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Dettaglio seduta n.56 del 29/05/96 - Legislatura n. VI - Sedute dal 23 aprile 1995 al 15 aprile 2000

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PICCHIONI


Argomento: Edilizia pubblica (convenzionata, sovvenzionata, agevolata)

Interpellanza n. 201 dei Consiglieri Chiezzi, Papandrea e Moro relativa alla richiesta di incontro avanzata dal Comitato Inquilini del Quartiere n. 33 di Corso Taranto a Torino


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Interrogazioni ed interpellanze" esaminiamo l'interpellanza n. 201, presentata dai Consiglieri Chiezzi Papandrea e Moro, cui risponde l'Assessore Botta.
BOTTA, Assessore all'edilizia residenziale In ordine all'interpellanza n. 201 del 18/10/1995 presentata dal Gruppo consiliare Rifondazione Comunista si fa presente quanto segue.
A seguito della lettera del Comitato Inquilini del Quartiere n. 33 di Corso Taranto n. 104/B di Torino, pervenuta agli uffici regionali in data 29/9/1995, con la quale venivano evidenziati una serie di problemi attinenti la gestione dei lavori di manutenzione straordinaria, la carenza di manutenzione ordinaria programmata, nonché la necessità di trovare una soluzione alla questione riguardante le caldaiette "abusive", si è provveduto a richiedere all'ATC di Torino, con nota prot. n. 387/651 del 27/10/1995, proprietaria di detti immobili nonché ente gestore, i necessari chiarimenti sulle iniziative poste in essere rispetto ai problemi segnalati dal citato Comitato.
A tale richiesta l'ATC con nota n. 95391 del 16/11/1995 ha dato esauriente risposta a tutti i quesiti.
Questa lettera, pervenuta all'Assessorato, e indirizzata al Presidente della Giunta regionale, all'Assessore regionale di allora, avv. Majorino al Presidente del Comitato Inquilini Quartire n. 33 e alla Redazione del quotidiano La Stampa, a firma del dr. arch. Paolo Corradini, precisa quanto segue: "In merito all'oggetto, si precisa quanto segue.
Lavori di cappottatura e manutenzione straordinaria: i lavori di cappottatura, congiuntamente ad altre opere, affidati per l'importo citato dal Comitato di circa L. 11 miliardi alle imprese FICEM ed ARCAS, sono stati effettivamente eseguiti e sono in fase di collaudo.
I lavori di cui il Comitato lamenta la parziale o mancata esecuzione si riferiscono ad opere appaltate in seguito per L. 1.862 milioni, il cui iter è stato prima rallentato dalle vicende giudiziarie in cui è incorso il Direttore dei lavori arch. Savoino, e successivamente interrotto per il fallimento dell'impresa appaltatrice avvenuto nel febbraio 1993.
L'affidamento di tali lavori merita una evidenziazione già rappresentata alla Procura della Repubblica: il Consiglio di amministrazione dell'epoca intendeva affidare a trattativa privata i lavori suddetti all'Impresa FICEM. La Regione Piemonte non autorizzò il sistema proposto di affidamento lavori, e l'Amministrazione dette luogo ad una licitazione privata, esperita in data 28/3/1991.
Aggiudicataria dei lavori fu l'Impresa Petruccelli, che con lettera 20/3/1991 antecedente alla gara d'appalto, ma spedita il 2/4/1991 successivamente alla licitazione, chiese di ritirare la propria offerta. Il Consiglio di amministrazione aderì alla richiesta, sciolse l'impresa dal vincolo contrattuale già formatosi e affidò i lavori all'impresa FICEM.
Il consuntivo delle opere effettivamente eseguite dall'Impresa FICEM nel frattempo dichiarata fallita dal Tribunale di Torino, pari a circa il 50%, è stato redatto in contraddittorio con il curatore fallimentare nell'ottobre 1994, e gli atti contabili relativi sono stati trasmessi dalla nuova direzione lavori al collaudatore, nominato dalla Regione Piemonte nel dicembre 1994. Fino alla conclusione delle operazioni di collaudo ed alla quantificazione dei danni patiti, da approvarsi anche da parte della curatela fallimentare, l'ATC non può procedere al riappalto dei lavori ancora da eseguire.
Si precisa che alcune opere richiamate dal Comitato, quali il rifacimento della recinzione esterna, non erano previste nell'appalto di cui trattasi, e tale realizzazione non rientra nei programmi cantierabili dall'ATC in quanto non finanziato.
Si esprime il rincrescimento di questa Amministrazione straordinaria per i disagi - non evitabili - subìti dagli assegnatari, ricordando al Comitato Inquilini che tale situazione è frutto delle scelte e degli interventi del precedente Consiglio di amministrazione (con cui certamente il Comitato Inquilini del Quartire n. 33 ha potuto avere ampio dialogo), e che i lavori di cui trattasi hanno formato oggetto di un'indagine della Procura della Repubblica conclusasi con richieste di rinvio a giudizio di alcuni ex amministratori IACP e delle imprese.
Si ricorda altresì che tra le ragioni addotte dalla FICEM per le sue difficoltà finanziarie, al momento della procedura fallimentare, si ritrova un'oscura vicenda di lavori per circa L. 600 milioni, effettuati senza ordine da parte del Direttore dei lavori, ma fortemente caldeggiati dal Comitato Inquilini.
Manutenzione ordinaria: nel limite degli stanziamenti a bilancio e per il lavori necessari l'ATC è costantemente intervenuta ad effettuare la manutenzione ordinaria. Il Comitato Inquilini, come sancito dalla Carta dei diritti dei Comitati, può ottenere dagli Uffici incaricati l'elenco dettagliato e circostanziato dei lavori eseguiti.
Caldaiette abusive: a fronte dell'installazione abusiva di impianti autonomi negli anni 1983/1984 da parte di numerosi assegnatari del Quartiere, che lo IACP aveva invano tentato di impedire, anche facendo causa all'impresa incaricata dei lavori, ed alle conseguenze sulla regolare prosecuzione del riscaldamento centralizzato, sono stati spesi L. 1.161 milioni di finanziamenti pubblici per risolvere il contenzioso, completando l'installazione degli impianti autonomi negli alloggi che ne erano privi in modo da dismettere la centrale termica dei quartieri, peraltro perfettamente funzionante.
Nell'attribuzione delle spese di riscaldamento centralizzato, sostenute fino alla dismissione dell'impianto, lo IACP si è comportato nel rispetto delle norme vigenti e della costante giurisprudenza, che prevede l'obbligo da parte dell'utente/condomino, al pagamento integrale pro quota dei servizi centralizzati, anche se dallo stesso unilateralmente non usufruiti.
Tale posizione ha trovato conforto a seguito della causa intentata proprio da esponenti del Comitato Inquilini ed altri assegnatari contro lo IACP, in quanto il Tribunale di Torino ha rigettato la richiesta degli assegnatari di ottenere sia il rimborso delle somme spese per l'installazione delle caldaiette, sia l'esonero dal pagamento del servizio centralizzato.
Stupisce che il Comitato Inquilini non sia al corrente che, con sentenza depositata circa un anno fa, anche la Corte d'Appello ha rigettato l'ulteriore ricorso intentato dagli assegnatari.
Si fa notare che la soluzione legale della vicenda è stata proprio ricercata dal Comitato e che le sentenze emesse costituiscono per l'ATC un fatto ormai imprescindibile per l'azione amministrativa; risulta del resto difficile comprendere cosa intenda il Comitato Inquilini per 'soluzione politica' del problema e quali siano i contenuti prospettati.
Si ribadisce pertanto l'impossibilità, da parte dell'Amministrazione dell'Ente, di farsi carico con fondi propri di spese derivanti da servizi a rimborso.
In merito alla richiesta di incontro con la Direzione dell'Ente, si è provveduto a segnalarla ai dirigenti preposti.
Si invita pertanto il Comitato Inquilini a contattare la Segreteria del Direttore per la calendarizzazione della riunione".
In una lettera successiva del 26/11/1995, il Commissario arch.
Corradini precisava all'Assessore all'edilizia pubblica che tale riunione era avvenuta la settimana precedente.
Dagli elementi acquisiti dagli uffici in merito alla questione posta dal Comitato Inquilini, si ritiene non necessario istituire la Commissione di inchiesta richiesta dagli interpellanti, in quanto il caso appare rientrare nella normale routine di stretta competenza dell'ATC.
Mentre per quanto riguarda la convocazione di un incontro congiunto tra Comitato Inquilini, Amministrazione ATC e Regione, si fa presente che si è già svolto un incontro fra l'ATC di Torino e il Comitato Inquilini.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Papandrea.
PAPANDREA L'informazione è esauriente, secondo le valutazioni dell'Assessore.
Credo che questa lettura sia stata utile; può darsi che sia esauriente, ma ci dice che i problemi sono aperti, cioè non risolti.
Parto dalle caldaiette. A mio parere l'incontro ci dovrebbe essere per poter prospettare delle soluzioni al problema. Credo che gli inquilini abbiano fatto ricorso avverso la sentenza (è ancora in atto l'iter giudiziario), ma nel frattempo devono pagare, e devono pagare cifre consistenti, sull'ordine di milioni. Uno dei problemi era appunto quello di individuare una soluzione che non fosse quella di non pagare, ma di trovare delle forme di scivolamento del pagamento (o comunque di andare incontro a quei cittadini), forme che finora non sono state individuate. Comunque su questo, ripeto, la causa è in atto; molti, tra l'altro, si sono cautelati per timore di essere cacciati fuori, quindi si arrabattano, cercano le soluzioni per risolvere il problema.
Devo dire che, trattandosi di famiglie che forse hanno difficoltà a recepire i fondi (perlomeno una parte di queste), non vorremmo che poi andassero a chiedere soldi a quelle persone che incontriamo nelle cronache giudiziarie; purtroppo sono fatti che avvengono, dobbiamo tenere conto anche di questo, cioè che qualcuno si possa rivolgere ad usurai per trovare soldi che altri non gli danno, perché esiste il timore di essere sfrattati.
Il problema degli sfratti è già grave in questa città e sarebbe peggio se si aggravasse ulteriormente.
Di fronte alla minaccia dello sfratto, molte famiglie cercano di fare i salti mortali per sanare la loro situazione, mettersi a posto e non essere espulsi. Vi è una causa in corso, ma intanto loro pagano. Anche per questo motivo ci sembrava utile un incontro che non fosse solo tra le parti in causa, ma anche con la presenza della Regione, per capire le varie ragioni.
Per quanto riguarda il problema dei lavori effettuati, ciò che ha detto l'Assessore sarà esauriente, ma è chiaro ed è relativamente grave, in quanto i lavori che erano stati decisi ed appaltati nel 1991 non sono ancora stati finiti. Una parte di questi lavori - si dice - non era stata prevista, non era stata neanche appaltata, ma è ovvio che se erano stati richiesti non era solo per problemi estetici, ma per problemi più di sostanza, tenendo conto anche del tipo di case di cui si tratta. Un'altra parte era stata appaltata e i lavori sono cominciati; nel frattempo la ditta incaricata è fallita (c'è dunque di mezzo un fallimento in Tribunale), per cui i lavori non sono stati completati. Il problema è che passano gli anni e se già cinque-sei anni fa i lavori da fare erano urgenti, il tempo aggrava il fenomeno. Ora, da un punto di vista formale siamo tutti a posto, in quanto la ditta è fallita, ecc.; però, da un punto di vista sostanziale, i lavori di ristrutturazione sono stati fatti parzialmente, quindi non sono stati conclusi; probabilmente il fatto che siano stati fatti solo parzialmente li rende inutili e magari da ripetere per cui i problemi sollevati da questi cittadini ci sono tutti, soprattutto quello legato alla ristrutturazione degli stabili. Su tutto questo noi non possiamo semplicemente fare i notai, metterci a controllare e dire: "Le cose sono avvenute in questo modo, non abbiamo responsabilità, però è così".
Questo problema non è solo degli inquilini di quello stabile, forse è più vasto.
Nel momento in cui vengono i Capi di Stato stranieri si parla di Torino città europea e ci abbelliamo tutti, però non possiamo non affrontare problemi gravi e costanti nel tempo; occorrono soluzioni ed interventi straordinari anche in questo caso, non solo, ad esempio, per sistemare delle fioriere o altre cose sicuramente utili, ma meno urgenti. Quando pensiamo agli interventi da fare sulla città, dovremmo anche tenere conto delle situazioni straordinarie, che sicuramente richiedono un atteggiamento particolare.
Chiudo l'intervento riprendendo brevemente l'argomento delle caldaiette. Vorrei ricordare che il motivo per cui alcune famiglie si sono dotate di caldaiette non è perché vogliono scoppiare dal caldo dentro le loro case; può darsi che l'impianto centralizzato fosse funzionante, ma se si sono dotate di caldaiette è perché avevano dei problemi rispetto alla gestione, al riscaldamento degli alloggi, quindi era un'esigenza.
D'altronde, credo che nessuno butti via dei soldi per sudare in casa. Anche questa è una cosa di cui tenere conto. Le famiglie hanno fatto determinati lavori e hanno cercato di avere un recupero dei lavori pagati, mentre la situazione è nel frattempo cambiata e hanno cominciato a pagare gli arretrati e poi si vedrà. Per questo credo che i problemi posti, sia dagli uni che dagli altri, richiedano una discussione più seria, un confronto anche con altre situazioni simili.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni - Attivita' di promozione - Sport - Tempo libero: argomenti non sopra specificati

Interpellanza n. 420 dei Consiglieri Chiezzi e Simonetti relativa agli omaggi ai campioni di sci


PRESIDENTE

Passiamo all'interpellanza n. 420, presentata dai Consiglieri Chiezzi e Simonetti, cui risponde l'Assessore Angeleri.
ANGELERI, Assessore al turismo E' indubbio che l'evento "Campionati mondiali di sci 1997", che si svolgeranno a Sestriere - Alta Valle di Susa, rappresenti una grandissima occasione di promozione della Valle di Susa e di tutto il comparto del turismo invernale piemontese.
E' un traguardo che cade in una data storica, il centesimo anniversario della nascita dello sci in Italia, avvenuta proprio su queste montagne.
E' anche un premio alla vocazione che ha reso la Valle di Susa protagonista della storia agonistica, oltre che una delle mete più apprezzate di turismo alpino. Ma è soprattutto una sfida alla quale la valle si sta preparando con il massimo impegno: per offrire un terreno di gara all'altezza dei migliori standard sportivi; per ospitare, intrattenere ed affascinare il pubblico di tutto il mondo.
Sul fronte promozionale, tuttavia, il rapporto con i media di stampa e televisivi risulta essere il terreno più propizio per accreditare un'immagine positiva della valle che ospita i Mondiali e dell'intero Piemonte.
Fra gli interventi previsti idonei a determinare un positivo e favorevole atteggiamento della stampa nei confronti del Piemonte come destinazione turistica, particolare rilevanza è da attribuirsi alle azioni di sensibilizzazione e di pubbliche relazioni. Affiancare tale attività con l'omaggio di prodotti editoriali di prestigio valorizzanti l'immagine del Piemonte, può contribuire efficacemente a determinare un atteggiamento favorevole nei confronti della Regione. Questo, purtroppo, lo dico con un po' di rammarico, in quanto noi non abbiamo le possibilità e le disponibilità di altre Regioni, in particolare del meridione, che ricadono nell'Obiettivo 1 della CEE, che hanno ricevuto finanziamenti proprio sulla promozione e che quindi hanno la possibilità di intervenire in maniera ancora più pesante, come stanno facendo, in questa direzione.
Fatta questa premessa, entrando nel merito dell'interpellanza, si risponde quanto segue: il costo complessivo dell'iniziativa è stato di L. 23.000.000 comprensivo dei costi creativi e di stampa le copie realizzate in prima edizione sono state 1.000 la cartella è stata distribuita principalmente ai giornalisti e agli opinion makers che hanno presenziato ai pre-Mondiali e che presenzieranno alle iniziative preliminari di promozione che si succederanno in questo anno.
Tra l'altro, si precisa che gli interventi promozionali relativi ai Mondiali di sci sono riconducibili alle linee di indirizzo per la promozione turistica per il triennio 1995/1997, approvato dal Consiglio regionale con deliberazione n. 953-CR-939 del 17/1/1995, in cui ricadono anche iniziative di questo genere.
Già in quella sede erano state discusse le linee di intervento richiamate dall'interpellanza in argomento.
Questi sono i dati che sono stati richiesti e che vengono ad inserirsi in un discorso di promozione ovviamente più allargato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.
CHIEZZI Signor Presidente, care colleghe e cari colleghi, non soddisfa la risposta dell'Assessore che ha eluso anche l'ultimo quesito posto concernente il fatto se iniziative di questo genere, molto discutibili, non sarebbe bene avvenissero previa informazione da parte dell'Assessore ai colleghi facenti parte della Commissione competente, perché siamo su un terreno di grande discutibilità e discrezionalità. L'Assessore su questo non ha detto nulla.
La cartellina a scopo promozionale che è stata preparata e che l'Assessore ha consegnato, già stampata, ai colleghi, è una cartellina che ha lasciato gli interpellanti perplessi, nel senso che si tratta di una serie di ordinarie caricature, prive di grandi slanci, dei campioni di sci trasformati in folletti che viaggiano sulle nevi e bardati con cappellini sui quali compare anche una forma di pubblicità impropria perché vengono segnalati dei prodotti. L'interpellanza chiedeva anche per quale motivo sui cappellini ci fosse il nome di un prodotto e non di altro, presupponendo eventuali compensi (non lo so).
Di tutto questo l'Assessore non ha parlato, quindi penso che i prodotti che sono stati, in questo modo improprio, pubblicizzati non hanno partecipato all'iniziativa, ne avranno al massimo beneficiato indirettamente.
Sono stati spesi 23 milioni senza un minimo di discussione, che non è senz'altro dovuta, ma che noi auspicheremmo per un confronto, perché ci sono anche colleghi competenti in materia. Noi non diciamo che l'azione promozionale non deve essere fatta, anzi, ma, trattandosi di azioni molto discrezionali, avremmo gradito, e gradiremmo anche in futuro, la cortesia e la sensibilità dell'Assessore di coinvolgere in via preventiva la Commissione, semplicemente per pareri e suggerimenti su spese che sono comunque, milioni della collettività . Forse l'Assessore sarebbe anche più forte nel proporre queste iniziative se avesse avuto non dico un consenso ma quanto meno avviato una discussione su questo tema.


Argomento: Parchi e riserve

Interpellanza n. 464 dei Consiglieri Chiezzi e Moro relativa al Parco naturale delle Capanne di Marcarolo


PRESIDENTE

Passiamo all'interpellanza n. 464, presentata dai Consiglieri Chiezzi e Moro, cui risponde ancora l'Assessore Angeleri.
ANGELERI, Assessore ai parchi naturali Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la valorizzazione delle Aree protette è una delle priorità di questa Amministrazione espresse nel programma della VI Legislatura regionale esplicitato nel Documento politico programmatico della Giunta presentato il 26/6/1995.
In tale documento è prevista la promozione dello sviluppo economico delle Aree protette dei territori in cui esse gravitano, attraverso l'incentivazione di iniziative pubbliche e private.
Gli strumenti per raggiungere tale obiettivo sono l'utilizzo delle risorse regionali, nazionali (Piano triennale per le Aree naturali protette), comunitarie (Fondi strutturali, Obiettivo 5 b) e quant'altro pu essere annoverabile tra i fondi che possono aiutare lo sviluppo di queste aree. A tali risorse anche il Parco naturale delle Capanne di Marcarolo ha ed ha avuto modo di accedere attraverso le ordinarie vie istituzionali.
Quanto alla richiesta relativa alla ridefinizione dei carichi di lavoro e delle piante organiche, si segnala come il 50% degli Enti hanno compiuto la rilevazione e formulato la relativa proposta di rideterminazione della pianta organica, mentre il restante 50% sta procedendo in questi mesi. Ci peraltro, può essere parzialmente giustificato dal fatto che, com'è noto lo scorso anno tutti i Consigli direttivi degli Enti sono scaduti in coincidenza con il Consiglio regionale e sono stati rinnovati nel corso degli ultimi mesi dell'anno. Per cui in diversi casi i Consigli direttivi uscenti hanno ritenuto di demandare ai nuovi organi di gestione le valutazioni e le determinazioni in merito.
Ottenute da tutti gli Enti le risultanze della rilevazione dei carichi di lavoro e le conseguenti proposte (il che potrà avvenire presumibilmente prima delle ferie estive), si procederà alla valutazione delle stesse, sia singolarmente sia in termini complessivi, anche sotto il profilo dell'analisi delle risorse finanziarie complessivamente necessarie per la copertura di tutti i posti.
A seguito di tali valutazioni, tenuto altresì conto delle disposizioni vigenti in materia contenute nella legge finanziaria, si potrà procedere all'approvazione delle singole piante organiche. Tale approvazione avverrà con legge regionale, ovvero, qualora in vigore la legge regionale di riorganizzazione dell'Ente, con provvedimento della Giunta regionale.
Quanto alle possibilità di assunzione di nuovo personale, queste sono legate all'approvazione delle piante organiche, di cui si è detto in precedenza. Com'è noto, infatti, fino a tale approvazione la legge finanziaria vigente, nonché la normativa ad essa collegata in merito alle assunzioni (vedasi il DL 4/4/1996, n. 118, c.d. decreto "Maroni"), consente esclusivamente il turnover sui posti previsti dalle piante organiche, così come rideterminati ope legis ai sensi della legge n. 537/93 "Interventi correttivi di finanza pubblica".
Medio tempore è in esame la possibilità che il Parco, sulla base di specifici progetti, ponga in essere cantieri di lavoro nell'ambito dei lavori socialmente utili. Questo è un altro aspetto importante che pu contribuire, da un lato, a risolvere in parte il problema della disoccupazione di quella zona (mi riferisco ovviamente ad un tipo di manodopera specializzata) e, dall'altro, i problemi del Parco in termini di personale.
In relazione, infine, al problema della sede del Parco, si osserva come l'Ente sia destinatario di uno specifico finanziamento pari a 230 milioni derivante dai fondi relativi al primo programma triennale per le Aree naturali protette (in corso di erogazione) espressamente finalizzato alla ristrutturazione dell'ex sede municipale di Lerma come sede del Parco e Centro visita. Tale finanziamento, approvato dalla Regione e dal Ministero per l'Ambiente, è erogato sulla base di un progetto di massima elaborato dal Parco stesso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moro.
MORO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'interpellanza in discussione è stata presentata il 12/2/1996 dal Gruppo Rifondazione Comunista ed è relativa alle forti carenze di organico del Parco naturale delle Capanne di Marcarolo in Provincia di Alessandria e al confine della Liguria.
Ho ascoltato attentamente l'Assessore, però voglio ribadire alcuni concetti.
La pianta organica dell'Ente Parco, che dovrebbe essere composta di dieci addetti, in realtà è molto ridotta: infatti vi è un direttore inquadrato all'VIII qualifica funzionale e due Capi Servizio inquadrati alla VII qualifica funzionale, mentre delle sette guardiaparco previste (V e VI qualifica funzionale), ve ne sono soltanto tre che si devono, per esigenze di servizio, sobbarcare un carico di lavoro insostenibile, poich hanno 2.500 ettari di territorio montano da sorvegliare. E' impossibile gestire questa grande area con tali strutture e quindi bisogna intervenire.
L'assenza delle VII qualifiche, responsabili di servizio, determina una gravissima carenza tecnica nella gestione faunistica, forestale, assetto territoriale e gestione di vigilanza. Attualmente le suddette mansioni sono svolte da un Capo Servizio presso il Parco fluviale del Po a scavalco.
Anche questo aspetto organizzativo è discutibile e sconcertante dal punto di vista sindacale e politico. Anche per quanto attiene alle strutture, è estremamente grave il fatto che il Parco delle Capanne di Marcarolo non disponga di una sede, ma è ospite - come ricordava anche l'Assessore - in un monolocale del Comune di Lerma che fornisce anche una rimessa per l'unico automezzo in dotazione (una Panda 4x4 super) ovviamente del tutto insufficiente per il servizio richiesto.
Voglio ricordare che il predetto Parco naturale è stato istituito nel 1979 su un'area di 8.250 ettari. Nonostante questa insostenibile ed incredibile situazione di organico e di mezzi, che si può definire di totale autogestione, gli attuali addetti, oltre a svolgere i compiti di sorveglianza, sono anche riusciti ad avviare progetti didattici, con coordinamento di tesi di laurea, con le scuole dell'Ovadese e dell'Acquese un progetto di segnaletica per il parco, un progetto per un corso di guide naturalistiche attivando i fondi CEE.
Non posso credere, Assessore, per tutto quanto ho descritto, che la Giunta regionale non pensi concretamente a potenziare ed a valorizzare questo parco piemontese di confine con bellezze naturali uniche - come la viola di Bortoloni, dal punto di vista della flora - dandogli una sede sbloccando i concorsi per assumere il personale richiesto anche a tempo indeterminato, in deroga alle leggi finanziarie, in relazione all'approssimarsi della bella stagione.
Credo fermamente che l'Assessorato competente debba attivarsi con più serietà e tempestività verso questo Parco; le tematiche sollevate possono incidere positivamente anche sul piano economico, sociale ed occupazionale in questa importante realtà montana del Piemonte sud che ha bisogno di un forte decollo turistico, economico ed occupazionale.
Desidero, infine, avere la risposta scritta onde poterla illustrare all'Ente Parco interessato ed ai Comuni componenti l'area, per le dovute valutazioni.


Argomento: Attrezzature sanitarie (presidi di diagnosi e cura delle USSL)

Interpellanza n. 373 dei Consiglieri Chiezzi, Moro, Papandrea e Simonetti relativa ai lettori ottici per la rilevazione dei dati relativi alle prescrizioni mediche


PRESIDENTE

Gli Assessori D'Ambrosio e Majorino mi hanno fatto presente la necessità di rispondere all'interpellanza n. 373 presentata dai Consiglieri Chiezzi, Moro, Papandrea e Simonetti.
Ha pertanto la parola l'Assessore D'Ambrosio.
D'AMBROSIO, Assessore alla sanità Grazie, Presidente, cortesi Consiglieri. L'interpellanza dei Consiglieri regionali Chiezzi, Moro, Papandrea e Simonetti attiene alla fornitura di ventiquattro lettori ottici, che venne effettuata nel marzo 1992, nonostante il documentato ed argomentato parere contrario delle opposizioni di allora, soprattutto del Partito Comunista e del Movimento Sociale Italiano.
La ditta era la Centro Matic e l'importo di L. 7.637.547.000 che, per la verità, non sono mai stati pagati.
Tutta la vicenda, come la maggior parte di voi saprà, è oggetto di un procedimento innanzi alla Procura della Repubblica ed alla Corte dei Conti.
L'interpellanza dei Consiglieri pone tre quesiti.
Primo quesito: dove sono attualmente stoccati i lettori ottici e qual è il relativo costo di magazzino? Attualmente la fornitura dei ventiquattro sistemi ottici è depositata in locali della ditta Gondrand S.p.A., filiale di Torino, sita in Via Cigna n. 209. La spesa complessiva per tale deposito, affitto più assicurazione, per l'anno 1995 è stata di L.
86.263.920 (IVA compresa). Per l'anno in corso il Servizio Patrimonio ha previsto, con atto deliberativo in corso di approvazione, lo stesso impegno di spesa per affitto ed assicurazione fino al 31/12/1996, tenuto conto dei lunghi tempi previsti per la risoluzione dei procedimenti legali in corso.
Secondo quesito: quali azioni di rivalsa l'Ente Regione intende assumere nei confronti dei presunti responsabili? Come gli interpellanti sanno, la Regione Piemonte si è costituita parte civile nel procedimento penale aperto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino nei confronti di Maccari Eugenio, già Assessore alla sanità, ed altri soggetti, compreso il legale rappresentante della Ditta Centro Matic relativamente all'appalto aggiudicato alla stessa.
Oltre a ciò, la Regione Piemonte propose opposizione al decreto ingiuntivo del Presidente del Tribunale di Torino, ottenuto dalla società Centrofactoring, concessionaria del credito della Centro Matic, per il pagamento del corrispettivo della fornitura dei lettori ottici, nonch propose opposizione al successivo atto di precetto e agli atti dell'esecuzione.
Nel momento in cui venisse accertata dal Tribunale un'oggettiva responsabilità degli amministratori regionali dell'epoca, la Regione Piemonte potrebbe decidere di ricorrere contro di loro presso la Corte dei Conti chiedendo ragione del danno erariale arrecato all'Ente.
Ulteriori delucidazioni in materia ve le esporrà il collega Majorino mentre io mi riservo di rispondere al terzo quesito subito dopo.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Majorino.
MAJORINO, Assessore al legale Solo per precisare quanto ha già detto l'Assessore D'Ambrosio, cioè che della cifra all'epoca pattuita di L. 7.637.547.000 non è ancora stata pagata una lira dalla Regione, e ciò legittimamente, perché venne fatta opposizione al decreto ingiuntivo con il quale la Centrofactoring concessionaria del credito, richiese l'importo alla Regione. L'opposizione venne fatta sul presupposto del procedimento penale in corso, nei confronti del quale la Regione si è costituita parte civile. L'Assessore dell'epoca ha già patteggiato al riguardo riconoscendo la propria responsabilità, ma il problema non è solo quello; sotto il profilo tecnico la Procura indaga circa l'accordo corruttivo intercorso fra l'Assessore dell'epoca ed altri soggetti che gravitavano intorno a lui.
Il processo è fissato per il 12/7/1996. Se - come è da ritenersi verrà accertato che la fornitura dei lettori ottici venne stipulata in seguito all'accordo corruttivo, la conclusione sarà - cosa peraltro molto verosimile - che da parte della Regione Piemonte non ci sarà da versare alcunché di questo prezzo concordato insieme al contratto, in seguito ad un accordo corruttivo avente rilevanza penale.
Nelle more di questi accertamenti di carattere penale e della decisione del Giudice penale (che - ripeto - avrà rilevanza sul non pagamento da parte nostra di alcuna somma), è stato consigliato dai difensori della Regione Piemonte di collocare i famigerati lettori ottici presso la Gondrand S.p.A., quindi un pubblico depositario, per il quale - è vero - si pagano 86 milioni all'anno di deposito, compresa l'assicurazione furto e incendio. Questo perché se la conclusione del procedimento sarà che nulla si deve da parte nostra, in conseguenza dei fatti penalmente rilevanti che hanno determinato il contratto, i lettori ottici dovranno essere restituiti a quelli che erano i legittimi proprietari e quindi vanno conservati e tenuti per così dire a regola d'arte, onde non vengano deterioriati, anche se sono obsoleti, ma questo è altro tipo di discorso. Pertanto, quando a conclusione dell'intera vicenda si dirà che nulla dobbiamo pagare per il dolo penale, per i reati che stanno alla base del contratto di fornitura dei lettori ottici, dovremo restituirli in buone condizioni.
Questa è la ragione per la quale ci si è dovuti sobbarcare un canone di deposito di 86 milioni; anche questo importo, naturalmente, sarà oggetto di richiesta di restituzione nei confronti dei responsabili. La costituzione di parte civile fatta dai difensori della Regione, designati all'epoca dalla Giunta Brizio e ai quali abbiamo confermato la nostra fiducia, farà sì che l'Assessore dell'epoca oltreché quelle persone - Conti, Narducci Benelli - che furono partecipi dell'accordo corruttivo, risponderanno con il loro patrimonio anche del danno dovuto all'ammontare dei canoni che, per le ragioni di opportunità e convenienza che ho illustrato prima, dovremo pagare alla Gondrand S.p.A.



PRESIDENTE

La parola ancora all'Assessore D'Ambrosio.
D'AMBROSIO, Assessore alla sanità Il terzo quesito posto dagli interpellanti è il seguente: quali sono le linee programmatiche nel settore dell'analisi del controllo della spesa per i farmaci, nonché i progetti per venire a conoscenza, in tempo reale, dei dati relativi all'epidemiologia e allo stato di salute della popolazione? In ordine a questo quesito devo precisare che il sistema attualmente in vigore consente il controllo del numero di prescrizioni per medico e relativa conseguente spesa. Consente altresì le verifiche dell'andamento della spesa farmaceutica globale e distinta per USL e l'individuazione in percentuale della prescrizione di gruppi terapeutici con relativa spesa.
Al fine, però, di consentire una sempre più approfondita conoscenza dei dati statistici ed epidemiologici, nonché di mercato e di spesa sostenuta nel settore, è certamente necessario sviluppare un miglior sistema di controllo farmaceutico, avendo cura di implementare e coordinare le procedure di rilevazione esistenti, in considerazione dei principi di efficacia ed economicità dell'azione amministrativa, anche al fine di salvaguardare gli investimenti già effettuati e le esperienze acquisite dalle UU.SS.LL.
Proprio al fine di perseguire con la massima determinazione possibile questo obiettivo, l'Assessorato ha costituito un'apposita Commissione composta da funzionari della Regione, da membri del CSI e rappresentanti delle UU.SS.LL. Il coordinamento del gruppo di lavoro è affidato ai responsabili della programmazione e del Piano sanitario regionale, tanto che il progetto che verrà elaborato andrà a costituire un apposito capitolo del nuovo Piano sanitario regionale. L'operato del gruppo di lavoro si focalizzerà sul versante dei flussi informativi che oggi sono incompleti spesso sovrapponibili, e comunque imprecisi. Dovremo in tempi brevi essere in grado di ottenere informazioni utili dalle aziende sanitarie e/o ospedaliere tanto in materia di dati epidemiologici quanto sul concreto funzionamento dei servizi e più in generale sul rapporto tra la domanda che la popolazione esprime e l'offerta di servizi che le aziende sono in grado di fornire.
Per quanto riguarda la strumentazione, attualmente la rete informatica di elaborazione è datata, scollegata, non in grado di consentire un dialogo diretto tra gli operatori e non dispone di una banca dati centrale aggiornata.
Il nostro intendimento è di procedere ad un ammodernamento della rete informatica, dotando le aziende e l'Assessorato stesso di risorse tecnologiche in grado di comunicare in tempo reale le informazioni necessarie.
All'Assessorato spetterà il ruolo di coordinamento; a tal fine sono stati individuati locali idonei proprio in Corso Regina Margherita, e sono state completate le necessarie opere murarie per creare un centro di raccolta in entrata dei flussi informativi provenienti dalle varie UU.SS.LL. e di comunicazione in uscita alle aziende delle elaborazioni effettuate.
L'accordo in proposito con il CSI è già stato raggiunto, ma è oltremodo importante sottolineare come i termini dell'accordo non prevedano l'acquisto sic et simpliciter del servizio del CSI. Il Consorzio, infatti interverrà unicamente nella prima fase, quella della formazione del personale regionale che avrà individuato per svolgere tale compito.
Esaurito tale compito, sarà la Regione in prima persona ad occuparsene riappropriandosi così di un compito istituzionale cui per troppo tempo aveva disatteso.



PRESIDENTE

La parola ancora all'Assessore Majorino.
MAJORINO, Assessore al legale Completando la mia risposta precedente, devo precisare che proprio nei giorni scorsi - ieri e venerdì scorso, se non vado errato - la Corte dei Conti si è mossa sulle stesse linee dell'interpellanza dei colleghi di Rifondazione Comunista. Ha infatti richiesto all'Assessorato alla sanità e all'Assessorato, di cui ho la delega per il Servizio legale, notizie sull'intera vicenda. La risposta è sostanzialmente identica a quella che abbiamo dato in aula, cioè che il procedimento è in corso e che non abbiamo pagato nulla. Ho spiegato l'intera vicenda al Procuratore della Corte dei Conti che vuole giustamente, dal suo punto di vista, delle informazioni.
CHIEZZI Scusi, Assessore Majorino: ma se la soluzione fosse un'altra, cosa succederebbe? MAJORINO, Assessore al legale Se gli imputati dovessero essere assolti e dovesse ritenersi che l'accordo corruttivo non è stato la concausa determinante del contratto sorgerebbe una linea di difesa subordinata da parte nostra, nel senso di verificare quello che era, all'epoca, l'effettivo valore di quei lettori ottici. Erano stati fatturati 7 miliardi e 600 milioni e, viceversa, in sede di indagine penale e di perizie era stato additato il valore di 3 miliardi.
Certo che se la conclusione dei procedimenti penali dovesse essere, bon gré, malgré, che il contratto è valido, la linea di difesa subordinata sarà sul valore dei lettori ottici, e in quella sede avremo perso il contenzioso e nei limiti dell'effettivo valore delle forniture dovremo pagare.
Ci terremo, in questa ipotesi, i lettori ottici e si vedrà se, pur essendo obsoleti, non possano servire. Sarebbe come se oggi avessimo delle fotocopiatrici di dieci anni: vanno adagio, ma bene o male servono.
Naturalmente, questa è un'ipotesi che si verificherà solo nel caso in cui dovessimo perdere il contenzioso; badate comunque che il Pubblico ministero ha sostenuto e sostiene fin dall'inizio le nostre e vostre denunce con azione penale e, come ricordava prima l'Assessore D'ambrosio, dall'allora Gruppo MSI-DN.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Simonetti.
SIMONETTI Signor Presidente, colleghi Consiglieri, rispetto all'interpellanza in oggetto, la cui storia, molto lunga, ha investito la scorsa legislatura non sono completamente soddisfatta delle risposte rese dagli Assessori. Se la causa va avanti e la Regione perde, come tutto sommato è probabile se si stabilisce che la concausa non è data da un accordo tra l'Assessore del tempo ed altre parti in causa, la Regione dovrà pagare. In questo caso i macchinari, che erano stati fatturati in più di 7 miliardi, verrebbero a costare, tra spese legali ed interessi di mora (ormai sono passati dieci anni), quasi 15 miliardi di lire.
Penso che la Regione su questo punto, attendendo il processo di luglio dovrebbe ulteriormente approfondire la situazione ed attuare - nel campo legale non sono a conoscenza di cosa possa succedere - dei percorsi diversi, affinché non siano espropriati dal denaro pubblico questi 15 miliardi per un danno oltretutto avvenuto nella scorsa legislatura.
Rispetto alle altre domande poste, in ordine cioè ad una più lungimirante spesa farmaceutica e quindi allo stato della sanità piemontese, chiederei all'Assessore di farmi avere copia della risposta scritta che ha letto ed eventuali informazioni più dettagliate, in modo da analizzare il problema più approfonditamente.
Un altro dato che mi ha sorpreso è che questi macchinari giacciono ormai da dieci anni nel deposito della Gondrand S.p.A. di Via Cigna a Torino. Chiedo quindi all'Assessore di fornirmi documentazione scritta ed indicazioni precise su dove siano collocati questi macchinari e se la cifra di 86 milioni all'anno per il deposito corrisponde al vero.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Casoni, Farassino, Leo, Riba e Toselli.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge vistati dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

Comunicazioni della Giunta regionale in merito a:

Argomento: Sanita': argomenti non sopra specificati

Costituzione di parte civile della Regione Piemonte in relazione alle presunte tangenti pagate a funzionari dell'USL 8 di Nichelino

Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Ricorso al Capo dello Stato sul provvedimento ministeriale relativo al Re Sol

Argomento: Caccia

Sentenza della Corte d'Appello di Torino relativa al referendum sulla caccia


PRESIDENTE

La parola all'Assessore al legale, Majorino, per alcune comunicazioni.
MAJORINO, Assessore al legale Devo rendere tre brevi comunicazioni al Consiglio che non sottrarranno molto tempo al dibattito sulla psichiatria.
La prima è la seguente: nella riunione di Giunta di questa sera, su proposta dell'Assessore D'Ambrosio e mia, verrà disposta la costituzione di parte civile per la questione dei recentissimi fatti all'USL 8 di Nichelino. La Regione si costituirà parte civile, così come potranno fare prima e dovranno fare - suggeriremo che facciano - le due UU.SS.LL.
interessate, quella di Nichelino e quella di Chieri. La Regione ha titolo di costituirsi parte civile, sia per l'alta vigilanza che attua nei confronti delle UU.SS.LL., sia per le notevoli risorse finanziarie che vengono versate, indipendentemente da un danno economico del quale, se ci sarà, verrà richiesto il risarcimento, anche per la lesione del prestigio e della credibilità dell'Ente. Sotto questo profilo, anche per il discredito che è una sorta di danno morale subìto da un Ente, è consentita la costituzione di parte civile.
La seconda comunicazione è relativa all'ACNA di Cengio.
La Regione, relativamente all'inceneritore Re-Sol, con il proprio Servizio legale ha proposto un ricorso giurisdizionale, quello alternativo al Capo dello Stato contro la delibera ministeriale di valutazione di impatto ambientale.
E' stato proposto un corposo ricorso mettendo in evidenza le contraddizioni e le contraddittorietà che caratterizzano la valutazione di impatto ambientale. Ricorso nel quale le argomentazioni sono state in sintesi le seguenti: la Commissione che ha fatto la valutazione di impatto ambientale si è contraddetta sia - questo era un punto rilevante - a quanto venne esposto dai tecnici della Regione in contraddittorio con il Ministero, sia a quanto la stessa Commissione VIA, in data 12/1/1990 (quando incominciò a sorgere la questione del Re-Sol), affermò, cioè "la valutazione dei rischi per esposizione umana all'inquinamento atmosferico ha messo in evidenza, in conseguenza delle emissioni dell'impianto Re-Sol un rischio cancerogeno aggiuntivo non irrilevante".
Questo è quanto scriveva la Commissione VIA il 12/1/1990, oggi invece dice che va tutto bene.
Questa è l'ultima spiaggia per difendere la Regione Piemonte contro il Re-Sol.
Identico ricorso straordinario al Capo dello Stato è stato fatto nei confronti di un altro altrettanto "disinvolto" provvedimento, questa volta non della Commissione VIA, ma del Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali, il quale, in pari data del provvedimento di VIA, sosteneva che sotto il profilo paesaggistico tutto andava bene e che non c'erano questioni. "Provvedimento disinvolto" è dire poco.
L'ultima comunicazione si riferisce alla sentenza-sorpresa della Corte d'Appello relativamente al referendum sulla caccia, che ha avuto grande rilevanza nei giorni scorsi sui quotidiani. Dalle notizie giornalistiche sembrerebbe che, dopo una decisione giurisdizionale - molto, molto opinabile - della Corte d'Appello di Torino, si possa fare il referendum sulla caccia.
L'Assessore Viglietta ai cronisti ha già risposto per le rime, mettendo in evidenza che in ogni caso il referendum risalente al 1988, con il quale veniva chiesta l'abrogazione di disposizioni della legge regionale all'epoca vigente, in particolare riguardo alle specie cacciabili, è abbondantemente superato dalla legge statale del 1992, la quale ha riveduto tutta la materia. Quindi, la questione formalistica che era stata fatta cioè a dire che il decreto del Presidente della Giunta dell'epoca Presidente Beltrami - aveva bloccato il referendum in seguito ad un cambiamento della legge regionale, è abbondantemente superata dal fatto che la legge statale ha riveduto tutta la materia.
Contro questa decisione della Corte d'Appello di Torino, che se dovesse diventare definitiva porrebbe forse il problema di effettuare un referendum sia pure abnorme su una legislazione che non esiste più, verrà proposto il ricorso in Cassazione, perché la decisione non è condivisibile, è stata fatta in base a ragionamenti più o meno bizantineggianti e formalistici.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore Majorino.
Domando scusa agli Assessori, ma le dichiarazioni che sono state fatte sono un carico da fuoco esplosivo. Su questo argomento interverremo e daremo la parola a tutti coloro che la vorranno prendere.
Vicepresidente Majorino, se lei mi avesse detto che oltre alla caccia la comunicazione verteva anche su altro, le avrei dato la parola alla fine della seduta! MAJORINO, Vicepresidente della Giunta regionale Il Regolamento lo prevede. Ma non si apre il dibattito.



PRESIDENTE

Ho fatto una battuta, in quanto sulla comunicazione possono sempre intervenire i Consiglieri.


Argomento: Psichiatria

Dibattito sulla psichiatria - Esame documenti connessi (seguito)


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto 4) all'o.d.g. che prevede il dibattito sulla psichiatria.
Elenco i documenti che sono stati presentati in materia: interrogazione n. 137 del Consigliere Rubatto relativa alla grave situazione di disagio e disfunzioni operative degli ospedali di Bra e di Alba - Carenza dei reparti di neuropsichiatria - Mancanza di strutture idonee per la degenza di anziani malati cronici interpellanza n. 222 delle Consigliere Manica e Bortolin relativa ai servizi di neuropsichiatria tra UU.SS.LL. e Aziende ospedaliere interrogazione n. 262 dei Consiglieri Spagnuolo e Angeli relativa alle modalità di applicazione della L.R. n. 61/89 (Riorganizzazione dei servizi e presidi che svolgono funzioni preventive, curative e riabilitative in materia psichiatrica) interpellanza n. 273 dei Consiglieri Chiezzi, Simonetti e Papandrea relativa alla L.R. n. 61/89 - Disposizioni per l'assistenza dei malati di mente e per la riorganizzazione dei servizi psichiatrici interpellanza n. 346 del Consigliere Cavaliere relativa alle linee guida per la tutela della salute mentale interrogazione n. 441 della Consigliera Spagnuolo relativa alla prevenzione e cura delle malattie psichiche ordine del giorno n. 206 dei Consiglieri Chiezzi, Moro e Papandrea relativo alla tutela della salute mentale ordine del giorno n. 220 dei Consiglieri Marengo, Bortolin, Manica Suino, Peano, Cavaliere, Angeli, Spagnuolo, Miglietti, Rubatto, Riggio e Foco relativo alla tutela della salute mentale.
L'Assessore D'Ambrosio ha già riferito in merito nel corso della seduta del 23/4/1996.
E' pertanto aperto il dibattito.
Ha chiesto la parola la Consigliera Casari; ne ha facoltà.
CASARI Signor Presidente, colleghi Consiglieri, dopo quasi sette anni dall'approvazione della L.R. n. 61 in Piemonte vi è ancora una situazione di vera emergenza nelle risorse disponibili per la residenzialità psichiatrica. Delle decine e decine di comunità terapeutiche, comunità protette, comunità alloggio, che dovevano costituire gli indispensabili strumenti per la realizzazione degli interventi di cura e riabilitazione a lungo termine dei pazienti psichiatrici più gravi, non si sono visti che rarissimi esempi.
Certo, i finanziamenti previsti sono stati erogati con anni di ritardo.
Le procedure burocratiche e l'iter dei progetti presentati dalle UU.SS.LL.
si sono prestate - pare - alle peggiori espressioni di certe procedure ministeriali. Ma molte responsabilità vanno certamente anche a chi ha gestito la psichiatria piemontese nelle amministrazioni che ci hanno preceduto. C'è stata sicuramente una certa accettazione da parte dei responsabili della psichiatria piemontese nel tollerare il perdurare di una situazione che, al di là di alcune lodevoli eccezioni, vede tuttora migliaia di pazienti, potenzialmente recuperabili ad un contesto di convivenza civile, relegati invece in condizioni di abbandono presso presidi dalle più disparate tipologie (locande, alberghi, case di riposo): tutto, fuorché comunità per pazienti psichiatrici.
Tutti sanno che le UU.SS.LL. non avrebbero potuto, in base alla L.R. n.
61, pagare rette e tanto meno stipulare convenzioni in presidi non autorizzati privi dei necessari requisiti strutturali e di personale.
Tuttavia si sono tollerati questi abusi in nome di una situazione straordinaria. A volte si è addirittura teorizzato che non c'è niente di meglio per un paziente psichiatrico cronico che vivere confinato in un pessimo albergo, senza il supporto qualificato e costante di personale preparato, senza controlli del cosiddetto progetto terapeutico, da parte di uno psichiatra, senza quegli stimoli che possono portare ad un recupero imbottiti di terapie neurolettiche e sedativi, che di terapeutico in questo contesto non hanno più assolutamente nulla e servono solo a ridimensionare le manifestazioni comportamentali più disturbanti.
Queste risposte che la psichiatria piemontese, e torinese in particolare, continua a dare, senza altre alternative, non sono degne di un Paese civile.
Certe scene, viste in queste locande, ricordano troppo da vicino i manicomi, ricordano lo stato di abbandono, di isolamento, di trascuratezza che hanno reso intollerabili le istituzioni manicomiali alle nostre coscienze.
Occorre innescare un processo di progettazione e realizzazione di una rete di strutture adeguate alle necessità dei pazienti. Pazienti che quando non sono inseriti in questi presidi abusivi, sono semplicemente scaricati alle famiglie, che si debbono sobbarcare il gravissimo carico dell'assistenza a pazienti gravi o gravissimi per lo più inconsapevoli della malattia che li affligge, a volte, di conseguenza, violenti e pericolosi.
Le strutture dovranno dunque essere quelle previste dalla legge. Non possono bastare le comunità alloggio, dove i pazienti gravi ricevono ancora oggi una risposta troppo parziale. Bisogna rendere operativo, non solo a parole, il diritto alla riabilitazione dei pazienti psichiatrici. Ma l'intervento riabilitativo è una cosa seria. Non si può banalizzarlo. Non basta risolvere il problema abitativo. Non basta contenere in un edificio i comportamenti psicotici né fare un inserimento lavorativo protetto! Questi sono aspetti importanti, ma di per sé portano solo a bonario paternalismo.
La psichiatria riabilitativa deve poter operare in luoghi dove accompagnarsi anche per periodi di tempo non brevi con la diversità lasciarla riposare, avere cura, saper attendere fino a quando non si riesce a costruire lo spazio per una possibilità di esistenza, per la ricostruzione di un vero diritto di cittadinanza.
Per questo servono strutture residenziali e semiresidenziali, una gamma differenziata di soluzioni che non ripropongano il modello operativo manicomiale, ma siano dislocate sul territorio, inserite ed integrate nella comunità civile. Queste strutture devono essere rigorosamente dimensionate in termini di capienza e di personale.
Non possiamo consentire che il superamento dei manicomi avvenga con la costruzione di nuovi piccoli manicomi. Permettere di concentrare cinquanta o più pazienti psichiatrici nella stessa area, significa rendere vane le possibilità di integrazione e di reinserimento sociale, significa costruire dei contenitori per i malati, non delle comunità! Stiamo perciò attenti a legalizzare certe strutture che oggi operano abusivamente nell'assistenza psichiatrica o ad autorizzarne di nuove con le stesse dimensioni. Occorre certamente aggiornare la L.R. n. 61.
La L.R. n. 61 è fallita anche per ragioni economiche. Le strutture che prevedeva sono troppo costose, la tipologia di personale previsto è troppo rigida, e a questo punto risulta già antiquata. Mancano i tecnici della riabilitazione, i laureati in Scienza dell'Educazione, gli animatori, gli psicologi clinici. Ci sono per contro troppi infermieri.
Bisognerà dunque destinare delle risorse ben precise per la realizzazione di queste strutture. Tutte le UU.SS.LL. dovranno dotarsi di un numero sufficiente di posti di residenzialità psichiatrica ,così com'è stato fatto - e in buona parte realizzato - per le strutture per anziani.
Inoltre nell'ottica del nuovo rapporto fra pubblico e privato, che prevede una pluralità di soggetti erogatori di prestazioni, in qualche modo in competizione tra loro per la qualità del servizio offerto, si dovranno dare regole precise cui attenersi, ai fini dall'accreditamento dei servizi sia pubblici che privati.
Noi proponiamo di incentivare le iniziative pubbliche, private e del privato sociale che mirano alla realizzazione o all'adeguamento dei presidi comunitari (ad esempio, mediante mutui agevolati).
C'è da chiedersi perché non sia mai stato fatto finora, visto che da anni la situazione di grave carenza di questi presidi è nota a tutti.
Sono infine ancora troppe le sedi ambulatoriali ed ospedaliere al di sotto degli standard previsti: locali fatiscenti ed insufficienti, orari di apertura ben lontani dalle 12 ore giornaliere, servizi che si rifiutano di dare una risposta a pazienti e familiari durante le riunioni d'équipe centri di salute mentale che rifiutano di intervenire a domicilio adducendo incredibili motivazioni terapeutiche.
Definite dunque le regole, bisognerà farle rispettare seriamente con controlli e sanzioni, perché l'abusivismo e l'improvvisazione devono scomparire.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moro.
MORO Signor Presidente, questo importantissimo dibattito politico in Consiglio regionale, relativo alla complessa e delicata materia sullo stato della psichiatria piemontese, avviene con forte ritardo e per esplicita volontà delle opposizioni, delle Associazioni dei familiari e di volontari dei malati di mente del Piemonte che, da molto tempo, ne chiedono una chiara politica regionale e nazionale.
Rifondazione Comunista non ha chiesto il rinvio in Commissione della discussione sulla psichiatria quando era stato proposto; era pronto al confronto con proprie argomentazioni politiche alternative.
Ora, come comunisti, siamo fortemente preoccupati di come l'Assessorato competente tratta la delicata materia psichiatrico-sanitaria, con un forte e secco arretramento di ordine culturale, organizzativo, sulle cose concrete da fare.
E' inutile negarlo: i gravissimi, difficili ed urgenti problemi della psichiatria, dell'organizzazione dei servizi psichiatrici, sono stati sempre vergognosamente dimenticati ed elusi da tutti i governi centrali e regionali in questi ultimi cinquant'anni di vita e di storia italiana. Una pagina negativa anche per tutte le forze politiche democratiche e sindacali del Paese, perché nel recente passato non hanno fatto tutto il possibile per sensibilizzare la tragedia di migliaia di pazienti colpiti da malattia mentale e le loro famiglie, il cui dramma umano è marcito nel chiuso più deplorevole dei manicomi.
Importantissima e determinante per l'evoluzione positiva della delicata tematica psichiatrica è stata la dura e costante lotta dei familiari e delle Associazioni di volontari, attraverso continue e dettagliate denunce di fatti indegni e disumani, che ha portato all'approvazione del Parlamento della legge n. 180/78 per l'abbattimento delle ibride e disumane strutture manicomiali che incredibilmente non ha ancora trovato completa e totale applicazione.
La Regione Piemonte fin dal 1989 ha approvato la legge n. 61 che imponeva la creazione di una rete completa di strutture diversificate sanitarie e socio-assistenziali con relativi tempi di attuazione, ma che assurdamente è disattesa da ben sette anni.
Così pure non si conoscono le poche strutture esistenti e malfunzionanti nella nostra Regione. Anche i Dipartimenti della salute mentale non sono mai decollati ed erano stati legiferati con grande interesse.
Credo che nella convinta e decisa lotta alla malattia mentale vi sia l'estrema necessità sanitaria di potenziare la prevenzione con più consistenti finanziamenti regionali a bilancio per un diverso potenziamento delle strutture territoriali, come i centri di igiene mentale, comunità alloggio, centri di accoglienza più idonei ed europei nelle finalità e funzionalità.
A sette anni dall'approvazione della L.R. n. 61, il bilancio è assolutamente disastroso: non una sola lira è stata spesa, non un solo posto letto è stato realizzato, non un solo progetto di superamento di ospedali psichiatrici è stato discusso ed approvato dal Consiglio regionale! Eppure gli obiettivi previsti erano di realizzare in un decennio: 25 centri di terapie psichiatriche (400 posti letto); 25 comunità protette (500 posti letto); 50 comunità alloggio, e di spendere il 50% delle risorse finanziarie complessive nei primi cinque anni. La legge non fu dotata di risorse finanziarie proprie; fu invece messa a carico dell'ex art. 20 della legge finanziaria e del relativo programma di investimenti.
Non migliore fortuna ha avuto il programma regionale che prevedeva nei primi due trienni 1989/1991 e 1992/1994 la realizzazione di: 400 posti letto nei centri di terapie psichiatriche; 600 posti letto nei centri di terapie psichiatriche; 600 posti letto nelle comunità protette e 250 posti letto nei centri di terapie psichiatriche; 600 posti letto nelle comunità protette e 250 posti letto nelle comunità alloggio. E' questo il bilancio fallimentare di una legge regressiva ed inapplicabile! Nel frattempo i pazienti sono stati "scaricati" alle loro famiglie alle pensioni, alle case di cura private (1.200 posti letto convenzionati).
Sarebbe stato sufficiente che la Regione avesse stanziato 6/7 miliardi di lire l'anno di investimenti, come raccomandarono le opposizioni di sinistra, per poter disporre oggi di centinaia di posti in strutture residenziali e semiresidenziali. Invece gli stessi sforzi dell'opposizione di sinistra furono vanificati anche negli anni successivi.
Strappato l'impegno ad investire 10 miliardi nel 1991, la deliberazione Maccari, che comprendeva lo stanziamento di un Centro di terapie psichiatriche a Mirafiori Sud, risultò clamorosamente priva di copertura finanziaria. I miliardi diventarono 8 nella deliberazione quadro della spesa in conto capitale approvata nell'aprile del 1994 e solo grazie ad un nostro emendamento venne riportato a 10 miliardi lo stanziamento per la psichiatria.
Sono cambiati gli Assessori, ma quella psichiatrica continua ad essere una vicenda drammatica e un interminabile calvario per i malati e le loro famiglie.
E' stato, a nostro avviso, profondamente sbagliato il metodo politico adottato, cioè la nomina di Commissioni consultive unicamente composte da psichiatri, alludendo alla loro appartenenza politica. E' proprio per questo metodo che le Commissioni consultive non sono mai state in grado di contribuire ad elaborare una programmazione seria ed applicabile.
Oggi, per avviare concretamente una nuova politica psichiatrica piemontese, anche alla luce dell'imminente Piano sanitario regionale, va intrapreso un più stretto e corretto rapporto istituzionale con le famiglie interessate, vedendo anche la possibilità concreta di un equo assegno mensile integrativo al reddito per le ingenti spese sostenute.
Bisogna poi approfondire ed interessare lo spinoso problema della psichiatria infantile con i suoi particolarissimi risvolti patologici affettivi, didattico-educativi, sanitari per un diverso ed interessante recupero per l'inserimento graduale del soggetto infantile nella società avvalendosi di nuove strutture pubbliche e di operatori psichiatrici preparati professionalmente ed aggiornati sulle nuovissime tecniche specifiche europee.
Importante poi è l'intervento verso i complessivi problemi dei giovani malati di mente in età lavorativa o di studio in attesa dell'eventuale recupero sanitario, attraverso le più aggiornate e sofisticate strutture ospedaliere e patologiche farmacologiche, di socializzazione idonee al benessere psichico, al recupero e con concrete possibilità di nuovo inserimento nel lavoro attraverso l'aiuto dello Stato e della Regione a privilegiare giustamente questi cittadini bisognosi e sfortunati.
Altrettanto importantissimi sono gli irrisolti problemi patologici e di assistenza dei pazienti anziani e cronici. Non esistono in Piemonte comunità terapeutiche specifiche e specializzate come la L.R. n. 61 prevede; i malati di mente più gravi vengono alloggiati in "locande" senza la minima assistenza psichiatrica né medica, senza controlli, in balìa dei gestori, per cui accadono continuamente violenze e anche suicidi tenuti sempre nascosti.
E' finalmente ora che il governo regionale di centro-destra intervenga urgentemente con adeguati finanziamenti a bilancio per tutta la tematica psichiatrico-sanitaria, onde aiutare concretamente i servizi psichiatrici e le famiglie interessate con un congruo assegno mensile integrativo di reddito, come già ribadito in precedenza.
Così pure occorre privilegiare per legge un lavoro agli invalidi civili per psichiatria recuperati ed altre forme di socialità e lavoro per quelli parzialmente recuperati; garantire una seria assistenza sanitaria ed una vita dignitosa per gli altri malati cronici, anziani, non autosufficienti od abbandonati, in strutture idonee, umane e civili.
L'attualità dirompente di questa prioritaria tematica sanitaria impone un chiaro pronunciamento politico del Consiglio regionale ad attivare la Giunta regionale per rapide ed incisive soluzioni positive.
Il documento presentato dall'Assessorato regionale alla sanità è da noi comunisti considerato povero di contenuti, ricalca in forma attenuata le linee generali della legge n. 61/89 e offre soluzioni difficili da applicare perché troppo dispendiose oltre che superate.
I dati forniti non sono né attendibili né sufficienti per una seria programmazione. Basterebbe visitare una delle comunità protette per farsi l'idea di quanto affermato.
Un governo centrale e regionale, che oltre ai vari e gravissimi problemi economico - sociali - occupazionali, primo fra tutti il lavoro ai giovani, non affronta seriamente i serissimi problemi della sanità con la precedenza psichiatrica, non è degno di governare perché discrimina fortemente i cittadini, soprattutto i più deboli, è antisociale e soprattutto antidemocratico.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Bortolin.
BORTOLIN Colleghi Consiglieri, registrare il ritardo nell'attuazione di interventi per la cura e l'assistenza psichiatrica non è sufficiente per inquadrare il problema; ancor più insufficiente - mi consenta la Consigliera Casari - e direi anche anacronistico e non attendibile, è cercare le responsabilità politiche partitiche con i rivolgimenti che ci sono stati in politica e nei partiti in questi ultimi anni.
Non è giusto registrare semplicemente il ritardo ed è politicamente sbagliato cercare le responsabilità politiche o partitiche soprattutto per due ragioni. La prima è che, a mio avviso, bisogna chiedersi perché è accaduto, perché viviamo e registriamo oggi questo ritardo, cercare la causa per andare oltre, per recuperare una situazione che non è più sopportabile. La seconda ragione è che comunque vi è l'esigenza di valutare e valorizzare ciò che di positivo è stato fatto in questi tormentatissimi anni, perché qualcosa di positivo è stato comunque fatto.
Sicuramente il punto di partenza non può che essere la legge n. 180/78.
Sono trascorsi quasi vent'anni senza che né il Paese né il Piemonte siano stati capaci di credere prima, di esserne culturalmente convinti e poi di realizzare quegli interventi necessari a far superare la vergogna dell'internamento dei malati psichici negli ospedali. Infatti, oggi in Piemonte, dopo aver gridato tanto contro la chiusura dei manicomi - e ricordiamo queste grida - sono oltre 1.100 i cittadini ancora ricoverati negli ex ospedali psichiatrici; in modo vezzoso ci piace chiamarli ex, ma in realtà sono 1.112 - dice l'Assessore nella relazione che ci ha consegnato - i malati ricoverati a Collegno, a Vercelli, a Novara, a Racconigi e ad Alessandria.
Non solo. Poco o nulla si è fatto per coloro che comunque sono usciti o per i nuovi casi di malati ai quali è stato sì evitato l'internamento perpetuo, ma l'alternativa troppe volte è stata solamente e semplicemente l'abbandono.
In questa situazione prevale la sofferenza dei malati e delle loro famiglie, quando queste ci sono, perché molte volte si tratta di persone sole, rispetto alla necessità del superamento del ricovero. Certo, questo è vero: se non ci sono adeguate strutture alternative, se agli ex ospedali psichiatrici si contrappone solo l'abbandono, è chiaro ed evidente il riapparire, e dico che è anche comprensibile, della domanda di istituzionalizzazione, di ricovero anche pressoché definitivo in qualche luogo improvvisato.
Questa soluzione, anzi direi questa non-soluzione, per il malato psichico, ma non solo, non porta ad un miglioramento della sua malattia, il più delle volte cronicizza la sofferenza e porta alla degenerazione delle condizioni complessive di vita.
Nell'ambito di politiche tese alla disattivazione della solidarietà collettiva (questa sì frutto di scelte politiche negli anni passati dei governi nazionali, ma anche in parte dei governi regionali) e di abbandono sociale, l'effetto prodotto è stato quello di aumentare il disagio e la marginalità a carico di gruppi di cittadini con minore potere contrattuale malati psichici in prima istanza. La conseguenza è che in questi anni vi è stato un consistente disinvestimento di risorse e la non capacità di spendere persino i pochi finanziamenti messi a disposizione della prevenzione e cura della malattia psichica, ma anche il venir meno dell'impegno di intelligenze, quindi di lavoro di persone nel campo della cura e prevenzione della malattia psichica, e di ricerca e sperimentazione nel campo dell'assistenza psichiatrica.
La resistenza silenziosa, Assessore, ma ferrea che c'è stata in questi anni, e che c'è tuttora da parte di molte categorie di cittadini e tra questi non pochi sono gli operatori sanitari, all'introduzione di elementi di innovazione nella risposta alla malattia psichica, ha non dico vanificato, ma frenato lo sforzo di tutti coloro, molti di noi compresi che partendo dalla volontà di prendere in carico la sofferenza del malato psichico e della sua famiglia, hanno cercato di organizzare risposte alternative al ricovero, rifiutando di assegnare a questi cittadini il ruolo esclusivo ed emarginante di malato cronico per tutta la vita.
Il ritardo è evidente e ci fa sentire fino in fondo il senso di impotenza nei confronti di tutti coloro che soffrono e che chiedono a gran voce il nostro intervento ed a cui abbiamo risposto fino ad oggi in modo ampiamente inadeguato.
Parliamo oggi di un Progetto obiettivo "Tutela salute mentale" ad esempio per la nostra Regione, mentre si sta rivedendo ormai il Progetto obiettivo nazionale approvato nel 1994. Il ritardo è evidente; il ritardo però ci convince anche che dobbiamo riprendere quell'impegno politico e culturale (facciamo quindi anche azione di autocritica) che negli anni ha comunque prodotto effetti positivi e che, seppure in modo disomogeneo, ha consentito di andare oltre, di porre le basi per affrontare correttamente la prevenzione e la cura della malattia mentale.
Prevenzione soprattutto, e sappiamo bene come oggi l'organizzazione cosiddetta moderna della vita porti tante persone anziane, ma non solo tante persone sole, ma non solo, alla depressione, alla sofferta solitudine, alla disperazione. Questa considerazione, che meriterebbe davvero un approfondimento, la debbo tralasciare subito perché richiede troppo tempo o almeno troppo poco tempo abbiamo a disposizione per intervenire. E' comunque a mio avviso parte importante, di fondo nell'analisi che deve essere fatta per capire meglio che cosa dobbiamo fare perché sia efficace, perché sia capace di produrre salute, non solo fisica ma anche benessere psichico, serenità.
Sul cosa fare. All'Assessore, ai colleghi Consiglieri e alla Giunta dico che nell'ordine del giorno presentato e di cui sono, con gli altri Consiglieri, firmataria, noi indichiamo in modo chiaro le cose che riteniamo che la Regione Piemonte debba fare per affrontare seriamente e compiutamente il problema della psichiatria.
Richiamo brevemente i punti.
Prima di tutto la costituzione del Dipartimento di salute mentale in ogni Azienda sanitaria. Le Aziende ci sono, funzionano da oltre un anno; in molte Aziende il Dipartimento non esiste ancora, va costituito, va nominato subito - è l'urgenza delle urgenze! - il suo responsabile.
In secondo luogo, i finanziamenti che devono essere, Assessore e Giunta, colleghi Consiglieri, non aleatori, non indicati, ma certi sufficienti e per che cosa? Per le strutture, quali strutture; per i servizi, per quali servizi; per le attività residenziali, ma quante, dove? Quindi finanziamenti sufficienti e certi.
Il terzo obiettivo che noi indichiamo è quello di definire con urgenza il Progetto obiettivo regionale (ho parlato prima del ritardo), ma soprattutto con le Aziende, con le direzioni delle Aziende, chiaramente indicare cosa vogliono farci dire, cosa vogliono fare, dove vogliono intervenire, con quali risorse, quante risorse vogliono destinare e quale personale vogliono mettere a disposizione.
Il quarto punto è il problema del personale. E' un punto che è sempre stato molto critico: per la psichiatria il personale non c'è mai stato.
Ebbene, in questo campo bisogna intervenire con molta decisione, ponendo l'obiettivo urgentissimo di avere a disposizione il personale necessario.
E' indispensabile nella cura della malattia psichica avere il personale necessario a disposizione, in numero adeguato, preparato e motivato.
Vi è il problema di rivedere la L.R. n. 61 del 1989, avendo per chiaro, Assessore e colleghi, dove e in che cosa non ha funzionato la legge e come è necessario modificarla. Non possiamo buttare una legge che tutti insieme oggi valutiamo non adeguata, ma non possiamo compiere questa azione senza avere chiaro con quali norme la vogliamo sostituire e per raggiungere quali obiettivi. Quindi, rivediamo pure la legge n. 61, ma avendo le idee chiare: dove vogliamo andare e su che cosa la legge non ha funzionato.
Ci sono ancora problemi grossi da affrontare, che nell'ordine del giorno abbiamo richiamato. Uno per tutti, e concludo il mio intervento signor Presidente, è un obiettivo che ci dobbiamo porre per quanto riguarda la psichiatria: non possiamo, nei confronti di questa malattia, agire come nei confronti di tutte le altre malattie, né nel campo della cura né nel campo della prevenzione. La duttilità nella fase di sperimentazione e la libertà degli operatori di agire, sono necessarie ed indispensabili. Da parte della sanità, ma anche da parte dei servizi socio-assistenziali elemento necessario e indispensabile, è l'integrazione tra sanità ed assistenza per dare una risposta adeguata.
Duttilità anche nella legislazione, nelle norme che andiamo ad approvare: la modifica di quelle rigide, troppo rigide, che ci hanno impedito di operare adeguatamente, che sono tuttora in vigore. La malattia psichica è molto legata alla provenienza dell'individuo, al luogo e alle condizioni di vita, perciò la risposta non può che essere varia.
L'obiettivo che ci si pone è di prevenire certamente, ma soprattutto di recuperare il cittadino dedicando le risorse necessarie ed indispensabili per compiere questa azione, per reintegrarlo nella nostra società.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Spagnuolo.
SPAGNUOLO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il nostro Gruppo è intervenuto su questo argomento già in due circostanze, in occasione del bilancio della Regione Piemonte e discutendo un'interrogazione presentata all'Assessore alla sanità, con la quale richiedevamo e sollecitavamo questo dibattito.
Quindi io mi rifaccio alle questioni di carattere generale, che ho richiamato nei due interventi precedenti e credo che sia molto importante in questa società che evolve con rapidità, con durezza e che travolge i più deboli, sottolineare una nuova attenzione di questo Consiglio regionale.
Credo che sia indispensabile chiedere una nuova e più forte attenzione alla Giunta regionale nel suo complesso. E' per questo che quando ho parlato di interrogazione rivolta "all'Assessore alla sanità" io non ho detto "all'Assessore competente" - certo, l'Assessore alla sanità è competente, è il primo dei competenti, perché gli spettano decisioni di carattere conclusivo e di governo - perché credo che sia importante l'attenzione della Giunta nel suo insieme su questo argomento: penso alle competenze dell'assistenza e sono lieta della presenza anche del Presidente della Giunta, perché penso all'attenzione che, per esempio, deve essere dedicata alla tematica giovanile con questo tipo di problematica.
Problematica che coinvolge sempre più soggetti giovani, proprio perché i ritmi, le preoccupazioni e i fattori sociali - che sono una componente forte e crescente della malattia mentale - impongono questo livello di attenzione e lo impongono in un tempo nel quale, è già stato detto esistono dei ritardi.
E' indubbio il fatto che la legge n. 61 sia una legge non applicata. Il fatto che la legge n. 61 sia stata una legge non finanziata indubbiamente rappresenta un giudizio negativo sul pregresso ed io a questo giudizio non intendo assolutamente sottrarmi.
Ma vorrei entrare nel merito delle questioni. Abbiamo oggi una prima relazione dell'Assessore. In questa prima relazione mi ha colpito l'individuazione evidente delle carenze esistenti. In una parte della relazione l'Assessore dice che è necessario passare ad una fase di operatività e che non vuole entrare nel dibattito - è stato riaffermato anche in Commissione - tra l'aspetto sociologico della malattia e l'aspetto organicistico, tra le due correnti di pensiero. Nemmeno io voglio entrare nel dibattito, ma un dato deve essere riaffermato e cioè il valore politico e sociale della battaglia relativa alla legge n. 180: deve essere evidentemente riaffermata la non istituzionalizzazione del malato mentale la non ghettizzazione, anche a fronte del fatto che certo la malattia mentale è un fattore scomodo, del quale si avrebbe più voglia, da parte di comparti vasti della società, di non parlare. Ma è un fattore che dobbiamo affrontare proprio perché, in definitiva, non affrontandolo, il costo sociale complessivo oltre che umano, che alla fine si raccoglie, è più elevato del costo che invece dobbiamo caricarci come società, anche a fronte di soggetti sociali più deboli.
Stante dunque il valore della legge n. 180 e il non ritorno a logiche di istituzionalizzazione, il farci carico dei mille e più cittadini che ancora si trovano in strutture manicomiali, che devono tornare al recupero più ampio possibile di una vita civile, fatti salvi questi punti, guardiamo ad alcune questioni specifiche.
La L.R. n. 61. Nella relazione si dice che la legge n. 61 deve essere rivista. E' evidente che se la legge n. 61 non ha funzionato per niente può essere rivista, ma io credo che debbano essere salvaguardati, tuttavia in maniera certa, i principi ispiratori della legge, che sostanzialmente facevano un riferimento a questa duplice manovra: ai principi integrati della territorialità per tutto ciò che attiene alla riabilitazione e la fase, invece, di ospedalizzazione limitata al periodo acuto. Credo che salvaguardati questi principi, laddove la legge è stata troppo rigida laddove non ha dato delle condizioni di operatività, questa può essere rivista; ma dobbiamo darci dei tempi e delle scadenze urgentissime.
Sono una delle firmatarie dell'ordine del giorno e quindi procedo non toccando i punti che già nell'ordine del giorno sono richiamati e cioè, per esempio, l'attenzione della Regione al "Progetto obiettivo". Guardiamo con coraggio in questa direzione.
Voglio sottoporre all'Assessore altre due questioni. Nella sua relazione si fa riferimento al concorso nella gestione economica. Le voglio dire che saremo attentissimi in questa direzione, perché è evidente che il malato mentale molto sovente ha alle spalle una situazione di disagio economico, di difficoltà economica molto elevata. Noi dobbiamo tutelare questi soggetti più deboli e non a caso nel progetto di legge relativo alla famiglia, che il nostro Gruppo ha presentato, le cui fasi di discussione si sono appena avviate, abbiamo inserito un punto che certamente è gravoso, ma che dovrà essere valutato; anche in un intervento precedente è stata richiamata la necessità di valutare - questo proprio per la globalità degli interventi che sono necessari, anche di carattere assistenziale - la possibilità di dare degli aiuti a quelle famiglie che si sobbarcano all'interno della propria gestione, del proprio menage, l'assistenza a portatori di malattia psichica e mentale.
Mi rendo conto che sono questioni gigantesche, ma sono questioni che proprio in questo tempo noi dobbiamo affrontare.
Procedendo: gli aspetti di carattere economico e gli stanziamenti.
Credo che non si possa dire che 10 miliardi sono tanti o che sono pochi diventano tanti o diventano pochi in relazione ad un progetto globale di intervento che, a questo momento, la relazione e l'approfondimento in Commissione non ci hanno ancora presentato. L'Assessore ha chiesto qualche mese ancora: per carità, noi siamo qui per vigilare, per incalzare e pertanto saremo presenti, perché i tempi, che nella relazione sono appena individuati, vengano rispettati. Il nostro documento parla di un ulteriore bilancio della situazione a novembre. Credo che su questo incalzeremo sperando che per allora ci sia un progetto più ampio - anche con previsioni per i prossimi due o tre anni - che ci farà comprendere meglio come il governo della Regione Piemonte intenda affrontare una questione che noi poniamo come prioritaria. Prioritaria per migliaia di famiglie che sono drammaticamente coinvolte e che fino a questo momento hanno trovato scarsissimo sostegno di carattere pubblico e sociale.
Voglio concludere questo mio intervento rivolgendo una richiesta all'Assessorato e alla Giunta. La questione delle locande, che a Torino è un aspetto drammatico, richiede un intervento di emergenza. La relazione della delibera da parte della Commissione del 1991 evidenziava già alcuni aspetti: dall'audizione della DIAPSI che noi abbiamo avuto come Capigruppo dalle domande che abbiamo posto in Commissione, dalle denunce anche di carattere giornalistico che proprio in questi giorni sono state fatte emerge con certezza che questa vicenda si è ulteriormente aggravata.
Chiedo, pertanto, che ci sia un'inchiesta forte, immediata e rapida da parte della Regione Piemonte, nelle forme che potranno essere poi discusse approvate in questo Consiglio o discusse in Commissione, ma un'inchiesta che affronti una grande vergogna. Di questo abbiamo già parlato in Commissione, lo ribadiamo oggi qui in Consiglio: sul comparto generale di questa emergenza psichiatrica, che rappresenta una questione culturale e che riguarda migliaia di famiglie, incalzeremo la Giunta. Non parlo soltanto dell'Assessorato alla sanità, parlo proprio della convergenza che è necessaria, anche per il lavoro dell'Assessore alla sanità, da parte dell'assistenza, da parte di chi si occupa dei giovani, da parte di chi in sostanza si occupa delle emergenze del nostro tempo.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Cotto.
COTTO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, dalla lettura di molti documenti forniti dall'Assessore, dal Consiglio, dalle Associazioni dei familiari per permetterci di approfondire le problematiche relative alla tutela della salute mentale, dall'ascolto di molti interventi dei colleghi fatti prima in Commissione e oggi in Consiglio - dall'osservazione delle tristi esperienze di molti cittadini, ci si convince veramente che l'efficacia della legge sta - come sostiene qualcuno - nella sanzione.
Infatti, le tanto citate leggi statali (la n. 180 e la n. 833 del 1978), che non prevedevano sanzioni, non hanno ancora trovato completa applicazione ed osservanza. La L.R. n. 61 del 1989 è ancora disattesa. Di fronte ai drammatici problemi che quotidianamente vivono i malati psichici e i loro familiari, con umiltà poniamoci nella determinazione di fare cose concrete.
Gli obiettivi che la Giunta si è posta a medio e a lungo termine, mi sembrano, per il momento, abbastanza rispondenti alle aspettative di chi da anni lamenta i ritardi e ripete lo slogan "fatti, non parole".
Attraverso il Piano sanitario regionale 1996/1998 si risponderà alle priorità assolute, in particolare a quelle legate allo squilibrio territoriale dei servizi e delle attività psichiatriche.
Non possiamo dimenticare che in questi ultimi quindici anni di fatto abbiamo scaricato sulle famiglie - quando esistevano - un ruolo e un impegno che è andato al di là del rapporto parentale.
Dobbiamo rivedere l'intero assetto normativo della psichiatria piemontese attraverso una revisione della L.R. n. 61/89, che la renda prima di tutto efficace e coerente con la nuova organizzazione aziendale delle UU.SS.LL. e che doti la Regione di strumenti efficaci di verifica sui livelli assistenziali in psichiatria.
Ho letto con attenzione gli atti consiliari della seduta del 19/9/1989 dedicata all'esame del progetto di legge "Disposizioni per l'assistenza dei malati di mente e per la riorganizzazione dei servizi psichiatrici". Quasi tutti gli interventi avevano come unico comune denominatore la critica per il ritardo - undici anni - della legge regionale rispetto alle leggi del 1978.
La DIAPSI denuncia che a tutt'oggi non è stato praticamente ancora realizzato nulla, salvo qualche comunità per pochissimi malati e qualche miglioria ad alcuni Servizi psichiatrici di diagnosi e cura.
L'intero progetto della legge n. 61, con le necessarie revisioni, verrà realizzato se ci sarà - e ci sarà come ha detto l'Assessore - la volontà politica di farlo. Ma non basta, occorre la costanza e l'impegno di molti per vincere l'atteggiamento di apatia verso il malato psichico.
Molte volte si corre il rischio di considerare prioritario il problema di cui si parla e dimenticarlo poi nel tempo.
La costituzione di un Osservatorio regionale, con il compito di monitorare l'offerta, la domanda e la spesa, attraverso la completa revisione dei flussi informativi, aiuterà a tenere costante l'attenzione sul problema.
Dobbiamo prendere atto, come ha scritto anche l'Associazione DIAPSI dell'impegno assunto dall'Assessore per trovare finalmente una sistemazione adeguata agli ultimi 1.100 cittadini ricoverati negli ex ospedali psichiatrici, di dare almeno inizio alla realizzazione di alcune indispensabili strutture, di rivedere entro il 1996, la legge n. 61/89.
Siamo d'accordo che non è sufficiente. Occorrono altre risorse finanziarie ed umane che ancora non ci sono, ma occorre anche coinvolgere il maggior numero di cittadini su questo problema, dobbiamo agire sull'opinione pubblica per modificare l'atteggiamento generale verso la malattia. Dobbiamo promuovere un cambiamento culturale nei confronti della malattia che è di tragica sofferenza e viene rimossa dalla società.
Malattia che statisticamente colpisce in misura maggiore gli anziani sempre più numerosi nella nostra realtà piemontese. Penso all'Alzheimer e alle altre demenze che, secondo alcuni dati statistici, colpiscono per il 3% i cittadini dai 65 ai 74 anni, salendo al 18,7% tra i cittadini tra 75 e gli 84 anni e addirittura al 47% sopra gli 85 anni.
La casa di riposo a volte è una risposta per chi non può più purtroppo, convivere in famiglia, ma sovente una risposta troppo costosa per il cittadino e/o la sua famiglia, che deve pagare rette troppo elevate rispetto al suo reddito.
Per l'anziano, come per tutti, la famiglia è il centro di ogni equilibrato sistema di vita. Però, con la diminuzione della natalità, due persone, figli unici, che si sposano oggi, molto probabilmente domani dovranno accudire quattro anziani, quindi è un grave problema.
Dunque è bene ragionare anche sui bisogni di assistenza ricordando che in molti casi, stante la situazione attuale, la famiglia potrà essere nell'impossibilità di provvedere al sistema assistenziale.
Il discorso si fa molto complesso e proprio per questo deve essere affrontato in fretta. Ripeto, con molta umiltà, ma con la determinazione di chi ha il dovere di dare risposte concrete ai cittadini.
I problemi di molte case di riposo, gestite dai Comuni e dalle IPAB che contribuiscono a rendere complesso il discorso, sono note all'Assessore all'assistenza e agli uffici.
Un periodo di proroga, come è stato annunciato in Commissione dall'applicazione della delibera della Giunta regionale n. 41 del 1995, pu aiutare, chi ancora non è riuscito, per problemi tecnici, finanziari e sociali, ad adeguarsi alla deliberazione stessa.
Mi auguro anche che si possa iniziare a mettere in discussione certe regole che non sono molto condivise da chi, da sempre o per rapporto di lavoro o per volontariato, opera a fianco del cittadino non autosufficiente. Cittadino che deve meritare sempre tutto il nostro rispetto ricordando che il cammino della sofferenza è comune sia per la persona che soffre sia per chi l'assiste.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Manica.
MANICA Sulla problematica della psichiatria penso si possa fare innanzitutto una considerazione di carattere generale - già richiamata in molti interventi, ma che serve ugualmente ad introdurre il dibattito - e alcune considerazioni sul dibattito che stiamo svolgendo e sugli obiettivi che vogliamo perseguire.
La considerazione generale, ovvia e scontata, è quella relativa ai ritardi. Ad una prima fase, determinata dalla legge n. 180 e dalla legge n.
833, a due elementi normativi sulla vicenda della psichiatria, si sono succeduti provvedimenti regionali diversi, fino a giungere alla legge n.
61. Tutta questa prima parte vede, dal punto di vista del superamento dei momenti di ricovero, di una residenzialità spesso molto vicina alla situazione manicomiale, grandi tentativi in questa direzione.
Rispetto ai ritardi, per la Regione Piemonte in particolare l'affermazione è vera e corretta, ma l'affermazione in senso generale è vera e corretta se facciamo dei distinguo. Infatti, mentre ci sono grandi difficoltà di ordine legislativo, ma soprattutto di ordine attuativo, da parte della Regione, di controllo, di verifica, vi sono resistenze da parte di molte UU.SS.LL.; abbiamo esempi significativi nel territorio della Regione Piemonte, dove si va verso la domiciliarità, verso il superamento di strutture.
Infatti, se noi rapportiamo le diverse realtà dei servizi all'interno della Regione, realizzati all'interno dello stesso quadro legislativo e delle stesse difficoltà di programmazione, abbiamo interventi e risultati diversi. Questa è cosa che va valutata: bisogna ripartire da un'analisi corretta della situazione.
Non voglio dilungarmi ulteriormente sui ritardi che hanno ragioni di ordine complesso, amministrativo e politico, culturale, e ragioni più complessive all'interno della società piemontese.
Assunto questo dato, penso che noi dobbiamo fare tre ordini di riflessioni. Una prima osservazione generale sulla relazione dell'Assessore, sul taglio degli interventi della maggioranza e sullo stesso contenuto dell'ordine del giorno della maggioranza presentato nella mattinata di oggi.
La mia sensazione è che ci siano alcune affermazioni, da un punto di vista di ordine generale, condivisibili; nella relazione vi è un affastellamento di problemi e di problematiche, ma quando arriviamo alle priorità, agli obiettivi veri e propri, potrebbe valere il detto: "sotto il vestito niente".
Nell'ordine del giorno che abbiamo presentato, evidenziamo come siamo giunti ad una fase in cui il nostro quadro di riferimento è il "Progetto obiettivo sulla tutela della salute mentale" del 1994/1996 su cui peraltro, il Ministero della Sanità sta ancora lavorando ed operando. E se l'ambito legislativo regionale cui facciamo riferimento va dalla legge n.
39 alla legge n. 64, alle linee di indirizzo in materia di salute mentale integrative dei principi generali forniti dalle deliberazioni sui criteri organizzativi, di cui all'art. 16 della L.R. n. 10, penso che oggi occorra non scrivere una nuova legge di riorganizzazione e di indirizzo sulla psichiatria, ma elaborare un progetto obiettivo regionale sulla tutela della salute mentale che sia compiuto, complessivo e che si inquadri dentro la programmazione più generale del Piano.
Per perseguire questo obiettivo noi ci dobbiamo chiedere chi materialmente, a livello di Assessorato e poi delle UU.SS.LL., può gestire un progetto obiettivo come questo. Infatti, se non rispondiamo concretamente a questa seconda domanda, il nostro diventa un obiettivo che non porterà da nessuna parte, come è avvenuto in passato.
Noi in questa Regione abbiamo avuto fasi diverse: una fase di forte programmazione, con una struttura ad hoc dentro l'Assessorato durante la gestione dell'Assessore Bajardi e, successivamente, fasi più farraginose della gestione regionale.
L'ufficio regionale presso l'Assessorato, di cui noi proponiamo all'interno dell'ordine del giorno, la costituzione, deve svolgere compiti non solo general generici, come osservatorio epidemiologico, secondo la proposta dell'Assessore, ma avere capacità applicative del progetto obiettivo regionale, di coordinamento, di intervento nei confronti delle stesse Aziende Sanitarie Regionali e dei dipartimenti che lì si collocano.
Quindi un momento che sia operativo e che possa rispondere all'applicazione del progetto obiettivo; per cui progetto obiettivo e osservatorio come punto di riferimento reale.
Inoltre, ci sono i problemi irrisolti; va bene, come primo passo metterli nel calendario politico, nell'agenda delle istituzioni, ma bisogna evitare il rischio di fare solo un interessante ed importante dibattito che non approda a risultati concreti.
Il problema, per quanto ci riguarda, si pone a livello degli obiettivi concreti e può essere sostanzialmente così sintetizzato. I dipartimenti sono l'asse portante dell'organizzazione dell'intervento psichiatrico a livello delle Aziende sanitarie.
Assessore, rispetto all'organizzazione dei dipartimenti non basta demandare ad un nuovo e successivo provvedimento; così come la definizione dei responsabili e come il rapporto tra il dipartimento e l'unità modulare l'Università e quant'altro.
Le faccio un solo esempio, Assessore: rinviando ancora a provvedimenti successivi, al Piano sanitario e così via, ci troviamo davanti a realtà (quelle, ad esempio, presso cui insiste l'Azienda Sanitaria Ospedaliera Autonoma o è presente l'Università) dove le convenzioni non sono mai state attuate tra i momenti territoriali e il momento del SPDC che è all'interno dell'Azienda e che ha rapporto con il dipartimento, dove è difficile definire le competenze e i vari rapporti. Inoltre, il dipartimento ha compiti gestionali? Ha compiti funzionali? Come si rapporta ai distretti? La definizione di questo è un compito essenziale, prioritario ed urgente.
L'altro problema di grande rilievo è quello degli organici e dei finanziamenti.
Per quanto riguarda i finanziamenti è importante conoscere, come abbiamo fatto in IV Commissione, che vi è la disponibilità di una cifra (intorno ai 10 miliardi), ma il problema è definire le priorità.
Certo, se io dovessi definire le priorità, direi: verso gli interventi di domiciliarità, di semiresidenzialità e/o ponendo attenzione agli interventi di residenzialità e a quelle forme maggiormente flessibili. Di un nuovo rapporto tra il pubblico e il privato sociale, le organizzazioni e i momenti no profit noi stiamo discutendo anche per altre importanti leggi e per altri importanti servizi in questa Regione. Penso - non ultimo - al dibattito che stiamo facendo sui progetti di legge sulle famiglie che, per la concezione flessibile dei servizi che prevedono di attivare e del nuovo rapporto tra pubblico e privato e della nuova idea di Stato sociale possono avere profonde interconnessioni in questa direzione.
Quindi, si indichino delle priorità forti in direzione della domiciliarità, della semiresidenzialità e di interventi flessibili.
Ovviamente, per quanto riguarda gli ambulatori territoriali, do per scontato che l'intervento in tal senso debba essere tra le priorità.
Debbo poi dire che, mentre noi facciamo questo intervento sulla domiciliarità, sulla semidomiciliarità, noi non possiamo non sapere che due cose, per un lungo periodo, avverranno in parallelo: la creazione e il potenziamento di questi servizi e il discorso di superamento degli ospedali psichiatrici. Non si potrà pensare che le due cose avvengano in due tempi magicamente consequenziali.
Mentre l'Assessore attiverà il processo di superamento degli ospedali psichiatrici e dovrà finanziare quel processo, nello stesso tempo dovrà per una fase, finanziare contemporaneamente le strutture alternative fino a quando non si creerà un circolo virtuoso del risparmio che sposterà le risorse, pure quelle impegnate negli ex ospedali psichiatrici, sul territorio e sugli interventi territoriali.
Dico poi che ho un ulteriore elemento di preoccupazione, quello di definire in modo più netto la questione degli organici. Questione degli organici che deve essere definita rispetto alla deliberazione sui carichi di lavoro e su cui bisogna avere un'attenzione particolare per la parte relativa alla psichiatria.
Rispetto all'oggettiva sofferenza degli organici in questo settore, va espresso un plauso innanzitutto a chi, in questo momento, opera e sta operando significativamente all'interno del territorio regionale oltre e nonostante le difficoltà, ma il problema degli organici è un problema urgente da risolvere. Non c'è solo il problema degli organici, c'è anche il problema della definizione del modo in cui le prestazioni si svolgono e avvengono, all'interno delle UU.SS.LL., a forfait, a tariffazione e quali sono le condizioni di molti operatori, in particolare nelle realtà in cui insiste sia l'Azienda che il Servizio territoriale.
Queste sono questioni di grande rilievo che devono essere affrontate ed assunte. Quindi - e chiudo ponendo un'ultima questione - si preannuncia nella relazione dell'Assessore, la volontà di modifica della L.R. n. 61. Ma l'operazione di modifica della L.R. n. 61 deve essere fortemente correlata alle risposte concrete che abbiamo richiesto e che debbono essere date. In alternativa il rischio è quello di aggiungere agli elementi negativi della L.R. n. 61 un vuoto assoluto di intervento di programmazione e di trovarci peggio di prima!



PRESIDENTE

Grazie, Consigliera Manica.
La Commissione Nomine è convocata presso l'Ufficio di Presidenza per una breve riunione.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DEORSOLA



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Simonetti.
SIMONETTI Signor Presidente, colleghe e colleghi, oggi ci troviamo finalmente a dover discutere di un grosso e drammatico problema che è quello della psichiatria; discussione che da tempo è stata sollecitata dal Gruppo di Rifondazione Comunista.
La psichiatria è una malattia mentale, ma soprattutto una malattia sociale ed è così che oggi assume dei connotati profondi nel territorio e nell'insieme sociale.
Nella passata legislatura, e non solo, ormai da tempo, si è fatto a lungo silenzio su questo problema che assume oggi delle dimensioni gigantesche e drammatiche per tutti i cittadini, per i familiari, ma soprattutto per i malati psichiatrici stessi.
Nel passato ci si è scollati, ogni Amministrazione per la parte di sua competenza, da qualsiasi responsabilità. Responsabilità mancate di cui ora tutto il Piemonte deve fare i conti.
I malati di mente in Piemonte sono circa 120.000, di cui solo 30.000 a Torino.
Oggi abbiamo una legge, la L.R. n. 61/89, peraltro inapplicata nei suoi principi essenziali, che deve essere superata, tenendo conto del progetto nazionale: "Linee guida per la chiusura degli ex ospedali psichiatrici" (legge n.724 del 1994). Il nucleo fondamentale di queste linee guida a livello nazionale è la personalizzazione degli interventi per non determinare nuovi abbandoni ed ulteriori emarginazioni dei soggetti ricoverati nei manicomi italiani.
Ai malati di mente, così, verrebbe garantito un progetto individuale di cura che prende in esame la storia personale, la storia della malattia, la durata del ricovero, della disabilità attuale, delle possibilità di recupero.
Ancora oggi in Italia, a circa diciott'anni dall'approvazione della legge n. 180, esistono oltre 80 manicomi, pubblici e privati, in cui vivono circa 23.000 pazienti. In realtà, solo una piccola parte di questi è affetta da gravi disturbi psichici, mentre per i 2/3 si tratta di soggetti con handicap psicofisici ed anziani non autosufficienti.
Da un lato la società civile deve intervenire insieme alle Regioni e alle Aziende UU.SS.LL. affinché ciascun manicomio pubblico e privato avvii il suo specifico progetto di superamento. Dall'altro si devono impedire iniziative di speculazione continue, dal punto di vista dell'edilizia, sul ricco patrimonio immobiliare degli ex ospedali psichiatrici, con l'abbandono dei pazienti attraverso le cosiddette dimissioni selvagge oppure ancora con nuovi ricoveri in strutture che perpetuano la logica degli ospedali psichiatrici.
Si trasforma la struttura, ma rimane sempre la funzione e l'organizzazione di stampo manicomiale. In realtà, per le persone con problemi psichiatrici, che possono essere recuperate all'esterno entro sei dodici mesi, dovranno essere realizzati progetti, messi a punto in collaborazione con i servizi territoriali dei Dipartimenti di salute mentale.
I soggetti che invece hanno bisogno di interventi riabilitativi più lunghi avranno a disposizione comunità assistite, eventualmente anche negli stessi ospedali: strutture con 20 ospiti, quindi, alloggiati in stanze ad uno o due posti letto con servizi igienici adeguati e locali di soggiorno per attività comuni.
Una consistente parte della popolazione ricoverata nei manicomi pu essere dimessa in tempi rapidi, perché non presenta gravi patologie, ma necessita di interventi riabilitativi e psicosociali in strutture territoriali serie.
Infine, quelli con problemi geriatrici e di disabilità saranno collocati nelle RSA che assicurano un livello medio di assistenza sanitaria.
A tal proposito, tengo a precisare come le strutture gestite dai Dipartimenti di salute mentale competenti territorialmente, benché svolgano un'attività mirata prevalentemente al reinserimento e alla risocializzazione, devono essere considerate anche delle strutture sanitarie, in quanto ospitano persone invalidate da lunghi periodi di ospedalizzazione.
Da qui l'inevitabile esigenza di inseparabilità tra assistenziale e sanitario, esigenza che sembra essere calpestata e dimenticata nella volontà politica di questa maggioranza, che attua scelte non funzionali alle domande del territorio.
Penso di essermi dilungata nel definire le linee fondamentali del progetto obiettivo della tutela della salute mentale a livello nazionale.
Non ho, viceversa, notato alcun cenno del problema psichiatria nel Piano sanitario regionale; un segno grave, ed è per questo che sosteniamo l'esigenza forte di un progetto regionale che superi la L.R. n. 61/89, che unifichi e renda coerenti tutte le normative regionali finora adottate in materia di salute mentale.
La Regione deve insomma attivarsi nel predisporre indispensabili servizi ed unità operative nell'ambito organizzativo dei Dipartimenti di salute mentale. Si deve modificare l'intervento pubblico, passando dal controllo sociale dei malati di mente alla promozione della salute spostando l'asse portante dei servizi fondati sul ricovero ospedaliero a quelli incentrati fortemente nei servizi territoriali, garantendo la protezione della salute mentale attraverso l'unitarietà e l'integrazione dei servizi sanitari, assistenziali e sociali.
Non ci si può accontentare di volontà o di desideri espressi in relazioni scritte ed interventi scontati. Non vogliamo ipocrisia ne libri dei sogni.
Il nostro Gruppo ha proposto, in sede di approvazione di bilancio sostanziali emendamenti circa la psichiatria, che sono stati bocciati. La volontà politica di risolvere un problema si esprime nel progetto politico oltreché nello stanziamento di soldi pubblici, e non si dica che i soldi non ci sono; se li si trova per altro meno importante, li si può trovare, a maggior ragione, per un problema così drammatico come la psichiatria. Per esempio, modificando le variazioni di assestamento dell'ex art. 20, le possibilità ci sono, la priorità del problema anche. Sta ora alla Giunta regionale e, in particolare, all'Assessore competente dimostrare un minimo grado di coscienza politica.
Sono state indicate delle linee guida che predispongono i requisiti minimi strutturali, tecnologici ed organizzativi per l'assistenza psichiatrica, in cui viene definita la garanzia che il Dipartimento di salute mentale valuti le urgenze psichiatriche nel proprio bacino di utenza per 24 ore su 24, per 7 giorni su 7, attraverso l'organizzazione di una risposta anche extra-ospedaliera.
Nell'ambito delle risorse strutturali è stato indicato, sempre nelle linee guida della tutela della salute mentale a livello nazionale, un Centro di salute mentale, che deve essere pienamente operativo almeno 12 ore al giorno per almeno 6 giorni alla settimana. La struttura semiresidenziale del centro diurno del Dipartimento della salute mentale garantisce un posto ogni 10.000 abitanti.
Ad oggi si è fatto troppo silenzio, un silenzio che coltiva ancora nell'esasperazione la disperazione di questa realtà.
Rifondazione Comunista ha dimostrato in questa sede che non si appoggia solo ad enunciazioni formali, ma formula delle proposte costruttive.
Sono stati indicati dei punti di partenza forti ed importanti che la Giunta regionale, auspico, farà propri, se non intende procurare ancora più danni di quanti ne siano già stati fatti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Peano.
PEANO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, se dovessimo definire la reale situazione della psichiatria in Piemonte in merito alla risposta data a livello di progettualità pubblica, potremmo dire di essere ancora all'anno zero; all'anno zero, perché semplicemente dobbiamo constatare che la Regione Piemonte, pur avendo approvato la legge n. 61, non ha saputo attuare le linee che la legge prevedeva.
E' questa una responsabilità politica che non pesa certamente nei confronti dell'attuale Assessore. E' una responsabilità che grava sugli Assessori e sulle maggioranze precedenti (ne sento anch'io la responsabilità per non aver saputo pungolare e stimolare le Giunte che si sono susseguite). Non si è saputo cioè realizzare quel modello organizzativo del Dipartimento di tutela della salute mentale, affrontando la tematica con serietà, incentivando i servizi semiresidenziali e proponendo di prevedere un certo equilibrio territoriale con l'apertura delle RSA psichiatriche e dei CTP (Centri di Terapia Psichiatrica) che sono ancora nella fase progettuale o in corso d'opera; un ritardo peraltro incolmabile.
Inoltre, nonostante le tante dichiarazioni di intenti e di impegno, non si è saputo prevedere tutte quelle forme di sostegno alle famiglie di appartenenza dei malati, troppo spesso abbandonate a se stesse e senza reali sostegni da parte dei servizi pubblici. E questo è reso ancora più drammatico nelle responsabilità, perché conoscevamo e conosciamo tutti compiutamente i bisogni e le domande dei servizi e saremmo stati in grado anche di poter fornire la risposta.
La risposta è stata affidata troppo spesso alla capacità pionieristica di tanti operatori, nei settori sia sanitario che socio-assistenziale, e alla buona volontà di cooperative e di Associazioni di volontariato, della Caritas, degli obiettori di coscienza, delle famiglie stesse in particolare, dei Centri di lavoro protetto che sono anch'essi una piccola ma significativa risposta.
Il nostro quotidiano attesta con quanta difficoltà la psichiatria sia stata accettata nell'ambito generale delle scienze e delle discipline mediche, come nel tessuto sociale. L'isolamento ha avuto cause molteplici: una delle quali, a nostro parere, è l'alta emotività che suscitano taluni disturbi psichici, con le drammatiche conseguenze che talvolta ne derivano.
E' indubbio che la legge n. 180 ha contribuito a togliere la psichiatria dall'isolamento e a farla entrare nel circuito dell'assistenza sanitaria generale, proprio come si era da più parti e da più tempo sostenuto, in qualità di principio cardine innovatore.
La legge n. 180 ha portato un miglioramento dei rapporti con il malato resi più flessibili fuori dalle tradizionali istituzioni; essa ha creato un nuovo clima culturale nel quale sono però sorti dei nuovi separatismi ideologici. Uno fra i quali, non ancora concluso, il dibattito fra la concezione di ospedalizzare il malato o tessere un rapporto tra ospedale e territorio, coinvolgendo i luoghi di interesse del malato stesso.
Il principio riformatore della legge n. 180 era giusto, moderno innovatore ed andava garantito e non defraudato nella realtà. La legislazione degli anni '80 ha rappresentato, a nostro parere, un'enorme innovazione culturale e sociale, ma la grande innovazione non è quella di aver chiuso i manicomi; si chiudono delle istituzioni fatte di mattoni, ma il manicomio continua ad esistere, ad esempio nelle famiglie. E come giustamente negli anni '80 erano gli psichiatri, chiusi anche loro con i malati nei manicomi, che premevano di uscire; adesso dovremmo essere più sensibili nei confronti delle famiglie che sono chiuse nei manicomi familiari e chiedono loro stesse di uscire. Questo dramma l'abbiamo visto espresso dalle famiglie rappresentate dalla DIAPSI: la loro più forte preoccupazione è il "dopo", il "dopo di loro", che le madri soprattutto pongono in evidenza in ogni incontro.
Ancora oggi di fronte alla legge n. 180 si contestano diversi atteggiamenti: c'è chi dichiara plauso e consenso; chi esprime negazione chi manifesta insoddisfazione per l'applicazione; chi chiede realisticamente un'alternativa.
Tali norme, si dice, vanno bene per quello che indicano, ma non vanno bene per quello che non esplicano, per le omissioni, i vuoti, le incompletezze, talvolta gli stalli applicativi.
Detto questo, riteniamo sia compito della politica e, in particolare della politica socio-sanitaria all'interno di progetti obiettivi, in costante rapporto tra servizi sociali e ospedale, fornire al malato di mente un'assistenza più consona ed efficace, ed assumere direttive univoche, tempestive o riformatrici, tenendo sempre ben presenti i seri inconvenienti che possono derivare al malato di mente ed alla società da un'applicazione non meditata.
Sovente si propone di difendere molto bene il malato di mente, ma in realtà non altrettanto lo si assiste in maniera ottimale né altrettanto si tutelano coloro che malati non sono, in particolare i familiari.
Oggi, a distanza di anni, ci troviamo nella condizione di doverci confrontare con spirito assai più pragmatico con i problemi che l'attuazione ha comportato, sulle soluzioni da adottare e su alcuni ordini di problemi che riteniamo devono essere affrontati al fine di una realistica strutturazione dell'assistenza territoriale.
Un primo punto riguarda le strutture ambulatoriali (CIM o CSM, i Centri di igiene e di salute mentale) che devono essere effettivamente idonee e rispondenti alla realtà sociale, economica ed alle esigenze di una moderna maniera di fare assistenza psichiatrica, con la presenza garantita di medici psichiatri, psicologi, infermieri ed assistenti sociali; il lavoro di squadra è indispensabile e ognuno deve avere i propri compiti e le proprie responsabilità.
La disponibilità degli operatori deve adattarsi quindi, nel limite del possibile, alle particolari necessità degli utenti. Vanno ricordati inoltre, i rapporti con il medico di base a cui per primo, in genere vengono poste le richieste dei malati. E' sua la competenza di inviarlo alle strutture psichiatriche, intessendo quindi una rete relazionale atta alla tutela assistenziale e preventiva del bisogno psichico. L'attività ambulatoriale non può rispondere però a tutti i malati, i quali in determinati momenti necessitano del ricorso a strutture diverse e più specifiche (ricoveri in reparti di diagnosi e cura, comunità protette, case di riposo, ecc.).
Il secondo punto riguarda proprio i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC), attualmente inseriti nei presidi ospedalieri sedi di DEA secondo la L.R. n. 61/89, con rapporto demografico SPDC/numero abitanti di circa un letto per ogni 10.000 abitanti. Tale rapporto è particolarmente carente per il tipo e per il tendenziale aumento delle richieste di ricovero che i servizi di territorio attualmente ricevono. E' doveroso riconoscere che gli SPDC non sono stati predisposti per degenze protratte.
Un aspetto che più frequentemente si evidenzia è la durata troppo breve dei ricoveri. Quando ciò non dipende da uno specifico progetto terapeutico degli operatori, la causa va ricercata nel sovraffollamento a sua volta conseguente al già segnalato insufficiente numero dei letti. Altro aspetto preoccupante è la cosiddetta "sindrome della porta girevole"; pazienti che entrano ed escono continuamente dai vari servizi, reparti ed ospedali in genere. Tali pazienti necessitano talvolta di trattamenti più prolungati in regime di ricovero in strutture diverse.
Sta qui la nostra carenza di Centri di Terapia Psichiatrica (CTP) e di Comunità Protette (CP), centri che devono provvedere alla media e lunga degenza, con l'impegno della riabilitazione psicofisica e sociale.
Istituiti con occhio attento sempre al rapporto demografico del territorio servito, non inferiore comunque ai 20/30 posti per ogni Centro, con il dovuto rapporto di personale di assistenza, con il criterio di "posto letto" sostituito da quello di "spazio abitativo" con ampie possibilità di sale per attività terapeutiche, attività di gruppo ed attività occupazionali, con aree verdi attrezzate per attività ludico-ricreative e lavorative.
Ulteriori e possibili diversificazioni strutturali possono essere i Day Hospital (DH), le Comunità Alloggio (CA), le Case Famiglia (CF), per un numero più ristretto di persone con un buon livello di autonomia e di socializzazione, con più modesti quadri psicopatologici, ma con gravi carenze relative al reinserimento nel loro ambiente originario.
Da esaminare non per ultimo e non meno importante aspetto degli attuali servizi psichiatrici è la formazione del personale a tutti i livelli aspetto questo che deve essere sufficientemente seguito ed incentivato per il particolare e delicato compito che tale personale è chiamato a svolgere talvolta con forte senso di impotenza. Lo stress al quale sono sottoposti gli operatori è per molti di essi un gravissimo problema. La difficoltà dell'intervento, la creatività che tutto ciò comporta, richiedono importanti sforzi formativi ed un elevato dispendio in tempi ed energie.
Infine, signor Assessore, prima di riscrivere una nuova legge n. 61 visto che da più parti ormai se ne parla - e faccio mia la richiesta di duttilità della normativa e della risposta - le chiedo alcune cose.
1) Di intervenire sulle cause di conflitto tra ospedale e territorio, sulle cause di conflitto tra le scuole di pensiero sul tipo e modello di intervento, troppo legate ai piccoli poteri temporali che ancora esistono.
Tra ospedale e territorio ci si parla troppo poco.
2) Le famiglie. Dobbiamo porci in ascolto e lavorare a stretto contatto con loro. La DIAPSI non ha mai posto il problema in termini puramente di critica e di denuncia, ma ha chiesto sempre di poter collaborare, di affiancarsi per aiutare e condividere le scelte operative. Molte famiglie stanno vivendo veramente il dramma del manicomio all'interno delle mura domestiche; il dramma e le preoccupazioni dei genitori per il "dopo di loro". Le famiglie poi con estrema dignità, anche attraverso le Associazioni e in particolare la DIAPSI, non hanno mai chiesto di essere sostituite, almeno nella maggioranza dei casi; vogliono soltanto essere aiutate.
3) L'inserimento lavorativo: è uno dei problemi consequenziali, non va dimenticato. Sono le tante, grandi e piccole, risposte delle cooperative dei centri di lavoro protetto. Occorre una forte sensibilizzazione e l'Ente pubblico si deve impegnare, in prima persona, per l'assunzione in servizio protetto di quanti sia possibile inserire. Vale per tutte le categorie protette, in modo particolare per l'handicap e per i disadattati psichici.
Bisogna sensibilizzare gli Enti pubblici perché le percentuali di assunzione delle categorie protette previste dalle normative rappresentano le percentuali minime, che devono essere rispettate, non quelle massime. E se questo al privato non può essere chiesto, al pubblico invece sì.
4) Ho provato a vedere altri modelli, tipo il modello Friuli dove il Capo Dipartimento è il prof. Righetti. E' un programma che funziona (bisognerebbe che la Commissione IV proponesse un incontro di lavoro in Friuli). Bisogna anche sapere copiare le esperienze e i modelli, in particolare quando sono collaudati.
Il Dipartimento ha i suoi reparti ospedalieri e poi i CSM (Centri di Salute Mentale) sul territorio che si articolano in: attività domiciliari day-hospital centro crisi (camere a disposizione per brevi ricoveri) orario di servizio anche sabato e serali.
Nel CSM sono a pieno titolo, in quanto coordinate per una risposta che vuole dare una copertura 24 ore su 24, le cooperative e le comunità che gestiscono centri residenziali, semiresidenziali o gestiscono l'inserimento lavorativo, che viene attuato attraverso corsi semplici, con fondi CEE, e con assegno terapeutico alle aziende.
Esiste poi un forte rapporto con la famiglia, tanto che si pu dichiarare che per ogni paziente viene predisposto un personal-proget.
Il progetto avviene anche attraverso azioni di trattamento psico educativo familiare, sia in casa sia in comunità, per assorbire le ansie e lo stress, sia per meglio conoscere la malattia e poterla gestire.
Oggi esistono alcune scuole di pensiero, soprattutto per quanto riguarda le attività riabilitative. Su questo dobbiamo fare ancora un confronto e vedere quanto riusciamo a fare in Piemonte, perché si è fatto molto poco; il tutto è legato soltanto all'emotività, oppure alla buona volontà di tanti operatori privati che si impegnano.
Ricordo le scuole di comportamentismo o cognitivismo di Lieberman, dove si opera attraverso sedute di simulazione con pazienti (e famiglie) che hanno un grado di ricettività e di comprensione possibile, e la scuola psicodinamica per pazienti più gravi, che non recepiscono e non si esprimono; le tecniche sono quindi diverse. Si tratta di tecniche che, in qualche modo, dovrebbero essere studiate anche da noi ed attuate per dare una risposta più completa al problema della psichiatria in Piemonte.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PICCHIONI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.
CHIEZZI I compagni Moro e Simonetti hanno esposto, a mio parere molto bene, la posizione del Gruppo di Rifondazione Comunista in merito alla relazione e alle proposte dell'Assessore, illustrando nel dettaglio le nostre proposte alternative. Nel mio intervento quindi, alle cose dette dai compagni voglio solo mettere una cornice di giudizio su quanto l'Assessore ha proposto.
Vedete colleghi, nel settore della psichiatria - innanzitutto a livello nazionale e, in derivazione, anche a livello locale - in questi ultimi decenni abbiamo assistito ad una crescita notevole dell'approccio a questa disciplina, ad una crescita qualitativa nella capacità degli operatori di affrontare questa difficile e sfuggente malattia, che nel corso di questi anni è stata affrontata con una maggiore professionalità. La legge n. 180 ha certamente segnato una grossa svolta di carattere culturale, di carattere terapeutico, e in questi lunghi anni abbiamo assistito a dibattiti e confronti che possono essere stati anche duri rispetto al tipo di approccio da tenere verso questa malattia, ma in ogni caso ad una grande crescita di qualità nell'approccio e della qualità nelle terapie che hanno avuto anch'esse una grandissima evoluzione. Al di là dell'uso di queste terapie, l'insieme del comparto della psichiatria, dal punto di vista degli addetti ai lavori, cioè di chi si occupa costantemente di questo problema dalla legge n. 180 ad oggi, ha avuto una crescita qualitativa molto elevata.
A fronte di questo procedere in avanti e in meglio sul tema della conoscenza della malattia, del modo di affrontarla, dei rapporti tra la società, i problemi sociali che possono aggravare o addirittura produrre questa malattia e le forme terapeutiche, a fronte di questi grandi passi in avanti cos'è mancato, purtroppo? E' mancata una coerente crescita qualitativa degli interventi e degli investimenti pubblici in materia.
Questa è stata la grande sconfitta per i malati, per le loro famiglie e anche per la qualificazione dello Stato sociale, che molti di noi continuano a volere.
In mezzo a questa inerzia e questa distanza, che hanno reso ancora più difficile la risoluzione dei problemi, in mezzo alla crescita complessiva della capacità di affrontare i temi della malattia psichiatrica e all'inadeguatezza crescente di tutti (Stato e anche Regione) nell'improntare una politica di investimenti concreti, si sono inseriti i privati a scopo di lucro che drenano 139 miliardi all'anno di risorse pubbliche per un'assistenza a malati psichiatrici che andrebbe tutta verificata per qualità, correttezza e via dicendo.
Bisogna uscire da questa situazione e bisogna uscirne - questo è il primo rilievo che muovo - caro Assessore, in modo culturalmente diverso da quello che lei propone, che fa semplicemente rabbrividire! Perché se la psichiatria è andata avanti dalla legge n. 180 in poi, è perché si sono aperte le porte: le porte del pensiero, dello studio, di un approccio libero, flessibile, di un approccio problematico a questo tema. Una volta c'erano i manicomi e i matti, che chiudevamo là dentro, poi si è riflettuto, la società è cresciuta, abbiamo discusso e forse anche litigato tra operatori, ma si è andati avanti perché si sono aperte le porte sulla riflessione su cosa consista questa malattia, quali origini, quali influenze sul contesto sociale, quali terapie. Siamo arrivati a questo punto, che è positivo, e l'Assessore ci presenta nella sua relazione delle frasi allucinanti! Frasi che costituiscono non solo pressapochismo e superficialità, ma una visione sostanzialmente autoritaria! L'Assessore dice, "bello bello": "basta, a questo punto smettiamo di pensare e smettiamo di discutere", ma smettiamo di discutere su cosa? Su un problema sul quale probabilmente bisognerà discutere all'infinito? In cui è bene che non si smetta mai di discutere? Perché in cosa consista la malattia psichiatrica è veramente difficile dare una ricetta come la si può dare per una malformazione cardiaca. L'Assessore in questo momento dice: "basta smettete, cari operatori, di confrontarvi"! Io dico tutto il contrario! Continuate, cari operatori, a confrontarvi su questo problema, perché il confronto non avrà forse mai fine e continuiamo a tenere aperte le porte al dibattito; il confronto anche tra diversi tipi di approccio è assolutamente necessario e una Regione come il Piemonte dovrebbe porselo, addirittura come un obiettivo costante da promuovere e non come una chiusura autoritaria ("adesso piantatela lì, cari psichiatri delle diverse scuole non rompete più l'anima, adesso bisogna fare"). Ma fare cosa? Fare le cose che ha in testa l'Assessore probabilmente! E che non dice a nessuno, come se la ricetta fosse quella fissata dall'Assessore! Quindi, siamo preoccupati di questo arretramento culturale pericolosissimo! - e l'invito a non pensare sulla psichiatria va respinto in toto! Secondo aspetto: la struttura di governo di questo problema. Il prof. Munizza ha inviato a tutti un proprio progetto di struttura che pu essere criticabile, ma che chiede alla Regione Piemonte di istituire una struttura con finalità ed obiettivi. L'Assessore cosa ha fatto dal punto di vista pratico-organizzativo? L'Assessore dice che ha costituito un gruppo di studio, ma questa è una frase che è priva di significato amministrativo perché l'Assessore non ha istituito alcun gruppo di studio! Da un punto di vista amministrativo un Assessore che istituisce un gruppo di studio, deve predisporre una deliberazione in cui scrive nomi, cognomi e responsabilità e in cui stabilisce - soprattutto - gli obiettivi che queste persone devono raggiungere (tempi, modi, documenti, studi, analisi e via dicendo) e propone quindi una struttura di lavoro che sia leggibile da parte di tutti sia degli operatori che hanno degli obiettivi e dei vincoli da rispettare sia del Consiglio regionale che quindi sa cosa ha di fronte. Invece l'Assessore - vedete qui il collegamento "smettiamola di pensare" e neoautoritarismo - ha preso alcune validissime persone (professionisti del settore, interni ed esterni) e a suo giudizio, senza alcuna delibera, senza alcun canovaccio, li riunisce. Benissimo, ma li riunisce per far cosa? Lo sa lui! Lo sa lui che, di volta in volta, darà degli input, al di fuori di qualsiasi deliberazione riconoscibile! Noi come Gruppo diciamo che questa struttura è assolutamente insufficiente ed inadeguata perché non è nemmeno una struttura: è un Assessore che prende alcune persone, sulla base di una sua libera scelta senza vincolarle e dare loro un progetto fissato in criteri deliberati, e semplicemente si gestisce lui, a suo modo, a suo piacere, una attività psichiatrica invitando tutti gli altri a smetterla di pensare perch bisogna fare! E andiamo al fare. Il fare, e lo chiedono gli operatori, a questo punto - dopo la legge n. 180, che è fallita perché non si è fatto, e dopo la L.R. n. 61, che è fallita perché non si è fatto - a seguito di questo dibattito, può essere una sola cosa: tirar fuori i soldi D'Ambrosio! Tirare fuori i soldi; non ci sono altri problemi! Noi siamo fermi su tutti i livelli di struttura, noi privilegiamo le strutture di prevenzione, le strutture flessibili di cura, gli aiuti alle famiglie, ma se non mettiamo dei soldi per risolvere questo problema e come abbiamo fatto sulla legge n. 61, aspettiamo che lo Stato, con la legge finanziaria, assegni delle risorse, noi non facciamo fronte al nostro compito, perché solo con un finanziamento deciso responsabilmente con le nostre risorse, le cose che si possono fare potranno essere effettivamente fatte. L'Assessore invece, su questo, svicola, non propone dei finanziamenti sufficienti e noi come Gruppo di Rifondazione Comunista, a parte le altre due critiche, ci siamo sforzati nel nostro ordine del giorno di fare due proposte di finanziamenti autonomi della Regione Piemonte: un finanziamento di 10 miliardi all'anno per cinque anni, da investire in prevenzione e strutture; un finanziamento di 10 miliardi per potenziare le assistenze e gli organici.
Questi sono i fatti concreti su cui noi, senza rifiutare, anzi auspicando che si continui a pensare, impegniamo la Regione Piemonte. Se poi la Regione Piemonte riuscirà, attraverso le varie finanziarie, a recuperare questi soldi, bene; altrimenti, bene lo stesso, perché noi dobbiamo dare l'esempio su questo problema, che è marcito in questo modo con questa divaricazione. Poteva andare tutto bene perché conosciamo di più e abbiamo più terapie da un lato, ma l'Ente pubblico non ha fatto assolutamente niente. Noi diamo la prova che facendo forza sulle nostre risorse, assumendoci la responsabilità di destinare una quota delle nostre risorse a questo problema, invertiamo la direzione, senza aspettare lo Stato con il quale lamentarsi se poi la finanziaria non ci da più i soldi.
Questa è la cornice del nostro ragionamento ed aspetteremo tutti i colleghi degli altri Gruppi alla verifica sulla decisione se ci si limita alla fine di questo dibattito, a discutere di cose buone da fare in astratto, oppure se si decide che si cominciano a mettere, ad esempio sulle strutture, 10 miliardi all'anno per cinque anni, di soldi nostri!



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Riggio.
RIGGIO Il dibattito sulla psichiatria anticipa il più ampio dibattito sul Piano sanitario regionale, ma richiama le grandi questioni che sono all'interno del Piano sanitario regionale e possono essere uno strumento di riflessione per costruire uno strumento di pianificazione importante.
Innanzitutto richiama all'esigenza di avere un Piano, all'esigenza di pianificazione che mi sono permesso di rivendicare e richiedere con forza fin dal primo giorno, all'attuale Assessore alla sanità.
Se è vero che gli interventi in campo psichiatrico sono generalmente carenti e lacunosi - e per economia di tempo non faccio un intervento di denunzia del passato - è anche vero che esistono situazioni molto differenziate, per le quali siamo effettivamente all'anno zero, quando addirittura non si cerca di tornare indietro rispetto alle indicazioni delle leggi n. 180 e n. 833. Situazioni differenziate che, malgrado le difficoltà e - lasciatemelo dire - le indicazioni di legge (le cose migliori, in campo psichiatrico, sono state attuate al di fuori degli standard previsti dalla legge n. 61), richiedono capacità e pianificazione al fine di costruire, tanto per cominciare, un'omogeneità di intervento a livello territoriale.
In Consiglio sono state oggi richiamate le grandi questioni del Piano dal punto di vista dell'indispensabilità, ad esempio, di avere un'epidemiologia, un'analisi dei bisogni dell'esistente, un'analisi delle strutture e delle risorse attualmente esistenti a livello territoriale, per evitare giudizi e, conseguentemente, interventi semplificatori.
Di tutto abbiamo bisogno, tranne che di ulteriori interventi che abbiano le caratteristiche del centralismo e della rigidità.
Vi riporto un termine molto centrato pronunciato dalla Consigliera Bortolin, a proposito dell'intervento in campo psichiatrico: "duttilità".
La legge n. 61 è fallita, a mio avviso - e mi dispiace che la Consigliera Casari parlasse soprattutto di risorse economiche - prima di tutto perch si trattava di un atto di tipo burocratico e centralistico; la legge n. 61 è fallita soprattutto per questo. E se c'è una cosa da fare è un intervento a monte, di carattere culturale, che ragioni profondamente sulla scelta che vogliamo fare rispetto alle questioni della psichiatria: vogliamo privilegiare la struttura o la funzione? Personalmente, non sono contrario a soluzioni in cui si vada a discutere anche di posti letto; a parte il fatto che - ahimé - oggi come oggi un posto letto costa mediamente quanto ci costa aumentare di quattro ore per settimana l'apertura di una struttura territoriale all'anno. Vorrei citare una frase bellissima detta da un collaboratore dell'Assessore in Commissione: "Il malato psichiatrico non ha bisogno del posto letto, ha bisogno del letto quando deve andare a dormire ma ha bisogno soprattutto di un intervento integrato".
Poiché la domanda di sanità è una domanda differenziata, noi dobbiamo avere la capacità, se vogliamo ottimizzare la spesa com'è stato detto giustamente nelle linee di piano che lei ci ha consegnato, di dare una risposta differenziata, articolata. Occorre però che questa risposta differenziata, articolata, non venga concepita come una serie di isole che non dialogano fra loro.
Uno dei motivi per cui c'è un eccesso di spesa, in sanità, è proprio perché esistono troppe isole; perché i vari settori della sanità non dialogano fra loro; perché le professioni nella sanità non dialogano fra loro; perché le varie strutture e i vari servizi non dialogano fra loro. Di qui la richiesta, forte, dell'istituzione, dappertutto, del Dipartimento della salute mentale, che sia in grado di concepire una risposta differenziata, ma anche un intervento di carattere integrato; una rete di servizi.
Quindi - per rispondere anche ad alcune posizioni che non sono della DIAPSI a livello nazionale, ma che mi è parso di cogliere nelle posizioni della DIAPSI a livello regionale - non punterei troppo l'accento sulla questione delle strutture e dei posti letto. Le famiglie, com'è stato detto qui, richiedono questo tipo di soluzione quando sono abbandonate, quando non esiste una rete di servizi sul territorio, quando gli ambulatori non sono aperti in modo adeguato, quando il personale non è in quantità e qualità adeguata.
E qui c'è un'altra grande questione che fa parte del Piano socio sanitario regionale: quantità del personale e relativa formazione che deve essere costante. Soltanto se noi sappiamo rispondere non solo in termini quantitativi, ma anche qualitativi, possiamo avere questo tipo di risposta.
La sfida per la nuova sanità è quella di saper coniugare economicità efficienza ed umanizzazione.
Spero fortemente che motivi di bilancio a livello nazionale non inducano il Governo centrale a bloccare le assunzioni - oltrech generalmente nei servizi pubblici, il che in parte potrebbe essere discutibile, ma legittimo - in sanità. Molte delle soluzioni che vanno nella direzione della riduzione della spesa, della maggiore efficienza ed umanizzazione sono proprio basate su un minor numero di strutture, quindi un minore intervento strutturale e un maggiore intervento, invece, di carattere umano, che non può essere svolto soltanto dal personale sanitario, ma deve anche essere integrato con il territorio.
E qui c'è un'altra grande questione che riguarda il Piano sanitario regionale. Secondo me sbagliando parecchio, Assessore, lei ha fatto cancellare il termine "socio" dal titolo del Piano sanitario.
A noi non interessa cosa fanno le altre Regioni. Se è vero che l'intervento sanitario non può essere diviso dall'intervento per il socio assistenziale, in generale - e concordo con il richiamo del Consigliere Peano, quando richiedeva la presenza dell'Assessore Goglio a questo dibattito - sulle questioni della psichiatria, questa integrazione fra il sanitario e il socio-assistenziale è ancora più vera e profonda, e non solo perché chiudendo gli ospedali psichiatrici noi caricheremmo sul socio assistenziale in maniera veramente importante e consistente grandi problemi e quindi necessità di reperimento di risorse, ma anche perché se vogliamo avere un atteggiamento corretto nei confronti del malato psichiatrico, noi dobbiamo porci seriamente il problema, oltreché della cura, della prevenzione e della rieducazione, della riabilitazione. La quale non pu essere fatta, così come l'intervento di tipo domiciliare, prescindendo da un rapporto forte con i servizi socio-assistenziali; così come non possono essere attuati prescindendo da un rapporto forte con le Amministrazioni comunali.
Sempre a proposito di Governo centrale, spero che venga corretto l'attuale indirizzo legislativo che di fatto riduce a livelli minimi la capacità di intervento dei terminali democratici (Consigli comunali Sindaci) sulle questioni della sanità. Pensiamo alla ricaduta che pu avere, sui Comuni, la questione della chiusura degli ex ospedali psichiatrici; pensiamo alle ricadute che ci possono essere per il socio assistenziale, ma pensiamo anche, soprattutto, alla questione dell'integrazione dell'intervento a livello territoriale o alla risoluzione delle grandi questioni; l'obiettivo finale della rieducazione del malato psichiatrico è quello del lavoro.
Tra l'altro, voglio anche segnalare che è stato deliberato da una USL di Torino di riservare una quota di appalti per la fornitura di beni e servizi alle cooperative sociali. Questo potrebbe essere un provvedimento pratico, significativo per quello che riguarda la possibilità e la capacità di intervento.
L'ultima questione riguarda il Piano socio-sanitario regionale: si tratta della struttura dell'Assessorato che viene richiamata dalla questione psichiatria. Bisogna che ci sia una struttura forte a livello di Assessorato in grado di seguire tutto l'evolversi del dibattito. E' giusto e corretto che tra psichiatri continui il dibattito; è giusto che ci sia libertà, ma è giusto anche che ci sia una forte capacità di intervenire per correggere i diversi squilibri territoriali, in alcuni casi fortissimi.
Questo significa che abbiamo bisogno di una struttura assessorile forte; spesso ho criticato l'interventismo dell'Assessore sulle questioni sanitarie. La Regione non è un grosso Comune, quindi non è un organo di gestione, è un organo di programmazione, di indirizzo e di controllo. In particolare nella sanità bisogna stare attenti alla tentazione dell'interventismo rispetto alle singole questioni. Ogni singola questione richiama delle questioni di carattere generale. Bisogna quindi saper governare con interventi di carattere culturale e politico da parte dell'Assessore e con interventi di carattere strutturale ed organizzativo da parte dell'Assessorato.
Bisogna essere assolutamente irremovibili rispetto all'atteggiamento indicato dalla legge n. 180: bisogna liberare il malato psichiatrico.
In genere quando si parla dei matti viene in mente la camicia di forza che è una cosa che serve per legare. Tuttora si utilizzano, purtroppo, le cinghie in moltissime strutture, tra l'altro indispensabile. A proposito della capacità dell'Assessorato, andiamo un po' a vedere cosa succede nelle strutture private, facciamo un'indagine conoscitiva seria e approfondita sulle strutture private, su Villa Cristina, sul Fatebenefratelli.
Sottolineo che ci sono altri modi di "legare"; ad alcuni miei assistiti ho dato l'Haldol; quando poi chiedevo loro come si sentivano, questi mi rispondevano che si sentivano legati.
Quindi se vogliamo fare un bel servizio dobbiamo liberare queste energie, perché il giorno in cui non basteranno più le camicie di forza non basteranno le cinghie e l'Haldol, queste energie si libereranno e potranno anche farlo in modo distruttivo verso la collettività, verso le famiglie o verso se stessi. Se invece noi assecondiamo questa volontà di libertà, stando vicini al malato psichiatrico, facciamo un grosso servizio ai cittadini, alle famiglie e alla nostra cultura di governo.
Volevo infine sottolineare un'urgenza: nell'ambito della Conferenza Stato-Regioni la Regione Piemonte, per problemi di carattere organizzativo mi risulta non essere presente nella Consulta nazionale sulla psichiatria.
Questa è una lacuna da correggere immediatamente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ghiglia.
GHIGLIA Innanzitutto vorrei ringraziare l'Assessore D'Ambrosio e il gruppo di lavoro per aver presentato una relazione sulla psichiatria di questa taratura, soprattutto una relazione infarcita di solido realismo, con una chiara volontà che non so se sia interventista, ma è sicuramente seria e realizzativa. Finalmente! Dopo tanti anni - forse troppi - di disattenzione nei confronti di questo problema da parte degli odierni censori; tanti anni in cui si è parlato molto (e quando si parla molto si fa molto poco). Ed è per questo che oggi la situazione è drammatica, ed è per questo che occorre ringraziare la Giunta e l'Assessore D'Ambrosio per aver tentato di dare una risposta seria, concreta, realizzativa ad un problema tanto complesso, tanto drammatico e di non avere fatto la solita dichiarazione di intenti, magari roboante, sicuramente pietistica e demagogica, ma altrettanto - e i dati oggettivi lo dimostrano assolutamente inutile.
Allora stupisce un po' chi si scalda e si spaventa perché riesce a leggere nella relazione dell'Assessore D'Ambrosio la volontà dell'Assessore stesso e di tutta la Giunta di impedire la discussione tra gli psichiatri.
Nessuno vuole impedire la discussione tra gli psichiatri, però credo...



(Interruzione del Consigliere Chiezzi)



PRESIDENTE

GHIGLIA



PRESIDENTE

Lo so, Consigliere Chiezzi, che lei sa leggere anche i numeri, però se mi lascia completare il ragionamento forse riesce anche a capire le parole.
"Dalla culla alla bara ogni giorno si impara".
Stavo dicendo che mi fa sorridere chi si scalda e si inalbera attribuendo alle parole un'interpretazione letterale, si deve anche arrivare però alla riga successiva. Leggere una sola riga per volta e compiere un ragionamento, Consigliere Chiezzi, può riuscire forse a Rifondazione Comunista, ma nella media è abbastanza difficile; occorre leggere un periodo, un capoverso, una pagina per riuscire a dare un giudizio. Quindi fa sorridere, amaramente, il fatto che si tenti di imbastire un processo alle intenzioni su una relazione che invece finalmente, si propone di "fare". Non si dice in quella relazione - se la si legge attentamente - che bisogna "stoppare" i dibattiti tra gli psichiatri, ci mancherebbe altro. In quella relazione, se la si legge tutta, si dice semplicemente che se devono continuare i dibattiti, gli approfondimenti sulla malattia mentale psichica, come continuano i dibattiti e gli approfondimenti su tutti i tipi di malattie e su tutti i problemi del mondo, occorre anche cominciare a pensare di dare una prima risposta concreta, ed è la stessa differenza che corre tra l'impedire il dibattito e dire che si continua a dibattere, ma finalmente oltre a dibattere si comincia a fare.
Questo è il senso di quella relazione e credo che non leggendola con occhio settario e fazioso non si possa che comprendere questo, perché se ci si ferma a quella riga, veramente io chiedo se l'italiano abbia ancora un significato. Allora mi chiedo come mai in tutti questi anni, in cui la situazione della psichiatria piemontese e in particolar modo torinese è stata lasciata degradare nell'indifferenza molto spesso più assoluta nessuno si sia inalberato: ci si inalbera per una frase e non ci si inalbera per una situazione, anche dove e anche nei Comuni nei quali qualcuno, che poi parla di interventismo eccessivo, ne dimostra molto poco nell'andare a controllare cosa succede, per esempio, nelle locande-lager.
Come mai non ci si preoccupa? Ci si preoccupa per la frase, ma non ci si preoccupa per l'oggetto, perché si fa più sensazione con l'immaginazione che non andando a valutare la realtà del problema e tentare di risolverlo.
Questa è la solita retorica vacua e demagogica con la quale non si affrontano i problemi, ma con la quale si tenta soltanto di demonizzare l'altro attraverso le parole e non attraverso gli atti.
Devo dire, tuttavia, per quanto quest'aula assolutamente non sia sorda che, se non ricordo male, questa relazione era già pronta circa due mesi fa e che due mesi fa parte della minoranza chiese di rinviarne la discussione perché non era pronta - parte della minoranza - sul documento dell'Assessore. Allora mi chiedo: se tanta è l'attenzione, giusta sacrosanta, nei confronti di questo problema, come mai c'è una relazione pronta da due mesi e come mai la discutiamo oggi, colleghi? Visto che il problema era cogente e drammatico, si chiede prima un rinvio, poi per altre cause - sicuramente meno serie - si ottiene un altro rinvio, alla fine si dice "qui c'è l'interventismo, non si vuol fare, si vuole impedire il dibattito".
Io, invece, leggo in maniera del tutto positiva una relazione ed un programma in cui si dice - cito una riga - "che è opportuno garantire livelli minimi alla realizzazione della legge del 1989", quando sicuramente non c'era l'Assessore D'Ambrosio alla sanità e quando sicuramente non c'era questa maggioranza alla Regione Piemonte, "su tutto il territorio regionale". Vi dico che questa, secondo me, è una legge positiva, perché il 1989 correva sette anni fa e se oggi una relazione dice che vuole garantire dei livelli minimi ad una legge di sette anni fa, mi chiedo come mai in questi sette anni chi ha governato non sia riuscito a garantire questi livelli minimi. Per fortuna c'è un programma, che magari sarà minimalistico, secondo la visione di alcuni, che magari sarà interventista secondo la visione di altri, che però si preoccupa quanto meno di garantire dei livelli minimi che qualcun altro si era dimenticato di garantire, con la creazione, anche, di strutture adeguate ed opportune.
Quando un non esperto, come me, ha seguito le Commissioni e ha letto anche le riflessioni delle Associazioni dei parenti dei malati, è rimasto esterrefatto perché ha appreso che neanche in tutte le UU.SS.LL. esiste un ambulatorio per la ricezione dei malati! Ma come? C'è una legge dal 1989! Allora, se un progetto mi dice che per garantire dei livelli minimi di attuazione di quella legge si prevede entro il triennio - e io devo dire che nel settennio precedente non è stato fatto - di aprire un ambulatorio per ogni USL, garantendone l'apertura fino alle 20, per me è una grande realizzazione.
Se mi si dice che anche per quanto riguarda l'attività semiresidenziale per la ricezione diurna e per il day-hospital, si aprirà un centro per ogni Azienda USL, per me è una grande realizzazione, perché oggi non c'è e non mi sembra poco! C'è nell'esigenza, ma non c'è e mi sembra importante.
Quando mi si dice che nel triennio, senza promettere che tutti i soldi della Regione Piemonte vanno spesi in psichiatria, perché nessuno può dirlo realisticamente, ma mi si dice realisticamente che si passerà per l'attività residenziale da 285 posti a 860 posti, ripeto, per me è una grande realizzazione. Quando mi si dice che per l'attività ospedaliera si passerà da 263 posti letto per il trattamento della fase acuta a 430 posti letto, per me è una grande realizzazione. Qui non leggo manie interventistiche né leggo preoccupazioni censorie nei confronti degli esperti e degli psichiatri che vogliono e debbono continuare a dibattere scientificamente, perché questo è importante.
Io ho molto apprezzato, in quasi tutti i punti, anche se poi l'ho richiamato in negativo due volte l'intervento del Consigliere Riggio perché dà una visione anche medica del problema. Ma se gli psichiatri ed i medici debbono continuare a dibattere scientificamente, è inutile, è assurdo, è controproducente, è profondamente sbagliato fare della demagogia da parte di chi scienziato non è e che può avere, come il sottoscritto, una visione politica del problema, che si può basare, se è seria esclusivamente sui fatti reali, ma altrettanto sicuramente non è in grado di andare a discutere in maniera scientifica sulla recuperabilità, sulla prevenzione del disagio psichico, perché non siamo in grado di farlo scientificamente. Per cui, di questi problemi, o si tratta da un punto di vista politico o si parla da un punto di vista scientifico, ma per parlarne da un punto di vista scientifico bisogna esserne in grado, altrimenti si fa della polemica fine a se stessa che su un problema del genere non credo sia molto opportuna.
Mi è piaciuta molto una frase della Consigliera Bortolin, che parlava di "assistenza silenziosa": assistenza silenziosa svolta dalle famiglie dalle Associazioni di volontariato. Tante Associazioni di volontariato operano in molti campi in maniera silenziosa, ma produttiva. Questo ci si deve proporre di aiutare, di integrare, di migliorare, sicuramente però, se la struttura pubblica, se l'Assessorato, se la Giunta riesce a dare una risposta anche in termini effettivi, amministrativi e realizzativi, secondo me questo fatto sarà estremamente positivo.
Concludo ringraziando ancora una volta l'Assessore D'Ambrosio e il gruppo di lavoro. Non mi preoccupo troppo, in questo caso, della forma, se il gruppo di lavoro sia stato creato con una deliberazione, o semplicemente se l'Assessore abbia chiamato attorno ad un tavolo degli esperti; non credo che sia questa la materia del contendere. Se questa è la materia del contendere, il discorso, secondo me, cade un po' dall'alto profilo che dovrebbe avere. Mi preoccupo, invece, del fatto che, in pochissimo tempo un gruppo di lavoro capace sia stato in grado di fare una buona relazione e un programma realistico sul miglioramento di una situazione disastrosa che per troppi anni, al di là di qualche dichiarazione roboante e con tono di voce magari un po' troppo elevato, qualcuno negli anni passati ha lasciato cadere nel dimenticatoio.



PRESIDENTE

La seduta del mattino termina con l'intervento del Consigliere Cavaliere.
Prego, Consigliere Cavaliere.
CAVALIERE Signor Presidente, colleghi Consiglieri, credo che non si tratti qui di fare i tifosi o gli avversari dell'Assessore D'Ambrosio o del suo lavoro ma di confrontarci, nella maniera più impegnata possibile, per cercare di capire cosa il nostro Ente può fare per affrontare uno dei problemi più importanti della nostra società.
La questione che prima richiamava il collega Ghiglia, facendo riferimento a ciò che aveva dichiarato Chiezzi, non credo sia quella centrale, nel senso che l'Assessore ha tentato di uscire dalla competizione ideologica dando un colpo al cerchio e uno alla botte, dicendo: "le cause sono sia organiciste che sociali; andiamo avanti".
Credo che questo sia veramente un problema su cui lasciare confrontare gli esperti, la scienza, gli operatori, anche i malati, possibilmente; ma a noi tocca capire cosa si può fare, capovolgendo il paradigma e partendo dal presupposto che tutte le scuole sono d'accordo nel dire che la malattia mentale va seguita, curata e l'impegno su di essa produce degli effetti.
Lasciamo perdere le cause, lasciamole ad altri consessi, poi occupiamocene anche, perché dobbiamo occuparci anche di queste cose, ma a noi interessa il fatto che intervenire su di essa produce degli effetti benefici agli ammalati, alla società, alle famiglie, a tutti. Dobbiamo partire da questo perché il rovescio del non intervento è la cronicizzazione.
La cronicizzazione è un dolore individuale, è il dolore della famiglia ma è il dolore anche della società, perché la cronicizzazione significa un costo non solo sociale, ma anche economico, immenso.
Reagan ha chiuso i manicomi negli Stati Uniti, non perché era di sinistra, ma perché costavano troppo, nel senso che certe strutture contenitive sono un costo per la società. La cronicizzazione è un costo: secondo me anzitutto sociale - a me preme di più questo! - ma poi anche economico. E questo a noi interessa.
La schizofrenia, ad esempio, è la malattia che più colpisce la nostra regione, in particolare i giovani: è stimato infatti che circa 30/35.000 persone in Piemonte sono toccate da questo problema.
La schizofrenia da tutti era considerata cronica, incurabile. Ora tutte le scuole, ed anche le ricerche più recenti, hanno dimostrato che intervenendo, mentre il 25% dei casi non si riesce a guarire, per il 75% di questi o si riduce la malattia o si guarisce. Questo a noi interessa capire.
Allora cosa bisogna fare? Le risorse: certo, se si potesse investire dieci volte di più o cento volte di più, bisognerebbe farlo! C'è quindi il problema di investire di più e di usare bene le risorse che abbiamo, perch una scelta oculata e saggia delle risorse che già si dispongono pu riuscire a fare qualcosa di più.
Le scelte e gli interventi, soprattutto sulla psichiatria, debbono essere i più vari, i più diffusi sul territorio, perché tutti gli esperti gli psichiatri, gli operatori, coloro che intervengono, hanno bisogno di strumenti duttili per poter dare qualsiasi tipo di risposta. Ma badate: quando un malato, dopo essere stato seguito, comincia ad avere degli strumenti propri per uscirne, le risposte primarie a questo problema sono quelle di tutte le persone: il lavoro, il domicilio, la casa. Alla fine sono questi i problemi che abbiamo.
Il problema che toccava la collega Casari è molto importante perché se certe risorse vengono utilizzate per strutture che in piccolo riproducono la dinamica manicomiale, non riusciremo a dare le risposte dialettiche sul territorio di cui abbiamo bisogno. Inoltre dobbiamo stare attenti che il privato, che pur serve come strumento del pubblico per dare una risposta non prosciughi tutta la spesa pubblica che ci serve per intervenire globalmente.
Si è poi molto enfatizzato un problema vero, serio, grave, brutto come quello delle locande. Problema che è nato anzitutto perché non c'erano risorse per rispondere a quei problemi che dicevo prima.
Le locande sono uno scandalo anzitutto e soprattutto perché si vedono.
Si vede quello scandalo! Gli scandali che invece stanno dietro alle porte o alle doppie porte non si vedono. Quando affrontiamo questo problema dobbiamo vederlo nel quadro, nel panorama, nella storia di cosa è stata la psichiatria in Piemonte. E dobbiamo ricordarci di quando c'erano i bambini legati ai termosifoni di Villa Azzurra! Dobbiamo capire cosa è stata la psichiatria in Piemonte. Anche perché quei bambini di allora sono i cronici di oggi! Queste cose dobbiamo averle ben chiare per capire come si colloca questo grave problema in questa fase e come esistano tante brutture, tanti scandali, tanti lager - lo diceva prima il collega Riggio - magari in tante cliniche "patinate", chiamiamole così.
Chi ha gestito la psichiatria? Collega Ghiglia, in Regione tu sei al governo e in Comune all'opposizione.
Il Comune di Torino, a cui si possono fare tante critiche, è uno dei pochi Comuni che ha applicato la legge n. 61, che è dotata di servizi, che dà un minimo di servizi, non tutti quelli che necessiterebbero, però delle cose sono state fatte.
Credo che qualcuno l'abbia gestita la psichiatria in questi anni. Forse bisognerebbe chiedere ai consulenti dell'ex Assessore Maccari chi ha gestito la psichiatria in questi anni nella nostra Regione. Noi quindi non condanniamo l'Assessore senza concedergli delle chance; aspettiamo di vedere come metterà in pratica gli enunciati.
Abbiamo approntato un ordine del giorno nel quale chiediamo che in quel piano si prevedano alcune cose fondamentali ed indispensabili. Apprendiamo di capire cosa si può fare, cosa l'Assessore farà.
Qual è il limite negativo che cogliamo, ma credo che colga anche l'Assessore? Che vi è poco intreccio tra sanità ed assistenza. Questo problema rischierà di determinare dei grossi limiti ed un approccio solo sanitario che non riuscirà a cogliere tutta la problematica.
C'è bisogno di interventi sanitari, ma c'è soprattutto bisogno di interventi riabilitativi, che sono quelli normali. Diceva il collega Peano di quanto è importante lo strumento del lavoro per riuscire ad intervenire.
Ci vuole molta responsabilità, e voglio ricordarlo al collega Ghiglia.
Quando a Torino si appendono manifesti dove si dice ai genitori delle scuole: "State attenti, perché vogliono fare lavorare nelle scuole i malati di mente", questo non aiuta a risolvere il problema.



PRESIDENTE

Il dibattito sulla psichiatria proseguirà oggi pomeriggio.


Argomento:

Interrogazioni ed interpellanze (annunzio)


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenuti all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,35)



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