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Dettaglio seduta n.293 del 15/10/98 - Legislatura n. VI - Sedute dal 23 aprile 1995 al 15 aprile 2000

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DEORSOLA


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 4) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Bellingeri, Cavallera, Farassino Galli, Mancuso, Manica e Rossi.


Argomento: Organizzazione regionale: argomenti non sopra specificati - Province - Comuni - Associazioni intercomunali

Esame disegno di legge n. 356: "Riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi della Regione e degli Enti locali" (seguito)


PRESIDENTE

Proseguiamo i nostri lavori con il disegno di legge n. 356, di cui al punto 5) all'o.d.g.
La parola al Consigliere Riggio.



RIGGIO Angelino

Sono desolato, il dibattito avvenuto in questo contesto è a dire poco miserabile: le presenze in aula sono proprio ridotte al minimo. Chiedo se è possibile aspettare qualche minuto.



PRESIDENTE

Il dibattito, e quindi gli interventi di questa mattina, sono stati di grande interesse. Mi dispiace che in questo momento non ci sia un numero maggiore di presenze in aula. Ho azionato la suoneria, attendiamo un momento.
La parola al Consigliere Riggio.



RIGGIO Angelino

Il Presidente del Consiglio ha detto che questa mattina ci sono stati degli spunti molto interessanti durante il dibattito: è vero.
Questa mattina abbiamo assistito ad un picco minimo di due presenze nella file degli Assessori e della Giunta, ad un massimo, udite udite, di cinque presenze per tutti gli Assessori. Questo è quanto è avvenuto questa mattina. Il livello d'attenzione, che comunque non è mai altissimo, era veramente molto basso. Sicuramente non ha contribuito ad alzare il livello di attenzione il fatto che l'Assessore non abbia voluto introdurre un argomento così importante con una relazione politica. Così come l'assenza del Presidente della Giunta regionale...



PRESIDENTE

Scusi, Consigliere Riggio, il Presidente Ghigo è sopra nel mio ufficio insieme all'Assessore Burzi e al Sindaco di Torino.



RIGGIO Angelino

Presidente, so che oggi è riunito il Comitato Olimpiadi 2006. Sappiamo tutto questo, però quanto stiamo discutendo è molto importante.
Nei giorni scorsi noi abbiamo ricevuto un documento sul Piano di sviluppo regionale. Come si può prescindere dalla riorganizzazione della Regione, per parlare del Piano di sviluppo regionale? L'applicazione dei Bassanini è stata valutata, non dalla sinistra, ma da un giornale che tradizionalmente non è vicino alla sinistra, il Sole 24 ore, come un'operazione che dovrebbe portare il sistema Italia ad un risparmio di circa 24.000 miliardi l'anno. E' una cifra colossale, paragonabile ad una finanziaria media. Pertanto è un'operazione molto importante se facciamo le debite proporzioni con quello che è il prodotto interno lordo della nostra Regione. Specialmente in una Regione come la nostra, che è altamente competitiva con altre regioni della Francia meridionale. La riorganizzazione della Regione dovrebbe essere uno di quegli atti fondamentali durante il quale la Giunta è al completo con, in primo luogo la presenza del Presidente della Giunta.
Questa mattina, in una certa misura, ho subito l'intervento del Consigliere Ghiglia. L'impressione che si ha è che oggi siamo venuti a fare più o meno un rito per contarci, per vedere se la minoranza è di più della maggioranza. Se la domanda è questa, molto banalmente vi rispondiamo subito: la maggioranza è di più, la minoranza è di meno. Se siamo venuti qui a fare una stupida conta, abbiamo vanificato il ruolo del Consiglio.
Siamo in quest'aula per misurarci rispetto ad una riorganizzazione che serve a migliorare la macchina regionale.
Se la macchina nel suo complesso funziona meglio è una cosa che non è interesse soltanto dell'attuale maggioranza o di chi è vicino , come diceva il Consigliere Ghiglia, ai Presidenti delle Province e ai Sindaci, ma riguarda tutti quanti noi Consiglieri regionali. Per questo sarebbe stato importante svolgere un dibattito franco e ampio. Dibattito franco e ampio che, tra l'altro - ecco un'altra cosa che non ci è piaciuta molto nell'intervento del Consigliere Ghiglia - sembra che sia stato sollecitato dalla Giunta e non voluto dall'opposizione.
Come ho già avuto occasione di dire in sede di Commissione - questo argomento l'ho seguito con particolare attenzione - noi, come opposizione e in particolare come democratici di sinistra, avevamo sollecitato una legge generale sulle deleghe fin dall'inizio della legislatura - il Consigliere Majorino me ne può dare atto - così come il Presidente del Consiglio regionale e l'ex Presidente Picchioni possono dare atto che avevamo presentato un disegno di legge per l'istituzione della Conferenza delle autonomie locali, un ordine del giorno per la piena e immediata attuazione della legge n. 59 (il cosiddetto Bassanini 2) che, per una questione di iter parlamentare, era stato approvato prima del Bassanini 1.
Così come è impreciso dire che il provvedimento di legge presentato dalla Giunta era giacente in Commissione da ottobre dell'anno scorso, perch questo provvedimento di legge, a parte le note vicende sul bilancio che hanno bloccato i lavori delle Commissioni per un lunghissimo periodo di tempo, è affatto diverso dal provvedimento che abbiamo discusso di recente in Commissione e dal provvedimento che oggi noi discutiamo, nel senso che quella discussione sui cosiddetti massimi sistemi, che tanto aveva infastidito Ghiglia stamattina, in realtà aveva prodotto tutta una serie di mutamenti abbastanza importanti, senza purtroppo risolvere - e qui voglio spiegare perché non erano stati presentati gli emendamenti in Commissione dalla minoranza - alcuni nodi fondamentali. Il primo nodo, come ha detto molto chiaramente stamattina il collega Vindigni, Presidente della Commissione, era il nodo dell'adeguatezza. Io ho visto la legge quadro regionale dell'Emilia Romagna; questa legge è accompagnata da uno studio che ha un notevolissimo spessore.
La situazione dell'Emilia Romagna è specifica, ma noi abbiamo una situazione ancora più specifica, con 1209 Comuni, molti dei quali piccoli che debbono essere adeguati a ricevere le deleghe, perché non basta dire che la Regione, con un bel gesto, si spoglia delle deleghe. I Comuni devono essere in grado di operare meglio, più puntualmente; essere più vicini all'utente, all'operatore economico, rispetto a quello che faceva lo Stato in modo centralistico fino al giorno prima. E' questo il senso dei Bassanini. Se invece li si vuole uccidere... a me il sospetto politico che non ci sia la voglia di dare corso ai Bassanini rimane, perché ricordo che i leader nazionali del Polo avevano espresso posizioni estremamente critiche rispetto ai Bassanini. Quindi questa conversione dei membri dell'attuale maggioranza sui Bassanini mi lascia abbastanza perplesso.
Quando si considera come attuare i Bassanini emergono dei problemi perché non c'è stato uno studio sull'adeguatezza, tanto è vero che uno dei nodi più grossi che avevamo posto in Commissione - avevamo perfino chiesto la presenza del Presidente della Giunta che, debbo dire, a differenza dell'Assessore Vaglio, aveva concesso un'apertura per poter discutere di questo - era proprio quello dell'individuazione degli ambiti territoriali ottimali in cui realizzare il processo di delega, cosa sulla quale nella legge si è estremamente generici e si rimanda ad atti successivi che non vengono affrontati, mentre questo è uno dei nodi fondamentali. Così come un nodo fondamentale è quello sul personale che, se Majorino ricorda, avevamo sollevato sin dall'inizio, perché abbiamo detto che, prima di fare una delega su un determinato argomento, dobbiamo vedere quanto per questa attività la Regione spendeva in termini economici e di quanto personale disponeva per essere pronti a cedere per intero questa partita.
Abbiamo sottolineato questo aspetto sin dall'inizio; nell'attuale legge invece si individua, ancora una volta, un doppio percorso, perché da un lato si dice che il personale può essere trasferito, oppure che i Comuni possono avvalersi delle strutture di servizio della Regione, il che significa, di fatto, lasciare le cose così come stanno. Era una questione di fondo, era una questione importante, così come era una questione importante collegare questo all'attuazione della legge sul personale. La Giunta, rispetto a questa vicenda, si è comportata un po' come il gambero perché invece di procedere in avanti voleva procedere al contrario e in gran parte ha proceduto al contrario).
Abbiamo detto - ancora una volta invito a ricordarsene il collega Majorino, che allora era Assessore - che questa legge sulle deleghe andava fatta prima della legge sul personale, perché è in base a quali deleghe, a quanto si delega e a come si delega che si decide quanto personale mantenere e come distribuire il personale residuo. Questa era la questione mentre invece la legge sul personale è stata fatta prima, con il risultato che dovremo modificarla e modificarla in modo sostanziale, se è vero che si parla addirittura di trasferire una quota di personale che va dal 25 al 40%. Così come è una questione fondamentale il fatto di definire le risorse che debbono essere distribuite.
Su queste tre importanti questioni (gli ambiti, il personale e la questione delle risorse economiche) abbiamo posto delle pregiudiziali di fondo. Mentre avevamo ottenuto dal Presidente Ghigo una certa disponibilità e apertura, l'Assessore Vaglio ha completamente chiuso ogni spiraglio e di fronte a un comportamento di questo genere, come opposizione, abbiamo ritenuto che si può intervenire con un atto emendativo in Commissione, se questo atto emendativo si può inquadrare in un provvedimento che, nel suo complesso, ha una sua condivisibilità. Mentre noi condividiamo il processo anzi addirittura l'abbiamo sostenuto e sostenuto con forza, tant'è vero che lo abbiamo sollecitato con gli atti che ho ricordato, non possiamo condividere questo documento così come viene presentato. Per questo motivo andiamo a un dibattito in aula e questo dibattito in aula significa che gli emendamenti vengono presentati qui ed ora. Ci auguriamo che il dibattito sia il più ampio possibile e che ci sia il riscontro maggiore possibile rispetto a questa legge che, secondo me, è una delle leggi cardine e che doveva vedere protagonista, in una certa misura, tutta la Giunta, perché la forza di una Giunta non si verifica nella singola capacità dei singoli Assessori. Questo non è un problema di delega di questo o di quell'Assessore, questo è un problema che dovrebbe coinvolgere la collegialità di tutta la Giunta e, prima di tutto, il Presidente della Giunta, che giustifico per non essere presente oggi, ma i lavori d'aula potevano essere organizzati e strutturati in modo tale che il Presidente fosse qui a patrocinare e difendere un atto che noi consideriamo fondamentale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Condividendo in pieno l'intervento svolto dal compagno Moro, vorrei limitarmi a segnalare una delle insufficienze che sono state richiamate in termini generali da altri colleghi e che caratterizzano in modo negativo questo disegno di legge. Questo disegno di legge, negli artt. 4 e 5, tocca il tema che, dal punto di vista generale, è quello della sussidiarietà quindi il ridisegno dei rapporti e delle responsabilità, dei collegamenti delle cooperazioni e delle funzioni tra i vari livelli istituzionali. Vi è un problema: che non è stato adeguatamente affrontato; il problema è quello, in occasione di questa riforma Bassanini, di riorganizzare il governo dell'interesse generale. Noi ci troviamo di fronte a questo problema, vi è un interesse generale, vi sono istituzioni che governano questo interesse generale. Come organizzare questa macchina istituzionale e come tenerla in equilibrio con pesi, contrappesi e collegamenti? E' un po' come fare uno degli allestimenti di Calder, queste grandi macchine semoventi che, differentemente configurate, hanno il loro equilibrio (addirittura si muovono nello spazio quando c'è bisogno di muoversi), cioè costruire un progetto di questo genere, modificando lo stato di cose esistenti.
L'interesse generale, tanto per cominciare, esiste o non esiste e in cosa consiste? Si potrebbe anche sostenere che l'interesse generale non esiste. Dico questo perché quando questa legge, utilizzando uno schema di ragionamento derivato da altre norme di carattere nazionale, consegna in modo troppo superficiale al Comune in teoria, quindi in forma cartacea e parolaia, tutte le competenze, in realtà non organizza in modo serio responsabilità, strutture, equilibri istituzionali, non chiarisce se questi devono perseguire un interesse generale, perché in cosa consista l'interesse generale deve assumerlo il legislatore.
Rispetto a un bene culturale, all'assetto dei prospetti di una strada in zona centrale o semicentrale, a un gruppo di edifici, è un interesse generale la loro tutela e valorizzazione? Se la risposta è sì, allora ne deriva che, essendo un interesse generale, questo tipo di governo del problema deve essere assunto a livello proprio. L'interesse a vedere un gruppo di edifici storici ben mantenuti e adeguatamente organizzati è l'interesse, ad esempio, di tutti i cittadini d'Italia o è interesse dei cittadini di quel Comune? A seconda della risposta che diamo, noi individuiamo un'organizzazione delle responsabilità istituzionali adeguata perché se l'interesse generale di difendere e valorizzare un patrimonio culturale lo riconosciamo all'interno dei confini di un comune rimane un interesse generale di competenza del comune. Se, viceversa, individuiamo che quel tipo di bene è un interesse di tutti i cittadini italiani e anche europei, allora il livello di responsabilità istituzionale che governa quell'interesse generale è superiore. Ho fatto questo esempio per segnalare che in questa legge - che non è una madre, non è madre di un bel niente; a mio modo di vedere, è una legge sterile - si ripete stancamente la formuletta che non serve a risolvere i problemi, che incontreremo dopo nei decreti attuativi, né serve a risolvere il problema di un equilibrio razionale e responsabile dei vari livelli istituzionali che governano interessi generali di propria competenza. Tant'è che se voi guardate la legge rilevereste senz'altro le contraddizioni in termini tra un articolo e il successivo, e anche gli emendamenti presentati dalla Giunta regionale.
In un primo articolo si dice: "Tutti i compiti sono del Comune (...)" e nell'articolo successivo: "I compiti che non possono essere esercitati dal Comune (...)". E' una contraddizione: se in un articolo di legge si dice che tutti i compiti sono del Comune, in un articolo successivo non è possibile prevedere che quegli stessi compiti, che si assegnano al Comune come livello istituzionale di tutela e governo degli interessi generali non possano essere dallo stesso esercitati. Se tali compiti non possono essere svolti, nell'articolo precedente non posso decidere, con una norma generale, sempre valida, senza alcun elemento critico, che tutto è consegnato al Comune.
In realtà, si è trovata una scorciatoia, visto che non si è risolto il nodo della decisione di quali siano gli interessi di livello regionale quali di livello provinciale e quali di livello comunale. Dato che quella della sussidiarietà è un ondata demagogica, viste le difficoltà di funzionamento della nostra organizzazione istituzionale (Stato-Regioni Province-Comuni) si è previsto, in un vento irrazionale di spostamento dei problemi altrove, di assegnare ai Comuni ogni tipo di governo di interessi generali, invece di cimentarsi, settore per settore, problema per problema con il livello richiesto di responsabilità istituzionale.
Ho inteso trattare solo questo punto, visto che altre osservazioni generali sono state ben espresse dal compagno Moro, nonché da altri compagni, amici e colleghi Consiglieri, anche per rispondere puntualmente ad un elemento normativo contenuto nel disegno di legge, non corrispondente ai bisogni.
Il documento è rimasto tale perché, intanto, la discussione è rimasta interna alla Commissione, in modo stanco, in cui le parti non combaciavano: si stavano ad ascoltare, ma non hanno mai interagito (non intendo entrare nella polemica "per merito di chi, per colpa di chi"). L'Assessore l'amministrazione, si presentava in Commissione; le opposizioni segnalavano una scala di richiesta di nuovo impianto, di ragionamento più complesso. Si è andati avanti così, con l'Assessore che rispondeva alle critiche con piccole correzioni: le critiche sono rimaste tali, il dibattito non si è dilatato, e la legge è quella che è.
Sul provvedimento in esame avremmo centinaia di considerazioni da muovere, Presidente, per riuscire a costruirla in modo diverso. Penso che su questo punto ci sia sintonia tra i Gruppi di opposizione. Non ci sembra possibile, a questo punto, effettuare correzioni un in corpo legislativo così sghembo, a nostro avviso, rispetto alle necessità. Non svolgeremo dunque, critiche che portino alla presentazione di dieci/venti/cento emendamenti ad ogni articolo, ad ogni comma, poiché si tratterebbe di attività che non riteniamo giusto esprimere in questa fase.
Chiediamo, come ha fatto il collega Miglietti, di tornare sui nostri passi, di provare ad ascoltare le nostre ragioni e a ricostruire da zero insieme, un altro ragionamento. Se così non sarà, "vi terrete" la legge con tutti i suoi errori.
Come Gruppo, esprimiamo forte e netta critica, ma non ci cimenteremo nel tentativo di "raddrizzare" una struttura legislativa che ci pare del tutto inadeguata.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montabone.



MONTABONE Renato

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, ammetto di aver apprezzato alcuni passi della legge-quadro di attuazione dei decreti Bassanini che stiamo esaminando. Si tratta però di legge che avrebbe potuto lanciare oltre l'ostacolo le intenzioni di gran parte di questo Consiglio rispetto alle deleghe che dalla Regione dovrebbero passare agli Enti locali. Abbiamo invece formulato una legge-quadro che si limiterà, con leggi di settore all'attuazione di compiti amministrativi contenuti nei decreti Bassanini.
Probabilmente, non si poteva far molto di più. In tal senso, l'intenzione della Giunta regionale credo debba essere giudicata positivamente.
Vi sono altri due aspetti che intendo rilevare, emersi nelle varie riunioni della Commissione consiliare competente in materia: si tratta di due filosofie di base, che tendono l'una a delegare alcuni poteri ai Comuni, prioritariamente, e personalmente riconosco l'azione positiva della Giunta su questo settore; l'altra, con spinte e contraccolpi, vorrebbe fare in modo che gran parte degli stessi poteri, che dovrebbero essere esercitati dai Comuni o dalle loro forme associate, venissero delegati direttamente alle Province.
Dico subito che sono per la filosofia di chi asserisce che tutti i compiti delegabili ai Comuni - compiti che non abbiano, ovviamente, valenza sovracomunale di tipo amministrativo - devono essere delegati alle amministrazioni comunali e non alle Province.
Scorrendo la legge, però, si evince una grossa discrepanza, già ricordata dal Consigliere Chiezzi per motivi opposti a quelli che io tengo a sottolineare: ci ritroviamo funzioni amministrative - l'ho rilevato a più riprese - di Comuni montani, perché organizzati nel tempo e consolidati delegate alle Comunità montane; funzioni che invece, per i Comuni di pianura, verrebbero delegate alle Province.
Credo non sia problema da poco. Lo rilevai in merito alle rappresentanze, quando si parlava dell'attuazione della legge Galli e lo rilevo oggi, che si parla di delega di funzioni amministrative agli Enti locali. Non possiamo pensare che in alcune parti della nostra regione deleghiamo funzioni alle Comunità montane e che le stesse funzioni, laddove non ci sono le Comunità montane, vengono delegate alle Province. E' un'incongruenza che nella legge non può comparire.
Per attuare queste leggi, se si avesse avuta la sensibilità, in particolare negli ultimi due anni, quando è iniziato a comporsi questo problema, bisognava fare lo sforzo di darsi delle forme associate che avessero le stesse valenze delle Comunità montane per i territori che di queste non fanno parte: poteva essere uno strumento molto valido per identificare forme organizzative su Comuni non montani. Ma non solo questo: penso anche che ci sarebbero state parti di territorio non montano e non collinaro, ma di pianura, che avrebbero dovuto in qualche modo essere spinte ad organizzarsi con funzioni di coordinamento, che ad oggi non esistono e che come Regione non spingiamo affatto. E' questa una delle grandi discrepanze che evinco nella legge.
La seconda. Devo riconoscere che vi è il tentativo, da parte dell'Assessore Vaglio, di cercare di inserire, rispetto a quelle che possono essere le proposte di legge, un tentativo di verifica di quelle che sono le reali possibilità. Ma qui abbiamo un altro dato di fondo. L'intera Conferenza permanente delle Regioni e delle Autonomie locali è impostata perché dia pareri preventivi ai disegni di legge che escono direttamente dall'organo esecutivo, e quindi dalla Giunta regionale.
Nell'emendamento presentato dall'Assessore Vaglio, vi è la possibilità che la Conferenza permanente delle Regioni e delle Autonomie locali si inserisca sui progetti di legge di competenza del Consiglio regionale. E' significativo il fatto che la Conferenza permanente delle Regioni e delle autonomie locale venga individuata nella sede dell'esecutivo regionale e presieduta dal Presidente della Giunta regionale.
Prima che una legge venga disegnata dalla Giunta regionale o che venga proposta da Consiglieri o da tutti coloro che possono proporre delle leggi è davvero utile che ci siano le indicazioni delle Conferenze permanenti delle Regioni e delle autonomie locali? Non sarebbe meglio - visto che ciascun organo della Regione si assume le proprie responsabilità - che la Conferenza permanente delle Regioni e delle Autonomie locali venisse attivata nel momento in cui i disegni di legge sono già stati approvati dalla Giunta regionale e le proposte di legge sono già state presentate alle Commissioni consiliari, e cioè nel momento clou legislativo? Se facciamo un parallelo tra varie proposte come, per esempio, quella della terza Camera sul livello nazionale, credo che la terza Camera a livello nazionale potrebbe essere istituita - cosa che non avverrà mai per dare un supporto di carattere legislativo e non per dare un supporto preventivo alle leggi che si dovrebbero fare sul livello nazionale. Così anche nelle regioni; se noi vogliamo ottenere veramente che le autonomie e gli enti locali siano avvicinati al processo legislativo delle Regioni, non dobbiamo consultarli perché ci dicano se vanno bene le proposte di legge che abbiamo ancora in testa, ma dobbiamo consultarli per sapere se vanno bene le proposte di legge che già sono state approvate dalla Giunta o che già sono state presentate dai singoli Consiglieri. Altrimenti confondiamo i ruoli ancora una volta, confondiamo il ruolo e le responsabilità dei vari organi che devono stare sul nostro territorio, confondiamo i ruoli dei Comuni, confondiamo i ruoli della Giunta regionale, confondiamo i ruoli dei Consigli regionali. Per portarla all'eccesso, sono propenso a proporre che per esempio, la Conferenza permanente Regione-Autonomie locali risieda presso il Consiglio regionale e intervenga nel momento in cui le leggi sono già state proposte e approvate dalla Giunta, altrimenti da questo Consiglio regionale usciranno leggi di cui non si conoscerà più la paternità e la responsabilità, sulle quali interverranno tutti i vari membri della Consulta permanente Regione-Autonomie locali, ciascuno con la propria testa e non rappresentando nessun altro di coloro che li ha preposti ad essere qui. Io non sono d'accordo su questo: c'è un vizio di fondo che, Assessore va risolto perché, se non si risolve, andremo incontro a un insuccesso. Non si riuscirà ad avvicinare il momento legislativo al momento amministrativo che deve essere delegato agli enti locali e, non solo, vi sarà una commistione tale per cui non sapremo più di chi è la responsabilità legislativa e di chi è la responsabilità amministrativa.
Capisco che è difficile immaginare una cosa del genere, è anche provocatorio, ma lo faccio per la prima volta qui perché i Consiglieri riflettano, prima di approvare i singoli articoli e nel suo insieme tutta la legge; in questo momento noi stiamo creando qualcosa che separerà ancora di più il potere legislativo, prerogativa del Consiglio regionale, dal potere amministrativo, che deve essere quello degli enti locali e non solo.
Daremo ancora una volta l'opportunità a chi crede di poter mantenere gran parte dell'attività amministrativa regionale presso la Giunta di poterlo fare. Mi rivolgo ai Consiglieri, a coloro che credono si debbano delegare agli enti locali le funzioni amministrative, perché sarà difficile ottenere questo risultato con i singoli articoli di questa legge. Queste sono le due questioni di fondo che mi premeva sottolineare oggi.
Lo esamineremo poi, ma lo voglio ricordare subito, se mi è consentito che ci sono altre discrepanze nella composizione stessa della Conferenza mi basterebbe chiedere come mai i rappresentanti dei sindaci dei Comuni al di sotto dei 3000 abitanti e quelli dei Comuni al di sopra dei 3000 abitanti vengono convocati dal Presidente della Giunta regionale affinch possano, in quella occasione, votare chi li rappresenterà nella Conferenza e per indicare loro come dovranno partecipare alle votazioni (raccogliendo le firme, meno di un quinto ecc.). E invece, per i rappresentanti delle Comunità montane, si delega questa indicazione alla Conferenza annuale dei Presidenti delle Comunità montane. C'è qualcosa che non funziona. Quando si indicano delle modalità di votazione di rappresentanza di secondo grado per enti locali bisogna fare attenzione a come sono stati nominati i Comuni con delle elezioni dirette; bisogna sapere come sono stati indicati i Presidenti delle Comunità montane, con delle elezioni indirette di secondo grado. Ricordo spesso, parlando delle Comunità montane, per esempio, che ci sono rappresentanti dei Comuni di minoranza che vanno a far parte della maggioranza delle Comunità montane e che creano dissidi fra quello che è il potere territoriale del sindaco rispetto al potere territoriale delle Comunità montane. Una Comunità montana, organo eletto in secondo grado, pu avere gli stessi poteri che ha la Provincia, laddove non ci sono i Comuni montani, Provincia eletta con un suo Presidente direttamente dal popolo? Sono discrepanze che vanno risolte, altrimenti questa legge sarà monca e determinerà gli stessi effetti provocati dall'attuazione della legge Galli.
Per quello che mi riguarda, conosco Comuni che preferiranno farsi commissariare piuttosto che sottostare alle imposizioni della nostra legge e che diranno: facciano i Commissari e i Commissari facciano quello che vogliono rispetto all'attuazione della legge Galli stessa. Questo non è un modo per avvicinare gli enti locali alla Regione. Questo non è un modo per tirare una linea di confine fra quello che deve essere l'amministrazione delegata agli enti locali e l'attività legislativa che compete alla Regione.
Io vi prego di riflettere, ma lo farò anch'io per cercare di modificare nel merito, se la Giunta ha intenzione di portare avanti questo disegno di legge senza tener conto di queste considerazioni. Mi permetterò di presentare degli aggiustamenti che certamente non apporteranno grossi cambiamenti a questo quadro complessivo di legge, ma che cercheranno di aggiustare e di rendere meno monca possibile una legge che è sbagliata per quei due principi che ho spiegato.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Spagnuolo.



SPAGNUOLO Carla

Grazie. Ci sembra doveroso, su una materia così importante, segnare delle nostre osservazioni e qualche nostra breve riflessione che purtroppo ne abbiamo l'impressione - seguiranno il destino delle osservazioni e delle riflessioni che abbiamo portato in Commissione e che, come già parecchi colleghi dell'opposizione hanno rilevato, non hanno avuto un'attenzione da parte dell'esecutivo. A seguito di questa mancanza di dibattito sostanziale, consegnammo all'aula un provvedimento di natura fortemente tecnicistica. Anche in questa circostanza abbiamo assistito, nei lunghi mesi di presenza in Commissione, ad una realtà assolutamente sorda a una mancanza di confronto e anche oggi, ma siamo abituati a ciò, parliamo per il verbale. Parliamo per il verbale sperando che nei prossimi anni gli studiosi della vita della Regione Piemonte, perché comunque ce ne saranno possano avere cognizione delle differenti posizioni e impostazioni e possano essi capire come si è sviluppato il dibattito e la pluralità di posizioni intorno a una materia centrale per la vita delle Regioni e delle Autonomie locali. Una materia molto difficile e che nel corso di tanti anni, bisogna dirlo, ha incontrato delle battute d'arresto perch evidentemente tutto il pacchetto della delega di competenza, del trasferimento di competenze di personale, di finanziamenti, di fette di potere, nell'arco di lunghi anni è stato bloccato; è stato un processo che non ha trovato un suo sviluppo. D'altro canto questo è avvenuto nel rapporto tra Stato e Regioni, questo è avvenuto nel rapporto tra Regioni ed enti locali.
Indubbiamente, lo scossone che tutto il pacchetto Bassanini ha dato alla materia è stato uno scossone utile, è stato indubbiamente e potrà essere un punto di riferimento nella vita delle autonomie locali, così come prima, con le sue luci e ombre, è stata la vicenda della legge n. 142, ma credo - ho sentito qualche intervento precedente e alcuni colleghi lo hanno già posto in evidenza - che si sia trattato, in questa circostanza, di nuovo come di un'occasione mancata. Noi in Commissione abbiamo cercato di portare il dibattito un po' più sulla strada del rapporto politico, della dialettica istituzionale tra Regioni ed enti locali, ma abbiamo trovato delle differenziazioni prima di tutto all'interno della Giunta, perché per una certa fase ci è sembrato che il Presidente della Giunta regionale fosse più aperto, più disponibile a fare di questa legge una legge costituente nel rapporto tra Regioni, enti locali, Province e Comunità montane con la ricchezza di apporto che oggi l'articolazione delle autonomie locali porta con sé. Invece, devo dire, ci è sembrato - anche su questo in qualche misura abbiamo tenuto aperto un conflitto forte tra il nostro Gruppo e i gruppi di opposizione e la Giunta regionale - che vi fosse un'ispirazione decisamente più tecnicistica da parte di chi ha la delega e, in questo caso, da parte dell'Assessore Vaglio. Lo abbiamo fatto presente in Commissione. Peraltro, queste nostre osservazioni, così come quelle di altri colleghi, non hanno trovato riscontro di dibattito politico perché ci sembra che questo disegno di legge sia stato affidato, in maniera molto disciplinata e diligente, alla struttura della Regione Piemonte; ci sembra che quanto arriva in aula manchi di una filosofia di delega, di una filosofia politica e di una filosofia istituzionale.
E' un provvedimento tecnico, asettico, che rinuncia a costruire un impianto forte di rapporto politico-istituzionale tra la Regione, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e il sistema delle autonomie.
Vorrei sottolineare tre articoli in particolare. Da un lato, punto centrale di questo provvedimento, la Conferenza permanente Regione e Autonomie locali. In tale conferenza, così come essa è stata delineata, si coglie in assoluto una mancanza di governo di questi rapporti istituzionali. La Conferenza, infatti, si ispira ad una metodologia abbastanza confusa; intanto, trova sede presso la Presidenza della Giunta.
Come Gruppo, avremmo pensato che proprio per l'articolazione dei rapporti tra Enti locali, la Presidenza del Consiglio regionale, d'intesa con il Presidente della Giunta regionale, avrebbe dovuto essere se non "la", perlomeno "una" sede di questo tipo di rapporti. Avremmo auspicato che in questa direzione si andasse e auspicheremo che a quest'esclusione non si arrivi.
Inoltre, la Conferenza svolge compiti, in alcuni casi, relativi alla Regione, in altri casi al rapporto Regioni-Autonomie locali, in altri ancora al rapporto con la Conferenza Stato-Città e con quella dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome.
Il punto c), dove si rileva che la Conferenza formula alla "Giunta regionale, proposte relative alle Autonomie locali da trasmettere alla Conferenza Stato-Regione, a quella Stato-Città a quella dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome", ci fa capire che ci troviamo di fronte ad un organismo parecchio vago, in primo luogo per la sua dimensione propositiva, limitata ai provvedimenti esclusivamente dell'esecutivo; inoltre, perché si tratta di formulazione di proposte e di pareri che se "vengono vengono" e se non vengono non importa, visto che comunque dopo un certo periodo di tempo questi pareri, anche se non vengono espressi, passano.
Ci pare che alla Conferenza avrebbe dovuto esser data maggiore sistematicità ed una pregnanza decisamente diversa da quella che riscontriamo nel testo in esame.
D'altro canto, anche in questa materia, il nostro è un tempo nel quale i contributi che possono pervenire da parte delle opposizioni paiono di assoluta irrilevanza. Non credo che nel confronto e nel rapporto che il sistema maggioritario ha determinato con la nuova legge elettorale da perfezionare, ma già esistente - che deve ancora essere perfezionata ma che intanto esiste - debba esservi una specie di sordità tra proposte pervenute e provvedimenti che rimangono asettici e, molto sovente, impermeabili.
Si passa dal principio del consociativismo, sovente presente in alcuni provvedimenti importanti, al sistema dell'essere completamente sordi su provvedimenti che di per se stessi hanno anche uguale, se non superiore importanza, come il provvedimento che stiamo esaminando.
Un altro articolo che ci ha lasciati parecchio perplessi e che determinerà un voto indubbiamente non favorevole a questo disegno di legge è il n. 11. Anche in quest'articolo, infatti, laddove si dice che "la Regione assegna funzionalmente agli Enti locali dipendenti ad essi addetti o ne mette a disposizione delle strutture, previo parere della Conferenza permanente Regione-Autonomie locali", l'impostazione ci fa pensare ad una mancanza effettiva di volontà di dar corso ad un processo di delega forte.
Riteniamo infatti che occorresse ribadire maggiormente alcuni principi per meglio garantire il sistema delle autonomie ed un processo di delega forte riguardante tutto l'impianto che la Regione Piemonte può trasmettere rispettando il principio della sussidiarietà tra Regione e sistema degli Enti locali.
In sostanza, e non voglio dilungarmi più di tanto, poiché molte altre osservazioni potranno essere mosse in sede di discussione sugli articoli nonché ulteriormente richiamate nella dichiarazione di voto, il provvedimento arriva dopo una lunga e poco proficua discussione e senza vero confronto; in realtà, rappresenta un passo dovuto, in applicazione dei decreti Bassanini, che avrebbe potuto avere maggiore sostanza e - come dissi più volte nel corso del dibattito in Commissione, soprattutto in questi ultimi mesi - e dimensione di processo costituente.
Prendo atto che si è voluto agire diversamente. Lo stesso Assessore quando abbiamo affrontato l'approccio alla questione, ci ha ribadito l'intenzione di limitarsi a modificazioni di natura tecnica, recependo l'insieme del provvedimento originario, in qualche misura sottratto ad un confronto politico-istituzionale. Confronto che la materia avrebbe dovuto imporre di per se stessa, poiché si tratta di una straordinaria occasione.
Riteniamo che nell'applicazione di questo tipo di provvedimento emergeranno, a pieno campo, tutte le carenze individuate; indubbiamente, il nostro Gruppo sarà vigile e cercherà di dare un proprio contributo anche nella fase più applicativa e più di settore. Il campo della delega delle funzioni e di un rapporto organico e costituente tra il sistema delle autonomie locali è di straordinario interesse, non soltanto istituzionale ma anche politico.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Gallarini.



GALLARINI Pierluigi

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, il dibattito è stato molto lungo e articolato; personalmente, ho cercato di seguirlo con molta attenzione, dal primo intervento del collega Saitta, all'ultimo, della Consigliera Spagnuolo, che ha appena terminato.



GALLARINI Pierluigi

SPAGNUOLO Carla (fuori microfono)



GALLARINI Pierluigi

Qualcuno mi ha sentito: grazie, collega.



GALLARINI Pierluigi

Sì, l'ho ascoltata, collega, anche se mi rendo conto che è deprimente parlare in queste condizioni. In tal senso, ebbi modo di fare, nell'ultimo Consiglio, una considerazione, che diventa sempre più amara: le Regioni non sono ancora quanto vorrebbero essere, non sono più quel che sono state siamo in mezzo al guado. Ho la sensazione che stiamo assorbendo questa condizione di impotenza politica e che ne traiamo le dovute conseguenze: si fa altro; chi può, fa altro; chi deve, fa altro. E' una constatazione molto amara perché, rispetto al processo di trasformazione, siamo per ora alla sola presa di coscienza. Se da quest'ultima dovesse derivare - com'è facile un atteggiamento conseguente, da qui a fine legislatura dobbiamo aspettarci tempi piuttosto grami dal punto di vista psicologico, morale e politico.
Probabilmente, dal punto di vista del "tirare a campare", potrebbe anche essere un modo che ci porta tranquillamente a fine legislatura e ad iniziare la campagna per le candidature della prossima.
Tornando a noi, il disegno di legge in esame, come sosteneva il collega Ghiglia, giaceva da un anno in Commissione; è altrettanto vero che nei primi mesi era considerato un po' di "serie B", sotto certi aspetti (non perché fosse considerato tale dalla Giunta regionale, che lo aveva presentato), per la presenza del filone forte della Bicamerale, che si pensava potesse essere l'architrave portante del passaggio verso il nuovo ruolo delle Regioni.
Crollata la Bicamerale, improvvisamente il disegno di legge è diventato di grossa attualità: ci si è aggrappati come all'ultimo carro sul quale cercare di impostare un nuovo modo di essere da parte degli Enti locali, e per quanto ci riguarda, un nuovo ruolo di cerniera rispetto agli Enti locali stessi.
La legge è particolarmente complessa; personalmente, come complessità la paragonerei alla legge sul personale. Anche in quel caso dovevamo necessariamente applicare il decreto n. 29: andammo avanti un anno e mezzo.
Quella legge, a mio avviso, si è avvantaggiata per il fatto che per un anno e mezzo le coordinate politiche sono rimaste le stesse. Quest'anno non è stato così: il crollo della Bicamerale non è da sottovalutare. Immagino che anche la Giunta, all'atto della presentazione del disegno di legge originale, avesse come riferimento, anche solo inconsciamente, la Bicamerale. E quindi sapeva che dal punto di vista politico il disegno di legge era un tassello facente parte di quel mosaico.
Crollata la Bicamerale, ovviamente, sono cambiate completamente le coordinate politiche di riferimento. Si è quindi fatto quanto possibile visto che siamo in una fase in cui le Regioni vivono la parte amministrativa e la parte costituente, si è cercato di recepire il più possibile le proposte pervenute all'interno della Commissione.
Collega Spagnuolo, non vedrei tanto un tecnicismo esasperato quanto una non grande omogeneità perché questo disegno di legge è la sommatoria sostanzialmente, di un'impostazione originaria riferita a determinate coordinate; in corso d'opera le coordinate sono state stravolte, non modificate, e allora necessariamente si è dovuto non dico rabberciare, ma sicuramente recepire suggerimenti che andassero nel segno di quella costituente che deve presiedere come bussola di orientamento rispetto a temi di questo genere, ma alla fine il prodotto è effettivamente possibile come dicemmo a proposito del disegno di legge del personale. Penso che anche qui non occorra sbizzarrirsi molto con le aggettivazioni e dire che è il disegno di legge possibile.
Io mi auguro che la Giunta e il collega Vaglio, che ha la delega e che ha presenziato a tutte le Commissioni, possa o voglia raccogliere qualche emendamento che sicuramente può essere migliorativo (d'altra parte già in Commissione ha annunciato questo orientamento). Sicuramente questo disegno di legge non può essere stravolto, ma questo è comprensibile. A differenza del disegno di legge sul personale, non c'è lo svantaggio di doverlo calibrare - per questo rimase fermo un anno e mezzo - su condizioni personali di singoli, perché andava a toccare interessi e singolarità molto particolari. Quindi è ovvio che ci siano state delle resistenze e reazioni corporative. Questo è rimasto un anno solo perché è ancora astratto, non tocca nulla; quando l'Assessore Vaglio ci viene a dire, con approssimazione, che grosso modo il personale della Regione, che sarà coinvolto, oscilla dal 20 al 50%, è una misura imponente. Nonostante questo, resistenze analoghe non ci sono state, perché in concreto ancora nessuno immagina di essere all'interno di quel 50 o di quel 20%. Questa sarà necessariamente una fase successiva. Se è così, oggi questo disegno di legge è necessariamente astratto, avrebbe potuto arrivare con questo testo o con un testo anche molto differente, ma è un disegno di legge sperimentale, un disegno di legge, cioè, che avrà bisogno sul campo di raccogliere sperimentazioni tali da suggerire modifiche in corso d'opera.
Molto di più, secondo noi, rispetto alla legge sul personale, perché questo è un disegno di legge nuovo, sperimentale, astratto sotto certi aspetti.
Saitta ha fatto stamattina un intervento che ho apprezzato, molto articolato e approfondito, sottolineando l'esigenza che lungo il percorso si sentano non solo gli enti locali, i Comuni e le Province e le Comunità montane, perché rimarrebbe probabilmente un dialogo forse asfittico sotto certi aspetti, fra addetti ai lavori, ma che si usino i sensori piazzati nella società civile, aspetto che condividiamo, così come condividiamo anche l'accenno che ha fatto al CROP, all'inadeguatezza e forse al fatto che il CROP non sia più di assoluta attualità. E' in via di presentazione diceva Saitta, da parte del Gruppo dei Popolari, un disegno di legge sul CROP. Noi sollecitiamo la Giunta a metter mano alla legge 18 perché la questione del CROP non è un tassello avulso da tutta la realtà della legge 18. La legge 18 è una legge obsoleta, superata, antica, che vincola. Noi ci auguriamo che, a fronte di questa ottima iniziativa che Saitta ha annunciato, da parte della Giunta si metta mano alla legge 18, che significa CROP e altri enti che hanno perso la loro funzione originaria che sono solo delle bardature burocratiche che appesantiscono il percorso già pesante degli iter delle procedure pubbliche.
Detto questo, noi riteniamo che questo disegno di legge debba sperimentarsi sul campo; probabilmente con questo o un altro testo c'è tutto e il contrario di tutto. Ricordo anche quanto diceva prima Montabone circa le Comunità montane e i Comuni (perché questi si e quelli no, perch qui c'è un percorso e di là ce n'è un altro?). E' tutto vero, però cosa si fa? Lo si stravolge, lo si riscrive? Penso che riscrivendolo andremmo incontro alle stesse difficoltà, perché è una prateria senza confini, senza punti di riferimento. Tuttavia, penso che per calarsi nei singoli disegni di legge settoriali che saranno presentati in Commissione ci saranno dei riferimenti più certi, quanto meno una cornice di contenimento, costituita appunto da questa legge approvata. Quindi è possibile, con lo stesso spirito, non consociativo, ma costituente, di cui parlavo prima, cercare di imbastire tutto l'indotto che da questo disegno di legge può derivare per quanto riguarda l'immediato futuro. Rispetto all'osservazione di Miglietti che dice: "Ritiriamo il disegno di legge riflettiamo ancora una settimana e poi ripresentiamolo", non siamo d'accordo, perché non cambierebbe nulla.
Ho avuto la fortuna e la costanza di partecipare all'VIII Commissione penso dall'inizio alla fine. Il Presidente e tutti i membri, senza spirito di parte con molta generosità e senso di collaborazione, hanno cercato di manifestare prima la necessità di emendamenti. Il Presidente suggeriva e stimolava a presentare emendamenti, ma di emendamenti se ne possono presentare alcuni di segno positivo e altri di segno negativo; l'uno vale l'altro, è un terreno sperimentale, non ci sono punti di riferimento.
Bisogna arrivare, invece, a definire uno schema che non è immodificabile ma che rappresenta la cornice all'interno della quale calare tutti gli indotti settoriali che sono depositati e in discussione presso le varie Commissioni; poi, in corso d'opera, si tratterà di vedere come operare miglioramenti. Mi limiterei a questo.
Per quanto riguarda gli emendamenti, la Giunta ha annunciato in Commissione che sarà aperta a recepire alcuni emendamenti migliorativi, non stravolgenti. Ci riserviamo quindi di esprimerci in fase di voto.
Ovviamente siamo favorevoli, giudichiamo questa proposta buona per il clima in cui è calata e per quel che rappresenta, perché poteva essere scritta anche in modo diverso o in un altro modo ancora, diametralmente opposto, ma le critiche che avremmo potuto esprimere sarebbero state probabilmente le stesse perché non ci sono termini di riferimento. E' un tentativo, è sperimentale.
D'altra parte, penso anche che quando nacque a livello nazionale lo spirito fosse lo stesso. Cerchiamo di rendere possibile almeno un miglioramento rispetto a quella qualità di cui parlava Saitta, che non è definibile con dei termini precisi in legge. Visto che tutti siamo interessati a che la qualità non solo non peggiori ma, se possibile migliori rispetto al servizio al cittadino che gli enti pubblici nel loro complesso oggi sono in grado di produrre, si tratterà certo di mettere mano alla 51 per andare a calibrare quelle percentuali dal 20 al 50% per quanto riguarda il personale. Ci saranno direzioni regionali che saranno svuotate o quasi, ci saranno direzioni regionali che saranno non dico rimpinguate ma stravolte nelle loro competenze e nella loro struttura, quindi si tratterà di ridisegnarle, ma non per questo condivido quanto diceva Riggio prima: "Noi avremmo dovuto approvare prima questa legge e poi la legge n.
51". A questo punto non si potrebbe mai fare nulla prima, perché quel "prima", per avere delle basi solide, deve avere degli elementi che vengono dopo e quindi un anno e mezzo fa abbiamo approvato la legge n. 51, ora faremo questa. In seguito, si tratterà di mettere subito mano alla 51 per arrivare a calibrarla su questa nuova cornice che stiamo per darci.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vaglio.



VAGLIO Roberto, Assessore agli enti locali

Rispettando la prassi di questo Consiglio regionale, al termine della discussione generale la Giunta fa proprie considerazioni.
Devo dire, intanto, che sono stato personalmente soddisfatto di due considerazioni mosse dall'opposizione ed in particolare dalla collega Spagnuolo, che ha rilevato l'asetticità del provvedimento in esame. La collega ha inoltre rilevato che il documento "sembra scritto da dei funzionari". Pensavo di essere un mediocre chimico: il fatto di sentirmi definire funzionario, quindi con le capacità e la preparazione dei nostri collaboratori mi ha fatto estremamente piacere.
Nel bene o nel male, il testo del disegno di legge è uscito dalla Giunta, e i funzionari vi hanno collaborato apportando le modifiche necessarie solo ed esclusivamente in relazione ad una serie di questioni sorte in itinere.
Il collega Gallarini ha già ricordato che siamo partiti con un quadro ora completamente diverso. Eravamo in attesa della modifica costituzionale in senso federalista, ci siamo ritrovati - e il convegno organizzato dagli amici del PPI lo conferma - a dover fare i conti con un federalismo a Costituzione invariata, con un federalismo cosiddetto "possibile".
Avevamo inoltre diversi tavoli su cui confrontarci; il primo, quello degli Enti locali: il sistema-Piemonte delle Autonomie locali, assai complesso, variegato e in fase di ebollizione.
Non intendo portare esempi piemontesi; vi ricordo, però, che, ad esempio, in Lombardia quasi il 40% dei Comuni ha disdetto l'adesione all'ANCI. I colleghi dell'Emilia Romagna, non più tardi di ieri, nella riunione tematica su questo argomento, in sede di Conferenza permanente dei Presidente delle Regioni e delle Province a Statuto speciale, ricordavano che l'ANCI è sempre stato il loro antagonista, in tutte le fasi di quest'applicazione. Per quanto ci riguarda, il confronto è stato più animato, ad esempio, con altre organizzazioni degli Enti locali territoriali.
Ricordo inoltre che abbiamo immediatamente messo in piedi una possibile concertazione con gli Enti locali, con tutti quelli che pensavamo fossero e che siamo convinti siano - gli organismi rappresentativi di tali Enti. Vi sarete sicuramente accorti che per "ogni piuma che si tirava c'era una gallina diversa che gridava!" Non è stato semplice ascoltare le ragioni dei vari Enti locali; non è stato semplice interpretare quanto stavano dicendo ai diversi livelli.
Ultimo tavolo, quello delle quindici Regioni che stavano attuando, in qualche modo, i dettati della legge n. 59. Ad oggi, a "bocce ferme", devo dire che abbiamo tenuto conto anche di quanto è emerso in quella sede. Ci siamo attenuti ad una metodica, ad una consequenzialità comune praticamente, a tutte le Regioni.
In definitiva, la Giunta si è trovata a dover confezionare un provvedimento nel quale dovevano essere presenti tutti gli elementi condivisi dalle forze politiche espresse dal Consiglio regionale, nonch tutti quelli condivisi ed espressi dalle Autonomie locali e dal resto del Paese.
Non credo che il disegno di legge n. 356 abbia clamorosamente fallito in questa ricerca della condivisione. Certo, vi sono questioni sulle quali abbiamo vissuto delle divaricazioni, delle difficoltà.
Abbiamo cercato, per mesi, di risolvere tali difficoltà e divaricazioni: credo che buona parte siano state superate, e che altre fossero insuperabili proprio perché diverse nel metodo che le nostre rispettive forze politiche seguono. L'alleanza che governa oggi la Regione Piemonte ha, probabilmente, visioni non totalmente, ma parzialmente diverse da quelle delle minoranze. Avevamo, quindi, difficoltà rilevanti, davanti alle quali non potevamo, ovviamente, fermarci.
Il problema sottolineato da molti, di un'applicazione seria del concetto di sussidiarietà andava a scontrarsi con la realtà piemontese composta da molti piccoli Comuni.
Non possiamo dimenticare che in Parlamento è in discussione la riforma della legge n. 142 e che si sta ancora discutendo sull'obbligatorietà degli accorpamenti e delle unioni di Comuni e sulla trasformazione delle Comunità montane in unioni di Comuni, con tutto quanto questo comporta.
Il Piemonte, anche se vuole seguire indirizzi che tengano conto della propria specificità, non può fare a meno di considerare il quadro nazionale, in continua evoluzione. Dunque, secondo la Giunta, non poteva effettuare forzature in una materia sulla quale il Parlamento sta lavorando, e che dovrebbe dare propri risultati entro la fine dell'anno.
Vi sono, però, delle scadenze da rispettare. Nel percorso concordato tra le forze politiche del Consiglio, l'approvazione del disegno di legge attualmente in discussione era da considerarsi propedeutica a qualsiasi altra approvazione di provvedimenti applicativi delle Bassanini.
Siamo arrivati al momento delle decisioni; è stato ricordato che ci sono delle discrepanze - penso che questo sia il termine usato - ad esempio, parlando della Conferenza permanente Autonomie locali e Regione.
Credo invece che di discrepanze, in questo caso, non ve ne siano, o che, perlomeno, non si possa parlare di discrepanze, quanto di interpretazione comune, di tutte le Regioni, su quanto debba essere di competenza di tale Conferenza.
Tutte le Regioni hanno concordato - e si sono mosse in modo conseguente che la Conferenza si occupasse e definisse il percorso della concertazione.
Noi stessi abbiamo discusso a lungo sulla composizione e soprattutto sulle finalità di questa Conferenza, concludendo, in modo più o meno condiviso, che quello debba essere lo strumento che forniamo alle Autonomie locali per sedersi ad un tavolo comune di concertazione. Non abbiamo certamente avuto la pretesa - e non avremmo neanche dovuto averla - di sostituire la Conferenza con il percorso legislativo del Consiglio, che è di consultazione degli Enti. Abbiamo mantenuto distaccati e distinti i due passaggi. Concertazione attraverso la Conferenza, consultazione attraverso gli strumenti di cui dispone già il Consiglio, e che sono prerogativa del Consiglio stesso.
Ovviamente, la sede di tale Conferenza è stata la Presidenza del Governo regionale. Compiti principali sono stati quelli della concertazione e, più particolarmente, del percorso attuativo delle deleghe.
Ovviamente, non si poteva negare ad un consesso di questo tipo un'ampia autonomia statutaria e regolamentale; in secondo luogo, la capacità propositiva nei confronti di tutti quei soggetti, Enti e istituti a cui presumibilmente e ragionevolmente la Conferenza poteva rivolgersi.



VAGLIO Roberto, Assessore agli enti locali

RIGGIO Angelino (fuori microfono)



VAGLIO Roberto, Assessore agli enti locali

Chiedo scusa, signor Presidente, che almeno un membro della maggioranza ascolti l'intervento dell'Assessore! A partire dal Presidente del Consiglio.



VAGLIO Roberto, Assessore agli enti locali

Mi voglio proprio riallacciare, proprio perché rientrava nella mia scaletta di intervento, alle osservazioni fatte da Riggio. Riggio diceva: "Siete inadempienti su tre fronti: adeguatezza, il personale, il trasferimento delle risorse economiche", ma per quanto riguarda l'adeguatezza, noi sappiamo - l'abbiamo sempre saputo - che il sistema comunale piemontese ha delle difficoltà ad interpretare pienamente il risultato della sussidiarietà, il risultato del trasferimento che noi intendiamo operare, lo sappiamo, ma altrettanto sappiamo che la risposta deve essere volontaria, deve essere associativa, di tipo cooperativo tra i comuni.
Abbiamo utilizzato gli strumenti che avevamo a disposizione, abbiamo chiarito quali dovevano essere i soggetti e abbiamo anche chiarito, a mio parere, quale deve essere la strada da seguire: la promozione dell'associazionismo, la promozione della cooperazione e non la messa sotto tutela. Poteva esistere anche la tentazione di dire che, fino a quando i comuni non saranno pronti ad interpretare il processo di delega, devono essere sotto tutela. Ecco il significato di quel famoso articolo 5, dove si dice che i compiti che i comuni non sono in grado di gestire, che i comuni non possono gestire dovranno essere gestiti "da". Era un passaggio che sottolineava e sottolinea, a mio modesto modo di vedere, la necessità che la Regione non si faccia l'idea di porre sotto tutela nessuno: le competenze sono chiaramente assegnate, i compiti sono chiaramente di interesse di questa o di quella autonomia locale. Non deve neanche esistere la tentazione, da parte della Regione, di continuare a gestire alcune competenze, con la giustificazione che il sistema delle autonomie locali non è pronto, perché noi riteniamo che questo sistema di tutela non faccia crescere quel tessuto di cui abbiamo bisogno sul territorio. Quindi adeguatezza: noi abbiamo seguito un nostro canone che ci portasse ad adempiere al concetto di adeguatezza.
Il personale: credo che oggi questo disegno di legge bene interpreti i passaggi che devono essere fatti sul personale. Parlavo ieri nella Conferenza dei Presidenti con il collega della Toscana. Loro sono decisamente più avanti rispetto a tutte le altre Regioni d'Italia. Hanno adempiuto praticamente a tutte le indicazioni e a tutte le richieste delle Bassanini, ma loro stessi dicevano che siamo nelle condizioni, oggi, di pensare che da 2500 dipendenti la Regione Toscana potrebbe, nella migliore delle ipotesi, ridursi a 1500, compresi i 300 del Consiglio che rimangono fissi. Loro, che hanno già percorso tutto il percorso percorribile, oggi sono nelle condizioni di dare stime approssimative, quindi il numero massimo è questo 35% che pensiamo possa essere trasferito. Abbiamo fatto delle ipotesi, sulla base della legislazione vigente, di quanto indicato dalle Bassanini, un'ipotesi dal 20 al 50%, ma abbiamo costruito il percorso e, cioè a dire, trasferiamo competenze e personale che in una prima fase non possiamo attribuire direttamente ai comuni, perché mancano le piante organiche e tutta una serie di adempimenti, ma non appena gli enti locali avranno adeguato le loro piante organiche, da quel momento vi sarà un percorso certo di trasferimento delle risorse umane. Chiaramente non potevamo indicare nomi, cognomi e date, né gli orari in cui si bollano le cartoline, non per le inadempienze regionali, ma perché ci mancano, allo stato dell'arte, le conoscenze per poterlo fare, le conoscenze di quanto verrà effettivamente trasferito e di quanto resterà allo Stato. Quindi, non ritengo che il disegno di legge sia inefficiente dal punto di vista della trattazione della risorsa umana, anzi devo dire che anche in questo caso il percorso di concertazione con le organizzazioni sindacali ha dato un risultato buono, che ci consente di sperare di non creare troppi "rotti" di non avere troppe difficoltà nel trasferimento stesso.
Sul discorso delle risorse economiche, siamo stati molto sulle generali, non sul vago, perché dire che si costituisce il capitolo all'interno del quale si collocano tutte le risorse relative al trasferimento delle competenze alle competenze che vengono trasferite è un'indicazione chiara di quello che si vuole fare. Non siamo andati oltre perché riteniamo che per le competenze, per le risorse economiche e per i finanziamenti si possa e si debba fare di più attraverso i provvedimenti di settore.
Rimangono le questioni di fondo, rimane soprattutto una questione di fondo e l'ha ricordata bene Chiezzi. Il comune deve esercitare la generalità delle funzioni e dei compiti amministrativi relativa alla cura degli interessi localizzati sul territorio comunale o no? Questo è un problema, credo, che non può essere risolto se non attraverso una scelta politica. Noi l'abbiamo fatta perché riteniamo che l'ente comune abbia questa capacità e questo diritto e che questo diritto lo possa gestire attraverso forme consortili, attraverso forme associate, attraverso forme della cooperazione, qualora non sia in grado di gestirlo da solo. Altri, ed è emerso dal dibattito che c'è stato anche oggi in aula, ma soprattutto in Commissione, ritengono invece che alcuni interessi localizzati sul territorio non debbano essere di competenza comunale, perché rientrano in interessi più generali di vasta area. Diceva Chiezzi che un nucleo abitativo di grande pregio, storico, non è di interesse comunale, ma è di interesse mondiale, per cui il comune non deve avere competenza in merito.
Sono interpretazioni delle quali non potremmo sicuramente venire a capo anche con un dibattito per quanto lungo, articolato e complesso possa essere. Su alcuni argomenti ci sono state delle scelte, non delle prese di posizione; scelte motivate, che discutiamo ancora oggi esaminando articolo per articolo, ma che ritengo non siano scelte né stravolgenti né tanto meno poco condivise. Non si poteva fare un polpettone, insipido e fumoso, che accontentasse un po' tutti; si doveva puntare sulla massima coerenza possibile, sul minimo comune denominatore che ci avrebbe consentito di organizzare un disegno di legge facendo alcune scelte per poi buttarci nella sperimentazione. Se il provvedimento è asettico o, come diceva qualcuno, molto tecnico, la sperimentazione sarà ancora più semplice perché ci porterà a fare scelte molto lineari, positive o negative, che ci consentiranno di apportare delle modifiche altrettanto semplici e determinanti e, soprattutto, di attraversare un breve periodo sperimentale che consentirà alla nostra Regione di affrontare con serietà non solo il processo di delega, ma soprattutto il processo di riordino, di riorganizzazione e di ristrutturazione territoriale di cui tutti sentiamo indistintamente il bisogno.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, passiamo all'esame del relativo articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art.
44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 voti favorevoli 26 voti contrari 2 astensioni 12 L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art.
44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 voti favorevoli 26 voti contrari 2 astensioni 12 L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art.
44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 voti favorevoli 26 voti contrari 2 astensioni 12 L'art. 3 è approvato.
ART. 4 In merito all'art. 4 sono stati presentati alcuni emendamenti.
La parola al Consigliere Montabone.



MONTABONE Renato

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, ritrovo nell'articolo in esame una delle due fondamentali questioni che ho rilevato in precedenza in termini generali.
Fino al comma terzo mi trovo consenziente sull'articolato; c'è infatti un principio di carattere generale - tengo a distinguere - per cui tutte le funzioni che possono essere delegate ai Comuni dobbiamo ad essi delegarle.
Ricordate cos'è venuto fuori nella discussione sull'attuazione dell'art. 17 della legge urbanistica? All'interno della minoranza, che non necessariamente deve votare compattamente come la maggioranza, si sono create distinzioni fortissime rispetto alle competenze dei Comuni in materia urbanistica.
Vorrei però che il Presidente mi ascoltasse, non perché voglia l'attenzione del Presidente sempre, ma perché quello in esame mi sembra un problema delicato, che compete poi al Presidente riuscire a districare.
Ho sollevato un problema che la Giunta si troverà di fronte, e che, se attuato quanto previsto da questo articolo, non riuscirà a risolvere.
Ricorda, Presidente, quando riunì l'Ufficio di Presidenza sull'attuazione della legge Galli, che il giorno seguente il collega Riba si recò in tutti i Comuni delle Comunità montane a farsi forte di tale istanza, quando mi condannava al momento della presentazione di un mio emendamento in tal senso? Alla fine, si sta verificando che i Comuni, per l'attuazione della legge Galli - mi dispiace non ci sia l'Assessore Cavallera - in qualche caso preferiscono farsi commissariare piuttosto che aderire. Di fronte alla popolazione che loro rappresentano, non si sentono tutelati, anche dal punto di vista psicologico. Visto che molti seguono le problematiche dei Comuni montani, se così non è me lo si dica; può darsi che solo dalle mie parti ragionino in questi termini.
Ci troviamo di fronte ad una delega delle competenze comunali interamente ai Comuni, sulla quale personalmente sono totalmente d'accordo.
Le Province svolgano il loro compito! Ho letto degli emendamenti presentati dal Presidente della Provincia di Torino, a nome di tutte le Province piemontesi, che facevano gridare vendetta! Le Province tendevano infatti, con quegli emendamenti, ad accaparrarsi tutte le competenze, anche quelle che non sono loro proprie.
Mi si permetta di ripetere, con molta convinzione, un fatto importante.
Dal punto di vista operativo, non riesco a capire come si risolva la discrepanza esistente nell'affidare le deleghe alle Comunità montane laddove vi sono - e nell'affidarle alle Province laddove manca tale Ente locale.
Questo nodo va risolto! Vorrei una risposta secca, su questo.
Assessore, lei potrebbe anche dirmi che da domani mattina si prodigherà, nei Comuni di collina e in quelli di pianura, ad attivare aggregazioni di Comuni che nel tempo avranno le stesse possibilità delle Comunità montane; ma se così non sarà, abbiamo due modi diversi di giudicare una stessa situazione.
Colleghi Consiglieri, fate attenzione: stiamo facendo una cosa sbagliata! E mi rivolgo anche ai Consiglieri di maggioranza: stiamo dicendo: "Tu, Comune montano, per quanto di amministrativo sovvracomunale dovrai rivolgerti alle Comunità montane, tu, invece, Comune di pianura dovrai rivolgerti non ad un'aggregazione comunale, ma alla Provincia". Ecco che la Provincia di Torino avrà, per quanto riguarda l'area metropolitana la prima cintura di Torino e tutti i Comuni non montani: competenze tipiche delle Comunità montane, le quali ultime, da un'altra parte, avranno le stesse competenze della Provincia. Questo non è possibile! E la possibilità è stata data dall'articolo di legge in esame.
Visto che ancora non esistono aggregazioni territoriali al di fuori delle Comunità montane, chiederei di prevedere in modo chiaro e netto, in quest'articolo, che possano almeno nascere tali forme aggregative. Si parli di consorzi, di associazioni di Comuni e li si affianchi al Comune e alle Comunità montane. Diversamente, neghiamo quest'opportunità anche successivamente.
La legge sulla collina poteva avere anche questa funzione, se fatta bene: si potevano prevedere Comunità collinari e, all'interno dei Comuni di pianura, si poteva pensare a Comunità di pianura.
Se non prevediamo tali forme associative, almeno come indirizzo politico, non le faremo mai, e avremo una legge inadeguata! I Presidenti delle Comunità montane avranno un potere paragonabile a quello delle Province su alcune funzioni. Ciò è sbagliato, perché le Comunità montane non avranno le stesse strutture delle Province! Queste considerazioni le ho fatte anche in sede di Commissione (quelle sulla filosofia generale della legge le illustrerò successivamente esaminando l'altro articolo, al quale tengo almeno altrettanto quanto a questo). Si trovi una soluzione! Mi aiutino gli Uffici dell'Assessore a formulare un emendamento che abbia senso giuridico e legislativo valido per cui queste mie proposte, se non attuabili immediatamente, possano verificarsi successivamente. Se presentassi un emendamento che poi non funziona non svolgerei bene il mio lavoro di legislatore. D'altra parte non sono neanche tenuto a conoscere le caratteristiche di un emendamento che possa star bene all'interno di questa legge.
Forse, occorrerebbe sospendere i nostri lavori per alcuni minuti per rivedere l'articolo; datemi l'opportunità di esprimere queste volontà all'interno di questa legge.
I colleghi Consiglieri mi dicano se sono d'accordo su quest'impostazione; qualora fossi l'unico a portarla avanti, me lo si dica.
Ci rifletterò: se fossi l'unico potrei anche convincermi di essermi completamente sbagliato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Miglietti.



MIGLIETTI Franco

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, vista la veemenza con cui il Consigliere Montabone ha posto un problema di carattere generale, penso valga la pena, e chiedo se è possibile, sospendere i nostri lavori per cinque minuti, in modo che, con l'Assessore e il Consigliere Montabone riusciamo a capire di cosa si tratti e se sia percorribile quanto da lui richiesto.



PRESIDENTE

I Consiglieri Vindigni, Riba, Riggio e Miglietti presentano il seguente emendamento: Art. 4, comma 1, riga 2: dopo la parola "Comuni" aggiungere "singoli o associati", sopprimere le parole "e degli altri Enti locali".
La parola al Consigliere Vindigni per l'illustrazione.



VINDIGNI Marcello

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, faccio presente che il nostro Gruppo ha presentato alcuni emendamenti, uno dei quali attiene proprio alla questione posta dal collega Montabone. Tant'è che il primo della serie degli emendamenti che abbiamo proposto riguarda il comma primo dell'art. 4 alla riga 2, laddove, dopo le parole "(...) individuano le funzioni e i compiti amministrativi conferiti ai Comuni", proponiamo di aggiungere "singoli o associati".
La tematica che ha introdotto il collega Montabone è stato oggetto più volte di discussioni in Commissione, sia a proposito del disegno di legge n. 356 sia a proposito del disegno di legge n. 350.
Il ragionamento sull'adeguatezza ha fatto venir fuori, chiaramente, la necessità di organizzare tutto il territorio regionale, non solo quello montano, su base intercomunale.
La legge nazionale n. 142 dà una serie di strumenti: unioni convenzioni, consorzi. Se tali strumenti sono stati poco utilizzati sinora è perché le unioni di Comuni sono state viste come l'anticamera delle fusioni; oggi, la legge Bassanini ci permette di vedere le unioni dei Comuni, invece, come il modo migliore per adeguare il sistema regionale a questa nuova fase di modernizzazione. Per fortuna, la discussione in atto in Parlamento sulla modifica della legge n. 142 va esattamente in tale direzione.
La formulazione del nostro emendamento dovrebbe consentire di rispondere positivamente al problema posto dal collega Montabone.
Il collega Gallarini proponeva "Facciamo una legge che fotografi la situazione"; personalmente, sono convinto che nel momento in cui sarà modificata la legge n. 142 ci adegueremo. Per il momento, la formulazione dell'emendamento è il massimo possibile. Si aggiungano le parole "singoli o associati", consentendo ai Comuni di associarsi per esercitare le funzioni della legge n. 142.
Se successivamente, con la legge regionale di attuazione della legge n.
142, che darà precise prescrizioni al riguardo, o con l'esame della legge n. 350, saremo in grado di individuare un percorso corretto e condiviso per creare un sistema di aggregazione di Comuni che copra l'intero territorio regionale, avremo compiuto un mezzo miracolo.
Per il momento facciamo quanto è possibile fare; a mio avviso, sarebbe opportuno che l'emendamento all'art. 4, comma secondo, riga uno, che ho prima descritto, fosse distribuito assieme a tutti gli altri presentati per consentire a chi sta partecipando alla discussione di poterla seguire adeguatamente.



PRESIDENTE

L'Assessore desidera fare una puntualizzazione. Prego.



VAGLIO Roberto, Assessore agli enti locali

Rispondo nel merito a Montabone e anche all'emendamento presentato dai colleghi del gruppo DS.
Nell'art. 4 indichiamo chi sono i destinatari delle funzioni; i destinatari delle funzioni non possono che essere Comuni, Province e Enti Locali, tra i quali la legge n. 142 identifica le Comunità Montane, per cui noi diciamo "Comuni, Comunità montane, Province ed altri enti locali". Se aggiungessimo, come richiesto dall'emendamento Vindigni, le forme associative, porteremmo a dignità di ente locale la forma associativa; ma la forma associativa di per sé non può avere delle funzioni che sono del comune. Vi ricordo, e non è storia antica - Riba se ne ricorda benissimo che nella prima stesura della legge 72 noi dicemmo che alle Comunità montane competeva la gestione dei trasporti di zona montana; il Commissario di governo respinse questa nostra formulazione osservando che tali competenze sono comunali. Alla mal parata il Comune può trasferire, pu subdelegare la Comunità montana a gestire in nome e per conto suo il servizio dei trasporti.
Io credo che non possiamo, in un comma di principio, aggiungere le forme associate. Le forme associate non sono destinatarie di niente se non di quelle funzioni che i Comuni vogliono trasferire; le forme associate non possono essere destinatarie di funzioni proprie. Altra cosa per gli enti locali: noi abbiamo detto "gli altri enti locali", configurando la possibilità che un nostro sistema territoriale, di cui abbiamo già discusso e rilevato la necessità, svolga tali funzioni. Oggi, con i colleghi del gruppo di lavoro sulla collina, dovevamo già dare una prima risposta purtroppo abbiamo dovuto procrastinare i tempi, ma il senso dell'articolo è questo. Il Consiglio vuole delegare i compiti, che oggi sono e domani delle Comunità Montane, alle altre organizzazioni che si creeranno sul territorio, ma le organizzazioni che si creeranno sul territorio dovranno avere dignità di ente locale, non potranno essere associazioni, non potranno essere forme di cooperazione, perché le forme di cooperazione torno a dire, non potranno essere destinatarie di funzioni proprie, ma solamente di funzioni trasferite da un ente locale che le compone e quindi dal Comune.
Per rispondere a Montabone, c'è l'intenzione e la possibilità di farlo attraverso l'aggiunta delle forme associative al comma 1.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montabone.



MONTABONE Renato

Se ho capito bene l'emendamento di Vindigni, che faccio anche mio, se mi permette, non viene accettato. Assessore, capisco che lei possa anche non voler modificare il testo perché la questione è difficilmente risolvibile se lei la imposta in questi termini: a lei va bene che, laddove non ci sono le Comunità Montane, siano le Province a svolgere tali azioni.
E' così di fatto, con questa legge è così.
Un'altra domanda: i comuni devono delegare alle Comunità montane e alle Province in forma deliberativa, cioè devono concedere il loro consenso a delegare certe materie alle Comunità montane o alle Province, oppure con questa legge, le Comunità montane e le Province recepiscono automaticamente queste volontà dei comuni? Di solito, quando ci sono delle competenze sovraccomunali - badate bene, che non si tratti di aria fritta, cioè di documenti che si tengono nel cassetto e che non servono mai a niente quando ci sono delle competenze, per esempio, sulla gestione dei rifiuti e altre gestioni intercomunali, i comuni deliberano tutti di delegarle alle Comunità montane, ma ne fanno una forma espressa, una volontà insindacabile del comune. In questo caso, secondo legge, le Comunità montane, là dove ci sono e, dove non ci sono, le Province, automaticamente assumono questi poteri. E' così? Guardate che c'è un altro vizio di fondo: non si tiene veramente conto di quello che vorranno fare i comuni, che potrebbero gestirne alcune parti attraverso le associazioni e i consorzi di cui dicevamo prima.
Ci sono dei comuni che diranno che non ha senso che la Comunità montana, ancorché montana, gestisca questa partita. Alcuni comuni potrebbero volerla gestire con quei dieci comuni che hanno le stesse caratteristiche ed esigenze, ma con questo emendamento noi non glielo permetteremo.
Qualora venisse accettato l'emendamento di Vindigni, che faccio anche mio, se mi permettete, bisognerebbe modificare tutto l'articolo 4, perch anche negli altri capoversi bisognerebbe fare riferimento a quelle forme associative; ma siccome non viene accettato, per carità, non aggiungo altro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Riba.



RIBA Lido

La Giunta è contraria, però l'Assessore ha una sua posizione e il Presidente della Giunta non è in aula. A questo punto ne richiedo la presenza. Spero che lei, Presidente del Consiglio, si renda conto di cosa stiamo discutendo e che la materia sia quanto meno complessa. Se la maggioranza lo vuole ugualmente fare, si sappia che non è obbligata a farlo. Siamo soltanto in presenza di una determinazione reticente nei confronti di un problema che è assolutamente centrale per l'organizzazione delle forme di vita federale della nostra Regione e dal quale non si pu prescindere come, con ripetuti tentativi, alcuni colleghi, da Saitta stamattina, a Montabone, Vindigni e Miglietti, hanno cercato di richiamare.
Presidente Ghigo, noi ci troviamo di fronte ad una situazione che sembra quasi, per certi versi, un patto ai danni dei Comuni non costituiti in Comunità montana, perché su 1208 comuni che abbiamo da amministrare...
Lei ritiene superfluo quello che ho da dire? Guardi, Presidente, non è una polemica. Ho l'impressione che stiamo per decidere qualcosa che ha una notevole portata strutturale, ma della quale proprio non riusciamo a far capire l'importanza a nessuno della Giunta, al di là dell'Assessore, che sembra non percepire questo tipo di problema. Non è colpa sua se continuano a disturbarla. La situazione è che, all'inizio e non alla fine di questo tentativo di costituzione di un federalismo minimo e di un minimo di applicazione dei principi di sussidiarietà sul nostro territorio, noi avremo, su un totale di 1208, circa 600 Comuni riducibili a 44/45 Comunità montane, che possono essere delegatarie di funzioni esercitate complessivamente attraverso di loro; il che, secondo la concezione del nostro modello di aggregazione del territorio, è un'operazione che coincide con indirizzi ripetutamente approfonditi e meditati. Gli altri comuni si troveranno, alcuni, nella condizione di comuni di 20/30 mila abitanti quindi in condizione di gestire ampiamente da soli, mentre per i rimanenti anche un po' più grandi di quelli della Comunità montana, interverrà la Provincia. Lei capisce che non si può fare un patto leonino di questo genere ai danni del territorio. Vi è oggi una quantità di territorio per il quale non abbiamo avuto tempo, voglia e cultura - cultura, Assessore Vaglio per esaminare un modello di aggregazione, ma non è che siano mancate le proposte e il tempo, perché questa legge è qui da un anno - mi pare lo dicesse Ghiglia - ma quella sulla collina da quanti lo è? Queste leggi giacciono qui da tanto tempo e fornivano delle opportunità, ma non se ne è fatto nulla.
Mi scuso del tono che uso per richiamare un po' di attenzione, se è possibile, data la consistenza di questo problema, ma non possiamo varare un'operazione che non preveda per gli altri Comuni che non sono in Comunità montana una forma di svolgimento delle funzioni delegate attraverso un'aggregazione che le svolge per conto dei comuni così come nelle Comunità montane, ma che non le riporta alle Province. E, badate, avremmo tutto l'interesse politico a dire sì a tutte le Province. Noi non possiamo oltrepassare questo articolo se non risolvendo questo tipo di problema in maniera politicamente convincente, in grado di coglierne la gravità.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vaglio.



VAGLIO Roberto, Assessore agli enti locali

Forse può essere utile una puntualizzazione affinché il Presidente abbia chiaro il problema.
Parliamo dell'art. 4, ovvero delle "Indicazioni al legislatore regionale sul trasferimento delle competenze". In quest'articolo diciamo al legislatore regionale come agire nel trasferimento delle competenze e delle funzioni. Quali sono gli Enti locali di riferimento? Sono i Comuni, le Province e, secondo quanto previsto nella legge n. 142/90, anche le Comunità montane.
Come Giunta abbiamo definito già da tempo, essendo già in fase avanzata di discussione, la necessità di una riorganizzazione territoriale, che consenta di avere nuovi soggetti cui trasferire alcune deleghe, simili alle Comunità montane, che ad oggi non esistono, e che se non definiti da legge regionale non sarebbero assimilabili alle Comunità montane.
Non è possibile che la dizione "forme associative" possa rappresentare questo. Non possiamo definire soggetti del trasferimento soggetti che non siano Enti locali. Se la soluzione sta nel dire che le funzioni e i compiti amministrativi non riservati alle Regione sono esercitati dai Comuni, dalle Comunità montane, dalle Province, dagli altri Enti locali e dalle forme di gestione del territorio definite da legge regionale, forse troviamo una strada, ma inserirvi delle associazioni non è sicuramente una strada percorribile.
Mi dicono gli uffici che non possiamo trasferire compiti a delle associazioni; non possiamo, perché le associazioni di Enti locali sono a geometria variabile: possono essere unioni di Comuni, consorzi, ecc. Come Regione, come ha detto giustamente il Consigliere Montabone, quelle competenze le manteniamo in capo al Comune, che autonomamente decide a quale forma associativa aderire, per la gestione dei rifiuti, per l'assistenza socio-sanitaria, ecc.
La Comunità montana, anche in questo caso, non avrebbe funzioni proprie. Potrebbe unicamente gestire funzioni trasferite dai Comuni ma queste ultime, ad oggi, sono molto poche: in campo forestale, funzioni di gestione dell'economia montana e poco di più.
Il problema è in questi termini. Non si tratta di volontà, di patto leonino: siamo nell'impossibilità di fare altrimenti. Se il Consiglio ritiene, possiamo sospendere i lavori per cercare una "quadra"; rimaniamo comunque, in quest'obbligo legislativo.



VAGLIO Roberto, Assessore agli enti locali

MONTABONE Renato (fuori microfono)



VAGLIO Roberto, Assessore agli enti locali

Se un Comune decide di non trasferire queste competenze alla Comunità montana può trasferirle direttamente alla Provincia?



VAGLIO Roberto, Assessore agli enti locali

L'hanno già fatto: quando i Comuni avevano il compito di censire sul territorio gli impianti di riscaldamento, i Comuni della Provincia di Torino hanno delegato la Provincia: era loro facoltà e l'hanno utilizzata.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Saitta.



SAITTA Antonino

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, credo che il problema sia obiettivamente discutibile. E' difficile indicare un percorso certo e compatibile con la legislazione vigente. Debbo però constatare che si tratta di un aspetto importante di un discorso più generale.
Ritengo che a questo punto del dibattito, in modo particolare su quest'articolo, sia utile una riflessione.
Relativamente alle considerazioni più generali intervenute nel dibattito, mi pare di constatare che la tanto evocata fase costituente alla quale il Presidente della Giunta regionale è molto interessato, non può trovare avvio, perlomeno non con la partecipazione delle minoranze. Il Presidente, però, era interessato ad un processo che interessasse tutte le forze politiche, considerata l'importanza dell'occasione. Mi pare, invece che siano mancate risposte alle questioni importanti sollevate oggi che - è vero, collega Ghiglia - non sono state esplicitate con emendamenti.
Sono state poste, in diversi interventi, questioni che il collega Gallarini ha colto perfettamente nel loro carattere politico. Le ha colte tutte; le ha indicate e successivamente ha sostenuto come occorre procedere. Ma le questioni politiche di fondo, che non ripeto perché non è il caso e poiché il Presidente sicuramente le conosce, non sono ritenute rilevanti dal punto di vista del dibattito.
Sostanzialmente, la Giunta sostiene: "Il testo è questo; facciamogli piccole modifiche, ma non lo tocchiamo. Questo è il testo; questo è l'impianto".
Faccio presenti tali questioni per una sorta di dissociazione perlomeno da parte del nostro Gruppo, rispetto ad un processo che poteva essere importante e che invece è stato banalizzato, ad esempio dall'intervento del Consigliere Ghiglia, ritenendolo un modo per allungare i tempi.
Questa non è legge qualunque, è una legge importante; ancor prima di formulare qualsiasi emendamento, occorre capire se c'è volontà di proseguire in quella direzione; dopodiché, si propongono eventuali emendamenti ed aggiustamenti. Che senso ha che il nostro Gruppo prepari un emendamento sulle Agenzie, sulle quali non c'è stata alcuna indicazione di percorso, alcun suggerimento, alcuna presa di posizione? Non ha senso.
Mi pare quindi di capire che non si voglia accogliere alcun suggerimento: a questo punto, la maggioranza vada pure avanti, il nostro atteggiamento non potrà che essere quello di registrare un fallimento ed una dissociazione rispetto ad alcuni pronunciamenti di tipo generale intervenuti nel dibattito, insufficienti a cogliere il problema nella sua globalità.
La mia amara constatazione è che viene sollecitato un apporto di carattere politico da parte delle minoranze e il Presidente invoca giustamente, un innalzamento del dibattito sulle questioni politiche, ma il modo in cui, concretamente, si opera in quest'aula, soprattutto da parte della Giunta regionale, è totalmente diverso, di chiusura: "Il testo è questo, non si modifica, non si tocca. Dite cose inutili, si vuol far perdere tempo". Questo non è certamente il modo per alzare il livello di dibattito.
Ci viene chiesto un contributo ad un percorso di grandissima importanza, che non è percepito Infatti, che cosa vedo oggi? Gli Assessori che leggono le loro relazioni o il giornale, come se si trattasse di una questione riguardante il solo Assessore Vaglio. Probabilmente, l'errore è stato il non aver preso lei, Presidente, in mano un problema che non interessa soltanto l'Assessorato agli Enti locali. E' un problema più generale; Questa legge, purtroppo, è nata male, e mi rendo conto che è difficile modificarla, ma nasce con questo difetto e con l'impossibilità a farla crescere, già constatata in Commissione.
Dopodiché, si approva tutto: il mondo non finisce qui, ma dal punto di vista politico c'è un deciso arretramento rispetto all'impegno e alla volontà espressi anche in quest'aula.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta regionale, Ghigo.



GHIGO Enzo, Presidente della Giunta regionale

Volevo solo fare una riflessione sull'intervento del Consigliere Saitta, in relazione all'esclusione che egli ritiene di subire relativamente al contributo che egli ed altri Gruppi politici di minoranza hanno voluto dare in sede di formulazione della legge in esame.
Obiettivamente, mi rendo conto di una certa non completa soddisfazione nel non vedere completamente recepite le proprie istanze. Ma, mi permetta Consigliere Saitta, questa non è una cattiva legge. Ho visionato quelle delle altre Regioni e posso dirlo con tranquillità. La legge è stata costruita con il contributo di tutti; quanto uscito nel percorso di discussione, che è stato lungo e difficoltoso, nel testo di legge c'è. Non avremo accolto tutto quanto lei riteneva dovessimo accogliere, però anche lei ammetterà che, allo stato attuale delle cose, non è più così semplice porre delle modifiche ad un percorso legislativo che ha molto incastro per motivi di coordinamento con altre leggi di applicazione dei decreti Bassanini.
Mi sono permesso questo intervento perché mi sembra che il suo stato di non soddisfazione sia ingiustificato. Nella legge, infatti, c'è il contributo di tutto il dibattito svolto in Commissione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vindigni.



VINDIGNI Marcello

L'Assessore Vaglio ha voluto ribadire la non praticabilità del percorso da noi indicato, che dà la possibilità di far esercitare le funzioni di cui alla Bassanini ai comuni, oltre che singolarmente in forma associata dicendo che le associazioni dei comuni non sono previste come enti locali pertanto si andrebbe al di là di quello che dice la Bassanini, prevedendo quanto è stato qui sostenuto da Montabone, dal sottoscritto e da altri.
In realtà questa formulazione, e la formulazione dell'intero art. 4.
(perché poi farò riferimento al comma 5) parte da uno schema concettuale che risponde a un disegno politico che noi non condividiamo.
Noi riteniamo che la Bassanini debba essere attuata con la piena valorizzazione dei comuni, grandi o piccoli che siano. Questo è il punto.
Dopodiché, i comuni piccoli per avere un ruolo attivo si organizzeranno utilizzeranno tutti gli strumenti previsti dalla legge n. 142.
Invece, nell'impostazione che qui ha una forte componente interna all'amministrazione non politica dell'art. 4, si ritiene che i comuni del Piemonte, nella loro generalità, non siano in grado di esercitare le funzioni loro conferite dalla Bassanini, tant'è che il comma 5 dell'art. 4 nell'edizione ultima presentata con l'emendamento consegnato dall'Assessore dice: "Le funzioni e i compiti amministrativi di cui al comma 3, che non possono essere gestiti direttamente dai comuni nella forma singola associativa o di cooperazione prevista dalle disposizioni legislative possono essere esercitate dalle Comunità montane o dalle Province". Per chi stabilisce quali sono le funzioni che non possono essere gestite dai comuni? Sono i comuni, se vogliamo attuare la Bassanini, che dicono "Io non posso gestire"; invece, la formulazione di questo articolo è tale per cui chi stabilisce se i compiti possono essere o non essere gestiti dai comuni sarà la Regione con i decreti legislativi.
In Commissione si sono confrontati due approcci politici completamente diversi.
L'Assessore ha difeso un approccio; quando abbiamo avuto l'incontro con il Presidente della Giunta questa differenza di approccio è stata prospettata come altre questioni politiche aperte. Il Presidente della Giunta ha detto "Siamo qui per ascoltare e possibilmente trovare un punto di intesa". Alla fine di questo percorso, che comunque andava chiuso perch bisognava approvare le altre leggi attuative, ci troviamo esattamente al punto di prima. Ci troviamo al punto di prima perché l'Assessore Vaglio ci propone un approccio che è suo, ma che politicamente non è accettabile quindi, Presidente, non puoi tirarti fuori. Devi sapere che ci sono due approcci completamente diversi.
Quello che sottende l'approccio dell'Assessore è quanto il Capogruppo Riba definiva un patto leonino, cioè una cosa che non si vede, che si scopre solo in corso d'opera: nel contratto c'era una clausola contro uno dei contendenti.
Noi stiamo facendo vedere, oggi, qual è l'elemento che mette in discussione questo approccio politico. Volete assumervi questa responsabilità? Assumetevela.
A differenza di Saitta, noi abbiamo pensato di non limitarci solo a prospettare il problema, ma di indicare una soluzione, che è l'emendamento.
Quindi, se volete respingere gli emendamenti dell'art. 4 è nel vostro diritto, avete la maggioranza, ma non coinvolgeteci in un giudizio positivo su una legge che, a questo punto, ha un impianto che noi non possiamo condividere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ghiglia.



GHIGLIA Agostino

Grazie Presidente. Mi scuso con il collega che mi ha preceduto, che ha considerato banali le mie considerazioni di questa mattina, ma evidentemente oggi ci stiamo sfidando sul terreno della banalità; speriamo che nessuno di noi debba soccombere.
Io, invece, vorrei porre la questione sul merito; noi siamo assolutamente contrari a questa sorta di riconoscimento dell'associazione di comuni, perché messa così sa di forma di riconoscimento stabilito statuito, dell'associazione di comuni. Se domani noi andremo ad individuare, oltre a quello che già abbiamo, anche l'area metropolitana noi arriviamo a dividere le competenze fra una serie di soggetti che, solo a scriverla, diventa impressionante. E questo alla faccia del principio di sussidiarietà e alla faccia anche di quei principi di semplificazione amministrativa che sottendono ai Bassanini.
Indipendentemente dalle logiche politiche generali, a mio avviso questo riconoscimento della forma associata dei comuni non è accettabile per essere nel merito, senza i grandi principi politici. Per noi non è accettabile.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Riba.



RIBA Lido

Se si vuole imporre una posizione che non si afferma con la logica del ragionamento, ma rischia di affermarsi con la logica dei numeri, stiamo procedendo su un terreno che considero il più inopportuno che avremmo potuto costruire.
Chiedo al Presidente Ghigo, prima di procedere eventualmente respingendo i nostri emendamenti su questo punto, se non ritiene opportuno un incontro con le minoranze.



PRESIDENTE

La parola al Presidente Ghigo.



GHIGO Enzo, Presidente della Giunta regionale

Noi abbiamo una proposta sugli emendamenti che avete presentato. Se avete la bontà di ascoltarla, eventualmente potremo fare un incontro.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vaglio, che cerca una proposta conciliativa.



VAGLIO Roberto, Assessore agli enti locali

Non vuole essere una proposta conciliativa. Se le ragioni sono accettate non c'è conciliazione, c'è un riconoscimento.
Se i colleghi Montabone e Vindigni ritengono esaustivo il recepimento della possibilità di esercizio delle funzioni da parte di comuni singoli e associati assieme alle Comunità montane, Province e altri enti locali questo si può accettare.
Abbiamo verificato la dizione al comma 1 dell'art. 4: "Le funzioni e i compiti amministrativi non riservati alle Regioni sono esercitati da comuni singoli od associati, Comunità montane, Province e altri enti locali". Pu essere accettata questa forma, se viene ritenuta esaustiva.
Non riteniamo utile, invece, la soppressione degli altri enti locali proprio per le motivazioni che abbiamo avanzato prima. Possiamo accettare "singoli ed associati", ma non riteniamo di dover accettare "Enti locali".
Quanto all'emendamento presentato dai colleghi del gruppo DS al comma 5, dove si propone "gestiti" al posto di "gestibili", è assolutamente recepibile.
Sull'art. 4, gli emendamenti al comma 1 riga 2, al comma 2 riga 1 e al comma 5 riga 1 sono accettati.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vindigni.



VINDIGNI Marcello

Ringrazio l'Assessore perché ci annuncia che la Giunta accetta alcuni degli emendamenti che abbiamo presentato all'art. 4; voglio solo soffermarmi brevemente sul perché abbiamo proposto di sopprimere le parole "degli altri enti locali" al fondo del primo comma dell'art. 4.
Per "altri enti locali" si intende, da un breve scambio di opinioni che ho avuto con l'Assessore, le autonomie funzionali, vale a dire le Camere di commercio e le istituzioni scolastiche. Per chiarezza, anziché "altri Enti locali", mettiamo "autonomie funzionali". Abbiamo detto di togliere "altri Enti locali" per evitare confusione, perché enti locali in base alla Costituzione e in base alla legge n. 142, cono comuni, Province e Regioni.
Visto che sono citate, scrivere "altri Enti locali" significa fare confusione, quindi mettiamo "autonomie funzionali", così chiariamo il concetto di tutto il comma 1. A questo punto poniamolo in votazione e prendiamo atto delle modifiche che via via si aggiungono.



PRESIDENTE

Informo che nel frattempo è pervenuto il seguente emendamento: Emendamento presentato dal Consigliere Chiezzi: Art. 4, comma 1: la parola "sono" è sostituita dalle parole "possono essere".
La parola al Consigliere Chiezzi per l'illustrazione.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, oltre ad illustrare l'emendamento, intendo comunicare il cambiamento di strategia del Gruppo.
Visto che si è deciso di tentare - tentativo inutile per Rifondazione Comunista - di entrare nel merito di ogni "pelo" dell'articolato apporteremo anche noi il nostro contributo.
Sull'art. 4, proponiamo la sostituzione delle parole "sono" con "possono essere" poiché ci troviamo di fronte ad una semplificazione della ripartizione delle responsabilità tra Comune, Provincia e Regione, trattata in modo inadeguato e contraddittorio. Se si mantiene la dizione prevista dal disegno di legge, "le funzioni e i compiti amministrativi 'sono' esercitati (...)", non si comprende come, al comma quinto, si scriva "le funzioni e i compiti che non 'possono essere' gestiti (...)". E' una contraddizione in termini, questa. Se riconosciamo situazioni in cui i Comuni non esercitano dei poteri, dovremmo essere coerenti e dire, nel comma primo, che quelle funzioni "possono essere" esercitate dai Comuni oppure no, a giudizio dei Comuni, che, infatti, secondo il comma quinto possono non gestire.
Scegliamo una delle due strade; se si sceglie la strada di dire si tolga il comma quinto; diversamente, se riconosciamo che non è vero che quelle funzioni "sono" esercitate, ma "possono essere" esercitate scriviamo "possono", coerentemente con il comma quinto, dove si dice che "non possono essere esercitate e saranno esercitate da". Non possiamo, in un primo tempo, essere univoci e categorici e poi negare questa decisione univoca e categorica quattro commi dopo.
L'intero art. 4, nella sua parte finale, configura questa assegnazione di responsabilità: assegnazione che consente di svolgere alcune funzioni senza certificare che quella "è" la funzione svolta dai Comuni. E' un cambiamento di scenario notevole, e renderemmo il dettato legislativo più coerente. Che senso ha affermare "sono", sono "se possono", sono "se vogliono"? Vi è un mucchio di varianti; scriviamo allora chiaramente "possono essere" esercitate.
Questo il nostro primo emendamento; siccome quello in esame è un articolo chiave di tutta la vicenda, mi riservo, a questo punto, di presentare altri emendamenti correttivi.



PRESIDENTE

Logicamente, l'emendamento da porre in votazione per primo è quello presentato dal Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Presidente, intervengo per dichiarazione di voto e per chiarire un altro nesso di questa dizione con quello contenuto al comma quinto, quando si dice "le funzioni non gestibili direttamente dai Comuni 'possono essere' esercitate dalle Comunità montane e dalle Province". Nel comma quinto ritroveremo la stessa proposta avanzata dal Gruppo per il comma primo.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Spagnuolo, per dichiarazione di voto.



SPAGNUOLO Carla

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, poiché stiamo lavorando su un processo di delega - lo dico al collega Chiezzi che so attento e interessato a questa problematica - mi sembra che il concetto della parola "possono" sia meno forte del concetto di "devono". Ritengo quindi che con l'emendamento si indebolisca il processo di delega.
Per questi motivi, come Gruppo non ci sentiamo di votare a favore dell'emendamento.



PRESIDENTE

Si proceda alla votazione dell'emendamento per appello nominale come richiesto dalla Consigliera Simonetti.



(Il Consigliere Segretario Toselli effettua l'appello nominale)



PRESIDENTE

L'esito della votazione è il seguente: presenti 44 votanti 43 hanno risposto SI' 4 Consiglieri hanno risposto NO 38 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere L'emendamento è respinto.



PRESIDENTE

Emendamento presentato dai Consiglieri Moro e Chiezzi: Art. 4, comma 1: la parola "sono" è sostituita con "devono di regola essere".
La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie Presidente, intervengo per illustrare l'emendamento. Spero che i colleghi comprendano che non si tratta di segnare dei punti a favore o meno del decentramento amministrativo, su cui tutti siamo d'accordo. Da parte del gruppo c'è una richiesta di coerenza dell'apparato normativo.
Dato che l'apparato normativo dell'art. 4 è tale per cui il primo comma è incongruo rispetto a cosa c'è scritto dopo, in una prima fase ho proposto un emendamento che rendesse coerente il primo comma con la norma prevista al quinto comma.
L'emendamento giustamente è stato respinto, sono d'accordo. Era un emendamento che mi permetteva di sostenere che la prima cosa che dobbiamo fare sono "leggi coerenti, chiare e univoche".
Per rendere di nuovo coerente, in altro modo, il primo comma con l'ultimo, si potrebbe scrivere che queste funzioni devono essere esercitate, ma bisognerebbe comprendere già al primo comma il fatto che pu anche accadere che ciò non avvenga, quindi rimarcare il "devono", ma già segnalare la possibilità, l'eventualità o la necessità in certe situazioni che questo non accada.
Mi sembra che dettagliare con "devono essere di regola" significhi rendere più efficace, chiaro e con contorni coerenti al quinto comma questo primo comma.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, io e il gruppo eravamo contro la formulazione di sostituire all'espressione "sono esercitati" dal "possono essere esercitati", perché appariva quasi una sorta quasi di discrezionalità.
Possono essere esercitati, poi nell'altro comma possono essere esercitati nei congrui casi quando ci sono funzioni amministrative non gestibili; per io penso che con la formula "devono di regola" si fissi il principio che e questo mi pare sia coerente con lo spirito del disegno di legge - i Comuni, le Comunità montane, le Province e gli altri enti sono di regola i titolari di questo obbligo istituzionale e di questa funzione amministrativa. Poi, nel quinto comma, abbiamo l'eccezione. Quindi prima abbiamo la regola fondamentale, che è lo spirito della legge, fra l'altro poi abbiamo il quinto comma dove ci sono le eccezioni. Ha anche un significato razionale dire che quando le funzioni e i compiti amministrativi (che abbiamo visto adesso) non sono gestibili direttamente dai Comuni, allora c'è l'eccezione contenuta nel quinto comma. Quindi il rapporto fra il primo e il quinto comma è un rapporto da regola a eccezione.
In questo senso mi pare che questo emendamento, sia come tecnica legislativa che come interpretazione dello spirito della legge possa essere condiviso, almeno dal nostro gruppo.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vaglio.



VAGLIO Roberto, Assessore agli enti locali

Volevo proprio portare la nostra opinione, come Giunta, sentiti gli uffici. Saremmo disposti ad accettare l'emendamento con questo testo: "Le funzioni e i compiti amministrativi non riservati alla Regione sono di norma esercitati", utilizzando la stessa dizione della legge n. 142. Va bene?



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Dato che è la stessa identica cosa - lei ha l'appoggio di una valente funzionaria vicino e io non ho gli agganci legislativi - e considerato che l'idea era del Gruppo, chiederei all'Assessore Vaglio se può consentire che il nostro emendamento sia modificato come l'Assessore suggerisce, in modo che risulti almeno agli atti che questa modifica parte da un'iniziativa politica del Gruppo.



VAGLIO Roberto, Assessore agli enti locali (fuori microfono)

L'espressione "di regola" va bene.



CHIEZZI Giuseppe

Allora io modifico l'emendamento scrivendo "di regola" e lo firmiamo insieme al collega Majorino.



PRESIDENTE

Quindi l'emendamento si ridurrebbe ad essere aggiuntivo delle parole "di regola".
La parola alla Consigliera Bortolin.



BORTOLIN Silvana

Sul dibattito non voglio aggiungere nulla, perché i miei colleghi di gruppo sono intervenuti parecchio. Vorrei solo che l'Assessore mi spiegasse fuori dalla norma o fuori dalla regola chi esercita le competenze, perch francamente non riesco a capirlo, non comprendo. Chi esercita le competenze? Non ci possiamo far ridere dietro dal Piemonte, scusate! Vorrei che l'Assessore, visto che ha accolto un emendamento, mi spiegasse la ratio dell'emendamento.
Fuori dalla norma e fuori dalla regola, per cortesia Assessore me lo dica, in modo che rimanga a verbale - proposta di emendamento del Gruppo dei comunisti ed Alleanza Nazionale - che cosa significa ciò che lei ha accolto.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vaglio.



VAGLIO Roberto, Assessore agli enti locali

La Giunta ha inteso accoglierlo come rafforzativo del concetto.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento.
E' stato chiesto l'appello nominale su richiesta della Consigliera Simonetti.



(Il Consigliere Segretario Toselli effettua l'appello nominale)



PRESIDENTE

L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI' 33 Consiglieri hanno risposto NO 8 Consiglieri L'emendamento è accolto.



PRESIDENTE

Riprendiamo ora l'esame dell'emendamento presentato dai Consiglieri Vindigni, Riba, Riggio e Miglietti: all'art. 4, comma 1, riga 2 aggiungere dopo la parola "Comuni" le parole "singoli o associati.".
La parola al Consigliere Vindigni per l'illustrazione.



VINDIGNI Marcello

Proponiamo di sostituire la seconda parte dell'emendamento con la seguente formulazione, che successivamente depositerò presso la Presidenza: anziché sopprimere le parole "e degli altri Enti locali", sostituirle con la dizione "e delle Autonomie funzionali".



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vaglio.



VAGLIO Roberto, Assessore agli enti locali

Non so se ho ben afferrato il senso dell'emendamento...



VAGLIO Roberto, Assessore agli enti locali

CHIEZZI Giuseppe (fuori microfono)



VAGLIO Roberto, Assessore agli enti locali

Posso, prima della risposta dell'Assessore, parlare in relazione all'emendamento? L'Assessore potrebbe così rispondere a tutte le domande.



PRESIDENTE

Se l'Assessore è d'accordo; egli, infatti, può intervenire ogniqualvolta lo ritiene.



VAGLIO Roberto, Assessore agli enti locali

Vorrei solo puntualizzare cosa intendiamo recepire. Le parole "degli altri Enti locali", per le motivazioni che ho già spiegato - mi auguro che la modifica della legge n. 142 o qualche testo di legge nazionale successivo recepisca l'esigenza da parte del territorio di essere organizzato in Enti locali, come le Comunità montane - non mi sentirei di sopprimerle.
La specificazione "e delle Autonomie funzionali" non la condividerei.
Se i colleghi intendono mantenere la dizione "gli altri Enti locali" aggiungendo le parole "le Autonomie funzionali" sono d'accordo; il caso della soppressione delle parole "degli altri Enti locali", sostituendole con "le Autonomie funzionali", non trova la Giunta d'accordo.



PRESIDENTE

Scusi, Assessore, per mia comprensione: lei accetterebbe la formulazione "e degli altri Enti locali e delle Autonomie funzionali"?



VINDIGNI Marcello

Ritiriamo la seconda parte dell'emendamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, al di là del ritiro dell'emendamento da parte del Consigliere Vindigni, la proposta iniziale ha fatto nascere in me una certa curiosità. Il testo della Giunta dice "e dagli altri Enti locali". In seguito è stato presentato un emendamento che proponeva di scrivere, al posto di tale dizione, "delle Autonomie funzionali": Lei ha risposto di accettarlo se aggiuntivo e non sostitutivo.
Nella dizione di legge, fra "gli altri Enti locali" s'intendono anche le "Autonomie funzionali" o no?



VAGLIO Roberto, Assessore agli enti locali

Sì.



CHIEZZI Giuseppe

Infatti. Ma il fatto che lei accettasse l'emendamento come aggiuntivo ha fatto sorgere il dubbio che non fossero comprese. Questo è il problema che sollevo.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vaglio.



VAGLIO Roberto, Assessore agli enti locali

Intervengo per puntualizzare. La dizione sarebbe "Enti locali territoriali e funzionali".



PRESIDENTE

Pongo soltanto in votazione la prima parte dell'emendamento, che propone di aggiungere, dopo la parola "Comuni", le parole "singoli o associati" Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' accolto con 37 voti favorevoli e 3 astensioni.
Emendamento presentato dai Consiglieri Vindigni, Riba, Riggio e Miglietti: Art. 4, comma 2, riga 1: sostituire le parole "a Comuni, Comunità montane, Province ed altri Enti locali", con le parole "ai soggetti indicati al comma 1".
Pongo in votazione l'emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' accolto con 39 voti favorevoli e 3 astensioni.
Emendamento presentato dai Consiglieri Vindigni, Riba, Riggio e Miglietti: Art. 4, dopo il comma 3, aggiungere il comma 3 bis: "I Comuni associati esercitano le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla cura degli interessi localizzati nei rispettivi territori".
La parola all'Assessore Vaglio.



VAGLIO Roberto, Assessore agli enti locali

Come Giunta regionale avanzo la seguente proposta: "I Comuni, le Comunità montane e le Province esercitano" perché di loro competenza..
I Comuni sono poi in grado di esercitare, in forma singola o associata le competenze proprie. Dato che non riteniamo che possano essere soggetti del conferimento le associazioni di Comuni e le forme di cooperazione pensiamo che questa dizione possa confondere le idee. Abbiamo già indicato nel comma primo tutte le forme di cooperazione, oltre agli Enti locali, che "esercitano"; come indicazione al legislatore, però, vogliamo puntualizzare che le competenze sono solamente degli Enti locali, secondo la gerarchia indicata. Pensiamo che diversamente potrebbe essere fraintesa la formulazione proposta dall'emendamento. Non si tratta di contrarietà di principio, ma, semplicemente, di un'esigenza di chiarezza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Miglietti.



MIGLIETTI Franco

E' a volte difficile comprendere qual è il pensiero della Giunta quindi ribadisco le cose dette stamattina: senza una relazione politica che entra nel merito, dai singoli articoli riesce difficile capire quali sono le finalità.
Mi pare di capire dall'Assessore che il motivo per cui non si accetta questo emendamento è dovuto alla chiarezza con cui si indica il destinatario delle competenze, cioè il comune. Invece le dico io come interpreto la ragione per cui lei non accetta questo emendamento: lei non accetta questo emendamento perché sottintende che la generalità delle funzioni che possono essere esercitate dal singolo comune è del comune, ma se non è possibile che siano esercitate dal singolo comune le gestisce la Provincia. Quindi, interpreto il non accoglimento di questo emendamento come l'espressione di una volontà esattamente contraria alle dichiarazioni che la Giunta sta sostenendo e mi sorge qualche dubbio, non avendo alle spalle una relazione onnicomprensiva di tipo politico che avrebbe dovuto secondo me, anche esaminare un altro problema. Sarebbe stato interessante per l'assemblea poter capire se nell'applicazione, una volta approvata questa legge, vi sono implicazioni che riguardano lo Statuto della Regione Piemonte e il Regolamento. Dal momento che abbiamo fatto anche un lungo lavoro che si è perso nella memoria del tempo e probabilmente nella polvere degli uffici, non riesco più a capire se la Commissione dello Statuto è prevista per la riforma dello Statuto e, di conseguenza, se passasse poi il materiale alla Commissione Regolamento perché verificasse se, dopo le modifiche dello Statuto, vi erano anche delle attinenze con il Regolamento.
Questo lavoro si è perso nella notte dei tempi e, dato che non riesco più a collegare tutti i tasselli, mi sarebbe piaciuto capire se, dopo la promulgazione di questa legge da parte della Regione Piemonte, potevano esserci delle influenze che riguardavano anche la modifica dello Statuto.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 8 voti favorevoli, 26 contrari e 5 astensioni.
Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi e Moro: All'art. 4, comma 4: sostituire le parole "rispondenti ad interessi sovracomunali" con le parole "relative alla cura degli interessi localizzati sul territorio".
La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

L'illustrazione è semplice. A questa farò seguire una spiegazione dall'Assessore: è una richiesta. L'illustrazione è questa: manteniamo in capo al comune e in capo alle comunità montane e alle province la stessa definizione sui compiti assegnati. Scegliamo quella che crediamo ma poi manteniamone la stessa "nel comune" e nel comma successivo "in comunità montane". Dato che nel comune si dice che verranno esercitate tutte le funzioni relative alla cura degli interessi localizzati sul territorio, che è un modo di descrivere che non discuto, lo stesso modo di descrivere l'esercizio di queste funzioni sia messo nel comma successivo "le Comunità montane e le Province esercitano le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla cura degli interessi localizzati sul territorio"; sempre Assessore Vaglio, nel tentativo di cucire una cosa il più possibile coerente da un comma all'altro. Se non è così, se l'emendamento non venisse accettato, ci piacerebbe che ci venisse spiegata la differenza delle due dizioni: come mai in un caso si dice "la cura degli interessi sul territorio" e nell'altro "gli interessi sovracomunali"? Che differenza di contenuto c'è? E poi, vista la differenza di contenuto, possiamo anche assentire, però c'è una differenza di contenuto? Se può fare qualche esempio in proposito.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vaglio.



VAGLIO Roberto, Assessore agli enti locali

Non è un adeguarsi al testo della 59, perché la 59 effettivamente parla di interessi sovracomunali, ma anche per quanto riguarda il significato ritengo più rispondente il testo attuale, perché quando noi parliamo per i comuni di interessi localizzati sul territorio comunale, parlando per provincia e Regione di interessi localizzati sui loro rispettivi territori inevitabilmente, andiamo a trattare anche di interessi che sono già di interesse comunale, per cui noi dovevamo dire in un qualche modo "interessi localizzati sui rispettivi territori, ma che siano sovracomunali", che siano necessariamente sovracomunali e non solo comunali, che eventualmente per risulta o per carenza del comune, potrebbero essere gestiti dagli altri enti. Lo stesso ragionamento, Consigliere, lo facciamo per definire i compiti residui che rimangono alla Regione, quando diciamo che all'art. 3 comma 2, la Regione esercita le sole funzioni e i compiti amministrativi che richiedono l'unitario esercizio a livello regionale. Anche in questo caso avremmo potuto dire "relativi alla cura degli interessi localizzati sul territorio", ma pensavamo che avrebbe potuto ingenerare confusione cosa che in effetti avrebbe fatto. In questo caso, alla Regione compete solo l'unitario esercizio a livello regionale, alle Province e alle Comunità montane solo i compiti rispondenti agli interessi sovracomunali.
Questa era la ratio che ci ha sostenuti ed è il motivo per cui non mi sento di accogliere il suo emendamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Ho capito; questa definizione, quindi, è più restrittiva dell'altra. Se noi scrivevamo "dei territori" potevano essere interessi già del comune mentre dire "interessi sovracomunali" riguarda un territorio, ci sono interessi che possono essere sovracomunali, solo quelli saranno esercitati dalle Province. In questo senso ritiro l'emendamento, però suggerirei all'Assessore, proprio per fare capire a tutti - io sono senz'altro di scarso comprendonio, evidentemente - per rendere chiaro quello che lei ha detto e che condivido, perché è giusto che sia così, se non valga la pena scrivere "esercitano le funzioni e i compiti amministrativi localizzati sul territorio rispondenti a interessi sovracomunali", per chiarire che l'esercizio - certo è sul territorio, ci mancherebbe altro - vale solo all'interno del territorio per quegli interessi sovracomunali. Allora è chiaro. Io ritiro l'emendamento perché ho capito cosa vuol dire l'Assessore, mi va bene, ma veda se non è più chiaro dirlo espressamente senza lasciare nella penna quel punto, altrimenti è un dubbio che pu rimanere. Se l'Assessore è d'accordo presenterei questa integrazione, che ritengo utile perché questo dubbio, leggendo il testo di legge, forse non è solo mio.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vaglio.



VAGLIO Roberto, Assessore agli enti locali

Effettivamente questa è una formulazione che ci era già stata suggerita da alcune organizzazioni, che non ricordo, delle autonomie locali.
Parlandone anche con gli uffici, riteniamo che in questa versione l'emendamento possa essere recepito.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Chiediamo di aggiungere, dopo la dizione "i compiti amministrativi" le parole "localizzate sul territorio e rispondenti ad interessi sovracomunali".



PRESIDENTE

La formulazione sarebbe quindi: "Le Comunità montane e le Province esercitano le funzioni e i compiti amministrativi localizzati sul territorio."



VINDIGNI Marcello

E' una formulazione astratta. Sul territorio si localizzano cose concrete. Mi pare vi sia un problema filologico.



PRESIDENTE

Il comma quarto risulterebbe: "Le Comunità montane e le Province esercitano le funzioni e i compiti amministrativi localizzati sul territorio rispondenti ad interessi sovracomunali". Questa la formulazione accettata dall'Assessore Vaglio.
Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è accolto con 28 voti favorevoli e 10 astensioni (1 Consigliere non partecipa alla votazione).
Emendamento presentato dall'Assessore Vaglio: art. 4, comma 5: il comma è così modificato: "5. Le funzioni e i compiti amministrativi di cui al comma 3, che non possono essere gestiti direttamente dai Comuni nelle forme singola associativa o di cooperazione previste dalle disposizioni legislative sulle autonomie locali, possono essere esercitati dalle Comunità montane o dalle Province sulla base dall'apposita normativa regionale di settore adottata con le modalità di cui all'art. 4 della legge n. 59/1977".
La parola all'Assessore Vaglio.



VAGLIO Roberto, Assessore agli enti locali

Intendo ritirare l'emendamento della Giunta regionale, dichiarando di accettare l'emendamento a firma Vindigni ed altri, proponente la sostituzione della parola "gestibili" con la parola "gestiti".



PRESIDENTE

L'emendamento dell'Assessore Vaglio è pertanto ritirato.
Emendamento presentato dai Consiglieri Vindigni, Riggio, Riba e Miglietti: art. 4, comma 5, riga 1: sostituire la parola "gestibili", con la parola "gestiti".
Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Moro e Simonetti: art. 4, comma 5: le parole "non gestibili" sono sostituite dalle parole "sono gestite" dopo le parole "autonomie locali" sopprimere il resto del comma.
La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, l'emendamento è stato presentato contestualmente a quello che proponeva, al comma primo, di sostituire la parola "sono" con "sono possibili".
Per render coerente il fatto che l'emendamento precedente era stato respinto, volevamo segnalare con questo emendamento che coerenza avrebbe voluto che nel comma 5 si ripetesse esattamente quanto affermato con la rigidità del comma 1. Se si diceva "sono gestite", anche nel comma quinto si ripete la stessa dizione. Invece, nel comma primo è stata accettata una descrizione diversa delle responsabilità.
Ritiro quindi l'emendamento, vista una certa coerenza tra descrizione del comma primo e quella del comma quinto. Vorrei comunque intervenire, se posso, sia sulla dizione "non gestibili" sia sull'emendamento che propone "non possono essere gestiti" sia sul controemendamento, accettato dalla Giunta regionale, che propone invece "non gestiti".
Un'osservazione. Ci sono funzioni che, di regola, sono gestite; se si dice "le funzioni non gestite direttamente" attraverso quale filtro regoliamo la decisione di non gestire? Con questa descrizione della norma si può aprire una situazione che scardina al 100% la previsione precedente.
Infatti, "Chi non gestisce (...) beh, lo faranno le Province e le Comunità montane!" Ma come? Non abbiamo detto, con molta preoccupazione, che "devono di norma essere gestite"? "Devono", di norma. Non possiamo scrivere una norma che può poi essere interpretata da ogni Comune nel senso "quelle che non gestiamo noi le gestiscono le Comunità montane o le Province". Occorre continuare a tener ferma la volontà di decentramento delle funzioni che "devono", di norma, essere esercitate. Diversamente, slabbriamo troppo scrivendo "gestite" apriamo una prassi che senza alcuna motivazione decide che si può non gestire. Norma che può smontare tutto l'impianto, che assegna doveri e responsabilità, e non opzioni. Salvo, naturalmente comportamenti che devono seguire una loro procedura e via dicendo. Temo che la dizione "non gestiti" porti ad una deresponsabilizzazione. Tutto dev'essere gestito: il Comune deve attrezzarsi, la Regione deve consentire che si attrezzino. Manteniamo una norma cogente e volitiva, che indichi quanto dev'essere fatto e che obblighi tutti - Comune e Regione - a fare in modo che quanto deve essere fatto possa esserlo. Manteniamo indicazioni più precise.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vaglio.



VAGLIO Roberto, Assessore agli enti locali

Cercherò di essere chiaro. Abbiamo detto che "di regola" le funzioni sono gestite da quei soggetti. Questo comma voleva rappresentare una traccia per il legislatore, non so se non l'abbiamo espresso chiaramente.
Se esiste una funzione che eccezionalmente non può essere gestita direttamente dal comune o in forma associata (mi viene in mente la Polizia mineraria, è localizzata come interesse sul territorio, ma non può gestirla da solo il comune) solo in questo caso eccezionale do l'indicazione al legislatore che quel compito non lo trattiene la Regione, ma deve essere assegnato alle Comunità montane o alle province. Questa era la spiegazione.
Il testo ha subito molte vicissitudini: in Commissione, anche con l'aiuto del Presidente Vindigni e d'altri colleghi, abbiamo cercato di trovare la formulazione migliore. Noi pensavamo che la migliore potesse essere quella dell'emendamento della Giunta ("non possono essere gestiti") ma una volta che fosse chiaro per tutti agli atti della discussione che la volontà era quella di dare un'indicazione certa al legislatore, il fatto di inserire "non gestiti", "non gestibili", "non possono essere gestiti" diventava un argomento di futile discussione. Quello che importa è la volontà del Consiglio. Per me anche "non gestiti" può andare bene, con questo chiarimento agli atti, con questa unanimità, da parte del Consiglio nel dare l'indicazione al legislatore che i compiti che eccezionalmente il Comune non può gestire, anche se localizzati sul suo territorio, non li assorbe la Regione ma sono una competenza degli enti locali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Siamo tutti d'accordo su cosa vogliamo come legislatori. Io penso che pur essendo difficile descrivere ciò che vogliamo, il meno distante da quello che vogliamo mi sembra sia "non possono essere gestiti", oppure siamo espliciti. Non so quanto sia corretto dal punto di vista della tecnica legislativa, però senz'altro risulterebbe chiaro, siamo espliciti e scriviamo "eccezionalmente non gestibili". Però io non so, come tecnica legislativa, se "eccezionalmente" sia di legge, non mi sembra. Sarebbe chiaro in una circolare; io propenderei per avvicinarmi il più possibile perché "non possono essere gestiti" indica che devono dimostrare che non possono. In Consiglio comunale ci deve essere un Consigliere che alza la mano e dice "Secondo la legge non possono, tu Comune puoi" con dibattito in Consiglio e via dicendo. Invece, se non mettiamo "non possono essere gestiti" e mettiamo "non gestiti", il Comune decide di non gestirli e il dibattito è chiuso, il confronto con le minoranza non c'è più. Quindi manterrei quel salvagente che mi sembra si avvicini.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vindigni.



VINDIGNI Marcello

Credo che si possa sostituire "eccezionalmente" con "qualora non gestite". Eccezionalmente cosa vuole dire?



(Commenti in aula)



VINDIGNI Marcello

E allora mettiamo "non gestiti", che è la proposta iniziale, così evitiamo di fare un testo che sia barocco. L'Assessore ha accettato la proposta iniziale, mettiamo "non gestiti".



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Vedo che si fanno dei ragionamenti sulla necessità di rendere esplicito che non c'è nessun automatismo che possa consentire a un comune di non gestire, non c'è l'automatismo né la volontà, nel senso che è un'eccezione (e questo è il parlar comune)-.E' una situazione concreta che non lo permette. Sono casi che la norma deve comprendere in modo non ambiguo, in modo certo. Scrivere le funzioni non gestite e descrivere una realtà senza influire su di essa in alcun modo. I compiti non gestiti: il Comune si riunisce, decide di gestire o non gestire dei compiti, se decide di non gestirli prosegue. Se la norma invece dice che i compiti "non gestibili" o che "non possono essere gestiti", ma sono due avvicinamenti diversi, allora è chiaro al comune e ai Consiglieri comunali che solo quei compiti che "non possono essere gestiti" andranno là, però dietro a quei "gestiti" o a quei "possono" c'è una discussione e una scelta politica amministrativa di possibilità, di adeguamento, di confronto e di verifica delle strutture. E' una rete di salvataggio che va tutta, tra l'altro, nella direzione in cui tutti insieme diciamo di andare. Mi sembra inoppugnabile che "non possono essere gestiti" dal punto di vista della finalità che abbiamo sia meglio di "non gestiti". Pregherei l'Assessore di rimanere della sua opinione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Al punto in cui ci siamo trovati nel corso di questa discussione, è bene tornare per chiarezza, e per rendere l'idea, a "non gestibili", perch non gestibile è un qualcosa che ha un ostacolo o una preclusione a gestire.
Mi pare sia la formula più semplice. Quella che propone Chiezzi mi pare non vada, può esserci sempre quella discrezionalità. Se io, comune, ho un qualcosa che non è gestibile, mi pare che il significato sia sufficientemente chiaro e univoco. Torniamo alle origini di quella formulazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vindigni.



VINDIGNI Marcello

Qui non è una questione nominalistica, a nostro parere è una questione di sostanza. I poteri sono conferiti ai comuni, tocca ai comuni valutare se questi poteri li vogliono gestire o no. Naturalmente attraverso le leggi attuative si daranno mezzi e strumenti ai comuni per esercitare questi poteri. Laddove i comuni non esercitano questi poteri o decidono di non esercitarli allora vengono conferiti alle unioni di comuni, alle Comunità montane e alle Province. Mentre la formulazione "non gestibili" presuppone che ci sia un ente terzo che decida se questi poteri a livello locale sono gestibili o no. Quindi c'è di fatto un esautoramento rispetto alle posizioni dei Comuni. Questa è la ragione che ci ha portato a proporre di sostituire l'aggettivo "gestibili" con l'aggettivo "gestiti". Manteniamo questa formulazione. Non è un problema nominalistico o di più o meno precisa formulazione, ma è un problema di approccio. Ci pareva di aver capito che la Giunta e l'Assessore accettassero questo approccio, tant'è che avevamo chiesto la presenza del Presidente della Giunta in quanto questo tema, in sede di Commissione, era stato discusso con molta forza e il Presidente aveva chiesto di trovare un punto d'incontro. Ci pareva di aver trovato il punto di incontro e che in questa formulazione questo punto d'incontro trovasse la sua espressione. Modificare questa parola significa tornare indietro.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vaglio.



VAGLIO Roberto, Assessore agli enti locali

Proprio perché a questo punto c'è un'incomprensione di fondo da risolvere, vorrei spiegare meglio i motivi che mi portano ad accogliere le osservazioni fatte tanto dal collega Chiezzi che dal collega Majorino. Mi spiego meglio: nell'attuale sistema legislativo non c'è nessuno che è in grado di decidere le cose che vuole fare o quelle che non vuole fare. Nel momento in cui il decreto legislativo attuativo della Bassanini indica alla Regione le sue competenze, la Regione deve attuarle. Analogamente, quando noi diciamo che gli interessi localizzati sul territorio, su una competenza del comune, sono competenze del comune, il quale deciderà se gestirle in forma associata o in forma singola, ma non se gestirle o meno. Il comune deve gestirle, perché sono competenze sue. I trasporti locali sono una competenza del comune, il Commissario di governo ci dice "non puoi darli alla Comunità montana", è il comune che alla mal parata, se non è in grado di gestirli, li trasferisce alla Comunità montana. Allora, proprio in ossequio a questo concetto mi trovo nella difficoltà di dover dire di aver compreso dall'emendamento Vindigni ed altri una cosa che poi in effetti ingenerava confusione, per cui vi chiedo scusa ma sono costretto a non accettare un emendamento che confonderebbe le acque. Quindi, non accetto l'emendamento Vindigni, ringrazio il Consigliere Chiezzi di aver ritirato il suo e mi ritrovo a dover difendere l'attuale dizione di "non gestibili" proprio intendendola come indicazione al legislatore, proprio intendendola come caso eccezionale.
Quindi, vi chiedo scusa della parziale marcia indietro, ma mi rendo conto che la confusione che si andava ingenerando era eccessiva.
Respingo l'emendamento e ritiro quello presentato dalla Giunta regionale.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 10 voti favorevoli, 26 voti contrari e 3 astensioni.
Abbiamo così esaurito gli emendamenti all'art. 4, che pongo in votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, secondo comma, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 hanno risposto SI' 27 Consiglieri hanno risposto NO 13 Consiglieri L'art. 4 è approvato.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Dobbiamo ora valutare se vi sono le condizioni per concludere stasera l'esame del provvedimento, ricordando l'impegno a riunire la Conferenza dei Capigruppo, che mi auguro sia comunque contenuta nel tempo.
Chiedo all'Assemblea di manifestare le proprie intenzioni.
L'Assemblea non manifesta intenzioni, se non per fatti concludenti: qualcuno si sta allontanando.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19.22)



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