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Dettaglio seduta n.111 del 05/09/72 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE OBERTO


Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Devo informare che è pervenuta anche domanda di congedo da parte del Consigliere Carazzoni, oltre a quella per il pomeriggio del Consigliere Conti.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Esame della situazione determinatasi in seguito ai recenti provvedimenti della Montedison (seguito)


PRESIDENTE

Riferisco brevissimamente sull'incontro che abbiamo avuto alle 13 insieme ai Capigruppo, con i Sindaci rappresentanti della zona valsusina e del Canavese, in relazione al problema che si sta discutendo in quest'aula da questa mattina.
Praticamente, sono state ripetute le considerazioni contenute nel testo del verbale di adunanza del Consiglio della Valle di Susa, di cui è stata data lettura questa mattina. Altri Sindaci - quello di Strambino, quello di Rivarolo - hanno precisato di essere, in linea di massima, in linea con le determinazioni che costituiscono oggetto della delibera del Consiglio della bassa Valle di Susa. Naturalmente, il discorso si è un poco allargato. Vi è stato l'intervento anche del Sindaco di Collegno, che ha ripreso il discorso della Leumann, inserendolo nel quadro generale della discussione così come vi è stato un intervento relativo ad una presa di posizione da parte del Comune di Perosa Argentina, che ha anche fatto pervenire un documento del quale vorrei dare lettura al Consiglio per completezza di informazione.
"Comune di Perosa Argentina: Ordine del giorno votato all'unanimità dal Consiglio comunale, convocato in seduta straordinaria il 4 settembre 1972 Il Consiglio comunale di Perosa, riunito in sessione straordinaria sentiti gli lavoratori del Vallesusa e la Giunta del Consiglio di Valchisone e Germanasca individua nell'atto di forza della Montedison e nella non chiara posizione del Governo un inaccettabile attacco alle istituzioni democratiche, ancor più grave se si considera l'accordo raggiunto in sede di Ministero del Lavoro nel giugno dell'anno 1971 ritiene si debba sviluppare la più vasta azione e mobilitazione a fianco della lotta dei lavoratori, condividendo le proposte di iniziativa politica del Consiglio della Valle di Susa afferma che il caso del Vallesusa, come quello delle altre aziende della zona, pone con urgenza la necessità di far prevalere il potere delle istituzioni democratiche al potere economico delibera di dare mandato al Sindaco di svolgere tutte le iniziative atte a garantire il mantenimento dei livelli di occupazione, fino alla requisizione dello stabilimento Vallesusa, in caso di necessità, nonché di dare, unitariamente agli altri Consigli della Val Chisone, le dimissioni qualora le autorità di Governo non garantiscano la soluzione favorevole del problema".
Anche questo documento passa agli atti e coloro che devono ancora intervenire possono ovviamente farvi riferimento per il completamento della discussione.
Credo che, per succinta che sia stata, la mia esposizione risulti completa di quello che è stato l'oggetto dell'incontro con i Capigruppo rappresentanti dei Sindacati, che sono essi pure intervenuti nella discussione sottolineando nelle linee essenziali quella che era l'impostazione fatta dal Consiglio di Valle, e fatta personalmente dai Sindaci presenti.
Darei adesso la parola al Consigliere Rossotto, che ha chiesto di poter parlare. Ne ha facoltà.



ROSSOTTO Carlo Felice

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, è motivo di profonda amarezza dover riprendere i lavori del nostro Consiglio, dopo la breve parentesi estiva, affrontando ancora una volta le conseguenze della drammatica crisi economica, e forgiare così un ulteriore anello di quella catena, fatta di licenziamenti, di riduzione di posti di lavoro, che si traduce in miseria per le nostre genti, che noi siamo chiamati a rappresentare in questo Consiglio Regionale.
A questa amarezza si è aggiunto in noi, oggi e nei giorni scorsi, un profondo senso di disagio, di ribellione, per il modo in cui si è posto drammaticamente alla nostra attenzione questo problema, venendo meno alla logica democratica della dialettica sia con le forze sindacali che con le forze politiche che noi avevamo cercato per mesi, responsabilmente, di portare avanti, consapevoli della gravità della situazione economica nel nostro Paese, particolarmente per il settore tessile, che sovente è stato oggetto di esami, di contrasti di idee e di opinioni da parte delle forze politiche che qui costituiscono la rappresentanza democratica della nostra Regione.
Come rappresentanti di una forza politica che fa parte di questo Consiglio Regionale, e appoggia la Giunta che governa la Regione Piemonte noi non possiamo avallare con il silenzio, non possiamo non stigmatizzare la condotta irresponsabile ed egoistica della direzione del Gruppo Montedison, che, calpestando impegni precedentemente assunti, ricordati chiaramente questa mattina nei vari interventi e poi nella formulazione esatta e precisa del Consigliere Conti, a quell'epoca Assessore partecipe anzi fautore, di quell'accordo, nel momento stesso in cui fa appello alla solidarietà nazionale al fine di ottenerne un apporto finanziario di 2800 miliardi per poter attuare una sua ristrutturazione (e 2800 miliardi equivalgono a dieci volte il valore del capitale valutato in Borsa ai corsi attuali), senza allacciare alcun rapporto dialettico né con le forze sindacali né con le forze politiche, ha attuato, senza alcun preavviso l'inconsulto licenziamento di oltre cinquecento lavoratori. Il tutto nella prospettiva di una ristrutturazione sul cui modo di attuazione si è indotti ad alimentare un profondo senso di sfiducia, proprio perché, con questo comportamento l'ente dimostra di non possedere quella serietà che sola pu essere il presupposto di un'opera effettiva di ristrutturazione. Vien fatto di pensare che si tratti di un tentativo quasi furbesco di ristrutturazione all'italiana, un tentativo di applicare quella legge dell'8 agosto '72 che consente una ristrutturazione alle aziende, ma a condizioni ben precise e chiare, fissate all'art. 9, non certo a base di interviste rilasciate ai giornali, né certo, in un modo che disorienta profondamente tutti coloro che hanno assistito al susseguirsi di queste vicende, così parlando di venti miliardi di nuovi investimenti senza precisare dove questa somma venga attinta (vi è da presumere che facciano parte di quei famosi 2800 miliardi nei quali si esplicita la richiesta nei riguardi del potere pubblico da parte di questo Gruppo).
Di fronte a questo comportamento, di fronte all'affermazione, apparsa su "La Stampa" del 31 agosto '72, fatta da un responsabile nel corso di una intervista concessa al giornalista Sergio Devecchi, che questi licenziamenti costituiscono un provvedimento assolutamente definitivo, sul quale la Montedison non intende affatto ritornare; proprio prendendo le mosse dalla illogicità, dalla mancanza di quella chiarezza che dovrebbe essere a fondamento di un'opera di così ampio respiro qual è la ristrutturazione di un complesso, il Vallesusa, che per anni ha costituito una costante preoccupazione per gli organi politici, per le forze politiche, per le amministrazioni locali, non ci si può astenere dal dire a questo elefantiaco gruppo economico che siffatto modo di agire e intollerabile.
Il Gruppo liberale invita pertanto il Presidente della Giunta a far pressione sul Governo perché questi, se la Direzione del Gruppo Montedison della quale sta ora esaminando le richieste, persisterà nella decisione di considerare definitivo provvedimento di licenziamento e di chiusura degli stabilimenti, senza preoccuparsi della condizione drammatica dei 570 dipendenti, rifiuti tassativamente di sostenere con il denaro pubblico il suo programma di ristrutturazione. E' assurdo che un'azienda che sta progettando di spendere 2800 miliardi ponga in situazione drammatica con anticipo di uno, due, tre mesi, con le loro famiglie, 570 dipendenti che comportano sì un onere sociale, determinano un costo indubbiamente forte per l'azienda, ma pur risibile nei confronti delle cifre di cui si parla nella girandola di voci e di interviste relative alla vicenda Montedison un costo che deve essere assunto come uno degli oneri che l'imprenditore deve sopportare se vuole realmente portare avanti un discorso di ripresa economica, nel rispetto della dignità morale.
Questa mattina, nell'incontro che i Capigruppo hanno avuto sia con gli amministratori della Valle di Susa sia con i rappresentanti sindacali, in una chiara, serena, responsabile, pacata evidenziazione dei problemi, è stato detto anche chiaramente da parte di uno dei sindacalisti quale onere questi 570 improvvisi licenziamenti comportino in termini monetari per la collettività nazionale, questa stessa che si deve poi porre anche il problema degli aiuti alla Montedison nella misura massiccia che essa indica. Tanto più che questi nuovi disoccupati appartengono ad una zona che già è stata duramente colpita; una zona che, dopo un periodo in cui, come dimostrano le cifre evidenziate degli amministratori locali, si era raggiunto un livello di occupazione talmente elevato da terminare il richiamo di nuove forze lavorative in loco, ha già visto ridotte le possibilità di lavoro a livelli allarmanti con previsione di ulteriore riduzione per effetto della crisi economica verso la quale ci stiamo avviando. Crisi che avevamo previsto già un anno e mezzo fa, nel dibattito del 29 luglio '71 e che costituì poi il punto d'avvio della Giunta che oggi regge la nostra Amministrazione.
Non si può consentire che forze che devono avere una profonda responsabilità, che pretendono un'attenzione sia da parte degli organi politici, sia da parte delle organizzazioni sindacali ai loro problemi aziendali si permettano di creare all'improvviso ulteriori motivi di sgomento, di affanno che poi si tramuta in odio e in sfiducia sociale, in un momento in cui vi è continuo appello da parte delle forze responsabili ad un senso di autodisciplina.
Dico questo anche con riferimento alla legge 464 dell'8 agosto '72. Si è parlato spesso nei mesi passati, e se ne discuterà ancora nei mesi futuri, quando si dovrà addivenire al rinnovo di contratti veramente importanti, di categorie fondamentali per la dinamica ed il processo economico del nostro Paese, di un senso di autodisciplina, di responsabilità da parte delle organizzazioni sindacali. Ebbene, questa legge 464 presuppone una stessa autodisciplina, uno stesso senso di responsabilità da parte degli imprenditori. Perché non è possibile permettere che i trenta miliardi di stanziamento predisposti dallo Stato in previsione della necessita di approntare strumenti idonei ad una economia che ha necessità di adeguarsi, di ristrutturarsi, di rendersi competitiva nei confronti degli altri Paesi che con noi fanno parte di questa Europa economica che sta avanzando, divengano appannaggio di chi è più furbo, di chi all'improvviso si sente autorizzato a calpestare accordi intercorsi, di chi cerca di costituire con il deterrente dei 570 licenziamenti il punto da cui far leva per una trattativa successiva a livello governativo mostrandosi inesorabile nelle sue determinazioni.
Questa mattina il collega Nesi ha detto che occorre chiarire i rapporti tra il Gruppo Montedison e il potere pubblico. Io direi che occorre sempre più esattamente chiarire i rapporti fra il potere pubblico ed i vari grossi complessi economici presenti nel nostro Paese. Ma è opportuno che costoro si rendano conto che il potere pubblico non è assolutamente disposto, a tutti i livelli, a soggiacere ad una politica di ricatto, di fatti compiuti. Non è possibile accettare che si venga meno improvvisamente ad impegni assunti responsabilmente, almeno così pareva, da coloro che avevano veste per assumerli, impegni dei quali si era discusso anche qui poco tempo fa, in un ampio, leale dibattito avvenuto come conseguenza della Conferenza chimica: ciò equivale a violare proprio la regola di fondo di una fiducia che è la base per poter iniziare un rapporto.
Da parte nostra si rivolge pertanto invito al Presidente della Giunta in quanto rappresentante dell'Esecutivo di questa Regione, di far sentire al Governo centrale, queste nostre considerazioni e ciò anche in applicazione dei suggerimenti che la comunità montana ha dato al punto 3: "Di promuovere un sollecito incontro con il Presidente del Consiglio dei Ministri". Occorre chiedere al Presidente del Consiglio dei Ministri che dica chiaramente alla direzione del Gruppo Montedison che ogni esame delle sue richieste, delle sue proposte per la risoluzione dei problemi interni dei punti di crisi che stanno colpendo questo grosso colosso e che si è ingigantito fuori misura specie durante gli ultimi dieci anni nel nostro sistema economico, sarà subordinato all'accettazione da parte sua del dovere di pagare a sua volta uno scotto Non è lecito che questo grosso gruppo, che dispone di complessi che consentono forti utili, dal mattino alla sera abbandoni un'azienda che è invece in perdita lasciando ogni responsabilità a carico di una collettività già così gravemente preoccupata e impegnata a risolvere i problemi della difesa del livello occupazionale.
Ed è illogico, come osservava il collega Garabello, che si possa parlare con tutta tranquillità di una ristrutturazione, con investimenti per venti miliardi che non si sa dove possano essere prelevati se non sui famosi 2800 miliardi richiesti. Questo è veramente un esempio di assoluta mancanza di capacità di programmazione, che non incoraggia certo ad avviare quel discorso di impegno reciproco che costituisce il presupposto per una programmazione articolata fra potere pubblico e imprenditori.
In questo quadro, aderendo all'invito che il Consigliere Nesi ha rivolto alla Giunta, il Gruppo liberale esorta caldamente il Presidente della Giunta a far sentire, sia nei confronti del Gruppo Montedison sia specialmente nei confronti del potere centrale, che la Regione Piemonte non è proprio disposta ad accettare la obliterazione degli impegni che erano stati assunti con essa Regione, che da ciò è anche derivata, una preoccupante mancanza di fiducia da parte dei sindaci della Val Susa che a noi si rivolgono. E' inutile dir loro: dovete rimanere ai posti di combattimento, perché è in questo momento che voi potete maggiormente difendere gli interessi dei vostri amministrati. Questo è un segno veramente grave di un inizio di sfiducia nei poteri democratici, che non si difendono più soltanto con le parole ma con la dimostrazione da parte nostra di una chiara presa di posizione.
Può darsi che nei mesi futuri la stessa chiarezza, la stessa necessità di durezza, di diniego, faccia si che coloro che hanno detto che quelle parole sono definitive se le rimangino. Ma a tal fine occorre un deciso intervento del potere politico: è necessario che questo incominci nei confronti di questo grosso complesso, che ha dimostrato, proprio nel momento meno opportuno, mancanza di sensibilità, logica gretta, che non trova giustificazione neanche da un punto di vista strettamente economico e che da un punto di vista sociale è condannata sia moralmente che politicamente.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Beltrami. Ne ha facoltà.



BELTRAMI Vittorio

Quanto è accaduto nell'ombra del complesso Montedison, e che è stato oggetto di, dibattito appassionato entro le comunità, tra le popolazioni ed ha destato da un certo torpore estivo tutta quanta l'opinione pubblica almeno quella del Piemonte, e che forma argomento di questa discussione tocca da vicino ognuno di noi: ci rende sgomenti, preoccupati, è stato detto, per quanto è accaduto, per quanto potrebbe ancora accadere. C'è la tentazione umana alla protesta, alla ribellione, c'è la presa di coscienza di una classe politica che non intende restare spettatrice passiva e inascoltata di un grosso processo di trasformazione, di ristrutturazione espressione di scelte che potrebbero scoraggiarci dal reclamare l'esercizio di un diritto-dovere che la Carta costituzionale prima, lo Statuto della Regione poi largamente ci pongono a carico. Soprattutto siamo spinti alla riflessione che se è serio e atto di responsabilità meditare a fondo in termini di freddezza, di razionalità, di responsabilità obiettiva circa l'esigenza di restituire tranquillità di gestione ad una delle più complesse operazioni politiche e finanziarie del dopoguerra, dal momento che entro questo colosso Montedison viene agitato oggi se il piano della partecipazione azionaria e ieri sul piano della rifusione per la nazionalizzazione dell'energia elettrica tanto denaro pubblico, restituendo così è stato scritto - al colosso piedi meno fragili di quelli di argilla sui quali sta diritto, non può comunque essere ignorato, non va ignorato come alle spalle di questo processo di ristrutturazione, dei calcoli, dei progetti, dei tagli ci sia l'uomo, famiglie con tanti problemi, taluni dei quali risolti da poco perché sollevati da gente importata nelle nostre terre, in quella valle, da altre zone, alla quale era stata data assicurazione di un futuro di tranquillità, che consisteva semplicemente nella certezza del posto di lavoro.
Questo accordo è stato siglato ancora recentemente, è stato ripetuto in quest'aula, nel giugno del '71, al Ministro del Lavoro, tra l'Eti, il Vallesusa e le organizzazioni sindacali. C'è alle spalle di questa operazione quel focolare domestico per il quale la classe politica democratica, anche nella più recente consultazione elettorale, ha rivendicato di avere assicurato per un quarto di secolo certezza di libertà, ma al quale va rivolta oggi un'altra certezza, un altro messaggio portante serenità, sicurezza, che si riscopre quanto meno in questa certezza minima dell'assicurazione del posto di lavoro. Ed è da questo angolo visuale che non ci sentiamo di accettare l'impostazione data al problema e conseguentemente non pensiamo che ritenere negativo il proposto quadro di attuazione della ristrutturazione, per il tempo e per il modo.
Di qui la ricerca di una giusta ed equilibrata posizione, che non vuol suonare sfida alla sfida, anche se può essere interpretata per tale, ma è dignitosa contrapposizione politica, umana, per quanto ci consta si rifà a motivi ancor più profondi, ad una diversa interpretazione del modo di essere presenti nella vita comunitaria ad ogni livello. E' una nota di costume, una presa di coscienza in un momento, ripeto, nel quale tornerebbe facile il gridare il "dalli all'untore", il proporre il "delenda". E' il confronto che viene proposto dalla classe politica piemontese attorno a quei temi di fondo che hanno costituito per molti di noi la ragion d'essere nella vita pubblica. Di qui l'esigenza di organizzare, di incanalare ogni stimolo, ogni impulso e ogni reazione in chiave costruttiva verso il più giusto sbocco, proporre un quadro unitario di interventi, resistere alla tentazione di essere i primi della classe in quest'azione rivendicativa, di essere in pochi a raccogliere i meriti di un risultato positivo, riproporre ai sindaci, ai consiglieri comunali e provinciali, di resistere alle loro posizioni, fedeli interpreti delle ansie e delle attese delle popolazioni.
Non entro nel grosso gioco delle più ampie valutazioni che i colleghi hanno fatto, né tocco gli aspetti settoriali, particolaristici riaffrontando i molti dati statistici sul colosso Montedison, sugli obiettivi della ristrutturazione, largamente toccati in aula e nelle assemblee, ricordati quotidianamente, è stato sottolineato, sugli organi della stampa di informazione. Né intendo rifarmi ad una dettagliata ricostruzione, direi storica, dei diversi passaggi che hanno condotto a questo stato di cose, ampiamente ricordati, con dovizia di citazioni stamane da più parti, dall'incontro dei due grossi complessi, la Montecatini e la Edison, l'uno alla ricerca di liquidità, l'altro ricco del molto denaro proveniente dalla nazionalizzazione dell'energia elettrica alla scalata al pacchetto azionario da parte dell'azienda di Stato, e forse, sia detto per inciso, questo è avvenuto anche allora al di fuori di ogni processo di previsione e di programma, alla corsa della Montedison per arrivare prima all'acquisizione dei beni del Vallesusa Riva quando altri gruppi premevano, ivi comprese l'imi, la SIR. per un costo quanto meno pari ad un terzo, così è stato detto, del valore degli impianti. Di qui l'accordo dello scorso anno presso il Ministero del Lavoro di mantenere lo status quo per quanto attiene al livello occupazionale e addirittura al rientro in curva di un processo di ammodernamento di taluni impianti iniziato poco tempo prima del catastrofico comunicato di ferragosto dal quale traspare come l'azienda del Vallesusa sia destinata a scomparire dal mercato cotoniero per tentare migliore fortuna nel campo delle fibre sintetiche e con un'occupazione finale inferiore alle 3000 unità, dalle 4200 iniziali, prendendo le mosse da questa prima operazione che vede chiudere gli stabilimenti di Borgone, S. Antonino, e il reparto Torcitura di Rivarolo, per un totale di 578 unità.
Non mi avventuro, dunque, su questo terreno, né sto a riproporre il tracciato della mappa della disoccupazione piemontese, i cui tratti delineati di volta in volta risorgono, vengono a prendere consistenza nei dibattiti del Consiglio Regionale, per tentare delle conclusioni tanto semplici, tacendo sull'aspetto contraddittorio, comunque non spiegabile attorno agli indirizzi di ristrutturazione e di rilancio del Vallesusa preferiamo, e sulle note successive dichiarazioni dalle quali sarebbe emerso che il Vallesusa ha il cancro, è una lotta contro il tempo (è stato scritto), altrimenti la malattia si mangia tutto il complesso eccetera.
Ritengo che vanno veramente tirate queste conclusioni e delle valutazioni che prospetto in termini di estrema concisione. Un dato è certo: la Montedison rivede le sue posizioni, intende ristrutturarle, si apprende dai giornali che il piano interessa 180.000 dipendenti della Montedison e che la ristrutturazione potrebbe dar luogo ad un taglio di 23 mila posti di lavoro Quarantacinque aziende, considerate rami secchi, sono destinate a sospendere l'attività per obsolescenza delle Strutture, la qualità scadente della merce, l'eccessivo costo dei trasporti, comunque la passività della gestione. Già sono stati toccati stabilimenti in Alto Adige, in Toscana, in Liguria, in Lombardia, e sembra che il campione dimostrativo ricada proprio nel bacino della Val di Susa, ove la crisi è di fatto galoppante dal 1965. Nascono giudizi politici e altre indicazioni. Si dice che per il Valle Susa la Montedison ha un piano di investimenti per venti miliardi, si parla di nuova unità da costruire con tecniche d'avanguardia, frutto delle ricerche della Montedison in collaborazione con gruppi internazionali; non viene indicata l'ubicazione di questa nuova unità, anche se si afferma che essa sarà nel crogiuolo della Valle di Susa.
Stamane il Presidente Oberto ha voluto tentare di risalire alla radice in chiave etimologica del "crogiuolo". Rimane però sempre il dubbio sul significato da attribuire a questo termine. Taluni giudizi espressi sono estremamente duri, severi, e propongono la coincidenza del varo della legge sull'integrazione ai lavoratori per l'80 per cento con l'assunzione dei provvedimenti per il Valle di Susa. E' un giudizio, per la verità, alquanto pesante. Altri affermano che quanto accade appartiene al calcolo politico per mettere le mani avanti verso l'autunno, nel quale si rinnovano i contratti di lavoro, per svuotare o impoverire le possibilità di lotta e di conquista dei sindacati. Lo dimostrerebbero, si dice, la mancanza di discussione preventiva dei sindacati, la mancanza di informazioni ad ogni livello degli enti locali, ivi compresa la Regione, la non autorizzazione del CIPE. E viene ricordato l'intervento ancora recente, di questi giorni del ministro Taviani. Anzi, si dice da un'altra parte che quanto accade è stimolo ricattatorio nei confronti del Governo per ottenere il finanziamento dei 2800 miliardi richiesti dalla Montedison. E' solo fantasia? Qualcosa di vero potrebbe anche esserci, ma il tempo, anche il tempo breve, come sempre è galantuomo, per cui, iniziato il Consiglio dei Ministri domani, potremmo verificare taluna di queste ipotesi.
La considerazione che vorrei fare è di questo tipo. Quanto è accaduto è innegabilmente un risvolto negativo, che disorienta, comunque crea difficoltà al libero svilupparsi del regime democratico. E' questa una responsabile manifestazione di critica. Noi riteniamo che la legge del profitto pulito, quale quella che si ritiene di offrire alla dinamica delle aziende private, quella della competitività, dell'iniziativa remunerativa del superamento degli scompensi dei bilanci possano valere anche per le aziende con forte presenza di denaro pubblico . Ma se è vero, come è vero e l'abbiamo fatto presente tante volte in quest'aula, allorquando sono insorti conflitti, nel recente passato, accogliendo il sistema - che ci si è assestati su posizioni di estrema difesa dei valori umani dell'uomo, e della sua dignità, allorquando questo rapporto toccava il mondo privato ritengo che debba usarsi lo stesso metro di valutazione per quanto questo elemento va a intaccare il settore pubblico. Lo stesso discorso valga per quanto attiene al rapporto con i Sindacati, con gli enti locali, con il mondo politico anche nei risvolti internazionali che le dimensioni del complesso vanno ad investire. C'è un aspetto rivendicativo che invoca l'armonizzazione fra il pubblico potere e il vertice di così importante azienda, che per la larga presenza nel pacchetto azionario e nel sindacato di controllo del capitale pubblico può ritenersi un'azienda di Stato, o quasi, e questa rivendicazione ripropone il ruolo della Regione nel processo di programmazione in chiave di formazione del piano regionale e nazionale. Processo di programmazione che non può ignorare, per quanto riguarda gli investimenti, visti anche solo sotto il semplice aspetto degli studi urbanistici e di riorganizzazione del territorio sui quali la Regione è decisamente competente, quanto accade, ogni modifica proposta in variazione delle previsioni nel territorio della Regione. Questo atto di volontà politica l'abbiamo inserito nello Statuto che oggi è legge. Abbiamo portato avanti questo discorso quando investiva altri interessi all'interno del territorio regionale, senza drammatizzare, vorrei proprio rilevare come questo episodio possa costituire il banco di prova per tutti: per il potere politico, per la classe politica, che deve dimostrare se intende o meno perseguire gli obiettivi della modificazione del meccanismo di sviluppo della piena occupazione, del superamento degli squilibri sociali e territoriali del Paese. Il problema della Montedison travalica di gran lunga, quindi, il livello aziendale e regionale per divenire un grosso problema nazionale, ed il Parlamento e il Governo hanno il dovere di stabilire tracce e indirizzi precisi.
La Regione, però, ha pari titoli per partecipare alla fase preparatoria, insieme al Governo e al CIPE, a questo grosso processo socio politico. Anche perché esso ripropone l'altro grosso tema, dei rapporti che devono intercorrere fra la Regione e i grossi gruppi industriali, pubblici e privati, presenti nei territorio regionale. Da qui l'esigenza di un rapporto sul piano dello scambio di informazione con i dirigenti della società per una disamina del quadro della situazione esistente, per allargare il discorso sul programma di sviluppo della società nella Regione, sulle integrazioni della sua attività con il sistema economico produttivo regionale, sulle localizzazioni e le loro compatibilità con le scelte riguardanti l'assetto del territorio, la difesa dei valori ambientali e la lotta contro l'inquinamento. Così che se alternative vanno proposte alle comunità, anche quelle antipatiche, anche quelle pesanti possano essere affrontate con la corresponsabilità della classe dirigente politica. L'interessante oggi è riproporre una nostra impostazione, che non è semplice enunciazione teorica o programma politico ma che è legge dello Stato, legge della Regione; svolgere ogni migliore iniziativa, trasferendo i risultati di questo dibattito in ogni sede laddove responsabilmente vanno assunte le decisioni, nella piena, totale solidarietà con le popolazioni con i sindaci, con i Consiglieri delle amministrazioni pubbliche, con il mondo del lavoro, verso soluzioni promozionali, di riabilitazione delle funzioni degli enti locali, offrendo la possibilità di riscoprire, ad ogni livello e in ogni direzione le funzioni che la Carta costituzionale ha affidato alla Regione.
Come traduzione pratica, operativa ed immediata del dibattito del Consiglio Regionale, ritengo poi che si renda necessario con immediatezza definire l'incontro da più parti proposto tra la Giunta Regionale, la rappresentanza della Montedison e la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Sia ugualmente, decisamente affermato che l'apertura di ogni iniziativa, ad ogni livello, deve partire dal presupposto della revoca dei licenziamenti non al fine di perseguire un preciso atto di giustizia ma per ridare dignitoso stimolo agli enti locali, anche alla stessa Regione, affinch continuino ad essere fedeli interpreti delle esigenze delle popolazioni del Piemonte.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Dotti. Vi sono altri che chiedono ancora di parlare dopo di lui? Nessuno Pertanto, con l'intervento del collega Dotti, si concluderà la discussione di carattere generale



DOTTI Augusto

Signor Presidente, colleghi, in rapporto agli episodi che toccano la Valle di Susa la politica nuova della Montedison ci appare completamente sbagliata. Il nostro Consiglio Regionale non può limitarsi, infatti, a dare un giudizio ristretto a quel che capita nella Valle di Susa, ma deve estenderlo a quanto il Presidente della Montedison ha ritenuto di fare in questi primi mesi di attività presidenziale. Quest'uomo che vuol ridurre che vuol chiudere, che vuol risanare, non ha compreso forse che un'azienda così grande, con diversi settori di cui alcuni ancora fortunatamente trainanti ed altri forse in perdita di velocità, avrebbe dovuto essere un esempio, il più valido in Italia, dal come si potessero trovare i mezzi - e in fondo li sta trovando, largamente trovando - per ristrutturarsi senza dover procedere ad alcun licenziamento. E' comodo atteggiarsi ad un uomo forte riducendo l'occupazione, tagliando le spese, chiudendo stabilimento.
Sono tutti capaci di mantenere solamente il buono che senza gran fatica pu poi portare l'azienda magari a nuovi orizzonti, a nuovi traguardi: difficile - ma è compito di responsabili - è riuscire a mantenere effettivamente la propria azienda ad un livello massimo di occupazione; a parte il fatto che, come tutti sappiamo, sono sufficienti i vuoti lasciati dalle persone anziane, che in una azienda così grande sono oltre 10-15 mila l'anno, per avere un ridimensionamento spontaneo.
Credo che la politica di diffondere lo stato d'allarme, la sensazione del disastro, che la Presidenza ha voluto, in fondo in fondo, seguire al fine di ottenere quanto riteneva necessario per ridimensionare l'azienda denoti in realtà mancanza di coraggio e di senso si responsabilità. Se per un'azienda piccola o media è difficile poter licenziare effettivamente senza incontrare anche localmente delle opposizioni, per una azienda grande, che ha la possibilità ed i mezzi per ristrutturarsi internamente senza creare panico, una riduzione dei posti di lavoro non dovrebbe poter essere presa in considerazione.
Leggevo nell'ultimo notiziario distribuito dalla Montedison nel mese di luglio una lettera agli azionisti in cui li si informa che gli investimenti fatti dalla Montedison nel primo semestre di quest'anno sono circa 68 miliardi, di cui il 50 per cento è andato al settore chimico e solamente il 12 per cento al settore tessile. Saremmo curiosi di sapere dove sono andati a finire i 7-8 miliardi che costituiscono questo 12 per cento destinato al settore tessile, e quindi vedere quale è effettivamente la programmazione di ristrutturazione di questo settore e perché investendo in questo modo si debba procedere ancora a così pesanti licenziamenti. A parte il fatto che il denaro pubblico, pubblico tanto nel caso che sia la Montedison a spenderlo al suo interno quante nel caso che sia lo Stato, per mantenere in cassa integrazione degli operai, dei lavoratori, potrebbe essere meglio utilizzato e meglio considerato, nella fiducia che il mantenimento in servizio dell'intera maestranza contribuisce con fatti concreti a convincere che si è veramente sulla via del risanamento.
Da noi deve partire un appello perché la Valle di Susa non debba subire questi licenziamenti e queste chiusure, ma anche un giudizio negativo che richiami attraverso le forze politiche della Regione i parlamentari piemontesi, l'Amministrazione della Montedison ad imboccare una nuova via ad adottare una nuova strategia, una nuova tattica per poter rimediare alle sue deficienze interne, che non possono essere risanate solamente ricorrendo a licenziamenti.



PRESIDENTE

Non essendoci più iscritti a parlare, la discussione generale è ultimata. Dò la parola al Presidente della Giunta Regionale.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il dibattito odierno in relazione alla situazione generale della Montedison motivato in particolare dalla chiusura di reparti e di stabilimenti del Cotonificio Valle di Susa ripropone ancora una volta a questo Consiglio Regionale il problema dell'avversa congiuntura economica, collegato con la programmazione regionale e con l'esigenza che emerge di salvaguardare e tutelare nelle zone colpite non soltanto il livello di occupazione ma anche quelle ragioni di carattere umano e civile che costituiscono un patrimonio inalienabile delle nostre comunità.
Molte cose sono state dette nel dibattito odierno, ma io ritengo che se vuole veramente scendere sul terreno della operatività, recare concreto sollievo alle preoccupazioni che da parte dei Sindaci e dei Consigli comunali, da parte dei sindacati, in generale da parte di tutte le forze politiche sono state espresse, il Consiglio Regionale debba esprimere alcune valutazioni, e la Giunta, in particolare, per quanto la concerne debba assumere alcuni precisi impegni nella direzione non di una generica espressione di solidarietà nei confronti dei lavoratori del Valle Susa, ma dichiarando la sua recisa e motivata opposizione alle decisioni assunte dalla Direzione del Vallesusa; decisioni non inquadrate in un programma concordato con l'Amministrazione regionale e con il Governo. Noi non possiamo accettare la chiusura sic et simpliciter di stabilimenti sulla base di un programma che probabilmente non è nemmeno nella mente della Direzione dell'Azienda. E la dimostrazione che questo programma non esiste o per lo meno non viene sviluppato con continuità, sta nel fatto che gli impegni assunti dalla Direzione del Vallesusa nel giugno dello scorso anno vengono oggi puntualmente disattesi: non è possibile credere che stia seriamente programmando la propria strategia aziendale una direzione che muta decisioni nell'arco di tempo di un anno, arco breve per la programmazione di una azienda, soprattutto di una azienda moderna.
Il nostro no è non soltanto per il problema umano, non soltanto per il problema di carattere sociale, ma anche per il metodo, per noi inaccettabile, che rischia, per quanto riguarda la Regione ed in generale la programmazione, di alterare completamente quel tipo di contrattazione programmata rispetto al quale credo che tutte le forze politiche e sindacali abbiano assunto delle posizioni precise.
Noi riteniamo cioè - teniamo a dirlo con chiarezza, perché non vi siano equivoci - che le aziende, in una economia competitiva, non possano comunque rimanere aperte: l'abbiamo già detto altre volte in questo Consiglio Regionale, e lo confermiamo. Abbiamo detto che auspicavamo l'emanazione di una legge, quale è stata in effetti emanata, che garantisse la copertura dello stipendio ai lavoratori rimasti privi di occupazione per esigenze di ristrutturazione economica (le economie si ristrutturano con sempre maggior rapidità, quanto maggiore è il progresso tecnologico nel mondo: e noi purtroppo, o per fortuna, a seconda dei punti di vista, stiamo vivendo in una fase di progresso tecnologico estremamente accelerato, e questi problemi di ristrutturazione di settori, di interi comparti di aziende non toccano soltanto l'economia italiana, e neppure soltanto le economie di carattere capitalistico o liberistico, ma anche le economie di carattere collettivistico), nella fase di passaggio da una occupazione ad un'altra, dando così loro il modo di affrontare il problema del proprio reinserimento nel ciclo del lavoro senza tutti i drammi connessi con una disoccupazione non remunerata.
Se questo è l'aspetto sociale del problema, al quale fortunatamente il Governo ha dato una risposta positiva, esistono dei problemi di programmazione più generale che non possono essere disattesi. E' precisamente di fronte a questo problema che noi ci troviamo, è questo il problema, con queste sue componenti, che ci è stato posto dai Consigli di valle della Valle di Susa, che ci è posto dai Comuni, e che ci poniamo noi stessi proprio nella fase in cui stiamo avviando la programmazione regionale: non possiamo rimanere passivi di fronte alla chiusura di aziende senza che ci si forniscano di ciò precise e motivate spiegazioni, o alla loro ristrutturazione senza avere assicurazione che non si ricreino disagi umani e squilibri territoriali, che ridurrebbero, come alcuni Sindaci hanno questa mattina sottolineato, nell'incontro che con essi abbiamo avuto, dei centri già fiorenti dal punto di vista industriale a meri centri di residenza, con tutti i guai del pendolarismo. Cioè, noi non possiamo tollerare che una direzione aziendale alteri, con le sue decisioni, in modo così vistoso non soltanto gli aspetti generali dell'occupazione e tutta la componente umana ad essa connessa, ma anche la programmazione della Regione, anche la consistenza di queste comunità, il loro equilibrio, il loro assetto, frutto di lunghi lustri di lavoro e di investimento, e quindi il piano globale degli insediamenti industriali nella nostra Regione. In particolare, non lo possiamo tollerare in una situazione qual è quella della Valle di Susa, già così duramente colpita nel corso di questi ultimi anni e che certamente non può affrontare un problema di così grande respiro ancora in una posizione di maggior difficoltà. Di qui il nostro no e la nostra solidarietà ai lavoratori in lotta.
Peraltro, ho colto stamattina negli interventi di tutti i colleghi:, ma in particolare nell'intervento del Consigliere Conti, che mi spiace non sia ora presente, un elemento di valutazione che mi sembra molto obiettivo e molto valido. Noi dobbiamo fare attenzione a non lasciarci tentare, in rapporto al problema della chiusura di questi reparti, di questi stabilimenti, ad adottare la strategia che ritengo il Gruppo Montedison gradirebbe, di affrontare questo problema inserito nella globalità della situazione della Montedison. Il problema del Vallesusa è un problema modesto nel quadro complessivo della Montedison, ed anzi è probabilmente un problema che in una non lontana prospettiva non sarà nemmeno più un problema Montedison, se è vero che questa grande società tende ad indirizzarsi esclusivamente verso, l'industria chimica, lasciando l'industria tessile ad altri organismi, certamente a partecipazione statale. Se vogliamo elaborare una strategia concreta di intervento, credo che dobbiamo porre all'interlocutore Società Valle Susa e al Governo il problema nei termini di un calo di occupazione determinato da decisioni che sono state assunte relativamente ai reparti e agli stabilimenti di ritorcitura della Direzione del Vallesusa, senza preoccuparci di sapere se dietro al Vallesusa vi è un piano di ristrutturazione generale della Montedison.
Dico questo anche avendo presente una considerazione che questa mattina un sindacalista ha fatto nell'incontro che abbiamo avuto, considerazione che, debbo dire, mi ha dato non poco da pensare. La considerazione è questa: il Vallesusa è prevalentemente una filatura, che vende circa i due terzi del proprio prodotto alle aziende utilizzatrici di filati; il reparto di ritorcitura vale, in realtà, prevalentemente per la preparazione dei filati utilizzati dai reparti di tessitura del Vallesusa; è legittimo quindi il dubbio che si cominci con il chiudere i reparti di ritorcitura che riforniscono direttamente le tessiture del Vallesusa per poi dire che anche le tessiture lavorano in perdita e quindi passare alla chiusura delle tessiture.
Il problema, a mio giudizio, va contenuto pertanto nei limiti di una contrattazione fra noi e la Società Vallesusa, ignorando se dietro il Vallesusa c'è il colosso Montedison e se il Vallesusa rientra in un piano di ristrutturazione di carattere generale della Montedison. Quello della Montedison è un problema, come giustamente diceva il collega Nesi questa mattina, che ci pone di fronte ad un colosso rispetto al quale vi è da parte di tutti, anche delle forze politiche, per lo meno a livello regionale e locale, la sensazione dell'impotenza, o della inadeguatezza delle possibilità di intervento. Sarà opportuno per noi, pertanto affrontare ciò che oggi ci interessa, che è, obiettivamente, il problema di opporci al provvedimento di chiusura di questi stabilimenti e di intervenire sul Governo chiedendo che siano riaperti e precisando che, se mai, si potrà discutere, non della loro chiusura ma della loro ristrutturazione, dopo che da parte del Vallesusa, saranno state fornite agli enti programmatori, agli enti locali, le linee di una programmazione aziendale.
Io vorrei richiamare l'attenzione, egregi colleghi, su un aspetto del problema che Sanlorenzo stamattina ha sottolineato, ma che io vorrei sviluppare e cioè quello della tattica della margherita: chiudere uno stabilimento, poi un altro, poi un reparto, senza mai fornire un piano di intervento; si parla sempre di ristrutturazione di carattere generale dell'azienda, ma in realtà non ci si trova mai di fronte a proposte concrete, esse vengono sempre fatte in termini estremamente generici, come l'anno scorso sono state fatte dal Valle di Susa al Ministero del Lavoro ventilando la creazione di un maglificio che avrebbe richiesto 24 mesi di tempo per essere avviato al lavoro, ma sono passati dodici mesi e ancora non si è visto, per cui si presume che la proposta alternativa che era stata fatta l'anno scorso in sede di governo, presenti i sindacati l'Assessore regionale, era in realtà un modo furbesco di uscire da una richiesta d'alternativa. E' un modo anche offensivo da parte della direzione del Valle Susa per porre il problema dell'occupazione, della ristrutturazione.
Noi possiamo anche capire che occorrano delle ristrutturazioni per mantenere un alto livello di competitività su un mercato mondiale difficile, non siamo certamente tra coloro che ritengono che a tutti i costi le macchine debbano rimanere quelle, che non ci debba essere mobilità né di lavoro né di capitale, tutto ciò che è necessario fare per mantenere un alto livello dà competitività delle aziende è, in definitiva, garanzia di mantenimento a medio tempo dei livelli di occupazione, non soltanto, ma crea la prospettiva di uno sviluppo dell'occupazione; vogliamo per l'abbiamo affermato e vogliamo riaffermarlo - che tutto ciò avvenga nell'ambito di una programmazione, di una contrattazione con gli enti pubblici rappresentativi e quindi, con l'Ente Regione che è l'ente pubblico più rappresentativo, quello che porta in sé e su di sé la somma delle maggiori responsabilità.
La giunta si impegna di chiedere al Presidente del Consiglio (come ho già avuto oggi modo di chiedere al Ministro del Lavoro e chiederò questa sera al Ministro delle Partecipazioni statali) un massiccio intervento del governo affinché questi stabilimenti non siano chiusi e non ci si faccia trovare di fronte ad un fatto compiuto che è per noi inaccettabile.
In questo senso la Giunta ritiene di accogliere l'invito formulato dal Consiglio di Valle perché siano assunte tutte le iniziative atte a fare in modo che il lavoro in quegli stabilimenti possa riprendere; chiederemo che la direzione del Valle di Susa (se è in buona fede) sospenda le decisioni già assunte, riapra gli stabilimenti e sottoponga il piano di ristrutturazione preventivamente dicendo che se anche si dovesse arrivare alla chiusura di questi stabilimenti, vi si addivenga soltanto con una contrattazione ben precisa con gli enti pubblici preposti alla Regione, ai Comuni, con i sindacati, nell'ambito del programma regionale. Starà a noi stimolare l'avvio di tutte quelle iniziative che, nei comuni che fossero colpiti da una ristrutturazione di questo genere, occorresse assumere per fare in modo che il livello di occupazione sia mantenuto e non vi siano dei contraccolpi di carattere politico, amministrativo, sociale, economico per quelle comunità; ma questo soltanto dopo un piano reale e concreto ci sarà stato sottoposto e sarà stato esaminato da noi, altrimenti abbiamo fieri dubbi che non esista, che sia esclusivamente nella mente di taluno che lo modifica a seconda delle convenienze che di volta in volta possono sorgere.
Queste convenienze sono, purtroppo delle gravi sconvenienze per quanto riguarda rapporti che una grande industria come il Cotonificio Valle di Susa non può risolvere con l'Ente Regione mandando qualche funzionario di medio livello a discutere con degli esponenti del Consiglio Regionale. Se il Valle di Susa crede di risolvere in questo modo i problemi ha sbagliato indirizzo e troverà certamente pane per i suoi denti.
Non c'è dubbio che la Giunta accoglie le indicazioni che sono state date e farà quanto è possibile per dimostrare in concreto la solidarietà del Consiglio, della Giunta Regionale ai lavoratori ed alle comunità della Valle di Susa. Il preciso impegno che io assumo è di sottoporre la questione al Presidente del Consiglio dei Ministri, impegno che non era necessario sollecitare perché rientrava in un quadro di interventi che in ordine al problema delle localizzazioni industriali e del mantenimento dei livelli di occupazione non è da oggi soltanto presente a questa Giunta Desidero ricordare taluni interventi che sono stati fortunatamente positivi e mi auguro che anche questo intervento possa esserlo e serva a dimostrare come la credibilità nella Regione debba esserci, proprio per quella responsabilità di rappresentanza che ognuno di noi e complessivamente tutti noi sentiamo nei confronti delle popolazioni che eleggendoci ci hanno dato un carico di doveri che vogliamo assolvere nel migliore dei modi.
Così accetto, a nome della Giunta, l'invito a indire una riunione con i parlamentari ed io proporrei di non fare una grande assemblea, bensì di limitarla, per darle una più viva concretezza, a quei parlamentari piemontesi che sono o ministri o che fanno parte delle Commissioni Bilancio, Lavoro e Industria. In questo modo potremmo avere maggiori possibilità di raggiungere un'identica strategia d; comportamento nei confronti della società Valle di Susa.
E proprio partendo da queste premesse scarterei la terza proposta di discutere globalmente il problema in una riunione con sindacati e amministratori delle Regioni, delle Province e dei Comuni in cui esistano stabilimenti della Montedison, io lo terrei distinto dalla questione specifica del Cotonificio Valle di Susa proprio per non scendere, come dicevo all'inizio, su un terreno di scontro nel quale è fin troppo facile il gioco della Montedison di continuare a ripetere la gravità della sua situazione e quindi la necessità di drastici provvedimenti di carattere globale in cui verrebbe anche inserita la vicenda del Valle di Susa.
Io ritengo utile una riunione di carattere interregionale sui problemi della Montedison, distinti da quelli del Valle Susa, perché certamente avremo da discutere argomenti direttamente connessi con la Montedison in altre zone del Piemonte, ma fanno capo ad aziende di carattere diverso dal Valle Susa. Quindi, pur accettando l'invito, mi sembra che la data del 20 settembre sia troppo ravvicinata per cui le due questioni possono sovrapporsi ed offriremmo alla Montedison il modo di difendere i provvedimenti del Valle Susa allargando tutta la tematica alla Montedison in generale. Tenendo invece distinti i due argomenti, ritengo che sul piano degli interventi della Regione e della Giunta vi siano maggiori possibilità di successo. E' una valutazione che sottopongo alla vostra attenzione, noi dobbiamo elaborare una strategia che ci porti rapidamente e nel migliore dei modi, ad affrontare il tema della chiusura degli stabilimenti con il governo da un lato, i parlamentari dall'altro ed infine con il Cotonificio Valle Susa.
Pertanto l'ordine del giorno che è stato stamattina letto dal collega Sanlorenzo, a nome del Gruppo comunista, credo sia la base sulla quale, in definitiva, dobbiamo approvare un documento impegnativo per quanto riguarda l'attività della Giunta e del suo Presidente ed io posso dichiarare a nome della Giunta di accettarne, come ho detto, questi tre punti: l'incontro col Presidente del Consiglio; la riunione lunedì con i parlamentari delle Commissioni Bilancio, Industria e Lavoro e, a più lunga scadenza affrontare l'organizzazione di un convegno interregionale sulle aziende della Montedison Da ultimo, prima di concludere, vorrei, rivolgere da questa sede un caldo invito agli amministratori comunali del Consiglio della Valle di Susa di recedere dal loro atteggiamento dimissioni che è in definitiva un atteggiamento di rinuncia. Io credo che occorra una lotta e che la si debba condurre con estrema chiarezza, con costanza e con fermezza. Penso che abbiamo tutte le carte in regola per portare a maturazione delle decisioni che non mortifichino nessuno e che non siano lesive di quelle responsabilità che gli amministratori comunali si sono assunte nel momento in cu- hanno accettato il mandato. Essi debbono sapere che hanno la piena solidarietà della Regione, che la Giunta, il Consiglio Regionale li affiancano, debbono sapere che il Consiglio Regionale e la Regione lotteranno insieme ad essi perché i loro problemi in questa particolare drammatica, difficile situazione possano essere risolti in termini positivi.



PRESIDENTE

Sulle dichiarazioni dei Presidente della Giunta si chiede di aprire ancora un dibattito in sede o i Capigruppo intendono riunirsi eventualmente per delle consultazioni e per degli accordi che possono essere realizzati? Allora facciamo una riunione dei Capigruppo. Sospendo la seduta per il tempo necessario, i Capigruppo sono convocati nella consueta sede.



(La seduta, sospesa alle ore 18, riprende alle ore 18,30)



PRESIDENTE

E' stato presentato il seguente ordine del giorno che reca le firme: Garabello, Fassino, Curci, Nesi, Vera, Berti, del quale dò lettura: "Il Consiglio Regionale del Piemonte, di fronte ai provvedimenti Montedison di chiusura degli stabilimenti Vallesusa, considera inammissibile il comportamento della Direzione aziendale che ha violato tutte le intese intercorse con il Ministro del Lavoro, con la Regione e con i sindacati nella riunione del 23 giugno 1971 e chiede al governo di utilizzare tutti i mezzi a sua disposizione per ottenere la revoca dei provvedimenti.
Il Consiglio Regionale, mentre esprime il suo sostegno alle deliberazioni dei Comuni, alle volontà espresse dal Consiglio della Valle d Susa, alla lotta responsabile dei lavoratori che non difendono solo il loro posto di lavoro o le condizioni di assetto civile, economico e sociale di una valle, ma irrinunciabili questioni di principio per una corretta politica di programmazione locale, regionale e nazionale, afferma che la revoca dei provvedimenti è condizione necessaria per proseguire un corretto rapporto con la direzione aziendale e pertanto impegna la Giunta ed il suo Presidente a: a) promuovere entro il 10 settembre un incontro con il Presidente del Consiglio dei Ministri per esprimere la protesta di tutta la Regione e la richiesta di revoca dei provvedimenti di chiusura b) invitare per lunedì 11 settembre a Torino i parlamentari piemontesi facenti parte del Governo e delle Commissioni Bilancio, Industria e Lavoro anche in previsione delle riunioni ridette per il 21 e 22 settembre in Parlamento.
Il Consiglio Regionale dà inoltre mandato alla Giunta di promuovere al più presto un convegno interregionale di enti locali, organizzazioni sindacali e Consigli di fabbrica di tutte le regioni interessate sedi di stabilimenti della Montedison".
Mi sembra che al punto b) la formulazione non sia perfetta; salvo questo comunque l'ordine del giorno viene posto in votazione. Chi approva è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Con i Capigruppo si è convenuto di proseguire i nostri lavori questa sera con la relazione dell'Assessore competente sul problema dei prezzi in Piemonte, rinviando la discussione, a meno che l'ora consenta, quando avrà finito, di iniziarla per proseguirla in una prossima riunione. La quale prossima riunione (approfitto del momento per fare questa comunicazione) è fissata per giovedì 14 settembre alle ore 9,30 e alle ore 16, sempre qui al Palazzo delle Segreterie, con questo ordine del giorno: Approvazione verbali precedenti sedute.
Interrogazioni ed interpellanze.
Comunicazioni del Presidente.
Eventuale seguito della discussione sul problema dei prezzi in Piemonte.
Legge sull'indennità ai componenti del Consiglio e della Giunta Regionale e determinazioni conseguenti.
Disegno di legge per l'istituzione del servizio di Tesoreria della Regione.
Parere sulla bozza decreto Presidente della Repubblica concernente il riordino dei beni dello Stato (relatore il Consigliere Fassino).
Esame e discussione delle mozioni e degli ordini del giorno.
Successivamente il Consiglio si riunirà per la prima seduta della sessione ordinaria d'autunno, il giorno 19 settembre alle ore 9,30.
Vogliano i Consiglieri (riceveranno la comunicazione naturalmente) prenderne atto fin da adesso, non ci sarà cioè la riunione del giovedì 21 (giorno fisso giovedì) perché per disposizione statutaria dobbiamo riunirci in quel tale martedì che cade quest'anno al 19 settembre, per discutere sulla relazione presentata dalla Giunta delle Elezioni che è stata già rimessa ai colleghi Consiglieri e su eventuali altri argomenti che residuino dalla seduta precedente.
E' previsto che l'assemblea abbia soltanto la durata del mattino perch nel pomeriggio sarebbero convocati i Capigruppo per l'esame di carattere generale di impostazione dei lavori per la tornata ordinaria autunnale.


Argomento:

Interrogazioni, interpellanze e ordini del giorno (annuncio)


PRESIDENTE

Sono pervenute molte mozioni, ordini del giorno dei quali vi pregherei di dispensarmi dal darne lettura, saranno mandati testualmente insieme alla convocazione per il 14 di settembre, quindi in tempo utile perché ogni Consigliere possa leggere, vedere e prepararsi.
Il Consigliere Berti chiede di parlare, ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Ho appreso adesso, da un'informazione che mi ha dato il collega Marchesotti, che il Commissario di governo ha respinto il Regolamento per le Commissioni di Controllo. Se così è sarebbe bene vedere rapidamente quali modifiche fare per inserirlo nell'ordine del giorno.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

L'ha approvato escludendo la possibilità che vengano date le indennità ai funzionari dello Stato e chiedendo che venga formulata una legge per questo.
La Giunta si riserva di presentare un disegno di legge per quanto riguarda l'indennità ai funzionari dello Stato che fanno parte delle commissioni di controllo.


Argomento: Commercio

Problema dei prezzi in Piemonte


PRESIDENTE

Darei ora la parola all'Assessore Borando per la sua relazione sul problema dei prezzi in Piemonte.



BORANDO Carlo, Assessore al commercio

Il consueto fenomeno di ogni fine agosto cioè il rientro dalle vacanze di alcuni milioni di persone che hanno riportato improvvisamente sui mercati cittadini una capacità di acquisto spostatasi altrove per qualche mese - è stata la causa occasionale che, insieme ad altre più profonde hanno determinato l'aumento dei prezzi al minuto quale avvenimento più appariscente e vistoso. Soprattutto i generi di largo e generale consumo ormai definiti anche sotto l'aspetto giuridico con il D.M. 30.8.1971 quali i prodotti alimentari e gli articoli di vestiario di immediata necessità e di più vasto acquisto, hanno presentato un preoccupante movimento ascensionale nei prezzi.
Il Governo ha assunto iniziative dirette con i suoi organi competenti per legge in materia, ossia i Prefetti ed i Comitati provinciali dei prezzi. Il provvedimento più noto è stato il decreto prefettizio del 24 agosto scorso che ha istituito il "calmiere" in Roma; il Prefetto ha ordinato che per due mesi i negozi di generi alimentari non possono praticare prezzi maggiori rispetto alle tariffe fissate dall'Ente comunale di consumo.
Negli altri capoluoghi, sono in corso iniziative dei prefetti per individuare le cause degli aumenti ed allacciare rapporti con categorie del commercio. Peraltro i commercianti al minuto hanno energicamente protestato contro il "calmiere" di Roma e gli appunti emessi nei loro confronti. Essi rilevano che il fenomeno non riguarda soltanto la loro categoria, ma tutto il sistema economico italiano ed anche internazionale: le scelte effettuate in seno al MEC, la situazione monetaria italiana, le decisioni degli operatori industriali e agricoli ed i mercati di vendita all'ingrosso costituiscono i centri che, collocati a monte delle transazioni al dettaglio e dei consumatori, influiscono, con i loro interessi e con i loro inevitabili errori, sugli ultimi due anelli della lunga catena economica.
Pertanto, gli interventi disposti senza tenere presenti le cause proprie di un malessere generale, sarebbero inopportuni e lesivi.
Come s'è detto, allo stato attuale della legislazione, la competenza diretta e avente maggiori poteri per gli interventi fa capo allo Stato e poi ai Comuni. Tuttavia anche le Regioni se ne stanno interessando, sia per sensibilità politico-amministrativa, sia per effettuare gli interventi indiretti e di più lunga data che loro spettano in base alla legge sul commercio 11.6.71 n. 426.
La Regione Piemonte segue con attenzione lo stato di tensione dei prezzi, specie per i generi di largo e generale consumo. Si ritiene che le cause del fenomeno vadano ricercate alle fonti di origine ed a monte dell'ultimo passaggio, poiché i dettaglianti ed i consumatori sono coloro che sopportano in definitiva la situazione anomala. Mentre negli anni precedenti l'aumento delle quotazioni durante l'estate appariva limitato nel tempo e nella dimensione, quest'anno ha assunto proporzioni più ampie specie nelle carni, di cui siamo in buona parte tributari all'estero.
L'azione della Regione seguirà tre direttrici: la ristrutturazione del vetusto e carente apparato distributivo specie con la formazione dei "piani comunali di sviluppo e adeguamento del commercio" voluti dalla legge 426 la razionalizzazione del commercio all'ingrosso ed in particolare dei mercati ortofrutticoli, carni e pesci, le cui funzioni amministrative sono state di recente trasferite dallo Stato alla Regione l'incoraggiamento alla costituzione di unioni volontarie, gruppi di acquisto, associazioni tra dettaglianti e tra essi e i produttori per eliminare il più possibile gli intermediari superflui.
Abbiamo avuto contatti con altre Regioni come la Campania, Emilia e Romagna ed in particolare con la Giunta dell'Amministrazione Provinciale e le Presidenze dei comprensori della provincia di Bologna.
Le Segreterie regionali CGIL, CISL e UIL della Sardegna hanno chiesto un incontro con gli Assessori regionali all'industria e commercio all'agricoltura e foreste, per fare il punto della situazione e stabilire un'azione comune.
La tendenza generale che abbiamo rilevato anche da parte delle altre Regioni, è contro l'istituzione di "calmieri", anche perché si sono visti i risultati del "calmiere" messo a Roma, ed è invece per gli accordi fra le categorie e le autorità, nonché per gli interventi più efficaci e di lunga portata.
In Piemonte, i Prefetti delle sue sei province hanno convocato i rispettivi "Comitati consultivi per i prezzi" e sembrano alieni dall'imporre "calmieri", ma decisi ad intessere rapporti con le categorie ed a verificare i meccanismi delle quotazioni commerciali.
Il Comune di Torino, segue la stessa linea, ma è già entrato in una fase esecutiva per quanto attiene: all'intensificazione della vigilanza sull'applicazione dell'esposizione dei cartellini dei prezzi alla richiesta di collaborazione dei settori distributivi (grande distribuzione, negozi tradizionali, ambulanti, mercati coperti) per concordare di volta in volta i prezzi per i generi alimentari di largo consumo al potenziamento della collaborazione di tutti i canali di informazione, specie stampa e Rai-Tv, per conferire la massima diffusione ed informazione al consumatore allo svolgimento d'azione informativa ed orientativa sui consumi, al fine di indirizzare i consumatori all'acquisto di quei generi alimentari che presentano, in relazione ai favorevoli andamenti stagionali e produttivi, prezzi convenienti.
In particolare, orientamento verso date qualità di carni, verdure frutta che possono soddisfare fabbisogni alimentari in quanto contengono in pari misura i principi nutritivi forniti da altre qualità più care. A Torino si sa che l'organizzazione dei produttori facenti capo ai "Club 3P" dei giovani coltivatori diretti, d'intesa con le varie cooperative di consumo ed i dettaglianti associati, assumeranno un'iniziativa diretta a porre in vendita a prezzi concordati e controllabili anche da parte dei pubblici poteri, prodotti agricoli e generi alimentari diversi, a partire dai primi di settembre. Questo è un classico esempio di collaborazione tra un'organizzazione di produttori e la distribuzione.
Tuttavia è in corso una polemica sui quotidiani torinesi poiché viene invocato un intervento comunale più efficace. L'Assessorato all'Annona di Torino, in rapporto con la Regione, sta esaminando le proposte.
Le notizie assunte direttamente, dall'Assessorato regionale al commercio presso gli altri Comuni capoluogo, riguardano l'avvenuta sensibilizzazione degli amministratori di Alessandria, Asti, Cuneo, Novara e Vercelli sul problema, i rapporti allacciati con le categorie e indagine più attenta sull'andamento dei prezzi. Sembra che si sia contrari all'adozione di "calmieri" anche in quelle città, ma favorevoli ad intensificare la formazione del "piano comunale di sviluppo e adeguamento del commercio" per ammodernare la rete distributiva delle merci.
L'Amministrazione regionale ha tenuto contatti con le Prefetture, le Camere di Commercio, i Comuni capoluogo e soprattutto con le categorie interessate. In particolare ha sentito le concrete proposte che il "Comitato regionale Piemontese" della "Lega nazionale cooperative e mutue" e della "Unione cooperative" ha comunicato il 25 agosto u.s. tramite il suo Presidente. Delle proposte, alcune sono interessanti ed apprezzabili, sulle altre è consigliabile prudenza e meditazione. Quando si accenna ad operazioni volte all'importazione diretta da parte della Regione di carni bovine, con esenzione fiscale, per metterla sul mercato a prezzi controllati, ci pare che si faccia la proposta per un'azione che nelle intenzioni è certamente lodevole, ma che è fuori dal nostro campo sia sul piano pratico che su quello giuridico. Io non oserei avanzare proposte che poi non ci sia consentito giuridicamente di realizzare.



BERTI Antonio

Puoi anche non farlo direttamente



BORANDO Carlo, Assessore al commercio

Cioè farlo fare. Ho cercato di fare capire che stiamo studiando il problema e che cerchiamo di vedere quali sono le possibilità che abbiamo.
L'Assessorato della Regione sta seguendo le seguenti direttrici: contatti e riunioni continue con le amministrazioni pubbliche statali e locali per recepire proposte e favorire consigli impulso alla formazione in atto dei "piani di sviluppo e adeguamento del commercio" (operazione a lungo termine) consulenza tecnica e coordinamento con esperti che si muovano mediante un disegno regionale. Questa è una richiesta dei sindacati, delle cooperative e anche dei commercianti quella dell'istituzione di una carta commerciale regionale.
razionalizzazione del commercio all'ingrosso mediante la vigilanza sui centri attuali dei mercati all'ingrosso.



FERRARIS Bruno

Sulla carta commerciale sei d'accordo?



BORANDO Carlo, Assessore al commercio

Certo, senz'altro.



FERRARIS Bruno

Due mesi fa l'avete respinta.



BORANDO Carlo, Assessore al commercio

La carta commerciale non si fa in due giorni, tu lo sai; le cose bisogna farle seriamente e quindi la questione va studiata e si stanno sviluppando le indagini conoscitive per poterla fare.
Stavo dicendo che il punto delicato è proprio quello del controllo e della vigilanza sui centri attuali. I prezzi devono essere quelli del mercato i quali, in un regime di libero mercato, derivano dalla presenza quantitativa e qualitativa delle merci oggetto di domanda ed offerta nell'ambito del mercato. Solo in quel momento si devono determinare i prezzi ed è evidente che si possono determinare con l'immissione sul mercato di un certo numero di merci e che deve essere sufficiente alla domanda. Bisogna invece riconoscere (questo è il punto dolens della situazione) che i prezzi di mercato molte volte sono preconcordati prefissati; si sa per certo che ci sono prezzi di certe merci che vengono stabiliti ancor prima che entrino dai cancelli, anzi, forse quando ancora giacciono nei vagoni ferroviari. Quindi anche quando si parla di un'azione regionale, comunale, di un disegno generale diretto a strutturare nuovi meccanismi come potrebbero essere i mercati più moderni, più razionali, gli strumenti che in sostanza riescono a comportarsi in maniera diversa, non si è finito il compito perché oltre ad installare nuove strutture bisogna modificare il sistema di controllo e di vigilanza, bisogna stabilire una presenza nostra oserei dire, nell'ambito di questi organismi, altrimenti finiremmo con l'aver messo a disposizione di coloro che oggi sfruttano queste situazioni, degli strumenti più moderni, più comodi, una casa più bella da mettere a disposizione ai mariuoli, se mi è consentito di esprimermi così.
Si aggiunge poi l'iniziativa del Comune di Torino per la costituzione di un centro di commercializzazione che dovrà, tra l'altro, sostituire l'odierno insufficiente mercato ortofrutticolo, problema che è sul tappeto da troppo tempo, senza soluzioni e l'incoraggiamento alla formazione di associazioni volontarie di commercianti al minuto con un'azione diretta a fare opera di convinzione, oserei dire di apostolato. Questo è il discorso che io faccio sempre ai rappresentanti dei commercianti, diretto a convincere questa gente ad associarsi, perché è inevitabile che le strutture di vendita attuali dovranno arrivare all'unificazione. E se i commercianti non saranno capaci di unificarsi dovranno inevitabilmente cedere il passo alle cooperative di consumo, ai supermercati, alle grandi organizzazioni economiche di cui non faccio nomi perché ognuno di voi sa quali sono.
Così dicasi del discorso che si deve fare ai produttori, specialmente a quelli agricoli, per quel che riguarda la produzione degli ortofrutticoli e della carne. Paradossalmente si può dire che o i produttori diventeranno commercianti, o quanto meno arriveranno alla soglia della distribuzione altrimenti saranno i commercianti che diventeranno produttori. Io so per certo che ci sono delle organizzazioni di vendita, quelle più potenti economicamente, come le catene di vendita di generi alimentari, le quali stanno pensando di acquistare aziende agricole, naturalmente le migliori dove sia possibile allevare in massa bestiame bovino da allevare macellare, confezionare e da trasmettere direttamente alle proprie catene al consumo; in altri termini, il commerciante è diventato agricoltore ma se i produttori riuscissero almeno ad arrivare al magazzino organizzato, che può essere pubblico, che può essere quello della cooperazione, favorito naturalmente da interventi pubblici perché non si inventano né si improvvisano queste cose potrebbero incidere indirettamente sulla distribuzione. E' il caso che ho citato prima dei "Club 3P" coltivatori diretti che conferisce alla cooperativa di Leinì determinati prodotti: offre la merce ad un certo prezzo, stabilendo la differenza tra il prezzo di conferimento e quello di vendita con una serie di calcoli che devono tenere conto dei costi di immagazzinamento, di trasporto, di conservazione di traslazione al mercato ed io aggiungo di un onesto guadagno; io sono, in tema di concezione economica, piuttosto liberale, non posso ammettere che un'organizzazione, qualunque essa sia, anche se è la cooperativa di Leinì non debba guadagnare operando. Bisogna evitare che ci sia gente che guadagna troppo, ma non si può ammettere che chi lavora non possa guadagnare, perché se non si accantona non sarà possibile rinnovare gli impianti, e ammodernare le strutture. Diversamente si deve sempre ricorrere al paternalismo dello Stato, se lo Stato interviene, della Regione se la Regione è disponibile, così come del Comune e della Provincia. Un minimo di autosufficienza deve essere guadagnato attraverso il commercio, quindi svilupperemo un'azione, promossa dalla Giunta attraverso l'Assessorato, in accordo con la commissione e con tutti coloro che vorranno impegnarsi, ma soprattutto in accordo con le categorie interessate, in maniera da stabilire i contatti con la produzione agricola e industriale, con gli organi competenti circa l'impostazione dei prodotti (ecco un'azione che possiamo fare noi) e un'azione informativa su vasta scala dei problemi del commercio e delle loro possibili soluzioni per promuovere l'interessamento dei cittadini e dei consumatori in un contesto di democrazia anche per ci che riguarda l'informazione sull'azione dei poteri pubblici.
Per il momento mi fermerei qui, anche se le notizie che ho dato sono la cronaca dell'azione svolta in questo periodo tormentato della vita del commercio italiano e anche piemontese, mentre in occasione del dibattito che dovrebbe avere luogo, come è stato annunciato, il 15 di settembre fornirò più ampiamente tutte quelle cognizioni che potranno essere reperite, per poter avviare un discorso concreto e quindi conferire un contributo sostanziale al miglioramento (non dico alla soluzione, perch per quella ci vuole tempo) della situazione attuale.



PRESIDENTE

Si vuole fare qualche intervento questa sera ancora?



BERTI Antonio

Sarebbe bene forse avere il testo della relazione.



PRESIDENTE

L'Assessore Borando predisporrà per farlo avere ai Consiglieri.
Noi ci aggiorniamo come lavori al 14 di settembre con l'ordine del giorno che è stato annunciato.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle 19,55)



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