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Dettaglio seduta n.101 del 07/07/72 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE OBERTO


Argomento:

Approvazione verbali sedute precedenti


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Prego il Consigliere Segretario di dare lettura del processo verbale dell'ultima seduta di Consiglio, di cui non si è potuta dare lettura ieri.



MENOZZI Stanislao, Segretario



PRESIDENTE

Ci sono delle osservazioni sul verbale? Nessuno chiedendo di parlare ritengo il verbale approvato all'unanimità.


Argomento: Bilanci preventivi

Bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 1972 (seguito)


PRESIDENTE

Il Presidente della Giunta ha chiesto di fare una dichiarazione.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Signor Presidente, signori Consiglieri, la Giunta si dichiara d'accordo con la proposta di rinviare alla riunione di giovedì 13 la propria replica sul bilancio.
L'ampiezza della discussione sin qui avvenuta e la notevole rilevanza degli apporti costruttivi già verificatesi con gli interventi dei Consiglieri che hanno preso la parola nella seduta di ieri e che ancora certamente si verificherà attraverso gli interventi dei Consiglieri che prenderanno la parola oggi, propongono riflessioni, approfondimenti e verifiche che la Giunta non ritiene possibile esaurire nel breve spazio di qualche ora.
Le indicazioni pervenute e che perverranno dalla discussione meritano per il loro contenuto, di essere attentamente considerate, ma occorre poter valutare con esattezza ed analiticamente la compatibilità di ognuna di esse sia con l'articolazione giuridico-formale del bilancio, che è in ogni caso prudente rispettare per averne l'approvazione, e sia con l'indirizzo generale della Giunta - peraltro largamente condiviso dal Consiglio che è quello di evitare, anche nella costruzione del bilancio, qualsiasi possibile contraddizione rispetto alla linea prescelta di attuare il più rapidamente possibile un ampio decentramento di deleghe amministrative agli enti locali.
Per attuare approfonditamente queste verifiche di compatibilità, la Giunta ritiene che sia necessario qualche giorno ed aderisce perciò alla proposta di rinviare a giovedì la propria replica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zanone.



ZANONE Valerio

Signor Presidente, signori Consiglieri, sull'edizione di ieri dell'Avanti, che ha dedicato un ampio servizio al dibattito sul bilancio regionale, il collega Simonelli (ora assente) ha scritto che questa Giunta in assenza di un documento programmatico diverso da quello della defunta Giunta di centro sinistra - che del resto a suo tempo fu ampiamente criticato per la sua lacunosità - presenta, con il bilancio 1972, il primo quadro globale delle proprie intenzioni operative.
Devo dire subito che questo bilancio, che possiamo dichiarare preventivo solo per consuetudine, si presta soltanto parzialmente a un dibattito generale di carattere programmatico, come è stato invece quello che si è sviluppato nella riunione di ieri; forse la prossima discussione sul documento preliminare del piano regionale sarà un'occasione più adatta al fine di una discussione programmatica generale sull'indirizzo politico della Regione. E questo perché il bilancio della Regione non può sfuggire a una serie di limiti, alcuni di natura permanente, altri di natura occasionale.
Il limite permanente, come è noto, è connesso alla dimensione e alla rigidità della finanza regionale, quale è configurata dalla legge dello Stato. Per quanto riguarda la dimensione, la disponibilità finanziaria dell'amministrazione regionale, anche tenendo conto di quegli effetti moltiplicatori che sono stati ieri illustrati dal collega Rossotto, è tutto sommato, molto modesta rispetto al bilancio complessivo della pubblica amministrazione, sia locale, sia ancor più nazionale operante nell'ambito della Regione. Quanto alla rigidità, essa è quasi totale per le entrate ed è rilevante anche per gli impegni di spesa, per lo meno in questa fase di trasferimento delle funzioni.
Ho richiamato queste considerazioni (del tutto ovvie), all'attenzione del Consiglio, per sottolineare che la rilevanza politica dell'Ente regionale travalica le dimensioni del bilancio e l'ampiezza delle decisioni politiche che si accentrano sugli organi regionali, non può essere contenuta nell'ambito delle competenze finanziarie dirette della Regione il che del resto è evidente se ci atteniamo alla concezione statutaria che privilegia le funzioni regionali di programmazione, di partecipazione democratica, di coordinamento delle attività amministrative rispetto alle funzioni gestionali vere e proprie.
Ma i limiti maggiori per il dibattito che si sta svolgendo, sono quelli di carattere contingente, che del resto sono puntualmente evidenziati sia nella relazione della Giunta, sia in quella della prima Commissione consiliare.
Anzitutto questo bilancio, che formalmente concerne i tre quarti dell'esercizio e che di fatto verrà approvato quando oltre la metà dell'esercizio è trascorsa per inderogabili esigenze di tempo, è in qualche modo un'esercitazione sul bilancio di previsione vero e proprio che sarà quello dell'esercizio 1973, al quale la Giunta dovrà accingersi, credo immediatamente, vista la prescrizione statutaria che fissa la presentazione entro agosto e l'approvazione entro novembre.
Realisticamente mi pare si possa dire che le indicazioni che provengono da questa discussione serviranno più all'impostazione del bilancio 1973 che a quello del 1972. Anche perché mancano le premesse indispensabili perch il bilancio possa essere, come dovrebbe essere, finalizzato agli obiettivi della programmazione regionale, la quale è tuttora allo stato delle prime indicazioni e delle prime elaborazioni di dati e quindi non offre la possibilità di giudicare questo bilancio come una proiezione, come un'articolazione di breve periodo della politica di programmazione.
In assenza di questo non si può fare una colpa all'esecutivo regionale se esso ha fondato il maggior numero degli stanziamenti di questo bilancio o su parametri più o meno fissi, come sembrano essere quelli assunti per regolare il rapporto fra stipendi, compensi straordinari, compensi speciali, indennità per il personale (dove è evidente l'applicazione di un modulo più o meno rigido) o, in altri casi, sugli stanziamenti che in precedenza erano stati fissati dall'amministrazione statale di provenienza sia pure con spostamenti e impinguamenti di singole voci. Ma per il bilancio futuro, che a differenza di questo disporrà di una sua logica programmatoria, vorrei pregare la Giunta di considerare l'opportunità di un'impostazione che faciliti la valutazione politica e che si imperni sugli elementi caratteristici della programmazione di bilancio, cioè un'impostazione che comprenda un'indicazione precisa ed esplicita dei fini una determinazione della priorità dei fini e delle scelte adottate un'analisi delle alternative possibili in riferimento ai costi non solo monetari ma alla efficacia concreta dei singoli interventi, in modo da accertare che il denaro dei contribuenti venga impiegato non solo sotto l'osservanza del controllo tradizionale giuridico-contabile, ma nei modi corrispondenti alla redditività migliore.
Quanto ai contenuti specifici del bilancio in esame, preso atto della soddisfacente proporzione delle spese di investimento rispetto alle spese correnti, la rimanenza di un cospicuo fondo globale, che è ancora disponibile per autonome decisioni di spesa da assumere con legge regionale, consente, come numerosi colleghi hanno del resto fatto nella riunione di ieri, la proposta di aumenti per singole voci di bilancio. A me sembra ad esempio auspicabile un maggiore impegno per le biblioteche e per i musei degli enti locali che sono istituzioni culturali molte volte angustiate dalle ristrettezze dei bilanci municipali e finora molto scarsamente assistite dall'intervento statale.
Altre proposte di aumento sono suggerite dallo stesso rapporto preliminare dell'IRES per il piano regionale e da altri documenti preparatori della programmazione. Ad esempio, il rapporto sullo stato degli inquinamenti in Piemonte elaborato dall'IRES sulla scorta delle risposte dei comuni al questionario a suo tempo diffuso dalla Regione, nell'esame preliminare che si è potuto compiere in sede di V Commissione consiliare ha messo in rilievo la necessità di un sollecito potenziamento degli organi tecnici preposti ai controlli sugli inquinamenti idrici, principalmente i laboratori provinciali di igiene.
Fra le priorità che sono state indicate dalla stessa Giunta, in vista dell'autorizzazione del fondo globale residuo, ritengo si debba senz'altro sottolineare l'impegno per gli asili nido. A parte le ovvie considerazioni di ordine sociale e civile che evidentemente ci trovano tutti d'accordo concorre a rafforzare questa priorità anche un elemento di carattere economico: il rapporto preliminare dell'IRES dimostra che il tasso di attività della popolazione femminile, che nella prima fascia di età, quella dal 14 ai 19 anni, è addirittura superiore a quella maschile, si riduce nettamente nel periodo di formazione della famiglia. Sappiamo bene che il costo della vita, il tono dei consumi familiari medi nelle aree urbane della Regione, è tale da richiedere di norma la presenza, in ciascun nucleo familiare, di più di un elemento attivo. Quindi la Regione deve farsi carico di quelle infrastrutture sociali, a partire appunto dagli asili nido, che possono elevare il tasso di occupazione femminile, rimediando almeno in parte, alla cronica insufficienza del tasso di popolazione occupata che si riscontra nel nostro Paese.
L'esemplificazione potrebbe naturalmente estendersi. Mi limito a dichiarare che il gruppo liberale ritiene importante l'allestimento in tempo utile (e il tempo utile è purtroppo molto ridotto) dei disegni di legge necessari per consentire la completa erogazione delle risorse che restano non assegnate.
Qualche parola va aggiunta invece agli impegni di bilancio politicamente più caratterizzanti, che sono quelli per gli strumenti operativi delle azioni di piano, la finanziaria pubblica e gli enti per l'agricoltura e per l'artigianato. Non direi una cosa storicamente esatta se affermassi che da parte liberale vi è un'aspettativa entusiastica verso la proliferazione di organismi di questo genere. Nei loro confronti c'è sempre stato il rischio che l'ente pubblico cada nella condizione dell'apprendista stregone, questo è già abbondantemente avvenuto per lo Stato e potrebbe avvenire anche per la Regione.
Volendo emulare il relatore Dotti, nel ricorso a citazioni latine potrei ricordare il detto di un antico filosofo (credo rinascimentale comunque certamente precedente alla politica di piano), il quale affermava che "entia preter necessitatem non sunt multiplicanda". Questo però non significa che contro questa sorta di strumenti esista da parte nostra una pregiudiziale di carattere ideologico. Si tratta di valutare, in concreto a cosa possono servire, quanto costano, con quali strumenti di controllo democratico si potrà verificarne la correttezza e l'efficacia, e forse da questo punto di vista la relazione di bilancio non spende troppe parole.
Per quanto riguarda la finalità dell'Ente di sviluppo agricolo, il rapporto preliminare dell'IRES contiene però delle indicazioni sufficienti in favore di una serie di indirizzi: l'accorpamento della proprietà, ancora eccessivamente frammentata; la riduzione del dislivello del valore aggiunto per addetto che oggi sussiste fra il comparto primario e quello secondario e terziario; le misure possibili per riformare un sistema di commercializzazione dei prodotti agricoli, soprattutto quelli facilmente deperibili, che è oggi abbondantemente parassitario; il coordinamento necessario fra la produzione agricola e gli interventi per la tutela ambientale idrogeologica ed ecologica.
Se la finalità dell'ente di sviluppo agricolo sarà coerente con queste indicazioni e si volgerà a razionalizzare le strutture agrarie piuttosto che ricorrere alla politica di tipo assistenziale e alla distorsione del sistema di mercato, noi certamente non potremo che essere favorevoli a questo tipo di intervento.
Per inciso devo dire ai colleghi Sanlorenzo e Ferraris che non condivido la loro angoscia in vista della revisione della legge sull'affitto dei fondi rustici.



FERRARIS Bruno

Non mi aspettavo altro!



ZANONE Valerio

Non ti aspettavi che io la condividessi ed hai fatto bene. Il collega Ferraris si è domandato da che parte stava la Regione, se sta alla parte degli affittuari o da quella dei latifondisti (che peraltro in Piemonte sono pressoché inesistenti) ma se la Regione deve stare dalla parte del bene comune, come si dice nei termini peculiari alla sociologia cattolica o della collettività in generale e comunque se il fine è quello dello sviluppo agricolo correttamente inteso, bisogna riconoscere - come del resto è stato fatto da molti, anche da parti politiche molto diverse - che la legge sui fondi rustici non merita di sopravvivere senza correzioni sostanziali, perché è una legge per alcuni aspetti iniqua, per molti altri controproducente e fortemente indiziata, tra l'altro di illegittimità costituzionale.
Cercherò subito di rimediare al malumore dei colleghi comunisti dicendo che condivido invece alcune considerazioni espresse ieri dal Consigliere Raschio sul tema dell'artigianato. La mia impressione collima con la sua (se l'ho bene intesa) nel senso che forse tra i gravami dell'artigianato bisogna anche considerare i troppi enti che si propongono di svilupparlo e di assisterlo. Sarà una mia distrazione, ma nella relazione sul bilancio e anche nel rapporto preliminare dell'IRES, non ho trovato indicazioni esaurienti sugli obiettivi e sugli indirizzi ai quali dovrebbe ispirarsi il futuro ente regionale per l'artigianato.



RASCHIO Luciano

E' dimenticato l'artigianato, non esiste.



ZANONE Valerio

Vengo all'ultimo punto, cioè alla Finanziaria pubblica. Devo dire che ho ascoltato con qualche perplessità la delineazione dei compiti che essa dovrebbe avere, secondo il collega Benzi. Il punto che mi rende perplesso è se la Finanziaria debba occuparsi soltanto dello sviluppo industriale inteso in senso diretto, o principalmente della formazione di quelle infrastrutture e di quelle condizioni organizzative del territorio che servono alla corretta localizzazione degli insediamenti industriali. Per la relazione della Giunta contiene una risposta nel senso della seconda (se non vado errato) delle interpretazioni accennate e credo che non potrebbe essere diversamente se vogliamo mantenerci coerenti con le materie di competenza regionale tassativamente indicate dall'art. 117 della Costituzione.
Concludendo, questo bilancio - a nostro avviso - nel complesso è un impegno positivo della Regione che da appena due mesi è entrata in possesso delle sue capacità operative. Noi confidiamo che la realizzazione degli impegni contenuti appunto nel bilancio consentirà anche di verificare quel sistema di rapporti fra gli organi regionali che rimane abbastanza controverso sia in politica sia in dottrina; e che dal punto di vista liberale, deve organizzarsi evitando le opposte radicalizzazioni, e gli opposti pericoli dell'assemblearimo e del presidenzialismo.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Conti, ne ha facoltà.



CONTI Domenico

Signor Presidente, colleghi consiglieri, apro il mio intervento precisando che è mia intenzione di non formulare espressamente giudizi sulla positività o negatività della presente proposta di bilancio. Altri ne ha parlato, altri, credo, ne parlerà ancora.
La mia condizione di Consigliere che ha accettato la attuale Giunta per disciplina di gruppo e soprattutto il desiderio di limitarmi ad arrecare nella misura delle mie possibilità, qualche contributo migliorativo, mi orientano ad interloquire subito con la proposta di bilancio svolgendo un certo numero di considerazioni, osservazioni e proposte che spero possano venire effettuate qualora si dimostrino per il bene della comunità regionale, al servizio della quale stiamo svolgendo il nostro lavoro.
Pur condividendo alcune valutazioni espresse dal Consigliere Zanone e nella prospettiva del bilancio 1973 e del programma di sviluppo, ho scelto di svolgere le mie osservazioni e proposte partendo dai rapporti del presente bilancio con la programmazione. Attualmente, lo sappiamo, manca ancora il bilancio di sviluppo ai piani settoriali che la Giunta, a norma dell'art. 39 dello Statuto deve predisporre e sottoporre all'approvazione del Consiglio. Tuttavia il presente bilancio, per quanto contiene o afferma nella relazione che introduce, sembra volersi collocare in qualche modo come un bilancio di passaggio verso un bilancio pluriennale programmato connesso con il piano di sviluppo. Infatti è prevista nella relazione (prima lo erano anche nel bilancio stesso) la costituzione di tre strumenti di programmazione: la Finanziaria pubblica, gli enti di sviluppo per l'artigianato e l'agricoltura. Anzi, in detta relazione è previsto pure il fondo globale per le spese di investimento che, se ho ben compreso dovrebbe appunto andare a finanziare la costituzione dei suddetti tre strumenti di programmazione.
Un secondo elemento, che mi sembra voler collegare il bilancio alla programmazione di settore, è proprio offerto dallo sforzo di suddividere tra le funzioni trasferite, la quota attribuita alla Regione dal riparto del fondo comune, ricorrendo al minimo indispensabile al coefficiente riduttivo, cercando invece di stabilire un rapporto di congruità tra previsione di bilancio ed il suo probabile fabbisogno. Anzi, si è cercato di stabilire una certa gamma di priorità rispetto a questi fabbisogni cercando di dare agli interventi in bilancio una funzione finalizzata rispetto alle condizioni dell'attuale comunità regionale.
Un terzo elemento peraltro connesso al secondo, sembra essere lo sforzo di definire le sezioni e le sottosezioni della spesa secondo una certa analisi funzionale che supporrebbe un riferimento di carattere programmatorio. Infatti, funzione è sempre di qualcosa rispetto a qualcos'altro, qualcosa che si definisce in rapporto a qualcos'altro. La definizione delle sezioni e la definizione di quelle che potremmo chiamare sottosezioni è un atto di estrema rilevanza politica programmatoria e anche legislativa. Su questo argomento, sia pure in forma schematica, vorrei ora svolgere alcune considerazioni.
Occorre considerare che le possibilità della Regione nelle materie di competenza sono, a mio avviso, di due aspetti: a) intervento in via autoritativa, con legge, che accompagna ogni momento dell'esternazione del potere regionale. E' il tipo classico di intervento del potere pubblico caratteristico dello stato di diritto a contenuto garantista, che si limita a prevedere, correggere e punire. Lo Stato è come separato dalla società civile e non interviene nell'economia; b) intervento in via promozionale ove si realizza una serie di erogazioni, gestioni, prestazioni (sempre con legge) da parte del potere pubblico. Esso, in altre parole, non si atteggia come a superiore alla società civile, ma interviene per sostenere coordinare e controllare.
In quest'ordine di idee non si verificano quegli interventi restrittivi della sfera personale e patrimoniale dei soggetti che nell'ipotesi di prima giustificano le garanzie legalitarie sull'azione dell'ente pubblico. Qui invece, essendo l'attività pubblica volta a dilatare le sfere personali dei membri della società, non ha campo l'applicazione dell'art. 23 della Costituzione. Resta ferma, è vero, l'esigenza di una base legislativa, ma questa è limitata al punto in cui prevede il fondo dell'erogazione, legge di bilancio, legge di piano. Si potrebbe obiettare che ciò ha senso nei limiti espressi dall'art. 117 della Costituzione e ciò è vero, ma non è esatto se questi limiti vengono considerati come tavole bronzee destinate non a delineare, ma a costringere l'attività regionale.
In realtà la situazione che ne deriva è più complessa, lo confermano i seguenti rilievi: le competenze regionali, espressamente indicate come trasferite, non rappresentano un quadro definitivo, ma un disegno in formazione. Non si dimentichi l'espressione "sono trasferite, tra l'altro" e si introduce sempre l'elenco che esprime le funzioni trasferite, almeno quelle indicate, il che fa supporre che ci sono altre cose che non sono dette, ma vengono trasferite.
Non soltanto gli stessi decreti delegati prevedono possibilità di ulteriori trasferimenti di funzioni, non soltanto lo Stato può delegare altre funzioni alla Regione, ma le stesse leggi dello Stato non solo possono ampliare, ma ampliano nella realtà la sfera di intervento regionale.
Le stesse materie dell'art. 117 sono suscettibili di ulteriori definizioni a livello di legge quadro. Infine, una considerazione che mi sembra abbia anche importanza, mi paiono parimenti delegate quelle funzioni che sono proprie degli enti strumentali (per esempio i consorzi e i patronati) circa i quali i decreti delegati trasferiscono alla Regione determinate funzioni. Ne deriva che la Regione, pur non essendo ente a competenza illimitata, come lo Stato, è, in quanto ente politico costituzionale, ente a competenze non delimitate, ma soltanto delineate.
L'art. 117 va letto non solo alla luce dei principi costituzionali, ma anche nella prospettiva delle norme di principio espresse dallo Statuto regionale. Dette norme non sono certamente integrative della Costituzione ma per il nesso giuridico e ideologico che le collega alle norme di principio della Costituzione e quindi delle altre leggi dello Stato, non soltanto assumono una precisa forza vincolante nei confronti delle attività di indirizzo politico a livello regionale, ma addirittura condizionano, su questa linea, direttamente, ogni espressione di potere, di indirizzo politico a livello regionale e quindi, investendo in primo luogo l'attività legislativa determinano i contenuti e le impostazioni sia del bilancio che della programmazione.
Le norme di principio dello Statuto possono e debbono trovare espressione nel massimo atto organizzativo della Regione, il bilancio ed il piano, predisposti per l'attuazione completa per settori e agganci di materie del trasferimento di funzioni avvenute con i decreti delegati. Si tenga presente che le materie dell'art. 117 della Costituzione debbono essere considerate come le varianti endogene della comunità regionale, le quali, se convenientemente sviluppate, assicurano una pacifica crescita della comunità. La Regione, anche con il suo bilancio, e anche con l'intitolazione e l'articolazione delle sezioni della spesa, deve scegliere in modo chiaro e inequivocabile tra l'affermare che la Regione, come afferma l'esposto, debba disporre di tanto potere normativo da assurgere a centro di vita effettiva ed individuale nella vita dello Stato, libera dunque - come commenta il Paladini - nei limiti indicati dalla Costituzione, di organizzarsi e di organizzare i settori di sua competenza sotto la responsabilità politica del Consiglio e della Giunta regionale senza venire strumentalizzata dagli organi centrali di governo; oppure optare rinunciando a quella che deve essere, secondo una concezione efficientista della riforma regionale, per cui, come afferma ancora il Paladini, la Regione viene intesa come utile tramite destinato ad attuare un complesso di decisioni comuni a tutti gli enti pubblici territoriali che vanno necessariamente adottati in sede nazionale, onde l'accento finisce per cadere sull'amministrazione piuttosto che sulla legislazione locale tanto che le stesse leggi regionali si riducono spesso, in tal senso, a provvedimenti di puntuale esecuzione della politica statale. Non si dimentichi comunque che le Regioni dovrebbero rappresentare l'occasione e lo strumento per ammodernare e riformare, sulla base di principi stabiliti o risultante dalla legislazione nazionale, l'intera disciplina vigente nei settori enumerati dall'art. 117 della Costituzione.
Tutto ciò deve avere una precisa espressione nel massimo atto organizzativo della Regione: il bilancio e il piano, anche nel modo in cui vengono suddivise e definite le sezioni e le sottosezioni di bilancio. In questo modo si dovrebbe esprimere una volontà di considerare le materie del 117 alla luce dei principi della Costituzione, alla luce delle norme e dei principi dello Statuto, in modo da costituire di tali materie veri e propri settori organici di materia. Il che è un atto fondamentale perché possa attuarsi la programmazione settoriale, che è parte della programmazione globale, secondo un preciso indirizzo politico; il che è anche indispensabile per poter dare, col bilancio, una certa base anche all'attività legislativa della Regione.
Da parte mia, debbo riconoscere che dato il tempo breve a disposizione e per la mancanza di un'adeguata documentazione, (non si dimentichi in che condizioni si trovano tuttora le Commissioni nello svolgere il loro lavoro) non sono oggi in grado di proporre una nuova, completa articolazione e intitolazione di tutte le sezioni e sottosezioni della spesa. Su questo argomento mi limiterò a qualche osservazione e a qualche proposta.
Per esempio, sulla intitolazione e sul contenuto della seconda sezione della spesa "Istruzione, formazione e cultura", se il termine "formazione" non riceve una più precisa determinazione che lo colleghi in modo specifico ed esclusivo per così dire, da un lato all'istruzione, dall'altro alla cultura, credo che questa sezione non possa non comprendere la formazione professionale che invece è stata posta nella sezione concernente le attività sociali.
In ogni caso, sia pure attendendo il dibattito sulla programmazione e sul bilancio del '73, mi sembrerebbe già opportuno fin da adesso trasferire tutto ciò che concerne la formazione professionale sotto la seconda sezione; così risulterà più chiaro che cosa la Regione vuole difendere quando definisce la sezione "Istruzione, formazione e cultura" e sarà più chiaro stabilire che si vogliono soprattutto realizzare dei rapporti essenziali fra i processi formativi scolastici, i processi formativi professionali specifici e in genere le attività culturali.
Per quel che riguarda la formazione professionale, non capisco con quale fondamento e giustificazione si sia mantenuta l'articolazione come sottosezioni di formazione professionale e includendovi ciò che si riferisce ai consorzi e di addestramento professionale per includere, sotto questa dizione, ciò che si riferisce all'attività precedentemente svolta dal Ministero del Lavoro. A parte che la dizione "formazione professionale" non esiste (a meno che si faccia riferimento all'art. 35 della Costituzione) nella prassi giuridica, comunque l'impiego di "formazione professionale" è conveniente, ma proprio come termine nuovo e indicativo di un certo orientamento peraltro illustrato già durante l'osservazione sui decreti delegati, ma proporrei di sopprimere ogni suddivisione tra quello che riguarda le competenze relative dei consorzi e le competenze trasferite che una volta dipendevano dal Ministero del Lavoro.
A proposito dell'assistenza scolastica, mi sembrerebbe di dover completare questa dizione in armonia a quanto già espresso durante la discussione sui decreti delegati "Assistenza scolastica e diritto allo studio", così rimane fissato un indirizzo. Per ciò che riguarda i musei e le biblioteche, proporrei di integrare l'espressione "Musei, biblioteche e attività culturali" proprio perché con musei e biblioteche si intende qualificare un settore di intervento della Regione, proprio nel campo dell'attività culturale in genere. Ci sarà il problema dei centri o delle unità culturali locali, le quali imperniate sulla biblioteca, collegate in qualche modo con i musei, dovranno comunque diventare la sede anche di altre manifestazioni caratteristiche che hanno specifici fini culturali.
Per quel che riguarda l'intitolazione e il contenuto della quarta sezione, mi sembrerebbe opportuno integrare la dizione "assistenza" con "e sicurezza sociale". Sarebbe importante per questa sottosezione tenere presenti due indirizzi che andrebbero dichiarati (comunque si potranno dichiarare già durante la discussione sul piano): un indirizzo di attività in ordine al mondo del lavoro, all'attività lavorativa e un altro indirizzo di attività in ordine alla famiglia e alla vita di relazione in genere.
Per quanto concerne l'assistenza sanitaria e ospedaliera sarà necessario articolarla in "preventiva, curativa e riabilitativa". Sarei contrario, comunque, ad una visione del settore che veda una dominanza inclusiva del concetto di sanità, perché se è vero che la sezione delle attività sociali è soprattutto improntata ad eliminare i condizionamenti e le emarginazioni, il punto di riferimento non è la sanità, ma è lo sviluppo dei cittadini. Anzi, lo stesso concetto di sanità diventa comprensibile soltanto se riferito all'uomo e visto in funzione del suo sviluppo.
Circa le azioni e gli interventi per l'assetto del territorio, non capisco perché non comprendano le sottosezioni viabilità ed infrastrutture viabilità, acquedotti ed opere igieniche, lavori pubblici; messi in questo modo vuol dire una pura e semplice subordinazione in funzione di queste strutture in ordine allo sviluppo della vita economica e non invece qualcosa di più generale, che può e deve toccare anche lo sviluppo della vita economica, ma ogni altra espressione della vita regionale.
Vorrei venire ora alle osservazioni rispetto ai capitoli della spesa e al modo di attuarli. In generale mi sembra di poter suggerire un criterio: i capitoli della spesa prevedono sostanzialmente numerose elargizioni erogazioni da operarsi sulla legge dello Stato, la quale attualmente è in vigore non avendo noi espresso ancora leggi regionali. Queste elargizioni ed erogazioni dovrebbero venire mediante programmi e criteri motivati e commisurati agli effetti che si vogliono ottenere, che sono effetti di indirizzo, di coordinamento e di controllo e perciò effetti sostanzialmente di promozione. In questo senso risultano innovativi e risolutivi, secondo i principi dello Statuto. Questo mi sembra estremamente importante perché il principio che la qualità diventi l'elemento propulsivo della stessa quantità, deve in qualche modo essere assunto in tutta l'attività della Regione, in modo particolare per quel che riguarda queste elargizioni. In mancanza di legge regionale e in coerenza con quanto proposto dalla Giunta a proposito della formazione professionale, mi sembrerebbe che questi programmi e questi criteri prima di essere definiti si dovrebbe ascoltare il parere delle Commissioni interessate. E' un punto che comunque verrà in discussione perché la delibera sarà affrontata nella prossima seduta.
Per il modo di attuare i capitoli di spesa che riguardano la formazione professionale e in attesa di poter parlare del programma, vorrei proporre alcuni criteri. Per intanto portare sotto la voce "formazione professionale" tutti i capitoli relativi all'aggiornamento e alla formazione del personale regionale, in coerenza con quanto disposto della delibera della Giunta; poi portare la parte del capitolo 740, che comprende l'addestramento e l'aggiornamento di imprenditori e di dirigenti per maestranze agricole. Circa l'attuazione di questi capitoli, proporrei questi criteri: innanzi tutto quello di assicurare l'effettiva continuità e piena funzionalità alle iniziative già in atto che presentino oggettive garanzie di serietà e di efficienza, di capacità e di disponibilità a corrispondere e a collaborare alla funzione di indirizzo, di coordinamento e di controllo che la Regione deve svolgere, specie se si tratta di iniziative che erogano gratuitamente il loro servizio formativo. Mi pare a questo proposito che sarebbe errato mantenere il concetto del contributo ma che bisogna invece orientarsi verso il concetto del finanziamento perché là dove venga svolto un servizio riconosciuto valido, riconosciuto efficiente, riconosciuto utile nell'interesse della comunità regionale e questo servizio sia per giunta reso gratuitamente, non comprendo come essendo la materia di competenza della Regione, non debba essere finanziato. D'altra parte questo era già il criterio adottato dal Ministero del Lavoro negli ultimi anni. La legge del 12.2.67, relativa all'utilizzo dei fondi CUAF (Cassa unica assegni familiari) che prevedeva integrazioni anche per le spese di amministrazione generale, le spese per l'ammodernamento e l'aggiornamento degli impianti e delle attrezzature e delle strumentazioni didattiche, che prevedeva anche finanziamenti per corsi che non erano compresi nella legge 264, è una legge a favore di enti legalmente riconosciuti, che hanno una personalità giuridica insomma.
Poi ricordo la legge dell'11.2.70 n. 35 per il trattamento degli istruttori del centro di addestramento professionale, dove si imponeva il superamento del contratto a tempo determinato per conseguire il contratto a tempo indeterminato. Voglio ricordare anche il contratto di lavoro stipulato fra il Ministero del Lavoro da una parte e alcune grosse organizzazioni di formazione professionale dall'altra. Quindi non si pu dire che questo non sia un indirizzo almeno in parte già attuato e che questo criterio debba comunque essere continuato dalla Regione.
Secondo criterio. Riconoscimento e finanziamento di iniziative selezionate, dipendenti dai consorzi, che accettino il principio della gratuità, abbiano i requisiti e la volontà di dedicarsi stabilmente ed efficacemente alla formazione professionale, secondo la funzione di indirizzo e di coordinamento e di controllo dei consorzi.
Per le iniziative sperimentali, credo che si debba procedere con molta cautela e dopo un'adeguata valutazione di sostanze più che di forme. In ogni caso, tra gli strumenti giuridici statali operanti, ritengo che il complesso di norme concernenti l'addestramento professionale ed i suoi sviluppi, sia quello meno lontano dalle funzioni che la Regione deve svolgere in questo settore. Questo lo si tenga presente anche nell'aumentare il capitolo di spesa relativo.
Circa la posizione che la Regione deve assumere rispetto ai consorzi vorrei sottolineare il fatto che i consorzi potrebbero servire ad esaltare e sviluppare soprattutto la funzione di orientamento in genere, scolastico e professionale che senz'altro fa parte e dell'assistenza scolastica e dell'assistenza formativa; anzi, questo capitolo dell'assistenza formativa cioè dell'erogazione di assistenza alle iniziative di formazione professionale, faccio presente che il problema è aperto e che bisogna trovare il sistema per poter intervenire anche in questa direzione; anche perché allievi che frequentano iniziative equivalenti, non vengano a trovarsi in posizione di trattamento e di aiuti differenziati.
Importante per ogni tipo di erogazione, e segnatamente per la formazione professionale; è il problema dei controlli, controlli sulla correttezza amministrativa e soprattutto controlli sul tipo di servizio per il quale è stata destinata l'erogazione.
Domando alla Giunta se con il presente bilancio questo sistema di controllo è stato previsto.
Per ciò che concerne i corsi di formazione del personale docente, dei centri di formazione professionale, oppure per gli asili nido, ritengo possa essere sufficiente la base legislativa statale attualmente operante sul terreno regionale e utilizzabile da parte della Regione in forza dei decreti delegati. Il problema semmai è costituito dalla misura degli stanziamenti previsti a bilancio e più ancora dalla capacità della Regione di valutare proposte da finanziare o di fornire basi programmatiche e organizzative. Come si procederà in questa direzione? Sempre in materia di formazione professionale, vorrei notare la mancanza di un capitolo nell'entrata e di uno nella spesa, relativi al fondo sociale europeo. Il punto del decreto delegato relativo all'art. 7 sull'istruzione professionale artigiana così recita: "Ai rapporti e convenzioni internazionali, coordinamento ai fini della prestazione al fondo sociale europeo delle richieste di contributo per il rimborso delle spese erogate dalle singole sezioni per la rieducazione professionale dei lavoratori, ai sensi degli artt. 19 e seguenti del regolamento del Consiglio della Comunità economica europea, concernenti il fondo sociale europeo, modificato dai regolamenti n. 47 e 63 e n. 37/67".
Questo fondo sociale europeo è di particolare interesse sotto due aspetti: prima di tutto per ciò che si riferisce agli handicappati; là dove la Regione, come è suo dovere, si dovesse dirigere in questa direzione (non ho potuto trovare copia della modifica dell'art. 3 del fondo sociale europeo), mi pare sia previsto addirittura un finanziamento completo delle iniziative sia per ciò che riguarda il funzionamento, sia per quel che riguarda la costruzione. In secondo luogo in vista della formazione professionale nelle zone depresse e nelle zone da riqualificare. Faccio presente che in Piemonte abbiamo zone depresse e zone da riqualificare; da considerare per esempio il problema del biellese o quello delle comunità montane. Il tema va studiato e soprattutto bisogna presentare un piano perché senza di questo non potremo trovare i finanziamenti adeguati per attuare ciò che occorre.
D'altra parte la legge tessile, all'art. 18, prevede che le imprese ammesse a beneficiare dei finanziamenti previsti, sono tenute ad aprire o finanziare corsi aziendali e interaziendali di riqualificazione di tutti i lavoratori licenziati, o sospesi, ovvero collocati a orario ridotto in conseguenza dell'attuazione dei piani aziendali di ristrutturazione riorganizzazione e conversione. I corsi di riqualificazione, che potranno essere istituiti anche ai sensi dell'art. 47 della legge 29.4.69 n. 264 sono organizzati secondo le disposizioni della legge stessa (è la Regione in questo caso che fissa queste disposizioni) e successive modificazioni.
Le relative modalità devono essere stabilite contemporaneamente all'approvazione dei piani, con l'intervento delle organizzazioni sindacali territorialmente interessate.
Un riferimento anche alla legge tessile è indispensabile farlo, non tanto come capitolo di bilancio perché può funzionare il capitolo relativo al fondo dell'addestramento professionale; ritengo che le aziende che non attuino direttamente i loro corsi, ma li finanzino, questi finanziamenti possano essere ricevuti nell'entrata nel capitolo relativo al fondo per l'addestramento lavoratori ed erogati in uscita nel capitolo previsto per il fondo. Comunque è necessario realizzare al più presto dei contatti e vedere di stabilire un piano di interventi, in ogni caso occorrerebbe anche tenere nel debito conto i problemi della formazione professionale, posti in essere dai nuovi insediamenti industriali. Per esempio a Crescentino e a Chivasso (al biellese ho già accennato).
Per tutte le ragioni su esposte e per le considerazioni che l'intervento più caratteristico e peculiare a favore della piena occupazione, a favore della valorizzazione delle energie umane e per lo sviluppo umano e sociale di chi lavora, deve essere soprattutto offerto dalle iniziative di formazione professionale, tanto più se si intende muovere per uno sviluppo il quale abbia attenzione non soltanto alle dimensioni quantitative dei fenomeni, ma soprattutto alle dimensioni qualitative e voglia fare dello stesso miglioramento della qualità un elemento dinamizzante della quantità. D'altra parte in questo senso si muovono anche le organizzazioni sindacali, con le quali potremo stabilire un certo discorso a proposito dei problemi della ristrutturazione delle mansioni e dell'organizzazione del lavoro, proprio intervenendo in modo massiccio e adeguato sullo strumento della formazione professionale.
Circa l'assistenza scolastica e il diritto allo studio manca una base conoscitiva fondata circa i bisogni qualitativi e quantitativi, rispetto al condizionamento, al disadattamento, all'emarginazione relativa ai processi scolastici.
Il cap. 248, concernente i contributi per i patronati, mi sembra del tutto insufficiente. E qui vorrei chiarire l'argomento. Io non vorrei che nella convinzione di dover superare i patronati (questa è una convinzione generale, espressa dal Consiglio regionale con la votazione a proposito delle osservazioni al decreto delegato sull'assistenza) e per il fatto di non essere ancora riusciti a formulare una legge regionale in materia, che non potrebbe in ogni caso - come legge regionale - eliminare i patronati che sono enti di diritto pubblico, non vorrei che commettessimo l'errore invece di studiare come fare a riformarli, visto che esistono, semmai per potenziare poi il finanziamento rispetto all'attività dei patronati, di lasciare le cose come stanno, di ridurre al minimo i finanziamenti e di avere nella sostanza un'assistenza scolastica sempre più inadeguata.
Io vorrei ricordare, a proposito dei patronati, la legge sul riordino degli stessi del 4.3.58, legge 261, e fare delle considerazioni su due articoli: il secondo, che fissa gli scopi del patronato e il sesto che determina il modo della strutturazione del medesimo. Per intanto i patronati, visti alla luce della legge, avrebbero delle competenze molto più ampie di quelle che comunemente si crede. D'accordo con una visione assistenzialistica, se si vuole paternalistica, ma queste competenze sono così elencate; fornire gratuitamente agli alunni bisognosi: cancelleria indumenti, medicinali; organizzare l'integrazione alimentare anche sotto forma di refezione scolastica a favore degli alunni sopraddetti, istituire e gestire doposcuola, interscuola, ricreatori, colonie, favorire l'assistenza igienico-sanitaria e curare ogni altra iniziativa che integri l'azione educatrice della scuola.
Io vorrei che si valutasse tutto questo, tanto più alla luce di quelle premesse e ritengo che queste sono competenze passate alla Regione, perch se le hanno i patronati, la Regione ha competenze rispetto ai patronati dunque queste sono competenze passate alla Regione.
Intanto vorrei che si considerasse tutta questa ampiezza e poi, a proposito della strutturazione dei patronati, vorrei leggere l'art. 6: "L'attività del patronato e la sua composizione sono regolate da uno Statuto che deve essere compilato in base agli statuti tipo A e B, secondo che trattasi rispettivamente di comuni con più o meno di 10.000 abitanti il Ministero della P.I. provvede alla preparazione e alla preparazione di detti statuti entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge".
A me sembra - e qui mi appello a chi è competente in materia giuridica che questi statuti non fanno parte della legge sui patronati, che questi statuti possono e debbono essere modificati dalla Regione, la quale esercita delle funzioni e quindi può riformare questi statuti. Io mi domando se non convenga, in attesa di potere legiferare diversamente o che addirittura vengano soppressi i patronati, studiare a fondo il problema e vedere come, attraverso l'art. 2 e soprattutto attraverso l'art. 6, non si riesca a dare un'altra struttura a questi patronati, un altro funzionamento, un'altra composizione. Per intanto non vorrei che si facesse l'errore di ridurre al minimo gli stanziamenti, magari semplicemente copiando quel che si faceva in precedenza, anche perché esistono delle situazioni di ingiustizia nelle quali il Ministero della P.I., attraverso l'attività dei patronati è venuto a collocarsi, per esempio in rapporto al trattamento del personale che collaborava. Non dimentichiamoci che ci sono delle persone con contratto di lavoro a tempo determinato. Non vorrei che noi finissimo per diventare coloro che perpetuano questo ordine di cose e perciò si addossano delle pesanti responsabilità per quel che riguarda il rapporto di lavoro di coloro che collaborano nell'ambito dei patronati.
L'argomento secondo me va approfondito e questa è la via per la quale superare il patronato così com'è, in vista di una sistemazione dell'assistenza scolastica veramente all'altezza della situazione. Per cui sono ancora dell'avviso che bisognerebbe, dato lo stato attuale per questo anno, aumentare convenientemente il contributo per i patronati scolastici.
Il cap. 242 mi sembra veramente scarso (articolo relativo agli assegni premi e sussidi e contributi per il mantenimento e la diffusione delle scuole materne non statali). Si tenga presente la dizione "assegni, premi sussidi e contributi per il mantenimento e la diffusione delle scuole materne non statali". Rispetto a questa funzione il contributo è estremamente esiguo. Si dirà che sono iniziative private. Intanto vorrei ricordare che in queste scuole materne non statali sono comprese le scuole materne comunali e, atteso l'orientamento di collegare soprattutto questo tipo di scuola alla comunità locale, mi sembra che bisognerebbe incoraggiare, semmai le scuole materne comunali, anche verso una gestione sociale delle stesse.
Voglio ancora ricordare che nella nostra regione esistono delle scuole materne, private sì perché il diritto è quello che è, parla solo di privato e di pubblico, non ci sono delle terze figure giuridiche in base alle quali valutare convenientemente le iniziative in atto; privato, che darebbe l'idea di perseguire interessi particolaristici e pubblico di perseguire interessi di carattere collettivo, generale. Nella realtà esistono delle scuole materne così dette private, che addirittura sono convenzionate con gli enti pubblici, coi comuni e ne accettano l'indirizzo didattico pedagogico, che ne accettano il controllo e veramente hanno attuato delle forme di collaborazione e di integrazione; e nella sostanza, in ordine al tipo di servizio erogato, si possono e si debbono riconoscere pubbliche.
Data l'urgenza, la grande necessità di sviluppare questo settore, dato quello che è affermato nello Statuto, di voler valorizzare tutti gli apporti e tutte le energie, mi pare che un conveniente aumento di questa voce, sia pure rispetto agli enti così detti privati subordinandoli alle convenzioni con i comuni, sarebbe utile perché ha tanta importanza soprattutto per quel che riguarda le famiglie dei lavoratori.
Vorrei ancora aggiungere qualche cosa sul bilancio e gli strumenti della programmazione. Sulla convenienza di far coincidere le sezioni di bilancio con i settori della programmazione, ho già detto, ne parler ancora durante il mio intervento sulla discussione relativa al piano regionale di sviluppo.
Vorrei ora accennare a qualche altro aspetto che manca purtroppo nel bilancio. Il problema dell'organizzazione dei servizi e degli uffici regionali, nel senso indicato dall'art. 81 dello Statuto mancano tanto nella relazione introduttiva che nei capitoli di bilancio indicazioni valide. Un'organizzazione dei servizi e degli uffici regionali è essenziale, fondamentale per tutta l'attività della Regione un'organizzazione burocratica che sia per così dire autoregolantesi, in base a criteri di produttività, da intendersi convenientemente, di efficienza e di efficacia, cioè di corrispondenza alle effettive esigenze della comunità regionale; un'organizzazione basata sull'organizzazione dell'informazione e delle comunicazioni, che utilizzi la ricerca operativa e abbia nella formazione continua del personale, uno strumento fondamentale di questa sua efficienza, di questa sua efficacia.
Organizzazione dell'informazione. La necessità di organizzare l'informazione è dimostrata appunto dal tipo di stanziamento di questo bilancio, i quali si basano su dei dati che nulla garantiscono circa la congruità degli stanziamenti rispetto agli effettivi bisogni della comunità. Basterebbe questa sola considerazione per porre in primo piano il problema dell'informazione; informazione che può avere un'origine burocratica proveniente da altre strutture burocratiche, che può avere una origine occasionale, sia di notizie, sia di incontri, in base alla partecipazione; un'informazione originata dalla ricerca razionale e se si vuole scientifica nei vari settori o campi della programmazione informazione verso la Regione, all'interno della Regione, dalla Regione un'informazione qualificata, perché non esistono informazioni neutre l'informazione è utile se è qualificata, viene raccolta, elaborata secondo un determinato disegno. E non si può dire che le informazioni, comunque fornite, si possano prendere così come sono, vanno tutte elaborate e riconsiderate alla luce di un disegno.
Si tratta di organizzare l'informazione, di organizzare le comunicazioni all'interno della Regione, con l'esterno dell'ente regione.
Si tratta di organizzare i servizi e gli uffici regionali in vista della programmazione settoriale, dell'amministrazione programmata. Si tratta di elaborare un organigramma adeguato ed un organico relativo.
Io vedrei la necessità, per questo problema urgentissimo, che venisse indicata una priorità per l'utilizzo del fondo globale, in modo che si possa costituire una Commissione adeguatamente strumentata per poter conseguire questo risultato, e non soltanto un risultato di massima largamente indicativo, che però prima che si traduca in un'effettiva struttura organizzata di uffici e di servizi chissà quanto ci metterà.
Ente di sviluppo e agenzie regionali. Se ne dovrà parlare in occasione della discussione sul piano, ma se ne deve già parlare adesso perché il bilancio ne fa menzione a proposito del fondo globale. Mi sembra che, pur condividendo tante perplessità rispetto a questi enti di sviluppo della programmazione, siano assolutamente indispensabili là dove si tratti di compiti nuovi rispetto alle possibilità dell'apparato burocratico regionale e rispetto alle possibilità degli enti territoriali esistenti.
Compiti nuovi. Sono compiti che per poter essere assolti richiedono di conseguire certi tipi di partecipazione (politica per esempio) o certi tipi di partecipazione finanziaria o tecnica che diversamente non sarebbero possibili nella misura e nel modo conveniente, in modo da sbloccare le strozzature esistenti. Naturalmente questi enti e queste agenzie dovrebbero essere concepiti in rapporto ai settori della programmazione.
Sono d'accordo, perché poi vengono date le adeguate precisazioni sull'istituzione della Finanziaria pubblica regionale (bisognerà stabilire in quali campi: infrastrutture, industria, con che tipo di controllo, con quale fondo, con quali criteri di gestione in rapporto ai fondi); sono d'accordo sull'Ente di sviluppo agricolo, ma che non faccia tutto, perch non ha senso, bensì per la formazione dei piani zonali, per attività di commercializzazione dei prodotti agricoli. Non capisco perché non si parli più dell'Ente dei trasporti. Ricordo che l'Unione regionale delle province (e noi vogliamo colloquiare con le province, con gli enti locali) aveva già avanzato due tipi di strumenti: l'Ente regionale dei trasporti, con il compito di formare il piano dei trasporti, con il compito della gestione del fondo regionale del settore da erogare a enti pubblici e privati in rapporto al piano. Erano previste delle competenze per le concessioni di linee e per le tariffe; erano previsti altresì enti di gestione dei trasporti per bacini di traffico con eventuale articolazione di rami per esercizio.
Come si colloca la Regione? Un ente strumentale che non è stato previsto, ma che mi sembra indispensabile, anche se magari prima si pu risolvere il problema con delle commissioni ad hoc, è quello che si riferisce al settore dello sviluppo pedagogico e formativo. Ci vuole assolutamente un ente strumentale, a mio giudizio, per la programmazione del settore istruzione comprendente la formazione professionale e cultura: per esempio per lo studio e la rilevazione sui fabbisogni, i quali fabbisogni, relativi alla formazione professionale, prima sono fabbisogni di forza lavoro, ma poi sono fabbisogni di formazione, su questi si pu costituire un piano di intervento (naturalmente fabbisogni quantitativi e qualitativi). Questo ente di sviluppo occorre per lo studio e per rilevazioni per esempio sull'organizzazione scolastica esistente sull'organizzazione culturale e lavorativa esistente. Ce n'è bisogno per quel che riguarda i profili professionali, ma non stabilirli perché la Regione non li può stabilire, però, sentite le Regioni, con lo Stato si potrà interloquire avendo in mano qualche cosa che sono le ricerche che si possono effettuare attraverso l'azione di questo ente di sviluppo strumentale.
L'ente di sviluppo strumentale serve per i controlli, soprattutto per la determinazione delle metodologie di controllo. Faccio presente che lo sviluppo della scuola in genere, nel senso dell'educazione e non semplicemente dell'istruzione intesa come informazione e nozione, e lo sviluppo della formazione professionale nel senso già precisato che ora non ripeto, dei decreti delegati, richiede soprattutto delle capacità di controllo adeguate; perché finché si trattava di controllare l'apprendimento relativo alle singole materie, la cosa poteva essere relativamente facile, ma quando si tratta di valutare risultati globali con un risultato educativo e formativo e per migliorare questi risultati addirittura si vuole riorganizzare tutti i processi formativi, l'impegno dei controlli diventa particolarmente complesso e difficile. Intanto bisogna stabilire gli obiettivi di questi controlli e poi i metodi.
Per la realizzazione delle sperimentazioni, nel campo pedagogico e formativo, ci vorrà pure un ente non dico che le faccia lui, ma che funzioni da segreteria tecnica e da ente strumentale rispetto alla Giunta nel valutare per esempio se accettare o no le proposte di iniziative sperimentali che vengono avanzate. Questo ente strumentale dello sviluppo pedagogico formativo mi pare indispensabile per quel che riguarda la formazione e l'aggiornamento del personale delle pubbliche amministrazioni.
Se la Regione fallirà per quel che riguarda l'organizzazione degli uffici e dei servizi suoi e l'amministrazione dinamica basata sulla continua formazione del proprio personale, non so poi con quale faccia potrà presentarsi a curare la formazione professionale o i problemi del lavoro in casa d'altri.
Questo ente (è una proposta che faccio, non intendo esaurire l'argomento) potrebbe servire da base appunto per l'organizzazione ed il funzionamento di quel che riguarda l'aggiornamento o la formazione del personale; il personale delle amministrazioni pubbliche non è soltanto quello regionale ma anche quello degli enti locali che se dovrà camminare amministrando e svolgendo la sua funzione burocratica in un quadro comprensoriale programmatorio, evidentemente ha bisogno di formazione specifica, che bisognerà fornirgli in qualche modo. Quello potrebbe essere il modo per fornirgliela.
Un altro aspetto estremamente importante è quello sulle deleghe amministrative le quali, in ordine alla programmazione potrebbero già delineare la sostanza dei comprensori, là dove la delega amministrativa più che non rivolta a singoli comuni o a singole amministrazioni provinciali, è rivolta a consorzi di comuni. Anche la legge delega dovrà pur operare nel contesto della programmazione.
Concludo osservando che mi sono limitato a considerare alcuni aspetti del bilancio riguardo alla programmazione, mi riservo di continuare il discorso allorché si tratterà, e in primo piano, della programmazione.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Fonio, ne ha facoltà.



FONIO Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il collega Zanone ha iniziato il suo dire ritenendo errata la definizione data da parte del gruppo socialista, secondo la quale questo bilancio - persa ormai nelle nebbie di un lontano centro sinistra la relazione programmatica dell'aprile 1971 costituisce in definitiva il programma operativo del nuovo governo della Regione, ed ha aggiunto che per fare queste valutazioni, bisognerebbe attendere l'impostazione del programma regionale di sviluppo.
Io non so come si possa contestare quanto da noi affermato e come il collega Zanone non si compiaccia invece di tutto quello che traspare da questo bilancio, sia in ordine alla fisionomia politica dell'attuale Giunta sempre più marcatamente di centro destra, sia in ordine alle impostazioni operative che non hanno molta parentela con il programma della Giunta precedente rispecchiando invece certamente, molto più da vicino, già attualmente, le impostazioni care a Zanone. E per smentire il collega liberale ritengo che basterebbe il particolare del fatto che questo è il primo bilancio della Giunta Regionale e un bilancio che apre la vita alla nostra Regione di per sé non può che avere un grande valore indicativo e programmatico. Forse nella concezione di una Regione programmatoria che rimane nei ricordi dei nostri dibattiti per lo Statuto nel primo anno di vita della Regione, voglio concedere all'amico Zanone un pizzico di rimpianto per cui cerca di respingere un giudizio fissato su quanto presentato dal bilancio della Giunta, ma per il resto e soprattutto per quello che impersonalmente rappresenta, questo bilancio, che è fedelissimo fino alla pignoleria alle impostazioni tradizionali e che si rifà essenzialmente e soprattutto a uno Stato burocratico decentrato piuttosto che alla nostra concezione di una Regione capace di smantellare sul piano locale la organizzazione di tale stato, rinnovarlo democraticamente e superare l'attuale progressivo decadimento delle istituzioni e della sfiducia che si fa sempre più assillante nei suoi confronti, ha degli aspetti che emergono chiaramente in ordine a quella che è la valutazione che si può dare della fisionomia politica e delle intenzioni operative dell'attuale Giunta. Perché il collega Zanone potesse avere almeno parzialmente ragione, bisognerebbe che al fondo del bilancio lo spirito della relazione che lo accompagna si rifacesse almeno a quella che noi abbiamo chiamate le rivendicazioni che le altre Regioni hanno portato avanti nella loro prima impostazione di bilancio.
La Regione Lombardia, nell'impostare il proprio bilancio per il 1972 ha voluto definirlo un inventario di cose essenziali e minime. Al confronto noi invece sentiamo definire il bilancio che stiamo discutendo, un primo bilancio completo ed organico. Non è che noi siamo contrari ad un'impostazione organica che anzi, nella nostra valutazione, nelle nostre critiche, nelle nostre impostazioni, giacché siamo su questa strada chiediamo maggiore funzionalità, chiarificazione, specificazione e organicità. Ma per sfuggire a questa nostra valutazione e, perché la valutazione dei liberali sia fondata, bisognerebbe che anziché trasparire da tutto il contesto di questo bilancio chiara, netta l'impostazione di quella che sarà la conduzione della Regione, ci fossero invece tutte quelle riserve che noi lamentiamo che non ci siano e che secondo noi si rifanno al problema delle rivendicazioni da parte della Regione verso lo Stato.
Difatti noi abbiamo sottolineato - e qui voglio ripetere - che allo stato delle intenzioni della Giunta, perché questo non apparisse un piano operativo definitivo in mancanza di conoscenza di quelli che saranno gli stanziamenti per il programma regionale di sviluppo, non doveva mancare tutta quella serie di rilievi in rapporto alla congruità, alla adeguatezza degli stanziamenti statali, come da più parti è stato rilevato, dai decreti di trasferimento per risultare confermata attraverso la ripartizione del fondo comune, inadeguata persino per quelle funzioni già svolte dallo Stato nella loro entità originaria. Ma soprattutto manca ogni e qualsiasi rilievo in rapporto al fatto che lo Stato ha sempre attuato i suoi maggiori interventi nel campo degli investimenti, nella quasi maggioranza dei settori, attraverso leggi speciali, riducendo il proprio bilancio ordinario a delle cifre ad un tempo irrisorie ed esasperanti per chi ha avuto la ventura e l'abitudine di operare in campo amministrativo con degli stanziamenti che erano del tutto inadeguati perfino ai puri scopi istituzionali.
Il silenzio su tutte queste cose e l'impostazione della relazione che si mette all'avanguardia in confronto alle altre Regioni che invece hanno avuto di queste riserve, anche per non illudere lo Stato che gli stanziamenti provenienti dal fondo comune siano adeguati, invogliandolo magari a procedere su quella strada, illudendolo sulla base delle integrazioni fatte coi fondi direttamente delle Regioni, ci sembra che sia un grosso difetto e che comporti tutte quelle critiche, quelle valutazioni di ordine politico e programmatico da noi avanzate, senza che il bilancio possa essere visto solo sotto un aspetto meramente provvisorio e contingente, quale peraltro non è stato proposto alla nostra valutazione.
E' certo che mancando questa solidarietà con le altre Regioni sotto il profilo rivendicativo noi dobbiamo sottolineare che invece nel programma della Giunta di centro sinistra, alla quale partecipava il gruppo socialista, si era inserito un apposito capitolo aggiunto delle rivendicazioni e tutto ciò che era in quel capitolo concretizzava in sostanza "la battaglia del regionalismo", battaglia che ovviamente il Presidente ha lasciato cadere non ritenendo più di farne una bandiera dell'attuale amministrazione regionale.
Sui contenuti del bilancio vengono indicate quattro scelte specifiche di grande rilievo nell'ambito delle quali sembra che venga mantenuta quella precedenza ai problemi ecologici che era stata fissata nella precedente dichiarazione programmatica già ricordata, dell'aprile 1971. Va tuttavia osservato che non esiste, in verità, quella "trasparenza" e quella "conoscibilità" vantata ed ostentata nella relazione della Giunta, perch anche in rapporto ai problemi dell'ambiente, se è vero che vi è uno stanziamento consistente di 300 milioni, dobbiamo rilevare innanzi tutto che la relazione, accanto allo stanziamento dei 300 milioni a titolo specifico sotto la voce "tutela dell'ambiente", sembra rifarsi anche all'altro grosso stanziamento che si riferisce al programma generale degli acquedotti e opere igieniche con impianti di depurazione per circa tre miliardi.
Nel recente dibattito che abbiamo avuto in sede di Consiglio, infatti si era puntualizzata la questione degli impianti di depurazione come uno dei provvedimenti più certi che la Regione poteva prendere, uno dei provvedimenti che da tutte le parti era stato indicato di assoluta priorità e nel quale doveva concretizzarsi l'iniziativa, in ordine agli inquinamenti, della Regione che da un anno aveva portato avanti tutte le indagini conoscitive e aveva fatto il punto della situazione, come di un settore nel quale era possibile operare immediatamente e c'erano state proposte concrete per pervenire ad una rete degli impianti di depurazione e per aiutare i comuni, sia pure tramite i consorzi comunali, o, come aveva indicato il sottoscritto, attraverso delle aziende consorziali.
Se togliamo tutto ciò che riguarda gli acquedotti e le fognature che con gli stanziamenti relativi non fanno che rappresentare l'attuazione (sia pure anticipata in soli due anni invece che in quattro) di quella che era l'impostazione originaria delle leggi e di fondi ad esse collegati e che quindi non comporta niente di nuovo in rapporto a quanto era stato discusso in Consiglio nei vari dibattiti e nella mozione recentemente approvata, per quanto riguarda i 300 milioni stanziati complessivamente sotto la voce "tutela dell'ambiente", non traspare nulla che sia di impegno specifico chiaro e immediato; il tutto resta lasciato alla solita discrezionalità non solo, ma con quei dubbi che si possono riferire anche al cosiddetto fondo generale.
Noi in proposito ritenevamo che dopo tutti i dibattiti e dopo le chiare indagini e dopo che già l'assessore ci aveva indicato nella sua relazione tutto ciò che era in preparazione nell'ambito dell'assessorato, sotto questa voce si potessero indicare delle scelte precise. Intanto in punto a congruità dei 300 milioni stanziati facciamo presente che la Lombardia, che pure ha presentato il bilancio con quello spirito e con quella impostazione di cui ho detto di provvisorietà e contingenza, ha stanziato un miliardo specificando bene: 300 milioni per la depurazione delle acque e 700 milioni per impianti di eliminazione dei rifiuti solidi. I nostri 300 milioni, se volessimo affrontare anche solo il problema degli impianti di depurazione che pure il Consiglio ha chiaramente indicato come un qualcosa da portare avanti in senso concreto, dopo tutti i dibattiti che ci sono stati servirebbero appena per un contributo sugli interessi dei mutui necessari per pervenire a questi impianti di depurazione. Se consideriamo quindi l'esiguità in rapporto già a uno solo dei problemi dibattuti e già indicati come scelta operativa immediata, mi chiedo come possano trovare capienza in questi 300 milioni tutte le altre iniziative di cui ci ha parlato già l'assessore all'ecologia e concretamente portato avanti nell'ambito dell'assessorato e che dovrebbero sfociare in risultati concreti a breve termine. Parlo degli studi conoscitivi, per pervenire al piano generale delle acque, delle spese necessarie per dare un maggiore funzionamento ed un ampliamento delle funzioni al comitato regionale antismog, di quella indagine, che pure si è concretata in un voto del Consiglio per i biotopi da salvare, di un'iniziativa che già era di cantiere e che varrebbe la pena di essere portata avanti sul bacino del Bormida perché si era detto di prendere almeno un bacino, di farne uno studio e un piano per intervenire sia per gli inquinamenti, sia per la utilizzazione delle acque.
Inoltre dobbiamo pensare che in mancanza di altri appositi stanziamenti in ordine all'attuazione dell'art. 6, come è stato discusso e dimostrato dal collega Viglione, c'è tutto un altro problema collegato alla tutela dell'ambiente nei posti di lavoro e alla tutela preventiva della salute dei lavoratori. Basta considerare tutti questi aspetti, tutte queste necessità tutti questi interventi concreti che dovrebbero realizzarsi a breve termine, per comprendere come lo stanziamento globale di 300 milioni per la tutela dell'ambiente sembri abbastanza platonico e poco ponderato; non senza aggiungere che le altre Regioni che erano partite magari con un certo ritardo, stanno portando avanti già delle iniziative concrete come l'Emilia Romagna con un progetto pilota di parco naturale della Campiglia e la Toscana che sta studiando tutto un sistema di parchi per arrivare ad un'azione operativa.
Valutato seriamente questo elenco di iniziative che darebbero un senso a tutte le dichiarazioni che abbiamo fatto nella priorità da dare a questo settore, vediamo che lo stanziamento non può che mettere un grosso punto interrogativo e lasciarci un grosso dubbio sulla bontà e sull'efficacia per arrivare a un qualche risultato in questo settore, soprattutto se vogliamo considerare che questi 300 milioni non sono neanche indicati se in conto capitale o in conto interesse, per fare una valutazione di quella che potrà essere l'azione effettiva.
Ho richiamato le iniziative della Toscana e dell'Emilia, alle quali si aggiunge peraltro, come ha già detto il relatore Dotti, l'intervento, in sede di consultazioni degli organi delle associazioni e dei sindacati che hanno chiesto reiteratamente di arrivare anche noi a prendere una qualche iniziativa, sia pure pilota, per passare dalle parole, che sono sempre foglie, ai fatti che sono frutti. E penso che il collega Simonelli, che ha pure una grande passione per i problemi ecologici abbia già indicato una nostra proposta relativa a La Mandria, e che voglio ribadire dal momento che abbiamo, fin dal primo momento, parlato dell'acquisizione di aree verdi per dotare la nostra Regione di sempre più numerosi polmoni verdi.
Per passare dagli inquinamenti all'agricoltura, e sempre in connessione a quanto stavo or ora dicendo, voglio ricordare che noi avevamo, fin dai primi momenti in cui era in discussione il programma regionale, anche indicato l'esigenza della costituzione di una Azienda regionale forestale per la gestione delle foreste demaniali coordinata con quella delle proprietà comunali. La relazione della Giunta considera l'eventualità di pervenire ad una acquisizione di beni per aumentare le disponibilità forestali a demaniali in relazione all'utilizzazione del cosiddetto fondo globale. C'è anche una voce, che è stata rimpinguata con gli ultimi provvedimenti, ma non credo possa cambiare la fisionomia dell'impostazione generale, che è quella di vedere tutte le cose, non solo l'azienda forestale, connesse a quell'ipotetico uso del fondo globale e quindi come nel limbo delle non ancor maturate convinzioni della Giunta, proprio mentre, ripetiamo, a giustificazione di quanto ho detto prima in confutazione con il Gruppo liberale, un primo bilancio della Giunta non pu non avere un chiaro significato programmatico, nel senso che il mio collega Simonelli aveva già espresso e sul quale è stato ripreso da Zanone.
Abbiamo preso atto, in tema di agricoltura, anche degli ultimi ritocchi ed impinguamenti apportati ad alcuni capitoli. Tuttavia, non ci sembra che questo basti per colmare la mancanza di ogni rapporto organico con una politica di piano che poteva, se mai, essere sottolineata da una chiara indicazione della Giunta di voler attuare almeno il piano zonale per i famosi nove Comuni in riva al Belbo, che pure è già stato predisposto, se non al 100 per cento almeno per il 90 per cento. E' vero che la Giunta ha previsto la costituzione dell'Ente di sviluppo agricolo, ma non pensiamo che nell'ambito del finanziamento dell'Ente di sviluppo agricolo si possa intravedere la chiara e precisa volontà di approvare il piano zonale, posto che vi è un capitolo preciso previsto per i piani zonali, che, se pur rimpinguato, non dà certo la misura della volontà di attuazione della Giunta in proposito.
Noi, in definitiva, facciamo nostre tutte le indicazioni venute attraverso le consultazioni, che sono poi state rispecchiate in quanto tutti abbiamo detto nel corso delle discussioni in Consiglio in materia di agricoltura e che ritengo non sia il caso di ripetere nella fase del dibattito odierno, che dovrebbe avviarsi maggiormente per sintesi verso la conclusione. Riteniamo tuttavia che in modo particolare, al di là di quelle resipiscenze che ha avuto, pervenendo all'aumento di fondi per alcuni capitoli, la Giunta avrebbe potuto giungere alla creazione di precisi capitoli, recependo almeno alcune delle proposte principali emerse in sede di consultazione e sulle quali ci siamo sempre battuti, come quella di un Centro per l'imbottigliamento e l'invecchiamento del vino, di un Centro latte sulla collina novarese, delle stalle sociali, di un Centro di allevamento e macellazione suini...



PAGANELLI Ettore, Assessore al bilancio

In riferimento a quali leggi, per cortesia?



FONIO Mario

In riferimento all'impostazione che la Regione vuol dare usando della sua veste di dominus in materia di agricoltura.



PAGANELLI Ettore, Assessore al bilancio

Dobbiamo farle, le leggi.



FONIO Mario

Se non operiamo concretamente almeno nelle materie per cui la Costituzione ci dà competenza decisionale, ci dimostriamo davvero soltanto erogatori per conto dello Stato burocratico. Allora, anche i 200 milioni destinati "a tutela dell'ambiente" contro gli inquinamenti manca ogni presupposto legislativo...



PAGANELLI Ettore, Assessore al bilancio

Ci sono precise leggi al riguardo.



FONIO Mario

...li potrai usare soltanto per quelle mansioni che ci sono trasferite insieme ai Medici provinciali, per la lotta alla malaria...



BONO Sereno

Con la distribuzione gratuita del chinino.



FONIO Mario

Infatti, in fondo, il testo unico delle leggi sanitarie agli articoli richiamati dal bilancio stabilisce lo stanziamento di fondi per la lotta alla malaria. Se tutto dev'essere collegato ad una precisa legge, si delinea una ben misera fisionomia della Regione. Alla stessa stregua quando ho fatto tutto un discorso sull'interrogativo circa i 300 milioni e le iniziative che dovevano prendere, avresti dovuto fermarmi subito e dirmi: no, combatteremo la malaria, distribuiremo il chinino.
Queste le considerazioni che emergono dalle nuove proposte. Mentre io penso che la Regione, che in agricoltura ha veste di dominus che le deriva dalla stessa Costituzione, deve decidersi ad aprire uno squarcio nell'orizzonte per intraprendere una azione sua che ci faccia uscire dall'attuale situazione e ci permetta di recuperare quei ritardi spaventosi in cui siamo, dando senso concreto alle nostre intenzioni di avviare la nostra agricoltura verso uno sviluppo moderno. Perché, ad esempio, se si stabiliscono dei contributi per consorzi di allevatori, ed anche quelli di suini, per risolvere uno dei più grossi problemi, quello dell'approvvigionamento di carne, non so come la Regione, che ha tutti i poteri in materia, non possa destinare una parte dei propri contributi a questo fine.
Quindi, noi, per parte nostra, chiediamo che si prendano iniziative che aprano orizzonti nuovi alla nostra Regione, a maggior ragione data la carenza delle leggi speciali alle quali mi riferivo, che soprattutto hanno operato in agricoltura e che erano impostate giustamente anche sul concetto della rotazione da parte dello Stato. A proposito dei fondi di rotazione visto che le rivendicazioni in agricoltura erano, nelle consultazioni legate, poste, come collocazione, vicino a quella per la casa, desidero ricordare che noi siamo favorevoli anche alle richieste delle cooperative per l'istituzione di fondi di rotazione da destinare alle costruzioni di edilizia economica, tanto più che ci pare che in definitiva questa sia una impostazione che fa rientrare ad un tempo determinato questi finanziamenti alla Regione che li eroga. Ed è questo un altro grosso problema, perch ovviamente, non possiamo rimanere legati sempre alle ormai superate leggi del 1923 o del 1938.
E' chiaro, anche dalle interruzioni dell'amico e collega Paganelli, che si è molto lontani dallo spirito che aveva animato l'intero Consiglio non solo al momento della elaborazione dello Statuto ma anche al momento della presentazione del programma della prima Giunta, che siamo in fase di completa involuzione, al punto che si direbbe stia succedendo addirittura quel che avvenne dopo la caduta di Napoleone, quando l'allora re Vittorio Emanuele I (se sbaglio personaggio prego il Presidente, la cui cultura storica profondissima è nota a tutti noi) fece addirittura distruggere i ponti sul Po che l'imperatore aveva fatto costruire, per cui anche quello che era già stato programmato e deciso dalla Giunta di centro-sinistra inserito specificamente come strumento del piano di sviluppo, parlo dell'Ente regionale dei trasporti, è stato cancellato, abolito, ignorato taciuto. Tutto ciò contemporaneamente alla presentazione di quei progetti di legge in merito alla riorganizzazione dei trasporti impostati su chiare basi privatistiche, su quei principi che, ho già avuto modo di ricordare l'altro giorno, lo stesso Einaudi, all'Università, ci insegnava essere totalmente sbagliati quando si riferiscono ai servizi pubblici, in particolare ai servizi relativi all'utilizzazione della strada, campo in cui bisogna cercare la maggior somma di utilità pubblica collettiva indipendentemente dai costi. L'azienda privata, diceva, guarda solo al suo interesse e vende non a prezzo massimo o minimo ma a quel determinato prezzo che le assicura il massimo guadagno. Di qui nascevano tutte le considerazioni sui monopoli, con quelle particolarità che derivano dall'utilizzazione della strada. Ovviamente, con le concessioni la concorrenza viene automaticamente eliminata.
Eppure, ci sentiamo dire dall'assessore Gandolfi che è questione di economicità, e lo sentiamo fare il confronto sul prezzo di 419 lire al chilometro, prescindendo magari dalla valutazione del costo causato dagli intasamenti provocati dal traffico caotico cittadino, con le 181 lire del costo a chilometro delle aziende private. E' vero che l'assessore Gandolfi ci parlava poi di pervenire ad un certo grado di pubblicizzazione dei servizi con gradualità, attraverso esperienze da fare; ma intanto, in concreto, si addiviene alle proposte di concentrazione delle aziende con concessioni per lungo periodo di anni, che ovviamente fanno mettere radici tali a queste impostazioni privatistiche che sarà poi ben difficile estirparle. Zanone a proposito di questi enti ricorda l'esperienza fatta dallo Stato e ricorda gli apprendisti stregoni con quel che segue. Ma a noi pare che questo possa succedere solo quando si parte dalla concezione, che sta proprio alla base di questo bilancio regionale, di scimmiottare pedestremente lo Stato nelle sue impostazioni. Andando avanti su quel binario, con quella impostazione, non si potranno avere che le conseguenze che ha avuto lo Stato. Noi chiedevamo qualcosa che ci consentisse una partenza diversa, per arrivare, ovviamente, ad un'altra soluzione. A noi, a proposito di trasporti, pare veramente assurdo lasciarsi portar via di mano uno strumento così importante per l'assetto del territorio e per adeguare i trasporti stessi alla dinamica dello sviluppo.
Credo di aver detto l'indispensabile per illustrare il punto di vista del mio Gruppo su quegli aspetti del bilancio che erano stati affidati alla mia valutazione, sufficiente, direi, a ribadire ancora una volta che il Gruppo socialista non può certo dare approvazione ad un bilancio cosiffatto, salvo che la Giunta, dopo la rimeditazione che si è proposta di fare, spostando a tale scopo lo svolgimento dell'intervento di replica annunci mutamenti tali da giustificare da parte nostra una diversa valutazione.



PAGANELLI Ettore, Assessore al bilancio

Non certamente sui principi.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Vecchione.
Prima di dargli la parola, vorrei far presente ai Consiglieri che sono praticamente le 11,45 e gli iscritti a parlare sono ancora numerosi. Dopo l'intervento del Consigliere Vecchione, penserei di far parlare ancora il Consigliere Gandolfi nella mattinata, per riprendere poi i lavori nel pomeriggio, quando sarà la volta dei Consiglieri Rivalta, Bono, Fabbris Nesi, Menozzi, Berti, Bianchi. Penso che intorno alle 20 si potrà chiudere la seduta di oggi, per aggiornarci al giorno 13.
Vorrei soltanto essere confortato dalla assicurazione che non ci siano altre richieste di intervento, altrimenti dovrei procrastinare la chiusura della seduta di questa mattina. Poiché nessuno solleva obiezioni, devo ritenere che la risposta sia positiva.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Vecchione.



VECCHIONE Mario

Signor Presidente del Consiglio, signori Consiglieri, signor Presidente della Giunta, noi accettiamo come un fatto positivo la disponibilità che la Giunta ha espresso in apertura della seduta di oggi a recepire una serie di indicazioni venute dagli interventi dei nostri compagni nel merito del bilancio, nelle sue singole voci.
Il mio intervento attiene al disegno di legge per la approvazione del bilancio; quindi, sostanzialmente, esaminerò soltanto il progetto di legge che accompagna il bilancio regionale.
E' bene, per correttezza, che sia anzitutto chiarito un punto.
Esaminando il bilancio, gli allegati e gli elenchi non si trova alcun accenno all'approvazione del piano di ripartizione della spesa per il funzionamento del Consiglio regionale. E' noto che l'Ufficio di Presidenza ha trasmesso sia ai singoli Consiglieri che alla Presidenza della Giunta il piano di ripartizione di tale spesa. Io penso sia giusto che questo non si trovi indicato né nella legge del bilancio né negli elenchi; ma mi sembra corretto che il Consiglio Regionale, alla fine della discussione sul bilancio, approvi un ordine del giorno con il quale faccia proprio sostanzialmente, tale piano di riparto.
In rapporto all'insieme dei nostri interventi sul bilancio (dovrei rispondere anche al Presidente della Giunta in relazione alle osservazioni fattegli dal nostro Capogruppo) noi dichiariamo che non esistono problemi personali o polemici: esiste sempre una presa di posizione di carattere politico. Ci troviamo di fronte ad un certo tipo di governo di centro destra. Come ha dichiarato nel suo intervento alla Camera il nostro segretario Berlinguer, noi diamo battaglia con decisione a tutte quelle espressioni governative che si allontanano in modo assoluto non solo dalle indicazioni politiche date dagli elettori con il voto del 7 maggio ma dalla realtà sociale del Paese. Quindi, la nostra posizione, che è di contrasto è contemporaneamente anche sempre una posizione che tende a costruire qualcosa di democratico, di vero, di reale anche nell'ente locale.
Posta questa premessa, intendo passare all'esame dell'articolato del progetto di legge. In primo luogo, l'art. 4 e l'art. 5 del progetto di legge meritano una considerazione. E' vero che si richiama, sia per l'una che per l'altra norma, all'elenco n. 1 e n . 2 allegati al bilancio. Ma è altresì vero che in questi elenchi si possono trovare delle voci che meritano un ripensamento della Giunta. Perché, sostanzialmente, l'art. 4 e l'art. 5 tendono a mantenere o a dare al Presidente della Giunta, sia pure con il parere, conforme della Giunta stessa, degli interventi in materia di bilancio. Fin tanto che questi interventi sono pura esecuzione dei compiti dell'Esecutivo noi non riteniamo di appesantire eccessivamente con questo lavoro il Consiglio e neanche la Commissione programmazione bilancio. E' però certo che dall'esame dell'elenco sorge la necessità di reperire alcune voci che devono, o possono essere eliminate. Quindi, è un ripensamento che occorre fare.
Un richiamo invece che non intendo dal punto di vista normativo è quello rappresentato dall'inciso del primo comma dell'art. 4, laddove si richiama la legge sulla contabilità generale dello Stato, la legge del '23 n. 2440, e segnatamente l'art. 40. Questa norma non ha nessun riferimento con il resto nel nostro bilancio. Direi sostanzialmente che sta fuori perché sembra che questo richiamo si riferisca alla considerazione di spese obbligatorie e di ordine ai sensi e per effetto dell'art. 40 della legge del '23. Questo articolo prevede situazioni completamente diverse, fatti completamente diversi, che sostanzialmente non hanno alcun riferimento con il nostro bilancio. L'inciso, quindi, potrebbe essere superato.
Dove cominciamo a trovare aspetti negativi nella legge che accompagna il bilancio e dove comincia praticamente una gimcana in ordine alle possibilità di operare sul bilancio stesso è agli articoli 6 e 7 e seguenti. Il bilancio va inteso anche come una pista programmatica di lavoro, di spesa, per attingere i fondi, per fare andare avanti un certo indirizzo politico regionale. Però, su questa pista la legge sul bilancio fornisce praticamente delle biciclette, dei tandem, dei tridem, affinch possano corrervi il Presidente e la Giunta Regionale. E per noi è assolutamente impossibile sotto questo aspetto accettare un certo tipo di taglio che viene dato in questa normativa.
Con l'art. 6, ad esempio, la Giunta ed il suo Presidente si assicurano la disponibilità di operare in ogni piega del bilancio sopraffacendo il Consiglio e la Commissione 1. Con i decreti presidenziali sia pur oggetto di convalida da parte del Consiglio nei trenta giorni successivi alla emanazione dei decreti medesimi, si consente di provvedere ad eventuali deficienze nelle assegnazioni di bilancio. Si noti che questi decreti non sono soggetti, almeno con l'attuale sistema, che è illegittimo, a controllo da parte del Commissario del Governo sugli atti della Regione.
Leggiamo l'art. 42, cui si è voluto far riferimento nell'art. 6. L'art.
42 Contabilità generale dello Stato. Questa norma dispone: "Per provvedere alle eventuali deficienze nelle assegnazioni di bilancio che non riguardino le spese di cui ai precedenti artt. 40 e 41, è iscritto nello stato di previsione della spesa del Ministro delle Finanze un fondo di riserva per le spese impreviste. La prelevazione di somme da questo capitolo e la loro iscrizione ai vari capitoli di bilancio o a capitoli nuovi ha luogo mediante decreti reali promossi dal Ministero delle Finanze. La prelevazione per somme superiori a L. 50.000 per ciascun capitolo dev'essere preceduta da deliberazione del Consiglio dei Ministri".
Quando noi richiamiamo questo art. 42 nell'art. 6 della legge che accompagna il bilancio facciamo una serie di errori e di forzature. In primo luogo colleghiamo una normativa statuale che prevede un decreto del Presidente della Repubblica accompagnato da deliberazione del Consiglio dei Ministri estendendo questa analogia al Consiglio Regionale, il che non è corretto; non viene considerata per nulla - e qui è una rottura nei confronti della norma statutaria, cioè dell'art. 39 dello Statuto - una Commissione permanente, statutariamente prevista, che è la Commissione programmazione e bilancio. Questi interventi non possono che passare attraverso la Commissione 1^ programmazione e bilancio.
Il secondo comma di questo articolo non ha alcun riscontro, come avevo detto, con la situazione dei decreti presidenziali: il decreto del Presidente della Regione è qualcosa di completamente diverso dal decreto del Presidente della Repubblica, che ha l'avallo del Consiglio dei Ministri, il quale sostanzialmente interviene in queste operazioni. Non possiamo assolutamente fare una interpretazione analogica.
L'art. 39 del nostro Statuto non consente l'esistenza di questo art. 6.
Laddove parla delle Commissioni programmazione e bilancio l'art. 39 recita: "Tra le Commissioni permanenti è istituita la Commissione programmazione e bilancio, la quale: a) esamina in sede referente il bilancio preventivo e il conto consuntivo; b) esamina in sede referente gli atti relativi alla programmazione di cui all'art. 74 che devono essere esaminati in sede consultiva dalle altre Commissioni per le materie di loro competenza; c) esamina in sede consultiva le proposte di legge che comportano impegni di spesa a carico del bilancio al fine di valutarne la coerenza con il programma pluriennale di attività e di spesa e con il bilancio eventualmente segnalando esigenze di aggiornamento del programma; d) (ecco il punto principale da tener presente) esercita secondo le modalità stabilite dal Regolamento funzioni di controllo sulla gestione patrimoniale e contabile della Regione".
Non solo viene completamente rotto l'art. 22 da parte dell'art. 6 della legge che accompagna il bilancio, ma lo stesso richiamo all'art. 42 è un richiamo monco, perché sarebbe stato sufficiente leggere l'art. 43 per rendersi conto che queste operazioni non potevano essere attuate in questo modo.
L'art. 43 della legge sulla contabilità generale dello Stato dispone che le nuove maggiori spese alle quali non possa provvedersi nella forma indicata agli articoli precedenti debbano essere autorizzate con legge.
Vedete che, sostanzialmente, la Giunta non solo viene a rompere, con questo progetto di bilancio, la norma statutaria, ma con forza innovatrice veramente, direi, però di tendenza reazionaria, spacca anche la contabilità generale dello Stato, cioè toglie anche la norma dell'art. 43 laddove si dispone che per certe spese nuove, impreviste, occorre la legge dello Stato. Per quale motivo non occorre la legge della Regione, in questa situazione? E' un punto, questo, che veramente non so come possa essere superato.
Pur prendendo atto di una certa disponibilità della Giunta a voler prendere in considerazione alcuni emendamenti, alcune indicazioni di merito sul bilancio, io ritengo che questo debba essere un intervento sollecitatore anche perché si faccia una legge seria di accompagnamento al bilancio.
Con l'art. 7 della legge che accompagna il bilancio si superano anche i limiti di guardia che erano stati in qualche modo previsti nell'articolo precedente. Questi limiti erano rappresentati dal fatto che il decreto del Presidente della Giunta con il quale si provvedeva alle deficienze nelle assegnazioni di bilancio fosse oggetto di rettifica da parte del Consiglio Regionale nei trenta giorni successivi. Con l'art. 7 questo principio viene completamente eliminato. Sostanzialmente, si ripropone una posizione molto più arretrata rispetto allo stesso art. 6. Il Consiglio non è nemmeno più chiamato a convalidare. E questa è una anomalia gravissima che noi riscontriamo nell'art. 7. I decreti presidenziali, in questo caso, secondo l'attuale prassi, per cui non possono nemmeno essere controllati dalla Commissione governativa, danno in pratica al Presidente della Regione le chiavi della cassa della Regione, legittimandolo ad intervenire a suo piacimento in una serie di materie. Sono quattro i capitoli sui quali si interviene, ma tutti di particolare importanza: Il cap. 26 - assegnazione di fondi speciali per i piani di sviluppo alle comunità montane Il cap. 28 - assegnazione delle ulteriori disponibilità finanziarie del fondo per l'addestramento professionale dei lavoratori Il cap. 90 - assegnazione dei fondi per il finanziamento del Programma Regionale di sviluppo, direi proprio uno dei punti centrali della nostra attività. E questo esce fuori dal Consiglio? Ci pare talmente enorme la cosa che, con interpretazione benevole, arriviamo a pensare che si possa trattare di una svista il cap. 94 - assegnazione per l'anno 1972 di fondi per il riparto e il trasferimento dei contributi nel campo dell'assistenza ospedaliera. E' anche questo un capitolo di una certa importanza, nel quale si apre tutto un discorso che abbiamo sentito aprire ieri dai compagni che sono intervenuti per l'unità sanitaria locale e per altri problemi di questo tipo. Anche su questo capitolo si può consentire che il Presidente della Giunta, senza neanche la ratifica del Consiglio, decida per conto suo, che la Giunta viaggi per conto suo? Credo che effettivamente un ripensamento ci debba essere a proposito di questi capitoli.
Se il primo comma dell'art. 7 presenta un grado di gravità normale, il secondo comma presenta un grado di gravità più elevato. Leggiamolo: "con analoga procedura - ciò nel modo detto al primo comma, con decreto del Presidente della Giunta su conforme determinazione della Giunta medesima si provvede alla istituzione di nuovi capitoli di entrata per le altre eventuali assegnazioni disposte dalla Stato a favore della Regione, nonch alla istituzione dei corrispondenti capitoli di spesa". E' vero che il bilancio contabilmente procede con una voce di entrata e una voce di spesa ma voi vi renderete conto che ciò assume una particolare gravità quando esce dalla possibilità di verifica del Consiglio, quando esce dalla possibilità del Consiglio di provvedere con legge. In sostanza, il Presidente della Giunta può istituire nuovi capitoli di entrata e nuovi capitoli di spesa al di fuori dell'Assemblea Regionale.
Queste sono competenze del Consiglio Regionale, anche nelle materie delegate dallo Stato. Ci verrà risposto, io penso, che le materie delegate dello Stato sono di competenza del Presidente della Giunta senza ingerenza del Consiglio. Nell'intervento del Gruppo comunista dell'8 giugno avevamo posto dei problemi relativamente alla ripartizione delle competenze, e il Presidente della Giunta si era impegnato a dare una risposta: io ritengo che questa risposta sia stata data con questa legge, respingendo in blocco qualsiasi tipo di impostazione corretta dal punto di vista costituzionale.
Si frantuma la Costituzione su questo punto. E l'art. 39 del nostro Statuto, che in tema di bilancio prevede soltanto una ben delimitata competenza della Giunta per effettuare lo storno dei fondi da un articolo all'altro di uno stesso capitolo di bilancio, con questa norma viene completamente superato: andiamo, cioè, verso una modifica dello Statuto senza avere il coraggio di porre sul tappeto la questione della modifica dello Statuto secondo la procedura prevista a tal fine. Non si può rompere un atto politico fondamentale quale fu l'approvazione dello Statuto della Regione Piemonte in questo modo.
Nell'art. 8 c'è una cosa stranissima. Direi che questa norma, forse per un lapsus calami, non direi lapsus freudiano, appare contenere un barlume di rispetto per la legge. Vi si dice che "il Presidente della Giunta Regionale, su conforme deliberazione del Consiglio..." E' il primo punto in questo progetto di legge in cui si parli del Consiglio. Vi siete forse sbagliati? Qual è la ragione per la quale questa volta interviene il Consiglio? Mi son dato a ricercare la ragione logica giuridica e politica che ha potuto indurre a questa differenza, ma confesso che non sono riuscito a trovarla.
Su questo articolo però, nonostante questa sua formulazione, dobbiamo però appuntare bene l'attenzione. Esso riguarda il capitolo 1400 del bilancio per il Programma Regionale di sviluppo. Sono possibili due interpretazioni, se la norma rimane così. La norma recita: "Il Presidente della Giunta Regionale, su conforme determinazione del Consiglio, provvede con proprio decreto alle variazioni di bilancio per il finanziamento del Programma Regionale di sviluppo, di cui al cap. 1400 dello stato di previsione della spesa".
Cosa vuol dire questo? Che spetta soltanto al Presidente della Giunta Regionale l'iniziativa di provvedere alle variazioni del bilancio e su questa iniziativa chiede il parere conforme del Consiglio? O il Consiglio può a sua volta avere una iniziativa per chiedere una variazione del Programma Regionale? Determina, delibera questa variazione, e il Presidente della Giunta la porta con proprio decreto? Questo è molto importante perché nei nostri lavori preparatori di formazione della legge, nella nostra discussione, lavori preparatori e sedute che sono anche un elemento di interpretazione della legge, dobbiamo precisare che cosa vogliamo dire.
Cioè, quando abbiamo la necessità di determinare una variazione al programma regionale di sviluppo può il Consiglio Regionale, può un Gruppo Consiliare Regionale, può un singolo Consigliere Regionale, mettere all'ordine del giorno la richiesta di variazione del Piano Regionale di sviluppo? O questa iniziativa rimane sempre nelle mani del Presidente della Giunta? In questo caso la norma veramente sarebbe anticostituzionale anche sotto questo profilo.
L'art. 9 che segue all'art. 8, nel quale avevamo trovato questo spiraglio di democrazia, positivo, per cui si doveva sentire il Consiglio Regionale, ignora completamente il Consiglio Regionale e ritorna alla vecchia precedente dizione della determinazione della Giunta. Lo spiraglio di luce che si era intravisto nell'art. 8 è sparito e ricadiamo nelle tenebre della violazione della legge. Questo articolo riguarda il cap. 1402 dello stato di previsione della spesa, che attiene agli interventi nei territori depressi, di cui alla Legge 22 giugno '66 n. 614 e alla Legge 20 ottobre 1971 n. 912 Ricordiamo che in tali leggi, specialmente in quest'ultima, si parla sempre di Regione e non di Giunta, non di Presidente della Giunta. Torna quindi ancora una volta opportuno il richiamo all'art.
16 lettera p) del nostro Statuto, che fissa le competenze del Consiglio Regionale in questa materia.
L'art. 10 è una norma anomala in una legge per l'approvazione del bilancio di previsione. Esso recita: "Sono confermate le voci di entrata e di spesa incluse nel piano di ripartizione dei fondi afferenti la gestione del primo trimestre del '72 approvato con deliberazione della Giunta Regionale il 7 marzo '72 per cui la Commissione di controllo ha consentito l'ulteriore corso al 31 marzo '72".
Non vado errato se dico che questa norma si riferisce ai piani di ripartizione. Questi sono sempre stati ritenuti una cosa propria, personale del Presidente della Giunta. E allora perché in questa legge che accompagna il bilancio dobbiamo introdurre questa norma? I piani di ripartizione sono sempre stati ritenuti, illegittimamente, materia di intervento personale del Presidente della Giunta, il quale ha escluso dalla formazione dei medesimi il Consiglio. E allora che cosa si vuole con questa norma? Si vuole che oggi il Consiglio ratifichi, sostanzialmente, l'operato in ordine a certe materie delle quali il Consiglio non è mai stato investito.
Tecnicamente, inoltre, la norma non rientra in una legge di preparazione al bilancio, che accompagna il bilancio: al più, potrà essere oggetto di un rendiconto su questa materia, sulla quale discuteremo. Per quale motivo oggi si sente il bisogno, tenuta ferma la competenza del Presidente della Giunta di intervenire nei piani di ripartizione, oggi quando i piani sono stati attuati, quando certe spese sono state fatte, di introdurre, quasi di soppiatto nella legge regionale che accompagna il bilancio, questa norma perché il Consiglio ci mette, pro bono pacis, una mano sopra e tranquillizzi la coscienza di tutti?



BERTI Antonio

Al limite, noi non sappiamo neanche di cosa si tratta.



VECCHIONE Mario

Appunto, è questa la realtà: non c'è una legge dello Stato, una legge finanziaria che proponga il bilancio che dia cose di questo genere. Quindi questa è una norma che non si regge neanche tecnicamente, oltre ad essere ovviamente osteggiata da noi dal punto di vista politico.
Direi che l'art. 11 va benissimo, perché quello che prevede è sostanzialmente la pubblicazione di questa legge sul "Gazzettino ufficiale".



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Gandolfi. Ne ha facoltà.



GANDOLFI Aldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, desidero intervenire non solo per portare l'adesione del Partito Repubblicano Italiano al bilancio presentato dalla Giunta, ma anche per un tentativo di pervenire nel corso del dibattito ad una puntualizzazione del significato, dei limiti, della portata di questo bilancio, sul quale mi pare di dover registrare nel corso di questo dibattito notevoli fraintendimenti, che se non adeguatamente chiariti rischiano veramente di far muovere il confronto tra le forze politiche su due piani che non si toccano mai, senza possibilità di punti d'incontro e di contatto.
Negli interventi fin qui svolti mi pare che raramente sia emersa una esatta e precisa valutazione del significato del bilancio che la Giunta ha presentato, in rapporto soprattutto al momento che la Regione sta vivendo.
Dobbiamo cominciare con il premettere che questo non può essere, e non è mi sembra, assolutamente, un bilancio di carattere programmatico, e che sono completamente fuori strada quelle parti politiche - mi riferisco in particolare al Gruppo socialista - che hanno voluto dare ad esso questo tipo di caratteristica. Siamo infatti in una fase della vita della Regione nella quale il nostro istituto recepisce di fatto tutto l'ordinamento giuridico dello Stato che precedeva il momento istitutivo della Regione tuttora operante anche per le materie di competenza della Regione, quelle stabilite dall'art. 117. Il passaggio fra il momento in cui lo Stato esercitava le sue funzioni attraverso la sua organizzazione centrale o periferica e il momento della piena assunzione delle sue funzioni legislative da parte della Regione avviene senza soluzione di continuità.
Quindi, prima ancora che sul piano dei modi di formulazione del bilancio per i quali siamo vincolati alla legge della contabilità dello Stato, per tutto quello che riguarda le specifiche norme giuridiche che regolano tutti i campi di competenza della Regione non esiste soluzione di continuità ma esiste un ordinamento statale che diventa ordinamento regionale, in tutte le sue norme, in tutte le sue implicazioni. E questo significa, direi prescindendo dalla legge della contabilità dello Stato da cui siamo vincolati, che le leggi dello Stato rimangono operanti, per le previsioni di spesa che queste imponevano allo Stato, anche per la Regione, e che quindi il bilancio che noi oggi discutiamo è un bilancio di registrazione degli impegni di spesa che lo Stato aveva assunto e che la Regione si deve accollare, come spese obbligatorie proprie e che quindi...



RASCHIO Luciano

Anche per la lebbra, per cui sono previsti 55 milioni?



BERTI Antonio

Gli accorpamenti non sono stati fatti.



GANDOLFI Aldo

Arriverò a parlare anche di questo, perché si tratta di osservazione perfettamente valida, come è anche quella relativa al chinino.
Il bilancio di fronte al quale noi oggi ci troviamo è dunque la registrazione di tutte le spese obbligatorie che in base a leggi dello Stato tuttora operanti la Regione si trova a dover sostenere.
Se questa è la chiave di interpretazione del bilancio, direi che le considerazioni alle quali si può arrivare, che possono essere riferite come momenti critici rispetto alla Giunta, debbano essere spostate su questo piano: si deve giudicare, cioè, se la Giunta abbia fatto un esatto censimento ed una esatta valutazione del contenuto delle leggi che lo Stato oggi ci consegna e delle quali noi siamo i depositari, rispetto alle quali noi siamo impegnati come organo pubblico, come momento pubblico, per i relativi provvedimenti di spesa; se la Giunta abbia fatto un esatto censimento dei meccanismi di spesa relativi a questi provvedimenti legislativi tuttora in corso dei quali ci dobbiamo far carico, in relazione, ad esempio, alle richieste presenti al momento ai vari uffici periferici dello Stato, alle possibilità, al limite, nell'ambito delle leggi oggi operanti, di effettuare accorpamenti, modificazioni, ma evidentemente, nel rispetto di un meccanismo che deve avere ogni singolo provvedimento di legge come momento preciso, e, direi, ai momenti di richiesta di intervento che, ovviamente, nell'assetto attuale della legislazione, non possono essere che o domande di privati o domande di enti pubblici che devono affluire agli uffici periferici dello Stato, oggi uffici regionali, per i provvedimenti di spesa relativi.
Su questo piano, mi sembra, possono essere rivolte imputazioni alla Giunta: quella, ad esempio, di non avere eventualmente, per certi settori fatto una esatta valutazione delle esigenze, di non avere sfruttato tutti i margini esistenti nelle leggi oggi operanti per incrementare, se necessario per stimolare, attraverso un'azione amministrativa, che so io?, gli Enti locali destinatari di certe leggi ad utilizzare appieno (evidentemente questo è un discorso aperto per il futuro) certi margini di spesa di cui la Regione si viene a trovare depositaria; di non aver fatto, forse, esatte valutazioni di quella che può essere la domanda nell'arco del 1972, che i privati (parlo, ad esempio, del settore agricolo) possono far affluire alla Regione con riferimento a certi disegni di legge che stabiliscono finanziamenti per il settore agricolo. E così via. Questo può essere l'esatto modo per il Consiglio di porsi con riferimento al bilancio che è stato presentato dalla Giunta: ripeto, facendo critiche sul piano di un esatto censimento dei provvedimenti legislativi in corso, delle possibilità di finanziamento che si aprono, e una esatta valutazione anche dei margini operativi che le leggi consentono per incrementare eventualmente certi capitoli di spesa o ridurne certi altri. Ma il riferimento alla norma giuridica che noi abbiamo di fronte, che ci troviamo a dover gestire nel momento in cui succediamo allo Stato, dev'essere un riferimento preciso e concreto.
E' chiaro che il discorso sulle grandi linee programmatiche della Regione, in casi come questo, evidentemente viene fuori. La Giunta Regionale si è preoccupata di tenerne conto nei limiti in cui nell'ambito del bilancio era possibile: sugli investimenti finanziari, ad esempio, per la costituzione di determinati enti, di determinate iniziative, che sono provvedimenti che devono essere presi e registrati a preventivo nell'ambito della strutturazione del bilancio. Per tutto il resto, il bilancio della Regione, direi, a differenza del bilancio degli Enti locali, di ben altro tipo, è un bilancio che non può essere programmatico, ma deve essere, in questo momento soprattutto, un momento di censimento di quello che lo Stato ci consegna, di esatta valutazione di tutte le possibilità di utilizzazione delle leggi statali tuttora operanti e del modo in cui queste possono venir collocate in una prospettiva di azione regionale. In sostanza, è un momento di censimento e di valutazione di quella che era la spesa pubblica statale sul territorio regionale e del modo con cui la Regione può organizzarla rispettando in pieno tutti i dettagli della legislazione che oggi ci vengono consegnati.
Detto questo, devo dichiarare che nel dibattito svoltosi qui in Consiglio ieri e questa mattina sono emersi certamente elementi, punti costruttivi che sarà doveroso meditare. Certe indicazioni che anche il Gruppo comunista ha dato mi sembra possano essere - non conosco in dettaglio i meccanismi legislativi di fronte ai quali ci troviamo nei vari settori, ma questo è un problema di altro tipo - attentamente valutate.
Altri tipi di indicazioni, invece, che sono tutte tese a rinfacciare alla Giunta di non aver utilizzato il bilancio per fare delle grosse indicazioni programmatiche anche di spesa non sono assolutamente accettabili (mi riferisco specificamente a talune valutazioni espresse dal Gruppo socialista), perché le leggi della contabilità dello Stato non ci consentono di iscrivere in bilancio provvedimenti di spesa se non ci sono leggi regionali che li stabiliscano; se noi non acquisiamo questo evidentemente, non possiamo nemmeno confrontarci su un piano, direi, di programmazione...



FONIO Mario

Basta indicare l'utilizzazione del fondo globale in alcune scelte.



GANDOLFI Aldo

E' una indicazione che si può fare nella relazione di accompagnamento al bilancio, non nel contesto del bilancio stesso.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Dopo di che ci sono le proposte di legge del Consiglio che possono alterare tranquillamente tutta la priorità che gli altri hanno stabilito.



GANDOLFI Aldo

Ogni Consigliere ha un potere d i iniziativa legislativa, infatti, che può stravolgere completamente le indicazioni che la Giunta può aver dato. A parte il fatto che, ripeto, nella relazione di accompagnamento alcune indicazioni erano contenute, in uno strumento giuridico che è una legge come nel caso del bilancio, non si possono, Fonio, sostenere cose di questo genere, a meno di voler commettere illeciti che probabilmente avreste rinfacciato alla Giunta se questa li avesse effettuati. Questo significa veramente ricorrere ad artifizi polemici, strumenti di polemica politica che non hanno niente a che fare con una esatta impostazione del rapporto di costruzione di un bilancio regionale qual è quello che stiamo conducendo.
La Regione deve riuscire a programmare un'azione sulla quale una discussione poi concreta, in termini effettivi, deve essere articolata sulle leggi regionali di utilizzazione del fondo di riserva, non può essere certo affrontata, direi, in precisi termini analitici, anche in indicazioni di spesa, in sede di discussione di bilancio.
Detto questo, potrei avviarmi a concludere, perché su tutta una serie di questioni di merito il Presidente della Giunta darà personalmente una risposta alle indicazioni emerse dal Consiglio. Ma vorrei soffermarmi ancora - e credo di doverlo fare a questo punto del dibattito - su un solo ordine di problemi, che investono direttamente la mia competenza come Assessore, il problema dei trasporti, anche per essere stato ripetutamente chiamato in causa, ed inoltre perché entriamo su un terreno tipico, nel quale posso ribadire quella valutazione che davo prima con riferimento ai problemi generali di impostazione del bilancio, di artificiosità e strumentalizzazione dal punto di vista politico di alcune indicazioni contenute, o non contenute, nel bilancio. Mi riferisco in particolare all'Ente regionale dei trasporti, la cui indicazione all'interno degli investimenti finanziari previsti dalla Regione ha costituito motivo di particolare polemica da parte del Gruppo socialista (e mi sembra anche di una indicazione negativa che è stata data dal Consigliere Conti a nome della Sinistra democristiana).



CONTI Domenico

No, a nome mio personale.



GANDOLFI Aldo

Occorre essere estremamente precisi anche in questo caso, se vogliamo articolare un dibattito politico che abbia elementi di costruttività e di serietà. Considerazioni generali molto approfondite le faremo certamente quando verranno in discussione in Consiglio i progetti di legge che ha presentato la Giunta per quanto riguarda il settore dei trasporti.
Ritengo di dover premettere alcune considerazioni, per rendere veramente costruttivo anche il dibattito che mi auguro fra qualche settimana faremo su questo tipo di problemi.
Il settore dei trasporti è un caso tipico di settore che ci è stato consegnato dallo Stato - per quanto riguarda i trasporti extraurbani - in condizioni estremamente critiche ed estremamente deficitarie, da tutti i punti di vista. La Giunta si è sforzata di documentare l'esatta situazione di questo settore e di mettere in rilievo quali fossero tutte le implicazioni che potevano derivare alla Regione dalle scelte che si potevano fare. E lo sforzo di documentazione che è stato fatto, e che ha permesso di raccogliere i dati che sono stati presentati, su cui potremo poi discutere naturalmente in dettaglio - è servito per dimostrare che una prospettiva, fra le tante che sono state espresse in questi anni, quella di pubblicizzazione totale del settore, era una prospettiva che le condizioni strutturali del settore non permettevano di sopportare come prospettiva immediata di carattere operativo, perché obiettivamente né la Regione n gli Enti locali, oggi, in Piemonte, sono in condizioni di intervenire immediatamente in questo settore secondo una ipotesi di pubblicizzazione totale; e al tempo stesso, che le condizioni del settore sono talmente critiche che senza interventi immediati della Regione per dare ad esso veramente una boccata di ossigeno, interventi in grado di modificare le condizioni strutturali del settore (cioè, sono stati indicati il problema della concentrazione delle aziende, degli interventi a livelli di bacino di traffico), che creino condizioni strutturali e politiche diverse, noi rischiamo di mettere in crisi un settore senza avere la minima possibilità di sostituirlo con un intervento pubblico immediato. Questo mi pare sia il discorso che noi dobbiamo riuscire a recepire. Altrimenti, ci ritroveremo anche qui a fare dei discorsi astratti di riforma, che sono poi i tipici discorsi di riforma all'italiana, consistenti nel manifestare delle volontà che possiamo etichettare di carattere progressista, ma senza la minima capacità di gestire poi questo settore garantendo la continuità del servizio...



BERTI Antonio

Perché guardi dalla nostra parte? Nessuno di noi ha ancora parlato su questo.



GANDOLFI Aldo

Guardavo verso Raschio, ma automaticamente, non per motivi polemici nei confronti del Gruppo comunista. Tutte le volte che abbiamo discusso mi sembra che il Gruppo comunista abbia accettato, direi anzi, forse anche stimolato, una impostazione di questo tipo.
Mi sembra, cioè, che il discorso che si è sempre fatto sia stato nel senso che questo tipo di problemi va visto a livello di bacino di traffico e se di un Ente regionale dei trasporti si dovrà parlare se ne parlerà quando una ristrutturazione sia avvenuta ed eventualmente condizioni di carattere diverso permettano poi di dare significati precisi, contenuti precisi all'Ente regionale dei trasporti. Oggi come oggi, l'Ente regionale dei trasporti non avrebbe che questo significato: da un lato, di togliere all'Amministrazione Regionale un certo tipo di responsabilità di indirizzo dall'altra di bloccare un processo che deve essere di graduale responsabilizzazione degli Enti locali, cioè di effettivo decentramento di questo tipo di responsabilità; una scelta di questo genere equivarrebbe, in sostanza: da un lato, ad un attentato alle possibilità di intervento degli Enti Locali, quindi un fatto di centralismo amministrativo, dall'altro ad una soppressione di responsabilità di indirizzo e di intervento per la Regione, dal momento che arriva a sostenere, ad esempio, che addirittura tocca all'Ente Regionale erogare gli interventi finanziari in questo settore, mentre questo mi pare sia proprio parte di un contesto programmatorio di responsabilità degli organi regionali. O noi riusciamo a precisare meglio questo discorso, o veramente dobbiamo dichiarare che questo discorso fa parte di una visione di carattere riformatore che nasconde, in realtà, un vuoto di capacità di analisi di contenuto, e un fatto, se vogliamo, anche di infantilismo politico. Cioè, questo è un discorso nato alcuni anni fa in condizioni diverse, quando ancora non esisteva la Regione, sul quale molte forze politiche e sindacali hanno insistito con particolare impegno, ma, a mio avviso, senza adeguata capacità di analizzare la reale entità dei problemi e le reali possibilità di incidenza politica su questo tipo di problemi.
Per concludere su questo punto, a me sembra che se veramente noi vogliamo riuscire ad articolare un dibattito politico concreto, dobbiamo anzitutto, acquisire piena consapevolezza e conoscenza di tutti i meccanismi legislativi che oggi ereditiamo dallo Stato (forse, sia detto senza offesa per alcuno, sarebbe opportuna per tutti i Consiglieri Regionali, me compreso, s'intende, la frequenza di buoni corsi in materia di legislazione statale oggi operante: ci farebbe compiere veramente un grosso passo avanti verso la soluzione dei problemi che noi dobbiamo risolvere). In secondo luogo, dobbiamo adoperarci per affrontare questo momento del passaggio dei poteri dallo Stato alla Regione con consapevolezza e conoscenza approfondita di tutti i limiti che ereditiamo dalla legislazione statale, e, d'altra parte, con un discorso più preciso e più approfondito sullo stato dei settori amministrativi che ci troviamo ad ereditare. La capacità di fare veramente delle Regioni un momento di rinnovamento dello Stato passa attraverso questa presa di coscienza attraverso i dati e le realtà della situazione, dei settori amministrativi che noi ereditiamo, per potervi poi incidere in concreto con quei provvedimenti legislativi di iniziativa regionale.
Detto questo, per concludere, non posso che ricollegarmi al tipo di discorso politico al quale ci richiamava Sanlorenzo all'inizio di questo dibattito, perché mi sembra doveroso, nel momento in cui questo tipo di sollecitazioni sono state portate: Sanlorenzo, svolgendo il suo intervento con il tono piacevolmente discorsivo che gli è proprio, ha dipinto un quadro della situazione nazionale, dei rapporti con le forze politiche che oggi, o a livello nazionale o a livello locale, hanno responsabilità di Governo, con il quale, ovviamente, ha cercato di mettere in imbarazzo i suoi interlocutori. Io devo ribadire qui le valutazioni della parte politica cui appartengo, che sono valutazioni di estremo pessimismo sulla situazione politica, a tutti i livelli. Direi che la constatazione più lampante che noi dobbiamo fare è che per il secondo anno consecutivo la nostra economia nazionale non presenta indici di sviluppo, cioè che da due anni è in situazione di stallo. Situazione considerata solitamente nei Paesi ad economia simile alla nostra, in condizioni di mercato simili alle nostre, un quadro di vero fallimento degli interventi, dell'organizzazione di politica economica nazionale, del tutto paragonabile alle grandi crisi economiche che, in condizioni diverse, colpirono il mondo capitalistico negli anni Trenta. In situazioni come sono oggi quelle dei Paesi ad economia capitalistica, una mancanza di sviluppo economico, cioè una stazionarietà degli indici di sviluppo economico per due anni consecutivi è di fatto indice di depressione, di condizioni strutturali dell'economia assolutamente disastrose. Noi ci troviamo, quindi, oggi, in questa drammatica situazione: che rischiamo di fermarci a discutere sulla spartizione della miseria che ancor oggi esiste in Italia, anziché già indirizzate verso obiettivi di sviluppo democratico le risorse che l'economia nazionale potrebbe accumulare negli anni prossimi. Si tratta di un problema non quantitativo ma soprattutto qualitativo: perché i problemi di qualità della vita nazionale si risolvono nella misura in cui ci sono risorse disponibili in sovrappiù che l'economia crea e che non rendono drammatici i conflitti sociali, altrimenti destinati ad esasperarsi.
Questo è il problema drammatico che noi dobbiamo affrontare, rispetto al quale noi andiamo ricercando il massimo di convergenze possibili fra tutte le forze che oggi sono disponibili, direi per ragioni storiche, per ragioni interne ed internazionali, ad una politica di solidarietà democratica. Oggi purtroppo ciò non è stato possibile a livello nazionale e non so per quanto il Partito repubblicano possa tenersi disponibile per apertura e soluzioni di maggior articolazione democratica anche a livello locale: alcune argomentazioni politiche svolte dal Gruppo comunista oggi mi sembra che obiettivamente preludano la possibilità di una seria documentata e direi collaborativa analisi delle situazioni regionali e delle possibilità di incidenza di queste, in quanto mostrano all'evidenza il prevalere di una vis polemica, di un certo modo di concepire i rapporti politici in senso esattamente contrario a quello di una possibilità di articolazione di corresponsabilità delle forze democratiche. Di questo non possiamo non dispiacerci. Se esistono delle condizioni per le quali a livello nazionale, come a livello locale, quelle che il Gruppo comunista definisce le svolte di centro-destra, o le svolte reazionarie ecc. si realizzano, è perché di fatto, nel dibattito politico, nella articolazione del discorso politico sono mancati sovente, forse anche a destra, ma sovente a sinistra, elementi di maggior solidarietà tra le forze politiche.
Non voglio affatto, così dicendo, far risalire tutte le colpe verso un'unica direzione, ma questi sono i dati che obiettivamente noi oggi dobbiamo registrare, e rispetto ai quali non serve, mi sembra, scagliarsi ancora una volta con slogan contro soluzioni più reazionarie rispetto a soluzioni più avanzate, ma sarebbe assai più utile cercar di realizzare nei limiti in cui ciò è possibile, un dibattito politico che crei elementi di convergenza e non elementi di divergenza, che crei soprattutto attraverso la divergenza e l'approfondimento dei problemi, non il ricorso a slogan, a posizioni di comodo politiche, a posizioni destinate a rendere più difficile il lavoro di ricongiungimento, di riaccostamento tra le forze politiche.
Spero di essere riuscito a chiarire la posizione del Partito Repubblicano Italiano. Il momento è, ripeto, estremamente difficile, e noi ci auguriamo che anche qui, come a livello nazionale, certi tipi di raccordo, di convergenze, siano nuovamente realizzabili. Purtroppo gli elementi che ci consegna questo dibattito sono estremamente scoraggianti in questa prospettiva.



PRESIDENTE

E' iscritto ora a parlare il Consigliere Bono.



CONTI Domenico

Vorrei intervenire, signor Presidente, se me lo consente, per fatto personale.



PRESIDENTE

Ne ha facoltà. Le raccomanderei, però, una estrema concisione.



CONTI Domenico

Mi sono state attribuite dal Consigliere Gandolfi opinioni che io veramente non ho espresso. Io ho semplicemente ricordato, a proposito dell'Ente dei trasporti, la posizione della Unione Province piemontesi dicendo naturalmente che la consideravo con favore...



PRESIDENTE

Devo interromperla, per farle osservare che queste sue considerazioni non si possono inquadrare in un intervento per fatto personale: il fatto personale non sussiste.



CONTI Domenico

A me pare invece che il fatto personale sussista, dato che mi è stata attribuita una affermazione che non ho fatto, una posizione che io non ho assunto, tra l'altro valutandola con apprezzamenti di infantilismo politico e simili, che ritengo costituiscano materia di intervento per fatto personale. Mi pare di avere il diritto ad una precisazione.



PRESIDENTE

Per me non si tratta di fatto personale; comunque, faccia la precisazione, ma molto brevemente.



CONTI Domenico

Dicevo che ho affermato che consideravo con favore la posizione dell'unione Provincia Piemontesi, in materia di Ente per i trasporti riservandomi di intervenire eventualmente sulla materia. Riconosco di aver forse bisogno di perfezionare la mia formazione giuridica; io stesso quando ero Assessore all'interno della Giunta avevo in più occasioni auspicato che si facesse qualcosa per accrescere la nostra conoscenza delle strumentazioni giuridiche. Ma ritengo che si debba anche tener conto della espressione degli Enti locali: ad esempio, nella relazione al bilancio non sarebbe stato male inserire almeno una indicazione dei motivi per cui non si parlava più dell'Ente per i trasporti, proprio perché gli Enti locali nella loro piena autonomia, avevano già espresso il loro punto di vista a proposito del documento elaborato dall'Unione Province piemontesi.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Bono.



BONO Sereno

Presidente, colleghi Consiglieri, affronterò solo alcuni aspetti dell'attuale bilancio, precisamente i temi della difesa dell'ambiente dell'azione contro gli inquinamenti e parte dei problemi del turismo.
Come illustrato nella relazione della Giunta, tra gli elementi di rilievo di questo bilancio sono appunto lo stanziamento di 300 milioni per la difesa dell'ambiente e i tre miliardi per il completamento del piano di acquedotti e la lotta contro l'inquinamento delle acque, ossia la costruzione di impianti di depurazione.
Proprio il fatto che la Giunta avesse collocato fra gli elementi di rilievo questi aspetti mi ha indotto ad una analisi accurata di questi problemi. Devo dire subito che ho provato una certa delusione alla lettura del bilancio, perché mi è parso di rilevare dalla impostazione del bilancio più che una politica coraggiosa della Giunta, una collocazione burocratica di alcuni capitoli trasferiti dallo Stato alla Regione; collocazione burocratica evidenziata dall'ammontare delle cifre stanziate, che non denotano certamente una scelta politica ed autonoma della Regione, ma costituiscono, in fondo, la ripetizione di spese obbligatorie, in attuazione di leggi nazionali preesistenti, assolutamente inadeguate, come l'esperienza ci ha ampiamente dimostrato, anche solamente ad arginare i massicci fenomeni di inquinamento e di distruzione dell'ambiente naturale che si sono verificati.
D'altronde, a confortare questa impressione è intervenuto adesso l'Assessore Gandolfi, sostenendo che il bilancio è la pura e semplice registrazione delle competenze trasferite: non vi è dunque in questo bilancio l'espressione di una intenzione autonoma della Giunta di intervenire in determinati settori, ma la registrazione pura e semplice delle competenze trasferite. Tutt'al più, noi avremmo potuto indagare per esaminare se la Giunta ha fatto un esatto censimento delle necessità e delle possibilità di intervento che da queste leggi venivano trasferite.
Come è previsto dalla stessa relazione, buona parte delle somme che sono state stanziate sono destinate al potenziamento della rete degli acquedotti, alla realizzazione del piano regionale degli acquedotti. Noi riconosciamo ampiamente la importanza sociale ed igienica di tali realizzazioni (non può essere civile, l'abbiamo già sottolineato in altre occasioni un Paese che non disponga di una quantità sufficiente di acqua potabile); però, vorremmo anche rilevare, nel caso specifico, che sono del pari necessari anche stanziamenti contro gli inquinamenti, perché se questi acquedotti fossero costretti a pescare, come pesca, ad esempio l'acquedotto di Torino, a valle degli scarichi di Moncalieri...



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

....e di Nichelino....



BONO Sereno

...e anche in falde sotterranee inquinate, non solo potrebbero essere essi stessi tramite di diffusione di epidemie, ma il costo di costruzione e di gestione degli impianti di depurazione per fornire l'acqua pulita veramente potabile, salirebbe alle stelle.
Un secondo punto collegato a questi capitoli è quello relativo alla costruzione delle fognature e degli impianti di depurazione. Noi sappiamo che, in assenza di un orientamento generale più preciso, se si procedesse alla costruzione di fognature e di impianti di depurazione senza regole ben precise, con la carenza di fognature che vi è nella nostra Regione, si vedrebbero sì, aumentare di alcuni chilometri le tubazioni esistenti elemento di per sé positivo, ma si correrebbe il rischio di avere in definitiva una maggiore possibilità di inquinamento ove si lasciasse che queste fognature scaricassero le acque luride senza alcun trattamento. Il mio timore è, in sostanza, che buona parte dei fondi venga destinata alla costruzione di reti fognarie, senza preoccuparsi degli impianti di depurazione. Tra l'altro, trattandosi di attuazione di programmi già prestabiliti, praticamente di progetti già pronti, noi già potremmo, dalla conoscenza di questi progetti, dedurre il tipo di rapporto che esiste fra fognature ed impianti di depurazione, e provvedere opportunamente, ad evitare che aumenti il grado di inquinamento che già dobbiamo fronteggiare.
Una terza osservazione vorrei fare in riferimento all'articolo con cui si destinano i 300 milioni "per la difesa e l'igiene del suolo", ossia quell'articolo che da alcuni intervenuti è stato definito l'articolo "che interessa la difesa dell'ambiente". Definizione molto impropria, perché non si tratta di questo, e in effetti la Commissione consiliare competente ha corretto la dizione precedentemente esistente, dizione che si riferiva esclusivamente alla legge del '34 n. 1265, che prevedeva l'investimento della intera cifra di 300 milioni per gli articoli richiamati da questa legge, opportunamente inserendovi anche la legge del '41, n. 366. Se le cose fossero rimaste come erano, ci sarebbe stato da domandarsi quanto chinino di Stato avremmo dovuto fornire gratuitamente per poter assolvere gli obblighi che quell'articolo ci imponeva; con la correzione che è stata fatta e con la collocazione anche del problema della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, ci si è posti in condizioni di affrontare con maggior serietà certi aspetti del problema. Se vogliamo che il problema sia affrontato in modo giusto, noi dobbiamo prevedere una utilizzazione al massimo del 10% per la difesa della malaria - dato che non direi che in Piemonte vi siano zone malariche così numerose ed estese da richiedere lo stanziamento di centinaia di milioni -, e la destinazione della parte preponderante, oltre il 90%, al grosso problema della eliminazione dei rifiuti solidi urbani, che è diventato veramente la nuova piaga, la nuova malaria del nostro tempo.
Per la costruzione di impianti di depurazione per fognature urbane noi proponiamo anche un intervento autonomo della Regione, oltre agli interventi obbligatori che ci vengono trasferiti dallo Stato, in ci confortati dal fatto che la somma stanziata, anche se apparentemente rilevante, confrontata con le necessità si rivela chiaramente del tutto inadeguata. Nella relazione si legge che la graduatoria d'urgenza che era stata fatta nel '70 si proponeva opere per complessivi 89 miliardi e mezzo: il Ministro dei Lavori pubblici ha approvato un primo programma per 51 miliardi, quindi poco più della metà, che dovrebbe essere realizzato entro il 1975. Noi riteniamo, proprio in considerazione delle necessità, forse non ancora recepite nella loro interezza, che si debba istituire un apposito capitolo di spesa attraverso il quale la Regione intervenga direttamente sul problema. La istituzione di questo capitolo di spesa ci permetterebbe anche di correggere l'eventuale sfasatura che si venisse a determinare, come dicevo prima, nella ripartizione fra fognature ed impianti di depurazione. Il capitolo di spesa che noi proponiamo è un capitolo aggiuntivo, potremmo chiamarlo 1224 A, avente la seguente denominazione: "Contributi costanti trentacinquennali o trentennali a Comuni e a loro consorzi per la progettazione e per la esecuzione di impianti di depurazione per le reti fognarie urbane". Un tale intervento previsto proprio esclusivamente per gli impianti di depurazione, ci permetterebbe di aumentare contemporaneamente il volume delle cifre che vengono messe a disposizione ed anche di orientare la scelta che noi vogliamo operare. Siccome, però, mi rendo conto che una spesa di questo tipo può essere prevista solo quando vi sia una legge regionale che regolamenti la materia, propongo di segnare questo capitolo, come affermazione di volontà politica, scrivendo, al posto della cifra, la dizione "per memoria": in modo che vi sia un impegno del Consiglio Regionale ad affrontare immediatamente il problema con una legge regionale in modo da assicurarci già fin da quest'anno la possibilità di portare avanti il problema.
Le modifiche che proponiamo sono, d'altronde, modifiche che rispecchiano fedelmente il voto unanime espresso dal Consiglio Regionale il 25 maggio scorso sulla mozione in riferimento ai problemi degli inquinamenti ed alla lotta per la difesa dell'ambiente.
Assume inoltre, a nostro parere, particolare importanza, se vogliamo portare avanti il discorso della lotta anti-inquinamento e della difesa dell'ambiente, il miglioramento e il potenziamento di tutto il sistema dei controlli contro gli inquinamenti. Noi abbiamo assistito ad incontri, a consultazioni, quando si è trattato di discutere il nostro Statuto, e poi il nostro bilancio, ed in varie altre occasioni, e da tutte le parti abbiamo sentito dire che le attuali strutture di controllo, rappresentate sostanzialmente dai Laboratori provinciali di igiene e profilassi, sono assolutamente inadeguate, insufficienti alle attuali necessità. Per cui noi proponiamo, per cominciare, di avvalersi dell'art. 82 della medesima legge 1265, sui problemi della Sanità, che prevede la istituzione dei Laboratori provinciali di igiene e profilassi, dal quale si ricava, fra l'altro, la facoltà di avere una o più sezioni staccate, oltre alla sezione provinciale, qualora il Prefetto (cioè oggi la Regione) ne riconosca la necessità, per potenziare questi strumenti. Lo stesso collega Zanone aveva preannunciato una analoga proposta, emersa a conclusione di una discussione svoltasi nella V Commissione. Certo, io mi rendo conto che oggi siamo in carenza anche di tutta la parte legislativa che regolamenta questi controlli: dovremo arrivare ad una normativa di carattere più generale che, o con una legge regionale, o attraverso i regolamenti di igiene dei singoli Comuni, fissi la regolamentazione di questi scarichi in modo più preciso che non nel passato. Intanto, però, incominciamo a portare avanti questo discorso costruttivo di potenziamento dei Laboratori provinciali.
Noi proponiamo, quindi, un nuovo capitolo aggiuntivo, che potrebbe essere inserito come 350 B, con la denominazione "Delega ai Comuni e alla Province per il potenziamento dei Laboratori di igiene e profilassi - RDL 27 luglio 1934 n. 1262, art. 82", che è l'articolo che fa richiamo specifico al problema. Anche in questo caso, siccome questo ampliamento dev'essere conseguente ad una legge regionale, ci si può limitare per ora ad affermare la volontà politica, stabilendo la dizione "per memoria" al posto della cifra.
Ho promesso di essere breve e lo sarò. Tratterò pertanto ora l'ultimo aspetto del problema che mi ero proposto: quello del turismo. Ho sentito qui alcuni colleghi, in primo luogo l'Assessore al Bilancio, lamentare nella sua stessa relazione la dimenticanza da parte della Giunta di capitoli specifici sulla incentivazione turistica, sulle attività promozionali del turismo. Ora, a me pare che alcuni capitoli vi siano, e sono quelli che sono stati trasferiti dalle leggi dello Stato alla competenza della Regione. Abbiamo, per esempio, i capitoli 1370-1372-1374 che prevedono tutti, però, contributi o in conto capitale o in conto interessi per le iniziative di interesse alberghiero e turistico. Io dico invece che l'Ente pubblico deve intervenire per il potenziamento del turismo, ma avendo riguardo al potenziamento della attrezzature pubbliche di interesse turistico. E' giusto, anche, che si promuova il potenziamento delle attrezzature alberghiere, ma a questo scopo vi sono già alcune leggi che assicurano ai privati determinati contributi: scarseggiano invece, o sono assolutamente inoperanti, leggi che diano ai Comuni la possibilità di costruire determinate attrezzature utili contemporaneamente alle attività turistiche, e quindi allo sviluppo del turismo nel suo insieme, e alla elevazione del tenore di vita delle popolazioni locali. Pensiamo, per esempio, alla politica dei parchi pubblici, che ha una grande connessione con tutta l'attività turistica, e non viene portata avanti dai Comuni perché i costi - almeno fino a prima dell'approvazione della legge sulla casa, che dà la possibilità ai Comuni di recepire le aree ad un certo valore - erano tali da non permettere ai bilanci dei Comuni determinate scelte. Pensiamo ancora alla politica delle piscine pubbliche, di tutta una serie di altre attrezzature che possono essere contemporaneamente utili allo sviluppo turistico e al potenziamento dello sviluppo civile e sociale di una località.
In questo settore io vedo la necessità di un intervento dell'ente pubblico a favore dello sviluppo del turismo: non dare soldi a fondo perduto ai privati, che poi li spendono come credono, senza alcun controllo o possibilità di sviluppare effettivamente le attività turistiche, perch si finisce solo con l'aumentare il numero degli alberghi, ma intervenire come ente pubblico a sopperire a tutte quelle carenze che oggi esistono effettivamente e che sono di spettanza più specifica all'ente pubblico.
Anche per questo proporrei un articolo aggiuntivo, da iscrivere nel bilancio per memoria (perché anche in questo caso si dovrà provvedere con legge specifica a regolamentare la materia) con il numero 1347 A, con la denominazione: "Contributi a favore di Comuni o loro consorzi per il potenziamento delle attrezzature pubbliche di interesse turistico". In questo modo noi affermeremo una specifica volontà, impegnandoci a presentare il più rapidamente possibile una precisa proposta di legge in materia, per portare avanti un disegno organico ben delineato.
Queste le osservazioni che intendevo fare al bilancio. Ringrazio i Colleghi per l'attenzione che hanno prestato al mio intervento.



PRESIDENTE

La seduta riprenderà alle ore 16 precise, con l'intervento della signora Fabbris, che sarà seguito da quello del Consigliere Rivalta.



(La seduta ha termine alle ore 13)



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