Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.110 del 05/09/72 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE OBERTO


Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Hanno chiesto congedo il Consigliere Bianchi e l'Assessore Gandolfi per l'intera giornata.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Esame della situazione determinatasi in seguito ai recenti provvedimenti della Montedison


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, salutandoci la sera del 21 luglio, penso che nessuno avrebbe immaginato che i nostri lavori avrebbero avuto una ripresa a carattere straordinario; avevamo anzi parlato di un certo programma di questa ripresa e invece siamo qui quest'oggi, convocati in seduta straordinaria, su richiesta rivoltami in data 21 agosto 1972 dal gruppo comunista, per esaminare insieme un problema che è ormai ampiamente dibattuto ed anche superficialmente conosciuto, il quale merita peraltro di avere degli approfondimenti, sicché una certa decisione che il Consiglio Regionale vorrà prendere sia meditata, responsabile e possa portare a delle determinazioni positive e concrete.
Il gruppo comunista in data 21 agosto scriveva al Presidente: "In relazione alle recenti decisioni della Montedison di chiudere alcuni stabilimenti del Valle Susa ed alla gravità dei nuovi problemi inerenti all'occupazione dei lavoratori che si vengono ad aggiungere a quelli non risolti di tutto il settore tessile, il gruppo comunista le richiede ai sensi dell'art. 26 dello Statuto la convocazione straordinaria del Consiglio Regionale entro i termini previsti. Poiché però la questione riveste una tale urgenza che non si può in ogni caso soprassedere sino ai primi di settembre per intraprendere le necessarie ed opportune iniziative il gruppo ritiene necessario richiedere la convocazione della riunione dei capigruppo con le organizzazioni dei lavoratori e con i Comuni interessati entro giovedì venerdì 24/25 agosto. Nella riunione dei capigruppo sarebbe inoltre indispensabile giungere ad una decisione circa l'invio a tutti i soggetti della programmazione dei materiali necessari alla consultazione per altro argomento che qui non interessa".
La riunione dei capigruppo ha avuto luogo e si è stabilito di giungere alla data d'oggi che è la data estrema per restare nel termine previsto dal nostro Regolamento per le convocazioni delle riunioni a carattere straordinario, proprio per potere nel frattempo attingere maggiori o dettagliate notizie, sì da avere i termini del problema nella completezza per la nostra discussione.
Viviamo di notizie che ci vengono per lo più propinate da persone che avvicinano ufficialmente o ufficiosamente presidenza i singoli Consiglieri per informazioni, non abbiamo avuto delle comunicazioni di carattere ufficiale (almeno il Presidente non ne ha avute) in relazione a questa convocazione, se non talune osservazioni in ordine alla specifica competenza dell'assemblea regionale di occuparsi, di intervenire, di determinare una linea di azione nel problema occupazionale e del lavoro con riferimento evidentemente alla circostanza della giornata d'oggi il cui tema specifico è quello del Valle Susa, ma anche nel suo insieme e nel suo complesso. Ed è per questo che il Presidente chiede alla cortese pazienza ed all'attenzione dei Consiglieri di volergli consentire un'introduzione che sarà il più breve possibile - proprio per dimostrare la legittimazione il diritto - dovere del Consiglio Regionale di intervenire e di prendere le sue decisioni o le sue determinazioni.
Questa povera Valle di Susa è un'altra volta alla ribalta, tormentata da nuovi licenziamenti, da nuova perdita di posti di lavoro. Per la verità sotto un profilo squisitamente giuridico, sembra persino strano parlare di licenziamenti per il modo con cui l'operazione è stata condotta. Se le informazioni che io ho sono esatte, nessuno dei dipendenti del CVS ha ricevuto fino a questo momento una lettera di licenziamento, il tutto essendosi limitato alla affissione di cartelli ai cancelli di tre stabilimenti, (due in Valle di Susa e uno in Canavese) nei quali si diceva che gli stabilimenti erano chiusi e che i dipendenti sarebbero stati messi in cassa integrazione su richiesta dell'azienda.
Strano modo di licenziare e, ripeto, sotto il profilo giuridico, avrei delle riserve da fare per ritenere che si tratta effettivamente di licenziamenti, che debbono sempre contattare direttamente la persona interessata al problema.
Questa volta la Valle di Susa non ha dei problemi di carattere di turbativa degli elementi naturali, ma ha questo motivo personale - vorrei sottolineare questo aspetto -: non è il territorio questa volta investito anche se sopporterà delle conseguenze, ma sono gli uomini ai quali evidentemente non basta, anche quando è data con larghezza e con generosità di propositi, una generica espressione di solidarietà. Ricordo che una volta un lavoratore, nella sede dove noi discutiamo, a questa generica espressione di solidarietà ha risposto: "Grazie, ma con questa vostra solidarietà né io, né mia moglie, né i miei figli siamo in grado di poter mangiare".
Il problema è relativamente circoscritto rispetto a quello che mi trovai ad affrontare - e qualcuno del Consiglio Regionale affrontò con me nella sede provinciale: non sono più i 12.000 della Valle Susa che furono licenziati, ma sono sempre 578 uomini e donne, già duramente provati, che si trovano oggi in questa situazione. Allora, per la volontà di arrivare rapidamente ad una conclusione, nonostante che si levassero delle voci che avvisavano del rischio e del pericolo che si correva, si volle ad ogni costo il fallimento; qualcuno in quest'aula ricorda che cosa fece il Consiglio provinciale per dire "badate che il fallimento non risolverà la vertenza". Oggi ne abbiamo la riprova. Riva se ne andò, lo cercammo invano era d'estate anche allora, lo rincorremmo con dei telegrammi ma lo yacht sul quale veleggiava andava più forte di colui che lo inseguiva per comunicargli quello che noi stavamo per fare e ciò che volevamo sapere da lui. Si costituiva una nuova società, la ETI, la quale nel 1965 assumeva la gestione degli impianti, unicamente questo. Ecco l'errore derivato dalla situazione fallimentare, il primo errore. Fu l'unica concorrente all'asta l'asta andò - come sempre capita nelle aste fallimentari - varie volte deserta e si finì per pagare con 12 miliardi ciò che valeva 40 miliardi.
Siamo così arrivati ai provvedimenti di oggi, a quelli che attraverso ad una interessante intervista di un giornale cittadino, sentimmo dire essere irrevocabili per dichiarazioni del dr. Gritti. Potremmo a questo punto chiederci: è un discorso chiuso allora? E' un discorso inutile quello che facciamo? E' caduta davvero la paratoia per cui c' un'incomunicabilità? Quella che potrà essere un'espressione finale del pensiero del Consiglio Regionale, della volontà del Consiglio Regionale è destinata ad essere sterile, vuota di contenuto proprio perché questa paratoia è definitivamente scesa? Il discorso che la Regione intraprende con gli imprenditori deve avvenire attraverso comunicazioni di stampa o deve avvenire attraverso rapporti diretti? Per la verità, ad un certo momento fummo informati di cose che erano state decise, a titolo di comunicazione.
Io ritengo che con questa convocazione straordinaria del Consiglio si sia sostanzialmente voluto dire, si voglia dire che il discorso non è chiuso, che in ogni caso può e deve essere riaperto. Si tratta di vedere come avvenga questa riapertura. Bisogna affermare che ciò deve avvenire nella previsione dell'adempimento del compito della Regione, creando cioè le condizioni basilari di un programma, in maniera che il discorso sia fatto sempre con la Regione, in una visione di insieme.
Dopo che si ebbe notizia di quanto è accaduto, telegrafai al sen.
Coppo, Ministro del Lavoro, sottolineando - e credo di avere interpretato allora il pensiero del Consiglio - in data 21 agosto: "Anche a nome Consiglio Regionale piemontese gratissimo se occasione incontro fissato mercoledì mattina Montesidon-Sindacati-Confindustria vorrai sottolineare come delicatissima situazione occupazionale nostra Regione, segnatamente nella depressa Valle Susa e Canavese, desti vivissima preoccupazione Consiglio Regionale che più volte si è occupato della materia. Ora allarmato particolarmente per verificarsi continuo stillicidiale deterioramento sicurezza posti lavoro est necessario ottenere revoca aut congrua sospensione provvedimenti Montedison per costringere esame globale situazione con partecipazione rappresentanti Regione. Visione unitaria et globale del problema occupazionale est indispensabile. Criterio saggia politica settore lavoro reclama che provvedimenti vengano esaminati et discussi responsabilmente et non siano unilateralmente assunti evitando determinarsi motivi turbativa ordine pubblico oltre grave danno diretto ai lavoratori approssimandosi stagione difficile. Ringrazioti per decisivo fermo intervento et per comunicazioni conseguenziali".
La situazione è da loro conosciuta. Io ho aderito alla richiesta fatta dai capigruppo di non fare oggi le rituali comunicazioni, ma di fermarci a dedicare l'intera giornata alla diffusione del problema relativo alla disoccupazione Montedison. Tutti i capigruppo sono stati allora concordi ed è per questo che non faccio comunicazioni, ma mi limito a quelle relative al problema del quale parliamo. Abbiamo aggiunto l'argomento inerente alla lievitazione dei prezzi in funzione anche della questione specifica che si verifica nella Valle di Susa e a Rivarolo in relazione ai licenziamenti di cui abbiamo parlato, ma unicamente a titolo informativo.
I signori Consiglieri sanno che la situazione è: 138 licenziati (diciamo pure così) a Sant'Antonino di Susa; 324 a Borgone, 116 a Rivarolo 578 licenziati su 3600 lavoratori della Montedison Valle Susa. Sono stati informati di essere messi in cassa integrazione in base alla legge del novembre '68 e si ha ragione di ritenere che si chieda anche l'applicazione della nuova legge 464 che rispetto alla precedente legge avrebbe il vantaggio di prorogare nel tempo la corresponsione dell'80%, a condizione però che da parte dell'azienda si propongano delle soluzioni alternative mancando o non verificandosi questa circostanza evidentemente la Legge 464 non sarebbe operativa, perché chiaramente condizionata nel senso che il denaro pubblico può aiutare la ripresa anche dell'attività privata intanto in quanto questa è capace di rivalutare le proprie condizioni e di creare dei nuovi posti di lavoro, altrimenti sarebbe - come da molte parti è stato sottolineato - uno spreco del denaro pubblico in una forma assistenziale che non avrebbe una validità di fondo per quello che si riferisce alla soluzione dei problemi di lavoro.
Nella oscurità del momento e sempre attraverso le comunicazioni di stampa, si è sentito parlare di un crogiuolo nuovo della Valle di Susa. Le interpretazioni sono sempre difficili quando i termini adoperati sono piuttosto ermetici. Credo che molti di loro abbiano interpretato, come me che "crogiuolo della Valle di Susa" volesse significare che nell'ambito territoriale della valle di Susa probabilmente nello stesso capoluogo della vallata, si sarebbero create delle realtà sostitutive della chiusura dei due stabilimenti di Borgone e di Sant'Antonino. In un colloquio che ho avuto stamattina con il Presidente del Consiglio di Valle (che ha presentato, un documento perché io lo porti a conoscenza del Consiglio) e con gli altri componenti dell'ufficio di presidenza del Consiglio di Valle l'interpretazione autentica che sarebbe stata data in occasione di colloqui avuti con dirigenti della Valle di Susa, sarebbero invece un'altra, cioè il "crogiuolo" sarebbe essa stessa Soc. Valle di Susa. Il discorso quindi che poteva essere indirizzato in un certo senso, non si riesce più a capire in quale direzione debba essere portato. Vale quindi la pena che tutto questo sia chiarito, per renderci conto delle disposizioni che dovremo prendere.
Il discorso è ampio, vasto, che attiene ai due stabilimenti valsusini e allo stabilimento canavesano, ma per quel che riguarda soprattutto la Valle di Susa il discorso deve aprirsi in una valutazione panoramica del complesso dei problemi che si chiamano oltretutto autostrada, traforo del Frejus, che non può portare altro che degli elementi indotti e non risolutivi ma che può portare ad uno sviluppo di quel turismo, di quegli insediamenti che, nella carenza e finché non ci sia la soluzione del problema di carattere industriale, hanno tuttavia un valore al quale noi non possiamo certamente sottrarci.
I lavoratori hanno fatto chiaramente sentire che in ogni caso, anche beneficiando della legge di messa in assistenza, non di questo si preoccupano e non è certamente con l'assistenza e con l'applicazione della 464 che si risolve il problema, il lavoratore percepisce l'80%, ma non è con l'assistenza che si risolvono queste questioni, bensì con il programma bisogna sapere che cosa si ha da fare nella Valle di Susa, che cosa intende fare il Valle Susa in quella valle e nelle altre zone dove sviluppa e svolge una sua attività. Tanto più che ad un certo momento la Montedison parla di un investimento di 20 miliardi entro tre anni. E' giusto che si sappia come vuole spendere questi 20 miliardi, dove li vuole spendere, con chi vuole progettare e programmare il modo della spesa dei 20 miliardi.
Gli amministratori locali, che sono in stato di allarme, in occasione di quella riunione del Consiglio di Valle hanno anche ventilata un'azione di protesta, una presa di posizione concreta, sentite a suo tempo le popolazioni e dove non si arrivi ad una risoluzione soddisfacente della situazione, di rassegnare le dimissioni dicendo che in queste condizioni non sarebbero più in grado di amministrare. E' una questione delicata molto grave, che evidentemente involge la personale responsabilità dei sindacati e degli amministratori. Noi peraltro, informati della cosa, non possiamo non tenerne debito conto. Non so se questa eventualità si verificherà, mi auguro di no, non so se sarebbe un'eventualità risolutiva penso che vi siano delle strade da percorrere in diversa direzione per potere risolvere concretamente e positivamente.
Dicevo che è stato sollevato da qualcuno il concetto sulla legittimità dell'intervento della Regione, ho detto che a mio avviso - e questo discorso lo faccio nella mia qualità di Presidente dell'assemblea, cioè di chi ha convocato l'assemblea a carattere straordinario di oggi - la Regione non soltanto sia legittimata.....



BERTI Antonio

Scusi, ma da chi è stato sollevato?



PRESIDENTE

Se lei permette le dirò tutto; ha un po' di pazienza?



BERTI Antonio

L'intesa dei capigruppo era che alla riunione si arriva con la relazione dell'Assessore. Lei dice delle cose interessanti, però vorremmo anche sapere che cosa ha da dire la Giunta.



PRESIDENTE

Ma io penso che l'Assessore farà la relazione tecnica sul problema, ma il Presidente di un'assemblea ha sempre anche lui il diritto-dovere di.....



BERTI Antonio

Non lo so, comunque ci dica chi ha espresso dei dubbi.



PRESIDENTE

Io dirò tutto ciò che ritengo di dover dire, ma il Presidente dell'assemblea....A meno che il Consiglio ritenga che il Presidente dell'assemblea sia il notaio che con i due segretari registra le altrui dichiarazioni, allora modifichiamo anche lo spirito e la lettera dello Statuto e della Costituzione che istituisce l'organo regionale.



BERTI Antonio

Lei sa benissimo che non siamo noi che diciamo questo, ma venga dunque: è, o no, contro i licenziamenti? Ci dica questo, visto che in una dichiarazione pubblica ha detto che si accontenterebbe del dialogo che si apre con la Regione. Ci dica se lei è perché il Consiglio Regionale dica no ai licenziamenti.



PRESIDENTE

Le ho detto chiaramente, le ho letto anche il telegramma mandato al Ministro del Lavoro, ho espresso il mio pensiero. Le ho detto all'inizio di questa mia relazione che sotto il profilo giuridico ritengo addirittura l'inesistenza del licenziamento, perché nessuno ha ricevuto una lettera di licenziamento. Se lei vuole che le ripeta in tutte le lettere se sono o non sono contrario ai licenziamenti, in tutte le lettere le ripeto che sono contrario ai licenziamenti per questa ragione, che si era preso un impegno al quale aveva partecipato anche l'allora Assessore al lavoro della Regione a Roma, nel corso del quale impegno si era detto che non si sarebbero presi dei provvedimenti di nessun genere senza prima avere consultato l'Ente Regione a livello governativo, a livello Confindustria, a livello sindacale. Quando io le abbia detto questo è una dichiarazione estrapolata che ho fatto e che farò sempre. Lei non mi conosce da oggi, sa quali sono le mie posizioni, quindi mi sembra che l'interruzione non abbia avuto un grosso significato.
Legittimità dell'intervento della Regione. L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro - recita l'art. 1 della Costituzione - se manca il lavoro manca la base della Repubblica democratica. L'art. 114 riparte la Repubblica in Regioni, Province e Comuni. Evidentemente quindi dà alla Regione una sua competenza, come le dà alla Provincia (che domani riunisce la Giunta in quel di Borgone) come la dà ai Comuni (che hanno preso le loro determinazioni) o la dà a quella realtà nuova che non poteva trovare una collocazione nella carta costituzionale perché ancora non esistevano le comunità e i Consigli di Valle. E' compito della Repubblica e di conseguenza della Regione, rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà (quindi anche quella di lavorare dice l'art. 3) e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il piano di sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale, del Paese.
L'art. 4 conferma che la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività, una funzione che concorra al progresso materiale e spirituale della società.
Art. 5: la Repubblica riconosce e promuove le autonomie locali e conseguentemente, in forza dell'art. 35, che determina la tutela del lavoro in tutte le sue forme e in tutte le sue applicazioni, demanda a queste realtà locali ad ogni livello, il diritto e il dovere di partecipare secondo competenze specifiche a programmare il loro avvenire. Quindi non possono restare avulse né assenti, né ignorate, né trascurate, sono praticamente insieme trama e ordito dell'aspetto socio-economico; i programmi si fanno con gli Enti locali, non senza di loro, né, peggio contro di loro. Esiste tuttavia un'esigenza di coordinamento proprio ad evitare quelle diversificazioni di possibili interpretazioni che trovano invece nell'attività di coordinamento un'eliminazione.
La competenza della Regione è nello Statuto che tratta dell'autonomia e della partecipazione all'art. 2 e più specificatamente all'art. 4 quando parla dell'autonomia e dello sviluppo economico sociale e della programmazione. La Regione, avvalendosi delle proprie competenze, in concorso con lo Stato e gli Enti locali opera in particolare per realizzare il diritto al lavoro, la piena occupazione e la tutela dei diritti dei lavoratori. Lo abbiamo voluto noi, è la nostra legge e dobbiamo conseguentemente applicarlo. Il piano di sviluppo regionale è di competenza della Regione, in base all'art. 75 dello Statuto e certamente non pu essere squilibrato con determinazioni unilaterali. Si evidenzia l'urgenza di fare la legge prevista dall'art. 75 del nostro Statuto, che deve assicurare il concorso degli Enti locali e l'autonomo apporto dei sindacati dei lavoratori, delle organizzazioni di categoria, degli organismi economici e delle altre forze sociali.
Il prestigio e l'impegno personale del Presidente della Giunta Calleri ha raggiunto, nel settore dei problemi del lavoro, dei risultati come quelli della Magnadyne. Qualunque sia per essere la fine di questa realtà è indubbio che la Regione, con questa operazione, è intervenuta direttamente ed ha risolto un problema anche più grave di quello che non sia il quesito che si presenta oggi alla ribalta e ha dato con questo la prova e la misura della sua capacità, del suo diritto di intervento e dell'esercizio del dovere, ma sarà il programma, fatto legge, che non metterà più i singoli amministratori in condizioni di dovere un giorno fronteggiare delle situazioni da altri determinate, creando quel fatto compiuto che in uno Stato cosiddetto di diritto è tra le cose più avvilenti e mortificanti. Quel comunicato che tutti a suo tempo abbiamo letto, quel documento che è stato firmato a Roma il 23 giugno 1971 e che se non erro reca anche la sigla dell'allora Assessore al lavoro collega Consigliere Conti, è diventato né più né meno che uno "chiffon de papier"; è stato lacerato, distrutto unilateralmente, abbiamo sollevato delle proposte desideriamo che proprio il programma elimini il verificarsi in futuro di situazioni come questa. Se, come è stato chiaramente detto, il Vallesusa non può essere competitivo, lo si accerti, ma accertiamolo anche noi, lo si verifichi, si acclarino le eventuali responsabilità relative a questa non competitività e in un piano di reale ristrutturazione, non imposto, ma discusso, tenendo anche conto che gli operai e i loro figli mangiano ogni giorno e desiderano e vogliono farlo con dignità, guadagnandoselo e non elemosinando il soccorso della comunità. Nel programma entra anche la strutturazione dell'area che allarghi il discorso e lo porti al programma.
La Montedison Fibre Vallesusa afferma di aver persi due miliardi e 600 milioni nel '69, altrettanti nel '70, sei e mezzo nel '71, prevede una perdita di sette miliardi per quest'anno. E' una situazione che dobbiamo tenere presente. Si vuole rinverdire questa attività attraverso all'apporto privatistico, il quale avviene normalmente attraverso all'acquisto di azioni o alla sottoscrizione di obbligazioni. Ecco dove il punto della questione deve anche essere verificato. Come è possibile pensare oggi 1972, settembre, ad un rinverdimento del capitale azionario che ha avuto e che continuerebbe ad avere queste perdite attraverso al capitale privato se, come notizia di agenzia di questi giorni, hanno dimostrato che il risparmiatore che ha investito in titoli azionari in borsa dal 1961 si trova in tasca oggi non le cento lire sottoscritte, ma 23 di quelle lire? Allora bisogna che verifichiamo i punti di crisi nella globalità. E' chiaro che non si deve lavorare per perdere, che non si produce soltanto per il magazzino, ma per mettere sul mercato, ma per poter fare questo bisogna che insieme si discuta e si vedano le strade che si debbono seguire. Se è vero che la soc. Montedison perde praticamente un miliardo a giornata lavorativa, che ha un'esuberanza di personale di circa 20.000 unità, che ha stabilimenti vecchi e superati, molti anche male localizzati, allora bisogna che insieme, prima del definitivo fallimento, si vedano questi aspetti del problema e la Regione ha il dovere di farlo.
L'assemblea di oggi dovrà - ad avviso mio - farsi alcune risposte giungere ad alcune proposte. Perché sono stati chiusi questi stabilimenti e non altri? Quali ragioni ne hanno determinata la crisi e la conseguente chiusura? Perché si è arrivati ad un'improvvisa ed unilaterale decisione? Si può accogliere la richiesta formulata nel telegramma che il Presidente del Consiglio ritenne di inviare subito per la revoca dei licenziamenti e quanto meno per la sospensione dei medesimi, per poter discutere in condizioni di parità? Deve ritenersi valido il discorso-risposta che viene fatto attraverso alle comunicazioni ai giornali da parte della Montedison che non c'è più assolutamente niente da fare? Si è certi, oltre tutto, in subordine, che la Montedison non chiederà l'applicazione delle Leggi 1115 e soprattutto della 464 per la messa in cassa integrazione, con le conseguenze e le modalità che sono state predisposte? C'é la prospettiva oltre all'incremento del terziario e del terziario superiore, di un incremento industriale a tipo nuovo, in un piano comprensoriale per le valli? Il Consiglio della comunità montana della Valle di Susa, che tanto ha agito in questa direzione e che sta predisponendo il suo piano di valle esamina anche questo aspetto e lo propone alla considerazione di chi dovrà in sede regionale, redigere il piano completo del programma? Come concorre a questo progetto il Vellesusa nella spendita di quei venti miliardi di cui ha parlato, che sono a disposizione per risolvere il problema? Avevo accennato anche alla richiesta di dove sia questo "crogiuolo", alla necessità di sapere che cosa si intende dire quando si parla di "crogiuolo".
Ecco un argomento che interessa noi, la Regione, che ad un certo momento ha interessato anche il clero della Valle di Susa, venti delle 25 parrocchie della zona interessata hanno avuto domenica il messaggio di solidarietà, ma non soltanto di solidarietà, di protesta e di richiesta di una discussione a più alto o completo livello.
Signori Consiglieri, so perfettamente che con le sole parole non si curano né si eliminano i malanni, si può confortare ma non è l'essenziale e comunque assolutamente non basta. Così come non è sufficiente una pur giustificata e vibrata protesta. E' un momento estremamente delicato per l'Europa, per l'Italia, per il Piemonte. Noi abbiamo scritto nello Statuto ce lo siamo ripetuto molte volte, che è legato al nostro problema regionale piemontese vi è quello dell'Italia del sud. Non possiamo vedere unilateralmente neanche noi e limitatamente i problemi e le soluzioni in prospettive, dobbiamo vederci con sguardo proiettato nel futuro, ma per poter giudicare, per potere strutturare, programmare, bisogna conoscere e io ritengo che discutendo insieme quest'oggi si possano raccogliere elementi per una conclusione pratica. Telegrammi, anche a Roma, incontri convegni, scioperi, proteste, dimissioni di Consigli comunali, ordini del giorno più o meno vibrati servono e non servono, quello che deve invece veramente essere conclusivo è che il Consiglio Regionale, attraverso questo aspetto particolare, maturi le sue decisioni responsabilmente ponderatamente, arrivando a quella programmazione delle maglie strette della quale a nessuno sarà più possibile uscire perché sarà una violazione non di un patto intervenuto tra parti, ma di una legge che la Regione avrà dettato, nella responsabile consapevolezza di creare un destino e un avvenire migliore per l'intero Piemonte.
La parola all'Assessore Visone per la relazione tecnica.



VISONE Carlo, Assessore al lavoro

Signor Presidente, signori Consiglieri, il 5 ottobre 1965, com'è noto il Tribunale di Milano dichiarò il fallimento del Cotonificio Valle Susa.
Il complesso, allora, comprendeva 13 stabilimenti attivi e 2 inattivi.
Dei 13 attivi, 12 trovansi in provincia di Torino, ed esattamente nei Comuni di Collegno, S. Antonino, Borgone, Susa, Perosa, Lanzo, Strambino Mathi, Rivarolo, Bussoleno, Pianezza e S. Giorgio, ed uno a Trecate, in provincia di Novara. La forza complessiva dei dipendenti, al momento del fallimento, era di oltre 7.000 unità; più precisamente, alla data del 30.6.1965, era di 7.696 dipendenti, di cui 6.946 operai, 249 intermedi e 501 impiegati. Il fatturato lordo, nel 1964, era stato di L.
26.355.763.228. Settemila lavoratori si trovarono improvvisamente sul lastrico con la mancata corresponsione del salario relativo agli ultimi mesi di prestazione, oltre che della indennità di fine rapporto di lavoro e delle varie competenze maturate.
Il 29 ottobre 1965 il Tribunale autorizzò l'esercizio provvisorio protrattosi poi fino al 31/5/1966, data con la quale, in pratica, cessarono i rapporti di lavoro.
Nel contempo, erano state svolte lunghe trattative per affittare l'intero complesso, e finalmente, in data 16.12.1965, si pervenne ad un accordo con una Società di nuova formazione, la S.p.A. ETI (Esercizi Tessili Italiani) composta dalla Montecatini per il 20% (ancora non fusa con la EDISON), la Chatillon per il 20%, la Snia per il 20%, la Mediobanca per il 20%, la FIAT per il 10% e la Pirelli per il 10%.
Il 15.2.1965, la Società ETI assunse l'impegno della gestione del complesso fallito, firmando un contratto di affitto di 3 anni, dal 1/1/1966 al 31.12.1968, mentre la proprietà del complesso stesso restava all'attivo del fallimento. Venne data comunicazione che la nuova Società si sarebbe impegnata ad assumere, nei primi 6-8 mesi, il 75% degli operai e l'80 degli impiegati del Valle Susa ed inoltre avrebbe immediatamente provveduto al pagamento dei salari arretrati. Infatti, entro il dicembre 1965, la ETI pagò gli arretrati di salario in L. 914.000.000 ed entro il mese di agosto 1966 rimise in efficienza dieci stabilimenti, assumendo complessivamente circa 4.000 dipendenti (rimasero chiusi gli stabilimenti di Bussoleno Pianezza e Trecate).
Successivamente, nel febbraio 1970, avveniva l'acquisizione effettiva del complesso Valle Susa da parte della Soc. ETI, ed in pari tempo uscivano dalla Società la SNIA VISCOSA, la FIAT, la PIRELLI e la MEDIOBANCA, sicch il pacchetto azionario della Società stessa restava interamente al gruppo Montedison, nato nel frattempo dalla fusione fra la Montecatini e la Edison.
Purtroppo, in un comunicato stampa, emesso dall'ETI il 7 gennaio 1971 com'é noto, venne data notizia secondo la quale la ETI-VALLESUSA avrebbe iniziato una graduale riorganizzazione dell'intero complesso produttivo con specifico riferimento alle Tessiture di S. Giorgio Mathi e Rivarolo e alle filature di S. Antonino e di Lanzo.
Si parlava allora di un investimento di 2 miliardi e mezzo per concentrare la produzione in alcuni stabilimenti, ma si parlava altresì della chiusura di quelli di S. Antonino, Mathi e S. Giorgio. Inoltre, in una riunione svoltasi il 5.3.71 tra Regione, Ministero del Lavoro Sindacati eccetera emerse una tendenza della Montedison a realizzare un investimento di 13-15 miliardi per creare una tessitura come alternativa agli stabilimenti da chiudersi.
Agli inizi del 1971 l'ETI cambiava la propria ragione sociale in "Vallesusa Industrie Tessili", e nel corso dello stesso anno, essendosi registrata una perdita di quasi 7 miliardi, si sono verificati gli interventi previsti dall'art. 2447 del Codice civile, il quale dice testualmente che "se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al di sotto del minimo stabilito dall'art. 2327 (un milione), gli amministratori devono senza indugio convocare l'assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo, o la trasformazione della società".
La Montedison ha di conseguenza provveduto ad effettuare un versamento di quasi 10 miliardi che ha permesso la copertura della perdita di esercizio e di quelle precedenti, consentendo allo stesso tempo alla società di operare con un capitale sociale di 5 miliardi. Pare che anche per il 1972 sia prevista una ulteriore perdita di 7 miliardi, che determinerebbe la necessità di nuovi interventi sul capitale.
Quali i motivi di questa enorme perdita? Il dissesto finanziario frutto della irresponsabile gestione RIVA, non è stato il solo motivo che ha determinato la situazione, diventata sempre più grave, del Vallesusa: le condizioni precarie dell'assetto tecnico-produttivo, gli investimenti sbagliati, gli impianti obsoleti e gli indirizzi produttivi in buona parte superati avevano determinato una impostazione di politica aziendale che si era dimostrata assolutamente incapace di comprendere i problemi, le esigenze e le prospettive di un settore ormai aperto ad una concorrenza internazionale estremamente impegnativa e ad un progresso tecnologico particolarmente intenso.
Di qui l'esigenza di risolvere la pesante situazione ereditata dal fallimento Riva in due direzioni: risanamento finanziario dell'azienda e profonda ristrutturazione che consentisse al Vallesusa un bilancio attraverso impianti moderni ed efficienti al fine di permettere un più ampio e razionale impiego delle nuove fibre chimiche che nel frattempo si sono sempre più affermate e che hanno aperto nuovi settori di applicazione.
Le vicende del fallimento non permisero di affrontare la questione del Vallesusa in questi termini. Il problema dell'occupazione, che investiva naturalmente la totalità dei dipendenti, presentava aspetti realmente drammatici ed esigeva di essere affrontato con urgenza. Il potere pubblico e amministrativo, le forze politiche e sindacali sono intervenuti subito di fronte a un problema di tanta gravità ed ampiezza.
In data 23.6.1971 presso il Ministero del Lavoro si raggiunse un accordo in base al quale si stabiliva, per la Filatura di S. Antonino, per la Tessitura di S. Giorgio e per la Tessitura di Mathi, una serie di punti in base ai quali veniva assicurata l'occupazione per un determinato numero di dipendenti e veniva effettuato il trasferimento di altri.
Evidentemente, l'urgenza di iniziative che consentissero almeno di ridurre gli effetti negativi sull'occupazione si è rivelata, in pratica come semplice espediente in contrapposizione ad una vera e propria soluzione seria del problema del Vallesusa.
In data 26 gennaio 1972 ha avuto luogo a Milano, presso la Società Montedison stessa, un incontro tra la Giunta della Regione Piemonte e la Montedison, incontro che, com'é noto, era stato chiesto dalla Giunta Regionale su indicazione del Consiglio (mozione approvata nell'adunanza del 24 gennaio 1972). In quella occasione l'Assessore Petrini ha illustrato la mozione approvata dal Consiglio Regionale, esprimendo la viva preoccupazione della Giunta Regionale di fronte alla prospettiva che venisse ad aggravarsi una situazione economica ed occupazionale già particolarmente pesante. Per la Montedison il dott. Rivalta, dopo aver presentato la situazione della Società e la strategia generale che il Gruppo stava definendo, in ordine alle pesanti difficoltà del Vallesusa ha ribadito formalmente che non si prevedevano licenziamenti, anche se era da escludere un'espansione nell'occupazione, dovendosi "alleggerire gli organici", operazione che si pensava di compiere gradualmente, non sostituendo, sino a quando la situazione non sarebbe stata sanata, il personale che usciva dall'attività lavorativa. In quella stessa occasione il dott. Rivalta aveva aderito ad una specifica richiesta dell'Assessore Paganelli, assicurando di stabilire contatti continui con gli organi regionali per seguire l'evolversi della situazione e per esaminare insieme il piano di ristrutturazione per quanto riguarda la presenza della Montedison nella Regione piemontese.
Purtroppo, nonostante queste premesse, gli attuali amministratori del Vallesusa hanno deciso di intervenire con un programma di drastica ristrutturazione nel contesto della quale si inquadra la chiusura degli stabilimenti di filatura di Borgone e di Torcitura di S. Antonino. Il provvedimento, a detta della Società, si spiega proprio con la situazione di progressivo deterioramento della gestione a causa della obsolescenza e della dimensione insufficiente degli impianti, non rinnovati per oltre 7 anni. Per gli stessi motivi la Società ha annunciato anche la chiusura del reparto torcitura dello stabilimento di Rivarolo ed ha più volte ribadito la volontà di considerare irrevocabili i provvedimenti adottati.
L'annuncio della Montedison ha provocato l'immediata reazione dei lavoratori interessati: gli stabilimenti di Borgone e S. Antonino sono stati occupati dai dipendenti; la Giunta di Valle si è immediatamente riunita, minacciando le dimissioni per protesta dai Consigli Comunali.
L'Assessore al Lavoro, su mandato della Giunta Regionale, è subito intervenuto, ha promosso, fra l'altro, un incontro con i Sindacati e gli Amministratori locali, ed ha chiesto l'immediato intervento del Presidente del Consiglio, del Ministro dell'Industria e del Ministro del Lavoro, al fine di far revocare la grave decisione relativa alla sospensione dei 578 dipendenti degli stabilimenti di Borgone, S. Antonino e Rivarolo. La ferma protesta della Giunta è stata anche immediatamente notificata al Presidente della Montedison a Milano. Purtroppo, la richiesta di revoca, o almeno della sospensione della decisione di chiusura degli stabilimenti summenzionati è stata accolta negativamente dalla Montedison.
Quali sono, allora, le concrete possibilità di soluzione della crisi? Lasciando al Consiglio la possibilità di esaminare il problema in ogni suo aspetto, desidero solo aggiungere alcune notizie e considerazioni.
Le decisioni della Montedison sono particolarmente gravi per l'economia della Valle Susa, perché colpiscono ulteriormente l'occupazione.
I 578 dipendenti degli stabilimenti di Borgone, S. Antonino e Rivarolo sono ripartiti come segue: 1) n. 324 della filatura di Borgone - 2) n. 138 della Torcitura di S.
Antonino, i cui stabilimenti sono stati completamente chiusi. - 3) n. 116 del solo reparto Torcitura di Rivarolo (che così viene chiuso) su un totale di 1143 che costituiva l'intera forza dello stabilimento di detto Comune.
Detti dipendenti sono stati collocati in Cassa integrazione ai sensi della legge 5 novembre 1968 n. 1115, che, integrata dalla nuova Legge 464 recentemente approvata dal Parlamento, prevede per i dipendenti interessati, dopo l'emanazione del relativo decreto interministeriale, un trattamento pari all'80% della retribuzione globale netta per un periodo di tempo che può essere prorogato fino al momento dell'avvio al lavoro in attività sostitutive.
Il problema immediato che ci si pone, oltre quello diretto della salvaguardia del posto di lavoro dei lavoratori colpiti da questi provvedimenti, è anche quello dello sviluppo economico della Valle di Susa della creazione di nuovi posti di lavoro, della inversione di tendenza di un processo di degradamento di questa zona del Piemonte.
Da parte della Montedison è stata ribadita la volontà di effettuare nuovi investimenti per garantire l'ammodernamento degli impianti del Valle Susa. Si parla di venti miliardi nei prossimi tre anni per permettere il rinnovo completo degli impianti di filatura e di tessitura, la concentrazione delle filature e la sostituzione dei telai a navetta tradizionali con telai ad acqua a maggiore produttività.
Una recente dichiarazione dell'Amministratore delegato della Montedison Fibre ha ribadito la volontà della società di sviluppare gli stabilimenti di Collegno, Lanzo, Strambino, Susa, Rivarolo e Mathi (ha taciuto sugli altri) ed ha accennato alla creazione di una nuova unità per il settore filatura, frutto di ricerche della Montedison in collaborazione con aziende internazionali. A questi investimenti dovrebbe aggiungersi "una seconda unità completamente nuova, che si occuperà della sola tessitura di prodotti per la casa e per l'arredamento ed una terza unità riguardante la stamperia".
L'intero piano dovrebbe svilupparsi in tre anni. Da parte nostra, ci impegneremo per indurre la Società ad accelerare al massimo i tempi di realizzazione.
Nulla è dato sapere, però, dalla Montedison per quanto riguarda il riassorbimento della mano d'opera, anche se è chiaro che i dipendenti posti oggi in Cassa integrazione avranno la precedenza nelle assunzioni. E' evidente, però, che quest'ultima assicurazione non ci può bastare.
La Montedison insiste da tempo sulla necessità di chiudere i punti di crisi per far fronte ad una situazione economica del Gruppo che è di estrema gravità. La chiusura dei punti di crisi, anche se può rispondere ad una logica di concentrazione delle unità produttive per renderle più competitive, apre il problema di predisporre investimenti sostitutivi nelle aree dove sorgono le unità che la Montedison intende chiudere.
Il problema è particolarmente grave per quanto riguarda la Montedison in Piemonte. Molti punti di crisi, infatti, sono proprio nei settori delle fibre e delle trasformazioni tessili, ed hanno sede nella nostra Regione.
La Montedison ha sottolineato che essa dispone solo in misura limitata della possibilità di effettuare investimenti sostitutivi. E queste affermazioni, anche se sono comprensibili nella logica di una società che vuole riconquistare una competitività perduta da tempo, sono fonte di grave preoccupazione per noi.
Il problema riveste carattere nazionale e come tale dovrà essere affrontato anche dal Parlamento, nelle indagini conoscitive sulla Montedison e sull'industria chimica che si apriranno tra pochi giorni, e dal Governo.
Da parte nostra, faremo presente con il massimo vigore agli organi nazionali che la ristrutturazione della Montedison non si può compiere sulla pelle del Piemonte. Se le esigenze economiche nazionali richiedono che la Montedison riduca il numero delle sue fabbriche e si concentri nelle attività che possono restituire al Gruppo un equilibrio economico, se le direttive politiche richiedono che il nuovo impegno della Montedison sia orientato soprattutto verso il Mezzogiorno, noi non potremmo certo opporci in base ad una logica di campanile, ma questo non deve avvenire a scapito degli attuali livelli di occupazione della nostra Regione.
Con uguale fermezza diciamo, quindi, che la programmazione nazionale dovrà fare tutto quanto in suo potere per favorire la creazione di nuovi posti di lavoro che riassorbano immediatamente la mano d'opera resa disponibile.
In conclusione, voglio ribadire la piena solidarietà della Giunta regionale ai lavoratori colpiti dai provvedimenti di chiusura di opifici agli amministratori locali della Valle di Susa: la Giunta farà tutto quanto è in suo potere per favorire lo sviluppo economico della Valle.



PRESIDENTE

Pregherei il Consigliere Segretario Gerini di dare lettura del verbale dell'adunanza straordinaria del Consiglio di Valle, che mi è stato recapitato questa mattina con preghiera di informare il Consiglio.



GERINI Armando, Segretario

"Comunità montana Bassa Valle di Susa e Vale Cenischia. Adunanza straordinaria del Consiglio di Valle del 2 settembre 1972.
Oggetto: Stabilimenti del Cotonificio Valle di Susa. Esame situazione dopo i licenziamenti. Documento conclusivo dei lavori.
Il Consiglio di Valle, esaminata la grave situazione dell'occupazione nella Valle di Susa dopo la chiusura degli stabilimenti di Borgone e S.
Antonino, constata di trovarsi di fronte ad un inaccettabile atto di forza della Montedison, che sconvolge completamente la vita e l'economia di tutta la comunità. In presenza di una non chiara posizione del Governo, ritiene pertanto sia necessario agire con fermezza ed a fianco dei lavoratori in lotta da parte di tutte le forze locali, provinciali e regionali per modificare tali decisioni e garantire comunque i livelli occupazionali.
Richiede l'immediata revoca delle chiusure, che vengano discussi i piani generali della Montedison, che tali piani non contrastino con l'esigenza di sviluppo dell'occupazione nella zona.
In tal senso, con voti unanimi delibera di richiedere alla Regione: 1) di far proprie le richieste del Consiglio di Valle e delle organizzazioni sindacali 2) che organizzi entro una settimana un incontro con tutti i parlamentari piemontesi 3) che promuova un rapido incontro diretto con il Presidente del Consiglio dei Ministri 4) che promuova inoltre, contemporaneamente all'assemblea nazionale dei delegati di fabbrica Montedison, un convegno interregionale di tutti i Comuni, le Province e le Regioni ove abbiano sede stabilimenti Montedison al fine di concertare una comune linea di azione che contrasti il prepotere della società e serva a far chiarire da parte del Governo la sua posizione.
Delibera inoltre di invitare tutti i Consigli comunali della Valle a dare, sentite le popolazioni amministrate, le dimissione dalla carica unitariamente e contemporaneamente qualora le autorità competenti non garantiscano uno sbocco favorevole al problema; di dare mandato alla Giunta ed alla Presidenza di valle di assumere tutte le iniziative che si rendano necessarie per concretizzare le decisioni del Consiglio".



PRESIDENTE

La discussione è aperta. Ha chiesto di parlare il Consigliere Sanlorenzo. Ne ha facoltà.



SANLORENZO Dino

Signor Presidente, signori Consiglieri, se dobbiamo rispondere alle attese che vi sono per questa seduta del Consiglio Regionale fra i lavoratori, fra i sindacati, anche nelle altre Regioni in cui vi sono stabilimenti Montedison, credo che dovremo concludere questi nostri lavori con un documento, certo, ma anche con atti concreti, con impegni che siano a livello delle questioni che sono in discussione con questo problema.
Noi dobbiamo, come Gruppo comunista, qualche motivazione in più di quelle che abbiamo espresso nella lettera con la quale richiedevamo la convocazione straordinaria del Consiglio. In effetti, la questione l'abbiamo vista non solo sotto l'aspetto della gravità dell'atto che era stato commesso e per il fatto che interessava 578 lavoratori, una intera valle del Piemonte. Questa è certamente la motivazione prima, la più grave.
L'abbiamo chiesto perché venticinquemila lavoratori chimici in Piemonte stanno guardando a come si risolverà questa questione, per riuscire a comprendere quale sarà la loro sorte di lavoratori del complesso. Ma credo che dobbiamo aver presente tutti quanti che stiamo avvicinandoci, per effetto di manovre, e anche di atti che si assommano, al momento cruciale della questione Montedison nel suo complesso, tanto che possiamo quindi individuare la soluzione del problema non in una questione prevalentemente tecnica, anche se c'è questo, non in una questione che possa essere risolta dalla sola azione dei Sindacati, anche se questa è indispensabile per creare i presupposti perché il problema sia risolto positivamente. Né la questione è essenzialmente finanziaria, anche se la dimensione dei problemi finanziari che sottintendono tutto il problema della Montedison è, come sapete, enorme. La questione è problema regionale, ma anche problema nazionale, e oggi è problema, prima di tutto, politico. Cioè, si scioglie il nodo della Montedison e si avvia a soluzione il problema del Vallesusa il problema regionale se si dà una soluzione finale alla questione che è un grande bubbone, dello scontro, del confronto politico nel nostro Paese, e che adesso non può più sopportare rinvii. Possiamo quindi legittimamente dire, pensare e soprattutto operare per fare in modo che una risposta chiara e definitiva a questa questione si abbia entro i prossimi mesi. E qui viene fuori quindi il valore di questo nostro Consiglio Regionale, che va visto anche in relazione a ciò che noi abbiamo fatto finora sul problema dell'industria chimica in Piemonte.
Noi non siamo una Regione che scopre oggi il problema della Montedison: abbiamo discusso più volte di questo problema, anche prima che venissero annunciati i provvedimenti che la Direzione della Montedison intendeva prendere. Quindi, noi dobbiamo discutere ciò che dobbiamo fare, ma anche far mente a quello che abbiamo già fatto, e vedere, forse gli interrogativi del perché, malgrado quanto abbiamo fatto, le cose siano arrivate al punto cui siamo e ci troviamo di fronte ad un gioco più grande di noi, nel quale dobbiamo intervenire con tutta la nostra forza, e nella direzione giusta.
Noi dobbiamo trarre, cioè, un bilancio di ciò che abbiamo già compiuto perché se non trovassimo da questo bilancio le vie per incidere più efficacemente nella situazione in gioco, cari colleghi, vi sarebbe la credibilità della Regione, la credibilità di tutto il nostro discorso sulla programmazione regionale, locale, comprensoriale, che pure stiamo avviando.
Non possiamo accettare la posizione di chi nei confronti delle nostre insufficienze tenta di coinvolgere la Regione nella crisi generale dello Stato. Noi dobbiamo avere sempre ben presente la discriminante fra ciò che deve essere dato di responsabilità ai gruppi politici, agli organi singoli della Regione, e ciò che deve essere dato, se c'è da darlo, alla Regione nel suo complesso. Perché siamo in una fase costituente, e il pericolo di arrivare ad affossare il bambino invece di buttar via l'acqua marcia è un problema che deve essere ben a cuore a noi, alle forze politiche, alle forze sindacali, a tutti i lavoratori della nostra Regione. Quindi precisione della diagnosi, precisione nel bilancio su ciò che abbiamo fatto.
Qualche accenno a questo bilancio c'é nella relazione tecnica dell'Assessore Visone. Vorrei farlo anch'io, questo bilancio, ma in chiave di precisazione di tutti gli elementi del problema, per individuare ciò che eventualmente abbiamo sbagliato nel non fare e sapere ciò che dobbiamo fare, domani e nei prossimi giorni.
Ho già detto che ci siamo occupati più volte del problema della Montedison. Ce ne siamo occupati a gennaio addirittura in un modo che ha sorpreso forse i Consiglieri, nel senso che non si capiva perché il problema della Montedison dovesse avere tutta quella dimensione che ad esso si era attribuito con la presentazione di una mozione da parte dei Gruppi della sinistra. In effetti, fu abbastanza casuale l'approccio al problema e derivò dal fatto che la Bemberg, complesso non Montedison, aveva in corso un'azione di licenziamenti e che il ministro Donat-Cattin aveva rivelato in una riunione con i sindacati a Vercelli, che erano in discussione migliaia di licenziamenti nel settore chimico in Piemonte. Sulla base di questa indiscrezione, di un semplice pour-parler, non di un atto, non di un documento, né della Montedison, né del Governo, né di alcuno, avviammo in questo Consiglio Regionale la discussione. E che cosa ne emerse? La decisione di promuovere un incontro della Giunta Regionale con la Montedison. All'incontro si andò e dall'incontro uscì un documento, a parte tutte le cose già dette: vi si diceva che: "Per parte sua, la Società Montedison ha sottolineato come in Piemonte si trovino localizzate lavorazioni che rientrano nei settori ritenuti prioritari della Società stessa ed ha quindi escluso licenziamenti e smobilitazioni dei suoi impianti".
Questo é, sì, un documento fatto dalla Giunta, ma poiché nessuno l'ha mai smentito debbo pensare che rifletta ciò che in quella sede è stato detto. Ecco allora qui un primo punto consegnato agli atti di differenziazione profonda fra le cose dette, fra un impegno assunto, ed i fatti successivi.
Passano due mesi e si arriva nuovamente a sollevare il problema in Consiglio Regionale, nuovamente su iniziativa del nostro Gruppo. Dico questo perché siamo tutti qui in Consiglio Regionale, ma ognuno deve prendere la sua parte di responsabilità: l'opposizione ha la responsabilità di come conduce l'opposizione, e se abbiamo sbagliato in questo campo lo si dica pure; la Giunta ha la sua, perché è Giunta esecutiva e di Governo, il Governo, la Montedison, tutti devono avere ben chiaro che a questo punto si impone ben chiaramente trarre un bilancio sulle cose che abbiamo fatto e su come le abbiamo portate avanti. Il nostro Gruppo, dicevo, ha riproposto la questione sulla base di un qualche cosa di nuovo: non un documento mandato per esempio, dalla Montedison alla Regione per informarla ufficialmente circa i suoi intendimenti in Piemonte (questo documento non arrivò mai) una intervista, invece, apparsa sull' "Espresso" del 26 marzo '72 di un collaboratore di Cefis, Carmelo Ugoccione. Ad un certo punto, il giornalista dell' "Espresso" rivolge una domanda all'assistente di Cefis: si arriverà al licenziamento in massa di questi tredicimila dipendenti oppure no? Risposta: Assolutamente no; con la presentazione dello studio sui punti di crisi la Montedison non ha inteso aprire la procedura per il licenziamento di tredicimila lavoratori, ma richiamare l'attenzione delle autorità politiche e delle organizzazioni sindacali su una situazione obiettivamente grave. Aggiungeva ancora: la crisi di questi stabilimenti non è dovuta ad esuberanza di personale ma alla obsolescenza ed alla antieconomicità degli impianti. Dunque, in altre direzioni doveva essere cercata e trovata la soluzione dei problemi che esistevano.
Era un documento, una intervista che, seppure scorretta rispetto alla prassi, appena instaurata nella nostra Regione, di avviare un rapporto, un confronto con la Montedison progressivo, perché almeno queste cose avrebbero dovuto comunicarcele attraverso documenti, tuttavia era una dichiarazione che lasciava intendere che il confronto lo si voleva su quel piano.
Questo succedeva il 26 marzo. Passano alcuni altri mesi, nel corso dei quali vi sono sollecitazioni del Gruppo comunista a tenere la conferenza per il settore chimico. Queste nostre sollecitazioni affinché la Conferenza si svolgesse prima della consultazione elettorale erano dirette - credo l'aveste capito voi tutti - dalla considerazione che il problema ha un aspetto politico fondamentale, per cui non poteva e non potrà mai essere risolto solo a livello regionale: è un nodo da sciogliere della politica nazionale. E provocare un impegno delle forze politiche prima delle elezioni era un modo per aumentare la capacità contrattuale della Regione nostra nei confronti del problema dei chimici. E' stata fatta dopo, ma è stata cosa diversa da quella che si sarebbe potuto fare prima, perché il problema è politico: bisognava far pronunciare le forze politiche prima non dopo.
La Montedison si era impegnata a realizzare quell'altra parte del documento in cui si diceva: esaminare insieme con gli altri organi regionali il piano di ristrutturazione per quanto riguarda la sua presenza nella Regione piemontese. Questo piano l'avete visto voi? E' stato consegnato alla Giunta Regionale piemontese? Credo di no, perché se fosse stato consegnato sarebbe stato parte integrante della discussione della Conferenza regionale chimica. Dunque, sono passati otto mesi e questo piano non è mai stato presentato. Si legge sui giornali, si sente parlare di grosse cifre: venti miliardi, dice la Montedison; e il Governo, da parte sua: duemila, quattromila, seimila miliardi....L'economia è diventata la via d'uscita dei problemi della politica economica italiana: sparare prospettive e illusioni di investimenti di migliaia di miliardi; così la gente dice: adesso le cose sono gravi, ma in avvenire la situazione cambierà.
Il piano non arriva. Eppure c'era l'occasione della Conferenza chimica per farlo arrivare. Viene però un personaggio della Montedison. La Montedison, che è latitante per quanto riguarda l'attuazione concreta degli impegni che si è assunta, si presenta il 23 giugno '72 alla Conferenza nella persona di un suo rappresentante, che si dilunga a fare la storia di tutta la chimica internazionale (tutti si atteggiano a grandi esperti: il problema è così vasto che si può dire tutto quel che si vuole, tirando in ballo gli Stati Uniti, l'Unione Sovietica, l'Inghilterra e via dicendo) definendo il problema grave, enorme, di estrema difficoltà.
Badando però al concreto, l'unico fatto reale è questo: che il giorno prima della Conferenza, alla Farmitalia sono cominciate le sospensioni dei lavoratori. E nel mare di parole udite in quella conferenza - d'altronde da noi stessi voluta e provocata, come interessante ed utile confronto sul piano teorico, sul piano politico - non si può considerare di grande contributo l'intervento dell'on. La Malfa Giorgio, anche se lui solo sulla terra può vantare di essere figlio di un padreterno, come Gesù Cristo tendente ad accreditare la tesi secondo cui della situazione della Montedison sono responsabili sullo stesso piano i lavoratori e la Direzione della Montedison stessa.
A proposito dell'episodio della Farmitalia, il summenzionato personaggio della Montedison, ci fa questo discorso: si tratta di un incidente che si risolverà, le cose non stanno come le denunciano i sindacati, è sempre valido il discorso fatto a gennaio sulla piena disponibilità a discutere, esaminare, affrontare.
Passa poco più di un mese, e la Montedison, prima ancora del fatto del Vallesusa, avvia la procedura di licenziamento per i lavoratori di altre cinque aziende, in Liguria e in Toscana. Ai primi di agosto comunica al Governo l'intenzione di fare la stessa cosa in Piemonte (noi l'abbiamo appreso successivamente, dalle indiscrezioni lasciate trapelare da Donat Cattin e non smentite, di cui, tutto sommato, il comunicato di Taviani di ieri sera finisce con l'essere la conferma, come vedremo), e subito dopo licenzia 578 persone. Quindi, a distanza di pochi giorni, manda dei "missi dominici" a tutti gli esponenti dei partiti, al Presidente del Consiglio certamente anche ai vari componenti la Giunta (sono venuti anche da me), a spiegare, a cose fatte, il provvedimento: essi si richiamano a tutta la storia dell'industria chimica nazionale, internazionale, mondiale investimenti, difficoltà eccetera, e assicurano per il futuro, per il prosieguo dei rapporti piena disponibilità a discutere di investimenti, di localizzazione degli investimenti, a dare suggerimenti su quello che c'è da fare, a patto che non si ponga in discussione il problema della revoca dei licenziamenti.
E' per il meno singolare siffatto comportamento della Montedison doppiamente inaccettabile per il fatto che su di essa, che è un'azienda mista, ma con prevalenza di capitale pubblico, lo Stato dovrebbe avere possibilità di controllo. Si viene a configurare pertanto una situazione assurda, nel senso che il potere pubblico, che avrebbe la possibilità di controllare ciò che fa questo complesso, diventa complice, artefice supporto della politica svolta da questa azienda e degli esiti negativi generati da questa politica, dei licenziamenti, quindi, decisi senza render conto ad alcuno, addirittura arrivando al grottesco di rendere edotta la Regione di un fatto compiuto attraverso - raffinatezza della sinistra D.C.
un dipendente che è anche esponente del potere pubblico, precisamente un Consigliere provinciale. E' incredibile ma vero: nel nostro Paese c'è gente che prende decisioni di questo genere, e, dopo averle poste in atto, manda non un esponente del gruppo dirigente industriale ma un esponente pubblico addirittura appartenente al partito di governo, a darne notizia.
Prendiamo ora in esame il comportamento del Governo, per valutarlo. La dichiarazione da lei rilasciata ai giornali, signor Presidente del Consiglio (non mi riferisco ai telegrammi mandati, che vanno bene entrambi), o almeno l'interpretazione che ne hanno dato i giornali, per intenderci quella apparsa sulla "Gazzetta del Popolo" è un po' simile a quella della lettera di Taviani di stamani, perché, tutto sommato, lascia capire che dobbiamo considerare come un elemento positivo la promessa da parte della Montedison di discussioni ulteriori con la Regione Piemonte fatto salvo il principio che i licenziamenti già decisi devono essere considerati irreversibili. Lei questo non l'ha detto, ma lo si deduce dal testo del discorso: che la Montedison si disponga per il futuro ad una trattativa globale a livello regionale, pur lasciandosi alle spalle una situazione di disagio che noi ci auguriamo invece venga eliminata e contenuta, sarebbe già un qualcosa per le prospettive avvenire. Ebbene questo è un primo punto sul quale noi prendiamo netta posizione: per noi questo non è qualcosa, la Regione non deve accettare trattative di questa natura e rapporti di questo genere con la Montedison; si è cercato un rapporto programmatico nuovo con un grande ente come la Montedison, ma se è questo il rapporto che i dirigenti dell'azienda intendono stabilire dobbiamo intanto condannarli per quanto hanno fatto e poi dire che non saremo più tanto condiscendenti in futuro, non discuteremo domani il futuro dei punti di crisi della Montedison fino a che rimarrà irrisolto un problema come questo: per una questione di principi, una questione su cui si gioca la nostra credibilità programmatoria, si gioca tutto, il piano di sviluppo regionale, il rapporto con i grandi enti economici, e via di questo passo. E lo si gioca in un momento come questo, signor Presidente della Giunta, nel quale lei sta per mandare a tutti i Comuni del Piemonte un documento in cui si chiede che si pronuncino, che esprimano il loro parere.
Quale parere possono esprimere i Comuni? Sono certo che risponderanno come il Sindaco di Sant'Antonino - il quale ha fatto queste considerazioni prima ancora di riceverlo - al documento che la Giunta manderà in ottemperanza alle decisioni che abbiamo assunto in questo Consiglio Regionale circa la consultazione sul Piano regionale. Diranno questo: dieci anni fa, in questo paese c'erano 2300 abitanti e 3600 posti di lavoro, e poiché la mano d'opera scarseggiava nel 1962, al tempo dei Riva, furono importati dal Sud 120 lavoratori, dapprima alloggiati in baracche, poi offertasi loro la possibilità di trovare un'abitazione più idonea installatisi qui con le loro famiglie. Ora la percentuale fra abitanti e posti di lavoro si è capovolta: un migliaio di posti per 3500 persone, e molti dei lavoratori immigrati sono rimasti senza lavoro. Le possibilità di lavoro diminuiscono, aumentano gli abitanti, i Comuni si impoveriscono mentre si accrescono le esigenze per una vita civile, moderna, umana. E' inutile che ci mandiate ottocento pagine di Piano regionale, illustrando come dovrà essere la Regione fra un anno, fra due, fra tre, quattro cinque. Se non siete in grado di indirizzare verso una soluzione razionale seria, il problema che la Montedison ha aperto in questa maniera, questi documenti, pur interessanti, che attengono al futuro, non ci aiuteranno certo a risolvere la situazione contingente.
Il Governo conosce, e non da oggi, in tutti i dettagli, la situazione della Montedison. Anche i Governi precedenti (mi consentano di dirlo i compagni socialisti) hanno gestito la crisi della Montedison, e la battaglia furibonda che si è aperta in tutti questi anni su di essa è passata all'interno di ogni partito, di ogni corrente di partito. Il partito dominante, non dico il partito dirigente, non può assolutamente sfuggire, in un momento come questo, alle responsabilità che ad esso competono per il fatto che tutti gli uomini che hanno avuto a che fare con la soluzione del problema Montedison appartengono o all'una o all'altra corrente della Democrazia Cristiana. Forse che Cefis è amico dei comunisti? Che Girotti appartiene al Partito socialista italiano, alle sinistre? I ministri del Bilancio e delle Partecipazioni che si sono susseguiti in Italia sono stati elementi di sinistra? Sono stati invece della Democrazia Cristiana. E il fatto che finora non sia venuta una risposta precisa su tutta questa questione non è colpa dello Stato, del Parlamento, ma della Democrazia Cristiana, che non si decide a fare una scelta per non rompere all'interno determinati tipi di equilibrio. Per questo la questione è così difficile, così grave, per questo bisogna qui arrivare al suo nocciolo politico, anziché farsi paravento la Regione dello Stato, come il Comune della Regione, cercando di attenuare in questa discussione sugli istituti responsabilità politiche precise.
Negli ultimi mesi, insieme a questa questione, che rappresenta il sottofondo di tutto, si è sviluppata una indegna gara di gruppi di pressione per dare una soluzione piuttosto che un'altra al problema della Montedison. La Montedison presenta i conti e chiede l'intervento del denaro pubblico, pretendendo che la sua ristrutturazione passi attraverso tipi di finanziamento che essa stessa decide avocando a sé il ruolo dirigente in tutta la vicenda, e si svolga senza inframmettenze dello Stato, senza controllo pubblico, sulla base di piani predisposti da Cefis.
L'ENI, pure controllato dallo Stato, presenta i suoi programmi. Orbene di fronte all'iniziativa della nostra Regione di indire, prima in Italia una Conferenza regionale chimica per mettere a fuoco i problemi dei rapporti di programmazione che devono intercorrere fra il nuovo ente che nasce e la struttura dello Stato, quale atteggiamento assumono sia l'ENI che il Governo? Non si prendono cura di inviare alcun rappresentante neanche in veste di osservatore. Interviene solo la Montedison, attraverso Cefis, per far sì che la Regione l'assecondi nelle scelte che essa ha già fatto. Il confronto così non può aver luogo, neanche quando la Regione ha preparato il terreno idoneo per provocarlo. Neanche la relazione dell'Assessore Paganelli, da questo punto di vista pregevole, perché pone con chiarezza e correttamente il problema pregiudiziale di fondo, della necessità dell'intervento del Governo, del Parlamento, nella costruzione di una politica di programmazione, induce le autorità governative a venire ad un confronto, anche se a Roma non si ignora che in Piemonte vi sono tutti questi punti di crisi e che il sistema preferito dalla Montedison è proprio quello di arrivare a discutere anche con il Governo dopo aver gettato sul piatto della bilancia tutta una serie di licenziamenti.
Terzo protagonista della vicenda, il gruppo SIR, privato, questo, che a sua volta preme su tutti gli organi della programmazione, del Governo, per ottenere finanziamenti, naturalmente in denaro pubblico. Questo è il punto comune a tutti: la richiesta di ingenti, spropositate somme di denaro pubblico per portare avanti una politica che sovente si constata concorrenziale fra i vari gruppi, al di fuori di qualsiasi scelta programmatoria che faccia prevalere l'interesse generale rispetto all'interesse di parti in concorrenza (gli insediamenti industriali dell'industria chimica sono, ad esempio, nettamente in concorrenza l'uno con l'altro).
La responsabilità del Governo è poi aggravata dagli ultimi fatti. Viene a sapere ai primi di agosto ciò che sta per capitare, ma non dice niente, e quando viene pescato.....con le mani nel sacco cerca di negare. Lo conferma la dichiarazione rilasciata da Taviani praticamente nel testo di una lettera a Cefis nella quale gli chiede per il futuro di avvertirlo prima di contrattare prima i licenziamenti che intende fare; precisando che lo invita, "anche in considerazione dei problemi posti dalla recente chiusura di tre stabilimenti Vallesusa, a subordinare ulteriori provvedimenti di questo genere a precise intese sui programmi di ristrutturazione o di riconversione e sul mantenimento dell'occupazione". Con quell' "ulteriori" praticamente ammette che ormai si considerano irreversibili i licenziamenti alla Montedison. Ciò lascia intendere che l'azienda è stata autorizzata a licenziare, sia attraverso un contatto che la Montedison ha avuto con il Governo ai primi di agosto, sia attraverso una legge, quella della proroga della cassa integrazione che si è tradotta praticamente in una licenza di licenziare offerta a tutti i gruppi industriali italiani sotto il pretesto della ristrutturazione.
E veniamo adesso alla Giunta Regionale, perché un bilancio si impone anche sull'attività della Giunta Regionale. Non sarà certo contestato da noi, o criticato, il fatto che su questo argomento il Consiglio abbia discusso e un rapporto con la Giunta - un rapporto dialettico, di confronto si è stabilito. Non saremo certamente noi a dire che la Conferenza chimica non si doveva fare: abbiamo anzi spiegato che avrebbe dovuto essere fatta prima, per accrescere ulteriormente il potere contrattuale. Dobbiamo rimproverare alla Giunta, invece, di non aver tallonato la Montedison dopo l'incontro di gennaio e dopo la Conferenza chimica, prevedendo quali armi avrebbe tentato di utilizzare la Montedison, per esigere questo confronto ed impedirle di giocare la carta dei licenziamenti. E fra i rilievi da muovere alla Giunta ne ho uno esplicito e preciso, che con estrema chiarezza e con lealtà - credo che questo sia l'unico modo per discutere seriamente qui dentro - devo rivolgere al Presidente della Giunta.
Credo che il Presidente della Giunta abbia avuto nei confronti di tutta questa vicenda che investe il settore chimico un atteggiamento di riserbo direi di disaffezione. E' un riserbo che va superato nei prossimi giorni.
Il Consiglio indica la necessità di un incontro fra il Presidente della Giunta e il Presidente della Bemberg, Costa? Il Presidente della Giunta ritiene di far bene a tenersi su una linea di riserbo, tanto da non farne niente: così, l'incontro non avviene; e i lavoratori della Bemberg lo stanno ancora attendendo. Il Presidente vede che la Regione Piemonte convoca la Conferenza chimica? Tiene un atteggiamento così riservato che non si fa nemmeno vedere per tutta la durata del convegno, delegando l'Assessore Visone a rappresentarlo. Ma l'Assessore Visone è un tecnico (non ha fatto una relazione tecnica? ), mentre la soluzione dei problemi è politica, talmente politica che investe la direzione della Democrazia Cristiana. L'Assessore Visone è encomiabile, gira l'Italia a destra e a manca, ma è da discutere se il Governo italiano nel suo complesso abbia la capacità di risolvere il problema della Montedison. E' chiaro che qui dobbiamo per lo meno andare ad una responsabilizzazione del massimo esponente della Regione Piemonte, che è anche autorevole esponente della Democrazia Cristiana, perché il presidente Calleri è anche membro della Direzione nazionale della Democrazia Cristiana.
C'è un punto che mi lascia perplesso nel documento, che per il resto condivido in pieno, del Consiglio di valle: la richiesta finale di un impegno di tutti i componenti dei Consigli comunali a dimettersi nel caso che le cose non si risolvessero nel senso da noi auspicato. D'accordo, vuol essere la dimostrazione di una presa di coscienza della gravità del problema, della consapevolezza dell'importanza della posta in gioco. Ma io dico: perché dovrebbero dare le dimissioni i Consiglieri comunali? Le dia il Ministro del Bilancio, le minacci il Presidente della Giunta regionale le dia il Governo. Perché dovrebbero darle proprio i componenti dell'unico organismo che funziona, dell'unica cellula dello Stato che, con tutti i suoi difetti, rappresenta un momento di democrazia, di organizzazione della lotta? Io credo che i Consigli comunali debbano rimanere in carica, a lavorare e a lottare fino a che questo problema sarà risolto bene nell'interesse dei Comuni, della Valle, della Regione e del nostro Paese.
Il riserbo di prima deve trasformarsi in una precisa assunzione di responsabilità nei prossimi giorni, che la Giunta deve portare avanti insieme al Consiglio, insieme ai Gruppi, ai Sindacati, ma che io chiedo sia il Presidente della Giunta a portare avanti in prima persona.
Per dare concretezza a questo discorso, il Gruppo comunista propone come base di discussione di questo Consiglio Regionale, ed anche come proposta per la conclusione dei lavori, un ordine del giorno che potrebbe suonare in questi termini: "Il Consiglio Regionale del Piemonte, di fronte ai licenziamenti decisi dalla Montedison negli stabilimenti del Valle di Susa, considera inammissibile il comportamento della Direzione Montedison, che ha violato tette le intese intercorse con la Regione denuncia la responsabilità del Governo sia per avere di fatto autorizzato i licenziamenti sia per i continui rinvii nella definizione di una linea di intervento sulla politica di un complesso nel quale la presenza dello Stato è così rilevante.
Di fronte alla situazione venutasi a creare, il Consiglio Regionale mentre esprime il suo consenso e il suo sostegno alle deliberazioni dei Comuni, alle volontà espresse dal Consiglio di Valle, alla lotta responsabile dei lavoratori, che non difendono solo il loro posto di lavoro o le condizioni di assetto civile, sociale, economico di una valle, ma irrinunciabili questioni di principio per una corretta politica di programmazione locale, regionale e nazionale, riafferma che la revoca dei licenziamenti è condizione necessaria per proseguire un corretto confronto con la Montedison, e pertanto impegna la Giunta ed il suo Presidente: 1) a richiedere e ottenere (sottolineo che questo verbo è stato qui inserito per significare che qualora il Presidente del Consiglio, che d'altronde dovrebbe avere un debito di riconoscenza nei riguardi del dott.
Calleri, per avergli aperta la strada alla elezione, con la sua Giunta di centro-destra, non volesse aderire all'incontro, il Presidente della Giunta non dovrebbe considerare chiusa la questione ma dovrebbe fare una dichiarazione ai giornali chiedendo la riunione della Direzione nazionale della Democrazia Cristiana) entro il 10 settembre (le date hanno una loro ragione, che preciserò in seguito) un incontro con il Presidente del Consiglio per esprimere la protesta di tutta la Regione e la richiesta di revoca dei licenziamenti 2) a convocare per lunedì 11 il Presidente della Giunta, i parlamentari piemontesi, anche in previsione della riunione della Commissione Bilancio e Industria della Camera, indetta per il 21 e il 22 settembre (perché in quella riunione della Commissione Bilancio e Industria della Camera vi sarà il confronto fra Montedison, Parlamento e forze politiche, e noi dobbiamo sapere quale posizione assumeranno in quella circostanza i parlamentari piemontesi. Questo rapporto nuovo che si stabilisce fra i rappresentanti piemontesi nel Parlamento nazionale e la Regione ha da essere verificato su tutti i punti importanti e qualificanti: ognuno può dire quello che vuole ma anche l'on. La Malfa Giorgio deve venire lunedì a dirci se, di fronte alla nuova situazione, continua a pensare che i problemi stiano nello stesso modo in cui stavano quando ha partecipato alla Conferenza regionale) 3) a indire entro il 20 settembre un Convegno interregionale di Comuni Enti locali, organizzazioni sindacali, consigli di fabbrica di tutte le Regioni interessate sedi di stabilimenti della Montedison".
Qualora questa dizione non fosse sufficientemente chiara, bisognerebbe chiarirla con questa dichiarazione: noi non vogliamo qui una lega delle Regioni italiane, che di fronte al problema della Montedison hanno singoli atteggiamenti localistici, cioè tendono ciascuna ad esaminare il problema dall'angolo visuale dei propri interessi locali; vogliamo invece la discussione in quella sede, certo partendo dalle Regioni dove ci sono stabilimenti Montedison, del disegno generale.
Al convegno dobbiamo quindi dare la caratteristica d'una presa di posizione programmatoria di carattere generale, se vogliamo avere più forza nel difendere anche le nostre questioni. Perché qui è in questione anche un discorso del rapporto fra Nord e Sud a cui noi non vogliamo mai, in nessun caso, venir meno, perché ben coscienti che questo è problema prioritario per tutta la situazione economica, politica e democratica del nostro Paese.
Sono passati quattro mesi soltanto dalle elezioni e non dobbiamo dimenticarci mai di quello che ci hanno detto a questo proposito. Quindi una proposta forte, che non parte soltanto dalla visione, pur grave, dei problemi che scaturiscono nella propria Regione ma che tende a dare un contributo di carattere nazionale a tutto il discorso sulla programmazione ed a farlo poggiare anche sui piedi degli Enti locali, delle Regioni che devono conquistarsi questo ruolo nuovo.
Possono essere sfuggite questioni di dettaglio. Certo, l'importante è dare attuazione rapida alle decisioni che abbiamo preso al termine del dibattito sul bilancio, condensandole in una mozione del Consiglio Regionale, fra le quali quella della presentazione del progetto di legge da parte della Giunta per tutta una serie di strumenti della programmazione nazionale, ivi compresa la Finanziaria.
Questa la piattaforma di proposte che il Gruppo comunista presenta agli altri Gruppi, sulla base delle quali propone che al termine di questa discussione, magari dopo una riunione dei Capigruppo successiva all'incontro che ci sarà con i Sindaci e i Sindacati, si arrivi ad enucleare con estrema precisione, anche temporale, le iniziative che la Regione Piemonte promuove in questo capo. Le date che abbiamo proposto tengono conto del fatto che il 12 di questo mese vi sarà lo sciopero nazionale di 200 mila lavoratori chimici in rapporto a questi problemi e per il 21-22 è prevista la riunione della Commissione per il Bilancio: fra questa data e quella del 21 noi dobbiamo essere in grado di portare avanti il massimo di iniziativa politica che possa permettere alla nostra Regione di assumere un ruolo anche promozionale nel concerto del discorso che è aperto ormai fra tutte le Regioni italiane.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Nesi. Ne ha facoltà.



NESI Nerio

Signor Presidente, signori Consiglieri, è, credo, non senza disagio che facciamo quest'altra discussione sulla Montedison e sui problemi dell'occupazione in Piemonte. E' una discussione, però, che è giusto svolgere in questo Consiglio, suprema istanza della rappresentanza politica e sociale della nostra Regione, per reagire alla sensazione di impotenza che tutti ritengo avvertiamo, e che può provocare, come ha provocato, in noi ed in tutta la popolazione del Piemonte reazioni diverse, addirittura opposte, di ribellione in taluni, in altri di rassegnazione.
Innanzitutto, dobbiamo esaminare concisamente i motivi per cui noi ci occupiamo di questo argomento. Abbiamo detto già altre volte che ci sono due modi contrastanti di intendere la Regione, verificati anche in questo Consiglio: c'é chi la considera una super-Prefettura, che discende il suo potere direttamente dallo Stato, dai Ministeri, e li trasmette ai presidenti delle Province ed ai sindaci (è il metodo che (credo, per lo meno mi auguro) che nessuno di noi in questo Consiglio accetta), e chi la considera giustamente sotto l'aspetto della rappresentanza politica.
In effetti, quando noi parliamo di questi problemi, lo facciamo non tanto in forza di poteri che ci sono stati delegati, o di poteri che abbiamo in forza di leggi, ma soprattutto in forza di quella rappresentanza politica generale che a noi compete per la nostra essenza di rappresentanti popolari. Io credo, quindi, che sia giusto parlare di queste questioni nel Consiglio Regionale del Piemonte, anche se, ripeto, il parlarne dà sempre a noi la sensazione di parlare nel vuoto, di parlare di fronte ad organismi che in realtà o non accettano la Regione come interlocutore o che dell'interlocutore Regione non si danno cura, visto che probabilmente non si danno cura neanche dell'interlocutore Stato e che fanno per di più soltanto finta - questa é, direi, la situazione peggiore - di essere degli interlocutori reali.
I "missi dominici" che il presidente Cefis ha mandato in giro per il Piemonte - ottimi funzionari, giovani dirigenti che probabilmente, facendo parte dell'Ufficio di presidenza della Montedison, hanno davanti a sé una splendida carriera - si sono rivolti a noi con l'aria di chi deve, fra le altre incombenze, compiere un servizio in trasferta avendo a che fare con gente che di problemi economici non capisce niente, con l'atteggiamento snobistico di chi ha il potere reale e si rivolge a questi poveri uomini politici i quali devono pur dire qualcosa per giustificare i seicento licenziamenti effettuati dalla Montedison. Questo atteggiamento è quello che ha più sgradevolmente colpito noi tutti nel comportamento della presidenza della Montedison. La quale probabilmente è convinta che sia possibile anche corrompere. E ci sono vari mezzi, oltre quello del denaro per tentar di corrompere gli uomini politici: per esempio quello di far credere loro che contano qualcosa, che la Presidenza della Montedison li considera interlocutori.
Credo che noi tutti siamo abbastanza provveduti, per il nostro passato per il nostro presente, per capire che una simile metodologia non è per noi accettabile, anche se ci rendiamo conto che quello che sta di fronte a noi è uno dei grandi colossi internazionali del nostro Paese, un colosso che si può permettere di perdere in un anno 230 miliardi (quante volte questa cifra ci è stata sventolata davanti: nel 1971 la Montedison ha avuto una passività di 230 miliardi). Certo, è una cifra che fa impressione a tutti che non possiamo ignorare. E' un altro aspetto del problema che una classe politica che voglia essere degna di rappresentare lo Stato nel suo complesso e di dirigere lo Stato non può ignorare. Sarebbe profondamente sbagliato dire: il bilancio economico del Gruppo Montedison, in quanto tale, non ci interessa, non ci interessa se ha perduto l'anno scorso 230 miliardi, non ci interessa se non ha effettuato gli ammortamenti, non ci interessano le sue dislocazioni, i piani che ha per il futuro. Ci porremmo nella situazione di quei gruppi minoritari per vocazione - che nel secolo scorso erano convinti che bisognava distruggere le macchine. Io credo che invece una classe politica rappresentante di classi popolari debba porsi il problema di governare sempre, in qualsiasi suo modo d'essere, e quindi debba porsi il problema della Montedison in quanto tale, come se fosse essa responsabile della Montedison. Da questo punto di vista io penso che noi tutti insieme, dobbiamo rivedere anche i conti della Montedison.
La classe politica dev'essere capace, se vuol avere la possibilità di governare, di fare i conti. Guai a quella classe politica che si limitasse a dire: "I conti non ci riguardano"; o, come sosteneva De Gaulle, che "il conto economico dello Stato sono le salmerie dell'esercito". Noi viviamo in un momento in cui i conti economici dello Stato non sono le salmerie ma gli obici dell'esercito, la parte trainante: su quelli si deve fare i conti.
Anche perché, se non li facciamo noi, altri li faranno al nostro posto.
Noi dovremo, quindi, avere la capacità politica e la capacità tecnica di esaminare i bilanci della Montedison. Questo deve fare una classe politica che debba porsi come classe dirigente del Paese. A me ha sempre suscitato un certo disagio leggere sui giornali la frase: "Si è riunito il Consiglio dei Ministri, alla presenza del Governatore della Banca d'Italia", quasi che i Ministri italiani, il Ministro del Tesoro nel caso specifico, che hanno responsabilità effettive di Governo di fronte al Parlamento ed al Paese, non sappiano cosa è la lira e abbiano bisogno di farsi spiegare dal consulente tecnico che cosa voglia dire riconversione della lira, svalutazione...Dobbiamo ribellarci, come uomini politici, a questo andazzo, dobbiamo metterci in grado di leggere con competenza i conti economici della Montedison. Anche perché i bilanci della Montedison sono pubblici, le dichiarazioni della Montedison sono pubbliche: la Montedison fa a noi tutti l'onore di mandarci a casa, da quando ci stiamo occupando di questo problema - credo sia stato l'unico risultato che abbiamo ottenuto finora - i suoi "memorandum", fatti, per la verità, molto bene (evidentemente, il Presidente Cefis dispone di un ufficio studi molto accorto).
Se, dunque, esaminiamo i bilanci della Montedison, che sono gli unici documenti ufficiali (hanno una importanza relativa le dichiarazioni, quelli che contano sono i bilanci approvati davanti al notaio e consegnati al Governo), troviamo nell'ultimo, a pag. 13, indicazioni molto interessanti che riguardano proprio la nostra Regione. Dice la Montedison, rivolgendosi agli azionisti: "La vostra Società (tutti sappiamo come sia falso quel 'vostra' soprattutto quando parla Cefis) svolge una funzione, nel nostro sistema economico, che non esitiamo a definire di importanza primaria.
Nell'imponente lavoro in cui ci siamo impegnati per adeguare le nostre strutture alle esigenze della evoluzione delle tecniche dei mercati dobbiamo tener conto anche di situazioni di ordine più generale, che ritardano e rendono più complessa la soluzione di taluni problemi gestionali e che ci auguriamo di poter risolvere con il responsabile accordo del potere politico e delle organizzazioni sindacali. Ci riferiamo in particolare ai cosiddetti punti di crisi." "Non è un mistero che la Presidenza della Montedison ha presentato al Governo un elenco preciso - di questo bisogna darle atto - dei punti di crisi. Si tratta di unità produttive locali che, per obsolescenza di impianti o per ubicazione superata, richiedono una profonda ristrutturazione che affronti soprattutto il problema del personale esuberante, e in un appunto che credo sia a conoscenza del Presidente della Giunta e della Giunta c'è un elenco preciso, che riguarda anche il Piemonte, del personale esuberante, stabilimento per stabilimento consegnato al Governo italiano). Le soluzioni prospettate al potere politico e alle organizzazioni sindacali in merito a questo problema distinguono fra le unità in cui con nuovi investimenti nei settori prioritari del Gruppo è possibile riportare gli impianti a livelli competitivi e tutelare la mano d'opera occupata e le unità in cui si devono cercare soluzioni esterne alle possibilità del Gruppo. Se potremo disporre di adeguate facilitazioni, ci proponiamo di indirizzare verso i punti di crisi una parte degli investimenti previsti dal Gruppo per i prossimi anni.
Per i casi in cui l'ubicazione renda impossibile l'insediamento di nuovi impianti operanti nei settori prioritari del Gruppo, abbiamo chiesto al potere politico di predisporre investimenti sostitutivi in grado di riassorbire la mano d'opera resa disponibile dalla chiusura dei nostri stabilimenti".
Questo il Gruppo Montedison ha detto nella sua relazione di bilancio esattamente del 31 dicembre '72, quindi probabilmente nel marzo '72.
Partendo da questi documenti ufficiali, possiamo trarre alcune considerazioni. Il Governo italiano è stato posto da questa relazione di bilancio, che, ripeto, è un documento pubblico, in condizioni di affrontare il problema nella sua globalità. E qual è stata le reazione? Probabilmente per ragioni di potere - ecco l'estrema gravità della situazione -, per ragioni oscure, se mi passate l'aggettivo pesante, nei rapporti fra Montedison ed ENI, nei rapporti fra Girotti e Cefis, nei rapporti fra la Sir, giustamente tirata in ballo dal Consigliere Sanlorenzo, nei rapporti fra i vari potentati in cui si è divisa questa nostra industria pubblica, o pseudo-pubblica, non è stato fatto nulla. Un illustre economista non di parte socialista definì a suo tempo acutamente, in un libro uscito tre o quattro anni fa, la situazione che si andava creando, prevedendo che si sarebbe incancrenita, dell'instaurarsi di rapporti non chiari fra questo e quel ministro, questo o quel grande capo di azienda pubblica, per cui non si capisce bene se conta di più il ministro o il grande capo dell'azienda pubblica. Viene spontaneo citare il nome di Enrico Mattei: ma Enrico Mattei, per lo meno, accompagnava fantasia, volontà, fascino, amore per il suo Paese al potere personale, che ha utilizzato in modo totale, anche in modo corruttore, dando però sempre la sensazione di dire qualcosa di nuovo per il Paese. I personaggi di oggi non hanno queste sue prerogative, e ci li abbassa notevolmente di livello, al punto da farne dei baroni dell'azienda pubblica, che di pubblico non ha quasi più niente.
Ecco il discorso di carattere generale che noi dobbiamo fare, l'unico che possiamo fare in questa sede. Anche per dire che c'è stato, in questo caso, uno scollamento dei poteri dello Stato. I Ministeri competenti, il Cipe, il Parlamento nazionale, supremo regolatore della vita del Paese hanno varie possibilità, derivanti da una serie di strumenti a loro disposizione. Si può anche capire che ci si debba attenere a regole di carattere tecnico, quando si parla di ristrutturazione (parola tremenda che ha accompagnato tutta la vita economica degli anni Cinquanta e che scomparsa negli anni Sessanta, purtroppo torna negli anni Settanta); ma non possiamo ammettere che il nostro Paese, che spesso, amiamo, riempiendoci la bocca, definire il decimo Paese industriale del mondo, non abbia strumenti per intervenire ad opporsi alla chiusura di uno stabilimento sotto il pretesto della sua obsolescenza. Non si può accettare, poiché è semplicemente vergognosa, la giustificazione - non so se dell'Ufficio stampa della Montedison o dello stesso Cefis - che se si devono chiudere gli stabilimenti la colpa non è della Montedison, in quanto il macchinario è obsoleto. Ma se il macchinario è obsoleto e non è stato sostituito, la colpa di chi è? Chi aveva la direzione tecnica dello stabilimento? A chi toccava decidere in merito agli ammortamenti, alla sostituzione del macchinario? Non certo le organizzazioni sindacali, non certo gli operai.
Dobbiamo dire chiaro anche che altre aziende europee, pubbliche e private, che si sono trovate in analoga situazione si sono comportate ben diversamente. Un po' tutte le aziende, non solo italiane ma europee, si trovano oggi in difficoltà: il meccanismo di sviluppo si è inceppato ovunque. Osserviamo quanto è avvenuto alla Volkswagen in Germania, alla Renault, industria pubblica, in Francia, nell'industria pesante inglese, in questi tre grandi Paesi con i quali non dobbiamo sempre confrontarci, dato che siamo inseriti nel loro stesso contesto (altri Paesi non possono confrontarsi con noi né noi con loro data l'estrema differenza di situazioni), se vogliamo essere un grande Paese europeo, degno dei suoi 55 milioni di abitanti. Ebbene, le soluzioni prospettate in Francia, in Germania, in Inghilterra (dove ci sono governi diversi, ma nessuno di sinistra) per superare queste difficoltà sono, per lo meno, a più alto livello, della semplice soluzione, che è a portata anche dei cervelli più sprovveduti, del licenziamento. Di questo dobbiamo accusare i dirigenti delle nostre grandi aziende: che non si pongono questo problema se non per risolverlo con il licenziamento. Non occorre avere la personalità di Cefis per arrivare a queste conclusioni; non valeva certo la pena che facesse tutto quel che ha fatto per ottenere i pieni poteri se la sua politica doveva essere tanto semplicistica.
La Montedison, come si legge in questo documento che essa stessa ci ha fatto pervenire, ha avanzato richiesta allo Stato italiano per ottenere un finanziamento di 2800 miliardi. Si tratta, signori, di una cifra imponente per una sola azienda, sia pure una grande azienda, una cifra enorme se rapportata al reddito nazionale, all'introito complessivo del sistema fiscale italiano, anche per un grande Paese com'è l'Italia. E' vero che i 2800 miliardi la Montedison non li chiede come regalo, bensì sotto forma di finanziamento agevolato. Ma la Giunta, primo fra tutti il Presidente Calleri, ci insegna cosa vuol dire finanziamento agevolato: vuol dire finanziamento che deve costare alla Montedison all'incirca il 3%, rimanendo il restante 5-6-7% a carico dello Stato, quindi in definitiva del contribuente italiano. Ebbene, nel momento in cui tratta per ottenere 2800 miliardi ad un tasso che, con l'attuale grado di svalutazione anche strisciante della lira in Italia, superiore al 3%, equivale a zero, anzi, a sotto zero, cifra di cui il Presidente Cefis dice che 300 miliardi circa debbono essere utilizzati per realizzare un programma di investimenti gestito eventualmente da una "finanziaria" per salvataggi industriali, ai fini della riconversione occupazionale del personale dei punti di crisi e di quello del settore fibre, non recuperabile attraverso investimenti chimici o tessili, la Montedison non può davvero permettersi di dare avvio a quei licenziamenti proprio per evitare i quali fa la sua onerosissima richiesta.
Questa è la discussione che noi dobbiamo fare. Qui è in questione veramente il rapporto organico che ci deve essere fra il Parlamento, il Governo, gli Enti di Stato, le Regioni. Il discorso sui 550 o 580 licenziati del Piemonte si inserisce in questo quadro, non arriverà ad una conclusione se non sarà prima definito questo ambito. E' un discorso questo, che è opportuno che il Governo senta. Il Presidente della Giunta ha il dovere di esercitare una pressione nei confronti dei Ministri interessati e del Governo, dicendo che la Regione Piemonte non tollera più di non essere considerata interlocutore ascoltato in questo discorso. Noi vogliamo essere inseriti nel rapporto organico dal quale deve scaturire la decisione, che ancora non c'é stata, se il Governo italiano dovrà dare o no i 2800 miliardi.
Questo è un problema che noi ci possiamo porre seriamente, non velleitariamente: la Regione Piemonte deve dire al Governo italiano, per bocca del suo più alto rappresentante, che non deve dare i 2800 miliardi a tasso agevolato, cioè non deve dare ordine agli istituti bancari a livello nazionale (che dovranno a tal fine emettere una serie di obbligazioni perché i miliardi non si trovano da un giorno all'altro, nel nostro Paese) di erogare questa cifra, se non a queste condizioni. Ecco ciò che è in nostro potere fare. Non dobbiamo ingannare i lavoratori con richieste che travalicano le nostre possibilità. Ma questo abbiamo il diritto e il dovere di chiederlo, anche, direi, per un senso di dignità, una dignità che non riguarda noi personalmente. Io credo che ci siamo sentiti tutti offesi nel momento in cui abbiamo visto i nostri rappresentanti posti di fronte, con decisione che rasenta l'illegalità sul piano giuridico, come ha rilevato giustamente il Presidente del Consiglio, ad un improvviso licenziamento senza neppure che fossero rispettate norme stabilite con prassi ormai annuali, alle quali si attiene normalmente anche il piccolo industriale privato che si trovi in difficoltà.
Io credo, signori, che la programmazione abbia in questo senso completamente fallito il suo compito; non ho difficoltà ad ammetterlo, pur avendo coscienza di fare una ammissione molto grave, come rappresentante di un partito che ha posto la programmazione al centro del suo programma. Di fronte alle ottocento pagine che ci vengono distribuite, che hanno più che mai il carattere di un libro, per usare la famosa definizione, "dei sogni e di speranze", ma che non hanno più un reale aggancio con la vita di tutti i giorni, con la vita reale, con il potere reale, noi sentiamo un profondo senso di disagio. Quando possono succedere fatti come questi, che interesse può avere per noi la lettura di ottocento pagine di descrizione di un futuro che viene ogni giorno cambiato con decisioni prese da una sola persona, si chiami essa Agnelli o si chiami Cefis? La Regione deve prendere coscienza di questa situazione, che investe la dignità non solo del Piemonte ma di tutti i cittadini italiani. Io credo che nell'analisi di nostri errori, nel riconoscimento delle cose che non si sono potute fare stia proprio la forza che abbiamo anche di fronte a coloro che invece credono di poter fare tutto senza mai sbagliare. Noi dobbiamo avere coscienza che questa è un'occasione importante per la nostra Regione proprio perché nasce da una situazione che ha aspetti drammatici. Tutta una valle, senza distinzione di partito né di compiti, civili, politici ecclesiastici, si è ribellata. Mi diceva prima il presidente in carica della Valle di Susa che la Valle ha sentito quasi come un'offesa questa improvvisa decisione, che colpisce una zona contro la quale ci si è già accaniti fin da 1950 attraverso tutta una serie di avvenimenti e di fatti.
Anche ai rappresentanti che ha mandato a tutti noi il Presidente della Montedison ho detto: ma credete che questo sia il modo di operare, anche sul piano proprio della gestione industriale? Neanche il più reazionario dei piccoli e medi industriali, quello che dà i voti e i soldi all'MSI, si sarebbe comportato così. Come può aver pensato di metterci a tacere mandando due funzionari di medio livello ad informare il Presidente della Giunta Regionale, il più alto rappresentante del Piemonte, il Presidente del Consiglio, i Capigruppo, a cose fatte? E' un metodo di Governo inaccettabile per un'azienda che ha oltre 200.000 dipendenti, considerata la grande azienda chimica del nostro Paese, la sesta azienda chimica nel mondo. E' nostro dovere dare una lezione a chi la pensa in questo modo respingendo recisamente tale sistema. Io mi auguro che altrettanto abbiano fatto i Ministri, anche se purtroppo non è mai stato e non è chiaro il rapporto in ordine a questa questione fra il Presidente della Montedison e il Governo in quanto tale; mi auguro, per quanto quello in carica sia un Governo al quale non partecipa il mio partito, contro il quale, anzi, il mio partito combatte, poiché è pur sempre un Governo che rappresenta il Paese, che il Governo non abbia accettato l'umiliazione di essere ignorato da un uomo che esso stesso ha designato.
Perché è questo il lato della questione che più colpisce: Cefis è a quel posto non in forza di una designazione da parte di normali azionisti (nel qual caso il suo comportamento potrebbe anche avere una logica) ma perché vi è stato insediato dal Governo, dal Parlamento. Dobbiamo assistere per ragioni, pure in questo caso, di equilibrio che non riusciamo a spiegarci - al fatto che, come tutti sappiamo, il potere pubblico, pur avendo la maggioranza reale delle azioni della Montedison, per un accordo di vertice del quale soltanto si intuiscono le ragioni, passato attraverso una serie di accordi minori, non esercita il controllo sulla Montedison nella misura cui darebbe ad esso diritto la consistenza delle azioni di cui dispone. Se l'Iri e l'Eni, cioè i rappresentanti diretti del potere economico pubblico, hanno, come hanno, e lo sappiamo tutti, la maggioranza assoluta, per lo meno la maggioranza di controllo delle azioni della Montedison, perché una parte di queste azioni viene sottratta a questo controllo e tenuta a parte del pacchetto? Probabilmente per ragioni di equilibrio generale che sfuggono alle nostre capacità di comprensione e che sfuggono certamente alla capacità di comprensione dei lavoratori della Valle di Susa, ma che sono anche alla base, secondo me, delle situazioni che stiamo vivendo.
Abbiamo assistito, quindi, ad uno scollamento degli organismi dello Stato, ad uno scollamento dei rapporti generali che devono regolare i rapporti fra il potere pubblico, il Ministero delle partecipazioni statali in quanto tali, il Presidente del Consiglio dei Ministri, e le grandi holdings nazionali, Iri ed Eni. A nostro parere, la ragione di fondo è che non si vuole che la Montedison divenga la terza grande holgind pubblica.
Perché non si vuole? Non tocca alla Regione Piemonte pronunciarsi in proposito, ma la Regione Piemonte deve denunciare il fatto.
Al termine di questo mio intervento, io invito, a nome del Gruppo socialista, il Presidente della Giunta a farsi interprete presso il Governo del nostro Paese, presso il Ministro del Tesoro, presso il Ministro della Programmazione economica ed il Ministro delle Partecipazioni statali, dello stato di umiliazione in cui il potere pubblico regionale si è venuto a trovare, della necessità che i rapporti di carattere economico e di carattere politico siano al più presto chiariti e regolati, e in terzo luogo, lo invito a proporre al Governo italiano che nessun finanziamento agevolato sia concesso alla Montedison prima che siano stati chiariti questi rapporti e tolti di mezzo gli ostacoli che impediscono il riassorbimento della mano d'opera licenziata, in modo che essa possa tornare ad occupare il suo posto di lavoro.



GARABELLO Enzo

Signor Presidente, questo problema che ci ha angustiato e direi angosciati nelle ultime settimane, credo di averlo vissuto personalmente in maniera molto viva per avere partecipato alle iniziative di carattere politico-amministrativo che prima a Rivarolo Canavese, del cui Consiglio comunale faccio parte e poi al Consiglio della Valle di Susa di sabato scorso ho avuto modo di rendermi conto direttamente, nelle sedi politico amministrative, non tanto in quelle sindacali, di quello che è lo stato d'animo delle popolazioni e degli uomini politici che hanno la responsabilità locali in queste zone. Ho avuto l'impressione particolarmente sabato scorso, nel Consiglio di Valle, di un senso di profondo sconforto, di abbandono, di un sempre più profondo senso di sfiducia che nei nostri colleghi dei livelli minori dell'amministrazione c'é nei confronti delle forze politiche e anche degli organi dello Stato. E quel che mi ha preoccupato di più è stato il notare che comincia a serpeggiare un'atmosfera di riserva anche sulla credibilità della Regione.
Evidentemente in linea generale, istituzionale e anche politica molti di noi e molti dei sindaci presenti hanno reagito a questo serpeggiare di sfiducia, però è indubbio che oggi le genti della Val Susa e per quanto è di loro parte, le genti del Canavese, richiedono a noi dei fatti concreti nei limiti delle nostre possibilità, non tanto in senso amministrativo, ma piuttosto con il grande peso politico che ci è stato riconosciuto dalle popolazioni, che ci è tuttora riconosciuto dalle popolazioni anche sulla base di precedenti positivi che la nostra Regione ha saputo determinare.
E devo dire subito che il senso di sfiducia che si riflette sulle istituzioni, che si riflette anche sulla Regione deriva da questo strano comportamento che bisogna pur rilevare a livello ministeriale, a livello del Governo nazionale che non ha convinto la gente, che non ha convinto gli amministratori per cui, tramite la Regione, si richiede una chiara controprova al Governo della Repubblica.
Devo dire che i documenti che sono stati votati, (uno è stato letto all'inizio della seduta) partono da una pregiudiziale sulla quale nessuno degli amministratori locali e la gente che era presente alle adunanze di Consiglio già citate, accetta di discostarsi. Io per parte mia faccio mio in pieno questo atteggiamento. Il giudizio di credibilità sulle forze politiche e sul Governo nazionale ed in conseguenza di quanto può e deve fare come tramite delle popolazioni colpite, anche nei confronti della Regione, può mutare soltanto con la revoca dei provvedimenti che sono stati disposti dalla Montedison negli stabilimenti Valle Susa.
Vorrei dire che anche se non sono stati fatti in questi consessi amministrativi e riunioni di lavoratori accanto ai loro Consigli comunali e i loro sindaci, dei discorsi così ampi, così documentati dal punto di vista economico come ha fatto oggi il collega Nesi, con immediatezza però i nostri colleghi amministratori locali ritengono che non sia possibile passare al secondo atto, pure indispensabile, di mettersi a discutere la programmazione della Montedison, la programmazione sul futuro della Valle di Susa, senza avere, come primo atto determinante e qualificante determinato la revoca dei provvedimenti. Quando i numeri diventano così grossi e si parla di migliaia di miliardi, sa molto di una girandola in cui ad un certo punto si può essere presi dentro e non capirci più niente. 578 persone però sono state licenziate e, se volete, un miliardo (tale è il deficit che si vuole ripianare proprio con quel licenziamento) è una cosa importante ma non tale da mettere in stato di crisi un'intera vallata e potenzialmente un'altra zona della nostra Regione. Pertanto pregiudiziale assoluta posta dai sindaci, pregiudiziale posta dai Consigli comunali e dai Consigli di valle, cioè dalle comunità allargate, il ritiro del provvedimento non solo per il modo, perché poi si può discutere di modo, ma soprattutto per la loro sostanza. Voi avete visto i documenti dei sindaci preoccupati dello stato dei loro paesi, delle possibilità di occupazione preoccupati che dove ci fu l'industria, dove l'industria è stata la prima a fiorire nella nostra regione, non si trasformino queste valli in dormitorio, non scompaiono i posti di lavoro, per l'oggi e per il domani.
Dicevo dello stato di sfiducia e di preoccupazione delle amministrazioni locali che le ha portate, dopo un'attenta analisi; io ho visto la meditazione e la preoccupazione dei nostri colleghi amministratori locali a decidere nel loro ordine del giorno, la richiesta a tutti i Consigli comunali di dimettersi qualora il problema non sia risolto, ho visto che c'era l'angoscia di consegnare al prefetto una valle, perch vorrebbe dire una gestione che non si è mai avuta nel nostro Paese di un intero comprensorio governato da commissari prefettizi.
E' chiaro che sindaci e amministratori hanno i loro programmi in svolgimento, sanno che cosa stanno facendo con mille difficoltà sul piano sociale le proprie amministrazioni, quindi vedere cancellata così, o quanto meno sospesa, in un momento così difficile l'azione democratica di Governo locale, è una cosa che non può non angosciare. E ce ne siamo resi conto.
Però i sindaci sono stati coloro che hanno proposto, in termini alternativi nel tempo, di pagare personalmente, prima ancora dei Consigli comunali, con le loro dimissioni.
Ora noi non possiamo assistere impotenti o distratti ad un'operazione del genere, perché i nostri colleghi sindaci ed amministratori comunali evidentemente sono persone molto responsabili di ciò che accade nei loro paesi e pertanto dobbiamo guardare a loro, seguirli e fornire loro concrete risposte.
Una delle preoccupazioni maggiori che serpeggiava in queste riunioni era proprio dovuta allo strano comportamento dei poteri centrali. Si è discusso di quando il Governo ha avuto la comunicazione dalla Montedison si è parlato dei primi di agosto, qualcuno ha affermato per voce Montedison che addirittura la comunicazione è avvenuta ancora nel mese di luglio e pare piuttosto strano (è già stato ricordato da qualcuno) che l'ex ministro del lavoro Donat-Cattin, telegrafando e rendendo pubblico il telegramma al Ministro della programmazione: "Decisione altre cinque chiusure Montedison smentisce tuoi affidamenti verbali fine luglio", prendesse posizione seppure con un'assicurazione verbale e successivamente vi fosse il provvedimento che ha gettato nella costernazione la Valle di Susa e altre zone, perché non bisogna dimenticare che ci sono stabilimenti anche in altre regioni interessate al provvedimento.
Del resto l'Assessore Visone, che rispondendo alla richiesta dei sindaci organizzò immediatamente una riunione presso il Ministero del Lavoro (in assenza del Ministro la presiedette il Sottosegretario De Cocci) ci diceva, come ci hanno detto i sindaci, dell'incertezza che dominava in quella riunione, fatta a tavole separate (é una cosa strana, non era una trattativa sindacale, sostanzialmente era un incontro di accertamento di situazioni: in una sala la Montedison, in un'altra sala i sindaci) con il Sottosegretario notevolmente in difficoltà per arrivare ad una conclusione su ciò che i sindaci ed i sindacalisti chiedevano e quindi la seduta si è risolta con generiche assicurazioni di interessamento.
Dopo di che abbiamo il periodo delle contraddizioni, i Ministri che dicono di non essere stati avvertiti, di non aver preso provvedimenti, la Montedison che afferma invece che la richiesta è stata fatta a tempo abbiamo la nota di agenzia di questi ultimi giorni, di Taviani che dice appunto che deve parlare con Andreotti del problema, dopo di che afferma che verrà richiesto categoricamente alla Montedison di non prendere provvedimenti del genere e abbiamo quell'ultima lettera che è stata ricordata anche oggi che se ci dà qualche garanzia di più per gli atti avvenire, pare che lasci nel dimenticatoio comunque non prende netta posizione rispetto a questi provvedimenti.
In fondo noi dobbiamo risalire a quanto avvenne nel giugno del '71. Io ho copia del documento del 23 giugno '71, quando, presente la Regione, alla presenza del Ministro del lavoro, i sindacati e le industrie interessate definivano quei certi accordi per il futuro del Vallesusa (accordi che non erano di latte-miele perché comportavano la chiusura di stabilimenti, per comportavano provvedimenti a favore degli operai di questi stabilimenti con chiari impegni per quanto riguardava i trasferiti) dicendo: "Il personale trasferito manterrà il livello retributivo acquisito e verrà utilizzato in mansioni confacenti alla sua qualifica professionale" venivano presi determinati impegni per quanto riguardava una ristrutturazione positiva di alcuni stabilimenti, Mathi in particolare, e poi nel comunicato stampa congiunto si affermava che "in totale perciò la prospettiva è di una maggiore occupazione".
Il principio generale del diritto, per una buona convivenza, è il rispetto dei patti, ma passa il tempo e forse i patti per qualcuno non sono tanto importanti da dover essere rispettati. Qui la Regione è chiamata in prima persona alla sua responsabilità, perché quel provvedimento venne firmato dalle parti interessate, presente anche la Regione; il Governo è richiamato alle sue responsabilità in prima persona perché l'accordo fu firmato davanti ad un ministro in carica e pertanto penso che il Consiglio Regionale debba rivolgersi alla Giunta che mi auguro sia coerente con questa stessa linea, nel richiedere che il Governo per primo, di fronte alla mancanza di osservanza dei patti da parte della Montedison, assuma le sue responsabilità e ristabilisca la situazione che vi era prima dello scoppio di questi avvenimenti, perché il parlare mentre è già turbata la situazione, significa accettare di fatto la turbativa. Pertanto si ristabilisca la situazione, dopo di che si comincia a discutere e in questo senso credo che anche noi, nel discutere avremo molto da dire. Non facciamo prevalere, non accettiamo, per conto mio non accetto la logica che i problemi di programmazione vengono prima della chiusura della falla che è stata aperta nella nostra Regione.
In questo senso aderisco al documento della comunità della Valle di Susa di sabato scorso e che riguarda due dei punti qui segnati: la riunione dei parlamentari piemontesi entro una settimana e il rapido incontro con il Presidente del Consiglio dei ministri. Io mi rendo conto che il Presidente del Consiglio dei ministri di fronte a questo problema sia imbarazzato però non credo che le istituzioni e le forze politiche debbano lasciare situazioni di incertezza, ma devono assumere le loro responsabilità, hanno il dovere di governare, diranno quello che ritengono di questa situazione però non ritengo possibile che ci si balocchi, si giochi dietro ad uno stato di incertezza; il Governo deve prendere la sua posizione e la Giunta Regionale deve mettere in condizioni sé stessa, il Consiglio, i sindaci e i sindacati di avere un interlocutore chiaro.
Qualche giorno fa abbiamo assistito ad un avvenimento particolare, cioè l'intervista Gritti alla stampa. Questa grande azienda che è chiamata dalla Regione, accetta l'incontro, si mantiene in termini generali, secondo me (pensavo mentre parlava Sanlorenzo della conferenza chimica) con riserve mentali, perché mentre si parlava dei chimici c'era la riserva mentale sui tessili. Se così fosse, col suo comportamento l'azienda toccherebbe il fondo.
L'intervista Gritti è un nuovo modo di fare la programmazione, quella di farla per "public relations". Io sono fra quelli che devono fare un elogio ai giornali regionali per l'impegno con cui in questi ultimi tempi hanno seguito, giorno per giorno, questi dolorosi avvenimenti. Un'ampia informazione, il riportare chiaramente posizioni politiche, è una cosa che fa onore alla stampa e secondo me non la dobbiamo trascurare proprio come strumento di pressione per giungere alla soluzione del problema, però non credo che la programmazione si possa fare attraverso interviste ai giornali; le popolazioni devono essere interessate, informate ed i giornali hanno il loro compito, quindi non tocco minimamente il giornalista che ha saputo ricavare l'intervista, però non credo sia serio fare della programmazione da parte di un'azienda di quel livello (abbiamo la fotografia che ne ha fatto Nesi) attraverso i giornali. Questo immaginifico amministratore delegato, che con arguzia il giornalista definisce prima medico, poi ingegnere e a seconda dell'argomento, ad un certo punto ha anche la civetteria di dare la beccatina al Ministro delle Poste, non su argomento di vasta discussione nazionale come la TV a colori, ma sul funzionamento attuale delle poste, come elemento che avrebbe impedito Presidente Oberto, la comunicazione personale agli interessati del loro stato e conclude con le ultime battute - quelle lette - dopo aver lasciato qualche speranza - che a quanto pare è caduta, dopo quanto ci ha detto il Presidente Oberto e da informazioni del Consiglio di valle - diventando il "killer" di alcuni stabilimenti.
Questa strana intervista così immaginifica, contiene anche la sciarada dove di parla del "crogiuolo". Io riesco a capire il "crogiuolo della Valle di Susa" anche come immagine, molto meno riesco a capire il "crogiuolo del Vallesusa" perché allora mi spaventa di più e dò credito a quanto dicono i nostri amici sindacalisti che abbiamo trovato sempre presenti alle riunioni delle amministrazioni e cioè che le intenzioni vanno al di là dei provvedimenti di oggi. Comunque c'è la sciarada e quindi come "public relations" certamente l'intervista è interessante.
Però non dobbiamo dimenticare che nel corso del 12, verso la fine del primo semestre, poco prima delle ferie, sulla base del documento dell'anno scorso, le organizzazioni sindacali sono state chiamate dalla direzione del Vallesusa che disse loro: in base a quell'accordo abbiamo alcune cose da rivedere assieme perché sono venute fuori alcune prospettive. E fu ventilata la chiusura del reparto torcitura di Rivarolo Canavese per la concentrazione della torcitura di S. Antonino di Susa tant'è che a seguito di queste cose o parallelamente venivano ordinati non trascurabili lavori per decine di milioni negli stabilimenti della Valle Susa. E' noto che quando gli operai trovarono i cancelli chiusi e il noto cartello sulla porta, dentro un'impresa stava montando un impianto di condizionamento d'aria del valore di 70 milioni, motivo per cui i dirigenti, anche massimi del Vallesusa, dichiaravano di essere all'oscuro delle intenzioni poi messe in atto dai superiori organi della Montedison. Sarà così ma pare quanto meno strano che un'azienda che abbia questa capacità di programmazione inizi dei lavori per decine di milioni all'interno degli stabilimenti mentre parallelamente sta avvenendo una trattativa con i sindacati dalla quale ad esempio confortò Rivarolo Canavese (me ne resi conto in quel Consiglio Comunale) il fatto che fu affermato che Rivarolo Canavese diventerebbe lo stabilimento principale, con sede della direzione commerciale, della direzione tecnica, forse addirittura di tutto il nucleo direzionale attualmente a Torino; quindi, per quanto riguarda l'occupazione, si dovrebbe risolvere in una riqualificazione di manodopera più giovane per lavori anche di tipo impiegatizio minore, con una certa promozione anche di quelle ragazze che adesso sono sospese. Fra queste ci sono una ventina di ragazze di quello stabilimento di San Giorgio di cui si affermavano quelle certe cose e che io ho letto prima, rispetto al trasferimento da uno stabilimento all'altro, sul documento del 23 giugno 1971.
In questo quadro è veramente sconcertante doversi porre a discutere dei problemi di programmazione. Questa certamente esiste, ve ne sono addirittura due: quella del Vallesusa con i lavori, con le modifiche dei reparti e quella della Montedison che dimentica tutte queste cose in atto le discussioni in corso con i sindacati e provvede brutalmente a chiudere due stabilimenti e un reparto. Di fronte a queste cose è necessario che senza ricordare altri argomenti già qui portati, noi non dimentichiamo il peso determinante in senso finanziario che lo Stato ha all'interno della Montedison e pertanto richiamiamo alle responsabilità un'altra volta gli uomini politici del Governo. Quindi la Regione, nel chiedere questi contatti, deve prima di tutto attestarsi su fatti in cui il Governo e la Regione hanno avuto la loro parte. Per seconda cosa deve richiamare le sue responsabilità e quelle del Governo in merito a problemi di programmazione di questa natura. Un'azienda di questo genere non può muoversi in una prospettazione programmatica senza discutere col CIPE e non può lasciare da parte la necessità di discutere con la Regione. Io non so se il "crogiuolo" è una faccenda locale o se è una faccenda non definita sul piano territoriale, però se si vogliono fare nuovi stabilimenti in qualche posto bisogna pure localizzarli; vi è quindi un problema di natura urbanistica. E visto che siamo a questo punto è chiaro che non possiamo non discutere, non entrare nel merito di questo problema.
Ci sono problemi quindi di natura urbanistica che non possono non chiamarci in causa per discutere e poi abbiamo una questione più generale: non si è ancora discusso il rapporto iniziale dell'IRES, però anche nel dibattito che si è avuto nel Consiglio regionale tutti quanti abbiamo affermato la necessità di trovare investimenti alternativi nella nostra regione a quella che è l'industria dell'auto, che è dominante. E questo non tanto per motivi di contrarietà nei confronti di quell'industria, ma per lo stato di maturazione che ha oggi il settore dell'auto; di qui l'urgenza di trovare investimenti alternativi. Certo che nella nostra regione quelli che sono già investimenti alternativi all'industria dominante, come il settore tessile tradizionalmente importante, noi li difendiamo già se non altro in questa prospettiva. Quindi, da un lato, la difesa del posto di lavoro dall'altro lato linee di programmazione seria che comprendano i nuovi investimenti e questo darebbe e dà un significato concreto alla nostra azione programmatoria; altrimenti, tutto sommato, ha ragione Nesi qualsiasi cosa noi diciamo diventa veramente un libro di sogni e di speranze e se vogliamo concretizzarlo bisogna che oggi ci poniamo politicamente, con tutta la nostra responsabilità ed il nostro peso, per bloccare una situazione che già sarebbe un primo elemento che viene a demolire in partenza le nostre volontà, il nostro impegno e le nostre facoltà.
Gli amici della Valle di Susa hanno poi all'unanimità (c'erano tutti i partiti dell'arco democratico costituzionale) richiesto che la Regione si faccia parte diligente per un convegno interregionale di tutti i comuni province e Regioni dove hanno sede stabilimenti Montedison, al fine di concertare una comune linea d'azione che contrasti il prepotere della società e serva a far chiarire, da parte del Governo, la sua posizione.
Cioè il Consiglio della Valle di Susa ha visto essenzialmente questo come un momento fondamentale della programmazione nazionale e regionale di questo argomento.
Concludendo. Nei primi anni della nostra attività abbiamo dovuto intervenire con estremo impegno, angosciati da situazioni analoghe che per a volte, quando comportavano un numero maggiore di persone, non avevano la stessa carica sostanziale, oltre che emotiva. Cosa dice questo largo movimento di opinioni? Che veramente, se l'episodio iniziale può avere certi elementi abbastanza contenuti sul piano numerico, c'è il timore da parte di tutti che si vada avanti in questa direzione e soprattutto che intere zone della nostra regione vedano trasformare la loro vocazione di zone produttive industriali attive a zone puramente passive di residenza di dormitorio.
Io ci pensavo a questo fatto, perché in fondo abbiamo affrontato negli anni scorsi dei problemi che erano numericamente più importanti, con un'unitarietà che ha onorato il Consiglio Regionale e la Giunta che lo ha guidato in questa direzione. Occorre però che adesso avvenga altrettanto proprio perché sono incerte e dubbie le prospettive e le intenzioni di questo grande complesso.
L'Assessore Visone aveva concluso la sua relazione dicendo della disponibilità della Giunta Regionale. Senza scendere ulteriormente in particolari, a me pare che la Giunta Regionale farebbe bene, se il Consiglio è d'accordo, ad accostarsi alle indicazioni che vengono direttamente dai lavoratori e dai loro Consigli comunali, andando in quella direzione è certa di compiere un atto democratico positivo. Non abbiamo niente da inventare su quelle che sono le linee concrete da seguire nei prossimi giorni. Ritengo che la Giunta questa disponibilità la voglia dimostrare e penso che in questo modo anche la Regione può compiere un altro passo avanti nella valutazione dei suoi amministrati, dei nostri elettori.
Certo che (ritorno all'inizio) quella preoccupazione, quell'onda di sfiducia bisogna che la allontaniamo. Come diceva l'altro giorno in Valle Susa un sindaco, è finito il tempo delle parole, ora vogliamo vedere i fatti.
Cerchiamo insieme, in questo dibattito, quali sono i fatti migliori che possono risolvere questo grave problema.



PRESIDENTE

Il Consigliere Conti chiede di poter parlare brevemente ancora questa mattina perché chiede congedo per il pomeriggio avendo degli impegni che non gli consentono di essere presente.
La parola al Consigliere Berti per mozione d'ordine.



BERTI Antonio

Avrei una richiesta da fare: sarebbe forse opportuno, ancora nella mattinata, avere un incontro tra i Capigruppo (a cui potrebbe aggiungersi il Presidente della Giunta) e le delegazioni di sindaci ed organizzazioni sindacali qui presenti, avremmo così ulteriori elementi per continuare il dibattito oggi.



PRESIDENTE

Il Presidente della Giunta mi dice che è disponibile. In relazione a questo incontro pregherei il Consigliere Conti di essere estremamente breve, subito dopo ci riuniamo un momento con i Capigruppo, i sindaci ed i rappresentanti del Consiglio di Valle e alle 15,30 riprenderemo gli altri argomenti.
La parola al Consigliere Conti.



CONTI Domenico

Signor Presidente, egregi colleghi, una precisazione per quel che riguarda l'accordo sul Vallesusa che era stato firmato dal Ministro del Lavoro, sindacati, aziende, alla presenza della Regione.
Il Ministro del Lavoro aveva chiesto da mesi un incontro con la Montedison, ma tutti conosciamo le vicende del vertice della ditta in questione nei primi mesi del 1971, così il Ministro ha dovuto attendere che venisse insediato il nuovo Presidente Cefis affinché questi potesse ragguagliarsi sulla situazione, sentire i suoi tecnici e potere così esprimere un parere assumendo una posizione precisa nell'incontro che la Montedison ha avuto il 23 giugno col Ministro. Vi fu la presentazione, da parte dell'azienda, di un piano di ristrutturazione per quel che riguarda l'ETI-Vallesusa vero e proprio e la trattativa fu condotta sulla base di questo piano. Allora la Montedison considerava il settore tessile nel quadro generale dell'azienda, ma anche nella sua autonomia, quindi il piano esiste e gli impegni sono stati presi in relazione al medesimo.
Cosa dobbiamo fare noi come Regione? Dobbiamo cercare di non confondere il problema dell'ETI-Vallesusa con quello generale della Montedison. Se ci rifacciamo ai nostri dibattiti e alla conferenza chimica, prendendo le mosse di lì, sbagliamo completamente. Certo bisognerà tenere presente ci di cui in occasione della conferenza chimica o dei problemi riguardanti la strutturazione del settore chimico abbiamo discusso, ma le mosse bisogna assolutamente prenderle da quel documento firmato il 23 giugno presso il Ministero del lavoro, distinguendo le cose, anche se non separandole.
Per quel che riguarda l'ETI-Vallesusa innanzi tutto dobbiamo chiedere il rispetto dei patti, altrimenti che razza di rapporto possiamo pensare che domani si instauri? Patti, da notarsi bene, che sono già basati su analisi, quindi in qualche modo su piani di ristrutturazione. Dobbiamo fare leva su questo punto.
Faccio ancora presente che i lavoratori dell'ETI-Vallesusa non sono stati licenziati formalmente, sono chiusi gli stabilimenti. Giuridicamente parlando il licenziamento non è ancora definito, si tratta di gente che in pratica non percepisce lo stipendio, il salario, ma stiamo attenti a non prestarci al gioco, a non permettere cioè che la vicenda dell'ETI-Vallesusa finisca nel calderone, sulle spalle dei lavoratori che intanto aspettano prestandoci a certe manovre di cui io non sono al corrente, ma delle quali si sente parlare. Bisogna mantenere la distinzione e il nostro intervento non deve essere né di salvataggio né, peggio, di rattoppo, là dove constatassimo che non c'é niente da fare, tornando a pietire per ottenere qualche cosa. Innanzi tutto vogliamo il rispetto dei patti per la dignità del Governo, dell'azienda, dei sindacati, dei lavoratori e anche degli Enti locali. Negli incontri che si vogliono organizzare (io non so che razza di ordine del giorno verrà fuori) bisognerebbe che fosse dato spicco a questa affermazione e che la Giunta si incontrasse con il Governo, con le commissioni, o con quello che sarà, su una base concreta nella quale avere fiducia.
Quindi raccomanderei, come ha già detto il Consigliere Garabello, di assumere questa linea, considerando, si capisce, anche il problema della programmazione per quel che riguarda la Montedison, ma di stare attenti a non confondere la questione dell'ETI-Vallesusa con quella della Montedison o con la ristrutturazione di tutto il settore chimico.


Argomento:

Interpellanza (Annuncio)


PRESIDENTE

C'era un'interpellanza del Consigliere Nesi, a proposito di questo argomento, presentata in data 19 agosto, che dovrei ritenere praticamente superato dalla discussione di carattere generale, tuttavia passa agli atti perché resti formalmente acquisito il testo di quello che chiedeva. La Giunta conosce l'argomento, l'Assessore anche, la risposta viene attraverso il dibattito.



NESI Nerio

D'accordo, la ritengo conglobata.



PRESIDENTE

Benissimo, diamo atto a verbale che concorda e passa agli atti.
La seduta è rinviata alle ore 16.



(La seduta ha termine alle ore 13)



< torna indietro