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Dettaglio seduta n.125 del 29/11/72 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE OBERTO


Argomento: Uso delle acque (regimazione, usi plurimi)

Interpellanza dei Consiglieri Marchesotti e Raschio sull'opposizione di numerosi cittadini di Silvano d'Orba alla licenza di attingimento d'acqua dal torrente Piota


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Interpellanza dei Consiglieri Garabello e Conti 8/11/'72 "Provvedimenti urbanistici adottati dal Comune di Moncalieri per la lottizzazione delle Vallere".
Risponde l'Assessore Cardinali.



CONTI Domenico

Siccome è il Consigliere Garabello che si è preparato per trattare questa interrogazione, ma è attualmente occupato nelle consultazioni della I Commissione, pregherei, se fosse possibile, di trasferire il dibattito in giornata. Grazie.



PRESIDENTE

Va bene.
Interpellanza del 16/11/1972 dei Consiglieri Marchesotti-Raschio "Opposizione di numerosi cittadini di Silvano d'Orba alla licenza di attingimento d'acqua dal torrente Piota".
La risposta all'Assessore Chiabrando. Gli interpellanti hanno qualche cosa da dire in proposito?



RASCHIO Luciano

Prima sentiamo la risposta dell'Assessore.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro, Assessore all'uso delle acque

I colleghi Marchesotti e Raschio interpellano il Presidente della Giunta per sapere se è a sua conoscenza che presso l'Ufficio del Genio Civile di Alessandria è stata prodotta un opposizione di oltre 130 cittadini contro l'istanza della Società r.l. Inerti Lerma intesa ad ottenere la licenza annuale di attingimento di acqua dal subalveo del torrente Piota.
All'interpellanza ho già dato in pratica una risposta quando nel Consiglio dell'8 novembre u.s. ho risposto all'interpellanza del collega Simonelli sull'installazione di un frantoio in Regione Rocchetta del Comune di Lerma.
Ho detto in quell'occasione che la Soc. Inerti di Lerma aveva presentato, in data 30 agosto 1972, al Genio Civile di Alessandria istanza di derivazione di acque pubbliche dal torrente Piota per gli usi industriali del frantoio; che l'istanza di derivazione era stata posta in istruttoria con la procedura di rito prevista dal T.U. delle leggi sulle acque pubbliche n. 1775 dell'11/12/1933 e pubblicata dall'11 al 25 settembre nei Comuni rivieraschi del Piota (Lerma, Tagliolo, Silvano d'Orba); che si era verificata una serie di opposizioni alla domanda di attingimento d'acqua dal torrente Piota da parte della Soc. Inerti di Lerma, sia ad opera di privati cittadini che dello stesso Comune di Silvano d'Orba.
Si tratta appunto delle opposizioni a cui fanno cenno i colleghi interpellanti.
Il Genio Civile di Alessandria, in data 26/10/'72, sempre in base alle disposizioni del T.U. sulle acque pubbliche, ha trasmesso relazione sull'istruttoria di rito della domanda di derivazione d'acqua e sulle opposizioni presentate, al Ministero dei Lavori pubblici, Direzione generale delle acque e degli impianti elettrici, per l'esame e parere di competenza.
La competenza, pertanto, è del Ministero dei Lavori pubblici che sentito il Consiglio Superiore dei lavori pubblici, potrà assentire o meno alla domanda di derivazione d'acqua dal torrente Piota fatta dalla Società Inerti di Lerma.
Occorre però sottolineare che l'art. 8, secondo comma, del D.P.R.
15/1/'72 n. 8 (trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative statali in materia di acquedotti e lavori pubblici) se da una parte riserva alla competenza dello Stato la tutela, disciplina e utilizzazione delle acque pubbliche, dall'altra parte però vincola lo Stato a sentire le Regioni interessate.
In questi giorni pertanto ho già richiesto al Genio Civile di Alessandria copia degli atti di istruttoria effettuata da quell'ufficio, in attesa che gli atti pervengano ufficialmente dal Ministero dei LL.PP. con la richiesta di parere della Regione, sulla base del precitato art. 8 del decreto delegato n. 8.
E' da ritenersi che il pronunciamento della Giunta Regionale deve consistere in un parere tecnico e in un parere di merito sulla compatibilità o meno dell'istanza di derivazione d'acqua con le indicazioni di programmazione generale e settoriale dell'Amministrazione regionale, con particolare riguardo alla tutela ambientale.
In tale quadro, nella risposta data all'interpellanza del Consigliere Simonelli l'8 novembre, avevo già formulato un'ipotesi di soluzione della questione, osservando che non é pensabile impedire o ritardare artificiosamente la costruzione dell'autostrada Voltri-Alessandria per la quale occorre una quantità enorme di materiali inerti e proponendo l'imposizione alla Società di una serie di vincoli di vario tipo: vincolo paesistico, vincolo idrogeologico, vincolo di uso e restituzione d'acqua che avevo così riassunto: "Attenta valutazione delle opposizioni fatte da privati e dal Comune di Silvano d'Orba alla derivazione d'acqua dal torrente Piota, con particolare riguardo all'uso potabile che del torrente verrebbe fatto a valle della località Rocchetta di Lerma. Comunque il volume e la qualità delle acque reflue dell'impianto dovrebbero essere tali ed avere le stesse caratteristiche di purezza dell'acqua attinta; pertanto la concessione d'acqua dovrebbe essere condizionata all'immediata messa in opera prima dell'entrata in funzione del frantoio, di idoneo impianto di depurazione e chiarificazione delle acque, ritenuto valido dalle autorità competenti".
Tale proposta di soluzione non aveva soddisfatto il collega Simonelli come penso non soddisferà i colleghi Marchesotti e Raschio.
Chiederei però agli interpellanti di considerare questa risposta come interlocutoria, impegnandomi a comunicare al momento opportuno il parere che la Giunta Regionale andrà ad esprimere quando saranno ufficialmente trasmessi dal Ministero dei Lavori pubblici gli atti ufficiali di istruttoria della domanda di derivazione d'acqua, con relativa richiesta di parere della Regione in base al già citato decreto delegato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere interpellante.



RASCHIO Luciano

Signor Presidente, abbiamo ascoltato io e Marchesotti, a nome del Gruppo comunista, la risposta che ci viene data dall'Assessore Chiabrando.
Non è la prima volta che discutiamo di questo problema e giustamente per alcuni aspetti l'Assessore si richiama nella sua risposta ad un'interrogazione del collega Simonelli. Pur tuttavia la questione, a nostro giudizio, è diversa perché affrontiamo un problema di difesa delle acque non tanto su quanto riguarda il problema ittico, ma soprattutto su quello potabile, quindi non è più un problema di tutela del panorama, di difesa di monumenti storici, cui in buona parte si riferiva l'interpellanza del collega Simonelli. Qui siamo di fronte alla protesta di 130 cittadini che intendono bere dell'acqua pulita e non davanti ad un'interrogazione sulla panoramica, che può anche essere importante, ma non è vitale per una buona parte del Comune di Silvano d'Orba.
Quale può essere la nostra dichiarazione? Parzialmente soddisfatti, in attesa del parere definitivo che la Regione deve dare su tutto l'insieme del documento che, come diceva l'Assessore poc'anzi, il Ministero trasmetterà.
Io però a questo punto faccio un invito, a nome anche del collega Marchesotti: in attesa di richiedere tutta la documentazione di rito in base all'art. 8, perché l'Assessore non procede, con elementi tecnici, ad un sopralluogo in quel di Silvano per esaminare i problemi dell'acqua potabile e del frantorio (esistono delle possibilità non già di scaricare nel torrente Piota, ma in altri piccoli torrentelli) prendendo misure acconce perché vi sia un filtraggio dell'acqua dal frantoio a questi torrentelli che poi si immetterebbero successivamente nel Piota? Bisogna evitare un discorso burocratico sui problemi che potranno essere evidenziati dall'esame dei documenti che il Ministero ci trasmette, ma occorre invece mandare sul posto e trovare una soluzione interpellando innanzi tutto il Sindaco e il Comune di Silvano, promuovendo un incontro con i partecipanti di questa protesta popolare e con tutti i cittadini unitamente ai Consiglieri provinciali della zona e vedendo quindi sul posto le proposte che i cittadini fanno. Vi è l'esigenza di difendere la salute in primo luogo e quindi di discutere, in modo rapido, diverso e non burocratico, le cose che si stanno verificando in quella zona.
Noi oggi esprimiamo quest'approvazione parziale in attesa di una visita sul posto organizzata dall'Assessore.
Io voglio cogliere l'occasione di questo piccolo caso, che però investe drammaticamente 130 famiglie e quindi un Comune di fatto, per chiedere che venga assunta una posizione molto rigida nei confronti degli inquinamenti dei fiumi provocati da certe industrie che intendono speculare e null'altro! Questa deve essere una linea non di Giunta, ma di Consiglio ed anche di Commissione che si tramuti in atti concreti di difesa, altrimenti faremo solamente della poesia!



PRESIDENTE

L'interpellanza è discussa.


Argomento: Norme generali sui trasporti - Trasporti su gomma

Interrogazione del Consigliere Viglione sulla precaria situazione della linea Torino-Savona e Torino-Cuneo-Limone e funzionamento della navetta fra Limone e Vievola


PRESIDENTE

Interrogazione 14/7/'72 del Consigliere Nesi il quale però ha chiesto congedo, quindi viene rinviata ad una prossima riunione.
Interrogazione Berti, Fabbris, Lo Turco, Vecchione dell'8 novembre 1972 "Commissari straordinari in ospedali della Regione in luogo dei Consigli d'Amministrazione". Dovrebbe rispondere l'Assessore Armella, ma anche lui è in congedo perciò la rimandiamo a domattina.
Interrogazione del Consigliere Viglione dell' 8/11/'72 "Precaria situazione della linea Torino-Savona e Torino-Cuneo Limone e funzionamento della navetta fra Limone e Vievola".
La risposta all'Assessore Gandolfi.



GANDOLFI Aldo, Assessore ai trasporti

Il Consigliere Viglione sollecita l'interessamento ed il giudizio della Giunta sui problemi delle linee Torino-Savona e Torino-Cuneo-Limone e della navetta fra Limone e Vievola.
Esaminando i tre argomenti distintamente dobbiamo dire che le difficoltà di esercizio in cui versa attualmente la linea Torino-Savona possono condensarsi grosso modo nelle seguenti ragioni: 1) l'enorme ritardo nell'attivazione del nuovo scalo ferroviario di Savona, la cui costruzione peraltro è demandata non alle FF.SS. ma alla Direzione generale delle nuove costruzioni ferroviarie del Ministero dei LL.PP.
2) l'esigenza di attivare tra Savona e San Giuseppe del Cairo anche il secondo binario del tronco di Altare 3) la necessità di eliminare la strozzatura esistente tra Ceva e San Giuseppe del Cairo mediante la costruzione ex novo del raddoppio, compresa una nuova galleria 4) la necessità di ripristinare il doppio binario, che fu asportato da tedeschi, tra Fossano e Ceva 5) il passaggio dal sistema di trazione dalla corrente trifase alla corrente continua che poi è il provvedimento di carattere strutturale più importante.
Per quanto riguarda il primo punto ho garanzie che il compartimento delle FF.SS. Torino segue molto da vicino ed in maniera pressante rispetto al Ministero dei LL.PP. l'andamento delle opere relative al nuovo scalo ferroviario di Savona e c'è la ragionevole certezza che l'opera possa essere compiuta entro la fine del '74.
E' pure in fase di avanzata realizzazione l'impianto di trasformazione a corrente continua della linea che dovrebbe essere terminata entro la fine del 1972. Idem per il ripristino del doppio binario tra Fossano e Ceva.
Il ritardo più rilevante che si deve registrare per l'attuazione del nuovo sistema di trazione sull'intera linea, che dovrebbe comportare dei notevoli guadagni, soprattutto in termini di percorrenza sulla linea e in generale di conforto e di rapidità di trasporto sull'intera linea, è da attribuirsi, secondo il Compartimento delle FF.SS., a carenza di materiale di trazione per esercitare la linea Torino-Savona a corrente continua; si dice che siano necessari circa 40 locomotori.
Questa è la considerazione che ufficialmente viene esposta dalle FF.SS.
cioè si dice che le case costruttrici sono in ritardo nella consegna del nuovo materiale. Le case costruttrici addebitano il ritardo al fatto che le FF.SS. hanno delle grosse discontinuità di investimenti in questo settore per cui esse non sono in grado di fare previsioni ragionevolmente stabili nel tempo e quindi di dimensionarsi rispetto alle punte massime di ordini che le FF.SS. fanno in certi anni.
Sulla base di queste valutazioni il Compartimento delle FF.SS., prevede per il mese di settembre 1973, con l'adozione dell'orario invernale, la trasformazione del tronco Torino-Savona a corrente continua.
La Giunta Regionale ha elementi per potere invece sostenere che da parte non dei Compartimento di Torino delle FF .SS, ma della Direzione generale delle Ferrovie si stiano facendo delle assegnazioni del nuovo materiale rotabile ai vari compartimenti, senza tenere conto delle esigenze del Compartimento Torino e che quindi il fatto che non si possa realizzare la trasformazione a corrente continua nemmeno per l'estate 1973, sia almeno in parte - da attribuire alle decisioni della Direzione generale delle FF.SS. Ripeto che i lavori di impianto possono essere ultimati nel mese di dicembre 1972.
La Giunta non ha mancato di lamentare questa situazione e non mancherà di fare tutte le pressioni necessarie perché la Direzione generale delle ferrovie di Roma si renda conto dei gravi inconvenienti che oggi esistono già come tempi di percorrenza e per il decadimento continuo delle motrici a corrente trifase su quella linea, affinché sia garantita al più presto possibile l'attivazione a corrente continua di quella linea che dal punto di vista degli impianti è tecnicamente possibile.
Per quanto concerne il tronco Fossano-Cuneo-Limone, la trasformazione a corrente continua è prevista per il maggio 1974. La Giunta si è impegnata a fare il possibile perché lo stesso tipo di inconveniente di cui si parlava per la linea precedente, non abbia a rinviare ancora più in là nel tempo la trasformazione.
Le comunicazioni fra Torino e Cuneo però, a nostro avviso, possono già conseguire dei miglioramenti con l'orario invernale del '73 e per le migliorate condizioni di esercizio tra Torino e Fossano e per una maggiore disponibilità di elettro motrici di tipo bicorrente che sembra già garantita nel quadro delle disponibilità del Compartimento.
La Giunta Regionale comunque ritiene indispensabile procedere parallelamente al ripristino della Cuneo-Nizza, al raddoppio del binario tra Fossano e Cuneo, le cui opere d'arte furono già predisposte in tal senso all'epoca della costruzione del tronco. La Giunta ha già richiesto che tale raddoppio venga inserito nel piano decennale delle Ferrovie che dovrebbe prendere le mosse a partire dal 1974.
Per quanto concerne il ripristino della Cuneo-Nizza, che pure è stato citato dall'interrogante, in attesa della ratifica delle convenzione internazionale ci risulta che i Compartimenti di Torino e di Genova hanno già dato inizio ad alcuni lavori di sistemazione nei tratti di linea di rispettiva competenza territoriale.
Per quanto riguarda l'ultimo problema sollevato, cioè l'istituzione di un servizio navetta fra Limone e Vievola, su sollecitazione degli enti locali e su segnalazione del collega Assessore Paganelli, l'Assessorato ai trasporti già nel mese di settembre aveva fatto pressioni presso il Compartimento perché la questione venisse riconsiderata. Il Compartimento delle FF.SS. Torino aveva fatto rilevare alla Giunta che non era possibile un servizio permanente di questo tipo, dato che nei mesi estivi, quando cioè il traffico stradale non viene bloccato dalla neve, non c'erano garanzie che il servizio stesso fosse non dico remunerativo, ma almeno potesse essere gestito a costi non troppo gravosi. A questo punto la Giunta ha richiesto alla Direzione generale delle Ferrovie che quanto meno mettesse il Compartimento in condizioni di garantire questo servizio destinando a Limone alcuni carri per trasporto vetture ed un vagone passeggeri in grado di essere attivati con un locomotore proveniente dal deposito di Cuneo, nei casi di impraticabilità del valico stradale. La proposta non ha ottenuto una risposta positiva per ragioni che non ci sono state precisate e anche per questo ci riserviamo di rinnovare adeguate pressioni presso le Ferrovie e presso il Ministro dei Trasporti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere interrogante.



VIGLIONE Aldo

Colleghi Consiglieri, chi pensa ad una linea Torino-Savona (la cosiddetta Torino-Mare) è portato a pensare ad una linea di grande importanza, che collega due regioni e degli interessi assai consistenti.
Quando poi si va a vedere, si constata che a Carmagnola si cambiano, come negli antichi viaggi i cavalli, perché si interrompe la corrente continua e comincia quella per cui i locomotori devono essere cambiati. Ne vengono così agganciati altri che hanno per lo meno 40 anni.
Questa situazione dura ormai da trent'anni, sono passati i Ministri di tutti i partiti (socialista, D.C., non so se sono passati anche i Ministri del partito repubblicano, ma non credo perché loro sono sempre stati alla Giustizia se non vado errato e non hanno avuto modo di fare qualcosa ai trasporti) ma le cose non sono mai cambiate.
Anche nel piano dei 1500 miliardi (la prima parte di 700 e la seconda di 800 miliardi) questa linea ferroviaria non ha trovato soluzione. Lo sconcio maggiore che viene rilevato in tutte le pubblicazioni, in tutti i dibattiti, è che a Savona vi è una stazione, costata parecchi miliardi, che va in rovina perché le FF.SS. non sono in grado di dare un assetto né alla linea Torino-Mare né alla Genova-Ventimiglia. Questo è il primo dato da rilevare, dato di condanna per le forze politiche che hanno lasciato andare le cose fino a questo punto, ma è anche per le forze tecniche interne che si sono dimostrate assolutamente all'altezza.
La risposta che dà oggi l'Assessore Gandolfi, l'hanno già data tutti i direttori delle Ferrovie, da Fienga a Rissone a quello attuale: prima tutto sarebbe stato sistemato entro il '71, poi entro il '72 e adesso entro il '73/'74 quindi abbiamo ragionevoli motivi di dubitare di tutto questo.
Noi ringraziamo l'Assessore e ci dichiariamo soddisfatti della sua risposta, però vorremmo che questa linea ferroviaria che collega le Alpi Marittime con la Liguria ed il Piemonte, data la sua importanza, fosse oggetto di una discussione da parte del governo regionale e di un suo intervento in sede nazionale.
Io penso che con il nuovo piano se non si insiste non si avrà nulla.
Abbiamo visto nella conferenza che si è tenuta ieri, che cosa hanno dato al Piemonte? Che cosa hanno dato a questa città che un milione e 100.000 abitanti, di cui 400.000 immigrati, o alla sua cintura che ha decine di migliaia di industrie? Hanno dato un raddoppio di binario fino a Trofarello, niente altro e hanno detto che miglioreranno forse i marciapiedi della stazione di Porta Nuova. Un giorno abbiamo protestato con un ingegnere il quale ci ha detto "Ma come, abbiamo fatto il sottopassaggio nella stazione di Carmagnola". Che cosa chiedete di più, piemontesi, dalle Ferrovie dello Stato?! Questo è l'obiettivo che si dovrebbe porre il governo regionale: si è parlato di 4.000 miliardi d investimento per i trasporti, e il Piemonte non avrà nulla? Si è parlato dello scalo di Orbassano, ma se non facevano almeno quello, vicino ad una Fiat che produce due milioni di autovetture all'anno, che cosa avrebbero dovuto fare le Ferrovie? Mettersi una benda davanti agli occhi.
A questo punto quindi si deve dire che per il Piemonte non è stato dato assolutamente nulla e ché il governo regionale deve impegnarsi seriamente in sede ministeriale affinché questi problemi siano risolti.


Argomento: Edilizia e norme tecnico-costruttive - Edilizia pubblica (convenzionata, sovvenzionata, agevolata)

Interrogazione del Consigliere Zanone ed altri sulla ritardata approvazione da parte del CER per un'immediata realizzazione dei programmi di edilizia abitativa


PRESIDENTE

Interrogazione Zanone, Fassino, Gerini, Rossotto dell'8 novembre '72 "Ritardata approvazione da parte del CER per un'immediata realizzazione dei programmi di edilizia abitativa".
La risposta all'Assessore Cardinali.



CARDINALI Giulio, Assessore all'urbanistica

Gli interroganti vogliono conoscere la situazione nell'applicazione delle legge sulla casa, vale a dire a che punto siamo con l'attuazione di quei piani che abbiamo presentato alla fine del mese di giugno attraverso le localizzazioni deliberate dal Consiglio Regionale.
La riposta purtroppo non è molto incoraggiante perché fino a questo momento sono stati messi in moto esclusivamente i meccanismi relativi a quella parte dell'art. 68 a) che fa riferimento alle abitazioni malsane e fatiscenti. Questa trancia di valori che comportava per la nostra Regione un importo di poco superiore agli otto miliardi, è già in movimento e sono state firmate con gli IACP le convenzioni per l'attuazione di questo settore secondo le localizzazioni che sono state indicate ed approvate dal Consiglio Regionale.
Per quel che riguarda invece la seconda parte, la più cospicua, di oltre 52 miliardi, che si riferisce all'art. 68 b), il meccanismo di avviamento non è stato ancora perfezionato. Alla fine di settembre vi è stata una riunione a Roma con il Ministero dei LL.PP. a cui hanno partecipato tutte le Regioni, compreso il Piemonte, nella quale si doveva definire la parte spettante alle cooperative, che il Consiglio Regionale aveva votato nella misura del 30 per cento dell'importo. Ci trovammo così come Regione, di fronte al Governo che rivendicava la gestione in proprio della somma destinata alle cooperative. Tutte le Regioni si trovarono concordi su una proposta effettuata dalla Regione Piemonte secondo la quale, invece, la gestione avrebbe dovuto essere affidata alle Regioni e in una seduta successiva fu sanzionata anche dal Ministero dei LL.PP. con l'accordo che sui criteri di valutazione per l'assegnazione dei fondi relativi alle cooperative si sarebbe lavorato d'intesa fra la Commissione regionale ed il Ministero. Sennonché successivamente, con una circolare del CER in cui si faceva riferimento agli accordi presi, veniva in modo drastico affermato che l'importo da destinarsi alle cooperative non poteva secondo le indicazioni date dal CIPE, essere superiore a quel 10 per cento indicato precedentemente nel piano del CER.
Questa è la situazione che si è verificata e la stessa circolare chiedeva alle Regioni di localizzare le cifre rese disponibili dalla riduzione dell'importo (nel caso nostro dal 30 per cento al 10 per cento) nei fondi destinati alle cooperative.
Noi abbiamo risposto a questa circolare dando delle indicazioni sulla localizzazione che non facevano altro che seguire i criteri già adottati sulle priorità stabilite dal Consiglio. Appena il Ministero dei LL.PP. e quindi il CER avranno preso decisioni definitive si potrà dare corso anche a questa parte dell'art. 68 b) che riguarda il 90 per cento destinato agli IACP per le localizzazioni che abbiamo indicato e il 10 per cento per un fondo molto modesto perché si tratta di scendere dai sei miliardi e rotti che avevamo previsti a poco più di due miliardi per l'intera regione assegnati alle cooperative.
Il CER sostiene che per le cooperative il meccanismo di funzionamento per reperire i fondi deve essere integralmente o in massima parte affidato alla legge 291, ma fermo restando che non abbiamo ancora avuto un momento decisionale su questo argomento, per cui si tratta semplicemente di un'indicazione pervenuta dal Ministero non ancora perfezionata, resta il fatto che fondi relativi all'art. 68 b) non sono disponibili, cioè il meccanismo per l'attuazione delle case previste da questi fondi non è stato ancora avviato.
E' stato invece approvato il piano che avevamo presentato come Regione relativo alle urbanizzazioni primarie per i Comuni dotati della legge 167.
E' stata approvata la ripartizione che avevamo previsto sulla base rigorosa degli indici di affollamento del numero degli abitanti (che erano stati i criteri di priorità indicati fin dallo scorso anno dal Consiglio Regionale piemontese) e abbiamo dato comunicazione ai Comuni interessati degli importi corrispondenti. Sono importi che riguardano l'impiego di 200 miliardi sui 300 previsti dal piano di finanziamento generale e comportano un'assegnazione di fondi di circa 15 miliardi per la Regione Piemonte contro gli oltre 35 delle richieste pervenute. A questo proposito trattandosi anche qui di lavori preliminari per gli insediamenti nelle zone della 167, posso comunicare che abbiamo deliberato in Giunta (verrà oggi o domani al Consiglio) un disegno di legge regionale con il quale mettiamo a disposizione dei fondi per l'integrazione delle opere di urbanizzazione sia per i Comuni provvisti della legge 167, sia per quei Comuni che abbiano adottato o adottino piano di zone o intendano agire nell'ambito della legge 865 in base all'art. 51.
Questa è una situazione che credo possa far concludere piuttosto amaramente che molti degli aspetti positivi che avevamo avuto motivo di riscontrare in questa legge si sono resi di scarsa efficacia perché il ritardo e soprattutto questo gioco di rinvii decisionali su problemi fondamentali (come quello della ripartizione) hanno virtualmente, ad un anno e oltre dall'entrata in vigore della legge, consentito l'attuazione come ho riferito in principio - di una parte molto modesta dei fondi a disposizione, cioè di otto miliardi per le case malsane.
Tengo a dire che le Regioni all'unanimità hanno preferito salvare il concetto della gestione dei fondi delle cooperative nell'ambito della legge della casa piuttosto che battersi per il mantenimento delle cifre che avevano deliberato (all'incirca dell'importo stanziato dalla Regione Piemonte) e penso che se queste decisioni verranno prese nel mese di dicembre potremo arrivare alla definizione delle convenzioni o all'apertura dei bandi per le cooperative nel prossimo mese di gennaio.



PRESIDENTE

La parola a uno dei Consiglieri interroganti.



ZANONE Valerio

Prendo atto della risposta dell'Assessore e mentre posso senz'altro dichiararmi soddisfatto per la puntualità e la schiettezza delle sue dichiarazioni, non posso certo essere soddisfatto del contenuto delle informazioni date in merito all'attuazione della legge 865. Praticamente l'avviamento dell'attuazione di questa legge limitato alle abitazioni malsane (che concernono un settore finanziariamente molto ridotto del piano di localizzazione a suo tempo presentato dalla Regione) si riduce a dimensioni estremamente limitate; e la vertenza politica in corso fra il Governo e le Regioni, per quanto riguarda la gestione della parte riservata alle cooperative, non vorrei nascondesse un dato di fatto su cui corrono alcune voci: vale a dire che nel trasferimento dei fondi dalla Gescal al CER la consistenza dei fondi trasferibili si sia rilevata molto inferiore a quella che la legge prevedeva Per cui il timore che si sta diffondendo è che la legge 865 abbia impegnato dei fondi che non esistevano o che attualmente non sono più disponibili.
Credo che questa sia una situazione che va precisata perché nel votare un certo piano di localizzazione il Consiglio Regionale ha suscitato o ridestato delle legittime aspettative da parte degli enti locali e della popolazione che sarebbe gravissimo lasciare disattesa.
Io quindi mi riservo, a nome del Gruppo liberale, di trasformare questa interrogazione, anche sulla base degli ulteriori documenti che l'Assessorato vorrà produrre nella seduta di oggi e di domani, in una mozione affinché il Consiglio sia chiamato ad un dibattito generale sulla materia.


Argomento:

Interrogazione del Consigliere Zanone ed altri sulla ritardata approvazione da parte del CER per un'immediata realizzazione dei programmi di edilizia abitativa

Argomento:

Approvazione verbale precedente seduta


PRESIDENTE

L'interrogazione è discussa.
C'è adesso un'interrogazione Berti-Rivalta del 16/11/'72 in merito alla decisione del Comune di Moncalieri di apportare varianti al proprio piano regolatore a salvaguardia della zona delle Vallere.
Se i due interroganti consentono, siccome c'è anche l'interpellanza Garabello-Conti "Provvedimenti urbanistici adottati dal Comune di Moncalieri" e il Consigliere Garabello è impegnato come Presidente della I Commissione stamattina in audizione di persone che sono interrogate proporrei di fare la discussione domani mattina all'inizio della seduta unendo l'interpellanza e l'interrogazione. Concordano? Va bene.
Passiamo al primo punto dell'ordine del giorno "Approvazione del verbale della seduta 16/11/'72". E' stato mandato a tutti i Consiglieri. Ci sono delle osservazioni? Nessuna, allora si intende approvato all'unanimità.


Argomento:

Approvazione verbale precedente seduta

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Informo intanto i colleghi che hanno chiesto congedo: il Consigliere Calsolaro tutto mercoledì e giovedì mattina; il Consigliere Giovana; il Consigliere Menozzi mercoledì mattina; il Consigliere Nesi mercoledì l'Assessore Armella la mattina di mercoledì; il Consigliere Bono mattino di mercoledì.


Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta")

Comunicazioni del Presidente del Consiglio


PRESIDENTE

Punto terzo "Comunicazioni 'del Presidente".
Se mi consentono apro questa mia comunicazione con un rilievo. Noi ci siamo convocati, in adesione a quella che è stata la richiesta di qualche Capogruppo, alle 9,30 stamattina, ma abbiamo regolarmente cominciato la riunione alle 10,20, il che vale tanto quanto dire che è meglio continuare con la convocazione alle 10 se non riusciamo a stabilire la puntualità.
Però mi è stato anche fatto osservare da parte di qualcuno (e per conto di qualcuno la cosa è effettivamente valida) che non vi è la possibilità del posteggio delle macchine, per cui anche arrivando abbastanza puntuali non si riesce a posteggiare e si perde molto tempo. Nella seduta dell'Ufficio di Presidenza di lunedì prossimo incaricherò un membro dell'Ufficio stesso perché prenda gli opportuni contatti con l'autorità comunale, in maniera che nei giorni di riunione del Consiglio Regionale vi sia la disponibilità di un certo spazio in maniera che i Consiglieri possano collocare il loro automezzo.
Questa mattina ho ricevuto una delegazione del Comitato di agitazione della Sezione di Torino dell'Associazione Italiana Assistenza Spastici che mi ha lasciato un documento e che sostanzialmente chiede che si provveda ad un incontro con i Capigruppo Consiglieri perché questo Comitato di agitazione possa proporre in quella sede "in maniera da fare affrontare discutere e risolvere i problemi che ormai da troppo tempo gravano sugli handicappati in genere e sugli spastici in particolare" in una seduta del Consiglio. Mi riservo di concordare con i Capigruppo una riunione loro in modo da previamente esaminare all'interno dei Capigruppo questo problema per portarlo poi, in relazione a quanto sarà oggetto delle conclusioni, al Consiglio.
Mi è pervenuta questa mattina, attraverso ad un fonogramma urgente del Commissario del governo della Regione Piemonte, la notizia relativa alla legge regionale 26 ottobre '72 che contiene criteri generali per la costruzione, l'impianto, la gestione e il controllo degli asili-nido comunali costruiti e gestiti col concorso dello Stato, di cui alla legge 6/12/'71 n. 1044, e con quello della Regione. Si informa che "la legge non potest essere vistata, at sensi et per effetti cui art 11 legge 10/2/'53 n.
62 et art. 45 Statuto codesta Regione per seguenti motivi fatti, presenti da Ministro coordinamento attuazione Regioni con telegramma 200/12609/0.1.16 del 28 corrente che si trascrive: omissis 1) premettesi che Regione non potest dettare norme principio quale quella contenuta in secondo comma art. 1: et ciò tanto che materia - come sembrerebbe - attenga prevalentemente at settore sicurezza sociale et che attività normativa regionale sia perciò integrativa di quella statale at sensi ultimo comma art. 117 Costituzione, quanto che materia stessa sia integrativa in assistenza sanitaria et potestà normativa regionale si consideri concorrente. Determinazione principi et infatti riservata esclusivamente at potestà legislativa statale 2) secondo comma art. 9 - demandando at Giunta Regionale compito emanare ulteriori istruzioni per elaborazione progetti et per presentazione domande nonché disposizioni per concessione et amministrazione contributi altera distribuzione competenze fra organi regionali in quanto conferisce at organo esecutivo un'attività normativa - presumibilmente di tipo regolamentare - che non gli spetta. In ogni caso, poi, criteri generali per costruzione, gestione et controllo asili-nido - giusta art. 6 legge statale 1044/1971 debent essere fissati da Regione con proprie norme legislative 3) terzo e quinto comma art. 15 non sunt in armonia con disposizioni contenute in legge statale 19 luglio 1940, n. 1098, la quale, tra l'altro riconosce qualifica vigilatrice infanzia esclusivamente at diplomate da apposite scuole autorizzate at norma art. 7 legge medesima.
Inoltre per conseguimento diploma vigilatrice infanzia et abilitazione funzioni direttive assistenza infanzia non est richiesto da vigente legislazione statale possesso diploma scuola media superiore. Comunque essendo disciplina dette professioni, in quanto rientranti in arti sanitarie ausiliarie, sottratta at potestà regionale at sensi art. 6, n. 20 D.P.R. 14/1/'72 n. 4, non potest attribuirsi at certificati formazione professionale rilasciati da non precisati enti pubblici il medesimo valore dei diplomi conseguiti presso una scuola professionale di puericultura debitamente autorizzata. Per questi motivi Governo habet rinviato cennata legge Piemonte at nuovo esame Consiglio Regionale, at sensi terzo comma art. 127 Costituzione. Nell'occasione Governo habet altresì osservato: a) est impropria la formulazione dell'art. 11 nella parte in cui prevede sia 'approvato' at sensi legge il regolamento comunale aut consortile organizzativo commissione amministrativa asili-nido, atteso che controllo merito atti enti locali non esercitasi mediante approvazione b) in art. 18 non sunt indicati capitoli cui imputare prelevamenti da capitolo 1404 il che riflettesi su autorizzazione at Presidente Giunta Regionale at portare con proprio decreto occorrenti variazioni bilancio".
In merito si prenderanno le disposizioni del caso.
Informo che la VI Commissione ha espresso delle perplessità circa la propria competenza ad esaminare o progetti di legge 42, 65 e 66 relativi rispettivamente a "Norme per l'istituzione, l'attività ed il finanziamento delle Comunità montane in attuazione della legge 1102"; "Delimitazione delle zone montane omogenee, costituzione e funzionamento delle Comunità montane"; "Ripartizione dei territori montani in zone omogenee". Li ho assegnati alla II Commissione.
Alla Conferenza nazionale del Mezzogiorno che si svolgerà a Cagliari dal 1° al 3 dicembre, alla quale ero stato invitato personalmente come Presidente del Consiglio, non potendo accogliere per motivi personali familiari, l'invito, parlandone in Ufficio di Presidenza ho incaricato il Vicepresidente a rappresentare ufficialmente il Consiglio; oltre a lui una delegazione di cui fanno parte (per ora almeno) i Consiglieri Berti e Carazzoni. Il Presidente del Consiglio tuttavia ha ritenuto di partecipare con un documento che contiene la sintesi del pensiero a più riprese espresso dal Consiglio Regionale del Piemonte sul problema del Mezzogiorno allegando a questa sintesi un testo del parere che era stato espresso dal Consiglio stesso e che il Vicepresidente illustrerà in quello spirito.
Al Congresso partecipa, in rappresentanza del Presidente della Giunta e, credo, della Giunta, l'Assessore Paganelli il quale penso farà anche un suo intervento.
A Perugia dal 4 al 17 dicembre si svolge il VI Congresso nazionale della Lega per le autonomie ed i poteri locali sul tema "Il ruolo delle Regioni e dei poteri locali nella lotta per la riforma dello Stato e per l'attuazione delle riforme sociali nell'interesse dei lavoratori".
Ho ricevuto dal Sindaco di Grugliasco il telegramma che leggo: "La Giunta Comunale di Grugliasco protesta per il licenziamento di quattro delegati avvenuta in occasione di episodi alla Pinin Farina, con la denuncia di dodici altri delegati, chiede al Presidente dell'assemblea di promuovere un incontro per esaminare la gravità della situazione." Ho fatto telefonare subito al Sindaco Rossi e mi riservo di vedere che cosa altro si può fare.
A proposito del Convegno di Cagliari mi sono pervenuti due documenti: uno del Vicepresidente del Consiglio Regionale della Campania che rappresenterà quella Regione, con allegato un documento; un secondo dal Presidente del Consiglio Regionale della Sardegna, che è il documento preparatorio per secondo convegno delle Regioni meridionali. Mi riservo di farne copia eventualmente fornendone ai membri della delegazione e puntualizzando, se facciamo a tempo, il pensiero del Consiglio Regionale in sintesi, perché non conoscendo il testo del documento preparatorio siamo andati un po' a ruota libera su quelle che erano le impressioni e le espressioni del Consiglio formulate in precedenza. E' probabile che leggendo questo testo vi sia forse l'opportunità di una qualche puntualizzazione. Se mi riesce di farlo pregherei il Vicepresidente di volerlo presentare ad integrazione della relazione che già è stata spedita.
Prego il Consigliere Segretario Gerini di leggere l'elenco dei documenti pervenuti alla Presidenza.



GERINI Armando, Segretario

Dall'assemblea del personale dipendente dal Ministero LL.PP.
interessato al trasferimento alla Regione Piemonte, un documento che proclama lo stato di agitazione del personale per la soluzione dei problemi del personale regionale, organico ecc.
Dal Comitato per la salvaguardia delle Vallere un comunicato sulla discussione del Consiglio Comunale di Moncalieri venerdì 27 ottobre.
Dal Sindacato nazionale autonomo biologi italiani il testo della mozione conclusiva nell'assemblea nazionale del Sindacato stesso relativo ai problemi della categoria, in cui si auspica anche che le Regioni sanciscano, con opportuni strumenti legislativi, la rappresentatività della categoria in seno agli organismi consultivi regionali.
Dal Comune di Ovada la copia di ordine del giorno dell'assemblea dei genitori e di ordine del giorno del Consiglio Comunale relativo al servizio di doposcuola verso la scuola media statale di Ovada.
Dalla Federpubblici CISL di Vercelli un documento auspicante l'estensione al personale del EPT del trattamento economico del parastato.
Dal Comitato ecologico Chivassese oltre mille firme (che sono complessivamente tremila) di cittadini contrari al progettato ampliamento della centrale termina ENEL di Chivasso.
Da un gruppo di impiegati Olivetti un documento in cui si lamentano atti volti a impedire il diritto al lavoro.
Dagli abitanti dei Comuni di Bellino, Sampeyre e di Casteldelfino Val Varaita un esposto circa la grave situazione derivante dalla mancata gratuità della scuola dell'obbligo, dal momento che la spesa di trasporto dal luogo di residenza alla scuola, grava sulle famiglie.
Da un gruppo di assegnatari di alloggi Gescal di Casale Monferrato la richiesta che gli alloggi siano dati a riscatto come promesso dall'Assessore all'istruzione della città di Torino.
Un documento con cui si afferma di condividere gli indirizzi di fondo dei principi ispiratori dell'ordine del giorno sulla situazione dell'Università.
Dai dipendenti dell'Ispettorato dell'agricoltura di Cuneo appartenenti alla carriera esecutiva, una protesta per le collocazioni parametrali previste nella bozza del disegno di legge predisposta dalla Giunta Regionale sullo stato giuridico ed economico del personale.



PRESIDENTE

Qualcuno chiede di parlare sulle comunicazioni? Consigliere Berti, ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Intervengo subito sul Convegno delle Regioni meridionali a Cagliari. A nome del Gruppo comunista avevo rappresentato alla conferenza dei Capigruppo l'importanza di questa manifestazione per il valore che ha il fatto che le Regioni meridionali si riuniscano per la seconda volta per discutere i problemi che attengono allo sviluppo del Mezzogiorno d'Italia ma è ancora più importante se si considera che proprio dalla Regione piemontese è stata avanzata la proposta di organizzare un Convegno nazionale delle Regioni sul tema "Rapporto tra la programmazione regionale e lo sviluppo del Mezzogiorno".
Sono motivi di carattere politico oltre che di programmazione economica che danno alla conferenza delle Regioni meridionali un'importanza di carattere straordinario, stupisce quindi veramente che gli altri Gruppi non abbiano sentito la necessità di delegare un loro rappresentante a parteciparvi.
Io pregherei i Consiglieri Viglione e Bianchi di ascoltarmi perch desidero una loro risposta.
Ho chiesto ai Gruppi per quale motivo non hanno ritenuto di delegare un loro rappresentante alla conferenza delle Regioni meridionali, mentre ho avuto modo di dire nelle conferenza dei Capigruppo che noi non siamo fra coloro che colgono tutte le occasioni (per dirla con il Presidente della Giunta) per incrementare il turismo attraverso i viaggi dei Consiglieri, ma abbiamo colto questa occasione per l'importanza politica che essa riveste.
Io spero quindi che gli altri Gruppi riescano per una volta tanto a mettere da parte altre questioni e a delegare un loro Consigliere a partecipare al convegno.
Io inviterei anche il Presidente del Consiglio ad inviare l'adesione ufficiale del Consiglio.....



PRESIDENTE

E' già stato fatto.



BERTI Antonio

Chiedo scusa.
Sulla questione degli asili-nido devo dire che il provvedimento del Commissario di governo è molto grave il quale aggiunge a quelli già assunti nei confronti delle Regioni Toscana, Emilia, Lombardia che già avevano deliberato su questa materia, la ripulsa alle legge piemontese.
Le motivazioni del Commissario di governo sono gravi in quanto ritardano la messa in movimento di iniziative di carattere sociale e, se si vuole, lo sviluppo dell'edilizia cioè non contribuiscono a fare assolvere alla Regione quella funzione che la Regione, approvando questa legge, aveva dimostrato di voler assolvere e per i tempi e anche per i contenuti.
La difesa che il Commissario a nome del Governo fa delle competenze statali, è opinabile nel senso che queste competenze sono dalla Costituzione attribuite alle Regioni e noi non possiamo non vedere, in questo tentativo del Governo, un ennesimo attacco all'iniziativa delle Regioni. Si delinea cioè sul piano nazionale un tentativo molto grave di svuotare i poteri delle Regioni anche di quei poteri delegati dai recenti decreti. Proponiamo quindi che il Consiglio si sia rapidamente messo nelle condizioni di fare le osservazioni al decreto del Commissario di governo eventualmente compiendo un esame nel merito delle osservazioni stesse.
Tuttavia non possiamo non cogliere l'occasione per denunciare che gli ostacoli che il Governo frappone alla legge della Regione sono facilitati anche dagli errori, dalla pervicacia con la quale la Giunta persegue l'obiettivo di prevaricare i diritti del Consiglio. Se noi, Gruppo comunista, non avessimo portato in discussione queste questioni, oggi non prenderemmo la parola, ma abbiamo il dovere di dire che la battaglia che conduciamo per difendere i sacrosanti diritti del Consiglio si riversa contro la Giunta la quale, nel difendere i propri poteri, pone oggi il Governo in grado di avere un argomento in più per respingere la legge.
Tuttavia in questo caso dobbiamo ringraziare il Governo, ci voleva il Governo per dimostrare che queste cose devono essere fatte dal Consiglio, o bastavano la volontà regionalistica e lo Statuto per dimostrarlo? Se occorreva una voce in più per chiarire che queste cose le deve fare il Consiglio Regionale, questa volta è venuta e noi ne prendiamo atto anche per tutto quello che consegue in rapporto alle leggi che sono in discussione.



PRESIDENTE

Altri chiede di parlare? Il Consigliere Viglione, ne ha facoltà.



VIGLIONE Aldo

Rispondendo al Consigliere Berti che perentoriamente ha chiesto agli altri Gruppi di indicare il loro rappresentante per la conferenza di Cagliari, dobbiamo dire che siamo in attesa che giunga il nostro Capogruppo che è all'estero e rientrerà soltanto stasera perché vorremmo consultarci con lui. Certamente il Gruppo socialista sarà presente alla conferenza di Cagliari.
Circa la legge sugli asili-nido, è stata a lungo discussa nella Commissione e nel Consiglio e vorremmo dire che è il primo caso in cui si agisce in base all'ultima parte del 117: "Le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione".
A questo punto il concetto è dei rapporti che possono esistere fra Stato e Regione; è un problema tuttora aperto e che trova la sua identificazione nella volontà politica del Governo di consentire che le Regioni nell'attuazione abbiano o no dei limiti. Il discorso e le osservazioni che ha fatto il Governo tramite il Ministro per le Regioni o che avrà fatto certamente il Consiglio dei Ministri (spetta a questo impugnare una legge regionale) si possono soltanto indirizzare verso un'attività di carattere politico. Noi dobbiamo registrare quindi che questa legge ha trovato una trincea, uno sbarramento a livello governativo, ministeriale e quindi a livello politico; l'attuale maggioranza che governa il Paese non vuole dare alle Regioni la possibilità di operare né con competenze proprie (quelle del 117) né con norme attuative di leggi e di deleghe.
Il governo Andreotti-Malagodi-Scalfaro è la destra del nostro Paese e la legge è stata portata avanti dal Presidente di Commissione Vittorio Beltrami che è l'uomo più vicino alla destra che gli ha sconfessato addirittura la legge. Dobbiamo rilevare che vi è una grave involuzione in sede governativa; mentre col governo di centro sinistra siamo riusciti ad ottenere decreti delegati che per lo meno erano soddisfacenti, anche se non del tutto, in questo momento non riusciamo a portare avanti nemmeno la legge di attuazione degli asili nido che interessa moltissimo la Regione Piemonte e tutto il Paese. Noi sappiamo guanto sia importante per le mamme che lavorano sapere chi si occupa dei loro figli. Ebbene, il governo di destra ha sbarrato il passo agli asili-nido.
Il Consiglio deve quindi oggi prendere una decisione: riportare questa legge e votarla così com'è. Giunti a questo punto spetterà al Governo impugnarla davanti alla Corte Costituzionale.



PRESIDENTE

Questo a suo tempo il Consiglio lo deciderà, stamattina ho solo voluto dare un'informazione che per me era doverosa.
Il Consigliere Bianchi ha chiesto di parlare, ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Al Convegno di Cagliari personalmente io non ho ancora rinunciato a partecipare, malgrado la somma di impegni che in questi giorni si va addensando sul Consiglio e di conseguenza sui Gruppi. In ogni caso so che partecipa l'Assessore al bilancio ed alla programmazione il quale, pur se a nome della Giunta, è sempre un membro del Gruppo D.C. per cui noi non saremo assenti nella duplice rappresentanza della Giunta e del Gruppo consiliare.
Per quanto riguarda il provvedimento governativo di reiezione della legge sugli asili-nido, ammiro la preparazione e la capacità dei colleghi di impadronirsi immediatamente di un argomento che io, malgrado la chiara dizione del Presidente, ho mal colto, anche per altre ragioni, e penso che richieda un momentino di meditazione e di attenzione per formulare una risposta che sia (e sarà in ogni caso) di rigorosa e ferma difesa e non solo generica dei diritti del Consiglio e della Regione, ma proprio ai fini della rapida adozione di uno strumento che è indispensabile per sovvenire a delle esigenze sociali che sono state già ampiamente esaminate durante la discussione della legge.
La nostra linea di condotta sarà ancora una volta quella di cercare di interpretare nel modo più corretto e più- efficiente i rapporti tra la Regione e lo Stato, non con aprioristiche dichiarazioni che portino ad una contrapposizione, ma che conducano ad una ferma rivendicazione del ruolo che spetta alle Regioni, oltre tutto in settori nei quali lo Stato ha rivelato la sua impossibilità e incapacità, per non dire mancanza di volontà, di agire e di intervenire. L'appuntamento, quindi è al momento dell'esame diretto della legge.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l'Assessore Vietti, ne ha facoltà.



VIETTI Anna Maria, Assessore ai servizi sociali

Io concordo con l'avvocato Bianchi sulla necessità di esaminare a fondo le osservazioni che sono giunte tramite il Commissario di governo; voglio però dire al Consigliere Berti che non è stato soltanto l'atteggiamento pervicace della Giunta a portare a questa conclusione. Anche se io ritengo che ci sia la possibilità da parte del Consiglio Regionale di stabilire i compiti degli asili-nido (e non mi pare che con questo si prevarichi la legislazione statale) tuttavia durante la discussione in Commissione eravamo giunti alla decisione di togliere il comma che li fissava; lo abbiamo reinserito in seguito alle osservazioni del Gruppo comunista.
Per quanto riguarda il problema delle competenze della Giunta, nella discussione si è andati oltre quello che rappresenta la realtà dei fatti mi pare che la posizione del Gruppo comunista in Commissione fosse di opposizione soprattutto all'art. 3, dove si stabilisce che sul piano degli asili - nido viene definito dalla Giunta.
Non è invece l'art. 3 che viene impugnato dal Commissario di governo ma l'articolo 9 nel quale si afferma che la Giunta è delegata ad emanare ulteriori norme per la progettazione e la corresponsione, di volta in volta, dei contributi, mentre, ripeto, l'opposizione fondamentale del Gruppo comunista si è manifestata sull'art. 3, che stabilisce che la Giunta definisce il piano.



BERTI Antonio

Questo è il suo parere, ma vedrà in futuro.



VIETTI Anna Maria, Assessore ai servizi sociali

Io avevo preparato delle norme tecniche per la progettazione degli asili-nido da portare in Consiglio, ma poi abbiamo ritenuto che si potesse giungere ad un risultato più tempestivo delegando l'approvazione di queste norme particolareggiate alla Giunta stabilendo nella legge i criteri generali.
Comunque ribadisco che le osservazioni dell'opposizione comunista erano soprattutto sull'art. 3 che riguarda la formazione del piano e sul quale il Governo non ha fatto alcuna osservazione.



PRESIDENTE

Altri chiede di parlare? Nessuno L'argomento delle comunicazioni è chiuso.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Esame della situazione occupazionale della Regione


PRESIDENTE

Passiamo al punto quarto, ma prima vorrei sapere se tutti i Consiglieri hanno avuto la relazione conclusiva della Commissione speciale di indagine sulla situazione edilizia di Bardonecchia.



VECCHIONE Mario

Ne abbiamo avuto una parte.



BERTI Antonio

Mancano tutti gli allegati.



VECCHIONE Mario

La Commissione (mi spiace che non ci sia il Presidente Dotti) aveva licenziato la relazione sulla situazione edilizia a Bardonecchia sul racket della manodopera, recependo integralmente gli allegati, quelli delle organizzazioni sindacali, lo stralcio della relazione della Commissione parlamentare antimafia, tre planimetrie, una copia e altri documenti di cui nella relazione si fa cenno, anche per mettere in grado i Consiglieri di poter intervenire nel dibattito.



PRESIDENTE

Se non vado errato ho detto che tutti questi documenti erano presso la Segreteria della Commissione, perché non vi è stato il tempo materiale di fare le copie degli allegati, ma sono consultabili.



VECCHIONE Mario

Nella Commissione abbiamo discusso circa due ore per stabilire se questi allegati dovevano essere uniti alla relazione per porre in grado i Consiglieri di discutere l'argomento. Il fatto di avere presentato la relazione senza unire i documenti, il cui tempo di predisposizione non va oltre le due ore, secondo noi è un modo di cui si assume la responsabilità la presidenza della Commissione.
PRESPENTE Appena verrà il Presidente della Commissione mi farò interprete di questa richiesta.
Punto quarto Esame della situazione occupazionale della Regione.
Introduce il dibattito l'Assessore al lavoro Visone.



VISONE Carlo, Assessore al lavoro

Signor Presidente, signori Consiglieri, vorrei fare una precisazione prima di iniziare la mia relazione.
Nel corso dell'ultimo Consiglio si era stabilito di dibattere il problema inerente alla situazione che è venuta a crearsi alla Castor ed alla Imel; l'ordine del giorno invece reca "Esame della situazione occupazionale nella Regione" e quindi l'Assessorato non è stato in grado di preparare una relazione complessiva. Io comunque mi sono fatto premura di raccogliere almeno dei dati indicativi sulla situazione occupazionale che se il Consiglio ritiene utile, leggerò, riservandomi di affrontare l'argomento in modo più ampio in un altro momento.



BERTI Antonio

Eravamo rimasti d'accordo di parlare della situazione occupazionale in Piemonte, ma con particolare riferimento alla Castor.



VISONE Carlo, Assessore al lavoro

La situazione occupazionale nell'ambito della Regione non è certamente rosea, come tutti i colleghi avranno avuto modo di constatare, anche nei dibattiti che si sono già avvicendati in quest'aula.
A tutti sono note le vicende che in questi ultimi tempi hanno toccato in particolare il settore, già in crisi, delle aziende tessili. Per fare comunque, un parametro tra la situazione occupazionale attualmente esistente e quella registratasi nel corrispondente periodo dell'anno scorso, basta raffrontare le cifre di cui è venuta in possesso della Giunta Regionale relative ai disoccupati iscritti nelle liste di collocamento e alle loro variazioni intervenute nello scorso mese ottobre. Dette cifre anche se sono da considerarsi approssimative, rispecchiano comunque il fenomeno e pertanto ritengo che la loro citazione serva a dare un'idea del fenomeno stesso: Torino città disponibili a fine mese di settembre 1971: circa 5.000 - 1972 circa 12.600 iscritti nel mese di ottobre - 1971: circa 8.200 - 1972: circa 6.600 avviati nel mese di ottobre - 1971: circa 4.400 - 1972: circa 5.400 cancellati nel mese di ottobre - 1971: circa 2.500 - 1972: circa 1.000 disponibili a fine mese di ottobre - 1971: circa 6.400 - 1972: circa 12.800 Torino provincia disponibili a fine mese di settembre - 1971: circa 9.100 - 1972: circa 13.000 iscritti nel mese di ottobre - 1971: circa 6.000 - 1972: circa 5.600 avviati nel mese di ottobre - 1971: circa 2.800 - 1972: circa 3.600 cancellati nel mese di ottobre - 1971: circa 900 - 1972: circa 1.100 disponibili a fine mese di ottobre - 1971: circa 11.600 - 1972: circa 13.800.
Totale Regione disponibili a fine mese di settembre - 1971: circa 30.800 - 1972: circa 45.400 iscritti nel mese di ottobre - 1971: circa 25.200 - 1972: circa 22.800 avviati nel mese di ottobre - 1971: circa 15.300 - 1972: circa 17.000 cancellati nel mese di ottobre - 1971: circa 5.000 - 1972: circa 3.700 disponibili a fine mese di ottobre - 1971: circa 35.800 - 1972: circa 47.400.
Passo ora all'analisi della situazione della Castor e Imel.
Riteniamo utile far procedere l'esposizione dei problemi attuali del gruppo Zanussi da un breve profilo storico.
L'industria Zanussi ha avuto origine nel 1916, anno in cui Antonio Zanussi iniziò a Pordenone un'attività meccanico-artigianale per la produzione di cucine a legna.
L'attività dell'azienda si mantenne nell'ambito di una dimensione artigianale (40 dipendenti) fino al 1945. Con il passaggio della conduzione dell'azienda ai figli Guido e Lino e con le mutate condizioni economico industriali del dopoguerra, fu possibile uno sviluppo dell'azienda dal 1945 al 1950 mediante la produzione di fornelli e cucine a gas integrata da quella di grandi cucine per alberghi e comunità.
Nel 1954 la Zanussi intraprese la produzione di frigoriferi e nel 1958 quella delle lavatrici; col progressivo ampliamento della quantità e della gamma di produzione, l'azienda estese successivamente le sue attività anche alla produzione di componenti elettromeccanici e plastici.
Nel 1960 iniziò anche la produzione di televisori entrando così anche nel settore elettronico.
Questo sviluppo aveva portato l'azienda ad un migliaio di dipendenti nel 1955 e a circa 3000 dipendenti nel 1960.
Il decennio '60 è caratterizzato da una crescente integrazione verticale delle lavorazioni Zanussi (l'azienda è autoproduttrice di componenti e semilavorati oltre che di prodotti finiti), da un'iniziativa assunta direttamente per la distribuzione e la gestione dei servizi di assistenza in Italia e dal rapido sviluppo della corrente di esportazione.
L'espansione sui mercati esteri iniziò a partire dal 1962 con la costituzione delle prime società commerciali all'estero e con la realizzazione della società industriale consociata Ibelsa in Spagna. Nel contempo si andavano estendendo continuamente le aree e gli impianti industriali in diverse zone attigue alla città di Pordenone accentuando il tal modo lo sviluppo diversificato e specializzato delle singole produzioni.
Lo sviluppo nel periodo 1960/68 può essere sintetizzato dai seguenti dati: occupazione: 5.000 dipendenti nel 1963, 6.800 nel 1965, 9.000 nel 1967, oltre 12.000 nel 1968 quota di esportazione sul totale vendite: 25 per cento nel 1963, 35 per cento nel 1965, 38 per cento nel 1968.
Nel 1968 Lino Zanussi perì in un incidente aereo; poco dopo il fratello Guido lasciava la società, la cui presidenza veniva assunta - e lo è tuttora - dal rag. Lamberto Mazza.
Per comprendere l'attuale situazione del gruppo Zanussi è necessario richiamarci al contesto economico, sociale e politico in cui sono maturate le scelte di indirizzo produttivo e di politica industriale da parte del gruppo stesso negli ultimi tempi.
Sul finire del decennio 1960 la situazione strutturale del mercato e dei produttori nel settore ha subito radicali modifiche rispetto agli anni immediatamente precedenti.
In particolare a partire dal 1968-69 si sono notati: 1) una sensibile diminuzione del tasso di sviluppo delle produzioni e delle vendite. Si è passati, infatti, da una media del 21 per cento nel periodo 1961-65, al 15 per cento dal 1965 al 1969 2) una sempre più accentuata propensione all'esportazione che è stata pari, nel 1961, al 19,2 per cento della produzione, al 47 per cento nel 1965 ed al 65,1 per cento nel 1970; nello stesso periodo la produzione è aumentata del 400 per cento 3) un sempre più rapido processo di concentrazione delle capacità produttive: nel 1970-5 grandi gruppi: Zanussi, Ignis-Ire, Indesit, Merloni Candy hanno controllato complessivamente l'87,4 per cento della produzione ed in particolare i primi tre e cioè il 41,3 per cento la Zanussi, il 17,7 per cento l'Ire, il 15,8 per cento l'Indesit 4) una tendenza sempre più evidente alla saturazione del mercato interno e del mercato europeo che è stato il principale acquirente dei prodotti italiani del settore.
Queste modifiche avvenute nella struttura produttiva e nell'assetto del mercato hanno costretto i produttori italiani ad aprirsi verso il mercato esterno, ponendosi in diretta competizione con i produttori locali.
I grandi gruppi europei del settore disponevano complessivamente di una minore capacità produttiva e controllavano quote minori di mercato; ma a differenza delle imprese italiane gli elettrodomestici non costituivano l'unica e neppure la più importante delle loro attività industriali.
Si trattava di concorrenti molto potenti dal punto di vista finanziario, commerciale e tecnologico, dotati di una forte capacità innovativa nel campo produttivo e tecnologico in seguito alla diversificazione adottata come conseguenza per la maggiore capacità di sopportare l'andamento della congiuntura di questa o quella produzione.
Esempi tipici di queste realtà produttive sone la Philips, l'AEG, la Thompson, realtà affermate da decenni.
Per il ruolo marginale dell'attività nel settore degli elettrodomestici, per la forte specializzazione ottenuta dai produttori italiani e soprattutto per i prezzi bassi dei nostri prodotti, rispetto al mercato europeo, era molto più conveniente per le grandi società estere impegnate in molte attività produttive, acquistare elettrodomestici in Italia e venderli con il proprio marchio, piuttosto che effettuare nuovi e pesanti investimenti in nuove fabbriche e macchinari.
Questo rapporto di vendita, era conveniente per le stesse imprese produttrici italiane: infatti la presenza con il proprio marchio sul mercato straniero avrebbe richiesto ingenti capitali, comportato rischi notevoli ed avrebbe senz'altro resa più acuta la concorrenza estera.
Di fronte alla modificata situazione del mercato ed alla sua crescente internazionalizzazione, la Zanussi si è trovata ad affrontare la necessità da una parte di un'ulteriore crescita della capacità produttiva e dall'altra di procedere all'integrazione verticale di queste attività assumendo in proprio la costruzione di semilavorati e di componenti che acquistava da altri produttori.
Le scelte possibili erano due: a) la costruzione di una rete di fabbriche satelliti nella Regione del Friuli (nella quale gli insediamenti industriali sono fortemente incentivati dalla legislazione regionale autonoma). Questa ipotesi presentava però il rischio di immettere sul mercato nuove unità produttrici in eccesso rispetto alla domanda globale b) l'assorbimento delle aziende concorrenti.
La Zanussi ha scelto questa seconda strada, facilitata dalle difficoltà finanziarie che avevano colpito molte fabbriche medie che non erano state coinvolte nel processo di concentrazione produttiva, in atto ormai da un decennio, e che mantenevano dimensioni inadeguate rispetto al Mercato Europeo.
Sono state, pertanto, acquisite le attività delle seguenti aziende: nel 1969 l'Aspera Frigo Est. Spa di Mel (BL) produttrice di compressori per frigoriferi la Becchi di Forlì, produttrice di cucine e stufe la Stice di Firenze, produttrice di frigoriferi la Castor di Torino, produttrice di lavatrici la Imel di Torino, produttrice di motori elettrici per lavatrici.
Nel 1970 il gruppo Zoppas operante con l'intera gamma degli elettrodomestici e comprendente la Zoppas di Conegliano, la Triplex di Milano, la Sole di Oderzo (quest'ultima produttrice di componenti elettromeccanici e plastici) e le fonderie San Fior.
Nello stesso anno e stata avviata la realizzazione dello stabilimento metallurgico di Maniago con reparti di fonderia, trafileria, stampaggio che sono andati ad affiancarsi alle fonderie del gruppo Zoppas. E' stato pure avviato a Campoformido uno stabilimento per la produzione di apparecchi radio e apparecchi televisivi a colori (ex Telefox).
Questa scelta ha permesso alla Zanussi di eliminare dal mercato dei concorrenti, acquisendo le quote da esse controllate, e la possibilità di usare nuovi marchi e relative reti di distribuzione, ma soprattutto di consolidare una posizione leader nel settore.
L'unico nuovo insediamento industriale di quegli anni è stato per la Zanussi, lo stabilimento di Maniago che si è inserito nel piano delle attività produttive.
L'operazione condotta dalla Zanussi con successivi assorbimenti aveva creato una pausa per lo sviluppo degli insediamenti e delle attività industriali nelle zone di Pordenone e del Coneglianese, ove si era creata una situazione di equilibrio tra domanda e offerta di lavoro, evitando fenomeni d'immigrazione dal sud che avrebbero sconvolto la composizione della classe operaia locale.
Questa strategia ha fondato la sua logica nella mutata situazione del mercato, ma ha creato alla Zanussi una serie di difficoltà e principalmente la necessità di risanare economicamente le aziende assorbite, per lo più in dissesto finanziario.
Alti prezzi la Zanussi ha dovuto poi sostenere per la razionalizzazione della produzione, dei servizi di distribuzione, dell'assistenza tecnica delle differenti politiche commerciali, e per il superamento delle carenze dei vari gruppi dirigenti.
Il costo di questo processo di razionalizzazione, in pratica ha ridotto, ed in qualche caso annullato, i benefici che la Zanussi aveva acquistato con l'operazione di assorbimento delle industrie concorrenti.
La riorganizzazione di queste aziende richiedeva una notevole capacità direttiva, capacità espressa non certo dal gruppo che era subentrato alla testa dell'azienda alla morte del titolare. Ma la conseguenza più grave di questa rapidissima crescita è stata la crisi finanziaria in cui la Zanussi è precipitata.
Per uscire da questa crisi la Zanussi si è rivolta all'IMI il quale ha accettato la richiesta di finanziamento, a patto che assorbisse anche la Zoppas, fortemente indebitata con l'IMi; la Zanussi ha deciso di accettare la richiesta dell'IMI, ma in cambio ha chiesto un finanziamento di 50 miliardi, dei quali 25 a fondo perduto e 25 a tasso agevolato.
Oltre alle necessità finanziarie ed alle pressioni IMI esistevano altri motivi non secondari che hanno indotta la Zanussi all'assorbimento della Zoppas, quali l'intenzione della Westignhouse di assorbire la Zoppas intenzione che si scontrava con indirizzi politici di ordine generale. La stessa posizione leader della Zanussi sarebbe stata posta in discussione da un vicino così potente, dotato di un grande potere attrattivo per dirigenti, tecnici e maestranze in genere.
Restava l'ipotesi di far fallire la Zoppas, che avrebbe comportato un prezzo politico altissimo ed avrebbe generato tensioni sociali tali da coinvolgere la stessa Zanussi. Sta di fatto che lo stesso rag. Mazza afferma...



BERTI Antonio

Mi stavo chiedendo se tutto questo non è stato scritto dal Consiglio d'Amministrazione della Zanussi!!!



VISONE Carlo, Assessore al lavoro

No, non è scritto dalla Zanussi, è una storia, se vi interessa.
Sta di fatto che lo stesso rag. Mazza affermava alla Commissione Industria della Camera che "l'operazione Zoppas-Triplex ha avuto un carattere di emergenza, essendo stata per molti aspetti determinata da circostanze e situazioni estranee alle nostre volontà ed ai nostri obiettivi di sviluppo".
L'IMI, a garanzia del prestito concesso, riceverà una parte di azioni affidate alla SAF (Società Anonima Finanziaria) ed, al termine della prima parte dell'operazione di prestito, il capitale sociale Zanussi verrà aumentato a 50 miliardi, le cui azioni risultano per il 49 per cento nelle mani della SAF (autunno 1970). Nella primavera del 1971 scatterà poi una seconda operazione di finanziamento da parte dell'IMI (altri 25 miliardi) con emissione di nuove azioni affidate interamente alla SAF; la quale viene così a detenere il 67 per cento del pacchetto azionario, mentre il capitale sociale viene portato a 75 miliardi.
Esaminiamo ora un altro aspetto della politica Zanussi, quella legata all'esportazione. Nel 1970 la quota di produzione destinata all'esportazione raggiungeva e superava il 50 per cento della produzione totale di elettrodomestici e tale condizione richiedeva l'avvio di un rapido ed indispensabile processo di "internazionalizzazione" dell'attività dell'azienda. Questo processo venne impostato attraverso le seguenti operazioni: 1) i rapporti di rilevante entità in corso con clienti "terzisti" europei andavano contenuti rafforzando la rete diretta di, vendita (le forniture ai clienti industriali, nonostante la loro ingente entità, nel 1970 incidevano solo per il 18 per cento sul totale delle vendite Zanussi in Italia e all'estero) 2) in passi preclusi all'esportazione per il regime di contingentazione delle esportazioni e degli elevati dazi doganali, occorreva creare delle attività produttive dirette: si ha così, nel 1970, in Spagna il potenziamento della consociata Ibelsa per la produzione e vendita degli elettrodomestici e la costituzione della Zanussi Industriale per la produzione e vendita di grandi impianti e apparecchiature per comunità 3) viene pure avviata una trattativa con l'impresa Jugoslava "Radekancar" per la produzione di elettrodomestici in Jugoslavia, quale premessa per la penetrazione sui mercati dell'est europeo 4) infine nel 1970 si procede ad un salto nella collaborazione col maggior cliente "terzista" (il gruppo tedesco AEG-Telefunken) per associarlo agli oneri finanziari dei continui investimenti che l'adeguamento, l'innovazione e l'efficienza tecnologica richiedono: viene annunciata la costituzione della società Zanussi Eldom in cui il partner tedesco tiene il 25,01 per cento del pacchetto azionario (in tale società verrebbero inclusi gli stabilimenti di Porcia, Firenze, Forlì, Torino, Mel Maniago, con una forte integrazione verticale).
Quest'ultima operazione consentiva - secondo l'azienda - una forte alleanza commerciale con il primo partner europeo, notevoli possibilità di utilizzare l'apparato tecnico e finanziario AEG ed infine un rapporto di licenza per il sistema di televisione a colori PAL di cui la Telefunken detiene i diritti di brevetto.
Queste operazioni, ed in particolare quella con il gruppo tedesco avvenivano con il consenso dell'IMI, anche se quest'ultimo sembra finora aver rinunciato ad esercitare le funzioni di maggioranza che detiene, non si sa bene se per consentire un autonomo rilancio della Zanussi (in questo caso una parte delle azioni sarebbe effettivamente solo a garanzia del prestito e tornerebbe in mani Zanussi a precise scadenze) oppure per attendere il momento più propizio per assumere direttamente la conduzione dell'azienda.
In un recente incontro a Francoforte con lavoratori tedeschi dell'AEG: si è appreso che, nonostante le ripetute smentite della Zanussi, l'azienda italiana è ormai sempre più condizionata dall'AEG e nel 1973 potrebbe passare sotto il suo controllo.
Come vedi questi non sono certamente dati forniti dall'azienda.
Zanussi e AEG avevano annunciato fin dal 1970 la costituzione della società elettrodomestici Zanussi-AEG che sarebbe diventata operante al momento dell'entrata in vigore dell'Iva cioè il 18 gennaio 1973. Il capitale di 40 miliardi sarebbe stato ripartito per il 74,99 per cento alla Zanussi e per il 25,01 per cento all'AEG.
Occorre però esaminare i pericoli che si celano dietro questa combinazione sulla scorta delle informazioni raccolte dalla delegazione sindacale italiana della F.L.M, che ha incontrato i rappresentanti sindacali tedeschi dell'IG Metall, alcuni dei quali sono membri del Consiglio d'Amministrazione dell'AEG- (in base all'accordo tedesco sulla codecisione o cogestione), e quindi dispongono di informazioni attinte direttamente dalla fonte di origine delle iniziative e delle decisioni.
Innanzi tutto con la partecipazione del 25,01 per cento al capitale sociale sulla base di norme legislative tedesche che regolerebbero l'accordo, l'AEG si assicura il diritto di veto su tutte le decisioni dell'azionista di maggioranza; inoltre l'AEG avrebbe già versato alla Zanussi oltre 22 miliardi di lire, ossia il doppio - di quanto l'AEG deve alla Zanussi per coprire la propria quota di capitale della società costituenda (che è appunto di 11 miliardi). E poiché il capitale globale della nuova società è di 40 miliardi, si comprende come in qualsiasi momento l'AEG possa scoprirsi e diventare possessore del 51 per cento del capitale, cosa che potrebbe avvenire a brevissima scadenza, se non subito dopo l'entrata in vigore dell'Iva.
Infine secondo la versione tedesca la nuova società italo-tedesca non comprenderà tutti gli stabilimenti Zanussi inizialmente indicati dalla Zanussi stessa. Contrariamente a quanto affermato, la Triplex non entrerebbe a far parte della combinazione e pertanto la nuova società assorbirebbe gli stabilimenti Zanussi di Porcia, la Becchi di Forlì, la Stice di Firenze, la Castor di Torino e le fabbriche di Maniago e Mel.
Orbene l'AEG che pensa in termini strategia industriale e finanziaria complessiva potrebbe attendere di fare il suo ingresso egemone a cose fatte (ossia a ristrutturazione, ridimensionamento e risanamento completati) in quanto la sua posizione è già forte sia sul piano finanziario che commerciale (ove abbiamo visto che il rapporto è diventato sempre più stretto).
Pertanto l'argomento dell'introduzione per far scattare l'operazione con l'AEG mediante fusioni e concentrazioni) sarebbe, a nostro giudizio prevalentemente strumentale; in effetti l'AEG non viene in Italia per ristrutturare, ma per acquisire un complesso per cui il partner italiano possa dare certe garanzie, ed affidamento.
Nel 1970, nella relazione di bilancio, l'amministratore delegato della Zanussi, nel descrivere le difficoltà attraversate dall'azienda, afferma che su di esse "prevalgono fattori strutturali di mercato, ma ci sono tutte le premesse per mantenere e rafforzare le posizioni finora acquisite". Per fare, ciò sono necessarie le seguenti condizioni: a) forte organizzazione distributiva b) la capacità di introdurre ulteriore innovazione tecnologica del prodotto c) l'efficienza gestionale e direzionale d) largo riassetto societario nei vari settori Le proposte precise avanzate riguardano appunto il nuovo assetto societario, che prevede una redistribuzione dei ruoli produttivi, ed in particolare: 1) la costituzione di una holding finanziaria con funzioni generali circa le politiche industriali e di rappresentanza del gruppo 2) concentrazione delle fabbriche dei vari settori produttivi in società comuni.
A questa visione lucida della necessità di modificare l'assetto strutturale della società non corrispondono comportamenti coerenti.
Infatti, malgrado l'impostazione che si era data con il bilancio del 1970, la Zanussi, nel 1971, non riesce ad attuare gli obiettivi prefissati, anzi, nella gestione dell'esercizio gli stessi obiettivi sembrano capovolti, ed i risultati, economici sono pesantemente negativi.
In particolare, nella politica commerciale si ha una vera svolta in senso opposto ai programmi iniziali.
La stagnazione negli investimenti si traduce in un vero blocco di finanziamenti per la ricerca e la progettazione, che a fine anno viene smantellata; l'episodio più clamoroso è la chiusura del Centro ricerche industriali (CRIN), centro che doveva fornire al gruppo Zanussi la possibilità di una costante innovazione del prodotto e soprattutto di rendere attuabile una diversificazione produttiva nel campo dell'elettronica civile.
Nello stesso periodo sono stati quasi smantellati tutti gli uffici di progettazione nelle varie fabbriche, con la conseguente concentrazione di queste attività a Porcia. Questa concentrazione avrebbe dovuto portare ad uno sviluppo dell'attività di progettazione che invece si sta riducendo anche in conseguenza di un uso sempre più consistente dell'appalto di queste attività.
La crisi generale del gruppo Zanussi ha avuto i suoi rapidi riflessi sul gruppo dirigente intermedio, che non ha mai costituito una classe dirigenziale capace di assumere ed affrontare i problemi dello sviluppo, ed in particolare quelli dell'occupazione, in termine di scontro e di proposte alternative rispetto alla conduzione accentrata e di tipo contabile del rag. Mazza. I dirigenti si sono limitati a mugugnare sul loro stato di emarginazione e di frustrazione, magari con prese di posizione collettive ma hanno ricercato di più la tutela "dell'immagine personale" attraverso migrazioni, oppure limitando le loro funzioni a livello esecutivo anzich far uso delle capacità manageriali per dare battaglia su problemi di interesse generale.
Emerge, in particolare, negli ultimi mesi una crisi di credibilità del gruppo dirigente, già scossa nel tentativo di strumentalizzare le difficoltà Zanussi nel caso della vertenza, facendo assumere a queste caratteristiche e dimensioni settoriali clamorosamente smentite dall'ufficio del programma e contestate dagli altri industriali del settore.
Nella nuova situazione di mercato con la restrizione dei margini di autofinanziamento con il progressivo accentramento dei poteri nelle mani del presidente, che ha provocato una sostanziale inerzia imprenditoriale molti dei quadri di più alto livello hanno preferito abbandonare l'azienda piuttosto che condividere una visione miopistica della conduzione del gruppo. A questa crisi si aggiunga il tentativo dell'azienda di far ricadere sull'occupazione e sul salario dei lavoratori, i costi della riorganizzazione aziendale, che andava risolta con ben altri strumenti che non la Cassa integrazione o i licenziamenti.
I lavoratori hanno impedito che questa linea passasse con la lunga lotta del 1971, lotta che ha avuto al centro la questione dell'occupazione del salario e del potere, determinando, di fatto, un blocco nel processo di ristrutturazione che avrebbe avuto conseguenze durissime sui livelli di occupazione.
Restano gli elementi di preoccupazione dell'oggi, e fra questi l'assoluta assenza di ogni nuova iniziativa per quanto concerne l'innovazione degli attuali prodotti e la progettazione di nuovi. La drastica riduzione degli investimenti e la decisione di non effettuare ammortamenti sono indizi preoccupanti della linea che l'attuale gruppo dirigente intende seguire, quella cioè di riequilibrare i conti economici del gruppo con un taglio notevole dell'occupazione I risultati di questa visione contabile dei problemi della Zanussi si fanno soprattutto sentire sull'occupazione, che è diminuita nell'ultimo anno e mezzo di circa 3.000 unità, pari al 10 per cento degli addetti del gruppo.
Questi risultati sono stati ottenuti con il blocco delle assunzioni con assurdi trasferimenti del personale tecnico e amministrativo, e soprattutto con l'uso massiccio della Cassa integrazione, che è intervenuta coprendo già un milione e mezzo di ore di lavoro che ha reso instabile l'occupazione di migliaia di lavoratori della Zanussi.
Ma non sono solo questi gli elementi di preoccupazione, se si pensa ad una diminuzione dei lavoratori occupati su turni, con un calo netto dell'utilizzazione degli impianti, all'estrema frantumazione dell'attività produttiva, per cui l'azienda lavora solo per commesse, anche di piccola entità, alla miriade di tipi e di modelli che vengono costruiti, fino all'estensione della pratica degli appalti, ai lavori di progettazione e d'amministrazione e di assistenza tecnica, che ha come conseguenza la cancellazione della rete commerciale sul territorio nazionale.
La maggior parte dei fenomeni che abbiamo sopra descritto sono anche colti nella relazione del presidente della Zanussi a commento del bilancio 1971 (assemblea degli azionisti a Pordenone il 30 maggio 1972), che chiude con una perdita di 10,8 miliardi. Ma le cause del dissesto vengono attribuite a tre ordini di fatti, che dovrebbero esentare la direzione da ogni colpa e deficienza.
La più pesante difficoltà sarebbe stata causata dalla "conflittualità permanente" in campo sindacale (la vertenza aziendale dal febbraio al giugno 1971, nel giudizio del rag. Mazza, avrebbe avuto per oggetto "tutta una serie di rivendicazioni di ordine sia normativo che retributivo, la cui entità era pari alla loro infondatezza").
Il secondo ostacolo viene riferito all'incertezza, circa la riforma fiscale, che avrebbero operato la sospensione od il rinvio delle operazioni di scorporo, fusione eccetera previste dal piano di ristrutturazione.
Un terzo gruppo di difficoltà comprenderebbe le mancate decisioni governative in materia di televisione a colori, che avrebbero posto in grave crisi il settore delle produzioni elettroniche.
Appare evidente che questi argomenti di difesa non sono in grado di scagionare la Direzione dalle pesanti responsabilità in merito alla conduzione dell'azienda in un anno critico come il 1971. Siamo di fronte ad un gruppo dirigente che deliberatamente ha rinunciato ad ogni autonomia decisionale, che tende a trasformare le fabbriche in reparti staccati di montaggio di prodotti che altri studiano e vendono.
Questa la situazione della Zanussi, della quale, come ho detto in precedenza, fanno parte la Castor di Rivoli e la Imel di Chiusa S. Michele.
La Castor è una media industria di elettrodomestici bianchi produttrice di lavabiancheria e lavastoviglie ad uso domestico modernamente organizzata, altamente competitiva e con bilanci in attivo.
Venne acquistata dal gruppo Zanussi nel 1969 per la cifra di dieci miliardi di lire. La produzione giornaliera è di 1.350 pezzi (su un turno di lavoro). Le maestranze occupate sono 1.400 unità, di cui 1.150 operai e 250 impiegati. Gli impianti sono moderni, tutti realizzati fra 1966 e il 1969 ed il valore è valutato intorno ai 3 miliardi di lire. La presenza sul mercato delle apparecchiature viene valutata nell'ordine del 18 per cento per il mercato Italia, 20 per cento per il mercato estero (sul volume delle esportazioni italiane). Posizione, quindi, molto forte sul mercato interno ed ottima su quello estero, in particolare in Paesi quali Jugoslavia Germania, Danimarca, Paesi Bassi. Il 40-45 per cento delle vendite all'estero avvengono direttamente con il marchio Castor.
La Società investe in spese di pubblicità oltre 700 milioni annui. Nel periodo luglio-dicembre 1969 la Direzione generale attua un piano di ristrutturazione che determina lo scioglimento della Direzione tecnica amministrativa e commerciale, con accentramento delle funzioni da esse svolte a Pordenone. Lo stabilimento diviene così un'unità esclusivamente di produzione. L'organico degli impiegati viene ridotto del 40 per cento (passa da 250 a 160 unità). La produzione viene incrementata a 1.850 pezzi/giorno, passando su due turni di lavorazione. L'organico operai viene perciò integrato e ancora nel 1971 si effettuano oltre 450 assunzioni.
Vengono smantellati i reparti di presso-fusione e di stampaggio di materie plastiche, trasferendone le lavorazioni agli stabilimenti centrali.
Le scelte di politica generale e la struttura organizzativa estremamente accentrata determinano grosse perdite finanziarie, che si riscontrano nei più diversi settori. Ne esemplifichiamo alcune: la Direzione Zanussi non manda in produzione una macchina studiata dal vecchio staff tecnico della Castor (il mod. 557) per la quale erano già stati spesi circa 100 milioni di attrezzature (nel novembre 1969).
La Zanussi rinuncia ai vecchi clienti terzisti della Castor con ordinativi inferiori alle 10.000 apparecchiature annue; perde così il 50 per cento della vecchia produzione Castor. La mancata gestione diretta delle vendite all'estero con marchio Castor porta alla perdita progressiva del rimanente 50 per cento.
La mancanza di scambio di notizie fra commerciali ed amministratori porta a fornire apparecchiature per un importo di 700 milioni alla SCHARPF che sta fallendo, e che non salderà più i suoi debiti (gennaio-marzo 1970).
La programmazione della produzione viene fatta su previsioni annuali per i vari modelli. Non c'è la necessaria elasticità per modificarla sulle vendite; capita così di produrre grandi quantità di modelli non richiesti sufficientemente dal Mercato e di non produrre invece modelli che incontrano il favore dei consumatori. I magazzini passano, per questi vistosi errori di programmazione, da giacenze di 30.000 pezzi a oltre 100.000 pezzi. Come unici provvedimenti correttivi, non si trova altro che applicare pesantemente la Cassa integrazione (27 giorni luglio-ottobre 1972).
Per quanto ci risulta, il Piano di ristrutturazione presentato alle organizzazioni sindacali il 30 ottobre ultimo scorso a Roma prevede, a partire dal febbraio 1973: la chiusura degli stabilimenti Castor e Imel la messa a Cassa integrazione a ore "zero" delle maestranze, con successivi licenziamenti totali lo smantellamento degli impianti e l'eventuale cessione dell'area.
La produzione attuale è di 1.250 pezzi/giorno. I programmi di produzione per 1973 prevedono la costruzione di 200.000 apparecchiature, di cui ben 27.000 nel solo mese di gennaio 1973. Le maestranze occupate attualmente sono 1.400. Le giacenze a magazzino sono scese a 60.000 pezzi di cui il 30 per cento rappresentato da macchine Italia ed il rimanente 70 per cento, da apparecchiature estere; (il 40 per cento di esse consiste in apparecchiature AEG che inspiegabilmente non vengono ritirate).
Lo stabilimento, nella situazione attuale, mantiene ancora livelli di massima efficienza, non riscontrabili in nessuno degli altri stabilimenti del gruppo.
La psicosi di chiusura creata tra il personale comporta il pericolo che le dimissioni di un numero anche ridotto di impiegati ed operai in posizione chiave, che rappresentano un capitale non valorizzabile potrebbero bloccare lo stabilimento e renderlo veramente un ramo secco come sostiene l'azienda.
Per garantire il livello occupazionale attuale si prospettano tre alternative: a) prosecuzione dell'attività Castor all'intento del gruppo Zanussi b) prosecuzione dell'attività Castor con nuovo proprietario c) inizio di una nuova attività.
Lo stabilimento Castor, situato nella zona industriale di Rivoli, è in prossimità di un importante nodo ferroviario, adiacente alla tangenziale Ovest di Torino. L'area dello stabilimento è di 72.000.000 metri quadrati di cui 52.000 coperti. Gli impianti di produzione, del valore approssimativo di 3 miliardi di lire, sono moderni e sono stati, come già detto, tutti realizzati tra il 1966 e il 1970. Data la loro caratteristica di lavorazione, sono ammortizzabili in dieci anni, e pertanto i futuri sei sette anni continueranno ad essere efficienti Il grado di automatizzazione è fra i più elevati nel campo degli elettrodomestici ed è migliore di quelli di Pordenone o degli altri stabilimenti del gruppo.
L'efficienza è stata la più alta del gruppo anche nel periodo di Cassa integrazione. La capacità produttiva massima sui due turni è di circa 1.900 pezzi/giorno, mentre la capacità ottimale risulta essere di 1.400-1.500 pezzi. Detta capacità ottimale garantisce una saturazione degli impianti del 70-80 per cento, atta quindi a sopportare in particolari condizioni di mercato la saturazione massima. Esiste pertanto una capacità produttiva annua di 330.000 pezzi (1.500 pezzi/giorno per 220 giorni lavorativi 330.000 pezzi).
Le caratteristiche dello stabilimento Imel di Chiusa San Michele sono: dislocazione - nel Comune di Chiusa S. Michele (Torino) al km. 29,300 della statale n. 25 della Valle di Susa superficie - il terreno è di 11.200 metri quadrati, dei quali 5.200 coperti dipendenti - 190 unità alla data del 1° ottobre '72 prodotto - cablaggi (impianti elettrici) per elettrodomestici forniture - 100 per cento della produzione Castor di Torino; 40 per cento della produzione Zanussi di Pordenone; 25 per cento della produzione Zoppas S.p.A., di Conegliano; 100 per cento della produzione Triplex di Milano ciclo produttivo - completo, con inizio dalla fabbricazione del cavo elettrico rivestito.
Impianti ed attrezzature sono modernissimi e con data 1970 e successiva. Quanto ad efficienza, la stessa Direzione Zanussi ha dichiarato, in data 8/1/'72 che la produttività e l'efficienza dello stabilimento non erano minimamente in discussione, in quanto validissime e confermate dai dati di calcolo. L'odierna capacità produttiva è unicamente limitata dal numero dei dipendenti, in quanto gli impianti permettono di duplicare la produzione.
Lo stabilimento è sorto nel 1964 (con la ragione sociale Imel Industria motori elettrici) quale produttore per conto della Castor S.p.A.
(n. 1.400 motori e n. 1.800 motopompe al giorno) dei motori e motopompe per elettrodomestici. Gode tuttora del privilegi per stabilimenti dislocati in zone depresse montane (fino al 1974). Ha raggiunto già nel 1965 i 276 dipendenti (13 impiegati e un dirigente già compreso). Nel luglio '69 viene a far parte del gruppo Zanussi. Ne segue una ristrutturazione, che porta le lavorazioni motori alla Zanussi di Pordenone, con la sostituzione delle lavorazioni dei cablaggi.
In conclusione, la Zanussi vuole ridimensionare le attività concentrare le produzioni, concentrare le strutture societarie economizzare il 15 per cento circa delle spese generali.
Questo programma sfocia, come naturale conseguenza, nella messa in Cassa integrazione dei dipendenti e successivamente nel licenziamento di circa 2.400, fra operai ed impiegati. I relativi provvedimenti andrebbero in vigore nel febbraio del 1973 e coinvolgeranno, fra l'altro, 1.450 fra operai e impiegati della Castor e della Imel.
La Giunta Regionale si oppone fermamente a tali provvedimenti e ci innanzitutto perché verrebbe ad aggravarsi la già pesante situazione occupazionale della Valle di Susa, specialmente dopo i noti eventi della Eti-Vallesusa; in secondo luogo, trattasi di mano d'opera (quella della Castor e della Imel) altamente qualificata e che non potrebbe essere utilizzata altrove; è altresì altamente produttiva (non si è registrato il fenomeno grave dell'assenteismo), e pertanto le aziende, a differenza da altre, sono tuttora in piena efficienza.
La Giunta Regionale, pertanto, fa proprio il giudizio già pubblicamente espresso dai lavoratori e dalle autorità politiche e amministrative di Alpignano, Chiusa S. Michele, Collegno, Grugliasco, Rivoli, e si adopererà in tutti i modi al fine di evitare i minacciati provvedimenti. Si impegna altresì ad intervenire presso le autorità governative al fine di ottenere una precisa presa di posizione nei confronti, della Zanussi che serva a salvare in maniera efficiente gli stabilimenti della Castor e della Imel ed a garantire il posto di lavoro ai dipendenti.



PRESIDENTE

Ringraziamo l'Assessore della sua relazione.
Vediamo ora come disciplinare i nostri lavori. Farei intanto dare lettura dell'ordine del giorno che è stato presentato su questo argomento.
Ho poi iscritti a parlare i Consiglieri Conti, Lo Turco e Gandolfi, ai cui nominativi penso se ne aggiungeranno altri. Dobbiamo continuare la discussione fino alle 13, oppure sospenderla adesso riconvocandoci per le 16 precise, con l'impegno di essere puntualissimi?



BERTI Antonio

Proporrei di continuare fino alle 13, per intanto, e di riprendere i lavori alle 15.



PRESIDENTE

Alle 15 non è possibile, poiché abbiamo fissato degli appuntamenti nella previsione che la seduta fosse alle 16.
Proseguiamo allora fino alle 13, con l'intesa che nel pomeriggio si riprenderà alle 16 precise. Rinnovo l'invito alla puntualità che ho già fatto questa mattina.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Ordine del giorno sulla situazione della Zanussi


PRESIDENTE

Prego il Consigliere Gerini di dar lettura dell'ordine del giorno che è stato proposto.



GERINI Armando, Segretario

"Il Consiglio Regionale del Piemonte dopo un approfondito esame della grave situazione venutasi a creare nel gruppo Zanussi in seguito alla decisione della Direzione aziendale di mettere in Cassa integrazione guadagni a zero ore 2.400 dipendenti, fra cui 1.450 fra operai ed impiegati della Castor e della Imel, senza garanzie di riassunzione respinge con la massima decisione le deliberazioni prese dall'azienda rileva che da oltre due anni sono in corso il blocco delle assunzioni e continue riduzioni di orario, che già hanno provocato all'interno del gruppo una riduzione di circa 3.000 unità lavorative sottolinea che l'operazione di acquisto del pacchetto azionario della Zoppas da parte della Zanussi è stata resa possibile dall'intervento del capitale pubblico e doveva avere come obiettivo l'autonomia dell'azienda rispetto al capitale straniero, per un ruolo primario dell'industria degli elettrodomestici italiana a livello europeo, con questa presenza del capitale pubblico che ha potere di controllo sulla maggioranza del pacchetto azionario della Zanussi, può e deve determinare questo ruolo dell'azienda esprime piena solidarietà ai dipendenti del gruppo Zanussi in lotta rivendica: 1) il mantenimento e lo sviluppo dell'occupazione degli operai impiegati e tecnici 2) che il Governo, i Ministri competenti ed il CIPE intervengano con urgenza per impedire che si effettui il passaggio della Zanussi alla AEG Telefunken e vi sia un esplicito impegno a discutere con urgenza il problema in Parlamento; il Consiglio Regionale del Piemonte ritiene questa la prima condizione per avviare ad uno sviluppo dell'industria degli elettrodomestici, dell'elettronica leggera e civile in grado di competere autonomamente, su posizioni di parità, con le altre industrie europee e mondiali 3) un intervento pubblico che favorisca l'impiego di consistenti investimenti indirizzati in prevalenza verso la ricerca scientifica, lo sviluppo di nuove tecnologie, dell'elettrotecnica leggera e civile, tenendo conto di fondamentali esigenze sociali nel campo sanitario dell'informazione di massa, dell'istruzione, della conservazione di prodotti alimentari ed altri ancora 4) la definizione di una politica di ristrutturazione del gruppo, che preveda, con mantenimento degli attuali livelli occupazionali per comprensorio, anche sotto il profilo qualitativo, la specializzazione e riqualificazione delle varie aziende del gruppo.
Il Consiglio Regionale del Piemonte invita pertanto la Giunta Regionale a partecipare nel prossimi giorni all'incontro che ci sarà a Conegliano con tutte le Regioni interessate alla presenza del gruppo Zanussi: Friuli Venezia Giulia, Toscana, Emilia-Romagna, Lombardia, insieme agli enti locali, le organizzazioni sindacali, le forze politiche e democratiche, per definire una strategia unitaria da presentare al Parlamento e al Governo.
Firmato: Conti, Forno, Vera, Lo Turco, Rossotto".



PRESIDENTE

Ne faremo approntare subito alcune copie fotostatiche da consegnare ai Capigruppo.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Conti, che ha chiesto di poter intervenire.



CONTI Domenico

Signor Presidente, signori Consiglieri, anzitutto ringrazio l'Assessore Visone per il suo intervento sulla questione Zanussi e per aver fatto proprio il notevole lavoro svolto dalle organizzazioni sindacali ai fini della comprensione del fenomeno e della proposta di costruttive soluzioni.
E' un fatto assai significativo che egli si sia avvalso così ampiamente del lavoro delle organizzazioni sindacali, un fatto che ancora una volta sottolinea come l'azione sindacale si stia svolgendo anche sotto forma di penetrazione responsabile dei problemi connessi con l'industrializzazione del nostro Paese e di proposta di adeguate soluzioni.
Il "caso Zanussi" è un caso particolarmente rilevante e significativo sia suL piano nazionale sia anche suL piano europeo. E' questa la fondamentale ragione per cui è stato presentato da me e da altri Consiglieri l'ordine del giorno che poc'anzi è stato letto. Io mi permetterò soltanto di richiamare l'attenzione sugli aspetti che ritengo particolarmente indicativi.
Intanto, si tratta di un licenziamento massiccio, di 2.450 lavoratori deciso in un Paese in cui non dovrebbe essere più possibile licenziare senza offrire alternative di lavoro. Il problema del licenziamento dovrebbe essere, comunque, regolamentato a livello europeo. L'occupazione è un importantissimo e fondamentale fatto di pubblica utilità, che tocca tutti i diritti fondamentali dell'uomo e del cittadino, ed è condizione ed espressione, insieme, nei suoi aspetti qualitativi e quantitativi, del grado di civiltà di un popolo, del tipo di convivenza che lo contraddistingue, dei suo livello spirituale, morale, culturale.
Soprattutto se lo si considera sotto il profilo dell'utilizzazione e della valorizzazione delle risorse umane disponibili, l'occupazione è il più importante fatto sociale, è una delle essenziali giustificazioni della stessa vita economica. Una vita economica che produca disoccupazione è un controsenso.
Sul livello e la qualità dell'occupazione è comunque basata la civile convivenza. Non si può, dunque, non deplorare e non respingere energicamente il licenziamento richiesto dalla Zanussi. Non si pu accettare che i processi di concentrazione multinazionali possano avvenire in modo tale da svuotare i problemi del lavoro e dell'occupazione rendendone praticamente impossibile una risposta adeguata. Tanto più se come risulta dai documenti elaborati dalle organizzazioni sindacali, e comunque anche dal documento della Giunta, dall'intervento dell'Assessore Visone, l'unico obiettivo dell'attuale gestione della Zanussi è quello di riequilibrare il conto economico aziendale proponendo alle organizzazioni sindacali il licenziamento di 2.450 lavoratori.
Il "caso Zanussi" ripropone in forma massiccia a tutti i livelli degli organi responsabili la gravità e l'importanza del problema del mantenimento del livello di occupazione e la coerenza con il dettato della Costituzione che, fra l'altro, afferma essere la Repubblica italiana fondata sul lavoro.
Altro aspetto importante del problema Zanussi è che questo complesso era diventato il più grande costruttore di apparecchiature elettromeccaniche del nostro Paese. E' un complesso che, dopo essersi dilatato con l'assorbimento di numerosi concorrenti di rilievo, si è ridotto oggi ad essere un gigante dai piedi d'argilla, che per poter sopravvivere sta per adattarsi ad accettare una gravosa sudditanza rispetto a grandi terzisti stranieri, in particolare l'AEG. Suscita non poche preoccupazioni questa logica aziendale che, dopo avere impegnato i poteri politici, o lavoratori, le forze sindacali nella fase di crescita, poi li scavalca tutti e li contraddice di fatto con decisioni che certamente non facilitano lo sviluppo economico programmato nazionale, non facilitano l'unità politica dell'Europa e la sua crescita sociale equilibrata.
Un altro aspetto è dato dalla funzione del pubblico finanziamento E' noto che l'azienda ha ricevuto oltre 500 miliardi dalla collettività attraverso prestiti IMI, senza essere chiamata a render conto dell'impiego che ha fatto di questa somma: l'IMI, in effetti, ha il controllo del 67 per cento del capitale Zanussi.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Del 50 per cento.



CONTI Domenico

Un così ingente finanziamento fatto con denaro pubblico non può non comportare che lo stesso IMI e il Governo operino in modo che il capitale pubblico diventi in qualche modo attivamente responsabile circa il suo impiego, secondo un ruolo, almeno, di indirizzo e di coordinamento. Guai se si accettasse il principio che il denaro pubblico possa servire ad operazioni di questo genere, tanto più di questa rilevanza, di peso così determinante ai fini del finanziamento di un'azienda.
Altri aspetti generali d'interesse nazionale ed europeo sono rilevabili da alcune delle cause dell'attuale situazione Zanussi: per esempio il suo modo di operare la ristrutturazione. La ristrutturazione non dev'essere operata producendo disoccupazione, o comunque quella sorta di disoccupazione mascherata che è, diciamo, il puro e semplice intervento della Cassa integrazione guadagni. Perché innanzitutto in questo modo s'arriverà al depauperamento produttivo delle risorse umane impiegate nei processi lavorativi, senza contare tutta la frustrazione dal punto di vista sociale di queste forze del lavoro e l'incertezza di fronte all'avvenire.
Comunque, la ristrutturazione non deve avvenire con il sacrificio sostanziale di quella forza lavoro che è il fattore produttivo di gran lunga più importante. Mi sembra che questo sia un sistema anche economicamente dannoso. La ristrutturazione deve essere accompagnata d'attività riequilibratici e compensative dell'occupazione.
Importanti sono anche i problemi di strategia industriale già accennati dalla relazione dell'assessore Visone. Anzitutto, abbiamo grossi complessi di notevole importanza strategica su piano nazionale che si rilevano incapaci di una rete commerciale autonoma, e sappiamo come attraverso la rete commerciale ci si possa impossessare di complessi produttivi della rilevanza del complesso Zanussi. Donde la necessità di una ristrutturazione di una rete commerciale autonoma. Credo si possa accettare quanto propongono le organizzazioni sindacali: la costituzione di un consorzio nazionale per l'esportazione cui possano accedere anche altre aziende produttrici; la necessità di una diversificazione produttiva e di un allargamento della gamma produttiva in ordine alla programmazione nazionale, cioè di una diversificazione produttiva che sia veramente a sostegno di tutta quella politica dello sviluppo dei servizi che s'intende fare, a cominciare dai servizi sanitari per passare ai servizi dell'informazione a quelli della scuola e comunque del tempo libero, di una diversificazione produttiva, quindi, che sia un fattore di cooperazione per questo sviluppo del settore dei servizi, che allora rimarrà veramente un fattore dinamizzante della stessa vita economica; la necessità di un rilancio della ricerca tecnologica (già è stato ricordato come la Zanussi abbia chiuso praticamente i suoi uffici di progettazione e spento tutto quanto veniva fatto all'interno dell'azienda dal punto di vista della ricerca: è perciò essenziale camminare in questa direzione, come risulterà anche dal dibattito che si svolgerà sul documento per la programmazione economica nazionale).
Queste, in sintesi, sono alcune delle ragioni che ci hanno mossi a presentare l'ordine del giorno che è all'esame di questo Consiglio. E' un documento che recepisce, anche per avere una omogeneità d'indirizzi, quanto già il Consiglio Regionale del Veneto ha deliberato, e che sostanzialmente s'impernia attorno a queste richieste basilari: mantenimento e sviluppo dell'occupazione degli operai, impiegati e tecnici; impedimento del passaggio della Zanussi all'AEG, non tanto per idiosincrasia verso un intervento determinante del capitale straniero, ma perché nel caso specifico si tratta di un'azienda in certo senso strategica per la produzione di elettrodomestici e di elettronica civile, leggera, di un'industria che peraltro regge con partecipazione determinante dei pubblico denaro; ristrutturazione dell'azienda con diversificazione e potenziamento della sua gamma produttiva, in appoggio effettivamente ad una politica di programmazione nazionale intesa soprattutto a sviluppare, oltre che il settore dell'occupazione, il settore dei servizi in campo sanitario dell'informazione di massa, dell'istruzione, della conservazione dei prodotti alimentari ecc.; ristrutturazione organica all'interno dell'azienda fatta per comprensori, in modo da tutelare anche il profilo qualitativo della specializzazione e della riqualificazione delle aziende del Gruppo.
Concludendo, prendo atto della volontà espressa dalla Giunta, per bocca dell'Assessore Visone, di operare con energia e con tutto il dispiegamento delle forze di cui è in grado per ottenere una soluzione del problema Zanussi. Venendo incontro a questo impegno della Giunta, questo ordine del giorno, votato dal Consiglio, fisserà alcuni punti fondamentali che dovranno essere tenuti presenti nell'incontro con le rappresentanze delle altre Regioni interessate al problema ed i membri del Governo, i parlamentari, le forze democratiche, per una soluzione del problema non puramente congiunturale ed occasionale ma nel quadro di uno sviluppo programmato della nostra economia.



PRESIDENTE

Informo che per le 15,15 è convocata qui la I Commissione. Prego di notiziare di ciò i componenti che non fossero presenti.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Lo Turco.
LO TURCO Giorgio Nel prendere la parola sulla situazione occupazionale in Piemonte mi vien fatto di pormi preliminarmente una domanda: ha una qualche utilità oggi, discutere di questo problema, nel nostro Consiglio? Dopo aver ascoltato la relazione dell'Assessore Visone sarei portato a dire che questa utilità non la riscontro. In tale relazione ho rilevato infatti una contraddizione di fondo: dopo avere per il novanta per cento del testo svolto argomentazioni che si direbbero ispirate dall'ufficio per le pubbliche relazioni della Zanussi, sostenendo che, in fondo, tutta la responsabilità della crisi del Gruppo va fatta risalire alla conflittualità permanente, l'Assessore trae conclusioni di diversa natura. C'é una buona dose d'incoerenza in questo modo di procedere.



VISONE Carlo, Assessore al lavoro

Veramente, io ho detto chiaramente che riportavo frasi dell'amministratore delegato della Zanussi. Ma probabilmente il Consigliere Lo Turco non ha seguito con attenzione il mio intervento, ed ora svolge delle considerazioni che già si era preparato preventivamente.
LO TURCO Giorgio Io intendo dire che alle tesi ed ai disegni della Zanussi, che non sono poi della Zanussi soltanto, ma della Montedison, della Pirelli e via dicendo, bisogna in questa sede contrapporre altre tesi.
Rilevata, dunque, questa contraddizione di fondo, cercherò di dare una risposta all'interrogativo che mi sono posto, risposta che confronterò poi con le posizioni che sono emerse o che emergeranno dagli altri Gruppi su questo problema: secondo me, questo dibattito ha un senso, può essere valido, ma solo a condizione che si svolga con la ferma e precisa volontà politica d'impedire e di respingere il tentativo, che io non esito a definire criminoso, di far ricadere sui lavoratori le responsabilità delle difficoltà economiche, colpendoli attraverso i licenziamenti, le denunce la messa in Cassa integrazione, le sospensioni, le intimidazioni, le rappresaglie. Soltanto se vi sarà un pronunciamento preciso e netto da parte di tutte le forze politiche democratiche presenti in Consiglio sarà possibile respingere questo attacco, soltanto unendo la nostra voce di Consiglio Regionale del Piemonte a quella di tutti i lavoratori, soltanto unendosi a loro in una lotta politica.
Soltanto se il Consiglio Regionale del Piemonte avrà la forza di dire un no netto e preciso a questa logica, si farà intendere chiaramente al Governo ed ai padroni che se essi insisteranno in questo tentativo il Consiglio Regionale del Piemonte non rimarrà ad assistere passivamente, ma sarà costretto ad impegnarsi in una lotta che sarà veramente aspra, senza quartiere.
Ecco che allora, colleghi Consiglieri, può essere valida la nostra discussione odierna. Grava su di noi, sulla nostra sensibilità e consapevolezza, la responsabilità politica di fare in modo che nessuna crisi economica si risolva con la riduzione dei livelli occupazionali. La strada da seguire è un'altra: è quella, che il mio partito, i sindacati, i lavoratori con le loro lotte additano da anni, delle riforme. Che questa sia la sola strada possibile è dimostrato proprio da questo nuovo grave attacco all'occupazione che viene dal Gruppo Zanussi, è dimostrato dal tentativo della Zanussi di far ricadere sui livelli d'occupazione, sui salari dei lavoratori i costi di riorganizzazione produttiva, una riorganizzazione che andava invece ottenuta con nuovi investimenti, con nuovi impianti produttivi, che avviassero ad una diversificazione produttiva in un piano generale di riforme. I lavoratori hanno già impedito che a questa linea ci si conformasse, con la dura lotta del 1971, al centro della quale vi era proprio la questione dell'occupazione e della garanzia del salario.
La Direzione Zanussi afferma che le cause della crisi attuale vanno ricercate in una presunta saturazione del mercato interno. Ma è pura follia da arteriosclerotici pensare di giungere a ravvivare la domanda interna licenziando, mettendo sul lastrico intere famiglie Non si può più parlare solo d'incapacità dirigenziale: si tratta di casi patologici veri e propri.
Prosegue, lo stato maggiore della Zanussi, indicando altre cause dell'attuale disastrosa situazione nell'assenteismo e nella conflittualità permanente, nella scarsa utilizzazione degli impianti, in una presunta incapacità dirigenziale. Dimostrare come questa tesi sia vecchia e logora è fin troppo facile. Vorrei cominciare proprio dalla presunta incapacità dirigenziale. Bisognerà anzitutto intendersi sul significato dell'espressione "incapacità dirigenziale". Forse sono stati alcuni dirigenti, o gli stessi lavoratori, a proporre alla Zanussi l'acquisto di grandi estensioni di terreno a Pordenone con i 50 miliardi avuti dallo Stato? Forse è venuta dai lavoratori, o è frutto della fissazione di qualche dirigente incapace, la decisione della Montedison di creare tanti supermarket per poi aprire altrettanti punti di crisi e quindi chiedere allo Stato una sovvenzione di 2800 miliardi? Allo stesso punto arriveranno probabilmente anche i dirigenti della Zanussi: comprato con il denaro pubblico vaste aree, fatta la speculazione sui terreni a Pordenone, ora diranno a loro volta che per sanare i punti di crisi occorre che lo Stato intervenga con un congruo numero di miliardi. E questa sarebbe incapacità dirigenziale? Io dico invece che si tratta di dirigenti abilissimi, che cercano di menarci tutti per il naso. Ma noi siamo in grado di sventare le loro macchinazioni a patto che siano capaci d'imporre una diversa visione dell'utilizzo del pubblico denaro, di far affermare un diverso modo d'intendere le partecipazioni statali. Non si deve continuare a dare miliardi con tanta larghezza alla Zanussi, alla Montedison, alla Pirelli e via dicendo, che esse useranno a loro piacimento, facendo poi, alla fine scontare i propri errori ai lavoratori con licenziamento, la messa in Cassa integrazione e così via. Neanche una lira dev'essere più data agli industriali che hanno dimostrato così scarsa oculatezza nella spendita.
Viene poi fatto di domandarsi: perché i dirigenti, oggi, nel 1972 scoprono presunte incapacità dei loro quadri intermedi? Anche di questo c' un motivo opportunistico: nel momento in cui siederanno con le organizzazioni sindacali al tavolo della discussione, essi potranno dire come ha già fatto, d'altronde, il prof. Loriga, della Pirelli: noi abbiamo già ammesso di avere commesso degli errori, tocca a voi ora ammettere la vostra parte di colpa; e potranno quindi impunemente colpire la classe operaia, i lavoratori, l'occupazione. Ecco che cosa si cela dietro questa presunta ammissione da parte degli stessi industriali delle loro incapacità dirigenziali. E' quindi un discorso che va respinto, questo.
Vi è ancora un altro problema. Per ciò che riguarda la conflittualità non possiamo non denunciare come la Zanussi, anziché ricercare il dialogo vero con i sindacati sui problemi della condizione umana nelle fabbriche invece d'impegnarsi nel '71, con il cambiamento e il miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita nelle fabbriche del Gruppo, non abbia saputo far altro che proporre il licenziamento di migliaia di lavoratori esasperare i rapporti di lavoro in fabbrica con centinaia di denunce contro attivisti e dirigenti sindacali, licenziamenti di rappresaglia, una ottusa rigidità sulle richieste dei lavoratori, sui gravi problemi relativi alla salute ed alla prevenzione che esistono nelle fabbriche del Gruppo. In queste condizioni, certo che gli stessi impianti non potevano essere sfruttati adeguatamene. E' criminoso voler impuntare ai lavoratori la colpa di ciò quando si consideri che a causa delle sole riduzioni dell'orario di lavoro contrattuale, volute dalla Zanussi con la messa in Cassa integrazione si son perse oltre un milione o mezzo di ore di lavoro. Sembra davvero di essere di fronte al dilagare di casi di arteriosclerosi nell'ambito dei dirigenti aziendali.
Le responsabilità della crisi della Zanussi vanno però ricercate anche altrove, soprattutto sul piano politica. E io le individuo - lo denuncio a tutte lettere - nel Governo e nel Gruppo dirigente della Democrazia Cristiana, e nei suoi alleati, socialdemocratici in prima fila che in tanti anni di Governo....



GANDOLFI Aldo

Grazie per questa evidenziazione.
LO TURCO Giorgio E' un ringraziamento che non devi a me, ma se mai ai lavoratori.
..non hanno saputo né voluto avviare un serio discorso riformatore rimanendo sordi alle voci dei lavoratori, che questo discorso fanno da anni a prezzo di dure lotte. Il risultato di questa politica lo avete davanti ai vostri occhi: stiamo discutendo della sorte di migliaia di lavoratori.
Questo ha saputo ottenere l'attuale Governo, coadiuvato dalle forze che lo sostengono, persistendo nel farsi complice delle scelte del grande padronato, anziché far uso dei suoi poteri per impedire che queste scelte si torcessero a danno della classe operaia. A questa conclusione si è portati inevitabilmente.
Se si pensa che la Zanussi, come la Montedison, la Pirelli e tanti altri ha avuto dal Governo 50 miliardi di denaro pubblico per assorbire la Zoppas, con l'intesa che quel finanziamento avrebbe dovuto assicurare l'autonomia economica dell'azienda dal capitale straniero non si può non dedurne che il Governo non ha saputo, o voluto, esercitare alcuna forma di controllo, sul rispetto dei patti e dello spirito per il quale la Zanussi aveva ottenuto i miliardi, controllo che aveva diritto d'imporre e do vere di compiere per il fatto stesso di aver concesso del capitale pubblico.
Ignorando gli impegni, la Zanussi, anziché pensare a garantire la propria autonomia finanziaria, si è preparata a cedere armi e bagagli alla AEG Telefunken tedesca. Sono responsabilità gravi, queste, come si vede che pesano sul Governo.
Io sono convinto, però, che la battaglia non sia perduta. I lavoratori e le loro organizzazioni sindacali e politiche sono già scesi in lotta e avanzano proposte concrete: per un nuovo modello di sviluppo, per come giungere alla soluzione del problema in modo da allargare la produzione ed incrementare l'occupazione. Sono proposte che danno una risposta a problemi che alla Zanussi esistono: avviare ad un nuovo sviluppo la ricerca scientifica, rimuovere gli ostacoli che s'oppongono allo sviluppo tecnologico, promuovere una profonda, radicale diversificazione produttiva che ha però sempre il suo cardine centrale nelle grandi riforme, per il settore sanitario, per la possibilità d'impiego e sviluppo nell'elettronica civile, per la scuola, per la formazione e l'informazione di massa l'istruzione attraverso nuove tecnologie (mi riferisco, ad esempio, alla produzione delle video-cassette, di cui valutiamo l'importanza nel campo delle nuove metodologie didattiche) così come interventi nuovi nel campo dell'informazione. Sappiano che questi settori esigono una direzione pubblica, una finalizzazione dei contenuti stessi, dell'informazione ai principi di un nuovo sviluppo, non solo socio-economico ma anche di crescita della democrazia. Non si tratta, evidentemente, soltanto di decidere se sia meglio adottare il sistema televisivo a colori Pal o Secam (questo è soltanto un elemento, una componente della produzione che viene effettuata in questa industria): il problema è di arrivare ad un radicale cambiamento degli indirizzi produttivi. Anche in questo senso, la produzione di certi settori diventa strategica. Per una crescita coordinata della formazione e dell'informazione, guidata da un profondo processo di riforma, possibilità notevoli vengono quindi aperte anche dalla produzione delle video-cassette, partendo da queste premesse che appunto sottolineavo.
In agricoltura, ad esempio, per la conservazione e la trasformazione dei prodotti agricoli, e per avviare una nuova tecnologia produttiva.
Sono questi i problemi che dobbiamo affrontare, sono queste le risposte che i lavoratori esigono, se vogliamo che tutto abbia un senso, se vogliamo evitare che prosegua il cammino sulla strada che si può definire, con una battuta non mia ma indubbiamente efficace, della privatizzazione dei profitti e della socializzazione dei debiti, secondo una logica che si sta sempre più affermando. Battere questa logica dev'essere il nostro primo impegno, e va in questa direzione, secondo noi, l'ordine del giorno che è stato proposto al Consiglio. Io mi permetto di proporre anche al Consiglio nell'economia di questo dibattito, che i rappresentanti dei Gruppi consiliari e della Giunta promuovano un incontro con la delegazione dei lavoratori della Castor qui presenti e della Pininfarina per esaminare con loro quale tipo di iniziativa immediata sia possibile adottare, oltre all'ordine del giorno e all'adesione al Convegno della Regione veneta, per fronteggiare i licenziamenti dei delegati della Pininfarina, il grave problema della Zanussi.



PRESIDENTE

Ho iscritto a parlare ancora il Consigliere Gandolfi. Se pensa di poter svolgere il suo intervento nei termini di tempo che ci siamo prefissi gli dò la parola.



GANDOLFI Aldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, ci troviamo ancora una volta ad affrontare la situazione drammatica di un'azienda piemontese; e questo caso è ancora più drammatico di altri che l'hanno preceduto, per la dimensione che ha il livello di occupazione nel complesso di cui si parla.
Direi che, al di là della gravità di questo nuovo preoccupante evento sul merito del quale vi è certamente convergenza di valutazioni e di opinioni nel nostro Consiglio, ciò che dobbiamo avere presente in questa discussione è l'ampiezza che va assumendo nel complesso il problema occupazionale nel Piemonte. Noi ci troviamo oggi in una congiuntura che ci presenta una situazione drammatica per i livelli di occupazione nell'industria piemontese. Stiamo registrando, da alcuni mesi a questa parte, la crisi progressiva di una serie di settori importantissimi: prima quello tessile, poi quello chimico, successivamente quello dell'industria cartaria; e oggi è in questione anche un'azienda di elettrodomestici, che sembrava molto lontana da situazioni di crisi di questo genere. E direi che questa crisi è drammatica, oltre che per la dolorosa condizione in cui si vengono a trovare tanti operai, in generale per tutto il problema dello sviluppo, dell'equilibramento della politica piemontese.
I documenti, gli studi dell'Ires, il piano che aveva predisposto il Comitato per la programmazione economica regionale nel 1965-'66 ci indicavano alcuni obiettivi di fondo: l'articolazione della situazione produttiva e della struttura produttiva piemontese, l'equilibramento fra le varie aree piemontesi, con la necessità di creare situazioni e produttive e occupazionali di sviluppo alternative rispetto a quello dell'area metropolitana in tutta una serie di zone del Piemonte. Oggi, già i dati che ci ha consegnato l'Ires (dei quali parleremo approfonditamente quando se ne discuterà) con lo studio preliminare al prossimo piano di sviluppo ci indicano come nel 1970 alcuni indici demografici ed occupazionali denotassero il sostanziale fallimento del piano e delle indicazioni di piano su cui si era discusso nel 1965-'66. Cioè, non solo quelle che dovevano essere zone di equilibramento rispetto all'area metropolitana segnavano flessioni consistenti, rispetto alle indicazioni di piano, in termini di occupazione e in termini di incremento demografico, ma all'interno della struttura produttiva quei settori che erano considerati elementi potenziali di equilibramento e di sviluppo alternativo rispetto all'industria automobilistica hanno dimostrato di essere estremamente precari. In questi ultimi mesi si sono verificati, in aggiunta a quanto già contemplava il documento dell'Ires, queste situazioni drammatiche estremamente allarmanti e pericolose di crisi, che investono proprio tutti quei settori che, nella struttura piemontese, dovevano servire a dare possibilità di sviluppo a produzioni alternative rispetto a quella automobilistica, e quindi possibilità di equilibramento di tutta la struttura regionale. Mi riferisco appunto al settore chimico, a quello tessile, a quello cartario, all'industria degli elettrodomestici.
Ci si prospettano a questo punto due ordini di problemi particolarmente importanti.
Innanzitutto, vi è un problema di valutazione delle politiche del passato a livello nazionale, perché siamo di fronte non tanto ad una situazione di carattere congiunturale, ma, è stato detto da più parti, a crisi di carattere strutturale estremamente profonde, che non si possono certo far risalire a responsabilità del Governo di oggi, o semplicemente e soltanto ad errori di politica imprenditoriale (che sono stati indubbiamente commessi). Si è peccato certamente di impreveggenza ma soprattutto si è avuta carenza di politica industriale da parte dei poteri pubblici negli ultimi quindici anni, con responsabilità delle quali credo dobbiamo farci carico tutti: gli uffici del piano nazionale, per come hanno inquadrato questi problemi nello scorso decennio, ma direi un po' tutte le forze politiche, che veramente non hanno saputo prevedere certi ordini di fenomeni; l'industria chimica è entrata in crisi per grossi errori imprenditoriali, ma sostanzialmente per le distorsioni che si sono introdotte nella struttura generale dell'industria chimica a causa della politica di incentivazioni che si è condotta nel Sud, con il risultato di premiare e favorire grossi investimenti nella chimica di base deviando gli sforzi produttivi imprenditoriali da quello che doveva essere il settore di sviluppo, la chimica secondaria, oggi sul mercato italiano sostanzialmente monopolizzata da industrie straniere, mentre i grandi complessi chimici italiani, oltre che essere in crisi, di fatto tendono a farsi concorrenza ed a spartirsi le briciole, molto misere, di un mercato interno di chimica primaria che lascia veramente pochissimi margini di sviluppo al settore l'industria tessile è campo di una crisi di carattere strutturale altrettanto profonda e altrettanto imprevista, perché se erano scontate a tutti i livelli della programmazione regionale e nazionale delle flessioni di occupazione all'interno dell'industria tessile non lo erano nelle proporzioni che oggi ci troviamo a dover fronteggiare; l'industria degli elettrodomestici è in una crisi analoga, dopo un periodo di espansione prodigiosa, e anche qui per effetto sostanzialmente della mancanza di una politica di indirizzo e di selezione degli investimenti e un'adeguata previsione di questi fenomeni.
All'interno della Giunta abbiamo sollecitato un approfondimento conoscitivo, al di là dei dati, pur interessanti e pregevoli, ma che ci sembra manchino di una capacità di valutazione di tendenza adeguata, che oggi ci consegna l'Ires, perché il prossimo piano regionale possa nascere con una base conoscitiva dei fenomeni che stanno sviluppandosi all'interno dei settori industriali più importanti del Piemonte che ci permetta di avere uno strumento di orientamento preventivo, di pressione preventiva rispetto a questo ordine di fenomeni, che altrimenti ci colgono sempre assolutamente impreparati. Un'indagine di questo genere è indispensabile proprio perché, dopo tante discussioni sulla monocultura e sul carattere monoculturale dell'industria piemontese, noi rischiamo di trovarvi in una situazione strutturale notevolmente peggiorata rispetto ai dati che pure tutte le forze politiche insieme, mi sembra, avevano denunciato come preoccupanti cinque o sei anni fa.
Un secondo elemento da considerare in questo quadro generale è che queste crisi strutturali, che sono gravi, direi, in tutta l'economia nazionale, oggi colpiscono particolarmente il Piemonte proprio per le caratteristiche della situazione piemontese, perché, di fronte a una presenza particolarmente massiccia dell'industria automobilistica, questi settori industriali che oggi entrano in crisi hanno in Piemonte un carattere aggiuntivo e meno consistente, di minor peso e marginale. Per questi settori il Piemonte è zona periferica di maggior debolezza, per cui entrano in crisi prevalentemente le situazioni piemontesi piuttosto che quelle lombarde, venete o emiliane; cioè, ci troviamo in una situazione tale per cui la configurazione generale dell'organizzazione della struttura produttiva piemontese espone il Piemonte molto più di tutte le altre Regioni industrializzate del nostro Paese a questi tipi di rischi, e quindi è un elemento, questo, che noi dobbiamo avere costantemente ben presente e sul quale dobbiamo articolare un'azione e una pressione politica anche a livello nazionale adeguato, perché altrimenti la nostra situazione rischia di diventare veramente drammatica.
Terzo elemento, fondamentale, è il problema di una politica industriale che si deve articolare a livello nazionale in forme diverse, più moderne e più efficienti di quelle poste in essere negli anni passati: non è tanto un problema di espansione del settore pubblico (se mai oggi c'è necessità di fermarsi su quella strada), per articolare piuttosto una politica di incentivi, di selezione e di sollecitazione degli investimenti più moderna ed efficiente di quella che si è realizzata in precedenza.
Vorrei concludere con un'ultima osservazione, che ho già avuto occasione di fare in passato in dibattiti di questo genere ma che mi pare sia il caso di ribadire. Il discorso che ho fatto riguarda le crisi strutturali che oggi ci stanno di fronte, le cui radici si affondano lontano nel passato, e le cause molto profonde di distorsione e di debolezza dell'apparato produttivo del nostro Paese, alle quali la politica nazionale deve porre rimedio. Ma la gravità di questi problemi è oggi accentuata dalla situazione congiunturale nella quale ci troviamo, e anche su questa ci dev'essere un adeguato momento di meditazione e di riflessione da parte di tutte le forze politiche. Cioè, taluni dei problemi di ristrutturazione di fronte ai quali ci troviamo sarebbero assai meno drammatici se si presentasse una situazione congiunturale diversa, di slancio e di ripresa produttiva, che permettesse, a fronte dei settori in crisi, di mettere a disposizione dei posti di lavoro alternativi nei settori industriali in ripresa o in espansione. Il tasso degli investimenti nel settore industriale è caduto, negli ultimi due anni, in maniera spaventosa, la creazione di nuovi posti di lavoro si è arrestata; e questo direi, per ragioni non tanto strutturali quanto di carattere congiunturale.
Negli scorsi anni si sono realizzate all'interno del nostro Paese una politica economica ed una politica rivendicativa che congiuntamente hanno fatto sì che da un lato i margini di autofinanziamento delle aziende si riducessero in misura eccessiva, dall'altro la politica rivendicativa superasse nettamente le possibilità di crescita della produttività del sistema industriale. Questo è un tipo di nodo che va assolutamente risolto perché di fronte alle situazioni anche di liquidità, di disponibilità di finanziamento che esistono nel nostro Paese noi non possiamo accusare i piccoli e medi imprenditori di tentativi di sabotaggio, di mancanza di volontà di rilancio nel Paese se essi non ritengono di avere sufficienti margini di sicurezza per creare nuovi posti di lavoro, per far fronte alle possibilità che pure esistono di espansione dei nostri margini di esportazione rispetto al mercato estero.
Se non si ricrea, e rapidamente, una logica economica nel nostro sistema, che permetta soprattutto al tessuto connettivo delle piccole e delle medie aziende di riprendere una politica espansiva dei nostri posti di lavoro, noi avremo un bello scaricare certi oneri, e certi grossi nodi dall'industria privata su quella pubblica, promuovencio interventi di carattere assistenziale, di tamponamento di alcune situazioni: non riusciremo a ricreare quel tipo di condizioni che possono riportarci al di fuori di questo punto morto del nostro sviluppo nazionale, che permettano massicci investimenti nel senso di creare nuovi posti di lavoro specialmente nei settori della piccola e della media industria.
La crisi strutturale che abbiamo alle spalle, con gli errori di politica industriale che sono stati commessi negli scorsi dieci-quindici anni, in una situazione produttiva del nostro Paese estremamente fragile, e il problema del rilancio produttivo che noi dobbiamo vedere avanti a noi e che deve trovare uniti in uno sforzo congiunto responsabile tutti Governo, forze sindacali, forze politiche - per ricreare condizioni idonee agli investimenti, all'accumulazione di capitale ne] nostro Paese, sono i due nodi che bisogna riuscire a sciogliere nei prossimi mesi, con un'adeguata auspicabile convergenza di tutte le forze politiche e sociali.



PRESIDENTE

Ho iscritti a parlare per questo pomeriggio i Consiglieri Rossotto e Viglione. Qualche altro Consigliere si iscrive ancora? Il Consigliere Benzi.



BERTI Antonio

Io mi iscrivo sulla situazione occupazionale in genere.



VIGLIONE Aldo

Ma l'ordine del giorno è appunto sul problema dell'occupazione in genere.



BERTI Antonio

Però finora si è parlato di un punto solo per cui vi è particolare urgenza.



PRESIDENTE

Allora, ho elencato anche il Consigliere Berti fra gli iscritti a parlare.
Prego tener presente che aprirò la discussione alle 16 precise. Ricordo nel contempo che per le 15,15 è fissata la riunione della I Commissione, in questa sede.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,10)



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