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Dettaglio seduta n.391 del 28/09/99 - Legislatura n. VI - Sedute dal 23 aprile 1995 al 15 aprile 2000

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DEORSOLA


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Benso, Casoni, Cavallera Cotto Dutto, Ferrero, Galli e Ghigo.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Informo l'Aula che la riunione dei Capigruppo non ha trovato un percorso unanime; l'indicazione prevalente è quella di affrontare e continuare l'esame del disegno di legge n. 513, del quale è già stata svolta la relazione.
Continuiamo quindi la discussione generale.
Ha chiesto la parola il Consigliere Saitta; ne ha facoltà.



SAITTA Antonino

Più che un'indicazione prevalente, Presidente, mi pare si sia trattato dell'indicazione della maggioranza di procedere in questo senso, con un giudizio diverso da parte della minoranza. In ogni caso, Presidente, la invito a verificare il numero legale.


Argomento:

Verifica numero legale


PRESIDENTE

Si proceda all'appello nominale per la verifica del numero legale.



(Il Consigliere Segretario Toselli effettua l'appello nominale)



PRESIDENTE

Constatata la mancanza del numero legale, essendo presenti in aula n.
26 Consiglieri anziché 27 (sono in congedo n. 8 Consiglieri), la seduta è sospesa, ai sensi dell'art. 52 del Regolamento del Consiglio regionale.



(La seduta, sospesa alle ore 15.15 riprende alle ore 15.45)


Argomento:

Verifica numero legale


PRESIDENTE

La seduta riprende.



CHIEZZI Giuseppe

Chiedo la verifica del numero legale.



PRESIDENTE

Si proceda all'appello nominale per la verifica del numero legale.



(Il Consigliere Segretario Toselli effettua l'appello nominale)



PRESIDENTE

Si constata la presenza del numero legale, essendo presenti in aula n.
28 Consiglieri ed in congedo n. 7 Consiglieri.


Argomento: Commercio - Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Esame disegno di legge regionale n. 513: "Disciplina, sviluppo ed incentivazione del commercio in Piemonte, in attuazione del decreto legislativo 331 marzo 1998, n. 114" (seguito)


PRESIDENTE

Proseguiamo l'esame del disegno di legge n. 513, di cui al punto 8) all'o.d.g.
Ricordo che siamo in sede di discussione generale.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Saitta; ne ha facoltà.



SAITTA Antonino

Signor Presidente e colleghi, come ho già avuto modo di dichiarare nella riunione dei Capigruppo, ritengo che il disegno di legge avrebbe richiesto un esame più attento e soprattutto congiunto con la proposta di deliberazione che è all'o.d.g. della Commissione; d'altronde, il lavoro era stato avviato e, con una certa forzatura nelle procedure dell'o.d.g., si è voluto discuterlo oggi, lasciando incompleto l'esame della proposta di deliberazione che è strettamente connessa.
A nostro avviso, un giudizio complessivo sulla volontà della Giunta di dare attuazione al decreto legislativo n. 114 è possibile soltanto mettendo assieme il disegno di legge n. 513 e la proposta di deliberazione n. 655 per la verità sarebbe opportuno discutere congiuntamente anche quella sul commercio ambulante.
Oggi dunque discutiamo di un disegno di legge - dirò poi il perch apparentemente asettico; nella realtà, contiene proposte che avranno effetti forti sul territorio regionale.
E lo affermo non casualmente o per pregiudizio - vedrò poi di dimostrarlo - e chiedo anche il conforto dei singoli Consiglieri regionali che, conoscendo il proprio territorio, saranno in grado di valutare che cosa dirò in termini di aumento di superficie commerciale.
Cercherò di capire - ad esempio, nel caso del collega Capogruppo di Forza Italia - se per un suo Comune la dimensione che emerge da questi dati è sopportabile per la grande distribuzione; analogamente faremo per gli altri Comuni, in modo che ognuno si assuma le proprie responsabilità nello schierarsi verso il commercio cosiddetto tradizionale oppure verso la grandissima distribuzione.
Tenterò quindi di fare questo sforzo. E' più che altro un tentativo di convincere i colleghi ad un esame attento del testo - non mi rivolgo all'Assessore, perché certamente è convinto della sua proposta, ma soprattutto ai Consiglieri della maggioranza - per valutare gli effetti che quanto proposto avrà sui singoli territori.
Innanzitutto, desidero comunque svolgere una valutazione di tipo generale sul disegno di legge n. 513.
La Giunta - dicevo prima - ha scelto una strada neutra.
Il decreto legislativo Bersani - lo sappiamo - introduce come principio generale nel settore commerciale quello della concorrenza, che deve essere tutelata in tutte le maniere, e prevede in modo particolare che la Regione abbia potere di programmazione della rete distributiva.
E' questo il compito: potere di programmazione della rete distributiva le Regioni, nel momento in cui danno attuazione al decreto legislativo debbono prevalentemente dare attuazione all'art. 6 del decreto legislativo Bersani, titolo terzo, il quale prevede, in modo chiaro ed esplicito, che le Regioni, "entro un anno dalla data di pubblicazione del presente decreto", definiscano gli indirizzi generali sugli insediamenti commerciali e i criteri di programmazione urbanistica.
Sono queste le questioni alle quali le Regioni devono rispondere. E la programmazione è una competenza tipica della Regione, fissata non soltanto nel D.lgs. 114, ma anche nella L. 59.
Prima osservazione: il disegno di legge regionale n. 513 non risponde alla domanda, all'esigenza posta dalla L. 59, perché il disegno di legge n.
513 non parla di programmazione di rete distributiva; non parla di indirizzi generali per l'insediamento delle attività commerciali; non parla di criteri di programmazione. Rinvia questo compito ad una deliberazione del Consiglio. La Regione rinuncia, con questa legge, a svolgere un proprio ruolo, rinviandolo ad una deliberazione.
Si tratta, dal nostro punto di vista, della rinuncia ad esercitare un ruolo di carattere legislativo su una materia che sarebbe stato meglio normare - credo che l'Assessore Botta lo potrà confermare - con legge una serie di indicazioni vincolanti per le amministrazioni comunali.
Altrimenti, come credo l'Assessore Pichetto sappia perfettamente, norme divincolanti agli effetti della programmazione urbanistica inserite in una deliberazione, non credo abbiano la forza normativa di esercitare quel ruolo di garanzia dalla concorrenza immobiliare che il decreto legislativo Bersani richiede.
La scelta fatta è densa di problemi. Si rinuncia ad un ruolo, si rimanda ad una deliberazione - poi qualcuno mi spiegherà se una deliberazione può avere potere normativo - per costringere i Comuni a modificare i Piani regolatori e ad individuare delle aree sulla base di fissati criteri di programmazione.
Confesso che se fossi Sindaco direi: "Per favore Regione, cambia aria!". C'è un problema di gerarchia normativa; una deliberazione non pu costringere le amministrazioni comunali a modificare i Piani regolatori.
In ogni caso, credo che l'impostazione data al decreto legislativo n.
513 sia totalmente e prevalentemente settoriale. Non che questo non dovesse avvenire, ma non trascurando tutte le altre questioni e l'impianto complessivo del federalismo amministrativo, messo in atto con la legge n.
59. Si pone alla base e al centro dell'impostazione della deliberazione e del disegno di legge n. 513 la Regione. Tutti gli altri Enti non esistono gli altri Enti devono solo eseguire.
L'Assessore Pichetto suppongo sappia perfettamente - e non soltanto lui ma tutti i colleghi qui presenti - che il nostro riferimento, al di là del decreto legislativo n. 114, è la legge n. 59, che stabilisce il principio di sussidiarietà. Non possiamo dichiarare di adottare tale principio solo per metterci a posto la coscienza. Esso presuppone che in questo caso e in questa materia, l'attuazione della generalità dei compiti e delle funzioni amministrative delegate ai Comuni, alle Province e alle Comunità montane avviene secondo le rispettive dimensioni territoriali.
In realtà - poi vedrò di dimostrarlo - al centro del provvedimento c'è la Regione: gli altri Enti eseguono. Questo non è il principio di sussidiarietà. Rilevo dunque, come primo fatto, che non si è tenuto conto dei principi generali, e in modo particolare del principio di sussidiarietà contenuto nella legge n. 59.
Per quale motivo la Giunta regionale rinuncia a svolgere un ruolo di programmazione, rinviandolo ad una deliberazione? Per quale motivo la Regione Piemonte non esercita il potere che gli consente la legge, a differenza di altre Regioni? Altre Regioni questo tema lo hanno affrontato.
Qualcuno lo ha affrontato in termini puntuali, ovvero ha definito i criteri di programmazione urbanistica, ha definito i criteri generali per l'insediamento delle attività commerciali. Qualcuno, invece, lo ha affrontato in termini generici, ma in ogni caso, tutte le leggi regionali che ho avuto modo di leggere definiscono i criteri generali di compatibilità territoriali con insediamenti della distribuzione tradizionale o moderna. Questi criteri sono stati stabiliti da altre leggi: la nostra legge non li stabilisce.
In realtà, neanche la deliberazione li definisce, poiché anch'essa non parla di criteri per verificare quello che prevede l'art. 6 del decreto legislativo Bersani, con il quale si dice di rendere compatibile l'impatto territoriale e ambientale degli insediamenti commerciali, con particolare riguardo ai fattori quali la mobilità, il traffico e l'inquinamento.
La legge al riguardo non dice nulla, a differenza di altre Regioni, che perlomeno si sforzano di dare qualche indicazione.
La Giunta nella deliberazione adotta soltanto criteri di carattere autorizzativo (parcheggi, distanze, fronti stradali, numero di negozi). In ogni caso, la deliberazione non definisce alcun criterio utile a valutare la compatibilità di un insediamento commerciale dal punto di vista territoriale.
Assessore Pichetto, io non so se la maggioranza che la sostiene si rende conto del fatto che, venendo a mancare l'impianto antico della normativa sulla autorizzazione commerciale, la n. 426, si richiede un totale cambiamento di rotta, che mi pare non sia stato colto a sufficienza da parte della Giunta. E' evidente che oggi è difficile esercitare un ruolo divincolistico, di controllo della grande distribuzione. Non dico per vincolare, ma quanto meno per verificare la compatibilità con gli insediamenti è necessario il Piano regolatore.
Assessore Botta, il tema del Piano regolatore non è irrilevante. Credo che lei abbia sottovalutato cosa succederà nei Piani regolatori con l'applicazione di questa norma. Questo elemento è stato fortemente sottovalutato.
Credo che la Regione possa valutare l'impatto dal punto di vista territoriale se adottiamo criteri di carattere qualitativo e non quantitativo; se adottiamo criteri di compatibilità dal punto di vista della viabilità e della mobilità. Nella deliberazione a tutto ciò si fa riferimento solo in termini generici.
Occuperò ancora cinque minuti del mio tempo - e me ne scuso - in quanto in Commissione non c'è stato consentito di discutere molto.
Ripeto: si fa riferimento a termini generici: in sostanza, la valutazione della compatibilità o meno di un insediamento, dal punto di vista territoriale, non viene fatto; e non può essere fatto perché la Regione non dà indicazioni in termini di compatibilità riguardo ai fattori della mobilità, del traffico e dell'inquinamento. Non c'è alcuna indicazione in questo senso. Per cui si ricorre a parametri di carattere quantitativo del cui contenuto dirò dopo.
Questa è la legge! Che cosa si limita a fare la Giunta regionale con questo disegno di legge n. 513? Sostanzialmente, modifica la legge urbanistica n. 56. Peraltro, con una visione tipica territoriale per cui se la legge sarà approvata, la legge urbanistica in alcuni suoi articoli, sarà la legge urbanistica del settore commerciale.
Vengono infatti stabilite procedure di privilegio nei confronti del settore commerciale. Ad esempio al punto in cui si dice: "si consente la variante strutturale al piano regolatore..." - non le varianti parziali che conosciamo, in base all'art. 15: in pratica, introducete il meccanismo del silenzio-assenso di sei mesi. Per cui, Assessore Botta, lei si troverà ad avere delle varianti che dovranno essere esaminate prima di altre. Potremmo avere varianti che introducono insediamenti di carattere artigianale o industriale. Quelle no! Quelle vengono esaminate dopo, perché entro sei mesi la Giunta deve... e se non lo fa c'è il silenzio-assenso: altro che lassismo! Si introduce quindi il principio del silenzio-assenso - condivisibile ma esso deve valere soltanto per il settore della grande distribuzione per il settore commerciale e non per tutti gli insediamenti di carattere produttivo.
Si sta applicando la legge n. 56 con modalità fortemente discutibili.
Quando esamineremo i singoli articoli avremo modo di approfondire e dimostrare le inopportunità di una modifica eccessivamente settoriale del contenuto della legge.
La legge, proprio perché è povera, nel senso che non tratta la questione dei criteri di verifica della compatibilità, risulta una ripetizione, in molte parti - chiunque può rendersene conto - del decreto legislativo Bersani. Laddove si parla di finalità, al comma 2, esempio dove si dice: "La Regione assicura l'adozione delle misure più idonee ..." e dove si elencano i punti a), b) c), d) e), f), confrontate con quanto scritto all'art. 1 del decreto n. 114 e rileverete che si tratta dello stesso contenuto.
Federalismo amministrativo non significa copiare il decreto legislativo n. 114, ma compiere uno sforzo perlomeno di fantasia, se non di elaborazione politica.
Nel decreto regionale, leggo che la Regione deve garantire la trasparenza nel mercato, la concorrenza, la libertà d'impresa e la libera circolazione delle merci; nel decreto legislativo leggo che la disciplina della libertà di commercio regola la trasparenza del mercato, la concorrenza, la libertà d'impresa, la libera circolazione delle merci.
Andiamo a verificare il punto b): cosa dice il disegno di legge regionale? Che la tutela del consumatore, con particolare riguardo all'informazione ...; ma perché ripetere, redarre leggi e adottare una tecnica legislativa che ripete in modo identico, copiandoli letteralmente, i principi già contenuti nel decreto n. 114? Vi è, inoltre, un'errata indicazione. Ad esempio l'art. 1 della legge regionale laddove si parla di finalità, vi è l'annuncio di un elemento che nella legge in realtà non esiste. Qualcuno rileverà queste cose.
Collega Gallarini, l'art. 1 della proposta regionale, dice che "la presente legge detta le norme di indirizzo generale per l'insediamento delle attività commerciali e i criteri di programmazione urbanistica". Non è vero! La proposta regionale non detta alcunché; all'art. 1 vi è l'annuncio d'una cosa inesistente. Non c'è alcun articolo che detti le "condizioni per l'insediamento delle attività commerciali ed alcuni criteri". Si tratta, sotto questo aspetto, dell'annuncio d'una cosa inesistente. Invito i colleghi a rilevare il punto in cui sono contenute queste indicazioni. La Giunta, chi ha preparato il documento, sapeva bene che era questo l'obiettivo da raggiungere con la legge, ma poi il tema non è stato affrontato nella legge.
Facendo una carrellata veloce, verifico che anche all'art. 2 Assessore, c'è la ripetizione completa di quanto prevede l'art. 6. Faccio un esempio. "In particolare - dice il decreto regionale - nell'ambito delle funzioni conferite alla Regione, il Consiglio definisce gli indirizzi generali, i criteri di base ...". E' dizione identica a quella indicata nell'art. 6. Fate il confronto: ci si renderà conto di aver preparato una proposta di legge che ripete quanto contenuto nel decreto n. 114.
E' questa la nostra capacità di legiferare in modo originale, dando attuazione agli obiettivi? Copiare i principi contenuti nel decreto 114? Vi è poi il problema di carattere urbanistico. Ritengo che i colleghi debbano valutare con una certa attenzione la pericolosità di alcune norme al di là della questione grande distribuzione/piccola-media distribuzione.
La deliberazione contiene dei parametri che sono la base di riferimento per variare i piani regolatori. Approvata la legge, approvata la deliberazione i Comuni, entro 6 mesi dovranno variare il piano regolatore per definire nuove aree commerciali, al fine di consentire quanto dice Bersani, la "concorrenza".
La deliberazione della Giunta dice "per consentire la concorrenza immobiliare". La Giunta definisce qualche parametro e dà indicazioni, anche dal punto di vista quantitativo, su quali debbano essere le aree commerciali. E' un articolo che sostiene che "in mancanza di altre dimostrazioni, si assume che la concorrenza in un settore immobiliare è garantita quanto la destinazione d'uso commerciale è così calcolata ..." Ciò significa che nell'ambito delle conurbazioni - dunque, non soltanto Torino e la sua area metropolitana - deve essere garantito un metro quadrato per ogni residente per medie strutture di vendita. Invece, per le grandi strutture di vendita devono essere garantiti 0,8 metri quadrati.
Ognuno pensi al proprio Comune, moltiplichi per 2 la popolazione e verifichi la portata di questi parametri. Rilevata la superficie commerciale tra media e grande distribuzione, faccia la differenza con la superficie esistente e si renderà conto che si tratta di parametri enormi.
Ricordo che tali parametri sono il riferimento per la modifica dei piani commerciali; i Comuni dovranno trovare delle aree. Più avanti, in prossimi interventi, dirò, Comune per Comune, cosa significa questo in termini di occupazione di territorio anche dal punto di vista agricolo; non credo infatti, che quest'ultimo verrà sottratto ad aree residenziali.
Mi avvio alla conclusione, Presidente, dicendo che la Regione Piemonte con questa proposta, ha stabilito dei parametri, ma nessuno ha ancora capito sulla base di che cosa e su quali esigenze siano stati calcolati.
Il lavoro della Commissione avrebbe dovuto consentire di valutare se i parametri siano stati calcolati su richieste, domande, esigenze di qualche particolare settore commerciale. Non vi è alcuna dimostrazione del motivo di alcune cifre (O,8/1,2/1; 100 metri, 50 banchi, 70 banchi). Così come è assente qualsiasi dimostrazione dei motivi per i quali si è assunta una conurbazione rispetto ad un'altra. Su cosa è basata la scelta di una conurbazione? Sui vecchi piani commerciali o su qualcosa di nuovo - che non esiste completamente? Si tratta dunque di una proposta in cui è difficile capire il risultato complessivo; sarebbe stato interessante che la Giunta si fosse presentata dicendo: "Questa è la proposta, questi sono i parametri, nei Comuni della Regione Piemonte il significato è questo/quello ... la media distribuzione aumenta in questo modo, la grande distribuzione aumenta in quest'altro modo".
Questa dimostrazione non c'è; non credo che avvenga casualmente diversamente, i dati sarebbero stati forniti. In ogni caso, l'impostazione complessiva della proposta di legge - unica proposta regionale - è di un dirigismo esasperante, al cui centro c'è soltanto la Regione. Non soltanto vengono definite delle sottocategorie degli insediamenti commerciali e degli inserimenti di nuove aree; non soltanto vi è una classificazione puntuale, pignola, da parte di tutti i Comuni, stabilendo degli intrecci che non sono sicuramente casuali, ma rispondono a qualche logica che non si capisce, ma vi è un meccanismo fortemente dirigista. Cosa tutela Presidente e Assessore, questo meccanismo? Questo il quesito che porremo nell'esaminare i singoli articoli.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, affrontiamo il tema dell'attuazione della normativa prevista dal decreto legislativo n. 114 in materia di programmazione delle attività commerciali. E' un settore di attività che, come sappiamo, ha subito in questi ultimi anni un notevole cambiamento: nella struttura della distribuzione, nella struttura stessa delle caratteristiche della distribuzione, la nascita di gruppi di acquisto e via dicendo.
Siamo in una situazione nella quale i vecchi riferimenti, basati in modo un po' solitario su elementi di carattere quantitativo, lasciano il posto - almeno questo è scritto nelle intenzioni del decreto legislativo n.
114 - a criteri di programmazione e pianificazione indirizzati maggiormente al conseguimento di quelli che vengono enunciati come "interessi generali".
Interessi generali che derivano in parte dalla novità europea: interesse a lasciar esplicare in modo più libero la libera concorrenza. Interessi dei consumatori: interessi ad avere una struttura della rete distributiva che per livello dei prezzi, per qualità dei prodotti, per distribuzione territoriale degli esercizi di vendita possa offrire un equilibrio dell'offerta.
Sono criteri di carattere generale, condivisibili. Come tradurre in una legge questi indirizzi, ancora generali e forse generici? Con quali scelte politiche? E c'è spazio per la scelta politica in questo settore? Personalmente, penso di sì. Per quanto riguarda il Gruppo dei Comunisti italiani lo enuncio, facendo la seguente osservazione: il sistema del commercio, in Italia come in Europa, è un elemento caratteristico della nostra cultura, della nostra vita sociale. Penso che molto debbano i centri storici della nostra città alla nascita del commercio. Le nostre città nascono con i Comuni, si rinforzano e crescono con i mestieri e con la necessità dei mestieri di affacciarsi sulla città e di scambiare i prodotti, di venderli e così via. La nostra civiltà, europea e italiana, ha nella distribuzione diffusa, nella rete commerciale interna alle città, uno degli elementi caratteristici e, dal punto di vista politico - dico anche di valore. La rete commerciale, come si è sviluppata nei secoli in Europa ritengo sia un valore da difendere, da promuovere e da valorizzare.
Si tratta di una situazione, questa, assente in altre parti del mondo.
Negli Stati Uniti questa situazione non c'è: il negozio nel vicinato non c'è. Negli USA ci sono le grandi praterie, le grandi distribuzioni commerciali, i distributori di benzina e i motel, e si fa tutto lì.
Noi, per fortuna, abbiamo una situazione diversa, in cui il commercio è parte viva della vita quotidiana, dei passi quotidiani che si compiono tutti i giorni, non è una meta da raggiungere una volta ogni tanto, là dove si scambiano le merci. No: sotto i nostri occhi, nelle nostre città camminando, siamo abituati ad avere un rapporto sociale con gli esercizi che diventa anche un rapporto sociale con i cittadini, diffuso, capillare e via dicendo.
Ora, tutto cambia; anche nel settore commerciale l'economia ha fatto dei passi; si sono affacciate le grandi distribuzioni commerciali, i grandi centri commerciali, collocati per lo più tra città e città. Si sono creati nuovi modi di essere del commercio attraverso questi grandi poli attrattori, queste grandi calamite che risucchiano clienti dal territorio vicino - ed anche da quello molto lontano - e la loro offerta, che economizza rispetto a spese di gestione e di distribuzione, diviene un'offerta vantaggiosa, che ha portato questi ipermercati, questi grandi centri commerciali a diventare luoghi nei quali si scambia gran parte dall'attuale prodotto commerciale.
Queste grandi strutture di vendita sono calamite, che hanno campi magnetici di livello regionale; il grande centro commerciale nella zona ad ovest di Torino - che non nomino per non fargli pubblicità - compie un'attrazione che va fino a Cuneo, a Verbania. Il sabato ci sono famiglie che partono dal cuneese per andare a comperare un vestito lì - e non comperano più il vestito nei negozi della loro città. Queste potenti calamite sono, obiettivamente, strutture che mettono in crisi ed emarginano il commercio, così come storicamente lo conosciamo nelle nostre città, nel nostro Piemonte, nella nostra Europa.
Di fronte a questo tema, il Gruppo dei Comunisti italiani oppone una scelta non equivoca. La scelta è quella di avere politiche, leggi deliberazioni, criteri di programmazione che permettano al sistema commerciale, come storicamente lo conosciamo, non solo di sopravvivere, ma di consolidarsi, di fornire i servizi in modo moderno, di vivere dentro le nostre strade e le nostre città. E per fare questo diciamo che ogni provvedimento deve essere preso facendo ben attenzione alle scelte che si compiono nella grande distribuzione; e che la grande distribuzione, se incontrollata, o con una presenza superiore a certi limiti sul territorio produce inevitabilmente la sconfitta di quello che io ritengo sia uno stile di vita ad alta qualità.
Questo è il primo problema e la prima scelta: cosa facciamo nei confronti di questa politica e di questo tema. Difendere il piccolo commercio e il tessuto commerciale diffuso è una scelta politica di qualità sulla quale, penso, dobbiamo spendere.
Come fare ciò'? Attraverso quale uso degli strumenti di governo del territorio? Innanzitutto, c'è una questione fondamentale: le regole della pianificazione urbanistica: il progetto, democraticamente costruito, di un Comune che forma il proprio piano regolatore e lo adegua; una procedura di pianificazione, correttamente intesa, senza tranelli, scorciatoie, deroghe regole cancellate, in questo momento, se viene applicata in modo coerente aiuta il piccolo commercio o gli nuoce? Ritengo che il piccolo tessuto commerciale, oggi, debba levare la propria voce affinché nessuna Regione nessun Comune vìoli la prassi di pianificazione urbanistica, che costituisce la difesa politica del piccolo commercio.
Dunque, scorciatoie, deroghe e via dicendo sono nemiche del piccolo commercio.
Interpretazioni, come quella che ho letto, del Ministero, nella quale su aree per attività produttive ci può star di tutto, senza necessità di variante, è un'interpretazione da respingere, poiché apre maggiormente gli spazi agli interessi della grande distribuzione.
Da questo punto di vista, il processo democratico è processo che, in questo caso, dev'essere acquisito e fatto proprio anche da questo settore commerciale, che, tradizionalmente, dall'urbanistica non ha mai voluto sapere niente. D'altronde, se voleva sapere qualcosa era inerente ai permessi, ai piccoli divieti edilizi, ai piccoli lacci. Bene: l'urbanistica deve, in questa situazione storica, essere acquisita dai commercianti e dalle loro associazioni come un tema su cui battersi; se passano linee di deroga urbanistica passano non a favore del piccolo negozietto che deve ampliarsi di un piano sotto o di una vetrina a fianco, ma a favore di interpretazioni delle norme urbanistiche che danno soddisfazione alla grande distribuzione, dal potere politico di convinzione molto elevato! Sono forze potenti, interessi giganteschi che muovono le montagne - e guidano le mani che scrivono... Interessi concentrati, potenti, capaci di agire, che sanno leggere e scrivere dentro le leggi e a fianco delle leggi i piccoli commercianti, storicamente, sono invece categorie di individui spesso in concorrenza tra loro. In Italia abbiamo anche avuto anni di difficoltà per far crescere le associazioni di via e quant'altro.
Cari commercianti, salvare la vostra attività - che secondo me significa salvare un pezzo della nostra storia che va salvato - vuol dire uscire da logiche difensive e chiedere agli enti pubblici che facciano il proprio dovere e rispettino le leggi che affidano loro compiti di programmazione e pianificazione dello sviluppo economico.
Se non inseriamo il discorso urbanistico nel cuore dell'attività delle associazioni dei commercianti, lo scenario che abbiamo di fronte è abbastanza delineato: le grandi strutture pian pianino assorbiranno tutto! Il piccolo commercio avrà una situazione in cui ciascuno si difenderà come potrà, perlopiù male.
Faccio un esempio: qualche tempo fa la città di Torino, come del resto altre città, ha aumentato la tassa sulle insegne. Questa tassa arrivava in una situazione economica per il piccolo commerciante già difficile.
Ebbene, cos'ha fatto l'insieme nucleare, mononucleare, dei piccoli commercianti a Torino? Non so se sia successo in tante altre parti del Piemonte e d'Italia. Hanno preso i sacchi neri della spazzatura, un rotolo di scotch e una scala, e hanno messo sopra l'insegna del loro negozio il sacco nero della spazzatura chiudendolo con lo scotch per coprire le loro insegne! Momento di difesa disperata della propria attività! Di denuncia di una sofferenza che passava attraverso il degrado simbolico della propria attività rappresentato dall'insegna, quell'insegna che in un esercizio commerciale è il primo approccio col cittadino, col curioso, col consumatore; è la bellezza del negozio, è la voce che dice "entrate a vedere le merci! E' stata una violenza verso tutta la città, imbruttita attraverso l'imbruttimento del loro negozio nelle strade.
Allora, bisogna passare da una situazione in cui i commercianti parcellizzati, senza prospettive, che vedono diminuire i propri redditi anche in funzione di un riequilibrio verso la grande distribuzione, a una situazione in cui il commerciante - questo è il compito degli Enti pubblici! - non metta il sacco nero della spazzatura per coprire la propria insegna, ma stia dentro una politica complessiva che va dalla Circoscrizione fino alla Regione e lo Stato, in cui venga invogliato a fare la più bella insegna del mondo sopra il suo negozio! Non a coprirla degradarla! Occorre invogliarlo: "Tu, piccolo commerciante che fai parte di una strada commerciale, che fai parte di un centro storico o di una periferia che noi stiamo riqualificando nonché di una politica nella quale noi dimostriamo che la piccola distribuzione è un obiettivo centrale cambia la tua insegna, rinnovala, falla fare dal più bravo artigiano!".
Questo è il cambiamento che deve avvenire!



PRESIDENTE

Consigliere, lei sta superando...



CHIEZZI Giuseppe

Vuole che mi segga? Mi siedo.



PRESIDENTE

No, no. Lei sta recuperando il tempo della collega.



CHIEZZI Giuseppe

Guardi, ho anche mal di gola, per cui...
Questa, secondo me, la strada da seguire se si vuole salvare il piccolo commercio.
Allora, la situazione proposta dall'Assessore Pichetto - dico "dall'Assessore Pichetto" perché è lui il nostro interlocutore corrisponde a questi obiettivi o no? A nostro avviso non corrisponde per le seguenti ragioni: 1) nel processo che ho descritto non può nascere un centralismo regionale che possa far funzionare le cose. Oggi, un processo come quello che ho delineato deve vedere realmente attuato il principio di sussidiarietà - che diventa in questo caso un gargarismo. Deve innescarsi un processo nel quale la Regione attua il decreto legislativo n. 114 col massimo rispetto delle competenze dei Comuni, perché solo attraverso un'azione regolata da criteri (ma un'azione del Comune che sceglie sul proprio territorio i "sì" e i "no" che deve dire), solo attraverso la scelta dei Comuni come soggetti della pianificazione capaci di parlare con ciascun commerciante, c'è la possibilità di determinare scelte urbanistiche giuste. Invece - critica che svolgo - questa legge sostituisce i Comuni e li soffoca, perché il complesso della legge e della delibera è tale per cui le scelte urbanistiche vengono fatte dalla Regione e vengono espropriate ai Comuni. Non ne esce nulla di buono! Da un soffocamento dei poteri-doveri dei Comuni di pianificare il loro indirizzo non esce nulla! Questo è paradossale da parte di una Regione che non ha un programma regionale di sviluppo! Bella arroganza istituzionale! Ma come si permette, la Regione Piemonte, per un settore così difficile, di rimanere priva di un piano regionale di sviluppo, quindi priva dello strumento in cui si capisce il posto del commercio nelle sue varie articolazioni (grande, medio, al dettaglio, all'ingrosso). Senza programmazione regionale, la Regione Piemonte non sa che pesci prendere; però poi - di converso - nel momento in cui attua il decreto legislativo n. 114 decide, senza alcuna programmazione regionale e dunque "sulla testa" del Comune di Moretta, che lo stesso deve stare in una certa categoria! Ma chi l'ha detto? Una delibera della Regione? Ma sulla base di cosa!? Di quale programma regionale di sviluppo? Sulla base di quale rapporto dialettico, di coordinamento, di collaborazione con il Comune di Moretta? Niente! Lo decide sulla base di dati vecchi di 19 anni, trasferiti pari pari e senza alcun rapporto istituzionalmente corretto! L'impianto della legge che dice "gli indirizzi generali contengono l'assetto territoriale" (lettera c, comma 2, art. 3 del Capo II) non va bene! Un assetto territoriale di larga scala dovrebbe essere contenuto nel programma regionale di sviluppo, che non c'è!



PRESIDENTE

Consigliere, sta esaurendo anche il tempo della collega.



CHIEZZI Giuseppe

Ho finito.
Gli indirizzi non contengono, come si dice nel provvedimento "l'assetto territoriale"! Questo un problema.
Altro problema - e chiudo entro i 20 minuti - è quello dei numeri citati dal Consigliere Saitta. Quei due numeri "1 metro quadrato" per abitante e "0,8 metri quadrati" per abitante nella conurbazione sono numeri devastanti! Si realizzano tre centri come quello della zona ovest che non nomino per non fargli pubblicità! Si realizzano tre di quei centri nell'area di Moncalieri! Vi sembra sensato? Facciano i colleghi provenienti da altre Province i loro riferimenti; questo complesso di legge e deliberazione soffoca i Comuni ed emargina il piccolo commercio! E' per questo motivo che volevamo discuterne a fondo e voteremo contro!



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Foco.



FOCO Andrea

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, sulla discussione generale della legge sono stato colto un po' in contropiede: ero convinto che si sarebbe seguita un'altra metodologia, quella cioè di arrivare in aula avendo esaminato nel loro complesso i provvedimenti che riguardano l'applicazione del decreto legislativo n. 114. Questo non per fare il processo alle intenzioni, ma per cercare di capire i motivi per cui la legge non contiene alcuni elementi e perché altri, che avrebbero dovuto essere contenuti nella legge, sono, invece, contenuti nella deliberazione.
Mi pare, però, che la volontà che emerge - anche se non sembrava così sia di discutere oggi il provvedimento legislativo.
Ritengo il provvedimento estremamente importante e fondamentale; è per questi motivi che mi sono raccomandato affinché la discussione del provvedimento non assumesse gli aspetti di crociata pro o contro una categoria, ma che effettivamente dimostrasse la capacità complessiva di questa Regione. Regione che rispetto al settore - ricordo la discussione nella scorsa legislatura sulla precedente deliberazione - ha raggiunto momenti interessanti e significativi, e ha saputo non soltanto guardare al passato, alla storia medioevale del Piemonte, ma ha cercato di costruire un processo e un tessuto, anche in questo settore, in grado di essere competitivo.
Non vorrei richiamare una parola ormai mitica - se non la si pronuncia non si è nella storia. Mi riferisco alla globalizzazione, della quale ormai, nel ragionare sui comparti economici, siano essi industriali dell'artigianato o del commercio, non possiamo non tener conto. Occorre quindi rifarsi anche alle realtà dei Paesi vicini e prestare attenzione affinché la realtà piemontese non diventi terra di conquista per i grandi gruppi commerciali a livello europeo. Dobbiamo creare le condizioni affinché le realtà imprenditoriali presenti sul nostro territorio possano esprimersi al meglio.
Nel parlare di applicazione di una legge-quadro dobbiamo stare molto attenti: termini e confini sono già stati tracciati. Sta nella nostra capacità ed intelligenza saper calare nella realtà territoriale piemontese principi di livello nazionale, mantenendoci nei limiti del decreto legislativo.
Voglio inoltre richiamare l'attenzione su un altro aspetto che ritengo estremamente importante già affrontato soprattutto da chi di noi ha avuto precedenti esperienze amministrative. Nel comparto commercio la gestione dev'essere affidata a leggi riguardanti esclusivamente il comparto stesso o l'equilibrio si attua con una giusta compenetrazione tra aspetti commerciali ed urbanistici? Si tratta di un nodo importante della nostra discussione e ripenso soprattutto alle riunioni congiunte delle Commissioni II e VII.
Non è pensabile governare processi economici solo ed esclusivamente attraverso strumenti urbanistici. I due momenti - e qui sta la difficoltà devono saper trovare il giusto equilibrio. E' impensabile un'ottica orientata in una sola direzione; la difficoltà sta nel saper rispettare il patrimonio storico, architettonico, culturale delle nostre città, dei nostri centri storici e di come sono venute a configurarsi le nostre vie cittadine. In alcune realtà del nostro territorio le vie cittadine sono veri e propri centri commerciali all'aperto, storicamente integrantesi tra loro; dobbiamo permettere lo sviluppo senza distruggere il tessuto urbano storico, culturale delle nostre città inserendo a terra cubi di cemento o facendo "piazza" pulita.
Lo stesso dicasi per quanto riguarda il territorio nel suo insieme ritorna il discorso della valorizzazione del patrimonio ambientale, ricco di bellezze paesaggistiche.
Non si può pensare di sconquassare completamente queste realtà calandovi cubi di cemento - ho già usato quest'espressione - così come non possiamo non tener conto del tipo d'impatto che ha una grossa struttura commerciale sul traffico. Sappiamo benissimo che un insediamento commerciale o industriale produce effetti negativi sul sistema paesaggistico, in modo particolare il primo, che richiama - ed è il suo scopo - utenza, clientela e consumatori, il che vuol dire ampi parcheggi ed aumento della viabilità . E' un dato, questo, da tenere presente. Per questo condivido l'attenzione con la quale la realtà piemontese ha seguito il procedere del nostro percorso.
Non sono tra coloro che ritengono che l'ultima frontiera sia quella dei 100/200/400/800 mq. e così via. C'è stato un periodo storico in cui lo scontro avveniva sulle licenze per i 400 mq. Sembrava crollasse il mondo! Qualche anno dopo, lo scontro si è spostato agli 800 mq! Non vorrei stancare dicendo delle ovvietà , ma siamo tutti consapevoli dell'importanza del provvedimento dal punto di vista economico, per gli elementi di sviluppo che contiene. E questo senza dimenticare l'altro aspetto, quello urbanistico.
La legge-quadro nazionale tenta un riequilibrio di questi due aspetti cercando nello stesso tempo di far salvo il ruolo economico delle realtà commerciali; abbandonando la vecchia visione di realtà parassita, ora attribuisce al commercio una vera e propria funzione economica di possibilità di sviluppo del territorio.
Presidente, non vorrei farmi richiamare, in genere sono sempre io a richiamare gli altri! Francamente, credevo di riuscire ad essere molto più breve e sintetico.
Come Gruppo, abbiamo seguito il provvedimento utilizzando questi criteri. Allo stesso modo, cercheremo di seguirne anche l'applicazione a livello di deliberazione. Non siamo tra coloro che gioiscono quando la propria realtà viene commissariata. Non ci rende felici sapere che abbiamo bisogno dell'intervento sostitutivo di altri al nostro posto. Non possiamo però non sottolineare il fatto che relativamente al decentramento, ad una diversa articolazione dello Stato, del ruolo, delle funzioni e delle leggi Bassanini, la nostra Regione non ha brillato per tempestività.
In tal senso, cercheremo di apportare il nostro contributo, affinch quanto abbiamo enunciato e nel quale crediamo, a livello di principio trovi concretezza.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Spagnuolo.



SPAGNUOLO Carla

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, la discussione di oggi vede il mio Gruppo consiliare insoddisfatto. Ricordo che in maniera convinta e non strumentale, all'ultima Conferenza dei Capigruppo proponemmo un'ipotesi di lavoro che ci sembrava ragionevole, in quanto sembrava potesse dare alla discussione di carattere generale un contenuto vero.
La nostra ipotesi non è stata accettata. Non andiamo a discutere su torti ragioni: in politica, non ci sono né torti né ragioni, ma posizioni diverse. Comunque, riteniamo che l'odierna discussione di carattere generale si vada svolgendo un po' a vuoto.
Il testo che arriva in aula, in qualche parte ricalca l'impostazione del decreto Bersani. Noi abbiamo eccepito le nostre perplessità in proposito per tre ragioni, che sinteticamente cercherò di illustrare riservandoci, come Gruppo, di intervenire puntualmente sull'articolato e sulla deliberazione.
La questione centrale, che non ci ha convinto, è relativa alla scelta della Giunta di demandare ad una deliberazione l'individuazione dei criteri e degli indirizzi: una delle competenze specifiche e precipue che il decreto Bersani demanda alla Regione. Dunque, un'operazione di rinvio non sufficientemente giustificata. Un'operazione di rinvio che vede un indubbio intreccio, con la materia urbanistica, non ancora sufficientemente maturato.
Personalmente, posso dire di conoscere bene la materia del commercio ma non mi considero altrettanto esperta in campo urbanistico (comunque, il collega Angeli segue in maniera specifica tali questioni, anche sulla base della sua competenza di amministratore per un lungo periodo). In ogni caso da un'attenta lettura del provvedimento deliberativo si rilevano competenze e forti intrecci di carattere urbanistico, se per urbanistica s'intendono le decisioni che i Comuni possono e devono - oppure no - assumere in materia di localizzazioni di tipo commerciale, e quindi di variazioni di piano regolatore.
Sono questioni non di poco conto, queste.
Personalmente, ho l'abitudine di rivolgermi con rispetto alle persone in particolar modo quando si dibattono questioni sulle quali mi costruisco un'opinione politica, meno tecnica. Inviterei l'Assessore Botta ad un'azione più protagonista nel dibattito. L'Assessore, ad una mia richiesta specifica, ha risposto: "Non c'è forte impatto di ordine urbanistico da questa materia".
Non sono dello stesso avviso, soprattutto alla luce di una questione che ho sentito ventilare stamattina, ovvero che ci sarebbe in itinere, da parte della Giunta, un orientamento tendente a far sì che le varianti di carattere urbanistico non siano automatiche.
Torneremo sulla questione per approfondire ulteriormente, ma ci testimonia un impatto di carattere urbanistico forte e significativo. Non possiamo pensare, quindi, di andare ad una discussione di carattere generale utile e definitiva, venendo a conoscenza all'ultimo momento del fatto che l'Assessorato - o la Giunta - su questa partita starebbe ipotizzando modificazioni significative e radicali.
Ci affascina poco discutere su chi è a favore della grande distribuzione e chi della piccola. Chi ha avuto l'occasione di governare tali processi ha sentito molti dibattiti sul tema e ne conosce le dimensioni di strumentalità: ognuno può dire tutto ed il contrario di tutto.
Senza dubbio abbiamo di fronte sia questioni di carattere economico sia questioni attenenti all'autonomia dei Comuni.
Questioni di carattere economico inerenti non soltanto alla diatriba piccolo commercio/grande distribuzione, ma alla grande distribuzione di carattere nazionale ed internazionale.
Conosciamo bene la capacità di tali operatori economici di condizionare fortemente il mercato, e il ruolo delle Pubbliche Amministrazioni.
Il ruolo delle Regioni è offrire, soprattutto ai piccoli Comuni strumenti affinché possano decidere; spesso, in assenza di strumenti e di un rapporto con la Regione si sono trovati nella condizione di non poterlo fare.
Quando su un Comune di 10/20 mila abitanti si abbatte un colosso di dimensioni economiche gigantesche, è evidente che si manda all'aria non soltanto il territorio, ma anche l'equilibrio di Amministrazioni che sovente, disponendo magari di uno o due geometri comunali, non hanno assolutamente la struttura, la competenza tecnica, la determinazione per reggere l'enorme impatto di carattere amministrativo e territoriale.
Uno dei limiti di questa legge sta proprio nel non riuscire a risolvere questo tipo di problemi. L'importante, dunque, non è essere dalla parte della piccola o della grande distribuzione: questa è questione che decide il mercato. Occorre tutelare il piccolo commercio, sapendo che oggi, quando parliamo di piccolo commercio, non parliamo della botteghina, ma di un meraviglioso insieme di attività commerciali, anche ricche o ricchissime che a loro volta producono ricchezza - ma di dimensioni tali per cui non possono contrastare per nulla colossi di carattere economico, che hanno fatto del meccanismo della distribuzione e della comunicazione una ragione di politica commerciale e distributiva.
A questo punto, mi sembra scontato affermare che il piccolo commercio deve e può essere difeso, sapendo che per piccolo commercio intendiamo la rete di un commercio straordinariamente qualificato, che fa immagine.
Una delle caratteristiche dell'immagine delle città, accanto ai monumenti, alle questioni culturali, accanto al colore ed al rumore della gente è data dal commercio. Non si tratta di appoggiare il piccolo commercio o la grande distribuzione, come se da una parte ci fosse il bene e dall'altra ci fosse il male: il commercio si evolve in relazione a come si evolvono i consumatori. Sono due fattori che si influenzano e si inseguono reciprocamente; e non possiamo affermare dire che i ricchi appoggiano la grande distribuzione e i poveri il piccolo commercio; se andiamo a comprare nei discount possiamo constatare che la clientela è formata soprattutto dalle fasce più povere della popolazione, che da quel tipo di grande struttura commerciale si sentono più tutelate.
Si tratta, allora, di trovare un equilibrio nel tessuto economico, si tratta di offrire ai Comuni strumenti idonei e di concorrere a governare un processo di trasformazione e di equilibrio del territorio.
Obiettivi che non vediamo perseguiti nel testo di legge, che in parte ricalca il decreto Bersani, ma che noi consideriamo carente in quanto demanda ad altro provvedimento la definizione degli indirizzi ed introduce criteri di contingentamento automatico - li chiamo così, non so come definirli diversamente - che non ci sembra siano nello spirito del "Bersani". La consideriamo, pertanto, una legge né liberalizzante n conservatrice. E' un provvedimento che demanda il suo cuore a qualcos'altro, che oggi non è all'esame del Consiglio.
Voglio sottolineare nuovamente la questione del ruolo dei Comuni: qualora dall'esame della deliberazione emergessero elementi relativi a varianti di carattere urbanistico, faremo rilevare che essi non possono essere contenuti in una delibera, ma in un testo di legge.
Ecco perché il dibattito di oggi non ci convince; arriva in aula senza che questi argomenti vengano trattati.
Assessore e Assessori, una domanda: sono stati fatti dei conteggi al fine di capire cosa avverrà, realmente, sul territorio piemontese a seguito dell'applicazione dei parametri proposti, dei contributi della deliberazione? Gradirei una risposta di carattere ufficiale - sovente non riusciamo ad avere risposte di carattere ufficiale.
C'è chi sostiene addirittura l'aumento della dimensione potenziale della grande distribuzione; come Gruppo, riteniamo di aver già raggiunto dimensioni fin troppo accentuate. L'Assessore, invece, nega quest'ipotesi ma non dà risposte precise in questo senso.
Assessore, le chiedo qui in aula - le anticipo quanto le avrei chiesto in sede di riunione di Commissione urbanistica, oggi pomeriggio - una risposta alla seguente domanda. Avete impostato un provvedimento congiunto legge-delibera, che ci dite essere meno liberista del decreto Bersani: spiegateci i motivi di tale scelta e traducetecelo in termini chiari.
Altrimenti faremo l'ennesima discussione che, per quello che riguarda il mio Gruppo, non interessa ad alcuno. E' chiaro che - lo voglio dire in maniera molto esplicita - a sei mesi dalla conclusione della legislatura ognuno vuole attestare composizioni che ritiene possano produrre il maggior consenso possibile.
Non credo che questo debba essere l'obiettivo da perseguire; dichiaro quindi l'assoluta insoddisfazione del mio Gruppo per alcune ragioni di carattere tecnico che il dibattito non può consentire di ampliare, ma che ho cercato di ricordare prima: indirizzi, contingentamenti, ruolo dei Comuni, questione dei Comuni turistici. Non si può demandare al singolo Comune di definirsi o meno Comune turistico, per non risolvere il problema.
Chiediamo ufficialmente, in aula, che ci si dica con i numeri, con le cifre, con i metri cubi, con le superfici, qual è l'esito di questi due provvedimenti intrecciati.
Tutto il resto è fatto di parole, di posizioni politiche interessanti di "chiacchiericcio" - mi si permetta di dirlo, con rispetto per tutti.
Se non abbiamo questi dati, non possiamo decidere nulla in merito.
Ci sembra che il testo proposto sia in contrasto con lo spirito della normativa Bersani, poiché comporta il dar quasi, ai Comuni, degli ordini invece che degli indirizzi.
Certo non è facile tradurre il significato delle parole "criteri di carattere generale" o "indirizzi". Però l'impostazione proposta ci sembra contraddica lo spirito di una liberalizzazione prodotta dal mercato, ma che noi dobbiamo, sotto tutti i punti di vista, non far pagare da una parte al commercio e dall'altra sull'autonomia e sulla possibilità di gestione e di amministrazione dei Comuni.
Quindi, prima di tutto, attendiamo delle risposte. Se ci sarà un'ulteriore discussione in sede di Commissione urbanistica, Assessore Botta, le chiederei di approfondire tale questione: la sua schematica e gentilissima risposta dell'altro giorno, costituita da tre-quattro espressioni, non ci può convincere.
Ormai tutto il mondo sa, persino chi è incolto in materia - e concludo che il commercio è oggi governato dall'urbanistica.
L'Assessore all'urbanistica della Regione Piemonte non può dire: "Non ritengo che la deliberazione abbia un impatto di ordine urbanistico": è una risposta non sta in piedi. Ci dica qualcosa di più: magari - ripeto - con cifre e numeri.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Ghiglia; ne ha facoltà.



GHIGLIA Agostino

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, sono dell'avviso che occorra fissare dei punti, al fine di non rischiare di ingenerare confusione. Se c'è un provvedimento contro il piccolo commercio, che penalizza fortemente e mette a rischio la sopravvivenza del commercio al dettaglio, quello si chiama decreto Bersani. Senza questa puntualizzazione sembra quasi che noi possiamo - e magari sarebbe stata una scelta, Assessore Pichetto legiferare contro il Governo nazionale. Contro le linee-guida del decreto Bersani, alle quali si è dovuto uniformare il disegno di legge regionale avremmo potuto dire: "Ci rifiutiamo di predisporre una nuova normativa sul commercio che tenga conto delle linee liberticide del decreto Bersani".
Fissiamo quindi delle verità; il Ministro Bersani, che non sta nel centrodestra (grazie al cielo! Ognuno ha le fortune che può), ha predisposto un provvedimento per la mega liberalizzazione selvaggia, da far west.
Questo quanto sosteneva Billé qualche mese fa; a fasi alterne lo faceva anche De Maria, solo che quest'ultimo è sempre in imbarazzo tra Castellani e Costa: non ha mai risolto questo suo problema di posizionamento politico.
Questo il decreto Bersani: liberalizziamo, liberalizziamo liberalizziamo; un negozio sopra l'altro; un negozio dentro l'altro indipendentemente dalle metrature, indipendentemente dalla tipologia indipendentemente dal settore merceologico.
Oltretutto, sento fare dalla sinistra dei richiami alla cultura del commercio: com'è nato, cresciuto prosperato, come tradizionalmente si è insediato nella storia di questa patria, di questa Regione! Ho capito: non dovevate predisporre il Bersani. Ma visto che, purtroppo, a Bersani questa Regione in qualche modo si deve uniformare, poiché ci risulta che il Governo sia di centrosinistra, non si può chiedere alla Regione Piemonte di fare una rivoluzione, di andare contro un decreto: non lo possiamo fare.
Il problema del possibile commissariamento rispetto a queste tematiche è un problema molto serio; è in tal senso che oggi abbiamo voluto affrontare in aula questo disegno di legge.
A noi di Alleanza Nazionale è venuto il sospetto (malizioso, ma lo dico vista anche l'assoluzione di Andreotti, che m'insegna che "a pensare male si fa peccato, ma ci si azzecca". Visto che è stato rivalutato agli onori delle cronache, prendo in prestito un esempio positivo): che il centrosinistra volesse dire (e a mezza voce qualcuno, non l'ha detto in aula, ma l'ha detto prima e durante le defatiganti riunioni di Capigruppo ecc.): "Tanto ormai andiamo verso il commissariamento; lasciamo tutto al commissariamento". E questo perché il commissariamento significava trasferire il decreto Bersani come legge regionale, in maniera tale da scaricare la responsabilità politica di non essere stata in grado di proporre un disegno di legge attuativo del decreto Bersani sulla Regione Piemonte. Si sarebbe detto: "La colpa è di Pichetto, di Ghigo, della Giunta di centrodestra", nello stesso tempo si "godeva" del trasferimento sic et simpliciter del decreto Bersani: "La Giunta regionale del Piemonte è stata costretta a prendersi il Bersani preconfezionato: la colpa è loro, non di Bersani".
E' per questi motivi che l'abbiamo voluto portare in discussione l'Assessore Pichetto, la Giunta di centrodestra del Piemonte ha speso tutto il proprio impegno per predisporre un disegno di legge che in qualche modo normasse il "far west Bersani". Certo, a qualcuno, magari anche a qualche sottosegretario popolare con delega al commercio, questa liberalizzazione selvaggia poteva anche far piacere. A noi no. Questo quanto essenziale per riportare un po' di verità, un po' di attaccamento alla realtà.
Personalmente ho ancora difficoltà ad accettare la noncuranza con cui il centrosinistra riesce tranquillamente a cambiare casacca, sostenendo due verità, secondo la latitudine: la verità romana del "far west Bersani" e sembra - una verità quasi opposta, piemontese, che addirittura difende le tradizioni del piccolo commercio come cuore pulsante dell'attività imprenditoriale delle città, dei Comuni, dei paesi, delle frazioni. A volte incontro ancora difficoltà: complimenti; comunque, mi piacerebbe imparare: sostenere la verità e sostenere la menzogna allo stesso tempo è una questione di capacità nel sostenere la tesi e la sua antitesi, a seconda di dove ci si trova.
Ci si è soffermati molto, in alcuni interventi, su argomentazioni contenute più nella deliberazione che non nel disegno di legge.
Deliberazione che, forse, è il nodo numerico di parte di questa regolamentazione. Deliberazione che io non ho ancora letto, anche perché è appena stata assegnata alla Commissione competente; comunque, anche se non faccio parte di quella Commissione, nei prossimi giorni me ne occuper anch'io, con le mie modestissime capacità, in maniera appassionata.
Pertanto, come Alleanza Nazionale, ci impegneremo in Commissione sui numeri, sui dati e sulle cifre, affinché il disegno di legge e la deliberazione risultino restrittivi rispetto al liberismo selvaggio della legge Bersani.
A questo punto noi chiediamo alla minoranza, che è così appassionata nella difesa del piccolo commercio, di aiutarci e di segnalarci, anche numericamente, tutte le presunte storture, nella regolamentazione regionale, dove non solo non ci sarebbe un restringimento delle possibilità dell'avversario, ma addirittura ci sarebbe un allargamento dei limiti.
Noi ci impegneremo affinché i limiti diventino molto stringenti soprattutto nei confronti della grande distribuzione, a tutela reale del piccolo commercio; vedremo poi come ci si comporterà in Commissione e in aula.
A mio avviso - d'altronde ognuno svolge il proprio lavoro - sono stati un po' dimenticati dalla minoranza alcuni strumenti che questa legge prevede, che a nostro avviso paiono assolutamente importanti. Innanzitutto perché la Regione in qualche modo svolge un ruolo che non è centralistico ma di regolamentazione reale della normativa in oggetto, anche tramite poteri di controllo e di revoca. Questo testimonia un'attenzione reale ad un monitoraggio serio e concreto di una realtà fattuale che la Regione Piemonte fotografa e che non intende abbandonare soltanto alla fantasia. Il principio di sussidiarietà credo sia ampiamente rispettato da quanto i Comuni sono chiamati a fare con questa legge. La regolamentazione, per esempio delle vendite di liquidazione, delle vendite straordinarie, ma soprattutto occorre investire in formazione professionale. Chi ha la possibilità e la conoscenza di questa materia sa quanto la formazione sia necessaria in questo settore, soprattutto per le trasformazioni epocali che sta subendo. Non è che si debbono difendere i piccoli, tutti si devono evolvere, tutti devono migliorare, tutti devono crescere.
L'istituzione dell'osservatorio regionale è un altro mezzo di monitoraggio serio per stare "attaccati" ad una realtà e non fare soltanto delle petizioni generiche di intenti.
Pertanto, noi ci tenevamo, in questo inizio discussione, a ribadire quanto riteniamo importante per il settore una nuova regolamentazione, uno strumento più agile e moderno. Una regolamentazione di quello che comunque, come su tante altre materie, ci cade dall'alto da parte del Governo centrale. Anche in Commissione noi raccogliamo volentieri la sfida e ci impegneremo affinché, qualora qualche collega dell'opposizione avesse ragione nel dire che questa legge amplia addirittura le finalità e gli obiettivi della Bersani, a restringere.
Impegno politico che intendiamo assumere anche in questa sede.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Papandrea.



PAPANDREA Rocco

Intervengo brevemente per illustrare le ragione per cui il nostro Gruppo si oppone alla legge proposta, che ha, come elemento di accompagnamento, il provvedimento in discussione nella VII e II Commissione.
Le ragioni della nostra opposizione sono da attribuire anche ad alcuni aspetti specifici del decreto Bersani.
Parliamo di un settore economicamente e socialmente importantissimo perché il commercio qualifica le città, ma ha anche un valore occupazionale molto importante sia attraverso i piccoli imprenditori, sia come lavoro dipendente.
Si tratta di un settore che ha modificato maggiormente la realtà economica nel nostro mondo, uno dei settori che ha conosciuto una concentrazione spettacolare in una serie di Paesi, prima in quelli anglosassoni, ma adesso anche nei Paesi più vicini al nostro. Infatti alcune settimane fa in Francia è stata decisa la fusione tra due dei più grandi gruppi di distribuzione. Questo significa che di conseguenza in Italia Continente e GS si fonderanno, anche se i marchi rimarranno, come sempre, separati, perché i marchi non vengono mai unificati.
Tra l'altro in mano francese c'è già la Rinascente. La Rinascente formalmente è ancora italiana, però nei fatti il Gruppo Auchan ha un peso determinante.
L'Italia nel campo della grande distribuzione è debolissima e penso che, con questo andamento, sia destinata ad essere fagocitata da altri: non c'è stato alcun Gruppo italiano in grado di essere promotore di una concentrazione. I Gruppi della grande distribuzione italiana sono tutti Gruppi medi, piccoli e se va avanti il processo di concentrazione, che ricordavo prima, sono destinati a scomparire.
La Bersani e quella successiva non ostacolano questo processo, lo facilitano, lo assecondano, quindi ci troviamo di fronte a leggi che vanno ad assecondare un processo di concentrazione monopolistica incredibile, il che ha diverse ripercussioni. In Francia, nelle scorse settimane, subito dopo la fusione, di cui ho parlato prima, ci sono state mobilitazioni da parte di produttori e contadini estremamente preoccupati, convinti di avere di fronte, in tutta una serie di settori, un solo interlocutore con cui trattare. Sono convinti che sarà quell'unico interlocutore a decidere tutto.
Questo è il libero mercato di cui - ho scoperto - alcuni sono diventati improvvisamente critici. Magari, parlando coi loro colleghi di Forza Italia a livello nazionale, si accorgerebbero che non è così. Sono convinto che ci troviamo di fronte a un mercato spesso osannato, le cui conseguenze comunque, sono queste: invece di avere una maggiore libertà e concorrenza si arriva ad una concentrazione estrema e ad una situazione di monopolio.
I supermercati che ricordavo prima stanno avviando una politica finalizzata a creare delle proprie unità produttive nel settore dell'abbigliamento, per esempio, come anche in quello delle scarpe. Per esempio, sia Continente che altre case hanno creato delle unità produttive in Marocco - è ovvio che le creano nei paesi limitrofi - e questo ha comportato perdite di posti di lavoro in Europa e, in particolare, in Francia. Il commercio, così come si sta determinando, va a incidere influire e condizionare anche i settori economici che stanno a monte proprio perché intorno a tutti questi processi si è determinata una concentrazione.
Vorrei fare, su quest'aspetto, una breve parentesi. Alcuni anni fa, in Francia, avevano anticipato un provvedimento che è stato più volte qui richiesto, relativo al blocco delle costruzioni di nuovi centri commerciali. In Francia il provvedimento fu posto in essere, ma non blocc la concentrazione, anzi, la favorì. Di per sè, ostacolare la costruzione di nuovi centri commerciali, senza intervenire nei processi economici che facilitino la fusione degli uni con gli altri o l'inglobamento di alcuni in altri, ha come conseguenza la concentrazione. La liberalizzazione che prevede la legge Bersani per quanto riguarda, per esempio, gli aspetti di gestione di negozi, la possibilità di avere quantità di merci maggiori l'allungamento degli orari, colpisce negativamente la nostra peculiarità.
Come ricordavo prima, l'Italia è un paese in cui il settore della grande distribuzione è più debole che altrove, perché meno concentrato.
Contemporaneamente, però, l'Italia ha una quantità di piccoli commercianti molto più alta. Il secondo aspetto della legge Bersani è quello di favorire la grande distribuzione a sfavore dei piccoli commercianti. La liberalizzazione produrrà queste conseguenze. Per esempio, il grande commercio ha la necessaria flessibilità per stare aperto per 15 ore al giorno, la notte, la domenica. Può farlo e, se non può, trova gli strumenti per poterlo fare. In tal senso, per esempio, sono stati presentati dei contratti (e spero che l'ultimo contratto del commercio venga respinto dai lavoratori) con delle condizioni che dovrebbero essere assolutamente respinte. Questi nuovi contratti danno al grande commercio addirittura la possibilità di assumere personale per un giorno alla settimana, il sabato o la domenica. Ancora, la grande distribuzione ha utilizzato all'estremo il part time.
Bisogna stare attenti quando si parla della creazione di posti di lavoro nella grande distribuzione. Bisogna fare attenzione a che tipo di posti di lavoro vengono creati: assumendo due persone con un contratto di 20 ore settimanali è come se se ne fosse assunta solo una.
Da questo tipo di creazione di nuovi posti di lavoro scaturisce un nuovo aspetto, quello della "precarizzazione" del lavoro: i nuovi posti di lavoro sono in realtà dei "mezzi posti" di lavoro. Il risultato è che abbiamo delle persone "mezzo occupate" e "mezzo disoccupate"! Teniamo conto di questi aspetti. Un supermercato, nelle ore serali, dopo le sette o le otto di sera può avere una quantità abbastanza ridotta di personale, per far fronte ai pochi clienti di quell'orario. Ma il lattaio, il piccolo commerciante in genere non può dividersi in due, non può fare il part-time deve stare sempre nel suo negozio. E' chiaro che, se obbligato a stare quindici ore al giorno dentro al negozio, e per di più per sette giorni su sette alla settimana, chiuderebbe. Non reggerebbe economicamente, e avrebbe più una vita sua.
Questo tipo di liberalizzazione, a media scadenza, potrebbe essere accolta, in un primo momento, favorevolmente, perché aprirebbe la lotta concorrenziale, ma nel medio termine ucciderà una quantità di piccoli commercianti e favorirà la grande distribuzione, che certo non crea nuovi posti di lavoro. E' falsa la convinzione che la grande distribuzione crei posti di lavoro: li crea solo nelle forme che ho ricordato prima e, come ho detto, sono lavori di natura assolutamente precaria.
Queste sono le ragioni di fondo. Quando discuteremo gli articoli e soprattutto, l'altro provvedimento, entreremo nel merito della questione.
Sono le ragioni di fondo per le quali noi siamo contrari, perché pensiamo che ciò di cui il nostro paese aveva bisogno era una legge non di liberalizzazione ma di tutela delle nostre particolarità. E la nostra più tipica peculiarità consiste nel fatto che il nostro grande bacino, nel settore commerciale è, appunto, il piccolo e medio commercio.
Poiché ciò non avviene, Presidente, siamo contrari.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montabone.



MONTABONE Renato

E' indubbio che la discussione su un tema così delicato come il commercio non può che aver contrapposizioni, qualche volta anche di carattere ideologico, rispetto alle leggi che si vanno formando. E la confusione ideologica appare evidente, soprattutto dopo aver sentito l'intervento del collega Ghiglia.
Dal suo intervento sembrerebbe che il governo nazionale di centrosinistra abbia fatto una legge liberalizzante, e quindi liberale, e che la Regione Piemonte invece si opponga, guidata dal Polo, a tale liberalizzazione. Ci sono delle contrapposizioni d'impostazione politica.
Sono convinto che le Regioni, in questo momento, debbano verificare a fondo quelle che sono le proprie competenze, al di là del quadro generale del momento creatosi con il decreto Bersani.
Oserei dire che bene ha fatto il Ministro Bersani ad avviare la liberalizzazione del commercio, però fa anche bene, il Ministro, ad imporre alle Regioni di legiferare in materia, perché pongano dei paletti rispetto al tale liberalizzazione.
E evidente, come hanno già fatto notare alcuni colleghi, che questa sarà una legge incompleta. Assessore, ho il dubbio che lei voglia far passare questa legge sapendo già che sarà bocciata: così otterrà la completa liberalizzazione, e, dal punto di vista ideologico, lei si troverà appieno nelle sue funzioni della logica liberale. E' il contrario di quello che ipotizzava il Consigliere Ghiglia rispetto alla posizione delle opposizioni.
Io non interpreto ciò che dice il collega Ghiglia, perché non interpreto mai ciò che dicono gli altri; dico cosa ritengo che potrebbe succedere.
Assessore, lei ci presenta una legge incompleta. Questa legge è talmente incompleta - e lei lo sa - che il Commissario di Governo sarà costretto a bocciarla. Con i giusti paletti che la Regione dovrebbe mettere, per dare quell'autonomia ai Comuni in un quadro ben preciso di carattere urbanistico, la legge verrà bocciata e lei otterrà la liberalizzazione di tutto il commercio, cercando anche, se il piccolo commercio non verrà avvisato di questo, di fare bella figura.
Lei ha cercato di fare bella figura, perché ha detto: "Noi facciamo una legge più restrittiva di quella che ha fatto il centrosinistra a livello nazionale, in modo liberale; noi siamo quelli che mettono i paletti ed i vincoli", sapendo, però - da liberale - che vuole arrivare alla completa liberalizzazione, non ottemperando, così - noi lei, ma il suo collega Botta, che le sta vicino - a quanto la legge le richiede, cioè quei paletti.
Io non sono specificatamente ferrato nella materia commerciale, ho solo l'esperienza del passato (che probabilmente ricordo anche male), quindi forse dirò delle inesattezze: mi pare di ricordare che, in passato, i Comuni autorizzassero soltanto il commercio che riguardava metrature inferiori ai 400 metri. Era la Regione che doveva autorizzare il commercio con metrature superiori.
I Comuni, allora, dovevano fare i Piani commerciali; oggi non più. Mi chiedo, allora: se la sua legge passasse - cosa che dubito - qual è il quadro che avranno i Comuni per poter dire sì o no rispetto alle richieste di insediamenti commerciali di grossa entità sul loro territorio? Altra domanda (sono sicuro che lei mi risponderà, perché non fa come il Presidente Ghigo, che oggi è più presente del solito): lei, con questa legge, contingenta - mi dica se sbaglio, l'ho detto prima che non sono ferrato sulla materia - la grande distribuzione Comune per Comune. Lei sa Assessore, che ci sono piccoli Comuni che non hanno neanche un negozio, ma che hanno grossi insediamenti commerciali, perché spesso la grande distribuzione si insedia proprio in quei Comuni che non hanno neanche un piccolo negozio dove poter comperare il latte. Vorrei sapere, allora, come si fa, nel contingentare, ad avere un quadro preciso (di questo ne parleremo, ad un certo punto); vorrei sapere quali sono i numeri, quanti metri quadrati di grande distribuzione avremo sul territorio regionale.
Riguardo all'autonomia che avevano i Comuni per rilasciare, o chiedere alla Regione che rilasciasse, licenze di grande distribuzione sul loro territorio, laddove non esisteva neanche il piccolo negozio della piccola distribuzione (io ne ho alcuni in mente: ci sono Comuni come Chianocco, per esempio, che non hanno neanche un negozio ed hanno una distribuzione media che non serve solo quel Comune, ma una vasta zona), vi sono alcuni elementi poco chiari. Se lei mi dice che fa apposta a far bocciare la legge, io le rispondo che lei ragiona nello spirito liberale e non ottempera al decreto Bersani (che chiedeva alle Regioni di mettere dei paletti di carattere urbanistico), anzi è il suo collega Botta che non ottempera a questo quindi da domani potremo dire che l'Assessore Botta è sicuramente a favore della grande distribuzione francese, così come sosteneva il collega Papandrea.
Personalmente concordo con quanto diceva il Consigliere Ghiglia: quei paletti li dobbiamo mettere, non perché il decreto Bersani liberalizza, ma perché la Regione ha il dovere di occuparsi della gestione del territorio anche e soprattutto a livello urbanistico.
Il mio intervento è certamente un po' confuso, ma è soprattutto una richiesta di chiarimento. Se questa legge, che - lei sa - è incompleta verrà bocciata, saremo alla totale liberalizzazione. Avremo rispettato il decreto Bersani senza aver ottemperato, però, a quei paletti che dovevamo mettere dal punto di vista urbanistico. Il decreto Bersani non dice che le Regioni non devono legiferare in merito; dice che c'è un concetto di liberalizzazione - che io peraltro condivido - ma che le Regioni devono gestire il loro territorio attraverso leggi specifiche, che non ci sono.
Noi liberali siamo d'accordo sul principio, sul concetto di liberalizzazione di Bersani, ma non siamo d'accordo sul fatto che le Regioni non ottemperino, attraverso le leggi, a quei vincoli per la gestione del territorio stesso.
Lei ci dice che, se la legge verrà bocciata dal Commissario di Governo saremo al "commercio selvaggio"; io sostengo che saremo al "commercio selvaggio" perché la Regione non avrà ottemperato a fare ciò che doveva, e questo lo dico soprattutto all'Assessore Botta, che non ha fatto le specifiche rispetto a questa legge.
Dichiaro, pertanto, con molta tranquillità, che non voterò la legge perché la ritengo incompleta, perché sono sicuro che sarà bocciata e che la responsabilità di tale bocciatura ricadrà tutta sulla Giunta regionale del Piemonte, che non ha fatto quanto era di sua competenza.
Adesso, la Giunta sta correndo dietro alla logica dei tempi del commissariamento (come se il commissariamento fosse la fine del mondo) e non si rende conto che non è quel commissariamento che non ci permette di andare avanti con una delibera di attuazione che fissa dei paletti, ma è proprio la non volontà di fare svolgere questa funzione. Sono dell'avviso che il grosso bluff di questa maggioranza è di voler fare una legge ultraliberale e far finta di fare una legge restrittiva.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Pichetto, per una replica.



PICHETTO FRATIN Gilberto, Assessore al commercio

Signor Presidente, colleghi, ho ascoltato con attenzione gli interventi che hanno svolto i colleghi durante questa seduta pomeridiana, a seguito anche della relazione che la relatrice della legge, la collega Cotto, ha svolto nella precedente seduta.
I colleghi hanno posto, nei loro interventi, diverse questioni, che ritengo trovino risposta sia nell'ambito della legge sia nell'ambito delle delibere successive (non della delibera allegata). Tuttavia, in questa breve replica ritengo di dover richiamare l'insieme della legge.
Quasi tutti gli interventi - e ciò mi spiace - hanno avuto come riferimento la norma urbanistica; due articoli hanno avuto come riferimento i metri quadrati a disposizione della media e della grande distribuzione e i relativi meccanismi di insediamento.
Condivido alcune delle preoccupazioni espresse dal collega Papandrea: da una parte egli sostiene che blocchi o restrizioni portano a situazioni "alla francese", dove il piccolo commerciante viene "ucciso" dalla grande distribuzione, dall'altra sostiene che "le situazioni vanno gestite".
Quanto che mi preme innanzitutto ricordare in questa replica è che la legge ha finalità ben più ampie - ritengo - della regolamentazione, pur importante, della media e grande distribuzione.
Del decreto legislativo n. 114 abbiamo colto due aspetti: il riferimento all'adeguamento obbligatorio ad una norma nazionale, che ha tolto una serie di vincoli previsti dalla L. 426 e imposto altri vincoli e altri meccanismi. Inoltre, abbiamo colto l'occasione per tentare un salto diverso, riferito alla qualificazione del sistema commerciale piemontese.
Il collega Foco parlava dei nostri centri storici come grandi centri naturali da difendere - patrimoni di socialità -, sosteneva anche che non si governa solo con l'urbanistica, con i metri quadrati, ma con una valutazione della funzione economica-sociale di tali esercizi.
Ebbene, con il disegno di legge e con gli strumenti successivi previsti, tentiamo una prima risposta a tutte queste esigenze del territorio piemontese. La nostra prima considerazione è stata sull'utilizzo dello strumento di legge e della deliberazione. Riflessione: perché una legge di indirizzi e due deliberazioni di attuazione? In questo caso infatti, sono due: una riguarda il dettaglio in sede fissa - e non richiamo ulteriormente la discussione in sede Commissione -, l'altra riguarda il commercio su aree pubbliche, ritenendo che una abbia la caratteristica dell'ordinarietà e quindi che non abbia necessità di adattamenti nel tempo e che l'altra, invece, abbia natura dinamica, flessibile, si potrebbe dire quasi transitoria: dovrà infatti adeguarsi alle mutevoli condizioni del mercato. E' quindi necessario utilizzare uno strumento più snello Questo il motivo della scelta legge/deliberazione: governare una transitorietà. Non mi si chieda, a numeri, quant'è la durata del periodo transitorio: sarà la volontà politica del futuro Consiglio regionale a svolgere queste valutazioni e ad adeguare gli strumenti.
Abbiamo quindi tentato di creare le condizioni affinché vi sia, ai sensi del decreto legislativo n. 114, libera concorrenza o liberalizzazione, nonché un governo di transizione della stessa.
Ho già avuto modo, in sede di Commissione, di svolgere queste considerazioni; non mi soffermo oltre, rilevo soltanto che questa libera concorrenza non può più avere come riferimento contingentamenti e metri quadrati "puri", tetti di consumo.
Tutti noi, sovente, siamo portati a fare mille valutazioni per poi chiedersi "dunque, quanti metri quadrati in più 'vengono'?" Principio di concorrenza significa mantenerne l'equilibrio; non possono essere prestabiliti metri quadrati. Ognuno potrà fare valutazioni di stima, senza certezze: è il limite delle stime politiche.
Personalmente, posso stimare la quantità di metri quadrati, qualora ci fosse un'applicazione totale del modello sostitutivo previsto dalla deliberazione; posso dire che le aree a destinazione commerciale potrebbero essere circa di un milione di metri quadrati, sul Piemonte: cifra irrisoria, essendo i due terzi delle aree - o anche più - vincolate dalla norma del parcheggio; sul Piemonte avremmo 250.000 mq. di area commerciale per la media e grande distribuzione. Cifra assurda, senza alcun riferimento, se non rapportata a singoli bacini, a singole aree di consumo e valutata, quindi, con un metro diverso: non più a metri quadrati, ma a condizioni di equilibrio della concorrenza, secondo modelli di addensamenti di localizzazioni, per lo sviluppo degli attuali riferimenti del commercio tradizionale. Localizzazioni dove le realtà comunali, secondo valutazioni per bacino, vorranno individuare nuovi poli di sviluppo commerciale, con una grande libertà, nella più completa autonomia: principio fondamentale che è stato rispettato.
Abbiamo ritenuto che della media e grande distribuzione discuteremo quando tratteremo la deliberazione. Con la legge in discussione intendiamo riformare il modello di intervento sul commercio con l'intervento del credito e della contribuzione. Noi prevediamo contribuzione in conto capitale e conto interessi, con riferimento ad una serie di iniziative che possono qualificarsi partendo da questa legge. Per esempio i piani di qualificazione urbana che avranno, questi sì, una connessione con l'urbanistica molto forte e il ruolo dei Comuni sarà fondamentale. Inoltre ci saranno i piani di rivitalizzazione urbana, con la previsione di interventi sia a favore del soggetto pubblico sia a favore del soggetto privato che si muove in questa direzione. Così come ci sarà una valutazione e un'attenzione forte alla formazione, che è formazione imprenditoriale particolare, incubatore di presa commerciale che è il punto di scommessa per la crescita culturale, per un aiuto concreto al sistema del piccolo e medio commercio.
Quindi formazione, credito, qualificazione. Sono questi gli interventi contenuti in questa legge e che la stessa tenta di indirizzare non in modo dirigistico e coercitivo, ma con un sistema di incentivi sia sui soggetti privati sia sugli enti pubblici.
Questo è quanto abbiamo pensato di perseguire.
Quindi non è possibile, collega Spagnuolo, fissare dei numeri, perch sarebbe contingentamento. Il contingentamento, in questo caso, è vietato dalla norma nazionale. Possiamo dire che in questo momento in Piemonte - è un'espressione politica - ci sono sicuramente più di un milione di metri quadri a destinazione commerciale, quindi possono essere soddisfatte le condizioni di concorrenza tra le nostre aree.
Ai colleghi che hanno sostenuto un'eccessiva volontà di espansione sulla grande distribuzione, rispondo che la mia preoccupazione è esattamente opposta. Mi rendo conto che il passaggio legge-deliberazione potrebbe creare una condizione di difficoltà rispetto alla posizione del Governo nazionale sul commercio. Ritengo che non sia nell'interesse né dei Comuni (1206), né della Regione, né della popolazione piemontese passare da un giorno all'altro, dal contingentamento con delle norme che - sostengo io - hanno funzionato e hanno permesso una crescita discretamente regolare della media e grande distribuzione, alla deregulation completa. Abbiamo ripeto, delle norme di transizione determinate anche per approssimazione che tentano di creare una condizione di equilibrio.
Mi rendo conto che su questa legge e sulle deliberazioni collegate, ci siano molti contrasti e molte insoddisfazioni. Si tratta di una legge che vede, comunque, contrasti di interessi fortissimi: la grande distribuzione contro la piccola distribuzione; i consumatori con il loro primario interesse, ma anche l'interesse a breve del consumatore e l'interesse sociale.
Pertanto l'interesse a breve del consumatore per avere la grande distribuzione a prezzi standardizzati e bassi, una situazione, quindi, di forte convenienza nell'immediato. Ma l'interesse sociale, a medio e lungo termine del consumatore, è anche quello di mantenere le nostre città, il nostro tessuto tradizionale - 60.000 negozi piemontesi - con il negozio di prossimità, di vicinato, che significa mantenere la caratteristica dell'inurbazione nella nostra realtà, in particolare quelle minori.
Mi riservo di intervenire nuovamente nell'esame della legge.



PICHETTO FRATIN Gilberto, Assessore al commercio

CHIEZZI Giuseppe (Fuori microfono)



PICHETTO FRATIN Gilberto, Assessore al commercio

L'Assessore Botta vuole, per cortesia dire qualcosa dal punto di vista dell'urbanistica? Abbiamo sollevato delle questioni, l'intervento dell'Assessore all'urbanistica agevolerebbe il nostro lavoro. Nel caso contrario verrebbe recepito come un elemento di provocazione nei nostri confronti.



PRESIDENTE

Ho inteso la richiesta del Consigliere Chiezzi.
La Consigliera Spagnuolo desidera intervenire, ne ha facoltà



SPAGNUOLO Carla

Comprendo, dal punto di vista politico, anche legittimo, il tentativo dell'Assessore Pichetto di dire che questa legge contiene moltissime questioni, ma gli interventi in Consiglio si focalizzano e si puntualizzano soltanto sulle questione criteri-indirizzi e problematica-urbanistica.
Questo lo capisco dal suo punto di vista, non lo condivido, perch chiaramente, la legge si è sottratta ad un'indicazione precisa che la legge Bersani dà: fornire gli indirizzi. La legge Bersani non dice che la Regione darà poi degli indirizzi, non voglio, però riaprire il dibattito sulla questione.
Sottolineo un'altra questione: non può esserci alcun legislatore che predispone un provvedimento senza conoscerne le conseguenze.
Nel momento in cui lei, Assessore, dice che non è in grado di quantificare, non mi convince. Capisco anche che l'Assessore al commercio di per sé, possa anche non quantificare, ma non può di concerto con l'Assessore all'urbanistica e l'Assessore al commercio non dirci quali sono le conseguenze e la fotografia sul territorio delle decisioni assunte.
Pertanto la mia richiesta, rivolta anche al Presidente del Consiglio Deorsola, è la seguente. Presidente Deorsola, già in Commissione, avevo chiesto che ci fosse una presa del posizione dell'Assessore all'urbanistica. Questa presa di posizione, oggettivamente, in II Commissione non c'è stata. Gradirei che ufficialmente l'Assessore dicesse che si riserva di farla. Se ciò non succede rimane un dibattito monco e dal punto di vista del governo della questione, poco realistico.
L'Assessore Pichetto può dirci tutto, tranne il fatto che non può dirci quali sono le conseguenze del suo provvedimento legislativo. Capisco anche che non possa dire al Comune "X" che doveva fare questo piuttosto che quello. Ma penso possa prevedere quali saranno gli insediamenti sul territorio.
Per cui, stante questo tipo di risposta dell'Assessore Pichetto, ci sembra indispensabile una presa di posizione dell'Assessore all'urbanistica.
La discussione di oggi ci conferma che il provvedimento non era maturo per venire in aula. Ripeto, se a queste questioni centrali non ci viene data risposta, questo significa che il provvedimento non era maturo per venire in aula e che i passaggi nella Commissione congiunta erano indispensabili.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Botta.



BOTTA Franco Maria, Assessore all'urbanistica

Intervengo per ribadire che in Commissione non si è voluto eludere il tema. Non intendo però prestarmi al gioco di "l'Assessore all'Urbanistica contro l'Assessore al Commercio": la proposta proviene dalla Giunta, quindi è stata condivisa anche dal sottoscritto, che ha le deleghe all'urbanistica e alla pianificazione territoriale.
Tanto meno intendo accettare la provocazione del Consigliere Montabone che fa il processo alle intenzioni, attribuendo alla Giunta e all'Assessore Picchetto, e in secondo ordine all'Assessore all'Urbanistica, una sorta di volontà perversa per cui si tenderebbe a far bocciare la legge pur di far passare la legge Bersani che - come già ricordato da alcuni interventi della maggioranza - è un provvedimento nazionale. Com'è noto, il Ministro Bersani non appartiene allo schieramento politico che governa al momento la nostra Regione.
Detto questo, il dato che la Consigliera Spagnuolo mi ha richiesto potrebbe essere presumibilmente - come già detto dall'Assessore Picchetto quello di 1.000.000 di mq. Ripeto: presumibilmente.
All'interno dei piani regolatori non è così facilmente desumibile (se non per quelli di ultimissima generazione) il dato delle aree commerciale.
Infatti, le aree commerciale, molto spesso, sono considerate compatibili con quelle residenziali e, addirittura, con quelle industriali. Quindi, il dato richiesto non è così facilmente estraibile. Inoltre, come ha già spiegato il collega Picchetto, in tema di restrizioni noi, nei criteri dati nella deliberazione, abbiamo fornito tutta una serie di indicazioni che tendono a governare il fenomeno, sia pure nel periodo transitorio.
Non posso che condividere quanto già detto dall'Assessore Picchetto: se da parte dei Gruppi consiliari e dell'opposizione vengono presentate delle proposte tendenti a migliorare il provvedimento, è bene che si sappia che siamo pronti a valutarle.
Non intendiamo sottrarci ad un confronto. Certo, non ci prestiamo al gioco di dividere la Giunta tra la parte urbanistica e la parte commerciale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Saitta.



SAITTA Antonino

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, la collega Spagnuolo ha posto un problema assai consistente rispetto alle risposte rese dall'Assessore Botta poco fa. Assessore, personalmente ho la sensazione che gli stessi uffici dell'Assessorato all'urbanistica non abbiano letto con attenzione quanto accade relativamente ai piani regolatori in termini di aree.
Inoltre, Assessore al commercio, non capisco da cosa desume stima fatta di 1 milione di metri quadrati. Suppongo abbia fatto dei calcoli: sarebbe bene che ci rendesse noto come si arriva ad 1 milione di metri quadrati.
A me risulterebbero dati diversi, considerando alcuni parametri di carattere convenzionale da lei indicati sulla deliberazione. Ma ancor prima di addentrarmi su tale elemento - per rilevare che 1 milione di metri quadrati a me pare una sottostima - occorre essere chiari: non è possibile difendere tutto. Si dice che "in questi anni il sistema del contingentamento ha permesso di garantire..." Non ha permesso alcunch Assessore! Avete governato con il sistema del contingentamento dal 1995 ad oggi; la grande distribuzione - con una Giunta di centrodestra - è passata da 700.000 ad 1.000.000 di metri quadrati! Lo studio che ci avete consegnato dice questo. Ecco, dunque, le punte della grande attenzione della Giunta di centrodestra nei confronti del commercio: si è passati da 700.000 ad 1.000.000 di metri quadrati in un periodo di contingentamento.
Cosa capiterà in un periodo di non contingentamento? Occorre definire da che parte si sta.
Relativamente alla questione della stima, 1.000.000 di metri quadrati mi pare eccessiva. Assessore Botta, faccia svolgere il lavoro che le propongo ai suoi Uffici: prenda soltanto tre Comuni della conurbazione torinese, quelli per i quali la Giunta regionale, nella persona dell'Assessore Pichetto, Assessore all'urbanistica, nella deliberazione ci dice che "si assume convenzionalmente che la concorrenza è garantita quando nei Comuni della conurbazione c'è un metro quadrato di media struttura di vendita, e 0,8 metri quadrati di grande struttura di vendita per ogni residente. E' un'indicazione convenzionale, ma in ogni caso da essa si rileva che laddove un Comune non applichi il piano regolatore lo può fare la Regione, sulla base di detti parametri, avvalendosi del proprio potere sostitutivo.
Applicando questi dati, nel momento in cui dovesse essere la Regione a farlo - poi, per come è scritto, varrebbe anche per i Comuni significherebbe che, ad esempio il Comune di Collegno, comune della conurbazione torinese che attualmente ha una moderna struttura di vendita al dettaglio di 9.276 metri quadrati, applicando 1 metro quadrato per abitante d'indice convenzionale per cui la Giunta ritiene vi sarebbe concorrenza, significherebbe aree di 47.608 metri quadrati per la media distribuzione e di 38.086 metri quadrati per la grande distribuzione.



(Commenti della Giunta)



SAITTA Antonino

No, no. La cosa è garantita: le destinazioni d'uso consentite rendono possibile l'esistenza di medie e grandi destinazioni di vendite per una superficie utile lorda quale quella che ho detto, comprensiva dei laboratori, depositi, e altri locali - non sono compresi i parcheggi. Così è scritto sulla deliberazione.
Dunque, applicando i parametri da voi proposti, le cifre sono quello che ha appena detto: 47.608 e 38.086 metri quadrati: 85.000 metri quadrati in totale. Quindi, la concorrenza è garantita nel momento in cui nel piano regolatore del Comune di Collegno, mediante una variante, vi è un'area di tali dimensioni.



(Commenti fuori microfono dell'Assessore Pichetto)



SAITTA Antonino

No, no, no! In mancanza di altre dimostrazioni si assume convenzionalmente che la concorrenza nel settore immobiliare è garantita quando la destinazione d'uso ..., ecc. nell'ambito della conurbazione di 1 metro quadrato per ogni residente per medie strutture di vendite. Inoltre nei sub poli e nei centri intermedi si prevede 1,3 metro quadrato, negli altri Comuni non appartenenti alla conurbazione non è stabilito alcun punto di riferimento.
Questi i parametri. Possiamo fare il conto per la conurbazione nel suo complesso? Per Collegno, si tratta di quasi 80.000 metri quadrati Nichelino, 35.000 metri quadrati di superficie di vendita, dovrebbe passare ad 81.124 mq.; Rivoli passerebbe da 40.000 a 94.000. Questi i dati - non ho fatto il conto per Torino. Questo processo dovrebbe essere governato dall'Assessore all'urbanistica e non dall'Assessore al commercio.
Dal punto di vista dell'urbanistica, Assessore, lei ci deve dire cosa capiterà, con questi parametri, nei Piani regolatori del Piemonte, perch questi diventano il quadro di riferimento.
Avere come riferimento questi parametri (ma, nel dirlo, mi sembra di parlare una lingua straniera!), vuol dire che, qualora venga avanzata una domanda ed il Comune non abbia approvato il Piano regolatore, valgono i parametri stabiliti. Pertanto, non c'è programmazione urbanistica.



PRESIDENTE

Questi argomenti, però, riguardano l'art. 7.



SAITTA Antonino

Assessore Pichetto, come definisce questi parametri? Me lo spieghi.
Come definisce "l'ampiezza della perimetrazione, la numerosità dei residenti, la distanza massima della perimetrazione nel nucleo residenziale, la dimensione del lotto"? Cos'è, un contingente? Si dice: "La Regione definisce la dimensione del lotto per la regolarizzazione commerciale, urbano-periferica non addensata, secondo il tipo di Comune" (sto leggendo a pag. 43 della delibera). Io vorrei che l'Assessore definisse questi parametri.
Questo vuol dire fare programmazione? Questo vuol dire che la Regione stabilisce la localizzazione o indica i criteri localizzativi per la distribuzione commerciale, o sono parametri che rispondono a logiche particolari? Questo è il tema fondamentale.
Lei li chiami contingenti o meno; io suppongo che non sia un contingentamento, suppongo che l'Assessore al commercio ritenga che questi non siano contingenti, perché sa che, laddove sono contingenti o li definisce tali, il Governo boccerà la legge in quanto i contingenti non possono essere inseriti.
Questi, allora, non sono contingentamenti, Assessore! Se non sono contingentamenti, cosa sono? A quale logica e a quali interessi corrispondono? Questo è il problema.
Assessore all'urbanistica, lo dico con serenità: lei si è lasciato scippare una materia importante dall'Assessore al commercio, perché lei doveva dare i criteri di programmazione urbanistica per adeguare i Piani regolatori a obiettivi e ad indicazioni di fondo che nessuno ha definito.
Lei non ha messo i contingenti perché sapeva che mettendo i contingenti il Governo avrebbe bocciato la legge, ma ha messo delle indicazioni.
Per quale motivo ha stabilito un lotto di 5.000 metri quadrati? Perché non 7.000 metri quadrati? Perché l'ampiezza della perimetrazione oppure la distanza è di 1000 2000 metri? In base a quale logica? Lei mi deve dire, Assessore, se questo è un Piano commerciale regionale, cosa che non possiamo più fare; lei che è liberista, ce lo spieghi! Oggi non possiamo fare un Piano commerciale, perché siamo in regime di concorrenza, pertanto questi non sono parametri da Piano commerciale, ma sono altri paramenti che servono a qualcosa.
E' la fase della 426, della liberalizzazione; invece stabiliamo dei parametri. Ci dica, allora, il nome e cognome di chi sta dietro a questo di chi sta dietro ad ogni Comune, soprattutto per la grande distribuzione altrimenti lei questi parametri non li può indicare.
Lei sa perfettamente che, indicando questi parametri, il Governo dirà che la legge non va bene; non per nulla questi parametri lei li mette nella delibera e non nella legge, perché in questa maniera lei difende alcuni interessi di carattere particolare.
Spieghi chiaramente quali sono questi interessi, altrimenti questi parametri non dovrebbero comparire e l'Assessore all'urbanistica dovrebbe sforzarsi di indicare i criteri di programmazione urbanistica per adeguare i Piani regolatori. E' soltanto questo, l'hanno fatto anche altre Regioni.
Noi abbiamo inventato un'articolazione di aree, di superfici di Comuni, che è una cosa paradossale - forse l'Assessore questo non l'ha detto adottando dei criteri per la definizione dei Comuni turistici che contrastano con il Piano territoriale che abbiamo approvato; non c'è alcuna indicazione neppure sul programma regionale di sviluppo adottato dalla Giunta, siamo nella più completa discrezione nel definire criteri e parametri.
Assessore, prima di entrare nel merito della legge, ci deve dire se questi sono contingenti e, se non lo sono, a chi rispondiamo.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Pichetto.



PICHETTO FRATIN Gilberto, Assessore al commercio

Vorrei fare una precisazione. Non ho trovato, sul disegno di legge l'articolo che stava leggendo il Consigliere Saitta; se vogliamo discutere del disegno di legge - che mi pare sia l'argomento in esame - discutiamo il disegno di legge, anche perché, non avendo a disposizione la delibera (potrei farmela portare), non so a quali interessi particolari si riferisca il collega Saitta.



PRESIDENTE

Siamo alla discussione generale dell'art. 1; non c'è censura preventiva, ma - ripeto - siamo su questo articolo.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Montabone; ne ha facoltà.



MONTABONE Renato

Rinuncio, perché se non si risponde alle domande che sono state fatte è inutile che io ne ponga di nuove. Ripropongo, comunque, le domande di prima.



PRESIDENTE

La Giunta ritiene di dare altre risposte? Diversamente, dopo la discussione di ordine generale, passeremo al primo emendamento presentato.
Ha chiesto la parola la Consigliera Spagnuolo; ne ha facoltà.



SPAGNUOLO Carla

Presidente, mi dica, in questo momento, quale parte della legge stiamo discutendo.



PRESIDENTE

L'articolo 1.



SPAGNUOLO Carla

Bene, allora mi colloco su questo articolo.
L'art. 1, che ho davanti, riguarda le finalità. Recita: "La Regione assicura l'adozione delle misure più idonee, al fine della trasparenza del mercato, tutela del consumatore, valorizzazione e salvaguardia del servizio commerciale nelle aree urbane, rurali e montane, recupero e valorizzazione del ruolo delle piccole e medie imprese, con la previsione di forme di incentivazione...", ecc.
Non è un'impuntatura, Assessori Pichetto e Botta, ma è per capire realmente se queste finalità sono perseguibili nel concreto, oltre che perseguite nell'intenzione. Al di là del dibattito finale, che non c'è stato e che vorrei archiviare, abbiamo bisogno di conoscere in modo non strumentale la ricaduta del provvedimento sul territorio.
Ecco perché ritengo - Assessore - che, finché non verrà data una risposta esauriente, difficilmente il dibattito potrà andare avanti. Mi domando, cioè, come questa legge possa essere definita valida; non pu essere definita tale per la questione della formazione professionale, che importantissima, o per alcuni degli obiettivi, soprattutto se non ci dite come l'equilibrio tra le diverse tipologie delle strutture distributive viene garantito.
Assessore Pichetto, penso sia chiaro che non siamo qui a fare del ping pong; vogliamo semplicemente sottolineare l'importanza di un concetto. Cosa significa "buono", per la Giunta? Una ricaduta complessiva sul territorio di un nuovo milione di metri quadrati, di mezzo milione di metri quadrati di 50 metri quadrati? Cos'è "buono"? Collega Pichetto, l'esperienza mi dice che sulla materia in discussione, come su tutte le materie che generano grandi interessi, meno si sa e meglio si vive. Detto questo - anzi, non voglio nemmeno sapere come ti chiami - noi abbiamo comunque bisogno di conoscere la ricaduta, perch conoscendo la ricaduta che questa legge determina rispetto alla situazione di oggi, grosso modo, da un minimo ad un massimo, possiamo anche collocarci.
Ho apprezzato quanto ha detto il collega Botta nel suo ultimo intervento - per una volta, non ti stupire, Collega - nel senso che Botta ha detto: "Noi siamo disponibili a cogliere suggerimenti migliorativi". Ma quali sono i suggerimenti migliorativi se non sappiamo come ci collochiamo? Nel senso che è migliorativo passare dall'eventuale milione di metri quadri a 500.000 mq. o a 800.000 mq. con qualche forma di intervento, o cos'altro è migliorativo? Noi abbiamo bisogno di sapere, se voi ritenete di risponderci altrimenti è chiaro che non possiamo che, per quello che ci riguarda, non votare a favore del provvedimento, perché il provvedimento è un provvedimento necessario. Non vogliamo che questo provvedimento venga bocciato dal Governo, ma non vogliamo nemmeno che questo provvedimento venga rinviato dal Governo, perché perdiamo complessivamente il nostro tempo, se questo avviene, sia come maggioranza sia come opposizione, dal nostro punto di vista. Però, vogliamo conoscere questi elementi per capirne l'incidenza rispetto all'esistente, perché non è possibile che non incida un provvedimento legislativo di questa portata, congiuntamente ad un provvedimento deliberativo, per sua natura altamente tecnico, e dico altamente nel senso qualificato della parola. Non possiamo non pensare che voi non conosciate la ricaduta di questo provvedimento, altrimenti francamente, che cosa governate? Già nel dibattito in Commissione abbiamo riconosciuto, come parte politica, che il provvedimento deliberativo è un provvedimento corposo perché è vero che suggerisce più di quello che, tutto sommato, la "Bersani" obbligherebbe a concludere, anche se in alcune parti della legge si dicono cose giuste e interessanti.
Capisco l'obiezione che ha fatto Pichetto. Quando Pichetto dice che non può prevedere che cosa farà un Comune, gli do ragione; però si pu prevedere che cosa succederà se il Comune non fa niente o se il Comune fa tutto. Questo lo posso prevedere. Quindi siete nella condizione di poterci dare una risposta, se ce la volete dare, altrimenti avete soltanto fatto una fotografia così importante, eclatante e prioritaria della sanità e del bilancio, ma non sapete che conseguenze ha. Non è possibile. Fate torto alla vostra intelligenza, ma anche alla nostra.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Proporrei all'assemblea il seguente svolgimento dei lavori. Concludiamo la discussione di ordine generale sull'art. 1 e passiamo a votare uno o due emendamenti. Inoltre, c'è la votazione in merito ai Consiglieri che devono far parte della giuria di cui abbiamo parlato. Abbiamo anche - mi scuso per non averlo detto prima, ma credo che per il particolare argomento non ci siano difficoltà - una ratifica relativamente ad una deliberazione che prevede la partecipazione della Regione Piemonte al Comitato per l'Ostensione solenne della Sindone (è il punto 44) all'odg., è una ratifica in scadenza).
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Salerno; ne ha facoltà.



SALERNO Roberto

Intervengo solo per questo motivo: questa è una discussione generale; è intervenuto il mio Capogruppo poc'anzi, io avrò modo di intervenire anche successivamente, però non ritengo, per quanto riguarda l'intervento del Consigliere Saitta, che non si debba prendere una posizione su quanto lui alla fine del suo intervento, ha affermato.
Francamente, Collega Saitta, trovo un po' forte questa tua affermazione su quali siano, con questo provvedimento, nomi e cognomi degli interessi che si andrebbe a tutelare o che l'Assessore vorrebbe tutelare.
Presidente, ogni tanto suona il campanello per richiamare nel merito gli interventi del sottoscritto e di altri Consiglieri. A me non pare che un'affermazione di questo genere possa passare così impunemente. La Giunta e l'Assessore rispondano nel modo più adeguato, perché non credo che un'affermazione di questo genere, per la sua gravità, possa passare come qualsiasi altro intervento. Ritengo che una posizione un po' più dura in merito debba essere presa.
Non credo che la Giunta, adottando un provvedimento di questo genere tuteli gli interessi di qualcuno in particolare. Quindi lo si dica apertamente, si prendano anche delle posizioni, si facciano anche delle azioni a tutela della Giunta, perché un intervento di questo genere io non lo accetto.



PRESIDENTE

Non ho inteso che il Consigliere intendesse lamentare il fatto che la Giunta intende privilegiare una persona fisica o giuridica in modo specifico. Il senso dell'intervento mi è parso di carattere generale, non specifico; comunque, rileggerò l'intervento. Comunque, se il Consigliere Saitta lo desidera, può precisare il senso del suo intervento.
Io ho inteso una valutazione di ordine generale; se così non è, il Consigliere faccia una puntualizzazione su queste volontà. Io non ho inteso un'accusa in senso specifico; comunque - ripeto - rileggerò il verbale e darò delle valutazioni ulteriori.
La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

La questione degli interessi che si vogliono tutelare è una questione importante e non dovrebbe essere oscurata. Il collega Saitta ha detto: "Quali interessi l'Assessore intende tutelare?". E' una domanda interessante e legittima; ad esempio, colleghi, io dichiaro gli interessi che voglio tutelare. Io ho dichiarato chiaramente che ritengo che rientri nell'interesse generale della collettività, in questa fase, difendere gli interessi del piccolo commercio diffuso. L'ho detto: non mi sono nascosto.
L'Assessore dica che vuole difendere gli interessi della grande distribuzione commerciale.
Non so perché ci si alteri in presenza di una domanda di un collega all'Assessore, in cui si chiede: "Quali interessi vuoi tutelare?". E' il fatto che lui non risponda che ti mette in difficoltà. il fatto che l'Assessore non risponda può generare qualche imbarazzo, ma, come ho risposto io, può rispondere ...



(Voci in aula)



CHIEZZI Giuseppe

Il piccolo commercio diffuso - e mi batterò per questo - ritengo sia un interesse da tutelare e da privilegiare nell'attuazione del decreto legislativo n. 114. Lo dichiaro. L'Assessore Pichetto potrebbe dichiarare che, viceversa, altri interessi della grande distribuzione... Che male c'è Assessore Pichetto, a dire che vuoi tutelare gli interessi della grande distribuzione: nessuno! Non c'è assolutamente nulla di strano.



PRESIDENTE

Colleghi, ho inteso che gli interessi fossero di ordine generale, mi riservo di leggere la verbalizzazione, se così non sarà assumeremo i necessari provvedimenti.
La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Iniziamo l'esame dell'articolato. Pongo ai colleghi, proprio all'inizio di questo esame, una questione. Questa legge innova la normativa in un settore, ciò significa voltar pagina: si apre una stagione nuova per il settore commerciale. La stagione nuova vede l'ingresso di una nuova legge e, attualmente, questa nuova legge propone, nel proprio articolato modifiche ad altri testi di legge.
Nell'art. 7, in particolare, vi è una tecnica legislativa nella quale si offre al cittadino un testo di legge che, per esemplificare, inizia spesso con le seguenti parole: al comma "X" dell'art. "X" o della lettera tale, della legge tale le parole sono sostituite con "...", oppure il comma è sostituito con "...". Sollevo il problema che questo modo di legiferare non fa immediata chiarezza e trasparenza sulle intenzioni del legislatore in ordine alla legge che si sta leggendo. Non si capisce nulla. Penso che potrebbe essere volontà comune evitare di legiferare in questo modo. Quindi mettere in opera tutti i tentativi affinché le nostre leggi siano più chiare possibili.
Mi rendo conto che questo, anche ove fosse obiettivo condiviso, va poi verificato nella sua concreta possibilità di attuazione.
In Commissione ho posto il problema. Ho un plico di emendamenti che cercano di evitare il cambiamento non chiaro di norme di leggi. Ritengo pertanto, sempre preferibile che si modifichino leggi esistenti, attraverso altre leggi, cercando il più possibile di fare chiarezza sul testo. Ad esempio cercando sempre, se si modifica un articolo, di riproporre il testo dell'articolo così come lo si vuole innovare. In questo modo chi legge si rende conto di cosa si tratta.
Ho posto questa questione più volte in Commissione. Ringrazio la Commissione perché, attraverso le sue strutture tecniche, più volte ha contributo a dipanare questo problema e questa materia, la ringrazio anche perché dietro ulteriori insistenze è stato svolto un lavoro di approfondimento della possibilità concreta e pratica di fare questo.
Probabilmente la volontà di evitare formulazione di legge non chiare può essere, all'interno di questo disegno di legge, in qualche caso realizzata. Non in tutti i casi, perché ho detto che, espressa la volontà politica, bisogna poi avere la possibilità pratica di realizzare gli obiettivi politici. Ma probabilmente noi possiamo, se la maggioranza è d'accordo, nel corso degli articoli evitare trasformazioni minute di lettere e commi di un articolo, ma giungere, in qualche caso, ad una riformulazione completa di tutto l'articolo.
Pertanto, chiederei all'Assessore Botta, se è d'accordo, perché gli articoli, passibili di questo trattamento legislativo, riguardano proprio la legge urbanistica.
Prima di iniziare il percorso ho voluto segnalare questa possibilità chiedendo se la Giunta e la maggioranza convengono sull'iniziativa di giungere a modificare il testo di legge esistente, soprattutto in materia urbanistica, in modo tale da portare alla modifica di interi articoli della legge urbanistica e non di singole parti spezzettate che tolgono la possibilità di capire, in modo unitario, la manovra di cambiamento legislativo in atto. Chiederei, pertanto se su questa intenzione c'è assenso a verificare, sulla base di uno studio fatto dalla Commissione, la possibilità di correggere gli articoli successivi raggiungendo l'obiettivo di una maggior chiarezza legislativa.



PRESIDENTE

Anche nella discussione di ordine generale, relativamente a questo art.
1, sono state poste delle domande. Credo che, esaurita la discussione sull'art. 1, ci debba essere un momento di verifica, in modo che la Giunta possa successivamente, non nella seduta odierna, dare una risposta che potrebbe alleggerire il nostro carico di lavoro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Foco.



FOCO Andrea

Non vorrei però intervenire solo formalmente sull'art. 1. Probabilmente non ho l'elasticità di altri Consiglieri e mi riesce difficile "saltare" tra vari articoli o tra leggi e circolari.
Il motivo del mio intervento nasce da questo fatto. Non vorrei che le domande poste da alcuni Consiglieri, in riferimento alle finalità dell'art.
1, venissero banalizzate con il solito stile, che ogni tanto registro anche in Commissione. Quando si è in difficoltà si ricorre al vecchio sistema di prendere tavolo, tovaglia e lanciare tutto per aria, cercando di creare confusione. Io, francamente, non ci sto a questo gioco. Personalmente, mi sento un po' offeso. Non ne faccio un motivo personale, parlo in termini politici e mi riferisco all'intervento del Capogruppo Ghiglia.
Ho ascoltato con attenzione gli interventi dei colleghi sia di maggioranza che di opposizione. Mi sembra che su questo argomento esistano per usare un eufemismo - delle sfumature, anche all'interno del centrosinistra. Non coglierle significherebbe fare quel discorso confusionario che qualcuno intende fare.
Se si ritiene opportuno attaccare una legge nazionale redatta da un Ministro che appartiene, per esempio, alla mia parte politica, non mi sento affatto offeso, mi sento onorato. Nel nostro caso ci troviamo di fronte ad un provvedimento che dà la possibilità, in un comparto come quello del commercio, di fare piazza pulita dei "si dice". Forse rischio di sbagliare ma mi sembra che l'ultima legge generale sul commercio, la L. 426, risalga al 1971. Il mondo in questi ventotto anni credo sia cambiato..! Se un Governo e un Ministro hanno il coraggio di affrontare i problemi sta a noi, a livello regionale, sapere adattare le soluzioni proposte e calarle nella nostra realtà. Mi rivolgo, ovviamente, all'Assessore al Commercio e all'Assessore all'Urbanistica.
Assessore, non mi sembra sia un modo serio d'iniziare la discussione su questa legge il confidare nella bontà degli studi fatti da qualche associazione. Se lo facciamo è perché ci siamo costretti, perché da parte della Giunta regionale non c'è un minimo di proiezione di quadro complessivo di impatto...



(Commenti del Consigliere Saitta fuori microfono)



FOCO Andrea

Collega Saitta, se non le è chiaro il mio intervento cercherò di essere più chiaro. Io penso che quelle cifre su cui si basava ...



FOCO Andrea

SAITTA Antonino (fuori microfono)



FOCO Andrea

Sono cifre dell'Assessorato...



PRESIDENTE

Per cortesia, non dialogate tra voi.



FOCO Andrea

Si, va bene, sono cifre dell'Assessorato, ma so anche, per fare un discorso più generale, che siamo costretti a inseguire, a destra e a manca metri quadrati e numeri per fare noi un ragionamento di impatto. Quindi, mi chiedo: cosa c'è da nascondere? Cosa c'è da nascondere nel momento in cui la Giunta presenta una legge, poi questa arriva in aula e i Consiglieri vogliono conoscere e hanno diritto di sapere che tipo d'impatto possa avere, a livello di metri cubi, di metri quadri etc.? Mi sembra sia scandaloso evadere una legittima richiesta... Potremmo anche noi ricorrere ai nostri uffici, fare i nostri studi, ma così continueremmo a rincorrerci non faremmo un discorso serio ma basato, sempre, sui "si dice".
Cos'è che rende difficile questa chiarezza? Non credo che ci siano alle spalle né difese d'interessi di qui né difese d'interessi di là! Tutti facciamo gli interessi generali, e li faremmo meglio se avessimo dati chiari, dati che chiediamo alla Giunta regionale e agli Assessori competenti. Non è pensabile che non sia stata fatta una proiezione. Se non volete comunicarcela, è un altro discorso. Ma se per caso non l'avete fatta, è una cosa grave! Possiamo anche ondeggiare, conosciamo il tipo diverso d'interpretazione che la nuova legge implica...Però, non giriamo attorno a queste cose proviamo a vedere cosa potrebbe succedere. Si forniscano questi dati e si spieghi come mai sono dati presunti, possibili! Stiamo superando la fase della tabella uno, due, tre, quattordici tredici... Adesso c'è "l'alimentare" e il "non alimentare". Il ragionamento deve essere fatto globalmente su realtà territoriali che cerchiamo di governare. Nel momento in cui parliamo di metrature o le ipotizziamo, se questo discorso c'è, sia fatto, e non dalle associazioni di categoria! Se non c'è, vuol dire che non è necessario o che non si ragiona più in questi termini. Ho anch'io dubbi e perplessità: si potrebbe essere posti davanti a delle proiezioni che potrebbero spaventare qualcuno? Non so chi potrebbero spaventare. Tutti noi, grosso modo, conosciamo le giacenze di richieste.
Sappiamo anche che ci sono già coloro che stanno facendo conti e ipotesi.
Allora, è possibile questo discorso? E' un discorso fantascientifico? Proviamo a ragionarci su! Ho paura che stiamo partendo da presupposti non chiari, che rendono difficile il ragionamento per tutti e danno spazio a chi vede solo grandi blocchi, grande distribuzione, piccola distribuzione... Qualcuno poi mi spiegherà esattamente cosa intende per piccola e grande distribuzione!



PRESIDENTE

Dobbiamo finire la parte di discussione relativa all'art. 1. Il Consigliere Chiezzi ritiene di non avere esaurito il tempo a sua disposizione. Ha ancora un minuto.



CHIEZZI Giuseppe

Per la prossima volta, perché riusciamo a lavorare con cognizione di causa, chiederei all'Assessore, per cortesia, di darci un foglio di carta su cui riporti l'elenco delle richieste giacenti per insediamenti di grande e media distribuzione. In Assessorato, che richieste avete, chi le ha presentate, cosa e quanto è stato richiesto? Con questi dati noi potremmo vedere da quale punto di vista e quali sono gli interessi di mercato che hanno già avanzato una proposta. Ci sarebbe utile come elemento di estrema chiarezza, perché magari parliamo - senza saperlo - di una situazione in cui non c'è nemmeno una richiesta di grande distribuzione in tutto il Piemonte! Così potremmo commisurare le cose che diciamo al fatto che c'è un mercato che esiste! Chiederei, dunque, all'Assessore, se ci fornisce questo elenco di pratiche giacenti con i titolari delle stesse, i loro dati, i metri quadrati richiesti e il luogo.



PRESIDENTE

La richiesta fatta dal Consigliere Chiezzi è chiara. Credo che possiamo considerare conclusa la discussione sull'art. 1. Sul disegno di legge ci fermiamo qui.


Argomento: Attivita' di promozione - Celebrazioni Manifestazioni Anniversari Convegni

Proposta di deliberazione n. 698 "Riadozione e determinazione di cui alla D.G.R. n. 45-27592 del 14/6/1999 relativa alla Partecipazione della Regione Piemonte al Comitato per l'Ostensione Solenne della Sindone e per l'anno Giubilare 2000" - Ratifica ex art. n. 40 dello Statuto


PRESIDENTE

Esaminiamo la deliberazione n. 698, di cui al punto 44) all'o.d.g.
Il provvedimento in Commissione ha avuto la seguente votazione: favorevoli i Gruppi AN, FI, PPI, MPP e Rinnovamento Italiano, DS.
Non essendovi interventi, pongo in votazione tale deliberazione, il cui testo, a mani dei Consiglieri, verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La proposta di deliberazione è approvata all'unanimità dei 35 Consiglieri presenti.


Argomento: Nomine

Nomine


PRESIDENTE

Passiamo al punto 126) all'o.d.g.
Vengono distribuite le schede di votazione per la nomina di tre Consiglieri regionali nella "Commissione Giudicatrice dei Premi Internazionali Piemontesi nel Mondo".
Si tratta di nominare tre Consiglieri regionali; la votazione è limitata a due, perché tendenzialmente si favorisce la presenza della minoranza.
Nomino scrutatori i Consiglieri Miglietti e Salerno.
Sospendo la seduta per qualche minuto, in modo da ultimare la distribuzione delle schede.



(La seduta, sospesa alle ore 18.51 riprende alle ore 18.53)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Poiché questo è l'ultimo adempimento della giornata, ritengo si possa procedere con la votazione. Prego i due scrutatori, i colleghi Miglietti e Salerno, di avvicinarsi all'urna.
Prego i Consiglieri di rimanere seduti, in quanto il collega Montabone intende intervenire, sempre sulla questione "Nomine".
Prego, Consigliere Montabone.



MONTABONE Renato

Grazie, Presidente. Intervengo, seppure in fase di votazione, perch ritengo che la questione delle nomine farà esplodere questa Regione e io non intendo trovarmi sotto le macerie.
Non sto facendo un discorso da far ridere, Salerno...



SALERNO Roberto

No, ma non ho sentito...



MONTABONE Renato

Allora siediti e ascolta...



PRESIDENTE

Per cortesia, ho chiesto ancora un attimo di attenzione. Il collega Montabone, già in sede di Capigruppo, ha fatto verbalizzare la sua dichiarazione...



MONTABONE Renato

E voglio che sia verbalizzata anche in Consiglio, Presidente. Capisco che la rappresentanza in questa Commissione sia di estrema importanza ritengo, però, ci siano delle nomine, altrettanto importanti, che la Regione Piemonte tralascia di fare da circa un anno e mezzo.
Ritengo che questa sia una gravissima omissione da parte del Consiglio regionale perché in alcuni Enti importantissimi della nostra regione, ad esempio, la non partecipazione di un rappresentante della Regione stessa fa in modo che alcune politiche economiche vadano in un certo verso anziché in un altro.
Ritengo, Presidente, che lei abbia serie responsabilità rispetto a questo fatto e non voglio che le sue responsabilità vengano, per caduta riequilibrate nei confronti di tutti i Consiglieri.
L'ho detto in Commissione nomine, l'ho detto alla Conferenza dei Capigruppo, lo voglio dire anche qui: la responsabilità di queste "non nomine", per i vari motivi che - se vuole - glieli ricordo tutti, è soltanto ed esclusivamente sua.
Non so se questo non agire, se in questo non ottemperare alla normativa sulle nomine e ad altre normative di livello nazionale, lei lo faccia perché la sua maggioranza non glielo lascia fare, ma certo la responsabilità è soltanto sua.



PRESIDENTE

Prendiamo atto di questa dichiarazione, che era interlocutoria.
Si proceda, pertanto, alla votazione per appello nominale.



(Il Consigliere Segretario Toselli effettua l'appello nominale)



PRESIDENTE

L'esito della votazione è il seguente: GHIGLIA Agostino voti 25 TOSELLI voti 24 MONTABONE Renato voti 12 SPAGNUOLO Carla voti 1 GRIFFINI voti 1 DEORSOLA voti 1 GOGLIO voti 1 Schede bianche 1 Proclamo eletti i Consiglieri Ghiglia, Toselli e Montabone. Con questo abbiamo esaurito i lavori di questa sera.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19.08)



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