Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.3 del 28/06/95 - Legislatura n. VI - Sedute dal 23 aprile 1995 al 15 aprile 2000

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PICCHIONI


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Racchelli, Scanderebech, Suino e Toselli.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

b) Nomina dei componenti della Giunta delle Elezioni, della Commissione per il Regolamento e della Commissione Consultiva per le Nomine


PRESIDENTE

Devo comunicare al Consiglio, ai sensi dell'art. 14 del Regolamento consiliare, che ho nominato per l'intera legislatura, sentiti i Presidenti dei Gruppi consiliari e tenendo conto della consistenza numerica dei Gruppi stessi, e in modo da garantire la presenza di tutti i Gruppi, i Consiglieri che costituiscono:



PRESIDENTE

la Giunta delle Elezioni nelle persone di:



PRESIDENTE

Giuseppe Goglio (Forza Italia) - Anna Benso (Forza Italia) - Francesco Toselli (Forza Italia) - Marisa Suino (PDS) - Franco Miglietti (PDS) Lido Riba (PDS) - Agostino Ghiglia (AN) - Gaetano Majorino (AN) - Claudio Dutto (Lega Nord Piemont) - Renato Montabone (PPI) - Francesco Moro (Rifondazione Comunista) - Franco Botta (CCD) - Piergiorgio Peano (Popolari) - Giacomo Rossi (Federalisti) - Mario Angeli (Patto dei Democratici) - Pasquale Cavaliere (Verdi Democratici) - Pierluigi Rubatto (APE Pensionati)



PRESIDENTE

la Commissione per il Regolamento nelle persone di: Caterina Ferrero (Forza Italia) - Deodato Scanderebech (Forza Italia) Francesco Toselli (Forza Italia) - Andrea Foco (PDS) - Giuliana Manica (PDS) - Luciano Marengo (PDS) - Agostino Ghiglia (AN) - Gaetano Majorino (AN) - Gian Franco Bellingeri (Lega Nord Piemont) - Mariangela Cotto (PPI) Rocco Papandrea (Rifondazione Comunista) - Sergio Deorsola (CCD) - Paolo Ferraris (Popolari) - Roberto Vaglio (Federalisti) - Carla Spagnuolo (Patto dei Democratici) - Pasquale Cavaliere (Verdi Democratici) - Pier Luigi Rubatto (APE Pensionati)



PRESIDENTE

la Commissione Consultiva per le Nomine nelle persone di:



PRESIDENTE

Angelo Burzi (Forza Italia) - Anna Benso (Forza Italia) - Francesco Toselli (Forza Italia) - Marco Cesare Bellion (PDS) - Silvana Bortolin (PDS) - Luciano Marengo (PDS) - Antonino Ghiglia (AN) - Gaetano Majorino (AN) - Roberto Rosso (Lega Nord Piemont) - Renato Montabone (PPI) Giuseppe Chiezzi (Rifondazione Comunista) - Paolo Ferraris (Popolari) Raimonda Casari (CCD) - Roberto Vaglio (Federalisti) - Carla Spagnuolo (Patto dei Democratici) - Pasquale Cavaliere (Verdi Democratici) - Pier Luigi Rubatto (APE Pensionati).



PRESIDENTE

Voglio ricordare ai Consiglieri che per quanto riguarda la Giunta delle Elezioni, ai sensi dell'art. 15 del Regolamento, la medesima è convocata alle ore 14,30 per la sua costituzione con l'elezione del Presidente, dei due Vicepresidenti e di un Segretario.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto (Elezione del Presidente e della Giunta regionale)


PRESIDENTE

Passiamo al punto 2) all'o.d.g. che prevede l'elezione del Presidente e della Giunta regionale, ai sensi dell'art. 32 dello Statuto.
L'art. 32 dello Statuto recita: "Il Presidente e la Giunta sono eletti dal Consiglio, nel suo seno, con votazione per appello nominale.
L'elezione avviene a seguito di presentazione di un documento sottoscritto da almeno un terzo dei Consiglieri assegnati alla Regione, con il quale si propongono al Consiglio le linee politiche ed amministrative il Presidente e l'intera lista degli Assessori.
Sulle linee politiche ed amministrative proposte si svolge un dibattito al termine del quale il Consiglio procede con votazioni successive all'elezione del Presidente e quindi della Giunta.
E' proclamato eletto Presidente il Consigliere che ha conseguito la maggioranza assoluta dei voti dei Consiglieri assegnati alla Regione.
Ove non sia raggiunta la maggioranza richiesta, l'elezione è rinviata ad altra seduta da tenersi non prima di otto, e non oltre quindici giorni.
Se in questa seconda votazione nessuno dei Consiglieri designati alla Presidenza ha riportato la maggioranza assoluta richiesta, si procede ad un'altra votazione, a seguito della quale viene proclamato eletto chi ha riportato il maggior numero di voti.
Avvenuta l'elezione del Presidente, il Consiglio procede all'elezione della Giunta a maggioranza semplice, con votazione della lista ad esso collegata".
Ricordo che i Consiglieri hanno ricevuto il documento di cui al secondo comma del citato art. 32 dello Statuto, sottoscritto dal prescritto numero dei Consiglieri e recante altresì il nome del Presidente e l'intera lista degli Assessori.
Pregherei pertanto il Presidente designato, Ghigo, di prendere la parola.



GHIGO Enzo

Signor Presidente dell'assemblea, colleghi Consiglieri, il mio primo pensiero va innanzitutto alle vittime dell'alluvione: a loro e ai loro familiari, privati in poche ore dei loro unici averi per causa della cieca violenza della natura e dell'irresponsabilità dell'uomo, dobbiamo evitare l'ulteriore mortificazione di non poter tornare nel più breve tempo possibile alle proprie terre, al proprio lavoro, alla propria casa. Sono certo quindi che questo Consiglio e questa Giunta proseguiranno il lavoro già iniziato, non solo per assicurare i finanziamenti necessari per la ricostruzione, ma anche per varare una politica ambientale che scongiuri altre catastrofi naturali.
Quando poco più di tre mesi fa, da esponenti di alcuni partiti movimenti politici e della società civile mi giunse l'invito ad accettare la candidatura alla Presidenza della Giunta regionale per lo schieramento di centro-destra, fui combattuto da due sentimenti di opposta natura.
Da una parte mi inorgogliva la possibilità di competere con altre persone per un incarico così alto e rappresentativo; dall'altra parte, ad un neofita della politica quale ero, la responsabilità che avrei dovuto assumere, vincendo le elezioni, poteva apparire enorme e gravosa.
Una responsabilità onerosa per chiunque e forse ancor più per me, che non sono nato e cresciuto né di, né per la politica. In momenti difficili non solo in questi ultimi giorni, mi è capitato di riflettere sul fatto che, forse, avrei trovato più tranquillo e rassicurante tornare al mio lavoro, con le sue certezze e i suoi tempi, così diversi da quelli della politica. E' quindi per queste ragioni che, quando alcuni giorni fa ho minacciato le dimissioni da Presidente designato, da deputato e, quindi dalla politica, non ho fatto una boutade, purtroppo ricorrente, nel teatrino della politica, ma ho paventato una decisione che sarei pronto ad assumere in qualunque momento nel caso in cui venisse meno la coerenza tra le mie idee, le mie intenzioni, i miei principi e la loro concreta applicazione. Questa impostazione mi concede, allo stesso tempo, la forza la tranquillità e la consapevolezza di non dover sottostare ad alcun tipo di pressione, veto o, peggio ancora, ricatto politico.
Considero questo un presupposto fondamentale del mandato conferitomi dagli elettori del Piemonte che fa il paio con un altro requisito che ha rappresentato una bussola permanente fin dall'inizio del mio impegno politico: il rispetto delle istituzioni, delle regole e delle persone.
Finché potrò non permetterò quindi in alcun modo che il confronto politico, anche in quest'aula, scada in rapporti scorretti che nulla hanno a che fare con la civile convivenza tra persone con idee e storie differenti.
Il mio principale sfidante nella recente competizione elettorale ed io non abbiamo mai superato questo limite e così vorrei continuare a fare con tutti i componenti del Consiglio, confortato in questo dall'equilibrio e dall'esperienza del Presidente di questa assemblea.
Ho potuto riscontrare questo approccio pacato, civile e costruttivo anche nel mio predecessore, sul quale mi sia permesso di soffermarmi brevemente e non solo per amor di forma.
Gian Paolo Brizio ha retto per cinque lunghi anni la guida del governo regionale con grande senso di responsabilità e senza venir mai meno a principi di coerenza e di correttezza amministrativa che gli sono stati riconosciuti da tutti, dentro e fuori da quest'aula.
Intendo quindi ringraziarlo pubblicamente, assicurandogli che non mancherò di utilizzare i suoi suggerimenti e i suoi consigli, che considero preziosi per il mandato che mi appresto a ricevere.
La politica italiana ha conosciuto in questi ultimi tre anni un cambiamento senza precedenti, una rivoluzione - come si potrebbe impropriamente definirla - indotta da una parte dall'insofferenza dei cittadini nei confronti del vecchio sistema partitico e dall'altra da quanto la magistratura ha fatto emergere. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: cittadini liberi dal giogo partitico; una rinnovata passione etica e civile; una maggiore richiesta di trasparenza; allo stesso tempo, però, assistiamo alla nascita e al rapido declino di improvvisati leader nel giro di pochi mesi; ad una conflittualità politica permanente ad incertezze nel perseguire con decisione la nascita di un moderno sistema bipolare; al continuo litigio tra partiti e movimenti; a pericolosi conflitti istituzionali. Credo allora che inizi a riaffiorare anche una certa stanchezza fra i cittadini, che chiedono innanzitutto governi stabili ed efficienti e non continui conflitti e polemiche. A questa richiesta di governabilità dobbiamo essere capaci di rispondere tutti insieme protagonisti nuovi e meno nuovi della vita politica.
In questa stessa assemblea, rispetto ai Gruppi consiliari rappresentati all'inizio della passata legislatura, gli unici Gruppi che sono rimasti sono quelli della Lega Nord, dei Pensionati e dei Verdi. Allo stesso tempo sono presenti esponenti già eletti nella passata legislatura e persone alla prima esperienza elettiva.
Personalmente non ho mai creduto che la crisi della prima Repubblica si potesse risolvere semplicemente sostituendo tout court il vecchio personale politico con esponenti della società civile o con tecnici in servizio permanente. Anche in fasi concitate e difficili come quella attuale bisogna usare buon senso e capacità di discernimento.
Per uscire da questa difficile fase è utile e necessario a tutti individuare un nucleo forte di regole che, in ogni settore, siano accettate e rispettate da tutti, a Roma come a Torino. Bisogna inoltre ritornare ad accettare la politica come ambito del libero confronto di idee e di valori e non semplicemente come strumento di lotta contro qualcuno. Certo, non ci si inventa dall'oggi al domani né politici né pubblici amministratori. E' necessario imparare a rispettare le buone regole della convivenza politica e le leggi, il funzionamento dell'assemblea e la correttezza amministrativa, senza mai dimenticare che dobbiamo rispondere politicamente del nostro operato non agli amici, alle segreterie di partito o conventicole di qualunque genere, ma solo ai cittadini che ci hanno dato il mandato di rappresentarli. Potranno sembrare parole inutili, ma è bene ribadirle qui, oggi, all'inizio di una nuova stagione di governo regionale che considero una grande sfida per me, per la Giunta che presiederò e per l'intero Consiglio.
Le ragioni di questa sfida vanno ricercate innanzitutto nel nuovo sistema elettorale maggioritario che ha permesso ai cittadini di indicare anche se non di eleggere direttamente, il Presidente e la coalizione di governo, assicurando all'esecutivo, almeno per i primi due anni, una stabilità importantissima. Certo, è una legge perfettibile, soprattutto nei meccanismi previsti per il passaggio da un'amministrazione all'altra: non è infatti possibile, come è accaduto in tutta Italia, che trascorrano quasi due mesi dal voto alla proclamazione degli eletti e all'elezione della Giunta! Gli elementi di discontinuità tra questa Giunta e quella precedente non vanno però ricercati solo nel meccanismo elettorale, ma soprattutto nella composizione e nelle caratteristiche delle coalizioni politiche che si sono affrontate nella competizione del 23 aprile. Quella che ho guidato e che ho portato al governo regionale, grazie al voto degli elettori piemontesi, è un'alleanza con elementi di novità, di omogeneità e di progettualità politica ben superiori a quelli dello schieramento che vinse le elezioni politiche del 27 marzo 1994.
Forza Italia, Polo Popolare, AN, CCD, Federalisti e Cattolici liberali sono uniti da un comune sentire politico e da affinità programmatiche che possono assicurare buongoverno e stabilità in questa come in altre Regioni.
Venuta meno l'alleanza con la Lega Nord, il Polo delle Libertà aspira quindi a governare con programmi e metodi diversi da quelli delle passate amministrazioni. Questo è il principale e vero elemento di discontinuità rispetto alla Giunta Brizio, nata più in seguito all'emergenza politico giudiziaria che sulla base di un solido e corrente progetto politico; tutto ciò senza nulla togliere alla legittimità politica dell'alleanza di centro sinistra.
Cambiamento, ho detto, nei programmi e nei metodi. Certamente gli obiettivi sono chiari e, come io auspico, comuni all'intera assemblea: tutti insieme abbiamo innanzitutto il dovere di far sì che l'Ente Regione sia percepito dalla comunità piemontese come utile e necessario per la ripresa dell'intero Paese.
Dobbiamo infatti uscire dalla situazione di marginalità legislativa ed amministrativa in cui le Regioni tutte sono relegate e dispiegare le nostre potenzialità di istituzione strategica per lo sviluppo e la ripresa economica. E questo lo si può fare anche attraverso una maggiore autonomia della Regione, che deve proseguire sulla strada del federalismo legislativo e fiscale.
Non c'è dubbio poi che il problema dei problemi è e rimane, oggi come allora, quello dell'occupazione; non si concorre alla sua risoluzione solo con provvedimenti più o meno velleitari finalizzati alla creazione diretta di posti di lavoro, ma con iniziative che permettano semmai agli operatori dell'industria, dei servizi, del turismo, del commercio e della difesa ambientale di poter trovare nella nostra Regione le condizioni migliori per i loro investimenti e per lo sviluppo delle loro iniziative.
Certo, maggiori investimenti possono non significare immediatamente un aumento di occupazione, ma prima o poi, insistendo in politiche attive a sostegno dello sviluppo, sono certo che sapremo innescare un circolo virtuoso - e non virtuale - capace di aumentare le opportunità di lavoro.
Scommettere in Piemonte sull'occupazione anche in settori diversi da quello industriale non significa essere velleitari, ma semplicemente credere di più nelle grandi possibilità che ha la nostra Regione.
Non potremo però nemmeno iniziare ad affrontare questa sfida senza il concorso di altri soggetti, istituzionali e non. A questi, che siano imprenditori, commercianti, artigiani o associazioni (ma anche Università Centri di ricerca, Istituti di credito, Governo, Comuni e Province), noi dobbiamo poter assicurare una legislazione snella, comprensibile ed efficace, e un sistema burocratico che coordini e non ostacoli. Ho ribadito più volte, in queste ultime settimane, l'impegno di questa Giunta contro il "burosauro regionale": se è vero, come è stato denunciato proprio pochi giorni fa, che una delle cause principali che hanno portato alla chiusura negli ultimi due anni, solo nella provincia di Torino, di ben 160 imprese è proprio l'eccessivo burocratismo, noi abbiamo il dovere di fare qualcosa.
Presto e bene.
Occupazione e sburocratizzazione non sono certo gli unici problemi che abbiamo di fronte: dalle infrastrutture ai servizi socio-sanitari, dal rilancio del turismo alla difesa dell'ambiente, dal rapporto con la Comunità europea allo sviluppo dell'agricoltura e via dicendo. L'agenda dei lavori di questa legislatura sarà fitta ed impegnativa. Particolare attenzione va anche posta al declino - e talvolta alla scomparsa - di aziende medie e grandi, sia private che a partecipazione statale.
Ribadisco quindi fin d'ora ai lavoratori della Viberti e dell'Alenia e di tante altre aziende in stato di crisi il massimo impegno di questo esecutivo per individuare soluzioni che non sacrifichino i livelli occupazionali. A me pare assolutamente chiaro che non si affrontano problemi così grandi se non con il concorso di tutto il Consiglio, la Giunta e la maggioranza innanzitutto, ma anche con l'opposizione, con la quale auspico un confronto serrato, ma costruttivo. Non manchino i Consiglieri delle forze di opposizione di sollevare critiche e di esercitare controlli sia nel Consiglio che nelle Commissioni, ma non vengano mai meno al dovere comune che abbiamo nei confronti dell'intera comunità piemontese.
Personalmente non sono mai stato mosso, nella mia breve esperienza politica, da atteggiamenti manichei e pregiudiziali, né nei confronti dei rappresentanti dell'opposizione né di fronte a quanto questi hanno fatto e hanno in animo di proporre. Allo stesso modo, vorrei che le forze di minoranza ci giudichino per quanto sarà fatto dalla Giunta da oggi in avanti, senza tuttavia mancare di suggerire modifiche o utili integrazioni ai vari provvedimenti.
Capisco che una vecchia concezione della politica richiede talvolta una doppiezza, per cui si fanno dichiarazioni roventi in aula e benevole nei corridoi. Però vorrei il più possibile che in questa assemblea si lavori usando soprattutto il metro dell'interesse generale e non quello dell'interesse politico. Questo deve valere per tutti i componenti del Consiglio, siano essi dell'opposizione o in maggioranza.
Il Programma che mi appresto a leggere è sicuramente perfettibile e ogni indirizzo andrà verificato con il contributo di tutte le categorie interessate. E' un Programma scevro da impostazioni ideologiche e che tenta di coniugare nel miglior modo possibile gli interessi particolari nel più generale interesse comune.
Sono consapevole che ci saranno molte difficoltà nel tradurlo in fatti concreti, poiché talvolta tra le forze politiche, sociali, imprenditoriali e sindacali permane un atteggiamento corporativo e miope, che poco si coniuga con le impostazioni di politiche di ampio respiro; allo stesso tempo credo che con pazienza ed attraverso un ampio confronto saremo capaci di perseguire i nostri obiettivi.
Cito per tutti il caso del più importante gruppo industriale del Piemonte e dell'intero Paese: dopo che, alcune settimane fa, l'avvocato Agnelli ha annunciato che la FIAT tornerà ad investire enormi risorse nella nostra Regione, non dobbiamo limitarci a semplice compiacimento. Dobbiamo capire di più e meglio che cosa può fare la Regione, unitamente agli altri Enti locali per favorire questi investimenti e per far sì che i benefici economici ed occupazionali riguardino il maggior numero dei soggetti possibili. E ciò deve valere per la FIAT, come per tutte le altre aziende e le altre categorie produttive.
Entro quindi nel merito del documento programmatico che è in vostre mani.
Il quadro regionale nel contesto nazionale ed internazionale.
Il Piemonte nella fase congiunturale e negativa 1991/1993 attraversata dall'economia nazionale ed internazionale ha fatto registrare un andamento recessivo più accentuato. Tale andamento recessivo ha interessato un po' tutti i settori produttivi, con particolare accentuazione per il settore industriale. Ciò ha determinato un peggioramento nel mercato del lavoro nel quale la domanda ha fatto registrare un'ampia riduzione dei livelli occupazionali e conseguentemente un aumento dei tassi di disoccupazione. Le rilevazioni più recenti (1994) fanno emergere elementi certamente più positivi: il recupero delle attività industriali, la forte accelerazione dell'export ed una certa ripresa delle assunzioni nel settore industriale pure in presenza di un quadro ancora negativo che evolve però verso il "rasserenamento".
Luci ed ombre nel quadro socio-economico sono pertanto ereditate dal passato in un contesto nazionale ed internazionale non del tutto favorevole.
A livello internazionale lo scenario progettato evidenzia una crescita regolare, una domanda mondiale sostenuta senza il risorgere di tendenze inflazionistiche; ciò, tuttavia, non dovrebbe determinare una forte ripresa dell'occupazione. In tale contesto l'economia italiana presenta una situazione ed un'evoluzione meno favorevole; se da una parte le possibilità di crescita sono ampie, queste sono sostenute prevalentemente dalla domanda estera favorita dal peggioramento della lira nel mercato dei cambi e non ancora dal recupero della domanda interna. Ciò anche se negli ultimi mesi si è assistito ad un certo aumento degli investimenti in macchinari, mentre perdura la crisi degli interventi in costruzione con particolare riferimento al comparto delle opere pubbliche.
Va inoltre considerato che per l'economia italiana l'obiettivo di stabilizzare il sistema dei prezzi è reso più difficile da tensioni inflazionistiche, collegate da una parte all'aumento dei prezzi di materie importate e dall'altra alla prevista più rapida crescita del costo del lavoro, qualora la "pace sociale" dovesse interrompersi ed, infine, dai più elevati tassi del costo del denaro.
Le difficoltà della finanza pubblica e l'esigenza di disporre di risorse necessarie a coprire il debito pubblico potranno, infatti determinare tassi di interessi più elevati rispetto a quelli europei.
I condizionamenti esterni nella determinazione delle politiche regionali.
Finanza pubblica restrittiva.
La difficile situazione della finanza pubblica e le linee di azione programmata a livello nazionale potranno determinare pesanti condizionamenti nella formulazione di politiche regionali.
La finanza pubblica restrittiva del Governo comporta infatti una minore disponibilità di risorse per le Regioni e quindi l'esigenza di una più attenta politica di bilancio da parte della nostra Regione e l'individuazione di risorse alternative per dare copertura finanziaria alla realizzazione delle azioni che si intendono attivare.
Congiunture e tendenze economiche monetarie.
A tali problemi finanziari, unitamente a quelli di natura monetaria (prezzi e cambi) a livello nazionale ed internazionale, si deve far fronte se l'obiettivo dell'unione monetaria e degli accordi di Maastricht saranno perseguiti anche se rinviati nel tempo.
Tutto ciò, dunque, condizionerà l'insieme degli operatori regionali: la Regione che dovrà razionalizzare ed ottimizzare la sua azione, il sistema delle imprese che dovrà adattarsi alle nuove condizioni monetarie e finanziarie e risultare concorrenziale in un contesto sempre più competitivo ed, infine, le famiglie che dovranno adottare il loro modello di comportamento nei riguardi del consumo e dell'utilizzo del risparmio proseguendo nell'azione di razionalizzazione delle funzioni di consumo già in parte avvenuta con la diminuzione del potere di acquisto nel recente periodo di crisi.
La Regione nella riforma federale.
L'azione regionale risentirà ovviamente in tale contesto da quanto sarà definito a livello centrale nei riguardi dell'autonomia delle Regioni.
Nella legislatura appena trascorsa il rapporto tra Stato e Regione è stato caratterizzato da precarietà, incertezze ed improvvisazioni.
La legislazione dello Stato si è dimostrata tutt'altro che sollecita verso l'autonomia regionale; le stesse leggi finanziarie di questi anni hanno contribuito a determinare difficoltà e scadimento del ruolo istituzionale e politico delle Regioni. D'altra parte il dibattito e l'elaborazione di proposte per dare ordine al rapporto Stato-Regioni sono state particolarmente ampie (Commissione bicamerale, Commissione per le autonomie locali, Comitato per la riforma istituzionale ed elettorale e costituzionale, Conferenze dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome) anche se non hanno trovato un momento di sintesi e di definizione legislativa a livello parlamentare.
In tale quadro, data la difficoltà di giungere in tempi brevi ad un provvedimento organico di riforme istituzionali che definisca ruolo e potere della Regione, il nuovo governo regionale intende perseguire unitamente alle altre Regioni, un'azione volta ad assicurare quel federalismo regionale che preveda un ordinamento compiutamente regionalista e quell'autonomia finanziaria necessaria per dare concreta attuazione al principio di sussidiarietà (sostanziale e formale).
Le opzioni ed i principi di fondo nell'azione della Regione.
Il contesto socio-economico che deriva dal passato ed i condizionamenti interni di cui si dovrà tenere conto nell'azione regionale delineano il quadro degli obiettivi da assumere a base delle politiche regionali. Va infatti, data una pronta ed efficace risposta ai problemi urgenti dell'efficienza del sistema produttivo, alle tensioni sul mercato del lavoro, alla carenza di risorse finanziarie, all'organizzazione delle strutture amministrative regionali, alla dotazione di infrastrutture ed all'organizzazione di servizi alle famiglie ed alle imprese.
Gli obiettivi che si intendono perseguire sono, dunque, finalizzati a: razionalizzare ed ampliare la base produttiva in un quadro di competitività internazionale sempre più accentuato promuovere la solidarietà nel rispetto dell'efficienza e dell'efficacia dell'uso delle risorse finanziarie scarse per conseguire uno sviluppo sociale, economico e territoriale equilibrato promuovere la razionalizzazione dell'organizzazione regionale restituendo ruolo originario all'Ente Regione introducendo modalità e strumenti di azioni basati sull'efficienza delle strutture.
Da tali obiettivi possono essere individuate fin d'ora, sia pure in termini generali, le opzioni di fondo e le azioni che dovranno essere attuate nel corso della legislatura.
Nuovo ruolo dell'Ente Regione (coordinamento, programmazione e legislazione); sburocratizzazione; partnerariato; organizzazione degli uffici comprensiva di servizio ed Accordi di programma.
La riforma dell'Amministrazione regionale e la realizzazione di un efficace sistema di governo locale, inteso anche come sistema relazionale tra diversi livelli, costituiscono opzioni prioritarie del nuovo governo regionale.
Le pesantissime condizioni di indebitamento del Paese, lo scarso livello di efficienza in cui si è scaduti evidenziano di per sé esigenze di rottura rispetto alle precedenti Amministrazioni.
Riteniamo innanzitutto necessario ridefinire gli ambiti di intervento del settore pubblico, dare forte impulso alle attività economiche in un contesto di mercato stimolato e, allo stesso tempo, controllato da norme legislative ridotte sì, ma trasparenti ed efficaci.
Diviene così indispensabile realizzare condizioni di pari opportunità sia fra le grandi e le piccole imprese, sia per chi lavora e produce nelle aree più sviluppate della nostra Regione che per chi opera nelle aree in ritardo, nelle aree di montagna, nelle aree, infine, colpite da più gravi calamità naturali.
La riforma dell'Amministrazione regionale deve fondarsi su un limitato ma completo ventaglio di strategie: programmazione, controllo e coordinamento dei programmi pubblici; realizzazione di un sistema relazionale nel rispetto delle competenze costituzionali, ma anche delle esigenze, di efficienze ed efficacia con lo Stato centrale e con l'Unione Europea da un lato, con i soggetti sub-regionali dall'altro, secondo i principi del partnerariato e della sussidiarietà sostanziale; riduzione dei compiti e degli impegni pubblici attraverso privatizzazioni, affidamenti in gestione e project-financing; modernizzazione dei sistemi di gestione ristrutturazione della macchina amministrativa e controllo dei costi.
Riteniamo di dover riaffermare la centralità del livello territoriale ed amministrativo regionale che, pur se ormai avvertita come fondamentale anche a livello nazionale, è tuttavia non ancora pienamente compresa e valorizzata, mentre in Europa lo è già da tempo. In questa direzione prende corpo il nostro federalismo che dovrà consentire un miglior controllo democratico a livello regionale sul processo di sviluppo e sulla fiscalità ed un alleggerimento dello stato centrale in modo da aumentare l'efficienza.
La Regione, in tutte le sue articolazioni territoriali e funzionali deve realizzare un nuovo patto sociale con i cittadini, ridiscutendo con loro ad ogni livello servizi e benefici offerti, collegandovi in modo trasparente le esigenze finanziarie ed il relativo fabbisogno fiscale. In una Regione moderna ed europea il ruolo della pubblica amministrazione è primario. Delega e trasferimento di competenze e mezzi responsabilizzazione dei soggetti, sburocratizzazione: questa è la strada che conduce ad istituzioni flessibili, nelle quali i cittadini ed i dipendenti pubblici siano direttamente ed egualmente interessati al buon funzionamento dell'apparato pubblico, alla sua efficienza, alla sua produttività.
Liberare la pubblica amministrazione da funzioni non strettamente riferibili alla sfera pubblica, per le quali è preminente l'organizzazione di tipo imprenditoriale, significa renderla funzionale nei servizi resi ed economica nei costi per la collettività. L'efficienza e la qualità del servizio, misurate dalla soddisfazione del cittadino, dovranno essere l'obiettivo della ricostruzione della pubblica amministrazione. Nello stesso tempo vanno evitate schematiche contrapposizioni tra imprese e pubblica amministrazione, lavorando per una reale integrazione tra cultura d'impresa e cultura della pubblica amministrazione. Questo indirizzo consentirà alla pubblica amministrazione di acquisire snellezza e flessibilità con procedure semplificate di accesso e di funzionamento finalizzate alla soddisfazione dei diritti, delle legittime aspettative dei cittadini e dei bisogni del sistema produttivo e terziario.
Particolare importanza assume in questo contesto l'avvio di un processo di delegiferazione, di semplificazioni amministrative e di introduzione di automatismi procedurali che la stessa Commissione Europea ha più spesso sollecitato alle autorità italiane.
Rapporti con gli Enti locali.
La Regione, segnatamente ai fini di un effettivo e razionale decentramento, deve rivendicare e realizzare la propria funzione di ente che legifera e che elabora le grandi scelte strategiche sul territorio.
Conseguentemente, l'Ente Regione non deve direttamente "gestire" le leggi che emana e neppure le grandi scelte di fondo che addita. Esiste a riguardo l'istituto della delega che è consacrato dall'art. 118 della Costituzione e che è stato recepito espressamente nello Statuto piemontese, laddove si legge che la Regione esercita "normalmente" le funzioni amministrative di propria competenza, delegandole alle Province e ai Comuni e agli altri Enti locali, oppure avvalendosi dei loro uffici. Ma tale istituto, dal 1970 ai giorni nostri, ha trovato scarsa applicazione nell'ordinamento piemontese e, per di più, è stato circoscritto a funzioni marginali. Ma c'è di più: l'art. 3 della legge 8/6/1990 n. 142 delinea e prevede accanto all'istituto della delega, già costituzionalizzato nel menzionato art. 118, oltrech nello Statuto, l'attribuzione diretta di funzioni amministrative a Comuni e Province, nelle materie e nei casi previsti dal vigente art. 117 della Costituzione, attribuzione da attuarsi attraverso leggi regionali e "ferme restando" in capo alla Regione solamente le funzioni che attengono ad esigenze di carattere unitario.
In questa situazione, al di là delle citate direttive costituzionali e statutarie, appare di tutta evidenza come costituisca atto "istituzionalmente" dovuto il realizzare compiutamente il combinato disposto del menzionato art. 3 della legge n. 142/90.
Conseguentemente si assume con questo Programma il relativo e forte impegno di attuare siffatto obbligo istituzionale. Nell'attuarlo esistono le difficoltà iniziali di avere come interlocutori gli Enti locali, in quanto Comuni e Province hanno di solito e sino ad oggi guardato con una certa sfiducia e sospetto verso la Regione. E' però intenzione di questa Amministrazione regionale superare, agendo in coerenza con le menzionate disposizioni della legge n. 142, la sfiducia e il sospetto. Anche perch riteniamo di saper provvedere e concedere le deleghe (previamente ed opportunamente consultando gli Enti locali destinatari) nell'adempimento di un imperativo categorico presente all'interno della legge n. 142.
Per quanto riguarda la Città Metropolitana, pure essa prevista, come è noto, dalla legge n. 142, non va innanzitutto dimenticato il dibattito politico in corso su questa delicata materia, sia a livello regionale sia a livello nazionale, e a questo proposito non vanno sottovalutate le proposte innovative attualmente all'esame del Parlamento. In questa situazione e di fronte a questo scenario, cronologicamente succedutosi dopo l'entrata in vigore della legge n. 142, la Giunta istituenda ritiene di dover responsabilmente riservare una "pausa di riflessione" prima di mettere mano ad esaminare a fondo le due prospettazioni territoriali di Città Metropolitana che, in maniera molto approfondita nel corso della legislatura 1990/1995, sono emerse e si sono contese il campo all'interno della competente Commissione legislativa. Verranno pertanto in un secondo tempo espresse le valutazioni e i propri convincimenti in materia.
Altre incombenze di cui ci facciamo carico sono quelle di prestare attenzione e, nei casi in cui appaia politicamente opportuno e previa approfondita consultazione con gli enti interessati, formulare proposte al Consiglio di eventuali modifiche territoriali, fusioni e/o istituzioni di nuovi Comuni. Sul punto, è sempre la legge n. 142/90 a prevedere l'esercizio delle menzionate facoltà e al riguardo sarà utile l'istituzione di uno schedario storico territoriale dei Comuni piemontesi.
Enti strumentali e società a partecipazione regionale.
E' fuori discussione l'utilità, anzi la necessità, dell'esistenza di siffatti enti e società e, allo scopo di una migliore loro valorizzazione l'istituenda Giunta intende preliminarmente procedere ad una rivisitazione degli enti strumentali e delle società a partecipazione regionale, allo scopo di valutarne, con obiettività e sub specie consuntiva, efficienza e produttività, alla luce del principio della regola "costo-benefici" e della correlativa incidenza sul bilancio regionale. Una volta provvedutosi a questa incombenza, e quindi a rivisitazione ultimata, la nuova Giunta potrà comunicare al Consiglio le proprie valutazioni e, se occorre, proporre i provvedimenti ritenuti utili ed opportuni in questa materia. In ogni caso fin d'ora la nuova Giunta terrà presente l'art. 15 della recente legge 23/3/1995 n. 39 sulle nomine ed incarichi di competenza regionale, laddove si precisano i comportamenti cui sono soggetti i rappresentanti che il Presidente della Giunta o il Consiglio, a seconda delle rispettive competenze, nomina negli enti e nelle società in questione e veglierà inoltre sulla perfetta osservanza di tale normativa.
Impegni prioritari.
Un primo impegno della Giunta è quello di costituire lo sportello del cittadino; ciò ai fini sia della trasparenza e dell'azione amministrativa e di governo sia per una messa in opera del progetto rivoluzionario di collocare il cittadino al centro del progetto di legislatura regionale 1995/2000.
Un altrettanto prioritario impegno cui si intende adempiere puntualmente è quello di mandare in attuazione nella lettera e nello spirito il decreto legislativo n. 29. Conseguentemente verrà predisposto un disegno di legge sull'ordinamento del personale e verrà presentato al Consiglio onde venga reso operante in tempi ragionevolmente brevi. Nel momento della predisposizione del testo e delle proprie scelte finali si disporrà (e si terranno presenti) delle consultazioni esperite in materia verso la fine della V legislatura, oltreché delle diffuse prese di posizione dei Gruppi consiliari.
Testi Unici.
Sul finire della V legislatura la Commissione speciale per l'elaborazione dei Testi Unici della Legislazione Regionale ha compiuto un importante e fruttuoso lavoro conclusosi con una relazione finale e con una serie di incisive proposte. La nuova Giunta a sua volta esaminerà fino in fondo siffatta relazione ed i lavori che l'hanno preceduta. Pertanto, si impegna a realizzare questo lavoro legislativo di produrre Testi Unici della copiosa legislazione regionale vigente.
Conferenze di servizio ed Accordi di programma.
In questo processo di coordinamento tra i vari gestori e di riorganizzazione delle strutture regionali alcuni istituti dovranno essere realizzati e resi operanti per l'azione regionale.
Tra questi una particolare attenzione va data alla Conferenza dei Servizi ed agli Accordi di programmi previsti dalle leggi n. 142 e n. 241.
Si tratta di istituti che superando i Comitati e/o le Commissioni possono rappresentare un'occasione di rilievo per favorire le co-decisioni e per superare ostacoli e nodi che si frappongono alla tempestiva attuazione di progetti e programmi di intervento.
In tale contesto bisogna definire le modalità attraverso le quali gestire efficacemente tali istituti, nonché, evidentemente, prevedere modalità attuative per la delega di poteri sostitutivi in caso di mancata attuazione degli impegni assunti da parte dell'operatore responsabile.
Una prima occasione operativa per valutare la validità di tale istituto è rappresentata dal recente Accordo di programma firmato con le Amministrazioni centrali, con il coordinamento del Ministero del Bilancio per promuovere l'attuazione di una serie di iniziative già da tempo finanziate, ma soltanto in parte avviate.
Si tratta di un accordo finalizzato all'accelerazione delle procedure di intervento e alla razionalizzazione della spesa pubblica nel quale sono definiti impegni di ciascuna Amministrazione al fine di garantire l'integrazione tra le varie responsabilità nel rispetto dei tempi e delle modalità di intervento.
Un tale modo di procedere potrà permettere al governo regionale di sorvegliare l'attuazione e di verificare il rispetto degli impegni assunti e, nel caso contrario, di mettere in mora l'Amministrazione centrale per chiedere l'attivazione di poteri di sostituzione o un più puntuale rispetto degli impegni.
Ulteriori strumenti da attivare.
Contestualmente a questa azione di ridisegno dei compiti dell'istituto regionale occorre avviare o perseguire iniziative di riorganizzazione della struttura regionale con l'obiettivo di renderla più efficiente, meno costosa, più vicina alle aspettative della società.
Anche su questo versante si tratta di operare con pluralità di strumenti legislativi, organizzativi e formativi. In particolare è necessario adottare provvedimenti legislativi volti a: completare l'attuazione della legge n. 241/90 per quanto riguarda l'individuazione del responsabile del procedimento amministrativo l'applicazione diffusa dell'autocertificazione e del silenzio-assenso al fine di garantire il rispetto dei tempi; l'individuazione di interlocutori e sportelli unici per le pratiche di competenza regionale; lo snellimento delle procedure e l'eliminazione di tutte le fasi non strettamente necessarie; la messa in mora delle Amministrazioni ritardatarie nell'emissione dei prescritti pareri sui procedimenti complessi; la standardizzazione e la semplificazione della modulistica e delle informazioni richieste ai diversi soggetti che si rivolgono all'Amministrazione regionale; l'istituzione dell'ufficio per le relazioni con il pubblico; - applicare il decreto legislativo n. 29/93 a partire dall'approfondito confronto sviluppatosi nella precedente legislatura con l'obiettivo di realizzare un'efficace e trasparente distinzione delle funzioni tra organi politici ed apparati burocratici indicando il profilo nuovo della dirigenza nonché i percorsi e gli atti attraverso cui riorganizzare le strutture regionali secondo criteri di razionalizzazione economicità, efficienza ridefinire le modalità della partecipazione alla formazione delle decisioni superando le leggi n. 4/72 e n. 31/77 e individuando strumenti più flessibili adeguati alla complessa articolazione della società capaci di rendere protagonisti i diversi soggetti imprenditoriali, del mondo del lavoro, dell'associazionismo, ecc., in un quadro di piena valorizzazione delle autonomie.
Principi del buon governo.
Nei Codici Penali di tutte le nazioni civili vengono definiti reati atti come la corruzione, la concussione, il peculato, l'abuso d'ufficio l'interesse privato in atti d'ufficio.
Non basta: occorre prevenire l'insorgenza di situazioni che configurano un conflitto d'interesse e bandire dalla vita pubblica anche solo l'apparenza di scorrettezze. L'etica è la scienza che analizza la condotta umana secondo criteri di giusto e sbagliato. Nel governo l'etica è un ideale verso cui dobbiamo tendere costantemente sapendo che non raggiungeremo mai la destinazione ma che ricaveremo comunque benefici da un progresso per gradi.
Avvenimenti che hanno segnato anche la vita dell'ultima legislatura ci evidenziano la necessità di introdurre "precauzioni ausiliarie" in forma di disposizioni di legge e di codici in grado di determinare standard minimi di condotta, il cui rispetto è preteso da funzionari e impiegati dell'esecutivo.
E' opportuno occuparsi in modo concreto della visibilità disciplinata delle attività di lobby. I criteri di condotta avranno valore per dare attuazione ed effetto amministrativo a leggi e trattati.
Leggi e disposizioni arrivano in risposta a scandali e pressioni dell'opinione pubblica e di gruppi di interesse civico e per prevenire ed eventualmente rimuovere conflitti di interesse.
Le apparenze contano nella gestione della cosa pubblica quando erodono la credibilità delle istituzioni.
Clientelismo e nepotismo familiare e politico vanno banditi dall'azione di governo.
Il buon senso deve divenire il comune senso dell'agire istituzionale.
E' indispensabile adottare nella Regione un modello amministrativo che non si ponga in posizione antagonista rispetto all'obiettivo che si vuole perseguire.
E' essenziale che siano visibili le relazioni intrattenute dai grandi interessi con i politici, così quanto è importante che la burocrazia sia visibile nella sua azione meglio e diversamente rispetto a quanto sinora è accaduto.
Ciò anche per evidenziare il merito delle professionalità presenti nell'Amministrazione che possano essere oggetto di incentivazione e rimotivazioni strettamente commisurate alla qualità prodotta nell'interesse della comunità piemontese.
A questo punto, se i colleghi Consiglieri sono d'accordo, siccome entro nella lettura del Programma su temi specifici, credo che, anche per dare più spazio al dibattito, si potrebbe da parte mia stralciare questa parte (cioè non leggerla) dando per scontato che il documento è stato dato a tutti voi...



(Interruzione da parte di un Consigliere)



GHIGO Enzo

Non c'è nessun regolamento che prevede che debba...



PRESIDENTE

La prego di continuare, Presidente.



GHIGO Enzo

Rimando gli approfondimenti sui temi specifici trattati nel Programma al mio intervento di replica nella giornata di domani. Credo che questa sia una cosa a voi dovuta. Io sono anche pronto a leggerlo tutto, ma credo che obiettivamente non sia il caso.
Permettetemi invece una piccola conclusione.
Dopo la lettura del Programma, in conclusione di questo mio primo intervento, mi siano consentite due ultime considerazioni: una di metodo e l'altra di carattere personale e politico allo stesso tempo.
Iniziamo dalla prima: per affrontare le grandi sfide che ci separano dalla frontiera del XXI secolo dovremo attingere al meglio delle nostre capacità politiche, intellettuali, culturali ed etiche. Noi tutti siamo infatti chiamati a dimostrare che è possibile fare di questa Regione una delle principali protagoniste del futuro dell'intero Paese, governando con onestà, efficienza ed equità.
Io però non credo che specie nella politica e nell'amministrazione pubblica si possa inventare l'acqua calda.
Mi spiego meglio: è chiaro a tutti che gli Enti locali dovranno essere in grado nei prossimi anni di raggiungere determinati obiettivi pur avendo meno risorse a disposizione che in passato. Per far questo talvolta non è necessario inventare nulla, poiché talvolta altri prima di noi sono stati capaci di ottenere, con metodi innovativi, i risultati perseguiti.
Se la Regione Veneto o la Regione Toscana o la Regione Sardegna o un land tedesco o una regione francese hanno risolto con una legge, una delibera o con un'idea innovativa un problema, noi non dobbiamo avere timore di adottare quelle soluzioni, tenuto sempre conto delle nostre specificità e del nostro ordinamento legislativo. Così come, mi auguro potremo mettere a disposizione degli altri le nostre proposte ed i nostri progetti qualora siano efficaci. Non dico questo per retaggio aziendalistico, essendo il primo a sapere quanto sia anni luce lontano il governo politico da quello aziendale, ma intravvedo semmai in questa pratica un'opportunità di crescita e di confronto di carattere moderno.
L'ultima considerazione - come dicevo - è di carattere personale, ed è forse inusuale per un'occasione come questa. Si tratta di una frase che ho ritrovato in una delle numerose pubblicazioni scritte da mio padre alla fine degli anni '60. Nella prefazione di un testo dedicato all'agricoltura illustrava la sua personale definizione di bene comune, che trovo quanto mai attuale per tempi difficili e confusi come questi: "Trasformare a poco a poco la fatica in occupazione, elevare l'individuo verso ideali di democrazia e di collaborazione sociale, educare ognuno ad accettare consapevolmente i propri doveri di uomo e di cittadino italiano, per maturare il diritto ad una vita libera dal bisogno, confortata dalla serenità di un lavoro sicuro, dalla sicurezza di essere tutelato dalle leggi".
Ecco, questo concetto espresso da mio padre, al quale dedico il mio impegno civile e politico, nella sua semplicità rispecchia l'idea di bene comune a cui mi ispirerò durante tutto il mio mandato, con l'ambizione di fare del Piemonte, insieme a tutti voi, una Regione forte, moderna autonoma e solidale.
Un Piemonte migliore!



(Applausi da parte dei presenti)



PRESIDENTE

Mi spiace, Consigliere Cavaliere, ma l'art. 32 dello Statuto recita: "L'elezione avviene a seguito di presentazione di un documento sottoscritto da almeno un terzo dei Consiglieri assegnati alla Regione, con il quale si propongono al Consiglio le linee politiche". Non si fa menzione a nessuna quantificazione di ore.
Ha chiesto la parola la Consigliera Spagnuolo; ne ha facoltà.



SPAGNUOLO Carla

Intanto mi auguro che la novità dell'applauso resti una novità legata a questo unico momento, altrimenti trasformeremmo questa assemblea in un incrocio di applausi che forse ci toglierebbe del tempo prezioso.
Il Programma. Il governo Ghigo - come viene chiamato dai proponenti con un termine che già di per sé vuole essere "moderno" - si presenta con un'analisi politica e programmatica che oggettivamente - lo dico subito ci lascia delusi. Ci attendevamo, come Gruppo, un progetto forse più ambizioso proprio perché in quest'aula, anche nelle sedute precedenti abbiamo sentito presentare il futuro esecutivo di centro-destra come un grande progetto politico con elementi di novità non tanto caratterizzati dalle forze politiche che lo compongono, ma come un modo diverso di progettare il governo per il Piemonte.
Le domande più urgenti cui il documento doveva rispondere erano queste: che cosa sarà il governo Ghigo? Quali sono, quali saranno le sue caratteristiche? A quale modello di società penserà questo governo di doversi rivolgere? Quali sono le coordinate su cui si baseranno l'azione programmatica, l'azione legislativa, l'impegno di carattere più squisitamente esecutivo? In ultimo, e forse nemmeno come interrogativo più essenziale: quali sono, in sostanza, gli elementi di novità? Qual è lo "strappo" rispetto al passato? Chi parla sa che i programmi, per loro natura, tendono sempre ad essere molto simili, perché in fondo i problemi sono da molti anni gli stessi in una Regione come il Piemonte, che ha delle caratteristiche economiche e produttive molto precise. Ma va detto che qualche elemento in più, quasi di discontinuità, di novità, era proprio legittimo attenderselo.
Invece ci troviamo di fronte ad un "compito", quasi ad un elaborato lo dico sommessamente - di un modesto studente o, meglio, di un modesto insieme di forze politiche che, se dovesse avere un titolo, io intitolerei con un'espressione anch'essa piuttosto consueta: "Non tutto, ma di tutto".
Nemmeno per il titolo mi è riuscito pensare a qualche cosa di originale! Il testo presentato non dà un'ispirazione, non sollecita la fantasia, e fin qui poco male. L'azione di governo di una Regione grande come il Piemonte richiede forse ancora di più altre caratteristiche di concretezza di solidità, di forti priorità e di capacità di scelta. Queste, a mio avviso, dovrebbero essere le caratteristiche su cui basarsi per un'azione di governo, mentre rispetto alla proposta presentata emergono grandi perplessità.
Concretezza, solidità, priorità di scelte operative per ora sono assenti dall'insieme della proposta; si toccano tanti temi e tanti settori quasi nello sforzo di non dimenticarli; tuttavia non vi sono, per ora delle idee guida, né si individua una progettualità di fondo per i prossimi anni.
Vengono enunciati degli obiettivi: la volontà di razionalizzare ed ampliare la base produttiva; coniugare solidarietà ed efficienza promuovere la razionalizzazione dell'organizzazione regionale. Pur essendo di per sé condivisibili - è difficile non condividere questo tipo di obiettivi - la genericità del complesso della proposta non consente di esprimere una valutazione sulle forme e le strade per raggiungere tali obiettivi. Questa è stata la difficoltà più grande che, in una reiterata lettura del documento - al di là di quando è pervenuto - ho registrato ovvero quella di riuscire ad individuare dei valori - mi permetta di dirlo visto che lei ne ha fatto anche degli accenni - a cui fare riferimento come grande proposta per i prossimi cinque anni.
Anche le espressioni un po' più tecniche, quali il federalismo, il patto sociale con i cittadini, la delega, il trasferimento di competenze vengono usate come ingredienti di una ricetta, quella del regionalismo e del governo del Piemonte, in modo - mi sia consentito - un po' casuale quasi come espressioni che debbano essere usate, ma con scarsa convinzione.
Certo, è importante sburocratizzare, è giusto, ma per raggiungere questo complesso obiettivo - lo voglio dire con garbo - è indispensabile conoscere la macchina che si intende modificare, pur rimanendo in corsa anzi affermando di voler accelerare la corsa. Le caratteristiche che sono indispensabili per sburocratizzare, cioè la competenza e una qualche dose di esperienza, sono caratteristiche di cui l'esecutivo Ghigo non mi sembra troppo ricco, senza nulla togliere ai talenti personali di cui saranno certamente dotati i futuri Assessori.
Nell'insieme ci attendevamo un programma più di governo, anche in relazione alla nuova legge elettorale per la quale la coalizione si presenta già con un programma che potrà poi essere concretizzato ulteriormente, ma che doveva essere concretizzato ulteriormente! Le questioni sulle quali si chiede una pausa di riflessione, oppure un rinvio per un approfondimento, sono tante e sono anche questioni molto importanti. Penso, per esempio, alla questione dell'Area Metropolitana alla rivisitazione degli enti strumentali che sono oggettivamente questioni importanti sulle quali bisognava presentarsi in quest'aula avendo delle idee.
Inoltre, sulla questione dell'Area Metropolitana - ho presieduto questa Commissione come Presidente del Consiglio, quanto meno nei primi due anni e mezzo - devo dire che, è vero, in Commissione vi erano approcci diversi alla questione, ma la Commissione, a larga maggioranza, ha espresso una posizione, presentata anche in Consiglio, rispetto alla quale però si poteva forse dire qualche cosa di più.
La stessa politica finanziaria è ispirata ad una serie di principi che bisognerà giudicare nella loro applicazione concreta, sia nel rapporto Stato-Regioni sia nel rapporto, più volte richiamato, con le politiche comunitarie, ed è giusto richiamarle. Diamo atto di una volontà di dinamismo, che in questa parte traspare dal documento, augurandoci che la struttura interassessorile di coordinamento, il centro unico di monitoraggio, l'affidamento ad una struttura esterna di controllo sappiano, possano rappresentare - perché qui sarà importante la gestione politica di tutto questo - dei volani di attività e non degli appesantimenti delle procedure e dei soggetti competenti che già oggi esistono, non solo in questa Regione, ma complessivamente.
Del resto va sottolineato che anche i numerosi "sportelli per il cittadino" rappresentano strumenti che possono sembrare brillanti, ma che per essere utili richiedono una forte conoscenza e padronanza della cosa pubblica per essere utili davvero e per non essere delle mere immagini.
Inoltre voglio dire al Presidente designato che non soltanto esiste la legge n. 241 (mi sembra che questa legge della Regione sia già stata sufficientemente studiata), ma sono già stati presentati, e mi risulta siano già operanti - chi li ha fatti potrà ulteriormente intervenire - i Regolamenti di attuazione che sono essi stessi, nel momento in cui vengono applicati, degli sportelli per il cittadino. La stessa legge n. 241 è lo sportello per il cittadino, non è che dobbiamo inventare degli altri sportelli per il cittadino! Su questo il Parlamento mi sembra abbia fatto una buona legge seppure di pesante e complessa gestione. Dunque l'attuazione della legge n. 241 richiede degli "sportelli" che saranno importanti e che chiamano alla responsabilità massima proprio i rappresentanti della pubblica amministrazione, proprio quella parte di dirigenza della pubblica amministrazione che nella gestione, nella risposta della legge n. 241 dimostrerà di sapersi assumere delle responsabilità o meno, dimostrerà di sburocratizzarsi o di sapersi sburocratizzare o meno ma su questo argomento tornerò successivamente.
Mi soffermerò ora su alcuni temi di carattere generale. Dico al Presidente che questo mio intervento è l'unico di carattere generale del nostro Gruppo, parlo anche a nome del collega Angeli, quindi userò più di 10 minuti, come concordato nella Conferenza dei Capigruppo.
Iniziamo con il parlare della sanità.
Nel Programma colpisce, accanto ad una serie di ampie affermazioni generiche, la frettolosità con cui alcuni temi vengono trattati, io ne voglio citare soltanto alcuni: la tutela materno-infantile, la questione delle tossicodipendenze, l'AIDS, la prevenzione, la tutela dei soggetti più deboli sono presentati come dei titoli meritori, ma l'impressione che date è quasi quella di dire, o di voler dire, "non preoccupatevi non ce ne siamo dimenticati, sono lì". Va bene, staremo a vedere.
Mi colpisce, inoltre, il modo con cui il Programma affronta la questione degli anziani, analizzando soltanto l'aspetto di carattere sanitario-assistenziale e non le proposte che riguardano un modo di affrontare e governare una Città ed una Regione che cambia e che cambia diventando più anziana. Probabilmente tutto un insieme di proposte di carattere operativo avrebbero dovuto fare riferimento alla tematica degli anziani e non soltanto fare questo piccolo accenno che riguarda gli aspetti di carattere assistenziale; penso alla tematica della casa, dei trasporti penso anche alla tematica dell'organizzazione delle città e delle leggi che devono riferirsi ad una popolazione che è cambiata pesantemente invecchiando, anche nella nostra Regione.
Nel Programma poi, venendo ad un altro tema, quello dell'economia industriale, dell'artigianato e del commercio, si torna più volte - e questo è positivo - sui danni provocati dall'alluvione. Argomento cui è bene che la Giunta regionale e il Consiglio regionale continuino a dedicarsi, stante la disperazione di tanti imprenditori economici e commerciali, di tanti cittadini colpiti da questa calamità. Tuttavia è bene cogliere anche l'occasione di questo dibattito per ribadire, sulla tematica relativa all'atteggiamento degli Istituti di credito, che questi ultimi invece vanno fortemente richiamati, nonostante le smentite, che questa mattina sono state date, anche pubblicamente, di disponibilità. E' una questione vergognosa sulla quale occorre tornare: gli Istituti di credito non hanno svolto la loro funzione e in questa circostanza ci voleva ben altra sensibilità.
Il collegamento con l'alluvione porta all'esame di tutta la parte della tutela dell'ambiente e della ricostruzione post-alluvionale.
E' opportuno anche il riferimento per garantire delle procedure attuative celeri che vedano un forte coinvolgimento degli Enti locali e della struttura regionale che va incentivata e premiata e qui voglio parlare in positivo della struttura regionale per l'opera preziosa che molti nostri dirigenti hanno compiuto nelle ore difficilissime dell'alluvione.
In quelle circostanze non soltanto non vi è stata burocrazia, ma una dedizione ed una capacità di intervento davvero notevoli. Desidero ancora ringraziare dirigenti e tecnici della Regione che si sono attivati, e che in alcune circostanze hanno contribuito ad evitare dei disastri demanderemo, penso ad un apposito dibattito, l'esame del progetto speciale cui fa riferimento il documento, e la revisione degli strumenti urbanistici dei Comuni più colpiti che comunque dovrà essere predisposto con celerità e con competenza stante la delicatezza della situazione.
Quanto ai rischi naturali, a cui fa riferimento il documento, è bene averli presente; indubbiamente chiederei di poter esaminare - lo chiedo a lei, Presidente, l'ho già chiesto al Presidente Brizio, era presente anche l'on. Ghigo - lo studio sul fiume Tanaro, che è stato richiamato dal Sottosegretario nell'ultima riunione, per la gravità delle affermazioni del suo intervento. Sostanzialmente, i tecnici dell'Università che hanno redatto questo studio ci dicono che il Tanaro è a rischio e che in caso di altri eventi alluvionali potrebbe creare ulteriori e rapidissimi disastri.
Vediamo questo studio, esaminiamolo insieme.
Il poco tempo a disposizione - ho solo più quattro minuti - impone di toccare soltanto alcuni altri argomenti, ma non voglio trascurare la politica dell'ambiente (non vedo qui l'Assessore designato, per quanto ho sentito).
Rilevo la difficoltà di attuazione della recente legge quadro in materia di ambiente (una legge quadro che la sottoscritta non ha votato precedentemente per la genericità dei riferimenti normativi in essa contenuti e per la non chiarezza dei rapporti tra Giunta e Consiglio regionale), mentre ritengo positiva la preoccupazione espressa nel documento dell'esigenza - molto importante, collega Cavallera - di recuperare con il Ministero dell'Ambiente un rapporto paritetico, spezzando un'egemonia deleteria per le Regioni e per il territorio, che sempre viene pesantemente coinvolto dall'impatto ambientale di molte decisioni, in un campo dove il peggiore business e il peggiore malcostume politico ed economico prosperano, anche e nonostante la pagina grave di tanti episodi accertati di corruzione.
Il documento affronta poi dei campi importanti, quali la politica per l'occupazione, la formazione e la qualificazione dell'offerta lavoro. Qui le intenzioni, anche le buone intenzioni, sono proprio tante e più che mai il passaggio dalle parole ai fatti sarà determinante.
Il lavoro è l'elemento cardine per lo sviluppo di una società e di una Regione come il Piemonte che, proprio a causa della ricerca del lavoro da parte di migliaia di cittadini provenienti da tutte le Regioni italiane, ha profondamente modificato le sue caratteristiche, quasi la sua identità in quel tentativo che suo padre chiamava "di trasformare la fatica in occupazione".
Un'Amministrazione che invoca buon senso e buon governo avrebbe dovuto dedicare al tema del lavoro ben altra priorità, prima di tutto non gravando e qui voglio proprio la sua attenzione - chi dovrà seguire per delega questo vitale settore di altre, anche rilevantissime, competenze (se sono vere le anticipazioni giornalistiche in proposito).
La prossima settimana - o quando si parlerà delle deleghe - ne riparleremo. Ma se è così, ci ripensi, on. Ghigo: il tema del lavoro in Piemonte richiede ben altra ed esclusiva dedizione da parte di chi sarà incaricato.
Per quanto riguarda le anticipazioni giornalistiche, ieri la maggioranza ha presentato ai cittadini il suo programma. A mio avviso - mi consenta - è stata un'indelicatezza verso questo Consiglio, che per primo doveva discuterne in una fase importante di avvio della vita regionale. Pur dall'opposizione le avrei attribuito un diverso livello di sensibilità verso l'assemblea regionale.
Così come mi stupisce che lei non abbia ritenuto di scegliere nel suo esecutivo, per l'elenco che qui è già ufficiale, nemmeno una donna. Penso che avrebbe avuto solo l'imbarazzo della scelta, nonostante il sorrisino che ho già sentito alle mie spalle. E ciò non per una formale esigenza di rappresentanza, ma per quell'esigenza profonda di autonomia dalle logiche di partito che le donne portano da sempre con sé e che rende questi soggetti politici più autonomi, più concreti, questa volta sì più nuovi.
Ascolti di più, on. Ghigo, questa componente della sua maggioranza, che può sembrare magari meno attrezzata, ma certo è più autentica e proiettata sì verso le questioni amministrative, ma anche verso i temi sociali che sono comunque fondamentali nel nostro tempo e nella nostra Regione. Una Regione che non ha soltanto bisogno di efficienza, ma di umanità e di valori. Lei ne ha parlato nella sua relazione.
La politica e i valori: questo forse è ciò che in definitiva mi sembra manchi nella relazione. "Non tutto, ma di tutto", io ho detto come titolo.
Avrei voluto poter dire "I sogni nel cassetto", ma non li ho trovati, e questo mi dispiace molto di più, perché non ho trovato nemmeno i sogni nel cassetto.
Per tutte queste ragioni, non riteniamo di dare il nostro appoggio a questo governo, e ci siamo limitati a prime valutazioni di tipo generale e politico, attendendo di esprimerci con compiutezza ed a fondo sulle specifiche scelte che questo esecutivo vorrà compiere, dopo le enunciazioni di principio, dopo l'apertura degli sportelli, l'affermazione di linee di tendenza, lo schedario storico dei Comuni piemontesi (che poi ci spiegherete meglio): tutte intenzioni però, e non proposte operative.
Ma per quelle esigenze di civiltà e di umanità che ricordavo prima, per l'approccio pacato che lei ha chiesto, vi auguro anche buon lavoro. Lo faccio perché il Piemonte con il suo voto ha scelto voi. Starà a noi opposizione, dimostrare che ha sbagliato, e se le premesse sono queste, mi auguro che questa scelta duri poco e che non faccia troppo danno.



PRESIDENTE

Ho raccolto il suo invito nei confronti dei funzionari, che sono stati largamente benemeriti nei confronti della comunità piemontese. Credo che tale invito lo si porterà negli uffici debiti, proprio perché venga fatto un riconoscimento specifico per la loro attività, che forse è stata dimenticata o negletta, ma che merita certamente il risalto e il riconoscimento di tutta l'assemblea consiliare.
Voglio ancora dirle, proprio perché lei lo ha sollecitato, che lo studio sul fiume Tanaro è stato richiesto dall'Ufficio di Presidenza al professore universitario che è stato relatore in occasione della visita del Sottosegretario alla Protezione Civile e verrà distribuito ai Capigruppo.
Pregherei gli Assessori designati di restare in aula, compatibilmente con le proprie esigenze, anche perché credo che gli appunti che vengono fatti e le riflessioni che vengono esplicitate meritino la loro attenzione.
La parola al Consigliere Riba.



RIBA Lido

Signor Presidente del Consiglio, colleghe e colleghi Consiglieri, nel ringraziare l'on. Ghigo per la sua esposizione, mi permetto di ricordargli che lo Statuto regionale prevede tre organi per la Regione: il Consiglio organo legislativo eletto a suffragio universale, che nomina, poi, la Giunta ed il suo Presidente.
Con riferimento alla conferenza stampa di ieri, in cui si sono anticipate già tutte le conclusioni di questo dibattito sul Programma e sulla formazione dell'esecutivo, non vorrei dover prendere atto che l'unica vera discontinuità sia quella di dimenticare le regole della democrazia e del rispetto istituzionale per le quali lei doveva presentare il suo Programma al Consiglio e poi, una volta eletto, agli organi di stampa.
D'altra parte la formazione di questa maggioranza non è stata facile.
All'interno dell'obbligo unificante del voto, che concede un 20% di premio di maggioranza, restano tutte le tensioni politiche, culturali e di potere.
Sulle questioni di potere, mascherate dalla troppo - ed anche qui abusivamente - citata questione della "discontinuità", da una pseudodiscussione tra il vecchio ed il nuovo, lo spettacolo non è stato edificante. Né il Programma, anch'esso frammentato e disomogeneo nei capitoli di merito e contemporaneamente velleitario ed effimero nelle premesse generali, dimostra il superamento di questa contrapposizione.
Ho letto, invece, una visione molto riduttiva - mi permetta il termine del tutto aziendalistica di quelli che dovrebbero essere "i principi del buon governo". Ci sono - ne dò atto - riferimenti agli utili principi della crescita, dello sviluppo delle riforme, ma parlando di sviluppo economico e sociale non possiamo non rilanciare contestualmente i grandi valori della solidarietà e dei diritti di cittadinanza senza dei quali anche un'eventuale crescita materiale resta tale senza diventare ciò che si pu definire e si deve definire sviluppo in termini globali. Proprio questi aspetti dei caratteri dello sviluppo possono essere uno dei terreni di utile confronto comune tra la maggioranza e l'opposizione. I principi del buon governo non possono essere limitati alla questione morale che pure è stata oggetto di tanti puntuali interventi nella scorsa legislatura da quelli che ora sono i banchi dell'opposizione; ma anche l'idea del buon governo in questo Programma rimane più uno slogan che un dato politico.
Prima di tutto perché essa non può essere un'idea di parte, nessuno potrebbe essere, o tacciato di essere, contrario ad un'idea di buon governo, ma bisogna anche capirsi su che cosa si intende e su come si perviene ad una condizione di buon governo. L'onestà ovviamente non pu essere considerata un lusso, una faticosa conquista. Essa deve essere certamente una risorsa, ma anche una condizione comune ed ordinaria tra chi ha pubbliche responsabilità. I principi del buon governo devono scaturire da un confronto costante, profondo, continuo tra maggioranza ed opposizione e sapersi tradurre in regole semplici, efficaci ed universali. Le risposte che non sono date anche su questo terreno dalla filosofia generale del Programma richiamano il mio gruppo, e credo non solo noi, alla necessità di un ruolo di forte opposizione, certamente non aprioristica, ma legata ad uno sforzo ancora più forte di progettualità. Perché ci possa essere progettualità e capacità di azione e forza propulsiva nei confronti dell'economia e dello sviluppo culturale e civile occorre per la Regione passi attraverso una nuova fase costituente; questa è un'invocazione vitale per tutte le Regioni strette fra i danni di un centralismo atavico tuttora imperante a livello nazionale ed appena contraddetto da blande ed inconseguenti affermazioni di federalismo fra i danni di una finanza quasi totalmente derivata e la mancanza di una vera autonomia impositiva e tra la ridondanza burocratizzante imposta dai vincoli asfissianti della dipendenza gerarchica nei confronti del potere centrale. Se manca questa nuova fase costituente per la Regione, se essa rimane confinata nella condizione della riforma regionalistica incompiuta e di una riforma in senso federalista appena accennata, se non si passa ad un vero federalismo fiscale inevitabilmente tanti buoni propositi resteranno velleità per mancanza di condizioni giuridiche e finanziarie. Nel documento non mancano riferimenti a queste fondamentali problematiche: tuttavia, forse anche per le divisioni che suppongo esistenti su questi temi all'interno della maggioranza fra destra e centro, esse sono poste in modo troppo blando ed inoperante, più come riferimenti a questioni all'ordine del giorno che come obiettivi forti del Programma, con il rischio di depotenziare, anziché completare la battaglia per il regionalismo forte che ebbe nel Presidente Brizio uno dei più convinti ed efficaci protagonisti nella legislatura appena conclusa.
Nelle attuali condizioni i vincoli interni ed esterni entro cui devono essere collegati gli obiettivi di programma della nuova Giunta sono conosciuti da tutti e credo che chi di noi ha fatto parte della Giunta Brizio, indipendentemente da come oggi si situa alla maggioranza o all'opposizione, abbia dato un proprio contributo, modesto ma effettivo allo schema di Programma regionale di sviluppo 1995/1997 intelligentemente messo a punto dal collega Ferraris, allora responsabile della programmazione. A quel documento io mi permetto di rinviare, perché credo che possa essere un elemento di ricchezza comune per la maggioranza e per l'opposizione; soprattutto è un progetto - mi si consenta - più organico e meno frammentato rispetto alle premesse del documento Ghigo. A questo punto, comincia fra noi il confronto serrato per la confusione delle lingue e dei termini, su ciò che voi intendete per liberismo. Una politica aziendale può essere dirigistica, fortemente aziendalista nel perseguire i suoi obiettivi di sviluppo nel mercato, ma è del tutto intuibile che una politica aziendalista è nefasta per la Regione. Penso che dobbiamo cercare di rompere tutto ciò che di dirigistico ancora esiste e favorire davvero un mercato libero e competitivo. Dobbiamo anche scegliere di investire su un'imprenditorialità locale e diffusa, su quella capacità di innovazione aggiuntiva che si è rivelata il più grande patrimonio della piccola e della media impresa. A questo però qui in Piemonte in modo particolare si deve aggiungere l'attenzione al necessario indispensabile processo di trasformazione delle grandi imprese. E' su queste basi che vogliamo costruire una società più aperta, un sistema nel quale istituzioni rinnovate e forti liberino energie individuali determinando i presupposti per la crescita di nuovi spazi di lavoro materiale e intellettuale e di nuovi mercati. Questo discorso non mi pare del tutto bene accetto negli ambienti della sua maggioranza, on. Ghigo - non da lei, parlo degli ambienti della sua maggioranza - dove mi sembra siano ancora forti coloro che vogliono maneggiare imprese, enti, posti di potere, leve di controllo dirigistico. La questione morale si situa anche qui. Molti sono gli operatori privati - lo vediamo per come vanno le privatizzazioni in Italia che intendono mettere le mani sul monopolio pubblico approfittando anche del bisogno di denaro fresco che ha il Tesoro, per mantenere da privati inalterate le caratteristiche e le funzioni di quel monopolio. A ben vedere la vicenda Berlusconi è poi tutta qui. Se è intollerabile il monopolio pubblico, ancora più inaccettabile è quello privato, altro che democrazia economica e promozione delle capacità individuali! Su queste questioni dobbiamo veramente parlarci chiaro e capirci.
Il documento da questo punto di vista riflette tutta la indeterminazione della maggioranza oscillando sul dirigismo. Mi si consenta di leggere un passo che mi ha particolarmente colpito, a proposito della famiglia: si parla delle famiglie che dovranno adottare "il loro modello di comportamento nei riguardi del consumo e dell'utilizzo del risparmio proseguendo nelle azioni di razionalizzazione delle funzioni di consumo già in parte avvenute con la diminuzione del potere di acquisto nel recente periodo di crisi". Questa mi pare una teoria tutta da verificare, almeno sul piano dell'opportunità democratica. Su altri versanti, invece, il dirigismo è contraddetto dalla deregulation a proposito, per esempio, della legge n. 56 e dei problemi dell'urbanistica per i quali devo ricordare che il rinnovamento e l'aggiornamento della legge fu una proposta dell'allora Assessore Carletto di pochissimi anni fa. Stretta fra incertezze strategiche ed uno smanioso bisogno di immagine, anche per lenire le sensazioni dell'esordio, la costituenda Giunta si affida poi a propositi d'effetto come la "sburocratizzazione" o la discontinuità, in nome della quale si è semplicemente giocata una furiosa battaglia di potere di vecchissimo stampo, tra l'altro con ricorrente impegno di sedie romane e comunque esterne all'istituto regionale con scarsissimo senso dell'autonomia e dell'immagine stessa della Regione.
Voglio ricordare, a proposito di sburocratizzazione, tutta l'operazione di riorganizzazione degli uffici avviata dalla Giunta di cui ho fatto parte ed alla quale, come pare, la maggioranza riconosce un notevole rilievo.
Mentre condivido propositi innovativi come lo sportello dei cittadini (forse è meglio parlare di sportello unico), il taglio dei tempi per le risposte ed altro, mi pare che qui sfugga che gran parte della burocratizzazione abbia origini esterne: dalla dipendenza gerarchica alla farraginosità dei controlli governativi, all'applicazione di procedure inverosimilmente lunghe ed ossessive imposte dallo Stato centrale e risultanti dalla mancanza di autonomia della Regione. Mi si consenta di fare un esempio: per i danni alluvionali, per i quali colgo l'occasione per ringraziare quanti hanno così efficacemente ed intelligentemente lavorato nei nostri uffici, noi abbiamo nel giro di due mesi pagato gli acconti per l'agricoltura. Questo la Regione era in grado di farlo. Per il pagamento dei saldi, così come stanno le cose - la burocrazia non c'entra - si impiegheranno due anni, perché bisogna fare i conteggi, mandarli a Roma aspettare che facciano la prenotazione sulla legge, che richiedano al Fondo di solidarietà, che venga deliberato dal Consiglio dei Ministri; poi mancano i fondi, si integrano i fondi, si rimandano indietro e si ripartiscono i fondi agli Ispettorati perché possano procedere con tutta la lentezza del caso. Bisogna anche capire cosa va sburocratizzato, altrimenti rischia di diventare uno slogan che ci danneggerà tutti. Mentre condivido questi propositi, ritengo che bisogna avere una maggiore precisione sulle caratteristiche di questi termini a forte immagine.
Con riferimento allo stato della Regione, mi pare debba essere un terreno di valutazioni oggettive, e non di parte, la constatazione che i fondi strutturali arrivano al Piemonte per due non certo felici ragioni. La prima è che tutta la provincia di Torino e le aree già industrializzate del Verbano sono oggi riconosciute come zone a degrado, a forte o a meno forte degrado industriale. La seconda è che il restante Piemonte è considerato zona rurale degradata per circa il 50%. Di fronte a questa condizione non si può che prendere atto che il modello storico di sviluppo del Piemonte si è esaurito o è comunque entrato in forte crisi, con gravissime ripercussioni occupazionali e sociali, e che c'è di fronte a noi la sfida di definire un nuovo modello di sviluppo che utilizzi la collocazione geografica del Piemonte nel quadro dell'Europa, che utilizzi tutti gli spazi materiali, da quelli dell'agricoltura a quelli della montagna, che produca una cultura dello sviluppo all'altezza della specifica situazione piemontese.
In questa condizione, che richiede un massimo di espressione e di capacità politiche ed organizzative da parte di tutta la Giunta, ma credo di dover dire di tutto il Consiglio, appare inspiegabile la vocazione prospettata alla Presidenza della Giunta della gestione di tutti i fondi strutturali. E' un'operazione che dovrei definire di potere all'interno del centro-destra, in totale contrasto con gli interessi del Piemonte e con l'opportunità di far operare tutto il quadro delle intelligenze e delle capacità operative di apporti in materia, di cui è capace il Consiglio.
Altri compagni del mio Gruppo interverranno puntualmente sui temi di merito; io voglio brevemente concludere sul tema - mi è doveroso anche per il merito del mio lavoro - riguardante l'agricoltura. Prendo atto del rilievo strategico che si conferma - in contuinità con la nostra impostazione - all'agricoltura come settore capace di contribuire in termini moderni alla formazione e diversificazione dei redditi e dell'occupazione regionale. L'agroindustria e la politica dei distretti agroalimentari sono le strategie su cui si fonda il progetto di sviluppo così come la politica della qualità dei marchi regionali, della promozione delle infrastrutture sono i terreni su cui si definisce il processo di crescita e riqualificazione del modello agricolo piemontese. Tutta questa impostazione, costruita anche con un fortissimo lavoro di concertazione sociale (lo stesso lavoro si è fatto per la nuova legge sulla montagna), è ripresa e mantenuta nel documento di Giunta e mi sembra una buona premessa per un comune impegno sullo sforzo per l'affermazione del nuovo ruolo che si deve prevedere per le aziende agricole, sapendo che il vero problema per il Piemonte non sono più le aziende, le quali oramai sono capaci di un ruolo di forte competitività, ma è la debolezza dell'agroindustria che registra un potenziale di poco superiore al 50% di quello espresso dalle altre Regioni padane, dal Friuli al Veneto, alla Lombardia meridionale ed alla stessa Emilia.
Su questo, come su altri capitoli che mi sembrano maggiormente approfonditi, come la cultura e il turismo (ne cito alcuni, ma ce ne sono molti altri), per fare degli esempi, mi pare di non cogliere aspetti di discontinuità. E' un tema propagandistico al quale in molti nella maggioranza, a cominciare dal Presidente Picchioni, non se la sentono di associarsi. Questa costituenda Giunta ed il Consiglio sono di fronte ai grandi problemi del Piemonte, da quelli cui ho cercato di fare qualche cenno alla ricostruzione del dopo alluvione. Al di là dei gravosi limiti del documento che da più parti si segnalano, restano le prerogative di questi due giorni di dibattito che è il primo confronto di merito all'interno di questo Consiglio. Vogliamo anche capire la disponibilità che l'on. Ghigo manifesterà verso le proposte e le richieste nostre e del Consiglio nel suo insieme. Le conclusioni, di conseguenza, e il pronunciamento di merito politico saranno poi espresse nel successivo intervento dal nostro Capogruppo Luciano Marengo.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Comunicazioni del Presidente del Consiglio in merito alla manifestazione dei lavoratori dell'Alenia


PRESIDENTE

Prima di dare la parola alla Consigliera Simonetti, voglio informare il Consiglio che al di fuori del Palazzo c'è una cospicua delegazione chiamiamola così in termini eufemistici - dei lavoratori dell'Alenia, ai quali io personalmente esprimo la mia solidarietà, non solamente per le loro situazioni di lavoro, ma anche per quanto concerne il complesso di crisi dell'industria spaziale e aeronautica del Piemonte che tocca soprattutto Torino.
Pregherei, proprio per non interrompere il Consiglio, vista anche la particolare necessità di seguire il dibattito in tutti i suoi aspetti l'Assessore designato, Masaracchio, di incontrare una delegazione di cinquanta o cento persone in Sala Viglione. Prego inoltre i rappresentanti dei Gruppi politici, che avessero la sensibilità di conferire con loro, di recarsi in Sala Viglione. Nel frattempo noi continuiamo il dibattito e poi semmai, la delegazione che ha conferito con i lavoratori dell'Alenia potrà riferire a noi tutti sulla situazione, soprattutto se riusciamo a trovare nell'ambito del dibattito lo spazio necessario per un monitoraggio immediato della situazione dell'Alenia.
Se non ci sono obiezioni di sorta, credo che questo possa essere subito un atto di attenzione e di sensibilità verso i lavoratori che sono al di fuori del Palazzo.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto (Elezione del Presidente e della Giunta regionale) - (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo il dibattito sugli adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto.
La parola alla Consigliera Simonetti.



SIMONETTI Laura

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, il mio intervento sarà specifico nell'affrontare i temi che per la mia esperienza mi sensibilizzano in modo particolare. Sono assai perplessa sul documento politico programmatico del governo Ghigo. Questo, spesso richiamato riferimento al reale avvicinamento di una ripresa effettiva della situazione economica del Piemonte, mi sembra assai ingenuo, noncurante delle effettive lacune in settori sociali fondamentali (penso alla sanità alla scuola, all'esigenza di spazi, all'esigenza di una tutela ambientale all'esigenza del diritto di ogni cittadino ad un posto di lavoro all'esigenza di una migliore qualità della vita).
Ho trovato molto superficiale il tono ed il metodo con cui sono stati affrontati temi scottanti, su cui il documento politico presentato dalla maggioranza non presenta alcun progetto concreto di risoluzione; piuttosto è presente sempre una continua sottovalutazione dei gravi problemi esistenti che, a quanto pare, la Giunta ed il nuovo governo intendono risolvere adeguando o attuando leggi già esistenti. In realtà credo sia diversa la situazione rispetto al passato, perciò debba essere diversa la direzione da seguire. Ritengo perciò molto pericoloso il desiderato potenziamento delle attività private ed imprenditoriali, invece di pensare ad un più incisivo intervento pubblico, ed in particolare faccio riferimento al programma sullo sport ed il tempo libero; mi sembra veramente incosciente che tale Giunta si ponga come obiettivo - e cito vostre parole - "sempre maggior peso al soggetto privato, sia di tipo associativo che di tipo imprenditoriale". Non è questa la strada da seguire.
Nulla di concreto ed attuativo nella considerazione del problema scuola e spazi sociali. Io credo che, prima di pensare ad un aumento degli importi delle borse di studio o incoraggiare le lauree brevi, il nuovo governo Ghigo dovrebbe porsi altri obiettivi per una diversa politica rivolta ai giovani.
Ci si dimentica dell'esigenza scolastica, di corsi di sostegno formativi nelle strutture scolastiche. Ci si dimentica di preannunciare necessari interventi nelle strutture scolastiche ed universitarie, che in molti casi sono pericolanti. Lieve accenno poi all'esigenza di residenze universitarie, mentre in realtà questo buco istituzionale rivela una grossa incapacità di costruire una politica regionale di accoglienza per gli studenti stranieri o provenienti da altre regioni. E' necessario oggi cambiare la filosofia che ispira il rapporto fra la cultura e l'utente. Si dovrebbe pensare, a partire dalle realtà regionali e locali, ad un cambiamento di prospettiva, ove si possono estendere ed ampliare gli spazi per fare cultura. Si può mettere a disposizione quella realtà, dalle scuole ai teatri, agli ospedali, ai musei, dove la cultura è trasmessa. Tutte le attività culturali fino ad oggi si sono sviluppate in due direzioni: l'istituzione scolastica e la formazione professionale, intesa nel migliore dei casi come riqualificazione della mano d'opera eccedente.
Restano poi a margine tutte le attività della conservazione musicale il cui accesso è circoscritto ad una parte o cerchia ovviamente appartenente ad un mondo staccato dal sociale.
Non un accenno nel Programma alla necessità di spazi sociali, spazi musicali o teatrali.
Noi Comunisti invece pensiamo che solo allargando la disponibilità d'uso degli spazi istituzionali della cultura, si possa esplicitare la volontà del Governo ad un'apposita riprogettazione della funzione dell'ente pubblico nell'attività culturale ed artistica del cittadino.
Ma questa volontà chiaramente non è presente; essendo viceversa presente la volontà capitalistica di espandere il privato e l'imprenditorialità senza così portare vantaggi alla gente (e per gente intendo settori sociali meno abbienti che non possono, per ottenere dei servizi, permettersi ulteriori estroiti finanziari).
Un'ultima grave considerazione politica e culturale sul tema dell'antifascismo.
Certo non mi aspettavo che un governo di destra, formato per la prima volta da esponenti di Alleanza Nazionale, potesse affrontare in modo significativo il valore storico, politico e culturale della Resistenza.
Vorrei ricordare a tutti che l'antifascismo e la Resistenza sono un tema affrontato e sancito dalla nostra Costituzione e sarebbe opportuno (nonostante la grave e chiara provenienza politica di destra) che il valore storico e culturale della Resistenza fosse rivalutato a partire dalle scuole ed in tutte le altre sedi culturali; rivalutare la Resistenza significa rivalutare un patrimonio culturale e storico, in cui la Regione del Piemonte è stata partecipe in modo significativo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rubatto.



RUBATTO Pier Luigi

Signor Presidente, signor Presidente designato della Giunta regionale colleghi Consiglieri, finalmente, a due mesi dalle elezioni amministrative il Piemonte ha un governo designato che si presenta al Consiglio regionale ed alla popolazione con un Programma che non è certo dei migliori e che per il periodo di tempo trascorso, per gli interventi giornalistici dei propri esponenti, poteva risultare migliore.
Lei, signor Presidente della Giunta, ci parla di "pace sociale", ci parla di finanza pubblica restrittiva, ci parla di congiuntura, di nuove tendenze economiche monetarie, ci parla di tensioni inflazionistiche: la ringrazio a nome di tutti quei pensionati ed anziani che trovano nel suo Programma ospitalità in poche righe, per la verità "quattro", ma che sulla loro pelle conoscono meglio di tutti noi i problemi della congiuntura e dell'inflazione e che sperano proprio da noi tutti di poter ottenere qualcosa di meglio, per poter, dopo anni di lavoro, godersi una meritata pensione con la garanzia di un tetto, la possibilità di nutrirsi adeguatamente, dignitosamente, senza dover ricorrere all'assistenza, senza dovere elemosinare letteralmente un tozzo di pane. Cosa che, è risaputo avviene quotidianamente in alcuni ambienti più disagiati. Le statistiche non fanno testo: molti, troppi, non chiedono, e seppure riconosciamo encomiabile tale orgoglioso comportamento, ciò non ci autorizza a persistere nell'indifferenza. Queste situazioni debbono cessare assolutamente.
In quanto alla riforma delle Regioni, per dare loro maggiore autonomia lei mi troverà sempre concorde perché sono necessarie proposte concrete per garantire alle Regioni la possibilità di meglio occuparsi dei propri cittadini.
Si deve giungere in tempi brevi ad un provvedimento organico di riforme istituzionali che definisca ruoli e poteri della Regione. Mi trovo in linea con il suo intervento programmatico quando ci parla di rapporti con gli Enti locali, di maggiori interventi nel settore dell'occupazione.
E chi potrebbe pensare di essere contrario quando si afferma la necessità di migliorare, anzi di garantire nuovi interventi nel settore occupazionale? I giovani, le famiglie tutte ci ascoltano, attendono queste proposte che, anche se minime, dicono già qualcosa circa le difficoltà che sussistono sulle tematiche occupazionali.
Però anche in tale settore, come in quello dei rapporti con gli Enti locali, credo vi debba essere maggiore incisività, a garanzia di miglioramenti e non solo con l'enunciazione di problemi.
Mi permetto, signor Presidente, di toccare alcuni punti che più stanno a cuore alle categorie che rappresento ed a quanti hanno dato il loro consenso alla lista Pensionati.
Sono punti che più ci toccano ed anche se, ricordandoli, mi ripeto o passo da un capoverso all'altro, chiedo venia e spero che lei vorrà accogliere le mie deduzioni con quell'attenzione che ha sempre dimostrato di avere in questo periodo di incontri e colloqui con i rappresentanti dei Partiti che operano in Regione nelle Conferenze dei Presidenti dei Gruppi.
Noi sappiamo che nella nostra Regione viene effettuato dallo Stato un prelievo fiscale che viene indirizzato altrove.
Noi sappiamo che il Piemonte riceve dallo Stato, in servizi pubblici e trasferimenti finanziari, molto meno di quanto versa.
Siamo concordi nel dire che siamo tutti cittadini di una sola Nazione e che quindi saremmo ben lieti se i nostri soldi fossero bene utilizzati anche altrove, in qualsiasi altra località.
Non mi fraintenda, saremmo ancora più lieti se fossero utilizzati bene in Piemonte. Ma, purtroppo, sino ad oggi, non sono stati utilizzati bene n in Piemonte né altrove.
Concordiamo quando lei ci riferisce che sul piano della politica finanziaria occorrerà procedere alla "dismissione di beni improduttivi o di rilevanza meramente patrimoniale effettuandone la privatizzazione", alla "riduzione del ruolo erogatore della Regione", alla "riduzione delle spese correnti", alla "promozione di politiche in grado di ridurre i costi di gestione".
Concordiamo quando lei afferma la necessità di forti integrazioni con le regioni europee e con le regioni limitrofe, attivando sistemi ferroviari più veloci, migliorando le strutture ed attuando collegamenti con il nord Europa, capoluogo lombardo ed area veneta.
Mi scusi, signor Presidente, ma prima di parlare di Alta Velocità e di grandi collegamenti non sarebbe meglio operare affinché tutti i Comuni del Piemonte ottengano collegamenti migliori a garanzia di molti lavoratori e studenti che debbono, non certo per colpa loro, praticare il pendolarismo quotidiano? Miglioramento, quindi, dei servizi esistenti; miglioramento nelle strutture, negli orari, nei costi, potenziando i servizi e garantendone efficienza.
Ci sono, ancora oggi, signor Presidente, delle zone del nostro Piemonte mal servite dal mezzo pubblico e, in limitati casi, neppure servite.
Parliamo di collegamenti tra Caselle, Cerione e Levaldigi, parliamo di collegamenti con la Malpensa, ma parliamo anche di collegamenti per i lavoratori che debbono raggiungere quotidianamente Torino da altre zone della Regione.
Sanità. La VI legislatura regionale sarà fortemente segnata - lei dice da uno sforzo di riprogrammazione e di ridefinizione dei caratteri, delle strutture, delle modalità di funzionamento del Sistema Sanitario Regionale.
E' un po' poco, anche se queste righe vogliono dire molto; è un po' poco anche perché sino ad oggi il sistema sanitario è caratterizzato dal "sempre peggio"; un sistema ove il malato non viene considerato, ove l'anziano è spesso abbandonato ai suoi problemi; ove il personale medico e paramedico è costretto ad operare in situazioni di disagio e difficoltà per mancanza di organico e per inadeguate strutture sanitarie.
La sanità, il sistema sanitario, inizierà a funzionare quando vi sarà un notevole apporto di nuove energie nell'organico, nella dirigenza, nel personale sanitario.
Rapporti con l'Università. Lei ci dice che i reparti di cura universitari debbono essere utilizzati prevalentemente per casi di interesse medico-scientifico.
Non ho parole per confutare tale affermazione. Sono allibito al pensiero che nei reparti sanitari universitari finiscano solo malati come "cavie" ed unicamente per questa ragione potranno accedere a questi padiglioni ospedalieri.
Mi auguro, signor Presidente, che la sua intenzione non sia questa altrimenti sarei molto imbarazzato nel sentirmi corresponsabile di miglioramenti di strutture sanitarie, che poi verranno utilizzate allo scopo di assistere pazienti affetti da malattie di interesse altamente medico-scientifico.
Assistenza. In questo capitolo del suo intervento avrei voluto leggere ed ascoltare qualcosa di più che la semplice affermazione di potenziamento dei servizi esistenti. Guardi, signor Presidente, che in questo caso "potenziamento dei servizi" significa "fare tutto", perché purtroppo questo è stato un settore dimenticato da tutte le Amministrazioni passate e da molte Amministrazioni locali. Poco o nulla lei ci ha detto di assistenza domiciliare per anziani; poco o nulla ci ha detto di creazione di comunità alloggio per i portatori di handicap e per coloro che sono affetti da disagi mentali. "Potenziamento"... ma come questo potenziamento? Lei tralascia di fare programmi precisi che noi avremmo voluto ascoltare per meglio considerare la nostra posizione sul voto alla Giunta.
Anziani. Nell'intervento per la votazione del Presidente del Consiglio regionale avevamo già richiesto che nel Programma della Giunta fosse recepita la nostra richiesta della realizzazione del progetto "Osservatorio Anziani" che, fatto proprio dalla scorsa legislatura, è stato siglato dalle Confederazioni sindacali e da oltre venti Associazioni, tra le quali molte caratterizzate per il loro molteplice lavoro di sensibilità sociale e per la benemerita attività svolta nella nostra Regione. In questo settore un censimento delle Residenze Sanitarie Anziani è ben minima cosa in confronto alle reali necessità.
Nei capoversi "Tutela materno-infantile" e "Tossicodipendenza" possiamo notare la sua chiara posizione, che rispecchia un po' tutto il suo programma: "incrementare". Ma non ci definisce in quale modo saranno incrementati gli interventi in questi e in altri settori. Cosa intende fare per la tutela materno-infantile? E' vero che lei, abbiamo preso conoscenza dagli organi di stampa, creerà un Assessorato alla famiglia? Ma quali competenze avrà questo Assessorato? Problemi dei soggetti più deboli. Lei ci dice che sarà meglio gestito e coordinato il ruolo del volontariato e nel contempo non recepisce le richieste di oltre venti Associazioni di volontariato che chiedono la realizzazione dell'Osservatorio Anziani.
Non vengono recepite proposte in quanto fatte da un piccolo gruppo di opposizione; oppure cercherà di fare qualcosa di nuovo che poi uno dei suoi Assessorati ci vorrà benevolmente proporre? Cultura ed Università. Anche questo capitolo, a mio avviso, è stato trattato molto superficialmente, senza evidenziare particolari manchevolezze nel settore e senza illustrare concretamente le iniziative che si vogliono intraprendere. In quali condizioni seguono i corsi i nostri studenti universitari? Lei ne è perfettamente a conoscenza: locali inefficienti, spesso affittati da cinema; affollamenti eccessivi e carenza di strutture adeguate. E' compito della Regione recepire le istanze di studenti e docenti per garantire migliori servizi scolastici.
Turismo. E' questo un settore purtroppo dimenticato in Piemonte. Vi sono musei e strutture turistiche che potrebbero avere risonanza mondiale ed invece sono nel dimenticatoio e, forse, sconosciute agli stessi piemontesi.
Creiamo una struttura turistico-informativa, alla quale possano attingere informazioni coloro che vogliono visitare la nostra terra ed anche i residenti. Sarebbe opportuno un vero censimento di tutte le opere artistiche del Piemonte, coordinandone gli orari di visite e garantendo aperture anche nei giorni di festa ed in agosto.
In questo settore perché non prevedere visite guidate domenicali a parchi, castelli e musei da parte di studenti delle scuole di ogni ordine e grado e da parte degli anziani? Sport e Tempo libero. Questo è un capitolo che interessa molto in quanto in esso, a nostro avviso, è necessario comprendere tutto un intervento nuovo nel settore dello sport giovanile e del tempo libero sia per i giovani che per gli anziani. Non sono necessari molti capitali per realizzare impianti faraonici, ma servono interventi per dotare i Comuni della Regione di impianti sportivi limitati allo sport dilettantistico accessibili a giovani ed anziani. Ben venga un incremento dell'attività sportiva tra le attività scolastiche e ben venga finalmente l'apertura delle sedi scolastiche per ogni attività sportiva sia dei giovani che degli anziani.
Il nostro movimento non può che essere lieto di capire che lei ha particolare attenzione alla qualità della vita degli anziani, dei giovani dei disabili e proporrebbe un Centro di ricerca e sperimentazione nel campo dell'attività motoria. Cosa dovrebbe fare questo Centro? Non sarebbe più opportuno operare per lo studio di nuove prospettive nel settore sportivo unitamente ai Centri di propaganda sportiva tramite una loro Consulta ed alle Associazioni degli anziani tramite l'Osservatorio da noi richiesto? Opere pubbliche e ristrutturazione post-alluvione. Troppo spesso, anche da altre Amministrazioni, abbiamo ascoltato interventi in favore della difesa del suolo e della sistemazione del territorio per prevenire calamità naturali. Troppo poco è stato fatto in passato, e ne abbiamo le prove dai recenti eventi in alcune province del Piemonte. Dobbiamo prevenire la possibilità di altri rischi e nel contempo dare forza alle richieste di quanti, alluvionati, chiedono che vengano garantiti i loro diritti.
Politica della casa. Con l'evento dei patti in deroga, molte persone sono state costrette ad abbandonare la loro casa per sfratti causati dall'impossibilità di pagare cifre aumentate a dismisura rispetto alle possibilità di molti pensionati ed anziani. Chiediamo interventi maggiori per garantire a molti anziani la permanenza nelle abitazioni che per loro hanno anni di storia, di affetti e di ricordi.
Auspichiamo la creazione di nuove residenze anziani e siamo contrari agli aumenti indiscriminati degli affitti negli IACP ai pensionati sociali.
Una nuova forma di politica per la casa è auspicabile anche per le coppie di giovani sposi alle quali dovrebbero essere date maggiori agevolazioni per l'acquisto della prima casa.
Signor Presidente designato della Giunta, il nostro Gruppo ha voluto evidenziare alcuni punti che stanno a cuore alle categorie che rappresentiamo. Molti altri colleghi Consiglieri meglio di me, con più incisività e capacità, metteranno in luce altre lacune di questo Programma altri le parti migliori. Io chiedo, a nome degli elettori che rappresento maggiore incisività della Giunta nel settore dell'assistenza, degli anziani, una migliore politica per la famiglia, un impegno a recepire le richieste del volontariato, la creazione dell'Osservatorio Anziani.
Molto altro potrei chiedere, molto altro che lei, signor Presidente ha, forse, volutamente tralasciato per non impegnare maggiormente la sua coalizione.
Il Gruppo Pensionati su questo Programma è critico nei confronti della Giunta dando il voto contrario, perché in esso molto poco si parla di problemi degli anziani, dei pensionati, delle categorie più deboli ed anche perché da molti argomenti trattati nella relazione del Presidente si intravvedono poche prospettive per la nostra Regione.
In futuro però noi, pur facendo opposizione costruttiva, saremo pronti a recepire favorevolmente ogni proposta che la Giunta vorrà fare a favore delle classi che noi rappresentiamo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Farassino.



FARASSINO Giuseppe

Noi del Gruppo della Lega ci siamo divisi i compiti per poter fare un appunto su ogni punto del Programma presentato dalla Giunta.
Inizio con il presentare le osservazioni della Lega sui comparti dei trasporti, della viabilità e dell'agricoltura. Poiché sui trasporti non abbiamo quasi trovato traccia, è un capitolo quasi inesistente nel Programma presentato dalla Giunta, dirò quali sono gli obiettivi strategici della Lega per questo comparto.
Premesso che per le sue caratteristiche geografiche il Piemonte, seppur proteso nel cuore dell'Europa, si trova fortemente isolato per la mancanza di una rete di collegamenti sufficientemente veloci e moderni, iniziamo con il dire che la precedente Amministrazione poco o nulla ha fatto per migliorare significativamente l'attuale rete di comunicazione ed i limiti della rete esistente si ripercuotono inevitabilmente sull'economia regionale.
Il problema è quello di sempre: una rete inefficiente sia per il trasporto merci che passeggeri. Le opere che devono essere completate oppure ancora iniziate sono diverse; le più importanti sono: la realizzazione della Torino-Lione, passata ultimamente nella Commissione di Strasburgo (sessione dello scorso mese) nell'insieme del programma della rete transeuropea dei trasporti; il completamento dell'autostrada Torino Savona, sulla quale la Lega ha svolto un grande lavoro ed ha attuato un grande impegno, ottenendo che venisse approvata proprio alla fine della scorsa legislatura nazionale; la realizzazione dei collegamenti autostradali e dei trafori che riducano l'isolamento della Provincia di Cuneo. Dobbiamo avere sbocchi con l'Europa, quindi sono importantissime la Cuneo-Asti, la Cuneo-Nizza (passata con un emendamento del sottoscritto nella seduta del mese scorso a Strasburgo), la realizzazione della strada pedemontana che permette di ridurre l'isolamento sociale ed economico delle valli montane per un loro reale rilancio.
Il potenziamento degli interporti, in particolare di Torino (Torino Orbassano) e di Novara (Boschetto).
Lo sviluppo del sistema navigabile interno, la rete idroviaria interna che rientra anche questa nella nuova e nella giustissima filosofia del trasporto combinato previsto dalla rete transeuropea dei trasporti per connettere l'area padana occidentale all'Adriatico.
Lo sviluppo della rete navigabile regionale con il riutilizzo dei canali navigabili esistenti, i famosi canali Cavour nel Novarese e nel Vercellese.
I criteri sui quali il nostro movimento fonderà la sua politica regionale di mobilità si possono riassumere nei seguenti punti: 1) integrazione tra pianificazione della mobilità e pianificazione territoriale ed urbanistica.
Vista l'interazione esistente tra lo sviluppo del sistema socio economico, dei trasporti ed organizzazione territoriale, si rende necessario promuovere una politica territoriale ed urbanistica più attenta ai problemi dei trasporti e della mobilità, evitando che si traduca in un'elevata congestione dell'Area Metropolitana torinese da un lato, ed in un crescente isolamento delle aree ingiustamente considerate marginali dall'altro.
2) Aumentare le prestazioni dell'offerta attraverso interventi rivolti a: una ridefinizioni del sistema decisionale che attraverso la riorganizzazione della gestione delle risorse assegni maggior peso a Regione e Comuni un miglioramento dell'integrazione modale e del suo sistema informativo, puntando ad un crescente ruolo del settore ferroviario e fluviale un incremento della competitività del trasporto collettivo nei confronti di quello privato, senza penalizzare quest'ultimo una depolarizzazione dell'Area Metropolitana torinese a favore di un assetto regionale più omogeneo in termini di produttività, risorse ed investimenti un razionale utilizzo delle strutture esistenti puntando ad un miglioramento della rete attraverso interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria.
3) Promuovere una politica di riequilibrio tra le diverse modalità di trasporto merci, favorendo il trasporto su rotaia e acqua mirato al contenimento dell'incidenza dei costi di trasporto sul costo di produzione.
Promuovere il trasporto merci su rotaia non significa disincentivare quello su trasporto combinato, ma significa rendere competitivo il treno con il mezzo gommato. I più bassi costi di trasporti e il minor impatto ambientale ed inquinamento dell'aria ed acustico si hanno con il sistema di trasporto fluviale. Dobbiamo proteggere l'ambiente, rivolgo a tutti gli ambientalisti questo invito. Trasporto fluviale, al quale la stessa Comunità europea è interessata inserendo - come ha inserito - il Po nel progetto transeuropeo dei trasporti, la navigazione interna del Po, dall'alto Po piemontese fino a Venezia.
4) Promuovere, attraverso un'attenta politica regionale e nazionale di sensibilizzazione, il potenziamento dell'Aeroporto di Caselle; non parlo delle sue infrastrutture, che sono già sovradimensionate per la sua utenza ma del ruolo che l'Aeroporto di Caselle può e potrà avere per la crescita e lo sviluppo economico e sociale del Piemonte.
5) Dato che nel nuovo Codice della strada la Regione si occuperà anche dei piani urbani di traffico, bisognerà procedere alla risoluzione delle aree urbane, in particolare quella torinese, attraverso un piano di governo della mobilità in cui si integri la mobilità pubblica con quella privata.
6) Prevedere le esigenze di potenziamento e di sviluppo del sistema delle comunicazioni che dovranno prendere in considerazione i problemi della tutela e valorizzazione delle risorse ambientali.
Questi sono i punti che avremmo voluto trovare nel Programma presentato dalla Giunta, ma non c'erano, comunque li proponiamo noi e su questi punti la Lega si impegnerà.
Alcune osservazioni, ora, sul capitolo "Agricoltura" del documento politico programmatico presentato dal governo.
Dopo una premessa che definisce l'agricoltura "strategica" ed "essenziale" il lettore di questo capitolo di due pagine del Programma della nuova Giunta regionale si attenderebbe un'esposizione organica di idee e di progetti seri; invece, al contrario, il testo è perlopi un'elencazione di frasi fatte ed affermazioni trite e ritrite che il mondo agricolo piemontese conosce da anni, esposte, oltretutto, in maniera spesso sgrammaticata e confusa.
I propositi su cui si basa il Programma non possono non essere condivisi, siamo sulla strategia del generico. Chi è, per esempio, che non vuole incrementare le produzioni di qualità e mantenere l'occupazione? Chi non vuole lo sviluppo dell'agroindustria locale e un'efficiente assistenza tecnica per gli agricoltori? Peccato che gli interventi suggeriti, perlopi ereditati dalla Giunta precedente, abbiano bisogno di ingenti risorse finanziarie e non si spenda una parola nel Programma, sul nocciolo di tutto il problema: come reperire queste risorse.
La Lega nord da sempre chiede un riequilibrio della distribuzione alle Regioni delle risorse da parte del dicastero agricolo che vede il Piemonte penalizzato: vuole la Giunta Ghigo sostenere le azioni per giungere ad un'equa distribuzione? Come pensa altrimenti la Giunta di finanziare iniziative come il pagamento "dei danni causati al patrimonio zootecnico da sporadici risorgenti focolai di infezione", a suo tempo sospese per mancanza di fondi? Come intende la Giunta promuovere l'immagine dei prodotti del Piemonte quando, per difficoltà di bilancio, quest'anno sono stati drasticamente tagliati proprio tutti gli interventi destinati all'approvazione? Sa la Giunta che il numero di domande presentate sul Regolamento n. 2328/91 ha superato di gran lunga le aspettative e quindi le risorse stanziate? Per mantenere l'occupazione occorre offrire la possibilità di sviluppo alle aziende e un efficiente sistema di pagamento dei contributi della PAC che costituiscono una parte sempre più consistente del reddito degli agricoltori; eppure non c'è una sola parola sulla ridelimitazione delle aree 5b che escludono totalmente la provincia di Torino, e invece di chiedere una gestione regionale degli aiuti si propone un "oscuro quanto vago decentramento di taluni interventi"! In definitiva nel Programma Ghigo per l'agricoltura quello che c'è di buono non è originale e quel pochissimo che c'è di originale non è buono.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rosso.



ROSSO Roberto

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, già si è rilevato in alcuni precedenti interventi quali siano le carenze strutturali dell'intero Programma del governo Ghigo, ma, aggiungo io, arrivati al progetto di lavoro per il potenziamento delle attività produttive, piuttosto che per la cultura e per lo sport, oppure per il turismo, c'è addirittura da trasecolare perché è tutta acqua fresca, perché si ha il coraggio di voler pianificare senza la benché minima competenza, perché si fa un'enunciazione di propositi che sono sulla carta niente altro che una lunga e stucchevole formulazione di luoghi comuni. Il popolo piemontese non va considerato alla stregua di uno scolaretto suggestionato da qualche televendita tecnica, ben conosciuta dall'on. Ghigo, ma come un popolo saggio e maturo; basti pensare all'efficienza con la quale ha prontamente reagito al disastro ambientale dello scorso autunno.
La gente sa che esiste il problema della disoccupazione, che la sanità non funziona, che l'ambiente è sempre meno a misura d'uomo e che non tutti sono coperti da un tetto decoroso. Queste cose la gente ormai le sa, le conosce bene, quindi occorrono priorità concrete dalle quali si evinca immediatamente la volontà di cambiamento e di attuazione dei programmi pochi, mirati, inizialmente essenziali, nulla a che vedere con l'enunciazione dei buoni principi contenuti nel documento stilato dal governo Ghigo.
Questo il preambolo generale relativo al documento politico programmatico, sul quale non mi dilungo oltre se non per indicare in sintesi gli obiettivi della Lega Nord per quanto concerne i settori di mia competenza, a cominciare dall'industria e dalle piccole e medie imprese.
Il Piemonte non aveva bisogno di consegnarsi ad una maggioranza politicamente vaga come la vostra per scoprire che lo sviluppo regionale passa attraverso la ricerca scientifica e tecnologica e che risulta fondamentale la presenza di un adeguato livello di professionalità, cose che da anni sentiamo puntualmente enunciare.
Tutto ovvio e scontato, anche per la parte dedicata alla formazione e riqualificazione professionale, dimenticando però di indicare che le stesse vanno indirizzate verso quei settori laddove è maggiore la richiesta di operatori qualificati. Nuovi posatori di cubetti di porfido per lastricare le strade - tanto per fare un esempio - risultano superflui oggi come oggi.
La specializzazione va mirata, anche a fronte delle decine di miliardi elargiti ogni anno dalla Regione ad istituti ed associazioni per la realizzazione dei vari corsi. E qui sarebbe opportuno vigilare al meglio sui beneficiari dei vari finanziamenti e sul tipo di corso svolto, nonch sull'effettiva competenza degli insegnanti.
Infine, il documento Ghigo non precisa l'effettivo ruolo che la grande industria dovrebbe svolgere. Se dovessimo continuare a rimanere un'area a forte monocultura industriale, come verrà conciliata la costante diminuzione delle persone occupate a fronte di un continuo aumento del fatturato? Chi lo andrà a raccontare ai cassintegrati che frequentano la bocciofila De Angeli di Via Foligno a Torino? Dopo un'attenta lettura dell'ipotesi di programma per il commercio anch'esso inconsistente e vago, non si è riscontrato alcun cenno di programmazione territoriale ed urbanistica della rete distributiva al dettaglio che utilizzi opportunamente l'istituto di programma così come previsto dalla legge n. 142, né vi è traccia della programmazione e sviluppo del commercio su aree pubbliche sulle quali si espletano attività commerciali, né della definizione dei criteri che i Comuni devono adottare per il rilascio delle licenze e la progettazione delle aree pubbliche.
Inoltre, non si parla di piani commerciali per le aree disagiate quali quelle montane e rurali, che per la valenza sociale che rivestono vanno sostenute per non aggravare ulteriormente il fenomeno dello spopolamento di queste zone tipiche del nostro Piemonte.
Nel Programma Ghigo si parla di nuovi criteri per la grande distribuzione, dimenticando che la stessa non crea occupazione né maggior efficienza distributiva e che danneggia le produzioni locali ed artigianali, stante che la grande distribuzione si approvvigiona presso grandi gruppi industriali.
Il programma per la cultura, pur se indicato tra i punti strategici viene liquidato in mezza paginetta. Nessun accenno comunque in merito alla lingua ed alla cultura piemontese, totalmente assente dal programma regionale: spettacoli, manifestazioni, tradizioni popolari, studi, tutti posti nel dimenticatoio più assoluto. Complimenti! Si scrive del completamento dei grandi cantieri - Castello di Rivoli La Mandria, la Sacra di San Michele - ma non si ricordano i 900 anni della Città di Asti, quale occasione per il restauro di monumenti significativi od ancora, non viene citata la necessità di ristrutturare gli storici stabilimenti della FERT, sede storica del cinema di Torino, considerando che il Museo del Cinema avrà la sua sede alla Mole.
Per quanto riguarda l'Università, sono lieto di apprendere che in materia di diritto allo studio la Giunta intende aumentare "considerevolmente" gli importi delle borse di studio e costruire nuove residenze universitarie.
Sinceramente, questi lodevoli propositi, senza una drastica riforma degli interventi regionali sul diritto allo studio, mi sembrano demagogia da prima Repubblica.
Parlare di aumento dell'importo delle borse di studio mi pare alquanto fuori luogo, considerato che a tutt'oggi non sono ancora state elargite completamente le borse per l'anno accademico 1994/1995.
Al fine di continuare a garantire il diritto allo studio occorre che ogni Regione si faccia carico di elargire forme di sussidio privilegiando gli studenti residenti.
Ritengo inoltre che affinché gli interventi siano mirati e funzionali si dovrà dare notevole impulso ai prestiti d'onore, adeguandoci agli standard europei. Tali prestiti dovranno essere concessi ad un'ampia fascia di studenti sulla base dei requisiti di merito e di reddito e potranno essere rimborsati al termine degli studi; la Regione Piemonte dovrebbe assumersi l'onere di fornire garanzie e di pagare parte degli interessi agli Istituti di credito.
Occorrono quindi proposte concrete alla crescente domanda di cultura che proviene dai giovani, ricordando che investire nell'istruzione oggi significa progresso e benessere domani per la nostra regione.
Da ultimo vorrei affrontare un argomento che mi sta molto a cuore, mi riferisco allo sport e al tempo libero; e qui scopro cose molto interessanti.
Che lo sport è una forma di prevenzione contro i mali peggiori della società giovanile moderna; che l'attività sportiva può incidere armonicamente nello sviluppo della personalità individuale; che si deve migliorare il contenuto psico-fisico e culturale dei cittadini; che l'intervento della Regione sarà diretto, a respiro pluriennale, a sostenere il potenziamento delle strutture; che in sinergia con i Comuni bisogna instaurare una collaborazione con la scuola e che come unica proposta si pensa alla creazione di un Centro di ricerca e sperimentazione nel campo dell'attività motoria.
Questo e nient'altro, cioè una serie di principi ribaditi nel tempo e sempre rimasti al palo come semplici enunciazioni filosofiche, il tutto contenuto in un Programma a dir poco scandaloso nella sua superficialità e probabilmente nella non cultura di chi lo ha redatto, evidentemente ad Arcore e nelle segreterie romane.
Ma ad Arcore e a Roma, mi chiedo, cosa sanno del nostro sport, delle nostre esigenze, ma soprattutto delle nostre urgenze? Che sanno infatti di tanti impianti sportivi del basso Piemonte che sono stati travolti dall'alluvione ed hanno tolto a tutti spazi vitali? Che sanno degli impianti legati al nostro turismo invernale che, già penalizzato da stagioni meteorologicamente poco favorevoli, non riesce a progredire in un miglioramento ed in un collegamento generale degli impianti? Che sanno dei vicini Mondiali di sci del 1997 per i quali si è già in colpevolissimo ritardo? Ad Arcore e a Roma di queste cose non sanno nulla, ed è anche comprensibile; molto meno comprensibile è che anche voi le abbiate saltate a pie' pari come se viveste in un altro mondo.
Concludo ribadendo che al momento di spiegare agli elettori cosa farete negli anni del vostro mandato, non siete stati in grado di dare, non dico alcuna risposta concreta, ma certamente poche indicazioni.
Parole, parole, ed ancora parole, dette e ridette da tutti. Un cartello il vostro, sul quale è già tatuata una preoccupante incapacità ad impostare i problemi.
Figuriamoci quale sarà poi l'efficacia di chi sa soltanto fare ragionamenti vaghi, scontati ed accademici, quando quegli stessi problemi bisognerà risolverli.
Auguri comunque, di vero cuore, per il Piemonte ovviamente e grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Dutto.



DUTTO Claudio

Signor Presidente e signori Consiglieri, ho analizzato con particolare attenzione la relazione in materia finanziaria. Questa inizia con una presa d'atto che vado ora a rileggere: "La finanza pubblica restrittiva adottata a livello nazionale e la non ancora definita autonomia finanziaria delle Regioni comporteranno anche per la Regione Piemonte una minore disponibilità di risorse pubbliche da utilizzare per l'azione regionale".
Questo concetto viene più volte ripreso come dato di fatto, inoppugnabile ed insindacabile.
Dunque a questo Consiglio ed alla Giunta altro non resterebbe da fare se non amministrare, ripartire, suddividere queste risorse limitate.
Mi pare un ruolo restrittivo e secondario. Se a livello nazionale le autonomie finanziarie regionali non sono ancora state definite, certo molto si può fare, tramite concrete proposte, pressioni politiche e quant'altro opportuno per addivenire a questo risultato in tempi ragionevoli. Purtroppo gli ideali federalisti più volte vantati in campagne elettorali e oggi ancora ribaditi scompaiono poi nella parte di attuazione del programma eppure la nostra è una delle Regioni che proporzionalmente più danno allo Stato centrale e meno ricevono. Come giustamente citato nella presentazione, dunque, del federalismo si doveva fare bandiera. Sicuramente invece non giova questo stato di rassegnazione e di accettazione di tutto ciò che ci viene imposto da Roma; è un modo di operare che altro non pu fare se non peggiorare questa situazione. Ma attenzione! E qui parlo pensando ai contribuenti. Sia ben chiaro che se nuove autonomie fiscali verranno delegate alla Regione, queste dovranno essere sostitutive e non aggiuntive degli attuali carichi fiscali. Il livello impositivo che grava oggi sulle aziende e sui cittadini piemontesi ha ormai raggiunto livelli insostenibili ed anche questa è una delle cause delle crisi economiche ancora in atto.
In tema di trasferimenti ho poi trovato solo qualche breve accenno relativamente ai contributi dell'Unione Europea e subito la mia mente è corsa a valutare le migliaia di miliardi di finanziamenti e contributi destinati all'Italia e poi rimasti inutilizzati, e purtroppo in parte non più utilizzabili: ciò, per lo più, per l'incapacità delle strutture burocratiche regionali.
Avrei perciò gradito un preciso impegno volto a garantire il massimo sfruttamento di queste importanti risorse, dunque una garanzia di capacità e di efficienza della nuova Giunta, ma nulla ho trovato. Anche a riguardo delle risorse finanziarie ottenibili dai privati il Programma appare assai superficiale; sono molte infatti le opere pubbliche che si presentano remunerative e quindi appetibili per i capitali privati.
Ricordo, ad esempio, che il tunnel sotto la Manica è stato finanziato con questo sistema e altrettanto si potrebbe fare per finanziare i progetti dell'Alta Velocità ferroviaria: la Torino-Milano- Venezia, la Torino-Lione nonché per il completamento delle reti autostradali: il raddoppio della Torino-Savona e la nuova autostrada Cuneo-Nizza. Certo, occorre favorire l'interesse dei privati a questo tipo di investimenti. In questo modo cospicue risorse pubbliche potrebbero essere stornate da questi grandi investimenti ed utilmente venire ridistribuite in altri interventi.
Più punti del Programma mi fanno poi sorgere una preoccupazione: più volte viene infatti messa in rilievo la necessità di dare una priorità agli interventi. E' un principio sostanzialmente giusto e necessario, ma attenzione, è un principio che rischia, se portato all'eccesso, di sacrificare per il raggiungimento di pochi obiettivi o di un solo obiettivo tutta una serie di interventi altrettanto necessari per l'economia del Piemonte. Quindi sono favorevole ai grandi progetti, ma questi devono essere realizzati con opportuni finanziamenti, privati e comunitari, come detto in precedenza, e senza distogliere risorse a quella capillare rete di interventi indispensabili alla sopravvivenza del tessuto economico e sociale del Piemonte.
Per ultima una raccomandazione: più volte il Programma tocca il problema degli alluvionati, ma mi è parso in modo superficiale contemplando interventi a ricostruzione delle grandi opere pubbliche, ma dimenticando le piccole imprese. Le conseguenze dell'alluvione del novembre scorso sono rimaste irrisolte, oggi migliaia di artigiani, di commercianti di piccole e medie imprese rischiano la chiusura se non riceveranno adeguati aiuti finanziari. Dallo Stato ben poco è stato fatto e le prospettive non sono migliori. Le banche operano in una stretta e ferrea logica di numeri, quindi richiedono garanzie per concedere i finanziamenti ma quali garanzie può dare chi ha avuto la casa o l'azienda distrutta dalla forza delle acque? Gli interventi devono essere quindi di ben altra natura: è più che mai opportuno che la struttura regionale, in primo luogo questo Consiglio e la nuova Giunta, si facciano promotori di qualsiasi possibile iniziativa per porre rimedio a questo stato di cose.
Occorre rivedere fra le pieghe del bilancio per scovare ogni e qualsiasi fondo per favorire la ripresa economica di queste zone, quindi occorre inserire le zone alluvionate fra le aree destinatarie dei finanziamenti comunitari e destinare a queste zone altri finanziamenti già operanti, ad esempio quelli diretti alle aziende artigiane. Soprattutto sottolineo l'urgenza di questi provvedimenti; questo tessuto produttivo così duramente colpito oggi è come un malato grave da curare con drastiche iniezioni di capitale, che vanno eseguite subito perché domani il malato potrebbe entrare in coma irreversibile e quindi ogni cura potrebbe risultare tardiva.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Galli.



GALLI Daniele

Grazie, signor Presidente e signori Consiglieri. Esiste un'evidente identità fra la qualità del governo e le qualità formali e funzionali del territorio, di conseguenza le precedenti Amministrazioni regionali hanno lasciato una situazione di grave disagio nella pianificazione del territorio. Il Piemonte presenta aspetti di grave carenza gestionale amministrativa e disciplinare.
Il Piano territoriale recentemente adottato dalla Giunta uscente presenta ancora una volta un insufficiente livello di pianificazione riproponendo soluzioni che mai hanno avuto attuazione e funzionalità, ad esempio i Piani territoriali di livello intermedio. Dal documento di Programma della nuova Giunta non si rileva una chiara volontà nel non eseguire questi fallimentari esempi: si ritiene che gli unici strumenti urbanistici in grado di fornire una disciplina degli usi del suolo sul territorio regionale sono i PRGC. Purtroppo questi sono redatti sulla base di norme legislative regionali vincolistiche inadeguate dettate dall'obsoleta L.R. n. 56, la quale a sua volta è impostata su una normativa nazionale, ancora più vecchia, che è la n. 1150/42. La disciplina urbanistica imposta dalle leggi attuali è stata concepita su una cultura che ha prodotto solo rigidi principi giuridici quali, ad esempio, il concetto di vincolo urbanistico, la cristallizzazione normativa del piano urbanistico, il PRG concepito come strumento rigido assolutamente non flessibile e quindi non aperto alla continua e rapida evoluzione che coinvolge le attività sul territorio, da cui per reazione sono derivati tutti i numerosi casi di abusivismo di necessità.
Si richiede pertanto all'insediata Giunta un chiaro impegno alla stesura di un nuovo testo unico in sostituzione dell'obsoleta legge n. 56 affinché la trasparenza amministrativa e la rapidità decisionale siano gli obiettivi prioritari nel settore della pianificazione e del territorio. Si dovrà inoltre favorire la partecipazione dei cittadini alle varie fasi di formazione con lo scopo prioritario di semplificare e divulgare il lessico urbanistico. Inoltre auspichiamo che la pianificazione urbanistica a livello locale venga normata tenendo conto di una necessaria e continua riformulazione di revisione ai Piani regolatori vigenti. Dovranno essere previste procedure di revisione anche su istanza di semplici cittadini privati o associazioni degli stessi. Dovranno essere incentivati tutti gli strumenti istituzionali che garantiscono l'iniziativa privata, la rapidità di esecuzione dell'intervento, il controllo dell'ente pubblico sulla qualità e correttezza dell'intervento stesso.
In conclusione cito un caso recentissimo, ma di scarsa trasparenza amministrativa, da addebitarsi alla Giunta uscente, che è il PRG di Torino.
Rimandato al Comune dal Settore urbanistico della Regione con 270 osservazioni, fra cui alcune di estrema importanza, che sono lo studio del rischio idrogeologico e geologico, di base ritenuto insufficiente; la diminuzione della cubatura edificabile di circa il 15%, prevista dal piano (considerando come volume, ai fini urbanistici e tecnici, scale, androni servizi), ha avuto un iter assai curioso e assai veloce rispetto a quello consueto a tutti i Piani regolatori che vengono portati alla Regione Piemonte. Pertanto, già il 22/12/1994 il Comune, in tempo rapidissimo e senza tener conto delle osservazioni fatte dai Gruppi di minoranza consegna delle controdeduzioni alla Regione, la quale tra il gennaio e l'aprile 1995 esamina il tutto e lo approva pochissimi giorni prima delle nuove elezioni, in data 3/4/1995. Questo è uno degli esempi che auspico che la nuova Giunta regionale non segua.
Un breve cenno ai problemi dell'alluvione ed ai problemi idrogeologici.
Oggi è indispensabile proporre un modo più efficace di prevenzione del dissesto idrogeologico, unitamente ad un'agile struttura amministrativa preposta alla programmazione di grandi opere pubbliche di difesa del suolo.
Il Gruppo Lega Nord propone, per la prevenzione delle calamità naturali, una struttura amministrativa meno frammentata, con più capacità programmatorie ed attuative, in cui i poteri siano decentrati nei territori interessati e le responsabilità istituzionali siano chiare e trasparenti.
Le Amministrazioni regionali, susseguitesi negli anni fino ad oggi hanno prodotto inutili documenti di analisi dello stato di fatto (Carta sulla fertilità dei suoli, Carta forestale, ecc.), alcuni tra l'altro non completi, o flebili orientamenti programmatori, completamente privi di valenza progettuale sul territorio. La situazione della pianificazione attuale del territorio mostra una totale inadeguatezza a fornire un minimo di garanzie e di tutela sull'uso del suolo e sulla prevenzione delle calamità naturali per le attività umane.
La Lega Nord attribuisce la responsabilità politico-amministrativa dei disastri materiali e delle perdite di vite umane causate dalla recente alluvione del novembre 1994 alle Amministrazioni regionali che fino ad oggi, con colpevole inerzia e trascuratezza hanno gestito l'Istituzione regionale al fine di non programmare, di non pianificare e di non attuare gli opportuni strumenti atti a disciplinare una corretta sistemazione del suolo e dell'assetto idrogeologico del Piemonte. Alla nuova Giunta si chiede, vista la genericità del Programma, un chiaro impegno in tale senso.
Sull'ambiente: settore smaltimento rifiuti. Solo nel 1988 la Regione Piemonte si è dotata del "Piano regionale per l'organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti". A distanza di sette anni, in sostanza, nessun impianto tecnologico complesso è stato avviato, non si è arrivati all'aggregazione totale dei Comuni e la situazione delle discariche è lungi dall'essere soddisfacente e quindi si è ben lontani dall'attuazione delle richieste del Piano.
L'insoddisfacente situazione esistente è il risultato, anche in questo settore, di soggetti pubblici operanti sul territorio che hanno dimostrato una cronica incapacità di governo ed organizzativa che si rileva, tra le altre cose, nella lentezza e nell'impossibilità di utilizzare i pur pochi finanziamenti statali e regionali messi a disposizione in questi ultimi cinque anni.
Risultano sempre più numerose le incombenze procedurali ed amministrative nelle varie fasi dello smaltimento dei rifiuti, a confronto delle azioni di promozione e facilitazione della riduzione dei rifiuti.
Sono all'ordine del giorno casi in cui lo smaltimento si configura come un lucroso affare, appannaggio di pochi soggetti che non garantiscono la pubblica utilità dei servizi e la tutela del territorio.
Non è ancora stato redatto il "Piano dei siti per la raccolta dei rifiuti", senza il quale risulta difficile ipotizzare e verificare la soluzione al problema.
Manca, infine, la programmazione dell'informazione e della sensibilizzazione ed emerge sempre più la necessità di una cultura della riduzione della produzione e del riutilizzo dei rifiuti.
Il Consiglio regionale appena decaduto, pochi giorni prima delle elezioni amministrative, ha approvato una nuova legge regionale, la n. 59 del 13/4/1995, con la quale, a nostro parere, il sempre più pressante problema dello smaltimento dei rifiuti non verrà risolto.
Appare innanzitutto demagogico richiedere, oltre il necessario procedure ed incentivi per il riutilizzo dei rifiuti. E' facilmente dimostrabile dagli esperti che il riutilizzo dei rifiuti riduce la loro presenza in percentuali trascurabili (intorno al 5-6%), creando dei prodotti di origine residuale difficilmente commerciabili, senza occuparsi oltre tutto - dei rifiuti maggiormente tossici. Possiamo pertanto affermare che è sostanzialmente ininfluente il risultato che sino ad oggi si è ottenuto.
Un problema ridotto al 95% non è certamente risolto, e se si considera l'altissimo costo che ne consegue si può ben definire la raccolta differenziata come scarsamente utile e sicuramente molto costosa. Pertanto la si ritiene utile solo nella parte che incide sull'educazione civica delle future generazioni.
Il grande clamore che suscita è in gran parte dovuto alle ditte costruttrici delle attrezzature necessarie, le quali sponsorizzano largamente i frequenti convegni sull'argomento, validamente coadiuvati dai Verdi, veri paladini delle cose futili (basta ricordare le varie campagne per l'energia pulita e per i pannelli solari, oggi dimenticati perch inutili).
Molto complessa è la situazione relativa allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani. L'invio della quasi totalità dei rifiuti nelle discariche (di cui il 30% attive sulla base di ordinanze sindacali urgenti) è una forma di gestione in controtendenza internazionale. In tutte le nazioni occidentali la combustione rappresenta ormai una scelta definitiva.
Secondo il Gruppo Lega Nord la soluzione ottimale è rappresentata dagli inceneritori (le esperienze estere delle vicine Francia e Germania lo insegnano). L'alto costo di gestione e dell'ammortamento di impianto prevede un bacino di utenza di almeno 500.000 persone. Occorre sfatare l'idea della pericolosità degli inceneritori.
La Regione Piemonte ha finora creduto, e la recente L.R. n. 59/95 continua a dimostrarlo, nella raccolta differenziata ed ha largheggiato in fondi per la stessa. Relativamente alle aziende che contribuiscono alla produzione differenziata del rifiuto proponiamo una defiscalizzazione limitando le tasse-rifiuti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bellingeri.



BELLINGERI Gian Franco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, è con un certo imbarazzo che mi accingo a fare le mie osservazioni sul documento politico programmatico del Governo Ghigo, per due questioni. La prima è che sono un neofita della politica, ho un'esperienza manageriale, un'esperienza privata e non user quindi i toni aulici o dotte citazioni come ho sentito spesso in quest'aula, ma parlerò francamente secondo un mio particolare linguaggio.
La seconda è che i contenuti del documento sono tali che dire imbarazzante e fare delle osservazioni su questo argomento è un eufemismo.
Lo ritengo infatti una velleitaria elencazione elettorale (non so dire altro) di buone intenzioni, senza alcuna indicazione del come, del quando di quelle che sono le volontà delle risoluzioni di questi problemi, che sono elencati, ma non valutati. In questo documento mi sono soffermato ad analizzare la parte del Servizio della sanità pensando che sia superfluo ricordare che la sanità dovrà essere uno dei principali interessi dell'attività politica della Regione.
Quando si parla di crisi del Servizio Sanitario Nazionale, si ammette implicitamente il fallimento della legge n. 833/78 che ha riformato l'intero settore creando le Unità Sanitarie Locali.
Noi riteniamo che tale fallimento sia stato politico ed economico insieme, perché detta riforma si basava su una strategia assistenziale garantista che avrebbe dovuto sancire il dettato costituzionale della parità dei cittadini nella difesa della salute. Una sanità gratuita per tutti, quale elemento cardine dello Stato sociale, che ha inevitabilmente portato ad una spesa storica fuori da ogni controllo, con conseguente bancarotta dell'intero sistema.
La sanità in Piemonte non è diversa, non gode di buona salute, e non si può certo affermare che la nostra amata regione sia graziata dal generale sfacelo.
Non è corretto fare di ogni erba un fascio: ci sono sì alcuni casi di buon funzionamento, però i casi di degrado sono veramente allarmanti.
Noi non stiamo ad elencare i molti esempi che si potrebbero portare - e dovrebbero essere portati - a suffragio di quanto detto, si possono solo dare alcuni dati significativi.
Ad esempio: il Piemonte ha 21.000 posti letto, con un rapporto di 4,8 posti letto per ogni 1.000 abitanti. E' un valore tra i peggiori tra i valori nazionali: la media italiana è infatti del 5,5. Se consideriamo le sole Regioni del nord, e prendiamo, ad esempio, quella con la media più favorevole, il Friuli, osserviamo che la differenza diventa abissale: il Piemonte spende quattro volte per avere solo il doppio dei posti letto.
Dai dati elaborati dal Servizio Centrale della Programmazione Sanitaria del Ministero della Sanità, emerge che dagli anni '80 il Piemonte è l'unica grande Regione del nord che presenta un "flusso negativo" di pazienti considerando che sia gli istituti di cura pubblici che quelli privati hanno un flusso riscontrabile in modo ancora più accentuato per le patologie di pertinenza altamente specialistica.
Questo "debito", dovuto all'emigrazione di malati verso le altre Regioni, superiore all'afflusso di pazienti verso il Piemonte, porta ad una valutazione statistica che, a nostro parere, pur essendo già di per se stessa allarmante ha un significato sotteso, e non tiene conto inoltre di quelle che sono le prestazioni ospedaliere fornite all'estero prevalentemente presso presidi comunitari.
Quindi dobbiamo dire e dobbiamo convenire che la qualità media del Sistema sanitario in Piemonte è doverosamente migliorabile.
Ora aggiungo che non possiamo affermare tout court che le risorse investite siano poche o insufficienti.
Noi riteniamo sia molto più appropriato dire che tali risorse sono limitate; se affermiamo infatti che le risorse sono "poche", implicitamente partiamo da un'idea di fabbisogno basata su volumi di attività svolti ossia si esprime una mentalità di finanziamento a pie' di lista; se invece parliamo di risorse limitate, si enuncia il principio, per noi fondamentale, che la quantità di risorse da investire nel Sistema sanitario deve essere compatibile con la grandezza del sistema economico, ossia si ragiona in termini di budget.
E veniamo a questo termine inglese che usiamo così spesso.
Dal primo gennaio la sanità ha iniziato l'attesa metamorfosi verso l'aziendalizzazione. Anche i grandi centri della sanità pubblica, gli ospedali, sono stati, almeno sulla carta, trasformati in aziende sembrerebbe un grosso passo avanti.
Sappiamo bene che, in qualsiasi campo, un'azienda sottoposta ad un regime di libera concorrenza, tende a produrre il bene o il servizio che commercializza ai costi più bassi possibili, ma a qualità immutata o addirittura incrementata. L'abbattimento dei costi è realizzabile attraverso un attento monitoraggio dei risultati.
Diventa dunque indispensabile un sistema informativo degno di questo nome. Senza dati precisi ed affidabili non è possibile costituire un budget, controllare la spesa e soprattutto la qualità del prodotto. Si tratta forse dell'investimento strutturale ora più urgente, perché senza conoscere la realtà è impossibile modificarla razionalmente. La valutazione dell'efficienza deve essere il primo passo.
Queste indicazioni, questa volontà di inserire strumenti per controllare gli obiettivi che genericamente sono stati elencati in questo documento, non traspaiono: non si evince nessun programma decisionale di predisposizione di strumenti atti a controllare ciò che si è dichiarato in un modo abbastanza demagogico.
Non siamo solo noi ad affermare tutto questo. Per fare un esempio illustre, Mediobanca, già due anni fa, ha pubblicato degli studi sui parametri di economicità, produttività e qualità, come valutazione dell'efficienza delle UU.SS.SS.LL.
I ricercatori di Mediobanca, al pari dei nostri esperti del settore hanno concluso che una gestione efficiente è raggiungibile solo se al merito individuale del personale sanitario verrà riconosciuto un ruolo importante negli avanzamenti di carriera: uno dei capisaldi dei programmi nostri.
Niente di tutto questo abbiamo trovato nel documento! Razionalizzare l'uso delle risorse è di fatto un processo di verifica e di promozione della qualità, a tutti i livelli.
Non è sufficiente dunque riformare, come è stato, il sistema mediante la creazione di Aziende sanitarie regionali, con tanto di Direttori generali, senza aver posto mano alla drammatica carenza di una seria e preparata classe manageriale. Se era troppo impegnativo crearne uno, appena al di là delle Alpi esisteva, già installato, un modello al quale ispirarsi.
Volutamente ho toccato, qui e là, solo alcuni tra gli aspetti già macroscopici della problematica sanitaria; desidero ora, a conclusione riassumere lo spirito della nostra proposta.
Noi siamo consapevoli che la grande riforma sanitaria, proposta in stretta connessione alla riforma federalista, deve inquadrarsi nell'ambito di un processo che dovrà necessariamente conoscere un'evoluzione graduale e, a questo proposito, è abbastanza accettabile e condivisibile nel documento la volontà di portare ad un maggiore livello l'efficienza esistente prima di affrontare nuove e complesse riforme. Ma le finalizzazioni, le azioni prioritarie, le elencazioni dei punti fondamentali si fermano ad una mera enunciazione d'intenti, senza alcun riferimento alle concrete possibilità per realizzarle.
Noi riteniamo che ci si debba impegnare di più verso una politica per la corretta gestione dell'esistente, fatta attraverso piani e programmi ben definiti e trasparenti.
Detto questo sulla sanità, desidero concludere il mio intervento con una considerazione generale sul programma. Su questo documento, on. Ghigo devo esprimere un po' di delusione. Tutta la sua campagna elettorale è stata impostata sul fatto che lei non è un politico, che viene dal mondo manageriale e sulle sue intenzioni di portare nella gestione regionale tutta la sua esperienza professionale.
Io credo che questo documento non rifletta assolutamente ciò che lei ha prima affermato, in quanto è un documento politico e non programmatico anzi io lo chiamerei documento elettorale. E' un documento come ne abbiamo letti tanti, scritto da abili professionisti della politica, nelle cui frasi si trovano equilibrismi sopraffini.
Infatti, quando si parla di federalismo, subito dopo c'è un accenno al regionalismo, perché magari qualcuno si offendeva; quando si parla di efficienza, c'è subito un accenno all'efficacia o alla solidarietà, perch non si vorrebbero creare dei disturbi; quando si parla di grande industria si parla anche di piccola industria, perché l'equilibrio è massimo. In sostanza, si è cercato di accontentare tutti, di fare un elenco di buone intenzioni.
Soprattutto non c'è stato il coraggio di scrivere ciò che vuol fare questa Giunta, di mettere un'elencazione dei temi prioritari, di parlare di quelle risorse scarse, di dove impegnarle in modo fattivo, con chi e come.
Non c'è stato il desiderio, bello, della sfida manageriale di dire: "Desideriamo fare questo in questo modo e ne renderemo conto".
Io spero tanto che sia un incidente di percorso. On. Ghigo, spero che il documento gliel'abbiano scritto altri; spero che lei riprenda in mano ciò che sicuramente è capace di fare e con un taglio manageriale finalizzando bene gli obiettivi e le priorità e coniugandole con le risorse a disposizione, si presenti poi sui vari temi con scenari ben chiari, con obiettivi ben definiti, con responsabilità di cui si fa carico e con programmi più trasparenti.
Lo spero per lei, per noi e per il Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Saitta.



SAITTA Antonino

Intervengo sul Programma per le parti che conosco e sulle quali ho esperienza. Non svolgerò delle considerazioni di carattere politico generale, per le quali rimando all'intervento della volta scorsa; mi pare soltanto di dover sottolineare una scelta che ha compiuto la maggioranza quella di presentare un programma generico, e mi sembra che ciò sia stato rilevato anche in alcuni interventi che mi hanno preceduto. Non si tratta di un rilievo soltanto delle minoranze, ma di una sorta di autodenuncia contenuta nello stesso documento.
Mi pare che nella parte finale del documento sia scritto in modo chiaro che si tratta di un documento che, per sua natura, non può essere esaustivo e individua soltanto alcune tematiche, rinviando a successivi approfondimenti. Questo è un limite della maggioranza che è stato rilevato ma che ci consentirà, dal nostro punto di vista, di svolgere un'azione molto più efficace qui in Consiglio regionale, perché tutti i capitoli tutti gli indici devono essere riempiti, e riempiti parecchio.
La prima considerazione che intendo fare è relativa alla forte debolezza del documento per quanto riguarda alcune tematiche importanti per la Regione Piemonte; lo dico soprattutto rivolgendomi a chi ha una certa sensibilità verso il sociale. I capitoli della tossicodipendenza, il capitolo sull'AIDS, il capitolo sui problemi dei soggetti più deboli non sono capitoli, ma soltanto titoli. Mi pare di una grandissima banalità dire che per la tossicodipendenza bisogna pensare alla prevenzione, che per l'AIDS bisogna creare un centro monospecialistico e, per i soggetti più deboli, dire che il servizio sarà meglio gestito mediante regolamentazione: mi pare veramente poco, pochissimo.
Io credo che la Regione Piemonte debba avere - spero - la capacità di riuscire a fare qualcosa di più di una semplice enunciazione molto generica. Mi stupisce molto che alcune componenti di questa maggioranza che hanno una certa sensibilità verso il sociale, non abbiano fatto in modo di riempire questi titoli, che sono soltanto dei titoli.
Ci sono poi alcune contraddizioni, oltre che alcune banalità. Mi sembra che anche il riferimento al nepotismo sia una sorta di autoironia per come sarà composta la Giunta.
Ma al di là di questi aspetti, il primo rilievo è relativo alla Città Metropolitana. La maggioranza ha scelto di non affrontare il tema rinviandolo ad una scadenza successiva: "Prende una pausa di riflessione" ha detto l'on. Ghigo.
Per i problemi della regione, questa pausa di riflessione non mi pare irrilevante, perché l'istituzione dell'Autorità Metropolitana, in una maniera o nell'altra, in termini funzionali o in termini istituzionali, non è irrilevante per la realizzazione delle grandi infrastrutture dell'Area Metropolitana.
Il problema vero dell'Area Metropolitana è che alcune infrastrutture già decise non si riescono a realizzare, perché manca una sorta di governo dell'Area Metropolitana. Rimandare questo problema a una data da definirsi vuol dire immaginare che nei prossimi anni nell'Area Metropolitana avvenga un processo di carattere spontaneo, quindi non governato, ma sicuramente la realizzazione delle infrastutture, non rispettando i tempi che qualunque Amministrazione intende darsi.
Il tema dell'Autorità Metropolitana deve essere affrontato in fretta perché ne discende un'incapacità nella realizzazione delle infrastutture nell'Area Metropolitana, che è il problema centrale. In che maniera fare l'Area Metropolitana? Sono state richiamate due tesi; io credo che, al di là dei ragionamenti istituzionali nuovi (fare una nuova struttura, fare l'Autorità Metropolitana, creare nuove strutture), ci sia una necessità immediata e forte (in attesa della legge regionale) di costituire una sede dove le questioni relative all'Area Metropolitana siano discusse. E' stato nell'ultima fase della Giunta regionale, pensato ad una sorta di Area Metropolitana volontaria in cui i Comuni partecipano a questo momento di autogoverno del territorio. Qualcosa di questo tipo bisogna pensare altrimenti questioni importanti come l'Alta Velocità, di cui abbiamo sentito emergere le difficoltà nel convegno tenutosi qualche giorno fa daranno difficoltà che nessuno sarà in grado di superare.
Credo che bisogna immaginare un'Autorità Metropolitana che, oltre a pensare al governo dell'Area Metropolitana, pensi anche alla gestione dei servizi sovracomunali. Credo che bisogna, in qualche maniera, mettere in condizione i Comuni, soprattutto quelli esterni al Comune di Torino, di non essere in difficoltà nei rapporti con Torino, perché c'è una posizione ripetuta più volte "Torinocentrica".
Bisogna garantire i Comuni più piccoli di riuscire ad esprimere le loro posizioni, che non sono posizioni di campanile, ma sono forti posizioni di autonomia che la Regione ha il dovere di tutelare.
Lo stesso ragionamento può valere per le deleghe. Non si tratta di rinviare ad un momento indefinito quali deleghe affidare alle Province e alle Regioni, devono essere definite abbastanza velocemente.
Un'altra considerazione che volevo fare è relativa alla sburocratizzazione. C'è una certa enfasi nel porre questo problema giustamente cavallo di battaglia di entrambi i poli che si sono battuti in questa campagna elettorale. Viene indicata una strada, un percorso per arrivare alla sburocratizzazione. Ciò mi pare insufficiente. Bisogna riflettere con più attenzione, perché non esiste soltanto un problema di applicazione della legge n. 29. La legge n. 29 è importante; il tema dell'autonomia, della struttura rispetto alla politica è importante, ma bisogna crederci. Richiede non soltanto una dichiarazione formale, ma bisogna crederci, perché se questo concetto è essenziale bisogna essere coerenti nei comportamenti. Le prime uscite sulla schedatura dei dipendenti lasciano immaginare ad un modello di tipo totalmente diverso, non di autonomia della struttura. E' importante l'autonomia della struttura, è essenziale. Credo che molte vicende di Tangentopoli non soltanto qui in Piemonte ma in tutta Italia nascano da questa confusione di ruoli tra chi deve avere la responsabilità di gestione e chi deve avere la responsabilità di governo.
Chi ha responsabilità di governo deve pensare alle grandi scelte, non alla gestione, assolutamente non deve interferire, ma deve richiedere alla struttura la realizzazione dei programmi in tempi prestabiliti.
Quindi c'è un ruolo importante che la Regione può svolgere, non soltanto però facendo questa dichiarazione di principio, ma essendo coerenti nei comportamenti. Se si è veramente convinti che l'autonomia sia un fatto importante, credo che mettere in moto dei processi di rotazione dei dipendenti non è una cosa priva di senso e non può essere un processo accusabile per aiutare qualche amico dirigente o dipendenti. Il problema della rotazione è un problema essenziale della struttura, non credo che sia possibile immaginare qualunque struttura della pubblica amministrazione che resti ingessata per tantissimi anni, persone che per tutta la vita svolgono lo stesso lavoro. Non è un vantaggio per la pubblica amministrazione, non è un vantaggio per i dipendenti.
Quindi bisogna in qualche modo elevare le capacità professionali dei dipendenti coniugandole con un vantaggio per la pubblica amministrazione.
Occorre, inoltre, un processo di rotazione attento, che non sia punitivo ma sia finalizzato ad aumentare la professionalità soprattutto nei settori dove c'è una forma di istruttoria, dove si danno certi pareri, dove c'è il centro del potere: è importante questo.
Si tratta di un processo difficile, ma invito l'on. Ghigo a fare una riflessione attenta che però non sia punitiva, che non abbia questo significato emerso dalle sue dichiarazioni, da quella famosa schedatura.
La rotazione è un fatto importante, ma non deve essere un processo messo in moto dalla struttura politica, non è una decisione che prende l'Assessore; il politico deve limitarsi a fare delle scelte, poi ci vuole qualcuno che governi e metta in moto un processo il più obiettivo possibile.
Un'ultima riflessione per quanto riguarda questo aspetto. Credo che su questa operazione, sulla quale c'è un progetto di legge, la precedente Giunta abbia operato bene. Credo che bisogna collegare questo processo responsabilizzando in qualche maniera la struttura attraverso un uso accorto dell'indennità della dirigenza, stabilendo obiettivi, al limite forzando un po' l'applicazione della legge n. 29, ma, pur stabilendo obiettivi, privilegiando chi riesce a dare di più all'Amministrazione.
Questo però richiede che gli obiettivi siano precisi: se gli obiettivi sono di carattere generico io credo che non possiamo impegnare nessuna struttura a rispettare gli obiettivi. Gli obiettivi devono essere definiti, il politico deve fare il politico.
Termino il mio intervento rilevando come le considerazioni che vengono presentate nel documento sulla raccolta dei rifiuti sono considerazioni condivisibili. Mi pare che questa attenzione alla raccolta differenziata e a sistemi di trattamento dei rifiuti diversi dalla termodistruzione sia un fatto positivo e credo che vada approfondito nel momento di revisione del Piano di smaltimento dei rifiuti. Occorre in qualche maniera dare sostanza e quindi valorizzare, anche dal punto di vista economico, ma soprattutto dal punto di vista normativo. Io, a differenza della Lega, non credo che la termodistruzione sia il processo più utile dal punto di vista economico e dal punto di vista ambientale.
Per quanto riguarda l'urbanistica, a pag. 45 del documento programmatico, c'è una considerazione che spero sia errata nella formulazione, perché altrimenti c'è da avere abbastanza paura. A pag. 45 nella parte finale c'è scritto: "Occorre pensare a dar vita ad aree satelliti da collegare con mezzi di trasporto rapidi ed efficienti, così come accade a Parigi, Londra o New York. Ma, per ottenere ciò è necessario rivedere la legge urbanistica fondamentale, ormai datata".
Mi pare che dibattiti ce ne siano stati parecchi sulla necessità di modificare la legge n. 56, però se l'obiettivo della legge n. 56 è quello di consentire le aree satelliti è meglio non modificare la legge n. 56 anche perché non credo che in una situazione socio-economica come quella piemontese sia necessario fare delle aree satellite o delle città satellite, cioè, in un momento di diminuzione demografica, in cui semmai c'è un processo diverso di recupero del patrimonio edilizio, bisogna fare delle cose nuove.
Spero che questo sia un errore e vorrei che in qualche maniera venisse chiarito.
C'è un altro capitolo sui BOC, sul quale mi sento di dover dare qualche suggerimento, avendo un'esperienza a Rivoli. Viene individuato nel documento come un sistema alternativo di finanziamento. On. Ghigo, io credo in questa forma di finanziamento, però prima di decidere se questa forma di finanziamento è una forma alla quale ricorrere, bisogna vederne la compatibilità con il bilancio. Questo documento non contiene nessun numero nessuna cifra. Per quello che ho visto nel Programma regionale di sviluppo per quello che ho notato, le risorse disponibili per rimborsare - perch bisogna rimborsare i soldi che si chiedono ai cittadini - le capacità di indebitamento sono notevolmente scarse. Ancora prima di pensare a forme alternative - una di queste, che sicuramente ritengo importante, meno costosa, non so se utile a livello regionale, la vedo più utile a livello comunale - credo debba essere affrontata la questione dell'aumento delle risorse, altrimenti il discorso delle infrastrutture, degli investimenti non può essere fatto. C'è il problema della benzina, c'è il problema della tassa sulla circolazione; su questo non è stato detto assolutamente nulla.
Spero che nella replica vengano date risposte circa il fatto se la Regione intenda aumentare o meno la pressione tributaria che Brizio e la sua Giunta, con grande oculatezza, ha mantenuto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vindigni.



VINDIGNI Marcello

Signor Presidente, signori Consiglieri, signor Presidente candidato on.
Ghigo, francamente mi aspettavo di più da questo documento programmatico della coalizione di centro-destra, un documento che consentisse un confronto di culture, di valori, di approcci magari influenzato dalla cultura della destra europea, che in questi anni ha governato Paesi e Regioni in Europa. Invece ci troviamo di fronte ad una sommatoria di programmi settoriali, grosso modo corrispondenti alle competenze dei singoli Assessori, che delimitano una semplice ripartizione di potere sia esso legato alla distribuzione delle risorse o all'emanazione di pareri od autorizzazioni: un programma senza idee forza, senza parole chiave. Invece il Piemonte ha bisogno di strategie, di progetti, di idee forza che consentano alla comunità regionale di uscire da una condizione di declino che da troppi anni la attanaglia.
Tutti gli indicatori sono negativi, diminuisce la popolazione diminuisce l'occupazione, arretra la posizione della regione nella graduatoria per la produzione di prodotto interno lordo sia a livello globale che riferita alla popolazione, come ci ricordava anche recentemente il Presidente della Federpiemonte, sono stazionari gli iscritti all'Università e il numero dei laureati che escono dagli Atenei piemontesi.
Quindi il problema che abbiamo di fronte e la missione che ci dobbiamo dare è come uscire dalla situazione di declino che stiamo vivendo.
Questa missione è ancora più difficile perché dobbiamo competere su scala continentale con altre regioni che hanno cominciato ad andare in declino grosso modo contemporaneamente al Piemonte, ma che prima di noi si sono attrezzate per superarlo.
Credo che le linee per invertire la rotta, quelle che mi auguravo di trovare nel documento che siamo chiamati a valutare, non siano poi molto complesse e proprio per questo vale la pena soffermarcisi. Credo che bisogna costruire, anche con rapporti politici molto intensi e nuovi, una dimensione territoriale all'interno della quale realizzare quelle integrazioni e quelle cooperazioni che consentono di raggiungere la massa critica per competere con i sistemi regionali trainanti a livello europeo.
Mi riferisco al sistema delle grandi capitali del nord, l'Ile-de-France Bruxelles, Londra; mi riferisco anche al sistema che comprende la Lombardia, il Baden-Württemberg e l'Assia; mi riferisco anche al sistema che si è tentato di costruire tra la Catalogna e la Regione Languedoc Roussillon o all'attuale sistema emergente attorno a Vienna.
Noi dobbiamo costruire un sistema regionale, si direbbe un macrosistema all'interno del quale ci siano quelle specializzazioni, quelle capacità di competere senza le quali uscire dal declino diventa difficile. Dobbiamo attribuire alla formazione e alla ricerca a tutti i livelli un ruolo essenziale di supporto all'innovazione in tutti i campi (produzione servizi, agroindustria). Non dobbiamo dimenticare, per esempio, che il decimo piano del Governo francese, quello testé concluso, si poneva l'obiettivo di vendere all'estero servizi per un importo pari al 30% del totale delle vendite ad altri Paesi. Noi abbiamo nella nostra regione anche competenze che ci permettono di competere nel campo della vendita di servizi: basta pensare al recente dibattito sulla formazione che si è sviluppato in un convegno tenutosi proprio in questi giorni.
Dobbiamo rendere attrattive e non repulsive le nostre città per attirare investimenti. Anche da questo punto di vista io credo che certi ritardi che avevamo nei confronti di Milano si sono in qualche modo ridotti: oggi si parla di Milano come di una città repulsiva, mentre questo non vale per Torino. Dobbiamo approfittare di questa occasione, offrendo quindi condizioni di vita qualitativamente elevate e ricche di opportunità e prestando particolare attenzione ai problemi della mobilità urbana.
Dobbiamo anche avviare e sostenere un nuovo modello di sviluppo economico che consenta di rilanciare quelle che negli anni passati sono state considerate aree marginali, quali le aree rurali, le aree vallive, le aree montane, le nuove aree interessate da fenomeni di deindustrializzazione anche in ambito urbano, e che consenta di gestire la fase del dopo alluvione con modelli nuovi e diversi rispetto a quelli cui siamo abituati nel nostro Paese.
Questo modello, conosciuto come modello dello sviluppo locale dell'economia e dell'occupazione, ormai ampiamente sperimentato in altri Paesi europei, è sostenuto con particolare forza nel "Libro Bianco" di Delors.
Con tale politica dobbiamo portare il Piemonte a tornare ad essere una delle regioni portanti dello sviluppo comunitario e nazionale, producendo ricchezza in misura tale da poter portare avanti una significativa politica di solidarietà attraverso un'adeguata ridistribuzione di risorse. In questo quadro si possono collocare politiche settoriali di cui mi occuperò in maniera specifica in questo mio intervento e anche nell'attività di Consiglio.
Il Piemonte ha certamente bisogno di rafforzare le proprie relazioni con le regioni confinanti se vogliamo creare quella massa critica, quella macroregione che ci consenta di competere con qualche possibilità di successo. In particolare occorre rafforzare le relazioni con la regione Rhône-Alpes da una parte e le regioni dell'arco mediterraneo (Liguria Provenza, Languedoc-Roussillon e Catalogna) dall'altra. Negli ultimi due anni si è parlato molto delle infrastrutture con le quali raggiungere questi due risultati: si è parlato molto di Alta Velocità fra Torino e Lione, dell'autostrada Cuneo-Nizza, opere entrambi comprese nell'elenco delle opere di interesse comunitario e quindi meritevoli di un sostegno finanziario comunitario. Noi siamo d'accordo per le ragioni che prima dicevo a che tali relazioni siano potenziate e radicalmente migliorate però occorre che la Regione partecipi da protagonista alla scelta delle caratteristiche delle opere stesse, affinché assumano un carattere di effettiva fattibilità.
Proprio ieri nel comunicato finale del Consiglio dei Ministri di Cannes è venuto fuori chiaramente il problema della scarsità di risorse disponibili per finanziare i quattordici progetti prioritari. Si parla di una massa finanziaria di 1.100 miliardi e addirittura è stato dato mandato dal Presidente del Consiglio dei Ministri alla Commissione di studiare l'opportunità di ridurre ulteriormente il costo dei progetti ammissibili al finanziamento. Quindi per quanto riguarda, ad esempio, la Torino-Lione occorre decidere se alla base del progetto ci debba essere l'ipotesi di realizzare un'autostrada ferroviaria, quindi di avere un collegamento misto passeggeri e merci, considerando che questa ipotesi è contestata dai responsabili del trasporto merci delle ferrovie italiane e francesi.
Probabilmente per molti Consiglieri questa è una novità. Devo dire per che, leggendo la letteratura, anche nelle pubblicazioni delle ferrovie italiane e francesi questo giudizio, da parte dei Direttori del trasporto merci delle ferrovie della CNF e delle Ferrovie dello Stato, è molto preciso e molto netto.
Si deve fare chiarezza su questo aspetto, perché dalla soluzione tecnica che si sceglierà ne deriverà un determinato costo e quindi una fattibilità o non fattibilità dal punto di vista economico.
Altra questione da tener presente è l'acquisizione del consenso delle comunità locali interessate all'attuazione delle opere.
In questo campo non esistono scorciatoie o forzature. Se qualcuno pensa di farle, sappia che renderà solo più difficile, più complicata e più costosa la realizzazione delle stesse opere.
Il consenso è legato all'informazione. E qui c'è molta strada da fare a partire dall'informazione data al Consiglio regionale, signor Presidente.
In questi giorni ci è stata consegnata una breve, modesta documentazione sul collegamento Cuneo-Nizza. Credo sia stata consegnata a tutti i Consiglieri, l'abbiamo avuta prima di questa riunione del Consiglio regionale. Si tratta di un'opera che dovrebbe avere un costo complessivo di 1 miliardo e 700 milioni di ECU (cioè qualcosa come 3.500 miliardi) alla cui realizzazione è impegnata da tempo una Commissione italo-francese istituita con decreto ministeriale dell'aprile 1994; una Commissione che ha lavorato sodo, e quindi mi pare singolare che ai Consiglieri regionali si dia un'informazione così scarna, così modesta, anche perché, secondo il programma della Commissione, per la fine dell'anno si dovrebbe approvare il progetto di fattibilità sulla base del quale passare alla fase esecutiva.
Se ai Consiglieri regionali si dà questa informazione, immaginiamo l'informazione che si dà alle comunità locali! Quindi dobbiamo capire che è ragionevole la richiesta di informazione e di chiarimenti delle comunità locali che, appunto, non accettano che si passi sopra la loro testa. Qui abbiamo una grossa opportunità che dobbiamo sfruttare e a questo proposito chiedo al candidato Presidente Ghigo o ai suoi ollaboratori Assessori una risposta precisa: abbiamo l'opportunità offerta dal Comitato di coordinamento, secondo quanto deliberato dalla Giunta regionale uscente nel marzo scorso, per la progettazione della Torino-Lione, che è uno snodo importante per dare queste informazioni.
I collegamenti internazionali devono però essere visti soprattutto per quanto riguarda il trasporto delle merci in un quadro più ampio, quello dell'arco alpino.
Non possiamo dare per scontato che il 20-25% delle merci internazionali transitino, dirette o provenienti dal nostro Paese, per la Valle di Susa.
Dobbiamo raccordarci con i programmi della Valle d'Aosta; tener conto dei progetti di potenziamento della linea Lötschberg-Sempione che potrebbero dare benefici importanti all'area del Verbano Cusio Ossola con una valorizzazione dello scalo merci di Domo 2.
Il rilancio del Piemonte deve però trovare un punto di forza nell'Area Metropolitana torinese, ma non solo.
Dobbiamo portare molta attenzione agli aspetti attuativi della legge n.
142 e di questo hanno parlato altri colleghi, ma dobbiamo fare, da subito tutto quello che ci compete per la rifunzionalizzazione e l'ammodernamento dell'Area Metropolitana torinese affrontando con urgenza tre questioni.
La questione del potenziamento e dell'uso del sistema autostradale tangenziale torinese.
Il Consiglio regionale deve esprimere, mi auguro che lo faccia al più presto con una delibera che presenterà all'Assessore competente, il suo parere sul quarto Piano stralcio della grande viabilità.
La questione del potenziamento del SATT, se vogliamo fare dell'Area Metropolitana torinese uno dei punti forti per il rilancio dello sviluppo del Piemonte, deve essere affrontata in questa sede.
Dobbiamo operare affinché il passante ferroviario sia realizzato rapidamente e perché si avviino altrettanto rapidamente i lavori per la prima linea della metropolitana. Sono tutte azioni nelle quali le responsabilità della Regione sono dirette. Sbaglieremmo, però, se pensassimo ad un rilancio del Piemonte concentrato solo su un'area, quella metropolitana, o su due direttrici (quelle di cui parlavo prima), o alcuni punti particolarmente felici, dove l'intermodalità, lo scambio e la possibilità di realizzare le cosiddette piattaforme multimodali oggi è possibile. Penso all'area Chivasso-Caselle, che ha certamente tutte le condizioni per essere competitiva con l'area di Verona.
Oltre a questo, dobbiamo pensare a quelle che definivo come aree marginali.
Un'altra condizione alla quale dobbiamo prestare molta attenzione, se vogliamo rendere competitivo e attrattivo il Piemonte, è la lotta all'esclusione sociale. Io mi aspettavo che nel documento ci fosse almeno una qualche eco del dibattito che c'è stato in Francia che ha portato Chirac a sopravvanzare Balladur proprio sul disagio sociale. Ebbene, di disagio, nel vostro documento, si parla una sola volta quando si parla di sport: per voi il disagio sociale si contrasta con lo sport, ignorando appunto tutti i processi di destabilizzazione e di squilibrio che, per esempio, nelle aree urbane si sono venute a creare a seguito dei processi di deindustrializzazione. Allora il problema del disagio sociale si affronta con un'altra parola chiave, che è quella della progettazione integrale e globale. La progettazione integrale e globale consente di utilizzare intelligentemente, in maniera moderna, qualificando anche gli apparati produttivi e locali rendendoli competitivi anche su scala internazionale, le risorse dell'edilizia residenziale pubblica. Mi pare che questo problema sia stato affrontato sommariamente nel Programma, quando invece i fondi per i programmi di recupero urbano, i fondi per la riqualificazione urbana integrati con i fondi strutturali possono far sviluppare nella nostra città esperienze originali di lotta al disagio sociale.
Concludo dicendo che, alla luce delle considerazioni che ho prima fatto, viene fuori chiaramente l'insufficienza e l'inadeguatezza del vostro approccio.
Noi non abbiamo posizioni pregiudiziali che sarebbero antistoriche sarebbero sciocche, sarebbero stupide; certamente daremo il nostro contributo a che nel Piemonte si sviluppi una strategia e questo Consiglio regionale la sappia incarnare per contestare il declino. Devo tuttavia affermare che sarebbe per noi molto limitativo sviluppare questa azione nello spazio che benignamente ci avete riservato, che è quello di dare contenuti e visibilità alla nostra azione, quella della minoranza all'interno del programma che ci avete proposto. Se accettassimo tale angusto riferimento tradiremmo le attese degli elettori e non saremmo all'altezza delle sfide che la società piemontese, con la sua complessità pone al sistema politico. Per questo abbiamo ritenuto opportuno proporvi un altro scenario, invitandovi a confrontarvi con esso, se volete effettivamente essere una forza di governo.



PRESIDENTE

Chiudiamo la mattinata con l'intervento del Consigliere Leo.



LEO Giampiero

Ho ascoltato con molta attenzione questa mattina tutti gli interventi: ne giudico alcuni particolarmente positivi, altri particolarmente interessanti, alcuni probabilmente comprensibilmente severi, in quanto non forniti facendo riferimento a quello che sul Programma è scritto; Programma che non poteva però essere eccessivamente più lungo. Nel Programma non si poteva ovviamente scrivere tutto, altrimenti sarebbe stata la Divina Commedia, sarebbero stati dei tomi enormi; voglio citare una serie di cose che sono state approvate nelle riunioni di maggioranza con i colleghi che hanno contribuito a fare il programma, e sono state discusse lungamente e non sono poi state scritte se non per rapidissimi accenni, per ragioni di brevità.
Per confrontare, per ricevere contributi, per dare risposte rassicurazioni o accogliere il desiderio di stimolo di dialogo, di critica costruttiva che c'è, la prima cosa che mi sembra assolutamente importante sottolineare è il discorso della tutela del patrimonio di storia e cultura regionale.
Il Consigliere Rosso ha perfettamente ragione: è una questione sulla quale diversi colleghi mi avevano richiesto un approfondimento, il collega Vaglio in particolare. L'aveva approvato tutto il gruppo di lavoro, poi non è stato scritto perché era lungo. Gli abbiamo dato una grande importanza e proprio per questo si dovrà fare un enorme lavoro con tutte le SOMS (le Società Operaie di Mutuo Soccorso), con tutte le realtà che rivitalizzano e conservano la tradizione culturale piemontese. Infatti abbiamo scritto anche qui sinteticamente - "La tutela, la valorizzazione e la promozione del patrimonio di lingua, storia e cultura del Piemonte, con particolare attenzione alle minoranze linguistiche, è condizione indispensabile per conoscere, mantenere e approfondire l'identità culturale della nostra Regione".
Il coinvolgimento pieno e sempre più allargato della comunità cammina lungo una via già sperimentata, che può prevedere un ulteriore impegno se la nostra via di comunicazione è verso l'Europa delle regioni e delle culture. Quindi colgo l'importanza di questo aspetto.
Un altro punto che vorrei citare è la divulgazione scientifica. Qui ho raccolto, fra l'altro, un preciso suggerimento del Presidente rispetto al rilievo internazionale di Experimenta; le risposte di centinaia di migliaia di amministratori negli anni ci inducono a progettare in futuro una vera e propria cittadella della scienza, un museo moderno, interattivo, un parco scientifico-tecnologico di altissimo livello che stiamo ipotizzando di collocare - come è stato suggerito da autorevoli amministratori locali presso il Parco Colonnetti di Torino e Nichelino (più di Nichelino che di Torino, per ragioni geografiche ed amministrative).
Questa sarebbe anche una grande operazione di riqualificazione già auspicata: lì potrebbe essere collocato anche il planetario de La Bela Rosin, superando problemi con le Sovrintendenze, in modo da creare questa cittadella della scienza e nel contempo fare un'opera di riqualificazione delle periferie, sia di Torino sia di questo ruolo regionale, che ci sembra molto importante.
Sullo spettacolo, la Regione Piemonte intenderebbe assumere un ruolo guida, proporsi come coordinamento delle altre Regioni in quanto Regione più attrezzata e pronta ad accogliere i risultati del referendum che ha sciolto il Ministero del Turismo e dello Spettacolo. E' una delle poche Regioni che sarebbe già pronta a gestire questo settore. Quindi vogliamo in collaborazione con la Presidenza del Consiglio, ma anche con tutte le altre Regioni, sviluppare questo lavoro.
Un capitolo nuovo che vorremmo lanciare è la promozione della nostra cultura all'estero. Un capitolo che si apre con la collaborazione e con la direzione per le azioni culturali del Ministero degli Affari Esteri che porterà un collegamento stabile con gli istituti italiani di cultura all'estero, per promuovere la conoscenza del Piemonte culturale nel mondo.
Qui molto ha già fatto la Presidenza del Consiglio, alcuni Assessorati ecc. Proprio l'altro giorno il Ministero ci ha invitati ad un incontro a Roma. Io non vi ho partecipato perché non avevo pieno titolo, ma su questo discorso, in particolare in Argentina e in altri Paesi, dove l'immigrazione piemontese è particolarmente significativa, c'è una grande attesa che non vorremmo in alcun modo deludere.
Un accenno per la giovane Consigliera Simonetti, su giovani e cultura: io credo, poi ovviamente tutte le posizioni sono rispettabilissime e legittime, che non rimarrà assolutamente delusa da quello che la Regione vorrà fare per i giovani. Credo che dovranno essere Consiglieri e Assessori più giovani di me a dedicare particolare attenzione a questo. Io passo volentieri il testimone, però so che si passa lasciando dei contenuti e delle tradizioni; la legge regionale che era stata approvata, firmata da alcuni dei più autorevoli Consiglieri, dalla Presidente Spagnuolo al Presidente Picchioni, è stata la prima legge regionale d'Italia sui giovani e prevede un grande piano sulla gioventù regionale e abbiamo già delle ipotesi, per esempio la costruzione di una casa degli artisti in Torino, di una casa del Teatro Ragazzi, per dare spazio a tutta quella attenzione alla cultura giovanile emergente che lei citava.
Auspichiamo la realizzazione di un grande piano giovani, di un piano giovani complessivo che sarà portato all'approvazione del Consiglio regionale, come vuole la legge, entro il 30 novembre e che credo possa contenere elementi di dinamicità, di novità, di rispetto delle realtà giovanili più vive di base che secondo me, se accolte con animo, come io auguro, scevro e con creatività, saranno fonte di positivo apprezzamento.
Non posso entrare nei dettagli per motivi di tempo però c'è una grande attenzione su questo, c'è una grande attenzione e un grande e particolare impegno.
Sulla cultura ancora qualche passaggio. Abbiamo scritto nel Programma dopo aver citato tutta la parte della cultura regionale, la volontà di completare grandi cantieri, ma anche che vogliamo prepararci all'ostensione della Sacra Sindone, prevista per il 1998. Bisogna quindi iniziare a pensarci subito; in vista dell'Anno Santo del 2000 sono da risistemare l'ex Ospedale San Giovanni, che ospita il Museo regionale di Scienze Naturali il complesso della Mandria, la Sacra di San Michele, che è stata riconosciuta da questo Consiglio come monumento simbolo del Piemonte e ci sono già finanziamenti attivati.
Un ragionamento molto importante dovrà essere fatto per il Museo del Cinema e per il Forte di Exilles, per il quale esiste un progetto di destinazione che dovrà essere concretizzato prima dei Campionati mondiali di sci del 1997 al Sestrière. Poi, è già citato nel Programma, lo risottolineo, un processo di modernizzazione di strutture culturali, un processo di introduzione di nuove tecnologie; è previsto il potenziamento di iniziative di promozione e fruizione del patrimonio. Se vogliamo scendere nei dettagli, visto che si chiedevano cose concrete su cui misurarsi, porto l'esempio delle residenze Sabaude, che si articolano quasi a simulare una corona reale intorno alla città.
Saranno conclusi i due grandi cantieri regionali della Mandria e di Rivoli; alla Mandria saranno aperti gli appartamenti reali e sarà realizzato un grande Museo regionale dell'agricoltura, che proporrà una lettura del rapporto uomo-tecnologie per l'uso del suolo e lo sviluppo del territorio, offrendo quindi spunti per lo sviluppo di ricerche e laboratori presso il pubblico scolastico; a Rivoli, con il completamento della manica lunga, si potrà dare finalmente attuazione al progetto di realizzazione di attività e documentazione. Nel Museo di Rivoli giudichiamo di grande importanza la forma fra pubblico e privato scelta e sul ruolo del pubblico vogliamo vigilare, potenziarlo, riconoscerlo, ma in questa interazione.
Accanto a questi due ambiziosi progetti ne esiste un terzo: la stesura di un accordo con l'Ordine Mauriziano, proprietario della Palazzina di Caccia di Stupinigi, per una riorganizzazione del Museo dell'Ammobiliamento e la realizzazione di un grande polo, per la formazione e la promozione nel settore delle arti decorative, dell'arredamento e del design, con il recupero - come è stato richiamato - delle tradizioni artigianali del Piemonte, dall'arte orafa alla ceramica, con una proiezione verso il futuro in continua evoluzione. Il sistema museale metropolitano è di grande importanza, in questo progetto la Regione entrerà in colloquio con le Sovrintendenze e con le altre grandi istituzioni culturali.
Il "fuori Torino" è molto importante - ha ragione - non ci vuole una visione solo "Torinocentrica", dove è diffusa una presenza capillare di strutture e di beni culturali, e pertanto delle esigenze conseguenti.
Proprio per presentarsi come Presidente del Piemonte e non solo di Torino, nel Programma è previsto un grande disegno di riequilibrio rispetto al patrimonio culturale, con particolare attenzione per le zone alluvionate, anche per un segno simbolico di ripresa e di rivitalizzazione di queste zone, e anche per un rilancio turistico. Qui e più in generale la strada da intraprendere è quella della costruzione di parchi culturali all'interno dei quali si proceda all'identificazione dei beni culturali del patrimonio storico e bibliografico, alla creazione di nuovi e più moderni musei e di centri di documentazione che diventino il fulcro di queste nuove aree, per proporre nuovi itinerari di visite e di godimento in cui storia ed arte si integrino con gli aspetti gastronomici, letterari paesistici e ambientali del territorio. Pensiamo per esempio al Canavese alle Langhe e Roero, al Monferrato, alla Valle di Susa, al Novarese, a Vercelli ed alla sua piana, ai laghi. Nel Piemonte non solo le tradizioni storiche ed artistiche sono importanti, moltissimo lo sono anche quelle tecnologiche.
Non posso soffermarmi su tutto il discorso dell'Università, che mi sta molto a cuore, per ragioni di tempo, ma ci è molto presente.
Sono aperte le questioni relative a Villa Gualino e al rapporto con i Paesi dell'Est. Accanto a queste, il progetto sul Lingotto per la multimedialità, il completamento entro il 2000 del Museo di Scienze Naturali; di Experimenta ho già parlato. Infine si troverà una sede idonea in cui raccogliere le coalizioni universitarie biomediche ed antropologiche che costituiscono il nucleo da cui partire in vista della realizzazione del Museo dell'Uomo, che porta a valorizzare in primo luogo le raccolte del Museo Lombroso e le collezioni antropologiche, etnografiche e anatomiche dell'Università di Torino e conseguentemente la sua grande tradizione di ricerche biologiche e mediche.
Vorrei parlare anche del Teatro Regio, del Teatro Stabile, ma in futuro ve ne sarà sicuramente l'occasione.
Internazionale non significa soltanto Europa; il Piemonte ha la possibilità di allargare i suoi orizzonti sull'arte orientale ed africana sull'archeologia mediorientale, sostenendo e promuovendo iniziative editoriali, scientifiche ed espositive che valorizzino le attività svolte da centri di eccellenza, quali il CESMEO, il CSA, il Centro Scavi di Torino, che hanno visto la Regione fra gli enti promotori e sostenitori.
Un ultimo passaggio che io giudico molto importante è la riproposizione e ringrazio il Consigliere Foco che se ne sta preoccupando - della legge sulla pace e la cooperazione internazionale, perché anche su questo tema la Regione Piemonte non potrà non essere attenta.
E' vero che i compiti che ci attendono sono importantissimi, ma quanto ha fatto finora il Consiglio è un impegno morale e ideale. Io ho avuto dei rapporti con il Comune di Collegno ed altri Comuni proprio in questi giorni e credo che anche un grande sforzo sul l'impegno di pace e solidarietà sia una cosa che moralmente ci impegna.



PRESIDENTE

La ringrazio, Consigliere Leo, anche perché ha fatto un'utile integrazione al programma culturale presentato questa mattina.
Il dibattito riprenderà oggi pomeriggio.



PRESIDENTE

La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,30)



< torna indietro