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Dettaglio seduta n.4 del 28/06/95 - Legislatura n. VI - Sedute dal 23 aprile 1995 al 15 aprile 2000

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PICCHIONI


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Leo, Racchelli e Scanderebech.


Argomento: Calamità naturali

b) Conversione in legge del decreto che concede i finanziamenti per la ricostruzione delle opere pubbliche nelle zone alluvionate


PRESIDENTE

Comunico che è stato convertito in legge il decreto che concede i finanziamenti per la ricostruzione delle opere pubbliche nelle zone alluvionate. La Camera ha approvato il provvedimento senza modificare il testo licenziato dal Senato. Il decreto sblocca 1.000 miliardi da destinare agli Enti locali nelle zone colpite dalle alluvioni del 1993 e del 1994.
Comunico inoltre che è pervenuta in questo momento la seguente notizia ANSA:



PRESIDENTE

"E' legge il decreto sulle zone alluvionate.
Il Sottosegretario alla Protezione Civile, Franco Barberi, ha detto di essere estremamente soddisfatto per l'approvazione del decreto: 'Non solo si tratta di un provvedimento giusto e indispensabile per la ripresa dell'economia delle zone colpite, in particolar modo in Piemonte, ma è anche la dimostrazione di come si può ben lavorare tra Governo, Parlamento ed Enti locali'".
Barberi ha ringraziato il Presidente del Consiglio, che non ha mai fatto mancare il suo appoggio nell'iter di conversione, facilitando l'approvazione del decreto entro i termini, senza necessità di reiterazione.
Tra le principali novità introdotte dal provvedimento, il via libera al rimborso di parte delle spese per i lavori di riparazione e ripristino realizzate in economia; il rimborso sarà del 20% e per ottenerlo basterà presentare un'autocertificazione.
Il decreto prevede anche l'assegnazione di un contributo di 150 miliardi, come rimborso dell'IVA, per il ripristino degli immobili distrutti o danneggiati dall'alluvione. Il decreto estende inoltre i benefici anche a favore delle popolazioni colpite dall'alluvione del 1993.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto (Elezione del Presidente e della Giunta regionale) - (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo il dibattito sul punto 2) all'o.d.g. in merito all'elezione del Presidente e della Giunta regionale, ai sensi dell'art. 32 dello Statuto.
La parola al Consigliere Moro.



MORO Francesco

Ho letto abbastanza attentamente l'ampia relazione politico programmatica dell'on. Ghigo, stilata in perfetto metodo liberista e imprenditoriale. Da essa ho rilevato criticamente alcune considerazioni politiche certamente inconciliabili con la sua filosofia privatistica e di mercato.
Debbo subito rimarcare con severità la totale mancanza di accenni ad impegni politici e finanziari della nuova Giunta di governo nel cinquantesimo anniversario della gloriosa Resistenza italiana, di cui il Piemonte, attraverso una memorabile pagina di eroismi partigiani e di popolo, ha qualificato degnamente la Regione nel contesto nazionale.
Nessun accenno, poi, viene posto sui gravi pericoli che incombono sulla pace mondiale (il delicatissimo conflitto nei Balcani, il polverone del Medio Oriente, l'assurda volontà di ripresa degli esperimenti nucleari e atomici della Francia nell'Oceano Pacifico).
Essere una Regione cerniera con l'Europa significa anche pronunciarsi sugli avvenimenti politici del vecchio continente.
Il suo documento programmatico, on. Presidente, lo definirei un "polpettone" senza vere scelte politico - economico - sociali prioritarie incisive e pilota nei vari e numerosi campi socio - economico occupazionali.
Un documento puntuale in enunciazione su tutte le tematiche di competenza regionale, ma modesto e burocratico, con i soli riferimenti alle leggi nazionali e regionali ed un forte accenno alla privatizzazione e alla libera impresa invece del sociale e del pubblico.
Lo stesso accenno al suo federalismo regionale è in netto contrasto con la nostra impostazione dello Stato delle autonomie, ovvero con la Repubblica delle Regioni, dove al Governo centrale spetterebbe la politica estera, l'interno e la linea economica, mentre alle Regioni il vero governo territoriale delle risorse e la medesima ripartizione democratica in base alle priorità socio - economico - sociali territoriali.
Oggi invece la Regione mi sembra un ente burocratico che elargisce miliardi, ma priva di forte autonomia e di una vera politica delle risorse.
Nel merito, poi, dei contenuti programmatici di sviluppo socio economico - occupazionali della relazione, vorrei solo puntualizzare alcuni aspetti lacunosi in materia di agricoltura e di sanità.
L'agricoltura, che è una tematica economica centrale e prioritaria per lo sviluppo sociale e civile per una Regione moderna ed europea, viene analizzata nella sua relazione in modo schematico, senza scelte concrete realistiche per incentivare la presenza dei giovani, delle donne, dei disoccupati, dei licenziati dalle fabbriche attraverso un maggior reddito agrario come l'agriturismo di pianura, di collina e di montagna. Mi riferisco anche a maggiori incentivazioni regionali rispetto alle attuali leggi sulla cooperazione, come la costituzione di gruppi di contadini sia di pianura che di collina e di montagna per gli acquisti collettivi di concimi, fertilizzanti, dei mezzi tecnici, dello sviluppo aziendale, per una maggiore valorizzazione delle cantine sociali, delle associazioni dei produttori vitivinicoli piemontesi, dell'allevamento zootecnico soprattutto della pregiata razza bovina piemontese, del latte e del suo sottoprodotto, creando caseifici o centri attrezzati per la produzione dei formaggi tipici, incentivando anche allevamenti sperimentali di caprini ed ovini.
Credo anche che occorra intervenire sugli Ispettorati Agrari, per snellire l'iter burocratico delle domande per il conseguimento dei vari finanziamenti dei singoli contadini o associati per le leggi nazionali o regionali CEE, FEOGA, piani aziendali, corsi professionali.
E' evidente che occorre potenziare maggiormente il reddito agrario incentivando al massimo l'agriturismo per le aziende agricole e non a quelle con capitali esterni al mondo agricolo.
Così pure vanno ampliati i viaggi-studio per soli contadini per visionare realizzazioni pilota in campo zootecnico o vitivinicolo di altre regioni o nazioni europee.
Non ho registrato alcun accenno ai problemi delle terme e al termalismo (Stresa-Acqui), i cui risvolti economici, occupazionali, sanitari e turistici sono notevoli anche per l'intero Piemonte.
Sulla grande questione della sanità credo di poter affermare che occorre dover dare la massima centralità e priorità non solo perché impegna massimamente le risorse finanziarie dell'Ente Regione, ma perché è di vitale importanza per la salute dei cittadini piemontesi. In proposito penso che le grandi speranze per una più equa sanità proposte dalla legge nazionale n. 833 e dai decreti legge n. 502 e n. 517 oggi siano svuotate nei loro contenuti innovativi.
La stessa priorità della prevenzione sulle malattie, che dovrebbe qualificare la politica sanitaria nazionale e regionale perché ne ridurrebbe i costi di degenza e di cure specialistiche, non è collocata nella giusta ottica.
Così pure vanno maggiormente organizzate le UU.SS.LL. Ho letto che si propone un'ipotesi di nascita di un'Agenzia sanitaria esterna all'Assessorato alla sanità. Per cui si dà in appalto ai privati la gestione della sanità pubblica già tentata in passato? E' una domanda che faccio. Se ciò avvenisse sarebbe veramente incredibile.
Per cui oggi con l'avvento in Regione e nel Paese di una concezione privatistica ed aziendale della politica sulla sanità, privilegiando il mercato, si assiste ad una fase di controriforma, dove curarsi seriamente sta diventando quasi un lusso e a questo punto possono solo curarsi in pochi e quelli più facoltosi.
Come Gruppo di Rifondazione Comunista presente nell'Ente Regione faremo una durissima opposizione di critica e di alternativa alle scelte reazionarie del centro-destra per addivenire alla giusta soluzione dei gravi problemi sociali, economici ed occupazionali del Piemonte, primo fra tutti quello di sollecitare la nuova Giunta ad impegnarsi seriamente per la ricostruzione vera e non parolaia delle zone alluvionate, del risarcimento concreto dei gravissimi danni per evitare una vergogna nazionale che sembra già profilarsi. Sono già passati sette mesi e sono francamente troppi.
La gente delle mie parti è arrabbiata ed inviperita. Credo che arriveremo presto anche alla disobbedienza civile.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Riggio.



RIGGIO Angelino

Gentili signori, c'è una cattiva sensazione che mi porto appresso da quando è iniziato questo Consiglio. E' che questa seduta sia una pura formalità e che sia vissuta come tale soprattutto dalla maggioranza e dalla Giunta che sta per costituirsi. E' una sensazione a cui contribuiscono diversi fatti.
E' stato abbastanza antipatico il fatto che ci sia stata ieri una conferenza stampa e la presentazione ai giornalisti del documento di programma ancor prima che a questo Consiglio. La cosa mi è parsa poco rispettosa verso lo stesso Consiglio.
Ci sono altri fatti. Devo dire che, per cultura, per formazione e per abitudine, sono spinto a stimare parecchio l'avversario. Per questo motivo questo documento mi ha lasciato veramente stupefatto, perché mi aspettavo un volare alto, il coraggio delle opinioni, delle scelte, un tratteggiare il Piemonte del 2000 come lo vuole la destra, il che sarebbe nulla di male.
Io faccio parte della sinistra ed ovviamente tifo perché il governo vada alle sinistre, ma non considero un dramma che ci sia un'alternanza, anzi è un beneficio per la democrazia. Però mi aspettavo di trovare tratteggiata la proposta del Piemonte del 2000.
Invece niente di tutto questo. Non c'è proprio alcuna voglia in questo documento di volare alto, e mi sono chiesto il motivo.
Una delle spiegazioni che mi sono dato, che mi rifiuto di credere, è che sia di basso profilo il personale politico che ha prodotto questo documento.
Un'altra spiegazione che mi sono dato è che probabilmente la redazione di un documento di programma sia considerata come un proforma, come questa stessa seduta consiliare. Finora è intervenuto soltanto un rappresentante della maggioranza, il Consigliere Leo - che ringrazio per il suo intervento come se la discussione sul documento di programma fosse una cosa che riguarda semplicemente le opposizioni, tanto per soddisfare le loro esigenze, in quanto "i giochi sono già fatti, quindi il vero lavoro comincerà domani nei diversi Assessorati". Dio mio, speriamo che non sia questo! C'è un'altra spiegazione che mi preoccupa ancora di più per il Piemonte: la consapevolezza di quanto sia debole l'esecutivo che si va a formare.
Debbo dire che il documento in parte riflette questa preoccupazione che ho avvertito, in quanto colpisce, dal punto di vista semantico, per la sua frammentarietà. Indipendentemente da un'affermazione di carattere politico è l'estrema frammentarietà di questo documento che colpisce, come se fossero stati costruiti diversi pezzi e a loro volta assemblati per virt divina, per necessità di coalizione da parte di qualcuno. Resta per evidente il fatto che ogni Assessore ha voglia di controllare il suo piccolo feudo.
Questa è veramente un'altra cosa che non ci auguriamo per il Piemonte che ha bisogno di un governo e di scelte unitarie, ha bisogno di un'alta progettualità.
Faccio riferimento alla mia professione e al mio specifico come operatore della sanità, quindi ho letto con una certa attenzione il documento in materia. Mi sono chiesto quali siano le eccellenze che vengono individuate, attuali o potenziali, del Piemonte in campo sanitario. Quali sono le proposte per la sanità del 2000 che vengono avanzate da questo documento. Nulla.
C'è un elenco per titoli, qualcuno ha parlato di indice, ed è veramente così, e a fianco di alcune cose sicuramente condivisibili come la sburocratizzazione, l'accessibilità ai cittadini, l'eliminazione delle code, che sono dei luoghi comuni, manca nel documento di programma un elemento che ormai ogni amministratore considera quasi indispensabile. Il documento di programma non è un elenco di desideri, ma è innanzitutto un'idea forza, un'idea guida che dovrebbe essere a monte e prima dei vari programmi di settore che attraversa come un filo, rosso o nero, tutto il programma. Questa idea forza non c'è. Ci sono un po' di desideri, ma non bastano i desideri per fare il programma. Bisogna individuare gli strumenti, i percorsi, le risorse e questo non è dato di trovarlo.
Inoltre in questo indice preoccupano alcune assenze, soprattutto quella delle parole: "prevenzione ed epidemiologia". Sono parole completamente inesistenti nel documento di programma. Per la verità, la parola prevenzione è citata in un capoverso che leggo testualmente: "Prevenzione ricerche e vigilanza, organizzazione delle attività di igiene e medicina del lavoro", come se il problema della prevenzione fosse soltanto questo.
Poi, di fatto, c'è una presa d'atto delle intenzioni dello Stato. Non parlarne è già una scelta; significa che non esiste questo tipo di filosofia e di mentalità.
Mi dispiace perché il discorso della prevenzione per gli operatori sanitari - so che l'Assessore alla sanità sarà un mio collega - è un dato veramente importante che inevitabilmente necessita di alcuni rimandi ad altri Assessorati. Come si fa a parlare di sanità e a non parlare di ambiente in una regione che all'inizio del secolo aveva tre morti su cento per tumori e adesso ne ha trenta su cento? E' fondamentale che ci sia una rilevazione epidemiologica delle patologie, che ci siano delle individuazioni di scelte in base a quelle che sono le vocazioni e le necessità, altrimenti la Regione non fa altro che prendere atto di quello che c'è e gestirlo senza avere la capacità di individuare delle scelte strategiche.
Nel documento non si parla della accessibilità dei servizi. Non è vero che noi abbiamo soltanto una sanità allo sbando, noi abbiamo anche delle buone strutture operative, ma queste sono accessibili? Non sono accessibili? Perché non entrare anche nel merito di quella che è la riforma delle attuali UU.SS.LL.? E' mai possibile che ai Sindaci sia riservato un ruolo così marginale sulla questione della sanità? Non mi sembra giusto che i Sindaci debbano passare giornate intere a discutere della buca nell'asfalto e non abbiano, invece, la facoltà, la possibilità di intervenire in modo concreto sulle questioni della sanità.
E' un bel discorso l'unificazione delle strutture sanitarie, ma se tra Nichelino e Moncalieri c'è di mezzo un passaggio a livello e mio padre ha l'infarto, morirà lì! Bisogna porsi questo tipo di problema, è necessario quindi riallacciarsi ad un discorso globale di politica del territorio. Questo discorso non si evince, non si ritrova all'interno di questo documento, che è di estrema povertà; mi chiedo ancora il perché.
Un'ultima considerazione sulla sanità e sui servizi.
Si dice che la qualità e la quantità dei servizi erogati a vantaggio del sistema delle imprese e delle famiglie è misura dell'efficienza della struttura regionale. Non è soltanto misura dell'efficienza della struttura regionale, ma è esso stesso prodotto qualificato e risorsa; questo vale sia per il settore della cultura, sia per il settore dell'assistenza e sia per il settore della ricerca. Mancano questi elementi di scelta. Non si capisce come mai nella regione dell'informatica non si incominci a parlare seriamente della informatizzazione, dello studio del medico di base per eliminare le code, dell'incentivazione della medicina di gruppo, della medicina generale indispensabile per le rilevazioni di carattere epidemiologico e per la prevenzione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vaglio.



VAGLIO Roberto

Il mio sarà un breve intervento per sottolineare alcuni passaggi del Programma presentato dalla futura Giunta Ghigo, che ritengo estremamente importanti.
Passaggi che ritengo non siano stati sufficientemente apprezzati, o addirittura fraintesi, dai colleghi dell'opposizione.
Mi riferisco in particolare al programma sull'agricoltura, laddove vengono richiamati alcuni problemi che riteniamo di urgentissima risoluzione. Problemi che hanno una continuità, in un certo senso, con l'azione della Giunta Brizio, ma che in effetti hanno questa continuità solo ed esclusivamente in quanto frutto di un tavolo di trattative, di coordinamento e di consultazione che ormai è in piedi e che noi riteniamo debba diventare sistematico con le forze sociali e con le forze economiche del settore.
Ritengo sia una grossa novità il dichiarare apertamente la continuità con un'azione di governo precedente, sia pure di diverso colore politico perché sono gli operatori del settore che hanno già indicato come prioritari questi obiettivi.
Un altro segnale che io ritenevo fosse molto interessante, ma che non è stato affatto rilevato, è l'intenzione, da parte della Giunta Ghigo, di dare vita ad un Assessorato dedicato alla montagna.
In venticinque anni di vita della Regione Piemonte le comunità della montagna piemontese hanno richiesto sovente, ad alta voce, la realizzazione di questo dipartimento specifico del governo regionale, ma la risposta è sempre stata a volte evasiva, a volte del tutto negativa. Ritengo che questo sia stato un errore molto grande, che ha portato queste aree marginali ad essere ancor più marginalizzate e ad accentuare ancora di più i problemi.
Questa Giunta ha ritenuto che fosse arrivato il momento di dare una risposta responsabile ed urgente ai problemi della montagna, ha ritenuto che le linee d'azione, indicate dalla legge nazionale n. 97 e dal disegno di legge sulla montagna - che, purtroppo, il Commissario di Governo ha rinviato - dovessero essere fortemente riprese, incentivate e portate a realizzazione. Soprattutto perché noi piemontesi abbiamo una considerazione forte della montagna, ovvero che la montagna non può più permettersi di perdere popolazione, non può più permettersi di essere area di abbandono perché le conseguenze di questo abbandono ricadono drammaticamente sotto forma di alluvione, sotto forma di dissesti idrogeologici su tutta la regione, anche, e soprattutto, sulle aree di pianura e di grande concentrazione industriale.
Penso che siano molti i colleghi, anche dell'opposizione, che si riconoscono in questa scelta e che comprendono che questi sono momenti unificanti e soprattutto indicazioni precise di volontà politica. Non è vero, come qualcuno ha detto, che il programma non vola alto: è un programma che vola moderatamente alto. Moderatamente alto in considerazione di una sommatoria di problemi irrisolti, di una sommatoria di problemi mai presi in considerazione, che il governo della VI legislatura si è trovato in eredità, e che responsabilmente ritiene di risolvere. Nei settori che conosco meglio ritengo che le risposte siano state date e siano più che esaurienti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Papandrea.



PAPANDREA Rocco

Colleghe e colleghi, molto spesso si dice che quello dell'occupazione è il problema numero uno. In realtà, non solo oggi qui, ma spesso nella prassi di governo, ci troviamo di fronte al fatto che questa, che a mio avviso è realmente l'emergenza più grave del Paese, viene dimenticata o subordinata a molte altre.
Credo che l'impostazione del documento che ci è stato presentato sia esattamente questa: non c'è solo la genericità che già altri avevano sottolineato, ma manca proprio un approccio al problema occupazionale. Non viene colta la drammaticità e la gravità di questo problema, anche se fatti come quelli di questa mattina magari ce lo ricordano; ci ricordano che per molta gente, per milioni di persone in questo Paese e per decine di migliaia in questa città, è un problema drammatico, che ha a che fare con il modo di vivere e la sopravvivenza di intere comunità.
Nella parte finale di questo documento vengono enunciati degli intenti anche giusti. Si parla di qualificare l'offerta di lavoro, di renderla più rispondente alla domanda: tutte cose senz'altro positive, ma che hanno poco a che fare con il problema di fondo, quello della mancanza di posti di lavoro. Si possono qualificare fin che si vuole i disoccupati, però, se non si creano posti lavoro, se non si crea la domanda, vi saranno persone qualificate che comunque non lavoreranno: diventeranno disoccupati qualificati, anziché disoccupati non eccessivamente qualificati.
L'altro approccio è quello che purtroppo sentiamo sempre: "Se c'è sviluppo economico, c'è occupazione". Questo è falso; credo che gli ultimi anni evidenzino chiaramente che questo non è vero, che sta nelle pie intenzioni, ma poi i fatti sono diversi. Sui giornali di questa mattina ho letto, ad esempio, che l'Olivetti va meglio dell'anno precedente e si prevede che il prossimo anno andrà ancora meglio. Però si dice: "Licenzieremo, ridurremo i posti di lavoro", quindi non è vero che lo sviluppo, il rilancio delle imprese di per sé porti occupazione. E' dunque necessaria una politica concreta che - ripeto - manca nelle proposte.
Inoltre, io credo che ci sia anche una certa sottovalutazione della gravità del momento. Si dice: "La fase negativa dell'economia è alle spalle; ci sono ancora le nuvole, ma andrà bene". Queste dichiarazioni possono andar bene se si fanno delle osservazioni meteorologiche; se invece si fanno delle osservazioni sull'economia, non è esattamente così.
L'elemento centrale che ha permesso, perlomeno all'industria italiana e a quella piemontese, di superare la fase di difficoltà gravissima attraversata un anno fa - non dimentichiamo che all'inizio dell'anno scorso quasi tutte le grandi imprese di questa regione erano in una situazione di grave crisi - è stato soprattutto la svalutazione della lira. E' così: non c'è stata altra politica delle aziende se non cogliere le occasioni offerte dal cambio, dalla svalutazione, dalla possibilità di esportazione.
Tra l'altro questo elemento, che nell'immediato ha avuto ricadute positive, nel futuro avrà delle ricadute negative in termini di costi per le stesse imprese. Inoltre, è un elemento che rilancia l'inflazione - e lo abbiamo potuto verificare con le politiche attuate dal Governo - e che quindi incide sui consumi delle famiglie di questo Paese. E' un elemento che in sé rende più difficile il rilancio del mercato nazionale: è vero che si esporta di più, però il livello di consumi del nostro Paese resta estremamente basso. Senza di ciò, non penso che la ripresa sarà duratura.
Tuttavia, non basta la ripresa, non basta il rilancio. Si possono fare molti esempi. Prima ricordavo l'Olivetti, mentre questa mattina abbiamo vissuto il problema dell'Alenia. Quest'ultima è un'azienda qualificata e capace, ma mancano i finanziamenti che riescano a farla decollare. Su questo bisogna intervenire, però anche in questo caso manca una politica concreta di occupazione.
Non dimentichiamo che in questa azienda continua ad esserci lavoro; e mentre si verificano fenomeni di protesta, come quello a cui abbiamo assistito questa mattina, all'interno della stessa azienda altri lavoratori fanno numerose ore di straordinario. Questa è la politica che fanno le aziende, e la fanno tutte.
Questa mattina, il Presidente Ghigo nella sua relazione diceva che "la FIAT ha previsto grandi investimenti e quindi ci sarà occupazione". Io ho lavorato in FIAT fino a 15 giorni fa; ho fatto molte trattative sindacali e le informazioni in mio possesso corrispondono poco a questo tipo di speranza.
Sappiamo che 15 giorni fa 450 dipendenti della FIAT Rivalta che lavorano sulla linea della Tipo sono stati messi in cassa integrazione questo provvedimento è stato una sorpresa, perché non ci si aspettava una cosa di questo genere, anche se si sapeva che, in ogni caso, entro fine anno quella linea e quella lavorazione sarebbero state sospese. Quindi i lavoratori, non solo i 450, ma anche gli altri, si troveranno di fronte a problemi di occupazione.
Nel reparto meccanica - dove lavoravo anch'io - intere lavorazioni verranno trasferite in Polonia (come quelle relative ai motori tipo 903) o in meridione, nello stabilimento di Pratola Serra, che entrerà in funzione prossimamente. Quindi il problema di cui si discute in fabbrica è il rischio che all'inizio del prossimo anno in FIAT ci sia nuova cassa integrazione strutturale. E invece in questa sede si spera che consistenti investimenti generino occupazione.
Credo che questo sia un modo errato di porre il problema. Noi, come amministratori, come Consiglieri regionali dobbiamo essere in grado di affrontare il problema occupazionale ponendolo al centro dell'attenzione avendo capacità di proposte specifiche e di iniziativa politica. Dobbiamo renderci conto che non si tratta di subordinarlo ad altri elementi, ma che occorre avere una capacità precisa di promozione. In particolare, quando si discute di investimenti e di contributi, bisogna che questi siano collegati ad una politica concreta di occupazione e di sviluppo dell'occupazione.
Bisognerebbe non solo elargire, ma subordinare l'erogazione di certi fondi al fatto che queste aziende non abbiano un comportamento quale quello che abbiamo conosciuto, cioè da una parte, quando c'è crisi, espellere e dall'altra, quando c'è rilancio, andare ad un uso degli straordinari massiccio, spesso molto al di là dei contratti e delle stesse leggi.
Credo che su questo si possa intervenire, se vogliamo veramente affrontare il problema occupazione. Sicuramente occorre partire anche dal problema del controllo e della riduzione degli orari. Possiamo contribuire alla soluzione di questo problema facendo sì che nella nostra azione nell'azione che avrà la Regione, il tema dell'occupazione abbia una sua centralità e che stia al centro di tutti i tipi di intervento.
Si può aiutare l'occupazione anche affrontando il problema della sanità, della prevenzione degli infortuni e della prevenzione della salute sui posti di lavoro. I sistemi possono essere molti. A mio parere nel documento questo tipo di problematica non esiste, mentre per noi è una problematica centrale.
Nella prossima fase occorrerà quindi non partire dalla logica attuale ma rovesciare l'impostazione che c'è stata finora e che permane in questo documento - che, ripeto, non è nuova - per mettere realmente al centro degli interessi i problemi della gente, i problemi dei disoccupati cercando di dar loro finalmente una soluzione.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Manica.



MANICA Giuliana

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, vorrei fare due considerazioni su quelle che mi paiono essere due anime contenute nel Programma che ci è stato presentato.
Una prima anima è rappresentata da quegli aspetti che all'interno del Programma vengono presentati come innovativi, e che io ho trovato la parte più deludente nell'impianto generale di governo; mi è sembrata mancare una cultura di governo del centro-destra in questa Regione e mancare un'idea di sviluppo del Piemonte. In questo testo non ho trovato alcune questioni chiave di una cultura e di una politica di governo che avrei invece ritenuto - queste sì - innovative rispetto all'oggi, che sarebbero state quindi emblematiche rispetto alla crisi che questa Regione vive e alle alternative secche che potrebbe incontrare l'applicazione di un discorso di riqualificazione diversificata all'interno di questo territorio. Quali alternative altrimenti rimarrebbero, come l'IRES ci ha fatto rilevare in recenti studi? Quella del declino o quella di un semplice rilancio sulle basi tradizionali o quella invece di un puro balzo tecnologico polarizzato.
Un'altra parola chiave che avrei voluto trovare, che sarebbe stata innovativa di un'idea di governo, è quella di una nuova idea di Welfare State, che da puro gestore ed erogatore di servizi diventi invece creatore di nuovi mercati e di una politica di pari opportunità. Non ho ritrovato poi, in senso strategico, il ruolo della cultura, della ricerca e della formazione, che mi sembra una questione chiave oggi per il rilancio dello sviluppo. Non ho ritrovato un'idea di fase costituente, da aprire, per la Regione Piemonte, ritengo in due direzioni. Da un lato, in direzione dello Stato centrale e, dall'altro lato, in direzione di un rapporto con gli Enti locali, i Comuni e le Province, dentro e ben oltre l'art. 3 della legge n.
142.
Un altro aspetto che mi è parso trattato in modo reticente e poco innovativo, su cui invece si sono spese ben altre proposte, è l'idea di federalismo fiscale, così come è stata proposta. Per realizzare ci basterebbe, come molte Regioni hanno sollecitato in questi anni e in questi mesi, una semplice nuova legge ordinaria dello Stato. Si sarebbe potuto parlare, come sollecitazione, della possibilità di unificazione in un solo tributo, in una sola tassa, ad esempio, di tutte le tassazioni in materia energetica, come hanno fatto importanti Regioni anche in questi anni; della restituzione alle Regioni di tributi erariali sugli scambi e sui consumi ecc.
Altra cosa che mi è sembrata mancare, è l'idea di coniugare efficienza e solidarietà; si cita semplicemente, un po' negandola, la seconda, dentro una cultura che ritiene la solidarietà solo appesantimento ed inefficienza e non un volano profondo di una stessa nuova idea di efficienza nella società moderna. L'altra anima del programma, quella direi "non innovativa", dal punto di vista di una cultura di governo contiene proposte più serie e più concrete.
In relazione a questo aspetto del programma - se mi è consentito dirlo in particolare ho ritrovato l'eco di una programmazione e di una legislazione significativa che ha caratterizzato l'esperienza dell'ultima Giunta di centro-sinistra in questa Regione. Le cose più significative in questo programma richiamano leggi e provvedimenti di quell'ultima esperienza. Farei su questi due aspetti due esempi concreti: il primo riguarda la questione dell'ambiente, su cui comincio con alcune considerazioni più generali. Penso che oramai dalle prime politiche ambientali caratterizzate semplicemente dall'emanazione di normative speciali, mirate al contenimento di immissioni inquinanti o nell'atmosfera o nell'acqua o nel suolo e di provvedimenti specifici, si sta invece passando nella nuova cultura sulle problematiche ambientali ad azioni ed a strumenti di carattere globale e all'adozione di speciali procedure quali le valutazioni di impatto ambientale in grado di realizzare la prevenzione degli effetti negativi dell'ambiente. In questa Regione sono state avviate e a mio avviso devono essere ulteriormente rafforzate, politiche ambientali fondate su questi obiettivi generali, dal risanamento finalizzato al ripristino di condizioni ambientali accettabili, a serie politiche che devono riguardare la prevenzione.
Occorrono poi iniziative intese a ridurre l'impatto negativo sull'ambiente e, ad esempio, ad incentivare il riuso del riciclo dei materiali. In questo senso la legge n. 59/95 è stata un'importante scelta in questa direzione. Si tratta quindi, in sostanza, con queste politiche di andare oltre il puro e semplice risanamento che pure è importante ed indispensabile, ma che condanna semplicemente ad una pura politica di inseguimento dell'emergenza e non programma invece un intervento di riuso di prevenzione sul territorio cui ci richiama la dichiarazione di Rio de Janeiro.
Ho ricordato prima alcuni interventi che andavano in questa direzione nell'ultima esperienza di governo, dal Piano triennale per la tutela ambientale, all'ARPA (Agenzia regionale per l'ambiente), alla definizione di una politica attiva sui rifiuti e poi ad importanti momenti quali il Piano territoriale per il Piemonte, il Progetto territoriale per il Po, che sono di grande significato anche in rapporto al ruolo delle Province.
Interventi che qui non sono stati richiamati, ma che hanno fatto parte di una nuova cultura di programmazione su questo terreno. Questo è il primo esempio.
Se dovessi avanzare delle sollecitazioni ulteriori - ma vedo il tempo scorrere e pertanto ne elenco i titoli - mi sembrerebbe importante - non l'ho ritrovato - andare oltre questa linea tracciata, ad esempio pensando alla realizzazione di Testi Unici settoriali, coordinati, semplificati, per evitare confusioni e duplicazioni. Penso all'importanza del coordinamento tra gli Assessorati competenti e soprattutto tra gli uffici di ogni Assessorato, attraverso Conferenze di servizi e quant'altro; penso alla razionalizzazione, alla velocizzazione dei percorsi autorizzativi; penso ad un'azione collaborativa o anche impositiva, come alcune di queste leggi già prefigurano nei confronti delle stesse Amministrazioni locali e penso che ogni iniziativa regionale, soprattutto se attivata attraverso leggi, debba essere subordinata ad una valutazione di fattibilità e di praticabilità preventiva sul territorio rispetto al quale essa si rivolge.
Un esempio poi rispetto alla seconda parte del Programma, che mi è parsa particolarmente carente, quella che doveva esprimere una cultura di governo e di innovazione. Innanzitutto mi pare significativa l'assoluta assenza, neanche una parola in questa direzione in termini di un progetto vero, su quella che avevo chiamato una nuova idea di Welfare State, che da gestore ed erogatore di servizi diventi creatore di pari opportunità e di nuovi mercati, riorganizzando, invece che erogando, la società dei servizi trasferendo quindi risorse verso settori sociali e culturali dell'assistenza e della formazione, segmenti di mercato più inesplorati che possono arricchire la qualità sociale e l'occupazione; quindi completamente il contrario di una politica burocratica ed assistenziale. Questo potrebbe essere volano dell'efficienza, non limite, non palla al piede. E' qui significativo che manchino proprio alcune delle parole più forti delle culture e delle politiche che su queste problematiche si sono espresse e più hanno elaborato in questi anni.
Penso, ad esempio, alla cultura delle donne, alle proposte profondamente innovative di rilettura del Welfare che sono state proposte.
Avanzo due sollecitazioni a questo Consiglio.
La prima, il terreno degli orari. Una legge importante in questo Consiglio regionale è già stata approvata. Può un'idea di piano regolatore degli orari, oltre che a quello degli spazi, essere un'importante proposta su cui indirizzare i Comuni e le comunità locali? Penso ad un'altra questione di grande importanza, su cui si è impegnato recentemente il Parlamento e su cui in molte Regioni italiane si sono approvate leggi in tale direzione. E' il terreno delle politiche familiari e delle politiche sulla valorizzazione del lavoro di cura: esistono centri per la famiglia in importanti Regioni, esistono nuovi modi di occuparsi del lavoro di cura e dello Stato sociale che sono esperienze estremamente innovative. Il fatto che di questo non si dica neanche una parola a mio avviso è emblematico di una cultura. Detto questo, verificheremo le cose dette nel Programma, rispetto ai nuovi appuntamenti, quelli di merito, dal lavoro degli Assessorati a scadenze importanti, di verifica, che saranno quelle di bilancio. A noi l'opposizione non pregiudiziale, certo, ma di alternativa di progetto e di controllo senz'altro, che rappresenti, come ha già rappresentato la Giunta precedente, un'alternativa di governo per il Piemonte.
Cercheremo di rappresentarla qui, con il lavoro in questo Consiglio e nelle Commissioni, così come nella società piemontese, ma anche negli Enti locali, nei Comuni e nelle Province del nostro territorio.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliera Manica.
La parola al Consigliere D'Ambrosio.



D'AMBROSIO Antonio

Signor Presidente, cortesi colleghi, mi sarei aspettato dall'opposizione e in particolare dalla Consigliera Spagnuolo, se non altro per la carica istituzionale da lei ricoperta nel recente passato considerazioni e proposte di spessore diverso e meno superficiali su problemi che toccano tutti da vicino, quotidianamente. Mi pare ovvio che in un Programma non si possa specificare nei dettagli il da farsi in ogni singolo settore e tra l'altro non mi risulta che ciò sia stato fatto nei Programmi delle precedenti Giunte, soprattutto per quanto riguarda la sanità. Anzi.
Al collega Bellingeri debbo dire che molte delle cose da lui dette sono da noi ampiamente condivise, anche perché contenute nelle ormai codificate leggi nazionali e regionali.
Al collega Saitta, che diceva di essere sorpreso perché dedicavamo solo due righe alle tossicodipendenze e all'AIDS, debbo dire che gli è sfuggito il fatto che noi proponiamo addirittura la costruzione di un centro per i malati di AIDS, il che significa che vogliamo una cura di questi pazienti vogliamo che ci sia una ricerca scientifica, vogliamo che in questo stesso centro ci sia la possibilità di accogliere quei malati di AIDS che debbono essere sottoposti a pene detentive e che, come voi ben sapete, per legge vengono rimessi subitaneamente in libertà. Per le tossicodipendenze siamo stati concisissimi, ma penso che, nel momento in cui noi diciamo che la pseudocultura della droga va combattuta con la vera cultura della prevenzione e dell'assistenza, sinteticamente abbiamo espresso cose fondamentali.
Al collega Moro, che era preoccupatissimo per l'istituendo nuovo carrozzone politico - l'Agenzia - debbo ricordare che in Emilia Romagna e in Umbria, dall'1 gennaio scorso, è già nata l'Agenzia per la sanità. Ma debbo immediatamente dirti, caro collega, che questa Agenzia non sarà un carrozzone né tantomeno limiterà l'autonomia dell'Assessore; questa Agenzia, quando sorgerà, sarà di supporto all'Assessore, sarà un'Agenzia che avrà valutazione comparativa dei costi, sarà un'Agenzia che segnalerà le disfunzioni e gli sprechi nella gestione delle risorse personali e materiali.
Al collega Riggio, doppiamente collega perché Consigliere e perch medico - sono anch'io medico di base - debbo dire che non potevano sfuggirmi delle realtà (vivo nella sanità da venticinque anni) che sono nel quotidiano. Tutti conoscono l'importanza che il medico di base deve assumere in questa nuova sanità. Tutti sanno e tutti debbono sapere, per che il medico di base deve, prima di accampare diritti, assolvere a doveri ai quali negli ultimi anni si è sottratto frequentemente. Io sostengo che il medico di base sarà indispensabile in questa riforma, perché è dal medico di base che verrà fatta prevenzione, è il medico di base che limiterà i ricoveri, è il medico di base che in un collegamento diretto con le UU.SS.LL. e gli ospedali, in un'ottica di meccanizzazione generale - è anche questa la sanità del 2000 - potrà fare molto per la sanità stessa.
Il collega diceva, inoltre, di essere preoccupato per l'emergenza. Noi abbiamo detto che il 118 va ristrutturato, va incentivato, va esteso a tutto il territorio, e questo sollecitamente. Non possiamo, nel Programma dire come vogliamo farlo e come non vogliamo farlo. Abbiamo enunciato, nel nostro Programma, delle priorità ed evidenziato le linee politiche da seguire nella gestione di questo importantissimo settore: passare dalla gestione partitica della sanità, quella gestione che soprattutto in Piemonte ha dilapidato risorse economiche ed umane ingenti, ben altrimenti utilizzabili, alla gestione tecnico-politica, che non sarà più di parte e che darà al malato ed al medico la centralità che gli compete, senza più scandali, bustarelle, intrallazzi, doppie o triple fatture. Si è evidenziato, nel nostro breve programma, che la riforma non deve essere una rivoluzione degli economisti, ma la rivoluzione della sanità per il cittadino malato. Abbiamo ribadito che lo Stato e quindi le Regioni debbono garantire al cittadino le cure primarie (urgenze, ospedale, guardia medica medicina di base) e che il cittadino deve contribuire alla spesa sanitaria in base al suo reddito. Abbiamo evidenziato che il nostro obiettivo nella sanità non deve essere solo la cura delle malattie, ma soprattutto la prevenzione delle stesse per una qualità di vita migliore. E allora io sono certo che i trattati che oggi ci vengono chiesti dall'opposizione per esplicitare il programma per la sanità li presenteremo non a parole, ma saranno gli atti amministrativi concreti di questa nuova Giunta di centro destra. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere D'Ambrosio.
La parola al Consigliere Cavaliere.



CAVALIERE Pasquale

Grazie, signor Presidente. Colleghi Consiglieri, il Programma che la Giunta ci ha presentato, pur contenendo degli spunti interessanti ed anche mi si consenta - delle scontate ovvietà, è privo di un approccio fondamentale e cioè di obiettivi di governo. Non vengono indicati, nemmeno sui grandi temi, gli obiettivi strategici e di legislatura. A tratti abbiamo anche avuto l'impressione di trovarci di fronte ad un programma preconfezionato, sul modello di quegli studi commissionati a società specializzate. Con la differenza che forse questo può funzionare per pianificare una campagna elettorale, ma non per esprimere un modello di governo, che ha bisogno di idee, ma anche di persone e delle loro passioni un programma - consentitemi - senz'anima, che non pare approfondirsi nei problemi, nei travagli, nella vita dei nostri concittadini.
Non vi è alla base di questo Programma una dimensione anche etica generale di contesto, di dove è situata la nostra regione, di una regione che vive le contraddizioni di essere una realtà del nord Europa occidentalizzato, nel rapporto con il grande tema della pace che viviamo messo in pericolo non a tanti chilometri da noi, e soprattutto della grande contraddizione del rapporto nord-sud che noi stessi viviamo.
Sottolineo il fatto che non ci sia nessun riferimento ad una grande contraddizione, che, anche in questi giorni e in queste settimane, genera grandi tensioni, come quella dell'immigrazione extracomunitaria, né al rapporto della nostra regione con l'economia del sud del mondo, cioè di come anche noi in qualche misura influiamo sullo sviluppo del Nord Africa o, per meglio dire, sull'impoverimento di queste regioni del mondo.
Questo grande aspetto credo che manchi totalmente, anche perch soprattutto nella nostra regione ha senso parlare di un necessario avvicinamento tra il sistema produttivo e il sistema dei bisogni.
Ciò significa, in particolare, operare per una riconversione dell'attività produttiva in modo che essa sia corrispondente innanzitutto delle esigenze della vita collettiva locale.
Solo in questo senso si può parlare di "riforma federalista" della regione, di rispetto ambientale, di valorizzazione culturale, di riscoperta dell'identità culturale, di autorappresentazione della "comunità locale".
Il solo federalismo fiscale è un falso problema perché non intacca nessuno dei meccanismi perversi con cui è regolato oggi il rapporto tra creazione della ricchezza collettiva e sua ridistribuzione sotto forma di servizi.
A fronte di questa necessità il Presidente Ghigo ci presenta un Programma che ha il suo centro di attenzione politica nell'esigenza di dare soddisfazione ai piccoli e medi imprenditori, ai commercianti, alla borghesia imprenditoriale e professionale e agli artigiani (questi ultimi in misura minore) nella prospettiva di un rilancio - a nostro parere assai improbabile - del mercato a livello regionale e dello sviluppo economico fondato sul lavoro precario a livello di massa, sugli sgravi fiscali e ancora una volta, sulle grandi opere pubbliche. Non viene colta la necessità, già sviluppatasi e non solo teoricamente nel Nord Europa dell'espansione occupazionale nel grande bene collettivo rappresentato dalla manutenzione, gestione e riqualificazione del territorio.
L'evento alluvionale dello scorso novembre deve, per il dramma che ha prodotto, lasciare qualche insegnamento.
E' del tutto evidente che le copiose precipitazioni sono diventate devastanti a causa di una sbagliata gestione agricola che lascia i terreni nudi proprio nei periodi dell'anno in cui da millenni abbondano le piogge da una non gestione e pulizia dei corsi d'acqua, oggetto invece di una particolare tutela da parte degli escavatori che hanno prediletto le esportazioni di materiali inerti solo là dove conveniva loro e non al buon assetto del fiume.
Ma ancora più evidente, colposa e devastante, è stata la cementificazione delle sponde, delle aree esondabili, delle zone franose.
Ebbene, dopo le prime emozioni e le prime riflessioni ed autocritiche si ritorna da capo.
La ricostruzione - lo stiamo affrontando in queste settimane - vive lentezze e burocrazie da parte dello Stato centrale e vergognose disfunzioni del sistema bancario.
Ma, accanto a questi problemi, ve n'è uno fondamentale che riguarda soprattutto il ruolo della nostra Regione. Si sta ricostruendo a casaccio cioè senza cogliere l'insegnamento fondamentale dell'evento alluvionale che è quello di valutare l'impatto complessivo di un'opera nel corso vitale di un fiume e del suo bacino. Manca totalmente una visione d'insieme e il necessario coordinamento che il nostro Ente potrebbe esprimere fissando - e questo è il punto - dei criteri guida per la ricostruzione. E' emblematico in questo senso, che il Programma della nuova Giunta sul capitolo della ricostruzione anteponga alla stessa le opere pubbliche. E rivendichi una conflittualità con l'Autorità di bacino di cui invece è parte fondamentale.
E' il Piemonte infatti, assieme alle altre Regioni, l'Autorità di bacino.
Occorre semmai da subito che in rapporto con la stessa Autorità di bacino, ed eventualmente con le Province, si mettano a punto studi sull'intero corso di tutti i torrenti ed affluenti del Po, e sugli affluenti degli affluenti.
Così come è incomprensibile che, a fronte dei problemi che abbiamo conosciuto e a fronte di un'abdicazione sui criteri della ricostruzione, si rivendichi da parte della nuova Giunta una deregulation normativa proponendosi di superare i vincoli dell'art. 30 della legge n. 56 che, a scanso di equivoci, sono quelli che chiedono particolari studi per edificare nelle aree soggette a pericolo di valanga e di alluvione. Le mancate attenzioni passate a questo articolo sono, semmai, la causa provata di tanti disastri e di numerosi danni.
All'abrogazione di questi sensati vincoli si vorrebbe sostituire il concetto innovativo - a dire della nuova Giunta - del rischio compatibile.
Si potrebbe commentare che il rischio compatibile è un concetto poco innovativo. Ma voglio limitarmi ad affermare che lo stesso non c'entra niente con i problemi posti dall'art. 30, perché trova giusta applicazione semmai nelle aree già edificate.
A preoccuparci è comunque l'approccio complessivo di questa Giunta alle problematiche urbanistiche dove, a fronte di assunti obiettivi, come quello di riconoscere esaurita la fase dello sviluppo edilizio esasperato, si tenti, proprio in questo ambito, di sperimentare il famoso liberismo che altro non vuol essere che una spinta alla deregulation.
Non è pertanto condivisibile il giudizio secondo il quale ha perduto di credibilità il corpo normativo sviluppatosi negli anni '70, anche perché i numerosi adeguamenti della legge n. 56 fanno purtroppo constatare che le logiche politiche dell'attuale apparato normativo, più che essere quelle degli anni '70, sono quelle degli anni '80, dove in barba a pretesi lacci e lacciuoli sono stati compiuti ampi e documentabili scempi urbanistici.
E consentitemi, se si vuol dare una paternità al nostro sistema normativo urbanistico, ebbene esso attualmente è più quello di Carletto e Nicolazzi che quello di Astengo.
Ci preoccupa, oltre il proposito di allargare le già larghe maglie delle leggi urbanistiche, il riferimento ad impropri modelli, come quello già richiamato, del rischio compatibile, ma anche quello relativo alle città satellite, che richiamava anche il collega Saitta, come alternativa alle congestioni urbanistiche delle città.
Spero sia solo uno svarione che non tiene conto dell'armatura urbana piemontese dotata di 1.209 Comuni e completamente diversa da quella francese, inglese o americana.
Cogliamo dunque che, ancora una volta, si privilegerà la cultura delle opere pubbliche, a partire dai Mondiali di sci che rischiano di essere un'altra occasione perduta per riqualificare la montagna.
L'Alta Velocità ferroviaria è assunta, soprattutto per il nodo Torino Lione, come un assunto ideologico, non commisurando i costi ambientali e concependola in completa alternativa all'ammodernamento del nostro sistema regionale ferroviario.
Il vero nodo per la nostra regione è il rapporto con l'Oltralpe per la nostra economia e quindi per le merci. Attraverso la ristrutturazione e l'ammodernamento della linea esistente la capacità di trasporto delle merci potrebbe essere aumentata 25/30 milioni di tonnellate annue e anche la velocità dei treni può essere aumentata.
Si vuole invece favorire l'oligopolio dei lavori pubblici, e l'anomalia del sistema delle concessioni che nel nostro Paese è completamente finanziato dal pubblico. Anche i progetti viari perdono di credibilità gestiti come sono da società come la SATAP, la SITAF, l'ATIVA che, proprio nel perverso sistema delle concessioni e in assenza di normative serie sugli appalti, rappresentano dei mercati di monopolio in mano ad imprese di costruzione ancora oggi strettamente intrecciate con interessi e forze politiche anche qui rappresentate.
Per quanto riguarda il tratto Cuneo-Nizza l'autostrada non appare giustificata né dal punto di vista della tecnica dei trasporti né per il volume, relativamente modesto, dei trasporti di questa zona.
Per il trasporto delle merci andrebbe potenziata la linea ferroviaria esistente, mentre per il traffico stradale leggero sarebbero sufficienti dei miglioramenti alle strade statali del Col di Tenda o della Valle Stura soprattutto con brevi varianti di circonvallazione dei centri abitati.
Si ha la netta impressione che questi miglioramenti stradali non siano mai stati realizzati per far aumentare ad un livello insostenibile gli effetti del traffico sulla popolazione e ottenere così il consenso per la costruzione dell'autostrada.
Ancora l'evento alluvionale ci deve insegnare e impegnare ad una gestione diversa della risorsa acqua soprattutto nel nostro Paese, che è il maggiore consumatore pro capite di acqua minerale, nonostante la ricchezza naturale immensa.
Mentre vi è una certa conoscenza del sistema superficiale delle acque manchiamo di un'altrettanta profonda capacità di conoscere la situazione delle acque sotterranee, soprattutto in rapporto ai pericolosi percolati inquinanti.
I rifiuti sono chiaramente il risultato più evidente del nostro modello di vita; è inutile accanirsi in diatribe tecnologiche che anche oggi hanno fatto scuola. Il nodo della nostra regione è la programmazione inesistente una programmazione inesistente voluta e mantenuta da un sistema politico che, proprio sulla mancata pianificazione, viveva la sua corruzione con il sistema delle imprese.
Ma il problema generale è il volume dei rifiuti e su questo si dovrà impegnare l'azione legislativa regionale e nazionale.
Per quanto riguarda la sanità, la cui gestione rappresenta anche il nostro livello di civiltà, credo che il modo in cui viene presentata nel Programma di Ghigo sia indicativo. Soprattutto in questo capitolo non scorgiamo gli obiettivi di legislatura, se non la manifesta intenzione di accreditare, temiamo economicamente, il privato con il pubblico.
E' questo un dibattito mistificatorio, poiché tutti sanno che la sanità privata non rappresenta il livello alto raggiunto dal pubblico. Non è un ragionamento teoricamente contro la privatizzazione, ma credo che sia mistificante ragionare nel rapporto della sanità in termini privatistici non considerando che (almeno attualmente) soprattutto nella nostra regione può essere privatizzato il livello medio della sanità. Anche il privato pu rappresentare un buon livello medio di tutela e di servizio sanitario, ma quando si parla di livello alto è del tutto mistificante, perché in questo momento non vi è un livello alto di capacità da parte del privato; semmai vi è la pretesa di vedersi remunerati e riconosciuti i livelli alti di gestione.
Analogamente, sempre sulle questioni ambientali, vediamo in modo preoccupante lo scorporo della delega ai parchi dalla pianificazione territoriale. Questo è un elemento che notiamo con preoccupazione e vorremmo capire meglio, ma al momento lo crediamo ingiustificabile.
La valorizzazione dei beni ambientali, il recupero conservativo e anche consentitemi - la decostruzione: sono questi i capisaldi di un'attenzione di un governo regionale che potrebbero vedere anche un intreccio proficuo favorevole con l'occupazione.
Su questi aspetti noi esprimeremo la nostra opposizione, e io credo che vada anche precisato che l'opposizione non ha bisogno di essere oggettivata. Non esiste l'opposizione costruttiva, l'opposizione distruttiva, l'opposizione morbida: esiste o non esiste l'opposizione in un sistema democratico. Noi cercheremo di impegnarci in questo compito, che ci è stato assegnato dal risultato elettorale, perché crediamo proficua la dialettica tra questi ruoli.
Mi si consenta di terminare su un aspetto che credo sia importante. Nei principi del buon governo, il dottor Ghigo dice che nei Codici Penali di tutte le nazioni civili vengono definiti reati la corruzione, la concussione, ecc., ma non basta. A parte che io spero che basti, occorre secondo il Presidente, la prevenzione. Allora io non le posso altro che consigliare, per prevenire, di rimuovere l'80% della sua Giunta - è l'unica prevenzione che credo si possa esprimere a questo riguardo - che è direttamente partecipe di quel sistema di potere, di quel sistema di governo, di quella degenerazione di potere che si è avuta negli anni '80 e '90, direttamente responsabile nelle pratiche e in altro.
Ho apprezzato favorevolmente e con simpatia il suo richiamo all'insegnamento paterno; tuttavia non vorrei che lo stesso fosse fatto da tanti altri Assessori, non vorrei che anche i Consiglieri Botta e Angeleri si richiamassero, pure loro, all'insegnamento paterno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Deorsola.



DEORSOLA Sergio

Presidente e colleghi, nel Programma ampio ed articolato che il Presidente Ghigo ha oggi illustrato sono ben presenti quegli elementi di novità e di discontinuità che le forze del Polo avevano promesso in campagna elettorale, ricevendo il consenso dei cittadini. Che ciò sia vero trova un'indiretta conferma nelle stesse parole di alcuni colleghi intervenuti questa mattina a nome di forze politiche che si pongono all'opposizione, i quali, pur nella scontata valutazione negativa, hanno dovuto riconoscere che questi elementi esistevano.
Ritengo che i punti che il Capogruppo Farassino richiede, come elementi qualificanti in tema di trasporti e di viabilità per la nostra Regione, nel programma di questa maggioranza, siano presenti più di quanto sia stato evidenziato. In sostanza, il collega Farassino ha evidenziato delle richieste presenti nel programma, come se queste non esistessero; in realtà esistono nella logica di questa Giunta e di questa maggioranza. Così anche alcune richieste in materia di raccolta differenziata sono state ammesse come esistenti da altri colleghi.
E' essenziale, peraltro, che il rapporto tra maggioranza e minoranza tra una maggioranza che deve governare ed essere ben delimitata e un'opposizione che deve svolgere il compito proprio dell'opposizione, che è essenzialmente di controllo e di stimolo, non sia mai improntato ad atteggiamenti aprioristici, ma che, anche in un forte, aspro se si vuole confronto, venga considerato sempre come bene primario l'obiettivo che il nostro Piemonte sia ben governato e abbia delle leggi all'altezza.
Quali sono, in estrema sintesi, le linee guida, le idee forza che hanno caratterizzato e che caratterizzeranno l'azione della nuova Giunta e della nuova maggioranza? Credo che, per quanto riguarda il rapporto Regione Stato, possa essere individuata l'esigenza di definire un più ampio ruolo per i poteri regionali, anche con modifiche al dettato costituzionale.
Noi crediamo che in questa situazione politica nazionale, in cui si è abbandonato un sistema senza arrivare ancora con chiarezza di norme ad un nuovo sistema, debba essere favorita la costituzione di un'Assemblea costituente e che in quell'ambito debba essere rivisto - e credo che il nostro impegno sarà in quel senso - il ruolo della Regione, con l'attribuzione di nuove competenze.
In questo rapporto Regione-Stato noi vediamo meno statalismo e più spazio alla libera iniziativa, senza peraltro che quest'ultima perda di vista la solidarietà, che deve essere garantita specialmente in momenti come quelli che stiamo attraversando, in cui la difficoltà di molti settori industriali e l'esigenza di riconversione e ristrutturazione sono state purtroppo evidenziate anche questa mattina dalla manifestazione dei lavoratori dell'Alenia.
Sotto un altro profilo, quello del rapporto tra la Regione e gli Enti locali, credo che debbano essere attuate le attribuzioni di deleghe agli Enti locali ed il recupero da parte della Regione di quello che era e deve essere il suo ruolo originario, che è quello legiferante. Dovrà perciò - e questo è stato diffusamente ripreso nel programma - essere attuata tutta una serie di interventi per fare in modo che questo nuovo rapporto possa decollare, mentre finora non solo nel rapporto tra la nostra Regione e gli altri Enti locali, ma anche in altre Regioni, è stato un rapporto che non si è ancora esplicato in pieno.
Per quanto riguarda il rapporto Regione-cittadini, momento essenziale e qualificante, credo che questo rapporto debba essere precisato attraverso l'eliminazione di tutta una serie di sovrastrutture, anche normative, ben lungi dal garantire i diritti del cittadino. A questo proposito dobbiamo precisare che la legge n. 241 dovrà trovare sempre puntuale applicazione.
Quindi, ci dovrà essere l'eliminazione di una normativa che non garantisce il cittadino, ma che appesantisce l'azione della Pubblica Amministrazione con gli sprechi conseguenti ad una attività non finalizzata a risolvere dei problemi.
In una parola, anche se questa non suona molto bene, bisogna passare ad una sburocratizzazione e ridare efficienza ad una macchina regionale che può avvalersi - ed è già stato richiamato questa mattina dal Presidente del Consiglio - di risorse umane di prim'ordine, che si sono rivelate molto puntuali ed attente nelle tristi vicende che sono seguite all'alluvione.
Queste risorse umane di prim'ordine devono essere chiamate ad applicare norme adeguate per fare in modo che si raggiungano obiettivi di efficienza e di economicità di procedimento, in relazione a ciò che si vuole raggiungere. Nel dibattito di questa mattina ho rilevato che da taluno è stato annotato che la progettualità regionale non avrebbe individuato con chiarezza operativa - per esempio riguardo all'Area Metropolitana - tutti gli elementi opportuni.
A questo proposito dobbiamo notare che la progettualità regionale deve tenere conto necessariamente dei limiti della normativa statale; pertanto la progettualità va valutata in rapporto a tali limiti esterni.
Sotto questo profilo, l'importante non è tanto delineare ipotesi astratte nella loro articolazione completa, ma avere presente il problema e perseguirlo con la decisione possibile in tutte le sedi opportune. Credo che anche da queste poche annotazioni emerga chiaramente come ci sono delle linee politiche che caratterizzano il programma con elementi di novità e di discontinuità, elementi che dalla maggioranza sono stati posti come forze politiche e hanno avuto dai cittadini il consenso per diventare maggioranza.
Credo pertanto che debba essere espressa anche una dichiarazione di voto. Non so se nella giornata di domani, dopo il dibattito, il nostro Gruppo puntualizzerà ancora la propria posizione. In ogni caso, tutto il nostro apprezzamento va all'opera del Presidente incaricato Ghigo e all'elaborazione che ha voluto dare. La nostra presenza, anche nell'esecutivo, è testimonianza di una valutazione positiva da parte nostra e di una presenza articolata a favore dell'attuale maggioranza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Masaracchio.



MASARACCHIO Antonino

Mi rivolgo agli egregi colleghi Consiglieri per proporre talune riflessioni, fuori dal contesto di quell'intervento che mi sono prefigurato di fare, per intervenire nel merito di alcune cose.
Ho l'impressione che, tutto sommato, la tensione emotiva in quest'aula sia evidente sia da parte di coloro i quali sono pronti ad assumersi il ruolo di governo, e anche da parte dell'opposizione. Sempreché questo non voglia indicare o significare che tutta la grande opposizione che si paventava al documento programmatico non sia in effetti tale, e così come è stato detto della rapsodicità del documento programmatico. Pare anche che ci sia una rapsodia di interventi da parte dell'opposizione, nella quale fosse vero che dalla parte della maggioranza non c'è un'omogeneità di intenti - non c'è quella coesione tale da poter prefigurare una contrapposizione alternativa alla politica che si vuole gestire come novità nella Regione Piemonte.
Sono impressioni che fanno parte della grande strategia ritualistica del momento in cui si presentava un progetto di programma che non pu entrare nel merito del dettaglio, anche perché la legislatura dura cinque anni e il confronto dovrà essere esercitato durante questi cinque anni attraverso gli atti amministrativi, attraverso talune nuove leggi attraverso le deliberazioni di Consiglio e di Giunta ed è lì che si leggerà tutta la capacità, la nobiltà delle impostazioni. E' lì che andremo a vedere se la tensione emotiva od attenzione di rispetto da parte dell'opposizione nei confronti della maggioranza potrà essere quello che è stato detto nei confronti della novità, e cioè che si vuole essere propositivi, costruttivi, e non aprioristicamente oppositori, così come la strumentalizzazione di una radicale opposizione consiglierebbe ed indurrebbe a fare.
Sarebbe anche simpatico entrare nel merito di talune affermazioni.
Fare, come ha fatto il collega D'Ambrosio, nomi di colleghi che pensavano di potere dimostrare chissà che cosa quando hanno voluto affermare che tutto sommato, non c'è un grande progetto morale nell'ambito delle proposte dell'on. Ghigo e della sua maggioranza, che non c'è una valutazione propositiva che vada oltre l'ordinaria amministrazione. Ma l'ordinaria amministrazione, per una Regione che non è lo Stato, è l'anima portante della politica. L'ordinaria amministrazione è la gestione di tutto quello che può essere delegato a Comuni e Province. Quindi, l'impegno morale che può essere configurato nella novità lo ritroviamo come grande progetto politico in questa volontà di delega agli enti del territorio, perché si vorrà verificare quale altra potenzialità - non dico in termini alternativi, ma in termini di collaborazione nella gestione dei gravissimi problemi del territorio - può essere configurata in tutta la congerie delle problematiche politiche che si sviluppano attraverso il fatto democratico ed elettoralistico.
Il Programma traccia le linee operative, è un solenne rito che deve trovare attenzione concreta nella vita quotidiana; questo è l'appuntamento che noi diamo a tutti coloro i quali dicono di doversi opporre alla inanità delle proposte, sempreché tali siano le proposte del Programma dell'on.
Ghigo da noi condivise e per le quali ci siamo tutti adoperati, come si fa con un grande mosaico, dove ciascuno ha portato, giustamente, le proprie tessere. La visione non è nella lettura di ciascuna tessera, oppure del gruppo di tessere che compongono la quotaparte del mosaico, ma nel mosaico completo, e il mosaico sarà completo nel momento in cui gli atti amministrativi ci daranno la misura della capacità di governo che noi pensiamo di poter esprimere ed esplicitare.
Si è parlato di solidarietà nei fatti e non nelle parole, ma per questo è necessario coniugare le varie forze, creare sinergie tra gli Assessorati prestare attenzione alle forze deboli, con particolare riferimento ai lavoratori in difficoltà. Questa mattina abbiamo avuto un incontro piuttosto forte con i lavoratori dell'Alenia, ma c'è anche la Viberti nella stessa situazione: 1.000 lavoratori rischiano di uscire dall'azienda. Anche la Viberti è un'azienda minacciata da una crisi molto pesante. Ma quante altre situazioni, in Piemonte, sono già nel grande calderone della crisi che investe ogni settore della nostra produttività? E' stato fatto un monitoraggio? Si sono attivate tutte le forze organizzate: l'Osservatorio economico, l'Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione, l'Agenzia per l'impiego? Può darsi che tutti questi organismi si siano attivati, ma la politica regionale ha attinto tutti quegli elementi per sviluppare un intervento tale che consenta oggi a noi una lettura della situazione tale da poterci indurre a rasserenare, a tranquillizzare i lavoratori ed evitare che accadano cose delittuose e molto pesanti, come quello che è accaduto davanti a Palazzo Lascaris questa mattina, dove la polizia avrebbe dovuto comportarsi diversamente per evitare gli episodi di violenza che si sono verificati? Questi sono i grandi, veri problemi che devono investire il settore della solidarietà e non soltanto i problemi degli anziani, degli ammalati di AIDS. La solidarietà è un valore che investe tutti i settori della società e in questo momento il problema più grave è il problema economico è il problema della conservazione del posto di lavoro, perché è da qui che nasce il disagio sociale che poi è foriero di mille altri fenomeni negativi, che rendono una regione come il Piemonte un territorio di basso livello economico.
Quando si è parlato di solidarietà si è fatto cenno anche al problema della partecipazione. La partecipazione non è soltanto un termine pietistico, o meramente culturale dell'essere dentro ad una situazione, ma la si potrebbe esercitare attraverso deleghe che dovranno essere date ai Comuni e alle Province; deleghe che dovranno emergere da una progettualità.
Deleghe che certamente non verranno date ad occhi chiusi. Le Province e i Comuni dovranno essere presenti con dei progetti ben precisi. Quando i progetti potranno essere attuabili, fattibili, allora in quel momento saranno date le deleghe; in quel momento scatterà il potere politico della partecipazione, dentro cui ciascuno dovrà assumere un ruolo specifico senza attendersi che il principe, dall'alto di una situazione di governo regionale, stabilisca come risolvere i problemi.
Per quanto riguarda il lavoro, le linee specifiche potranno essere operative se, oltre a ciò che è indicato nel Programma, noi affronteremo i giusti collegamenti, coniugando le attività degli Assessorati in modo da non far pensare che ciascun Assessore sia pronto a coltivare il proprio "orticello" - paternalisticamente parlando - come è stato detto, come è stato fatto nel passato.
Per quanto riguarda la formazione, si tratta di un punto cruciale di tutta l'attività dell'Assessorato al lavoro, ma è anche un punto cruciale delle attività degli altri Assessorati.
Il settore della formazione fino ad oggi è stato il mero esercizio di ciò che istituzionalmente è rappresentato nell'ambito di una delega che la Regione ha da parte dello Stato, per quelle poche risorse che si possono ricavare dai trasferimenti dello Stato e nella vana attesa delle risorse della Comunità europea.
Abbiamo anche, in questo momento, una forte pressione da parte di tutti gli ambienti datoriali, dagli industriali alle piccole e medie aziende, che porta a pensare che la formazione possa essere liquidata e cancellata come competenza specifica della Regione e, quindi, affidata in una liberalizzazione e di conseguenza alla privatizzazione di questo rapporto.
Noi invece affermiamo che la formazione deve essere lo strumento di intercapedine continua di ogni Assessorato, perché tutto quello che nel mondo del lavoro può essere coordinato, affinché la formazione sia il veicolo della collocazione nel lavoro, non può non essere che uno strumento di operatività nell'ambito di una correlazione tra gli Assessorati. Tutto ciò per consentire il migliore sviluppo di questa competenza e delle risorse che potremmo avere anche dalla Comunità europea.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Insediamento della Giunta delle Elezioni


PRESIDENTE

Comunico che, in attuazione del disposto di cui all'art. 15 del Regolamento interno del Consiglio regionale, si è insediata la Giunta delle Elezioni. Tale Commissione ha eletto il proprio Presidente nella persona di Mario Angeli ed i Vicepresidenti nelle persone di Pietro Francesco Toselli e Marisa Suino ed Anna Benso quale Segretario.
Informo i Consiglieri che alle mie spalle c'è il casellario telefonico.
Questa Presidenza auspica fortemente che i telefonini rimangano spenti durante le riunioni. Le telefonate, pertanto, perverranno attraverso il centralino del Consiglio e le comunicazioni verranno collocate nelle caselle di ciascun Consigliere. Sono in giacenza alcuni avvisi telefonici prego i Consiglieri di ritirarli.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto (Elezione del Presidente e della Giunta regionale) - (seguito)


PRESIDENTE

Proseguiamo con il dibattito sul documento programmatico presentato dalla Giunta.
La parola al Consigliere Bellion.



BELLION Marco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, poiché molti degli interventi che mi hanno preceduto hanno già con forza evidenziato le lacune, la poca organicità e l'incompletezza del documento politico-programmatico che siamo qui oggi ad esaminare, dopo più di due mesi dalle elezioni amministrative cercherò di limitare il mio intervento nel più breve tempo possibile ad uno dei capitoli tenuto forse più a margine dal documento della maggioranza stessa: la montagna.
Un giudizio che neanche l'intervento del Consigliere Vaglio pu permettermi di modificare, anzi... Una maggioranza che, anche per quanto riguarda la montagna, ha, a mio avviso, cominciato il suo cammino con il piede sbagliato, e chi in montagna vive e lavora - Consigliere Vaglio - ben sa cosa ciò significhi, soprattutto se la strada è in salita.
Le aspettative che l'istituzione di un apposito Assessorato aveva suscitato, sono scemate pian piano nel leggere le diciassette righe scarse che a questo importante argomento sono dedicate dal documento programmatico. Dico questo non solo per la pochezza dei contenuti, ma perché se il buon giorno si vede dal mattino l'assenza pressoché totale di un interlocutore come le Comunità montane o l'UNCEM, e cioè i principali Enti di riferimento sul territorio montano, un'assenza che traspare da tutte le cinquantadue pagine del documento, mi preoccupa non poco.
Traspare a sua volta, anche da ciò, un'inversione di tendenza rispetto a quanto, durante gli ultimi anni, era emerso sulla specificità del territorio "montagna". Una specificità emersa soprattutto per le battaglie che centinaia di Sindaci ed amministratori montani, insieme all'UNCEM hanno condotto con tenacia in tutto il Paese, questo Consiglio compreso.
Una specificità emersa per la maggiore sensibilità verso i problemi dell'ambiente, ma anche per la gravità dei dissesti idrogeologici causati il più delle volte dal degrado dei territori montani in conseguenza dell'abbandono da parte dell'uomo.
I riflessi negativi che tali situazioni hanno determinato sul restante territorio hanno posto prepotentemente, e spesso drammaticamente all'attenzione della collettività il problema.
Il formarsi di una diversa cultura della vita, che attribuisce valore fondamentale alla salvaguardia dell'ambiente, anche come mezzo di tutela della salute; la presa di coscienza che l'uomo è non soltanto fruitore, ma anche strumento di conservazione; la riscoperta del valore delle antiche tradizioni culturali e sociali e delle attività artigianali e, in definitiva, della qualità della vita in ambienti in cui il contatto con la natura è quanto meno vivificante, hanno provocato un progressivo mutamento dell'atteggiamento nei confronti delle zone montane.
Considerata un tempo come un problema dei suoi abitanti, da risolvere con la pratica di interventi assistenziali, un po' come per l'agricoltura oggi la montagna viene sempre più riguardata come risorsa suscettibile di determinare sviluppo civile, sociale ed economico e come bene collettivo con influssi positivi sull'intero ecosistema se il suo ambiente è integro.
Ma tutto ciò sembra non interessare questa maggioranza, anche se non v'è dubbio che favorire lo sviluppo dell'economia montana - come detto nel documento - in tutte le sue componenti, da quella agricola a quella artigiana, dall'industria leggera al turismo, agevolando la permanenza, è mezzo per la salvaguardia attiva del territorio montano.
E non solo di questo - aggiungo io - ma anche della pianura, vista la forte interrelazione esistente fra queste due realtà; basti pensare a mo' di esempio ai problemi dell'approvvigionamento idrico e dell'irregimentazione delle acque.
Un problema quindi che, come esplicitato nella legge n. 97, approvata dal Parlamento nei primi mesi del 1994, è di carattere nazionale. Una legge che, anche se non citata nel documento, costituisce una tappa fondamentale forse decisiva, nell'evoluzione della legislazione per la montagna, ma che ancora attende - malgrado lo sforzo compiuto dalla precedente Giunta di centro-sinistra che il Consigliere Riba ricordava - di essere confermata dai provvedimenti di attuazione delle norme in essa contenute ed in particolare dalla consistenza dei relativi finanziamenti.
Nulla è detto, a questo proposito, rispetto alla volontà di istituzione o meno del Fondo regionale per la montagna che - se sarà attuato - avrà una sua efficacia e se la sua consistenza sarà veramente - e a questa prova attendiamo la maggioranza - in ciascun esercizio, proporzionata alla dimensione delle esigenze accumulatesi in decenni.
Nulla che si riallacci con la legge, nemmeno nel capitolo sanità e socio-assistenziale, per una specificità che in questi due settori vede sicuramente un momento fondamentale per invertire la tendenza allo spopolamento, come si vorrebbe.
Nulla, neppure, che preveda nuove norme urbanistiche ed edilizie specifiche per le zone montane tali da liberare i Comuni e i cittadini di questi territori da inutili e penalizzanti pastoie burocratiche e da restrittive e talora ridicole interpretazioni della normativa vigente che di fatto, il più delle volte, impediscono, più ancora della limitatezza delle risorse economiche, proprio ciò che la legge n. 97 vorrebbe realizzare, e cioè la tutela e il recupero dell'immenso patrimonio edilizio montano, che invece va degradando in una progressiva ed immane rovina.
Nulla che individui la necessità di una normativa specifica per assicurare il recupero delle borgate montane, fortemente minacciate appunto dall'abbandono e dalla rovina.
Eppure l'art. 7 della legge n. 97 - Consigliere Vaglio - parla di conservazione del patrimonio monumentale, dell'edilizia rurale, dei centri storici e del paesaggio rurale e montano, da porre al servizio dell'uomo a fini di sviluppo civile e sociale. Parole sacrosante, ma che in questo documento non trovano alcun riscontro.
Nulla, infine, che preveda la volontà di arrivare ad una normativa specifica per il potenziamento del turismo nelle zone montane nell'ambito di uno sviluppo economico che non solo rispetti l'ambiente ma, anzi, lo valorizzi come risorsa. Un'affermazione, quindi, quella di dare un particolare risalto alla montagna nell'azione del nuovo governo che cade nel vuoto, che rischia di rimanere una pura enunciazione, se poi non si pensa di canalizzare verso la montagna, in buona parte fascia di confine come quello francese (in un ambito di macroregione, come ricordava il Consigliere Vindigni stamani e su cui non ritorno), oltre alle risorse promosse dagli interventi CEE, anche quella puntuale informazione (che altri Consiglieri hanno ricordato) alle Comunità montane, che nel capitolo non sono neppure citate.
Concludendo, si può dire che a questo territorio, che rappresenta più del 50% della nostra regione, ben poca dignità è concessa da questo documento che appare - come già detto da più interventi - lacunoso ed incompleto, oltre che poco organico. Un documento che, per quanto riguarda la montagna, manca oltretutto di una premessa fondamentale, quella del riconoscimento di una particolare forma di autonomia programmatica e gestionale per le zone montane. Rientrando con ciò in una logica di governo accentrato che rischia di sostituire al centralismo statale altrettante deleterie forme di centralismo regionale, che da questo documento traspaiono con preoccupante evidenza e che hanno segnato pesantemente nel passato l'attività di chi in montagna continua a vivere ed operare fra mille difficoltà.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Presidente e colleghi Consiglieri, innanzitutto io devo mettere in evidenza l'infondatezza concettuale della principale censura che è stata mossa al Programma nel corso dei vari interventi che si sono succeduti. Al riguardo, devo ricordare che non si tratta di superficialità o genericità lo Statuto, nel prevedere come primo atto l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta, dice testualmente che "il documento consiste in linee politiche ed amministrative", quindi non necessariamente in un programma di dettaglio.
Le linee politiche ed amministrative che costituiscono il Programma della Giunta di centro-destra sono chiaramente enunciate; non si poteva entrare nel dettaglio se non in questa sede di replica alle infondate censure che sono state mosse, in quanto si è, in questa maniera, adempiuto al dettato statutario. Al riguardo merita di osservare che allorquando venne eletta la Giunta Beltrami, nel 1985, e poi la Giunta Brizio nel 1990 sfogliando i resoconti stenografici degli interventi ho notato come, in particolare da quella che era in quegli anni, in quell'inizio di legislatura, l'opposizione più corposa, quella comunista, si diceva "estrema genericità del programma" e direi che è comodo per le opposizioni dire: "il programma è generico, non è di dettaglio, non avete precisato".
Se per avventura si fosse entrati nel dettaglio, superando queste linee politiche amministrative di larga massima, ci sarebbero state censure di merito e poi la Giunta istituenda sarebbe stata aspettata al varco per vedere se in quel programma di dettaglio si fosse attuato puntualmente tutto.
Quindi, sotto questo profilo è infondata questa impostazione e proprio il Capogruppo del PDS nel 1990 censurava, come avremmo fatto noi - è un po' il ruolo dell'opposizione - la genericità. Questo è quindi un discorso del tutto strumentale.
Venendo ad alcuni punti che sono stati contestati in particolare dal collega Saitta e dalla collega Spagnuolo, devo rilevare come questi punti non abbiano attinenza con i contenuti programmatici. Ad esempio le deleghe.
E' stato ricordato, nel Programma, che si tratta di un istituto costituzionalizzato nello Statuto, che le deleghe sono sempre state la Cenerentola dell'azione regionale, dal 1970 ai giorni nostri. E' stato ricordato che l'istituto della delega è stato valorizzato dalla legge n.
142, segnatamente dall'art. 3, laddove testualmente si dice: "Le Regioni organizzano l'esercizio delle funzioni amministrative a livello locale attraverso i Comuni e le Province e attraverso l'emanazione di leggi regionali". Quindi si ha un'esaltazione della delega e l'istituto della delega, nei confronti dei Comuni e delle Province, diventa un atto veramente dovuto. Non era il caso, in sede programmatica, di fare una polemica con la precedente Giunta, nelle sue varie dizioni di Brizio I Brizio II e Brizio III, ma è facile constatare come questo art. 3 della legge n. 142, che esaltava e prevedeva la delega, non è stato del tutto attuato.
Quindi, è impegno di questa Giunta di attuarlo facendo tesoro del lavoro che gli uffici hanno fatto sul piano meramente burocratico. Non si poteva andare oltre. Più che dirvi: "Attueremo una norma della legge n. 142 che costituisce un atto istituzionalmente dovuto", non potevamo dire, e questo non facile compito verrà sicuramente nel migliore dei modi portato a termine.
Un'altra censura, riguardante gli enti strumentali, diceva: "Vi siete limitati a dire che ci sarà una rivisitazione". Sì, colleghi Consiglieri abbiamo detto che degli enti strumentali non si può fare a meno (sono enti indispensabili per la vita della Regione, che però non devono essere dei satelliti che girano a ruota libera intorno al sole Regione). Infatti abbiamo messo in evidenza che, facendo nostro il chiaro dettato di una legge del marzo 1995, emanata in queste ultime settimane, gli amministratori nominati, a seconda delle rispettive competenze, o dal Consiglio regionale o dal Presidente della Giunta, devono attuare nei rispettivi ruoli le indicazioni della Regione. Questo riguarda il futuro e noi veglieremo affinché questo si verifichi e non si verifichi invece il satellite "ente strumentale" che gira a ruota libera intorno alla Regione.
Faremo una rivisitazione e a rivisitazione fatta - anche queste sono cose concrete, di immediata o futura attuazione - vedremo se gli enti strumentali e le società a partecipazione regionale debbano subire delle modifiche programmatiche o se non le debbano subire e quindi faremo proposte legislative o amministrative al Consiglio. Quindi, l'espressione "rivisitazione" non è una formula di stile, ma significa senso di responsabilità per affrontare il problema. Non potevamo nell'immediato dire, per esempio, che l'IRES ha troppe poche competenze o che l'IRES fa male - lo dico come ipotesi di scuola - e che bisogna fare questo o quest'altro. Sarebbe stato forse anche facile fare un panorama degli enti strumentali e dire che dovevano e potevano fare di più collocandoci nel dettaglio e non solo con parole.
Terzo punto: la Città Metropolitana, sulla quale la collega Spagnuolo ha detto che in definitiva è stato fatto un lavoro e qui c'è una posizione di attesa. Anche qui, se si volesse fare una facile polemica, si potrebbe dire che la Città Metropolitana nasce dalla legge n. 142; la legge n. 142 risale al 1990, quindi per cinque anni, nonostante i termini fossero brevi per attuare la Città Metropolitana, non si è fatto nulla. Viceversa, nel documento programmatico si dice chiaramente che esamineremo la questione facendo tesoro di tutto quello che è stato il complesso dibattito nella Commissione della legge n. 142, la quale ha prodotto - eravamo ancora nel 1991 - due disegni di legge che, data la complessità della materia, questo lo riconosco, non per inerzia dei componenti della Commissione o della Giunta, non sono ancora approdati in Consiglio per la scelta dell'uno o dell'altro.
Come è noto, c'era il disegno di legge della cosiddetta "area stretta" che comprendeva Torino capitale e i Comuni viciniori della cintura; per area larga si intendeva "Città Metropolitana uguale Provincia di Torino".
Si è acceso un dibattito in Commissione che poi è approdato in aula, si è raggiunto un certo qual risultato del quale la Giunta istituenda terrà conto, che è stato una specie di prefigurazione di questa Area Metropolitana, una specie di indicazione di larga massima, di anticipo attraverso una delibera di Giunta approvata in questo Consiglio, dopo ampia discussione nella quale si è istituita - eravamo nel marzo 1995 - una Conferenza dei servizi che abbracciasse tutte le attività che potevano ritenersi comuni a questi Comuni e a queste città viciniori a Torino.
Anche qui abbiamo detto: faremo una pausa di riflessione. La pausa di riflessione non è una formula di stile; ritengo che debba venire interpretata, anzi, verrà interpretata come senso di responsabilità, per meditare su questo materiale legislativo raccolto dalla commissione e da quest'aula per fare una scelta fra le due proposte. Non senza dimenticare come è stato ricordato nel documento programmatico - il dibattito culturale e politico in corso.
Solo per rimanere nella Regione Piemonte, non va dimenticato che il Consigliere Beltrami, che ha onorato questo Consiglio anche per l'attività che egli svolse di Presidente della Giunta dal 1985 al 1990, aveva presentato un disegno di legge al Parlamento motivando l'abrogazione pura e semplice della Città Metropolitana.
In Parlamento giacciono diversi progetti che prorogano i termini. Al di fuori di un paio di Regioni - Veneto e Liguria, se non vado errato comunque due sole Regioni - che riuscirono ad istituire la Città Metropolitana, tutte le Regioni erano in mora e anche il Piemonte, se vogliamo, lo è stato, nonostante l'acceso dibattito, nonostante la presa di coscienza delle argomentazioni. Quindi, sotto questo profilo, noi, come dicevo all'inizio, tenendo conto di tutti i precedenti, decideremo le nostre scelte finali.
Un'ultimissima considerazione. Intanto, poiché è scritto nel Programma che non è un documento burocratico, faremo i Testi Unici. A fine legislatura è stato fatto un corposo lavoro da parte di una speciale Commissione ad hoc; le conclusioni sono state condivise da tutti i Gruppi politici presenti in Consiglio, sono state fatte varie ipotesi di metodo e di sostanza di questi Testi Unici, e anche questo sarà un compito certo minore nel gran quadro, ma ritengo che anche i Testi Unici saranno un qualche cosa di utile non solo per gli addetti ai lavori, come siamo noi ma anche per tutti gli amministratori della Regione.
I Testi Unici consentiranno maggiore chiarezza, ai fini della certezza del diritto, per potersi collocare con precisione in tutte le materie compresa la materia dell'ambiente che, come ricordava la collega Manica, si caratterizza per il caos legislativo.
Sarà nostro impegno attuare, finalmente, i Testi Unici. Dico "finalmente", perché ricordo perfettamente che tre righe ai Testi Unici o per meglio dire alla volontà di attuarli erano contenute nel Programma del 1980, del 1985, del 1990 e anche del 1975. Non si è mai fatto; con questo niente di tragico. Noi ci impegniamo, anche in virtù di questo lavoro molto utile che è stato fatto, ad attuare anche questo punto.
Quindi, dopo queste precisazioni che sono state in un certo senso di ulteriore dettaglio, ma che già erano contenute in nuce nel documento programmatico, noi riteniamo di avere adempiuto al nostro dovere istituzionale.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Iscrizione all'o.d.g. dell'ordine del giorno n. 7 riguardante i lavoratori dell'Alenia


PRESIDENTE

Se l'assemblea è d'accordo, propongo di iscrivere all'o.d.g. il documento presentato dai Consiglieri Marengo, Chiezzi, Ferraris, Spagnuolo Rubatto, Picchioni, Ghigo, Ghiglia, Burzi, Foco e altri riguardante i lavoratori dell'Alenia.
E' un ordine del giorno firmato da tutti i Gruppi politici. Per l'iscrizione sono necessari 40 voti.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione dell'ordine del giorno è approvata all'unanimità dei 42 Consiglieri presenti.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto (Elezione del Presidente e della Giunta regionale) - (seguito)


PRESIDENTE

Prima di proseguire il dibattito sul documento programmatico presentato dalla Giunta, comunico al Consiglio che l'Ufficio di Presidenza si riunirà domani immediatamente dopo la fine della seduta del Consiglio.
Ha ora la parola il Consigliere Pichetto; nell'ordine seguiranno gli interventi della Consigliera Bortolin, del Consigliere Mancuso, del Consigliere Cavallera e del Consigliere Peano.
Prego, Consigliere Pichetto.



PICHETTO FRATIN Gilberto

Signor Presidente, colleghe, e colleghi, mi riconosco negli indirizzi programmatici presentati da questa maggioranza e quindi parlo a favore, ma concordo con alcune osservazioni, che sono state fatte in quest'aula, che sono indicazioni di massima e per questo ho seguito con molto interesse le considerazioni e le critiche che altri colleghi, molti con visione diversa hanno espresso.
Mi sia permesso di trattare di alcuni argomenti, non per puro gioco delle parti. Il Presidente questa mattina aveva richiamato la zebratura: io mi sono sentito immediatamente coinvolto essendo juventino, ma non per una ragione di zebratura, ma per ragione di contenuti.
Lo dico per ragioni di contenuti, e non di colore, perché il documento presentato dà chiaramente quelle che sono le linee di indirizzo della nuova politica regionale, mantenendo ciò che i precedenti governi hanno prodotto di meglio per questa Regione ed inserendo quelle che sono le proprie modificazioni. Questo documento programmatico si apre con un'enunciazione di volontà politica ben precisa, innanzitutto la sburocratizzazione l'organizzazione efficace ed efficiente, una scelta cioè che avvicini la Regione alla gente, affinché i piemontesi la sentano come propria e come utile.
Ciò perché troppe volte chi ha avuto esperienza amministrativa nei Comuni, specialmente chi l'ha avuta nei Comuni piccoli, si è fatto l'idea e purtroppo l'ha trasmessa - che la Regione fosse un ente inutile, anzi qualcuno sosteneva anche dannoso; troppe volte gli amministratori e la gente del Piemonte, in merito ad iniziative economiche o anche ad altri tipi di iniziative nel campo no profit, hanno dovuto dire: "però ne parleremo fra qualche anno, perché c'è di mezzo la Regione". Questa secondo me, è la prima sfida per portare il Piemonte del 2000 in Europa, e non è solo una sfida di maggioranza: è una sfida di tutto il Consiglio regionale, quindi è una sfida dei favorevoli e dei contrari.
I richiami programmatici ai Testi Unici, alla semplificazione, al riordino del personale non sono e non devono essere solo inchiostro per sporcare fogli bianchi, per rispondere ad una disposizione di norma che impone un programma; personalmente ritengo che non siano nemmeno a basso profilo. Qualcuno prima chiedeva dove stava lo strappo, ma questo è comunque uno strappo, è il primo strappo, è il serio tentativo di avvicinare la Regione alla nostra gente, ai cittadini. E questo strappo si attua con una serie di atti, che sono probabilmente noiosi, anche questi burocratici, perché probabilmente parlare di carichi di lavoro per la parte politica può essere noioso, ma andare a vedere se questi carichi di lavoro sono lavoro utile e produttivo è il nostro dovere.
Il nostro dovere è motivare l'apparato burocratico, facendo sentire il dovere civico di soddisfare le esigenze dei cittadini. E allora mi sia permesso di dire che volare alto è anche, e forse prima di tutto, far bene i propri doveri minimi, e questo è un dovere minimo assoluto che dobbiamo portare avanti.
Nei contenuti, nella sostanza, toccando in sintesi alcuni temi, un altro argomento sicuramente rilevante di questo Programma riguarda l'esame delle fonti di finanziamento e la gestione per destinazione. Vi è l'intenzione di esplorare forme diverse di approvvigionamento per parte tecnica, come ingegneria finanziaria (quindi tecnica economica), per una riduzione dei costi; per queste forme di approvvigionamento si è citato essenzialmente il BOR, un termine che onestamente non mi piace perch richiama il breve periodo, mentre le nostre valutazioni su un indebitamento di questo tipo dovrebbero essere di medio-lungo periodo, quindi potrebbero essere BPR o altri nomi che il marketing potrà suggerirci per il lancio sul mercato.
In ogni caso, le forme di finanziamento dovrebbero permetterci di collegare prestito ad opera e quindi creare immediatamente nel cittadino l'idea della produttività dell'investimento per cui si va a chiedere lo sforzo.
Se da un lato vi è questa ingegneria, dall'altro vi è anche coscienza che le risorse sono limitate e quindi devono essere esplorate altre forme altre modalità ed altri istituti per il reperimento delle risorse. Tra i vari istituti, il Programma cita quello della concessione, che sicuramente ci porta ad esprimere e fare considerazioni con tante riserve, che parte della Pubblica Amministrazione ha sempre visto con un certo timore proprio perché oggetto di una forte discrezionalità.
Questo è sicuramente l'istituto più avanzato nei Paesi ad economia capitalistica - mi pare che qualche Consigliere della Lega, che ora non vedo, l'abbia richiamato - perché molte opere possono anche presentare un forte interesse privato e quindi può trovarsi una conciliazione tra l'esigenza pubblica di quell'opera e l'interesse del privato di costruirla e gestirla con tempi, modalità e regole ben precise. Con questo istituto si potranno sperimentare soluzioni diverse, quindi aree attrezzate, opere pubbliche ad uso collettivo multiplo - che generano introiti - e grandi infrastrutture; naturalmente bisognerà prestare molta attenzione alle procedure, evitando in ogni modo la leva fiscale.
Gli italiani, infatti, sono ormai oltre il limite nella fiscalità diretta ed indiretta, e - senza scomodare gli economisti americani quali Laffer, che con la sua curva ha dimostrato che oltre un certo limite sono le imposte alte che fanno diminuire le imposte - basta andare per strada per sentire l'opinione dei cittadini in un periodo come questo di dichiarazione dei redditi per rendersi conto di quale sia il livello di sopportabilità dei carichi fiscali.
Questo per quanto riguarda il discorso delle fonti di finanziamento c'è poi un discorso di gestione per destinazione. Qui sarà fondamentale la determinazione della Giunta nel definire priorità concrete ed attuazioni in tempi privatistici. Tempi e certezze sono richieste del mondo produttivo.
Se fino a venti-trent'anni fa le scelte di insediamento avevano motivazioni geografico-affettive, ora le scelte di insediamento produttivo commerciale, artigianale e industriale si fanno per comodità di servizi e per rapidità di attuazione; di qui implicazioni di carattere urbanistico viabilistico, economico e finanziario che coinvolgono una molteplicità di funzioni regionali, che devono trovare il loro giusto coordinamento.
L'artigianato, il commercio e ancor più la piccola-media impresa hanno bisogno di interventi sull'ambiente e non a pioggia, in altre parole hanno bisogno di una politica di incentivazione, di iniziative e di progetti con ricadute indirette sul sistema produttivo, da attuarsi con il sistema a distretti (qui chiaramente la mia posizione si discosta di molto rispetto agli interventi del Gruppo di Rifondazione Comunista); ciò in base al principio di sussidiarietà, ormai assunto a cardine della politica comunitaria.
L'ambiente locale viene ad assumere una crescente importanza; è a quel livello che devono essere pensate, progettate ed attuate le iniziative perché è a quel livello che si conoscono i problemi reali delle imprese e si possono sperimentare i modi per risolverli.
Solo ciò che non è razionale affrontare localmente deve essere delegato al livello superiore. Se questa deve essere la filosofia innovativa d'intervento, cambia l'oggetto delle politiche d'impresa: non è più l'impresa, ma è il territorio ed è il livello d'intervento che non deve più essere regionale, ma distrettuale. Gli interventi sui distretti dovranno quindi essere di natura diversa rispetto a quelli di derivazione nazionale e comunitaria.
Mi permettano i colleghi di fare una nota critica: non ho sentito controproposte concrete a questo Programma, se non la visione dei due interventi del Gruppo di Rifondazione Comunista, che effettivamente hanno una visione alternativa a quello che è contenuto in questo Programma forse scritto per pezzi, forse si è voluto fare sia la sintesi delle linee sia un dettaglio di alcune cose più importanti - ma che sicuramente dà un indirizzo e lo dà completo su tutta una serie di competenze che ha la Regione.
Concludendo, non penso che il Programma debba essere un elenco di tante cose da fare, come alcuni hanno chiesto. Anzi, per me ne elenca già troppe e nessuno deve sentirsi escluso rapportandosi alle pure righe per argomento.
L'attuazione dipende dalla Giunta, dalla maggioranza, ma l'attuazione per i piemontesi dipende da tutto il Consiglio.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Bortolin.



BORTOLIN Silvana

Grazie, Presidente e colleghi Consiglieri. Vorrei iniziare il mio intervento sottolineando alcune contraddizioni che, a mio parere, emergono dall'esame attento del documento di programma, con il quale la maggioranza si propone al governo della Regione Piemonte.
La prima deriva dal forte condizionamento che ha esercitato l'ultimo anno di governo della Regione, un anno marcato da una forte discontinuità rispetto al caos che ha contraddistinto i quattro anni precedenti della Regione Piemonte. In particolare, credo che questa discontinuità sia significativa soprattutto rispetto allo sforzo fatto per rispondere al meglio, per quanto è stato possibile, in termini di disponibilità finanziarie e di tempo ai problemi della comunità regionale.
La trasparenza, la correttezza nella pratica amministrativa, lo sforzo per ammodernare e decentrare la macchina burocratica regionale è stato al centro dell'attività della maggioranza e della Giunta, che ha concluso i suoi lavori in questi giorni; la definizione di un'etica di comportamento che significasse un forte momento di discontinuità rispetto anche al malgoverno che ha travagliato fortemente la nostra Regione. Il tutto tradotto soprattutto in leggi, in atti di governo concreto che non potevano che lasciare un segno positivo.
Il Presidente candidato alla Giunta regionale, ma anche il Consigliere Majorino, candidato alla Vicepresidenza della Giunta, hanno sottolineato l'importanza di riprendere la pratica avviata dal Consiglio regionale per quanto riguarda i Testi Unici. E' un aspetto marginale rispetto al lavoro che è stato fatto, ma lo voglio riprendere perché, non a caso, nell'ultimo anno di Consiglio regionale, come maggioranza abbiamo voluto dedicare un attento lavoro in un momento già carico di impegni per definire ciò che per noi ha rappresentato un primo anello per rendere corretto il rapporto con i nostri cittadini: avviare in sostanza un momento di trasparenza, iniziando con l'offrire leggi semplici, chiare e il più possibile uniche per argomento.
Non a caso vorrei dire al collega Majorino che nell'ultimo anno nonostante molti programmi abbiano contenuto le proposte, è stato fatto questo lavoro.
L'altra contraddizione che si evidenzia, a mio avviso, è strettamente legata alla prima. E' l'ansia che si coglie dal documento di programma di dire qualcosa di nuovo sui vari problemi che travagliano il Piemonte. Ma il nuovo, vorrei sottolineare, non lo si costruisce dal nulla, ma partendo dalla conoscenza profonda delle problematiche, anche avvalendosi della necessaria memoria storica, non fosse altro che per non sbagliare, per non compiere errori che non costano alla sola maggioranza di governo di turno ma pesano e costano alla comunità piemontese.
Ciò vale, in particolare, su alcuni argomenti. Penso, ad esempio, al capitolo che mi è più congeniale intitolato "Un'efficace politica dei servizi". Ho qualche perplessità nel condividere affermazioni del tipo: "non si dice nulla in questo capitolo". La mia preoccupazione invece parte da ciò che si coglie tra le righe di questo capitolo, rispetto alle intenzioni che traspaiono. Faccio alcuni esempi.
Si dice che si vogliono aziendalizzare le UU.SS.LL. La Regione Piemonte ha approvato leggi importanti nell'ultimo anno della legislatura nella direzione dell'aziendalizzazione delle UU.SS.LL., applicative dei DD.LL. n.
502 e n. 517. Non si tiene conto, ad esempio, non se ne parla, non si citano nemmeno per dire che si vogliono cambiare dei sistemi di contabilità analitica ed industriale.
Voglio sottolineare al candidato Presidente della Giunta, ma anche a coloro che siederanno ai banchi della Giunta, non solo all'Assessore alla sanità, che non dipende certamente dalla volontà della Regione la capacità di aziendalizzare le UU.SS.LL., ma dipende soprattutto dalla necessità di avere certezze finanziarie da parte di un governo centrale; dipende dalla possibilità di decidere autonomamente non solo da parte della Regione, ma anche delle Aziende UU.SS.LL., come spendere, dove investire, quali servizi potenziare per garantire lo stato di salute ottimale alla nostra popolazione. In sostanza, è importante poter decidere quali scelte compiere nell'ambito di una precisa programmazione regionale sanitaria, forte e capace di indicare obiettivi da raggiungere per prevenire le malattie, per garantire un alto livello di salute e di benessere psico-fisico ai nostri cittadini, per prestare le cure adeguate in caso di malattia, riducendo al minimo le invalidità e le non autosufficienze. Entrare, come si è voluto fare alcune volte nel documento di programma, nel dettaglio - peraltro grossolano a mio parere - delle problematiche, indicando o solo abbozzando presunti interventi o soluzioni facili a fronte di problemi difficili e molto complessi, è davvero opera non condivisibile. Come nettamente contrari ci trovano affermazioni che lasciano intendere correzioni pesanti ad assetti; penso al capitolo di revisione dell'ambito geografico delle UU.SS.LL. Invito i colleghi Consiglieri a leggere attentamente - e lo dico molto sommessamente e con modestia - le leggi vigenti della nostra Regione laddove si fissano momenti di verifica che dovranno essere occasione di cambiamento, ma dopo un attento esame degli effetti positivi e negativi derivanti dall'accorpamento delle UU.SS.LL. stesse. Soprattutto non si dimentichi che la Regione agisce con i vincoli delle leggi nazionali in materia che, cari colleghi, non sono pochi.
Ciò vale anche per le piante organiche, relativamente alle quali si parla genericamente di una revisione, e francamente non ho capito dove si voglia arrivare.
Sono solo due esempi per segnalare il pressappochismo con il quale in questo documento si sono trattati argomenti molto delicati ed importanti.
In sostanza, credo non si possa che esprimere forte preoccupazione rispetto al documento di programma, rispetto alla volontà che traspare, di ripristino del vecchio più che di introduzione di novità nella sanità.
Tanta approssimazione, tanta voglia di rivincita, che ho sentito oggi e ho letto anche nel documento, da parte di quelle lobby che, con l'attuazione dei DD.LL. n. 502 e n. 517 portate avanti dalla Regione Piemonte in questi ultimi mesi, rendono chiaro il fatto che si sono toccati nel vivo interessi di parte.
Superare ed abbattere privilegi ed interessi di parte, consolidati da decenni di malgoverno, non è facile per nessuno; non bastano, a mio avviso proclami peraltro molto discutibili. Ciò che è stato fatto in questo ultimo anno dalla Giunta Brizio e dal Consiglio regionale è stato di grande rilievo ed importanza nella direzione della corretta ed efficace gestione della sanità.
Sarebbe grave oggi tornare indietro, cedendo a richieste e sommessi ricatti da parte di coloro, di quelle lobby, che non vogliono perdere il vero dominio della sanità. Così come coltivare l'intenzione della rivincita, fatti che non potrebbero che ritorcersi contro la stessa attuale, maggioranza. Non basta citare o copiare decisioni di Regioni che hanno una lunga tradizione di governi democratici e progressisti per rassicurare, né certo basta inventare una sorta di nuovo ghetto - mi si consenta - per curare un male contagioso che spaventa, qual è quello dell'infezione HIV, per risolvere problematiche sociali che sono molto complesse.
Evitiamo, consentitemi, almeno come avvio di legislatura, il grottesco evitiamo di far credere, di illudere che da oggi in poi, quasi con tocco magico, tutto ciò che non ha funzionato funzionerà a meraviglia.
La storia recente di fallimenti di Governo nazionali - mi riferisco al Governo Berlusconi - dovrebbe frenare tanta faciloneria e presunzione.
L'ultimo aspetto che voglio sottolineare riguarda quel capitolo definito "Assistenza", sul quale viene solo da dire che forse è stato uno scherzo, cioè che è stato scritto da qualcuno che ha voluto burlarsi del Consiglio. O piuttosto drammaticamente, invece, da una maggioranza che così pare, voglia trattare una dovuta solidarietà nei confronti della comunità piemontese? E' davvero grave non cogliere il malessere di una società, il rischio di emarginazione che corrono non solo i soggetti deboli della comunità, ma soprattutto i giovani che non trovano sbocchi di lavoro che non vedono una prospettiva di vita soddisfacente. Non dare queste risposte significa fallire nell'obiettivo primario di essere soggetti di governo capaci di garantire il rispetto dei diritti dei singoli, oltrech certamente dei doveri di ogni cittadino.
Questo è il rischio che si evince dal documento di programma. Per questo la nostra azione non sarà di mero controllo dell'operato della Giunta e della maggioranza, ma proporremo in modo chiaro e forte un programma di governo alternativo a quello di centro-destra.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mancuso.



MANCUSO Gianni

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non pensavo di intervenire, ma colgo l'invito che qualche collega dell'opposizione ha rivolto, affinch anche qualche Consigliere di maggioranza intervenisse.
Mi limiterò ad alcune brevi considerazioni, avendo condiviso gli interventi dei Consiglieri Masaracchio, Majorino e D'Ambrosio e sapendo che il Presidente del mio gruppo, Ghiglia, svolgerà domani la sua dichiarazione di voto.
Non sto a ripetere quanto già espresso da tanti che mi hanno preceduto.
Abbiamo, come era logico, assistito al gioco delle parti: i Consiglieri di opposizione criticano il programma, i Consiglieri di maggioranza lo difendono e, argomentandolo, lo qualificano. Per chi si occupa di amministrazione pubblica è qualcosa di già visto, la solita liturgia.
Certamente, del Programma presentato dall'on. Ghigo, Presidente designato si potrebbe criticare ogni affermazione, ogni virgola, ma dobbiamo tenere conto che si tratta di un programma di massima, dove non si poteva considerare tutto il progetto dettagliato del governo del centro-destra in una cinquantina di pagine. Questo Programma ha forse il limite di essere stato steso a più mani per cui a taluni potrà dare la sensazione di una certa frammentarietà.
Per brevità, e per non sottrarre molto tempo, mi soffermerò solo su un paio di punti.
Ho ascoltato il collega Vindigni quando parlava dei trasporti e della viabilità. Ha ragione quando dice che non viene citato, per esempio, il Sempione, che rappresenta una delle porte più importanti per entrare nella nostra regione dall'arco alpino. Non parlerei di svista, ma forse di necessità di voler dire molte cose concrete nel più breve spazio possibile.
In quella parte del Programma che tratta le infrastrutture del territorio non si è evidenziato il Sempione, ma vorrei rassicurare il Consigliere Vindigni, perché ho partecipato a più incontri con i colleghi di maggioranza; abbiamo parlato anche della direttrice Lötschberg-Sempione da cui poi il collegamento verso Milano e Genova, con l'intenzione di potenziare anche questa direttrice che taglia da nord a sud prima il Verbano Cusio Ossola e quindi il Novarese.
Quindi, una visione del Piemonte quale terra collegata alle regioni circostanti.
Inoltre, a noi sembra opportuno rivedere la legge regionale sui trasporti del 1986; questa legge aveva il proposito di delegare alle Province funzioni amministrative, in particolare per il trasporto su gomma ma di fatto ha fallito i suoi obiettivi. E' necessario, quindi, predisporre uno strumento più funzionale, che preveda deleghe più concrete. E' mancata nelle passate Giunte, una visione della dimensione interregionale dei trasporti e l'operatività è stata concepita senza un coordinamento con le regioni limitrofe, come se il Piemonte fosse un territorio chiuso. Esiste la necessità di realizzare i collegamenti veloci, e questo viene evidenziato nel Programma. Sempre il collega Vindigni affermava una cosa imprecisa quando diceva che non si potranno realizzare le autostrade ferroviarie; non più tardi della settimana scorsa, nella sede dell'Unione Industriale, ho sentito tecnici italiani della TAV e francesi della TGV nonché dirigenti delle Ferrovie dello Stato e del GEIE affermare che il progetto della Lione-Torino terrà conto delle esigenze diverse del trasporto delle persone e delle merci, in quanto ovviamente le merci non potranno viaggiare a trecento all'ora nei tunnel, nonché, addirittura, del trasporto di interi camion. Nelle relazioni che io ho letto, come non addetto ai lavori, e che ho seguito con interesse, ho potuto farmi un'opinione sul fatto che i raggi di curvatura, piuttosto che l'inclinazione di salite e discese, terranno conto delle esigenze dell'una e dell'altra cosa; sicuramente nel seguito non mancheranno occasioni per approfondire argomenti così tecnici.
Quindi collegamenti veloci Torino-Lione, Torino-Nizza; si terrà anche presente il collegamento con la Malpensa, nonché la direttrice Sempione Genova, in modo tale da potenziare il trasporto su rotaia che porterebbe inevitabilmente a benefici per l'ambiente e alla circolazione stradale, ove diminuirebbe la pressione del trasporto su gomma.
Si valuterà il ruolo che dovranno avere gli Aeroporti di Caselle, Cuneo e Biella e l'Aeroporto di Malpensa, anche in considerazione dell'estrema vicinanza. Grazie alle assicurazioni recenti della Banca Europea degli Investimenti sarà possibile completare il potenziamento delle strutture di "Malpensa 2000".
Sarà effettuata un'attenta ed approfondita analisi del trasporto pubblico regionale sia ferroviario che automobilistico, ponendoci la finalità della migliore economicità e funzionalità possibile di tutti i moduli di trasporto.
Per quanto attiene al trasporto delle merci si intende valorizzare il ruolo della "intermodalità" (cioè lo scambio tra gomma e ferrovia) partendo dalle realtà esistenti quali il Centro intermodale di Orbassano o di prossima operatività quale il Centro di Novara.
In generale, la filosofia sarà quella di migliorare i trasporti delle persone e delle merci per migliorare la qualità della vita.
Due parole su un secondo punto che mi premeva evidenziare in quanto nel Programma non è detto. A titolo di esempio, quando si è parlato dell'ambiente, non si è detto, nel Programma ovviamente sintetico, nulla (nella parte dedicata all'ambiente) sul rapporto uomo - animale - ambiente che implica il rapporto tra uomo e animali sinantropi, cioè quelli che vivono a stretto contatto con l'uomo.
Vi cito solo un dato: in Italia almeno una famiglia su tre possiede almeno un animale e vive con animali domestici (cani, gatti e simili). Se considerate che nel Piemonte c'è una viva coscienza animalista, i numeri sono ancora più grandi. Questa sensibilità verso questi amici animali c'è anche nella Giunta presieduta dall'on. Ghigo.
Questo per dire che, fra tutti i problemi, più o meno gravi, che rivestono carattere di urgenza quale, purtroppo, quello dei territori inondati lo scorso autunno, o meno urgenti, ci stanno anche molti altri problemi e temi che meriterebbero ovviamente approfondimento, ma che la cinquantina di pagine della relazione non ha consentito.
Per rimanere a questo esempio, bisognerà rivedere la L.R. n. 20/92 e la L.R. 34/93 che si sono occupate del randagismo, del controllo delle nascite (degli animali randagi) e del benessere degli animali, in modo da renderle più facilmente applicabili ed integrandole con norme che regolino la convivenza, nelle città, tra uomini ed animali, sì da tutelare i diritti di tutti e da evidenziare anche i doveri di tutti.
Solo a titolo di esempio: regolamentare le aree verdi dove portare questi animali, la raccolta delle deiezioni, la possibilità di portare questi animali familiari su mezzi pubblici, l'ingresso nei negozi, bar ristoranti e quant'altro.
Penso al ruolo sociale che gli animali svolgono nella compagnia che offrono alle persone sole, oltre che alle famiglie, ai bambini o agli anziani, alle persone malate, ai portatori di handicap, con la Pet Therapy o la ippoterapia, che sono argomenti che abbiamo intenzione di valorizzare.
Penso ancora a quanto si potrà fare per migliorare le condizioni di vita di quegli animali che entrano nella catena alimentare dell'uomo diminuendone la sofferenza e migliorando la qualità degli alimenti di origine animale.
Penso ancora al ruolo insostituibile dei servizi veterinari pubblici sul territorio, che sono organizzati nell'ambito della sanità ove svolgono la prevenzione della salute dell'uomo attraverso quella degli animali.
Questo a titolo di esempio, ma si potrebbe dire molto di più.
Dunque avremo tempo e modo per entrare nel merito di tutte le questioni e vivere quotidianamente l'esperienza di un governo regionale nuovo che auspico, lascerà un segno.
Grazie.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Esame ordine del giorno n. 7 riguardante i lavoratori dell'Alenia


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'ordine del giorno n. 7 riguardante i lavoratori dell'Alenia.
Per esigenze anche di informazione, pregherei l'assemblea di passare all'approvazione di tale ordine del giorno.
Ricordo che tutti i Gruppi sono firmatari di questo ordine del giorno per cui in questo momento mi parrebbe superflua una discussione; semmai domani, nell'intercalare dei successivi interventi che ci saranno, si potrà riprendere l'argomento che è oggetto di questo ordine del giorno.
Pongo pertanto in votazione tale ordine del giorno, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte dopo avere incontrato le Organizzazioni sindacali ed un'ampia delegazione dei lavoratori dell'Alenia, preoccupato anche delle tensioni già oggi manifestatesi ribadisce come vada immediatamente attivata ogni utile iniziativa del Consiglio innanzitutto per: ottenere dal Governo un preciso impegno circa i problemi preliminari ad ogni piano di ristrutturazione e di sviluppo dell'Alenia quali la definizione del nuovo modello di difesa, del supporto pieno alla collaborazione nei progetti europei riguardanti la velivolistica civile e militare e soprattutto l'erogazione dei finanziamenti che devono permettere, per l'Alenia, la continuità delle commesse intraprese con la NASA da cui unicamente dipendono i 425 dipendenti di Alenia-Spazio che rischiano di essere posti in CIG ordinaria da settembre ottenere, nelle more di questi confronti e contatti, l'immediato ritiro della procedura di avvio della CIG straordinaria per poter rendere effettivo e credibile il confronto sui programmi senza precostituire gravi situazioni di fatto e soprattutto per non compromettere le collaborazioni internazionali in atto; si ricordi in proposito come un alleggerimento di organico di oltre 1.000 unità sia già avvenuto nel biennio 1993/1994 ottenere che vengano riconsiderati gli orientamenti espressi nel Piano Alenia che porterebbe di fatto alla completa chiusura dello stabilimento 'storico' di Corso Marche.
Il Consiglio impegna altresì la nuova Giunta ad attivare ogni utile iniziativa per una corretta risoluzione della vertenza Alenia partendo dai tre punti centrali dinanzi espressi e proseguendo il monitoraggio attento della situazione".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 42 Consiglieri presenti.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto (Elezione del Presidente e della Giunta regionale) - (seguito)


PRESIDENTE

Proseguiamo il dibattito sul documento programmatico presentato dalla Giunta regionale.
Ha ora la parola il Consigliere Cavallera. Chiuderà questa tornata oratoria, di ben ventisette interventi, il Consigliere Peano.
Prego, Consigliere Cavallera.



CAVALLERA Ugo

Grazie, Presidente. Cercherò di stare nel tempo canonico. Penso che qualsiasi collega, quando prende la parola, cerchi di portare un contributo nell'interesse dei nostri lavori e nell'interesse del Piemonte.
Quando si fa qualche accenno critico, nel documento, ai rapporti con l'Autorità di bacino, sono soprattutto accenni con una forte finalità costruttiva.
L'Autorità di bacino è stata costituita da tempo e nel momento in cui facciamo delle critiche - ad esempio al Governo o alla Regione - dobbiamo anche domandarci in questa sede se siamo soddisfatti di come questa Autorità, della quale le Regioni fanno parte, ha operato.
Ebbene, noi formuliamo in questo documento delle critiche che, dal punto di vista della Regione, possono anche essere intese in senso autocritico: comunque, sempre, con la finalità di migliorare la situazione in atto. Quindi, ascriviamo questa questione all'interno dei più complessivi rapporti con il Governo in materia di difesa del suolo e di problematiche ambientali.
Ovviamente non possiamo non riferirci agli ultimi eventi alluvionali ai quali si è riferito anche il Presidente incaricato in questa sede nel momento in cui ha iniziato il proprio intervento.
Ci sono situazioni che sollevano molte critiche - se non vado errato nei confronti del Magistrato per il Po, del suo modo di operare, e dell'ANAS: si è svolto un incontro nei giorni scorsi, i Capigruppo erano presenti e hanno avuto modo di constatare come stanno le cose, ma la situazione è ben più grave rispetto a quello che è emerso in quella sede non perché manchi la volontà da parte dei responsabili locali piemontesi di queste articolazioni. Vi è la volontà di contribuire in modo fattivo ad affrontare i problemi dei quali sono investiti: il fatto è che vi è una penuria di mezzi e di finanziamenti. Lo Stato mantiene in piedi una struttura della quale dobbiamo domandarci se, in una materia così importante, è ancora il caso che permanga. E ancora il dualismo Stato Regioni ha significato o non è piuttosto necessario arrivare ad una ridefinizione definitiva - scusate il bisticcio di parole - dei compiti? Nel documento c'è un accenno, ad esempio, ai corsi d'acqua di terza categoria; in sostanza è arrivato il momento di stabilire, chi fa e che cosa, in materia di manutenzione ambientale, in interventi di prevenzione e così via. Potremmo aggiungere: in monitoraggio finalizzato alla pianificazione o monitoraggio finalizzato anche alla protezione civile. Non dimentichiamo le polemiche e le situazioni sui ritardi degli allertamenti nel caso dell'ultima alluvione di novembre.
Quindi, io prego i colleghi di leggere queste punte critiche in questo senso. Non vi è nessuna volontà di destrutturare l'Autorità di bacino, anzi proprio perché noi siamo convinti dell'importanza di una concertazione all'interno del bacino padano, riteniamo che sia arrivato il momento di fare una riflessione. L'Autorità di bacino funziona e quindi occorre definire una serie di questioni legate ai compiti; penso che a volte non sia neanche una questione di risorse. A volte vi sono delle sovrapposizioni, delle duplicazioni, delle incongruenze legislative, che vanno rimosse una volta per tutte. L'alluvione ce lo impone.
Noi riteniamo che nella fase di ricostruzione post-alluvionale non sia compito della Regione suddividere solamente una serie di risorse sul territorio, fare un bel compitino e poi andare a vedere cosa fanno gli Enti locali. Dobbiamo ovviamente essere noi, come Regione, i protagonisti di questa fase. Fra gli ultimi provvedimenti che sono stati approvati proprio in queste ore, vi è la conversione del decreto legge n. 154 che, secondo me, è molto importante, perché consente interventi integrati (Stato Magistrato per il Po, Regione per i corsi d'acqua e per le competenze proprie in materia di dissesti e di interventi idrogeologici); avendo le risorse a disposizione credo ci sia la possibilità di intervenire rapidamente per alleviare le preoccupazioni di molte genti rivierasche dei vari fiumi che sono preoccupate ad ogni pioggia.
Mi sia consentito, allora, di ricapitolare brevemente lo stato dell'arte in materia post-alluvionale.
Noi dobbiamo dare atto a tutto il comparto pubblico piemontese che i compiti che sono stati affidati a questo comparto in qualche modo sono stati disimpegnati, a mio avviso, in maniera accettabile. Lo è per i contributi in acconto che i Sindaci hanno erogato ai cittadini, per adesso nella misura del 30%, ma sono in corso le pratiche per le erogazioni successive; lo è per le opere pubbliche, e non si dimentichi che in Piemonte ci sono 1.209 Comuni, quindi pensiamo alla miriade di comunelli che sono disseminati lungo il corso del Tanaro, lungo il corso del Belbo e di tutti gli altri corsi d'acqua, che sono stati alluvionati nelle zone dissestate, e per i quali si sta mettendo in campo un'opera colossale di progettazione, di avvio di opere che deve essere mantenuta. Questo è il compito della Regione, all'interno di un disegno complessivo. In questo modo si è operato e si opererà sempre più.
Proprio in questi giorni, dopo aver avuto l'approvazione da parte dell'Autorità di bacino del cosiddetto piano stralcio dei 45 giorni, il P45, la Regione è in movimento; questa sera avremo un incontro ad Asti, si cercherà di tenerne altri nelle altre zone alluvionate per discutere l'art.
9 bis e l'art. 30. Ecco, diamo una visione complessiva a tutto il problema.
E' chiaro che c'erano due strade da seguire all'inizio della riflessione post-alluvionale: "Fermiamo tutto, decidiamo cosa fare, poi semmai ci muoveremo". Però la gente era sfollata, in qualche modo bisognava intervenire! Allora si è scelta la strada di intervenire con criterio.
Ovviamente, la cosa è stata recepita dall'Autorità di bacino, perché io ho letto con soddisfazione che il blocco che è stato imposto all'interno di alcune fasce di pertinenza fluviale, che sono state approvate nel documento P45, prevede tutta una serie di deroghe, grosso modo quelle deroghe che la Regione, con una delibera urgente di Giunta, aveva ipotizzato già nei giorni successivi all'alluvione. Vi è una continuità in questa materia, una continuità che, a mio avviso, dovrà far registrare una discontinuità nel senso dell'essere capace a fare adesso quello che tuttora manca. Cos'è che manca, allora, fino adesso? Fino adesso manca una risposta accettabile sotto il profilo dell'intervento dell'indennizzo per le attività economiche.
Le banche qualche colpa ce l'avranno. La burocrazia non sempre ha la b minuscola, qualche volta ha anche la B maiuscola e nel caso dei contributi per i privati o di qualche intervento di emergenza per le opere pubbliche risultati si sono avuti, cosa che non è avvenuta invece per le attività economiche. Adesso ci auguriamo che gli interventi che sono previsti, gli incontri con il Presidente Dini di venerdì, l'incontro in Regione con l'Assobancaria, l'Artigiancassa e il Mediocredito possano in qualche modo portare a risultati positivi.
Visto il tempo devo andare velocemente alla conclusione.
Una puntualizzazione sull'art. 30 della legge urbanistica e il discorso del rischio compatibile. Qui è una considerazione, a mio avviso pragmatica. Si può mantenere una norma che dica: "Laddove vi è stata una esondazione, un dissesto, non si può fare più nulla"? Cosa vuol dire? Dobbiamo pure trovare una risposta flessibile, riferita non tanto al caso discutibile, dove magari vi è stato un insediamento discutibile, che magari è già stato anche censurato con gli strumenti consentiti, ma pensiamo ad interi quartieri di Asti, di Alessandria o di Alba. Chi propone di rendere flessibile l'art. 30 propone solamente di scrivere un articolo, o comunque una normativa (adesso si cita l'articolo perché è il caso emblematico) che consenta da un lato il rigore della salvaguardia del territorio e della impossibilità di insediamenti in zone che sono dissestate o ritenute pericolose e non adatte, ma dall'altro vi sia quella flessibilità che consente, ad esempio in Olanda, di vivere al di sotto del livello del mare ovviamente con strumenti di allertamento e di protezione civile, con arginature adeguate e tutta una serie di interventi adeguati che all'occorrenza, a fronte di calamità naturali che anche là avvengono, non determinino però gli effetti negativi che da noi si registrano.



CHIEZZI Giuseppe

In pratica dici che perseverare è umano.



CAVALLERA Ugo

Questo lo dici tu! Io sfido te a venire al Quartiere Orti di Alessandria e trovare una soluzione. Se lo si legge letteralmente l'articolo dice: "Dove vi è stata una esondazione non si fa più nulla" potrebbe essere inteso in questo senso. Non è da leggere l'articolo in quanto tale, dico solo che la finalità di questa proposta tende a mettere in mano agli operatori della pianificazione urbanistica, che sono soprattutto i Sindaci, degli strumenti che consentano di dare delle risposte flessibili che siano prima di tutto orientate alla difesa e alla salvaguardia del territorio, ma inoltre consentano in qualche modo una coesistenza di quanto è già in essere. Nessuno parla di nuovi insediamenti forse c'è un fraintendimento di fondo; qui si tratta di trovare una soluzione di come possano coesistere gli insediamenti esistenti in determinate zone. E' chiaro che dove vi è stata la frana e l'immobile non c'è più non si andrà a ricostruire; ma in pianura, sotto il battente dell'argine, qualche domanda dobbiamo farcela.
La finalità di questa revisione è molto limitata, ma lo stesso discorso lo potremmo fare anche laddove sono in essere impianti a rischio che, in prospettiva, vanno certamente rilocalizzati, ma con i quali nell'immediato bisogna coesistere. Quindi un adeguamento, sulla base dell'esperienza della normativa urbanistica, che non ha certamente una volontà sotto questo profilo di deregulation, ma semmai di rafforzamento. La norma è quanto più utile ed efficace quanto più è flessibile nelle mani, non del privato, ma dell'amministrazione locale, che è la prima a difendere il proprio territorio e a salvaguardare il territorio stesso e la pubblica incolumità.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Cavallera.
La parola al Consigliere Peano.



PEANO Piergiorgio

Chiudo la giornata interessantissima e ringrazio i colleghi per gli interventi di oggi. Prenderò un paio di minuti in più dei dieci, solo perché oggi abbiamo fatto due interventi su tre e concludiamo qui la nostra serie come Gruppo.
Signor Presidente, amici colleghi, on. Enzo Ghigo, desidero esprimerle un augurio sincero di lavoro. Non vuole essere solo l'espressione di un rito o di una consuetudine, ma credo veramente che abbia bisogno di raccogliere l'augurio corale più grande. Il compito che si accinge ad assumere sarà sicuramente impegnativo. Il Piemonte possiede molte risorse che devono essere attivate e attende grandi risposte.
Con lei, Presidente, abbiamo vissuto la novità di votare un Presidente indicato ed eletto dalla gente; è una novità che dovrà trovare attraverso le riforme elettorali i canoni giusti. Questa non è stata ancora la migliore riforma, ma è comunque una novità che fa assumere a lei, in primo luogo, una maggiore responsabilità. Per questo mi permetto di dirle che non ho approvato l'atteggiamento dei giorni scorsi, quando minacciava ed annunciava dimissioni all'interno della sua maggioranza. Un capo non annuncia mai dimissioni o non le usa come arma per dirimere i problemi interni, anche se difficili.
Ha bisogno di auguri, Presidente, anche per due motivi: come forza politica state vivendo per la prima volta l'esperienza di guidare un governo regionale. Troverà a questo governo una minoranza preparata, capace di un confronto serio, una minoranza che conosce i problemi di questa Regione e che sa come affrontarli. Ebbene, noi non lavoreremo per abbattere una maggioranza, ma certamente lavoreremo per creare un'alternativa a questo governo.
Il secondo motivo è il documento politico programmatico che abbiamo avuto lunedì scorso e che ci ha consentito di ragionare in queste ore, di riflettere su alcuni punti. Per tutti noi oggi è una grande scatola vuota con tante parole scritte, tante frasi fatte, ha cercato di condensare tanti argomenti, dimenticandone alcuni e riducendone poveramente altri. La verifica sarà, Presidente, la prova dei fatti. La scatola dovrà essere riempita di impegno e di attività, di coerenza, di scelte di tanti progetti finalizzati alle risposte che il territorio e la gente richiedono oggi e richiederanno nei prossimi anni. Ma soprattutto bisognerà pensare in grande.
Nel suo intervento di insediamento il Presidente Picchioni ha provocato lo scenario politico con una proposta che affascina alcuni di noi: quella degli Stati generali. Non so quando e se sarà possibile organizzarli.
Quello che credo però necessario è che ciascun Assessore, per i compiti delegati, dovrà costantemente avere aperto il dibattito e il confronto con tutte le componenti possibili di questa nostra Regione per offrire al Consiglio le migliori proposte. Dobbiamo individuare le migliori scelte sapere dove si vuole andare, sapere quali risposte per l'edilizia, per la pianificazione urbanistica e territoriale, per la cultura, per lo Stato sociale. Mai come oggi c'è voglia di politica, la gente vuole discutere partecipare. Mai come oggi si può recuperare con un'attenta partecipazione la crisi fra i due soggetti: cittadini ed istituzioni.
E questa crisi è soprattutto fra i cittadini e l'istituzione Regione Piemonte.
L'esperienza di questa ultima campagna elettorale è stata, almeno per me, alquanto significativa, una campagna elettorale silenziosa. La Regione pareva una sconosciuta, così pareva il titolo andando in giro. Questo ancora per alcuni motivi di ragioni; forse uno per la vivacità del dibattito sui Sindaci, che ha assorbito totalmente i cittadini, ma l'altro per l'effetto di una classe politica che non ha saputo creare rapporti con i cittadini stessi. In provincia, poi, abbiamo vissuto la pesantezza della centralità torinese, una centralità che assorbe risorse, che finalizza norme e regolamenti con scarsa attenzione al territorio, alle piccole realtà, ai problemi della montagna, delle zone e delle fasce più povere e disagiate. E poi se la Regione Piemonte da un lato rivendica allo Stato centrale una maggiore autonomia, autonomia che attraversa vari poteri, mi sono chiesto in questi giorni perché i problemi e le risposte agli alluvionati sono oggi in ritardo, perché tardano le risposte dell'ANAS e del Magistrato per il Po. L'intervento del collega Cavallera, nella parte iniziale, mi ha interessato parecchio, nel senso di coordinare queste grosse attenzioni. Dall'altro, però, la Regione deve essere coraggiosa nel porre al primo posto il concetto della sussidiarietà nei confronti degli Enti locali, Comuni e Province. La V legislatura della Regione Toscana ha lasciato un'importante eredità alla VI legislatura. Con un provvedimento degli ultimi tempi ha posto le basi per trasferire nei prossimi mesi 2.000 dipendenti e 167 dirigenti ai Comuni e alle Province, e le rispettive risorse finanziarie. Alla Regione Toscana rimarranno compiti legislativi di alta amministrazione. Ecco un interessante dibattito che potremmo discutere in quest'aula nei prossimi mesi. Vogliamo una Regione agile, legiferante e vigile o ancora un ente di gestione, burocratico, lento in troppi settori pesante pachiderma che non riesce a decollare? Può essere che ad essere più snelli si riesca a correre di più? Lo stato sociale, il Welfare State, che alcuni di noi hanno già in quest'aula abbondantemente richiamato, speravo e credevo che fosse un elemento caratterizzante del progetto di impianto di questa Giunta. In realtà il documento mi lascia alquanto preoccupato. Per Stato sociale colleghi e Presidente Ghigo, non possiamo solo elencare dei servizi per dire che l'efficienza della struttura regionale sarà misurata sulla quantità e qualità dei servizi erogati a vantaggio del sistema delle imprese e delle famiglie.
Lo Stato sociale non è solo una sanità aziendalizzata, è qualcosa di più; è una sensibilità ulteriore, investe i problemi e la vita dell'uomo in tutti i suoi rapporti nel nucleo familiare, nella società, nel lavoro nell'ambiente di vita. Non è solo un cambiamento di regole, ma un cambiamento di comportamenti. Non è pianificazione della sussistenza umana ma dignità della persona. Non è solo un fatto sociale, ma culturale e di civiltà di una nazione.
Il Presidente Clinton, in una sua prima legge appena diventato Presidente, ha dichiarato reato l'abbandono dei vecchi; questo per dirvi quanto si può misurare la civiltà di una nazione dallo Stato sociale. Non è mai, credo, togliere ai ricchi per dare ai poveri, ma è la tensione ideale per garantire a tutti una possibile risposta ai bisogni; non solo i poveri ma anche i ricchi muoiono soli e abbandonati. Sovente sono le famiglie più abbienti ad essere toccate dai problemi del disagio giovanile, della droga.
Tutti, nessuno escluso, ha garanzia di non incorrere in una condizione momentanea o permanente di debolezza e quindi di una necessaria e costante assistenza e non solo per la causa dell'insorgere di una malattia, ma per le tante cause che infliggono la società di oggi: lo Stato sociale è diritto alla solidarietà e alla protezione. Lo Stato sociale riguarda tutto e tutti, riguarda i problemi della grande città e pone pari dignità alla possibilità di vita delle piccole realtà e delle zone più disagiate. Stato sociale, per fare degli esempi, è creare le condizioni di lavoro per le imprese grandi, ma anche per le piccole imprese familiari, è non impoverire la montagna delle scuole, dei servizi ambulatoriali, dei trasporti, dei distributori di benzina, solo perché non hanno raggiunto un minimo erogato è consentire all'anziano di vivere in case dignitose o nella sua famiglia alla donna di poter scegliere la maternità come diritto, come dono, come ricchezza.
Lo Stato sociale è mettere anche in evidenza tutto il mondo della buona sanità, non solo i casi di malessere e di negatività. In questi anni di Regione, nonostante i problemi e le difficoltà, pur nella carenza e nell'incertezza delle risorse, nella precarietà degli uomini chiamati alla guida degli Assessorati, una risposta comunque la si è data, trovando un equilibrio fra risorse e risposte, un equilibrio sempre da migliorare.
Negli ultimi mesi della trascorsa legislatura ho visto un forte impegno per l'applicazione dei DD.LL. n. 502 e n. 517, per la costruzione delle nuove UU.SS.LL., per le leggi di riordino, organizzazione e funzionamento della sanità e per la legge sull'esercizio delle funzioni socio assistenziali. E ancora, per la nomina dei Direttori generali si sono scelti quelli che si ritenevano i più qualificati a condurre una fase di nuova organizzazione. E' un compito difficile, per molti immane: non lasciamoli soli nelle scelte prossime che dovranno operare, in particolare per la definizione e l'organizzazione dei Distretti socio-sanitari. Le loro pagelle al primo anno di vita, o al primo giro di boa, saranno positive o negative anche in conseguenza delle certezze che sapremo dare loro in continuità, in norme, in risorse, in formazione.
Infine, tanti istituti meritano di essere richiamati, perché sono fonti di ricchezza sociale e culturale specie per lo Stato sociale: le organizzazioni di volontariato, la cooperazione sociale, l'handicap e il lavoro, la famiglia come unica e grande risorsa sulla quale bisogna sapere investire per darle tutta la dignità di esistere.
A proposito della famiglia, desidero annunciare che il nostro Gruppo sta presentando una proposta di legge "Norme per la promozione e il sostegno sociale della famiglia", già approvata in altre otto Regioni e che, oltre a proporre il riconoscimento della famiglia come soggetto sociale e politico, la pone al primo posto nelle scelte e nelle regole di questa Regione.
Agli Assessori che in questi giorni abbiamo avuto modo di conoscere Assessori al lavoro, alla formazione, alla cultura, allo sport, al tempo libero, gli auguri per un forte impegno: anche loro devono sentirsi coscienti di partecipare alla costruzione dello Stato sociale.
Agli Assessori alla sanità e all'assistenza l'augurio che il loro impegno vada oltre le poche righe del Programma presentato; in particolare l'assistenza, collega Goglio, è ridotta ad una frase sul programma di governo.
Collega Goglio, l'assistenza non è stata la Cenerentola di questi ultimi anni, ha avuto poche risorse, ma grandi predecessori preparati e qualificati; l'ultimo, Angelo Rossa - lo voglio ricordare - ha saputo metterci tutto il cuore e tutta l'anima.
Colleghi D'Ambrosio e Goglio, bisognerà mettere mano al Piano socio sanitario regionale e bisognerà lavorare, unificare e programmare, se lo riterrete opportuno, in un unico Assessorato la programmazione socio sanitaria. Noi avevamo istituito un gruppo di lavoro che aveva operato in tal senso.
Occorre investire in prevenzione e riabilitazione, due momenti che con la cura sono posti allo stesso livello dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Se in questi anni abbiamo investito in cura, in prevenzione e riabilitazione siamo stati un pochino carenti: dovremo trovare le risorse.
Occorre investire in cultura e formazione, per preparare i migliori Direttori generali, i migliori operatori dei servizi sociali, i migliori medici; occorre investire nella ricerca di un'etica di comportamento in tutti i settori della Pubblica Amministrazione e dei servizi in genere.
Dice Norberto Bobbio: "I principi sono scritti prima in noi e poi nei Codici".
Infine, occorre investire nella scuola per renderla adatta alle esigenze dell'economia e dell'impresa di oggi; solo così i giovani potranno trovare soluzioni alla crisi di lavoro. Una generazione giovanile, quella di oggi, sta pagando: dobbiamo trovare la formula e le condizioni per creare nuovi posti di lavoro. E' il male e il peccato sociale più grande di questi tempi: anche questo vuole una risposta.



PRESIDENTE

Se mi permettete, vorrei rivolgere un ringraziamento sentito per l'esempio di stile, di compostezza e di correttezza con cui ogni Consigliere ha ascoltato l'altro: mi pare che sia un buon esordio per questa legislatura.
Il prosieguo del dibattito è aggiornato all'adunanza consiliare che si svolgerà domani 29 c.m.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18,15)



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