Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.275 del 15/07/98 - Legislatura n. VI - Sedute dal 23 aprile 1995 al 15 aprile 2000

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DEORSOLA


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute", non essendovi osservazioni, i processi verbali delle adunanze consiliari del 7, 9, 21, 22, 23 e 24 aprile 1998 si intendono approvati.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 4) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Bellingeri, Benso, Farassino Griffini, Riggio, Rossi e Rosso.


Argomento: Norme generali sui trasporti

Esame disegno di legge n. 354: "Interventi finanziari della Regione per il risanamento del trasporto pubblico locale"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del disegno di legge n. 354, di cui al punto 8) all'o.d.g. Su tale provvedimento è stato presentato un emendamento all'art.
10, comma settimo, a firma dei Consiglieri Salerno, Griffini e Ghiglia.
Il Consigliere Salerno dà per letta la seguente relazione, il cui testo, a mani dei Consiglieri, recita: "Signori Consiglieri, questa nuova legge regionale è finalizzata al risanamento del trasporto pubblico locale e più precisamente alla copertura dei disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto pubblico locale che a seguito di un non favorevole piano di riparto dei fondi nazionali (almeno fino al 1993) ha determinato per il Piemonte una situazione di deficit non completamente ripianati con le regolari contribuzioni d'esercizio erogate trimestralmente.
In questa legge sono inoltre indicati interventi per il ripiano dei deficit a partire dal 1994 in prosecuzione della legge n. 204/95 ed infine viene ridisciplinata la modalità di erogazione dei contributi per il ripianamento dei deficit con l'aggiornamento normativo della L.R. n. 16/82 e successive modificazioni.
La normativa a cui si fa riferimento è la legge istitutiva del Fondo Nazionale Trasporti cioè la legge n. 151/81 con la legge regionale di attuazione n. 16/82, nonché la successiva legge di applicazione n. 204/95.
I soggetti beneficiari di questa legge sono: gli Enti locali le imprese concessionarie dei servizi le aziende speciali.
L'impegno finanziario che essa prevede è di: 10 miliardi all'anno per 10 anni con decorrenza 1998 al fine di concorrere alla copertura totale dei deficit di cui alla legge n. 204/95.
Il suddetto intervento integrativo da parte della Regione Piemonte, sommato a quello statale può essere utilizzato dai beneficiari esercitando l'opzione prevista in legge, per avere il ripiano dei deficit anticipato in un'unica soluzione tramite l'accensione di mutuo regionale 7,5 miliardi per la copertura del 60% dei deficit di esercizio dei soggetti che alla data di entrata in vigore della legge n. 204/95 avevano cessato l'attività, erano sottoposti a procedure concorsuali od avevano presentato la domanda oltre i limiti previsti 1 miliardo per attivare i controlli sulla documentazione contabile prevista dal comma secondo dell'art. 8.
Sono stati poi rivisti i criteri per il calcolo dei contributi per gli anni dal 1994 e successivi, applicando un metodo di confronto tra costi non più analitico, come avveniva in precedenza, ma sintetico consentendo così una maggiore sintonia con l'applicazione della futura normativa dei contratti di servizio che tenderà a definire il valore complessivo della prestazione del servizio stesso.
La dichiarazione d'urgenza è resa poi necessaria dalla difficile situazione creatasi a seguito delle insufficienze contributive accusate dal Fondo Nazionale Trasporti e dalla necessità di definire celermente le competenze aziendali rispetto alle annualità pregresse degli Enti ed Aziende aventi diritto al contributo".
La parola al Consigliere Salerno per un'integrazione alla relazione.



SALERNO Roberto

Grazie, Presidente. Il disegno di legge n. 354, in itinere ormai da 10 mesi, transitato in Commissione da settembre/ottobre, è stato più volte analizzato e licenziato dalla Commissione perché il dispositivo finanziario in base alle nuove disponibilità di bilancio era cambiato; nell'ultima definizione anche il dispositivo finanziario e il finanziamento conseguente è stato ulteriormente definito sia dalla II Commissione sia come parere della I Commissione Bilancio.
La legge finalmente mette riparo ad alcuni problemi legati alla distribuzione non equa, che non ha riconosciuto alcune peculiarità del settore, fatta in base alla legge nazionale che distribuiva e ripianava le perdite dell'Azienda di autotrasporto.
E' una legge che mette anche in campo nuovi sistemi e nuovi parametri di calcolo dei costi, sui quali poi effettuare il ripianamento delle perdite delle singole aziende e in più pone fine ad una situazione di mancato riconoscimento di perdite di aziende che non svolgono più, oggi l'attività che hanno svolto negli anni passati, all'incirca tra il 1989 e il 1992.
Quindi, una legge che mette finalmente le cose a posto anche in questo settore; il disegno di legge di cui sono relatore avrà l'approvazione del Gruppo di Alleanza Nazionale, per cui ci auguriamo che la legge diventi effettiva nel più breve tempo possibile.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Saitta.



SAITTA Antonino

L'emendamento viene mantenuto? C'è un emendamento che è stato distribuito; è un emendamento breve, ma se non erro questo emendamento che ha presentato il relatore è stato esaminato anche in Commissione e non l'avevamo accolto. Siccome non è irrilevante rispetto alla struttura complessiva della legge, perché riferito alla parte finanziaria, nel senso che istituisce una situazione particolare per il 1998, vorrei innanzitutto che l'Assessore, perché questa è una proposta della Giunta, si esprimesse su questo emendamento, ne venisse spiegata la portata rispetto alla struttura iniziale e per quale motivo un emendamento di questo tipo non è stato presentato dalla Giunta che ha proposto la legge anziché dal relatore.
L'ha detto prima il relatore Salerno, questo disegno di legge è in Commissione dal 24/9/1997, va avanti lentamente; credo ci fosse tutto il tempo per poter esaminare degli emendamenti. Se si tratta di una modifica sostanziale, come mi pare, credo che sia utile ritornare in Commissione anche se mi sembra un fatto grave, perché la questione è già stata discussa. Occorre capire perché si arriva, dopo otto mesi o più di un anno a presentare un emendamento in aula.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Salerno.



SALERNO Roberto

Volevo solo che il Consigliere Saitta cogliesse il significato dell'emendamento. Il dispositivo finanziario non muta, vorrei che fosse chiaro, nel suo stanziamento. Vengono stanziati per il primo esercizio 18 miliardi e mezzo, di cui 10 in conto esercizio, 7,5 miliardi a ripianamento di queste ditte cessate e un miliardo per gli onorari dei soggetti e l'audit di questa legge.
In sostanza i 10 miliardi che vengono stanziati al punto 7) dell'art.
10, sono soldi a disposizione per contrarre un mutuo che avrà una rata posticipata. Quindi verrebbe a liberarsi, per un solo fatto temporale senza modificare il dispositivo finanziario, la risorsa di 10 miliardi ed essendo posticipata la rata di mutuo potrebbe essere usata in via subordinata per la destinazione di cui alla lettera b) del punto 8) - non so se il Consigliere Saitta mi ha seguito. Con questo voglio dire che questa legge, per l'esercizio 1998, poteva stanziare solo 10 miliardi; la restante parte, i 7 miliardi e mezzo per le aziende di trasporto cessate più...



(Commenti dei Consiglieri Saitta e Cavaliere)



PRESIDENTE

Non facciamo dialogo. Scusi, Consigliere Salerno, si rivolga alla Presidenza, non ai singoli Consiglieri.



SALERNO Roberto

Essendo firmatario dell'emendamento, ho ritenuto di spiegarne il significato. Torno a ripetere: se il problema è l'emendamento, e quindi a causa di questo emendamento, fosse richiesto di ritornare in Commissione lo ritiro.
Ribadisco che non modifica il dispositivo finanziario, ma permette, nel caso in cui i 10 miliardi vengano utilizzati per il pagamento della rata posticipata (quindi andiamo a circa 6 mesi) di avere fondamentalmente risorse disponibili, per cui è possibile anticipare l'intervento che si sarebbe dovuto fare nel 1999, per la restante parte dei 7 miliardi e mezzo.
Non so se si è capito: non modifica assolutamente il dispositivo finanziario.



PRESIDENTE

La parola alla Giunta, anche sulla proposta di ritiro dell'emendamento.
Prego, Assessore Casoni.



CASONI William, Assessore ai trasporti

Rispetto alla presentazione di questo emendamento, mi rivolgo all'aula nella sua globalità. A me sembra che l'osservazione posta dal collega Salerno con la presentazione di questo emendamento sia ragionevole e logica.
Ricordo che questo è un provvedimento che le aziende, come è stato ribadito, attendono da nove mesi, vuoi per il vuoto legislativo esistente vuoi per il rinvio del provvedimento, vuoi per la crisi di Giunta che hanno ritardato questo disegno di legge; ripeto, il provvedimento è atteso da tutta la categoria, credo in modo assolutamente trasversale, per cui chiedo al Consigliere Saitta la sua posizione. Tuttavia, se per accogliere questo emendamento, si ritiene di chiedere un rinvio in Commissione, chiedo al Consigliere Salerno di ritirarlo, perché credo che il provvedimento sia urgente: ciò per non rinviare ulteriormente il provvedimento, che ha già avuto un iter lunghissimo.



SALERNO Roberto

Prima deve spiegare il perché!



CASONI William, Assessore ai trasporti

Però, a questo punto, la logica fa presupporre che questo emendamento non comporti maggiore aggravio per il nostro bilancio e per la gestione...
Se fosse accolto, in effetti, noi non faremmo altro che anticipare - come diceva prima il collega Salerno - questa possibilità.
La Giunta è favorevole all'emendamento, se viene accolto dalla globalità dei Consiglieri, purché non venga chiesto il rinvio in Commissione, in quanto questa legge dovrebbe, visto che sul testo c'era larghissima maggioranza, unanimità, essere approvata il più presto possibile.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Saitta.



SAITTA Antonino

Non vorrei dare la sensazione di essere formale, ma poiché c'è stata la II Commissione e poi la I (che si esprime sulla parte finanziaria), se si interviene e si modifica la parte finanziaria, il problema va oltre al merito. Non sono però in grado di valutare; per questo chiedo all'Assessore di capire, di spiegarci (se lui ha già conoscenza del settore); altrimenti c'è l'Assessore Masaracchio, il Vicepresidente che può illuminarci sotto questo aspetto.
Vorrei soltanto capire questa proposta di emendamento: che finalità si pone e a vantaggio di chi è, sapendo che noi dobbiamo svolgere un vantaggio per l'Amministrazione pubblica nel suo complesso.
Se le questioni sono chiare, nessun problema; però deve essere espressa chiaramente e verificata la compatibilità con il percorso complessivo.



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente della Giunta regionale.



MASARACCHIO Antonino, Vicepresidente della Giunta regionale

Ci sono alcune ditte che, essendo state dichiarate cessate e quindi forse in liquidazione, si sono trovate fuori dalla possibilità di fruire di questo beneficio, sia per quanto riguarda se stesse che per quanto riguarda le ditte presso le quali hanno avuto continuità di attività. Sarebbero dunque rimaste fuori.
Con l'emendamento, a regime, per il 1999, si dà sin da adesso la possibilità di poter attingere autonomamente, nella formula dei mutui che si accendono e che sono nell'ordine di 100 miliardi per dieci anni (10 miliardi all'anno), in modo tale da non reiterare la situazione con il prossimo bilancio per le stesse ditte. Quindi è una cosa di mera struttura non finanziaria, ma di aritmetica nell'ambito della legge.
Il riferimento nell'emendamento - che a memoria non so riferire - è chiarificatorio di tutto questo. La partita ce l'ha proprio per le mani l'Assessore competente; se si dovesse andare nel dettaglio, si ritrova.
Questo argomento, nella fattispecie, è stato portato nella Commissione competente; poi si è tornati presso la I Commissione, che è quella del bilancio, presso la quale si è verificata l'opportunità di poter fare questa operazione; infine, si è avuto l'avallo, da parte non dell'Assessore al bilancio, ma dall'ufficio competente, il dottor Lesca nella fattispecie il quale ha detto: "Si può formulare un emendamento a cura della Giunta".
L'emendamento risulta presentato dal Consigliere Salerno, in quanto già in Commissione aveva formulato questa richiesta. Ora, perché il Consigliere Salerno, su suggerimento, ha detto: "Possiamo anche ritirarlo"? Perché non pregiudica nulla, è soltanto nell'opportunità di un'accelerazione dei tempi; in ogni caso, anche ritirandolo, dovesse esserci necessità di un'ulteriore verifica, nel prossimo bilancio si avrà la possibilità di attivare lo stesso emendamento.
Ecco perché la Giunta dice: "Caso mai lo ritiriamo": non succede nulla.
L'importante è attivare adesso, con un voto del Consiglio, il disegno di legge, perché le aziende si trovano in grave sofferenza, con particolare incidenza per quello che riguarda il servizio, l'utenza, e via dicendo.



(Commenti in aula)



SALERNO Roberto

Non hai capito.



MASARACCHIO Antonino, Vicepresidente della Giunta regionale

Quindi, la Giunta propone, nel caso in cui ci sia questa necessità di riverifica o di un'attenzione diversa, di ritirare l'emendamento procedendo con il testo della legge.



PRESIDENTE

L'emendamento è dunque ritirato; diciamo che si provvederà con separati provvedimenti.
La parola al Consigliere Saitta.



SAITTA Antonino

Vorrei spiegare il motivo delle mie perplessità, perché non vorrei che il Consigliere Salerno avesse la sensazione che si tratta di un'invenzione per creare ostruzionismo, perché ne ha già fatto parecchio la maggioranza: voglio dire, 10 mesi sono tanti! Non c'è quindi alcuna volontà di fare ostruzionismo.
Dico solo che ha ragione il Vicepresidente: questa proposta era stata avanzata in sede di Commissione; poi l'abbiamo accantonata, perché la materia è delicata, in quanto parliamo di ditte fallite, di fallimenti.
Preciso che alla I Commissione non abbiamo posto il quesito se si poteva fare un'operazione di questo tipo; il provvedimento è passato all'esame della I Commissione unicamente per verificarne la compatibilità di carattere finanziario. Punto e basta: la Commissione non ci ha detto se era possibile o meno.
Credo che dal punto di vista della cautela e della prudenza è opportuno che il provvedimento resti così com'è; se poi, valutando le questioni questa è un'esigenza alla quale dare delle risposte con provvedimento a parte, e sicuramente più veloce, sono disponibile.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, passiamo all'esame del relativo articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art.
44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 voti favorevoli 33 astensioni 3 L'art. 1 è approvato.
ART. 2 Ha chiesto la parola il Consigliere Montabone; ne ha facoltà.



MONTABONE Renato

La discussione di prima, confessando che non ne sono per nulla a conoscenza e non sono riuscito a capire, né dalla relazione del relatore n dalle risposte che sono state date né dall'intervento del collega Saitta la base della discussione, è apparsa molto strana.
Alcuni Consiglieri di maggioranza presentano in aula un emendamento.
L'Assessore dice che l'emendamento può essere accolto, dopodiché i Consiglieri che avevano presentato l'emendamento lo ritirano, perché un Consigliere - non specifico se di maggioranza o di minoranza - dice di non essere d'accordo.
Io pongo, non la questione nel merito, ma un discorso di carattere generale. Quando si viene in aula, la maggioranza, l'Assessore, i Consiglieri che propongono gli emendamenti devono sapere cosa vogliono produrre, altrimenti...



(Intervento fuori microfono del Consigliere Salerno)



MONTABONE Renato

Allora perché hai ritirato l'emendamento, Salerno?



PRESIDENTE

Questo è un fatto acquisito, l'emendamento è stato ritirato, possiamo discuterne in altre occasioni.



MONTABONE Renato

Guardate che questo è un sintomo gravissimo del fatto che la maggioranza non sa fare il suo mestiere.
E' stato detto che l'emendamento l'ha firmato anche il Consigliere Salerno, ma poteva essere benissimo un emendamento portato dalla Giunta - o lo era - dopodiché si è arrivati in aula e lo si è ritirato perché un Consigliere ha detto di non essere d'accordo. Io sto discutendo sul principio, e non entro nel merito.
Facciamo attenzione, altrimenti rischiamo di far passare, o meno, quei documenti che a qualcuno piacciono e ad altri no, mentre qui approviamo delle leggi della Regione Piemonte.



PRESIDENTE

Grazie. Ricordo che l'argomento è chiuso, cioè in linea generale lo valuteremo in altra sede.
Si proceda alla votazione dell'art. 2 per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 voti favorevoli 33 astensioni 3 L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art.
44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 voti favorevoli 33 astensioni 3 L'art. 3 è approvato.
ART. 4 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art.
44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 voti favorevoli 33 astensioni 3 L'art. 4 è approvato.
ART. 5 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art.
44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 voti favorevoli 33 astensioni 3 L'art. 5 è approvato.
ART. 6 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art.
44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 voti favorevoli 33 astensioni 3 L'art. 6 è approvato.
ART. 7 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art.
44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 voti favorevoli 33 astensioni 3 L'art. 7 è approvato.
ART. 8 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art.
44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 voti favorevoli 33 astensioni 3 L'art. 8 è approvato.
ART. 9 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art.
44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 voti favorevoli 33 astensioni 3 L'art. 9 è approvato.
ART. 10 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art.
44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 voti favorevoli 33 astensioni 3 L'art. 10 è approvato.
ART. 11 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art.
44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 voti favorevoli 33 astensioni 3 L'art. 11 è approvato.
Si proceda infine alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 hanno risposto SI' 35 Consiglieri si sono astenuti 3 Consiglieri La legge è approvata.


Argomento: Delega di funzioni regionali agli enti locali

Dibattito in merito allo stato di attuazione delle leggi Bassanini (seguito) - Esame ordini del giorno n. 479 e n. 822


PRESIDENTE

Riprendiamo ora il dibattito in merito allo stato di attuazione delle leggi Bassanini.
Sulle comunicazioni del Presidente Ghigo e dell'Assessore Vaglio, di questa mattina, è aperta la discussione.
La parola al Consigliere Vindigni.



VINDIGNI Marcello

Grazie, Presidente. Tra il dibattito di ieri e quello di oggi c'è un obiettivo collegamento. Ieri, infatti, è emersa l'insufficienza della Regione a rappresentare e tutelare gli interessi e conseguentemente aggiungo io - la scelta del governo regionale di assecondare i localismi proprio sulla vicenda della rete dell'Alta Velocità.
Oggi dobbiamo discutere l'applicazione della legge n. 59 che riguarda il conferimento, da parte dello Stato, alle Regioni e agli Enti locali di tutte le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla cura degli interessi e alla promozione dello sviluppo delle rispettive comunità.
Qui vedo il collegamento fra la discussione di ieri e quella di oggi.
Della legge n. 59, in genere, si dà una lettura legata esclusivamente al trasferimento di compiti, di servizi alla persona, e non una lettura relativa alla riorganizzazione del sistema di rappresentanza degli interessi.
Si offre, quindi, alla Regione, pur in assenza di un disegno riformatore generale dello Stato, che avrebbe dovuto essere definito attraverso il lavoro della Bicamerale, una grande occasione per ripensare il suo ruolo, anche con un aggiornamento statutario e di riorganizzarsi o meglio, organizzarsi per promuovere e governare una nuova fase di sviluppo della comunità piemontese, così come ci invitò a fare il prof. Bagnasco commentando al Lingotto, qualche giorno fa, la relazione sulla situazione economica, sociale e territoriale 1997 del Piemonte.
Riorganizzare il Piemonte significa far dialogare le diverse componenti che lo costituisco, ponendo un alt alle tendenze centrifughe che pure si manifestano in maniera pericolosa senza che ne sia stata ancora avvertita la profondità e anche il rischio che ciò comporta per l'istituzione regionale.
Dalla possibilità, quindi, di utilizzare la legge n. 59, come occasione per un ripensamento complessivo della struttura dell'istituzione regionale si comprende il nostro assillo e la nostra insistenza nel chiedere un dibattito generale preliminare prima di passare alla discussione delle leggi regionali attuative della n. 59 e dei decreti legislativi ad essa collegati.
Purtroppo, questo dibattito è introdotto da una insufficiente relazione del Presidente e dell'Assessore che richiamano sommariamente i principi attuativi di cui all'art. 4 della legge n. 59.
Voglio intervenire su questo aspetto, soffermandomi in particolare su alcuni dei principi attuativi che non sono trattati nell'introduzione e che, a nostro parere, hanno una rilevante importanza. Il principio di cui non c'è assolutamente traccia nella relazione del Presidente e dell'Assessore Vaglio, è quello dell'adeguatezza. Vale a dire la capacità organizzativa e rappresentativa del sistema delle autonomie locali del Piemonte di recepire le funzioni che, in attuazione della legge n. 59, a questo sistema vengono trasferite. Questo principio dell'adeguatezza assume una particolare pregnanza nella nostra Regione per quell'aspetto, pur rilevato, senza però trarne le necessarie conseguenze, che la nostra Regione è caratterizzata da una frammentazione del sistema delle autonomie locali. Infatti, con 1.209 Comuni - 1.207 a partire dal primo settembre la nostra regione ha il 15% del totale dei Comuni italiani. Questa è una particolarità tutta nostra che impone un'attenzione specifica all'attuazione della legge n. 59 in quanto l'applicazione del principio dell'adeguatezza si scontra con la situazione di partenza. A noi appare singolare che di tutto ciò non si sia tenuto conto, che non sia stato fatto alcun collegamento fra il disegno di legge n. 356 - citato nella relazione introduttiva al dibattito - e il disegno di legge n. 350 che affronta la questione delle unioni dei Comuni e delle associazioni dei Comuni.
Certamente, noi non riteniamo sufficiente la dimensione provinciale come dimensione alla quale trasferire tutte quelle competenze che a livello dei "Comuni polvere" non possono essere esercitate.
Per superare questa situazione bisogna affrontare il problema dell'intercomunalità. Certamente la legislazione italiana non è pronta ad affrontare questo tema a differenza di altri Paesi - Francia e Germania dove abbiamo una frammentazione di Comuni che è simile a quella che abbiamo in Piemonte. Però se noi vogliamo applicare concretamente la legge n. 59 dobbiamo tenere conto di questo principio tant'è che esplicitamente l'art.
4 lo prevede.
Noi abbiamo sicuramente fatto un passo in avanti attribuendo alle Comunità montane un ruolo notevole nel sistema delle autonomie locali del Piemonte. Pertanto le comunità montane possono costituire, attuando la legge n. 59, quel passaggio intermedio tra "Comuni polvere" e Province che fa delle Comunità montane lo strumento per rendere applicabile il principio dell'adeguatezza; ma le Comunità montane coprono solo la metà del sistema delle autonomie locali del Piemonte e questo problema lo dobbiamo affrontare.
Abbiamo lo strumento della legge n. 350, ma non è stato impostato con quest'ottica, privilegiando l'aspetto delle unioni dei Comuni della legge n. 142 rispetto a quello dell'associazione dei Comuni.
L'altro aspetto sul quale voglio soffermarmi è legato al principio della copertura finanziaria e patrimoniale per l'attuazione della legge n.
59. Ripeto, si tratta di principi previsti esplicitamente dall'art. 4 della legge n. 59, ed è un principio essenziale, perché senza mezzi, senza strumenti la legge rischia di essere di fatto paralizzata e non attuata.
E' facile dire che fintanto che lo Stato non provvede per la sua parte noi non possiamo trasferire risorse verso la periferia; non dobbiamo dimenticare però che già la legge n. 142 aveva insito in sé il principio della delega. L'attuazione della delega prevedeva il trasferimento di risorse; questo non è avvenuto, noi oggi possiamo e dobbiamo provvedere per quello che possiamo fare in attuazione della legge n. 142.
Il successo della Bassanini, e quindi dell'operazione di riorganizzazione della Regione, è legato alla creazione a livello regionale di un coordinamento che faccia sì che i principi generali di riferimento siano effettivamente applicati. Credo che a nessuno di noi sia sfuggito l'allarme lanciato dal Ministro Bassanini rispetto alle resistenze che a livello centrale si sono attuate. Noi non vorremmo che ciò avvenisse anche a livello regionale. Dobbiamo far sì che le leggi attuative vengano accompagnate da una precisa verifica rispetto all'attuazione dei principi attuativi.
Inoltre, deve esserci un coinvolgimento della dirigenza nella definizione del processo legislativo.
Un altro aspetto importante è la concertazione con le autonomie locali piemontesi, problema aperto e richiamato in questi giorni dagli interessati che hanno chiesto incontri ad hoc con la Giunta e con il Consiglio trovando soluzioni non necessariamente legislative per la Bassanini e rimandando ad una riflessione più ampia l'individuazione della sede della rappresentanza degli interessi delle autonomie locali verso e presso la Regione.
Questo è stato fatto in Lombardia, in Emilia, crediamo che le due questioni debbano essere tenute distinte. In questa fase si può trovare anche con un atto di Giunta, la sede della concertazione per l'attuazione della Bassanini rinviando ad una discussione specifica, che si traduca in un atto legislativo, l'individuazione della sede della rappresentanza permanente delle autonomie locali verso la Regione.
In ultimo vorrei ricordare l'importanza della concertazione con le autonomie funzionali, che non possono essere ridotte alle sole Camere di commercio, e con le forze sociali. Concertazione che è stata avviata, per esempio, con l'accordo con i sindacati di cui non è stato fatta alcuna citazione nelle relazioni introduttive. E' importante, anzi fondamentale il coinvolgimento del personale con massicci programmi di formazione.
Noi spendiamo centinaia di miliardi all'anno per la formazione: dobbiamo trovare lo spazio e le modalità per avviare significativi processi di formazione che coinvolgano tutto il personale interessato nella attuazione della Bassanini e nella riorganizzazione del sistema regionale.
Collegato con questo c'è anche il processo di informatizzazione della Pubblica Amministrazione. Sulla base dei criteri che ho prima richiamato mi pare che si possa tirare una prima conclusione della fase del dibattito che ci è stato fin qui proposto, in quanto la Giunta dimostra incertezza, poca chiarezza strategica e scarsa convinzione. Io credo che occorra cambiare registro, altrimenti questa rischia di diventare un'altra occasione persa per il Piemonte.
Volutamente non affronto la questione sulla proposta contenuta nella relazione dell'Assessore Vaglio relativa alla creazione di un'apposita Commissione nella quale riportare l'esame di tutti i provvedimenti connessi con la Bassanini. A parte il fatto che l'esame di molti provvedimenti è già stato avviato nelle Commissioni di merito, quindi vorrei capire come si collega questa proposta con il percorso già avviato in III e in VII Commissione, prossimamente comincerà anche la II, non voglio affrontare questa questione in quanto Presidente della Commissione VIII a cui è stata trasferita a suo tempo l'attuazione della legge n. 142 che comprendeva anche il processo di delega. Questa questione sarà affrontata nel corso del dibattito da altri Consiglieri, credo anche dal mio Capogruppo; dico solo che dobbiamo stare attenti a non rendere pesante la struttura del Consiglio regionale perché questa pesantezza inevitabilmente rischia di compromettere l'efficacia e la rapidità del nostro lavoro contraddicendo quindi gli obiettivi per cui vogliamo poi creare delle nuove sedi di concertazione che in una struttura che è già sufficientemente barocca rischiano di appesantire i lavori, anziché semplificarli.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MINERVINI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moro.



MORO Francesco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, dopo le relazioni introduttive dell'on. Ghigo, Presidente della Giunta, e dell'Assessore Vaglio sulle tematiche istituzionali, vorrei fare alcune considerazioni di merito.
E' sicuramente molto importante e decisivo per il consolidamento della democrazia nel nostro Paese procedere celermente nel decentramento amministrativo attraverso l'applicazione delle leggi nazionali nn. 142, 127 e 59, e i decreti legislativi sotto il nome Bassanini nn. 143, 469 e 422 del 1997 e nn. 32 e 112 del 1998.
L'esigenza politica del decentramento amministrativo in Italia è oltre cinquantennale, però è diventato impellente con l'istituzione delle Regioni. C'è molto interesse, ma anche preoccupazione nelle amministrazioni locali piemontesi (le Province, i Comuni, le Comunità montane) soprattutto per quanto riguarda le competenze delle deleghe complesse e la loro applicazione.
Su questa delicata materia si è preteso come minoranza in Consiglio regionale un dibattito generale per discutere le strategie e le ipotesi di organizzazione non più gerarchiche come nel passato nei rapporti tra la Regione e gli enti territoriali. Quindi non una semplice operazione amministrativa di ricezione e trasferimento di deleghe, ma di un vero e concreto processo di autoriforma della Regione e del sistema istituzione regionale.
A mio avviso, le Regioni devono diventare solo organi legislativi e programmatori dando tutte le competenze istituzionali ed amministrative attraverso le deleghe alle Province, ai Comuni e alle Comunità montane e non solo nei settori dell'agricoltura e dei trasporti, come previsto dai decreti Bassanini.
Anche le forme associate dei Comuni per l'esercizio dei servizi vari sono interessanti e produttive a livello istituzionale, se sono però mirate agli esclusivi interessi delle popolazioni.
Così pure le fusioni di Comuni devono avvenire nella massima trasparenza e con il consenso delle popolazioni interessate tramite un democratico e corretto referendum popolare.
La realizzazione della Bassanini può essere importantissima per il nostro ordinamento istituzionale se lo spirito giuridico attuativo sarà solo il decentramento dello Stato e delle Regioni. Poi però sarà determinante per questo esercizio e decisivo dare i necessari finanziamenti attuativi del progetto legislativo di decentramento, altrimenti vi sarà un peggioramento grave ed irreversibile del quadro istituzionale italiano e regionale. E ciò potrebbe portare anche un forte degrado democratico.
Come già accennavo, le Regioni, a mio avviso, devono dare tutte le competenze istituzionali agli Enti locali territoriali e divenire solo organi legislativi e programmatori, con le Province, i Comuni e le Comunità montane delegate a gestire tutti i servizi istituzionali territoriali dall'agricoltura al turismo, ai trasporti, alla sanità, al socio assistenziale e all'ambiente.
L'attuazione seria delle deleghe agli Enti locali può essere l'occasione democratica e razionale della massima efficienza e razionalità altrimenti vi sarà - ripeto - un forte degrado democratico e un arretramento istituzionale.
Naturalmente vi deve anche essere il consenso attivo delle forze sociali, sindacali e produttive, ovviamente senza un profitto.
Certamente anche per la Regione Piemonte il trasferimento dovuto delle deleghe agli Enti locali territoriali deve impegnare molte risorse finanziarie ed il personale con tutte le considerazioni e lo stato giuridico e salariale acquisito in anni di grande attività e di dedizione all'Ente Regione, perciò occorrerà un vero riordino e snellimento delle strutture regionali.
In quest'ottica istituzionale delle deleghe, però, vi è da fare una grave considerazione sulla incapacità dimostrata dalla Giunta regionale di centro-destra in quanto sono assolutamente scaduti i termini per le deleghe in materia di agricoltura e lavoro ed altre competenze che stanno per essere superate, con gravissimi danni economici, istituzionali e di immagine della Regione Piemonte.
La maggioranza di centro-destra, oltre all'incapacità politica dimostrata in tre anni di gestione, a livello nazionale (il Polo) con altrettanta arroganza ed incapacità ha fatto fallire in modo gravissimo le riformi istituzionali nella Commissione Bicamerale con incalcolabili conseguenze politiche di immagine del Parlamento.
Inoltre, nella Regione Piemonte il Consiglio regionale, per incapacità della maggioranza, non è stato in grado di legiferare nei tempi previsti tutti gli adempimenti istituzionali del decentramento amministrativo della Bassanini. A mio avviso è una vergogna per il Piemonte.
Alle Regioni però sono conferite tutte le materie di competenza del Collocamento: in pratica si deve costituire a livello regionale un vero mercato del lavoro, articolato per le otto Province e per l'ambito di collocamento. Non credo affatto che la Regione Piemonte, per l'incapacità dimostrata in questi tre anni e per i forti ritardi nell'attuazione della Bassanini, possa essere in breve tempo all'altezza delle competenze di questa delicata materia.
Fino ad oggi l'esecutivo regionale ha solo assurdamente determinato i provvedimenti sull'agricoltura, mentre per i settori strategici del lavoro e dei trasporti i provvedimenti previsti sono ancora nel dettaglio.
Per noi comunisti è gravissimo l'attuale stato dell'inadempienza istituzionale della Regione Piemonte che crea ingenti danni istituzionali e di immagine non solo alla nostra Regione, ma al resto del Paese. Occorre perciò una totale svolta politica di governo regionale, di totale e radicale cambiamento che solo l'elettorato può fare in modo democratico.
E' questo l'auspicio politico per affrontare concretamente tutte le drammatiche emergenze economiche, produttive e occupazionali del Piemonte proiettato in Europa e verso il Duemila.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Saitta.



SAITTA Antonino

Presidente e colleghi, ho una sensazione che voglio immediatamente esternare. E' più che altro uno stato d'animo quello con cui affronto questo dibattito ed esprimo qualche considerazione sui temi che il Presidente Ghigo e l'Assessore Vaglio hanno indicato questa mattina nella loro relazione.
E' una sensazione epidermica, però credo che sia utile esprimerla; dopo avere sentito il Presidente Ghigo e avere letto la sua relazione ho la sensazione che in pochi abbiano la percezione della fase nuova che le Regioni e la Regione Piemonte, per quanto ci riguarda, devono compiere nei prossimi mesi.
Ho notato che nel suo intervento, Presidente, sicuramente c'è una convinzione profonda di questa fase nuova che bisogna avviare e della complessità del problema; per la verità, lo noto anche nella relazione dell'Assessore Vaglio. Noto, però, che questa percezione è un po' solitaria, nel senso che probabilmente chi è addetto ai lavori, e in modo particolare lei Presidente in quanto ha delle responsabilità nella Conferenza delle Regioni, sente più di altri che questa nuova fase bisogna avviarla e che è una fase complessa. Nei comportamenti concreti, ma anche per una certa distrazione, penso addirittura alla mancanza di AN a questo dibattito, perlomeno del Gruppo consiliare, sono portato a pensare che sembra più un problema del Presidente, della Giunta, di qualche Assessore sensibile o meno distratto. Se si hanno realmente capacità politiche e capacità progettuali, si apre realmente una fase nuova; diversamente questa fase dell'applicazione della Bassanini viene vissuta stancamente, come il compimento di qualche atto dovuto, magari suggerito brillantemente dai funzionari, ma senza quella suggestione politica che invece bisogna vivere.
C'è Bassanini, ci sono le leggi applicative, le proposte di legge, ma mi pare di notare che manchi l'obiettivo finale politico, la missione politica che bisogna compiere attraverso l'attuazione del federalismo amministrativo. Non so se questo è dovuto alla delusione per il fatto che il progetto più ampio, che è quello di variazione della Costituzione, non ha avuto seguito, oppure se deriva dal fatto che complessivamente come classe politica delle Regioni non percepiamo l'importanza del processo messo in moto dalla legge n. 59. E' una questione complessa, lei ha ragione Presidente.
E' una questione di una complessità enorme che richiede risorse capacità, tensione e soprattutto la definizione di un obiettivo. Per la verità, io questo obiettivo l'ho percepito nella relazione del Presidente Ghigo soprattutto, ma non totalmente nella relazione dell'Assessore Vaglio.
L'applicazione della legge n. 59, quindi l'applicazione del federalismo amministrativo, è una risposta alla domanda di cambiamento dei cittadini nei confronti della Pubblica Amministrazione.
Io credo che al cittadino interessi poco che il potere sia più o meno distribuito tra la Regione, gli Enti locali e il Comune, ma quello che chiede l'azionista di riferimento della classe politica, l'elettorato, è che attraverso il federalismo amministrativo si possa introdurre nell'amministrazione pubblica un'etica pubblica e una cultura di governo che non è l'attuale, né a livello nazionale né a livello regionale, che introduca principi di responsabilità, di trasparenza, di efficienza. Quindi è questa la sfida; se alla fine di tutto questo processo non si introduce questo obiettivo di cambiamento, è inutile, avremo ulteriormente deluso i cittadini. Mi sembra questo il tema che deve essere meglio affrontato, qual è l'obiettivo finale che ci poniamo, per evitare di ripetere i principi di riferimento che la legge n. 59 elenca, la sussidiarietà. Quelli sono degli elementi, dei criteri per riordinare le competenze, ma l'obiettivo finale è la questione che deve interessarci.
Questo è il primo problema: obiettivo finale, costruire una Regione.
Una volta definito l'obiettivo finale la suddivisione e la ripartizione delle competenze diventa un fatto consequenziale. Quando ripetiamo che la Regione deve fare solo la programmazione e le leggi diciamo una cosa esatta, e mi pare che su questo, perlomeno a parole, concordiamo; ma se questa affermazione è una dichiarazione condivisa le conseguenze sono enormi, difficilmente possono essere gestite e governate in questa fase della legislatura, probabilmente continueranno anche nella prossima. Vuol dire che in linea di massima la Regione si deve destrutturare; per fare degli esempi concreti, da 3.200 dipendenti vuol dire passare ad una Regione con 1.800 dipendenti, nessuno è in grado di quantificare, ma è questo l'obiettivo. Se questo non avviene e se fittiziamente, come succede per esempio per il trasporto locale, pensiamo di delegare alcuni compiti e poi attraverso lo strumento dell'accordo di programma questi compiti li facciamo di nuovo ritornare all'amministrazione regionale e manteniamo le stesse strutture, la stessa dirigenza, lo stesso numero di dipendenti abbiamo complicato la vita agli amministratori locali e abbiamo fatto un'operazione non finalizzata all'obiettivo finale di riforma della Pubblica Amministrazione.
Io ho la sensazione che questi primi disegni di legge presentati dalla Giunta siano viziati da questo fatto, cioè non è chiaro l'obiettivo di fondo. Se anche nella 356 diciamo che bisogna tenere conto del personale e quindi bisogna trasferire il personale, ancora prima di fare un'affermazione di questo tipo, che è giusto che sia fatta, occorre avere un riferimento di come debba essere organizzata la Regione; è fondamentale perché questo è un elemento di trattativa con gli Enti locali, con le autonomie, altrimenti che cosa concertiamo? Noi dobbiamo concertare una destrutturazione della Regione Piemonte, tema che non è stato affrontato ad esempio, quando si è discusso della 51, laddove dicemmo, come minoranze che era una proposta vecchia perché la Giunta non aveva avuto neppure il coraggio di affrontare - e vi era l'occasione - con il sindacato il problema dei trasferimenti, che è delicatissimo e complesso. Credo che abbia ragione chi del Polo sostiene che hanno lo stesso approccio a livello nazionale; benissimo: ma per quanto ci riguarda, evidentemente, lo dobbiamo affrontare noi.
Questo tema ancora non è stato affrontato con le Organizzazioni sindacali o è stato affrontato soltanto in termini di intesa, che è questione molto generica. In ogni caso, anche se dovesse essere affrontato con il Sindacato, non è una trattativa qualunque, cioè non è un problema di orario di lavoro o di una categoria in più oppure di un dirigente in più.
E' un problema che bisogna concertare innanzitutto con il Sindacato: una nuova dimensione della Regione.
Su questo mi pare ci sia una carenza, per cui noto sicuramente grande preoccupazione per la complessità del processo in corso, ma un'insufficienza di risposte rispetto alla drammaticità del problema.
Rilevata questa carenza, esiste anche un tema, che le due relazioni affrontano: le modalità con cui giungere all'applicazione della normativa Bassanini. La Commissione ad hoc è una proposta, mi pare, dell'Assessore Vaglio; la Camera, la Conferenza (o come si chiama) delle autonomie è l'altra proposta per garantire la concertazione.
Noi non siamo in grado di dare una risposta puntuale: diciamo soltanto che finora, viste le modalità con cui viene affrontata l'applicazione della Bassanini, i risultati sono stati scarsi. Con ciò voglio dire che il problema non può essere affrontato in ogni Commissione di competenza perché questa è una visione settoriale, che non permette di fare quella sintesi necessaria per raggiungere l'obiettivo generale.
Ci troviamo di fronte a delle proposte, preparate dai funzionari magari approvate dalla Giunta, ma non coerenti con un disegno politico laddove esiste un disegno politico. Ha dunque ragione l'Assessore Vaglio: cerchiamo di riportare ad unità tutto questo processo.
Non sono in grado di indicare quale possa essere la modalità, se va bene l'VIII Commissione, se bisogna fare qualcosa di nuovo (a parte che di Commissioni ne abbiamo già tante); in ogni caso bisogna riportarlo ad unità: è fondamentale, perché non è un problema di competenze specifiche ma è un problema più tecnico.
Il problema è quello della ripartizione dei poteri, che è un problema politico, e ciò deve essere coerente con le finalità che richiamavo prima.
Mi rendo perfettamente conto, ci rendiamo conto che occorre un meccanismo diverso. Altre Regioni hanno già adottato metodologie sicuramente più efficaci della nostra (da noi c'è la distorsione l'anarchia, direi); altre Regioni hanno messo assieme il lavoro della Giunta e quello del Consiglio, laddove c'è un lavoro del Consiglio.
In questo caso, per quanto riguarda la Regione Piemonte, esistono anche delle proposte avanzate dai Gruppi consiliari. Penso alla proposta del PDS sulla Camera delle Autonomie o la nostra sull'Unione dei Comuni, sulla gestione associata dei servizi. Come mettere assieme tutte queste proposte? Non c'è soltanto una proposta della Giunta. L'Assessore Vaglio ha richiamato le sue proposte; poi ci sono le proposte dei Gruppi consiliari.
Come mettere assieme tutta l'attività propositiva (problema vero)? E' chiaro che l'Assessore Vaglio, giustamente, rimarca la validità delle proposte della Giunta, ma l'attività propositiva dei Gruppi consiliari dove può trovare un'espressione che non sia soltanto la Commissione di competenza? E' un tema da affrontare.
Secondo tema. La questione della concertazione: l'Assessore Vaglio fa un'affermazione che io trovo abbastanza pericolosa. Dice: bisogna fare la concertazione (ha ragione, condivido questo obiettivo); però, in attesa che la legge n. 356 venga applicata, andiamo avanti come possiamo: in sostanza andiamo avanti - mi pare - con questa Commissione della Giunta.
Credo che questo sia un modo errato di procedere, perché il coinvolgimento di tutte quelle figure istituzionali che noi prevediamo nella legge n. 356 o nell'altra proposta doveva essere immediato, e non "quando sarà applicata la legge n. 356"; bisognerà poi vedere quali saranno i tempi della legge n. 356. Probabilmente - e questa è una proposta che ci sentiamo di fare al Consiglio - a questo punto ha senso ed è più utile, per non discutere all'infinito (la legge n. 356, le risorse, il personale, la Conferenza, il Sindaco, non il Sindaco, gli uffici, i non uffici, ecc.) fare uno stralcio di quella proposta di legge, di quel disegno di legge.
Insediamo subito la Conferenza delle Autonomie. Per fare che cosa? Per attuare la Bassanini e per assegnare quei compiti: poi, pian piano vedremo.
Altrimenti, noi dovremmo verificare se la legge n. 356 va bene: però ci manca ancora lo strumento per poterlo verificare... Credo dunque che nel giro di pochissimo tempo, se si concorda, se gli altri Gruppi concordano si possa tranquillamente fare uno stralcio, costituire subito la Conferenza o la Commissione delle autonomie, ovvero la sede dove si esamina la legge n. 356 e tutto il resto, tutto l'impianto. Quella può diventare la sede utile per portare avanti il processo di attuazione della legge n. 59.
Questa è la proposta che ci sentiamo di fare.
E' chiaro che poi c'è l'altro problema: la rappresentanza regionale, in quella conferenza, che cosa esprime? Che posizioni esprime? La posizione della Giunta? La posizione del Consiglio? Noi riteniamo debba essere la posizione del Consiglio, quindi la posizione che emerge nelle Commissioni o nella Commissione, cioè posizioni già esaminate, già discusse, già calibrate sul piano politico.
La Conferenza delle autonomie non può essere soltanto la controparte della Giunta, ma deve essere la controparte del Consiglio: si tratta, cioè di una fase costituente.
Questi sono i suggerimenti che ci sentiamo di formulare, anche se, per la verità, non è un grande suggerimento.
Resta evidentemente tutto intero il grande problema politico, e questo è un problema della Giunta. Lo ripeto, lo accennavo nella fase introduttiva: siamo ancora agli inizi, siamo pesantemente indietro.
A mio parere, la Giunta, anche come esercizio di carattere politico deve riuscire a quantificare oggi quali sono le risorse trasferibili, per lo meno censirle: quante risorse può trasferire; quanto personale pu trasferire.
Questo è necessario farlo, perché se non si inizia da questo punto; se si rinuncia a svolgere questo ruolo; se la Giunta rinuncia a svolgere questo ruolo; se la maggioranza di centro-destra non fa questa operazione qualunque discussione diventa inutile, perché è basata su discussioni generali: questa competenza va bene, quell'altra non va. Per cui, se non avviene - e concludo, Presidente - questo lavoro di carattere preventivo sulle risorse... Quindi, Presidente, credo che lei, la sua Giunta dovrebbe passare da questa fase ancora generica con cui affrontiamo questo tema ad una fase più puntuale in termini di risorse e di personale. Quella è soltanto la base per fare una discussione utile all'interno del Consiglio regionale.
Se questo non avviene, ci manteniamo ancora ad un livello molto generico e quindi non utile per stabilire quei punti cardinali per avviare il processo per la riforma della Regione.



PRESIDENTE

Ha ora la parola la Consigliera Cotto.
Ricordo che avevamo stabilito interventi della durata di dieci minuti si può andare un pochino più avanti, perché capisco che l'argomento lo richiede, però vediamo di stare nei tempi il più possibile. Questo lo ricordo per tutti.
Prego, Consigliera Cotto.



COTTO Mariangela

Grazie, Presidente. Ci stiamo rendendo sempre più conto che il processo di riforma dello Stato e del decentramento delle funzioni secondo i principi della sussidiarietà, della funzionalità e della responsabilità deve passare attraverso una sede incisiva a livello di Costituzione invariata, utilizzando gli strumenti della legislazione ordinaria e della regolamentazione. Lo spirito costituente che pareva animare, certamente permeato di buoni propositi, l'inizio dell'ultima legislatura nazionale è andato a cozzare contro troppi particolarismi, senza volere con questo accusare specificatamente qualcuno per l'innegabile fallimento della Bicamerale e del suo Presidente.
Per questo motivo, o si ha il coraggio di proporre al popolo sovrano un'assemblea costituente, con quelle caratteristiche di proporzionalità che consenta a tutte le forze politiche di poter offrire il loro contributo ideale e sostanziale, oppure si corre il rischio di creare tante aspettative e di non concretizzare nulla.
Ho volutamente iniziato il mio intervento con un seppur breve accenno alla nostra recente cronaca, non certo storia politica nazionale, in materia di riforme, per utilizzarla come termine di paragone per l'impegno che il nostro Consiglio è chiamato ad attivare nello stesso campo riformatore, sulla base delle competenze che attualmente la legge conferisce alle assemblee elettive regionali.
Non voglio scendere nel campo - peraltro inutile - della sterile polemica su quanto il legislatore nazionale ha indicato od imposto di realizzare nel campo del decentramento amministrativo. Certamente il polso degli amministratori locali, con i quali ho quotidianamente l'opportunità di confrontarmi, non vede aumentare i battiti a fronte di quello che purtroppo appare un ulteriore appesantimento delle macchine burocratiche a tutti i livelli, seppure ammantato di termini suadenti quali "sburocratizzazione", "decentramento", e simili.
Credo fermamente che riuscire a creare un'Amministrazione il più possibile vicina ai cittadini ed alla società, come peraltro è indicato nell'art. 5 della Costituzione, nei principi fondamentali, e di cui ci occupiamo con alcuni decenni di ritardo, rendendola effettivamente conforme ai principi del buon andamento dell'imparzialità, altri principi sanciti dalla nostra carta fondamentale, responsabilizzando adeguatamente gli operatori, sia un'impresa estremamente difficile e non credo siano sufficienti buone intenzioni, provvedimenti legislativi e regolamenti in serie.
Occorre assumere la serena consapevolezza che è necessaria un'inversione di marcia ed una correzione di rotta non solo a parole, ma con fatti concreti. Qualche spazio la normativa nazionale la offre. La sfida che dobbiamo impegnarci a superare, offrendo ciascuno il nostro contributo di idee e di fantasia è - se mi é consentito il termine - di non perdere questa occasione.
Non basta produrre una o più leggi di attuazione; bisogna adottare le norme di "gambe per muoversi" e di risorse per concretizzarle, altrimenti creeremo soltanto un'ulteriore stratificazione legislativa ed inopportuni appesantimenti.
La Giunta ha attualmente licenziato una nutrita serie di proposte di legge che spaziano dal riordino delle funzioni in materie diverse dall'economia montana alle foreste, dall'agricoltura alla caccia, alla pesca, dal trasporto pubblico locale alla rete distributiva dei carburanti dal mercato del lavoro al riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi della Regione e degli Enti locali.
Mi sembra un percorso concettualmente positivo, lastricato di buone intenzioni, ma occorre concretizzarlo, mettendoci del nostro, basandolo sulle nostre concezioni ideali e non lasciandolo ad enunciazioni burocratiche, legislativamente corrette, ma carenti di quelle che devono essere le scelte politiche, nel senso migliore del termine, che devono caratterizzare più incisivamente questa Giunta e questa maggioranza che nell'intenzione voleva - e per quanto ci riguarda vogliamo - che si caratterizzi secondo i principi ed i valori fondanti della nostra adesione convinta a questo progetto politico.
In buona sostanza, permettiamo agli amministratori dei Comuni di lavorare concretamente al servizio dei cittadini, ai quali direttamente rispondono del loro operato. Garantiamo alle Province gli strumenti di una verifica efficace e di una programmazione sovracomunale e propositiva e non incrementante il disvalore della burocrazia. E la Regione si ponga come efficace propulsore e programmatore, divenendo effettivamente un piccolo Stato federale efficiente, trait d'union tra le realtà locali e lo Stato centrale. Guai a noi se diventassimo il contrario, come purtroppo molti cominciano ad intravedere, come un nuovo modello burocratico che si affianca a quello statale.
Sotto questo aspetto colgo un segnale indubbiamente incoraggiante nel disegno di legge sul decentramento delle funzioni e dei compiti amministrativi e desidero darne atto pubblicamente. L'ipotesi di un tavolo permanente di concertazione con le autonomie locali, attraverso un'apposita conferenza, che veda coinvolti gli Enti locali, ma anche gli Enti pubblici economici, mi pare un indubbio segnale di positiva attenzione che la Regione intende offrire agli Enti sottordinati, che potrà portare ad un'efficace azione di coordinamento e di razionalizzazione che superi quello che in una parola voglio definire "Torinocentrismo", pur nell'innegabile attenzione che occorre riservare alla città capoluogo, e che dia effettiva voce a tutte le realtà piemontesi.
Ho colto, nella relazione del Presidente, l'innegabile difficoltà sottesa alla scelta del legislatore nazionale di far cadere a pioggia la normativa di riferimento. Questo indubbiamente risponde al vero. Dalle leggi Bassanini 1, bis e, recentemente, ter sono molteplici i rinvii alla legislazione delegata del Governo, ai decreti presidenziali attuativi che di fatto, oltre a complicare la vita al legislatore regionale concretamente vanno nella direzione opposta, rispetto alla paventata ed auspicata retta via della sburocratizzazione e di una seppur mirata deregulation.
Tutto questo non ci deve impedire, però, di perseguire il fine ultimo che ci siamo prefissi, anche agendo coraggiosamente, cercando magari di trarre, dalle indicazioni normative, spunti concreti e praticabili.
Penso, a titolo puramente esemplificativo, alle possibilità offerte dalla Bassanini ter, in ordine al telelavoro o alla responsabilizzazione dei funzionari nei Comuni minori, con adeguati incentivi in rapporto alle responsabilità attribuite. E sul versante dell'offerta diretta al pubblico la realizzazione di un documento identificativo unico, su supporto magnetico multifunzionale, utile per accedere alle certificazioni, alle banche dati e ad ogni tipo di operazione che presupponga un'identificazione personale.
E' certo che si tratta di aprire un passaggio del Mar Rosso, senza possedere il bastone di Mosé, ma é indispensabile avere il coraggio di operare scelte adeguate, senza adagiarci su un compiacente e certamente meno faticoso approccio, in termini eminentemente burocratici.
Per quello che ci riguarda, assicuriamo tutto il nostro impegno per portare a termine un vero processo di riforma, che non si fermi alle sole e buone intenzioni, ma sia in grado di conseguire realizzazioni concrete al servizio dei cittadini.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliera Cotto.
La parola al Consigliere Cavaliere.



CAVALIERE Pasquale

Sono tra i Consiglieri e i tanti, o i pochi, nel nostro Paese che non sono molto entusiasti della cosiddetta riforma Bassanini, perché la ritengo poco adeguata al vero dibattito degli altri Paesi europei (non voglio pensare solo ai Lander tedeschi, ma al dibattito spagnolo, alle recenti nuove forme di Stato in Austria, alle attribuzioni alle Comunità belghe).
Il livello italiano mi pare lontano da quella vera concezione federalista dell'autonomia. Vedo, però, e non posso non constatare, che i cosiddetti decreti Bassanini si rifanno ad uno stato di fatto delle nostre Regioni e io non mi posso che rifare al dibattito della Regione Piemonte. E allora, non possiamo non considerare che su tutta la materia del federalismo, cioè sui potere, sulle attribuzioni, su ciò che chiediamo allo Stato, la Regione Piemonte è stata praticamente alla finestra. Nel senso che si è limitata a sottoscrivere con altre Regioni - Veneto e Lombardia qualche documento rivendicativo, ma non ha messo in atto della autovolontà.
A questo punto mi domando il perché ad esempio è fallita la Commissione Statuto. Era un momento in cui la nostra Regione elaborava una propria idea di Regione, magari anche da contrapporre a qualcos'altro, ma la elaborava.
Ho parlato di fallimento nel senso che si è interrotto il lavoro, proprio nel momento più interessante, quando il lavoro degli esperti andava coniugato in una proposta. L'autonomia, il federalismo non si è mai ottenuto solo per legge: è una maturazione, una coscienza e lo insegna l'esperienza a cui tutti quanti fanno riferimento, quello della Catalogna.
In Catalogna costituzionalmente è stato introdotto il principio del conflitto permanente, esiste cioè una trattativa permanente con lo Stato che permette di rivendicare le attribuzioni acquisite.
Noi invece non abbiamo dato, nei pochi o tanti atti che siamo costretti o che abbiamo dovuto fare, dimostrazione di avere una nostra capacità di autonomia, di federalismo, mi riferisco, ad esempio, alla riforma alla legge del personale: è stata un'occasione mancata dal punto di vista degli obiettivi.
Mi pare anche che il problema venga percepito dalla Giunta e dagli Assessori in modo minimalista. Mi pare che su certi problemi non si colga l'occasione dei decreti Bassanini, ci si limita a dire vediamo come, se con l'autonomia, con il federalismo. Il problema è sempre di vedere a chi sbolognare la soluzione.
Allora credo che la proposta del collega Saitta di costituire comunque l'assemblea sia importante, seppur tardiva. A questo punto, è tardiva, per mi pare l'unica possibilità per cercare di costruire più che un'applicazione burocratica di una legge, una consapevolezza e una maturità che deve comunque mettere al centro le esigenze dei cittadini.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Casari.



CASARI Raimonda

Il problema di riconoscere maggiori autonomie all'intero sistema delle autonomie locali deve essere affrontato senza animosità, partendo dagli obiettivi che si vogliono raggiungere.
Da sempre il nostro Gruppo politico si richiama al principio di sussidiarietà e questo principio deve valere per tutti gli enti, ma anche nei rapporti pubblico-privato, senza che il primo si appropri di compiti che il secondo può svolgere proficuamente e senza danno per l'interesse generale.
Questi principi e la loro corretta applicazioni, scevra da esasperazioni campanilistiche, così come da resistenze stataliste sarebbero già in grado di provocare un vero e proprio rivolgimento dell'ordinamento italiano.
Sarebbe ingenuo d'altronde pensare che un passaggio così cruciale possa avvenire senza intoppi e difficoltà: non si cambia facilmente dopo 150 anni all'insegna del predominio dello Stato sulla società e del centro sulla periferia.
Affinché lo Stato diventi non già federale, ma forte connotazione regionale, occorre in primo luogo consolidare la materia prima, cioè le Regioni. Ultime nate nel panorama amministrativo italiano e dunque con grossi problemi di legittimazione e di visibilità davanti al cittadino comune, le venti Regioni italiane sono per lo più ancora inadeguate ad essere un saldo punto di riferimento. In alcuni settori hanno ereditato le rigidità burocratiche delle strutture statali decentrate cui sono succedute in molti ambiti, compresse da una regolamentazione statale complessa e da trasferimenti parziali e spesso schizofrenici di competenze, hanno a loro volta operato con pesantezza conculcando l'iniziativa degli Enti locali e dei privati. Alle Regioni va dunque assegnata una pienezza di competenza finora negata, persino sulle materie che già erano previste con la Costituzione vigente.
E' però altrettanto inevitabile che le Regioni rese più solide dai nuovi poteri impostino i rapporti con il sistema delle autonomie locali in modo del tutto innovativo, introducendo elementi di differenziazione nel panorama che ha finora visto governare con le medesime regole le grandi città così come i piccoli centri.
Ci vuole insomma il coraggio di pensare a nuovi modelli amministrativi e una flessibilità che permetta ad esempio di recepire le iniziative di cooperazioni istituzionali tra i Comuni minori per la fornitura di servizi pubblici, di dare dignità alle Comunità montane, di raccordare i centri maggiori e le aree metropolitane.
Non si tratta affatto di mortificare le municipalità, ma di creare ambiti omogenei per servizi e soggetti robusti da poter accogliere deleghe e trasferimenti di funzioni.
I decreti attuativi delle Bassanini danno dunque avvio al decentramento amministrativo a costituzione invariata. C'è la volontà di introdurre molti elementi di novità nella macchina della pubblica amministrazione. Si prevede, infatti, di trasferire al sistema delle autonomie locali una nutrita serie di competenze, oggi esercitata dallo Stato, in materia di industria, artigianato, energia, fiere e mercati, turismo, urbanistica territorio, istruzione.
Da un lato, dunque, si vuole concretizzare il principio di sussidiarietà chiamando le Regioni e gli Enti locali ad una forte responsabilizzazione. Dall'altro, i decreti legislativi dovrebbero delineare un notevole snellimento delle procedure amministrative semplificando l'iter delle autorizzazioni, anche se spesso gli Enti locali registrano invece, proprio in questo campo, difficoltà interpretative notevoli, difficoltà organizzative ed applicative delle nuove norme e non sempre quella che viene definita semplificazione amministrativa funziona in realtà come il cittadino si aspetta.
C'è poi un'altra ragione che sicuramente creerà delle difficoltà rispetto ad alcuni meccanismi che non appaiono congruenti con la semplificazione e la regionalizzazione previste.
Un altro elemento controverso è poi quello costituito dalle risorse finanziarie. La proposta del Governo fissa abbastanza precisamente le competenze trasferite, ma lascia ad un secondo momento tutto il problema dei trasferimenti di finanziamenti e di risorse umane connesse allo svolgimento di tali compiti.
E' vero che si stabilisce il principio del trasferimento delle somme presenti sui relativi capitoli del bilancio dello Stato, ma esiste comunque il pericolo, come purtroppo è avvenuto in passato, che tali capitoli siano svuotati proprio in previsione del trasferimento. Si corre il rischio cioè che per ridurre i fondi da assegnare alle Regioni, lo Stato tagli maggiormente queste spese fin da ora, lasciando un gravoso carico agli enti riceventi che si troverebbero nell'impossibilità di far fronte ai loro compiti.
Per superare queste riserve deve crescere la fiducia tra il Governo, le Regioni e gli Enti locali, evitando che nel complesso e sicuramente non breve iter del trasferimento di competenze, si insinuino irrigidimenti e marce indietro ispirate da un apparato centralistico ancora alla difesa delle proprie prerogative. Solo così l'operazione tentata dal Governo insieme alle Regioni e agli Enti locali potrà avere qualche successo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bellion.



BELLION Marco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il profondo processo di ristrutturazione e di rinnovamento dell'architettura istituzionale nazionale, avviato dal Governo di centro-sinistra nemmeno due anni fa, non poteva lasciare indenne la voce "montagna" e su questo cercherò, anche se brevissimamente, di dire la mia.
Nel corso degli ultimi mesi abbiamo assistito ad una serie di passaggi decisamente importanti e in qualche misura oserei dire storici nel quadro dell'evoluzione della politica montana nazionale. All'orizzonte stiamo già scorgendo, però, le avvisaglie di ulteriori novità che impongono attenzione, elaborazioni e impegni da parte di tutti. Credo sia facilmente constatabile, per chi vuole leggere la realtà con dei criteri oggettivi che in questa legislatura si è raggiunto un risultato le cui fondamenta si erano gettate con la legge n. 97/94, cioè l'effettivo allineamento su un piano di pari dignità, o almeno il più possibile, degli enti di governo e di programmazione delle realtà montane, cioè le comunità montane, con gli altri Enti locali.
L'attuale Parlamento e l'attuale Governo, infatti, hanno riannodato i fili che si erano spezzati dopo il 1994 dando vita e corpo ad una serie di provvedimenti tangibili che vanno proprio nel senso di assegnare, credo senza ombra di dubbio, per la prima volta il medesimo grado di importanza a Comuni, Province e Comunità montane. Voglio ribadirlo perché spesso anche in questa assemblea l'istituto delle Comunità montane viene dimenticato tant'è che negli interventi di alcuni colleghi si è prestata attenzione particolare ai termini Stato, Regioni, Province e Comuni, dimenticando l'esistenza delle Comunità montane.
Così dalle leggi Bassanini 1 e 2 alla riforma della legge n. 142/90 attualmente al Senato, dalla nomina di un Sottosegretario per la prima volta alle politiche della montagna all'istituzione con la legge Bersani del nuovo Istituto nazionale di ricerca scientifica e tecnologica sulla montagna, si è certificata l'assoluta necessità per l'intero Paese di dotarsi di strutture istituzionali in grado di governare la realtà montana in quanto patrimonio nazionale, ma sarebbe errato oltre che presuntuoso cullarsi sugli allori.
Intendo quindi affrontare alcuni punti. Il primo è il riconoscimento istituzionale delle stesse Comunità montane, anche se esula dai provvedimenti che quest'aula ha il potere di intraprendere, che credo sia una premessa fondamentale, già ricordata altre volte proprio in quest'aula.
E' fondamentale perché servirebbe a completare il riassetto istituzionale dell'ente di governo delle aree montane che costituisce la premessa essenziale per i successivi due riaggiustamenti che in tal senso sono costituiti dall'elezione diretta dei Presidenti delle Comunità montane e dall'attribuzione del potere impositivo.
Su questo tema è auspicabile che in tutte le forze politiche si crei una coscienza circa l'importanza di attribuire valenza costituzionale agli enti di governo della montagna. Sarebbe infatti la lucida presa di coscienza della necessità che esista sull'intero territorio nazionale un organismo in grado di programmare e gestire le politiche di sviluppo della montagna, come ricordava nel suo intervento il collega Vindigni.
Il secondo punto è l'attuazione delle leggi di delega. L'entrata in vigore delle leggi di delega conseguenti alle scadenze imposte dalla legge n. 59, che qui oggi noi trattiamo, non deve vedere le Comunità montane relegate all'angolo. Partecipando ad alcuni incontri ho già sentito come uno sferragliare di carri e un rombare di cannoni fra le varie realtà dell'autonomia, il rischio che voglio qui sottolineare è che come sempre accade in caso di eventi bellici che chi soccombe sia la parte più debole e che sull'altare di un ritrovato armistizio fra Comuni e Regioni da un lato e Province dall'altro venga penalizzato l'ente intermedio montano. Ritengo che questo sia un rischio da non correre e che si può evitare se, in particolare da questo versante, arriveranno proposte, come già hanno cominciato ad arrivare, ed argomentazioni che dimostrino, come io credo che le comunità montane sono in grado di svolgere un'importante funzione nel quadro del trasferimento dei poteri dallo Stato centrale agli Enti locali.
Ampio spazio quindi allo strumento della concertazione, anche se credo che su questo argomento avremo bisogno di ulteriori approfondimenti vista la diversità anche di posizioni. Il Consiglio regionale deve svolgere in questo senso un ruolo importante, malgrado la presenza della Consulta, ma questa questione dovremo approfondirla.
Ampio spazio quindi - dicevo - allo strumento della concertazione per perseguire l'obiettivo di questo reale decentramento nell'interesse del cittadino utente. Io credo che sia questo il primo punto che tutti dobbiamo avere ben presente, non andando quindi a perseverare nella creazione di cittadini di serie A e di serie B come spesso si verifica nel nostro Paese.
Per supportare questa mia affermazione credo sia utile ricordare a tutti come questo sia dimostrato anche per quanto riguarda i territori montani da una recente ricerca condotta dall'Istituto di Sociologia Rurale in collaborazione con l'ISTAT, che credo possa interessare anche il Consiglio.
A proposito della spesa pubblica si dimostra che se un cittadino, un giovane che viva oggi all'età di vent'anni in una cittadina del nord decidesse di trasferirsi dalla città in montagna per rimanervi almeno fino ai 75 anni, la municipalità montana spenderebbe circa 111 milioni in meno di quanti ne avrebbe spesi la municipalità urbana.
Questo è già un dato interessante, perché credo sia la conseguenza della diversità di servizi, che può valere per la scuola, i trasporti e una serie di altri servizi sociali che oggi stanno venendo meno in montagna.
Infatti, contro una spesa annua urbana, continua la ricerca, di circa 3 milioni procapite, la spesa montagna si aggira sul milione. I dati emergono dalla lettura dei bilanci dei Comuni urbani e di area montana, presi in esame per le spese addebitabili ad ogni cittadino.
In montagna si spende meno per la salute, e per i trasporti pubblici mentre le famiglie spendono meno per la casa, il costo della vita in montagna però non si differenzia da quello della città, questo è il dato importante. Infatti stando ai dati del 1996 di questa ricerca, contro i consumi medi mensili di 1.229.000 lire in città, ci sono 1.182.000 lire di consumi in montagna.
Credo che questi dati la dicano lunga e credo che le leggi regionali di attuazione dovranno quindi, partendo anche dalla considerazione dell'esistenza di queste due diverse realtà, evitare fin dove possibile una logica che sia prettamente di tipo istituzionale, la quale finirebbe per privilegiare i problemi relativi ai rapporti fra enti ingenerando nell'opinione pubblica, tutta quanta, l'idea che le riforme servano semplicemente a definire i rapporti di forza tra le istituzioni.
E' necessario, quindi, tener conto di questo interesse e questo sarà possibile se si sarà capaci di dare risposte alle domande che sorgono dalla società. Questo interesse del cittadino utente dovrà essere il pilastro delle leggi regionali e, se funzioneranno, nei prossimi anni sicuramente avremo meno passaggi burocratici, più velocità nell'erogazione. Penso, in particolare, Assessore Bodo, al settore che lei segue, all'agricoltura e alla vicinanza delle decisioni al mondo dell'imprenditoria. Se non funzioneranno ciò costituirà di fatto uno smacco politico gravissimo per la Regione e per gli Enti locali; sarà certamente un boomerang per il federalismo e il decentramento, perché quando una legge, giudicata positiva, come mi pare unanimemente riconosciuta da tutti nelle premesse non riesce a trovare attuazione si ingenera sfiducia nella possibilità di delegare e decentrare e di far crescere le autonomie locali.
Sarà vitale, perciò, che l'avvio dell'esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti in particolare alle comunità montane veda la contestuale definizione all'assegnazione del personale delle risorse finanziarie e dei beni strumentali. Dico questo pensando in particolare alle Comunità montane, perché proprio queste costituiscono, a mio avviso, l'anello più debole della catena e se questo si strapperà l'intero meccanismo non funzionerà.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Bellion.
La parola alla Consigliera Suino.



SUINO Marisa

Grazie, Presidente. Qualche riflessione generale, prendendo spunto da una curiosa affermazione che ha fatto stamani l'Assessore Vaglio, quando nell'illustrare la sua relazione citava un'affermazione di questo tipo "Siamo costretti all'originalità". Questo è curioso, e non lo dico in modo ironico; di fatto su un argomento di questa portata bisognerebbe essere nella condizione di conoscere il territorio che si amministra, così bene di avere tutta una serie di dati, così chiari, da poter incrociare i bisogni, gli strumenti economici e amministrativi e quelle che sono le possibilità che le leggi danno in fase di attuazione per disegnare finalmente, appropriandoci di un ruolo che credo rivendichiamo da anni tutti quanti, quello che le Bassanini prima, seconda e terza ci mettono in parte nella condizione di poter disegnare.
Non riprendo alcuni dei temi sui quali sono già intervenuti dei colleghi e soprattutto alcune delle chiavi di lettura che sia la relazione del Presidente della Giunta, sia la relazione dell'Assessore riprendono dalle Bassanini, il principio di sussidiarietà ecc., ma mi soffermo di più su alcuni altri aspetti.
Innanzitutto la premessa che ho fatto, partendo dalla necessità di essere originali, ci porta a dire che probabilmente avremmo dovuto mettere la Regione nella condizione di avere - non per ripetere sempre lo stesso argomento, ma non è certamente colpa mia o nostra se lo dobbiamo ripetere un Piano regionale di sviluppo, avere ben individuati dei nodi cruciali di economia delle scelte, degli orientamenti e degli indirizzi, cosa che non è così diffusa. Un cambiamento di rotta molto forte che siamo portati ad attuare attraverso queste leggi di riforma è certamente quello di trasferire compiti e funzioni in periferia; questo diventa la regola. Sono anni che tutti quanti ci riempiamo la bocca di decentramento e federalismo oggi esistono degli strumenti operativi che consentono di affrontare questo tipo di ragionamento.
Una sensibile differenza di approccio al problema. E' di fatto la prima volta che ci troviamo a ragionare nei confronti dello Stato, anche se con alcune carenze - poi ci tornerò - con un movimento ascendente, cioè partiamo dai terminali democratici, dai terminali di base esistenti nei vari territori per arrivare allo Stato e non viceversa e questo credo sia un fatto in sé abbastanza rivoluzionario, anche se ancora carente. Diciamo che va anche a completare, probabilmente, un significativo passo che le istituzioni avevano compiuto negli anni '70, vuoi con la nascita delle Regioni, vuoi con tutta un'altra serie di strumenti e di scelte politico amministrative che vivemmo in quegli anni per alcuni aspetti assolutamente importanti.
Cambiando argomento, perché mi pare anche doveroso, accenno soltanto per titoli che ci sono tutta una serie di competenze e di deleghe, ad esempio, legate al discorso dell'ambiente; cambia completamente il ragionamento sull'energia che viene per la prima volta concepita in termini di strumento assegnato in gestione a dei terminali democratici. Cambia tutto il ragionamento sulla VIA, che stiamo affrontando in Commissione, ma che è ancora non abbastanza avanzata rispetto alle richieste che ci vengono con il 112; cambia il discorso relativo all'ambiente per quanto riguarda la ricerca, produzione e distribuzione, ma anche per tutta l'attività di programmazione. Cambiano le scelte di priorità nell'ambito ambiente, anche se credo sarebbe giusto far notare - mi pare che l'Assessore Vaglio lo facesse stamani - una serie di carenze che sono contenute nelle Bassanini nel momento in cui non vengono, su tutti i settori, ancora delegati sufficienti fondi o strumenti, persone, ecc.
Ma diciamo anche, con forza, che bisogna le Regioni (pure la nostra) lavorino e si impegnino, perché, ad esempio, su tutto il settore dei parchi, dell'inquinamento, dei rifiuti ci sia un passo più significativo di decentramento che, invece, per quanto ci riguarda, è ancora assolutamente parziale e molto contenuto.
Cambia tutto il settore del turismo; ci sono delle opportunità significative, così come per quanto riguarda il settore della scuola e della formazione, dove viene fatto un passo avanti non indifferente, in quanto le regioni, le autonomie locali vengono messe nelle condizioni di ritrovarsi con dei Provveditorati di gran lunga ridimensionati.
Mi spiace affrontare questi discorsi in assenza, oltre che di tanti altri, anche dell'Assessore competente, ma il tempo che mi è concesso è questo e quindi devo affrontarlo in ogni caso (in questo caso è l'Assessore Leo).
Come dicevo, i ruoli dei Provveditorati alquanto ridimensionati; lo stesso ruolo del Ministero alquanto ridimensionato, in un'ottica di scuola e di formazione destinati a cambiare completamente volto ed impostazione.
Moltissimi i compiti sulla programmazione della rete e della gestione delle risorse; moltissimi compiti per quanto riguarda la redazione di Piani di organizzazione della rete delle istituzioni scolastiche; moltissimi compiti per quanto riguarda la rete dell'impiantistica sportiva, che quindi non è soltanto quella relativa alle scuole.
C'è dunque una serie di strumenti operativi reali, anche se poi, ad esempio, rimanendo nell'ambito del discorso del settore cultura, è bene far notare come, mentre sul versante scuola e formazione vi sono dei passi in avanti significativi, sul versante della cultura, dello spettacolo, dei beni culturali bisogna far sentire di più la voce delle Regioni.
Non è sufficiente un tavolo a livello regionale, magari presieduto, a caso, da un Assessore della Regione Piemonte, per parlare di federalismo: occorre bisogna che il Fondo unico dello spettacolo non venga utilizzato non sia attinto soltanto da parte del Ministro in questione, ma veda un decentramento sia in termini budgetari, in termini economici, sia in termini di attuazione di politiche di programmazione e di scelte.
Stamani, nella relazione dell'Assessore competente, si enunciava una serie di carenze, che è giusto rilevare e sulle quali è giusto intraprendere delle azioni politiche conseguenti, anche se siamo in assenza mi permetto di far notare - di tutta una serie di almeno bozze di provvedimenti su alcuni dei temi che ho toccato, riguardanti l'ambiente, la cultura, la scuola e la formazione. Bisogna però anche mettersi nella condizione di avere questi strumenti da proporre in termini politici poiché non esistono: siamo ancora fermi sui principi generali e sulle tre quattro leggi delega fondamentali, principali, prioritarie.
Facciamo un altro ragionamento, spostiamoci sul versante salute e politiche sociali, approfittando del fatto che abbiamo un Assessore presente, per cui uno si sente meno solo nell'affrontare determinate tematiche, e dice "C'è qualcuno che ti ascolta, insomma!".
E' strano come due argomenti importantissimi come quello di stamani sull'infanzia e quello di oggi sulle leggi Bassanini vengano, per sfortuna per situazione oggettiva... O forse perché, per attuare bene le Bassanini bisognerebbe incominciare dal nostro Regolamento e dai nostri strumenti rendendo più agile, operativo e determinato il nostro tempo e la nostra conseguente operatività in quanto amministratori. Chiudo la parentesi però, di fatto, due argomenti così importanti, vengono affrontati in un contesto di grande minore attenzione rispetto ad altri che decisamente rivestono un ruolo inferiore.
Devo accelerare: sulla salute soltanto alcuni esempi. La riforma riuscirà a rendere celere il processo burocratico, amministrativo, quindi a rendere più comprensibile il rapporto tra Stato e cittadino? Renderà soddisfatto l'utente in termini di servizi resi? La legge n. 59 come si applica nei confronti della salute e delle politiche sociali? Sanità e Stato sociale, che già oggi sono molto regionalizzate pensiamo alla legge n. 517/93 o prima ancora sul versante sanità la 833/78 - il raccordo dei vari provvedimenti, il riordino amministrativo, la sussidiarietà degli Enti locali...?



(Commenti in aula)



SUINO Marisa

Credo che lo dobbiamo leggere in termini di...



(Commenti in aula)



SUINO Marisa

Volevo dire la parola efficienza sulla sanità, però qui mi vengono in mente soltanto cose brutte, se dico questo...



RUBATTO Pierluigi

Dille pure!



SUINO Marisa

No, diciamo quelle utili. Allora, Bassanini, la legge n. 59, sul versante sanità, significa certamente ragionare in termini di qualità dei servizi, in termini di prestazioni più celeri o per lo meno ragionevoli come tempi di attesa da parte dell'utente nei confronti del servizio; vuol dire ragionare sulla chiarezza e la trasparenza dei provvedimenti.
Ho voluto fare questo esempio, perché credo sia importante non centrare le Bassanini solo sui soliti temi, ma leggerle anche in un panorama più ampio.
Peccato che ci siano delle oggettive, evidenti difficoltà a ragionare in termini di concertazione; in primo luogo, perché siamo di fronte ad una Giunta - e questo lo diciamo come ritornello oramai da molto tempo - che non sa dialogare in termini di concertazione: la sinistra non sa cosa fa la destra, difficilmente ci si parla tra Assessori, e lo si vede chiaramente in aula.
Diventa dunque difficile, a partire da questo, ragionare poi nei confronti di altri per offrire dei tavoli di adeguatezza e di concertazione, e quindi degli strumenti operativi per realizzare quanto previsto, in termini brevi, celeri nel tempo, chiari, utili per la cittadinanza.
A conclusione, Presidente - conclusione si fa per dire - rilevando quindi che c'è un grande slancio per determinate poltrone, ma molto meno slancio per fare sul serio i compiti che le leggi ci consentono di attuare e che dovremmo essere chiamati ad attuare in prima persona, ricordo che a tale proposito avevamo presentato un ordine del giorno.
Prima della richiesta fatta come Gruppo, il nostro Presidente aveva presentato recentemente un'istanza, chiedendo questo dibattito.
Eravamo convinti - vero, collega Riba? - che si potesse affrontare questo dibattito con un'altra vivacità, un'altra utilità; ma non pregiudichiamo ciò che potrà avvenire magari nel prosieguo dei tempi (spero non eterni).
In data 25 marzo avevamo presentato un ordine del giorno (numerato 479), che riterremmo in qualche modo assunto dalla discussione che si sta facendo.
Ricordo soltanto alcuni dei punti almeno prioritari di quel documento di fatto rubo un po' di tempo, ma lo recuperiamo non mettendo in votazione l'ordine del giorno.
Noi dicevamo: "disporre di una legge quadro sulle deleghe e trasferire rapidamente deleghe e poteri non in contrasto con la legge n. 59 realizzare strutture deputate alla comunicazione fra gli Enti locali (Provincia, Comuni, Comunità montane) e la Regione; realizzare un efficace sostegno finanziario, tecnico, amministrativo, di personale, agli Enti locali per garantire il pieno e funzionale recepimento delle deleghe incentivare le associazioni ed unioni di Comuni o la realizzazione di comunità di servizio e progettazione intercomunale, soprattutto rivolta ai piccoli Comuni, diffondere la cultura e la pratica dello sviluppo locale (facevamo come esempio i patti territoriali, i contratti d'area, i progetti integrati), costituire una Consulta regionale delle autonomie locali prevedere corsi di formazione del personale e adeguare la struttura operativa regionale per dare rapida, concreta ed efficace attuazione alla legge n. 59/97.
Il 25 marzo 1997 eravamo convinti che avremmo trovato, strada facendo lo slancio e l'operatività necessaria; oggi, a dire la verità, molti dubbi ci sorgono.



PRESIDENTE

Comunque, Consigliera, ritiene assorbito il documento? La ringrazio anche per l'intervento.
La parola alla Consigliera Spagnuolo.



SPAGNUOLO Carla

Grazie, Presidente. Un breve intervento da parte nostra, anche se sono stata tentata di non intervenire in questo dibattito che avrebbe dovuto e potuto essere un dibattito importante. Dico questo perché la materia lo impone, perché i tempi del federalismo lo impongono e avrebbe potuto essere un dibattito importante se noi, complessivamente, avessimo dato un altro livello di partecipazione. Ma, da un lato, devo dire che queste materie di carattere istituzionale da sempre richiedono molta meno attenzione dei pettegolezzi o delle arrabbiature anche individuali, andiamo in diretta su questo tema...



GALLARINI Pierluigi

Comunque ci sono molti colleghi che ascoltano.



SPAGNUOLO Carla

Certo, per carità, ci sono alcuni colleghi che ascoltano tutti gli interventi e sono lodevoli. Non ne faccio neanche una questione legata a quest'aula e a questo momento; ne faccio una questione di carattere molto più generale.
Stiamo affrontando, in questo dibattito, ma anche nel lavoro di Giunta una delle questioni fra le più importanti per la trasformazione dell'assetto istituzionale della Regione Piemonte e delle Regioni; se pensiamo all'attenzione che c'era ieri in aula, da parte dei mass media, e all'assoluta assenza di oggi, di fronte alla stessa questione ringraziando il sig. Moraglio, che non so se è arrivato adesso, come ANSA o se c'era già prima.
Detto questo, capisco anche che è una materia che normalmente non attrae, non ha mai attratto e peraltro siamo in una stagione politica che per le riforme, è sfortunatissima, nel senso che peggio di così non sarebbe potuta finire. Si è parlato prima di Commissione Statuto (e tornerò sulla questione): nella Commissione Statuto, per esempio, una delle ragioni, la più importante, per la quale i lavori sono andati avanti in quel modo è perché c'era la problematica della Bicamerale, quindi della riforma costituzionale a tutto campo delle nostre istituzioni e, giustamente, da una parte, si diceva: "Adesso cambiamo lo Statuto, a Costituzione vigente poi ci sarà la Bicamerale che modificherà la Costituzione in via definitiva e pertanto dovremo nuovamente, su questioni centralissime ed importantissime, intervenire". Quindi c'è un pezzo di dibattito comprensibilissimo. Questa, ripeto, è una stagione non facile per le riforme. La Bicamerale è saltata, testimonianza di una fase politica di grande transizione, oltre che di una fase politica difficile, di instabilità nella quale ci sono molti enunciati, il federalismo è certamente l'enunciato più grande dal punto di vista istituzionale cui noi assistiamo costantemente, ma anche il meno realizzato.
La Giunta ha fatto due relazioni. Devo dire che è un po' difficile commentare queste due relazioni, in particolare quella del Presidente della Giunta regionale, che è una relazione didattica, corretta sotto molti punti di vista. Si fa un commento alla legge n. 59, ai suoi principi: si tratta di una relazione nella quale tutte le enunciazioni sono fatte in maniera corretta, nel senso che se dovessimo passare al prof. Pizzetti, in quanto professore universitario, questa relazione, avrebbe senz'altro un buon voto.
Esiste, però, qualcosa di più che distingue una buona relazione dalla gestione politica di un fenomeno che è di straordinaria complessità.
Nella relazione dell'Assessore Vaglio, anche per sua competenza specifica, ci sono degli approcci un po' più di governo rispetto a questo fenomeno, quantomeno perché l'Assessore Vaglio richiama una serie di provvedimenti che sono in itinere e sostanzialmente si pone il grande problema del rapporto con gli Enti locali e con la comunità piemontese per tradurre questa legge e gli schemi che noi abbiamo predisposto e che ne derivano per tradurre tutto questo in fatto di governo del territorio e di trasformazione delle istituzioni, perché noi abbiamo di fronte questo problema ed è forse su questa questione che un po' di più ci si dovrebbe confrontare da parte dell'esecutivo, complessivamente. Come sempre, questa Giunta ci ha abituato al fatto che parla l'Assessore di riferimento precipuo, ma non, e questo forse è un limite di questo dibattito, gli Assessori che hanno la grande competenza di merito e la competenza di governo di questi processi di trasformazione che non tutti evidentemente sono affidati all'Assessore che ha la competenza di carattere funzionale orizzontale in questa materia. Abbiamo incominciato a fare una serie di osservazioni in sede di Commissione e di Commissioni consiliari competenti ciò che oggi ci dobbiamo porre è come coinvolgere il sistema delle autonomie in questo processo di attuazione di una normativa che, se attuata nella sua pienezza, di per sé può essere una normativa, non vogliamo dire rivoluzionaria, ma certamente di straordinaria e profonda trasformazione.
Abbiamo imparato in questi 25 e più anni di vita delle Regioni, non solo della Regione Piemonte, che, prima la 382, poi la 616, la 142 e adesso tutta questa serie di numeri, non sono numeri, ma sono stati grandi tentativi di costruzione della Regione, e oggi tentativi di costruzione del federalismo, che tutta questa serie di normative sono importantissime e possono essere importantissime se hanno una gestione e un governo politico e se riescono a collegare, non soltanto il rapporto Stato-Regioni, che diventa fondamentale, ma direi che oggi un processo di maturazione in questo senso c'è stato, se ci fosse stata la riforma costituzionale certamente ci sarebbe stata una spinta ulteriore in questa direzione, non c'è stato questo, ma direi che una convinzione un pochino più profonda a limitare il centralismo, non voglio dire a costituire il federalismo, noi l'avvertiamo. Il provvedimento in oggetto ci fa percepire tale situazione.
Adesso la "palla" è passata un pochino a noi ed è compito nostro gestirla con un coinvolgimento della comunità e non soltanto dei livelli istituzionali: questo è il punto centrale del dibattito.
Nella relazione dell'Assessore Vaglio sostanzialmente si fa una proposta politica poi si riepiloga quanto è stato fatto. Non disprezzo mai il lavoro svolto in quanto è sempre cultura per tutti, anche se può essere migliorato. Proposta politica che ricalca un'ipotesi di lavoro che c'è stata nella scorsa legislatura che ha visto una Commissione consiliare che si è costituita per la legge n. 142.
Mi sono chiesta spesso se la legge n. 142 fosse una legge di impianto in qualche modo più facile della normativa Bassanini: non lo so. Certamente non siamo riusciti nell'adempimento perché tutta la questione della aree metropolitane non siamo riusciti a realizzarle noi, come non sono riusciti a realizzarle la maggioranza delle grandi città italiane. Ciò significa che c'è il problema un po' delle leggi, di cui si sente l'esigenza, ma poi non si riesce a calare nella gestione politica e nel governo politico.
Per quanto riguarda la legge n. 142 un'esperienza l'abbiamo fatta alcune cose sono state realizzate. Devo dire che sul piano delle riforme istituzionali in questa legislatura vi è una grande delusione, ed è per questo che non mi esprimo sulla proposta dell'Assessore Vaglio, ci rifletterò ulteriormente per quello che riguarda il nostro Gruppo. Faremo anche una consultazione in questa direzione, forse un pochino più approfondita, del resto la relazione l'abbiamo avuta oggi, anche se di questa Commissione si sentiva parlare da tempo.
La perplessità che nutro è che in questa legislatura la questione istituzionale è stata parecchio trascurata. Devo dire che avevo vissuto come momento di grande entusiasmo sia la gestione del collega Burzi e poi ho anche, come Vicepresidente della Commissione, la questione della Commissione Statuto. Mi chiedo come si possano sprecare tante risorse, che si debba riformare lo Statuto della Regione Piemonte è cosa certa, che la riforma dello Statuto sia necessaria era cosa assolutamente certa, che ci fosse il dibattito se farlo a Costituzione variata o a Costituzione invariata era altrettanto chiaro. Avevamo scelto di muoverci a Costituzione invariata; l'aver lasciato lì le cose, mi sembra uno spreco non giustificabile e che poco mi fa sperare per altre Commissioni.
Ho provato a scrivere delle cifre, le voglio consegnare al Presidente della Giunta regionale: noi abbiamo sprecato in termini economici dai trecento ai quattrocento milioni non si sa per cosa. Se noi facciamo il conto del numero di riunioni che abbiamo tenuto per tre anni al costo di lire 200.000 per persona, al numero di docenti universitari di altissimo livello che abbiamo coinvolto, interrompendo poi i contatti, nonostante essi avessero svolto del lavoro.
Vi è anche il fatto che la Bicamerale è saltata per cui nel breve non abbiamo un'ipotesi di riforma costituzionale.
Da parte di questa maggioranza spesso si invoca che il grande problema dei problemi è il Regolamento: allora cambiamo il Regolamento! Sottolineo che la Commissione Regolamento nell'arco di questa legislatura si sarà riunita cinque volte.
Ho trovato sempre questa cosa con margini kafkiani, si cambi il Regolamento! C'era un grosso lavoro di raccordo tra le modificazioni statutarie e le modificazioni di Regolamento: tutto questo non si è fatto.
Allora non è che sarà facilissimo calare le Bassanini nella realtà.
In questa legislatura non è stato fatto un percorso di riforma istituzionale, non è stato fatto per responsabilità di tutti, ragionamenti di modificazioni istituzionale non sono andati avanti. Non sarà semplicissimo dire: "facciamo così e quello che noi avremmo deliberato legislativamente diventerà governo della trasformazione".
Pertanto prendo atto di queste due piacevoli relazioni, perché non sono spiacevoli, ma non c'è il filone del governo e neanche la "credibilità". Se non si è fatta una cosa, tipo la modifica statutaria in questa Regione anzi il lavoro si è fatto, ma lo si è lasciato lì, in qualche modo lo si è buttato via e non lo si affronta nemmeno in questo contesto. Mi chiedo come un complesso di trasformazione così ampio possa essere realizzato in maniera compiuta. Detto tutto questo noi, come Gruppo non ci sottrarremo a dare il nostro contributo, ma in un contesto che non ci fa sperare bene.
Molte altre cose si potrebbero dire, la materia è complessa, abbiamo già occupato parecchio tempo, non so in quale sede torneremo a discuterne. Non so se il Presidente della Giunta o l'Assessore Vaglio vorranno fare una replica subito; probabilmente sarà anche utile prendersi un momento di aggiornamento, questo non lo so, però ad ogni modo non ci sembra che il contesto sia un contesto che possa portare a delle profonde e necessarie trasformazioni.



PRESIDENTE

A questo punto, non ho più iscritti ad intervenire.



PRESIDENTE

RIBA Lido (fuori microfono)



PRESIDENTE

Io vorrei ancora intervenire, ma sarebbe bene che intervenisse qualcuno della maggioranza!



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Riba.



RIBA Lido

Se l'ultimo intervento da parte della maggioranza è quello del Consigliere Gallarini, non ho problema. Sono state dette molte cose esatte e importanti, la stessa relazione del Presidente e la comunicazione dell'Assessore Vaglio hanno dei contenuti che sono stati considerati interessanti e che anch'io apprezzo.
Credo però di non essere ingeneroso verso noi stessi se dico che il dibattito è proprio un pochino poco frequentato. D'altra parte, noi faremmo una fatica immane, ammesso che intendiamo farla, a recuperare ciò che peraltro ci aveva già contraddistinti fino ad un anno fa, per il livello di iniziativa sia culturale che di autoformazione del Consiglio regionale e degli apparati funzionariali sulle questioni della riforma regionalista.
Ricordo che partivano dal Piemonte posizioni, documenti, indirizzi significativi a corredo dello sforzo nazionale delle Regioni per la battaglia per le autonomie. Ricordo soltanto le riunioni nell'ambito del lavoro degli Stati Generali, in particolare il seminario di Vinadio e ancora di più quello di Belgirate, dove avevamo messo a punto una metodica di lavoro ed anche individuato gli aspetti contenutistici di un progetto di autoriforma della Regione nella prospettiva di una riforma regionalista dello Stato che allora consideravamo sicuramente con qualche limite - il Presidente Picchioni non me ne voglia - per ciò che avevo sottolineato allora. Non conoscevo che cosa sarebbe successo dopo e quindi adesso lo considero un punto alto, non lo faccio per polemica, mi riferisco ad un Presidente... Adesso qui c'è Ghigo, mi sarebbe piaciuto che il Presidente Deorsola non si fosse perduto l'opportunità di essere almeno presente a questo tipo di dibattito, Presidente Minervini abbia pazienza, ma prenda nota perché non credo che qui si tratti di una questione che tange soltanto alle problematiche della Giunta: è una questione che investe fondamentalmente l'istituzione intesa come Consiglio, non soltanto, ma come punto di riferimento emblematico, imprescindibile ed apicale del sistema istituzionale del Piemonte! Noi stiamo consumando - questo è il problema, Presidente Ghigo - i tempi della opportunità di questo grande confronto culturale ed istituzionale che aveva avuto tutti i suoi adeguati e significativi antefatti nel lavoro degli Stati Generali! Lo stiamo consumando questo tempo in un lavoro quasi immiserito ad un confronto esiguo all'interno di alcuni passaggi nelle Commissioni senza che riusciamo a rimettere in piedi a ricostituire il progetto politico dal quale derivare la nostra riforma e la nostra autoriforma.
Bisogna avere presente che la opportunità dell'autoriforma delle Regioni è un po' come la cometa di Halley che passa una volta ogni tanto non è che la si può ricostruire! Dopo trent'anni, tanti sono gli anni decorsi dalla costituzione delle Regioni, questa è la prima occasione che si ha effettivamente per verificarne il funzionamento e metterne a punto la prospettiva e la progettualità. Bisogna avere presente che la riforma di trent'anni fa fu una riforma parzialmente o clamorosamente fallita, a seconda di come si vogliano utilizzare gli aggettivi, non perché questo non fosse un altro progetto della Costituzione italiana. Per riconoscimento storico devo dare atto che fu il Partito socialista dell'epoca che tra le varie rivendicazioni per aderire al centro-sinistra nato nel 1963 pose il problema dalla nazionalizzazione dell'energia elettrica e della costituzione delle Regioni. Questo è un fatto storico, poi evidentemente tante cose sono passate e sono cambiate: le Regioni, realizzate una volta ritornarono ad essere ciò che per tante ragioni erano destinate ad essere cioè soltanto un canale dell'iniziativa nazionale. Noi avremmo tutti quanti un apporto considerevole anche quantitativamente di elementi da portare qui, per quanto possa essere di alcuni breve l'esperienza di Consigliere regionale, per dire come muovendoci nell'ambito delle leggi quadro praticamente siamo stati privati sistematicamente di quel livello fondamentale che è il livello della sovranità. Se non c'è livello di sovranità non ha senso il potere legislativo. Il potere legislativo si applica in quanto tale ed esiste se è correlato ad un potere di sovranità che è quello che la Costituzione conferisce alle Regioni.
Questa è una battaglia grossa che devono fare e che in parte hanno fatto anche i Presidenti delle Regioni e che abbiamo fatto tutti quanti per rivendicare nella riforma non soltanto un autonomo ritaglio di opportunità per noi, ma un processo di ripensamento del nostro sistema istituzionale.
Leggo ora una frase che è stata sottoscritta dal Presidente Ghigo: "Le vecchie Regioni-apparato, intese come enti statali inclini a riprodurre a loro volta centralismi, vanno trasformate in federazioni di città e autonomie; dovranno dismettere quindi molte delle funzioni di gestione da incardinare su Comuni e Province ed assumere invece funzioni reali di governo politico unitario delle dimensioni regionali". Questa frase, che è stata sottoscritta dal Presidente Ghigo, è tratta dal documento degli Stati Generali sul federalismo del 23 marzo 1998.
Ora, fra questo progetto e l'esiguità poi, non nei testi delle proposte, alcune sono anche buone, presentate al Consiglio per l'attuazione dei decreti Bassanini, c'è di mezzo il mare come tra il dire e il fare.
Anche nella sua relazione ci sono degli elementi che seguono questo filone ma il nostro modo di lavorare è messo in condizione di adire a questo tipo di prospettiva? Perché oggi noi abbiamo una responsabilità ed è vero, io un passaggio non polemico, ma politico lo devo fare: ma perché consentite alle vostre forze in seno al Parlamento di buttare così a mare la riforma federalista! E' una grave responsabilità!



(Commenti dai banchi della maggioranza)



RIBA Lido

Sì, lo so, tutto va bene! Ma si possono anche tirare le uova per far cadere le noci - è un adagio piemontese che tutti conoscono. Se vi va bene facciamo anche questo, però sappiate che oggi come oggi l'una e l'altra cosa finiscono per ricadere sulle responsabilità di tutti noi amministratori. E' una situazione che pone le sue conseguenze a carico dei cittadini, perché è chiaro che l'avere affossato la riforma federalista a livello nazionale non diventa un alibi per lavorare allo schema più ridotto del federalismo a Costituzione invariata nell'ambito della nostra prospettiva regionale.
E' proprio su questo punto che voglio sottolineare alcuni passaggi che hanno richiamato quasi tutti i colleghi (Saitta, Carla Spagnuolo in particolare, Cavaliere): ma perché noi ci siamo permessi di avere non dico smantellato, perché il termine è rinunciatario, ma congelato il lavoro della Commissione per la riforma dello Statuto? Perché quella era la sede nella quale si cogitava e perciò non era pericolosa, non era una sede che in qualche maniera assorbisse dei poteri; tutti, anzi... Voi avete un'opposizione - scusate questa parentesi - che normalmente, me ne sorprendo perfino, non vi insidia mai niente sul piano gestionale. Se fosse l'opposizione di altri probabilmente insidierebbe sul piano gestionale, se ho capito bene, ma noi non siamo portati, non è questo il punto; noi abbiamo invece l'esigenza di lavorare nel filone di quella storia che port nel 1970 un partito della sinistra, ma nell'ambito di un programma accettato da tutti, di quel centro-sinistra, poi c'era Moro e tante altre cose, guai a voler considerare le grandi conquiste della nostra Costituzione operazione di parte, anzi. Che si lavori avendo come riferimento quei grandi passaggi, oggi dopo trent'anni le Regioni sono ad un grande bivio: o si rassegnano, ma vale anche per i funzionari, alcuni tra i più valorosi sicuramente sono qui che ci ascoltano e lavorano su queste cose, ma vale anche per loro: non ce la farete a difendere contro il senso della storia il mantenimento degli apparati di 3.000 persone alla Regione, non ci sta! Lo diceva Saitta: questa riforma complessivamente prevede che si acquisisca grande rilievo in termini di qualità delle competenze, ma che gli apparati si organizzino diversamente. Se non c'è questo flusso che dà anche sicurezza, gli apparati si chiudono. E' quello che sta avvenendo a livello dei Ministeri: fatta la prima parte della Bassanini, c'è una grande reticenza sulla seconda. E perché non dovremmo dirlo? Ma perché forse è un problema del mio partito o del tuo, Presidente? O è un problema del sistema istituzionale italiano nel suo complesso? Rimane da vedere come noi diventiamo un soggetto molto attivo.
Ritorno alla Conferenza Stato-Autonomie locali. Assessore Vaglio, io non so se oggi vuoi rimanere lì per custodire le signore, che capisco anche che sono qui, o se invece è un tuo atteggiamento, in genere si parla rivolgendosi ai banchi della Giunta, io adesso mi rivolgo verso i funzionari e anch'io ho il beneficio di rivolgermi a gradevolissime funzionarie...



SPAGNUOLO Carla

E anche altre dietro, nelle tribune.



RIBA Lido

Certo, quindi non si sa più come scegliere fior da fiore, per cui caro Vaglio va a sederti al tuo banco in modo che ognuno prosegua secondo la tradizione.
Dunque, l'Assessore Vaglio propone di fare un'altra Commissione.
Consentimi di dire che questo elemento io lo considero rimosso perché era un'ipotesi. Noi non abbiamo bisogno di un'altra Commissione in aggiunta alle otto che già abbiamo, a meno di dire che quelle otto Commissioni non vanno bene e allora bisogna cambiare. Ma allora bisogna cambiare noi stessi e su questo mi troveresti probabilmente d'accordo a cominciare da me per finire a me soltanto, comunque non vorrei che noi utilizzassimo degli elementi per sottrarci al problema. Una vera Commissione sarà la costituzione della Conferenza Stato-Autonomie locali, non creandola come un Tavolo d'incontro tra la Giunta e le Autonomie locali; se già il dibattito complessivamente ha una sua esiguità, sottratto di tutto l'apporto che pu essere quello che viene dall'immaginazione, dallo sforzo, dalla fantasia e dall'impegno culturale di tutto il Consiglio, diventa un mero conflitto confronto tra enti in perenne conflitto per trattenere o conquistare, a seconda che lo si voglia, delle posizioni.
Io sono per fare una vera Conferenza Regione-Autonomie locali; le ipotesi possono essere tante, noi ne abbiamo avanzata una, ma vale solo come ipotesi, quella diventa una sede in cui possiamo fare degli approfondimenti. Sono per riattivare subito il Comitato per la riforma dello Statuto, perché la riforma dello Statuto è un elemento che aggiorna l'idea stessa di Regione, un'idea che va aggiornata man mano che noi la trasformiamo operativamente, concretamente nelle sue fasi amministrative e nel suo modo di essere un elemento cardine di un sistema istituzionale e non un elemento al vertice di un sistema istituzionale. Un'organizzazione sistemica e non gerarchica delle autonomie locali, che sarebbe già un grande strappo, che sarebbe già una positiva discontinuità.
Se attiviamo subito queste due cose abbiamo il versante che coinvolge il Piemonte e abbiamo il versante che sfida "positivamente" la nostra cultura. Se la Giunta vede che le Commissioni fanno mielina e se noi vediamo che la Giunta porta degli elementi che non sono espressione di una dimensione politicamente adeguata ad esprimere una volontà di riorganizzazione della portata di quella prevista dalla riforma Bassanini anche noi abbiamo il dovere, diritto, obbligo di richiamarci tutti a un momento di rivalutazione comune.
La riunione di oggi avrà, pur nelle contingenze della data e alla fine del secondo giorno di lavoro, scontando qualche elemento di non partecipazione, un esito positivo se non chiuderà ritualmente un dibattito preliminare ad affrontare altri passaggi in Commissione, e se assumerà le questioni che mi pare siano state poste anche dalle opposizioni, in modo che noi possiamo da domani mettere a punto un'ipotesi che ci consenta di valorizzare il passaggio e gli adempimenti come occasione di riorganizzare veramente e di riformare la nostra Regione.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Riba.
La parola al Consigliere Gallarini.



GALLARINI Pierluigi

Innanzitutto ritengo che si debba ringraziare il Presidente Ghigo e l'Assessore Vaglio per la loro relazione. E' stato detto che è una relazione di buone intenzioni, ma finora non sono seguiti i fatti. Oppure i fatti che sono seguiti sono stati piuttosto minuscoli rispetto all'enunciato e al contenuto delle due relazioni, soprattutto quella del Presidente.
Penso che oggi come oggi, al di là di intenzioni che rappresentano la ricerca, che notoriamente è avanzata rispetto alla sperimentazione e alla pratica che la ricerca stessa consente di attuare necessariamente in tempi successivi, quelle relazioni dimostrino come l'obiettivo sia importante come esista veramente la coscienza nella relazione del Presidente della difficoltà di realizzare questo progetto.
Qualcuno ha accennato alle resistenze. Io ho avuto la fortuna di ascoltare il Ministro Bassanini all'Unione Industriale 15 giorni fa proprio qui a Torino, e il Ministro stesso ha messo in evidenza le difficoltà che si riscontrano, difficoltà d'altra parte che noi incontriamo anche a livello locale e a livello regionale, con tutto il rispetto per i funzionari che conosciamo da anni e che sono sicuramente molto validi. Come è stato detto, non si può pretendere che le rivoluzioni, se così si pu dire, vengano fatte sulla pelle dei funzionari; c'è una mentalità che è esistita e che esiste. Dicevo a Saitta prima che è come pretendere, sotto certi aspetti, che la rivoluzione d'ottobre fosse stata fatta dallo zar sicuramente i risultati sarebbero stati diversi, con tutto il rispetto.
Rispetto a un consolidato storico, rispetto a quel modo di essere delle Regioni di cui parlava Riba, che in questi primi 25 anni non sono state in grado di conquistarsi un'autorevolezza, oggi come oggi esiste la necessità di risvegliare delle tensioni forti che non sono le tensioni di qualche collega che invoca un punto contrattuale non ancora rispettato secondo lui e che probabilmente attrae, come attenzione, maggiormente rispetto al dibattito che invece stiamo facendo, dibattito che richiede una spinta politica forte che anche noi come maggioranza, lo dico a noi stessi, con le presenze di aula di oggi, non dimostriamo.
Noi abbiamo chiuso una crisi, abbiamo ricomposto una Giunta, ma dobbiamo ritrovare una spinta politica molto forte perché soprattutto su queste questioni, su questo decreto Bassanini, sulla necessità di portare in porto l'applicazione di questo decreto e quindi di mettere in piedi come dicevano il Presidente e l'Assessore, quel Tavolo delle autonomie locali per dare una risposta che non potrà essere purtroppo all'altezza della domanda, noi qui dentro sotto certi aspetti facciamo ricerca e la domanda chiede l'applicazione della ricerca. Quindi c'è una discrasia e un rilassamento dei tempi, che sicuramente è comprensibile a questi livelli dobbiamo comunque cercare di dare una risposta che sia la più efficace possibile.
Il periodo non è dei più favorevoli, ovviamente; siamo verso la fine di luglio e quindi ragionevolmente ai primi di settembre la maggioranza dovrà ritrovare questa spinta per poter ripartire, perché su questi argomenti se non c'è una spinta forte difficilmente si riesce a portare avanti provvedimenti efficaci. La spinta deve essere complessiva dell'assemblea e quindi concordo con qualche collega che ritiene che ai primi di settembre valga la pena fare un'altra Vinadio o un'altra Belgirate, in modo tale che anche attraverso gli Stati Generali, così come attraverso il Tavolo al quale siedono le autonomie locali, possa venire un'altra spinta che probabilmente potrà attivare anche quella primaria, che corre il rischio di essere sopita per ragioni che tutti possiamo intravedere e che sicuramente tutti respiriamo.
Questa è una prima considerazione: necessità di attivare spinte e di riattivare tensioni attraverso un incontro degli Stati Generali che possa portare acqua al mulino di questa incisività, la necessità che venga rimessa in piedi... Anche qui, concordo con le critiche che sono state fatte sulla Commissione Statuto; noi riteniamo che non sia fallita, non sia morta: semplicemente è in coma da molti mesi, perché durante questi mesi ci sono state altre priorità, come è successo sul Titanic a suo tempo, per cui, prima di pensare ad altro, bisognava respirare.
Ora abbiamo respirato e riteniamo che si possa ripartire. Quindi noi come maggioranza, ma ritengo siano d'accordo anche tutti i colleghi degli altri Gruppi, dal Presidente della Giunta alla Giunta nel suo complesso vogliamo rimettere in piedi la Commissione Statuto.
Terzo punto, la questione della Commissione ad hoc o l'VIII. Noi riteniamo, innanzi tutto, così come diceva il Consigliere Saitta, che si debba ricondurre ad unità il tavolo di lavoro relativamente a tale questione. Questo come punto fondamentale.
Seconda considerazione. Riteniamo che, prima di istituire un'altra Commissione, con tutto il rispetto per la proposta dell'Assessore Vaglio che è da considerare, valga la pena valutare fino in fondo se esistono le condizioni.
Noi riteniamo che esistano (forse a livello superficiale, ma approfondiamo pure l'analisi) le condizioni perché l'VIII Commissione possa assumere in capo un problema di questo tipo; ovviamente, siamo qui per confrontarci con il Presidente, con la Giunta e con l'Assessore Vaglio, in modo da trovare la soluzione più efficace.
Tuttavia, in prima battuta, riteniamo che questa possa essere un'opzione incisiva, che consenta sostanzialmente di portare avanti le cose.
Altre considerazioni sono state fatte inizialmente dal collega Vindigni, il quale ha svolto un intervento molto ampio ed approfondito anche sulla questione dell'informatizzazione e della formazione professionale.
Occorre ritrovare quella spinta, e ritrovarla noi prima di altri.
Riteniamo che la relazione del Presidente e dell'Assessore debbano e possano costituire stimolo per ritrovare questa spinta sulle questioni Bassanini, che rappresentano le priorità di oggi. La risposta a questi problemi, la risposta al cittadino, che è l'interlocutore o l'azionista di maggioranza, come qualcuno ha ricordato negli interventi, deve essere data e per darla occorre mettere in piedi tutto quanto siamo in grado di mettere in piedi.
A proposito dell'informatizzazione, ricordo che abbiamo la fortuna di essere in una Regione in cui - penso unica finora - è stato messo in piedi ed appaltato a Telecom "Piemonte in Rete", ovvero la rete autostradale telematica della nostra Regione...



(Commenti in aula)



GALLARINI Pierluigi

Adesso io oso immaginare... Questa rete è stata messa in piedi, per quel che so, da pochi mesi...



(Commenti in aula)



GALLARINI Pierluigi

Anche questo è da attivare, per cui ribadisco la questione dell'informatizzazione e quella della formazione professionale.
Giustamente il Consigliere Vindigni citava il fatto che all'interno dei bilanci, per quanto riguarda la nostra Regione, ogni anno vengono stanziati dai due ai tre miliardi per la formazione professionale. Questa voce - e penso che la Giunta sia d'accordo - può essere incrementata in funzione di quanto espresso a tale proposito nei decreti Bassanini.
Noi condividiamo le affermazioni di molti colleghi e riteniamo che il taglio da dare debba essere, come veniva ipotizzato, in maniera drastica passando dai 3.000-3.200-3.300 dipendenti (tanti quanti sono oggi i dipendenti della Regione Piemonte) a circa 1/3.
Non si tratta dei 100 in più o in meno: l'importante è che rimanga una struttura in grado di lavorare all'interno di un Ente che programma ed indirizza; quindi, non un Ente di gestione, come è stata la Regione in tutti questi anni, anche perché la gestione, purtroppo, dà poi l'idea reale di una divaricazione forte fra quello che dovremmo essere e quello che invece siamo costretti ad essere.
Come possiamo rilevare dai sondaggi di questi giorni, un partito, una forza politica, a seguito di un evento o due a livello nazionale, pu passare dal 25% al 30%, così come, per la verità, domani mattina, a seguito di un altro, potrebbe passare dal 30% al 15%. Con ciò voglio dire - ma siamo tutti maturi per queste cose che a fronte di sommovimenti e di migrazioni bibliche che da un giorno all'altro portano a variazioni di questo tipo, poi ci si ferma, un'istituzione resta bloccata a causa di una nomina in un lontano punto di una certa Regione; è bloccata, anche se quella nomina avrà incisività sui movimenti di cui parlavo prima di "1x10 alla meno infinito". Eppure, ci si deve concentrare su quello; si è impossibilitati, si è ingabbiati e non si riesce ad operare in quella direzione. Non dobbiamo avere il timore di registrare queste tristi realtà! La realtà, che mette in evidenza la gabbia all'interno della quale, per un consolidato storico ed anche per fossilizzazione mentale, siamo costretti ad operare, è il fatto che effettivamente, oggi come oggi, queste migrazioni bibliche dipendono da tutt'altri fattori, e quindi dovremmo veramente, prima di tutto, prima di pensare di riformare il personale e tutto il resto, riformare la nostra mentalità, il nostro modo di essere e di porci rispetto alle questioni.
Questa è la prima riforma che, a mio parere, ognuno di noi, davanti allo specchio, deve porsi come obiettivo da realizzare. Se riuscissimo in questo, molto probabilmente riusciremmo ad essere più incisivi sia sui Bassanini che su quant'altro ci troveremo ad affrontare nel prossimo periodo.
Un'ultima considerazione sulla legge n. 51, Consigliere Saitta. Nel recente aggiornamento del programma con il quale la Giunta Ghigo si è ricomposta, abbiamo inserito la volontà di mettere mano alla legge n. 51, e siamo convinti che vada fatto. Però non si può dire che la legge n. 51 è nata vecchia. Noi la votammo un anno fa, era proprio il luglio del 1997 forse qualche giorno più in là, verso la fine del mese, ma non è nata vecchia.
Innanzi tutto, il primo dato che dobbiamo verificare è la resa dell'applicazione di quella legge dall'1 gennaio ad oggi. Questo è il primo risultato: siamo qui, lo ignoriamo tutti.
Il 30 giugno è passato, abbiamo detto che siamo stati assorbiti da altre vicende, ma ci sono stati almeno sei mesi di applicazione di questa legge: verifichiamo quei dati, il conto consuntivo del funzionamento di quella legge per i primi sei mesi! Quando avremo quello (io mi auguro in tempi stretti), allora vi si potrà metter mano, ma non in modo astratto, tanto per dire: "Mi sono dimenticato una cosa o qualcuno si è dimenticato di inserire qualcosa ad un certo articolo di quella legge, lo inseriamo adesso ad un anno di distanza". Sarebbe un doppio errore! Noi dobbiamo mettere mano alla legge n. 51 con cognizione di causa sapendo quali sono state le criticità riscontrate - e l'impressione è che ne siano state riscontrate molte - ed operando in modo incisivo, per andare a correggere quello che la legge ha prodotto di disastrato rispetto a quello che noi ci proponevamo di fare nel momento in cui, nel luglio di un anno fa, votavamo quella legge.
Penso che queste fossero le considerazioni, per quanto ci riguarda, che meritava la conclusione di questo lungo dibattito; ho "sforato" anch'io di tre minuti, ma non avrei voluto farlo.
Ritengo comunque che la giornata di oggi possa essere archiviata come una giornata sicuramente positiva, seppure non esaustiva del problema (anzi, tutt'altro).
Se riusciremo a mettere in atto quei passaggi di cui parlavamo prima riteniamo che ai primi di settembre si debba e si possa recuperare la grossa spinta indispensabile a far sì che l'applicazione di questa legge diventi incisiva per la Regione Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie, Presidente. I temi che abbiamo discusso interessano pochi anche di coloro che dovrebbero occuparsene per mandato elettorale, per competenza, responsabilità e - se vogliamo - anche per indennità ricevuta.
Il dibattito e la presenza di oggi purtroppo lo dimostrano. Questi temi interessano pochissimo, quasi nulla l'insieme della popolazione piemontese.
Se vogliamo, una riprova di questa affermazione l'abbiamo nell'interesse che coloro che hanno un rapporto diretto con l'informazione e la sensibilità dell'opinione pubblica ci dimostrano con la loro assordante assenza. Non c'è nessuno perché non interessa a nessuno...



FERRERO Caterina

Non c'è quasi nessuno.



CHIEZZI Giuseppe

Sì, nessuno sempre tra virgolette, rispetto a quando la Regione si riduce ad un fax. Quando la Regione si riduce ad un fax, allora esiste.
Quello è il tipo di problema di cui ci si occupa: la sala piena, i giornali pieni, le notizie a tutta pagina.
Ho voluto fare questo cappello, chiedendomi perché questo tema non interessi.
Sarà mica colpa di tutto l'elettorato? Vivremo mica in un Paese di disattenti, di incivili? Non penso. Come mai non interessa questo tema? E' chiaro che le istituzioni non sono un fine - ho letto la relazione del collega Riba e questo punto lo condivido - ma devono essere uno strumento se fossero uno strumento riconosciuto come tale dalla popolazione, un interesse ci sarebbe.
A me pare che ci sia un capovolgimento dell'ordine dell'importanza delle cose. A me pare che si possa avere la sensazione che, in questa fase di transizione, le istituzioni vengano trattate come fine di un ceto politico che le gestisce, piuttosto che non come uno strumento, agli occhi delle persone, capace di risolvere problemi fondamentali.
Penso che uno dei primi fatti di disattenzione sia questo: i politici stanno facendo la loro riforma, stanno dentro queste istituzioni, le cambiano, ma a me, cittadino italiano, piemontese, che non ho lavoro, ho i servizi che decadono, non mi pare che quello sia il mio problema.
L'altra osservazione è questa: le istituzioni dovrebbero essere strumenti. Ma strumenti di chi? Dato che stiamo ragionando a Costituzione vigente, è un ordinamento costituzionale perfetto; dallo Stato fino alla Circoscrizione è stato costruito questo strumento che ancora ordina il nostro Stato. Era strumento di chi? Di qualcuno o di nessuno? Senz'altro dobbiamo dire che gli strumenti istituzionali fissati nella Costituzione italiana sono stati strumento, espressione della lotta antifascista e del rinnovamento completo dello Stato italiano al termine della guerra.
Non è stata un'invenzione a tavolino di qualche politico che decide cosa fare per il bene del popolo. Non è stato così; è stata la conclusione di un processo popolare, di massa, che ha portato ad individuare lo strumento capace di inverare obiettivi, indirizzi, richieste, necessità di un popolo uscito dalla guerra, uscito da una guerra antifascista.
La Costituzione, l'ordinamento dello Stato è stato lo strumento di affermazione della volontà popolare, che ha preso la forma di un ordinamento istituzionale. L'ordinamento istituzionale, come quello giuridico è determinato dai rapporti di classe. Non nasce dal nulla, è determinato ed è figlio dei rapporti di forza che ci sono in un Paese, dei rapporti di potere.
Non penso che occorra essere dei cultori del materialismo storico per dire che non è così, che non c'è un rapporto diretto tra gli ordinamenti le sovrastrutture di una società e le strutture profonde della stessa.
La collega Carla Spagnuolo diceva che siamo in un momento di transizione; in questo momento di transizione cosa esprime la società come richiesta di modifica dell'ordinamento istituzionale e chi lo esprime? Oggi, se guardiamo in cosa consistono i rapporti sociali, economici materiali di produzione dobbiamo dire che, rispetto al momento che ha dato vita alla Costituzione italiana, sono cambiate molte cose, che oggi siamo in presenza di una situazione di rapporti di potere economici di forza alla base della società, tutti diversi, che sono caratterizzati - lo sappiamo - dalla cosiddetta globalizzazione e quindi da un'economia fortissima, unica rimasta a determinare indirizzi e sviluppi di una società sempre più di una volta, di un'economia che ha bisogno di flessibilità cioè di fare ciò che crede, il più possibile, riferendosi solo a parametri economici e monetari.
Questo è l'elemento forte che oggi agisce nella società ed è un elemento tanto più forte in quanto, viceversa, la situazione sociale è molto pesante.
Ha subìto dei colpi organizzativi e noi, come Gruppo, diciamo anche che subisce una disattenzione, una mancanza di volontà di lotta, di conflitto.
Ma questa è la situazione, una situazione sociale molto affaticata e molto frantumata, meno organizzata di una volta, meno in grado di influire sulle sovrastrutture di cui ha bisogno.
A me pare che questa situazione economica e sociale nella struttura dei rapporti di potere porti a richiedere una riforma dell'ordinamento dello Stato debole, debolissima, che quasi non esista. Penso che questa sia l'unica vera spinta visibile verso una riforma che smantelli quello che non è stato attuato della Costituzione, smantelli anche qualcosa che è stato attuato o difeso, e consegni al potere economico ufficialmente un ordinamento dello Stato il più debole possibile. Ordinamento dello Stato che, dobbiamo dire, è già in gran parte debole: la Regione è uno di questi elementi deboli, nata tardivamente, nel 1970. Forse se fossero nate contestualmente all'entrata in vigore della Costituzione avremmo situazioni diverse anche per le Regioni, ma essendo nate nel 1970 e avendo perso la spinta delle ragioni del popolo italiano di avere istituzioni democratiche risulta una struttura che dal punto di vista della debolezza del Governo è esemplare. Se la Regione si riduce al fax - è un po' un paradosso - è una Regione che non ha saputo fare altro.
A me pare che quando chiediamo e invochiamo l'autoriforma della Regione, la prima autoriforma, la prima rivendicazione di un'istituzione esistente dovrebbe essere quella dell'esercizio dei poteri esistenti.
Invece, i poteri esistenti, il regionalismo che c'è già, non viene esercitato, ma si chiede l'autoriforma per i poteri che ancora non abbiamo.
Il regionalismo e l'autoriforma che già potrebbe essere attuata consistente nell'attuazione dei poteri reali, non ci sogniamo di farla, n di chiederla - quando il mio Gruppo l'ha chiesta è stato solitario per lunghi anni in quest'aula. La Regione Piemonte dovrebbe programmare lo sviluppo o pianificare il territorio o coordinare gli interventi: la Regione Piemonte non fa niente di tutto questo. Se non si esercitano questi poteri strutturali - e non si esercitano - si cresce come struttura amministrativa impropria, una bardatura, i tremila dipendenti, la gestione al posto di Province e Comuni. Questo secondo me va detto. Sembra quasi che questo elemento non faccia parte del problema del regionalismo, del federalismo, per chi ci crede, della sussidiarietà. Invece questo è "il problema", perché questa debolezza non nasce a tavolino o per volontà astratta di qualcuno, questa debolezza è perfettamente collegata e lo è sempre di più perché questa mancanza di programmazione, pianificazione, che pure negli anni '70/'80 qualche momento di realizzazione aveva, è andata scemando nel tempo. E' andata scemando in corrispondenza di una richiesta dei poteri economici forti di non avere quadri di riferimento all'interno dei quali sviluppare la propria economia, i propri progetti e via dicendo.
E' stato richiesto questo e, in corrispondenza di questa situazione di rapporti di forza nella società, le Regioni, - non la Regione Piemonte, non faccio un discorso contro il Polo che attualmente gestisce - non hanno realizzato i compiti per i quali sono nate.
Chiederei una riflessione su questo fatto. Dopodiché va bene; stiamo dentro la riforma delle leggi Bassanini, forse fatte un po' a tavolino, con il passo più lungo della gamba. Come Gruppo chiediamo - e cercheremo di mettere in atto questa nostra richiesta che si parli di principi in modo non demagogico. Per fare un esempio il principio di sussidiarietà chiediamo che la si smetta di enunciarlo semplicemente e ci si faccia capire in cosa consista concretamente, ad esempio su tanti temi, quello dell'assetto del territorio, per dirne una. Occorre capire se questo significa, in questa nostra Italia, consegnare ai Comuni maggiore potere di governo del proprio territorio. Fatto che sarebbe di una ipocrisia assoluta, perché i Comuni italiani in tutti questi anni, hanno fatto del loro territorio esattamente tutto ciò che hanno voluto, nel bene e nel male, senza alcun vincolo se non proprio di non abbattere il colosseo hanno tagliato a fette le montagne, hanno fatto di tutto.
Allora questo fatto va nominato, capisco che, come diceva il re, la verità è un cane da mettere a cuccia a frustate. Capisco, ma noi cerchiamo di nominare questa verità ingombrante. Mentre siamo d'accordo a ragionare in termini seri di decentramento, responsabile del potere, siamo più scettici se questa cosa viene recitata perché è entrato nell'uso comune un termine come quello della sussidiarietà. Insieme a questo chiediamo che la Regione non faccia ciò che pare faccia lo Stato: delegare le competenze scrivere un bella legge e non contestualmente mettere sul tavolo lei risorse, l'organizzazione, i mezzi materiali di questa riforma.
Cosa fare adesso? La proposta di continuare questo lavoro con un comitato di intesa, di pura emanazione della Giunta regionale, mi pare proposta anche politicamente molto disponibile, ma non ci convince. Abbiamo anche dei dubbi sulla conferenza, così come è stata proposta, casuale, con un commistione tra esecutivo e legislativo incomprensibile, perché la conferenza o è di tutto il Consiglio o è della Giunta, ma non di una parte del Consiglio. Abbiamo anche letto questa proposta della Camera delle autonomie, istituzione di secondo livello che dovrebbe governare, ho dei dubbi che un'istituzione di secondo livello abbia molte attività di governo da fare, però dietro tutto questo c'è un concetto rischioso verso il quale esprimo delle critiche, che è quello della concertazione. Anche su questi temi istituzionali bisogna concertare, non mi convince, non bisogna concertare un bel nulla, bisogna che ogni istituzione eserciti responsabilmente i propri poteri in un rapporto dialettico e democratico con le altre istituzioni. La parola concertazione, tavolo in cui tutti si mettono a proposito e a sproposito, in modo responsabile o meno, a concertare chissà che cosa, non ci convince.
Quindi anche quell'ipotesi della Camera delle Regioni, visto che è coerente con il concetto della concertazione al quale noi preferiamo quello del confronto dialettico e a livello sociale anche quello del conflitto, ci trova un po' perplessi.
Presentiamo adesso un ordine del giorno che esprime queste valutazioni sull'operato della Giunta, sul quale non sono tornato in questa sede, che riteniamo insufficiente anche nelle due relazioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montabone.



MONTABONE Renato

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, credo che la Giunta oggi abbia fatto uno sforzo per cominciare a dibattere in quest'aula quelle che sono le linee generali dell'attuazione dei provvedimenti Bassanini. Lo sforzo mi sembra però insufficiente sotto vari aspetti.
Noi stiamo attuando in questo momento leggi e decreti che avrebbero dovuto avere come prosecuzione vera del federalismo regionale l'attuazione dei lavori che la Bicamerale stava svolgendo. Questo è un dato che è emerso più volte anche nelle nostre singole Commissioni per le questioni di competenza tipicamente regionale, in particolare per esempio nella Commissione Statuto.
E' già stato ricordato prima dalla collega Spagnuolo come più volte nella Commissione Statuto noi ci siamo chiesti se le modifiche che necessariamente dovevamo apportare alla luce dei decreti Bassanini fossero sufficienti oppure bisognava osare di più, già in previsione di un'attuazione concreta delle deleghe forti che lo Stato avrebbe dovuto dare alle Regioni.
Più volte in quest'aula ho voluto sottolineare come sarebbe stato importantissimo scindere le attività di tipo amministrativo da quelle di tipo legislativo. Proprio in quest'aula ho ricordato al prof. Pizzetti invitato dal Consiglio regionale come tecnico a relazionare sull'attuazione non soltanto dei Bassanini, ma sui lavori della Bicamerale, che la stessa impostazione data dal Governo centrale era di confusione forte di questi ruoli. Si presumeva cioè di fare per esempio una Camera delle Regioni che avrebbe visto nella stessa Camera rappresentanti di città metropolitane.
Questa è la confusione vera e propria di quelli che dovrebbero essere due poteri ben distinti! L'uno, quello di coordinamento, di impostazione, di programmazione generale che si può attuare soltanto attraverso il potere legislativo; l'altro, di attuazione delle leggi stesse che si esercita attraverso un potere gestionale.
In questo momento noi stiamo facendo un lavoro difficoltoso. Lo era già prima, perché avremmo dovuto attuare una sorta di decentramento come è avvenuto dallo Stato alle Regioni nei confronti gli Enti locali. In quel momento avremmo potuto anche essere propositivi rispetto ai lavori che la Bicamerale stava facendo e di conseguenza attuare, per esempio, quel poco che si poteva attuare attraverso la modifica statutaria del nostro ente.
Era un lavoro difficoltoso allora perché non si sapeva come sarebbero andati a compimento i lavori della Bicamerale, ma oggi è ancora più difficoltoso, perché attuiamo una riforma che sembrava essere una riforma provvisoria "in attesa di", invece adesso attuiamo soltanto una riforma provvisoria in attesa di più niente altro.
Questo è grave, perché quelli di noi che credevano che veramente ci fosse un decentramento dello Stato sulle Regioni e il decentramento amministrativo, attuativo delle norme, dalle Regioni agli Enti locali, in questo momento si sentono monchi, senza le mani, senza la testa, per dire la loro su questo tema. Allora stiamo attuando, colleghi Consiglieri, nella quasi assoluta indifferenza di tutti anche in quest'aula, ben poco di quello che avremmo voluto attuare. Quel disegno che noi ci mettevamo in testa rispetto alla nuova costruzione di quello che era l'Italia, le Regioni e gli Enti locali, è un disegno che è completamente monco, che non ha più neanche la tela su cui dipingere.
Ma veniamo all'attuazione di quel poco e anche estremamente difficoltoso da attuare.
Presidente, cosa avremmo voluto noi oggi in quest'aula? Noi avremmo voluto non già come lei ben ha fatto e anche l'Assessore - e ringrazio di questo lavoro, non sono polemico - che lei ci elencasse quelli che sono i provvedimenti che la Giunta ha già approvato, che sono ben poca cosa rispetto ai provvedimenti che la Giunta dovrà approvare in attuazione del decreto n. 112. E allora sui provvedimenti di attuazione del decreto n. 112 cosa avremmo voluto discutere noi oggi in quest'aula? Quello che l'Assessore ci riporta al fondo di questa tabella, dove si dice sostanzialmente che sono stati dati alle direzioni regionali gli indirizzi generali e i criteri approvati dalla Giunta per procedere alla stesura di una prima bozza di articolati. Ecco: quello che noi avremmo voluto in quest'aula oggi era discutere questi indirizzi generali.
Dico questo perché se noi oggi qui avessimo discusso di questi indirizzi generali che non ci è dato di conoscere, o perlomeno al sottoscritto, può darsi per mancanza sua, non è dato di conoscere, noi probabilmente avremmo fatto un lavoro più interessante per noi, ma anche molto più propositivo nei confronti dell'esecutivo di questa Regione che avrebbe poi potuto fare dei ragionamenti che coinvolgevano più Gruppi consiliari sull'attuazione del decreto n. 112. Questo non è avvenuto.
Due, anzi forse una sola, sono le vere novità contenute in questi due documenti che ci sono stati dati. L'una è l'idea di fare una Commissione ad hoc, perché si possano esaminare tutti i provvedimenti all'interno di questa Commissione. Però l'attuazione dei decreti Bassanini non è un'attuazione che riguardi solo determinati settori della politica regionale; l'attuazione dei decreti Bassanini varia in molti settori l'attuazione stessa del 112, quello più importante, che determinerà la vera volontà o meno di questa Giunta regionale di dare le deleghe agli Enti locali, delegherà in materia di territorio, di economia e di cultura molte funzioni agli Enti locali. Allora questa idea, in questo momento, di attuare una Commissione in presenza di una Commissione che è già stata fatta per discutere di queste cose, mi sembra, oltre che una sovrapposizione, un'ulteriore perdita di tempo in una Commissione specifica e poi in una Commissione che già è stata composta e poi ancora in un'altra Commissione che si verrebbe a creare.
Non voglio dire quello che si sente nei corridoi rispetto a come dovrebbe essere composta questa Commissione, altrimenti avrei dei dubbi sul fatto che questa Commissione riesca a velocizzare i lavori. Ma siccome questo non mi è stato detto ufficialmente, non lo riporto in quest'aula.
Noi avevamo messo in piedi alcuni ragionamenti per cercare di dare delle linee di carattere generale per l'attuazione dei decreti Bassanini due sono stati accennati dal collega Riba prima. Sembravano allora poca cosa quei convegni di Vinadio e Belgirate, perché si lavorava nell'assoluta confusione anche da parte nostra di quella che sarebbe stata l'attuazione dei Bassanini. Oggi dico che erano tanta cosa, perché rispetto al niente che c'è oggi era molto quello che c'era allora.
Avevamo l'altra Commissione che a pari della Commissione Nomine, che non si riunisce da qualche mese - e prima o poi verranno fuori delle grane perché è scaduta, non la si ricompone; era la Commissione Statuto dove, a lato dell'VIII Commissione, si facevano dei ragionamenti su questi temi ragionamenti che erano intesi come la modifica anche delle funzioni che dovevano svolgere le Regioni e la nostra Regione, con uno Statuto modernizzato, più attualizzato; sparito tutto.
C'erano gli Stati Generali, cari colleghi; oggi non ne ho più sentita notizia. Se non attraverso dei comunicati stampa, che ogni tanto leggo, non so più a cosa servono. Si dà qualche consulenza, non si discute più all'interno degli Stati Generali, ci sono delle difficoltà a raggruppare i rappresentanti di alcuni territori del nostro Piemonte e allora si trova magari la soluzione giusta, più comoda, che probabilmente servirà ben a poco, che è quella della eventuale Camera delle Autonomie, la Conferenza permanente degli Enti locali.
La si può ipotizzare in molti modi; io non dico che questa sia una composizione sbagliata, sappiate però che componendo una Conferenza permanente come questa, senza fare un lavoro di fondo come quello che stavano facendo gli Stati Generali nelle singole province, voi non avrete mai rappresentanza di niente. Guardate che quando andate a scegliere due Sindaci per ogni provincia, uno al di sopra dei tremila abitanti e l'altro al di sotto dei tremila abitanti, questi faranno molto spesso la figura che fanno i rappresentanti dell'ANCI e della Lega delle Autonomie quando vengono in consultazione sulle nostre leggi, che si inventano e fanno lo sforzo di inventarsi delle risposte alle nostre proposte senza aver sentito quello che è l'organismo di base, senza aver sentito gli altri Sindaci cosa pensano, senza aver sentito le Commissioni, perché non hanno avuto neanche il tempo di farlo, perché abbiamo mandato le leggi due giorni prima e loro vengono a dirci a naso, a seconda del territorio che rappresentano, quali sarebbero le soluzioni migliori.
Ebbene, sia un anche questa la Conferenza permanente, non la si confonda, come la voleva confondere lo Stato centrale, con la proposta di una Camera delle Autonomie miste fra Consiglieri regionali o eletti delle Regioni e le autonomie locali, perché sono due cose completamente diverse gli uni devono amministrare direttamente il loro territorio e gli altri devono dare gli indirizzi di carattere generale.
Se non è veramente soltanto una Conferenza consultiva simile a quella che facciamo con gli organismi sovraccomunali, in questo momento questa composizione o altre composizioni non pensiate servano a niente nel momento in cui lancino un rappresentante, perché ci sono i Sindaci che fanno le loro associazioni; la Lega per le Autonomie non riesce più a rappresentare neanche lei, un'altra parte di Sindaci, le singole parti di territorio svolgono un'azione di associazione e portano all'interno delle varie istituzioni sovraccomunali quelle che sono le loro istanze.
L'aver lasciato cadere l'importanza di coordinamento che potevano svolgere, quello sì a nome di tutto il Consiglio regionale, gli Stati Generali è un danno enorme, proprio perché i lavori erano molto avanzati.
Fate una riflessione su questo, e lo dico a tutti i colleghi. Non vi siete accorti che questo sta avvenendo e nuoce al Piemonte? Anziché inventarci delle cose nuove proviamo a far funzionare come funzionavano prima quelle vecchie; se non facciamo questa azione noi stiamo facendo un'azione inutile.
Il Presidente della Giunta ci dia almeno quegli indirizzi di carattere generale che ha dato alla Direzione regionale Affari istituzionali e processo di delega perché noi possiamo dibattere e magari aiutare l'esecutivo a migliorare quegli indirizzi.
Vogliamo discutere sugli indirizzi, vogliamo veramente diventare il Parlamento piemontese che discute sugli indirizzi legislativi e poi approva delle leggi che gli Enti locali devono attuare.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Montabone.
La parola al Consigliere Picchioni.



PICCHIONI Rolando

Anch'io due parole, non per correggere il mio collega, ma semmai per integrare alcune osservazioni che sono state fatte. Intanto ringrazio il Presidente e l'Assessore per le relazioni che ci hanno fatto e che hanno permesso a noi tutti di considerare lo stato di crisi.
Questa è una macchina in folle, perché se analizziamo questa tabella che, come ha detto giustamente Renato Montabone, è la tabella clinica del decorso di questa malattia, di questa salute (non della Regione Piemonte ma degli adempimenti sui decreti Bassanini), vediamo, purtroppo, come la stessa sequenza delle date e la stessa nota a fondo pagina, ci pone certamente in una situazione estremamente problematica.
Voglio dire, Presidente - mi pare l'abbia ricordato qualcuno, forse il Consigliere Chiezzi un momento fa - che quando si sottolineano i sacri principi della sussidiarietà, della funzionalità, della responsabilità, per ricorrere sempre a termini nobili ed augusti, questo mi ricorda un po' quello che succedeva alla scuola di Atene, quando i sofisti domandavano a Platone che loro si erano sì incontrati con i cavalli, ma non avevano ancora scoperto la cavallinità.
Qui invece c'è un processo inverso: ci si è incontrati, ci si incontra spesso con la cavallinità, che è un termine astratto, ma non si incontrano i cavalli.
Con questo, al di là della battuta, voglio dire che la sussidiarietà la funzionalità, la responsabilità sono termini assolutamente astratti, se poi non si concretizzano in fatti precisamente concreti.
Presidente, credo che questa non sia una responsabilità solamente della Giunta, di quella lunga dissipazione di tempi, di settimane, di mesi, con i quali questa Regione ha dovuto incontrarsi o si è incontrata, ecc. E' dovuta ad un fatto ontologicamente difficile.
Io non sono d'accordo con l'analisi di carattere prettamente marxista o marziano che ha fatto un momento fa il Consigliere Chiezzi, quando ha detto che i poteri forti praticamente vogliono le sovrastrutture deboli del governo degli Stati. Forse è anche vero, perché se noi vediamo solamente quello che è successo ieri con il Fondo Monetario internazionale, che fa sì che tutte le borse salgano e questo rafforzi il potere attuale dell'Unione Sovietica, probabilmente c'è anche qualche cosa di vero.
Ma nella fattispecie attuale, se questo vuol significare che i poteri forti del nostro Paese vogliono portare ad un potere debole delle sovrastrutture, e pertanto di chi ci governa, mi pare che sia un'interpretazione un po' azzardata, comunque forse non condivisibile o forse opinabile.
Per carità, il Consigliere Chiezzi avrà tutte le sue buone ragioni per poter sostenere la tesi che ha portato avanti.
Però, detto questo, il problema che invece vorrei cogliere è un altro.
Mi pare che l'Assessore Vaglio lo abbia detto chiaramente e questo gliene fa onore.
Dov'è l'Assessore Vaglio? Ah, è uscito un attimo. Lo vedo sempre circolare da tutte le parti: è un po' come la natura di Dio, che è in tutti i posti, ecc.
L'Assessore Vaglio, nella sua relazione, dice che "per quanto attiene all'attuazione del decreto legislativo n. 112, la Giunta ha richiesto all'inizio dello scorso maggio a tutte le Direzioni coinvolte di predisporre l'articolato legislativo di loro competenza, sulla base di specifici indirizzi che la Giunta ha da tempo approvato, con l'intendimento di predisporre un unico disegno di legge composto da una parte generale ed un titolo per ogni diversa competenza. La difficoltà maggiore consiste nel raccordare le competenze esercitate attualmente dalle Direzioni su problematiche che, per la loro trasversalità, le toccano per questioni parziali, con la possibile conseguenza di proposte legislative diverse contrastanti sulle stesse funzioni".
Questa è dunque una difficoltà reale che ci dobbiamo porre, ed è una difficoltà reale che pone non solamente la situazione nazionale, ma anche la nostra situazione regionale, per cui il problema di raccordare su... Ad esempio, qui si parla del Corpo forestale, degli ex Servizi Civili, i vincoli che ci sono, le competenze che si rivendicano, le materie che interferiscono.
Mi pare che questo che debba essere lo sforzo maggiore, per cui se noi oggi avessimo potuto, a fronte di questa relazione, avere anche quell'unico disegno di legge... Altrimenti questa è una relazione che, al di là delle Commissioni, sulle quali ritornerò, è inutile, assolutamente inutile.
E' una relazione ben fatta, didatticamente corretta, per cui ringraziamo anche noi i funzionari, ecc., però se questo non porta nemmeno un fatto attuativo di questi principi, a cosa serve questa nostra discussione se non per rivendicare, analizzare, se non per ricorrere a fatti che ci competono e che sono al di fuori di qui (perché in politica tutto si tiene, per cui abbiamo ricordato - mi pare che il Consigliere Riba l'abbia fatto egregiamente - tutto il problema della Bicamerale, tutti i problemi delle Commissioni che si sono messe in essere e che purtroppo sono naufragate per la grande dissipazione in cui noi siamo tutti caduti)? Bene, Presidente, qual è il brodo di cultura di questa Giunta? O il brodo di cultura di questo Consiglio? Mi permetta: quando - mi spiace, perché parlo delle persone che sono assenti - il Presidente del Consiglio, su un problema di così grande importanza, che al limite non investe lei (o investe certamente lei, perch i decreti attuativi li deve proporre la Giunta), non è presente in aula per tutto il pomeriggio, noi abbiamo un salto di qualità negativo rispetto non voglio ricordare certamente il periodo in cui sono stato io il Presidente - all'attenzione che c'era nella scorsa legislatura.
Come mai non abbiamo sentito da lui, che è la parola rappresentativa la sintesi dell'assemblea, una riflessione su questo fatto? Una riflessione su queste problematiche che esistono; che sono non certamente risolvibili con un tocco di bacchetta magica da parte di nessuno; che esistono nella loro complessità, nella loro problematicità, nel loro riferimento o riferibilità dei fatti nazionali, perché, naturalmente - l'abbiamo detto prima - tutto si tiene, pertanto anche la questione della Bicamerale ha fatto sì che oggi giocassimo in una posizione molto neghittosa oppure forse in una posizione di rimessa rispetto a quella che poteva essere la grande stagione delle riforme.
E se tutto questo, come hanno i ricordato colleghi Montabone, Riba ecc., è un po' il segno o la linea di continuità dal fatto che noi abbiamo messo in cantina o abbiamo liquidato, come nella stagione dei saldi, tutte quelle che erano le iniziative del nostro Consiglio (e non si tratta solo degli Stati Generali, ma pensiamo solamente a quanto - e non sono solamente i soldi, comunque sono 400 milioni, mi pare che qualcuno lo abbia ricordato a tutto il patrimonio di analisi e di verifica), poi uno può credere o non credere (per esempio Chiezzi non credeva alla questione dello Statuto e lo rispettiamo), però tutto quello che è stata l'elaborazione della cultura piemontese, di tutte le varie scuole, di tutti i vari indirizzi politici, sociologici, economici, linguistici, direi antropologici, ecc.
dove è andato a finire? Lo mettiamo in un cassetto? Lo mettiamo a futura memoria? Lo mettiamo nell'ambito delle soffitte di famiglia, perché venga ricordato domani quando qualcheduno vorrà recuperare l'albero degli zoccoli di questa stagione pseudoriformistica oppure riformisticamente caduta oppure riformisticamente fallita? Se questo è un po' il patrimonio, il nostro brodo di cultura, perch queste cose non vengono fatte? Per una questione puramente di bottega o per una questione di mercanteggiamento politico? Per esempio, la questione della Commissione Statuto non va avanti, perché attendevamo la Bicamerale probabilmente c'era un raccordo logico con essa, però oggi se la Bicamerale è ferma - e sappiamo il perché - è perché ci sono certamente dei condizionamenti che vanno al di là della riforma del titolo V della Costituzione.
Noi dobbiamo comunque riprendere in mano questo progetto che può, da solo, al di là di quelli che sono i provvedimenti dell'esecutivo accreditare questa legislatura nei confronti di coloro che verranno. Questo dobbiamo dircelo con molta chiarezza.
E se poi pensiamo che anche la Commissione Regolamento, ma tutto quanto abbiamo messo in campo, poteva essere veramente il grande controcanto rispetto ad una gestione di pura quotidianità, a cui tutte le Giunte, non solamente questa, sono ovviamente condizionate.
Oggi non possiamo fare un discorso e riprendere un cammino che secondo il mio giudizio - è stato fruttifero, positivo, per l'analisi, per la capacità di verifica e di concertazione. Quella è la concertazione, non le architetture più o meno artificiali con le quali mettiamo insieme e assembliamo corpi estranei per dire che abbiamo raggiunto il livello di una pseudo democrazia, in quantoché essa dovrebbe essere rappresentativa di tutti i corpi sociali.
La concertazione ci deve essere sulle idee, sui principi, sugli indirizzi guida e poi si potrà trovare anche il corpo giuridico normativo che potrà far sì che questa concertazione trovi i suoi indirizzi e la sua capacità di applicazione.
Voglio fare ancora alcune considerazioni, anche per dare, non dico un alibi, ma una giustificazione a questi tempi difficili. Quando Pizzetti tenne la sua relazione al convegno di Belgirate, disse con molta chiarezza che, al di là della difficoltà anche terminologica, lessicale, che aveva difficoltà di comprensione e decretazione della parola stessa, significava che, in un percorso normale, senza prevedere particolari difficoltà, ecc.
l'applicazione dei decreti Bassanini avrebbe preso più di tre anni.
Oggi registriamo, già da parte del Governo, un ritardo che probabilmente si assommerà a tutti i vari ritardi locali, per cui dobbiamo fare una prospettiva molto realistica di quello che ci attenderà. Anche se questo, ovviamente, non può essere un alibi per dire che ci siamo sbagliati e vediamo tutte le carte nel cassetto.
Assessore, ne hanno già parlato i colleghi Montabone e Riba: la soluzione potrebbe consistere in una Commissione consiliare specifica. Io denuncio la mia profonda incredulità e le mie profonde perplessità su un fatto di questo genere. Lei stesso ha ricordato l'esperienza della Consigliera Spagnuolo come Presidente della 142. L'esperienza della Consigliera Spagnuolo è stato il frutto di una mediazione - e lei la ricorderà benissimo - che avvenne per trovare, nella figura istituzionale più alta dell'assemblea, l'elemento di composizione fra i diversi appetiti che allora erano in campo. Lei ricorderà il Consigliere Marchini.
Inoltre, per dare una valenza più nobile a quella che potrebbe essere la risoluzione di una bega di cortile, la Presidente Spagnuolo divenne Presidente della 142, perché in quel momento c'era all'o.d.g. un tema estremamente importante, per cui c'era la necessità di una valenza, di una presenza di grande significato istituzionale, politico: quello dell'area metropolitana.
Il problema dell'area metropolitana era un problema di confronto con la realtà locale che pertanto doveva essere assunto da parte della più alta autorità dell'assemblea dell'epoca.
Porto un'altra considerazione: una Commissione consiliare specifica se non erro - competente per tutti i provvedimenti connessi al processo di delega, capace di garantire identico trattamento, è una Commissione VIII bis, oppure una Commissione IX, perché le competenze devono essere spalmate su tutte le Commissioni di propria competenza, le competenze devono essere spalmate su tutte le Commissioni ordinarie. Pertanto, non capisco come una Commissione possa avocare a sé - sia pure con tutte quelle esigenze che lei ha correttamente specificato - competenze che poi devono ritornare all'origine, pertanto passare il vaglio di tutte le competenze ordinarie.
Credo, dunque, che il problema non sia tanto di creare un organismo in più, che potrebbe essere un organismo pleonastico.
Io, come semplice Consigliere, posso dare atto al Consigliere Vindigni di essere un Presidente corretto, attento, istituzionalmente oggettivo. Ci deve essere la consapevolezza - che forse raramente in questa Commissione si è potuta avere nella pienezza delle sue possibilità - che quello che stiamo discutendo è la materia del domani.
Certo, se oggi siamo ancora impegnati nella discussione sugli incentivi ai piccoli Comuni, non possiamo trovare nella discussione quel supplemento d'anima che ci possa far dire: "Caro Presidente, la tua Commissione va avanti con il vento in poppa". Siamo così legati a delle congiunture che sono più o meno di alta o di bassa marea, ci dobbiamo far carico anche di questo, però crediamo che la Commissione VIII possa avere tutti i titoli per andare avanti. Penso che il suo Presidente possa avere tutti i titoli per rappresentare degnamente l'assemblea.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Picchioni.
La parola al Presidente della Giunta, Ghigo.



GHIGO Enzo, Presidente della Giunta regionale

Ho avuto l'opportunità di assistere a quasi tutto il dibattito che si è svolto oggi pomeriggio su questo tema e devo dire che le considerazioni che si sono fatte in aula sono di particolare impegno, respiro e proposizione.
Non posso evidentemente riprendere in un mio intervento di fine giornata tutti i temi che sono stati sollevati, anche perché - l'ho detto nella mia relazione e mi fa piacere che qualcuno l'abbia ripreso - la materia è complessa, non è una materia che si può risolvere con qualche slogan o aspetto creativo, sia pure particolarmente vincente.
E' una materia che ha quasi la necessità di essere macerata intersecata nelle sue varie esplicazioni, perché tocca molti settori della nostra Amministrazione.
Considero questa fase costituente come una fase che richiede un momento di riflessione, che io mi permetto di suggerire dopo questo dibattito, che giudico estremamente utile e che è stato importante realizzare nella giornata di oggi perché permette finalmente di arrivare a quegli obiettivi che citava prima il Consigliere Montabone, cioè una proposta, un percorso.
Questo è quanto ci dobbiamo dare, è quello che noi, come Giunta dobbiamo proporre alla Commissione competente.
Questo sarà un elemento di ulteriore valutazione, ma so che l'Assessore è in un certo senso instradato in questa direzione, che è quella dell'attuale VIII Commissione, che ha tutte le competenze per rappresentare il percorso di questi disegni di legge.
Naturalmente mi permetto di esprimermi a nome della Giunta, dicendo di non condividere l'ordine del giorno presentato dal Consigliere Chiezzi.
La mia proposta è quella di convocare, nella prima data utile, l'VIII Commissione; in quella sede, la Giunta, alla luce del dibattito odierno e delle considerazioni che da questo dibattito decideremo di elaborare, farà una proposta di percorsi di tempi ed eventuali valutazioni e modifiche di quelli che sono i disegni di legge ad oggi in vostre mani, cioè nelle mani della Commissione.
Ritengo opportuno che la Giunta si prenda due o tre giorni di tempo per riflettere sulle considerazioni fatte oggi.
Porterò via ancora pochissimo tempo, perché voglio essere estremamente sintetico in queste mie considerazioni finali; mi permetto di fare una considerazione, che è quella della Commissione Statuto, come è stato detto e ampiamente sottolineato.
La Commissione Statuto, forse in un momento in cui tutti noi speravamo che il percorso delle riforme potesse andare avanti, aveva forse non più questa sua vocazione, oggi credo che questo discorso debba essere assolutamente ripreso.
Perciò anche in quella sede faremo una proposta che prevederà il ripristino, la ripresa e la rivalutazione di quel proficuo lavoro. Qualcuno diceva che sono stati spesi quattrocento milioni; forse non sono stati spesi invano, perché se adesso riprendiamo questo lavoro e ripartiamo ahimé, dico ahimé, nonostante il Consigliere Riba citasse il fatto che la forza politica alla quale appartengo si è sfilata dal dibattito della bicamerale, bellissimo proverbio citato dal Consigliere Riba "tirare le uova per far cadere le noci" era la prima volta che lo sentivo...



RIBA Lido

E' un adagio della provincia di Cuneo.



GHIGO Enzo, Presidente della Giunta regionale

Al di là di queste considerazioni è importante che il discorso sullo Statuto riprenda, come non nego sia importante intraprendere il discorso del Regolamento. Questi sono gli aspetti che mi sento di proporre, non so quando il Presidente dell'VIII Commissione riterrà di convocare la Commissione, ma nella convocazione della prossima settimana noi faremo una proposta di percorso. Una proposta di date, di impegni - non dimentichiamoci che questi disegni di legge deliberati dalla Commissione poi devono essere approvati in questa assemblea. Mi auguro che questo dibattito abbia, se non altro, raggiunto l'obiettivo di far partecipare un po' di più tutti su questa materia. Vede, Consigliere Chiezzi, lei ha teorizzato cose che io ho anche trovato, per certi versi interessanti come termine di paragone, nel senso che è ovvio che lei abbia espresso una visione che io non posso condividere, comunque mi ha fatto estremamente piacere poter constatare che c'è ancora qualcuno che pensa in questo modo.
Onestamente ho delle opinioni diverse, ma rispetto pienamente le sue quello che lei sosteneva sul fatto che c'era poco interesse su questo dibattito e su questa materia, c'è una motivazione in più, ma questa non vuole essere discriminante o accusatore nei confronti di alcuno, è una materia complessa e difficile. Nel senso che per approfondire, per capire tutte le sfaccettature di questa materia obiettivamente l'impegno richiesto, tenendo conto che le materie di cui tratta la Regione sono veramente tante, è grande e non tutti i Consiglieri possono specificatamente applicarsi su una materia così complessa come quella dell'attuazione dei decreti Bassanini.
Di conseguenza, riassumendo: proposta in Commissione, il Presidente ci faccia sapere quando intende convocare la Commissione la prossima settimana, in Commissione noi faremo la nostra proposta e la Commissione si esprimerà.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DEORSOLA



PRESIDENTE

E' pervenuto un ordine del giorno presentato dal Gruppo di Rifondazione Comunista.
Ha chiesto la parola il Consigliere Saitta; ne ha facoltà.



SAITTA Antonino

Vorrei, prima ancora di esprimermi sul voto, considerato che questa è l'unica proposta di conclusione del dibattito, nel senso che è l'unica iniziativa assunta per dare un senso a questo dibattito, altrimenti i nostri dibattiti sono inutili - per la verità, pensavo ci fosse una proposta di ordine del giorno da parte della Giunta - fissare qualche elemento, emerso nel dibattito, nell'ordine del giorno presentato dal Gruppo di Rifondazione Comunista.
Condivido gran parte dei giudizi espressi nelle premesse e nelle conclusioni. Ci sono due elementi sui quali vorrei chiedere se il Gruppo di Rifondazione Comunista può essere più chiaro.
Mi chiedo se, nella parte in cui ritiene insufficiente la disciplina dell'esercizio in forma associata delle funzioni alla cui gestione non sono in grado di provvedere i singoli Comuni, si riferisce alla disciplina esistente (non c'è nulla oggi di esistente che favorisca la gestione associata dei Comuni), o se si riferisce ai progetti di gestione associata delle funzioni dei servizi; in questo caso, mi pare che il successivo capoverso lo comprenda.
L'altra questione è relativa all'ultima considerazione, sempre nelle premesse, dove c'è un giudizio sulla necessità della pianificazione tra le funzioni riservate all'Amministrazione regionale.
Questo è un tema di grandissimo interesse, importante. Mi chiedo poi e se la risposta mi convincerà evidentemente l'opinione cambierà - come la funzione della pianificazione si inserisca rispetto alle funzioni che sono state indicate nei decreti Bassanini.
Nel senso che, per quello che ricordo io, l'unico riferimento certo per quanto riguarda le attività di pianificazione, quindi le riserve alle Amministrazioni regionali, è quello previsto dalla legge n. 142/90 che assegna chiaramente alla Regione i compiti di pianificazione. Però con quelle modalità di pianificazione generale e poi con la pianificazione provinciale, il sistema è molto più articolato rispetto ad un puro e semplice mantenimento di funzioni riservate all'amministrazione regionale.
E' chiaro che questa osservazione si collega poi alle conclusioni laddove nel penultimo capoverso delle conclusioni è indicato di integrare l'elenco delle funzioni regionali aggiungendo quella importantissima della pianificazione. Se il collega Chiezzi può darci qualche spiegazione su questo, poi sulla base di ciò che dirà, esprimeremo la valutazione sul voto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi per fornire i chiarimenti richiesti.



CHIEZZI Giuseppe

Ringrazio il collega Riba dell'attenzione prestata al nostro ordine del giorno.
Sul primo punto l'interpretazione corretta è quella che ha dato il Consigliere Saitta, nel senso che quella frase, che potrebbe anche essere considerata superflua, si riferisce ai progetti in corso. Se è una frase che genera qualche sofferenza nella sintassi del discorso possiamo toglierla, altrimenti rimane lì, riferita alla frase successiva.
Per quanto riguarda la pianificazione, questo inserimento è stato fatto semplicemente perché il tema della pianificazione è trattato anche a livello dello Stato come uno dei temi che deve comprendere livelli di responsabilità sia a livello dello Stato che ha tenuto il quadro di pianificazione territoriale e in quel quadro anche a livello regionale come tra l'altro ha fatto la Regione Piemonte tra le poche Regioni in Italia, a determinare un inquadramento territoriale dei fattori infrastrutturali, di tutela dell'ambiente e via dicendo. Dato che nel documento del Presidente Ghigo sono citate tre funzioni generali come missione della Regione e non è compresa la pianificazione, sia pure di ambito e livello regionale, io posso citare come riferimento il nostro Piano territoriale regionale che pure giudicavo insoddisfacente, però quel tipo di competenza mi sembrerebbe importante affermarla al di là del fatto che è prevista dalla nostra legge urbanistica regionale, ma anche nel processo di riforma. Mentre in un primo momento sui temi del territorio lo Stato non aveva tenuto per sé neppure le grandi linee di assetto successivamente si è ottenuta la modificazione. Quindi la pianificazione è tema da trattare, a chi piace secondo il principio di sussidiarietà, ma è tema di competenza del livello statale, del livello regionale e in modo preciso dei livelli provinciali ai quali fin dalla legge n. 142 si destinava questo potere. Pertanto, il senso è questo richiamo.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Suino.



SUINO Marisa

Ringraziamo il Consigliere Chiezzi per le informazioni aggiuntive che ci ha dato e quindi anche per la disponibilità al ragionamento. Noi per preferiremmo poter procedere ad una votazione per parti separate. In questo senso: tutta la parte relativa alla premessa in linea generale è condivisa anche se avremmo voluto poter trovare il tempo per apportare le integrazioni necessarie dal nostro punto di vista.
Per quanto riguarda invece la parte conclusiva, compreso il concetto così spiegato relativo alla pianificazione, siamo disponibili e interessati.
Considerato anche che siamo in assenza di una proposta che pensavamo potesse pervenire diversamente con un impegno più forte da parte di altre realtà, riteniamo giusto che i Gruppi di minoranza, insieme, possano determinare una proposta operativa, seppur critica, all'intero Consiglio.
Chiediamo quindi se c'è la disponibilità alla votazione per parti separate, già dichiarando che voteremo a favore della parte relativa agli impegni nei confronti della Giunta e ci asterremo sulla premessa al documento.



CHIEZZI Giuseppe

Va bene, si voti per parti separate.



PRESIDENTE

Si proceda pertanto alla votazione per parti separate dell'ordine del giorno n. 822 presentato dai Consiglieri Chiezzi, Moro, Papandrea e Simonetti, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte preso atto delle relazioni lette in aula dal Presidente Ghigo e dall'Assessore Vaglio durante la seduta consiliare del 15 luglio u.s. e relative allo stato di attuazione regionale del processo di delega delineato dalle cosiddette leggi Bassanini e relativi decreti delegati ritenuto quanto meno inopportuno giustificare i ritardi e gli inadempimenti regionali nell'emanazione dei provvedimenti di competenza facendo ricorso alla scelta di attendere il completamento della scrittura dei decreti delegati governativi, dal momento che rientra nei diritti e soprattutto nei doveri delle Amministrazioni regionali rispettare senza deroga alcuna le scadenze imposte dal legislatore nazionale, riservandosi eventualmente di adeguare poi la propria normativa particolare alla successiva evoluzione del processo di delega considerando inaccettabile la posizione che emerge da entrambe le relazioni citate e che, in breve, riversa sulla lentezza e complessità del lavoro delle Commissioni consiliari i ritardi di cui sopra, dal momento che, viceversa, qualsiasi esame in Commissione di provvedimenti di tale complessità non poteva non ritenersi succedaneo ad un compiuto e generale dibattito d'aula, a cui peraltro si è potuto accedere soltanto in data odierna e dietro ripetute sollecitazioni dei Gruppi di opposizione ritenendo che, da uno sguardo di fondo sul disegno di legge n. 356, la realizzazione del principio di sussidiarietà, elemento cardine del processo di delega, trova un'ambigua realizzazione nella parte in cui, dopo aver affermato in linea residuale la devoluzione ai Comuni della generalità delle funzioni amministrative, demanda inspiegabilmente alla legislazione regionale l'individuazione delle medesime funzioni subdelegate qualificando insufficiente la disciplina dell'esercizio in forma associata delle funzioni alla cui gestione non sono in grado di provvedere i singoli Comuni ritenendo viceversa che la gestione in forma associata di servizi pubblici costituisca un punto di fondamentale importanza nell'operazione di snellimento ed efficienza della pubblica amministrazione, e che un potenziamento di questo istituto sia meritevole di un opportuno finanziamento, privilegiando una simile forma gestionale piuttosto che ipotizzare ed incentivare la figura giuridica dell'Unione di Comuni, entità geografica astratta e priva, di per sé, di un'utilità operativa giudicando di fondamentale importanza inserire l'attività di pianificazione tra le funzioni riservate all'Amministrazione regionale qualificando inadeguato ed insufficientemente disciplinato il metodo di trasferimento di risorse umane agli Enti locali, elemento delicato e fondamentale che non può essere gestito in maniera improvvisata ed affrettata da provvedimenti estemporanei ritenendo parimenti non soddisfacente la trattazione dei criteri di assegnazione dei beni strumentali agli Enti locali per l'esercizio delle funzioni subdelegate impegna la Giunta regionale a rispettare entro il mese di agosto le scadenze imposte dai decreti delegati attualmente vigenti a riformulare completamente l'attuazione del principio di sussidiarietà eliminando vaghezze, indeterminatezze, superficialità, al di fuori di ogni atteggiamento demagogico o neocentralista, in particolar modo in riferimento alla subdelega delle funzioni amministrative ai Comuni ad integrare l'elenco delle funzioni regionali aggiungendo quella importantissima, della pianificazione a disciplinare in maniera più compiuta e precisa, ed in ogni caso contestualmente all'approvazione della normativa regionale di attuazione il trasferimento agli Enti locali delle risorse umane, della dotazione finanziaria e dei beni strumentali necessari per l'esercizio delle funzioni subdelegate".
Pongo in votazione la prima parte dell'ordine del giorno, dall'inizio fino alla parola "subde legate".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La prima parte è respinta con 4 voti favorevoli, 24 contrari e 6 astensioni.
Pongo in votazione la seconda parte dell'ordine del giorno, dalle parole "impegna la Giunta regionale" fino al termine.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La seconda parte è respinta con 10 voti favorevoli e 24 contrari.
L'intero testo dell'ordine del giorno è pertanto respinto.
L'ordine del giorno n. 479 presentato dai Consiglieri Marengo, Riggio e Miglietti è superato dal dibattito avvenuto.
Abbiamo così esaurito i lavori della seduta odierna.
Ricordo che la Conferenza dei Capigruppo è convocata per venerdì prossimo alle ore 12.00.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenuti alla Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19.34)



< torna indietro