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Dettaglio seduta n.334 del 02/03/99 - Legislatura n. VI - Sedute dal 23 aprile 1995 al 15 aprile 2000

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DEORSOLA


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Comunicazioni della Giunta regionale su "Patto per lo sviluppo" ed esame ordini del giorno nn. 936, 937 e 938 (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta Riprendiamo il dibattito sul Patto per lo sviluppo, di cui al punto 5) dell'o.d.g. Pregherei i Consiglieri di rientrare in aula.
La parola al Consigliere Gallarini.



GALLARINI Pier Luigi

Presidente e colleghi... l'aula è quasi deserta...



PRESIDENTE

Prego i colleghi di prendere posto in aula.



GALLARINI Pier Luigi

Presidente, non sottovaluto la presenza dei due Presidenti, però non c'è quasi nessuno. Comunque, nell'ottica del guadagnare tempo, penso valga la pena illustrare le nostre valutazioni. Mi spiace non ci sia il Consigliere Vindigni: ho ascoltato con molta attenzione il suo intervento di questa mattina e intendevo partire dalle sue considerazioni.
Partire da lì per dire che, secondo noi, un conto sono le considerazioni politiche che intendiamo fare sulla questione del patto sociale, concepito politicamente dal Governo a livello nazionale, e un conto sono le considerazioni che intendiamo fare a proposito, invece, del protocollo d'intesa Regione-Governo centrale, così come il Presidente Ghigo ha illustrato questa mattina.
Quindi per quanto riguarda il patto sociale a livello nazionale riteniamo che questo patto, che in fondo rappresenta la concertazione, è tendenzialmente strumento di tutela corporativa delle categorie che vi partecipano, a danno dei non concertanti; perché quando si fa un patto ovviamente, lo si fa tra parti che partecipano alla sua formulazione.
Quindi già questo modo di procedere non ci sembra molto condivisibile.
Siccome il Consigliere Vindigni ha parlato di questo patto come se fosse l'acqua di Lourdes, per quanto ci riguarda prendiamo molto le distanze da questa posizione.
Dicevo a danno dei non concertanti, che costituiscono la maggioranza del nostro Paese, la maggioranza degli italiani: giovani, anziani disoccupati, lavoratori non sindacalizzati, autonomi, professionisti; ecco tutti questi soggetti, che non sono secondari all'interno del nostro Paese ovviamente non partecipano a questo tavolo.
Si tratta quindi di uno strumento dalle spiccate caratteristiche conservatrici. Riteniamo che questo patto abbia caratteristiche molto conservatrici dell'assetto economico esistente, e che, come tale, mira a mantenere al di fuori della ripartizione della ricchezza del Paese chi attualmente ne è escluso, determinando così una divisione del Paese stesso tra garantiti e non garantiti, anziché delineare politiche che consentano il miglioramento della qualità della vita di tutti.
Queste sono alcune considerazioni di fondo sul concetto di patto inteso politicamente a livello nazionale dal Governo D'Alema (quindi dai partiti che lo costituiscono), dal quale ci sentiamo molto lontani.
Altre osservazioni: ciò che manca, secondo noi, all'interno di questo patto, è la revisione del sistema pensionistico. Si può affrontare un patto del genere, si possono ipotizzare migliaia di miliardi da reperire, senza far mente locale al problema dei problemi, che è appunto quello dei Ministeri competenti per quanto riguarda la riforma delle pensioni? E' ignorato completamente, ci sembra, un problema assolutamente devastante dal quale non si sarebbe dovuto prescindere. Del futuro del TFR, della questione della Previdenza integrativa, degli advisus e degli organismi di gestione della Previdenza integrativa, non si parla. Se si parla di pensioni, di INPS e di Previdenza, non si può non parlare di soluzioni integrative e alternative.
Quindi il patto che cos'è? Abbiamo la sensazione che sia un qualcosa di zoppo, un qualcosa di monco. Un patto sociale non può prescindere dall'economia e dalle coordinate economiche di riferimento. Invece ci sembra che - purtroppo manchino delle serie coordinate di riferimento.
Collega Vindigni, scusa, ho fatto riferimento al tuo intervento di questa mattina, mi fa piacere che tu ci sia, perché, dal punto di vista politico, sul patto inteso a livello nazionale, così come è stato concepito dal Governo, abbiamo pareri molto molto distanti da quelli che hai espresso questa mattina.
Altra cosa è il protocollo d'intesa Regione e Governo, così come ha illustrato il Presidente questa mattina.
La nostra posizione possibile, a livello politico, è di contrarietà sul metodo. A Roma i nostri colleghi hanno detto che il patto sopprime il Parlamento; è concepito dal Governo, anche se va di moda di questi tempi.
Anche la modifica della legge elettorale è stata proposta dalla maggioranza del Parlamento. Quindi non ci si scandalizza più di tanto, ma riteniamo che non sia questa la strada attraverso la quale affrontare, da un lato, le riforme e dall'altra i patti socio-economici, che necessitano di coordinate economiche - alcune delle quali fondamentali, che all'interno di questo patto non compaiono.
Ci sono però altri punti interessanti e discutibili.
Si parla di esclusione di oneri a carico della fiscalità generale e della questione delle 35 ore. Come si fa a concepire un reperimento di risorse così come è previsto nel patto e, contestualmente, sostenere ancora il discorso delle 35 ore, che va in direzione esattamente opposta? Si parla dell'individuazione di un percorso realistico della diminuzione del carico fiscale e contributivo senza subordinarlo alla chimera della lotta all'evasione. Con tutto rispetto per chi fa lotta all'evasione - e va bene - però non la si fa attraverso questo settore di nicchia, sotto molti aspetti, per i risultati pratici, non di nicchia nella sostanza; di nicchia perché è difficile perseguire traguardi consistenti avendo imboccato questa strada.
Si ha quasi la sensazione - il paragone non vuole essere assolutamente irriguardoso - che per seguire determinati obiettivi occorrerebbe disporre di un motore di potenza "x", quindi se si dispone di un motore che non ha le decisioni "x", che non incentiva l'imprenditorialità, e così via riteniamo che l'imprenditorialità sia una caratteristica fondamentale non configurabile all'interno di un piano (come abbiamo vissuto negli ultimi venti-trent'anni), cioè di una programmazione rigida e rigorosa.
L'imprenditorialità e l'iniziativa non possono essere imposte dall'alto devono nascere spontaneamente dal basso.
Quindi occorre che all'interno di questo patto, secondo noi, ci sia un decarico fiscale, ad esempio, che non c'è. Questo lo riteniamo fondamentale per incentivare la nascita di nuove imprese; è il solo mezzo attraverso il quale si può arrivare a valorizzare le nostre periferie e le nostre regioni.
Il Presidente questa mattina ha citato un dato - penso che lo abbiate colto, colleghi - molto pesante: ha detto che negli ultimi tre mesi del 1998 in Piemonte c'è stato un decremento sul PIL dello 0,9%, dato molto significativo - l'1% quasi, in tre mesi. E' un dato allarmante, perché se proiettato su scala annuale significa quasi il 4%.
Riteniamo necessario definire delle cornici attraverso le quali si dice: "Si fa l'Asti-Cuneo" - va benissimo, ci mancherebbe altro - "Si fa il passante di Torino" - va benissimo, ci mancherebbe altro - e così via; per bisogna anche porsi il problema alla radice, prima di precisare queste cornici.
Come si pensa di incrementare il prodotto interno lordo attraverso l'iniziativa privata, e che quest'ultima possa produrre quella massa di risorse da destinare poi a questi investimenti? Questa è la domanda che secondo noi manca all'interno di questo Patto concepito a livello romano.
Per quanto riguarda il rilancio del processo federalista, secondo noi non esiste. In quanto il Patto, praticamente, non considera l'autonomia delle Regioni.
Questa mattina il Presidente Deorsola, nell'introdurre il dibattito, ha detto che il Presidente D'Alema ha dichiarato che venerdì partirà il federalismo. Meno male che partirà venerdì; giovedì non potrà sicuramente partire, in quanto, com'è già stato rilevato, il Ministro Bassolino si recherà a Torino. Quanto al fatto che non si rechi in Consiglio regionale non si pretende che dedichi l'intera giornata al Consiglio regionale.
Comprendiamo gli imbarazzi di dover andare in Regione o in Comune o in Provincia. Viviamo tutti nel mondo e sappiamo come vanno le cose.
Comprendiamo anche che non ci possa essere eccesso di disinvoltura nell'andare da una parte o dall'altra. Però, all'atto in cui si dice domani, visto che giovedì è la vigilia di venerdì, quando dovrebbe partire il federalismo, c'è l'arrivo del Ministro in Regione Piemonte in occasione del protocollo di intesa fra Regione e Governo centrale, ma dove si va? Con tutto il rispetto per tutti, non si va da un nominato, si va da un'assemblea eletta. Questo mi sembra un concetto fondamentale se vogliamo andare in una certa direzione, ma senza polemiche, in modo molto pacato semplicemente per dire che la forma - secondo noi - è sostanza, come diceva De Sanctis. Riteniamo che la sostanza passi anche attraverso la forma dopodiché, penso dispiaccia a tutti. Ieri mattina, ad esempio, con molti colleghi abbiamo avuto un bellissimo dialogo sulla proposta di legge di AN per quanto riguarda la Regione a Statuto Speciale. Legge interessantissima abbiamo discusso molto seriamente di contenuti, poi però quando si giunge ai protocolli ci si accorge che si è ancora indietro di cent'anni, perch probabilmente manca il coraggio per dare corpo alle convinzioni che tutti abbiamo. Il federalismo non può essere legato allo schieramento "A" o allo schieramento "B". Ci sembra che il concetto vada applicato in modo aperto e con coraggio, in quanto il Paese ha necessità di andare avanti.
Ad esempio, la liberalizzazione dei Fondi pensione - tornando alla questione precedente sull'INPS - con esplicita possibilità per i lavoratori di uscire dal proprio fondo e di aderire a titolo individuale ad altri fondi". Questo è un concetto dal quale non si può prescindere economicamente, se si ha l'ambizione di affrontare l'economia in un certo modo. Occorre la revisione integrale della politica della sicurezza del territorio, a comunicare dalla questione dell'immigrazione. Anche in questo caso non ci si può nascondere la testa sotto la sabbia come lo struzzo: queste questioni vanno affrontate. In questo patto, concepito a livello nazionale, noi non rileviamo dei contenuti. Sono stati volutamente ignorati? Si è tentato di procedere con un provvedimento che sia un po' "camomillante" (scusate l'espressione) nei confronti dell'opinione pubblica, che considera il termine "patto" come accordo fra le parti sociali? Ci sembra che si sia persa un'occasione; d'altra parte, ritengo che le critiche, da parte nostra, non potrebbero essere altrimenti, visto che ovviamente a livello nazionale, il Governo è di altro segno, le alleanze sono di altro segno. Quindi questa premessa riteniamo fosse, per il Gruppo di Forza Italia, in Regione Piemonte, doverosa. In un momento in cui, anche stamattina il Presidente D'Alema - è già stato ricordato - riconosce sui giornali che l'1,4% di sviluppo del PIL, conseguito nel '98, ci colloca purtroppo, all'ultimo posto nell'Europa occidentale.
Pertanto, riteniamo che, anziché concezioni populiste, servano invece decisioni e provvedimenti incisivi, ma non ci sembra che questo avvenga attraverso questo concetto di patto.
Nei confronti delle Regioni, parliamo sovente in tutte le salse di federalismo, ma quando si arriva alla "strozzatura" del passaggio pratico chissà perché - ci blocchiamo sempre.
Quindi federalismo a parole, ma poi nei fatti c'è una neoconservazione di potere come mai si è visto in questi ultimi tempi.
Per quanto riguarda le Regioni, questo Patto non concepisce la differenza tra una Regione e l'altra Regione. L'Assessore Leo, questa mattina, in un passaggio in cui l'aula non era molto frequentata e forse neanche molto attenta, ha detto una cosa molto importante: in questi ultimi giorni, a livello nazionale e internazionale, l'UNESCO, fra i vari progetti relativi alla cultura e alla valorizzazione dei beni ambientali e culturali, ha scelto il progetto del Piemonte. Questa è una sottolineatura di una incisività notevole, che deve inorgoglire tutti noi come membri dell'assemblea regionale. Però, se non si dà fiato a questa qualità, e se invece il Patto concepisce le Regioni tutte sullo stesso piano, perché non c'è la differenziazione tra Regione e Regione, non c'è l'incentivo alla qualità delle proposte; non si dà forza alla qualità che invece oggi dovrebbe essere l'unico parametro in grado di stabilire dei decolli e di creare la differenza tra proposte di un certo tipo e proposte di un altro tipo.
Altra questione. Il Presidente Deorsola stamattina, in modo proprio o improprio - ci possono essere pareri contrari - nell'introduzione ha parlato di Stati Generali. So che il Presidente, la Giunta e l'Assessore Burzi avrebbero voluto parlare del Piano regionale di sviluppo. Concordiamo sul fatto che venti miliardi sono una cifra irrisoria, ma concordiamo anche sulla considerazione che il Piano regionale di sviluppo dovrebbe essere - e lo sarà - lo strumento principale e personalizzato del Piemonte, con cui la Giunta ha inteso programmare il futuro sviluppo piemontese. La Giunta lo ha adottato. Sono sorte anche polemiche che, grazie a Dio, sono state superate perché, nei fatti, quello che conta è che finalmente siano iniziate le consultazioni e finalmente, tra qualche giorno, lo avremo. Tra poco sarà licenziato dalla I Commissione, poi verrà in aula e lo si potrà discutere.
Il Piano regionale di sviluppo è stato sicuramente concepito - immagino che ogni sessantesimo dell'assemblea lo concepisca in questo modo - come programma peculiare, personalizzato al Piemonte, con cui si vuole delineare e tracciare il futuro socio-economico di sviluppo della nostra regione. Non può essere annacquato con altri programmi regionali di sviluppo della Sicilia, della Campania o del Lazio, perché altrimenti verremmo meno all'assunto di maturità di assemblea regionale, che è quello di partire dallo stato di consistenza della propria economia e, in base a questo stato di consistenza, e questa analisi tracciare delle pennellate di sviluppo che consentano di spremere al massimo le risorse di cui la nostra regione dispone. Dopodiché, veniamo agli Stati generali.
Concordo sul fatto che il bilancio '99, forse perché è stato approvato a febbraio, è vero quanto diceva il Consigliere Vindigni questa mattina ovvero che abbiamo guadagnato due mesi rispetto all'anno scorso.
Secondo me, però, non è così. Io direi che abbiamo perso due mesi in meno sul bilancio rispetto al '98, (per dirla giusta, perché secondo noi è così); abbiamo speso due mesi in meno, e quindi è un passo in avanti, ma non è quello che dobbiamo auspicare.
Il passo vero sarebbe quello di arrivare al 31 dicembre e dal primo gennaio avere il bilancio preventivo approvato; dopodiché ci sarebbero molti più spazi per incontri tipo quelli di oggi, per temi tipo quelli di oggi, e quindi potremmo...



(Commenti del Consigliere Cavaliere)



GALLARINI Pier Luigi

Anche per incontri culturali. Intendo dire per incontri che vadano nella direzione di uno spettro di attività e di risorse da "spremere" tutti insieme per finalizzare in una risultante comune che preveda - appunto una linea di sviluppo per la nostra Regione.
A proposito del protocollo che il Presidente e gli Assessori... Anche in questo, secondo noi, il Consigliere Vindigni è stato ingeneroso nei confronti della Giunta.
Riteniamo che non si possa parlare per partito preso, affermando sempre: "Questa Giunta dorme; questa Giunta non fa le cose che andrebbero fatte, ecc. ecc.".
A me sembra, per avere ascoltato con molta attenzione quanto illustrato dal Presidente prima e dagli Assessori Pichetto, Casoni, Cavallera, Goglio poi e dall'Assessore Leo alla fine... Eh, caspita! Questi tavoli... Certo il tavolo della Pubblica Amministrazione è rimasto in Prefettura, e ce ne doliamo.
Poi le cose si possono fare in un modo o nell'altro, ma ricordo che la Regione, un anno e mezzo fa, si è dotata dell'applicazione del DL 29 attraverso l'approvazione della L. 51, ponendosi come capofila e apripista nei confronti di un nuovo modo di intendere l'Amministrazione pubblica.
Secondo noi, aveva dunque la titolarità per avere in capo anche il terzo tavolo, congiuntamente magari alla Prefettura e ad altri Enti, ma sicuramente non avrebbe dovuto essere estromessa da quel discorso.
Però - come dicevo - sono stati attivati gli altri due tavoli e gli Assessori ci hanno illustrato le modalità attraverso le quali hanno operato; ciò è avvenuto in tempi relativamente stretti, perché se il tempo massimo era ed è il 12 marzo, il fatto che già oggi, quindi una decina di giorni prima, il lavoro sia quasi concluso e si sia già a qualche goccia di sintesi, questo è sicuramente positivo.
Noi riteniamo che il Presidente e la Giunta si siano mossi con impegno e anche con risorse, perché se è vero che quei 20 miliardi - Vindigni sono pochi, è altrettanto vero che il bilancio del '99 - lo abbiamo già detto - è il più ricco di cui la Regione ha potuto disporre negli ultimi 10 15 anni. Le risorse dunque ci sono e ci sarà anche un assestamento di bilancio. Visto anche che a fine febbraio è stato approvato il preventivo speriamo che la Giunta sia in grado, magari a giugno, o se non a giugno a luglio prima di andarsene in vacanza, di approvare l'assestamento.
Abbiamo comunque un bilancio sano, perché è stato risanato con tutto il trend di interventi attuato negli ultimi 8-10 anni. Bisogna avere l'onestà e la correttezza di riconoscere che c'è stato un percorso di risanamento molto incisivo e molto severo, per cui noi riteniamo che ci possano essere anche - ma lo valuterà la Giunta - delle risorse tali per dimensione e consistenza da poter alimentare un progetto più ambizioso che, nel frattempo, abbia avuto modo di raccogliere anche la sintesi degli Stati generali. Essendo questi ormai ultimati, io penso che nel giro di un mese due dobbiamo essere in grado di pretendere la sintesi, altrimenti saremo andati in tutto il Piemonte in questi primi tre anni - e anche di più quasi quattro - di Amministrazione a raccontare delle storielle.
Noi riteniamo che non sia stato così e che non sia così. Crediamo che il materiale emerso da questi giacimenti sotterranei nella varie peregrinazioni sostenute con gli Stati generali sia ricco e tale da consentire di trarre una sintesi che possa essere bussola di ispirazione affinché accanto al Piano regionale di sviluppo vengano coniugate queste due risorse, finalizzando una linea di marcia che, con le risorse che nel frattempo si andranno a reperire, potrà avere una dimensione di alimentazione sufficiente per essere incisiva.
Mi scuso anch'io se mi sono dilungato. Non ho impiegato i 32 minuti del Consigliere Vindigni, ma ne ho comunque utilizzati quasi 24, che sono sempre tanti.
Era mio desiderio dire le cose che ho detto; se fossi stato più bravo le avrei dette in minor tempo, ma pretendiamo di chiudere: sarà poi il collega Scanderebech, per quel che ne so, a fare un intervento come Gruppo.



PRESIDENTE

Ha preso il tempo agli altri colleghi di Gruppo.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Moro; ne ha facoltà.



MORO Francesco

Grazie, Signor Presidente. Si sta discutendo un importante tema, di grande attualità: il Patto sociale per lo sviluppo e l'occupazione, che speriamo abbia anche un riscontro positivo nel Piemonte.
E' una tematica delicatissima, che si collega alla formazione professionale e riguarda in particolare il futuro dei giovani piemontesi.
In Piemonte, è già stato detto, vi è l'8,8% di disoccupazione; un dato negativo, che però è destinato ad aumentare se si considera il numero di aziende industriali, artigianali e commerciali in forte crisi produttiva ed occupazionale che fa ricorso alla Cassa Integrazione. Quindi un futuro incerto, difficile, e la Regione deve intervenire con autorevolezza serietà e provvedimenti legislativi ed amministrativi concreti ed efficaci.
Il Patto sociale per lo sviluppo e l'occupazione, siglato a Roma dal Governo e le parti sociali il 22 dicembre '98, è certamente un fatto politico molto rilevante, che però va valutato in tutte le sue articolazioni e conseguenze, a partire dalle risorse e dagli obiettivi.
E' un Patto sociale incerto, che parla genericamente di sviluppo occupazionale, con basi economiche sbagliate, come la concertazione, le privatizzazioni, il risanamento del debito pubblico, con il rischio di fare solo parole, mentre nel Paese e nella Regione si aggrava la già difficile situazione economica produttiva ed occupazionale.
Dalla relazione del Presidente dell'esecutivo e dagli interventi dei vari Assessori competenti (da Pichetto, Casoni, Cavallera, Goglio a Leo) emerge, in concreto, che si sono dette tante parole: si è parlato di tavoli di lavoro; progetti formativi; progetti europei; progetti educativi; parti contraenti; Bassanini; abbandono universitario, ecc. Molte parole: io direi molte chiacchiere.
La formazione professionale, uno degli obiettivi strategici del Governo nel cosiddetto Patto Sociale, è una questione di grande importanza, per non certo risolutiva del drammatico problema occupazionale dei giovani.
Devono essere assolutamente attivati interventi produttivi e sociali diversi nel campo dell'industria, dell'artigianato, della cultura, dei lavori sociali, capaci di utilizzare una più adeguata formazione professionale, che oggi non c'è assolutamente.
La formazione deve essere profondamente innovata nei contenuti, nei programmi didattici, nei nuovi saperi, e non deve fondarsi sui criteri aziendalistici, con il rischio di fare solo indottrinamento, offrendo invece preparazione professionale vera e seria.
La formazione deve dunque contribuire ad innovare anche rapporti di lavoro concreti e certi.
Per l'apprendistato, dopo le tantissime deludenti esperienze della cosiddetta formazione teorico-complementare, la prevista attivazione di ore adeguate per l'insegnamento complementare deve, a mio avviso, qualificarsi con l'impegno pubblico.
Occorrono pertanto le risorse, i progetti della Regione, un ruolo di governo della Regione che oggi non c'è. Anche in relazione alla mobilità della libera circolazione della manodopera nelle aree comunitarie, la formazione deve rispondere a criteri di qualificazione validi ovunque assicurando una formazione base che consenta aggiornamenti e riqualificazioni.
Manca, come dicevo, una linea di governo regionale in materia sociale dell'occupazione, solo parole e progetti di intervento.
Io credo che la Regione Piemonte debba maggiormente far sentire la propria presenza istituzionale, diversa dal passato, una presenza più incisiva, più istituzionale. Si deve recepire, migliorare e promuovere iniziative legislative, più qualificanti e puntuali sia sulla formazione che in tutti i settori di competenza istituzionale per creare più occupazione e professionalità. Sono questi i progetti che devono dare fiducia, posti di lavoro ai giovani, per un vero sviluppo economico produttivo e occupazionale del Piemonte, un Piemonte proiettato verso il 2000 e integrato in Europa. Io credo che la Regione in questo campo debba assolutamente voltare pagina e cambiare totalmente la sua impostazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Scanderebech.



SCANDEREBECH Deodato

Qui oggi è difficile poter esprimere idee e suggerimenti nuovi perch in parte è stato già detto tutto, però è opportuno che ognuno di noi possa dare il proprio contributo ed io personalmente cercherò di fare del mio meglio.
Partirò subito con un'analisi dei sondaggi che ho fatto svolgere personalmente (17/2/99); riguardano l'area di Torino e Provincia e si evidenziano i problemi fondamentali che attraversano la nostra società e in particolare modo Torino e Provincia.
Al primo posto c'è la disoccupazione al 44,6% a Torino e in Provincia al 42,4%. Sono dati di risposte su un sondaggio effettuato su un campione di 1000 persone, le quali dichiarano, appunto, che il primo vero problema è la disoccupazione.
Secondo problema: delinquenza, micro-criminalità, droga e ordine pubblico al 43,1%. Terzo problema: immigrazione. Quarto problema: viabilità.
Mi fermo al quinto problema, che riporta una percentuale del 14,6% di risposte che pongono l'assistenza e le strutture sanitarie appunto al quinto posto e le danno per insufficienti. Bene, partendo da questo presupposto si dovrebbero dare delle risposte concrete al problema sociale occupazionale di questa Regione. Il collega Vindigni, forse un po' troppo ingeneroso (come ha detto il mio Capogruppo) ha scaricato da buon politico perché la politica la sa fare, sul Presidente e su questa Giunta tutte le malefatte (quelle fatte e quelle che stanno ancora facendo) della Giunta comunale di Torino, riguardo ad alcuni dati specifici che Vindigni ha menzionato, tipo l'aspetto demografico e quindi l'invecchiamento.
Se il Presidente ha parlato dell'8,4% di tasso di disoccupazione tu Vindigni, hai parlato solo del 20% come incidenza nel problema del tasso dell'invecchiamento a Torino; io, invece, ti dico che l'incidenza è esattamente del 50%. Questo porta ad affrontare le problematiche che non riguardano in primis il governo regionale, bensì il governo centrale degli enti locali, in primis appunto il governo comunale di Torino: riguardo al tema prima elencato porto alcuni dati chiari e specifici di quello che è l'andamento demografico della città di Torino. Torino è al 98esimo posto (rispetto alle problematiche demografiche del momento attuale. Ebbene partiamo col dire che c'è da risolvere un problema demografico, che c'è da risolvere un problema di progettualità su questi anziani, su questa società che invecchia, la quale, sempre dati alla mano, nel duemila vedrà salire la popolazione residente a Torino (con più di 50 anni di età) a 444.079 unità rispetto alle 311.000 attuali.
Nel duemila gli abitanti di Torino saranno per il 50% anziani e pensionati; nel duemila gli abitanti di Torino di età compresa fra i 70 e i 75 anni di età saranno 62.912 contro i 40.451 attuali. Concludo: nel duemila gli abitanti di Torino da 80 anni in su saliranno a 46.647 unità contro le 17.868 di oggi, vale a dire che si triplicheranno quasi.
Davanti a questo problema, che riguarda il 50% della società improduttiva, Vindigni, mi chiedo quali misure, quali provvedimenti stiamo cercando di prendere a livello di governo locale affinché questa società improduttiva abbia almeno la soddisfazione di potersi migliorare dal punto di vista della qualità della vita, in modo tale da poter essere inseriti (come meritano socialmente) in quello che è il circuito della vita quotidiana di questa città.
Non mi voglio dilungare, perché dovrei rielencare tutto quello che ha enunciato il Sole 24 Ore del 28/12/98 sugli aspetti e le difficoltà che sta attraversando questa città, a partire dal tenore di vita: Torino è al 24esimo posto contro Milano, Vercelli e Bologna che rappresentano i primi tre posti. Rispetto al lavoro (che nel nostro caso è la voce che più interessa) Mantova, Bolzano e Viterbo sono ai primi tre posti. Torino al 73esimo posto. Questi sono dati che ci devono far riflettere, che devono darci lo spunto per un dibattito serio. Dobbiamo proporre degli studi di fattibilità congiunturali, quando parliamo della salute di questa Regione (e naturalmente delle nostre città); dobbiamo confrontarci con questi dati.
Questi sono dati che non possiamo trascurare, non possiamo continuare a fare demagogia, non possiamo continuare a chiedere visibilità per far sì che ognuno di noi possa emergere dal punto di vista politico; dobbiamo invece cercare di unirci in queste convergenze, perché solo unendoci e portando avanti dei temi e degli studi di fattibilità congiunti, potremo dare un grosso contributo.
Mi addentro meglio nei problemi che riguardano Torino area metropolitana, ma più che altro vorrei meglio addentrarmi negli ostacoli interni ed esterni che attualmente bloccano lo sviluppo locale e regionale: costo del lavoro, ritardo nei pagamenti, costo del denaro.
Dopo l'ingresso dell'Euro, ognuno di noi è portato, documenti alla mano, a confrontarsi con questa realtà. Con l'evento dell'Euro, che "gira" attualmente solo con veicolo cartaceo, c'è una tassa che ognuno di noi, ma soprattutto la piccola e media impresa deve pagare. Di questa tassa il governo centrale non parla; non so se voi siate a conoscenza del fatto che per ogni milione di lire cambiato in Euro le banche fanno pagare 35 mila lire: è una tassa cui il governo acconsente, senza che nessuno assuma dei provvedimenti. Tranne la Banca d'Italia, tutte le restanti banche fanno pagare 35 mila lire ogni milione cambiato in Euro.



(Intervento fuori microfono)



SCANDEREBECH Deodato

Questo è un problema serio per le nostre piccole e medie aziende. Di questo dobbiamo parlare! Giustamente, la relazione del Presidente è stata precisa e coincisa. A parte lo 0,4% della disoccupazione in più o in meno... Collega Vindigni, il Presidente ha commesso un errore dello 0,4 tu, relativo al problema demografico, hai parlato solo del 20% e non del 50%. Ma non è questo il problema.
Ritorno ora alle problematiche che affliggono le nostre piccole e medie imprese: costo del lavoro alto e ritardo dei pagamenti.
Sappiamo tutti cosa significa alto costo del lavoro e ritardo nei pagamenti. Vi stavo dicendo - per concludere - che mentre con le banche bisogna pagare una tassa di 35 mila lire per ogni milione cambiato in Euro negli Uffici postali si pagano solo 5 mila lire; con la Banca d'Italia non si paga alcunché.
Dovremmo affrontare questo grosso problema, per farne una battaglia politica - e non di partito - di questo Consiglio, affinché si assumano provvedimenti su una tassa che grava in modo particolare sulle piccole e medie imprese.
Dopo questo secondo parametro che danneggia lo sviluppo delle nostre piccole e medie imprese esistono poi gli "adempimenti burocratici" per i quali le nostre piccole e medie imprese pagano un 17% di quello che è il problema reale di creare lo sviluppo e di creare progresso.
Efficaci politiche di occupazione devono passare direttamente attraverso la riduzione di quella che è stata chiamata la "tassa sull'occupazione", riferita all'enorme divario tra costo del lavoro e retribuzione netta; cosa vuol dire questo? Una piccola media impresa, sullo stipendio di un dipendente di 1 milione e mezzo/un milione e seicento versa come contributi oltre due terzi in più di quello che è l'onere dello stipendio, al netto delle tasse, che arriva direttamente nelle tasche del dipendente.



(Intervento fuori microfono)



SCANDEREBECH Deodato

Questa è la tassa sul lavoro, che giustamente, sulla carta, paga il dipendente, in realtà "esce" fuori dalla cassa del datore di lavoro; è vero che le paga il dipendente - sulla carta -, ma è anche vero che le "tira fuori" il datore di lavoro.



(Intervento fuori microfono)



SCANDEREBECH Deodato

Attualmente, un dipendente di una piccola o media aziende costa 5 milioni; ci sono tutte le spese generali, le spese di esercizio e tutte le spese che concernono un bilancio di un'azienda.
Questi sono i tre punti fondamentali dei quali, dal punto di vista tecnico, dobbiamo fare carico indipendentemente da tutti quelli che sono i dati e le analisi.
Sulla base di tutto questo mi chiedo: la Regione, sia come Giunta sia come istituzione, che potere ha di poter intervenire efficacemente su questi dati direttamente, e per far sì che il costo del lavoro e gli adempimenti burocratici gravino meno di quanto sia attualmente sulle piccole e medie industrie, che in un periodo chiaro e determinato di deindustrializzazione sono l'asse portante di questa società? Pongo a te la domanda, Pasquale Cavaliere: Quale compito dobbiamo svolgere a livello istituzionale, a livello programmatico, a livello di Giunta, a livello di Presidenza, a livello di Consigliere regionale, per far sì che dall'8,8% si scenda al 4/3/2/1%? Dal momento che siamo entrati nel Mercato Comune Europeo cosa ci aspetterà alla fine del 2001, quanto i Mercati saranno liberi e ogni imprenditore potrà andare a costruire la propria fabbrichetta a Lione o a Dusseldorf piuttosto che a Torino, a Milano, a Genova e così via? Cosa succederà questa nostra nazione non sarà più in grado di far fronte ai parametri di Maastricht e quindi non potrà più nascondersi e "scappare", ma dovrà pagare le penali per non essere stati in grado di poter competere con le altre Nazioni?



(Consigliere Cavaliere, fuori microfono: Faremo la Global Service"!)



SCANDEREBECH Deodato

Può darsi che serva a migliorare questa società. Se la Global Service serve a creare lavoro e sviluppo alla società ben venga!



(Interventi fuori microfono)



SCANDEREBECH Deodato

E' un problema, Consigliere Vindigni, che non possiamo scaricare sul Presidente della Regione o sulla Giunta. E' un problema del quale ognuno di noi, coscientemente, dovrebbe farsi carico al fine di portare avanti un discorso molto corretto e leale, ma soprattutto coerenza con i principi e i valori di ognuno di noi; principi per i quali siamo stati chiamati a svolgere la nostra attività legislativa, amministrativa e politica. Grazie per avermi ascoltato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Saitta.



SAITTA Antonino

Volevo esprimere un disagio, anche di diversi colleghi, nel senso che non si riesce a capire il significato e l'accusa di questo dibattito. Cosa dobbiamo fare? Perché siamo stati convocati e discutiamo questi temi? Quale obiettivo ci poniamo? Credo che il dibattito che si sta svolgendo è un dibattito tra sordi nel senso che abbiamo ascoltato la relazione dell'Assessore e gli interventi dei singoli Assessori, anzi una comunicazione sullo stato di andamento dei lavori nel Tavolo di concertazione, ma non si capisce che tipo di apporto può dare il Consiglio a questo lavoro che è avviato o quasi concluso. Il disagio deriva dal fatto che non abbiamo visto un impianto politico degno di questo nome. Nel senso che con qualche aggiornamento sicuramente, che è avvenuto nel tempo, con qualche affinamento, con una maggiore conoscenza dei meccanismi normativi della Regione, c'è la solita ripetizione degli slogan. Quando viene definito un problema - come hai fatto tu, Consigliere Scanderebech - quando si esprime un'esigenza e ci si limita ad esporre un problema, vuol dire che, come politici, abbiamo fallito. Se il nostro compito è di fare sondaggi e dire: "Al primo posto c'è l'occupazione", oppure dire che esiste quel problema ma, data la responsabilità che abbiamo, non riusciamo ad incidere, vuol dire che abbiamo fallito. Vogliamo parlare di fallimento, oppure è più utile fare uno sforzo tutti insieme per cercare di affinare i nostri interventi proposte e capacità progettuali, per intervenire sulle questioni su cui abbiamo competenza? Poi ci sono le questioni nazionali - per la verità, non è che bisogna nasconderle - ma sulle questioni su cui c'è una competenza specifica dobbiamo ancora fermarci agli slogan? O dobbiamo parlare d'altro? Noto che il nostro confronto è un confronto molto molto generico, che non scende nei particolari. Ancora oggi abbiamo sentito parlare, a proposito di snellimento della Pubblica Amministrazione, della questione dello sportello unico. Ma cosa vuol dire "sportello unico"? Il problema è che il governo, governa; il governo regionale deve dire come la pensa rispetto al problema che abbiamo posto - per la verità, non soltanto adesso, ma diverse volte - a proposito della grande polverizzazione comunale che richiede un minimo di aggregazione. E' da un po' di anni che sollecitiamo continuamente questa questione.
Presidente, lei non può continuare a dire: "Sburocratizziamo". Questo è sicuramente utile per l'economia, ma dopo quattro anni lei non pu continuare a dire: "Sburocratizziamo". Se lei dice, oggi: "Sburocratizziamo", vuol dire che in quattro anni non ha sburocratizzato.
Con un po' di distacco - per la verità non ero molto attento - sentivo la relazione: mi sembrava il compitino di molti Assessori che stavano enunciando il loro programma al momento delle elezioni. Il problema è questo: si enunciano i problemi. Sembra quasi che la Giunta si sia insediata adesso: "Sburocratizziamo, snelliamo, rendiamo la macchina efficiente, facciamo la legge sulla pubblica impresa, troviamo..." - sono quattro anni, ragazzi, che siete lì.
Presidente, ricordo a lei e alla Giunta come questa questione della sburocratizzazione sia diventata un po' una storiella inutile - non raccontatecela. I dati sono noti. Li ripeto perché, secondo me, sono significativi; nel 1995 la Giunta Brizio ha prodotto 5.714 atti deliberativi; la Giunta Ghigo nel 1998, tra delibere e determine - la Legge n. 51 avrebbe dovuto snellire - è arrivata a 17.700: tre volte tanto, con quasi 30 miliardi in più di costo per il personale. Questo vuol dire che avete inceppato la macchina amministrativa. Ci deve essere un po' di serietà in più. Non è che si inventano le cose e si viene qui a dire cose non vere; il problema è che sono stati spesi 30 miliardi in più - la macchina è inceppata - con 17.700, tra delibere e determine. Questo è l'apporto che la Pubblica Amministrazione...
Consigliere Scanderebech, questo è il problema. Capisco le tue esigenze di imprenditore, ma ci troviamo di fronte ad una macchina che ha triplicato la quantità di carte e non può dare risposte.



(Intervento del Consigliere Scanderebech fuori microfono)



SAITTA Antonino

Allora è questo, su questo possiamo dire qualcosa?



SAITTA Antonino

SCANDEREBECH Deodato (fuori microfono)



SAITTA Antonino

E' un problema che dipende dalla Bassanini, è un problema che viene dall'alto.



SAITTA Antonino

No, non è il problema Bassanini. Gli atti deliberativi erano 5 mila adesso sono 17 mila: la burocrazia è aumentata. La Legge n. 51 ha avuto qualche difficoltà, ognuno si fa la sua delibera per cautelare, c'è qualcosa che non funziona, 30 miliardi non si spendono; vuol dire che, in qualche maniera, con il gonfiamento di questo meccanismo burocratico creiamo ostacoli allo sviluppo del sistema economico.
Se nel 1995 il Presidente Ghigo aveva ragione, rispetto a 5 mila delibere, nel dire: "C'è un ostacolo allo sviluppo dell'economia", oggi deve dire come, dopo quattro anni, non c'è più un ostacolo, visto che gli atti sono 17 mila. Questo è un dato evidente, partiamo da qualche dato.
D'altronde questo dato deriva anche da alcuni dati sintetici. Li vogliamo ogni tanto richiamare? 30 miliardi in più di spese per il personale. La Giunta Brizio aveva nel 1995 2.714 miliardi di residui passivi; mentre quella attuale è arrivata a 4.400 miliardi, quasi il doppio. Sappiamo cosa sono i residui, ma questo vuol dire che i 17 mila atti, rispetto ai 5 mila di prima, stanno inceppando la macchina: non si riesce nemmeno a spendere ciò che si è impegnato, c'è qualche difficoltà, questo è realismo. Se la macchina non funziona vuol dire che sono cose inutili, che non verranno mai realizzate, come finora è stato. Ma 2.127 miliardi di avanzo di amministrazione, così come 1.200 miliardi di fondi reimpostati sul capitolo 15.900, sono segni di una difficoltà.
Allora, se non c'è un intervento su queste questioni, le altre questioni e i nostri dibattiti sono inutili, perché non c'è nessuno, anche se ci fosse un progetto o un'idea, in grado di poterli realizzare. Questo è un dato. E' inutile, vuol dire che diamo delle indicazioni. Il Presidente Ghigo può avere una brillante idea all'improvviso, però non c'è nessuno in grado di attuarla, perché la macchina è ferma, la macchina è bloccata.
Non è solo un problema di ostruzionismo - spero che ormai sia chiaro minoranza responsabile o irresponsabile che sia - ma è un vostro problema di fallimento.
Venendo alla questione del patto, noto che c'è anche una confusione: patto, programma, patto regionale per l'occupazione, patto sociale per lo sviluppo; facciamo un minestrone unico in sostanza.
Mi limito a constatare come, innanzitutto, la Giunta ha colto questa opportunità del patto per l'occupazione in grandissimo ritardo.
Presidente, il problema non è soltanto che la Giunta ha rallentato perché si stava firmando il patto nazionale; lei sa perfettamente che nel 1996 il sindacato e le confederazioni sindacali regionali proposero, in tempi non sospetti, un patto per l'occupazione; la stessa proposta venne fatta dall'Unione Industriale e dall'API.
Sono passati ormai tre anni, si comincia a ragionare, ma siamo ancora all'abc, perché ciò che avete firmato (è un problema generale, che riguarda anche il Comune e la Provincia) è generico: così com'è, questa paginetta se non è riempita di contenuti, credo che sia inutile.
Ad ogni modo, in tre anni, la Giunta non ha saputo cogliere la disponibilità del sindacato e degli industriali per fare un patto per lo sviluppo. Tre anni! Allora c'era l'Assessore Masaracchio, poi ci sono stati altri Assessori, ma il non aver colto questa disponibilità è gravissimo.
Non è che il sindacato contestasse la Giunta; il sindacato diceva modestamente, in punta di piedi: "Siamo disponibili a fare un accordo".
Rifiutato! Ma non soltanto, anche l'Unione Industriale era disponibile in tal senso. Rifiutato! L'attenzione era verso questioni eteree: il turismo l'immagine, con risultati, tutto sommato, modesti.



(Intervento fuori microfono del Consigliere Chiezzi)



SAITTA Antonino

MASARACCHIO Antonino (fuori microfono)



SAITTA Antonino

Le ho fatte io le riunioni con i sindacati.



(Intervento del Consigliere Chiezzi fuori microfono)



(Intervento dell'Assessore Masaracchio fuori microfono)



PRESIDENTE

Per favore, il colloquio no. Grazie.



SAITTA Antonino

Ho dimenticato una premessa, per ricordare alla Presidente del Consiglio che la questione Masaracchio e la questione della stampa evidentemente, sono state dimenticate. Ci ritorneremo con determinazione e con maggiori dettagli, rispetto alla vicenda che abbiamo denunciato, sulla quale si fa assolutamente finta di nulla, anzi si assume un atteggiamento quasi di vittima, sottolineando in modo negativo alcuni interventi relativamente alla questione di carattere economico.
Comunque c'è la debolezza che qualunque decisione venga adottata non può essere attuata: la macchina è bloccata.
La debolezza deriva anche dal fatto che manca un progetto che abbia un minimo di significatività sul Piemonte. Il progetto non è la somma di tante idee, magari singolarmente ottime, ma che tutti questi progetti devono essere finalizzati ad un obiettivo dopo una lettura attenta della situazione socio-economica. Collega Scanderebech, il problema è il seguente: tu che hai esperienza di piccola e media impresa, è possibile immaginare, come è stato immaginato - dico immaginato perché non è neppure un programma di sviluppo - che l'attenzione della Giunta regionale del Piemonte, regione prevalentemente industriale, sia tutta "spostata" (come scritto sullo schema di programma) sul terziario e sul turismo! E' possibile che non compaia parola sul settore industriale che definiamo maturo, la Fiat, come se fosse una cosa insignificante? E' possibile che non ci sia un ragionamento sulle ipotesi di trasformazione del settore automobilistico nella Regione Piemonte? E che queste trasformazioni non abbiano effetto sul sistema economico? Ma è possibile che tutto si riduca a stilare piani per il turismo? Certamente importante, ma ci sono delle priorità, l'industria ha un ruolo, crea occupazione, ma anche il terziario, che si è sviluppato e a raggiunto una quota consistente, non è scollegato all'industria. Problema sul quale sono necessarie delle riflessioni.
Anche sul ruolo dell'Area metropolitana di Torino non se n'è più parlato; la contestazione verso il Torino centrista è ormai vecchia e superata.
Ormai le Province si sono organizzate, si sono sviluppate, hanno una propria immagine, indipendentemente dal Piemonte. Come abbiamo ripetuto diverse volte, se una Provincia come Novara per stilare il Piano territoriale guarda la Lombardia; se Alessandria, Asti e Cuneo, assieme carta intestata Comune - guardano alla Liguria, Consigliere Scanderebech bisogna domandarsi quale sia il ruolo della Regione.
Se sulla questione Malpensa, di cui parleremo sabato a Varallo Pomba, i Comuni di quella zona non si sentono protetti dalla Regione Piemonte quindi ha prevalso la posizione della Lombardia - bisogna chiedersi dov'è la forza della Giunta Ghigo. Non dico questo in termini di opposizione, lo dico come invito ad una riflessione più attenta sulle varie questioni.
Torino e la sua area metropolitana sono importanti; non può esserci opposizione perché in Comune c'è Castellani e in Provincia la Bresso.
Questo non è un appunto al Presidente Ghigo, anche perché Ghigo, presta sempre molta attenzione a quanto dice il Presidente della Provincia.
Però la Regione non ha ancora definito qual è il ruolo di Torino e del Piemonte; come non lo hanno ancora definito il Comune e la Provincia di Torino. Non può essere sicuramente il ruolo del passato, di centro dello sviluppo, motore che propaga sviluppo nella Regione Piemonte, ma sicuramente può essere il centro che mette insieme reti, risposte ai problemi che riguardano tutte le Province. Fin quando non viene definito questo ruolo noi possiamo stipulare tutti i Patti di sviluppo, firmare tutti gli accordi possibili, ma se non si individua un ruolo, una strategia complessiva, le nostre risorse non verranno finalizzate a degli obiettivi.
Le risorse vanno finalizzate ad un obiettivo, ad un'immagine del Piemonte questo mi sembra il grande limite delle proposte avanzate anche in questa logica.
Ricordo quando nel '95 si iniziò a discutere della Torino-Lione, allora era Assessore, Masaracchio, della task force, del Gruppo di emergenza perché bisognava trovare l'accordo...quanto tempo è passato inutilmente! Non ci si può esimere dal constatare che il tempo è trascorso inutilmente: per la Torino-Lione siamo al punto di partenza. Il ruolo che doveva essere rivestito dalla Regione sulla Torino-lione - dico questo perché sono anche dispiaciuto del fatto di appartenere ad una istituzione che non ha un ruolo, di conseguenza c'è perdita di autorevolezza da parte di tutti - non ha senso che venga occupato dalla Provincia di Torino che propone delle ipotesi diverse.



GHIGO Enzo, Presidente della Giunta regionale.

Sono già state cassate tutte.



SAITTA Antonino

Lo so, ma almeno c'è l'impegno a trovare una soluzione, una risposta a dei problemi, qui, invece, obiettivamente, non si è fatto nulla.
Concludo l'intervento dicendo che il dibattito sul Patto dello sviluppo è inutile. Non mi pare che la Regione Piemonte a quel tavolo possa portare qualche contributo concreto che non siano soltanto parole. La Regione Piemonte, presentandosi al tavolo concertazione, senza risorse significa svolgere un ruolo scarsamente significante. Non mi resta che ripetere la proposta presentata dal collega Vindigni - per la verità mi sembra anche qui che diciamo delle parole al vento, anche per la disattenzione complessiva da parte dell'aula nell'affrontare questi problemi - noi siamo dell'opinione - lo dicevamo in Commissione - che i 1200 miliardi di fondi reimpostati vadano tutti utilizzati per un Patto per lo sviluppo e non per finanziare spese correnti e tante frivolezze.
E' cosa ridicola che la Regione Piemonte partecipi al tavolo di concertazione con venti miliardi: neppure lo sforzo di pensare a qualche risorsa in più.
Concludo l'intervento con un'amarezza che ormai mi accompagna da un po' di tempo: l'inutilità dei nostri dibattiti. Nel senso che qualche collega con grande senso istituzionale, propone qualche approfondimento serio, ma quando si passa ad approfondire delle cose serie, la disattenzione è completa e totale, pare che la Giunta preferisca un'azione più di carattere ispettivo, di controllo. In qualche maniera ci penseremo. avremo sicuramente dei momenti per poterlo fare.
Presidente Ghigo, il Vicepresidente non dovrebbe stare seduto nei banchi della Giunta, ma tra i banchi del Consiglio.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MINERVINI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Papandrea.



PAPANDREA Rocco

La politica che ha portato al "pacco di Natale", questo Patto per lo sviluppo e l'occupazione non è nuova: è un po' il coronamento, un passo ulteriore di una politica già lungamente sperimentata, che ha avuto una serie di passaggi importanti, che sono - appunto - l'accordo sindacale del '93, poi riconfermato e ampliato nel '96.
Quindi, non siamo di fronte a novità, bensì ad una politica ampiamente collaudata, che fa dei passi avanti, ma non c'è un'innovazione. E questo dovrebbe portarci a fare dei bilanci, a fare delle valutazioni, in quanto questa politica ha alle spalle una serie di assi.
Da questo punto di vista, credo non ci sia una differenza significativa tra il comportamento della Regione e quello del Governo, cioè in Piemonte non c'è un modo diverso di approcciarsi al problema; semmai, vi è un modo ancora più minimalistico di quello dello stesso Governo.
Il Governo interviene con una serie di provvedimenti soprattutto da un punto di vista fiscale e contributivo e poi con una serie di provvedimenti che tendono a sveltire le procedure. La Regione non fa una cosa diversa da una politica di assistenza alla Confindustria, agli industriali e alle parti sociali che hanno fatto questo Patto.
Credo che la prima cosa pericolosa di questo Patto - tra l'altro, la nostra forza forse esce dal coro, è una delle poche che non ne condivide n la filosofia né i contenuti - la si evince in modo preciso, guardando il punto 10) del Patto: "Il Patto sociale per lo sviluppo e l'occupazione disegna un percorso temporale che richiede, in ogni sua fase, il pieno rispetto degli impegni assunti da tutte le parti firmatarie sottoscrivendo il presente Protocollo e gli allegati che ne costituiscono parte integrante.
Spetta al Governo, come garante del Patto, fare in maniera che tale coerenza di comportamento si realizzi per tutta la durata del presente accordo".
Non è un problema solo di Parlamento (anche il Parlamento è stato escluso); qui il problema è che il Governo non fa politica. Il Governo prende i protocolli che le parti sociali hanno firmato e dice "Va bene, ve li faccio applicare"; non fa politica, cioè su problemi fondamentali come la disoccupazione e lo sviluppo si affida alle scelte che fanno gli altri.
E' un vero patto corporativo, un patto corporativo forte che ha il suo centro negli interessi dell'industria (degli industriali e della grande finanza).
Il Governo dice: "Va bene, noi faremo in modo di varare i provvedimenti che vi servono". Credo che questo sia il primo elemento di negatività estrema di questo Patto.
E poi, andiamo ai contenuti, i quali si basano su una serie di elementi a priori.
Lo verifichiamo al punto 4): "Il Governo e le parti sociali ribadiscono l'obiettivo di contenimento dell'inflazione e di controllo del deficit pubblico nel rispetto dei criteri di convergenza determinati dalla partecipazione all'Unione economica e monetaria europea. La riduzione della disoccupazione e la promozione dell'occupazione sono possibili solo in presenza di sane politiche macro-economiche che permettono una crescita non inflazionistica capace di ampliare le opportunità di lavoro".
La logica è che la disoccupazione e la creazione di posti di lavoro non rappresentano una politica in se: sono una politica subordinata. L'economia è malata se abbiamo alti deficit; è malata se abbiamo un'inflazione elevata; non è malata se c'è una disoccupazione elevata. Cioè, la disoccupazione non è un fatto economico, è un fatto assistenziale, che deriva dalle altre politiche.
Ritengo che da questo derivino molti degli errori, perché ad un certo punto c'è una valutazione delle politiche, di cui poi non si tiene conto però, dopo un po' di anni, si dice che "Il ruolo positivo che il Protocollo del 23 luglio 1993 ha avuto all'interno del processo di risanamento dell'economia italiana è ormai ampiamente riconosciuto. Non altrettanto positivo è stato invece il bilancio per quanto riguarda il rilancio delle politiche di sviluppo e di crescita dell'occupazione. E ciò nonostante gli obiettivi dello sviluppo e dell'occupazione fossero stati ritenuti centrali tanto nel Protocollo del 23 luglio '93, quanto nel successivo Patto per il lavoro del settembre '96".
Bene, abbiamo un Protocollo, un Patto che hanno al centro il problema dell'occupazione e dello sviluppo; si dice: "Sono falliti - perché su questo terreno sono falliti - però facciamo finta di niente, andiamo avanti; andiamo avanti lo stesso, facciamo un terzo Patto", che porterà esattamente a quello che hanno portato gli altri: ad un ulteriore fallimento di queste politiche.
La cosa incredibile è che - tra le righe, ma neanche poi tanto - viene affermato che quelle politiche non hanno avuto risultati; anzi, il Presidente, nella sua relazione ci ricordava che rispetto agli elementi di disoccupazione non solo non ha fatto marcia indietro, ma è andato avanti.
E da qui, appunto, viene la nostra opposizione. Quali sono gli atti di questa politica? Sono, da una parte, la speranza (che non è nuova) che attraverso il finanziamento di una serie di grandi opere definite infrastrutture (senza che tutte lo siano realmente) si possa arrivare ad un certo volano occupazionale; dall'altra, ci si affida alle imprese, al mercato, sperando che facendogli aumentare l'accumulazione - viene detto esplicitamente - favorendo l'accumulazione delle imprese, si provochi un rilancio sia dello sviluppo che dell'occupazione.
E' anche vero che ad un certo punto viene detto - ma non voglio appesantire il discorso con troppe citazioni - che gli investimenti non creano necessariamente occupazione; anzi, viene detto che una serie di investimenti ha avuto un effetto opposto. Per cui si dice che, trattandosi di tecnologia, in assenza di un quadro di sviluppo sostenuto e di una serie di politiche di contorno, non vi è occupazione.
Tuttavia, non si fa niente; viene affermato che questi poveri padroni che sono in quelle condizioni disperate che ci ricordava il Consigliere Scanderebech, e che pagano persino le tasse per i lavoratori (non sono neanche più i lavoratori che pagano le tasse, sono direttamente loro) questi poveri padroni, che pure riescono a trovare 102 mila miliardi per fare l'assalto alla Telecom, non trovano finanziamenti. E noi li aiutiamo a trovarli, con misure finanziarie ad hoc, sgravi fiscali, sgravi contributivi, affinché ne trovino di più: non trovano 130 miliardi per rilanciare un'azienda che dà 1.200 posti di lavoro.
I 102 mila miliardi serviranno a distruggere posti di lavoro, perché se va in porto un'operazione del genere ci sarà lo smantellamento della Telecom; però, c'è il coraggio di affermare che mancano i capitali, mentre chiunque legga le cronache dei giornali si accorge che di capitali ce n'è molti, ma vengono usati per operazioni finanziarie speculative, e non per investimenti. E là dove vengono investiti in modo insufficiente, proprio per le ragioni che ricordavo prima, non creano occupazione, ma ne favoriscono piuttosto la distruzione.
Un secondo aspetto. I padroni, oltre a chiedere meno tasse... Tra l'altro il Consigliere Gallarini ricordava che gli investimenti vengono vincolato alla riduzione delle tasse e al fatto che si combatta l'evasione fiscale. Però, ad un'analisi più attenta, quando si parla delle parti contributive e della riduzione delle tasse si individuano due parti.
Una parte, che va alle imprese, è certa, non è vincolata a nulla; sia la riduzione dei contributi che quella delle tasse per le imprese è certa e si dice "In 10 anni si deve arrivare al 10% in meno, passare dal 37% al 27%, un 1% in meno all'anno".
Invece, la parte riguardante i lavoratori e i contribuenti più in generale, ma i lavoratori soprattutto, viene vincolata alla lotta all'evasione fiscale. Cioè, i lavoratori che non hanno possibilità di sfuggire al fisco, perché hanno le trattenute direttamente in busta paga a cura del datore di lavoro, vengono subordinati alla lotta all'evasione. Le categorie che in qualche modo sono più coinvolte nel fenomeno dell'evasione e invece hanno il "regalo" gratuito, senza contropartite. La logica fasulla è che attraverso questo lavoro avranno più capitali da investire e rilanceranno l'occupazione.
L'altro aspetto da sottolineare è la politica devastante per quanto riguarda l'ambiente.
Questa non è la strada da percorrere, perché la distruzione delle regole della flessibilità del mercato del lavoro crea una serie di problemi. Non ho intenzione di fare un intervento di venti minuti, quindi non c'è il tempo per approfondire il rapporto tra le politiche formative e di flessibilità del mercato del lavoro, come sia difficile conciliare una formazione seria con il fatto che sei destinato a cambiare lavoro ogni sei mesi perché il mercato del lavoro te lo impone! Al di là di questi aspetti abbiamo una politica di flessibilizzazione crescente; nelle aziende piemontesi ormai assumono solo attraverso questi strumenti, fino a poco tempo fa ci garantivano che attraverso la flessibilizzazione si sarebbe ottenuto un aumento dell'occupazione. Dai dati che ricordava il Presidente la flessibilità si è generalizzata, la disoccupazione è rimasta al palo, se non ulteriormente cresciuta. Qui invece vengono riproposte queste politiche.
Noi crediamo che occorrerebbe realmente una svolta, occorre realmente rovesciare l'impostazione; noi pensiamo a un rilancio dei consumi. In questi anni nel nostro Paese si è avuta un'enorme riduzione della ricchezza destinata al lavoro a vantaggio di quella destinata ai profitti, quasi del 15%. Noi pensiamo che si debba rovesciare. Parliamo spesso dell'Europa, ne parliamo spesso quando diciamo che si pagano troppi contributi, ma il costo del lavoro nel nostro paese è sicuramente uno dei più bassi. E' vero che la percentuale che paghiamo di tasse è elevata, ma il costo del lavoro globale è molto più basso. Nel nostro paese non si riesce, nonostante il patto sociale, a fare il contratto dei metalmeccanici che chiedono 80.000 lire al mese per due anni, lorde, quindi parliamo di meno di 50.000 lire nette, un caffè al giorno; ebbene, i metalmeccanici tedeschi, che sono molti di più e tra l'altro le loro aziende sono più competitive, hanno ottenuto degli aumenti salariali più che tripli. Questo nonostante siamo tutti quanti in Europa e abbiamo tutti quanti criteri di convergenza; loro hanno degli accordi che portano a casa salari nettamente più alti, nonostante lavorino 35 ore e anche meno.
Il fatto che lavorino 35 ore fa sì che l'occupazione, nel campo dell'industria automobilistica o nel campo dell'industria metalmeccanica sia molto più alta: quasi 800.000 lavorano nell'industria automobilistica guardate l'Italia e fate il paragone.
Noi pensiamo una politica diversa che faccia esattamente leva sul rilancio dei consumi, su un maggior controllo sul mondo del lavoro tendiamo quindi a valorizzare il lavoro dal punto di vista dei lavoratori del loro guadagno, delle garanzie nei loro confronti, perché a gente di 40 anni non si possono proporre forme di contratto come se fossero dei giovani da inserire nel mondo del lavoro! Proponiamo una politica che riduca l'uso di strumenti di flessibilità anche per permettere di potersi programmare la vita e avere una possibilità di investire sul proprio futuro; un controllo e una riduzione degli orari facendo degli investimenti; questo governo purtroppo ha abbandonato quegli obiettivi. Invece di dare migliaia di miliardi alle imprese noi chiediamo che questi soldi vengano investiti per aiutare una politica di questo genere che porterebbe (se c'è un controllo degli orari) sicuramente nella media e grande impresa ad aumentare l'occupazione.
Per quanto riguarda la piccola impresa io credo che si possa arrivare a delle forme più graduali e anche più aiutate, con contributi da parte dello Stato, per fare quel tipo di politica; una politica che pensi alle grandi infrastrutture, che non sono però delle grandi opere. Sono delle opere che hanno come obiettivo la salvaguardia dell'ambiente e del territorio pensiamo alla gestione delle acque, che è una risorsa sempre più rara: se fatta in modo diverso (così come quella dei rifiuti), se si investe massicciamente, così come si vuole investire sulla Torino-Lione, pu portare occupazione, miglioramento della qualità della vita e un miglioramento dell'ambiente in cui viviamo. Il nostro territorio è estremamente bisognoso di opere di infrastrutture, in modo diffuso, perch queste avrebbero delle ricadute occupazionali.
Credo che questo migliorerebbe la qualità dell'ambiente, renderebbe anche più competitivo in qualche modo l'ambiente in cui viviamo, perch offrirebbe una qualità della vita superiore e porterebbe anche, obiettivo importante, un aumento dell'occupazione. Però, ripeto, tutto questo nel Patto di sviluppo non si trova.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Spagnuolo.



SPAGNUOLO Carla

Un brevissimo intervento. Non vi è dubbio che nel disinteresse generale, che è palese, si discute una questione che potrebbe essere importante, ma che ha raccolto nell'aula di oggi distrazione, scarsa attenzione. Abbiamo la sensazione che intorno a una questione importante si sia consumato un rito quasi inutile.
La giornata di oggi può essere considerata, da parte della Giunta, una sorta di pausa e io comprendo molto bene che la Giunta in qualche modo possa essere anche soddisfatta, nel senso che è stata una giornata nella quale gli Assessori intervenuti hanno illustrato un programma di interventi. La preoccupazione che desidero esprimere è come questo programma, più che di interventi, di intenti, meritevole per carità, possa poi essere realizzato. Presidente, io penso che lei abbia colto che questo dibattito non interessa nessuno. Tutti parlano perché è un dibattito che non interessa; poi ci saranno gli interventi che seguono la mia brutalità di esprimermi, che diranno che invece si è tratto un grandissimo contributo alla crescita culturale, amministrativa e politica, ma sappiamo già che è una pausa.
La Giunta ha avuto la possibilità di dire che una serie di interventi potranno essere fatti, ma siamo a livello di enunciazioni. Non credo che un Consiglio regionale si possa fermare a livello di enunciazioni, anche se contraddittorie per la verità; alcuni colleghi hanno messo in evidenza le contraddizioni. Mi chiedo come questo dibattito possa concludersi, perch se è vero che noi veniamo da una fase di attività consiliare nella quale sono state messe fortemente in discussione delle questioni particolari, e una parte del Consiglio - certamente la maggioranza - ha accusato una parte delle opposizioni di muoversi in una logica troppo parziale o per certi versi accusatoria, quindi la Giunta non può non preferire questo tipo di Consigli, dobbiamo stare attenti a questo tipo di Consigli perché non siano totalmente inutili. Per quello che ho potuto ascoltare, al di là di un arricchimento personale, gran parte degli interventi hanno sviluppato, con una ampiezza di argomentazioni, tutta una serie di analisi sufficientemente fondate.
Credo che se non ci esprimiamo intorno ad un progetto, diventa difficile poter stare in quest'aula senza quella sensazione di mancanza di ruolo che, peraltro, ci incalza di continuo.
Nell'ultimo Consiglio abbiamo sviluppato un dibattito sulla Olivetti e sull'OP Computer, su quel tipo di problematiche che attengono proprio all'occupazione e al lavoro. In quella circostanza, chi è intervenuto ha posto in evidenza il problema dell'incisività dell'azione della Regione Piemonte, anche a livello nazionale, sui grandi temi dello sviluppo, dove la nostra Regione rischia di andare indietro. Le analisi sono state fatte.
Ringrazio i colleghi che sono intervenuti e che hanno concorso a portare un maggior livello di approfondimento, ma adesso si tratta di vedere, rispetto ad alcune progettualità, come possiamo intervenire. Si tratta di verificare come la Giunta regionale, concretamente, passi da alcune enunciazioni ad una elaborazione progettuale, e come quest'ultima si possa raccordare con il Piano regionale di sviluppo e con il bilancio.
Non mi sembra che il bilancio possa in qualche modo considerarsi conclusi, e non tanto per gli emendamenti che potevano essere apportati e che alcuni gruppi avevano, peraltro, presentato e che avrebbero decisamente modificato il bilancio in funzione dell'occupazione, dello sviluppo, della formazione e del sostegno alle piccole e medie industrie, cioè in funzione di attività essenziali per la nostra Regione. Quando parlo di sviluppo penso ai comparti dell'agricoltura, al turismo, ad una saggia, equilibrata e programmata liberalizzazione del commercio; insomma, a tutta una serie di interventi che possono e devono essere visti come le diverse facce del sostegno ai settori che possono produrre sviluppo.
Non mi sembra che nel bilancio vi fosse alcuna traccia dell'attuazione di questi interventi. Non vorrei che la Regione restasse in qualche modo spettatrice. La scorsa settimana abbiamo ascoltato un dibattito importante.
Penso alla tematica dell'ambiente, dove vi sono delle programmazioni ed esistono già dei piani approvati, ma esistono anche legislazioni nazionali che danno invece precedenza ad altri tipi di interventi e che ci passano sulla testa.
Dobbiamo stare attenti a che il nostro non sia soltanto un ruolo di rimorchio perché, indubbiamente, questa politica nazionale dei Patti per lo sviluppo è certamente positiva, però dobbiamo evitare di dribblare tra l'essere a rimorchio e l'inutilità della nostra azione di governo. E' chiaro che di questo si sta discutendo da questa mattina e quindi si pu scontare un po' di stanchezza, ma quello che mi permetterei di dire e raccomandare al Presidente della Giunta e agli Assessori è di cercare di essere un po' più operativi. operatività.
Non credo che si andrà in questa direzione in quanto ho la sensazione che ci siamo accodati ad iniziative di carattere nazionale, locale provinciale o comunale, senza però caratterizzare queste azioni da una nostra impronta di governo in quanto Regione Piemonte. Restano aperti grandi questioni di natura politica, delle quali oggi non parliamo, ma di cui il collega Saitta ha accennato prima, come quella della ferita, o del vulnus, come lo definisce il collega Riba, ancora aperto fra la Giunta regionale e il Consiglio, in merito alla Vicepresidenza della Giunta regionale: questione importantissima. Spero che se ne parlerà domani perché altre possono sembrare questioni più modeste, ma sono molto significative. Ad esempio, le questioni di carattere culturale: l'asta che si sta organizzando nelle prossime settimane a Londra, che vede la presenza dei più importanti arredi di Venaria Reale, le questioni che riguardano i castelli del Piemonte e così via.
Vorrei che le nostre azioni non fossero viziate o per troppa genericità è certamente un rischio insito a questo tipo di dibattito - oppure per un ritardo, nel senso che rincorriamo delle situazioni e non siamo in grado di anticiparle e di gestirle, anche se segnalate. Anche noi, oltre ai colleghi del Gruppi Comunista, abbiamo scritto una lettera all'Assessore Leo e al Presidente della Giunta regionale per segnalare questa questione. Ne parlavo prima al Presidente della Giunta regionale, che mi ha detto che non aveva visto tale lettera. Su questo voglio dire che bisogna stare attenti perché a volte si è rimproverati di fare una iniziativa e di pubblicizzarla subito attraverso i giornali, però questo ha un riscontro positivo, nel senso che i comunicati stampa vengono immediatamente letti. Se mandi una lettera, anche per posta interna, ad un Assessore o al Presidente della Giunta, dopo una settimana non l'ha ancora vista e ne richiede un fax o una copia! Bisogna proprio fare, in certe circostanze - visto che è una questione molto importante e significativa, e che può comportare una perdita di ruolo da parte della Regione, da parte dell'ente pubblico, del Ministero e delle Soprintendenze - un'interrogazione, o mandare tutto ai giornali, o mandare due-tre lettere al Presidente della Giunta e all'Assessore competente? L'Assessore Leo ha detto che ha ricevuto la comunicazione, mentre il Presidente della Giunta non ha visto ancora niente. Oltre a questo chiederei alla Presidente se può verificare, con il Presidente Deorsola quando si farà il dibattito in ordine alla questione dell'asta dei beni della collezione Rossi, tanto per avere un'idea di come organizziamo i nostri lavori domani.
Ho fatto questo appunto per ricordare che in alcuni casi è opportuno che ci sia un tipo di opposizione che vuole, in maniera molto serrata andare a fondo su questioni specifiche. Da alcuni questo può essere considerato negativamente, ma altrettanto non positivo possiamo considerare un dibattito che si limita ad una stanca genericità e ad una serie di interventi di umanità varia belli, interessanti e che ci arricchiscono, ma non credo che il Piemonte abbia eletto sessanta Consiglieri regionali affinché si scambino, scambiarsi in un'aula e per un'intera giornata opinioni di natura estremamente generica, anche se indubbiamente molto interessanti.
La nostra valutazione seguirà anche alle conclusioni, se ci saranno, da parte del Presidente della Giunta regionale, perché evidentemente gli Assessori non hanno fatto degli interventi, seppure interessanti, che per potessero portare a conclusioni di settore. Non è questo il punto, ma capire come si può sviluppare l'azione di raccordo con gli altri enti locali e quali priorità (all'interno di questa sigla, che abbiamo visto, di un documento per sua natura assolutamente generico) ci possiamo dare modificando, eventualmente anche in sede di riassetto, il bilancio e raccordandoci con il piano di sviluppo. Altrimenti sono tre discorsi, tutti e tre belli e interessanti, ma che, non legandosi tra loro, non hanno operatività e non hanno gambe di governo.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliera.
La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie, Presidente.
Viviamo in Piemonte - ma non solo - in Italia, nella stessa Europa, un momento molto difficile dal punto di vista economico e sociale. Sappiamo che in Italia le previsioni, introdotte nel documento di programmazione sono state purtroppo disattese - e non di poco.
Un prodotto interno lordo che doveva incrementarsi di circa il 2,5%, è quasi un punto al di sotto della previsione, creando una situazione difficile sotto il profilo economico e anche occupazionale. Questa diminuzione del prodotto interno lordo a livello nazionale si accompagna ad un altro dato molto preoccupante, quello relativo alle esportazioni.
L'Italia, anche nelle esportazioni, ha un decremento, che è molto preoccupante per un Paese come il nostro, che è in grado di produrre quindi può incrementare la propria produzione, acquistando le materie prime dall'estero, perché non siamo un Paese di materie prime. Quindi l'economia che deriva da valori acquisiti attraverso le esportazioni è un dato di fatto assolutamente necessario per la nostra economia.
Nel Piemonte il dato delle esportazioni è piuttosto stabile; però le nostre esportazioni sono anche caratterizzate dalla presenza di prodotti maturi, cioè prodotti che, derivando da tecniche molto mature, sono facilmente copiabili da altri, soprattutto dai paesi in via di sviluppo.
Purtroppo siamo esportatori in settori che saranno attaccati - con facilità con prodotti a prezzi maggiormente competitivi, provenienti da paesi che non dispongono di altre tecnologie.
Questo è un altro elemento di preoccupazione, che si unisce al fatto che, nei settori tecnologicamente di punta, le industrie italiane producono per lo più su brevetti stranieri. L'Italia non è più il Paese dei brevetti: costruiamo in settori avanzati, con tecnologie, pagando brevetti stranieri.
Questa è una situazione appesantita e preoccupante; se pensiamo che tutta l'industria chimica, ormai, come quella farmaceutica, tranne un'azienda, è in mani straniere - la chimica non è più italiana, si produce qui, ma su brevetti e proprietà straniere - ne nasce un panorama nazionale anche piemontese, di enorme preoccupazione.
Andiamo male rispetto al resto dell'Europa anche dal punto di vista della scolarità e della qualificazione della nostra forza lavoro, del numero di laureati, del numero di allievi che completano le scuole superiori.
Ho fatto solo questo rapidissimo cenno per dire che il Patto per lo sviluppo è il tentativo di rispondere ad una congiuntura molto difficile.
Ora, per la lettura che può dare un gruppo come il nostro, che si riferisce ad una forza politica che sta cercando di organizzare un Partito Comunista seguendo tragitti che i Comunisti in Italia hanno percorso questo momento viene letto come una situazione determinata da una crisi dell'attuale metodo di produzione, che ormai, a livello mondiale, è "il modo di produzione", nel senso che a livello globale siamo all'interno del modo di produzione capitalistico.
Noi denunciamo che, a fronte di questo sviluppo del modo di produzione capitalististico, è entrato stabilmente - purtroppo stabilmente - in crisi il rapporto tra economia e lavoro. L'economia può anche tirare, può anche non peggiorare, ma, insieme al prodotto interno lordo, entro limiti già apprezzabili di incremento, non si generano posti di lavoro.
Questo, per il nostro gruppo e il partito a cui vogliamo riferirci, è un elemento di analisi e di critica. E' anche un elemento di convinzione per perseguire un'analisi, una critica, a questo modello, per non dare per scontato che l'umanità debba crescere all'interno di un sistema capitalistico che, per noi, rimane un sistema da criticare e da superare.
Il Patto che ha firmato la Regione sta all'interno del Patto nazionale: cosa si può dire? La cosa che mi viene da dire, avendo sentito la relazione del Presidente Ghigo e dei suoi Assessori, è questa: spero che questa Regione non ostacoli troppo il piano per lo sviluppo. Non mi è sembrato di trovarmi di fronte ad una Regione che, in presenza di una proposta, intervenisse con proprie idee; mi è sembrata una Regione che stesse svolgendo un ruolo di comparsa. Ad un certo punto ho avuto l'impressione che i progetti sufficienti, buoni o insufficienti - che ci sono stati illustrati siano progetti proposti, progettati ed analizzati da chi governa lo Stato (D'Alema e i suoi ministri). Sono progetti che sono stati proposti progettati ed analizzati dalla Presidente della Provincia di Torino Bresso, e da tutti i Presidenti delle Province, che hanno progetti in atto.
Sono progetti fatti, proposti ed analizzati dal Sindaco di Torino. Ma i progetti regionali dove sono? Se vedete il Patto di sviluppo e i suoi contenuti, vedrete che sono costituiti da progetti di altre istituzioni. La Regione Piemonte sta lì.
Cosa vuoi dire di male ad un Presidente Ghigo, che racconta quel che propone D'Alema, Castellani, Bresso e gli altri Presidenti di Provincia? Cosa vuoi dirgli? Gli puoi dire: "Cerca di non ostacolare quel poco che si è riusciti a fare, quel tanto che si è riusciti a progettare".
Speriamo, come Gruppo, che la Regione non faccia fare brutte figure a nessuno; non pretendiamo che la Regione diventi, con questo Patto, un punto di riferimento forte. Il fatto che ci si riunisca in Prefettura è una piccola cosa, però è anche un segnale che la Regione non esiste, perché un Patto regionale di sviluppo si firma in Regione. Il Sindaco di Torino e i Presidenti delle Province sarebbero, secondo il mio punto di vista, ben lieti di andare a firmare in Regione un patto per lo sviluppo, piuttosto che da un Prefetto. Certo, purché la Regione abbia delle idee da proporre e le idee la Regione non le ha, perché non le ha mai volute nemmeno progettare. In fondo ha ben teorizzato, e Burzi è l'aedo di questa teoria: il pubblico meno pensa meno danni crea, l'economia e i progetti di sviluppo devono appartenere ai privati, il pubblico deve ritrarsi e lasciare spazi delineando solo piccole cose, meglio se distruttive.
Da questo punto di vista non c'è un piano regionale di sviluppo, non c'è un'idea ben delineata. Per farla breve. Come gruppo cosa possiamo suggerire, osservare, soprattutto noi del centro-sinistra, campo in cui riteniamo di posizionarci in modo strategico? Come dialogare con una maggioranza che si muove in un'altra strada e che vive oggi una giornata tuttosommato, tranquilla? Che ragionamenti fare in vista dell'alternativa che per il duemila occorre costruire, non solo a livello di volontà e schieramenti ma anche di contributi? Le riflessioni che noi possiamo offrire agli amici e compagni del centro sinistra sono le seguenti. Primo: questo è un patto sullo sviluppo che arriva sull'onda lunga di un progetto basato sulle grandi infrastrutture di comunicazione. Noi chiederemmo che il concetto di investimento in grande infrastrutture venga diversamente collocato all'interno della nostra economia. Non vogliamo negare il riferimento al prodotto interno lordo, anche se il prodotto interno lordo da tempo avrebbe potuto essere diversamente conteggiato. Anche il prodotto interno lordo non è la Bibbia, è solo un modo di calcolare la ricchezza prodotta, modo da noi (e non solo da noi) criticato. Quando si vedono gli inquinamenti ambientali a livello planetario, facendo un calcolo del prodotto interno lordo comprensivo dei danni che la produzione arreca all'ambiente (sempre trascurati), ci si rende conto che, tutti quanti siamo tenuti a fare dei conti diversi della ricchezza prodotta. Occorre calcolare la ricchezza prodotta sommandola, però, a quella distrutta. Sulla revisione dei contenuti del prodotto interno lordo è in corso un dibattito a livello mondiale. Sottolineo il fatto che la forza politica cui appartengo non prende come oro colato questo modo di governare e di rapportarsi con la ricchezza, al contrario, lo ritiene un modo insufficiente.
Torniamo alla nostra proposta, rivolta soprattutto a coloro che parlano tanto del PIL. A prescindere dal modo in cui viene oggi conteggiato, il PIL dove nasce, dove lo si produce? Su questa nostra madre terra. Il PIL non nasce chissà dove, nasce sulla nostra madre terra. La nostra madre terra piemontese, sulla quale le economie pubbliche e private costruiscono i propri PIL, riteniamo sia la infrastruttura primaria, la madre di tutte le infrastrutture, per la quale noi chiediamo si utilizzino e investano notevolissime risorse. Una madre terra sicura vuol dire assicurarsi la possibilità di avere un PIL di qualità e quantità migliori. Quanti danni al PIL produce un suolo insicuro? Il nostro, quello italiano e piemontese, è già un suolo insicuro di per se. Il Piemonte, presentando una situazione morfologica accidentata, deve affrontare già di per se, da un punto di vista naturale, una situazione insicura: un terzo, o forse la metà dell'intero suolo piemontese, è sotto il vincolo idrogeologico. Tale vincolo tiene conto del fatto che le montagne stanno andando giù ormai da milioni di anni e così continueranno a fare per altrettanti. Non solo.
Oltre al fattore evolutivo naturale bisogna tener presente l'intervento dell'uomo, considerare gli insediamenti urbani, il sistema economico produttivo. Tutti questi fattori hanno aggiunto ad una situazione già instabile ulteriori insicurezze.
Volendo aumentare il nostro PIL, come gruppo sosteniamo sia necessario investire in questa infrastruttura fondamentale, quindi avere un suolo sicuro, pulito, acqua altrettanto sicura e pulita.
Seconda proposta. Il problema del lavoro è un problema di fronte al quale nessuno si sofferma per affrontarlo in tutta la sua gravità. Eppure se si vogliono avere risultati a breve nella risoluzione di questo problema, poche sono le strade da intraprendere. Possiamo suggerirne una.
Volendo raggiungere dei risultati immediati per la nostra generazione di giovani, per i nostri figli, o per i nostri lavoratori di cinquant'anni che hanno perso il lavoro ma che ancora vogliono lavorare, volendo dare a tutti loro una prospettiva di lavoro immediata e mantenerla per un certo numero di anni, penso non ci siano tante strade da seguire se non decidere di impiegare risorse pubbliche per la creazione di nuova occupazione. Non vedo altre strade utili. Le altre strade citate possono forse in questa situazione spingere il PIL a non portare ulteriori decrementi di occupazione, ma l'esperienza di questi anni di tutti i paesi d'Europa mi porta ad affermare che con quelle misure si gestisce una situazione in continuo peggioramento dal punto di vista dei rapporti economici, sociali e della stessa democrazia. La proposta che fa il mio Gruppo, peraltro già avanzata in fase di bilancio, è dunque questa.
Se un grosso riferimento primario di infrastruttura su cui investire deve essere la madre terra, chiediamo che la Regione Piemonte (avremmo detto lo stesso in un governo alternativo, in un'alleanza), si presenti al Patto regionale sullo sviluppo con un decisione politica di investimento di ottocento miliardi in mutui destinati a creare lavoro pubblico immediato.
Tale investimento è anche sostenuto da progetti che la Regione ha già perché, collega Gallarini, mi dicono che la Regione ha circa ottocento miliardi di progetti "pronti", legati al programma del riassetto, della manutenzione fluviale, della rete irrigua etc. Ci sono ottocento miliardi da spendere per lavori ad alta intensità di manodopera. La nostra intende essere una proposta, certo non una soluzione insindacabile. Poiché in questo dibattito ci si propone tutti di individuare delle alternative anche tra colleghi (mi rivolgo a Riba, Spagnuolo, Saitta, Papandrea), la nostra proposta potrebbe essere, riflettendoci tutti assieme un'alternativa per un impegno concreto, che renda visibile la possibilità che la Regione conti, trasformi e dia un impulso al patto sullo sviluppo che ha le caratteristiche che sappiamo. Una proposta dunque, la nostra, per una Regione che concretamente accetti di misurarsi con il raggiungimento programmatico di risultati precisi, in ordine alla creazione di nuovi posti di lavoro che, probabilmente, o vengono realizzati attraverso immediato interessamento pubblico oppure non ci saranno, con tutti i problemi di crisi di tenuta sociale-democratica che l'attuale situazione, non solo a livello piemontese, ma a livello di tutta l'Italia e forse anche dell'Europa, purtroppo presenta.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DEORSOLA


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 4) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Bellingeri, Dutto, Farassino Ferrero, Griffini, Gatto e Rossi.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Comunicazione della Giunta regionale su "Patto per lo Sviluppo" ed esame ordini del giorno n. 936, 937 e 938 (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo il dibattito sul "Patto per lo Sviluppo, di cui al punto 5) all'o.d.g..
La parola al Consigliere Ghiglia.



GHIGLIA Agostino

Ringrazio il Presidente della Giunta e gli Assessori che sono intervenuti per l'ampia relazione fatta questa mattina e per aver aderito alla richiesta, soprattutto dei Democratici di Sinistra, di dedicare una seduta al Patto Sociale.
Devo dire, tuttavia, che noi non crediamo molto ai patti; i patti troppo spesso - e anche questo Patto sociale; per esempio, quello nazionale è già in parte fallito, ma ci arriviamo tra poco - non sono che una delle dimostrazioni che spesso le buone intenzioni (poi anche sul buono ci ritorniamo un attimo) sono difficilmente applicabili e richiederebbero minori contraddizioni interne a livello di Governo; richiederebbero non solo la sottolineatura di problemi esistenti, ma anche delle vie di soluzione che il Patto sociale non individua assolutamente.
I veri nodi non vengono toccati; ci sono sicuramente dei fatti positivi poi magari scenderò brevemente, per quella che è la mia modesta competenza, nel dettaglio - ma ci sono altre parti che sono assolutamente vaghe, inconcludenti e non vanno - guarda caso - a toccare quei temi politici che poi sono quelli che dividono, che la maggioranza di Governo tenta di rimuovere, non affronta e sposta nel tempo, sperando forse che si risolvano da soli.
Io, tanto per non fare il fazioso, cito.
Il segretario confederale della CGIL nazionale, Walter Cerfeda: "L'economia va male; non c'è una strategia industriale da parte delle imprese e, nello stesso tempo, ci troviamo di fronte ad un silenzio del Ministero dell'Industria che rischia di diventare latitanza" (segretario confederale della CGIL).
Ed inoltre: "E' un risultato molto negativo" (si parla del famoso PIL che rispetto alla madreterra, secondo qualcuno, ha poca importanza), gli fa eco il segretario della UIL. "I dati confermano - ha precisato sempre il segretario confederale della UIL, Paolo Pierani - la fase di stagnazione dello sviluppo e le spese destinate allo sviluppo. Appare sempre più grave il ritardo del Governo nel tradurre in provvedimenti concreti gli impegni assunti con il Patto sociale".
Per la CISL, invece "i dati sono preoccupanti e confermano l'esigenza di accelerare l'applicazione del Patto di Natale".
Ho citato i sindacati, altrimenti poteva sembrare il solito gioco delle parti di chi, dalla Regione Piemonte, essendo in maggioranza con il centro destra, cerca di scaricare le responsabilità sul centro sinistra che governa lo Stato.
Lo dicono i sindacati.



SPAGNUOLO Carla

Tecnica peraltro collaudata.



GHIGLIA Agostino

Tecnica peraltro collaudata; casualmente, però, ha anche la sua efficacia, soprattutto quando trova dei riscontri di questo peso, così incontestabili. Anzi, di più: quando trova dei riscontri in quelli che guarda caso - sono stati tra i firmatari del cosiddetto Patto di Natale già trasformatosi nel "Pacco di Natale", con una facile battuta, magari, ma che nasconde però un realtà oggettiva.
Io, poi, potrei dire tragica, potrei dire anche inquietante, ma sicuramente oggettiva. La realtà è che i governanti e i sindacati, che hanno firmato il Patto di Natale, gli uni - i governanti - hanno "ciccato" brutalmente le cifre per quanto riguarda la ricchezza del Paese: siamo il fanalino di coda dell'Europa, abbiamo ottenuto dei risultati che sono circa la metà di quelli preventivati.
Quindi, quale credibilità hanno questi governanti, che hanno contribuito a stendere il Patto sociale, nel momento in cui - consentitemi di usare un termine un po' colorito - hanno "inciuccato" completamente le quote e siamo di nuovo ai margini dell'Europa? Il Pacco di Natale, non il Patto di Natale! Gli altri, i sindacati, che hanno firmato il Patto, già protestano (sono passati due mesi!), dicono che il Governo è immobile, che manca la politica industriale, che l'economia ristagna, ma d'altra parte...
"L'economia frena: '98 peggio del previsto", lo dice un giornale notoriamente di estrema destra quale La Stampa, ma anche i titoli di Repubblica non cambiano di molto, ed è spaventoso il fallimento del Governo rispetto alle stime.
Non solo; si aggiunge anche la beffa sulla presunta diminuzione delle imposte.
Dice il Ministro Visco: "Sono diminuite le imposte". Sì, ma sono aumentate le tasse. Cerchiamo di evitare almeno, visto che poi sarà smentito domani, di ingenerare confusione. Sono diminuite le imposte, sono aumentate le tasse a livello locale, in tutti i Comuni: ICI, tassa raccolta rifiuti (che aumenta dal 25 al 50%) e tutte le tasse di competenza comunale. "Diminuita la pressione fiscale". E' inutile diminuire la diretta, se si aumenta l'indiretta; ma i ragionamenti possono essere tanti.
Quindi questo Patto, di fatto, se non è morto, è già moribondo, perch sono sbagliati i presupposti sui quali è stato firmato.
Questi patti si fanno sulla base di presupposti economici, non si fanno o non si dovrebbero fare sulla base dei presupposti ideologici, quindi questo è già un mezzo fallimento.
E poi c'è il dato politico, che non è di poco conto. La flessibilità del lavoro: nel Patto si parla lungamente, in maniera approfondita, anche in parte condivisibile, di formazione, ma non si tocca il vero nodo, che è la flessibilità del lavoro, perché si sa benissimo che in tema di flessibilità il Governo è diviso.
Si parla sottovoce di 35 ore, perché la vuole qualche comunista e la vogliono meno gli industriali. Quindi questo è un Patto... E' un patto: abbiamo fatto il Patto sociale! Se è per questo, pure i Socialisti europei vogliono creare 10 milioni di posti di lavoro. Noi ne vogliamo 15! Come dire: le buone intenzioni o le intenzioni...
Poi ci sono le firme condivise: le categorie firmano qualsiasi cosa poi la smentiscono anche il giorno dopo. Gli industriali firmano il Patto oggi Fossa è fuori dalla grazia di Dio vedendo i dati economici probabilmente oggi non firmerebbe più: aprirebbe altri tavoli.
E' per questi motivi che noi abbiamo difficoltà a credere nei patti nei tavoli, in queste cose che sanno molto di fumo e sono molto poco in termini di sostanza.
La scelta concertativa che sta alla base del Patto. Il Patto sociale nazionale si dilunga sull'apologia della concertazione. Quasi che in Italia la concertazione fosse una novità! Se non concertavi con i sindacati ti "beccavi" lo sciopero generale, se concerti con i sindacati ti "becchi" lo stesso uno sciopero generale, caso mai non riuscissi a trovare l'accordo.
La scelta concertativa può essere o può diventare una scelta consociativa, non è fondamentale. Io poi lo leggo, ovviamente, per quanto riguarda la mia parte politica: servono i colloqui con le categorie (sono indispensabili), con le forze sociali, persino con i sindacati. La concertazione, però, rischia di essere l'elemento veramente frenante della politica e delle decisioni di un governo, soprattutto quando e se un governo rimuove, proprio in tema di concertazione, o toglie dai tavoli della concertazione; firmare perché si vuole più lavoro, più formazione più specializzazione, più cultura, perché si vuole un livello maggiore di scolarità, siamo tutti d'accordo, che problema c'è! Chi è che vuole più disoccupazione, meno scolarità, meno formazione! Però, perché non parliamo di quello che dice Cofferati: "La flessibilità non crea lavoro"; quello della flessibilità è un tema fondamentale, che uno dei contraenti del Patto sociale porta come elemento bandiera della propria azione, in un insieme di elementi così importanti, così vicini e così consociativi con il governo nazionale del centro-sinistra: però Cofferati non la vuole. Questi sono i nodi veri della creazione di posti di lavoro. "La fondazione per la formazione" chissà cosa è, chissà cosa vuol dire. In termini concreti cosa cambia? In tutti i Paesi industrializzati la flessibilità del mondo del lavoro è l'elemento di creazione di lavoro e di ricchezza: questo è il nodo. In Germania, dove magari i metalmeccanici riescono ad ottenere il triplo di stipendio, c'è questa flessibilità, non solo, ma la Germania è stata la capofila delle 35 ore e stanno tornando tutti indietro. Questo lo dice il Sole 24 Ore, Milano Finanza, la Repubblica, basta leggere le pagine economiche, anche da semplice profano: si è rivelato un fallimento e questo è un altro nodo.
Però questi nodi il Patto sociale, ovviamente, non li può affrontare perché sono gli elementi veri, ma sono quelli che creano contraddizione fibrillazione, divisione all'interno della compagine di governo e quindi vengono rimossi. Non c'è una vera critica dell'eccesso contributivo, in Italia: "Punto 34. Tanto il lavoro, quanto le imprese, scontano le conseguenze negative dei vincoli derivanti da un carico contributivo complesso", non eccessivo, complesso. Poi c'è la prospettiva neanche di diminuire: "La riduzione degli oneri sulle retribuzioni richiede che si prenda in considerazione una riduzione del carico contributivo equivalente in tutti i settori dell'economia; in particolare il governo e le parti sociali firmatarie concordano sull'opportunità che con la necessaria gradualità...", cioè il giorno di "San mai", andando così i conti pubblici perché il governo sta già prendendo in considerazione la stangata bis, per aggiustare i conti pubblici, alla faccia della diminuzione della pressione fiscale "...la riduzione e il carico contributivo si realizzi attraverso lo spostamento sulla fiscalità generale di funzioni che afferiscono a cittadinanza sociale": un poeta! Un poeta che si scontra con la realtà, ad esempio anche solo con le dichiarazioni del Ministro Visco che sull'aumento delle tasse dice che "il governo sta valutando".
Quindi è un patto debole, un patto che mostra già tutta la sua vecchiaia, perché sa veramente di vecchio consociativismo, patronal sindacale con lo Stato patriarcale che cerca di mettere tutti d'accordo: il buonismo. L'inciuccio di origine prodiana, privo di anima e soprattutto privo di quel realismo che dovrebbe invece improntare la politica economica di un governo. Poi ci sono anche le soluzioni di chi evoca la grande madre terra, che per i Celti era la dea Ceriduen - io quando sento parlare della grande madre terra sono contento, perché mi ricorda le letture giovanili c'è chi dice "interveniamo sulla grande madre terra, facciamo 800 miliardi di nuovi debiti". Tipico ragionamento della sinistra, di una certa sinistra: sta al governo, ma la testa è sempre rivolta al bel tempo andato.
Creiamo debiti, ma non creiamo ricchezza: creiamo 35 ore, ma non creiamo ricchezza, anzi creiamo - socialisti europei - 10 milioni di posti di lavoro...
Come? Magari sulla Regione Piemonte, con 800 miliardi di nuovi debiti: mi sembra interessante. Senza dire che poi qualcuno, forse, li dovrà pagare, visto che non essendo noi Burkina Faso, contraessimo dei debiti magari domani le Nazioni Unite ci chiederebbero anche di restituirli! Questo in una politica con i piedi radicati nel materialismo storico e contingente, ma la prospettiva non conta: i debiti li creiamo oggi qualcuno forse domani pagherà. La stessa logica che è stata seguita per tanti anni e che ci ha portati dove ci ha portati.
Per quanto riguarda la situazione della Regione Piemonte io non sono d'accordo con il Presidente Ghigo che stamattina ha detto "Eravamo in Prefettura, perché non sapevamo bene tra Municipio, Provincia e Regione...", vede Presidente Ghigo, io credo moltissimo nel potere simbolico, perché il simbolo parla al cuore e all'immaginario collettivo e non parla solo alla testa, quindi è recepibile da tutti, anche da chi non è colto. Il luogo dove si svolgono gli incontri è fondamentale per il popolo non a caso i re vivevano nei palazzi, nei templi maestosi si officiavano i riti, non a caso i regimi facevano le adunate oceaniche nelle piazze enormi: il luogo è fondamentale nell'immaginario collettivo. A me, che il Prefetto di impostazione napoleonica - vorrei dire fascista, ma poi qualcuno ironizza sul mio intervento - convochi le parti sociali, le parti politiche nel suo studio, non piace, non mi piace! In un'ottica di federalismo e di decentramento dei poteri è il Presidente della Giunta regionale che convoca, e il Prefetto, se vuole, viene invitato, perché il Prefetto è un funzionario, altissimo, ma è un funzionario! Anche se il Presidente Ghigo si offende per la polemica non mi interessa, io continuo a ribadire che secondo me è un errore, politico strategico rilevante. Non è fondamentale, ma è rilevante.
Ovviamente condivido la relazione del Presidente e degli Assessori, mi dà però la sensazione di una grossa difficoltà. Parliamo di cose che in realtà non abbiamo. Facciamo dei progetti per i quali è essenziale ed è indispensabile la mano dello Stato centrale e centralista che, se non apre il portafoglio, rischiano di rimanere delle belle idee. Da quanti anni sentiamo parlare dell'Alta Capacità, della favola del metrò di Torino, dei cantieri del passante ferroviario che sono stati aperti, chiusi e poi distrutti.
E' inutile - abbiate pazienza, colleghi - condannare la Giunta del centro-destra della Regione Piemonte perché, come al solito, mancano i progetti, i programmi e tutto il resto. Si sa benissimo che anche se ci fossero le capacità - e so che ci sono - e anche se ci fossero le teste più illuminate dell'Europa dell'ultimo secolo, non ci sarebbero i soldi, perch lo Stato centralista non dà soldi. Questi Patti che vengono firmati dal Prefetto rischiano di diventare lettera morta o rischiano di non essere sufficienti.
Ci sono dati reali che preoccupano e non dipendono dal territorio, ma dipendono da Roma (meno 15 mila posti di lavoro: è tremendo; l'8,5% di disoccupazione; va bene l'apprendistato, ma non è una forma di lavoro, è un avviamento al lavoro; aumenta la cassa integrazione). Ci sono dei Paesi del nord Europa che hanno un PIL del 7/6% come l'Irlanda; Filandia e Portogallo hanno avuto una crescita pari al 4,9%; la Spagna al 3,8%; l'Olanda al 3,7%.
Abbiamo un Governo che fa crescere l'economia dell'1/4%! Noi, come Regione autonoma, trattenendo il 70% del gettito nel nostro territorio, avremmo invece la possibilità concreta di incidere, di programmare e di pianificare il futuro della nostra gente. Possiamo fare tutta la polemica che vogliamo, perché se leggo il Patto firmato dal Prefetto, vedo le solite cose: vedo il famoso metrò, ma i soldi da dove devono arrivare? Lo sappiamo tutti. Questo è solo uno degli esempi. A Medio termine, in Piemonte prevale l'incertezza, ma l'incertezza purtroppo prevale in tutta Italia; questo è il dato di fatto.
Il Patto sociale in parte è fallito; più avanti fallirà del tutto perché questo è un documento di aspirazioni e di buone intenzioni. E' un documento poco pragmatico e poco realista, che non affronta i veri problemi che non sono stati affrontati da anni. Continuando così, il prossimo anno l'1/4% diventerà un risultato difficilmente raggiungibile.



PRESIDENTE

La parola la Consigliera Cotto.



COTTO Mariangela

Voglio ringraziare il collega Riba e il gruppo del DS per aver chiesto di discutere in Consiglio regionale questo importante argomento. Ringrazio inoltre, il Presidente della Giunta e gli Assessori che sono intervenuti e per le relazioni che ci hanno esposto.
Voglio esprimere, come hanno già fatto i colleghi Gallarini e Ghiglia il mio disagio per la scelta della sede prefettizia per il Tavolo di concertazione. Penso che quando si parla del Piemonte e del Patto sociale per lo sviluppo e l'occupazione del Piemonte, il Ministro debba preferire e debba venire presso la sede regionale. Immagino cosa succederebbe se, per gli incontri sulle problematiche locali, gli amministratori delle Province scegliessero come sede le rispettive prefetture.
Anch'io sottolineo con forza il fatto che questa forma, come diceva Gallarini, diventa sostanza. Il Patto sociale per lo sviluppo e l'occupazione cosa porterà di concreto nel Piemonte? E' la domanda che è stata fatta da molti Consiglieri che sono intervenuti. E' solo una dichiarazione di intenti in questa fase transitoria tra l'annunciato, il desiderato, l'esistente e il passato. In molti prevale l'incertezza e il pessimismo.
Per questo chiederei al Presidente della VII Commissione di fare delle verifiche sulle varie scadenze e di invitare gli Assessori a relazionare in Commissione per vedere dove stiamo andando e come stiamo andando. Penso che sia molto importante in un Paese dove le verifiche vengono fatte molto di rado. Su questo argomento doveva intervenire, per il nostro Gruppo, la collega Caterina Ferrero. Non potendo oggi essere presente, sarà qui domani e farà avere la sua relazione.
Mi limito a fare solo alcune riflessioni: il Patto sociale dà molta rilevanza alle grandi opere; non voglio sminuirne l'importanza, ma voglio far notare, però, che in Piemonte le linee ferroviarie, minori e non devono essere potenziate. Da molto tempo non si provvede neanche ad una normale manutenzione, lo stesso vale per le strade statali, provinciali e comunali che, necessitano di risorse finanziarie per eliminare i tanti punti critici che mettono a rischio la vita di chi transita. Mi auguro che il Tavolo di concertazione condivida queste esigenze e le sostenga con forza.
L'Assessore Casoni conosce bene questo problema; vorrei che lo sottolineasse con forza al Tavolo di concertazione. Per quanto riguarda la formazione professionale, non posso concordare con quanto ha dichiarato il Presidente Ghigo e l'Assessore Goglio. Chiedo se, per il prossimo anno saremo in grado, come Regione, di finanziare i corsi che il territorio chiede o, in base alla Legge n. 63 del '95, dovremmo sottostare ad altre logiche? Ricordo sempre a me stessa che si è credibili per quello che si fa e non solo per quello che si dice.
Per quanto riguarda la pubblica amministrazione, ci rendiamo conto da soli che non risponde alle esigenze dei cittadini, tant'è vero che non riusciamo più a discutere l'annuale relazione del Difensore Civico. Infatti al punto 116 dell'ordine del giorno leggiamo: Dibattito su relazioni del Difensore Civico anni 1996/1997/1998. Intanto, continuiamo a parlare di semplificazione, di snellimento, di trasparenza, di economicità e di efficienza della pubblica amministrazione.
Credo che sarebbe utile soffermarsi, come Consiglio, sui servizi e sulle competenze della Regione, e chiedersi se i cittadini piemontesi sono soddisfatti e, nello stesso tempo, chiedere ai nostri Direttori quali iniziative hanno messo in atto per raggiungere questi obiettivi. Se poi guardiamo all'esterno constatiamo come certe riforme, nate per razionalizzare meglio un servizio, hanno di fatto bloccato il pagamento degli assegni di accompagnamento a cittadini che sono sempre meno tutelati.
Non parlo del cronico disservizio delle Poste di Torino, ma è certo che qualcuno deve intervenire se vogliamo che i cittadini riprendano fiducia nelle istituzioni. Non porto altri esempi perché so che li conoscete quanto me o forse meglio di me.
Voglio solo ricordare, come ultima riflessione, a chi, come il collega Vindigni, è convinto che una Regione è forte se ha una capitale forte; non sono certo l'unica a pensare che una regione è forte se non ha troppe aree deboli, al punto che qualcuno, nell'usufruire di certi servizi, si chiede ancora oggi: ma siamo in Piemonte?



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Angeleri; ne ha facoltà.



ANGELERI Antonello

Signor Presidente e colleghi, volevo fare, prima di entrare nel merito una constatazione. La constatazione è abbastanza scontata da una parte e amara dall'altra, ed è il verificare in quest'aula l'attenzione verso un problema che, per vastità e ampiezza, probabilmente dovrebbe occupare svariate settimane e non certamente un solo giorno dello spazio del dibattito in questo Consiglio regionale. In questo senso mi pare che la proposta della collega Mariangela Cotto, che mi riguarda direttamente, sia una proposta, se condivisa dal Presidente della Giunta regionale (da me condivisa), auspicata, proprio perché ritengo che questo sia un ragionamento che deve essere impostato in continuo divenire e, quindi, man mano che i progetti avanzano, man mano che si affrontano le criticità.
Quindi questa direzione - torno a ripetere - mi sembra che sia favorevolmente accoglibile - e richiamo l'intervento della collega Mariangela Cotto.
Dicevo prima che in quest'aula non c'è quella necessaria attenzione che ci dovrebbe essere, ma l'abbiamo già verificato in occasione del dibattito sulla OP Computer che ci toccava ancor più da vicino, soprattutto toccava i suoi 1200 dipendenti. C'è molta più attenzione, in particolare da parte di alcuni Consiglieri, quando si dibatte di disgrazie che riguardano i Consiglieri regionali e le vicende personali degli stessi - personali o legate alle questioni amministrative. Questo fatto mi ha portato, più volte, ad intervenire per richiamare il ruolo non corretto dell'aula grazie collega Consigliere Leo, visto che ti siedi sui banchi del Consiglio, per la solidarietà - in un dibattito che molto spesso è stato richiamato e che riguarda le questioni della giustizia. Il collega Ghiglia ha parlato più volte di Tribunale del Popolo. Oggi, in quest'aula, per esempio, non vedo presente un collega che è sempre attento a questi dibattiti, però durante l'arco di tutta la giornata non l'ho visto così partecipe in occasione di un contributo che penso sia legittimo richiedere a tutti i gruppi consiliari presenti in quest'aula; molto più attento lo vedo su altre tematiche; soprattutto molto più attento lo vedo nel relazionare non tanto qui in aula quanto in altre sedi, che non sono quelle di via Alfieri n. 15. Mi auguro che successivamente possa intervenire, per dare il suo contributo, che ascolterei con estrema attenzione.
Non mi rivolgo ai DS, non mi rivolgo al Partito Popolare, non mi rivolgo ai Comunisti, non mi rivolgo a Rifondazione, non mi rivolgo alla Lega, quindi, immagino possa essere comprensibile la persona a cui mi rivolgo.
Mi sembrava opportuno richiamare questo fatto, perché è un dato che emerge, è sotto gli occhi di tutti, anche della pubblica opinione e dei giornalisti. Quando in quest'aula si discute di alcune cose il pubblico è sempre abbastanza presente; sembra quasi che diventino argomenti di ruotine, che poco interessano le questioni dello sviluppo della nostra Regione, cosa che, invece, sappiamo essere fondamentale.
Venendo alle questioni di merito - per non rubare evidentemente altro tempo - penso che sul tema del Patto sociale per lo sviluppo e l'occupazione non ci debbano essere divisioni e non ci possano essere divisioni di sorta. Questo per un semplice fatto. Non è un invito a non dividere, è un invito a constatare una situazione gravissima (non solo nel nostro Paese), come è stato detto negli interventi precedenti: i dati parlano chiaro.
Prima il collega Ghiglia ha letto alcuni dati che fanno riferimento ad altre nazioni europee, ha parlato di crescita del PIL che arriva al 3,5 quando sappiamo qual è il risultato in Italia; quando sappiamo che il risultato (in particolare negli ultimi tre mesi del 1998) della nostra Regione è stato - purtroppo - un risultato ampiamente negativo.
Ritengo che su questo ci debba essere un confronto serio e costruttivo con le forze politiche presenti in Consiglio regionale, che vogliono governare il cambiamento di questa Regione. A maggior ragione ci deve essere perché è estremamente importante, in questo delicato frangente, che i rapporti con le forze sociali ed economiche di questa Regione siano estremamente chiari - rapporti che, in questo momento, o non sono chiari o non esistono nel modo più assoluto.
Presidente Ghigo, questa mattina ho ascoltato la sua relazione. Mi permetta, non è assolutamente una critica, ma è un contributo, se posso darlo: in questo documento mancano alcuni aspetti fondamentali. Gli aspetti fondamentali sono dati dai rapporti con le forze economiche presenti nella nostra Regione. Non dobbiamo dimenticare la presenza della FIAT nel nostro territorio. Non possiamo pensare di dimenticare alcune forze economiche imprenditoriali che segnano il passo e che, comunque, hanno caratterizzato la produzione di questa nostra Regione.
Allora, mi viene spontanea una domanda: se non ci sono, è perché la Giunta non le considera interlocutrici o perché quelle forze - peggio ancora - non considerano interlocutrice la Giunta regionale e questa istituzione regionale? Questo, secondo me, è un dato che dobbiamo tenere in considerazione se vogliamo, nello scorcio di legislatura, cercare di non rincorrere una situazione che è sicuramente, non insormontabile, ma difficile, ma cercare di governarla, di arrivare possibilmente, come auspica la politica, ad anticipare gli altri.
Su questo fatto ci deve essere veramente un'attenzione maggiore da parte della istituzione regionale - hanno ragione i colleghi Ghiglia Gallarini e Cotto - non può essere sicuramente il Prefetto il punto di riferimento. Non può perché in questa realtà noi abbiamo seguito, da un punto di vista anche legislativo, una linea che va verso il federalismo.
Se è vero che il Presidente D'Alema vorrebbe in qualche modo sancire venerdì prossimo una forma di federalismo regionale, noi non possiamo accettare che siano realtà, peraltro non elettive, ad essere gli attori principali di questo sviluppo, sempreché si voglia seriamente applicare il federalismo nel vero senso della parola.
Il Patto per lo sviluppo probabilmente, per alcuni aspetti, nasce monco, non tiene in considerazione alcuni aspetti importanti, non affronta le cause della crescita così a fondo, non affronta i problemi nodali, come il problema dell'INPS o delle pensioni. A questo punto ci deve essere una presenza delle istituzioni regionali forte con proposte che devono in qualche modo tener conto di quella che è la realtà economica imprenditoriale di questo nostro territorio.
Per esempio l'assenza noi la verifichiamo - e domani ne dibatteremo per quanto riguarda EXPO 2000. Una realtà economica ha presentato una proposta e la Regione ha acconsentito senza battere ciglio.
Pertanto, è necessario intervenire in modo serio con le altre forze economiche e sociali individuando, ovviamente, gli specifici progetti per il rilancio occupazionale in particolare dei giovani e intervenire sulle Fondazioni bancarie della nostra regione. In fondo le finalità delle Fondazioni bancarie sono finalità sociali che possono essere messe in parallelo rispetto all'obiettivo del Patto sociale per lo sviluppo e l'occupazione.
Per ottenere questo occorre una proposta credibile ed essere realmente interlocutori.
Questo è l'interrogativo che pongo al Presidente, consapevole delle difficoltà di questo territorio, rispetto ad altre Regioni, ma sono altrettanto consapevole che questo non è un modo corretto di affrontare tali problematiche; in questo modo la situazione del Piemonte non potrà che deteriorare e peggiorare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montabone.



MONTABONE Renato

Anch'io mi unisco al quasi coro di chi ritiene il dibattito di oggi estremamente interessante e in grado di dare i frutti, magari anche attraverso la contrapposizione di idee.
Hanno ragione coloro che sostengono che per sviluppare tutte le tematiche racchiuse in questo documento, sottoscritto dalle parti sociali occorrerebbe molto tempo per approfondirle, anche perché sono di vitale importanza rispetto al buon andamento delle politiche regionali.
Sono convinto e me lo auguro - alcune relazioni degli Assessori lo confermano - che le proposte che i delegati della Regione Piemonte presenteranno ai tavoli di concertazione saranno decisamente incisive.
Molto spesso, se non si hanno delle idee preponderanti, ai tavoli di concertazione si finisce per approvare soltanto, ed esclusivamente, le proposte presentate dagli altri.
Agli Assessori che parteciperanno a questi tavoli chiedo di presentare dei progetti chiari con degli obiettivi raggiungibili.
Se si analizzasse la giornata di oggi, rispetto ai punti discussi e non approfonditi, si darebbe un significato negativo a questa giornata. In quanto se non si scende nel particolare, molto probabilmente chi ci osserva, e chi ci sente, potrebbe dire che oggi noi abbiamo fatto soltanto delle chiacchiere: così non è.
Sono convinto che per non fare i notai delle idee degli altri bisogna avere delle proprie idee. Scanderebech lei ha sottolineato alcuni punti salienti che toccano la società piemontese, però, dopo aver sottolineato i punti salienti e le indagini conoscitive, bisogna, magari tutti assieme come lo stesso Consigliere richiamava - simbolicamente definito anche dalla parola "patto sociale", anche se devono concorrere tutti a stipularlo - che qualcuno ipotizzi delle risposte.
Non mi sottraggo dal consiliare o dare dei suggerimenti rispetto alle problematiche contenute oggi soltanto "in bocca" a questo documento. Per ad un certo momento l'esecutivo di questa Regione deve saper proporre e io spero che non proponga soltanto le idee degli altri, perché può darsi che queste non coincidano. Voglio dire che la Regione Piemonte in merito a queste problematiche deve darsi una sua caratterizzazione: il Consiglio regionale del Piemonte dirà se la caratterizzazione che si è data il Governo della Regione Piemonte è condivisibile oppure no.
Anch'io sono convinto che se la minoranza non avesse chiesto oggi questo Consiglio, probabilmente non si sarebbero puntualizzate alcune cose e in questi termini lo vedo positivo.
Devo anche dire che alcuni Assessori hanno fatto delle puntuali relazioni; altri sono stati talmente nel vago, che non si riusciva ad afferrare qual era il concetto che volevano esprimere. Forse oggi non era la giornata adatta; era giusto che si parlasse di tutto in generale, per ci sarà il momento in cui bisognerà scendere nei particolari.
Peraltro, su alcuni temi toccati da questo documento-canovaccio di quello che deve essere il Patto di concertazione, ci sono alcune tematiche che in passato sono già state toccate in quest'aula, magari in termini di contrapposizione, magari con delle risposte che erano il libro dei sogni che non si sono ancora realizzate e che si realizzeranno, però bisogna prendere atto che alcune delle cose dette, per esempio, nel programma di questa maggioranza regionale non si sono, non dico realizzate nell'immediato, ma neppure ancora cominciate ad elaborare.
Vi ricordo soltanto, amici del Governo della Regione Piemonte: come si poteva, nel momento in cui si approvava il bilancio del 1998, tener fede a quella che è l'impostazione sulla formazione professionale e sulle politiche del lavoro, quando in quel bilancio si dimenticava di coprire l'area della formazione professionale per circa 60 miliardi? Sono queste le discrepanze! Poi si è aggiustato tutto, e io credo che su questo la minoranza abbia fatto un'azione forte, abbia aiutato la maggioranza a risolvere un problema. Però non si può dire che si vuole fare una cosa e poi con gli stanziamenti che si mettono a bilancio farne esattamente un'altra, altrimenti perdiamo di credibilità nei confronti della cittadinanza piemontese.
Voglio aggiungere alcune cose. E' già stato accennato, magari in termini polemici, e io lo dico oggi senza alzare la voce, quindi fuori dall'uso costante del mio tono di voce: è vero, Presidente Ghigo, che le idee o i lanci di idee della Provincia di Torino rispetto al passaggio dell'Alta Velocità in Valle di Susa sono state "cassate". E' vero. Per quando non si fa nulla per cercare di superare un ostacolo... E qui richiamo di nuovo il coinvolgimento delle popolazioni locali, cosa che è sempre stata detto che si voleva fare e non si è mai riuscita a fare.
La trattativa con gli Enti locali territoriali che devono poi decidere nel merito del loro territorio è cosa di basilare importanza, perché se non la si fa, se si mette da parte il problema e lo si accantona senza discutere e senza cercare di dirimere mai il problema stesso, ebbene altri Enti locali, gli Enti locali (perché noi non vogliamo essere un ente locale, abbiamo sempre detto che vogliamo essere il Parlamento della Regione Piemonte, il potere legislativo di questa Regione Piemonte) sopperiscono ai vuoti che noi lasciamo aperti.
La cittadinanza della Regione Piemonte interpreta in questo modo il vuoto che la Regione Piemonte lascia su alcuni temi, la mancanza di dibattito o di proposte risolutive alle problematiche del nostro territorio.
Vorrei fare un altro richiamo, perché lo ritengo di basilare importanza. La maggioranza di questa Regione nei suoi programmi si era, in qualche modo, caratterizzata per due cose essenziali.
Una era la "burocratizzazione" dell'Ente regionale. E chi non potrebbe essere d'accordo su un tema come questo? Si parla di Sportelli unici, di Numeri Verdi per il cittadino! Tuttavia, un Consigliere regionale, che non ha delle priorità rispetto al singolo cittadino, ma conosce o forse dovrebbe conoscere meglio la macchina regionale, impiega dei mesi per sapere non a che punto sta la pratica, ma dov'è la pratica. Se questo è sburocratizzare...! Ci sono delle autorizzazioni che ci mettono degli anni a pervenire! Il cittadino che riceve l'autorizzazione molto spesso si è già dimenticato di averla chiesta (se non costa nulla a suo portafoglio)! Se invece gli costa, fa il conto - e questo sì che è un conto, Consigliere Scanderebech, che dobbiamo fare - di quanto gli è costata quella pratica a causa del tempo in cui la pratica è stata ferma in Regione.



(Commenti del Consigliere Scanderebech)



MONTABONE Renato

No, no, tu stai parlando di balzi, balzelli e tassazioni. Tu stai parlando degli imprenditori: lascia perdere, non tutti i cittadini sono imprenditori! Io sto parlando dei costi che sostiene un cittadino (alla Robespierre) per presentare le pratiche e per correre dietro agli sportelli. Tu non calcoli gli anni che il cittadino aspetta per avere un sì o un no alle richieste fatte, sulle autorizzazioni.
"Sburocratizzare", quella parola magica che si usava agli inizi di questa legislatura, si è attuata o no? E' riuscita la maggioranza a risolvere questo problema attraverso un proprio progetto, o no? Io dico di no, ma se anche la maggioranza è d'accordo - perché è solo una questione di buon senso, credo che nessuno possa dire che si è sburocratizzata la Regione Piemonte! - bisogna che metta da parte il progetto iniziale per farne un altro che sia più convincente e che riesca a risolvere alla base il problema.
Primo insuccesso: aver detto di voler fare una cosa e, attraverso un'azione progettuale, dichiarare il fallimento.
Sburocratizzare vorrebbe anche dire cercare di unificare - sto parlando dei Testi Unici - tutte quelle leggi che in 30 anni si sono fatte in Regione Piemonte; ma per unificare le leggi bisogna avere delle idee bisogna cercare di mettere a punto non quello che si è fatto fino a oggi ma quello che si vuole, attraverso quelle leggi, fare domani. Vi chiedo, a fine legislatura, signori Assessori e signor Presidente della Giunta quanti di voi hanno fatto lo sforzo per fare approvare delle nuove leggi oppure, attraverso l'approvazione di quelle nuove, unificare le leggi che si sono fatte nel passato.
Può darsi che ce ne siano molte buone, ma sicuramente sono superate nel tempo. Sono anni, lo dico per me stesso e per voi, che in quest'aula si predica una nuova legge urbanistica. Certo, Astengo è stato un luminare allora, magari io come sindaco non lo condividevo tanto, forse non lo condivido neanche adesso.
Su ogni programma di esecutivo, o di proposta elettorale di qualsiasi fazione o polo, si presenti alle elezioni c'è scritto: "Legge urbanistica".
Cosa abbiamo fatto noi della legge urbanistica? Cosa abbiamo approvato e modificato della legge urbanistica? Aspetti importantissimi: abbiamo dato la possibilità di rendere abitabili le soffitte. Io sono stato uno di quelli che si è battuto perché questo avvenisse, ma non credo che l'urbanistica della Regione Piemonte possa ridursi a un tema così poco importante rispetto alla gestione del territorio regionale! E allora che cosa abbiamo sburocratizzato? Fate l'esame di coscienza signori Assessori, signori Ministri della Regione Piemonte, fate l'esame di coscienza e ditemi che segno voi lascerete di questi anni di legislatura in questa Regione, in che cosa avete inciso. I bilanci di oggi, salvo le dimenticanze, sono esattamente la riproduzione dei bilanci che si facevano cinque anni fa in questa Regione: salvo le dimenticanze di 70/80 miliardi che vanno e vengono! In che cosa avete inciso? Signor Presidente, mi ricordo che un altro punto interessante che si dibatteva all'interno della maggioranza di allora in Regione Piemonte era cercare di risolvere, dal punto di vista anche politico, la routine delle deleghe che si davano da anni agli Assessori per materia. Quando si distribuiscono le deleghe sembra quasi che ci siano dei contenitori chiusi che vengono consegnati in mano agli Assessori e poi questi cominciano a scartabellare e scoprono di avere la delega a questo, a quell'altro; si era detto "Provate a delegare gli Assessori su singoli progetti", ricordi Gallarini? E che cosa, più di questa bozza, va ad interpretare i singoli progetti? vicepresidente Masaracchio, quante volte lei ci ha detto in quest'aula quando si occupava di formazione professionale, cosa che io condividevo e apprezzavo, che bisognava mettervi mano gradualmente (cioè fare un progetto a lato dell'attuale formazione professionale che doveva andare ad esaurimento) in modo che la formazione professionale producesse occupazione specializzata, cioè quell'occupazione di cui il mondo esterno, il privato l'imprenditore, ha bisogno, non l'occupazione di cui l'imprenditore aveva bisogno vent'anni fa e che continua a prodursi oggi. Così come per la legge urbanistica, bisognava che questa Giunta regionale in capo al suo Assessore, che è cambiato 4 o 5 volte in questa legislatura, prendesse in mano la formazione professionale con delle idee e facesse un progetto diverso da quello che c'è oggi. Questo non è avvenuto, è stato un fallimento.
Posso citare tantissimi altri esempi: non sto facendo il Consigliere di opposizione in questo momento, sto facendo semplicemente il Consigliere.
Tantissimi altri esempi, comunicati per fatti all'esterno, in realtà non sono ancora iniziati! Mi sembra quando si è pubblicizzata la ristrutturazione del personale al piccolo Regio e dopo tre anni eravamo ancora lì a modificarla. Si diceva: "Con questo riordino del personale noi risparmieremo determinati quattrini": mi piacerebbe sapere, un giorno, ma ce ne sarà occasione, quanto è costata la ristrutturazione del personale alla Regione Piemonte e cosa ha prodotto in termini di sburocratizzazione.
Se noi non riusciamo ad amalgamare le istanze e a coordinare quelle degli enti locali con l'impostazione e le linee programmatiche della Regione attraverso le sue leggi, noi scadiamo perché, signor Presidente e amici Assessori, quando si legge dai sondaggi che la Regione oggi potrebbe essere certamente più punto di riferimento che non lo stato centrale, è una volontà che emerge dai cittadini di questa Regione e di tutte le Regioni perché hanno bisogno di qualcosa di tangibilmente più vicino rispetto alla lontananza e al centralismo romano.
Il fatto che le zone periferiche della nostra Regione siano attratte più dall'esterno che non dall'interno ci suggerisce di fare molta attenzione. La prossima volta faranno un sondaggio rispetto al punto di riferimento della Provincia, confondendo la Provincia con un Ente legislativo, perché sopperisce alle nostre mancanze, e diranno che non la Regione, ma la Provincia deve essere il punto di riferimento. Dopo ci saranno i singoli comuni e, dopo ancora, ci saranno dei comuni che come in alcune valli della nostra Provincia, si sentiranno attratti, non soltanto dalle regioni vicine, ma dalle vicine regioni d'Europa.
A quel punto perderemo veramente la nostra credibilità. Quel sondaggio ci ha fatto anche capire, colleghi Consiglieri, che la stragrande maggioranza dei piemontesi non sa cosa fa la Regione e quali sono i suoi compiti. O voi la smettete di dedicarvi al piccolo cabotaggio dei contributi a pioggia, o dicendo dei sì incondizionati a tutti, come state facendo andando in giro sul territorio regionale, e vi mettete a progettare il Piemonte del 2010, oppure continueremo a fare un cattivo servizio a tutti i piemontesi e quindi a noi stessi! Concludo facendo quest'ultima considerazione: se fossimo stati bravi avremmo progettato un quadro dentro cui dovevano essere compresi i finanziamenti dell'Unione Europea, invece di lasciare che tutti potessero inoltrare le domande su finanziamenti per qualsiasi cosa e senza un'indicazione programmatica.
Certamente così dobbiamo dire no a tanti progetti, rinunciando ai soldi europei e a quelli che ci sarebbero stati messi a disposizione dallo Stato italiano, se avessimo avuto una progettualità. Sarebbe bello che, in chiusura di questo dibattito, il Presidente Ghigo si alzasse e dicesse: visti i punti di quest'ordine del giorno, delego ad un certo Assessore questo progetto, a un altro Assessore un altro progetto, ma non so se il Presidente si fiderebbe delle capacità dei propri Assessori per portare avanti progetti del genere.



PRESIDENTE

Informo i Consiglieri che abbiamo ancora un provvedimento da approvare.
La parola alla Consigliera Simonetti.



SIMONETTI Laura

Approfitto del mio intervento per chiedere al Presidente del Consiglio se, prima della fine della seduta, può informare il Consiglio sulla calendarizzazione che abbiamo chiesto per la convocazione della Giunta e per la relazione sulla questione dell'Assessore, nonché Vicepresidente Masaracchio.
Approfitto del mio intervento per illustrare, così non interverrò più in seguito, un ordine del giorno che abbiamo presentato e che si lega alla chiusura del dibattito sul Patto sociale per lo sviluppo. In particolare tenevo a sottolineare alcuni aspetti emersi in questo dibattito: le differenziazioni, se vogliamo, rispetto all'analisi del Patto sociale e del Patto per lo Sviluppo nazionale siglato con le parti sociali con il Governo, in relazione al quale dovrà essere definito il Patto regionale per lo sviluppo.
La maggioranza si è presentata in quest'aula con posizioni diverse partendo con le dichiarazioni e con le comunicazioni del Presidente del Consiglio Deorsola, che definisce perfettamente condivisibile il Patto sociale, trovando però delle difficoltà nell'individuare gli strumenti idonei alla sua realizzazione. Addirittura, secondo noi, oltrepassando il suo ruolo di Presidente del Consiglio e intervenendo in un ambito che dovrebbe competere alla gestione di Governo, dal momento che ha lanciato l'ipotesi che gli Stati generali si riapproprino di questo ruolo.
Le dichiarazioni e le comunicazioni del Presidente della Giunta Ghigo dichiarano condivisibile tale Patto, affrontandone alcuni aspetti. Sulla stessa linea gli altri due-tre interventi. Il Consigliere Ghiglia di Alleanza Nazionale ha però sottolineato alcune perplessità rispetto ad alcuni contenuti specifici del Patto sociale che, viceversa, il Presidente Ghigo e il Presidente del Consiglio, nel loro ruolo - anche se non so che ruolo attribuirgli - non hanno espresso - Ghiglia ha quindi espresso perplessità rispetto ad una condivisione complessiva della Giunta giudicando anche come un errore politico e strategico di una certa rilevanza il fatto che il Tavolo sia stato convocato in Prefettura e non invece nella sede regionale, allo scopo di affermare l'autorevolezza dell'Ente Regione rispetto alle definizioni del Patto sociale per lo sviluppo e in previsione del Patto regionale.
Le dichiarazioni fatte dai colleghi Cotto ed Angeleri, hanno dimostrato l' irrilevanza di alcuni contenuti del Patto sociale. Per quanto riguarda le infrastrutture, ricordo, per esempio sulla questione della formazione professionale, che la collega Cotto sottolineava - noi siamo d'accordo l'inesistenza di fondi e di risorse finanziarie esaustive rispetto al ruolo che la formazione professionale dovrebbe avere e, anche per quanto riguarda le risposte che deve dare la formazione in merito alla connessione tra il percorso formativo del giovane e lo sbocco professionale. Alla luce di queste differenze, vorremmo capire se c'è una ipotesi strategica univoca che la Regione, con questa maggioranza, riesce a presentare.
Al di là di questo, ci sono alcune considerazioni fatte sulla formazione professionale su cui siamo perplessi e assolutamente insoddisfatti. Questa Giunta oggi si è presentata con delle relazioni sottolineando gli obiettivi posti in essere nel Patto sociale per lo sviluppo siglato dal Governo, ma non individuando gli strumenti, o le risorse, le idee e i progetti attraverso cui realizzarli.
Sulla formazione professionale, ci sono alcune considerazioni dell'Assessore Goglio che non ci trovano assolutamente d'accordo. E' profondamente sbagliata l'impostazione che lega e consente il sistema formativo e la formazione professionale - altri colleghi hanno sottolineato le preoccupazioni per i giovani e per le nuove generazioni che oggi abbandonano precocemente gli studi che viceversa devono essere analizzate e considerate in modo separato e con risorse finanziarie diverse. La scuola è una cosa; invece, la formazione professionale deve essere oggetto di investimento, perché la Regione ha gli strumenti per farlo. Deve ricevere risorse finanziarie, investimenti e progetti che ci sono e che devono essere riattualizzati, e di fatto attuati, per poter realizzare quella connessione e sinergia tra formazione e sbocco professionale, in particolare per le nuove generazioni. Su questo la Regione, possiamo dircelo, è assolutamente quasi inesistente. Ci sono delle considerazioni dello stesso Presidente Ghigo, sulla Legge n. 663, inerente alla formazione professionale, che ritengono tale legge e la Regione Piemonte innovative rispetto al Paese, sulle questioni della formazione professionale, ma comunque è una legge da rivisitare, da riprendere in considerazione, da riattualizzare.
Noi stiamo aspettando, di fronte a queste considerazioni, delle idee portate avanti da questa Giunta e da questo Assessore, che hanno competenze sulla formazione professionale, che possano darci anche delle indicazioni nuove con le quali questa Regione possa distinguersi e, in qualche modo offrire qualcosa di nuovo rispetto al problema occupazionale delle nuove generazioni.
A questo mi riallaccio nella presentazione del nostro ordine del giorno che abbiamo fatto passare tra i colleghi, quindi un ordine del giorno un po' presentato dalle opposizioni - che sottolinea alcuni aspetti che viceversa, non sono neppure stati affrontati in modo episodico nelle relazioni degli stessi Assessori e del Presidente della Giunta, in particolare la questione dell'occupazione giovanile.
L'occupazione giovanile nel Piemonte colpisce circa il 18,5% (in base agli ultimi dati Istat ed Eurostat, che, tra l'altro, risalgono a circa due anni fa), dei giovani tra i 15 e 29 anni, la maggior parte dei quali è al primo impiego; questa percentuale tocca, in particolare e chiaramente, le aree metropolitane, quindi la città capoluogo, in cui oltre il 12% della popolazione è disoccupata: sono 69 mila i giovani in cerca di prima occupazione.
Rispetto a questi dati - che presentano una situazione allarmante e preoccupante, su cui chiederei anche l'attenzione del Presidente della Giunta, che, tra l'altro, ha le deleghe alle politiche giovanili chiediamo alla Regione un impegno straordinario rispetto all'individuazione di alcuni percorsi, e offriamo uno spunto di riflessione. C'è una situazione drammatica, che è la disoccupazione giovanile. Tutto questo richiede una sinergia di competenze e di risorse, mettendo a disposizione strumenti sia pubblici che privati. Occorre una progettualità nuova che sia rivolta al mondo giovanile e che possa dare, in qualche modo, fiducia e prospettive rispetto ad un lavoro e ad un'occupazione, che possa anche sperimentare nuove attività, nuove occasioni, legate anche a trasformazioni e cambiamenti, che sono avvenuti nel settore produttivo, in seno alla stessa società. Quindi, una capacità progettuale nuova, che possa rispondere alle nuove sfide occupazionali e che, quindi, sia rivolta alla formazione di nuove professionalità e alla creazione di nuovi lavori, in particolare rivolti al territorio; alla cura e assistenza degli anziani e dei disabili; al recupero dell'evasione fiscale; alla riorganizzazione del settore del commercio.
Che cosa chiediamo, Presidente? Chiediamo di creare le condizioni per un progetto finalizzato rispetto all'occupazione delle nuove generazioni.
Chiediamo di dare mandato alla Direzione Lavoro e Formazione professionale, per una sinergia anche interassessorile, rispetto alle competenze e agli sforzi complessivi della Regione, che devono essere uniti rispetto al problema drammatico della disoccupazione giovanile.
Chiediamo di arrivare, in tempi certi e brevi, alla definizione del Patto regionale dello sviluppo, individuando progetti specifici e risorse anche finanziarie, che possano essere adeguate, rispetto al finanziamento di progetti rivolti all'occupazione giovanile, ma che vedano anche un'interconnesione e una sinergia con le fondazioni bancarie. Occorre quindi una sinergia di iniziative pubbliche e private rispetto ad un problema che - inevitabilmente, nelle sue soluzioni - ha una rilevanza di utilità sociale, perché ha una ricaduta occupazionale sul territorio.
In ultimo, chiediamo di stanziare risorse professionali, in particolare per la formazione, esattamente per le considerazioni che facevo prima e quindi, per dare, in qualche modo, risalto alla formazione professionale come tassello imprescindibile di legame tra la formazione stessa (la formazione critica e culturale delle nuove generazioni) e lo sbocco professionale, quindi l'ingresso nel mercato del lavoro.
Chiederei poi una valutazione del Presidente Ghigo su queste nostre considerazioni e sul nostro ordine del giorno.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Riba; ne ha facoltà.



RIBA Lido

Grazie, Presidente.
Poche considerazioni, perché un intervento ampio e puntuale - da me profondamente sottolineato, oltre che condiviso - l'ha svolto il collega compagno Vindigni.
Presidente Ghigo, voglio esprimere questo: l'intento con il quale abbiamo insistentemente chiesto questo dibattito era quello di riproporre in Consiglio una riflessione che assumesse fino in fondo la caratteristica potrei dire la gravità, è un termine da tutti condiviso - della situazione che incombe sul Piemonte, affinché questo Consiglio regionale assuma una propria funzione rispetto a questa situazione che obiettivamente e storicamente - è una delle questioni più impegnative, alle quali deve fare fronte il Consiglio regionale del Piemonte.
Potrei ricordare - ma a quest'ora! Se avremmo altre occasioni sicuramente lo dovremmo fare - che nella storia del Piemonte, durante tutte le crisi che ci sono state (molte incentrate sul decremento occupazionale alla FIAT), il ruolo che ha sempre svolto il Consiglio regionale.
Mi rivolgo anche ai miei stessi compagni: ieri in un dibattito partecipato, che abbiamo svolto presso il Centro Incontri, un sindacalista assolutamente sereno - un sindacalista che non è di quelli che normalmente pongono le questioni in termini pressanti - ci ha detto: "Noi siamo preoccupati perché il governo regionale esprime - lo dico sinteticamente una scarsa o un'insufficiente attenzione alle problematiche dello sviluppo". Quel sindacalista ha inoltre aggiunto: "...anche l'opposizione incorre nella stessa scarsa attenzione".
Tutto sommato, non è il caso di vedere quanto ha ragione o quanto non ha ragione; di fatto in questo Consiglio regionale questi problemi sono stati - ne converrete - lungamente assenti e vorrei anche dire che oggi, ma non solo oggi, quando sono trattati (vedasi il dibattito sull'OP), abbiamo faticato parecchio. Noi Democratici di Sinistra, che abbiamo fortemente insistito per questo dibattito, concorrendo anche a ritagliare un'agibilità dei nostri tempi, siamo un po' preoccupati se non riusciamo tutti insieme a rilanciare la capacità del Consiglio regionale di occuparsi di questi problemi.
Ritengo che il Presidente della Giunta debba porre questi argomenti al vertice dei suoi interventi, quanto meno segnalando la sua presenza sulla questione; però anche il Presidente Deorsola, come Presidente del Consiglio, deve segnalare, richiamando queste problematiche nei suoi interventi pubblici, l'attenzione e il ruolo che la Regione - magari con ritardo - può e si prefigge di assumere su questa partita.
Dico poche cose, perché nel merito è già stato detto tutto.
Il collega Ghiglia ha avuto un approccio dal suo punto di vista, che non condivido. Il Consigliere Ghiglia, quando ritiene, quando lo ritiene è in grado di dare anche dei contributi di merito; ma è stato un tentativo di scaricare la responsabilità di questa situazione in un orizzonte lontano e nazionale.
Poniamo che ci sia, Consigliere Ghiglia, ciò non ci assolve, né sottrae il Consiglio, ad un suo ruolo.
Ieri, il Sottosegretario Pennacchi - persona che non proviene dalle aree estreme, dopo il nostro incontro si recava all'Unione Industriale - ci diceva che negli ultimi vent'anni il nostro Paese ha, sistematicamente, con un politica di tassi di interesse e inflazione al 20%, trasferito il 12 del reddito nazionale alla rendita sugli interessi. Mentre gli altri Paesi si posizionavano verso l'investimento nelle infrastrutture per creare la potenza dei loro sistemi industriali. Siccome da cosa nasce cosa, mentre ci si occupa di costruire il sistema industriale si fa anche una politica dei redditi, si ha anche una lettura del territorio affidando una missione alle comunità locali e alle varie società.
Sia che governi la destra, sia che governi la sinistra, non possiamo non tener conto di questa questione che incombe sul nostro Paese.
Per quanto riguarda il Piemonte, il 10% di disoccupazione ci colloca in un'aurea media europea. Una media europea dedotta dalla disoccupazione presente nei paesi e nelle regioni che sfiorano il 30% e che sono al "collasso", pur facendo parte del sistema europeo e quelle che, invece hanno la piena occupazione o altre situazioni sulle quali possono fare affidamento per un solido futuro.
Presidente Ghigo, noi dobbiamo avere delle domande e delle risposte anche perché non è detto che ciò che eventualmente ci propone lo Stato è automaticamente coerente con le nostre esigenze. Lei, Presidente, è portato a dire dei sì. Tutti elencano dei grandi capitoli: infrastrutture ambiente, occupazione, formazione. Il nostro Consiglio regionale ha una lettura più puntuale, nelle sue risposte vedremo se abbiamo messo in campo una nostra autonomia culturale per indagare, definire e proporre, magari riscontrando delle differenze, ma pervenendo comunque a questo tipo di sfida. In fondo anche dai banchi della maggioranza molti interventi seguivano questa direzione. Sono anche preoccupato del fatto che bisogna dare delle risposte e fare delle scelte subito e noi non abbiamo - non accuso nessuno - un nostro protocollo di questioni delle quali siamo sicuri.
Gli Assessori, anche quelli bravi, normalmente quando ci presentano una proposta di legge - ve ne sono Assessori bravi, ne discuteremo - molte volte sono preoccupati dall'impatto di immagine di quella proposta. Non è presente l'Assessore Racchelli ma sta presentando proposte di legge che hanno un significativo impatto di immagine.
Attenzione colleghi, se noi riteniamo che il "flusso" dei nostri 12.500 miliardi debba e possa essere un elemento ai fini di definire il processo evolutivo del sistema del nostro quadro occupazionale, ma quando valutiamo una legge dobbiamo valutarne l'impatto occupazionale. Avevamo già evidenziato la questione - mi pare avesse sollevato il problema il Consigliere Chiezzi - dell'impatto occupazionale dei vari provvedimenti e delle varie proposte di legge: si tratta di un argomento da porre all'attenzione del Consiglio.
Gli imprenditori ci dicono che uno dei principali problemi è la formazione professionale. Se è così - e io ritengo che una parte di questo discorso corrisponda al vero - significa che non è che noi non ci siamo occupati di Formazione professionale - ancora l'anno scorso se ne è discusso - ma non abbiamo fatto la Formazione professionale "raffinata" richiesta dalle industrie e dai settori produttivi. Se è così - ed è così si tratta di fare una revisione da cima a fondo del nostro sistema formativo professionale. Mi rendo conto di dire una cosa che può creare imbarazzo; occorre capire se qualche struttura è in grado di fare quello che il sistema occupazionale ci domanda: questo è un problema.
Quando devolviamo dei contributi per la cultura - in questo momento non ve ne sono - spesso l'impatto dell'immagine è significativo, ma l'impatto occupazione è quasi nullo.
Pertanto non più contributi, ma vediamo se il modello formativo della nostra Formazione professionale è adeguato.
Apra, Presidente, un dibattito su questo punto, magari nella Commissione di merito.
Seconda questione: la capienza complessiva del sistema.
Complessivamente il sistema Piemonte assorbe l'occupazione di cui disponiamo meno il 10%: 200/250 mila disoccupati stabili.
Significa che la deindustrializzazione, soprattutto intervenuta nel capoluogo torinese, non è sostituita da un'altra opportunità occupazionale: Torino è o non è la capitale della finanza nazionale? E' significativamente una delle capitali degli insediamenti finanziari.
In questo caso c'è il problema del modello di sviluppo.
L'industria Ferrero stupirà qualche collega sapere che non è neppure quotata in borsa: le azioni sono tutte della famiglia; gli stessi rispondono che sono degli industriali, non dei finanzieri.
Le cordate Colaninno sono altre cose, l'occupazione non c'è dietro le cordate finanziarie. Detto questo non sono certo io a sostenere che non ci debbano essere o che andiamo controtendenza rispetto al mondo, ma bisogna sapere che noi dobbiamo puntare sulle industrie, sui sistemi produttivi sui sistemi artigianali. Continuo a ritenere - l'ho detto in altre occasioni - che è tutto importante, ma se una Regione come la nostra non ha un potente sistema industriale, produttivo - a cui si collega l'artigianato, si collega l'effimero - in quanto Regione fondamentale dell'economia non può vivere: non ha una sufficiente autonomia e non è in grado da fungere da impulso forte.
Poi ci sono le cose nostre - non se la prenda, Presidente Ghigo, non vorrei davvero, per una volta che siamo riusciti, faticosamente a discutere noi abbiamo un nostro sistema di programmazione che dovrebbe essere un elemento di utile volano, perché il Piano dei trasporti se fosse pervenuto ad un livello di definizione che lo rendesse attuabile, sarebbe una proposta con la quale potremmo presentarci al tavolo di contrattazione con il Governo e così il Piano di sviluppo. Non abbiamo avuto tempo. Io non dispero che, discutendone, facendone oggetto di una riflessione generale si individuino degli spazi affinché questo 10% del PIL, che per il giornale transita come spesa pubblica attraverso i meccanismi della Regione, possa imboccare una strada dell'utilità.
Concludo con questa riflessione. Non vorrei che lei, Presidente Ghigo forte anche di un certo credito di immagine - beato lei, da questo punto di vista, sono problemi in più per noi e per altri - ritenesse che si può, in qualche maniera, prescindere da questi argomenti come questioni forti e che devono caratterizzare la vita, la riflessione, il lavoro del Consiglio regionale da qui in avanti.
Voglio dire, senza iattanza: noi non lo consentiremo; non lo consentiremmo e non lo consetiremo, perché da tale questione non si può più fuoriuscire, in quanto - e chiudo con questo - è in gioco l'esistenza del Piemonte come ruolo significativo nell'ambito dell'Europa meridionale comunque come polo di una Regione, come consistenza di una Regione.
E' stato detto da tutti, è cultura comune che i sistemi socio-economici delle Regioni contermini si attraggono.
Se ritiene che il Sindaco Castellani sbagli politica, non sappia dare a Torino il ruolo forte che deve essergli impresso, lo dica. O che sbaglia la Presidente Bresso.
Consentitemi un'espressione molto piemontese per cercare di attirare un po' l'attenzione: "Il torto e la ragione non sono mai tutti da una parte sola". Però, ammettiamo che sia così: non ci si siede ad un tavolo di riflessione per dire "Tutta colpa tua"? Ammettiamo che sia così; ma ciò non rappresenta in nessun modo la soluzione, anche minima, del problema.
Ieri, sempre a quel dibattito che ho citato più volte e che ci è sembrato utile, c'era un imprenditore che diceva: "Siamo in una situazione in cui, a fronte di 250 miliardi di investimento che vengono dall'estero in Piemonte, ce ne sono 350 del Piemonte che vanno all'estero" (provato). Se poi pensiamo a quello che facevano gli altri dieci anni fa e noi no, è chiaro che ci sono spiegazioni anche lì.
Alcuni addirittura dicevano: "Perché non pensiamo di attrarre gli investimenti dalle Province-salvadanaio di Biella o da alcune aree...?". E' sicuramente poco di più che una battuta: ci vuole altro per far galleggiare un'economia, per far riprendere un'economia; ma il tutto concorre comunque a mettere a fuoco la serie dei problemi grossi sui quali questo Consiglio regionale deve misurarsi con la forza del proprio ruolo politico - che tutti in qualche modo affidano alla Regione - e, consentitemi, con il realismo del proprio bilancio.
L'hanno detto quasi tutti i colleghi che sono intervenuti da questi banchi: noi non possiamo immaginare di sederci ad un tavolo per negoziare lo sviluppo, portando dalla nostra parte, a fronte di un bilancio di 12.500 miliardi con i 4.000 miliardi di residui passi tra reimpostati e non... Se vi piace, discutiamo degli 800 miliardi proposti dal Consigliere Chiezzi altrimenti discutiamo di un'altra cifra, che sia comunque adeguata, ma 20 miliardi non rappresentano un elemento di convincente buona volontà da parte della Regione.
Il Presidente Viglione soleva dire: "Metà soldi, metà consigli" diciamo che andare là a dare consigli sarebbe particolarmente inopportuno dal momento che disponiamo anche di qualche risorsa che può essere - mi pare - opportunamente messa in conto, immessa in questo tipo di processo.
Ed è per questo che noi ci muoveremo anche autonomamente, per proporvi un'operazione di destinazione di risorse; considereremmo utile la giornata che è stata qui spesa per cercare di porre all'attenzione del Consiglio regionale la centralità di questi problemi, se dalle conclusioni emergesse la scelta di un metodo, un'indicazione metodologica di lavoro che ci consenta di avere su questo un'occasione, un'opportunità di impegno costante, perché chiaramente un dibattito non può avere risolto un problema delle dimensioni di quello che incombe su di noi relativamente all'economia del Piemonte.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Miglietti; ne ha facoltà.



MIGLIETTI Franco

Credo che della nostra posizione nel merito abbiano già ampiamente parlato sia il Consigliere Vindigni che il Presidente Riba, ma ho chiesto di intervenire per esprimere una preoccupazione.
Credo sia stato ampiamente dimostrato che esiste, in questo Consiglio una maggioranza numerica ma, a mio modo di vedere, sicuramente non una maggioranza politica, perché da parte della maggioranza, sulla firma apposta al Patto per lo sviluppo, ho sentito delle critiche, e anche assolutamente feroci.
Vede, Presidente, se il Patto che è stato firmato e promosso dal Governo come il "Il Patto di Natale" è considerato il "Pacco di Natale" non capisco perché lei voglia farci il "pacco di marzo": è per Pasqua? Presumo che la sua firma su questo documento fosse espressione di una volontà della Giunta, e abbiamo sentito anche interventi autorevoli da parte di Assessori della Giunta del suo governo sostenere le ragioni di questa firma.
Perché vuol farci il pacco di Pasqua, visto che abbiamo già avuto il pacco di Natale?



GHIGLIA Agostino

Quindi condividi!



MIGLIETTI Franco

No, lo hai detto tu! Sto dicendo che questo è stato il dibattito della dissociazione delle idee, perché anche a capire quello che è stato detto ci vuole veramente...
Io avevo proposto, e probabilmente sarebbe stato utile, che ci fossero le relazioni del Presidente e degli Assessori, e poi ci si fermasse, si prendessero i verbali di quelle dichiarazioni, si studiassero e solo poi si intervenisse, perché intervenire a freddo o a caldo, come uno vuole interpretarlo, diventa un'impresa abbastanza difficile.
Voi siete in presenza di un Programma regionale di sviluppo, in cui nelle prime due pagine, dettate dieci regole, che avete chiamato "Il decalogo". Se queste sono le dieci regole del decalogo - non sto qui a leggerle tutte - vi suggerirei... Suggerirei per la salute mentale ed anche per la comprensione politica di qual è l'indirizzo di questa maggioranza...
Noi abbiamo l'opportunità di questo Patto, al di là della sede, sulla quale ci sono tutti i ragionamenti da farsi; ma non essendo io un formalista, non mi formalizzo molto sulla sede, bensì sulla sostanza.
Si è firmato questo Patto per lo sviluppo, si sta firmando, si sta definendo (vi sono i quattro punti), io vi chiederei una cortesia: utilizzate un attimo, visto che l'avete adottato, mi dicevano, nel mese di novembre, il programma regionale di sviluppo e quel Patto che avete sottoscritto l'altro giorno con il Ministro Bassolino e dovete poi dar seguito ad una nuova firma, forniteci il riscontro che queste azioni sia di un documento che dell'altro, hanno con il bilancio. Mi parrebbe la cosa più semplice del mondo. Avrete un'idea di qual è la condizione del Piemonte! Credo di sì, è vostro compito, avete gli strumenti per farlo. Voi dovete fornire al Consiglio, principalmente alla minoranza - credo che la maggioranza sia al corrente di tutto ciò che avviene, avendo un filo più diretto che non il nostro, che è quello della sede consiliare e della sede delle Commissioni - quale riscontro hanno i due documenti con il documento principe che è il bilancio.
Il decimo punto del decalogo recita: "Incrementare l'efficacia dell'attività di lobbing internazionale". Allora, ci dite come avete attivato questo decimo punto con la firma che avete sottoscritto l'altro giorno e con il bilancio attuale in vostro possesso, che in modo così sollecito abbiamo approvato? Spiegatecelo. I cittadini piemontesi e l'industria aspettano questo. Tutto quello che è stato qui magnificato, da una parte per denigrare cosa è avvenuto e, dall'altra, per magnificare quali sarebbero le nuove strategie e le nuove linee. Diteci come si applica questa decima norma del decalogo rispetto ai due provvedimenti che sono a nostre mani, che rapporto c'è tra la firma sottoscritta e quella che si andrà a sottoscrivere fra alcuni giorni e il bilancio regionale. Noi credevamo di avervi dato qualche indicazione: nell'intervento di stamattina, il Consigliere Vindigni ha spiegato che quando una famiglia è in difficoltà, va a recuperare tutte le sue risorse e le mette a disposizione per far fronte a un momento di difficoltà. Ho sentito, da parte di Ghiglia, di Angeleri e dello stesso Gallarini, che il Piemonte ha bisogno di iniezioni immediate di risorse per ottenere il decimo capitolo del decalogo. Se è, perché in questo momento non si va in questa direzione? Ben diverso è quello che è avvenuto qualche anno fa con governi di cui noi non abbiamo mai fatto parte e di cui non condividiamo assolutamente la scelta di portare ad oggi, con tutto quello che è avvenuto, il contenimento della spesa e l'abbattimento degli interessi.
Nonostante tutto, siamo ancora a 2.400.000 miliardi di deficit, pur avendo avuto un rientro, un risanamento, un abbattimento degli interessi e siamo arrivati a 240/250 miliardi l'anno soltanto alla rendita finanziaria.
Altro che investimenti! Era un bel vivere per quelli che, pur andando in quella direzione, non si preoccupavano per niente. Un'azienda riesce al massimo a portare a casa il 10-12% di utile, mentre allora si ricavava dalla rendita finanziaria il 22-23%, tranquillamente, sulla pelle di tutti gli altri.
Come rispondete a questo? Dal momento che il governo, con tutti i sacrifici che ha richiesto, ha operato un risanamento finanziario e sta andando avanti in questa direzione, perché voi, in questa fase di calo dei tassi di interesse, dalla disponibilità di indebitamento da parte della Regione Piemonte, non date un segnale forte per mettere in atto il decalogo che avete qui elencato? Non si può scrivere in un certo modo e poi contraddire nei fatti quello che avete scritto sui documenti. La politica si fa anche in termini seri, venendo incontro a coloro che oggi stanno chiedendo al Parlamento piemontese e al Parlamento nazionale almeno una speranza per il futuro. E' una domanda formale, Presidente, quella di avere una descrizione del rapporto che c'è fra il Piano regionale per lo sviluppo e l'occupazione e il bilancio: è un impegno che dovete assolutamente assumere, che può essere dibattuto nella Commissione competente e poi eventualmente portato all'attenzione dell'aula.



PRESIDENTE

Credo che con questo intervento, non avendo più richieste di parola, si possa considerare concluso il dibattito. Sono stati presentati tre ordini del giorno.
Esaminiamo il primo, ovvero il n. 936: "Crisi occupazionale in Piemonte Provvedimenti", a firma Chiezzi, Simonetti, Cavaliere, Spagnuolo Miglietti, Riba e Peano.
Non essendovi richieste di parola, pongo in votazione tale ordine del giorno, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte considerato che la mancanza di lavoro, in Piemonte, colpisce circa il 18,5 % dei giovani tra i 15 ed i 29 anni, gran parte dei quali é alla ricerca del primo impiego in particolare la forte crisi occupazionale (11,8%) che si registra nel nostro capoluogo coinvolge in larga parte il mondo giovanile. I giovani senza lavoro, secondo recenti dati dell'ISTAT, sono 69.000, esattamente il 60% dei disoccupati questi dati evidenziano la drammaticità della situazione e richiedono interventi urgenti ed il reperimento di risorse pubbliche e private in un quadro di sinergie capace di individuare soluzioni positive. Occorre una progettualità nuova rivolta al mondo giovanile per dare fiducia e aprire la strada a prospettive di lavoro ed a forme di occupazione basate anche sulla sperimentazione di nuove attività, sollecitata dalle trasformazioni e dai cambiamenti intervenuti nella società occorre una nuova progettualità capace di vincere la sfida con la complessità della situazione, individuando nuovi mestieri, nuovi lavori nuove attività capaci da una parte di dare risposte occupazionali e dall'altra a soddisfare esigenze e bisogni concreti per le persone, i servizi e le imprese ritiene necessario uno straordinario impegno pubblico sia dal punto di vista economico che progettuale, che deve fungere da stimolo al mondo dell'impresa e delle fondazioni bancarie, per coinvolgerle e spingerle alla partecipazione nella costruzione e nel finanziamento di progetti finalizzati a creare occasioni di lavoro per i giovani nei diversi settori che possono produrre occasioni di lavoro per il mondo giovanile ed in particolare per i giovani a media e bassa scolarità: ambiente, territorio, sicurezza. Riqualificazione aree degradate e loro recupero; attivazione del garante civico inteso come gruppo qualificato alla mediazione sociale nei quartieri ed utile ad intercettare occasioni di conflittualità ed a favorire processi di integrazione anziani e disabili. Predisposizione di interventi di assistenza non sanitaria a favore di anziani e disabili recupero evasione fiscale. Attività teorico pratica per interventi finalizzati al recupero dell'evasione fiscale nei diversi settori della P.A.
riorganizzazione del settore commercio. Gestione aree mercatali rilevazione presenze, formazione graduatorie, informatizzazione delle procedure artigianato, imprese, commercio. Rilancio dell'apprendistato, borse lavoro con percorsi formativi mirati impegna il Presidente della Giunta regionale a creare le condizioni per costruire un progetto finalizzato all'occupazione di un consistente numero di giovani, anche in forma di part time a dare mandato al Settore Lavoro-Formazione Professionale di elaborare un'ipotesi progettuale ad attivarsi efficacemente per attingere ai finanziamenti nazionali ed attuare gli interventi previsti dal Patto Sociale siglato dal Governo e dalle parti sociali il 28/12/98 a definire tempi e modalità del Patto Regionale di Sviluppo, individuando specifici progetti per il rilancio occupazionale dei giovani a sottoporre il progetto all'esame delle Fondazioni bancarie, considerate le finalità sociali dello stesso e l'utilità di intraprendere percorsi formativi per l'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro a stanziare ulteriori risorse in un quadro di sinergie capace di coinvolgere soggetti pubblici (Regione, Comune, Provincia...) e soggetti privati (Banche, Imprese profit e non , Artigiani, Commercianti etc) nella costruzione di un patto comune per il lavoro, con particolare attenzione all'occupazione giovanile a stanziare ulteriori risorse per la formazione professionale, in un quadro di indirizzo imprescindibile tra percorso formativo e sbocco professionale." Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Non è approvato con 12 voti favorevoli, 21 contrari e 1 astensione.
Esaminiamo ora l'ordine del giorno n. 937 "Sostegno al Piano per lo Sviluppo dell'occupazione in Piemonte" dei Consiglieri Gallarini, Casari Cotto, Ghiglia e Rubatto.
Non essendovi richieste di parola, pongo in votazione tale ordine del giorno, il cui testo recita: "Premesso che il 22 dicembre 1998 è stato siglato tra il Governo e le parti sociali il Patto sociale per lo sviluppo e l'occupazione preso atto che il 28 gennaio 1999 presso la Prefettura di Torino è stato sottoscritto un protocollo tra Governo, Regione, Enti locali e parti sociali, che, sulla base dell'analisi socio- economica della realtà piemontese, ha portato le parti a concordare sulla necessità di affrontare la situazione piemontese con programmi strategici di ampia portata, anche in rapporto alla elaborazione di specifiche iniziative in fase di attuazione da parte delle istituzioni locali e delle parti sociali, quali programma regionale di sviluppo, intesa istituzionale di programma, patti territoriali e piano strategico della città di Torino considerato che a seguito dell'accordo sono stati costituiti tavoli regionali di concertazione relativi a infrastrutture e ambiente, sviluppo e politiche attive del lavoro e della formazione professionale e riforma della pubblica amministrazione dato atto che il Governo si è impegnato, nell'ambito delle responsabilità che gli competono, a chiarire le risorse normative e finanziarie che potranno essere rese disponibili considerato che dall'attività concertativa dei tavoli sta emergendo una volontà positiva di tutte le parti di attivare azioni finalizzate ad intervenire con gli strumenti più idonei di natura normativa, di incentivazione e formazione per accompagnare la attuale fase di trasformazione del sistema produttivo piemontese, creando le condizioni di maggior occupazione il Consiglio regionale si impegna a definire in tempi rapidi gli interventi legislativi in materia di deleghe e conferimenti di compiti e funzioni agli Enti locali impegna la Giunta regionale a mantenere un ruolo attivo nella gestione degli strumenti di programmazione negoziata, nelle politiche industriali territoriali e di riqualificazione delle risorse a concertare gli strumenti di incentivazione relativi anche ai sistemi di diffusione e di nuove tecnologie nel campo industriale e dei servizi di sviluppo agricolo a seguire le indicazioni della concertazione ricercando anche soluzioni sperimentali in ordine alle politiche della formazione con particolare riguardo all'integrazione dei sistemi della scuola, della formazione, della ricerca del lavoro e l'obbligo formativo a 18 anni, all'impegno della formazione nei progetti di intervento pubblico, all'attività formativa a sostegno dell'inserimento nel lavoro, alla qualificazione dell'occupazione ed alla sua mobilità professionale ad attuare le forme di semplificazione amministrativa più idonee al rilancio del sistema produttivo piemontese, anche nell'ottica della realizzazione dello sportello unico delle imprese a definire con esattezza i cronoprogrammi delle opere infrastrutturali la responsabilità delle procedure ed i relativi impegni finanziari, con monitoraggio delle fasi realizzative con relativa ripartizione delle responsabilità tra i soggetti firmatari a perseguire strategie ed individuare linee di intervento concrete in materia di difesa del suolo, ciclo integrato delle acque e risanamento ambientale ed in materia di energia, funzionali allo sviluppo economico sostenibile nel rispetto dell'ambiente." Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 22 voti favorevoli, 3 contrari e 7 astensioni.
Esaminiamo ora l'ordine del giorno n. 938 "Sostegno al Piano per lo sviluppo dell'occupazione in Piemonte", a firma dei Consiglieri Riba Vindigni, Suino, Bellion, Foco, Miglietti e Bertoli.
Non essendovi richieste di parola, pongo in votazione tale ordine del giorno, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte preso atto che il 28 gennaio 1999 il rappresentante del Governo, i rappresentanti della Regione, degli Enti locali e le parti sociali del Piemonte hanno firmato un protocollo che prevede la definizione di un Patto regionale per l'occupazione e lo sviluppo del Piemonte, che abbia come punti di riferimento il Patto sociale per lo Sviluppo e l'occupazione del 22/12/98 e il protocollo siglato dalle Regioni e le Autonomie Locali con il governo che tale Patto regionale debba trovare una prima sintesi e conclusione all'inizio del corrente mese condividendo le indicazioni che il protocollo suddetto dà circa le politiche che hanno un valore strategico per il rilancio della Regione impegna la Giunta regionale: a portare al Consiglio immediatamente dopo la stipula del Patto regionale per lo Sviluppo e l'occupazione tale documento perché ne possa prendere atto a individuare immediatamente le risorse a disposizione della Regione che il Piemonte destina al cofinanziamento dei progetti che daranno concretezza al Patto, anche per dare attuazione all'ordine del giorno approvato a conclusione della discussione sul bilancio 1998, finalizzato a trovare risorse a sostegno di un Piano per lo Sviluppo dell'Occupazione in Piemonte.
In particolare il Consiglio impegna la Giunta a reperire tali risorse sia utilizzando i fondi trasferiti dallo Stato alla Regione e che dovranno essere oggetto di devoluzione; specifici fondi del bilancio 1999 recentemente approvato; fondi, per un importo non inferiore a 100 miliardi da reperire con mutui." Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno non è approvato con 7 voti favorevoli e 23 astensioni.


Argomento: Partecipazioni azionarie regionali

Esame disegno di legge n. 428: "Costituzione della società consortile per azioni ICARUS" - Rinvio in Commissione (ex art. 81 del Regolamento)


PRESIDENTE

Esaminiamo il disegno di legge n. 428, di cui al punto 14) all'o.d.g.
Relatore è il Consigliere Gallarini, che ha facoltà di intervenire.



GALLARINI Pier Luigi, relatore

Do per letta la relazione, il cui testo, a mani dei Consiglieri recita: "Sigg. Consiglieri, la Regione Piemonte ravvisa la necessità di rafforzare la strategia di consolidamento del sistema economico del territorio torinese mediante la valorizzazione e salvaguardia delle realtà produttive tecnologicamente avanzate.
In questo contesto si colloca l'iniziativa denominata Centro Multifunzionale (CMF) che consiste nella realizzazione di una infrastruttura permanente high-tech per la fornitura di una vasta gamma di servizi a terra finalizzati al supporto di missioni spaziali, in particolare per le operazioni e l'utilizzazione della Stazione Spaziale Internazionale.
La Stazione Spaziale Internazionale che costituisce il più importante programma di cooperazione internazionale nel campo scientifico e tecnologico fino ad oggi intrapreso, consisterà in una base unica nello spazio destinata alla ricerca scientifica e tecnologica in assenza di gravità, all'osservazione della Terra e degli corpi celesti e rappresenterà un avamposto per l'esplorazione e lo sfruttamento futuro dello spazio per missioni interplanetari.
La Stazione Spaziale, avendo una vita operativa superiore al decennio richiede una infrastruttura ed una organizzazione in grado di fornire e di assicurare sia il complesso orbitale di quanto va ricambiato a bordo (equipaggio, componenti, esperimenti), sia l'attività di gestione svolta a terra (rifornimenti, supporti ingegneristici, miglioramenti).
Il CMF sarà quindi inserito in una rete internazionale di infrastrutture (che comprende anche i criteri della NASA) ed opererà a supporto della Agenzia Spaziale Italiana ed Europea assicurando servizi avanzati, ingegneristici e logistici.
A tale proposito, il CMF ha avanzato domanda di contributo sulla misura 4.1b "Sistemazione di siti industriali degradati effettuata da Enti pubblici" in attuazione del DOCUP 97-99 ex Reg. CEE 2081/93 - ob.2.
Il sito oggetto di intervento, collocato nello stabilimento della Divisione Aeronautica di Finmeccanica-Alenia Aerospazio in Torino - Corso Marche, verrà dismesso per recuperare la propria funzionalità in un settore a più elevato contenuto tecnologico quale quello spaziale.
L'iniziativa ha ampia rilevanza sia per l'internazionalità del mercato a cui si rivolge sia per la specificità dei servizi offerti ed inoltre si connota per interessanti ricadute a livello occupazionale in quanto il Centro è destinato ad ospitare, per l'intero arco di vita della Stazione Spaziale, teams internazionali di tecnici con ampio apporto di maestranze locali.
Al riguardo si può ragionevolmente ritenere che il Centro consentirà la creazione di circa 30 nuovi posti di lavoro oltre a salvaguardarne altri 190 di esistenti (altrimenti eccedenti), tutti di elevata qualificazione professionale. Oltre a ciò se ne possono ipotizzare ulteriori 40 nell'indotto al Centro (PMI e terziario).
Del pari di grande importanza sono gli effetti di mantenimento (ed anzi di accrescimento) del Know how acquisito e residente nelle strutture industriali del territorio così come è importante il recupero di siti industriali in via di dismissione e funzionalmente degradati attraverso una ristrutturazione atta a predisporre un Centro di Servizi le cui operazioni successive hanno garanzia di validità economica e commerciale.
Per la realizzazione del Centro si prevede la costituzione di una società consortile S.p.A. a maggioranza pubblica e senza fini di lucro formata dagli Enti Pubblici già facenti parte del costituito Comitato Promotore e da Finmeccanica S.p.A.
La Società, sarà quindi formata da Regione Piemonte (20,4%), Comune di Torino (15,3%), Provincia di Torino (7,65%), CC.II.AA.(7,65%) e Finmeccanica S.p.A. - Area Alenia Aerospazio (49%).
Per l'acquisizione della partecipazione deriva, a carico della Regione un onere complessivo di 4.060 milioni. Allo stesso si farà fronte mediante lo stanziamento di 4.000 milioni già previsti nella Legge di bilancio a questi fini (come da elenco allegato al cap. 27170) e per 60 milioni con riduzione di pari importo dello stanziamento di cui al cap. 20110. La Regione Piemonte parteciperà alla Società tramite Finpiemonte S.p.A.
La formula utilizzata è quella della intestazione fiduciaria in capo a Finpiemonte S.p.A. delle azioni di competenza regionale.
Il rapporto fra Regione e Finpiemonte è così configurabile: Finpiemonte partecipa alla costituzione della Società in nome proprio ma per conto della Regione, vale a dire quale mandatario senza rappresentanza nel quadro di un rapporto di mandato.
La Regione, quale mandante e proprietaria effettiva, è tenuta a dare le istruzioni e a fornire, di volta in volta, a Finpiemonte i mezzi finanziari occorrenti affinché quest'ultima - quale intestatario fiduciario della partecipazione - adempia al mandato.
I poteri connessi alla partecipazione spettano a Finpiemonte ma trovano rispetto alla Regione - precisi limiti nella natura del rapporto di mandato che impone al mandatario di attenersi scrupolosamente alle istruzioni del mandante.
Questa modalità partecipative (che assumono carattere di novità nel nostro Ente) sono ampiamente diffuse in altre realtà regionali e valgono a valorizzare le progettualità e le esperienze presenti nella Finanziaria regionale oltre che a consentire, pur salvaguardando le prerogative regionali, una più agevole e snella gestione della partecipazione.
Integri rimangono (art. 4) i poteri di verifica e controllo che la legge regionale 39/95 attribuisce al Consiglio Regionale rispetto alle Società direttamente partecipate.
Si ipotizza infine un momento istituzionale di raccordo (Art.5) fra gli Enti pubblici azionisti al fine di rendere effettiva e proficua la detenzione complessiva del pacchetto azionario di maggioranza.
Ai fini di consentire l'immediata predisposizione degli atti occorrenti all'avvio della Società consortile "ICARUS" in relazione al tempestivo conseguimento degli obiettivi dal DOCUP, la G.R. richiede la dichiarazione di urgenza della Legge".



PRESIDENTE

Non essendoci richieste d'intervento passiamo alla votazione dell'articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art.
44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 32 voti favorevoli 32 L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art.
44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 32 voti favorevoli 32 L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art.
44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 32 voti favorevoli 32 L'art. 3 è approvato.
ART. 4 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art.
44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 32 voti favorevoli 32 L'art. 4 è approvato.
ART. 5 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art.
44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 32 voti favorevoli 32 L'art. 5 è approvato.
ART. 6 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art.
44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 32 voti favorevoli 32 L'art. 6 è approvato.
ART. 7 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art.
44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 32 voti favorevoli 32 L'art. 7 è approvato.
Si proceda infine alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 33 hanno risposto SI' 33 Consiglieri La legge è approvata.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19.19)



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