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Dettaglio seduta n.314 del 17/12/98 - Legislatura n. VI - Sedute dal 23 aprile 1995 al 15 aprile 2000

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DEORSOLA


Argomento: Commemorazioni

Commemorazione di Monsignor Giuseppe Garneri


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
La seduta odierna del Consiglio regionale ha come argomento la commemorazione di Giuseppe Saragat nel centenario della nascita.
Prima di iniziare questa parte del Consiglio, desidero ricordare che martedì scorso, all'età di 99 anni, è mancato Monsignor Giuseppe Garneri Vescovo di Susa fino al 1978. Di lui desidero ricordare la figura dell'uomo di fede e di testimone di episodi significativi della lotta di Liberazione.
Infatti, viene ricordato nel libro di Valdo Fusi "Fiori rossi al Martinetto", per uno dei momenti più drammatici vissuti dalla città di Torino durante il periodo in cui Monsignor Garneri era parroco del Duomo.
Un tempo di odi e di rancori, durante il quale Monsignor Garneri, da vero sacerdote, intervenne per aiutare e confortare il prossimo in modo indipendente dalla divisa che questi portava.
Infatti, aveva ospitato nella sacrestia del Duomo i membri del CLN guidati dal Generale Perotti, poi catturati ed uccisi, ma sempre lui fu l'assistente spirituale del federale di Torino, giustiziato dagli uomini della Brigata Garibaldi.
Nel dopoguerra e sino a pochi anni orsono, nella sua opera pastorale quale responsabile dell'Opera Diocesana Preservazione della Fede, contribuì in maniera determinante alla realizzazione di numerose chiese. Tra le sue più valide iniziative, il Centro giornali cattolici.
Dunque, un uomo di Dio illuminato ed attivo, grazie alla fede. Del suo esempio, sono certo, la comunità piemontese conserverà a lungo il ricordo.



(I presenti, in piedi, osservano un minuto di silenzio)


Argomento: Commemorazioni

Commemorazione del Presidente Giuseppe Saragat nel centenario della nascita


PRESIDENTE

Desidero ora passare alla parte dei nostri lavori che avevamo previsto per la commemorazione del Presidente Saragat.
Signore, signori, colleghe e colleghi Consiglieri, oggi, con questa seduta del Consiglio regionale, vogliamo ricordare, a cento anni dalla sua nascita, una delle figure più emblematiche della storia politica italiana di questo secolo: Giuseppe Saragat.
Con questa cerimonia non vogliamo solo ricordare, come giustamente merita, un insigne torinese di origine sarda che ha incarnato nella sua esistenza uno dei tanti aspetti dell'intricato - e sofferto dai suoi protagonisti - percorso dell'idea socialista e che è assurto poi alla somma carica di Presidente della Repubblica, ma anche riflettere, prendendo spunto dalle sue idee e dalle sue opere, su questo "nostro secolo breve" che si sta chiudendo ed, in particolare, sul talvolta faticoso percorso della democrazia italiana.
Dunque, questa non è solo un'occasione celebrativa, ma un modo, un tramite, appunto attraverso il ricordo di una persona come Giuseppe Saragat, di riandare al passato per capire meglio il nostro presente.
Vorrei aggiungere, inoltre, che la riflessione odierna su Giuseppe Saragat si inserisce a pieno titolo ed, aggiungo, in modo anche ideale, in un'iniziativa più vasta ed articolata promossa proprio dal Consiglio regionale, svoltasi nell'arco di due anni, che ha visto ieri la sua felice conclusione.
L'iniziativa di cui parlo è quella organizzata in collaborazione con il Provveditorato agli Studi di Torino e l'Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della Società contemporanea, che ha voluto celebrare in modo non rituale il Cinquantesimo anniversario della Repubblica e della Costituzione.
Protagonisti attivi di questa iniziativa insegnanti e studenti delle Scuole superiori che hanno realizzato percorsi formativi e didattici sul nostro passato prossimo, mirati, ad un tempo, sia ad approfondire la conoscenza della nostra storia sia a proporre confronti e riflessioni con la contemporaneità.
A questo collegamento ideale ne va aggiunto un altro.
Proprio in quest'aula, martedì scorso, abbiamo ricordato, a dieci anni dalla sua tragica scomparsa, un altro uomo politico socialista di alto spessore, che molto ha dato per l'affermazione dell'Istituto regionale: Aldo Viglione.
Dunque, nell'arco di una settimana, il Consiglio regionale riunito ha voluto, nei fatti, ribadire l'importanza fondamentale della storia come maestra di vita, della rilettura del passato dalla quale possono scaturire una o più indicazioni sul nostro futuro di Paese democratico.
E il ricordare vita ed opere di Giuseppe Saragat è senz'altro utile in questo senso.
Se si scorrono le tappe della sua esistenza, infatti, è possibile individuare alcuni snodi fondamentali della vita italiana del '900: dal buio della dittatura fascista, al riscatto della Resistenza, dalla nascita densa di speranze, della nostra Repubblica, alla scelta di campo di questa nel panorama internazionale del dopoguerra, fino agli anni della ricostruzione.
Ebbene, in ciascuno di questi momenti chiave Giuseppe Saragat agì ed operò da protagonista o ebbe un ruolo di primo piano.
Però, come giustamente fa notare in un suo scritto Marco Brunazzi direttore dell'Istituto di studi storici Gaetano Salvemin, manca ancora su Giuseppe Saragat, nella pubblicistica, un'opera storico-biografica scientificamente fondata.
"Eppure" - prosegue lo studioso - "l'importanza di Giuseppe Saragat nella storia politica e sociale dell'Italia del '900 appare sempre più evidente con il passare del tempo: sia per il periodo solo superficialmente conosciuto degli anni dell'antifascismo militante, dell'esilio viennese e poi francese, del ruolo di primo piano nel Partito Socialista degli anni '30 e '40, della revisione teorica del marxismo secondointernazionalista sia per il periodo della sua piena partecipazione alla costruzione della Repubblica e della Costituente; sia per le scelte politiche successive certamente cruciali per gli assetti del nuovo quadro politico nazionale nell'ambito degli anni della guerra fredda".
Ma anche i decenni che seguirono e che culminarono poi nella sua elezione a Presidente della Repubblica hanno sinora avuto letture occasionali e contingenti, legate alla polemica immediata e non ricollegate ad una visione di insieme che le riconnetta all'intero percorso politico del suo protagonista.
Dunque, una lacuna storiografica da colmare anche perché, studiando ed analizzando vita ed opere di Giuseppe Saragat, è possibile leggere un percorso storico ben definito.
Vorrei, allora, proporre alla vostra attenzione quelli che io ritengo alcuni punti chiave del suo percorso politico.
Innanzitutto, il fatto che fin dalla sua adesione al socialismo, nel 1925, Giuseppe Saragat tiene una costante e chiara linea ideologica socialdemocratica.
A tal proposito, vale la pena ricordare che il suo "socialismo democratico" era nella corrente classica.
La stessa dizione socialismo democratico anziché socialdemocrazia dizione sulla quale insistette sempre, sottolinea la natura del socialdemocratismo di Giuseppe Saragat: è, cioè, democratico, ma socialismo e non una forma di liberalismo sociale, o di radicalismo.
Inoltre, vorrei riprendere alcuni concetti espressi da Giuseppe Saragat, nell'aprile del 1946, al primo Congresso del dopoguerra del PSI svoltosi a Firenze.
Sul tema-problema delle due concezioni del socialismo democratico o autoritario è chiaro: la libertà dell'uomo non può essere in antitesi con la democrazia, anzi, la democrazia è il mezzo per la libertà.
Molti - sottolinea Giuseppe Saragat - concepiscono la dittatura del proletariato come mezzo per la democrazia, ma questo è un falso evidente.
"L'errore di molti consiste nel risolvere tutta la realtà sociale in termini di classe", aggiungendo che, in tal modo, "sotto la maschera della democrazia si prepara il totalitarismo".
Vorrei ancora proporvi una frase emblematica pronunciata da Giuseppe Saragat nel suo, per certi versi, drammatico discorso della scissione pronunciato nella sala di Palazzo Barberini agli inizi del 1947.
"Pare che tutto sia predisposto per dirigere i lavoratori verso una società dove la coercizione di ognuno sia la premessa della coercizione di tutti".
E' proprio su questi concetti che si basa, si motiva, si spiega la scelta di campo, definita "occidentale", coraggiosa ed incompresa allora e poi per lunghi anni da una parte non minima della sinistra italiana di Giuseppe Saragat. La speranza è quella che la nostra odierna seduta contribuisca ad evidenziare ancora di più, come merita, l'importanza nella storia della nostra democrazia della figura di Giuseppe Saragat.
Ringraziandovi per l'attenzione, cedo ora la parola all'on. Gianfranco Schietroma, coordinatore nazionale - come sapete - dei Socialisti Democratici Italiani. Devo anche informarvi che questa iniziativa di commemorare la figura di Saragat è stata presa autonomamente dall'Ufficio di Presidenza dopo un'indicazione anche del Gruppo dei Socialisti Italiani della Consigliera Spagnuolo e del Consigliere Angeli. Grazie.



(Applausi da parte del pubblico presente in aula)



PRESIDENTE

Formalmente, la seduta del Consiglio termina qui, ma la parte importante della nostra riunione è quella di sentire le parole dell'on.
Schietroma, il cui testo scritto verrà riportato, per opportuna conoscenza nel resoconto stenografico della presente seduta.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenuti alla Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 15,30)


Argomento:

Intervento dell'on. Schietroma


PRESIDENTE

SCHIETROMA



PRESIDENTE

Signor Presidente del Consiglio regionale, signori Consiglieri regionali, cento anni fa nasceva a Torino un uomo al quale questo nostro Paese deve certamente molto. Cinquantuno anni orsono fu costretto a dividere la sinistra. Fu osteggiatto e combattuto duramente e con lui i suoi seguaci.
Era il 1947, i tempi della Russia di Stalin; senza la coraggiosa iniziativa dell'uomo politico di cui sto parlando, l'Italia quasi certamente avrebbe potuto avere lo stesso triste destino di fame e miseria dei Paesi dell'Est. Ha avuto ragione; eppure il nostro Paese sembra averlo dimenticato, nonostante sia stato il primo Presidente dell'Assemblea costituente, nonché Presidente della Repubblica davvero esemplare.
"La sua figura" - ha detto recentemente il Presidente della Camera Luciano Violante - "è stata messa quasi ai margini della memoria collettiva, proprio nel momento in cui alcune sue scelte di fondo trovavano riscontro nei fatti della storia". Ed io sono davvero grato a voi, signor Presidente del Consiglio regionale e signori Consiglieri regionali, che avete voluto ricordare oggi questo grande uomo: Giuseppe Saragat.
Uno dei personaggi più significativi dell'Italia repubblicana. Uno dei padri fondatori, appartenente a quella generazione che costruì l'Italia delle libere istituzioni, che dobbiamo difendere gelosamente. Nella chiarezza. Senza esitazioni.
L'importanza della scelta di Palazzo Barberini forse ancora non è stata percepita dalla più larga parte degli italiani, ma certamente si è trattato di un gesto decisivo per il nostro Paese. Con quel gesto coraggioso Saragat entrava davvero da protagonista, sul serio e a buon diritto, nella storia dell'Italia contemporanea.
Uomo di grande cultura, sapeva parlare praticamente di tutto. Era un grande conoscitore di libri rari ed eccezionali, capace di leggere in lingua originale Goethe e Marx. Esemplare per equilibrio, correttezza pulizia. Un protagonista che ha inciso un segno profondo nella nostra storia nel momento più pericoloso e decisivo.
"Il socialista che sapeva scegliere", lo definì Domenico Fisichella attuale Vicepresidente del Senato. La sua forte coerenza politica e morale gli consentì di avere il coraggio dell'impopolarità. Le sue scelte furono subito definitive ed irrinunciabili, con intuizioni al limite della profezia e con una visione della politica che, con la difesa della libertà e della democrazia, doveva realizzare le condizioni materiali della giustizia sociale. Il suo messaggio programmatico (case, scuole, ospedali) è un fondamentale riferimento, dal momento che ancora oggi c'è la necessità di difendere la casa, la scuola pubblica e di battersi per una sanità davvero efficiente.
Ma, al di là delle questioni programmatiche, la scissione di Palazzo Barberini riguardava - come ha detto bene il Presidente del Consiglio regionale - soprattutto una diversa dislocazione internazionale. E la posizione di Saragat era identica a quella dei socialisti e socialdemocratici europei, unanimemente concordi verso la scelta d'occidente.
Va dato quindi risalto all'opzione europeista di Palazzo Barberini dove Saragat fu motivato dalla convinzione che lo "sbocco europeo" era l'unica necessaria premessa della conquista della democrazia e del socialismo e che l'europeismo dei socialisti riformisti era il baluardo contro il dilagare dello stalinismo.
"Saragat" - ha detto recentemente il Presidente Scalfaro - "fin dall'inizio della sua vita ha scelto di schierarsi per la libertà; questa scelta non ha tradito mai; mai una volta che un calcolo politico, una questione di rimanere nella maggioranza, un problema di avere posti di potere; mai una volta che quella che viene chiamata la politica spicciola (forse dovrebbe essere chiamata con più sincerità in altro modo) abbia mosso, turbato o posto interrogativi su questa scelta assoluta, precisa motivata, pagata personalmente: la scelta di liberta". Sin qui, il Presidente Scalfaro.
E in effetti, i punti fermi di Saragat erano la difesa della democrazia e lo sviluppo nel suo ambito della giustizia sociale. E, dunque, nei Paesi in cui si tenta di realizzare la giustizia sociale, sopprimendo la libertà politica, si distrugge l'una e l'altra. "A conferma di questa nostra posizione" - ammonisce Saragat - "è l'esperienza dei Paesi in cui il marxismo-leninismo ha trovato modo di insediarsi in permanenza".
La Rivoluzione di ottobre del 1917 vede l'avvento di Lenin al potere.
All'inizio di essa, l'Assemblea costituente, liberamente eletta, trova i leninisti con il 17% dei voti. Lenin e Trotsky sciolgono l'Assemblea e ha inizio così la dittatura.
Resta per tutti - ricorda Saragat - il giudizio implacabile e definitivo dell'eroica e rivoluzionaria Rosa Luxembourg, assassinata a Berlino dagli ufficiali tedeschi nel gennaio del 1919, dopo il fallimento della rivolta spartakista, il cui cadavere fu gettato nella Sprea. "Il rimedio inventato da Lenin e Trotsky" - dice Rosa Luxembourg - "la totale soppressione della democrazia, è peggiore del male che essi supponevano di guarire".
La libertà fu, quindi, sempre il punto di riferimento fondamentale di Giuseppe Saragat. Giovane studioso di Torino, laureato in Scienze economiche, riconobbe in Claudio Treves il suo maestro e si iscrisse al Partito socialista per attivare la lotta contro la dittatura.
Nel 1926, dopo l'entrata in vigore delle leggi eccezionali e la revoca del mandato parlamentare ai deputati di tutti i Gruppi dell'opposizione Saragat con Claudio Treves passa il confine con la Svizzera, camminando lungo il sentiero che fiancheggia il lago di Lugano in burrasca. "E come un prigioniero che volesse liberarsi dalle catene" dice rivolto al suo più anziano compagno. E Treves gli risponde "il lago ha ragione". Il loro pensiero è rivolto al Paese che stanno lasciando, caduto sotto un regime negativo di ogni libertà. I due esuli sono diretti a Zurigo, dove si dividono. Treves prosegue per Parigi, Saragat per Vienna, dove stringe un sodalizio durato vari anni con il leader della socialdemocrazia austriaca Otto Bauer, che arricchirà la sua capacità di intuizione politica.
Dopo che Saragat aveva lasciato Vienna per stabilirsi a Parigi, fu pubblicato in Francia il suo libro "L'Umanesimo marxista" ("L'Humanisme marxiste"), un testo che rivelerà ai socialisti di tutta Europa l'importanza dell'elaborazione dottrinaria saragattiana, condotta sulla lettura nella lingua originaria delle opere di Marx, di cui è rivendicato in termini di estrema chiarezza, il significato umano contro le arbitrarie interpretazioni leniniste e contro le aberranti applicazioni staliniste.
Durante l'occupazione nazista Saragat è a Roma, sono con lui Pietro Nenni Sandro Pertini e Bruno Buozzi. Saragat e Pertini vengono arrestati e tradotti nel carcere di Regina Coeli. Saragat verrà condannato a morte dal tribunale militare tedesco. Allo scrittore siciliano Ettore Patti, compagno di prigionia che gli confida il suo terrore di essere fucilato dai tedeschi, Saragat risponde: "E se anche avvenisse? Per due di noi che cadessero, ve ne sarebbero cento altri che prenderebbero il nostro posto per continuare la lotta per la libertà".
Un abile stratagemma, un ordine di scarcerazione con firma falsa consente di liberare sette detenuti tra cui Saragat e Pertini.
A Palazzo Barberini, nel 1947, Saragat ha portato con sé in questa nuova battaglia la sua visione umanistica del marxismo, la traccia profonda delle convizioni di Otto Bauer che non vi è socialismo senza democrazia, il patrimonio ideale per il quale ha scelto l'esilio e la lotta contro il totalitarismo. "A distanza di anni" - ha detto recentemente il Presidente del Senato, Mancino - "possiamo dire che il seme gettato nel gennaio 1947 ha dato i suoi frutti nella storia del Paese. Oggi, ancor più dopo la caduta del muro di Berlino, è chiaro che Saragat, politicamente e storicamente, ha avuto l'intuizione vincente. Senza la sua scelta ostinata e coraggiosa" - ha aggiunto il Presidente Mancino - "avrebbe perduto la democrazia".
Il Paese gli ha manifestato il suo tributo di riconoscenza quando il Parlamento nel 1964 volle eleggerlo Presidente della Repubblica.
Come un segno fatale e significativo nel ribadire la continuità storica del pensiero riformista, è morto dieci anni fa, nello stesso giorno ed alla stessa ora in cui morì cinquantacinque anni prima il suo maestro, Claudio Treves.
Ci ha insegnato soprattutto che la cosa più importante nella vita è avere degli ideali.
Grazie, Saragat.



PRESIDENTE

Prima di concludere questo nostro incontro, devo solo ricordare - mi scuso per non averlo fatto prima - che il Presidente della Provincia prof.ssa Mercedes Bresso, il Sindaco di Torino, dott. Valentino Castellani e il Commissario di Governo, dott. Cavallo, hanno inviato una comunicazione scusandosi per il fatto di non poter essere presenti per con comitanti impegni collegati alla loro attività. Grazie.



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