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Dettaglio seduta n.40 del 19/02/96 - Legislatura n. VI - Sedute dal 23 aprile 1995 al 15 aprile 2000

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PICCHIONI


Argomento: Norme generali sui trasporti

Interpellanza n. 214 dei Consiglieri Ferraris, Marengo, Farassino Spagnuolo, Chiezzi e Rubatto relativa alle infrastrutture ferroviarie snellimento traffico alpino (ipotesi Sempione e ipotesi Gottardo). Necessità di privilegiare la costruzione della trasversale Sempione e di attivare consultazioni Enti locali interessati


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g. "Interrogazioni ed interpellanze" esaminiamo l'interpellanza n. 214 presentata dai Consiglieri Ferraris Marengo, Farassino, Spagnuolo, Chiezzi e Rubatto.
Risponde l'Assessore Masaracchio.



MASARACCHIO Antonino, Assessore ai trasporti e comunicazioni

In merito all'argomento informo che ho inviato una nota al Ministro dei Trasporti on. Caravale, al Ministro degli Esteri on. Agnelli ed all'avv.
Necci A.D. delle FS, evidenziando l'importanza e l'interesse della Regione Piemonte al potenziamento del valico del Sempione, avendo individuato nell'asse nord-sud, Sempione-Porti Liguri, una direttrice strategica di sviluppo, unitamente all'asse est-ovest Lione-Torino-Venezia.
Tale concetto è stato altresì ripetuto per l'ipotizzata costruzione della linea ferroviaria ad Alta Velocità Genova-Milano, che può trovare il consenso della Regione Piemonte a condizione che sia collocata all'interno del corridoio di collegamento nord-sud tra i Porti Liguri e la Svizzera proprio attraverso il Sempione.
Ricordo, infine, che al momento sono in atto importanti lavori di potenziamento alle linee adduttrici del Sempione, oggetto dell'Accordo di Programma tra lo Stato e la Regione Piemonte (impegno finanziario a carico delle FS circa 95 miliardi).
Appena riceverò la risposta dei Ministri competenti, sarà mia cura informare gli interpellanti; è comunque a loro disposizione la lettera inviata il 10/1/1996 ai Ministri e all'avv. Necci.



PRESIDENTE

Gli interpellanti si ritengono soddisfatti della risposta dell'Assessore.


Argomento: Istruzione e Formazione Professionale: argomenti non sopra specificati

Interpellanza n. 203 dei Consiglieri Chiezzi e Simonetti relativa all'episodio di censura verificatosi alla Scuola Media N. Costa di Pino Torinese


PRESIDENTE

Passiamo ad esaminare l'interpellanza n. 203 presentata dai Consiglieri Chiezzi e Simonetti, cui risponde l'Assessore Leo.



LEO Giampiero, Assessore alla cultura e istruzione

Rispetto a questa interpellanza ho scritto diverse lettere, come richiesto dai Consiglieri, al Provveditore agli Studi ed alla Preside della Scuola Media N. Costa di Pino Torinese. Ho scritto: "A seguito di un'interpellanza di due Consiglieri regionali, ho avuto notizia di quanto sarebbe avvenuto in data 6/10/1995. Dovendo, ai sensi del Regolamento regionale, fornire una risposta in aula consiliare, le scrivo per chiederle maggiori chiarimenti su quanto accaduto per poter correttamente riferire in merito ai Consiglieri che hanno presentato l'interpellanza".
E' inutile dire - del resto i Consiglieri firmatari sono esperti - che non abbiamo un potere di disciplina, di giudizio o di supervisione rispetto a quanto avviene nelle Scuole Statali e legate al Provveditorato; comunque la richiesta è stata tempestivamente inviata alla Preside e per conoscenza anche al Provveditore, per cui ci siamo attivati in questo senso.
Ho a mie mani la risposta della Preside, che dice: "Dò seguito alla vostra richiesta, trasmettendovi stralcio della relazione da me inviata sull'argomento al Provveditore agli Studi lo scorso mese di ottobre.
'Ho avuto notizia dell'accaduto sabato 7 ottobre a mattinata inoltrata quando due giornalisti del quotidiano La Stampa si sono presentati a scuola chiedendo di poter parlare con l'insegnante. Ho così raggiunto l'interessata - impegnata in classe - e, avuta conferma di un suo coinvolgimento in quanto segnalato, l'ho convocata per le ore 8,30 di lunedì 9 per chiarire l'accaduto. La docente ha quindi ultimato l'orario di lezione e chiesto di informare i giornalisti che non avrebbe rilasciato dichiarazioni.
Lunedì, nel corso del colloquio, la prof.ssa T.A. mi ha riferito di essersi fatta consegnare i diari "Smemoranda" da tre alunni della classe prima durante la lezione di venerdì 6 ottobre; di aver strappato alcune pagine del diario dell'alunno B.L. in quanto colme di scritte da lei giudicate 'non decorose' e di avere inoltre incollato altre pagine dello stesso diario e del diario dei compagni T.M. e T.S. in corrispondenza degli inserti interni, a stampa, ritenuti devianti e non compatibili con la scuola.
Richiesta di motivare il suo operato, ha dichiarato di aver considerato la situazione 'pericolosa' e quindi, come educatrice, di aver agito con la stessa prontezza che sarebbe stata necessaria di fronte ad un pericolo per l'incolumità fisica degli alunni.
Ha aggiunto di avere spiegato il suo intervento in classe e di non riconoscersi nel linguaggio riportato dai giornali.
Ho ricordato all'insegnante che, a parte le considerazioni sulle modalità dell'intervento da lei effettuato, i genitori della scuola erano stati lasciati liberi di scegliere il diario scolastico, che la sua intenzione non era stata preannunciata né tanto meno condivisa dal Consiglio di classe. L'ho informata quindi che avrei preso contatto con i genitori interessati e che occorreva nel frattempo astenersi dal ritornare sull'argomento con i ragazzi.
I colloqui con i tre genitori - il signor G.M., che mi pare abbia provveduto a segnalare l'accaduto a tutti, ad eccezione di questa Presidenza, ha il figlio iscritto ad altra classe non coinvolta nell'episodio - si sono svolti nei giorni 9 e 10 c.m.
Due genitori hanno sottolineato di non aver gradito e condiviso le modalità di intervento dell'insegnante, che avrebbe dovuto esporre le proprie riserve direttamente a loro. Riferiscono di aver minimizzato l'episodio con i propri figli, riservandosi di affrontare l'argomento a scuola, alla prima occasione di incontro.
Solo la mamma di L.B. ha confermato di aver aderito alla proposta di pubblicizzare l'episodio, rispondendo di non aver pensato ad avvisare la scuola. Ha ripetuto inoltre quanto riferito dal figlio circa i termini utilizzati dall'insegnante per definire il diario 'sconcio, pornografico comunista'.
Al termine di questi colloqui, ho parlato brevemente - in considerazione dell'età e delle sollecitazioni già subite - con i tre alunni e ho verificato una versione uniforme solo riguardo all'intervento sul diario, all'atteggiamento definito 'arrabbiato' dell'insegnante e all'utilizzo del termine 'sconcio'.
Il Consiglio di classe, riunito in seduta straordinaria il 10 c.m., ha valutato l'intervento non rispondente agli obiettivi educativi concordati e quindi compiuto sotto l'esclusiva responsabilità dell'insegnante. Ha ribadito la facoltà per i genitori di acquistare liberamente il diario scolastico e l'importanza per i ragazzi di acquisire mentalità critica e capacità decisionali grazie ad una progressiva maturazione potenziata dal libero confronto'.
Cordiali saluti".
Personalmente posso solo aggiungere di riconoscermi in queste valutazioni della Preside e del Consiglio d'Istituto.
La relazione, comunque, è a disposizione degli interpellanti; mi permetto di sottolineare che, com'è stato sollecitato, ci siamo prontamente attivati con la Scuola e con il Provveditore e abbiamo svolto il compito che il Consiglio regionale ci aveva assegnato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie, Presidente. Ringrazio l'Assessore per la risposta che comunque, genera notevole preoccupazione, nel senso che i fatti riportati sui giornali sono aderenti alla realtà.
Ci troviamo di fronte ad un comportamento che non ha nulla di educativo. Qui non si mette in discussione la libertà di insegnamento, ma la libertà di insegnamento non coincide con la libertà di effettuare interventi che sfiorano la violenza privata, perché è di questo che si tratta.
Il diario è uno strumento di lavoro dell'alunno, ed un intervento da parte dell'insegnante, che si appropria di un documento privato e lo straccia, è, dal punto di vista educativo, tremendo, nel senso che è un atto di vera e propria violenza.
Ricordiamo tutti l'importanza che ha il diario nella vita scolastica di tutti i giorni di un alunno. Tant'è che lo si sceglie con cura, e ci si scrive sopra tutto quanto, perché è veramente un momento che accompagna la vita dell'alunno per tutto l'arco dell'anno.
Il fatto che ci sia l'autorità scolastica, l'insegnante cioè l'adulto che aiuta a crescere, che viene sul banco, ritira il diario e lo straccia è un atto di violenza grave, è traumatico.
Se l'insegnante ritiene che ci siano nei diari degli alunni dei fatti che non condivide, rientra nella libertà di insegnamento discuterne criticare questo fatto, ma giungere ad un atto di violenza lo ritengo gravissimo.
Chiederei all'Assessore, che vedo condivide il giudizio negativo, un po' edulcorato come può avvenire all'interno del Collegio Docenti del Consiglio d'Istituto, di segnalare questa sua propensione in forma ufficiale, se non l'ha ancora fatto, e non limitarsi a ricevere quanto ha detto il Preside. Eventualmente citando la discussione avvenuta in aula, ed esplicitare per iscritto lo stupore e il rammarico per un gesto che va stigmatizzato nel modo più netto.
Così non si educa, ma si diseduca e si creano dei problemi, anzich risolverli!


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interpellanza n. 159 dei Consiglieri Ferraris, Peano e Saitta relativa alla multinazionale SGS Thompson. Possibile insediamento sue attività volte ad evitare decisioni alternative


PRESIDENTE

Passiamo all'esame dell'interpellanza n. 159 presentata dai Consiglieri Ferraris, Peano e Saitta, cui risponde l'Assessore Masaracchio.



MASARACCHIO Antonino, Assessore al lavoro

Premetto che su questo argomento ho pensato che sarebbe meglio rispondere a braccio, avendo vissuto molto queste due situazioni.
Però è sempre bene evitare che si ufficializzino determinate situazioni, che poi sono le stesse che hanno indotto la stampa a scrivere determinate notizie e i colleghi Consiglieri a rivolgere le loro interpellanze nei termini in cui sono state pensate oltreché estese.
Quindi, mi limito a rispondere, leggendo esattamente ciò che risulta nel rapporto degli uffici, che hanno interferito in questa vicenda piuttosto pesante, che definisco come un tentativo di colonizzazione del nostro territorio, pur rimanendo nell'attesa che le cose si possano risolvere, così come ci si attende per lo sviluppo della nostra economia.
Dopodiché posso dire che, in merito alla questione sollevata dai Consiglieri interpellanti, sull'ipotesi di insediamento in Piemonte della multinazionale Thompson, si ritiene opportuno precisare quanto segue.
I primi contatti con esponenti della società in questione risalgono all'estate scorsa. In quella occasione venivano prospettati in termini assai vaghi e sommariamente gli obiettivi di un progetto.
Qualche accenno alle esigenze di carattere logistico va comunque fatto per quanto riguarda la tipologia dell'area, le superfici, la disponibilità di risorse umane e di infrastrutture.
Nulla di preciso quando si contatta la Regione viene mai offerto quanto meno in termini di programma di investimenti e di possibili risoluzioni degli stessi.
Gli aspetti economici e quelli occupazionali sono parte integrante dell'interesse che la Regione ha subito avuto nel rapporto con la Thompson.
Circa gli aspetti economici, l'intervento ipotizzato si aggira intorno ai 1.300 miliardi circa; per quanto riguarda l'aspetto occupazionale, lo stabilimento a regime dovrebbe garantire un'occupazione di 770 unità.
Sempre in tale documento viene evidenziato un fatto molto rilevante cioè che l'investimento è condizionato dalla disponibilità di incentivi pubblici dell'ordine di un terzo dell'investimento complessivo, ovvero 400 miliardi circa.
Questi sono i dati di sintesi che, pur nella loro concisione, possono comunque consentire di inquadrare il problema nella sua giusta dimensione.
Naturalmente l'Amministrazione regionale ha avviato una serie di approfondimenti sia sulla proposta complessiva sia sulla possibilità di risposta alle esigenze manifestate dalla Thompson.
Tali approfondimenti non possono prescindere da alcune considerazioni preliminari ben note, che è comunque opportuno richiamare almeno per punti.
La Regione non ha competenza diretta in materia di politica industriale. E' pur vero che in questi anni le Regioni, ed il Piemonte in particolare, hanno ampliato di fatto il proprio raggio d'azione in materia di politica industriale, ma sempre nell'ambito di precisi e circoscritti ambiti, quali l'applicazione di regolamenti comunitari o il varo di leggi regionali, ad esempio la legge n. 56/86.
Nell'ambito dei regolamenti comunitari già accennati, e in particolare del Regolamento n. 2081/93 - Obiettivo 2, l'intervento è principalmente rivolto alle piccole e medie industrie, così come individuate da specifiche disposizioni comunitarie e statali (ad esempio, il fatturato non deve superare la soglia di 40 miliardi di lire, e il numero dei dipendenti non può essere superiore ai 250 occupati).
Queste considerazioni fanno emergere in tutta evidenza la difficoltà che incontra un'Amministrazione regionale del centro-nord Italia, quale il Piemonte, a rispondere alle sollecitazioni e richieste come quelle formulate dalla Thompson.
Nonostante lo sfavorevole quadro di partenza, l'Amministrazione regionale su questa, come peraltro su altre analoghe ipotesi di investimento, ha avviato una serie di approfondimenti e di verifiche per individuare sia in ambito regionale sia in ambito nazionale sia in sede comunitaria percorsi utili che consentano l'attivazione congiunta e coordinata di più strumenti, al fine di soddisfare le esigenze manifestate dagli investitori in questione.
Va peraltro sottolineato che la Thompson non si è limitata ad una verifica piemontese, ma ha sondato e sta tuttora vagliando ipotesi localizzative che riguardano non soltanto il territorio nazionale, ma investono l'intero continente europeo.
E' inoltre opportuno rammentare che la Thompson, tra i criteri di selezione delle varie localizzazioni possibili, ritiene principale e decisivo quello dell'entità di aiuti pubblici; solo in subordine vengono presi in esame altri elementi localizzativi, quali la disponibilità di infrastrutture, di personale specializzato ed altre opportunità.
E' intuitivo che, mentre la proposta piemontese può essere molto forte su questi ultimi aspetti, è al contrario relativamente più debole circa l'offerta di aiuti pubblici. Basti considerare al proposito le possibilità ben più ampie che possono offrire aree Obiettivo 1, come nel Mezzogiorno d'Italia o Regioni a Statuto speciale.
Per contro, la Giunta regionale è ben conscia - e con ciò condivide la valutazione degli interpellanti - dell'aspetto economico, produttivo e soprattutto occupazionale che l'investimento in questione potrebbe generare.
Ed è per questo motivo che stiamo approfondendo - sempre che la Thompson lo consenta nei termini giusti del rapporto politico amministrativo che, in questi casi, deve essere tenuto in considerazione tutte le possibili alternative.
Questi approfondimenti sono comunque lunghi e laboriosi e tuttora in corso per una duplice serie di motivazioni.
La prima è che investono più settori regionali (industria, lavoro formazione professionale), più istituzioni (Regioni, Stato e CEE), più strumenti.
La seconda riguarda alcuni specifici strumenti, in particolare leggi agevolative statali, che in questi mesi stanno per essere operativamente messi a punto (ci si riferisce all'applicazione della legge n. 488).
In questi mesi abbiamo mantenuto i necessari contatti con la Thompson per via fax, qualche volta anche per telefono; sulla base di questi contatti possiamo affermare che la decisione definitiva non è ancora stata assunta - attendiamo una risoluzione soprattutto dal dottor Airaghi, che è un dirigente della Finmeccanica - e che l'ipotesi di localizzazione in Piemonte è ancora del tutto aperta. Inoltre la società in questione è attualmente impegnata a mettere a regime investimenti complessi effettuati in questi ultimi anni.
In altri termini vi sono spazi temporali abbastanza ampi che ci consentono di proseguire nell'individuazione dettagliata di un pacchetto articolato di offerte (sempre che la Thompson non abbia già optato per la Francia). Infatti un'opzione l'ha già realizzata (o sta per realizzarla) in Sicilia, a Catania.
E' necessario peraltro ribadire quanto già sopra ricordato, cioè che lo sforzo politico e tecnico, che si sta compiendo per assicurare al Piemonte nuovi e qualificati posti di lavoro, è compiuto con ben altri strumenti a disposizione da altre Amministrazioni locali italiane.
Spero che gli interpellanti siano soddisfatti della mia risposta; se così non fosse, sono disponibile a ribadire i concetti in termini più chiari e precisi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Saitta.



SAITTA Antonino

Signor Presidente e colleghi, non solo siamo insoddisfatti, ma anche profondamente delusi dalle risposte date.
L'Assessore Masaracchio ha dato una risposta molto burocratica e anche credo - imbarazzata; dalla lettura questo è risultato evidente.
La Giunta regionale nel suo complesso si è lasciata sfuggire una grande occasione occupazionale. D'altronde, mi pare di aver capito che la Regione non abbia mai condotto una vera trattativa nei confronti della Thompson.
La risposta data dall'Assessore è stata molto vaga; ha detto: "Ci sono state delle difficoltà, abbiamo fatto degli approfondimenti a diversi livelli". Sarebbe interessante capire a quali livelli sono stati fatti gli approfondimenti, dove, in quale maniera e in quali termini.
Nella realtà concreta, la Regione Piemonte, la Giunta ha rinunciato ad un importante investimento in una zona importante: ha rinunciato a 770 posti di lavoro.
E' evidente che gli strumenti a disposizione sono quelli elencati, ma nulla vieta alla Regione Piemonte, nella sua autonomia, di avviare una trattativa e di decidere di mettere in moto strumenti diversi e più attraenti rispetto ad altri siti.
Quindi, questa occasione è sfuggita totalmente, e l'Assessore l'ha detto, in termini molto superficiali, alla fine del suo intervento: la Thompson ha deciso di localizzarsi in Francia e in Sicilia.
Mi pare veramente singolare che la Giunta, su un problema così importante e relativamente ad una zona così importante come il Canavese, si sia dimostrata incapace di creare occupazione. E' un modo veramente originale con il quale una Giunta dimostra, su un problema concreto, di non essere all'altezza di gestire processi di localizzazione così importanti.
L'Assessore con la sua risposta ha dimostrato concretamente che la Giunta è incapace non soltanto di creare occupazione e nuove occasioni di lavoro, ma riesce anche a lasciarsi sfuggire delle occasioni concrete.
La Giunta regionale si è lasciata sfuggire 770 posti di lavoro per un'incapacità del suo Assessore, della Giunta nel suo complesso e, ritengo anche del suo Presidente, perché non si è detto, perlomeno nella risposta dell'Assessore, se queste trattative sono state realmente condotte ed in quali termini.



PRESIDENTE

La parola ancora all'Assessore Masaracchio.



MASARACCHIO Antonino, Assessore al lavoro

Evidentemente in questo caso si chiede alla Giunta o ad un Assessore di fare una relazione su fatti "orecchiati" per la strada, oppure presi da un'affermazione dell'Assessore, disdicevole per chi si oppone.
Tutto sta nel fatto che quando i giornalisti mi hanno chiesto pressantemente di dare notizie sulla situazione, io ho risposto: top secret. Ho detto top secret per la Thompson, l'ho detto per la Ghertrad.
Tale discrezione è stata per evitare di menar scandalo o comunque di illudere, in un momento occupazionale delicato della Regione, tanta povera gente e nel territorio tanti bravi amministratori che, dalle affermazioni della voce di popolo, potevano aver pensato, e hanno pensato - infatti non mancano reiterate insistenze in tal termine - che la Regione potrebbe concordare con delle grandi aziende per degli insediamenti, onde sfruttare tutto ciò che la legge n. 81 consente.
La risposta è burocratica, non del tutto da me condivisa. Infatti ho detto al dottor Benedetto che non è più tempo di dare risposte burocratiche. Sarà stato lo stile delle altre Giunte, ma per quello che mi riguarda non è lo stile di questa Giunta, non è lo stile dell'Assessore Masaracchio, non è lo stile di un Assessore che appartiene ad Alleanza Nazionale. Così stanno le cose: bisogna dare anche risposte burocratiche onde evitare che insorgano polemiche.
Noi la polemica la facciamo subito: la scorsa estate il dottor Airaghi ha incontrato il Presidente della Giunta Ghigo, il quale, amabilmente e giustamente, mi ha chiamato per essere presente a quella riunione.
Il dottor Airaghi della Finmeccanica prospettava che la Thompson avrebbe potuto cercare di allocare un grosso insediamento nel nord Europa partendo magari dal Piemonte, e un grosso insediamento nel sud, nel napoletano oppure in Sicilia. Ho chiesto quali fossero le ragioni di questa differenziazione di insediamenti; mi ha risposto che nel sud, con l'Obiettivo 1, abbiamo dei grossi abbattimenti finanziari, il 40% degli abbattimenti finanziari, che è tutto denaro regalato. Questo è il risultato dell'incontro che abbiamo avuto con la Ghertrad.
Per quanto riguarda il nord, abbiamo prospettato che tutte le opportunità che può offrire una Regione come il Piemonte potevano essere quantificate, e nella quantificazione avremmo anche potuto dimostrare che l'opportunità di investimenti nel nord è maggiore che non nel sud, a meno che le aziende, facendo finta di voler destinare in tempi brevi i propri investimenti per migliorare la posizione produttiva, creassero un alibi per avere subito denaro, e poi solo nel tempo cercassero di risolvere i problemi.
Abbiamo chiesto un progetto preciso per poter esaminare la pratica, un programma preciso per poter decidere anche politicamente, una lettura esatta dei conti da fare, per capire come avviare la pratica presso i nostri uffici.
La nostra richiesta era per consentirci di avviare, presso l'Unione Europea, tutte le azioni politico-amministrative per favorire l'insediamento. Non c'è stata data alcuna risposta, nonostante le frequenti sollecitazioni telefoniche, visto che i giornali ne avevano parlato proprio alla fine dell'estate scorsa.
L'incontro con il dottor Airaghi è avvenuto nel mese di luglio, e già nel mese di agosto sono apparse reiterate dichiarazioni sui giornali, non certamente da parte nostra. Finalmente sono riuscito ad avere il numero del telefonino del dottor Airaghi e ho potuto parlare direttamente con lui, il quale mi ha garantito, in quel momento, che nell'arco di una settimana avrebbe fatto arrivare alla Regione Piemonte il progetto e il programma generale per gli investimenti.
Dopo una settimana è arrivato un fax nel quale si dichiarava: "Non siamo in condizioni di poter avanzare alcun progetto; non abbiamo un progetto ben preciso da poter sottoporre alla Regione Piemonte".
Dopodiché ho sollecitato il dottor Benedetto, che è il funzionario addetto alla lettura e all'esplicazione di queste pratiche, ad essere molto vicino alla situazione offrendo la massima disponibilità. Ebbene, tutto è stato compiuto nei termini consentiti.
Nel frattempo, apprendevamo che la Thompson andava ad insediarsi nella zona di Catania, superando la prima previsione di insediarsi in Campania, e che molto probabilmente aveva trovato una maggiore utilità di contrattare con la Rhône-Alpes, perché avrebbe potuto impiantare l'insediamento nella zona di Lione. Ci siamo lamentati di tutto questo, e siamo ancora in attesa di un riscontro.
Vi risparmio tutto quello che è accaduto, invece, in termini molto più concreti e pregnanti con la Ghertrad che, da qui ad un mese e mezzo, dopo aver fatto i propri conti finanziari, ci farà sapere se è disponibile a rinunciare ai 40 miliardi di investimento diretto, che aveva chiesto a fondo perduto alla Regione Piemonte, o se invece non è disposta a rinunciarvi.
Non vorrei che anche la Ghertrad andasse a bussare alla porta della vicina Regione valdostana, che, essendo a Statuto speciale, consente gli abbattimenti di capitale che la Regione Piemonte non può assolutamente offrire in questo momento.
La Regione Piemonte non ha 40 miliardi per la Ghertrad, non ha 40 miliardi per la Thompson, al fine di far loro insediare nel nostro territorio le strutture che - oltre ai vantaggi che il Regolamento UE n.
2081 offre alle industrie straniere - potrebbero venire incontro alle nostre esigenze di lavoro.
Certo è scandaloso dire che un Assessore o una Giunta possano trarre vantaggio dalla perdita di posti di lavoro per mallevare o per millantare chissà che cosa!



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Saitta.



SAITTA Antonino

Intervengo solo perché si è aggiunto un elemento nuovo, che conferma l'opinione che ho espresso poco fa. In effetti, Assessore - se ci fosse il Presidente Ghigo mi rivolgerei a lui - un Assessorato che riceve una proposta, da parte di una multinazionale, di 700 posti di lavoro, non lascia gestire un aspetto così importante al funzionario.
Se è un problema di strumenti legislativi insufficienti, noi siamo legislatori, quindi possiamo mettere in piedi meccanismi in grado di dare una risposta. Credo che questo sia un fatto estremamente grave.
A maggior ragione ritengo che le risposte dell'Assessore confermino il giudizio di gestione burocratica dell'Assessorato, di un vantaggio notevole per la Regione.
Credo che in altri tempi, di fronte all'incapacità di un Presidente della Giunta e di un Assessore nel riuscire a fermare una proposta di investimento di 700 posti di lavoro, si sarebbero chieste le dimissioni dell'Assessore.
Credo che l'Assessore dovrebbe avere perlomeno il dubbio di essere stato incapace, anziché venire qui a dire che ha fatto il massimo. E' chiaro che sarebbe stato utile accaparrarsi questo investimento, per bisogna anche muoversi. Non si può avere una gestione e dire che non ci sono strumenti: se così è, se si è incapaci di mettere in piedi altri strumenti, vuol dire che la Regione Piemonte non avrà altre occasioni di investimento così importanti. Credo che l'Assessore - noi non siamo in grado di poter fare questo - dovrebbe dimettersi per essersi dimostrato incapace.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Interrogazione n. 218 dei Consiglieri Peano, Ferraris e Saitta relativa alla programmazione dei servizi socio-sanitari nel territorio comunità locali della Valsesia. Necessità di potenziare le strutture


PRESIDENTE

Passiamo ad esaminare l'interrogazione n. 218 presentata dai Consiglieri Peano, Ferraris e Saitta.
Risponde l'Assessore D'Ambrosio.



D'AMBROSIO Antonio, Assessore alla sanità

Grazie, Presidente. Cortesi colleghi, l'interrogazione in oggetto attualissima tra l'altro per quanto sta succedendo a Varallo, attiene alla sanità in Valsesia e in particolare all'ospedale di Varallo, all'ospedale di Borgosesia e all'emergenza (elisoccorso ed ambulanze medicalizzate) nella zona. Varallo, Borgosesia e Gattinara fanno parte dell'USL n. 11 di Vercelli.
Come è noto ormai a tutti, la legge n. 724/94 prevede che gli ospedali con meno di 120 posti letto plurispecialistici vengano disattivati, ovvero riconvertiti.
A tal proposito debbo comunicare che la multa di 7 miliardi e mezzo paventata per la Regione Piemonte, non ha motivo di essere, innanzitutto perché non si chiuderà nessun ospedale e in secondo luogo perché si è trattato di una minaccia che rientrerà quanto prima.
Recentemente il Governo Dini ha precisato che l'onere finanziario degli ospedali rientranti nelle categorie della legge n. 724/94, che non venissero assoggettati ai provvedimenti indicati dalla legge stessa, sarà interamente assunto dall'Ente Regione. E' quindi oltremodo opportuna la decisione presa dall'Assessorato alla sanità di provvedere in merito. Fermo restando il nostro intendimento di non chiudere neanche un ospedale, non rimane che da percorrere la strada della riconversione funzionale, come si è fatto, appunto, per Varallo.
Qui debbo aprire una parentesi che vale per Varallo, ma ancora di più per Giaveno ed Avigliana, soprattutto in questo momento pre-elettorale durante il quale qualche aspirante deputato o aspirante senatore fa il capopopolo ed aizza, invece di far comprendere al cittadino che alcuni provvedimenti vanno presi nell'interesse della salute pubblica.
Per quanto riguarda le strutture di Giaveno ed Avigliana, d'accordo con i Sindaci delle zone interessate e d'accordo con il Direttore generale abbiamo stabilito che non verranno toccate fino a quando l'ospedale di Rivoli non disporrà dei posti letto al completo, cioè 560. Queste non sono promesse. Per Rivoli sono previsti 10 miliardi sul primo triennio, ex art.
20 della legge n. 67/88; tutto quanto è pronto per partire e ristrutturare tutta un'ala, che solo vista dall'esterno risulta finita. Dall'esterno infatti si vede un ospedale finito, ma dentro c'è solamente lo scheletro: queste sono le cose che avvenivano in passato e che spero non avvengano più in futuro. Comunque, bando alle polemiche.
Nel momento in cui saranno disponibili i 560 posti letto nell'ospedale di Rivoli, è chiaro che per Avigliana e Giaveno si imporrà un discorso serio di riconversione o di accorpamento. Avigliana è a 7 km da Rivoli.
Avigliana non può avere un Pronto Soccorso 24 ore su 24, non può avere questo è il parere del Direttore generale supplente dell'USL - una chirurgia, così come attualmente esiste a Giaveno. E' chiaro che nella programmazione generale bisognerà rivedere il tutto e privilegiare un reparto anziché un altro.
Nella nota presentata al Ministro abbiamo previsto per Avigliana e Giaveno una riconversione in area medica della struttura. A Giaveno stazionerà stabilmente un'ambulanza medicalizzata, che va a sostituire, in realtà, il Pronto Soccorso. Questo Assessorato, così come da accordo di programma con i Direttori generali dell'USL n. 5 e dell'USL n. 11, non ritiene di lasciare in vita gli ospedali di Giaveno e Varallo semplicemente perché sorgono in area montana; tanto meno è possibile prevedere un'ulteriore USL per Varallo o per Giaveno come zone montane, anche perch la stessa richiesta verrebbe immediatamente avanzata da Domodossola e da altre zone montane della regione.
Ritorno a Varallo. Il 27 luglio scorso ho partecipato ad un'assemblea generale, che si svolgeva a Varallo, alla quale erano presenti tutti i Sindaci della zona. Ho qui le richieste poste dai Sindaci: nella convenzione sottoscritta giovedì scorso con la clinica di Veruno, non solo sono state inserite tutte le richieste dei Sindaci, ma la clinica di Veruno svolgerà sui pazienti lungodegenti ed in trattamento riabilitativo (80 posti letto) ricerca scientifica. Vi saranno, altresì, 40 posti di area medica gestiti direttamente dall'USL, per un totale di 120 posti letto, a fronte degli attuali 67. Vi debbo dire che questi 67 posti letto sono oggi perlopiù occupati da ricoveri impropri, con la compiacenza di molti medici di base, ai quali dovrò fare doverosamente un discorso cordiale, ma duro.
E' chiaro che molti medici di Medicina generale preferiscono mandare il paziente in ospedale anche per patologie che potrebbero essere risolte a domicilio. Ma i medici di Medicina generale (ciò anche in seguito alla convenzione stipulata in ambito nazionale e soprattutto per quanto riguarda la convenzione ulteriore che andremo di qui a poco a definire in ambito regionale) debbono sapere che dovranno ritornare a fare appieno il loro dovere di medici e, proprio in collaborazione con gli ospedalieri e con gli specialisti ambulatoriali, fungere da filtro al ricovero ospedaliero.
Giovedì scorso è stata stipulata una convenzione tra l'ospedale di Varallo e la clinica di Veruno. Varallo arriverebbe a 120 posti letti a fronte degli attuali 67, occupati impropriamente, e con un tasso di occupazione (badate bene: ancora più grave!) del 60%. Così Varallo avrebbe 120 posti letto, 80 per riabilitazione neuromotoria e respiratoria con ricerca scientifica; gli altri 40 sarebbero nell'area medica. Ma ciò che è più importante è che a Varallo andremo a sperimentare, per la prima volta un day-service, così come l'analoga proposta avanzata dal Consigliere Riggio per il poliambulatorio di Nichelino, che definirò tra breve anche perché vi è la disponibilità finanziaria. Il day-service avrà in realtà non solo tutti gli ambulatori specialistici, ma anche un day-surgery (gli interventi di piccola chirurgia continueranno ad essere effettuati in tale struttura); un day-hospital medico; un day-hospital oncologico per la cura di malati terminali. In più per Varallo, con deliberazione di Giunta, è stata già deliberata la somma di 1 miliardo e 900 milioni per l'ambulanza medicalizzata, già disponibile, per la cui utilizzazione occorre solamente definire la convenzione con la Croce Rossa.
Per una nuova sanità e per poter iniziare a ragionare in un'ottica diversa, invito i colleghi Consiglieri, ma soprattutto gli amministratori a smetterla con il localismo e con il particulare che hanno caratterizzato la sanità del passato.
Vi aggiungo un piccolo aneddoto. Il Pronto Soccorso di Varallo mediamente accoglie 1,5 persone per notte, perlopiù affette da alcolismo comunque non da patologie serie.
Di fronte a realtà del genere bisognerebbe porsi il quesito: fino a quando è giusto perseguire un obiettivo che in realtà è espressione del tornaconto personale? Noi vogliamo una sanità diversa che, a fronte di spese minori, possa dare servizi migliori per il cittadino, cosa possibile se si razionalizzano le risorse disponibili.
Tra l'altro Varallo dista da Borgosesia appena 14 chilometri. Questo è un altro motivo per cui non possiamo pensare di conservare il suo ospedale semplicemente perché è in un'area montana, né possiamo pensare ad una USL montana.
Queste sono domande che mi vengono poste dai Consiglieri interroganti Peano, Ferraris e Saitta.
Per il nosocomio di Borgosesia è stata già autorizzata la costruzione di locali idonei ad ospitare la TAC. I fondi per la TAC infatti ci sono già, 600 milioni sono regionali, 300 milioni sono stati raccolti dalla popolazione della zona. E' tutto pronto, c'è l'autorizzazione per partire.
Il Presidente della Regione, on. Ghigo, il 6 febbraio u.s. ha firmato il decreto relativo alla TAC, quindi per Borgosesia la TAC è pronta.
Ancora per Borgosesia, i Consiglieri interroganti chiedono di conoscere la situazione per quanto attiene l'Elisoccorso.
Segnalo quanto segue: in data 20/11/1995, la Giunta regionale ha approvato un finanziamento di complessivi 936 milioni di lire per la costruzione dell'elisuperficie e così ripartiti: 615 milioni ricavati da un diverso utilizzo di finanziamenti precedentemente assegnati in conto capitale; 321 milioni di nuovi finanziamenti. Il progetto esecutivo è stato sollecitamente trasmesso al CROP e il 7 febbraio u.s. è stato licenziato con parere favorevole con prescrizioni.
Per quanto riguarda le ambulanze medicalizzate in Valsesia, è già pronta l'ambulanza medicalizzata per Varallo; non si esclude che per la Valsesia ci possa essere un'altra ambulanza medicalizzata.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Peano.



PEANO Piergiorgio

Grazie, Presidente.
Signor Assessore, ci riteniamo soddisfatti per la risposta che ha dato complessivamente sia per quanto riguarda l'ospedale, sia per quanto riguarda i tanti problemi che assillano la sanità anche in quel territorio.
Lei ha voluto ampliare quel discorso ricordando anche altri problemi ed altri ospedali del territorio piemontese; in particolare si è soffermato sulla questione degli ospedali con meno di 120 posti letto.
Nel suo intervento ha anche fatto uno specifico riferimento a situazioni locali dove magari qualcuno ha voluto, in questo momento incrementare proteste o tentare di fare azioni poco riguardose nei suoi confronti o della sanità stessa. Credo che lei si riferisse ad un Sindaco.
Non sono di quel territorio, ma so che il Sindaco di Serravalle ha voluto incatenarsi e fare azioni particolari.
Assessore, noi abbiamo presentato un'interrogazione che voleva soltanto essere chiara e soprattutto rispettosa nei suoi riguardi e con la quale chiedevamo solamente alcuni chiarimenti. Per quanto riguarda la sua risposta, siamo pienamente soddisfatti.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 4) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Botta e Cavaliere.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge vistati dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento: Nomine

d) Nomina dei componenti della Commissione di vigilanza della biblioteca


PRESIDENTE

Comunico che, ai sensi dell'art. 14, comma terzo, del Regolamento interno del Consiglio regionale, a seguito delle designazioni dei Gruppi consiliari e della nota del Presidente della Giunta regionale del 25/1/1996, ho provveduto a nominare quali componenti della Commissione di vigilanza della biblioteca i Consiglieri: Caterina Ferrero (Forza Italia) Marta Minervini (Alleanza Nazionale), Franco Miglietti (PDS) e gli Assessori Pierluigi Gallarini e Giampiero Leo.
La Commissione si è insediata il giorno 5/2/1996.


Argomento: Province

Esame proposta di deliberazione n. 220: "Espressione del parere della Regione Piemonte sull'istituzione della nuova Provincia di Alba-Bra ai sensi della L.R. 2/12/1992 n. 51 e successive modificazioni e della legge 8/6/1990 n. 142"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 220, inserita nel punto 5) all'o.d.g.
Desidero con l'occasione salutare il senatore Zanoletti, i Sindaci di Alba, Demaria, di Bra, Guida e il Presidente del Comitato, Toppino.
Tale proposta di deliberazione recita: "Vista la legge n. 142/90 relativa al riordino degli Enti locali che all'art. 16 disciplina l'iniziativa dei Comuni di cui all'art. 133 della Costituzione vista la L.R. n. 51/92 e successive modificazioni che all'art. 14 titolato 'Coordinamento dell'iniziativa comunale e parere regionale' stabilisce la procedura per il mutamento delle circoscrizioni provinciali e per l'istituzione di una nuova Provincia considerato che con nota del 3/11/1995 il Vicepresidente della Giunta regionale, Assessore agli Enti locali, ha inviato al Presidente del Consiglio regionale una nota relativa all'iter istruttorio compiuto dalla Giunta regionale preso atto che, in base alla citata nota, i tempi dell'iter amministrativo per la richiesta di istituzione della nuova Provincia sono stati: 20/6/1994 prima deliberazione comunale 1/3/1995 raggiungimento del numero di deliberazioni necessarie per formalizzare l'iniziativa (55) aprile 1995 trasmissione a tutti i Comuni cuneesi e alla Provincia di Cuneo della richiesta di parere sulla questione da formularsi entro tre mesi dal ricevimento della richiesta agosto 1995 scadenza ultima della richiesta settembre ed ottobre 1995 verifica dei pareri ricevuti dagli Enti locali, predisposizione dei pareri regionali, predisposizione degli elenchi riepilogativi novembre 1995 comunicazione alla Giunta regionale e trasmissione del materiale al Consiglio vista la documentazione fornita dal Comitato promotore viste le delimitazioni della nuova Provincia contenute negli elaborati del Comitato promotore proposte e riportate su di una carta del Piemonte in scala 1:250.000 che comprendono rispettivamente: la soluzione 1 n. 126 Comuni per un totale di 202.089 abitanti; la soluzione 2 n. 109 Comuni per un totale di 179.254 abitanti considerato che sono stati sentiti tutti i Comuni compresi nella Provincia di Cuneo chiamati ad esprimere un parere sulla delimitazione denominata soluzione 2. Considerato inoltre che dei 109 Comuni interessati da tale soluzione: 29 non si sono espressi, 15 non hanno aderito alla nuova delimitazione proposta, 66 hanno aderito alla nuova soluzione proposta considerato che la gran parte dei Comuni che non hanno aderito o che non si sono espressi gravitano nell'area del Monregalese ritenuto che la nuova Provincia di Alba-Bra: raccoglie e valorizza l'istanza di identità avanzata dai Comuni delle Langhe e del Roero che da sempre rappresentano un'unica realtà geografica economica e sociale nel contesto piemontese offre una rappresentanza istituzionale ad un territorio caratterizzato da dinamiche economiche originali e tali da richiedere forme autonome di rappresentanza e promozione enuclea da una delle più estese Province italiane un territorio avente dimensioni, caratteristiche e popolazione, corrispondenti alle tendenze emergenti nella definizione delle entità sovracomunali preso atto che il Comune di Ceva ha aderito alla proposta condizionandola al mantenimento dell'integrità del territorio del Cebano e della Comunità montana dell'Alta Valle Tanaro, Valle Mongia e Cevetta, in un'unica entità provinciale considerato che la proposta del Comune di Ceva non ha potuto essere verificata con molti dei Comuni interessati, in quanto la Commissione ha valutato che non esistono le condizioni tecniche per dare attuazione, in tempi utili, alla procedura definita dall'art. 14, comma quarto, L.R. n.
51/92 e successive modificazioni preso atto dell'attività istruttoria compiuta dall'VIII Commissione a partire dal 10/11/1995, data di assegnazione dell'argomento che si è articolata in più sedute durante le quali sono state svolte opportune consultazioni integrative il Consiglio regionale delibera di esprimere il proprio parere favorevole all'istituzione di una Provincia denominata Alba-Bra, comprendente i Comuni di cui all'allegato elenco di richiedere al Parlamento che, in sede di esame definitivo della proposta, sia valutata l'ipotesi di comprendere nell'istituenda Provincia i Comuni della Comunità montana Alta Valle Tanaro, Mongia e Cevetta assicurando la continuità territoriale di trasmettere la presente deliberazione, ai sensi e per gli effetti dell'art. 14 della L.R. 2/12/1992 n. 51 e della legge n. 142/90, ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica".
La parola al Presidente dell'VIII Commissione, Consigliere Vindigni.



VINDIGNI Marcello

Mi accingo a questo compito non solo per ragioni istituzionali, legate alla regola secondo cui ogni legge che perviene in Consiglio deve avere un relatore, ma anche con una particolare soddisfazione per il lavoro svolto.
La proposta del Comitato promotore è stata esaminata attentamente dall'VIII Commissione che negli ultimi tre mesi, cioè dal 10 novembre quando le è stato assegnato l'argomento, ha dedicato nove riunioni all'esame. Quindi, un impegno particolarmente rilevante, come tutti possono notare, che scaturisce dall'attenzione che il Consiglio - tramite l'VIII Commissione - presta al problema delle rappresentanze politiche.
Il problema delle rappresentanze nel nostro Paese nasce dalle più recenti tendenze socio-economiche, che tendono a fare emergere i sistemi locali come punti di forza per il rilancio della nostra economia. Problema ampiamente analizzato negli ultimi anni dal CENSIS e dallo CNEL. Inoltre nasce dalla volontà di dare attuazione - nel modo più compiuto - alla legge n. 142 che definisce i criteri e norma le procedure per la formazione di nuove Province, di nuove Comunità montane e delle unioni e fusioni di Comuni. Legge nazionale alla quale la Regione ha cominciato a dare attuazione con l'approvazione della legge n. 51. Come è noto ci sono state ampie consultazioni, dalle quali sono scaturite le seguenti indicazioni: ampio consenso alla proposta da parte dei Comuni dell'area Alba-Bra (le Langhe e i Roeri); richiesta di salvaguardia dell'identità del Monregalese pervenuta dai Comuni compresi nella proposta di provincia e dai Comuni del Monregalese non compresi nella proposta di provincia; raccomandazione dell'inserimento del territorio della Comunità montana Alta Valle Tanaro Mongia e Cevetta in un'unica provincia, avanzata in particolare dal Comune di Ceva.
Purtroppo questa ultima richiesta è pervenuta in "zona Cesarini" e non siamo stati in grado - dovendo operare in termini rigidamente fissati dalla legge regionale - di poter fare la consultazione dei Comuni compresi nella proposta del Comune di Ceva.
Alla luce di tale consultazione, la Commissione a maggioranza propone al Consiglio quanto è stato prima letto dal Presidente e che sommariamente riprendo nei termini essenziali: la costituzione di una Provincia comprendente 75 Comuni delle Langhe e dei Roeri per 152.000 abitanti, a favore della quale si sono espressi 66 Comuni (proprio questa mattina è arrivata l'adesione del Comune di Sommariva Bosco) su 75.
Questo dimostra che la proposta era motivata, sostenuta e supportata da un ampio consenso popolare.
L'enucleazione dalla proposta originaria dei Comuni già facenti parte del Comprensorio di Mondovì e la raccomandazione al Parlamento di valutare l'opportunità di estendere la provincia anche ai Comuni nella Comunità montana Alta Valle Tanaro Mongia e Cevetta garantisce la continuità territoriale.
Sono convinto, l'ho detto in più occasioni e posso dirlo anche in questa circostanza, che la valorizzazione dei sistemi locali costituisce una delle risorse che la nostra Regione può mettere in campo per uscire dalla crisi che la attanaglia. In particolare, i sistemi locali che hanno maggiori dinamiche - e l'Alba-Bra è certamente uno di questi - attraverso una loro valorizzazione, possono consentire di sperimentare metodi ed approcci per governare lo sviluppo, ma anche produrre risorse che, in un quadro di coesione, possano dare beneficio all'intero territorio regionale.
E' proprio con questo spirito che la Commissione ha lavorato; ha concluso i lavori, fornendo al Consiglio una proposta chiara, e ha lavorato guardando al problema non nella sua dimensione localistica, ma come una risorsa per lo sviluppo regionale. E' partendo dalla constatazione di questo buon lavoro - mi si consenta, Presidente, di affermarlo, ma credo sia mio dovere dirlo, anche per riguardo nei confronti dell'impegno dei componenti la Commissione - che possiamo guardare, penso, con speranza ai prossimi impegni che il Consiglio sarà chiamato ad assolvere sul piano istituzionale in attuazione della legge n. 142, rispondendo alle sollecitazioni che arrivano dai sistemi locali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rosso.



ROSSO Roberto

Oggi siamo chiamati ad esprimere il parere sulla nuova Provincia che sarebbe denominata Alba-Bra. C'è stato un lungo iter, durato venti mesi, e questa proposta era giacente da diversi mesi in VIII Commissione.
Solo per riassumere: ci sono 109 Comuni, dei quali 66 hanno risposto favorevolmente, nel senso che aderirebbero alla nuova Provincia); questi 66 Comuni, nella quasi totalità, sono ubicati nei dintorni di Alba e Bra; man mano che ci si allontana da Alba e ci si avvicina a Cuneo, aumentano i Comuni che non si sono espressi, e aumentano anche i Comuni che si sono espressi negativamente, con un totale di 15 Comuni contrari e di 29 che non si sono espressi.
In più sappiamo che l'espressione di questi Comuni è avvenuta tramite deliberazione del Consiglio comunale e che solo 3 o 4 Comuni (quindi una percentuale minima) hanno invece ritenuto opportuno sentire direttamente i cittadini; ricordiamo che il provvedimento di nuova istituzione va ad interessare la popolazione. Inoltre, si sono posti subito i nuovi problemi: il problema della Comunità montana, il problema del Cebano, ecc. Per quanto riguarda il Cebano, questo per parecchi mesi non si è espresso; abbiamo avuto l'espressione di Ceva (tra l'altro direi abbastanza confusa come espressione) solo di recente.
Ritengo che ci sia un gran caos, perché abbiamo interessato i Comuni abbiamo interessato i Sindaci, ma la gente potrebbe non essere informata, e sicuramente non sa quello che è avvenuto in VIII Commissione.
Personalmente ho visto la cartina della nuova Provincia modificarsi di minuto in minuto: arrivavano i Consiglieri a fare i chirurghi (sembrava di stare in Commissione sanità anziché in Commissione VIII), a spostare Comuni dentro o fuori secondo varie ipotesi campate in aria. Alla fine si è deciso di non decidere e di scaricare tutta la responsabilità sul Parlamento.
La Lega, invece, fin dall'inizio aveva proposto una soluzione ottimale l'unica soluzione ovvia: sentire la popolazione dei 109 Comuni interessati.
Un tale referendum consultivo avrebbe ottenuto tre obiettivi: informare la gente, far esprimere il popolo e, qualsiasi fosse stato il risultato sarebbe stato un rafforzativo del risultato nei nostri confronti e nei confronti di Roma. Se si fosse espresso favorevolmente, come avrebbe fatto il Consiglio regionale o il Parlamento ad andare contro la volontà del popolo? Non era possibile.
Esisteva dunque questa soluzione, anche perché è diritto del popolo decidere sul sentimento di appartenenza e d'identità. In questo caso non ci sono solo questioni economiche nella nuova Provincia, ma anche questi sentimenti: i cittadini vogliono veramente staccarsi da Cuneo e diventare albesi? Consigliere Riba, perché non gliel'abbiamo chiesto? Comunque il referendum, fin dalle prime Commissioni, è sempre stato osteggiato dalle altre forze politiche e bocciato sia in Commissione che in Consiglio, con due motivazioni.
La prima è la motivazione del costo. Si sa che quando non si hanno motivazioni sufficienti per bocciare qualcosa, si dice che costa. E' una scusa sempre valida, però i cittadini della nuova Provincia pagano le tasse, e quindi è giusto che abbiano la possibilità di esprimersi. Si è ritenuto invece che non fosse opportuno.
Secondo motivo. In Commissione si diceva che era ingiusto scaricare la decisione al popolo e siccome noi siamo stati eletti dal popolo non era giusto dare la parola al popolo, ma dovevamo decidere noi. Ed in questa deliberazione si scarica il tutto al Parlamento perché non si decide nulla.
Si dice: "75 Comuni sono all'interno di questa Provincia, per un totale di 150 mila abitanti; sappiamo che la legge n. 142 ne consiglia 200 mila e quindi, caro Parlamento, vedi un po' tu che cosa fare, se aggiungere dei Comuni, ecc.".
Questo non è prendere atto delle responsabilità che abbiamo come Consiglieri, questo è scaricare; scaricare, tra l'altro, al Parlamento, e sappiamo bene che più ci si allontana dai problemi, più è difficile conoscerli e risolverli.
E' per questo che noi dicevamo: "Dobbiamo andare alla sorgente, e cioè dai cittadini a chiedere che cosa pensano". Questo però è stato ignorato addirittura si è parlato in Commissione di autodeterminazione.
Ripeto anche in questa sede ciò che avevo detto in Commissione: l'autodeterminazione non è dei Sindaci; l'autodeterminazione è dei popoli quindi dobbiamo chiedere ai popoli, se vogliamo parlare di autodeterminazione.
Si è anche detto, ho letto sui giornali, che la Lega sarebbe contraria alla Provincia. Noi non siamo né contrari né favorevoli; semplicemente non siamo in grado, se non sentiamo i cittadini, di esprimere un parere. Questa è la vera posizione della Lega, e per queste ragioni non parteciperemo alla votazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rubatto.



RUBATTO Pier Luigi

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, Alleanza Pensionati Europei è favorevole alla costituzione della Provincia Alba-Bra.
Già nel convegno sul problema degli anziani nella società rurale svoltosi ad Alba a fine dicembre, avevo ribadito la volontà del nostro Gruppo di dare parere positivo alla realizzazione di questa nuova Provincia.
Oggi come allora credo (lo crede tutto il Movimento Pensionati) che sia di massima utilità decentrare tutti gli interventi amministrativi per rendere i cittadini non solo più compartecipi delle scelte amministrative ma più vicini alle iniziative politiche e sociali compiute da chi essi stessi hanno scelto. Non solo per questo credo che la Provincia di nuova costituzione sia di estremo aiuto alla popolazione, ma anche perché dalla costituzione della stessa trarranno vantaggio il commercio, l'industria l'artigianato, il turismo; ne trarranno vantaggio le famiglie, i giovani gli anziani e anche coloro che, finalmente, non dovranno più percorrere molti chilometri per raggiungere un capoluogo di Provincia distante, nel quale far valere i propri diritti.
Chi dice "no" alla Provincia Alba-Bra non ne conosce il territorio, le attività, le iniziative, ed allora non può rendersi conto delle difficoltà della popolazione nel trovarsi un capoluogo, Cuneo, distante rispetto a tutti i Comuni della zona.
Quindi, nel rispetto della popolazione locale, dei Consigli comunali delle organizzazioni sociali di categoria, mi sento di dare voto favorevole alla costituzione della Provincia Alba-Bra.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non dobbiamo, con il nostro voto, bloccare quanto, con tanta forza e coraggio, hanno desiderato e voluto le popolazioni locali. Anzi, dobbiamo valutare queste scelte, che sono scelte di maggioranze locali, di culture locali, di una popolazione che vive il quotidiano a contatto con le realtà della zona.
Non possiamo che avallare queste scelte che, in maggioranza, sono favorevoli alla costituzione della nuova Provincia Alba-Bra, chiedendo che il Consiglio regionale ed il Governo si attivino con la massima tempestività per la conclusione delle procedure in modo da avere finalmente, la nuova Provincia funzionante in brevissimo tempo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Riba.



RIBA Lido

Presidente, colleghi, per fortuna il problema della Provincia di Alba ha avuto più spazio e più opportunità di dibattito in questa sede di quanto, a suo tempo, ne ebbero le altre istituzioni di nuove Province.
Questo è importante soprattutto in relazione al fatto che al Consiglio regionale - per la realtà locale le considerazioni da fare sono anche altre vorrei essenzialmente far rilevare il problema del riordino istituzionale del Piemonte che, con l'istituzione di nuove Province - e con questa fanno tre - viene a determinarsi e che costituisce materiale di forte rilevanza politica, culturale e di indirizzo.
Per quanto riguarda il riordino istituzionale del Piemonte, anche se i colleghi di Alleanza Nazionale forse per sottolineare la loro discontinuità con il passato non lo vogliono più conoscere, devo ricordare, anche a merito di quello che fu fatto, che la Provincia di Asti fu istituita con Regio Decreto 1/4/1935 n. 297 con decorrenza 15/4/1935. Quindi, il riordino istituzionale, di fatto, cominciò da lì. C'è chi dice che la cosa aveva soprattutto un intendimento punitivo nei confronti della Provincia di Alessandria, ma probabilmente questo agli atti non risulta.
Risulta, invece, la lungimiranza nel costituire la Provincia di Asti che poi si è qualificata.
Successivamente abbiamo avuto nel 1976 - ne conoscemmo tutti la significativa portata in positivo - il tentativo di riordino istituzionale studiato dall'allora Consiglio regionale, che portò all'istituzione dei 15 Comprensori del Piemonte. Bisogna dire che questi 15 Comprensori in parte rappresentavano l'aspirazione matura all'autonomia di una serie di territori, che si configuravano come organizzazioni autonome.
In questo caso spero che il collega Montabone non mi accuserà di localismo provinciale se mi riferisco, in modo particolare, ai territori della Provincia di Cuneo. E' soltanto per non ampliare e disperdere il discorso.
Voglio ricordare che in quei 15 Comprensori relativamente alla Provincia di Cuneo, uno era il Comprensorio di Alba-Bra (la Provincia di Alba-Bra), gli altri erano 3 Comprensori siti nell'asse del fondo valle (Mondovì, Cuneo e Saluzzo).
C'era, in sostanza, in quella organizzazione la Provincia alpina, di cui molto si è discusso, che aggregò i suoi territori pianeggianti fino a Fossano e Savigliano, che sono i normali bacini di raccordo e di raccolta dell'organizzazione economica e geografica alpina, e poi c'era il territorio di Alba-Bra, che costituiva una Provincia.
Proseguendo nella riorganizzazione bisogna ricordare che la Giunta allora di centro-sinistra, intese segnare la differenza della propria visione istituzionale, eliminando i Comprensori, ma non si poteva contemporaneamente eliminare il livello di autonomia che era accresciuta nelle cose e che si era formata storicamente. Alcuni Comprensori, che rappresentavano degli elementi meno significativi dal punto di vista storico ed economico, hanno accettato la situazione. Altri sono evoluti nel concetto di Provincia. Questo è valso per il Verbano e per il Biellese, ma non valse nell'immediato per l'Albese per delle ragioni che sarebbe riduttivo richiamare.
Vorrei ricordare inoltre che il mio partito aveva avviato, nel 1979, un referendum, e si avviò il Comprensorio albese. Perdemmo così il treno dell'istituzione delle nuove Province.
Vorrei far rilevare che agli atti del Parlamento sono depositate le proposte di costituzione, ad esempio quella di Alba-Bra, che voglio considerare, ai sensi del percorso seguito in Commissione, approvata.
Sono in attesa di approvazione le Province di Bassano del Grappa Barletta, Fermo, Chiavari, Castrovillari, Avezzano-Sulmona e Alba-Bra. Di Casale non si parla, perché è un'iniziativa che deve essere democraticamente assunta sul piano locale, e trattandosi di alessandrini non vorrei interferire, né vorrei fosse considerata, dal punto di vista del bacino, a livello del territorio di cui stiamo discutendo.
E' chiaro che la Provincia di Alba-Bra verrà costituita a livello governativo o seguirà il percorso di questi nuovi territori.
Tutti sanno che se citate Bassano del Grappa non sapete nemmeno di quale Provincia fa parte, perché Bassano del Grappa ha 50 mila abitanti ed un hinterland di 150 mila; quindi, è di per sé un'aggregazione.
Quando si parla di Alba fuori dal territorio piemontese, credo che qualcuno possa pensare che Cuneo sia nella Provincia di Alba-Bra, e raramente si pensa ad Alba-Bra come elemento di un'altra Provincia. Ho accentuato un po' la questione, ma è per il richiamo all'autonoma immagine di questo tipo di territorio.
Di fronte a questo, c'è chi lo vede come un percorso. Io lo voglio vedere come un percorso, Presidente Ghigo, Assessore e Vicepresidente Majorino, perché comunque rispetto ad un percorso istituzionale, ad un riordino delle istituzioni sottordinato alla Regione in Piemonte, bisogna porre mano.
Questa è la legge n. 142; le competenze sono notevolmente cambiate, la Regione dovrebbe governare e questo significa legiferare, programmare e controllare a livello di monitoraggi e banche dati, non fiscalmente.
Quindi, i compiti delle Province cambiano notevolmente in termini di attribuzione, di funzione e di deleghe, e le relative dimensioni territoriali dovrebbero essere quelle che ne conseguono.
Vorrei ricordare, inoltre, come l'operazione che qualcuno vuole presentare come la fuga di un territorio più evoluto - ma questo non dovrebbe imbarazzare gli amici della Lega - e il fatto di aprire il percorso istituzionale organizzativo per creare il massimo di spinta possibile da parte di un'istituzione per il progresso del suo territorio e della sua comunità, non sia altro che un atto di alta responsabilità e con nessun elemento di propaganda o di egoismo.
Vorrei in altra sede richiamare l'operazione dei Paesi Baschi per fare qualche annotazione di merito, ma non è all'argomento di oggi. Comunque i Paesi Baschi comprano i servizi dallo Stato e li pagano loro, e pare che il saldo sia problematico anche per regioni significative come San Sebastian ma questo non è l'argomento di oggi.
Mi sembrano, quindi, ancora più difficilmente spiegabili le ragioni di una parte di cuneesi - non li cito per nome, anche se sarei tentato, ma posso citare il Presidente della Camera di Commercio, per esempio - che si stracciano le vesti di fronte a questa situazione, peggio di come fece Giorgio III quando perse la colonia degli Stati Uniti d'America - poi l'Inghilterra dopo un po' di tempo ha ricostruito i suoi rapporti con gli Stati Uniti. E' la disunione di un territorio che rimane quello che era tratteggiato dalla storia e dall'organizzazione per comprensori.
Capisco anche la battaglia e l'aspirazione dei monregalesi, perché in una situazione di vivacità politica complessa suscitata da conflitti e differenze non di poco conto e da personaggi di un certo livello, locale e nazionale, quella situazione territoriale, economica e storica del Monregalese si trasforma in un'aspirazione all'autonomia - cosa che non avviene nel Saluzzese, che pure ha le stesse caratteristiche, perch l'elemento soggettivo è inferiore, ma la storia dell'evoluzione istituzionale delle comunità nazionali, internazionali, locali all'interno dei territori statali è una storia che riguarda anche il fatto logico e storico, il fatto geografico, economico, culturale ed umano che le ha contraddistinte.
E' quindi legittima la questione posta dal Monregalese, ma se proponete di ritornare in Piemonte a 15 Comprensori, dato che con questo andremmo a 9 Province, non mi trovate contrario.
Si tratterebbe di rimeditare l'impianto istituzionale del Piemonte per il Consiglio regionale; questa è la discussione, non è un po' più in qua o un po' più in là, non è la questione del referendum - seppur legittimo, non è assolutamente una polemica - ma è come ci si porrebbe nei confronti del referendum. Perché se a Cuneo si dice: "Siamo una Provincia che conta poco" così è stato detto - "diventeremo una Provincia che conta niente", io posso dire che il poco e il niente si possono tranquillamente sommare e riutilizzare, perché in realtà riguardo alle realizzazioni, all'Università al decentramento di funzioni rispetto alle comunicazioni, ecc., il territorio del Cuneese continua a contare significativamente poco.
E' dovuto correre in soccorso la scorsa settimana il Presidente Ghigo dicendo: "Prenderemo in mano la questione della viabilità, dei trafori, la assumeremo, ma intanto arriviamo seguendo molte altre cose".
Cosa gli si toglie? Caso mai il problema di riorganizzare un quadro di istituzioni che rappresentino non più tanto le storiche sette sorelle, ma questa nuova condizione istituzionale.
Quindi, mi pare che oggi noi, nell'ambito di un processo suscitato dalla logica situazione evolutasi a livello locale, proponiamo in qualche maniera un altro tassello del riordino istituzionale del Piemonte. Certo sarebbe auspicabile che, al posto delle incertezze di alcuni elementi, che sembrano concessivi rispetto ad un'aspirazione politica con tutti gli elementi che ne conseguono in termini di rapporti, di relazioni, lo assumessimo come un ulteriore elemento di riorganizzazione del Piemonte e che studiassimo la situazione.
Applicare la legge n. 142 significa questo, cioè dare una risposta positiva alla costituzione della Provincia di Alba-Bra.
Vorrei poi esprimere un elemento di apprezzamento per il lavoro della Commissione, per la conduzione, per il ruolo svolto in quel contesto dalla Giunta. C'è stato un forte lavoro di perfezionamento anche dal punto di vista della capacità di trasformare questo percorso, magari in un modo un po' affannoso, in un ragionamento sulla riorganizzazione istituzionale, e da questo è conseguito il ragionamento sul territorio di Ceva e del Cebano.
La ragione per cui Ceva ha chiesto - trattandosi di un territorio storico del Monregalese - l'aggregazione a questa nuova entità, sottolinea la necessità per i territori di trovarsi in un ruolo di maggiore rappresentanza e funzione, cosa che non può garantire un territorio lontano non capoluogo, in cui sono istituite le funzioni di carattere provinciale.
Ed è bene che oggi il Consiglio ponga la questione del Cebano in termini di proposta di ipotesi e non di forzatura.
Ritengo che se avessimo detto: "Compreso il Cebano, perché bisogna arrivare a 200 mila abitanti in quanto è una questione aritmetica e non una questione istituzionale e politica", avremmo creato tutti quegli elementi per una reazione rispetto ad un comportamento coattivo.
Ponendola così creiamo le condizioni affinché il ragionamento si sviluppi e ci sia un'autodeterminazione in quella direzione, perché c'è una razionalità, sono i paesi del Tanaro, è una serie di elementi che legano l'economia, sono elementi che, con un po' di evoluzione nel processo di organizzazione delle infrastrutture, diventeranno anche territori legati da un sistema di comunicazione.
Per cui, a conclusione, esprimo il parere del tutto favorevole del nostro Gruppo alla proposta di deliberazione illustrata dal Presidente della Commissione, Vindigni, e auspico che la nuova Provincia sia seguita sia vissuta nella sua fase di istituzione negli elementi che emergeranno a conforto e a coronamento di un lungo e razionale lavoro. Sia vissuta non tanto come l'elemento di un pezzo di territorio che si stacca nella sua evoluzione istituzionale, ma come l'ulteriore fase di un'evoluzione istituzionale della nostra Regione, alla quale dovremmo ancora lavorare in modo più organico e strategico nel corso della legislatura.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere. Voglio salutare nel frattempo i numerosi Amministratori presenti in Sala Morando, scusandomi con loro per il fatto di non poterli ospitare, data la capienza, nella sala consiliare.
Saluto per tutti il Sindaco di Cortemilia, ricordando che il Consiglio regionale sarà ad Alba il giorno 27 prossimo per discutere il problema dell'ACNA.
La parola al Consigliere Toselli.



TOSELLI Francesco

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, lo spazio di tempo di appena tre mesi, per approfondirne la conoscenza e lo studio, è stato insufficiente per un problema così complesso che forse meritava un più lungo percorso. Percorso che i promotori della Provincia Alba-Bra hanno coltivato e studiato, occorre ammetterlo, non solo con determinazione, ma anche con una profonda conoscenza del territorio e delle leggi istitutive.
In tre anni hanno fatto crescere le motivazioni, suffragandole con studi, con impegno costante per non dire caparbio.
A questo punto occorre un breve excursus dell'iniziativa, che vede il territorio Alba-Bra dipanarsi intorno a queste due cittadine piemontesi piene di operosità e di iniziativa, che hanno cercato un confronto con Cuneo, la provincia-madre che assomma problemi da tempo non risolti e ancora lontani da una risoluzione che copra gli interessi di questa vasta zona, il Cuneese compreso.
Gli albesi e i braidesi si sono chiesti che cosa potevano fare in concreto per lo sviluppo economico, industriale, commerciale, artigianale e turistico della loro zona, in grande crescita rispetto alla restante parte della Provincia.
Già le Amministrazioni locali si erano impegnate in vari modi per raccogliere, trasformare, produrre iniziative atte alla soluzione dei problemi immediati, ma occorrevano prospettive di più largo respiro, non solo quelle del decentramento dei servizi, ma di infrastruttura e struttura: le comunicazioni, l'ambiente, il turismo. Quest'ultimo poi ha assunto connotazioni di rilevanza diverse da quelle del resto della Provincia. Le istituzioni cuneesi sono infatti orientate ad un progetto transfrontaliero che se non esclude quest'opera non la coinvolge.
La diversità sociale, economica e culturale tra i due settori unitamente a queste carenze sul piano politico, hanno creato una crescente richiesta di autonomia.
La Provincia di Cuneo, molto vasta, assomma problematiche diverse, con dispersione, quindi, di risorse nel campo della pubblica amministrazione e nel sostegno economico delle iniziative sul territorio.
Il Comitato promotore, coltivando idee e progetti ed avvalendosi dell'opportunità della legge nazionale n. 142/90 e di quella regionale n.
51, ha offerto alle Amministrazioni di quel comprensorio prospettive diverse da quelle del passato.
La teorizzazione di una Provincia leggera, cioè una Provincia più vicina ai cittadini, un nuovo ente che amministri secondo criteri territoriali, è stata un'idea vincente. Purtroppo, infatti, la struttura burocratica pubblica a tutti i livelli è sempre più pesante ed inefficiente, muovendosi con ritmi lontani dalle esigenze della vita moderna.
Il caso di Alba-Bra è emblematico; il formidabile genius loci espresso in mille iniziative trainanti, non solo di quest'area, ma del Monferrato di parte dell'Alessandrino e anche dell'entroterra ligure, va riconosciuto tanto che si parla di una regione mancata: la "Borgogna d'Italia".
Lo stesso Consiglio provinciale ha riconosciuto la forza di questa omogeneità territoriale. L'VIII Commissione l'ha ribadita, dopo averla accertata con ripetute pubbliche audizioni e la consultazione delle Amministrazioni interessate. Ha lasciato aperto il problema dei confini per non creare traumi, in attesa che un sereno confronto riesca a superare le contrapposizioni.
Emerge chiaro che non si è trattato di una secessione, ma di una richiesta di autonomia che ritengo proficua anche per la parte restante della Provincia. Se ne vedono già le prime avvisaglie. La città di Cuneo istituisce la "Cuneo Eventi", sulla falsariga delle società consortili tra il pubblico e privato che stanno affermandosi nell'area albese-braidese.
Mondovì riscopre il suo ruolo di città leader di un vasto territorio.
Savigliano, Fossano e Saluzzo con Amministrazioni comunali illuminate stanno dando vita ad iniziative di ampio respiro rispetto al passato.
Cari colleghi, mi sia concesso un augurio: vorrei che questa novità venisse vissuta senza contrapposizioni, senza fondamentalismi, come è nata e cresciuta quest'idea, non contro Cuneo, ma quale sistema di governo locale moderno ed efficiente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Deorsola.



DEORSOLA Sergio

Un breve intervento, perché abbiamo già ampiamente illustrato la nostra posizione in sede di Commissione.
Il nostro orientamento è positivo, cioè favorevole all'istituzione della nuova Provincia. Una Provincia che, con le difficoltà che ha incontrato nell'ottenere i consensi di una zona marginale dell'istituendo territorio, ha comunque una validità sia di riferimento economico sia di struttura sociale-economica.
Il nostro voto è pertanto favorevole all'istituzione della nuova Provincia, in linea con l'orientamento del nostro partito in sede locale.
L'istituzione di una nuova Provincia, nell'ottica di una ristrutturazione istituzionale della nostra Regione, ma anche rispetto al discorso più ampio delle altre Regioni, è da considerarsi un fatto positivo quando le condizioni sono quelle presenti nel territorio considerato.
Il nostro augurio, pertanto, è che la proposta possa ottenere anche l'approvazione delle autorità superiori.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Saitta.



SAITTA Antonino

Signor Presidente, abbiamo già avuto modo di esprimere opinione favorevole all'istituzione della Provincia Alba-Bra la volta scorsa, quando si è discusso della proroga per giungere ad una decisione definitiva.
Intervengo soltanto per confermare l'opinione favorevole, rafforzata dal lavoro svolto in questi mesi dalla Commissione che, con successive consultazioni, è giunta ad una proposta definitiva che è la più aderente alle richieste delle Amministrazioni locali. Questo è un fatto positivo.
L'adesione espressa dalle comunità locali tramite gli amministratori ed i Sindaci è un fatto positivo. Si sarebbe potuta seguire la strada del referendum, strada suggerita dalla Lega, ma non abbiamo colto il suggerimento per più motivi: innanzitutto perché è una strada costosa, non ricordo più se si parlava di due miliardi e mezzo o tre, ma oltre all'aspetto economico - che è importante per il bilancio regionale riteniamo che ciò che esprimono gli amministratori locali e i Sindaci sia l'espressione delle comunità locali. Essendo questi rappresentanti eletti dal popolo, se dovessero esprimere delle opinioni diverse rispetto alle esigenze della loro comunità, sicuramente pagherebbero in termini elettorali. Quindi, abbiamo la certezza che ciò che esprimono è fortemente aderente alle esigenze delle comunità locali; d'altronde mi pare abbastanza evidente, da ciò che è stato espresso in Commissione e nelle consultazioni che la richiesta dell'istituzione della nuova Provincia Alba-Bra non è fittizia, ma corrisponde al fatto che quella è una realtà omogenea: dal punto di vista economico e dal punto di vista sociale risponde all'esigenza di dare corpo ad una realtà territoriale che ha due velocità all'interno della Provincia. Istituendo una nuova Provincia, quando sarà, occorrerà fare anche un'altra riflessione; non bisogna illudersi, bisogna essere molto realisti. L'istituzione di una Provincia non vuol dire la soluzione dei problemi, vuol dire, forse, avere a disposizione più strumenti per risolvere alcuni problemi e per dare voce ad una domanda economica, sociale e culturale. Questo lo dico perché esiste una grandissima confusione dal punto di vista istituzionale. E' stata ribadita, nei precedenti interventi la necessità di un riordino istituzionale, che non vuol dire soltanto istituzione di nuove Province; vuol dire anche pensare, in termini seri e più precisi, che cosa vorrebbe dire "federalismo oggi", e come sia possibile conciliare esigenze di nuove aggregazioni territoriali dal punto di vista economico e sociale con esigenze, altrettanto importanti, di sussidiarietà e di dare una risposta alle zone più deboli delle aree territoriali regionali.
Credo che le speranze degli amministratori dell'istituenda Provincia Alba-Bra potranno avere una risposta se, per quanto ci riguarda come Regione, mettiamo veramente mano al trasferimento di deleghe e di competenze alle Province. Questo deve avvenire, altrimenti rischiamo di continuare a creare Province deboli. E questo non è un fatto positivo.
Invece se alle Province trasferiamo competenze che sono della Regione credo abbia senso continuare con questo processo di decentramento. Ma questo richiede una decisione importante della Regione, che non vuol dire decentramento delle funzioni: vuol dire trasferimento di funzioni. Non si tratta di costituire degli uffici periferici regionali, come ogni tanto abbiamo inteso dalle parole del Presidente Ghigo e da parte del Vicepresidente del Consiglio regionale. Significa delegare delle funzioni per le quali la Regione assume un ruolo di coordinamento da svolgere innanzitutto attraverso una programmazione, in modo che le Province abbiano tutte una stessa voce e uno stesso peso, indipendentemente dal peso elettorale che hanno in un certo momento. Vuol dire dotarsi, ad esempio, di un piano territoriale di coordinamento con il quale le grandi infrastrutture trovino una risposta, perché non è neppure vero - questo lo dico per evitare illusioni - che istituendo le nuove Province sia possibile creare nuove infrastrutture che richiedono grandi investimenti. I grandi investimenti richiedono una decisione regionale, una grande capacità di coordinamento di investimenti regionali, statali, privati e locali; ma questo lo si può fare soltanto attraverso la Regione. Lo dico quindi ai colleghi attuali e agli ex colleghi, in quanto non dimentico mai di essere stato Sindaco, e lo dico agli amministratori che non debbono, in questo senso, illudersi.
Istituire una nuova Provincia vuol dire assumere un ruolo diverso uscire da una logica puramente comunale ed entrare in una logica di tipo sovracomunale e la più possibile aperta. Se questo è lo spirito - come sono convinto - che anima gli amministratori, credo che la Provincia Alba-Bra sarà utile per tutto il Piemonte e sarà utile per la Regione.
Assumendo quindi una decisione favorevole - che mi auguro la più condivisa possibile - dobbiamo anche assumerci l'impegno di procedere al riordino istituzionale, che dobbiamo iniziare a fare con il trasferimento di alcune funzioni che non ha senso che siano mantenute a livello regionale, e dando corpo al Piano territoriale regionale giacente che deve essere approvato; non è un piano che dà delle imposizioni, ma è un piano di coordinamento. Se questo avverrà, credo che oggi assumiamo una decisione sicuramente utile.
Se questo invece non saremo in grado di farlo, credo che l'istituzione della Provincia Alba-Bra sicuramente risponde ad una domanda, che però non troverà delle risposte concrete rispetto alle questioni poste. Grazie.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Spagnuolo.



SPAGNUOLO Carla

Grazie, Presidente. Questa discussione istituzionale viene oggi ai lavori dell'aula, e credo che la decisione, che prenderà oggi il Consiglio regionale, vada inquadrata all'interno di una progettualità e di un riordino istituzionale dell'intero Piemonte.
In questo senso, quindi, riteniamo positivo il percorso istituzionale che oggi prenderà l'avvio ufficiale con il voto che ci sarà a livello regionale.
Dobbiamo dare, prima di tutto, una valutazione positiva di come si sono sviluppati i percorsi politici ed istituzionali che hanno caratterizzato il lavoro dei Comuni interessati, delle istituzioni locali interessate, che tutto sommato, hanno risposto positivamente ad un lavoro che non ha soltanto dei risvolti istituzionali, ma anche di carattere economico sociale e culturale che sono già stati richiamati.
L'istituenda Provincia di Alba-Bra risponde non soltanto ad una volontà popolare di lunga data e di lunga tradizione, ma anche ad una omogeneità di quei profili che ho voluto richiamare e che caratterizzano un determinato territorio in modo originale ed anche particolare rispetto ad altre comunità del Piemonte.
Si tratta quindi di riconoscere un'identità territoriale, culturale ed economica che oggettivamente esiste. Si tratta poi di fare un lavoro di approfondimento ulteriore, e noi domandiamo che sia il Parlamento ad esaminare ulteriormente tutto quello che riguarda l'area del Cebano.
Credo che i lavori svoltisi in Commissione abbiano rispettato le volontà degli Enti locali e le identità territoriali.
Penso che bene abbia fatto la Commissione a muoversi con approfondimenti di carattere successivo, non soltanto legati agli orientamenti e alla volontà dell'Albese e del Braidese, ma cercando di conoscere e soprattutto di fare esprimere le volontà del territorio Cebano e della Comunità montana con l'approfondimento che, ripeto, il Parlamento ulteriormente potrà fare.
Per limitarmi ad una breve dichiarazione di voto e per stare nei termini della dichiarazione di voto, credo che come Consiglio regionale non dobbiamo limitarci soltanto ad una dichiarazione di volontà e di un parere favorevole, ma che il Consiglio regionale debba esprimersi ulteriormente su altri due punti che il dibattito ha già richiamato. Da un lato, quello di favorire con l'operatività, con i provvedimenti deliberativi e legislativi che saranno necessari, lo sviluppo di questa Provincia.
Il punto non è soltanto quello di assecondare un percorso politico ed una volontà politica, ma anche quello di pensare ad un piano di sviluppo e a tutta una legislazione regionale per la parte economica, turistica culturale, che vada nella direzione del sostegno di questa Provincia.
Questo sarà un compito nostro.
Inoltre penso ai profili di carattere occupazionale, ma, per questa Provincia, penso soprattutto all'importante intreccio tra cultura e turismo, intreccio del quale, nella zona che ha costruito questa immagine dell'Albese, già i Sindaci e le Amministrazioni locali sono stati maestri.
E noi dobbiamo, con una legislazione opportuna, ulteriormente favorirli.
Esiste poi tutto il sistema delle deleghe che andrà a completare la volontà che esprimiamo. Infatti, la volontà che esprimiamo non deve essere un fatto che si limita oggi ad un parere favorevole su un provvedimento deliberativo, ma deve essere rappresentata da una serie di iniziative che valorizzino il territorio, le strutture, e il tessuto economico che già esiste e che è un vanto del Piemonte nel mondo, e che quindi dobbiamo ulteriormente sostenere.
L'altro punto è legato alle deleghe di funzioni che, per tutto il Piemonte, devono essere realizzate da parte della Giunta regionale, non solo con una delega di funzioni, ma anche con un'idonea delega di personale e di aspetti di carattere finanziario.
Con questo corredo di volontà politica - che dovrà seguire il Piano regionale di sviluppo, l'individuazione di una legislazione ad hoc di sostegno nei campi che ho ricordato e anche in altri, con una progettualità interdisciplinare da parte della Giunta ed un sistema di deleghe opportuno oggi assumiamo un provvedimento di espressione di parere, che diventa anche un insieme di espressioni di volontà politiche di governo del territorio piemontese.
Per questo dobbiamo ringraziare anche i Comuni e la Provincia relativa che ha assunto una posizione e che ha aiutato, dal punto di vista istituzionale, quel percorso di carattere economico e anche quella volontà che i Comuni dell'Albese hanno saputo esprimere nel concreto, portando nel mondo alcune immagini locali che sono diventate immagine del Piemonte intero.
In questo senso la Provincia potrà ulteriormente dare delle risposte e sostenere questo percorso economico e questa volontà popolare.
Con questo intendimento il nostro voto sarà favorevole.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montabone.



MONTABONE Renato

Signor Presidente e colleghi, anch'io devo riconoscere, come altri colleghi, che la costituenda Provincia di Alba-Bra è stata "digerita" meglio di altre Province di cui si è occupato il Consiglio regionale.
Credo che il tempo che la Regione e anche le iniziative locali si sono prese hanno permesso una maggior cognizione di causa nel dare un giudizio sulla nuova Provincia.
Credo di non essere l'unico, altri lo hanno già fatto ed altri lo faranno ancora, a sottolineare le caratteristiche territoriali, economiche e sociali di questa parte di territorio piemontese. Specialmente in una provincia, detta "Granda", che forse non permette più, nella concezione territoriale e quindi di un riordino degli Enti locali, di avere dimensioni così enormi e caratteristiche di popolazioni ed interessi economici e sociali così diversificati.
Con assoluta schiettezza dico che nessuno, in Commissione, ha mai messo in discussione la caratterizzazione forte della costituenda Provincia di Alba-Bra.
Qualche punto interrogativo ciascun Commissario se lo è posto rispetto al fatto che alcuni Comuni, inseriti nella proposta di costituzione della Provincia, si erano dichiarati in modo non favorevole o, peggio ancora, non avevano avuto coraggio, forza e volontà di dichiararsi. Dico peggio ancora perché ancora oggi siamo in presenza di un'adesione - non adesione alla Provincia, del Comune di Ceva, che è stato poi stralciato dai Comuni della costituenda Provincia.
Ceva, a mio modo di vedere, trovandosi in una posizione marginale rispetto alla Provincia, probabilmente perde una sua vocazione di centralità rispetto a tutto il Cebano che non è stato interessato interamente. Ebbene, la risposta del Comune di Ceva non ha semplificato per nulla le possibilità di conoscenza e di decisione dei singoli Consiglieri regionali. Dicendo che aderiva all'iniziativa, che però non poteva non trascinarsi dietro i Comuni del Cebano, ha un pochino messo in difficoltà tutti i Consiglieri regionali.
Oggi, per fugare ogni dubbio, faccio una dichiarazione di voto favorevole alla costituzione della Provincia di Alba-Bra, perché ritengo che abbia tutte le caratteristiche per poter diventare Provincia, più ancora di altre costituite in passato.
Non abbiamo avuto il tempo - è stato ricordato bene dal Consigliere Riba - di sentire i Comuni del Cebano che non erano stati inseriti nella costituenda Provincia. Non abbiamo avuto il tempo, perché abbiamo delle scadenze immediate.
Pertanto si dovrà valutare bene - così come è scritto nella premessa della deliberazione che ci accingiamo a votare - se non sia il caso di inserire anche tutta la zona del Cebano all'interno della Provincia. Lo dico in termini estremamente propositivi e positivi, perché questa nuova Provincia non deve correre il rischio, per meri calcoli del numero di abitanti, di perdere la possibilità di crearsi. Lo dico perché inizialmente questi Comuni non erano stati interessati, ma proprio gli abitanti di questi Comuni potrebbero rafforzare quella che è la possibilità di portare a compimento l'iter della costituenda Provincia.
Ribadisco ancora il voto favorevole personale e del Gruppo che rappresento, il CDU.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ghiglia.



GHIGLIA Agostino

Prima il collega Riba, facendo un simpatico paragone, parlava di un'epoca in cui valevano gli imperativi categorici. Prendo dalla sua battuta un termine per fare un paragone: a differenza di altri colleghi noi, sulla costituzione della nuova Provincia, non abbiamo una certezza categorica, perché queste sono cose molto complesse, direi quasi ideologiche.
E' difficile sulla costituzione di una nuova Provincia assumere una posizione equivalente a quella esclusivamente politica, o al contrario assumere una posizione dettata esclusivamente dalle necessità e dalle richieste locali. Quindi, si tratta di una decisione particolarmente difficile.
A differenza di altri colleghi, personalmente non so dire se andremo incontro, con questa scelta, ad una "Borgogna d'Italia" piuttosto che ad una Catanzaro del nord: non lo so. Mi auguro, ovviamente, che con queste ed altre scelte di decentramento territoriale di competenze e poteri, si sarà più vicini alla Borgogna d'Italia che non alla Catanzaro del nord. Sostengo però che una verità ideologica preordinata su questi temi è assai difficile.
Come Gruppo, sin dall'inizio, abbiamo assunto una posizione molto critica, dettataci da due motivi principali.
Il primo è la realtà oggettiva in cui si erano venute a trovare altre Province di recente costituzione. Difficoltà operative oggettive, carenze economiche altrettanto oggettive ed altrettanto pesanti: sostanzialmente impossibilità operativa; questo accade nelle due Province di nuova costituzione. Tant'è che - tanto per fare un esempio - abbiamo conservato una grande villa di appartenenza della Regione per dotare una di queste Province di una sede dove potersi riunire; diversamente, avremmo avuto il paradosso di avere un Ente locale rappresentativo importante, senza il denaro necessario per acquisire una sede. Queste le difficoltà materiali operative e reali che rendono particolarmente problematica la scelta.
Secondo motivo della nostra posizione fortemente critica: il problema ideologico. La costituzione di nuove Province nell'ambito di un territorio unitario - chiamiamolo così - fino ad oggi, potrebbe essere preludio ad una carenza di solidarietà diffusa sul territorio. Le parti delle Province più ricche, ovunque, anche indipendentemente dall'omogeneità territoriale e sociale, possono decidere di mettersi "da sole", di andare a vivere da single perché più conveniente, più redditizio per quella zona.
Non è un discorso di poco peso. E' lo stesso principio di solidarietà che ci ha sempre spinti a contrastare un certo tipo di federalismo che arrivava a sfiorare il secessionismo. Cioè a dire: "Le Regioni dove si produce, dove si lavora non devono trascinarsi inutili orpelli delle Regioni povere".
Lo stesso ragionamento, se ideologicamente lo portassimo al nostro livello - scelta del "sì" o "no" ad una nuova Provincia - potrebbe causarci delle preoccupazioni.
Domani potrebbe trattarsi della Valle di Susa, del Canavese, fino ad una frammentazione della rappresentanza democratica e locale che potrebbe creare problemi oggettivi di solidarietà. Ci potremmo trovare, in un futuro prossimo, di fronte a Province ricche e Province povere, di fronte a sperequazioni sociali forti e gravi.
Abbiamo però dovuto tenere anche conto, in queste settimane, dei pronunciamenti dei Comuni. Qualsiasi posizione non può prescindere dalla volontà espressa dagli Enti locali territoriali, dagli Enti locali che hanno una presa diretta sul territorio, dagli Enti locali che rappresentano direttamente ed immediatamente la volontà dei cittadini. Non possiamo certo arrivare a credere che i Sindaci, rappresentanti apicali di questi Enti locali, abbiano assunto decisioni con riserva mentale, contro la volontà dei loro cittadini. Sicuramente avranno indetto audizioni e riunioni: si saranno confrontati, avranno discusso queste tematiche in sede locale.
Quindi, da questa volontà non si può prescindere. Non possiamo prescindervi neanche noi, sostenitori della consultazione diretta - anche se in questo caso sarebbe mediata - e della più vasta partecipazione popolare e democratica alle scelte decisionali di livello nazionale, del presidenzialismo e dell'elezione diretta del Presidente; e, a livello locale, del decentramento, ma soprattutto dell'interazione continua e fruttuosa tra coloro che debbono decidere e coloro che di tali decisioni devono sopportare il peso.
Noi ne abbiamo fatto una battaglia di principio; tuttavia non si pu non tenere conto della prevalente volontà locale, anche se vi sono molti Comuni che non si sono pronunciati, che non hanno - magari - avuto il coraggio di prendere una decisione; e questo è male: prendere decisioni di questo tipo è importante, è un atto di serietà e di coraggio.
La posizione non può quindi essere di principio; non può e non deve essere una posizione ideologica; rimane, comunque, una posizione problematica.
Come Gruppo avevamo aderito alla richiesta di indire sul territorio, al fine di consultare le popolazioni interessate, un referendum diretto immediato, che ci desse un'idea reale e non mediata delle volontà locali.
E' almeno da vent'anni a questa parte che chiediamo la possibilità di referendum propositivi anche a livello nazionale, e non solo abrogativi; la democrazia diretta ci sembra sempre il modo migliore per affrontare le grandi scelte. Scelte anche politiche, anche ideologiche, ma soprattutto che interessano immediatamente la vita degli abitanti.
La posizione di Alleanza Nazionale rimane sicuramente problematica, ma nella volontà di non prevaricare e di non essere indifferenti a quella che è la decisione prevalente nell'ambito degli Enti locali interessati riteniamo di modificare, nella forma se non ideologicamente nella sostanza la posizione fino ad oggi assunta.
Non voteremo no a questa deliberazione per i motivi che ho esposto prima, ma non parteciperemo alla votazione. Riteniamo infatti - comunque che su questa deliberazione e su questa scelta il Consiglio regionale sia arrivato in maniera un po' abborracciata e "tirata per la giacca" lasciatemelo dire! Le posizioni sono mutate spesso in maniera estremamente repentina perché certe posizioni - ed è discorso che facciamo dall'inizio della legislatura - sono state spesso dettate o imposte da esponenti locali di vari partiti.
Come Gruppo riteniamo che il Consiglio regionale non sia semplice somma delle volontà locali, ma qualcosa di diverso, che non deve necessariamente tenere conto, nelle proprie decisioni, di colui - o coloro - che chiede di più e tira più insistentemente la giacca.
Questa è l'impressione che abbiamo avuto in questi mesi di discussione suffragata anche dalle innumerevoli modifiche di decisioni da parte della Giunta: da un "no" deciso ad un "forse" possibilista, ad un "sì" entusiastico.
Non ci convince questa prassi; non ci convince questo modo di far politica sul territorio; non ci convince questo modo di assumere decisioni.
La politica del forse non ci si addice; abbiamo sempre preferito la politica del sì e del no. Tuttavia, in questo caso, la politica del sì e del no significherebbe dire: "Non mi interessa niente di tutto quello che hanno deliberato i Consigli comunali". Questa è una posizione che noi non ci possiamo consentire, come amministratori non interessati sul territorio (se vogliamo dirla così).
Allora crediamo, dopo una discussione avuta all'interno del Gruppo di Alleanza Nazionale, che la migliore posizione, a-ideologica, ma non contrapposta alla volontà prevalente delle popolazioni locali, sia quella della non partecipazione al voto, per significare con questo tutta la nostra problematicità in una scelta di questo tipo, che non può e non deve essere una scelta prettamente, da parte di chi la fa qui dentro localistica, ma non può neanche essere una scelta aprioristica e ideologica.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Simonetti.



SIMONETTI Laura

Esporrò le motivazioni che porteranno il nostro Gruppo all'astensione rispetto alla costituzione della nuova Provincia di Alba-Bra.
In linea di principio non siamo contrari alla costituzione di questa nuova Provincia, anche perché il territorio che riguarda tutta la Provincia di Cuneo è molto ampio e differenziato per caratteristiche geografiche culturali ed economiche. Tuttavia ci pare che il modo con cui è stata affrontata la questione, tagliando questo territorio per giungere a 160 mila abitanti, sia sbagliato. Tale territorio comprende delle aree diverse e taglierebbe parzialmente delle aree che, per motivazioni economiche e geografiche, risultano già assai differenziate.
Mi riferisco, ad esempio, al taglio parziale dell'ex Comprensorio di Mondovì, di una parte di Ceva e di una parte della Valle Tanaro; anche la stessa area di Bra, che risulta assai ricca, attraverso la costituzione di questa nuova Provincia si spingerebbe fuori da quella parte montana che è già povera e che, conseguentemente, di fatto risulterebbe tagliata fuori e persino più povera.
Inoltre, questa forma di frammentazione ci pone anche di fronte ad un'incertezza, già evidenziata da altri Gruppi: quella di non avere interpellato la popolazione, ma di avere interpellato solo le autorità locali (i Consigli comunali).
La pressione che c'è stata rispetto alla costituzione di questa nuova Provincia di Alba-Bra è per lo più provenuta da commercianti, da forze del commercio ed economiche del territorio e dal parere favorevole della maggior parte delle autorità locali comunali.
In riferimento a quello che è stato detto circa il fatto che nella Provincia di Alba la maggioranza dei Comuni (66) ha risposto in maniera favorevole, ma che procedendo nella parte relativa al territorio del Cuneese aumentano i Comuni che non si esprimono e i Comuni che rispondono negativamente e sollecitando il fatto che non è stata interpellata la popolazione su una questione che coinvolgerebbe direttamente il territorio il nostro voto, proprio sulla base di queste incertezze, sarà di astensione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Viglietta, che interviene in qualità di Consigliere.



VIGLIETTA Matteo

Analizzando i diversi passaggi e ricostruendo come è nata la proposta di costituire la nuova Provincia di Alba-Bra, si evidenzia come l'iniziativa sia stata assunta e sostenuta da un'associazione professionale e non, in prima battuta, da Amministrazioni locali o da partiti e movimenti politici: tale fatto fa sì che la situazione acquisti una particolare connotazione.
Il progetto di Alba-Bra Provincia si presenta, in fondo, come il frutto di un ruolo non riconosciuto al capoluogo, alla città di Cuneo.
Tutti gli indicatori socio-economici presentano il Cuneese come una delle Province più decentrate d'Italia, dove esiste una rete di centri urbani ("le sette sorelle") di medie dimensioni, che esercitano la loro influenza economica e politica nelle rispettive aree, con scarsa integrazione fra di esse.
Questa realtà, di fatto, ha sempre condizionato la forza contrattuale della Provincia che, in quanto Ente, ha sviluppato i propri servizi, nei decenni trascorsi, seguendo un "basso profilo". Ad esempio, si è potenziata oltre misura la rete stradale provinciale (3.000 km) per sopperire essenzialmente ai bisogni dei piccoli Comuni che non potevano farvi fronte autonomamente. Ma l'Ente Provincia non è mai stata un interlocutore "forte" nei confronti di centri maggiori.
Anche recentemente, sul problema del decentramento universitario, ha dovuto subire le diverse iniziative campanilistiche dei centri principali riuscendo solo formalmente a raggrupparli in un'unica associazione peraltro rimasta sulla carta e non ancora operante.
Chi sostiene che la Provincia se divisa sarebbe ancora più debole, è già smentito dai fatti: Cuneo, anche se territorialmente è più grande della Liguria, è stata un "nano", politicamente parlando, perché ciò che dà forza ad una proposta politica è sì la dimensione del soggetto, ma anche e soprattutto la sua coesione, l'intento unitario e determinato. Il Cuneese è stato in difetto di unità e di determinazione, inseguendo progetti e idee diverse e talvolta divaricate, e non ha mai esercitato una grande forza contrattuale nei confronti del potere regionale e statale, a tale punto che sembra difficile sostenere che due Province più piccole peggiorerebbero ancora le loro possibilità.
Un soggetto più coeso, proprio perché di dimensioni più contenute potrebbe forse più facilmente trovare l'unità e la forza per ottenere di più.
La divisione della Provincia sarebbe, da questo punto di vista, solo la sanzione ufficiale di un tale stato di debolezza. In poche parole: se oggi si pone il problema della secessione albese è perché Cuneo non ha saputo essere leader dell'intera Provincia (per motivazioni storiche, economiche geografiche, ecc.), e l'istituzione della Provincia di Alba-Bra è la presa d'atto di tutto ciò.
L'istituzione di una nuova Provincia deve tenere conto della riforma delle autonomie locali intervenuta con la legge n. 142/90. La legge assegna alle Province un ruolo più pregnante di rappresentanza della comunità provinciale, riconoscendola come soggetto principale per l'espletamento di numerose funzioni amministrative di interesse sovracomunale, esplicate in virtù di deleghe statali o regionali. Soprattutto viene riconosciuta alla Provincia la dignità di soggetto di pianificazione territoriale che coopera con la Regione per la programmazione generale; attua una sua autonoma programmazione con il Piano territoriale di coordinamento; interviene nei confronti della programmazione comunale (Piani regolatori) e delle Comunità montane (Piani di sviluppo).
E' dunque plausibile che l'assetto territoriale delle Province assetto che per Cuneo è immutato (salvo la perdita dei territori in Valle Roya) sin dall'accorpamento ottocentesco - sia suscettibile di modificazioni in ordine alla necessità di rendere operative le competenze programmatorie su aree ritagliate in modo più omogeneo.
La legge n. 142/90, che ha eccezionalmente "sanato" il tormentato percorso di otto nuove Province, il cui iter legislativo giaceva da lunghissimi anni in Parlamento, ha peraltro previsto che per i nuovi Enti vi sia una soglia di popolazione fissata, "di norma", in 200 mila abitanti.
L'area di Alba-Bra non raggiunge questa quota: significativamente l'ipotesi che oggi viene sottoposta al Consiglio è quella "minimale", con 75 Comuni e 152 mila abitanti, tale cioè da circoscrivere unicamente l'area fin dall'inizio più propensa al nuovo Ente. Restano incluse in tale area modeste "sacche" di dissidenza, una decina di Comuni in tutto, le cui perplessità andranno comunque considerate.
Per ottenere valori di popolazione che soddisfino il criterio ordinatorio dei 200 mila abitanti si dovrebbe allargare l'area interessata perdendo sia consenso per l'iniziativa sia omogeneità territoriale.
Il dibattito apertosi in questi ultimi mesi nell'area Cebana e nella Valle Tanaro è stato tale da accentuare più le divaricazioni che non gli elementi di unità.
Da un lato, si è assistito ad una netta contrapposizione tra Ceva insieme ai Comuni più vicini, e l'Alta Valle con Ormea e Garessio, che ha opposto una forte resistenza all'adesione ad Alba-Bra, adombrando addirittura il passaggio ad Imperia.
D'altro canto, è aumentata la rivendicazione di Mondovì di difendere il proprio ruolo di attrazione rispetto ad un hinterland (la Langa monregalese) che minacciava di essere quasi totalmente eroso dalla nuova Provincia.
E' vero che la soglia di popolazione non è tassativa: esserne al di sotto è però certamente un elemento che non agevola l'accoglimento della richiesta da parte del Parlamento.
Dopo l'approvazione della legge n. 142/90, Alba sarebbe la prima Provincia istituita in deroga al limite di popolazione: sono tutti problemi che possono rallentare l'iter parlamentare e renderlo irto di ostacoli.
Infine, la legge n. 142/90 prevede che l'istituzione di una nuova Provincia non dia automaticamente luogo ad un'apertura di uffici statali decentrati. In pratica, ad Alba non si avrebbe istituzione di Prefettura Questura, Provveditorato agli Studi, ex Intendenza di Finanza, Filiale Banca d'Italia, Ufficio Provinciale del Tesoro, Archivio di Stato.
Si tratterebbe di una Provincia "leggera" che avrebbe pochi servizi in più rispetto a quelli già decentrati, servizi però certamente potenziati e dotati di maggiore autonomia (Camera di Commercio, Poste, ecc.).
I pareri espressi dagli Enti locali cuneesi hanno numerosi elementi di contraddittorietà e, in taluni casi, anche di scarso interesse.
Si deve rilevare il fatto che alcune consultazioni della popolazione attuate in modo informale e non sistematico, hanno dato un segnale prevalentemente negativo, anche in quei Comuni dove i Consigli comunali erano invece orientati all'adesione.
La Provincia di Cuneo ha espresso un parere molto generico che, pur riconoscendo la "legittimità di istanze autonomistiche", rinvia ad ulteriori approfondimenti sulle conseguenze che avrebbe la bipartizione del territorio provinciale.
Tuttavia, dal dibattito svoltosi in Consiglio provinciale il 28 agosto scorso, emerge da più interventi che un chiaro parere politico non è stato formulato, perché non avrebbe ottenuto la maggioranza dei consensi. Lo dice il Consigliere provinciale Ferraris (PDS), lo testimoniano numerosi interventi, scettici e perplessi, di Consiglieri poi favorevoli al documento finale.
La Provincia ha dunque scelto una strada ambigua, perché la spaccatura tra favorevoli e contrari era trasversale alle forze politiche, essendo legata ad aspetti territoriali. E' comunque evidente che un reale parere positivo sarebbe stato minoritario ed un parere negativo più chiaro di quello fornito avrebbe prevalso, ma sarebbe stato lacerante per la coalizione di maggioranza e avrebbe generato una reazione energica da parte delle forze sociali che sostengono il progetto di nuova Provincia.
Per evitare questi rischi la maggioranza ha scelto di esprimere un parere sì negativo, ma velato e fumoso.
Si dovrebbe inoltre inquadrare la Provincia di Alba anche nel più ampio problema della riorganizzazione istituzionale del Piemonte. Mentre sembra si possa negare una pretesa di "legittimità" storica al ruolo di Alba capoluogo (perché l'intera area è stata sempre e storicamente policentrica e mai soggetta ad un unico rilevante centro di attrazione politica ed economica), maggior rilievo a favore della proposta viene considerando il fatto che, dopo la divisione delle Province di Vercelli e Novara, e con il problema irrisolto ma "caldo" dell'area metropolitana di Torino, Cuneo si trova ad essere Provincia "fuori scala" nell'attuale Piemonte.
Questo fatto, unito all'iniziativa (peraltro assai discutibile) assunta dalla precedente Giunta di effettuare uno studio sull'accorpamento dei Comuni, porterà probabilmente a far maturare l'esigenza di rivedere i confini della Provincia di Cuneo, anche al di là dell'iniziativa attualmente all'esame. In un più ampio piano di revisione degli ambiti provinciali e comunali (questi ultimi determinati direttamente dalla Regione), il tutto potrebbe avere tempi e possibilità di riuscita più interessanti.
Un ultimo aspetto da trattare è relativo ai costi dell'operazione. I fautori della nuova Provincia, all'insegna dello slogan della "Provincia leggera", sostengono che i costi sarebbero invariati. E' vero che essendovi già molti servizi decentrati, non vi sarebbero costi eccessivi di ulteriori istituzioni. L'esperienza delle nuove Province attivate ha per dimostrato che i nuovi Enti (e i vecchi, risultati dalla ripartizione) soffrono di problemi finanziari, di squilibri, di disarmonie, in grado di calamitare l'impegno politico-amministrativo per molto tempo.
In Piemonte gli esempi derivanti dalla bipartizione di Vercelli Biella e Novara - Verbano Cusio Ossola debbono essere valutati con attenzione per le difficoltà che hanno comportato e ancora comportano alle rispettive Amministrazioni.
Il problema ha però valenza nazionale, se è vero che - dopo molte resistenze - lo stesso Governo ha rinunciato al modello del "costo zero" stanziando nella Finanziaria 1996 10 miliardi per sopperire ai problemi più impellenti derivanti dalla nascita delle nuove Province.
Non è difficile ipotizzare che i costi di alcune strutture (gli uffici provinciali, la Camera di Commercio) saranno maggiori in ordine ai costi di gestione, dovendo aumentare quanto meno il personale dirigenziale.
A questi motivi di prudenza e di riserva se ne possono aggiungere altri di natura più prettamente politica. Per effetto del ricambio amministrativo, ad esempio, i Comuni coinvolti si sono trovati ad esprimere un parere con organi prossimi alla scadenza del mandato. In molti casi gli attuali amministratori non sono i medesimi che hanno dato il parere richiesto, e tale fatto comporta che il Consiglio non abbia la "fotografia" in tempo reale delle scelte in questo momento espresse dalle comunità interessate, quanto invece un parere spesso già sorpassato dall'evolversi delle vicende politico-amministrative.
Se si fossero differiti ulteriormente i vincoli temporali previsti dalla norma regionale, per un procedimento che avrà comunque tempi lunghi in sede parlamentare, si avrebbe avuto occasione di procedere ad una più attenta verifica della volontà delle Amministrazioni comunali nel pieno della legittimazione popolare.
Oggi la chiusura di questa attività istruttoria di competenza regionale avviene invece in modo affrettato, non senza una buona dose di confusione con Comuni che si esprimono fin nelle ultime ore: non è proprio una situazione di serena valutazione come sarebbe opportuno in tali casi.
Perciò il parere regionale, espresso per necessità di legge in questo frangente, appare un po' come una forzatura rispetto ad un argomento che avrebbe ancora richiesto un esame volto ad accertare, da un lato, la reale volontà della popolazione e, dall'altro, a meglio delineare l'interesse pubblico ad una diversa organizzazione delle presenze istituzionali sul territorio, fatto che non può essere banalmente risolto con rettifiche territoriali, ma comporta una riforma della natura e delle modalità operative della pubblica amministrazione.
Nell'esprimere quindi un parere favorevole all'istituzione della Provincia Alba-Bra, credo di dover sottolineare come, e credo insieme a numerosi colleghi Consiglieri, questa decisione non possa non essere accompagnata dalla necessaria prudenza e dalla convinzione che, al momento attuale, non si hanno in mano tutti gli elementi per una valutazione pienamente oggettiva.
Perciò debbo sottolineare che, se la decisione della Regione non avesse avuto il carattere istruttorio ed interlocutorio che essa ha, lasciando alla competenza del Parlamento la decisione definitiva, da parte mia le ponderate riserve che ho espresso sarebbero state ancora più corpose e tali da condurre forse ad altre determinazioni.
Esprimo apertamente tali sentimenti di incertezza, perché mi auguro che da parte del Parlamento vi sia l'attenzione, il tempo, la possibilità di approfondire tale tematica, giungendo ad una decisione fondata sulla consapevolezza dei bisogni dell'intera comunità cuneese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossi.



ROSSI Giacomo

Ho sempre avuto molta perplessità e molti dubbi sulla creazione della nuova Provincia Alba-Bra, poiché nel recente passato altre nuove istituzioni hanno dato esempi negativi.
Altro motivo di perplessità sta nel fatto di andare a costruire un nuovo Ente, che comporta necessariamente altre spese, che come sempre ricadono sul contribuente, già spremuto al limite del collasso.
La proposta attuale di istituire una Provincia di 75 Comuni con circa 150 mila abitanti sembra contrastare in modo palese con il dettato della legge n. 142, che stabilisce come soglia minima i 200 mila abitanti. Se non viene rispettato il limite indicato dalla legge n. 142 per la creazione di questa nuova Provincia, temo che molte altre richieste, dettate soprattutto da motivi campanilistici (non è sicuramente il caso di Alba), saranno avanzate.
E' vero che la proposta attuale escluderebbe alcuni Comuni, salvo l'integrità del Monregalese che non potrebbe sopravvivere se venisse diviso in due Province: questa divisione sembra essere antistorica, antieconomica e antisociale.
Vista complessivamente la questione, non posso che esprimere le mie riserve, e quindi ritengo che l'unica strada possibile sia quella di indire un referendum, affinché la popolazione della zona si esprima direttamente.
Pertanto, ritengo che, stante la situazione, l'unico atteggiamento possibile sia di non partecipare alla votazione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vaglio, che interviene a nome della Giunta.



VAGLIO Roberto, Assessore regionale

Quando il 3 novembre scorso il Vicepresidente Majorino ha inviato la nota al Presidente Picchioni relativamente all'iter istruttorio compiuto dalle proposte del Comitato promotore circa l'istituzione di una nuova Provincia Alba-Bra, la Giunta aveva ben presente tutta la serie di interrogativi che questa prima applicazione della legge n. 51/92 avrebbe riacutizzato.
E' ancora infatti aperto, anche se in questa sede si è sorvolato, credo volutamente, il dibattito sulle capacità di gestione e di rappresentanza politica delle Province. Molte sono le opinioni in merito, ed i consensi a questa o a quella tesi sono trasversali agli schieramenti politici.
Le difficoltà che le Province vecchie e nuove incontrano nella gestione di competenze proprie e di recenti deleghe, hanno sollevato più di un dubbio sulla necessità di costituire nuovi Enti locali di questo genere. Ma la situazione dell'Albese è talmente particolare da superare i dubbi e da richiedere una più onesta ed attenta valutazione delle rivendicazioni presentate dal Comitato promotore.
Ciò non toglie che il riconoscimento di una giusta richiesta non debba ricadere sui soggetti che non sono interessati. Così conseguivano all'elaborato, che comprendeva 109 Comuni, alcune perplessità.
La pianificazione ed il rilevamento dei flussi di comunicazione che erano alla base della legge di istituzione dei Comprensori, già richiamati dal collega Riba, sono forse da considerare sorpassati e non più attuali? La nuova Provincia dovrebbe superare la progettualità e le realtà oggettive della suddivisione comprensoriale? E, ancora, le Comunità montane che secondo la legge n. 142, non possono essere transprovinciali, debbono essere ridisegnate secondo criteri diversi dall'unitarietà di gestione dei servizi e di programmazione di aree omogenee? Di qui discendono le preoccupazioni che la Giunta ha esternato positivamente all'VIII Commissione, dove si è sollecitato il Presidente Vindigni a verificare la necessità di mantenere l'unitarietà del Comprensorio di Mondovì.
Flussi di comunicazione, servizi, scuole e quant'altro, giustificavano questa preoccupazione. Oltre a ciò, altra preoccupazione era data dalla discontinuità che si sarebbe verificata nella Comunità montana Alta Valle Tanaro, Mongia e Cevetta. Una proposta addirittura prevedeva che il Comune di Scagnello venisse separato dalla rimanente Valle Mongia nei Comuni di Viola e di Lisio.
Questo, secondo me, era sufficiente a richiedere un maggior approfondimento che, purtroppo, i tempi della legge n. 51 non ci consentivano e che il provvedimento preso da questo Consiglio per prolungare i tempi di indagine non consentiva ulteriormente.
Le nove sedute della Commissione hanno però assolto al meglio il compito assegnato e la deliberazione che oggi viene proposta rileva responsabilmente tutte le perplessità e i dubbi, fermo restando il comune riconoscimento delle giuste aspettative di Alba e di Bra.
Su questo documento - che non rinvia le scelte al Parlamento, come qualcuno avrebbe ipotizzato, ma che richiede agli Enti locali una decisione ultima e definitiva - la Giunta esprime il proprio parere favorevole soprattutto perché riteniamo che i tempi esistano affinché la Comunità montana Alta Valle Tanaro, Mongia e Cevetta abbia modo di esprimersi compiutamente. I tempi ci saranno per verificare l'unitarietà del Comprensorio monregalese; i tempi ci saranno per valutare le capacità delle Province ad esplicare i compiti che sono loro assegnati.
Sulla necessità di riordinare il Piemonte in termini nuovi, senza più procedere a soluzioni come queste, che possono sembrare soluzioni tampone la Giunta è sicuramente favorevole.
Rilevo la segnalazione del collega Riba su questo argomento e sottolineo che la Giunta auspica che si riapra al più presto il dibattito in merito ad una nuova revisione degli Enti locali in questo Consiglio, e oltre a ciò si impegna a ricavare da questo dibattito le indicazioni per prevedere un disegno di legge comprensivo di risistemazione.
Sicuramente siamo in una condizione di scarsa razionalità. La Provincia di Alba, il riconoscimento delle istanze che provengono dal territorio albese e braidese è un primo passo utile per riconsiderare gli Enti di gestione territoriale. Non dimentichiamo che ad una disfunzionalità, già richiamata da alcuni colleghi, della Provincia di Cuneo discende una più grande disfunzionalità della Provincia di Torino.
Il Piemonte oggi nella sua attuale configurazione provinciale, e nella configurazione provinciale che si andrà a determinare dopo l'istituzione della Provincia di Alba-Bra, presenta un'enorme disomogeneità.
La legge n. 142 e le deliberazioni del passato Consiglio regionale ci spingono a prendere nuove determinazioni, a cercare nuove strade affinch il territorio venga gestito, amministrato e curato in modo diverso.
Ritengo che le sollecitazioni venute dall'VIII Commissione e da quest'aula siano state un pungolo per la Giunta in questo senso: la revisione territoriale sarà sicuramente uno degli obiettivi di questa legislatura.



PRESIDENTE

Sono terminati gli interventi. I Consiglieri del Gruppo PPI chiedono che la votazione della deliberazione avvenga per appello nominale.
Si proceda pertanto alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 49 votanti 42 hanno risposto SI' 38 Consiglieri si sono astenuti 4 Consiglieri non hanno partecipato alla votazione 7 Consiglieri La deliberazione è approvata.
Ringraziamo i Sindaci e tutte le persone presenti per l'attenzione con cui hanno seguito il nostro dibattito.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti atmosferici ed acustici - Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Esame proposta di deliberazione n. 178: "Legge n. 257/92, art. 10 - Linee di piano regionale di protezione dell'ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica, ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall'amianto"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 178, di cui al punto 13) all'o.d.g.
Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi; ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Presidente, chiedo di intervenire sull'ordine dei lavori.
A parte il problema di questa specifica deliberazione, mi sembra si fosse convenuto di trattare solo il problema della Provincia; tant'è che ci sono argomenti sui quali non sono pronto.



PRESIDENTE

D'accordo, Consigliere Chiezzi.
Per quanto riguarda questa specifica deliberazione, sono stati presentati due emendamenti.
Ha chiesto la parola l'Assessore D'Ambrosio; ne ha facoltà.



D'AMBROSIO Antonio, Assessore alla sanità

Il primo emendamento che propongono il sottoscritto e la Consigliera Bortolin è il seguente: a pagina 1 della proposta di deliberazione nel capitolo "Premessa", dopo il primo capoverso, inserire: "La Giunta regionale redigerà, entro tre mesi dall'approvazione della presente deliberazione, la proposta del Piano, di cui al comma precedente per i successive adempimenti".
L'altro emendamento, proposto dalla Giunta regionale, a firma dell'Assessore Cavallera, è il seguente: al capitolo "Individuazione dei siti per lo smaltimento", nel titolo sostituire le parole "dei siti" con le parole "delle localizzazioni".



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi; ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie, Presidente. Sul secondo emendamento vorrei solo capire il motivo per cui si propone di cambiare questa parola. Vorrei capire che senso ha, cioè l'aspetto pratico.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cavallera.



CAVALLERA Ugo, Assessore all'ambiente

Tale modifica è stata concordata a seguito della discussione fatta in merito; si era pensato che la parola "localizzazione" fosse più corretta in quanto con la parola "sito", in genere, si intende una localizzazione di tipo puntuale con riferimenti catastali.
La parola "localizzazione", invece, è l'indicazione che può essere fatta alla scala in cui sta operando il redattore del piano: individua una località nell'ambito della quale, attraverso le procedure ordinarie di autorizzazione per la realizzazione dell'impianto, si andrà a definire puntualmente il sito.
Si poteva anche lasciare la dicitura così com'era, ma la modifica è stata introdotta per correttezza dal punto di vista procedurale e al fine di considerare le effettive possibilità presenti nel momento in cui si redige un piano che deve essere esaustivo sotto tutti i punti di vista e che deve prevedere anche l'indicazione finale dello smaltimento dei materiali contenenti amianto. Proprio perché deve essere redatto in un brevissimo lasso di tempo, ad un certo punto avrà l'indicazione della località, lasciando poi successivamente l'individuazione puntuale alla pratica di autorizzazione effettiva. Può esserci o l'individuazione di impianti già esistenti, oppure la prefigurazione di impianti anche nuovi da aprire, cioè non è escluso che, nel momento in cui abbiamo tipologicamente suddiviso i rifiuti contenenti amianto in rifiuti che possono andare in discariche per inerti o rifiuti che invece devono andare in discariche per tossico-nocivi tipo 2C, le soluzioni possano essere varie: o si ipotizzano impianti già esistenti, oppure si ipotizza l'apertura di nuovi impianti.
Per cui vi è l'indicazione del termine "località", che è onnicomprensivo di tutte le tipologie rispetto alla dicitura "sito".



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bertoli.



BERTOLI Gian Pietro

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, vorrei solo alcuni chiarimenti. Se ho capito bene dalle precisazioni dell'Assessore Cavallera sembrerebbe di intendere che con il termine di localizzazione si pensa ad un'area un pochino più grande all'interno della quale si individuerebbe il sito.
La perplessità è questa: chi andrà poi ad individuare all'interno della localizzazione il punto sito? A chi è demandato questo? Qual è e com'è il meccanismo che determina la scelta?



PRESIDENTE

Domanda, mi pare, non peregrina.
La parola all'Assessore Cavallera.



CAVALLERA Ugo, Assessore all'ambiente

Con la deliberazione che abbiamo adottato nel mese di dicembre abbiamo individuato le tipologie di rifiuti, quindi anche quelli che sono al di sotto di un certo valore indice e, in sostanza, hanno l'amianto non volatile. Mi scuso per la terminologia che utilizzo: in questo momento non ho a disposizione il dato parametro.
Vi è infatti un parametro molto chiaro, al di sotto del quale si pu andare in discarica per inerti, naturalmente con una certa metodologia che la deliberazione prevede: la fasciatura, ecc. Nella restante parte dei casi che sono la stragrande maggioranza - il materiale deve andare in discarica per tossici e nocivi di tipo 2C. Infatti la legge, per adesso prevede quelle due possibilità di smaltimento; in futuro si potrà fare della ricerca ed ulteriori ipotesi, però ora il circuito previsto è quello di andare in discarica.
Ciò che va in discarica classificato come tossico-nocivo, naturalmente ci va con tutte le cautele del caso (le fasciature, ecc.), salvo quella particolare tipologia di materiali di copertura che possono andare in discarica per inerti, ovviamente dopo che, a prove di laboratorio risultino al di sotto degli indici che la norma prevede.
Quindi, quando si parla di "localizzazione", avendo previsto questa tipologia e avendo previsto la delega ai Comuni, per le discariche per inerti fino a 30.000 metri cubi, la delega alle Province, ecc., ovviamente vi è il piano, che dovrà dare la risposta dicendo: "Nella determinata località le quantità in gioco saranno queste e per fare fronte a questa necessità di smaltimento nel tal posto occorrerà o aprire una discarica ad hoc oppure utilizzare quote parti di discariche già esistenti".
Vi è una situazione che ha richiamato la nostra attenzione leggendo i giornali in queste settimane. Se non sbaglio in Valle di Susa, la Provincia di Torino, già utilizzando la delega che ha ottenuto, ha destinato una parte del volume di una discarica per inerti proprio per residui contenenti amianto.
In conclusione, questa è già una risposta implicita alla domanda del collega Bertoli, cioè lo smaltimento finale sarà garantito sia utilizzando impianti esistenti, nel rispetto della normativa, sia individuando particolari necessità concentrate in determinate zone del Piemonte, che richiederanno l'attivazione di discariche mirate: sarà il Piano a prevederle e a garantirle attraverso le procedure previste.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

La risposta dell'Assessore mi sembra evasiva, nel senso che la deliberazione di impostazione del piano prevede ad un certo punto il capitolo "Individuazione dei siti per lo smaltimento". Un piano che non individua i siti per lo smaltimento dei rifiuti, non è un piano.
Giochiamo nuovamente all'equivoco, nel senso che, se si vuole affrontare il problema, bisogna già in questa deliberazione specificare chiaramente i luoghi.
La spiegazione fornita dall'Assessore sul cambiamento di denominazione afferma che il luogo non sarà indicato chiaramente, ma in modo evasivo. Si indicherà cioè un ambito territoriale all'interno del quale, chissà come e chissà in quali tempi e con quali procedure, sarà individuato il luogo esatto dove smaltire i rifiuti.
Mi sembra una cosa improponibile: il sito per lo smaltimento è la conseguenza, l'obiettivo principale di un piano di smaltimento.
Quindi, la spiegazione che ha dato l'Assessore mi fa dire che si tratta di un emendamento che sarebbe meglio venisse ritirato per non andare avanti con questa polemica.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cavallera.



CAVALLERA Ugo, Assessore all'ambiente

Sono d'accordo a che si ritiri l'emendamento, non è questo il problema è solo una questione nominalistica. Faccio però presente ai colleghi che il piano di smaltimento dei rifiuti di carattere generale, tralasciando per il momento il discorso dell'amianto, sarà confezionato con l'individuazione dei fabbisogni, di aree o di bacini, mentre l'individuazione puntuale sarà di competenza dei soggetti attuatori.
Nella materia dell'amianto, così come viene impostata e sorretta anche con i finanziamenti di livello nazionale, oltre ad esserci un piano, vi sono anche dei finanziamenti, per esempio per l'area casalese, che risulta essere la più critica a livello regionale.
Nel momento in cui si localizza, per esempio, nel Comune di Casale, la necessità di andare verso questa soluzione, si individuerà un soggetto attuatore, che può essere il consorzio oppure un soggetto individuato ad hoc. Successivamente si andrà ad una procedura di localizzazione che sarà sulla particella "a" piuttosto che sulla particella "b".
Si tratta di un discorso puramente nominalistico, per me se il Consiglio vuole lasciare la parola "sito", sono d'accordo.
Ritengo che, in termini processuali e procedurali, sia giusto chiedere al pianificatore di specificare la localizzazione, perché per me "località" è un termine geografico, definito sul territorio, mentre "sito" è la puntualizzazione che avverrà in sede esecutiva. Mi rimetto, comunque, al Consiglio.
Ritengo più coerente la proposta che abbiamo presentato, non dobbiamo comunque attardarci a discutere sulla parola "sito" o "località".
Ritengo sia utile lasciare questa dicitura, comunque posso ritirare l'emendamento.



PRESIDENTE

L'emendamento è pertanto ritirato.
Pongo ora in votazione l'emendamento presentato dall'Assessore D'Ambrosio e dalla Consigliera Bortolin.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 49 Consiglieri presenti.
La parola al Consigliere Ferraris per dichiarazione di voto.



FERRARIS Paolo

Ringrazio il Presidente per avere anticipato la discussione su questo punto all'o.d.g., perché è assolutamente importante che venga analizzato oggi.
L'Assessore Cavallera può confermare, e ce ne è stata data notizia da funzionari che hanno partecipato sabato scorso ad un convegno a Casale Monferrato, che il Governo ha finalmente firmato il decreto per la concessione dei 20 miliardi per l'inizio della bonifica dall'amianto di Casale. Questo è un atto importante che deve subito essere sostenuto ed inserito in un piano più complessivo per evitare che un lavoro, molto importante come la bonifica di Casale, sia svincolato da un progetto generale che individua metodologie utili a tutto il resto del Piemonte.
E' importante che ci sia questo piano, perché ho sentito - sempre nel convegno di sabato - la lamentela dei residenti di Balangero che si sentono un po' abbandonati.
Pertanto invito la Giunta ad essere più attiva, più presente e a riprendere in mano la bonifica di un ambiente per il quale ci sono risorse importanti, ma che allo stato degli atti non sembra avanzare assolutamente.
Quindi, voteremo a favore di questa deliberazione per evitare che si perda altro tempo.
L'Assessore D'Ambrosio in Commissione meritevolmente aveva accettato in tre mesi di presentare il piano; sono tempi molto stretti ed è già passato un mese e mezzo; siamo veramente agli sgoccioli e non credo che riusciremmo a presentarlo in questi termini. Però sono convinto che l'Assessore possa mantenere l'impegno di farlo al più presto: l'azione dell'amianto è veramente terribile e occorre rimuoverla senza incertezze.
Martedì ci recheremo in Valle Bormida a discutere dell'ACNA, ma ricordiamo che a Casale muoiono venti persone all'anno a causa dell'amianto! Questo è un dato acquisito ed è tragico; si tratta di una vicenda di cui dovremmo parlare con grande responsabilità e con grande impegno in questo Consiglio regionale.
Durante la discussione sul bilancio avevamo chiesto, come opposizione l'inserimento di una serie di stanziamenti per le bonifiche. La Giunta non ha accettato e per noi è stata una profonda delusione.
Credo che ora l'Assessore abbia l'esigenza di avere rapidamente la disponibilità di 3 miliardi e mezzo per una serie di interventi in materia sanitaria: attrezzature per laboratori, predisposizione di reparti e così via. Questo è un atto di responsabilità che deve essere compiuto rapidamente, altrimenti si corre il rischio che sul piano ambientale inizi la battaglia, ma che sul piano medico il Piemonte non colga contemporaneamente l'esigenza di un intervento molto qualificato.
Chiedo, pertanto, che la Giunta si impegni a dare sostegno ad una serie di iniziative: l'acquisizione di apparecchiature per l'attrezzatura dei laboratori di Grugliasco, della stessa USL di Casale, per la preparazione dei reparti di oncologia che si stanno avviando.
Sono iniziative che l'Assessore conosce e che potrà anche illustrare meglio, comunque sono iniziative veramente indispensabili in questa lotta.
Mi sembra fondamentale che in Piemonte inizi una fase di consapevolezza, perché la nostra Regione ha pagato sul proprio territorio con centinaia di morti, e questa vicenda rimane, dal punto di vista ambientale ed umano, la più tragica.
Il Piemonte deve voltare pagina ed iniziare una lotta decisa. Gli strumenti ci sono - ad esempio, la legge nazionale - e abbiamo finalmente risorse di una certa entità. Un impegno deciso della Giunta renderà più efficace la lotta al terribile male provocato dall'amianto.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore D'Ambrosio.



D'AMBROSIO Antonio, Assessore alla sanità

Intervengo semplicemente per una puntualizzazione.
Ringrazio il Consigliere Ferraris, ma l'Assessorato alla sanità ha già stanziato 3 miliardi e mezzo. Mi rendo conto che sono pochissima cosa per un problema enorme come quello dell'amianto in Piemonte; speriamo che in seguito possano arrivarci contributi ulteriori. I 3 miliardi e mezzo intanto, costituiscono una realtà, considerato che è la prima volta che si dispone di uno stanziamento ad hoc!



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cavallera.



CAVALLERA Ugo, Assessore all'ambiente

Per quanto riguarda Balangero, ricordo che abbiamo già calendarizzato una consultazione in Commissione nelle prossime settimane; la presenza dell'amministratore della società pubblica costituita ad hoc ci permetterà di fare il punto della situazione e di addivenire ad un rilancio delle iniziative in questo senso.
Vi sono grossi problemi legati anche alla procedura fallimentare riguardante non solo Balangero, ma tutte le bonifiche; occorrerebbe forse un provvedimento di legge nazionale che preveda che i siti bonificati siano confiscati o che comunque passino al demanio dello Stato.
Nel momento in cui vengono spese ingenti risorse è giusto che la collettività ne abbia perlomeno la disponibilità per destinazioni di interesse pubblico.
Avremo modo di approfondire queste tematiche nelle prossime settimane in Commissione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moro.



MORO Francesco

Grazie, signor Presidente.
Ridiscutere oggi in Consiglio regionale delle linee del piano di decontaminazione dell'ambiente, di smaltimento e di bonifica ai fini della difesa dai pericoli dell'amianto, potrebbe sembrare un grande senso di responsabilità e di sensibilizzazione civile della Giunta. Ma così non è: la deliberazione regionale è piena di dati tecnici, ma lo spinoso problema di bonifica dell'amianto è ancora insoluto e grave, con tutta la realtà a rischio del Piemonte.
La stessa relazione dell'Assessorato ne evidenzia la drammaticità l'urgenza, il ritardo nell'opera di bonifica. Della delicatissima materia che ha causato gravissime malattie, come i tumori alla laringe e alla vescica, neoplasie polmonari, non c'è traccia nella deliberazione regionale.
Oggi, il grado di civiltà, di progresso civile, di democrazia di una società moderna, di una Regione importante e cerniera con l'Europa come il Piemonte, credo si misuri soprattutto sulla sicurezza dell'ambiente territoriale e fisica dei cittadini.
Non mi pare che la Giunta regionale, al di là delle enunciazioni svolga un vero ruolo di governo e di programmazione delle aree a rischio tale da garantire totalmente la salute dei cittadini, dei lavoratori, per un diverso e concreto sviluppo socio-economico.
Ecco perché, oltre alla severa critica, occorre proporre un preciso ordine del giorno del Consiglio regionale per impegnare la Giunta ad attivarsi maggiormente, affinché chi ha la responsabilità di avere utilizzato l'amianto intraprenda subito la bonifica ambientale per eliminare il grave pericolo. Per questo occorre un preciso e dettagliato programma di bonifica con tempi e luoghi di smaltimento.
Se questa sarà la volontà politica per i prossimi mesi, si darà un concreto e definitivo contributo al drammatico e grave problema dell'amianto per il Piemonte e per il nostro Paese.
Voteremo, come Gruppo di Rifondazione Comunista, positivamente per i 20 miliardi per la bonifica di Casale - problema importante e drammatico che va rapidamente risolto assieme a tutte le altre aree a rischio, di bonifica per il nostro Piemonte.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, pongo in votazione la deliberazione, il cui testo emendato verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 49 Consiglieri presenti.


Argomento:

Interrogazioni, interpellanze e ordini del giorno (annunzio)


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze e ordini del giorno pervenuti all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
Ricordo infine che il Consiglio verrà convocato per i giorni 27, 28 e 29 febbraio.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,07)



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