardati. Abbiamo criticato, così, la previsione di costruire trecento alloggi in una borgata rurale come Borgo Revel, il che significherebbe snaturare profondamente una comunità nei suoi problemi nelle sue esigenze, nelle sue tradizioni, in un suo certo modo di vivere attraverso l'insediamento indifferenziato di un ghetto. Questo, delle soluzioni urbanistiche per gli insediamenti residenziali, è un problema che dev'essere ancora sviscerato: però occorre che su questo argomento le alternative venute ad emergere nell'ambito della Commissione stessa nell'ambito della discussione con gli enti locali, siano valutate con alto senso di responsabilità; altrimenti, coloro che verranno ad insediarsi vicino allo stabilimento non troveranno un habitat naturale, umano, valido e inoltre potranno determinare una rottura nelle caratteristiche di una comunità locale. Su questo punto la Commissione in una certa fase ha svolto esami veramente approfonditi: i suoi componenti si sono accostati a quelle popolazioni, alle forze vive, per coglierne gli aspetti essenziali. Bisogna scongiurare il pericolo che, lasciando che le cose vadano senza una guida oculata, si accumuli, all'errore dell'insediamento dell'industria, l'errore di un errato insediamento residenziale.
Si era detto da parte degli amministratori locali che si doveva approfittare dell'occasione per operare, attraverso i contributi per le urbanizzazioni di tipo civile che si sarebbero potuti ottenere nella circostanza, certi riequilibri interni in rapporto a servizi insufficienti o mancanti nell'ambito dei singoli Comuni. Di per sé questo è un discorso ineccepibile: bisogna però che non si perda di vista la necessità che il nuovo insediamento indotto dall'industria non crei a sua volta squilibri più gravi e più pericolosi.
Avviandomi alla conclusione, devo dire che un elemento che può lasciare perplessi è la durata che hanno avuto i lavori della Commissione, che pu apparire ovviamente eccessiva a paragone di quella della normale attività consiliare in Commissione. Il problema dei tempi di lavoro è da tenersi in conto, però, nell'uno e nell'altro senso: se si ha più tempo a disposizione si riesce ad approfondire meglio, si arriva ad acclarare meglio certe cose e la stessa consultazione esterna non è più un fatto formale, affrettato tirato via qualche volta, ma diventa veramente un dialogo che può avere tempi diversi e quindi permette verifiche di certi aspetti del problema.
Possiamo riconoscere che forse siamo andati un po' per le lunghe però mi pare di poter dire che c'è stato in questa Commissione, insolita come formulazione, del resto giustificata dai tempi già ricordati in cui è nata un clima di vera collaborazione fra i Gruppi politici, fra la Giunta e il Consiglio Regionale. Io penso che vi possano essere delle occasioni in cui un modo di lavorare di questo genere si possa riproporre come opportuno. E credo sia doveroso da parte mia dare atto, anche a nome degli altri commissari, all'Assessore Petrini, che ha vicariamente presieduto la Commissione, di un notevole impegno e di un notevole slancio. L'Assessore Petrini può dirsi soddisfatto di aver portato a termine un'operazione che accanto ad ombre, ad incertezze di vario genere, contiene indubbi elementi positivi, che, se saremo capaci di farne tesoro, potranno in futuro anche consentirci di raggiungere ulteriori significativi risultati.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Zanone. Ne ha facoltà.



ZANONE Valerio

Signor Presidente, desidero premettere un'osservazione che non riguarda il tema specifico affrontato dalla Commissione ma l'ipotesi della sua sopravvivenza. Si tratta di una Commissione, com'è stato ricordato costituita prima dell'approvazione dello Statuto e del Regolamento del Consiglio per quanto riguarda il funzionamento delle Commissioni consiliari, e che quindi aveva ed ha una composizione promiscua, con componenti designati in parte dalla Giunta in parte dal Consiglio Regionale. In attesa di disporre, com'è stato dichiarato dall'Assessore Petrini, di un adeguato schema di programmazione territoriale, la Regione è opportuno abbia una Commissione apposita per le localizzazioni industriali.
Pur riconoscendo, in armonia con quanto ha detto poco fa il collega Garabello, lo spirito collaborativo che ha sempre contraddistinto i lavori di questa Commissione, mi domando se la composizione attuale di essa non si presti a confusioni fra le competenze dei diversi organi regionali e se non sia più opportuno riformarla per renderla conforme a quanto previsto dall'art. 19 dello Statuto per le Commissioni speciali.
Per quanto concerne il contenuto della relazione sull'insediamento di Crescentino, il Gruppo liberale condivide in linea di massima le osservazioni della Giunta, rammaricandosi che siano state distribuite con così scarso anticipo su questo dibattito che non è stato possibile prenderne conoscenza in modo adeguatamente accurato. La colpa di ciò è certamente anche nostra, almeno in parte, perché la durata eccezionalmente lunga dei lavori della Commissione ci avrebbe consentito di meditare già in passato sull'insediamento di Crescentino: solitamente, però, si esaminano i documento nell'imminenza della discussione, e in questo caso, vista la complessità della relazione e dei suoi allegati, certamente vi è stato ben poco tempo per farlo.
Noi, comunque, condividiamo sostanzialmente la linea direttiva della relazione, refusi tipografici a parte (il collega Revelli mi faceva notare poco fa che è forse eccessivo designare, come si fa a pag. 3, i componenti di questa Commissione i "lavoratori della Commissione speciale" probabilmente si voleva semplicemente parlare di "lavori della Commissione"......



PETRINI Luigi, Assessore all'industria

E' ovviamente un errore del proto



ZANONE Valerio

Non ne dubito: l'ipotesi che ci fosse un qualche intento demagogico da parte della Giunta non mi ha neppure sfiorato.
Vorrei aggiungere soltanto un'osservazione di merito circa i prelievi idrici dal sottosuolo da parte della Fiat. Si tratta di un problema complesso, che richiede studi per i quali né gli Uffici della Regione né lo stesso Ires, nella loro presente struttura, sono attrezzati sul piano tecnico e scientifico, e pertanto si è reso necessario ricorrere all'apporto di consulenti specializzati. Questo fatto può spiegare perch la relazione tratti questo problema, che in fondo dai lavori della Commissione è emerso con particolare evidenza, in modo soltanto interlocutorio. D'altra parte, questo ritardo nel definire il problema della politica delle acque può anche essere dovuto ad una mancanza di informazioni da parte di enti pure direttamente interessati alla materia come l'Acquedotto del Monferrato, che non hanno finora fatto avere alla Regione tutte le indicazioni necessarie.
Certamente, la conclusione di questo studio sui prelievi delle acque sarà utile non solo per vedere se non sia, come diceva poco fa Garabello il caso di chiedere all'industria interessata di adottare un diverso sistema di prelievi, che, sfruttando l'abbondanza delle acque superficiali sul luogo, potrebbe, pur essendo più costoso, risultare più consigliabile dal punto di vista ecologico. Sarebbe questa una buona occasione per saggiare la vantata sensibilità della massima azienda torinese ai problemi dell'ecologia. A parte l'utilità che potrà avere per le questioni delle acque di Crescentino, questo studio potrà essere utile anche come esperimento di partenza per una rilevazione delle risorse e dell'utilizzo delle acque di falda che aggiorni le indicazioni, tutto sommato abbastanza sommarie, del piano nazionale degli acquedotti e che stabilisca gli elementi conoscitivi necessari per un'effettiva politica delle acque da parte della Regione. A questo riguardo, credo quindi si debba prender nota che la questione di Crescentino non si conclude con la relazione.
Quanto all'opportunità della scelta della localizzazione, sulla quale nella relazione della Giunta si giunge a conclusioni critiche, che sotto diversi aspetti si possono condividere data la scarsa organizzazione infrastrutturale dell'area interessata, credo non vi sia molto da dire in aggiunta a quanto è contenuto nella relazione e a quanto è stato detto dai colleghi che mi hanno preceduto, visto che si tratta di una realtà non modificabile, o, per lo meno, modificabile solo nel senso di appoggiare le richieste dei Comuni interessati perché la Fiat concorra al finanziamento di opere sociali atte a ridurre gli effetti che deriveranno certamente dall'addensamento improvviso di popolazione conseguente all'inizio dell'attività della fonderia.
Anche se mi pare superfluo precisare ancora in questa sede la nostra scelta di indirizzo politico, ribadisco una volta di più che una politica regionale delle localizzazioni industriali, a nostro avviso, deve essere tale da non ostacolare pregiudizialmente tutti i nuovi insediamenti industriali, ma anzi da favorirli, perché questo è l'unico modo, credo, in prospettiva, di salvaguardare l'occupazione anche all'interno delle aree più industrializzate della Regione. Le industrie non vanno considerate come dei monumenti imperituri, e pertanto si deve prevedere che così come esse possono avere una fine quando non sono più economicamente produttive devono anche presumibilmente avere un inizio. Ma appunto se si vuol fare una politica di localizzazioni industriali, ora che, almeno parzialmente la Regione è in grado di avviarla e di gestirla, questa dev'essere per il futuro una politica che indirizzi, che orienti lo sviluppo delle localizzazioni industriali e non che lo rincorra. E questo è stato il limite obbligato che la Commissione per la Fiat di Crescentino ha dovuto verificare ogni giorno e che ha costituito anche il limite della validità dei suoi lavori. Ed è anche, credo - per rispondere in parte al collega Besate - la ragione della minor efficacia che un intervento della Regione per la Fiat di Crescentino potrà avere rispetto alla proposta di ampliamento dell'Enel a Chivasso.
Comunque, la relazione a nostro avviso può essere valutata in senso positivo, come un contributo utile alla programmazione territoriale della Regione.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Simonelli. Ne ha facoltà.



SIMONELLI Claudio

Signor Presidente, colleghi, gli oratori che mi hanno preceduto, ed anche l'Assessore Petrini, hanno già evidenziato i limiti profondi che hanno caratterizzato il lavoro della Commissione per gli insediamenti industriali di Crescentino, derivanti dal dover agire su una situazione già predeterminata, su una localizzazione industriale già scelta ed anzi su una realizzazione già in corso. Non abbiamo così potuto far altro che adoperarci a correggere per quanto possibile almeno gli effetti più macroscopicamente negativi di un'iniziativa che comunque aveva già avuto il suo inizio e rispetto alla quale, quindi, non si sarebbe potuto comunque esercitare, da parte della Regione, la possibilità di dire un sì o un no.
Faccio grazia al Consiglio di sviluppare tutte le argomentazioni che su questo problema potrebbero essere svolte. Credo che la Commissione abbia lavorato bene, cercando, nonostante il grave handicap accennato, di fare dell'attività in ordine all'insediamento di Crescentino l'occasione per un esame più ampio, che investisse non solo la tematica di questo insediamento ma tutti i problemi delle localizzazioni industriali e quindi della programmazione sull'uso del territorio in Piemonte. E sotto questi profilo le conclusioni che la relazione ci consegna sono utili per essere riprese e servire da base al lavoro futuro di programmazione nella nostra Regione.
In ordine alle conclusioni della Commissione sull'insediamento di Crescentino, che sono poi conclusioni provvisorie, conclusioni che non concludono, come hanno sottolineato i colleghi, occorre rilevare che la Commissione ha dato un giudizio negativo sulla scelta ubicazionale della Fiat. Scelta evidentemente decisa in base a meri fattori di localizzazione secondo un'ottica aziendale, che riguarda un'area che non era da privilegiare quanto ad insediamenti, proprio perché collocata all'estrema periferia dell'area ecologica torinese. Questo insediamento, quindi, appare destinato, se non sarà corretto da interventi programmatori della Regione a costituire soltanto una testa di ponte verso una successiva espansione dell'area metropolitana torinese e non avrà, invece, la capacita di vitalizzare altre aree ecologiche con funzione di riequilibrio. Con questa scelta si è fatto un salto da Torino oltre i confini della seconda cintura industriale, il che significa, se non si interviene a correggere questa tendenza, privilegiare un'espansione industriale lungo l'asse Torino Milano, tale da disarticolare il meccanismo delle aree ecologiche previsto dal piano regionale. Localizzazioni anche non molto lontane territorialmente da Crescentino avrebbero potuto viceversa innescare, nel Vercellese, nel Biellese, o a Casale Monferrato, dei fattori di sviluppo presenti in altre aree ecologiche, cioè avrebbero avuto una funzione diversa proprio in ordine a quei problemi di riequilibrio territoriale della Regione di cui ci siamo dati carico.
A questa prima considerazione negativa si aggiungono perplessità che derivano dal fatto che non sono stati risolti in modo esauriente i problemi relativi alle dimensioni dell'insediamento e alle eventuali attività indotte. Rispetto a queste questioni, come più in generale rispetto a tutte le caratteristiche tecniche dell'insediamento, dobbiamo dire che solo con fatica, e solo a gradi, attraverso successive richieste, abbiamo ottenuto i necessari chiarimenti dalla Fiat. Mi pare che questa reticenza e questa parzialità nei dati che ci sono stati di volta in volta sottoposti vadano sottolineate. Se la fonderia di Crescentino fosse destinata ad ampliarsi ulteriormente, o provocasse - ciò che l'azienda esclude in atti, ma non in modo del tutto persuasivo - insediamenti indotti, evidentemente i problemi si moltiplicherebbero, con conseguenze negative ancor più rilevanti, anche perché le caratteristiche dell'occupazione della mano d'opera in una fonderia sono tali da non consentire né un'integrazione con il sistema socio-economico dell'area interessata, che è estremamente fragile e basato su attività agricole, né l'impiego di quella mano d'opera femminile che è l'unica disponibile nel bacino gravitante su Crescentino. Per l'occupazione in fonderia si richiede ordinariamente l'operaio maschio fra i 21 e i 35 anni: nel caso specifico la Fiat ha aderito ad elevare il limite superiore di età, mi sembra fino a 40 o a 45 anni. Quindi, gli addetti a questa fonderia dovranno essere in parte pendolari o immigrati, il che comporterà effetti tali da determinare una serie di reazioni a catena sulla situazione socio-economica della zona.
Come possiamo intervenire, ora che abbiamo avuto modo di studiare e approfondire in modo sufficientemente ampio questi problemi? Credo che il Consiglio debba oggi accentuare il momento problematico, il momento dell'impegno ad approfondire ancora le cose non risolte, e il momento del controllo da parte della Regione, il momento dell'iniziativa che la Regione deve assumere rispetto a questo insediamento. E ciò soprattutto in ordine a questi problemi: dimensioni dell'insediamento, altri insediamenti collaterali o indotti nella zona, esigenze - di cui è stato affidato all'Ires l'approfondimento - che riguardano soprattutto i problemi degli inquinamenti, delle acque, dell'assetto territoriale.
Noi abbiamo potuto constatane, e l'Ires lo ha confermato negli studi che ci ha consegnato, come le previsioni degli interventi infrastrutturali di case e di servizi, necessari nella zona, quali sono evidenziati soprattutto dai Comuni di Crescentino e di Verolengo, siano sottodimensionate rispetto alla realtà dei problemi che verranno. Cioè, la prima fascia di interventi da realizzare anche attraverso l'Istituto autonomo Case popolari e la Gescal, risulterà comunque insufficiente a far fronte alle esigenze che nasceranno da questo stabilimento. Di qui l'esigenza di seguire attentamente l'evoluzione, e soprattutto di mettere in moto quel processo di aggregazione dei Comuni interessati, attraverso la formazione di un piano comprensoriale, che consenta di intervenire in tempi adeguati, con il necessario coordinamento tra le diverse amministrazioni e con forza contrattuale capace di far addossare all'azienda gli oneri che da questo insediamento conseguono. Perché anche sotto questo profilo abbiamo notato che, se pure con eleganza di tratto, l'azienda cerca di evitare di assumersi fino in fondo gli oneri che conseguono dall'insediamento.
D'altronde, è logico che l'azienda faccia la sua parte, tentando di ridurre il più possibile i costi dell'insediamento; però noi dobbiamo fare la parte che ci compete, nel senso non soltanto di aiutare, ma di promuovere quell'aggregazione in unità comprensoriale, consortile degli enti locali che consenta loro di essere interlocutori forti, grazie anche all'appoggio della Regione, nei confronti dell'azienda.
Non riprenderò più, se non per sommi capi, il discorso delle acque e degli inquinamenti, su cui già si sono soffermati i colleghi intervenuti.
Gli inquinamenti prevedibili potrebbero ad un certo punto pregiudicare anche le stesse falde cui attinge l'Acquedotto del Monferrato, e quindi gli studi ed i controlli relativi agli inquinamenti devono essere estremamente rigorosi, per impedire danni rilevanti non solo all'agricoltura, ma all'igiene e alla salute pubblica in una zona vastissima del Piemonte.
Quando all'approvvigionamento idrico, riserve sono state avanzate - sia pure in forme non sempre tranquillanti e condivisibili, come ricordava il Consigliere Garabello - da parte dell'Acquedotto del Monferrato e da parte del Consorzio dei Comuni dell'Acquedotto del Monferrato in ordine a possibili, e per ora non provati ma certamente preoccupanti pericoli che l'attingimento da parte della fonderia Fiat valga ad impoverire la falda e quindi a pregiudicare il rifornimento idrico di molti Comuni del Monferrato. Anche questi studi, di cui ha avuto incarico l'Ires, devono essere condotti con estrema scrupolosità ed attenzione. Non solo, ma dev'essere garantito un controllo da parte della Regione sull'inizio di attività della fonderia: cioè, dobbiamo verificare con i pozzi in esercizio qual è la consistenza della falda, in maniera da poter intervenire, ove necessario, anche imponendo all'azienda di attingere diversamente. Non si è giunti ad escludere che, pescando nella falda, la si impoverisca oltre i limiti che si possono ragionevolmente controllare, e quindi non è stata sciolta la riserva se non convenga imporre all'azienda di approvvigionarsi direttamente dall'Acquedotto, così che questo sia in grado di controllare in modo più rigoroso che i prelievi industriali non vadano a detrimento delle necessità idriche degli abitanti.
Un'ultima considerazione desidero fare sulle condizioni igieniche di lavoro all'interno dello stabilimento. L'azienda ha presentato in proposito una serie di proposte e di considerazioni anche di un certo interesse sulle quali le organizzazioni sindacali ci hanno formulato un invito che noi non dobbiamo disattendere: quello di avviare un'iniziativa di controllo affidata anche ad organismi di lavoratori, secondo quello che, del resto lo Statuto della nostra Regione prevede.
Insieme con i colleghi del Gruppo comunista abbiamo firmato un ordine del giorno che è stato presentato alla Presidenza e nel quale vengono ribadite queste necessità, che si sintetizzano in una considerazione a nostro avviso essenziale: in questo caso, la Regione è intervenuta, in pratica, a cose fatte; dobbiamo dare la prova che, nei limiti in cui è possibile ancora, qualcosa faremo, e quindi dobbiamo almeno garantire, con gli studi che sono in corso e con un controllo rigorosissimo sui problemi dell'inquinamento, della salute nella fabbrica, dell'approvvigionamento idrico, che questo stabilimento, che già ha un'ubicazione non rispondente al piano regionale, non produca anche conseguenze dannose sulla vita delle comunità più direttamente interessate.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Conti. Ne ha facoltà.



CONTI Domenico

Non ho avuto modo di apprezzare convenientemente il lavoro svolto dalla Commissione, per le note ragioni. Ad ogni modo, per quello sguardo d'assieme che ho potuto darvi, penso di dover condividere quanto la Commissione ha operato in ordine al problema che stiamo esaminando.
Vorrei soltanto toccare due aspetti del problema dell'insediamento di Crescentino primo problema è quello in ordine all'occupazione. La giustificazione per l'insediamento, per ciò che concerne i problemi dell'occupazione, è tratta dall'analisi delle zone circostanti, che porta alla constatazione della necessità di alleggerirle di addetti all'agricoltura, poiché altrimenti non si potrebbe procedere alla ristrutturazione delle aziende agricole.
Il Consigliere Besate ha ricordato che durante gli incontri è stato possibile indurre la Fiat ad elevare il margine superiore di età dai 35 ai 45 anni, con il che cresce naturalmente la possibilità di attingere acqua dalla zona e di alleggerire il settore agricolo di sottoccupazione. Per vorrei far presente una considerazione: nella realtà, se parallelamente non verrà avviato un piano effettivo di ristrutturazione agricola, la situazione che si verrà a determinare in ordine all'occupazione sarà che ad abbandonare le campagne saranno soprattutto i giovani, proprio coloro che dovrebbero invece essere trattenuti nel settore agricolo......



BORANDO Carlo

Se l'agricoltura sarà resa redditizia, adeguatamente remunerativa, i giovani non se ne andranno.



CONTI Domenico

Ecco dunque la necessità di avviare subito, perché abbia verosimiglianza, l'ipotesi avanzata circa la forza lavoro da impegnare in questo nuovo complesso, la ristrutturazione dell'azienda agricola; in mancanza di ciò, il fenomeno non risulterà positivo, ma anzi del tutto negativo.
Passo ad illustrare il secondo degli aspetti che ho annunciato di voler sottolineare. Quando ho partecipato, nella mia veste di Assessore, pur non facendone parte, ai lavori della Commissione, ho toccato il problema della formazione professionale, suggerendo anche alcuni criteri per intessere con l'azienda da questo punto di vista un colloquio. Ora, il documento della Commissione contiene un solo accenno, che mi sembra ben poca cosa, per quanto significativo, a questo problema: là ove si dice, a pag. 23, che "grosso ed importante problema è quello della formazione professionale, nel quale è direttamente coinvolta la responsabilità primaria della Regione".
E' necessario, a mio avviso, che si sviluppi subito questo intervento da parte della Regione in ordine alla formazione professionale. Il documento che ci fornisce i dati statistici relativi all'occupazione occorrente parla di qualifiche contrattuali, asserendo che occorrono 150 operai specializzati, 450 qualificati e 1.350 manovali specializzati maschi e 50 manovali specializzati di sesso femminile. Non vorrei che l'espressione "manovali specializzati 1.350" facesse pensare che non esiste un problema di formazione professionale. Per intanto, faccio notare che se per coloro che abbandoneranno altri settori, ivi compresi i sottoccupati agricoli, per entrare in un'azienda di questo tipo permarrà una concezione del manovale specializzato tale da giustificare l'assenza di provvedimenti in materia di formazione professionale, si avrà uno scadimento ulteriore della capacità lavoro, un depauperamento della forza lavoro proprio dal punto di vista qualitativo.
Bisogna pertanto tener ben presente questo problema, della qualificazione, della formazione professionale, anche in ordine al tipo di organizzazione del lavoro che verrà realizzato. D'altra parte, non è affatto vero che i cosiddetti manovali specializzati non abbisognino d'altro che di forza fisica e di attitudini non ben precisate in ordine a questo tipo di lavorazione: è necessaria anche tutta una formazione incentrata sui contenuti sociali relativi al tipo di lavoro, sui contenuti sanitari, per esempio, sui contenuti contrattuali. E' anche necessario poi, prevedere ed organizzare la promozione all'interno dei luoghi di lavoro, perché questa gente avrà pure delle aspirazioni a migliorare anche dal punto di vista del livello operativo.
Mi sembra che mancheremmo in modo grave ai nostri impegni se non ci preoccupassimo di mettere subito convenientemente a fuoco e di vedere nei suoi aspetti fondamentali questo settore della formazione professionale intavolando un colloquio costruttivo e pressante con l'azienda, in modo da non permettere che si ripetano forme di impiego di mano d'opera che, sia pure in condizioni ambientali migliorate, come sembra si possa ricavare dai documenti allegati essere impegno dell'azienda, prescindano da una preparazione del lavoratore sotto l'aspetto dell'operatività, della consapevolezza, della comprensione dei problemi che formano la sostanza del lavoro, con tutte le loro implicazioni e connessioni con i fatti sociali, i fatti sanitari, i fatti culturali e via dicendo.
Mi auguro che questo impegno sia preso tempestivamente dalla Giunta con la dovuta ampiezza (attendo in proposito una risposta), così che questo nuovo insediamento, del quale la Regione tanto largamente si è occupata costituisca, anche sotto il profilo della miglior utilizzazione e valorizzazione della forza lavoro, un punto di partenza sul quale la Regione possa mettere a fuoco il suo tipo di intervento a vantaggio della crescita della forza lavoro nel territorio di sua competenza. Grazie.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Rivalta. Ne ha facoltà.



RIVALTA Luigi

Con i colleghi del mio Gruppo membri della Commissione - il collega Besate e il collega Giovana - avevo consegnato qualche mese, poco dopo aver ricevuto la bozza di questa relazione, un documento scritto, nel quale è estrinsecato il nostro giudizio critico sull'elaborato, particolarmente in rapporto ad alcune dichiarazioni contenute in esso e al modo in cui la materia è trattata e inquadrata.
Soprattutto, a noi sono parsi ambigui alcuni punti attinenti alla politica di sviluppo della Regione piemontese e alla politica di sviluppo che deve interessare il Sud d'Italia. Sono, nel documento, sancite alcune formulazioni positive nei confronti dell'esigenza di una politica di sviluppo nel Meridione, ma per il modo in cui si intrecciano i discorsi relativi allo sviluppo del Sud e allo sviluppo del Piemonte ci sembra che non si sia seguita quella linea che qui in varie discussioni era stata a più riprese additata.
Non starò a richiamare, per mantenere il mio intervento in termini di brevità, le parti della relazione in cui abbiamo riscontrato elementi suscettibili di ingenerare equivoco. Ribadisco, però, che la stessa inquadratura della relazione ci pare non rispondente alle esigenze di chiarezza: rilevo, ad esempio, il fatto che per alcuni allegati non è espressamente indicato, se non nell'indice, senza alcun richiamo nella parte introduttiva, che si tratta di una documentazione fornita dalla Fiat per cui chi legge può avere, proprio per il peso che assumono le documentazioni e le informazioni Fiat, la sensazione che alcune di queste siano state di fatto accettate dalla Commissione. Il che non è vero.
Detto questo, e rimandando, per un maggiore approfondimento sulle nostre critiche, al documento allora presentato, voglio dire che nonostante tutti questi difetti, il nostro giudizio sulla relazione é, come ha già dichiarato il compagno Besate, "moderatamente positivo".
"Moderatamente" soltanto, oltre che per i rilievi contenuti nel documento ora menzionato, anche per il tempo che la Commissione ha impiegato per condurre in porto il suo lavoro. Ma non mi riferisco soltanto al calendario. L'eccessiva durata dell'inchiesta svolta dalla Commissione è da giudicare, secondo me, non tanto di per se stessa, ma in relazione al fatto che, essendo apparso chiaro a tutti i componenti, fin dalle prime riunioni che l'insediamento della fonderia Fiat a Crescentino costituiva una localizzazione nettamente sbagliata, in contrasto con la politica di piano verso la quale avevano mostrato di essere orientate tutte le forze politiche (fondata sulla necessità del rallentamento dei saggi di crescita dell'area torinese e di promuovere lo sviluppo di poli esterni), si è molto indugiato nell'indagare, nell'analizzare questo male, tutto sommato compiacendosi dell'opportunità di mostrarsi a parole obiettivi, invece di fare concretamente qualche tentativo per fermarlo. Il fatto che, pur avendo consapevolezza piena che si trattava di un male, non si sia intervenuti immediatamente, operativamente da parte della Regione, per impedirlo, mi pare sia un fatto negativo che non si possa passare sotto silenzio, che non ha posto in buona luce la Regione rispetto a quanti - popolazioni locali organizzazioni sindacali -, interessati a questo problema, chiedevano un intervento sollecito. Questo elemento negativo induce a considerare con molta cautela anche gli elementi positivi che in quella relazione sono presenti.
"Moderatamente" positivo soltanto, inoltre, perché, di fronte all'esigenza di un intervento, richiesto dalle comunità, dalle organizzazioni sociali, dalle organizzazioni sindacali, per imporre la discussione pubblica su questi temi, che le Amministrazioni locali hanno affrontato invece in segretezza (intervento che contribuisse a superare le posizioni negative alla discussione e accondiscendenti nei confronti dell'iniziativa Fiat), assunte da tali amministrazioni, la Regione nel suo organo esecutivo, è rimasta in silenzio (pur se singoli Consiglieri regionali intervenivano nei dibattiti) lasciando che questi amministratori contestati dalle popolazioni locali per una serie di errori, per una serie anche di episodi espliciti di malgoverno (di cui hanno parlato i giornali e a cui è interessata la Magistratura) portassero a termine, in tutto questo tempo, le varie operazioni che avevano evidentemente già definito e contrattato con la Fiat.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Quali operazioni?



RIVALTA Luigi

Per esempio, quella dell'insediamento di Crescentino, portato avanti senza alcun nostro intervento per tutto ciò che concerne le convenzioni e le lottizzazioni; per esempio, quella in rapporto al programma di fabbricazione di Verolengo, sul quale è stato addirittura strozzato il dibattito in Consiglio Comunale.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Il piano regolatore di Verolengo è stato bloccato, e quindi è stato bloccato l'insediamento ivi progettato.



RIVALTA Luigi

Ne prendo atto con piacere. Solo, osservo che un fatto di questa importanza avrebbe meritato, tutto sommato, di essere oggetto di informazione nella relazione. E' indubbiamente un elemento qualificante il fatto che si sia fermato il programma di fabbricazione di Verolengo, anche se non è qualificante il fatto che la Commissione non sia intervenuta ad accertare quali atteggiamenti le Amministrazioni locali andavano assumendo in ordine ai problemi della pianificazione locale e territoriale. A mia conoscenza era soltanto l'atto pubblico da parte del Comune di Verolengo nello scorso mese di luglio, di adozione di un programma di fabbricazione con previsioni esorbitanti, che non tenevano conto della realtà attuale, ed ipotizzavano delle zone industriali evidentemente orientate verso interessi precostituiti dall'intervento Fiat a Crescentino; programma che colloca insediamenti residenziali e di edilizia economica popolare al di fuori di una qualsiasi valutazione di opportunità dal punto di vista sociale semplicemente in funzione della vicinanza e dell'aderenza all'insediamento Fiat.
Se questo piano edilizio è stato fermato, riconoscendo gli elementi negativi contenuti nel programma di fabbricazione di Verolengo che ho citato, dò atto alla Giunta di aver compiuto un passo positivo. Sarebbe opportuno, però, che non ci limitassimo a questa informazione fornitaci dal Presidente della Giunta, ma aprissimo un dibattito che contempli la valutazione della situazione di tutti quei Comuni le cui decisioni - come nel caso del Comune di Verolengo - hanno una rilevanza sul piano dell'assetto territoriale della zona. (Verolengo ha rilevanza non di per se stessa ma per il fatto di essere al confine con il Comune di Crescentino che è certamente un polo di insediamento industriale passibile di ulteriori sviluppi). La carenza di informazioni in rapporto al blocco del programma di Verolengo non può che essere addebitata al modo con cui certe decisioni vengono assunte all'interno della Regione.
Fatte queste valutazioni critiche che in diversa misura esprimono un giudizio negativo su parte del lavoro che è stato svolto, sulla carenza di impegni che sono stati assunti, voglio spiegare quali sono gli elementi che ci inducono ad un'attestazione favorevole.
Intanto, attraverso il lavoro della Commissione di Crescentino abbiamo incominciato ad affrontare i problemi relativi alla politica di piano andando a individuare una serie di fattori che devono essere tenuti in conto. L'occasione per tale approccio ce l'ha data il fatto principale dello sviluppo, quello degli insediamenti industriali. Abbiamo affrontato in maniera parziale, settoriale, i problemi relativi alla politica di piano che investe la nostra Regione, ma ciò nonostante abbiamo preso coscienza del ruolo esercitato dal fattore prioritario dei dinamismi di sviluppo, ed abbiamo posto in relazione i problemi dell'assetto territoriale e dello sviluppo economico. E' stata un'operazione di acculturamento, e credo che dobbiamo rammaricarci per il fatto che malgrado le discussioni sotto questo profilo positive avvenute all'interno della Commissione, in un confronto (consentito anche dalla natura mista della Commissione) tra le varie forze politiche e i membri della Giunta, oggi il dibattito debba in Consiglio svolgersi secondo tempi soffocati che non permettono di portare in evidenza tutti gli elementi che sono maturati.
Nelle discussioni in Commissione, oltre al fattore dell'insediamento industriale, sono stati analizzati una serie di problemi che devono essere posti alla base della politica di piano, che vanno dall'abitazione ai servizi sociali, ai trasporti, all'assetto territoriale; l'influenza dell'insediamento della Fiat a Crescentino, ha indotto a vedere questi problemi in una visione sovracomunale, tenuto conto che quell' insediamento, nostro malgrado, si connetterà ad altri processi di industrializzazione che interessano quella zona, in particolare quelli promossi in prima persona dalla Lancia, a Chivasso ove raddoppia gli impianti, ed a Verrone. Si va costituendo un triangolo industriale, a maglia abbastanza larga che va preso in considerazione. Ciascuno di questi vertici non può non essere visto come un elemento a sé stante probabilmente le stesse lavorazioni che si faranno in questi tre nodi saranno legate fra di loro per la produzione finale dell'auto.
Anche per i problemi dell'insediamento industriale di Crescentino è stato necessario allargare l'osservazione al di là degli specifici problemi che investono il Comune, per cogliere una dimensione di carattere sovracomunale.
Altro punto affrontato è quello della condizione dell'ambiente all'interno dello stabilimento, dell'approvvigionamento idrico e dell'inquinamento. Dicevo all'inizio che la relazione lascia degli elementi non chiariti; al di là di questa incertezza dobbiamo dare atto che la Commissione e la Giunta hanno assunto nei confronti di questi problemi un atteggiamento di giusta attenzione, corrispondente all'importanza che essi hanno, tanto che non si è tenuto conto delle informazioni che la Fiat ci ha dato. Su questo atteggiamento hanno influito documenti, come quello dell'organizzazione sindacale o di "Comunità Nuova", che avvertivano che alcune questioni non erano state neanche elencate dalla Fiat. Pertanto è stato dato incarico all'Ires di approfondire le questioni dell'inquinamento, dell'approvvigionamento idrico e delle condizioni ambientali all'interno degli stabilimenti; questa assunzione in proprio degli accertamenti è un dato che fa scendere la bilancia del nostro giudizio in senso positivo. Gli studi sono in corso, abbiamo sentito dire che la conclusione non è lontana, ma per ora dati certi non è consentito averne e bisognerà svolgere ulteriori indagini. Quindi, se positivo è stato affrontare in maniera seria, con indagini scientifiche, la questione rimane però il fatto che a questo punto la Commissione non può trarre delle conclusioni. Sui problemi della casa, dei servizi sociali, dei trasporti dell'assetto territoriale siamo ancora più indietro. Solo si è preso coscienza dei problemi. E' stato incaricato l'Ires per un approfondimento di questi temi ma credo che gli studi non siano ancora stati avviati.
Ecco quindi che, se consideriamo estremamente positivo il fatto che per la prima volta siano state affrontate questioni di insediamento industriale, dell'ambiente, dell'approvvigionamento idrico dell'organizzazione del territorio e dei servizi sociali dobbiamo per constatare che la Commissione ha, con questo primo atto, fornito soltanto una comunicazione dello stato dei lavori, ma non ha ancora ultimato il suo compito di indagine, di informazione, di conoscenza e di proposta del quadro degli interventi. Per far questo è necessario che una serie di indagini che sono state avviate ed altre che ci si è impegnati ad avviare vengano portate avanti e trovino una loro conclusione.
Il nostro giudizio moderato dipende pertanto anche dalla parzialità dei lavori compiuti; questo non è un giudizio che vogliamo far ricadere su chi ha diretto di fatto la Commissione; constatiamo che la relazione di oggi ha concluso una fase di lavoro, ma dobbiamo ritenere che il mandato ricevuto due anni fa e più non è esaurito.
E qui nasce l'esigenza di mantenere in piedi la Commissione fino al termine dei lavori di indagine. Proprio per quanto c'é di positivo nel lavoro svolto, noi chiediamo che la Commissione continui i propri lavori, e li estenda anche ad altre situazioni analoghe. Fino al momento in cui non si avrà un piano regionale e fino a quando non sarà attuata, attraverso una struttura organica di pianificazione, una politica di programmazione e di controllo, penso che questa sia l'unica maniera che la Regione ha di mantenere una presenza nei confronti della politica delle localizzazioni industriali. Al tempo stesso, è il modo con cui, dimostrando la volontà di affrontare questi problemi e di ricondurli in una prospettiva di piano, si fa affermare la presenza politica della Regione. In questo senso a mio parere è stato positivo anche il rapporto che il Consiglio ha stabilito attraverso una Commissione mista, con la Fiat; con questo atto la Regione ha dichiarato che certe questioni vanno affrontate con l'ente pubblico prendendo in considerazione tutti i problemi che si generano e in accordo con gli interessi sociali che si determinano.
Mi sembra quindi che il significato politico della Commissione, al di là del risultato che dobbiamo ritenere ancora parziale perché manca la conclusione delle indagini, qualifichi la Regione, indichi una possibilità di intervento nei confronti della politica di sviluppo industriale. Ci induce a chiedere che alla Commissione speciale, non permanente, sia dato il mandato di svolgere azione conoscitiva e consultiva anche nei confronti di altri grossi insediamenti industriali che sono in atto nella Regione affrontando anche per quelli tutti i problemi che la Commissione di Crescentino ha iniziato ad affrontare: i problemi della fabbrica, degli inquinamenti, delle risorse idriche, della casa, dell'assetto territoriale dei servizi sociali e dei trasporti.
Penso che questa sia l'unica maniera di dare oggi sostanza alla rivendicazione di quella politica di autorizzazione che è prevista nel programma del Ministero del Bilancio (e che richiede un intervento legislativo di carattere nazionale), ma che può trovare nei confronti dell'operatore privato nel settore industriale, una prima linea di concretizzazione, nella misura in cui, con la sua presenza politica la Regione fa valere il proprio diritto di intervenire sulle scelte.
Gli elementi del mio intervento sono in parte richiamati nell'ordine del giorno che con i colleghi socialisti ho presentato. Il fatto che i problemi dell'inquinamento e della disponibilità delle risorse idriche non siano ancora stati portati a soluzione ci induce a chiedere l'assunzione dell'impegno che le indagini vengano concluse entro breve termine. Nel contempo chiediamo l'impegno della Regione affinché la Fiat non incominci l'attività produttiva fino a quando tutti i problemi dell'inquinamento non siano risolti; fino a quando non si abbiano garanzie, l'attività produttiva non deve iniziare. Una volta che le sorgenti di inquinamento si sono attivate è difficile eliminarle.
Se non vogliamo che il lavoro svolto dalla Commissione sia solo un modo di crearsi degli alibi sul piano delle parole, è necessario agire sul piano dell'operazione concreta. La Regione deve assumere nei confronti della Fiat una posizione che impedisca a quell'azienda di iniziare la produzione fino a quando la questione degli inquinamenti non sia risolta.
Un problema esiste anche per quel che riguarda la disponibilità di acqua. L'andamento del livello delle falde si può controllare soltanto in fase attiva di emungimento, prima si possono soltanto fare delle ipotesi soltanto l'osservazione continua in fase di emungimento ci darà le garanzie che l'emungimento stesso non impoverisce le falde. Ecco allora la necessità di instaurare un controllo continuo, permanente, e nel momento in cui ci si rendesse conto che l'emungimento della Fiat impoverisce le falde in modo tale da non consentire più il rifornimento all'Acquedotto del Monferrato si deve imporre alla Fiat l'impegno di predisporre altrimenti il proprio approvvigionamento. Deve essere sancito come fatto fondamentale che le falde idriche devono in primo luogo soddisfare le esigenze delle popolazioni.
Nel nostro ordine del giorno è anche richiamata l'esigenza di mandare avanti una politica sovracomunale che realizzi già un primo nucleo di politica territoriale e di gestione democratica a livello intercomunale sulla base della quale costruire una più organica politica comprensoriale.
Il mio intervento si conclude con questa presentazione degli argomenti che sono propri dell'ordine del giorno da noi proposto, e che riteniamo debbano essere il naturale sbocco del lavoro della Commissione.



PRESIDENTE

Replica il Presidente della Giunta, ne ha facoltà.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale.

Abbiamo ascoltato con vivo interesse questo dibattito che si è articolato sulla presentazione del documento della Commissione e dal quale mi pare si possano trarre motivi di soddisfazione per il tipo di approccio ai problemi che un investimento industriale, non di rilevanti proporzioni ma comunque notevolmente importante, può generare sia dal punto di vista urbanistico che dal punto di vista delle condizioni generali di lavoro dell'inquinamento, dell'occupazione e dell'istruzione professionale. Mi pare che vi siano state alcune osservazioni di fondo sulle quali non possono esistere se non convergenze e che queste convergenze si siano verificate nel corso della discussione.
Il fatto che la Commissione abbia voluto approfondire i dati che l'azienda ha fornito e non li accetti come dati di fatto scientifici o fondamentali, significa che l'ente pubblico deve comunque sempre verificare la realtà delle cose. Questa è la linea lungo la quale dobbiamo camminare indipendentemente dagli interlocutori, siano essi della forza e della potenza imprenditoriale della Fiat, siano essi qualunque altro tipo di imprenditori, pubblici o privati.
La Commissione ha svolto un lavoro di indagine e altro ne vuole svolgere. Ha ragione il collega Rivalta quando dice che la Commissione non ha ancora finito i suoi lavori, perché alcune delle indagini conoscitive collegate con il problema dell'insediamento di Crescentino, sono state commisse all'Ires, ma l'Ires non le ha ancora consegnate alla Commissione.
Io credo che questo sia un dato importante rispetto al quale dobbiamo fare alcune valutazioni. La Commissione ha dato una valutazione negativa sulla localizzazione ed ha tentato di correre ai ripari portando a conoscenza della Regione alcuni elementi che le permettono di intervenire.
Indubbiamente rispetto al problema dell'approvvigionamento idrico vi sono dei dati da raccogliere ed io devo, da parte della Giunta, dire con estrema chiarezza che ove si verificasse che questi dati non sono corrispondenti alle previsioni di possibilità di prelievo dell'acqua da parte degli utenti dell'acquedotto, vi sarebbe da parte della Giunta una chiara scelta preferenziale, quella di privilegiare l'Acquedotto del Monferrato.
Per quanto riguarda l'inquinamento, si chiede nell'ordine del giorno presentato dai comunisti e dai socialisti di impedire l'inizio della lavorazione da parte della Fiat fino a quando non siano stati raccolti tutti i dati necessari al fine di avere la massima sicurezza. Io devo fare presente che esiste, costituita per legge dello Stato, una Commissione antinquinamento alla quale compete in questo come in altri casi: ad esempio quello dell'Enel a Chivasso ed altri ancora il preciso compito di intervenire. Io penso che si debba ricondurre ciascuno di questi problemi alla loro effettiva possibilità di intervento giuridico, perché non vedo davvero come potremmo impedire l'inizio della lavorazione semplicemente con una posizione della Commissione; la Commissione anti-inquinamento con i dati che può raccogliere, ha la possibilità di intervenire e certamente interviene sia per impedire che si inizino le lavorazioni quando non vi sia l'assicurazione che non vi sono problemi di inquinamento, sia per richiedere tutti i correttivi relativi agli impianti che devono evitare l'inquinamento.
Noi dobbiamo quindi guardare il problema anche dal punto di vista giuridico: esistono questi strumenti e molto importante è il lavoro della Commissione nella misura in cui essa ha cercato gli argomenti per approfondirli ed ha raccolto dei dati per avere il massimo numero possibile di elementi di valutazione che ovviamente l'Ires consegna e che la Giunta consegnerà agli organi che hanno il compito e la possibilità giuridica di intervenire.
A questo si aggiunge il peso che la Regione, in una contrattazione quale è quella che ha avuto con la direzione aziendale ha, attesa la localizzazione errata, in ordine al contenimento degli effetti obiettivamente negativi. Tra questi, come è stato sottolineato, vi sono quelli relativi agli insediamenti collaterali di residenze: noi consideriamo che il piano che è stato preposto con l'insediamento Fiat a Verolengo e con l'intervento del IACP, sia del tutto insufficiente a dare una risposta alle attrezzature sociali necessarie per un insediamento di questo genere.
Ma voglio cogliere l'occasione per sottoporre al Consiglio il modo in cui la Regione può intervenire: atteso che dal punto di vista giuridico legislativo ed amministrativo è data larga facoltà alle Amministrazioni Comunali di fare le loro scelte, noi dobbiamo intervenire in questo caso non tanto come amministrazione attiva che prende le sue determinazioni, ma possiamo entrare (se mi consentite un'analogia col gioco del calcio) in seconda battuta. In seconda battuta siamo entrati nel senso che, per quanto riguarda il programma di fabbricazione di Verolengo, ci è stato ufficiosamente comunicato l'intervento e dal punto di vista finanziario e dal punto di vista della cessione di terreni che in questo piano di lottizzazione la Fiat intendeva fare nei confronti di quel Comune e noi abbiamo considerato che sia dal punto di vista finanziario che dell'entità dei terreni ceduti esso fosse del tutto insufficiente ed insoddisfacente e pertanto a nostro giudizio non rispondeva a quei criteri che nell'ambito di lottizzazioni di questo tipo cerchiamo di fare rispettare nel senso della partecipazione dei privati alle opere di urbanizzazione primaria e sociale Tant'é che abbiamo anche consigliato all'IACP - giudicando l'insediamento a Borgo Revel sbagliato per le considerazioni che il collega Garabello ha qui svolto - di vedere se il problema non potesse essere visto nell'ambito per esempio di Crescentino, senza alterare un tessuto quale quello di Verolengo e devo dire che la questione è allo studio.
Io non posso però qui non sottolineare al Consiglio i gravi problemi di fronte ai quali ci troviamo nell'esplicazione di questo tipo di amministrazione nei confronti delle Amministrazioni Comunali. D'altronde abbiamo ritenuto opportuno intervenire ad esempio per la grossa lottizzazione che, sempre nell'ambito del piano IACP-Fiat, è stato proposto al Comune di Volvera, facendo ridurre esattamente della metà l'insediamento, mantenendo tuttavia lo stesso finanziamento per la costruzione di opere primarie e sociali: abbiamo chiesto che l'insediamento venisse ridotto da 3.000 a 1.500 vani, mantenendo l'identico finanziamento e la cessione di opere sociali al Comune di Volvera; anche perché ci troviamo di fronte a strumenti urbanistici che sono stati approvati assai prima che la Regione assumesse le funzioni amministrative in questo settore, strumenti urbanistici del tutto inadeguati e spesso sovra dimensionati.
Io richiamo innanzi tutto l'attenzione sul fatto che ci troviamo a dover interloquire con delle Amministrazioni Comunali le quali guardano con molta attenzione, e secondo me spesso non in modo sufficientemente bene inteso, i loro interessi di campanile con insediamenti che possono soddisfare le ambizioni di grandezza di determinati Comuni, ma senza guardare ad un disegno di carattere urbanistico più generale al quale invece noi diamo una rilevante importanza. Sovente queste amministrazioni considerano (come è capitato a Volvera) l'intervento di 300 milioni per il pagamento di opere di urbanizzazione primaria e sociale come un grande finanziamento, quando sappiamo benissimo che in rapporto a 3.000 vani è del tutto insufficiente.
Noi possiamo guardare i problemi in termini generali, ma quando dobbiamo intervenire in concreto, con gli strumenti legislativi ed amministrativi che abbiamo a disposizione, dobbiamo anche fare attenzione a non ingrandire i problemi al di là di quella che può essere la nostra obiettiva capacità di intervento ed il limite di imposizione del nostro punto di vista con coloro con i quali colloquiamo e che devono adeguarsi alle nostre prescrizioni La Commissione ha raccolto tutta una serie di elementi positivi che sono un'indicazione della linea lungo la quale la Giunta si impegna a camminare ed a fare tutto ciò che è possibile per evitare che sul piano urbanistico, dell'inquinamento, all'approvvigionamento idrico possano verificarsi degli squilibri rispetto ai quali la Commissione ha richiesto di avere dei dati più approfonditi ma non posso essere d'accordo sulla continuazione dell'attività di questa Commissione.
La Giunta raccoglie anche l'indicazione del collega Consigliere Conti relativa ai problemi dell'istruzione professionale e dell'assorbimento della mano d'opera locale nei riflessi dell'occupazione in agricoltura e quindi della ristrutturazione dell'agricoltura stessa.
Si tratta di una serie di problemi il cui approccio è stato di grande interesse rispetto ai quali la Giunta si impegna ad usare le armi che ha a disposizione e tutto il peso politico che in rappresentanza del Consiglio Regionale essa può esplicare nel caso specifico con la Fiat e negli altri casi che si verificheranno (certamente ci sarà anche quello della Lancia a Verrone).
La Giunta coglie l'indicazione relativa all'elaborazione di un piano territoriale per fare in modo che dal punto di vista urbanistico in termini di dislocazione residenziale, di servizi e di trasporti, l'insediamento dello stabilimento nel contesto di questo tessuto urbanistico avvenga in modo tale da mantenere un certo equilibrio nella zona.
In questi limiti e con questo impegno noi riteniamo di poter portare avanti il discorso della Commissione; è un impegno di carattere politico di rilevante interesse, che costituisce la linea lungo la quale la Giunta intende camminare e rispetto alla quale ritiene che l'apporto della Commissione costituisca un fatto di grande interesse non soltanto politico ma anche culturale.
Di fatto noi pensiamo che la Commissione con questi lavori abbia ultimato il suo mandato ma diciamo chiaramente che non abbiamo nessun motivo pregiudiziale di essere contrari, quando sorgono problemi di questo genere, alla costituzione di una commissione ad hoc, con queste caratteristiche o con caratteristiche diverse, od anche a ricondurre tutto se vogliamo, nell'ambito statutario alla Commissione legislativa permanente; secondo noi questo è un problema da vedersi, ma non da precostituire adesso con una netta presa di posizione, anche se riteniamo che sia un problema di grande interesse, in connessione soprattutto con l'elaborazione e successivamente con l'attuazione del piano regionale di sviluppo.
Questo io credo di dover dire a conclusione del dibattito, ringraziando tutti i componenti della Commissione e dando atto all'Ires della serietà di impostazione dello studio e considerando quasi come il primo momento, forse il più importante di un modo di collocarsi della Regione in termini di contrattualità con le aziende per quanto riguarda problemi di così rilevante interesse come possono essere insediamenti industriali di questa portata.
Dobbiamo anche trarre da un punto di vista politico la consapevolezza che l'atteggiamento che può essere stato forse qualche volta reticente secondo quanto è sembrato emergere nel corso di questa discussione, da parte di un'azienda come la Fiat, era però un atteggiamento certamente interessato ad avere in un ente pubblico un interlocutore sufficientemente valido ed autorevole per poter colloquiare in modo aperto, magari anche ponendosi in posizione di contraddittorietà, ma pur sempre in modo valido.
Questo credo sia un fatto politico che dobbiamo sottolineare come uno di quei dati che in definitiva ci possono consentire di guardare all'attuazione del piano regionale di sviluppo in ordine alla decelerazione dello sviluppo dell'area torinese ed all'espansione dello sviluppo industriale nelle altre aree ecologiche del Piemonte, come ad un elemento che ci fa bene sperare per poter attuare, anche al di là degli strumenti meramente giuridici, ma con il peso della Giunta, del Consiglio Regionale delle Commissioni, quella contrattazione programmata di cui abbiamo parlato e per fare in modo che la stessa approdi ad un insediamento industriale che risponda a quelle esigenze di equilibrio di sviluppo, di armonia di sviluppo che sono le linee indicative della programmazione regionale.



PRESIDENTE

Dovremmo passare alla votazione di due ordini del giorno che sono stati presentati, il primo a firma Rivalta, Simonelli, Besate il quale mi pare non sia accolto dalla Giunta perché l'ordine del giorno conclude "ritiene che la Commissione speciale debba essere mantenuta in vita, al fine di realizzare una presenza costante della Regione di fronte a tutti i cospicui casi di nuovi grossi insediamenti industriali nella regione, affidandole compiti di natura conoscitiva e consultiva".
L'altro ordine del giorno reca le firme dei Consiglieri Bianchi Garabello, Zanone, Vera.
Vorrei sapere se la Giunta esprime un suo pensiero su questi ordini del giorno che sono stati presentati quasi contemporaneamente, però con precedenza di tempo di quello firmato Rivalta e altri.
Un'altra volta erano stati presentati due ordini del giorno quando si discusse l'argomento relativo al dibattito sul problema monetario dopo l'intervento da parte dell'America ecc. Presiedeva la seduta il Presidente Vittorelli, il quale si rifece alla prassi normale del Parlamento italiano e di altri Parlamenti; seguì una notevole discussione alla quale presero parte i Consiglieri Berti e Raschio che si opponevano a quella interpretazione, il Presidente Vittorelli risolse allora il caso rifacendosi alla norma contenuta nell'art. 4 comma quinto del Regolamento che conferisce al Presidente la scelta della votazione.
Io devo quindi attendere che la Giunta si pronunci sull'accettazione o meno dei due ordini del giorno presentati, per poi determinarmi e far votare.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

La Giunta accetta ovviamente il secondo ordine del giorno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Berti.



BERTI Antonio

Io non vedo una tale contrapposizione tra i due ordini del giorno per cui si debba ricorrere al precedente menzionato, anche perché il Presidente della Giunta, in ordine all'ultimo punto dell'ordine del giorno da noi presentato, ci consente di modificarlo.
A me pare opportuno, visto come si è svolta la discussione che se ha visto certi elementi di critica, ha tuttavia convenuto sul giudizio positivo dei lavori, cercare il modo di riunire i due ordini del giorno per arrivare a uno che riassuma un po' tutte le esigenze. A quel punto semmai si potrà fare una scelta, ma a me sembra inopportuno che su un argomento di questo tipo, condotto con questo spirito ci si debba poi non trovare d'accordo sull'ordine del giorno.
La mia proposta è questa: prendiamo atto che ci sono due ordini del giorno, adesso, domani o successivamente predisponiamo un incontro con i Capigruppo e i membri della Commissione e vediamo se è possibile fare un ordine del giorno unitario.



PRESIDENTE

Io non ho niente da opporre, se c'è la possibilità di arrivare ad un ordine del giorno che concluda in modo positivo e concorde, niente - di male. Non so se hanno ancora voglia di farlo questa sera, sono sempre operazioni abbastanza lunghe queste.
Il Consigliere Viglione chiede di parlare in merito all'ordine del giorno?



VIGLIONE Aldo

Mi pare di poter rettificare quanto dice il Presidente: in quella riunione in cui si decise la questione della precedenza, l'ordine del giorno era della Giunta......



PRESIDENTE

No no, si è deciso in Consiglio nella seduta del 9 settembre 1971; me lo sono fatto portare perché non volevo citare a memoria.



VIGLIONE Aldo

Si, ma si trattava di una proposta del Governo riguardo a proposte che venivano formulate dai Consiglieri, per cui si diceva che quella del Governo in Parlamento aveva la precedenza in ordine alla votazione. In questo caso si tratta di ordini del giorno presentati tutti e due da Consiglieri regionali.



PRESIDENTE

A me spiace far perdere tempo all'assemblea rileggendo, ma ho sott'occhio il testo della determinazione del Presidente.
Siccome c'è la proposta di vedere se i due ordini del giorno possono trovane una certa coincidenza, rimandiamo a domattina; i presentatori dei due documenti si trovino un po' prima dell'apertura della seduta e in pochi minuti penso che l'accordo possa essere raggiunto.
La seduta è convocata per le ore 10 precise di domani mattina.



(La seduta ha termine alle ore 20,25)



(La seduta ha termine alle ore 20,25)



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