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Dettaglio seduta n.1 del 13/07/70 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


OBERTO GIANNI


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Costituzione dell'Ufficio provvisorio di Presidenza


PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE

Ai sensi dell'art. 14, secondo comma della legge 10.2.53 n. 62, assumo nella mia qualità di Consigliere anziano per età, la Presidenza provvisoria del Consiglio regionale del Piemonte. Da questo momento la Regione Piemonte, costituita in Ente autonomo, esercita proprii poteri e funzioni secondo i principi fissati nella Costituzione.
Ai sensi dell'art. 14 che ho sopra richiamato, invito i Consiglieri Gandolfi e Revelli, più giovani di età tra i presenti, a fungere da Segretari provvisori del Consiglio.
Dò altresì atto che ai sensi dell'art. 25 secondo comma della legge 17.2.68 n. 108, le attribuzioni della Segreteria del Consiglio Regionale sono disimpegnate dall'Ufficio di Segreteria dell'Amministrazione provinciale del capoluogo della Regione. Pertanto il Segretario Generale della Provincia di Torino, dott. Amilcare Cicotero, coordinerà lo svolgimento delle attribuzioni di Segreteria del Consiglio.
Penso che il Consiglio Regionale prenda atto di queste mie comunicazioni e prego i due Consiglieri Segretari e il dott. Cicotero di prendere posto al banco della Presidenza.



(Il Consiglio prende atto)


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Consegna del verbale da parte dell'Ufficio Centrale Regionale


PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE

Comunico che, ai sensi dell'art. 15 penultimo comma della legge 17.2.68 n. 108, è stato consegnato da parte dell'Ufficio Centrale Regionale un esemplare del verbale delle operazioni compiute dall'Ufficio stesso, con i relativi allegati e che di tale consegna è stata rilasciata regolare ricevuta. I Consiglieri che possono avere interesse alla cosa, possono consultare i verbali stessi nella sede provvisoria presso la Segreteria Generale della Provincia di Torino.
Da tale verbale risulta che sono stati proclamati 50 Consiglieri Regionali, dei quali prego il Consigliere Segretario di voler fare l'appello, ciascuno rispondendo "presente" per la necessaria elencazione e determinazione della validità dell'assemblea.



(Si procede all'appello nominale)



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE

Sono presenti i Consiglieri: Armella Angelo Beltrami Vittorio Benzi Germano Berti Antonio Bertorello Domenico Besate Pietro Bianchi Adriano Bono Sereno Borando Carlo Borello Giovanni Calleri Di Sala Edoardo Carazzoni Carlo Cardinali Giulio Chiabrando Mauro Conti Domenico Durci Domenico De Benedetti Mario Dotti Augusto Fabbris Pierina Carmen Falco Giovanni Fassino Giuseppe Ferraris Bruno Fonio Mario Franzi Pierino Furia Giovanni Gandolfi Aldo Garabello Enzo Gerini Armando Giletta Giuseppe Chiaffredo Giovana Mario Lo Turco Giorgio Magliano Terenzio Marchesotti Domenico Menozzi Stanislao Minucci Adalberto Nesi Nerio Oberto Gianni Paganelli Ettore Petrini Luigi Raschio Luciano Revelli Francesco Rivalta Luigi Rotta Cesare Sanlorenzo Bernardo Simonelli Claudio Soldano Albertina Vietti Anna maria Viglione Aldo Vittorelli Paolo Zanone Valerio



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE

Sono presenti tutti e 50 i Consiglieri Regionali eletti e dichiaro pertanto valida la seduta essendo raggiunto il numero dei Consiglieri richiesto dall'art. 21 della legge 10.2.53 n. 62.
Dò atto all'assemblea che non sono state sollevate, fino a questo momento almeno, questioni di ineleggibilità. Per quanto si riferisce ad eventuali incompatibilità, si procederà in conformità degli articoli 7 e 18 della legge 17.2.68 n. 108.
Informo altresì che sono pervenute una lettera del Cardinale di Torino il quale si scusa di non poter essere presente alla riunione di oggi e tuttavia formula, per questo nuovo organismo democratico, i migliori auguri e cordialmente saluta; una lunga lettera del Ministro per il Lavoro e la Previdenza Sociale on. Carlo Donat-Cattin, nella quale, facendo presente che è impegnato alla Direzione centrale della D.C., desidera esprimere a me e a tutti i Consiglieri il più fervido augurio e formulare insieme con noi il fermo proposito di un'azione che valga ad approfondire e rendere più efficace lo sviluppo democratico. La lettera è molto lunga, di notevole rilievo ed impegno e pertanto mi riservo di farla pervenire, nel suo testo integrale, a tutti i Consiglieri Regionali, perché ne abbiano nozione e possano portare la loro attenzione su talune osservazioni che sono, a mio avviso, anche opportunamente espresse. Mi limito alla conclusione: "E' con questi pensieri, caro Oberto, che quale unico piemontese oggi inserito nel governo della Repubblica" (penso a livello ministeriale, perché abbiamo qui presenti dei Sottosegretari che sono altrettanto piemontesi) "auguro a te e al Consiglio Regionale del Piemonte volontà tenace di lavoro, visione chiara degli interessi democratici, molte e vittoriose battaglie" Ha altresì telegrafato il Sindaco di Domodossola, città m.o., Ferrari: "Impossibilitato di partecipare all'insediamento del Consiglio Regionale del Piemonte, auspico proficua attività nuovo consesso". Analogo telegramma ha inviato il sen. Ing. Giacomo Bosso nella sua qualità di Presidente dell'Unindustria Regionale Piemontese, con gli auguri del caso.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Discorso del Presidente provvisorio


PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE

Onorevoli rappresentanti del Governo nazionale, onorevoli deputati e senatori Signori invitati, Colleghi Consiglieri Regionali, l'età, e soltanto l'età mi pone, come stabilisce la legge, in questo momento solenne, e per breve ora, alla presidenza della prima assemblea del Consiglio della Regione Piemonte. Privilegio non cedibile, e non soggetto ad usurpazione, tutti e ciascuno amando tener lontano il traguardo dell'anzianità.
E' un onore ed è anche una non lieve responsabilità se, - al di là di quelle che possono essere le sobrie linee di una cerimonia pur solenne che accompagna il primo atto del nostro Consiglio, per la presenza di Autorità personalità e rappresentanze di enti ed organismi regionali, che saluto e ringrazio, considerando che la loro presenza qui oggi sia per essere la presa di contatto iniziale per i rapporti che dovranno poi seguire per un'ordinata, intelligente, preziosa cooperazione, volta a risolvere i grossi, complessi ed anche urgenti problemi che dalla Regione appunto attendono la più rapida e completa possibile soluzione - se, dicevo, il mio discorso deve avere anche un contenuto politico, ovviamente forse non da tutti accettato e condiviso, che riaffermi tuttavia la fede, e i propositi che l'accompagnano, in questo nuovo Ente che trova la sua collocazione nella volontà politica, e per noi adesso nell'adempimento di quel documento fondamentale che e la Costituzione, nata dal travaglio della riscossa e del riscatto, che ha avuto ed ha nella lotta di liberazione il suo fermento, il suo lievito, il suo fondamento, il suo insegnamento.
Per questo ho voluto che fossero qui presenti, quale simbolo fulgido, i gonfaloni dei Comuni, medaglia d'oro, ai quali mi inchino, intendendo così rendere omaggio ai morti ed ai vivi che furono e sono i protagonisti di questa faticosa ed ancora non del tutto compiuta rinascita della Patria nostra, che attraversa giorni tra i più inquieti e difficili. Per questo ringrazio il Sindaco di Torino, avv. Andrea Guglielminetti, nobile figura della Resistenza e prestigioso amministratore, per quanto ha voluto dirci così come ringrazio e cordialmente saluto il rappresentante della Provincia di Torino, - che ho avuto l'onore di servire e presiedere per molti anni comm. Elio Borgogno, che con sollecita premura ha posto a disposizione della Regione uomini validi, ai quali presiede il Segretario Generale della Provincia, comm. Amilcare Cicotero, e locali e strumenti e questa stessa sede nella quale insieme operammo, per la Provincia e per la Regione, che dopo una particolarmente lunga e travagliata gestazione, certamente troppo lunga, e poi nata forse un poco frettolosamente, si da essere addirittura senza casa, amorevolmente apprestataci in via provvisoria, da quell'Ente malfamato che è la Provincia, che da taluno si vorrebbe sopprimere, e che invece a mio avviso, in ciò concordando con quanto e già stato detto, pur diversamente strutturata ed organizzata, dovrà sopravvivere e vivere, per essere, con i Comuni, e probabilmente con i Circondari o Consorzi di Comuni, o compartimenti, le comunità montane, uno degli organismi ai quali la Regione, nello spirito e nella lettera della Costituzione, dovrà "normalmente" delegare compiti e funzioni esecutive, per non rifiutare esperienze collaudate dal tempo e dalle opere compiute, e per evitare quello che può costituire un primo grosso pericolo insidiante la Regione cioè la formazione di una pletorica quarta burocrazia, costosa e forse anche paralizzante del nuovo ente, che dev'essere invece snello nell'esercizio delle sue funzioni, le quali sono essenzialmente normative in senso legislativo e programmatorio, prima e più che direttamente esecutive.
Vivano dunque le sei Province piemontesi ed assolvano i compiti che la Regione affiderà loro, come ai 1209 Comuni che compongono la Regione, la seconda per estensione territoriale, dopo la Sicilia.
Del resto mi lascino ricordare. - anche se con una punta di personale orgoglio, che si estende agli altri Presidenti di Provincia, di Alessandria, Cuneo e Vercelli, qui venuti come Consiglieri regionali coll'esperienza viva di un servizio già reso -, ciò che ha costituito, in certo senso almeno, una prefigurazione dell'ente Regione: l'apporto dato dall'Unione Regionale delle Province Piemontesi, con la creazione dell'Istituto di Ricerche economiche e sociali, l'IRES, e con le prese di posizione, in convegni, in congressi, in assemblee, che se pure non tutte approdate in feconde e concrete realizzazioni, - del resto irraggiungibili per carenze di strumenti di mezzi a livello provinciale - costituiscono per tutti noi, colleghi consiglieri, un prezioso materiale, che unito a quello fornito dall'operosa attività del C.R.P.E, e dal C.R.P.O., qui oggi rappresentati dai loro Presidenti, insieme ad elaborati di altri enti ed istituti, ci consentirà di muovere più speditamente nel cammino delle opere che il Piemonte con impazienza attende siano compiute, per la prosperità della gente piemontese.
Ma, lasciate che lo affermi, pur senza citare i dati di produzione e di contribuzioni del resto a tutti noti, che legittimano sotto ogni profilo tassato, anche per la prosperità della Nazione intera.
E quando dico gente piemontese intendo riferirmi a quanti tali sono per origine di ceppo piemontese, ed a quanti venuti da ogni parte d'Italia qui ad operare e lavorare, ad ogni livello e in ogni tempo, la cittadinanza ed il costume piemontese hanno assunto con pienezza di diritti e di doveri.
Sicché oggi il Piemonte può dirsi davvero, emblematicamente, un'espressione demografica intera.
Il Signor Commissario del Governo, dott. Giuseppe Caso, - che anche per la sua ormai lunga permanenza a Torino ha acquisito una completa conoscenza dei complessi e gravi problemi di questa nostra regione, nelle sue componenti di montagna, collina, pianura, e di agglomerati urbani; nelle sue espressioni di attività industriali, a carattere anche supernazionale commerciali, artigianali, agricole, turistiche; nella realtà, di vita e di sviluppo culturale, intesa nell'accezione più ampia del termine, anche nei caratteri peculiari regionali, che comprende tutto l'arco delle attività scolastiche, dalle più semplici all'università, ivi compresa quella della istruzione professionale, pur essa fondamentale sul piano di una completezza culturale, che ha finalmente cessato di essere orfana, trovando nella Regione una madre cui è affidata, e delle libere manifestazioni di pensiero; del mondo travagliato del lavoro, tra i più evoluti tecnicamente e socialmente, in tutte le sue componenti imprenditoriali, direzionali operative, che deve trovare un assestamento chiaro, duraturo e dignitoso a tutti i livelli; del settore sanitario, oggi in stato di travaglio, specie sotto il profilo ospedaliero; dell'assetto del territorio, sotto l'aspetto degli insediamenti, dei decentramenti, e della struttura urbanistica, e di comunicazioni a piccolo raggio ed a largo respiro, per i rapporti internazionali; dello sviluppo agricolo di rilievo ed interessi notevoli il Commissario del Governo, dicevo, ci ha rivolto non solo un saluto augurale ma delle espressioni meditate che il Consiglio certamente considererà nel loro giusto profondo valore, e gliene sono sinceramente grato.
Colleghi Consiglieri, Signori invitati, credo di trovare l'unanime vostro consenso affermando che nell'anno centenario dell'Unità della Patria quanta strada e quanto difficile compiuta dai primi passi che in tal direzione mossero i nostri uomini Piemontesi, - "qui, è stato scritto, si è fatta la Storia"- e il cui ricordo in un solo nome sintetizzo, Camillo Benso di Cavour - il sorgere delle Regioni non significa e non può e non deve significare, come pure taluno ancora ipotizza, una frattura o anche semplicemente un'incrinatura dell'Unità d'Italia, -il cui compimento, quale oggi conosciamo, e di cui siamo partecipi, passato anche attraverso a sanguinose vicende belliche, che noi sinceramente vogliamo non abbiano a ripetersi, non solo per il nostro Paese che da 25 anni non le conosce, ma per il mondo intero, perché non vi è una vera pace, per essere essa un bene indivisibile, quando da qualche parte la parola non è al ragionamento, ma al cannone, e Dio non voglia, alla bomba atomica, - l'Unità d'Italia dicevo, è una realtà indiscutibile, che trova la sua sanzione solenne nell'espressione della Carta Costituzionale: "La Repubblica è una e indivisibile".
Quello del sistema regionale è un atteggiarsi diverso, nuovo dell'assetto dello Stato in una dialettica articolata, democratica, in sede locale.
La Regione sarà quello che noi vorremo e faremo, tutti insieme, signori Consiglieri, con l'apporto delle nostre idee e delle nostre competenze, nei consensi e nei dissensi che sono inevitabili e proprii di ogni dialogo democratico, che trova la sua sintesi nell'espressione antica della "concordia discorde"; ed altresì con l'apporto delle idee e delle competenze degli altri organismi democratici operanti anche capillarmente in tutto l'arco regionale, che dovranno essere consultati e sentiti, e nella auspicata collaborazione di quello strumento sempre utile, anche quando è critico, che è la stampa, espressione di libertà. Allora veramente dimostreremo essere vero ciò che Meuccio Ruini, presidente della Commissione dei 75, ebbe a dire: e cioè che la Regione è l'innovazione più profonda introdotta dalla Costituzione, realizzando le aspirazioni e coronando le battaglie di quel convinto regionalista e di altri con lui che fu, dal 1902 e in specie con la fondazione del Partito Popolare Italiano, Luigi Sturzo, che nell'esilio maturo il convincimento.
Credo che anche su quest'altra proposizione, ognuno concorderà: quello di oggi non è un punto di arrivo, ma piuttosto un punto di partenza. I decolli hanno sempre un contenuto di rischio e di pericolo; è importante saperlo e tenerlo ben presente per affrontare i rischi ed evitare i pericoli, E' vero: siamo in materia privi di tradizione, anche se già intere biblioteche si possono costituire per la avvenuta larga trattazione dell'argomento sotto svariati punti di vista; ma ciò sul piano operativo non basta, e saremo quindi chiamati proprio noi, attraverso alla conoscenza e allo studio dei problemi e, se me lo si consente, anche con un poco di fantasia, a dettare le linee organiche di uno Statuto, che costituirà elemento base e fondamentale che porterà la Regione verso il duemila, che signori, è un traguardo vicinissimo; risolvendo intanto man mano, per quanto e nei modi di competenza, anche sollecitatoria, i problemi urgenti che hanno soprattutto nome case, scuole, assistenza sanitaria, difesa del lavoro, assetto agricolo e idrogeologico, per indicare solo i maggiori, ai quali aggiungerei, in questo anno mondiale della natura, quello della conservazione e della protezione di quel dovizioso patrimonio naturale ed artistico, che è perla preziosa nello scrigno del nostro bel Piemonte.
Insomma, Colleghi, vorrei dire che la Regione, come strumento che oggi compie il primo atto di vita, è tutta da inventare, anche per i rapporti interregionali che si dovranno attentamente considerare e valutare, e non tardare ad affrontare, non dimenticando che per la sua posizione geografica e per le realtà in atto la Regione piemontese deve avere altresì un ampio e sicuro respiro europeo, se vuole essere non solo viva, ma altresì vitale per il suo sviluppo, la sua crescita, il suo progresso, in tutta la problematica che comporta.
La legge prevede, e lo Statuto ne fisserà le modalità, che ciascuno di noi presti giuramento di fedeltà alla Repubblica per l'esercizio dell'ufficio cui i elettori ci hanno chiamati con un loro atto di fiducia atto che dovranno continuare a compiere collaborando all'espletamento delle nostre funzioni - al solo scopo del bene inseparabile dello Stato e della Regione Piemonte. Ma in attesa dell'adempimento di tale pur sostanziale formalità, io penso che ciascuno di noi, oggi stesso, in cuor suo e di fronte alla propria coscienza, tale giuramento lo presta.
Ci accostiamo all'assolvimento del nostro dovere considerando che non si tratta soltanto, ed è già gran cosa, di un adempimento costituzionale ma tenendo presente che la regionalizzazione è ovunque ormai considerata elemento indispensabile per una struttura moderna del decentramento effettivo, per una maggiore e migliore efficienza statuale, nulla togliendo, se mai completandolo, al senso dello Stato. Dipenderà da noi creare uno strumento adatto a raggiungere tale scopo, superando nello Statuto che ci daremo le dissonanze da tutti avvertite in relazione alla legge fondamentale sulla costituzione e funzionamento degli organi regionali, del 10 febbraio 1953 n 62, anche sotto il profilo topografico della Regione, che è rimasto quello geografico-storico tradizionale, meno aderente a realtà attuali.
L'usura del tempo si fa sentire in ogni direzione, e le leggi non si sottraggono a tale usura, invecchiando precocemente, non sempre migliorando come può accadere dei vini, anche per le velocità supersoniche che la nostra vita conosce nel tumultuoso rapido andare, che fa di un decennio un arco di tempo pari quasi a un secolo del passato.
I 120 giorni fissati per tale adempimento non sono molti, anche in relazione al momento congiunturale in cui una parte di essi passeranno; ma la Regione Piemonte, nel solco di una tradizione di laboriosità, che costituisce non ultimo motivo del nostro orgoglio, penso vorrà rispettare i termini, pur non essendo perentori; anche se non mi nascondo che la stesura di uno Statuto, che non sia semplice parafrasi di norme già dettate, o una più o meno semplice strutturazione ampliata di tipo regolamentare, ha delle chiare implicazioni anche di carattere costituzionale, che dovranno essere attentamente considerate, valutate e risolte. Se attraverso allo Statuto che deve essere approvato poi con legge della Repubblica, vi fosse la possibilità di introdurre norme che, recepite e approvate dal legislatore nazionale, portassero ad una abrogazione implicita - tanto meglio se esplicita - di quelle non più attuali della legge del 10 febbraio 1953 si potrebbe camminare molto speditamente, non deludendo le impazienti attese dei Piemontesi, pur senza illuderli oggi con affermazioni miracolistiche.
L'argomento, proprio perché non particolare, ma di natura squisitamente giuridica dovrà essere affrontato, penso, anche mediante contatti con altre Regioni.
Non parlo, perché il discorso e già assai lungo, dei problemi del referendum, una pagina completamente bianca, tutta da scrivere, dei controlli sugli enti locali, della finanza regionale, argomento peraltro questo fondamentale, sul quale si basa in larghissima misura la stessa autonomia della Regione, e la sua possibilità di azione, inserendo ed inquadrando e coordinando il programma regionale in quello nazionale, non come semplice strutturazione organica, ma come aperto e vincolante discorso nel momento decisionale di formazione del programma nazionale, e delle relative scelte.
Le forze di centro sinistra, ed altre forze, hanno voluto la nascita delle Regioni; e fu l'espressa deliberata volontà politica dei quattro partiti del centro sinistra a volerne il varo, che con le elezioni del 7 giugno si è felicemente effettuato, con risultati che non possono essere disattesi perché si tradirebbe una precisa indicazione dell'elettorato.
Infatti, al di là di quelle che sono le alchimie interpretative dei risultati elettorali che talora si fanno ad usum delphini, per il Piemonte i dati che interessano sono chiarissimi: il P.C.I. e lo P.S.I.U.P. hanno riportato complessivamente 815.436 voti, con una flessione rispetto ai risultati delle elezioni politiche del 1968; il P.L.I. ha riportato 226.215 voti, pur esso con flessione rispetto alle elezioni politiche del 1968; il M.S.I. ha riportato 92.796 voti, 30 mila in più delle elezioni politiche del 1968. E questi sono i dati relativi a partiti estranei alla coalizione del centro sinistra, che ha invece riportato complessivamente (D.C.
1.030.504; P.S.I. 296.737; P.S.U. 231.363; P.R.I. 86.775) 1.645.379 voti mantenendo la D.C. le posizioni delle elezioni politiche del 1968 aumentando i due partiti socialisti, globalmente, di 54 mila voti quelli riportati dal partito unito nelle politiche del 1968.
Le sinistre e P.S.I.U.P. hanno una percentuale del 29,05; (3,10 P.S.I.U.P. e 25,95 il P.C.I.); il P.L.I. dell'8,06; il M.S.I. del 3,31; il P.S.I. del 10,57; il P.S.U. dell'8,24; il P.R.I. del 3,09; la D.C. del 36,70 per cento; così in totale il 58,60 per cento per il centro sinistra.
Sono dati statistici che hanno un contenuto politico e che saranno valutati soprattutto per la determinazione della composizione della Giunta esecutiva; mentre, e la cosa mi sembra di buon auspicio per i lavori dell'Assemblea, sono lieto di informare che tra i gruppi si è raggiunta un'intesa in base alla quale la composizione dell'Ufficio di Presidenza che oggi dovremo eleggere, potrà avvenire con la partecipazione dei rappresentanti dei gruppi comunista e liberale, oltre che delle componenti della maggioranza di centro sinistra.
Ed anche questa intesa raggiunta senza difficoltà mi sembra possa dirsi esemplare, e tale da rendere possibile un pronto lavoro che porti alla concretizzazione del principio autonomistico politico, vera innovazione di fondo nella vita democratica del Paese, che dovrà avere nella Regione il punto di forza del nuovo sistema, con la sola limitazione, ovvia ed invalicabile, del rispetto delle norme dettate nella Costituzione, di cui due insigni piemontesi sono stati - ed uno è tuttora - scrupolosi e fermi garanti: Luigi Einaudi e Giuseppe Saragat, ai quali eleviamo il nostro pensiero.
Uno stato nuovo, dunque, sorge, in un pluralismo organico di soggetti e di società intermedie, che reclama però una immediata riforma della legge comunale e provinciale, mentre la Regione, a mio avviso, anche in attesa delle cosiddette leggi quadro o cornice (e bisognerà intenderci sul quadro e sulla cornice) potrebbe intanto, in un pur limitato campo di materie svolgere funzioni anche se non ancora legislative, indicate dalle leggi vigenti, in conformità al precetto costituzionale, ed in relazione al disposto dell'art. 17 della legge 16 maggio 1970 n. 281 contenente provvedimenti finanziari per le Regioni a statuto ordinario.
In ordine alla quale legge sembra doveroso rilevare che nei criteri per determinare le partecipazioni ai gettiti finanziari, mentre si tiene conto del tasso di emigrazione, non si è tenuto conto di quello relativo al tasso di immigrazione, che per il Piemonte e, come ognuno sa, altissimo, essendo per tale fattore, aumentata in breve svolgere di anni, la popolazione, di varie centinaia di migliaia di persone, - il saldo migratorio del decennio 1958-1968, si chiude con la impressionante cifra di 521.567 unità e siamo oggi, in cifra tonda, 4.400.000 abitanti, - il che implica e moltiplica problemi sempre maggiori e più vasti, che possono avere soluzioni solo con assegnazioni finanziarie adeguate e, per alcuni aspetti, con la responsabile partecipazione diretta e specifica delle imprese per ciò che attiene agli insediamenti industriali che hanno costituito, e verosimilmente costituiranno ancora, motivo di richiamo immigratorio.
Il Consiglio regionale non sarà chiuso e sordo alle istanze popolari che da più parti si levano; resisterà alla tentazione di un centralismo monopolista, che ripeterebbe gli inconvenienti lamentati con l'accentramento romano, troverà la strada che porta alla meta importante della forza di ciò che più unisce; detterà delle norme semplici, chiare intelligibili, volendo che si avveri ciò che un grande Piemontese, Luigi Einaudi, ebbe ad affermare: "La Regione può legiferare meglio di quanto possa fare il potere centrale''; ricordando innanzitutto quanto un altro grande piemontese ed italiano, troppo dimenticato, Massimo d'Azeglio affermò: "il genio, in politica, è il buon senso".
Ecco, colleghi Consiglieri, ciò che mi sembra fondamentale: lavorare con la regola del buon senso, conoscendo il passato, con le prospettive dell'avvenire; lavorare con l'antico cuore piemontese: andando coraggiosamente verso il futuro, per noi, ma ancor più per i nostri figli cancellando i motivi di una protesta e di una contestazione, non proponendoci peraltro di distruggere prima, di aver predisposta la nuova costruzione.
Camminare speditamente, rapidamente, ma con i piedi ben poggiati per terra, vedendo lungo e lontano nel tempo, e con lo sguardo rivolto in alto.
E guardando in alto, in questa aula, costruita qual è nel 1887, e oggi tanto solenne per le illustri persone che accoglie e per le gloriose bandiere che l'adornano, nella quale risuonarono spesse volte in questi anni passati, istanze e voti perché sorgesse il giorno che è ora venuto colleghi Consiglieri e signori invitati, voi incontrate l'affresco del soffitto di Rodolfo e Luigi Morgari, nel quale è rappresentata l'unione simbolica dei circondari di Aosta, Ivrea, Pinerolo, Susa con Torino, nella realtà della costituita Provincia.
Se nella nuova sede che il Consiglio regionale dovrà darsi qualcosa di simile si vorrà fare, raffigurando le bandiere e i colori delle sei Province piemontesi, oggi riunite nella Regione, e pure autonome, a simbolizzare non una semplice sommatoria provinciale, ma ad indicare la reale unione dell'intero territorio piemontese, non dimentichiamo che i Morgari quest'unione hanno qui simbolizzato raffigurando l'avvenimento sotto gli auspici del "genio della concordia", che loro possono ben vedere nell'affresco. Quella concordia che farà grande e prospero e sicuro questo nostro Piemonte, al cui servizio intendiamo tutti lavorare, superando e vincendo ogni difficoltà, e non saranno poche, che certamente tutti incontreremo nel nostro non facile cammino.
Lascino quindi che mi congedi da loro, democratici e veri rappresentanti del Piemonte, non con l'enfatico carducciano "Salve Piemonte!", ma piuttosto con l'augurio che Massimo d'Azeglio pone a conclusione della sua poco nota lettera agli elettori del Collegio di Strambino dell'8 gennaio 1849: "So che un uomo onesto deve andar diritto al suo viaggio, diretto a virtuosa meta, e non curarsi né de' sassi, né de' pruni che gli rendano dura e travagliosa la via: e fatevi con Dio, che vi dia ogni bene".
Dobbiamo ora passare agli adempimenti dell'ordine del giorno.
I gruppi rappresentati in Consiglio vogliono brevemente esprimere il loro punto di vista programmatico in questa seduta inaugurale ed io penserei di dare la parola successivamente con il criterio di partire dal raggruppamento minore (minore come entità di rappresentanza). Quindi ha facoltà di parlare il Consigliere Regionale Giovana.



GIOVANA Mario

Egregi colleghi, quest'Assemblea, al pari di ogni altra analoga nel Paese, inaugura la sua vita a ventidue anni dall'entrata in vigore del precetto costituzionale sulla creazione delle Regioni. Ritardo oltremodo grave, e non altrimenti spiegabile se non registrando l'esistenza di una volontà politica delle varie maggioranze succedutesi al governo della Repubblica di rinviare all'estremo l'adempimento di questo precetto, nella quale volontà, quindi, sono ravvisabili, come già ebbe ad osservare l'illustre giurista che fu Piero Calamandrei, taluni fattori di indole prettamente dolosa.
Occorre ricordare e sottolineare questo troppo dilazionato compimento di un imperativo della legge suprema dello Stato non per amore di polemiche retrospettive o per gusto di disquisizioni giuridiche, bensì perch appaiono oggi quanto mai consistenti le resistenze occulte o palesi ad evitare che la Regione si attui non come semplice decentramento di funzioni amministrative ed in un tempo assai prossimo.
Sono chiare, infatti, le tendenze ad un decentramento amministrativo inserito in un quadro nel quale rimanga intoccabile primato centralistico e che corrisponde ad una razionalizzazione della gestione statale alla quale sono interessati, per fini proprii ben noti, forze e centri di poteri finanziari e produttivi le cui scelte ed i cui scopi contrastano in maniera inconciliabile, a nostro avviso, con le esigenze della collettività nazionale e locale.
Nella circostanza in cui questa assemblea assume le proprie funzioni riteniamo dovere essenziale di ogni forza autenticamente democratica e regionalistica affermare l'impegno affinché essa, in primo luogo, divenga espressione viva e operante dell'impellente richiesta di autogoverno e di partecipazione, che sale da ogni settore delle classi lavoratrici.
Riteniamo spetti a questa assemblea farsi momento promotore e collettore delle spinte nuove che emergono dal travaglio di crescita della nostra società, stabilendo rapporti diretti e sostanziosi con quante istanze di democrazia e di autogoverno delle masse vengono maturando in seno al corpo sociale e con quanti organismi sono rappresentanza concreta delle loro aspettative e delle loro necessità.
In tale contesto collochiamo innanzi tutto i rapporti con le organizzazioni dei lavoratori e il compito di procedere ad una riqualificazione degli enti locali, i Comuni innanzi tutto, meccanismi originali ed insostituibili del concorso, popolare al governo democratico qualora riscattati dai mortificanti limiti in cui li relega il controllo oppressivo o repressivo dell'Italia prefettizia, e dei quali un quarto di secolo di pervicace perpetuarsi di tale sistema ha provocato una crisi quasi mortale.
E' nostra ferma convinzione che l'avvento dell'istituto regionale debba segnare davvero una svolta storica per la fisionomia e per l'assetto del Paese. Ma non nutriamo - e abbiamo il dovere di dirlo - alcuna illusione che ciò accada per il buon volere di forze e di gruppi le cui più che ventennali pratiche di governo hanno dimostrato, senza dubbi di sorta l'indisponibilità ad un corso nuovo per la democrazia italiana ed i legami profondi con visioni ed interessi di conservatorismo e di privilegio.
I segni che del resto documentano la validità di questo nostro giudizio, si traggono anche e in misura cospicua, dall'odierna crisi governativa, riprova allarmante e sintomatica dell'impossibilità di avviare il Paese a differenti e più avanzati equilibri sociali e politici, e quindi a più ampie-prospettive democratiche, con formule di alleanze nelle quali hanno peso decisivo i presupposti del più chiuso conservatorismo quando non addirittura velleità avventuristiche di taglio autoritario.
Pertanto la parte politica che qui rappresento, nella modestia quantitativa e qualitativa di questa sua presenza, porterà nell'assemblea in modo incalzante, coerente e il più possibile nitido, la sua voce rivolta a cercare di interpretare le istanze cui facevo cenno poc'anzi. Essa svolgerà la sua azione mirando sopratutto a porre di fronte alle proprie responsabilità componenti di questo consesso che si richiamano, idealmente e politicamente, alla difesa ed al progresso delle condizioni dei lavoratori, all'urgenza di ristrutturare gli strumenti della democrazia all'obiettivo di conferire contenuti precisi ad un processo di radicale rinnovamento del Piemonte come dell'intera società italiana. Ciò in assonanza con quelle che crediamo siano le attese che pervadono le migliori e più fresche energie di questa Repubblica, voluta appunto dai lavoratori e consacrata dai loro sacrifici nell'antifascismo e nella Resistenza partigiana.



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE

Per il gruppo repubblicano ha facoltà di parlare il Consigliere Gandolfi.



GANDOLFI Aldo

Signor Presidente, colleghi consiglieri, è con una certa emozione che mi accingo a parlare, emozione per l'importanza del fatto istituzionale cui stiamo per dar vita e che è già stata ampiamente sottolineata, emozione anche perché rappresento una corrente, un partito politico che da quasi un secolo conduce una battaglia regionalista. Non sarà inutile che ricordi che il pensiero democratico italiano, da Cattaneo in poi, ha sottolineato l'esigenza di un assetto regionalista come contrapposizione alla tendenza accentratrice, autoritaria con cui si veniva costruendo, alla fine dello scorso secolo, lo stato liberale italiano. Ma permettetemi anche di sottolineare in questa sede fatti nuovi sorti in questi ultimi vent'anni di vita politica italiana, a caratterizzare in modo parzialmente diverso la nascita delle Regioni. Questi fatti nuovi vanno ricondotti alle tendenze di sviluppo tipiche dei paesi del mondo occidentale negli ultimi due decenni cioè alti tassi di sviluppo, permanenza di forti squilibri territoriali insufficienza delle strutture pubbliche a intervenire in modo capace di regolare e di eliminare questo tipo di squilibri e, all'interno di questa dinamica di sviluppo, a realizzare un quadro di decisioni pubbliche tale da comporre, a livello di interessi generali, quelle che sono le contrapposizioni di interessi particolari.
In questo contesto due esigenze particolari si sono venute affermando.
Quella della programmazione economica innanzitutto, cioè di una capacità del momento politico di determinare i grandi indirizzi di sviluppo economico in un paese che si avvia ad elevati livelli di industrializzazione. Poi quella del deecentramento amministrativo e di una diversa articolazione dei poteri pubblici, essendo questi poteri pubblici i garanti di una politica di sviluppo economico capace di eliminare gli squilibri territoriali e sociali, con interventi agili ed efficienti. E rispetto a queste due esigenze fondamentali si è riscoperta la Regione, che in passato era stata esclusivamente un momento di polemica democratica e antiautoritaria, prima come momento della programmazione economica nazionale, cioè come momento operativo, come articolazione operativa delle decisioni prese dal Parlamento nazionale e poi come momento di un riassetto delle strutture pubbliche, teso e produrre non solo democraticità ma anche agilità di interventi, in campi estremamente importanti quali quelli dell'assetto urbanistico, dell'equilibramento delle strutture produttive della politica delle aree industriali e dei servizi sociali.
Questi sono stati fatti nuovi che l'industrializzazione che si è venuta sviluppando in questi ultimi due decenni nel nostro Paese ha determinato nel contesto della problematica relativa alle Regioni. Sono i fatti nuovi che hanno portato a realizzare oggi le Regioni e sui quali le Regioni dovranno dimostrare concretamente di essere cose vive e vitali, cioè occasioni di sviluppo e di crescita istituzionale e di realizzazione di strumenti di una politica economica veramente moderna e democratica.
E' con questo tipo di interpretazione del ruolo delle Regioni che il Partito Repubblicano ha avviato da alcuni anni a questa parte un'iniziative politica che oggi vorremmo vedere e ci auguriamo di vedere pienamente recepita dai Consigli Regionali; attraverso una corretta realizzazione delle Regioni, passa in concreto la possibilità di realizzare anche nel nostro Paese una moderna democrazia industriale. Da questo punto di vista vogliamo sottolineare e consegnare alla Presidenza che sarà espressa da questa assemblea oggi, la convinzione che la possibilità di un corretto funzionamento della Regione risieda in una corretta impostazione dei problemi istituzionali e quindi in alcuni fatti fondamentali, il regolamento, lo statuto, l'assetto degli organi regionali. Su questi adempimenti il Consiglio Regionale dovrà impostare un lavoro spedito, ma sicuro nelle prospettive alle quali vogliamo arrivare e concretamente rispondente alle esigenze che oggi il Paese pone ai nuovi istituti regionali.
Con questa raccomandazione e con questo auspicio noi rivolgiamo un cordiale augurio di buon lavoro, in particolare alla presidenza che verrà espressa oggi dal Consiglio Regionale, perché è la presidenza che dovrà interpretare questo tipo di esigenze e dare l'avvio a un proficuo lavoro per il futuro.



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE

Per il M.S.I. ha facoltà di parlare il Consigliere Curci.



CURCI Domenico

Quali rappresentanti dell'unico partito politico che nel parlamento nazionale ha portato coerentemente, sino alle estreme conseguenze, la sua opposizione all'istituzione delle Regioni, ma che come è nella sua morale e nelle sue tradizioni, rispetta istituti, metodi e principi che pur avversa quando essi sono parte integrante della legislazione e degli ordinamenti dello Stato, ci accingiamo a compiere, nella Regione che vede oggi la luce il nostro dovere al servizio della Nazione.
Le dichiarazioni che sono state sin qui rese dai rappresentanti di alcuni gruppi hanno lasciato affiorare, al di là delle enunciazioni di principio, la linea d'azione politica che questi gruppi seguiranno in questa assemblea. Non è nostra intenzione muovere già in questa sede rilievi all'azione di alcuni gruppi, desidero soltanto sottolineare che lo spirito che animerà la nostra linea di azione politica, sarà ispirato ad una vigile ed intransigente difesa dell'unità dello Stato. La Regione è oggi una realtà che noi rispettiamo non solo, ma opereremo, pur rimanendo scettici, perché questa realtà che abbiamo contrastata diventi uno strumento che favorisca il progresso sociale del popolo italiano.
La Regione è in questo momento una scatola piena di intenzioni intenzione di attuare un effettivo decentramento amministrativo, intenzione di favorire la partecipazione dei cittadini all'attività politica e amministrativa, intenzione di promuovere il progresso sociale e lo sviluppo economico; spetta a noi il compito di dare un contenuto alla scatola realizzando quelle intenzioni. Impegno che risolveremo se ci atterremo ai compiti istituzionali della Regione che sono compiti di politica amministrativa intesa nel senso più ampio ma limitato ai problemi riguardanti direttamente la Regione, lasciando i problemi della politica nazionale e internazionale agli organi competenti.
Tra poco compiremo il primo atto per dare inizio alla vita di questa assemblea. Esprimiamo l'augurio che tale vita sia feconda di opere e di risultati.



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE

Per il P.S.U. ha facoltà di parlare il Consigliere Magliano.



MAGLIANO Terenzio

Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, credo proprio, avviando questo breve intervento, di dover sottolineare l'importanza e la eccezionalità dell'atto che oggi in quest'aula stiamo compiendo. Uno strumento tra i più moderni ed avanzati, la Regione, è oggi per il nostro Paese, vanto e realtà. In un certo senso essa chiude un lungo ciclo della nostra storia italiana e ne apre un altro, certo più consono ai caratteri ed alle esigenze della società moderna. Il processo spesso bruciante dell'evoluzione che ha portato alla ribalta della vita pubblica masse sempre più vaste che rivendicano il diritto ad una partecipazione attiva e responsabile nella gestione politica, trova nell'istituto regionale il tramite naturale per il suo completamento ed anche per la sua disciplina.
La realtà nella quale viviamo è una realtà complessa che gradualmente ma senza dilazioni, deve avere rispondenza in tutte le forme dell'organizzazione sociale non più idonea, com'essa oggi è, a dare risposte complete e soddisfacenti ai bisogni degli uomini. Intorno a questa realtà si è venuto formando un dibattito, spesso acceso e non privo di asprezze. Ci sono i fautori di un rovesciamento totale dell'intero sistema politico-sociale essi manifestano la loro intolleranza attraverso una protesta spesso confusa, abnorme e violenta che noi condanniamo, ma che pure ha in sé alcuni elementi di verità.
Esiste, non soltanto nel nostro Paese, ma in tutto il mondo, un vuoto che deve essere colmato. E' un vuoto nell'organizzazione della vita pubblica, ma è anche un vuoto morale, una somma di frustrazioni nella quale l'individuo ha smarrito il senso della sua funzione nella vita collettiva un problema di masse cui dobbiamo garantire una reale partecipazione allo studio ed ai problemi degli aspetti sociali. Ci sono poi i fautori di un'ordinata trasformazione del sistema politico e sociale: essi vengono spesso accusati di insensibilità se non tacciati di reazionarismo, quasi non avvertissero o deliberatamente ignorassero interessi, bisogni e necessità del nostro tempo. L'accusa è falsa e infondata; i fautori delle riforme hanno piena coscienza dei problemi, esistenti nella loro gravità e anche nella loro urgenza; essi però credono fermamente che il modo migliore per risolverli sia quello di restare nella legalità e garantirsi attraverso essa, gli strumenti di tutte le necessarie trasformazioni. Essi in altre parole, credono ancora e difendono gli istituti democratici come i soli atti a promuovere e a realizzare le riforme di cui il Paese ha urgente bisogno. Essi hanno cittadinanza nel nostro sistema democratico ed in essa operano con fervore. Taluni sono come noi, attestati su posizioni più apertamente popolari, altri, come i liberali ad esempio, più rispettosi di una tradizione e di una conservazione sociale, pur legata ad un glorioso passato. Ma ci accomuna e rende possibile il discorso la convinzione di dover passare, sia pure nel confronto critico continuo, attraverso la sola e unica strada possibile, quella democratica nella quale tutte le riforme sono possibili e tutti gli apporti costruttivi hanno incidenza e lasciano traccia duratura.
Non è senza significato che gli stessi comunisti comincino a considerare la strada delle riforme come la sola possibile per la crescita libera e democratica della società. Questo può essere un buon segno per il futuro, anche se molte sono ancora le cose che dovranno cambiare prima di poter dare al P.C.I. la necessaria credibilità. C'é nell'ambito del movimento comunista internazionale una grossa crisi che può anche essere l'occasione per sciogliere determinati nodi e certe contraddizioni di fronte alle quali ogni sincero democratico non può, per ora, che mantenere tutte le sue perplessità.
Ho introdotto subito questa considerazione per non trascurare un aspetto della realtà, di fronte alla quale ci troviamo, e che non è priva di rilevanza. Infatti il movimento comunista ha salde e profonde radici nell'animo popolare e raccoglie intorno a sé speranze ed illusioni.
Ignorare tutto questo sarebbe assurdo ed impossibile, ma proprio perch esiste e noi gli concediamo la dovuta importanza, proprio perché in esso ravvisiamo allo stato attuale i germi di un pericolo per la democrazia vogliamo evidenziarlo come il problema forse più importante nella battaglia più aspra che andrà combattuta non certo per cancellare l'idea, ma per vincere i metodi eversivi ed antidemocratici che fanno parte, anche al di là forse dei propositi e delle intenzioni dei comunisti nostrani, del sistema politico comunista internazionale.
E non credo sia fuor di luogo, proprio oggi che teniamo a battesimo in questa assise democratica un istituto di libertà e di crescita civile qual'é la Regione, rivolgere un pensiero di solidarietà a tutti coloro che oppressi e costretti dalla forza, hanno perso il sacrosanto diritto a costruirsi la propria storia e la propria vita libera e civile. Non voglio poi tacere che anche il nostro Paese sta attraversando un momento assai difficile, forse è arrivato il momento nel quale i compromessi non sono più possibili, la situazione è giunta ad un punto di tensione che richiede responsabilità precise ed una chiarezza, una volontà ed un impegno politico assolutamente nuovi. La crisi di governo alla quale accennavano i colleghi precedentemente non è che la naturale conclusione di un generale deterioramento della vita politica e soltanto superandolo o avviando un nuovo impegno di collaborazione fra i partiti democratici sarà possibile una soluzione positiva. Nuovo dico nel senso di maggiore rispondenza alle necessità del Paese attraverso assunzioni di responsabilità e coerenti atteggiamenti che, a dire il vero, erano venuti a mancare negli ultimi tempi da parte di diversi settori dello schieramento di centro sinistra.
Si sono mosse a noi, socialdemocratici, diverse accuse. Siamo stati bersagliati come fautori di pericolose avventure involutive, siamo ancora al centro di una polemica aspra che parte soprattutto dai compagni del P.S.I. Noi abbiamo condotto una battaglia di tutela e di difesa delle libertà democratiche, abbiamo continuato a dire, com'è nella nostra tradizione, che crediamo nell'ordinato sviluppo della società, che non riteniamo attualmente possibile alcuna apertura nei confronti del P.C.I.
che il centro sinistra è una formula di governo che ha precisi contenuti politici, un suo programma ben definito, prospettive e scadenze tali da risolvere positivamente i problemi del Paese. Non crediamo in altre possibilità, non pensiamo che sia utile al Paese nessuna altra diversa combinazione che nascerebbe tra l'altro nella confusione, nel velleitarismo e fra contraddizioni anche più profonde di quelle che in qualche momento hanno pur caratterizzato il centro sinistra.
In definitiva l'elettorato ci ha dato ragione, l'elettorato ha confermato e addirittura accresciuto la sua fiducia nel centro sinistra abbiamo quindi il dovere di riprendere la strada interrotta e di mantenerla senza scosse né ripensamenti, per un lungo periodo di tempo. Del resto la nostra stessa presenza oggi in quest'aula è significativa. Essa è prova evidente di una comune volontà politica che ci anima e con questa volontà quando esiste, è possibile superare tutti gli ostacoli.
I nostri propositi, sono, come sempre, propositi di piena e leale collaborazione e ciò alla luce degli accordi generali e particolari accolti ed accettati che...



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE

Scusi, Consigliere Magliano, non vorrei che quelli che devono parlare dopo, prendendo il suo esempio, andassero oltre i 5/6 minuti che avevamo concordato.



MAGLIANO Terenzio

Ho finito.
.propositi che contemplano la collaborazione organica di centro sinistra oltre che nell'Ente regione piemontese in tutte le amministrazioni provinciali e comunali, con particolare riguardo ai capoluoghi di provincia.
Signori consiglieri, on. le Presidente, io ho finito e non vorrei fare della retorica ma con umiltà dico che oggi incominciano gli anni del 1970 come un secolo fa sono cominciati gli anni del 1870.
Siamo degni dei nostri avi!



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE

Per il P.L.I. ha la parola il Consigliere Rotta.



ROTTA Cesare

Signor Presidente, Signor Commissario del Governo, egregi colleghi, il gruppo liberale opererà nel Consiglio Regionale che inizia oggi il suo lavoro, con l'intendimento di attuare attraverso la Regione uno strumento che si ponga al servizio del cittadino e sviluppi, in tutti i modi possibili, l'esercizio diretto della partecipazione popolare e della responsabilità individuale. Come liberali noi siamo assertori del decentramento delle istituzioni e della devoluzione del potere in modo da rendere possibile, al maggior numero di cittadini di conoscere e controllare l'operato della pubblica amministrazione e di occuparsi della cosa pubblica.
La tradizione risorgimentale del nostro partito ci rende particolarmente attenti alla tutela dei valori nazionali unitari.
L'ordinamento regionale non può essere una federazione di sovranità frazionate e divise, deve essere un sistema di autonomie decentrate. Ma già nel luglio 1944, nella polemica contro l'istituto prefettizio condotta dall'esilio sulla Gazzetta Ticinese, Luigi Einaudi ci ammoniva che l'unità del Paese non è data.. dalle circolari, dalle istruzioni, e dalle autorizzazioni romane; l'unità del Paese deve essere fatta dagli italiani i quali imparino a proprie spese, commettendo spropositi, a governarsi da sé.
L'opposizione liberale all'ordinamento regionale quale si è voluto attuarlo non si fondava quindi su un nostro dissenso circa la politica di decentramento: si fondava sull'intenzione di evitare il maggior numero possibile degli "spropositi" previsti da Einaudi. Per questo aspetto le critiche liberali in materia costituzionale amministrativa e finanziaria non sono rimaste prive di seguito, anche presso ambienti politici e culturali dichiaratamente regionalisti. Siamo persuasi che le incognite e le incertezze in cui le Regioni nascono dopo vent'anni di discussioni ci porranno sin dall'inizio problemi complessi e difficoltà serie nell'esercizio del nostro mandato. Ciò che vogliamo affermare fin d'ora è che nella piena accettazione della volontà democratica della maggioranza noi saremo presenti in questo. Consiglio non per ostacolare e ritardare la concreta attività della Regione, ma per indirizzarne il cammino verso giuste mete e dare, nel vero interesse della comunità piemontese, un apporto costruttivo anche quando dovesse essere critico.
Vi è in Piemonte una radicata tradizione di correttezza amministrativa che il futuro governo regionale deve mantenere e rinnovare, vi è anche nella popolazione piemontese, un forte e diffuso senso della responsabilità che dovrà essere adeguatamente considerato nella struttura delle funzioni regionali: noi siamo favorevoli in tutti i campi a metodi di gestione che si attuino con la spontanea collaborazione, più che con il dirigismo e antepongano l'individuo all'ente collettivo, perché nessuno è infallibile ma l'errore di un individuo ha conseguenze meno gravi e meno durature dell'errore di un ente.
Vogliamo infine sottolineare la particolare funzione europea che compete al Piemonte per la sua tradizione storica, per il suo assetto economico e per la sua stessa collocazione geografica. In quanto Regione europea il Piemonte potrà dare un contributo concreto al superamento degli stati nazionali e al rilancio europeistico, non per dissociare il proprio destino da quello delle Regioni sottosviluppate, ma perché il problema stesso del sottosviluppo regionale chiede ormai una soluzione a livello non strettamente nazionale, ma sovranazionale e comunitario.
E' con questi intendimenti che noi ci accingiamo al comune lavoro.



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE

Per il gruppo del P.S.I. ha facoltà di parlare il Consigliere Nesi.



NESI Nerio

Signor Presidente, signori Consiglieri, il P.S.I. che ho l'onore di rappresentare, si attribuisce il merito di avere fermamente voluto la creazione della Regione e di avere contribuito in modo determinante a creare le condizioni politiche affinché la Regione nascesse. Dopo le elezioni regionali ci siamo coerentemente battuti affinché le Regioni fossero messe in condizione di funzionare subito ed abbiamo ottenuto che si procedesse immediatamente alla elezione dei governi regionali.
Conseguentemente faremo quanto e in nostro potere affinché le leggi quadro siano approvate dal Parlamento, nel più breve tempo possibile.
Per le stesse ragioni consideriamo improrogabile il termine di 120 giorni che la legge 10.2.53 n. 62, prescrive per l'approvazione dello statuto regionale e riteniamo che i mesi che ci separano dal 13 novembre 1970 siano sufficienti per predisporre un buon statuto regionale. Questo statuto, al quale attribuiamo una fondamentale importanza politica, deve nascere, a nostro avviso, dal confronto aperto delle idee e dei programmi di tutti i gruppi presenti in quest'aula, senza preclusioni e senza aprioristici accordi di maggioranza e precostituite posizioni di minoranza.
Proprio per queste ragioni ci siamo adoperati, e riteniamo questo un nostro successo, affinché la presidenza dell'assemblea, com'è già stato annunciato dal Presidente, si costituisca con un accordo generale. Consideriamo questo accordo un fatto importante, un buon auspicio per il duro lavoro che ci attende. La nostra Regione infatti è quella, nell'Italia settentrionale che forse più di ogni altra, vive le contraddizioni della società attuale.
Qui risiedono alcuni tra i più grandi, gruppi industriali e finanziari europei, ma qui è quasi completamente assente l'impresa pubblica, qui si è riscontrato il più grande fenomeno immigratorio che ricordi la storia del nostro paese, ma qui vi è stata la maggiore diminuzione di occupazione che si sia verificata in questi anni in Italia. Nel 1963 avevamo il 46 per cento della popolazione attiva sulla popolazione totale, nel 1969 questa percentuale è scesa al 40 per cento. Ciò è dovuto soprattutto alla disoccupazione giovanile, fenomeno che diventa sempre più preoccupante ed al massiccio abbandono delle campagne in alcune zone delle province piemontesi. Nel 1969 oltre il 10 per cento degli addetti hanno lasciato l'attività agricola in cerca di un lavoro che permetta loro condizioni di vita più umane. In - questa Regione si costruiscono manufatti perfetti, ma qui si assiste a forme, fra le più odiose, di speculazione e di sfruttamento.
Queste sono le più evidenti contraddizioni di una Regione che viene normalmente, nelle descrizioni ufficiali, definita ricca. Questa difficile situazione e la consapevolezza che la classe lavoratrice attende da noi molte cose nuove, ci spingono a fare e a fare presto, non dimenticando che come è stato recentemente detto, la scelta non è oggi fra cambiare e non cambiare, ma fra cambiare secondo intenzioni o lasciarsi cambiare. Noi riteniamo che bisogna cambiare secondo intenzione e pensiamo quindi che l'istituto che nasce sarà valido nella misura in cui sarà uno strumento di nuova e più diretta partecipazione popolare alla vita pubblica. Abbiamo bisogno di cooptare alla guida della nostra vecchia organizzazione civile uomini nuovi, abbiamo bisogno di inserire energie giovani nel tessuto sclerotico della classe dirigente dei nostro Paese. Se riusciremo a fare questo, saremo degni di coloro i quali, con il loro sacrificio, 25 anni fa liberando per sempre il nostro Paese dal fascismo, hanno permesso che anche questa assemblea si potesse tenere. Ad essi in questo momento va il pensiero del P.S.I., in questo venticinquesimo anniversario della Liberazione d'Italia, ad essi ed ai contadini, agli operai, ai tecnici agli intellettuali che ci hanno mandato a rappresentarli qui.
Per quanto riguarda poi la crisi di governo alla quale alcuni colleghi hanno fatto riferimento, non abbiamo niente da aggiungere a quello che è stato stabilito unanimemente dalla direzione del nostro partito, sia sulle Giunte sia per quanto riguarda la linea di politica economica.



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE

Per il Gruppo del Partito comunista italiano ha facoltà di parlare il consigliere Sanlorenzo.



SANLORENZO Dino

Egregio Signor Presidente! Egregi Consiglieri! Credo vi sia in ciascuno di noi, questa sera, la coscienza che insediando la Regione piemontese, non si contribuisce solo a colmare un ritardo che è stato di ventidue anni rispetto a ciò che in termini perentori era stato fissato nella Costituzione nata dalla Resistenza.
Certo, ventidue anni sono stati tanti, un intero periodo storico, il tempo di una generazione, e oggi non si può, e non si tratta, di ricominciare dal punto in cui lasciarono i Costituenti del 1946-47, dal punto in cui l'attuazione dell'art. 5 della Costituzione si arrestò per l'ostruzionismo della maggioranza, come disse un giorno Piero Calamandrei. Oggi si tratta di avere coscienza del passato e di avvertire, congiuntamente, che è possibile, è necessario creare qualcosa di profondamente nuovo, che rifletta la realtà dei rapporti sociali e politici del 1970.
E' ad un tempo vero che la Regione nasce mentre sono ancora presenti e non risolti problemi che già furono del sorgere dello Stato unitario, e nello stesso tempo sono drammaticamente di fronte a noi i problemi nuovi specifici, urgenti, gravi che caratterizzano la società italiana di oggi e il nostro Piemonte in particolare. Dobbiamo avere, credo, qui la consapevolezza che questa nostra prima legislatura riguarda una Regione che ha avuto una storia e deve avere un ruolo particolare sia nel sorgere che nella liquidazione degli squilibri, delle contraddizioni e delle ingiustizie profonde che caratterizzano tanta parte della società italiana di oggi. Il Piemonte ha avuto un ruolo storico decisivo nel processo di unità nazionale, ma è stato ed è anche parte, residenza e terreno d'azione di quella borghesia capitalistica del Nord che storicamente, quando si è orientata verso il Sud, l'ha fatto come si orienta una potenza coloniale verso un'area di sfruttamento; una Regione sede ed occasione di alti redditi, centro di produzione di beni che vanno in ogni parte del mondo centro di "occasioni di lavoro", come si dice, per milioni di italiani, ma anche crogiolo di tutte le contraddizioni, esempio dell'Italia degli squilibri, sede della più grande immigrazione della storia industriale del nostro Paese, specchio di una Italia da cambiare.
Sarebbero passati non ventidue ma cento anni quasi invano se noi pensassimo di non dover modificare radicalmente il meccanismo del potere economico e politico che ha presieduto a questi risultati, che è stato alla base degli squilibri, delle contraddizioni e delle ingiustizie di ieri e di oggi nel rapporto fra le Regioni e all'interno della nostra stessa Regione.
Ecco perché respingiamo sia una prospettiva federalista che una pratica autarchica per la Regione piemontese. Il Piemonte non è più, da secoli ormai, la regione delimitata dai suoi mille castelli; ma la sua prospettiva non può essere quella di divenire un'appendice delle aree industriali forti dell'Europa. Siamo contro ogni localismo, e impegneremo le nostre forze che sono tanta parte della classe lavoratrice del nostro Paese, per una nuova effettiva unità nazionale, che abbia al centro la possibilità di suscitare e utilizzare le energie locali ma che possa dare avvio, anche attraverso l'opera della Regione piemontese, alla soluzione di una delle questioni centrali di tutto il nostro passato e futuro, la questione meridionale.
Ecco, proprio nel giorno in cui si insediano, insieme al nostro, altri Consigli regionali di alcune Regioni meridionali che hanno tanti loro figli nel Piemonte di oggi, noi, comunisti vogliamo ricordare a noi stessi e alle forze politiche piemontesi la lezione di Gramsci, la necessità di unire i lavoratori venuti da tutte le Regioni, realizzare intanto qui la saldatura fra Nord e Sud e al tempo stesso operare perché siano affrontati e risolti con metodi e contenuti nuovi i problemi di uno sviluppo distorto, caotico non programmato secondo gli interessi della collettività, diretto sinora dai gruppi privilegiati che questi problemi hanno mantenuto e aggravato in tutti questi anni.
Per far questo pensiamo che sia possibile che città e case siano costruiti a dimensione dell'uomo, pensiamo a scuole che non siano selezionatrici a base di classe. Pensiamo sia possibile fare in modo che non si lamentino le rovine delle alluvioni perché non si è fatto prima quello che le avrebbe evitate. Pensiamo sia possibile assicurare agli abitanti delle montagne una condizione di vita che non li risolva a fuggire Pensiamo sia possibile una riforma e un decentramento dello sviluppo industriale che elimini progressivamente gli squilibri e sia basato su una diversa condizione umana e politica degli operai nelle fabbriche.
Per far questo non si tratta solo di decentrare il potere: si tratta di costruirne uno nuovo. Per operare nel senso che gli elettori hanno voluto non si può pensare a riforme indolori o alla stessa Regione come a un qualcosa di più ma dello stesso genere degli altri istituti che bisogna pur gestire, riesumando il mito del "buon Governo", ora che da tempo non c'è più il "mito" e nemmeno il Governo! E' certo che non si può permettere che la Regione nasca morta, come vorrebbero coloro che hanno precipitato il Paese nella nuova crisi politica, oppure che la Regione sia paralizzata sin dall'inizio dai giochi di potere. E infine pensiamo che nessuno possa guardare alla Regione come ad un potere sì efficiente, ma nel senso di un efficiente distributore di denaro pubblico per interessi privati o per tener dietro alle scelte di investimenti fatte dai grandi gruppi privilegiati industriali. A queste concezioni la Regione deve rimanere chiusa. Deve essere invece aperta, noi pensiamo, ad un nuovo rapporto fra forze politiche e sociali capaci di riflettere ciò che è già maturato e cresciuto nell'esperienza delle masse popolari. Senza la ricerca della loro autonoma e originale partecipazione non si costruisce qualcosa di nuovo non si interpreta il dettato costituzionale, non si risolve la crisi dello Stato nei rapporti con il cittadino. Senza un nuovo tipo di rapporti fra maggioranze e opposizioni, anzi, senza un modo nuovo di formare le maggioranze, senza una concezione delle autonomie che veda al centro il rapporto fra Comuni, Province, Regioni, sarà impossibile disporre delle forze necessarie per risolvere i problemi e piegare le resistenze conservatrici, che sono così forti e organizzate, in Piemonte. Qui, ne siamo tutti consapevoli, rappresentiamo forze sociali e politiche profondamente diverse, sovente contrapposte. Ma noi non siamo, n opereremo, per la rissa ideologica, per erigere steccati o per mantenere gabbie politiche calate dall'alto; siamo per un confronto sul problemi e sulle soluzioni, siamo per un rapporto distinto è autonomo fra Assemblea regionale, sovrana e deliberante, e Giunta esecutiva; siamo per il più ampio collegamento dell'Assemblea regionale, in piena autonomia le forze sindacali, culturali, giovanili, femminili che agiscono in modo così vivo e determinante nella nostra Regione.
Colleghi Consiglieri! L'idea regionalista, che da oggi comincia a divenire realtà, non è stata il frutto di una egemonia intellettuale e politica di una parte soltanto della comunità nazionale è stata, come tutta la Costituzione repubblicana, il frutto dell'incontro di tre grandi componenti popolari, ideali e politiche del nostro Paese, che sono il pensiero democratico laico, il pensiero cattolico e quello marxista. Questa matrice comune e questo incontro, in altri momenti avvenuto, e a cui, si deve tutto ciò che di veramente rivoluzionario ha caratterizzato i rapporti sociali e politici nella storia del nostro Paese, la Resistenza, la Costituzione e la Repubblica, non può e non deve non essere presente anche in questi momenti, contrassegnati da diverse collocazioni politiche, da distinzioni che non vogliamo diminuire o sottacere se vogliamo davvero dar vita ad una fase costituente veramente nuova. Aver presente questo retroterra storico significa avere coscienza che senza il contributo determinante di ottocentomila comunisti piemontesi non si costruisce una Regione nuova, non si governa in modo nuovo, non si fa avanzare nessuna causa democratica nella nostra Regione e nel nostro Paese. Noi comunisti siamo altresì consapevoli che è una concezione unitaria quella che ci ha fatto quello che siamo oggi in Italia e anche nel movimento operaio internazionale. A questo, che è qualcosa di più di una politica, sapremo essere coerenti e fedeli nella nuova fase della lotta politica che si apre con l'insediamento delle Regioni nel nostro Paese. Sappiamo le attese e le speranze che ci seguono; sappiamo che la Regione deve misurarsi ogni giorno con le speranze che ha suscitato; sappiamo anche che lo Stato non pu aspettare soltanto che le Regioni risolvano da esse sole i loro problemi.
Ogni giorno, ogni mese che passerà dovrà vedere l'impegno dello Stato, del Governo, del Parlamento per affrontare e risolvere i problemi che i cittadini hanno posto nelle nostre mani. Ecco quello che speriamo dalla Regione di oggi, ecco quello che vogliamo che sia la Regione di domani.



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE

Per il gruppo della Democrazia Cristiana ha facoltà di parlare il consigliere Bianchi



BIANCHI Adriano

Signor Presidente! Signori Consiglieri! Il pluralismo sociale, l'autonomia politica e amministrativa, la partecipazione dei cittadini come fatto di autogoverno, le libertà che si realizzano e divengono coscienza civile negli istituti dinamici che la manifestano non hanno soltanto una premessa ed uno sbocco razionale o tecnico giuridico. La realtà della Regione, che oggi prende corpo, si colloca, infatti, nel solco vivo in cui ha proceduto il nostro popolo nella sua evoluzione verso una società democratica, per la conquista di istituzioni civili che ne esprimessero in coerenza l'anelito e ne garantissero l'ulteriore sviluppo. I momenti più significativi del Risorgimento, l'avvento dei ceti popolari al ruolo di protagonisti, dopo il crogiolo della prima guerra mondiale, le tragiche sofferenze del secondo conflitto, riscattate e concluse nella gloriosa lotta della Resistenza e nella riconquistata unità nazionale, la Costituzione repubblicana, fatto di libera convivenza e di progresso, che ci regge e di cui realizziamo uno dei dettati più innovatori: son questi gli antecedenti necessari, i tempi di un'unica spinta morale e ideale, che non vogliamo si esaurisca o si attenui.
Noi, democratici cristiani, noi, cattolici democratici, sentiamo tutta la responsabilità, e, se ci consentite, un po' l'orgoglio di essere stati partecipi e promotori della revisione culturale e critica dell'azione che ha affrontato le forme di organizzazione del potere politico, dello Stato accentrato e centralizzatore, che ha visto ed ha proposto l'autonomia come contenuto e fatto politico, diffusore del potere e diffusore della responsabilità, non elemento e rischio disgregazione ma presidio di democrazia e di unità sostanziale. L'istituto regionale, che noi consideriamo lo strumento in cui meglio si concorre a realizzare l'armonia delle forze che si muovono nello Stato, una condizione ed un passaggio per il rafforzamento dell'unità nazionale, costituisce l'avvio, per noi non reversibile, ad una riforma profonda dei rapporti tra i cittadini, le forze sociali e gli istituti in cui si organizza e si manifesta il potere politico.
La severità dell'impegno cui ci accingiamo si rivela in alcune scelte qualificanti: la ricerca continua e sistematica, innanzitutto, del consenso attraverso forme nuove di partecipazione e di consultazione delle forze culturali e sociali, perché nessun potenziale democratico, nessun potenziale di energia costruttiva e di intelligenza resti inutilizzato.
L'azione della Regione non può realizzarsi ed esaurirsi nel rapporto e nei confronto fra gli schieramenti politici, o nella loro iniziativa, ma comporta un collegamento con ogni sede in cui si riveli o possa essere suscitata una esigenza di autogoverno. Verranno così adeguate risposte ai timori del formarsi di un neocentralismo, accompagnato dall'astrattezza politica. Risposta che si coglie nella visione di un'unica polis, di un'unica città-regione, senza periferie e senza mura esterne, nella quale le autonomie locali, anche le più esigue, trovino un quadro di riferimento un modello, una funzione valida. La ferma determinazione, poi, a guidare, a sollecitare, a dominare uno sviluppo visto prima nei suoi termini qualitativi che quantitativi, e ciò portando ad evidenza in una scala di valori i grandi interessi civili, culturali e sociali la cui mancata soddisfazione condiziona, del resto, ogni altro progresso, anche in termini di quantità; così come ci è rivelato dai problemi di diverso segno che ci pongono il deterioramento delle condizioni di crescita e di convivenza civile in certe aree metropolitane e quelli delle zone rurali rimaste ai margini dello sviluppo.
Questi compiti ci sollecitano nello stesso tempo a non lasciare gli organi regionali in quella zona vaga di indeterminatezza in cui si accampano le velleità e in cui naufragano le buone intenzioni. Occorre una chiara definizione degli ambiti di potere dell'Esecutivo regionale e del Consiglio, il primo espressione di una maggioranza coerente; e quindi di un preciso indirizzo politico e programmatico che, deve potersi esplicare, il secondo sede di una efficace azione legislativa e di controllo, sede di un confronto che noi vogliamo civile, e di una reciproca attenzione fra le parti politiche capace di elevare il contributo di ciascuno alla ricerca del bene comune.
E' con questo spirito, appunto, che ci accingiamo al primo atto: la elezione dell'Ufficio di presidenza di questo Consiglio. La consapevolezza infine, di essere partecipi della formazione della volontà politica generale in ordine alle questioni di nostra competenza, se ci richiama all'esigenza, alla ricerca della integrazione e della armonia nei confronti dei poteri centrali dello Stato, Parlamento e Governo, che auspichiamo meglio restituiti alle loro funzioni storiche costituzionali, nello stesso momento reclama che tutto lo spazio costituzionale riservato alla Regione sia sollecitamente consentito di occupare. Diamo quindi corso ad un programma di attività particolarmente intenso, con severità di propositi e di atti, perché le molte attese particolari e le nostre fiduciose speranze non vadano deluse, perché vadano smentite anche le sfiducie pregiudiziali qui espresse; non vadano deluse da parte della Regione piemontese, dalla quale, per le sue tradizioni, per le sue dimensioni umane, culturali ed economiche, per la sua collocazione geografica, che la fa tramite al raccordo europeo, giustamente molto si attende.



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE

Sospenderei dieci minuti la seduta prima che si proceda all'adempimento delle elezioni previste dall'ordine del giorno.



(La seduta viene sospesa per un breve intervallo)



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE

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Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Costituzione dell'Ufficio di Presidenza


PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE

La seduta è riaperta.
Passiamo all'ordine del giorno che prevede le elezioni per la costituzione dell'ufficio di presidenza, ai sensi dell'art. 15 della legge 10.2.1953, n. 62, mediante la elezione di un Presidente, di due Vice Presidenti e di due Segretari. A tale elezione si procede con votazione separata. La votazione avrà luogo per appello nominale e per scrutinio segreto.
Ha facoltà di parlare, per dichiarazione di voto, il consigliere Berti.



BERTI Antonio

In questa breve dichiarazione di voto desidero prospettare alcune questioni che a noi pare essenziale porre in evidenza nel momento in cui ci apprestiamo a votare per la elezione dell'Ufficio di presidenza.
L'avv. Oberto, nel suo discorso iniziale, ha voluto sottolineare alcuni elementi di carattere prettamente politico Ha soprattutto tenuto a rimarcare, direi abbastanza ampiamente, una presunta - così noi ci limitiamo a definirla, a questo punto del dibattito - maggioranza o minoranza in questo Consiglio. Non mancheranno le occasioni di dibattito politico - anzi, noi auspichiamo che l'Assemblea si riunisca nuovamente al più presto, per dibattere i temi che sono collegati alla nascita, alle funzioni, ai compiti della Regione, affinché i primi impegni scaturiscano da un confronto chiaro, netto, preciso, dal dibattito che noi faremo che ci permetterà di riprendere quanto egli ha voluto dire nella sua introduzione, per specificare il significato che noi diamo al voto del 7 giugno, per precisare quali insegnamenti, quali apprezzamenti ne abbiamo tratto, con collegamento alla situazione attualmente esistente nel nostro Paese - alla quale peraltro si sono richiamati alcuni oratori - e per farne un esame più ampio e trarne le dovute indicazioni.
Oggi, però, vogliamo cogliere soprattutto quella che a noi pare la caratteristica essenziale di questa prima riunione dell'Assemblea regionale, avente all'ordine del giorno, com'è noto, la elezione del presidente dell'assemblea e dell'Ufficio di presidenza. In tale intento confermiamo la validità dell'annuncio che l'avv. Oberto ha fatto in merito all'accordo intervenuto fra i rappresentanti di tutti i Gruppi per dare carattere unitario all'Ufficio che sta per essere eletto. La cosa pare a noi della massima importanza, poiché viene a comprovare il carattere positivo primario dell'Assemblea, a conferire alla presidenza dell'Assemblea prestigio e maggiori possibilità di iniziativa, capaci di garantire il funzionamento collegiale dell'Assemblea per tutto quanto riguarda lo svolgimento preciso dei compiti della stessa.
Pertanto, questo voto unitario noi lo vogliamo assumere anche come buon auspicio per il lavoro futuro. Il carattere positivo di questo voto, almeno per quanto concerne il nostro Gruppo, sta a dimostrare che l'Assemblea potrà unitariamente esprimersi per tutte le iniziative che la Regione dovrà assumere, anche quelle immediate, della formazione degli organismi, delle Commissioni che dovranno procedere alla elaborazione del regolamento, dello statuto, come anche quelle della scelta dei metodi e criteri secondo i quali si dovrà procedere alla formazione e dell'uno e dell'altro strumento di lavoro.
Per contenere questa mia dichiarazione di voto in limiti della massima brevità, mi avvio a concludere dicendo che anche dagli interventi che sono stati svolti poco fa abbiamo ricavato elementi positivi circa una votazione unitaria anche per la nomina del presidente. Noi confermiamo, pertanto che, decisi a rispettare gli accordi che abbiamo assunto questa mattina nella riunione dei Capigruppo, voteremo per la nomina alla presidenza di questa assemblea del senatore Paolo Vittorelli, sperando che egli vorrà veramente raccogliere la sollecitazione che dal voto unitario dell'Assemblea e dal nostro pronunciamento implicitamente gli deriva.
Poiché, come dicevo, l'avvocato Oberto ha voluto anche sottolineare una divisione già esistente fra maggioranza e minoranza, voglio dire che noi voteremo anche per la elezione a segretario del sen. Rotta, con l'intento soprattutto di sottolineate la forza e i diritti delle minoranze in questa Assemblea. Con questa precisazione di estrema chiarezza circa il valore del nostro voto noi confermiamo che rispetteremo gli accordi intercorsi.
Dichiaro, infine, che la candidatura di Dino Sanlorenzo alla vicepresidenza è da noi proposta sia per le sue qualità personali, che danno a noi, e speriamo all'assemblea, piena garanzia, ma anche - consentiteci di sottolinearlo - per la sua qualità di rappresentante di una Provincia piemontese abbiamo, cioè, voluto con il presentare questa candidatura anche sottolineare che quando pronunciamo la parola "Regione" intendiamo la Regione in tutti i sensi, anche negli organismi che la rappresentano.



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Fassino.



FASSINO Giuseppe

Signor Presidente! Colleghi Consiglieri! Le votazioni per designare i componenti l'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale, alle quali ci accingiamo, devono determinare una rappresentanza equamente suddivisa, e, ciò è molto importante, al di sopra delle parti, della totalità dell'Assemblea. Poiché nella designazione delle altre cariche del Consiglio di presidenza è intenzione comune dei Gruppi che hanno dimostrato lealmente di voler rispettare gli accordi, chiedere la partecipazione della pluralità delle parti politiche che compongono questo Consiglio, dichiaro, a nome del Gruppo liberale, che il mio Gruppo darà il proprio voto al Presidente indicato dalla maggioranza, proprio per sottolineare, con serenità e con obiettività, che egli è il presidente di tutta l'Assemblea e tutta la rappresenta.



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Giovana.



GIOVANA Mario

Il collega Berti ha svolto alcune Considerazioni, che mi trovano consenziente, sulle ragioni per le quali il suo Gruppo intende aderire così come ha aderito stamani, nella riunione dei Capigruppo, alla proposta di una votazione unitaria per la presidenza del Consiglio regionale.
Io vorrei aggiungere che il mio voto per il sen. Vittorelli, al quale rinnovo in questa occasione l'espressione del mio apprezzamento, che deriva anche da una lunga milizia e amicizia comune, è un voto che ha specificamente riguardo alla sottolineatura di questa esigenza e di questo dato di conduzione unitaria dell'Assemblea, poiché la sua designazione, per debito di chiarezza che credo abbiamo reciprocamente, avviene all'interno di un accordo di centro-sinistra fra le forze del centrosinistra che in sede politica, naturalmente, non può trovarmi consenziente, essendo la mia parte politica, come notorio, decisamente avversa a questa formula.



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Non posso che compiacermi, a nome del mio Gruppo, per il fatto che si manifestino da tutte le parti i propositi di far convergere ampie manifestazioni di consenso e di voto intanto sul nome della persona che dovrà presiedere questa Assemblea, a sottolineare il carattere unitario dell'Assemblea stessa, la unitarIetà delle sue responsabilità. Debbo per precisare, senza voler minimamente intaccare il significato, del quale mi compiaccio, di queste dichiarazioni, che gli accordi politici che hanno preceduto questa conclusione hanno avuto un significato preciso quello cioè, di consentire che l'Ufficio di presidenza fosse rappresentativo di tutte le forze presenti nell'Assemblea. Pertanto, a mio avviso ed a mio giudizio, è una scelta libera, autonoma e spontanea che ogni Gruppo, specie in questo caso, di minoranza, fa, di far confluire il suo voto sul Presidente o su un Vicepresidente o su un Segretario, e non ha alcun altro significato che sarebbe aggiuntivo ad un accordo che è stato altrimenti chiaro.



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Magliano.



MAGLIANO Terenzio

Il nostro Gruppo è d'accordo, ed anzi si compiace di questa consapevolezza democratica, e prende atto dell'intenzione di dimostrare con questa votazione unitaria, che non esistono, almeno sul piano sostanziale se non su quello formale, maggioranze e minoranze. Noi appartenenti alla maggioranza, almeno fino ad ora, siamo ben lieti che questa maggioranza si estenda a tutti i banchi. E se la dialettica, che è comunque alla base della democrazia, non sarà di base politica ma sarà soltanto sulle cose da fare, sulle divergenze che esistono, semplicemente fra gli uomini, e se la base politica potrà essere più unitaria possibile non avremo altro che da compiacerci.
Daremo naturalmente il nostro voto al Presidente designato ed a coloro che sono stati prescelti come suoi più diretti collaboratori unitamente all'Assemblea che speriamo sia unanime, anche se alcuni Gruppi non si sono ancora pronunciati.



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Nesi.



NESI Nerio

E' mio dovere ringraziare, a nome del Gruppo socialista, gli altri Gruppi che hanno confermato l'accordo unitario assembleare per la nomina del presidente, dei vicepresidenti e dei segretari. Il Gruppo socialista è onorato di dare al nostro collega compagno Paolo Vittorelli la designazione a presidente dell'Assemblea e ringrazia nuovamente tutti gli altri Gruppi che hanno voluto confermare la loro intenzione di tener fede all'accordo.



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE

Non essendovi più alcuno che domandi la parola, procediamo alla elezione del Presidente.
Prego distribuire le schede per la elezione del Presidente; trattasi di schede di colore giallo su cui ogni Consigliere potrà scrivere un solo nome.
Prego il Consigliere Segretario di voler prcedere all'appello dei presenti per la votazione.



(Si procede alla votazione)



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE

Dichiaro chiusa la votazione.
Come concordato, provvedo io stesso, coadiuvato dai Consiglieri Segretari allo spoglio delle schede.
Comunico il risultato delle votazioni: Presenti: 50 Votanti: 50 Hanno ottenuto voti: Sen. Paolo Vittorelli 46 Schede bianche 4 Proclamo quindi eletto Presidente il Consigliere Sen. Paolo Vittorelli che ha riportato 46 voti.



BIANCHI Adriano

Solo per chiarezza, per quanto sia gia nota l'indicazione di indirizzo il nostro Gruppo e la delineata maggioranza dovrebbero votare il nome dell'avv. Gianni Oberto, le cui qualità si illustrano da sé.



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE

Non essendovi più alcuno che domandi la parola, procediamo ora alla votazione a scrutinio segreto per l'elezione di due Vice Presidenti. Ai sensi del terzo comma dell'art. 15 della citata legge n. 62, ciascun Consigliere può votare un solo nome. La votazione avverrà con le stesse modalità della precedente, con l'avvertenza che la scheda sarà di colore azzurro.



(Si procede alla votazione)



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE

Dichiaro chiusa la votazione.
Procedo io stesso, coadiuvato dai Consiglieri Segretari, allo spoglio delle schede.
Comunico il risultato delle votazioni: Presenti 50 Votanti 50 Hanno ottenuto voti: Avv. Gianni OBerto 29 Sig. Bernardo Sanlorenzo 18 Avv. Adriano Bianchi 1 schede bianche 2 Proclamo eletti Vicepresidenti i Consiglieri Avv. Gianni Oberto e Sig.
Bernardo Sanlorenzo, che hanno riportato il maggior numero di voti.



BIANCHI Adriano

Per chiarezza, comunico che il Gruppo del quale faccio parte, indicherà per uno dei due posti di segretario, il consigliere Stanislao Menozzi.



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE

Non essendovi più alcuno che domandi la parola, procediamo ora alla votazione a scrutinio segreto per la elezione di due Segretari.
Ai sensi del terzo comma dell'art. 15 della legge n 62, ciascun Consigliere può votare un solo nome La votazione avverrà con le stesse modalità della precedente, con l'avvertenza che la scheda sarà di colore rosa.



(Si procede alla votazione)



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE

Dichiaro chiusa la votazione.
Procedo io stesso, coadiuvato dai Consiglieri Segretari, allo spoglio delle schede.
Comunico il risultato delle votazioni: Presenti 50 Votanti 50 Hanno ottenuto voti: Sig. Stanislao Menozzi 28 Sen. Cesare Rotta 19 schede bianche 3 Proclamo eletti Segretari i Consiglieri Stanislao Menozzi e Sen Cesare Rotta, che hanno riportato il maggior numero di voti.
Propongo ora che le predette deliberazioni relative alla costituzione dell'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale vengano dichiarate immediatamente eseguibili, ai sensi dell'art. 49 della legge 10.2.1953, n.
62.
Faccio presente che la predetta proposta deve essere approvata a maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio regionale.
Chi approva, alzi la mano.
Dichiaro approvata tale proposta ad unanimità dai 50 Consiglieri presenti.
Mi permetto, nella mia qualità di consigliere anziano, di rivolgere una parola di affettuoso augurio al Presidente testé eletto, il sen. Paolo Vittorelli.
Possa egli, insieme ai suoi collaboratori più diretti, vorrei dire insieme all'intero Consiglio Regionale, corrispondere alle attese abbastanza impazienti, ma anche giustissime, di questa gente piemontese che certamente ha imparato a conoscere e che meglio ancora conoscerà rimanendo a questo posto di alta responsabilità e di alta dignità.
Lo invito a voler prendere il posto che gli compete.



(Il Presidente Vittorelli raggiunge il suo seggio di Presidente, seguito dai Vicepresidenti e dai Segretari)



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VITTORELLI


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Discorso d'insediamento del Presidente del Consiglio Regionale


PRESIDENTE

Signori Consiglieri regionali! Il dovere che m'incombe di esprimere la mia gratitudine ai Consiglieri regionali che, con larghissimo voto, mi hanno chiamato a questa presidenza, non è un dovere di pura cortesia. Sono perfettamente consapevole dell'onore, ma anche dell'onere, che ricade sulle spalle di un Presidente eletto con 46 voti positivi e 4 schede bianche su 50. Si e concluso in questo modo un tacito contratto tra il Presidente e l'Assemblea, che conferisce al Presidente medesimo, non soltanto in maniera simbolica e formale, ma anche in maniera sostanziale, la funzione di rappresentante dell'intera Assemblea.
Uomo di parte per la mia provenienza, sento il dovere, nell'assumere questa presidenza, di pormi al di sopra delle parti. Non perché lasci alla porta di questa Assemblea le opinioni con le quali sono stato eletto a far parte di questo Consiglio regionale. Ma perché ritengo sia un compito politicamente e democraticamente almeno altrettanto qualificante quello di consentire al Consiglio regionale piemontese di proseguire i suoi lavori nello stesso spirito in cui esso li ha iniziati, e cioè in una maniera esemplare, che potrà servire da stimolo anche alle altre Regioni italiane perché sentano la responsabilità che pesa sui Consigli regionali eletti il 7 giugno di non deludere le aspettative assai ampie, talvolta anche eccessivamente ampie, che sono nate nella pubblica opinione con la creazione delle Regioni a statuto ordinario.
Come Presidente di questa Assemblea, eletto in queste circostanze, mi sento quindi il custode dei diritti dell'intera Assemblea e il tutore della convivenza civile, della libertà di discussione e del clima di tolleranza che devono presiedere ai nostri dibattiti. Ciascuna parte politica, faccia essa parte o meno della maggioranza chiamata a dar vita ad una Giunta ed a formulare le sue scelte politiche, deve poter arrecare il proprio contributo non soltanto alla elaborazione dello statuto e del regolamento del Consiglio regionale, ma anche alle scelte che l'Assemblea sarà chiamata a fare successivamente, attraverso un'azione che è destinata ad innovare in tutti i campi, ed in particolare nel campo delle autonomie locali.
Noi non siamo un ente autonomo come gli altri. Non pretendiamo di essere un Parlamento. Né avremo bisogno del richiamo contenuto nell'art 18 della legge del 10 febbraio 1953, n. 62 per non attribuirci prerogative e titoli che non ci competono. Ma, nello stesso tempo, noi dobbiamo essere consapevoli che il Consiglio regionale è qualcosa di diverso dal Consiglio delle altre Amministrazioni autonome. Non foss'altro che per la struttura della quale noi siamo dotati; struttura che presenta alcune analogie con quella degli organi di carattere nazionale. Non è per puro caso che il Consiglio regionale, diversamente dai Consigli provinciali e dai Consigli comunali, è dotato di organi assembleari e di organi di governo; e la distinzione delle loro funzioni è diretta conseguenza delle caratteristiche che la Regione assume nella Costituzione della Repubblica, caratteristiche secondo le quali la Regione è il primo ente autarchico al quale sia stata conferita potestà legislativa e al quale, nello stesso tempo, siano state attribuite funzioni di controllo sugli altri enti locali.
L'articolo 115 della Costituzione, afferma infatti che le Regioni sono costituite in enti autonomi con proprii poteri e funzioni, secondo i principi fissati nella Costituzione. Noi dovremo essere memori, nel corso della elaborazione dello statuto della Regione, di questa norma costituzionale, dalla quale scaturiscono il nostro potere più importante quello legislativo, e la più chiara definizione delle nostre attribuzioni.
Noi traiamo dunque i nostri poteri e le nostre attribuzioni innanzitutto dalla Costituzione, e solo la Costituzione fissa i limiti entro i quali la legge ordinaria può regolare l'esercizio di questi poteri e di queste attribuzioni.
Nello stesso tempo, come ente autonomo, siamo anche un ente dotato di una propria sfera, sia pur limitata, di sovranità, fissata negli articoli 117 e 121 della Costituzione della Repubblica. Sfera di sovranità che consente alla Regione, su materie esplicitamente enunciate, di emanare norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti nelle leggi dello Stato. Ma una volta che le leggi dello Stato abbiano stabilito questi principi, nel rispetto di questi stessi principi la Regione è dotata di una propria e autonoma potestà legislativa.
Si tratta di una innovazione importante nel nostro ordinamento amministrativo, in quanto la Regione assume, in questo modo, una responsabilità che, fino ad oggi, in tutta la storia delle nostre autonomie locali, nessun ente locale era riuscito a conseguire. Bisogna anzi risalire alle Costituzioni di tipo federale per trovare enti locali che siano dotati di una propria sfera di competenza legislativa e di sovranità. La Costituzione della Repubblica è riuscita invece a creare un istituto che senza infrangere l'unità dello Stato - poiché noi operiamo nel quadro della Costituzione e della legge dello Stato unitario, - pur tuttavia considera i cittadini raccolti nell' ambito della Regione quali cittadini sufficientemente maturi per esercitare, in questo contesto territoriale una parte delle potestà statuali.
L'art. 121 della Costituzione stabilisce, d'altra parte, che spetta al Consiglio regionale di esercitare le potestà legislative e regolamentari attribuite alla Regione e le altre funzioni conferitegli dalla Costituzione e dalle leggi, consentendogli inoltre il potere di fare proposte di legge alle Camere.
Di questa facoltà la Regione potrebbe avvalersi, con senso delle proprie responsabilità e dei proprii limiti, non tanto e non solo per contribuire in maniera generica all'attività legislativa dello Stato, ma anche e soprattutto per proporre leggi sostitutive, integrative o modificative di quelle attualmente vigenti in materia di applicazione delle norme costituzionali attinenti alle Regioni a statuto ordinario. In questo modo, s'intende non solo sottolineare una interessante innovazione giuridica, ma anche una strada legale, fissata dalla Costituzione attraverso la quale le riserve che il Consiglio regionale potrebbe essere chiamato ad esprimere sulla costituzionalità di alcune norme di applicazione della Costituzione attinenti alla Regione possono trovare uno sbocco concreto e costruttivo.
Signori Consiglieri, sento pure il dovere di sottolineare che la prima fase dell'attività di questo Consiglio regionale ha una importanza fondamentale: sarà la fase durante la quale il Consiglio stesso agirà anche come potere costituente della Regione, in base all'art. 123 della Costituzione della Repubblica, che ci permette di elaborare autonomamente uno Statuto della Regione. Durante questa fase, limitata al breve periodo di centoventi giorni a decorrere da oggi, noi siamo in grado, tuttavia attraverso una organizzazione meticolosa dei nostri lavori, di rispettare i termini di legge.
Sono il primo a riconoscere che questo periodo di tempo di centoventi giorni, il quale comprende in questi centoventi giorni anche i mesi estivi è estremamente limitato. Ecco però un primo campo nel quale, se, come da molte parti si sostiene, una delle funzioni preminenti che dovrà avere la Regione sarà quella di contribuire al processo di programmazione economica avremo la possibilità, programmando rigorosamente per prima cosa i nostri lavori in materia statutaria, di dare a noi stessi la dimostrazione che quando ci si pone un obiettivo -limitato ma concreto, come quello di elaborare lo statuto nel periodo di centoventi giorni, questo obiettivo si può raggiungere.
Questa sera, ci eravamo gia proposti un altro obiettivo, che in partenza poteva sembrare eccessivamente ambizioso e difficilmente raggiungibile. L'esito delle votazioni per la elezione dell'Ufficio di presidenza ha dato la dimostrazione che, in questa Regione, gli accordi conclusi fra tutti i Gruppi, vengono lealmente rispettati, e che è perci possibile, tra galantuomini, di prefiggersi e di raggiungere obiettivi comuni, senza temere alcun colpo basso. Se abbiamo conseguito questo obiettivo, che era forse quello più difficile, potremo, penso, raggiungere altrettanto bene quello più facile di programmare i nostri lavori in maniera da elaborare lo statuto della Regione entro la data del 10 novembre, in cui scadranno i centoventi giorni consentiti dalla legge a questo scopo.
La Regione ha suscitato, nell'opinione pubblica, non solo l'attesa di un centro di coordinamento delle autonomie locali, ma anche, nello stesso tempo, di qualche cosa di più. Noi siamo i protagonisti di una società che si muove oggi più rapidamente delle proprie istituzioni. Il maggior difetto delle nostre istituzioni è di non riuscire a progredire, a svilupparsi ed anche a modificarsi allo stesso ritmo in cui si trasforma la società. La Regione è un istituto nuovo, ed è un istituto, perciò, dal quale le forze in movimento della nostra società si attendono che venga incontro anche ad esigenze che forse non sono contemplate dalla Costituzione.
Collettivamente e singolarmente, riceveremo petizioni, richieste e sollecitazioni da tutte le parti. Non credo che potremo accontentarci di prendere atto passivamente delle richieste e delle attese che potranno essere così espresse.
E' nostro compito, con un istituto nuovo, di creare le forme nuove nelle quali questo istituto democratico possa trovare un punto di incontro con i cittadini. E' per questa ragione che le forze vive del Paese, quali i lavoratori organizzati nei sindacati, gli operatori economici, organizzati nelle proprie associazioni di categoria, gli studenti, i giovani, devono trovare nella Regione una cassa di risonanza Non perché la Regione possa risolvere tutti i loro problemi, ma perché la Regione é, per le sue dimensioni territoriali, per la sua modernità e per la sua novità, più vicina a loro di quanto non siano alcune istituzioni più antiquate del nostro Paese.
Per passare alla parte più pratica di questo mio breve discorso, vorrei anche ricordare che la programmazione dei nostri lavori è pure imposta dalla mole degli adempimenti urgenti che ricadono sulle nostre spalle, il primo dei quali, che dovrà essere affrontato all'inizio della prossima seduta, è quello che riguarda la convalida dei Consiglieri. Le norme costituzionali e legislative attinenti alle Regioni a statuto ordinario, il regolamento dell'Amministrazione provinciale, provvisoriamente applicabile, non rispondono alla domanda: con quale procedura si debba affrontare il problema della convalida. Vi sono alcuni precedenti di statuti di regioni a statuto speciale. Siccome, fino a questo momento, non è venuta alcuna domanda di invalidazione, penso che potremo ricorrere ad uno di questi precedenti, e se il Consiglio fosse d'accordo potrebbe acconsentire all'Ufficio di presidenza di istruire eventuali richieste di invalidazione che possano giungere prima della prossima seduta e dare una risposta in seduta plenaria a queste richieste, in modo che il Consiglio secondo la legge, sia m grado, sin dalla sua prossima adunanza, di deliberare definitivamente sulla validità della sua composizione collettiva e individuale.
Noi dobbiamo inoltre, non appena ci ritroveremo, procedere in base all'art. 15 della Legge 10 febbraio 1953, n. 62, alla elezione di tre revisori dei conti, funzione anche questa di estrema importanza, perch secondo alcune interpretazioni dottrinali, si attribuisce a questo collegio il carattere di una vera e propria Ragioneria generale della Regione.
Dobbiamo inoltre procedere all'adempimento più importante, per dotare la Regione dei suoi organi definitivi, che è quello previsto dagli artt. 23 e 27 della Legge 10 febbraio 1953 e che riguarda la elezione del Presidente della Giunta regionale e degli Assessori effettivi e supplenti della stessa Giunta.
Dobbiamo successivamente procedere alla formazione di due terne di nomi per la scelta di due esperti nelle discipline amministrative, che saranno chiamati a far parte della Commissione prevista dall'art 41 della Legge del 1953 per il controllo sull'attività della Regione.
Anche questo è un adempimento di estrema importanza, sebbene le norme relative ai controlli della legge del 1953 abbiano suscitato nella dottrina numerose perplessità e numerose riserve. Ma finché una legge è in vigore noi siamo tenuti ad applicarla anche se possiamo discuterne o impugnarne la costituzionalità.
Il Consiglio dovrà inoltre quanto prima, procedere alla elezione di tre dei cinque componenti il Comitato per il controllo sulle Province (art. 55 lettera a) e dei componenti di altri eventuali comitati per il controllo sui Comuni e su altri enti locali (art. 56), i quali conferiscono alla Regione la possibilità di esercitare immediatamente i controlli che fino ad oggi erano stati riservati esclusivamente al potere esecutivo centrale.
Anche in questo campo, si è accesa una viva speranza nelle Amministrazioni locali: quella di poter aver a che fare con un ente di controllo più vicino alla vita ed alle esigenze della società amministrata da questi Consigli provinciali e comunali.
Dovremo, d'altra parte, esaminare insieme, nelle prossime adunanze di questa sessione, il problema delle procedure e degli organi con i quali dovrà essere elaborato il progetto di regolamento definitivo della Regione.
Faccio presente che questo regolamento può essere elaborato con una certa rapidità, perché può essere modificato senza l'intervento di altri organi dello Stato. Mentre, per quello che riguarda lo statuto della Regione quando lo statuto sia stato approvato dal Consiglio regionale, esso deve ottenere un'approvazione definitiva per legge dello Stato votata dai due rami del Parlamento, e qualunque modifica successiva di questo statuto impone la medesima procedura. Per quello che riguarda, invece, il regolamento del Consiglio regionale, se, nel corso della sua attività, si rilevasse qualche lacuna, qualche insufficienza o qualche incongruenza, nel Regolamento approvato, nulla ci vieterebbe, senza ricorrere all'intervento di altri organi, di modificarlo.
L'interesse di elaborare un regolamento regionale deriva dalla pratica inapplicabilità di qualunque altro modello. Non è il caso che faccia adesso una disquisizione di carattere costituzionale, ma mi pare che appaia evidente a tutti che i regolamenti parlamentari, in quanto tali, dati i rapporti esistenti nel nostro regime parlamentare fra Parlamento e Governo non sono estensibili alla Regione. Si dovranno pertanto introdurre nel regolamento del Consiglio regionale procedure adatte alla Regione, per quello che riguarda almeno uno dei problemi più delicati, i rapporti fra Consiglio regionale e Giunta esecutiva.
Ma, nello stesso tempo, non si possono nemmeno applicare per analogia i regolamenti di altri enti locali. Noi siamo tenuti per legge ad applicare provvisoriamente il regolamento della Provincia, che è un regolamento estremamente succinto, il quale si riferisce soltanto ad alcune norme elementari relative alla disciplina delle sedute. Un organismo così complesso com'è la Regione non può evidentemente funzionare a lungo con il regolamento previsto per un ente locale di natura assai diversa, senza correre il rischio -con tutto il rispetto dovuto all'Ente Provincia ed al Comune, - di ridurre la Regione, la cui potestà è assai più ampia di quella delle Province e dei Comuni, ad un organismo che, nel suo funzionamento pratico, sia chiamato a servirsi degli strumenti assai più ridotti riservati ad enti aventi poteri molto più limitati della Regione stessa.
Desidero inoltre comunicare che nella prossima adunanza l'Ufficio di presidenza prenderà in esame i modi e le procedure da suggerire al Consiglio regionale per quello che è il nostro adempimento sostanziale in questa fase: lo statuto. Esso non può essere improvvisato, non può essere elaborato da un'assemblea ampia. Pertanto verrà proposto nella prossima adunanza di esaminare l'eventualità di costituire una Commissione per l'elaborazione di un progetto di statuto e di una commissione per l'elaborazione di un progetto di regolamento. Riterrei ideale, ma non so se l'ideale sia raggiungibile, che il Consiglio regionale, quando il progetto di statuto sia già stato elaborato, lo possa esaminare con il proprio regolamento regionale già approvato. Non so se i tempi ce lo consentiranno ma, certamente, con un regolamento apposito, destinato al Consiglio regionale,- il lavoro assai rapido con il quale bisognerà giungere all'approvazione finale dello statuto in assemblea si svolgerebbe in maniera molto più agile e molto più efficace.
Infine, credo che dovremmo pure prendere in esame, sempre nelle prossime adunanze, perché le scelte poi si dovranno fare durante la sospensione dei nostri lavori, il problema della sede definitiva della Regione. La dignità della Regione deriva anche dalla sua apparenza esterna.
Occorrerà certamente un certo periodo di tempo, durante il quale si dovranno apprestare i locali che permetteranno non soltanto di svolgere le nostre adunanze ma anche di mettere la Giunta di governo in condizioni di operare fin dal primo momento senza dover essere ridotta ad un numero limitato di locali, per trasferirsi successivamente in altri palazzi e magari poi in altri palazzi ancora fino al giorno in cui potrà essere dotata della sua sede definitiva. E' certamente un lavoro che richiede una certa lena, al quale Consiglio e Giunta saranno certamente chiamati a collaborare. Ma se il Consiglio volesse nella prossima adunanza prendere in esame anche le forme con le quali procedere a queste prime scelte certamente si farebbe un importante passo in avanti.
Ho così delineato quello che potrebbe essere il programma dei nostri lavori, dopo una breve sospensione destinata anche a permettere alle varie forze politiche che compongono questa assemblea di raggiungere gli accordi definitivi per poter procedere al resto dei nostri primi adempimenti con la stessa correttezza con la quale noi abbiamo oggi raggiunto questo primo traguardo. Il risultato di questa sera è già di per se stesso apprezzabile perché la realtà che ne è emersa è garanzia non solo di correttezza amministrativa nell'azione futura della Regione ma nello stesso tempo anche di efficienza nel funzionamento dei suoi organi. Un Consiglio che comincia a funzionare come ha funzionato questa sera il Consiglio regionale piemontese impegna il Consiglio stesso, e gli altri organi della Regione, a seguire metodi di altrettanta efficienza nel proprio lavoro futuro.
Vorrei, per concludere, Signori Consiglieri, ricordare che la nostra non è una Regione come le altre. Questo non soltanto perché è una Regione industrialmente sviluppata, ma anche perché ha avuto una funzione importante nella storia del nostro Paese. Non voglio ricordare per esteso la funzione che essa ebbe cent'anni fa: desidero soltanto ricordare a questo riguardo che da questo territorio partì una tradizione di correttezza amministrativa che, con la complessità dei problemi sorti dopo l'Unità d'Italia, andò a poco a poco disperdendosi. In questa Regione noi possiamo ricostituire le condizioni di questa correttezza amministrativa anche perché i problemi che ci stanno davanti sono problemi di una gravità estrema.
Questi problemi, sottolineati da alcuni Consiglieri, sono i problemi che nascono da una società economica in corso di rapido sviluppo, di sviluppo, cioè, che è destinato, ma non ineluttabilmente, a determinare contrasti che giustificano la nascita di un Ente Regione nella nostra epoca. Se la Regione non fosse stata inventata dai Costituenti per tutta l'Italia, avremmo dovuto inventarla noi, oggi, per risolvere i problemi del Piemonte, che sono problemi di rapporti fra le classi, ma che sono anche problemi di rapporti tra le Province.
Noi siamo il Consiglio regionale di tutto il Piemonte e di tutte le Province piemontesi, e l'unità di intenti che è stata raggiunta questa sera deve ricordare a noi che, ancora una volta in questa Regione, in una generazione precedente, venticinque anni fa, tra quasi tutti i Gruppi componenti questa Assemblea si trovarono la forza e il coraggio per realizzare le condizioni politiche che portarono alla creazione dei Comitati di Liberazione Nazionale ed all'inizio della lotta di liberazione.
Nella nostra Regione, ancora prima del 25 luglio, vi fu il primo grande sciopero contro il fascismo, la prima manifestazione, popolare di protesta vi fu, cioè, il primo atto attraverso il quale gli Italiani e coloro che guardavano gli Italiani dall'esterno si resero conto che, in questa parte del territorio nazionale, esisteva una forza viva, che, dopo aver lottato in silenzio durante oltre venti anni, stava ormai impugnando le armi contro gli invasori che si apprestavano a venire nel nostro Paese, una forza viva che aveva deciso di iniziare qui la lotta di liberazione armata contro il nazifascismo.
Di questa tradizione noi dobbiamo essere sempre consapevoli. Lo dobbiamo essere anche nel corso della elaborazione dei nostri istituti delle nostre leggi, delle nostre scelte. Ci siamo trovati divisi anche al lora: il CLN era una formazione unitaria, ma in esso convivevano forze profondamente diverse tra di loro, per tradizione ideologica, per rappresentanza di interessi economici, per aspirazioni ideali rispetto all'avvenire. Ebbene, davanti ai problemi che si ponevano in quell'epoca ed a quella generazione, venne realizzata l'unità di intenti per consentire scelte libere, alle quali noi non sapremo mai rinunciare. Poiché la democrazia non è fondata sulla legge dell'unanimità: l'unanimità deve prevalere in una cosa sola, nel creare le condizioni della convivenza civile per cui la legge della maggioranza venga considerata la legge democratica che impegna tutti quanti.
E' su queste basi, e con queste premesse, che il nostro Consiglio regionale è chiamato ad iniziare la propria attività.
Vorrei, signori Consiglieri, fare due comunicazioni. L'Ufficio di presidenza è convocato, in sede da stabilire, per mercoledì mattina alle ore 10. Il Consiglio regionale verrà convocato a domicilio entro le prossime due settimane, il più presto possibile, perché, dati gli impegni che abbiamo e gli adempimenti che ho elencato, quanto prima saremo in grado di- convocare il Consiglio regionale, tante maggiori possibilità avremo di raggiungere i nostri obiettivi.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 20,45)



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