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Dettaglio seduta n.230 del 06/04/98 - Legislatura n. VI - Sedute dal 23 aprile 1995 al 15 aprile 2000

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DEORSOLA


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Bellingeri, Botta, Farassino e Rosso.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge vistati dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

Verifica numero legale


PRESIDENTE

Si proceda all'appello nominale per la verifica del numero legale.



(Il Consigliere Segretario Toselli effettua l'appello nominale)



PRESIDENTE

Si constata la presenza del numero legale, essendo presenti in aula n.
29 Consiglieri ed in congedo n. 4 Consiglieri.


Argomento:

Questione pregiudiziale sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Angeleri; ne ha facoltà



ANGELERI Antonello

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, intervengo per porre una pregiudiziale a questo Consiglio rispetto all'o.d.g. che avevamo, che ritengo importante. Ritengo importante perché questo Consiglio aveva già deciso, in una recente Conferenza dei Capigruppo, di dedicare una mattinata della seduta consiliare per dibattere del - a me non piace questa parola però ormai è di uso comune - fenomeno degli squatter.
I fatti che sono avvenuti sabato sono fatti gravi, che ritengo debbano in qualche modo far riflettere l'istituzione regionale. E' chiaro che le competenze in questo caso sono competenze che riguardano i Comuni, il Comune di Torino in principal modo, ma è altrettanto vero che, come cittadini, noi non possiamo assolutamente lasciare da parte quello che è un altro fenomeno: quello della legalità che non c'è più.
Non voglio parlare solo del ripristino della legalità, il tema da dibattere è anche che questi ragazzi, direi la frangia non violenta probabilmente sono stati lasciati a se stessi, senza un dialogo, senza dibattere con loro e quello che è avvenuto in questi giorni è probabilmente solo la punta di un iceberg.
E' preoccupante vedere sui giornali titoli come quello de La Stampa o di Repubblica, che dicono: "Sfilano gli squatter, coprifuoco a Torino". Una città sabato bloccata, una città impaurita, una città che viveva e ha vissuto un giorno da coprifuoco.
Quali sono state le risposte rispetto a questa manifestazione, in alcuni tratti violenta, da parte delle istituzioni? Il Ministro Napolitano ci ha rassicurato con una sua dichiarazione che diceva che nulla di drammatico era capitato, e un suo sottoposto qui a livello cittadino, il Questore Faranda, in un'altra dichiarazione che è comparsa sui giornali, ma che poi abbiamo letto e abbiamo visto anche in televisione...



(Interruzione del Consigliere Cavaliere)



ANGELERI Antonello

Io pongo una questione, come l'hai posta molte volte tu o il Consigliere Chiezzi.



PRESIDENTE

Non dialogate, chiedete la parola e io, con imparzialità, la concedo.



(Ulteriore interruzione del Consigliere Cavaliere)



ANGELERI Antonello

Non è una conferenza, qui non si tratta di strumentalizzare dei fatti si tratta solo di... e, come forza politica responsabile, di dibatterli in quest'aula. Se poi vogliamo dibatterli fuori ai cortei, ognuno è libero di scegliere qual è il sistema migliore.



PRESIDENTE

Non fate dialogo. Non ho colto parole offensive.



ANGELERI Antonello

Dicevo, il Ministro Napolitano ci ha rassicurato con le sue dichiarazioni, dicendo che nulla di drammatico, e che il Questore Faranda ha detto che "è andata bene".
"E' andata bene" che cosa significa? Che ci devono essere probabilmente dei morti perché andasse "così così"? Ma non è finita, perché se le responsabilità sono responsabilità da parte del Comune capoluogo di questa regione, che è il Comune di Torino noi andiamo anche a sentire le dichiarazioni del primo cittadino, del Sindaco Castellani, che dice: "In diverse città italiane l'Amministrazione usa gli squatter come consulenti. Ecco, questo è il mio sogno".
Allora io mi chiedo se questo tipo di dichiarazioni possa garantire effettivamente tutti i cittadini amministrati. Io penso che questo probabilmente debba essere oggetto di un momento di riflessione da parte di questo Consiglio regionale, che deve vederci attenti sui momenti di tolleranza. Momenti di tolleranza che non devono essere scambiati per attimi di debolezza delle istituzioni e di mancata tutela dei cittadini che tutte le istituzioni nel loro insieme debbono garantire. Quello che sta accadendo ed è accaduto a Torino è la spia di qualcosa che è avvenuto molto tempo fa. La rottura di un processo di comunicazione e di trasmissione culturale tra due generazioni è la punta di un iceberg.
Ricordo che, nei tempi passati - non sto parlando di decenni, ma di qualche anno fa - quando il comune di Torino era punto di riferimento sulle politiche giovanili, e politiche di prevenzione, fatti come questi all'interno del perimetro del comune di Torino, non sono mai avvenuti.
Fatti di questa gravità non li abbiamo mai visti proprio perché c'era una ricerca del dialogo e, grazie al primo progetto giovani d'Italia, quello del comune di Torino, coadiuvato dalla collaborazione dell'associazionismo cattolico e laico, si parlava di osservare e dialogare per capire, valutare e progettare. Negli ultimi anni, questa impostazione probabilmente è venuta meno: questo è il frutto di una cattiva amministrazione e di un'assenza di dialogo con tutte le forze sociali e le forze giovanili. E allora è importante che da parte delle istituzioni, da parte di questa Regione arrivi un importante segnale di garanzia nei confronti di tutti i cittadini, ma anche di invito a dialogare con tutte le forze sociali e con tutti i giovani. Dicendo questo non alludo a quelli con il passamontagna tirato giù sul volto, ma ai giovani che nei centri sociali hanno vissuto sino ad oggi e con cui l'Assessorato alla gioventù del comune di Torino ha dialogato sin dai primi anni '80, il che in questi ultimi anni non è più avvenuto. E' proprio per una mancanza di dialogo che oggi si è verificata una situazione esplosiva. Probabilmente l'arrivo al potere di alcune parti politiche aveva suscitato tra questi ragazzi grandi speranze, poi completamente disattese, ma non è certo la partecipazione ai cortei che risolve i problemi di assenza di dialogo. Allora forse è opportuno tornare a parlare di prevenzione, tornare a dialogare, come stamattina ha dichiarato Ernesto Olivero, ma è anche giusto che questa Regione dia le risposte di propria competenza.
Mi pare che le maglie del bilancio fortunatamente consentano, grazie all'impegno di tutto il Consiglio regionale, un'attenzione ai temi della formazione professionale del primo livello e ai temi del lavoro. Queste sono le risposte di una giusta politica di prevenzione del Consiglio regionale che in fondo ha il compito di dare indicazioni e di legiferare.
Le indicazioni devono provenire da un'istituzione responsabile, senza lasciare che alcune istituzioni prestino il fianco a qualche frangia di scalmanati che non debbono essere assolutamente scambiati con i ragazzi dei centri sociali. Su questo vorrei che il Consiglio regionale facesse una riflessione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ghiglia.



GHIGLIA Agostino

Intervengo sulla richiesta del Consigliere Angeleri, per quella che nonostante i tempi, mi è sembrata una pregiudiziale.



GHIGLIA Agostino

CHIEZZI Giuseppe (fuori microfono)



GHIGLIA Agostino

Sulla pregiudiziale parla uno per gruppo. Presidente, ci conduca.



GHIGLIA Agostino

Io sto parlando contro la pregiudiziale se è una pregiudiziale.



GHIGLIA Agostino

CAVALIERE Pasquale (fuori microfono)



GHIGLIA Agostino

Scusa, Agostino, con un intervento di dieci minuti siamo già entrati nel merito.



GHIGLIA Agostino

CHIEZZI Giuseppe (fuori microfono)



GHIGLIA Agostino

Il Presidente ci guidi!



GHIGLIA Agostino

Non siete al corteo, se mi fate parlare forse riesco a spiegarmi. Al corteo qualcuno di voi c'è stato sabato, si è divertito e ha urlato. Adesso mi lasci parlare, grazie.
Presidente, noi come Alleanza Nazionale siamo pronti in qualsiasi momento a dibattere del tema degli squatter, perché quelli di noi che abitano a Torino sono esperti su questo genere di delinquenti e di teppaglia; devo dire, però, che noi siamo rimasti all'ultima riunione dei Capigruppo e all'ultima riunione dei Capigruppo avevamo deciso che oggi si sarebbe parlato di bilancio, che a quanto mi risulta è ancora - mi augurerei che fosse così - per quanto sia fondamentale il dibattito sugli squatter, la priorità assoluta del Consiglio regionale del Piemonte. Non solo, ma la Giunta aveva anche accettato il dibattito politico, non si sa bene su cosa, ma comunque politico, che era stato richiesto nella seduta precedente dei Capigruppo da alcune forze politiche della minoranza.
Allora, noi siamo pronti a dibattere, visto che siamo convocati due giorni degli squatter, ma vogliamo proseguire sul cammino intrapreso del bilancio della Regione, visto che per noi non ci sono altri elementi di priorità. Se così non fosse, le chiedo la convocazione della Conferenza dei Capigruppo.
Avendo per me la Conferenza dei Capigruppo un senso e un valore, ne chiedo la riconvocazione affinché si ristabilisca l'ordine dei lavori corretto oppure si decida in quella sede di modificarlo.



PRESIDENTE

Dopo questi brevi interventi, credo che sarà opportuno convocare la Conferenza dei Capigruppo.
La parola al Consigliere Cavaliere.



CAVALIERE Pasquale

Presidente, io credo che l'argomento sia importante e il fatto che il nostro Consiglio gli dedichi un momento di approfondimento può essere utile. Del resto il collega Angeleri non ha fatto solo una richiesta di dibattito, è anche entrato nel merito, per cui pare difficile richiedere ora agli altri colleghi di non entrare nel merito di un problema che era già stato calendarizzato e sul quale di era già deciso nei giorni scorsi di discutere. Credo, collega Ghiglia, che la cosa sia abbastanza compatibile con i programmi che ci siamo dati.
Possiamo riprendere oggi e domani mattina il dibattito politico prefissato. Mi sembra che dedicare stamani un'oretta e mezza o un paio d'ore al problema possa essere compatibile con i tempi del dibattito sul bilancio. Se cominciamo a convocare riunioni della Conferenza dei Capigruppo, non discuteremo né dell'uno né dell'altro. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Riba.



RIBA Lido

Signor Presidente, convengo in parte con le considerazioni del Capogruppo Ghiglia, però, prima della Conferenza dei Capigruppo, vorrei conoscere l'orientamento della maggioranza, viste le due diverse posizioni interne alla stessa.
Per quanto ci riguarda, avendo come Gruppo richiesto un dibattito sul bilancio e sulla situazione politica siamo disponibili a svolgerlo compatibilmente con altre decisioni e questioni che possono essere poste.
Non è però questione sulla quale ritengo opportuno soccorrere una posizione di diversificazione nella maggioranza.
Decidete prima voi, successivamente decidiamo insieme.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Gallarini.



GALLARINI Pier Luigi

Non ho la presunzione di esprimere l'unificazione delle posizioni della maggioranza. Semplicemente, mi riallaccio a quanto avvenuto la settimana scorsa; alla Conferenza dei Capigruppo avevamo concordato che nel Consiglio di mercoledì mattina si sarebbero dedicate due ore alla questione degli squatter, e penso che tutti i colleghi di maggioranza e di minoranza ricordino quanto sto riassumendo. Arrivati a questo punto, visto che l'argomento di attualità allora lo è maggiormente oggi, siamo perfettamente disponibili, così come deciso dai Capigruppo - visto che mercoledì scorso non c'è stata riunione di Consiglio - ad orientarci come deciso in quella sede.



(Considerazioni fuori microfono del collega Ghiglia: "Alla Conferenza dei Capigruppo di venerdì non si è parlato di squatter.")



GALLARINI Pier Luigi

E' vero: lo ricordo perfettamente.



(Considerazioni fuori microfono del Consigliere Ghiglia)



PRESIDENTE

Il dibattito era previsto per mercoledì mattina, ma poi non si tenne Consiglio.



GALLARINI Pier Luigi

Collega Agostino Ghiglia, se mi è permesso (...) Certo, ricordo il passaggio e davo per scontato che all'ultima Conferenza dei Capigruppo non se ne fosse parlato; ricordo anche che in quella precedente si parl dell'ipotesi di Consiglio di mercoledì mattina. Dopodiché non si super quell'ipotesi, che venne accantonata perché non ci fu Consiglio.
In ogni caso, siamo disponibili, se alla Conferenza dei Capigruppo si conviene in tal senso, di iniziare subito con il dibattito su altro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montabone.



MONTABONE Renato

A me sembra che il Consiglio abbia due esigenze: quella della discussione, politica e non, sul bilancio, e l'altra, rimarcata dal Consigliere Angeleri, di dibattere un tema di assoluta attualità e gravità su tutti i giornali di oggi, oltreché sulle piazze e sulle strade di ieri.
La maggioranza ci informi sull'ordine dei lavori che intende dare al Consiglio: quale delle due strade intende scegliere? Personalmente ritengo che la richiesta di dibattito, con la pregiudiziale posta dal Consigliere Angeleri, ha già visto un intervento nel merito della questione; se lo si lascia cadere il dibattito nasce monco. Il Consigliere Angeleri non ha chiesto di dibattere sul problema per cui un Consigliere di maggioranza ed uno di minoranza si sono detti l'uno d'accordo e l'altro no: è entrato nel merito, svolgendo il suo intervento.
Lasciar cadere così l'intervento mi sembrerebbe non rilevare l'importanza dell'argomento stesso.
Mi pare di capire che sul tema non si raggiungerebbe l'unanimità in sede di Conferenza dei Capigruppo; la maggioranza ci dica cosa intende fare sull'argomento. Il Presidente della Giunta regionale, i Capigruppo di maggioranza ci dicano come dobbiamo proseguire: non facciano scegliere il percorso dalla minoranza.



PRESIDENTE

Prima di dare la parola al Consigliere Chiezzi vorrei far rilevare non è la maggioranza in quanto tale che determina lo svolgimento dei lavori, ma la Conferenza dei Capigruppo. Pertanto, in quella sede, la maggioranza determinerà il percorso da seguire.
Ho dato la parola a quanti l'hanno richiesta finora per un preorientamento, non per avere una posizione a favore ed una contraria.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Presidente e colleghi, il Gruppo di Rifondazione Comunista è molto favorevole a discutere il problema relativo ai giovani che lavorano, vivono o partecipano alle attività svolte dei Centri sociali.
Siamo favorevoli perché si tratta di problema che come Gruppo abbiamo segnalato con un'interpellanza di qualche tempo fa: la Regione Piemonte caro collega Angeleri - da tempo ha, sul tavolo, fra i problemi da risolvere, quello del Centro sociale che ha sede in una palazzina di proprietà della Regione. Nonostante le nostre sollecitazioni, la Giunta regionale non ha mai risposto a questo tipo di problema; come Gruppo siamo favorevolissimi a discuterne. Quando discuterne? Se la maggioranza non è pronta a discutere il bilancio e il Presidente Ghigo non è pronto a far fronte alle attese che aveva suscitato, se ritiene occorra ancora qualche giorno prima di essere pronta a discutere sul bilancio, come Gruppo siamo favorevoli a discutere degli squatter anche adesso. Se invece la maggioranza "fa quadrato" e dice: "Viene prima il bilancio", ci atterremo alla volontà della maggioranza che governa, evidentemente, anche i lavori di quest'aula.
Decidete voi se viene prima il bilancio o i Centri sociali; dei Centri sociali, comunque, occorre discutere alla svelta, anche subito.



PRESIDENTE

Ripeto che una tale decisione non è assunta dalla maggioranza o dalla Giunta, ma dalla Conferenza dei Capigruppo.
Chiederei una sospensione di 10 minuti per svolgere, nella sala a), la Conferenza dei Capigruppo.



(La seduta, sospesa alle ore 10.38 riprende alle ore 10.45)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Comunico che hanno chiesto congedo anche i Consiglieri Farassino e Rosso. Il numero legale, pertanto, scende a 28.


Argomento: Assistenza e sicurezza sociale: argomenti non sopra specificati

Esame ordine del giorno n. 721: "Atti di vandalismo e teppismo a Torino"


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'ordine del giorno n. 721 dei Consiglieri Griffini Rosso, Angeli, Salerno, Gallarini, Benso, Cotto, Angeleri e Rosso, di cui al punto 78) all'o.d.g.
La Conferenza dei Capigruppo, che non ha visto la presenza di tutti i Capigruppo, ma i presenti sono stati unanimi, a fronte di questa novità della manifestazione che c'è stata nella giornata di sabato, ha previsto di effettuare in questa mattinata il dibattito che era stato ipotizzato per mercoledì e di prendere in esame l'ordine del giorno n. 721, che era già iscritto al punto 78), e che attrae l'ordine del giorno presentato il 30 marzo dai Gruppi CCD, CDU, Pensionati per l'Europa e Misto Indipendenti.
Il dibattito, come previsto, si svolgerà per circa due ore e, nel pomeriggio, si riprenderà con la relazione del Presidente Ghigo; i nostri lavori si protrarranno, come al solito, fino alle ore 13-13.30 e riprenderanno intorno alle ore 14.30.
Si distribuiscano i documenti, in modo che tutti siano informati.
Apriamo dunque il dibattito; ha chiesto la parola il Consigliere Angeli, che è tra i presentatori del primo ordine del giorno. Prego.



ANGELI Mario

Io sono tra i presentatori; sono firmatario di un ordine del giorno: per questo ho chiesto la parola. Non ho bisogno che lei mi controlli più di tanto: riesco a capire da solo quando posso e quando non posso parlare.



PRESIDENTE

Non volevo controllarla.



ANGELI Mario

Lei, più volte, riprende le persone in questi termini e credo che sia sbagliato da parte sua.
Lei faccia il Presidente e lo faccia per tutti: cerchiamo di comprenderci una volta per tutte.
Io ho firmato questo ordine del giorno, ben sapendo che cosa intendevo firmare per i Centri sociali. Credo che i Centri sociali, nel nostro come in altri Paesi dell'Europa, siano stati e siano dei momenti importanti da seguire, da cercare di rivalutare, per dare un preciso significato di valenza culturale a queste strutture che sono sorte quasi in tutta Italia.
I primi centri cosiddetti sociali (degli squatter oppure degli occupanti, come si vuol dire), sono nati nel nord Europa; nascendo nel nord Europa, hanno avuto un'espansione di un certo tipo e certe caratteristiche.
Si chiamano "occupanti": la parola squatter non mi piace; hanno occupato anche delle case private, sono successi dei fatti che non andavano bene e altri che andavano bene.
Il nocciolo del problema, quando e se lo vogliamo trovare, credo sia l'indifferenza che c'è da parte delle pubbliche Amministrazioni; non parlo solo del Piemonte, ma complessivamente, dell'indifferenza che si pone nei confronti di questi giovani, di questi ragazzi, un'indifferenza che, certe volte, ha dell'incredibile.
Nel mio piccolo, ricordo alcune cose del passato, avendo vissuto gli anni 1968-69: quelli con i capelli bianchi come i miei ricordano sicuramente quel periodo.
Era stato un grande movimento di rivolta contro il condizionamento da parte delle classi dirigenti nei confronti degli operai.
Questa era la realtà, non solo delle classi dirigenti, dei cosiddetti padroni (come li chiamavamo allora), ma anche delle classi dirigenti del sindacato; era stato un movimento che aveva portato una ventata di nuovo all'interno della nostra nazione.
Trovandoci oggi in una situazione di gran lunga peggiore di quella di allora, probabilmente; con una disoccupazione al 12%; con i giovani che non trovano occupazione, con le donne che non trovano occupazione, se non riusciamo - questa è una mia analisi del tutto personale - a dare occupazione ai nostri giovani, alle nostre donne, e non solo a quelli (mi riferisco a quelle persone di 40 anni che si trovano espulse dal lavoro come è capitato, come capiterà ancora, come sta capitando qua a Torino, ad esempio per l'Ilva), ci ritroveremo della gente che non avrà né arte e n parte e non troverà più uno straccio di lavoro.
Se non troviamo un momento di solidarietà sociale, come è avvenuto nel passato, verso questa gente, credo che difficilmente riusciremo ad uscire da questo limbo, da questo buio, da questo tunnel che ci vede tutti quanti un po' amorfi, ognuno ritirato nel suo privato, senza più pensare a quelli che erano allora, nel tempo passato, i momenti alti, politici di solidarietà, e non di assistenza generica come la intendiamo oggi.
Credo sia sbagliato - com'è stato detto - andare alle manifestazioni coprendosi il viso.
Io, a suo tempo, ho manifestato per le strade come amministratore e come rappresentante del sindacato a viso scoperto, dicendo le cose che chiedevo e quello che volevo.
Credo che noi dovremmo riaprire un dialogo con questi ragazzi, con quelli che lo vogliono riaprire questo dialogo, con quelli che hanno voglia di intervenire per il bene della nostra società.
Credo che noi abbiamo un compito; non so se lo stiamo svolgendo, mi auguro che cercheremo di svolgerlo, mi auguro che riusciremo a dare delle risposte a tutti questi giovani, a questi ragazzi, a queste donne, a questi uomini che non sanno più come fare ad andare avanti, con le nuove povertà che ci sono.
Teniamo presente che oggi un operaio, anche specializzato, che fa i turni riesce a guadagnare a malapena 1 milione e 800 mila lire. La domanda che mi pongo più volte - me la pongo sovente questa domanda - è: se in una famiglia lavora uno solo e devono pagare dalle 500 alle 600 mila lire d'affitto e non hanno la casa, come fanno a sopravvivere, visto e considerato che dai media nazionali si dice che ci vogliono almeno tre milioni al mese per sopravvivere, per una famiglia di quattro persone? Queste nuove povertà creeranno indubbiamente dei moti di rivolta, dei movimenti che, al confronto, quello di Torino credo sia ancora rose e fiori. Ho sempre sentito dire, mi è sempre stato ripetuto che sin che non si fa la coda davanti al botteghino del pane, va tutto bene. Qui stiamo cominciando ad andare molto male.
Io avevo visto in altre nazioni delle persone che andavano a cercare da mangiare nell'immondizia, adesso si vedono anche in Italia: adesso si vedono a Torino, ad Alessandria, a Novi Ligure, a Milano, a Napoli, si vedono in tutte le città. C'è un movimento sotterraneo che ci sta sfuggendo; cerchiamo di renderci conto di quello che sta avvenendo in questo momento, altrimenti ne pagheremo lo scotto e penso che sia uno scotto molto duro.
Io non sono d'accordo con chi usa violenza, assolutamente non sono d'accordo; non sono d'accordo con chi provoca dei danni. Vorrei riuscire come amministratore, ad aprire un dialogo con queste persone per non avere questi danni, per ragionare effettivamente con loro, per ragionare dei problemi che ci sono, cercando di risolverli vedendo di trovare le soluzioni che sono state trovate nel passato e che oggi - difficilmente credo - si cercano di trovare e nessuno pone mano a quelle che sono le realtà, se non per ottenere dei risultati che saranno importanti, anzi che sono importanti, ma che non tengono conto di questi momenti di solidarietà che sono necessari per la nostra sopravvivenza e che sono necessari perch siamo esseri umani, che sono necessari perché siamo uomini, perché siamo persone civili.
Altrimenti siamo degli incivili alla pari di tantissimi altri paesi del Terzo Mondo, dove lasciano morire i bambini per le strade, non sanno neanche di averli e vivono alla stregua della giungla.
Credo che questa riflessione la si debba fare tutti, che si debba avere quella sensibilità per trovare le soluzioni o, perlomeno, cercare di trovare tutti assieme delle soluzioni che sono importantissime.
Credo che Torino oggi rappresenti un momento di riflessione per tutti.
Credo che i centri sociali debbano continuare a restare aperti e credo che tutti quanti dobbiamo cercare confronto con questi ragazzi per trovare le soluzioni per il futuro e formare quindi una nuova classe dirigente; com'è nata allora, nel 1986 e '69, credo che dobbiamo avere la possibilità di ricreare le condizioni per avere da questi giovani delle risposte positive.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Angeli, per il suo intervento, che è stato di alto valore morale e ha introdotto questo dibattito credo nel migliore dei modi.
La parola alla Consigliera Ferrero.



FERRERO Caterina

Intervengo per illustrare uno degli ordini del giorno che su questo argomento sono stati presentati la scorsa settimana, un ordine del giorno che è stato presentato probabilmente da tutti i Gruppi di maggioranza chiedo scusa, adesso non ho l'ordine del giorno con tutte le firme, quindi non so nello specifico tutti coloro che hanno sottoscritto questo documento. In ogni caso, è un ordine del giorno che è stato presentato a seguito di una serie di avvenimenti che sicuramente creano in tutti noi una forte esigenza di fermarsi per poter cercare di valutare un pochino tutti gli avvenimenti che si sono verificati in questi giorni, dalla morte di uno di questi giovani agli ultimi cortei che ci sono stati nella città di Torino e che hanno provocato un grosso disagio, soprattutto ritengo da parte di chi in questo momento ricopre ruoli importanti nell'ambito delle istituzioni.
La prima considerazione che mi sento di fare in questo momento è che come al solito, anche in questo caso un disagio, che non è la prima volta che viene portato alla conoscenza delle istituzioni, viene valutato e commentato a seguito di accadimenti estremamente pesanti, a seguito di disordini che si sono verificati.
Questa penso che sia una valutazione che, purtroppo, siamo portati a fare tutte le volte che succedono degli eventi così pesanti, perché ancora una volta abbiamo dimostrato, come istituzioni, che è difficile poter fare prevenzione.
Io non so se non c'è la volontà di addivenire alla prevenzione o se invece questo sia effettivamente molto difficile da gestire, è però un fatto che tutte le volte che noi ci troviamo a parlare di morti, a parlare di disastri, ne parliamo sempre dopo.
Posso capire che il Questore di Torino oggi sui giornali dica che sono stati fotografati quelli che hanno distrutto delle vetrine, quelli che hanno creato questo disordine, che questi responsabili saranno perseguiti.
Ma non basta; non basta perché è importante cominciare anche nell'ambito delle istituzioni a creare la cultura della prevenzione.
Diversamente, ci si trova a discutere di questi problemi con uno spirito sbagliato, con la rabbia dentro, di fronte a degli atteggiamenti che strumentalizzano - dal mio punto di vista - dei giovani che dei problemi effettivamente hanno.
Tutta la problematica dei centri sociali, di coloro che con il volontariato operano all'interno di questi centri, oggi viene vista come un momento di scontro, come un momento di pesante contrarietà a questa loro realtà, quando invece un piccolo gruppo di giovani ha strumentalizzato questa cosa e semplicemente ha creato disordine.
Allora noi dobbiamo renderci estremamente coscienti di questa esigenza non permettere che i problemi possano essere posti con un atteggiamento di illegalità, chiedere e garantire che tutti i cittadini possano vivere in una città dove regni l'ordine politico e tutti insieme, istituzioni in prima linea, affrontare dei problemi, ma dopo che si sia rispettato l'ordine pubblico, dopo che si siano rispettati tutti i cittadini della città di Torino.
Mi fermerei qui per dare la possibilità agli altri firmatari di questo ordine del giorno di intervenire, se del caso fare ulteriori considerazioni dopo.



PRESIDENTE

Comunico che è rientrato il Consigliere Rubatto, perciò è "scongedato" da questo momento.
La parola al Consigliere Moro.



MORO Franccesco

Grazie Presidente, desidero anch'io intervenire brevemente...



PRESIDENTE

Scusi, mi pare che il Presidente Picchioni...



PICCHIONI Rolando

Vista la delicatezza di questo dibattito sarebbe opportuno che ci fosse la Giunta e l'Assessore all'assistenza e ai servizi sociali.



PRESIDENTE

Concordo.



PICCHIONI Rolando

Mi pare che il taglio dell'intervento della Consigliera Ferrero ne preveda assolutamente la sua attenzione e il suo intervento.



PRESIDENTE

Il Presidente Ghigo era già qui presente, perciò non dobbiamo invitarlo; prego gli Assessori di essere presenti, così come tutti i Consiglieri, dato l'alto valore di questo dibattito.
La parola al Consigliere Moro.



MORO Franccesco

Grazie Presidente, desidero anch'io intervenire brevemente sulla delicatissima materia sociale del grave problema giovanile che con una parola non corretta (gli squatter), è giustamente approdato in questo Consiglio regionale per un'approfondita discussione. L'argomento politico è di attualissima valenza tra la gente in questi giorni e riguarda un tristissimo tema di emarginazione, di colpe gravi della società civile e anche da parte delle istituzioni verso ragazzi abbandonati, umiliati e non correttamente aiutati per inserirsi nel mondo del lavoro, nella vita civile.
Bisogna aprire veramente un dialogo serio, con questi ragazzi e non solo criminalizzarli. Si sta cercando assurdamente con la stampa e la televisione di strumentalizzare e di politicizzare a fini elettorali il caso anche da parte delle destre, ed allora è opportuno discuterne politicamente. Non a caso l'argomento è stato sollevato dalle destre questa mattina, proprio da un esponente della maggioranza, cosa che importante sottolineare.
Questi giovani sono ragazzi che lavorano, vivono e partecipano ai centri sociali in tutto il Piemonte e non sono certamente dei teppisti come invece si cerca di presentarli. I centri sociali sono occasioni importanti di socializzazione, di valenza culturale, di aiuto reciproco tra questi ragazzi e anche a volte di lotta sociale, condotta in modo democratico contro classi dirigenti incapaci di gestire i problemi sociali dei giovani classi dirigenti che sono responsabili e colpevoli della loro emarginazione.
I centri sociali sono centri di solidarietà e sono anche momenti di nuova povertà, come è stato qui ampiamente ribadito.
Stiamo vivendo situazioni di nuova povertà e quindi questi ragazzi vanno aiutati soprattutto dalle istituzioni democratiche in un modo diverso da quello attuale, soprattutto in questo difficilissimo contesto politico economico, sociale e occupazionale. Questa emarginazione non riguarda solo una città importante come Torino, perché si sta estendendo in tutto il territorio del Piemonte, in particolar modo nelle città importanti.
Sono stati presentati in Consiglio regionale alcuni ordini del giorno.
Spero che la risoluzione politica sia quella non di criminalizzare questi ragazzi, ma di tentare, come istituzione, di aiutarli con iniziative concrete per garantire la sicurezza di questi centri sociali, che spesso e volentieri non sono certamente sicuri anche dal punto di vista dell'ordine pubblico. Credo che problemi importanti come questo vadano visti da un ente importante come la Regione in un modo diverso e concreto e non certamente per dare occasioni per criminalizzare ed emarginare ancora di più questi giorni.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Casari.



CASARI Raimonda

Grazie Presidente. Affrontare un dibattito partendo dal dramma di un uomo che per disperazione e debolezza si suicida in carcere è certo motivo di turbamento per tutti noi, indipendentemente dalla colpevolezza o dall'innocenza della persona stessa. Ancor di più colpisce che ciò sia avvenuto prima che una giustizia lenta avesse fatto il suo corso.
Il problema degli squatter, come è già stato detto stamattina, è un problema di disagio giovanile, sul quale, a mio avviso, non va fatta una speculazione politica, in quanto non riferibile solo alla città di Torino ma è dimensioni ben più vaste. E' un disagio diffuso in tutto il mondo occidentale e che si manifesta contro tutti i governi. Qui il pretesto pu essere l'alta velocità o il suicidio di un giovane in carcere, altrove altri pretesti scatenano identica violenza. Volendo prima di tutto fare una riflessione di tipo culturale, a me pare che tale fenomeno si possa ricollegare alla crisi delle ideologie. Sono giovani che non credono più nelle grandi utopie vendute loro in un pur recente passato (a cominciare da quella marxista, che prometteva un mondo più equo e più giusto), e che sfogano così la loro violenza e la loro rabbia contro tutto e tutti. Credo che proprio in questo senso si possa leggere la contestazione a Dario Fo comunista contestatore convinto da un lato, che nel contempo riceve il Nobel e si inchina al Re di Svezia. C'è dunque una rivolta contro i mercanti di utopie, ma una rivolta anche contro i mercanti di banalità contro gli adulti in genere e le istituzioni in particolare, che non saprebbero dare una risposta alla loro disperazione, al loro disagio, alle loro aspettative. E allora ecco i gesti di sfida, i cortei, le occupazioni i danneggiamenti, i muri imbrattati, la violenza; gesti che, pur con tutta l'umana comprensione per il giovane che si è suicidato in carcere, restano tuttavia inaccettabili perché compiuti al di fuori della legalità, il rispetto della quale è il primo presupposto di ogni convivenza civile.
Sul piano più strettamente politico, tutti noi ci troviamo di fronte ad una doppia responsabilità: c'è da un lato l'esigenza, avvertita da tutti i cittadini, di restituire alle città una condizione di vivibilità, così come non è accettabile che il Ministro dell'Interno Napolitano dichiari sui giornali che in fondo non si è trattato di nulla di drammatico. Per quanto riguarda Torino non è più accettabile neppure l'atteggiamento pilatesco del Sindaco, che da un lato aumenta i Centri sociali e dall'altro se ne lava le mani, non affrontando il problema né le sue conseguenze e disattendendo totalmente le ampie garanzie che sul tema della sicurezza aveva dato non più tardi di un anno fa, nel corso della campagna elettorale.
In questo senso va dunque il forte e deciso impegno ad approfondire i problemi che il nostro ordine del giorno sollecita alle forze istituzionali, ma anche alla Prefettura, alla Questura e alle Forze dell'ordine. E' inutile fare tanti progetti sul futuro di Torino, parlare di turismo, di rilancio della città quando non si è neppure in grado di garantire la sicurezza del presente. C'è tuttavia una seconda responsabilità che tutti noi dobbiamo condividere ed è la necessità di dare a questi giovani delle speranze, degli orizzonti, delle certezze per cui valga la pena impegnarsi, non più limitandosi ad una stanca gestione del quotidiano.
Martin Luther King, di cui proprio in questi giorni si è celebrato l'anniversario della morte, diceva che quando ci si trova fronte alla rabbia, il compito delle forze politiche responsabili è quello di trasformare tale rabbia in amore.
Non è esaltando le gesta dei guerriglieri del Chapas che possiamo dare una risposta al vuoto culturale e alla fragilità psicologica di una parte dei nostri giovani. Servono, invece, una verifica attenta ed un impegno concreto affinché da un lato si scoraggi e si prevenga il fenomeno dall'altro si diano risposte concrete. Una su tutte, certamente la più importante, al problema dell'occupazione.
Tutti noi, insieme, abbiamo la responsabilità e il dovere di trasformare la rabbia e la violenza, ormai quotidianamente sotto i nostri occhi, in qualcosa di costruttivo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Saitta.



SAITTA Antonino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, rispetto ai due ordini del giorno presentati, volevo esprimere la nostra opinione con una premessa: la convinzione, molto spesso non solo della maggioranza ma anche della minoranza, che l'approvazione di un ordine del giorno ci metta "a posto" dal punto di vista politico e della coscienza, ritenendo in questa maniera di aver compiuto un atto politico di grande importanza. Molto spesso inoltre, concludendo gli ordini del giorno - non è il caso di oggi, ma anche - si ritiene di aver risolto il problema affidandone la gestione o scaricandone la responsabilità ad altri.
Per la verità, l'ordine del giorno della scorsa seduta, quello più "antico", contiene valutazioni abbastanza articolate e non si limita soltanto a scaricare delle responsabilità; mi pare un ordine del giorno abbastanza equilibrato. Dobbiamo però evitare, se i firmatari concordano di dare una lettura del fenomeno attraverso gli occhiali della politica dei partiti. Bisogna evitare, cioè, che un problema sociale sia letto in termini strumentali - come ha detto il Consigliere Angeleri, ma riguarda un po' tutti. Se leggiamo il fenomeno in termini strumentali, qualcuno individua un intervento eccessivo della polizia, altri il contrario.
Intendo invece sottolineare la necessità di una lettura ancora più sociale del problema, ancor prima che una lettura politica. Quest'ultima per forza di cose, deve concludersi con una proposta.
Ho la sensazione che con valutazioni soltanto politiche impediremmo un'analisi socio-economica del problema. Ho la sensazione che le forze politiche non abbiano ancora elementi per poter leggere il fenomeno conseguentemente, non avendo elementi, cerchiamo di "tirare" il problema per giustificare la posizione di carattere politico di ognuno.
Sarebbe opportuno, invece, un atteggiamento più aperto: soltanto un'apertura può consentirci la lettura migliore del problema e la scelta degli strumenti che possiamo mettere in campo per la soluzione dello stesso.
Ritengo sia una modalità da non perseguire anche un altro fenomeno molto spesso presente in modo particolare in una certa sinistra, quello di un giustificazionismo del problema, ritenendo che ogni fenomeno di carattere sociale, in ogni caso, sia positivo.
Quindi, "no" ad una lettura politicizzata, "no" ad una lettura giustificazionista a qualunque costo del problema.
La prima constatazione da fare - questa sì - dal punto di vista delle istituzioni è che queste ultime devono garantire la legalità: punto fermo inequivocabile. La legalità è problema che ci riguarda, così come le istituzioni, e non soltanto le nostre, ma anche quelle che hanno il compito precipuo di garantire l'ordine pubblico. La legalità è un fatto importante.
Ritengo occorra tutto il possibile, e sotto questo aspetto ritengo che le Forze dell'ordine si siano mosse abbiano fatto abbastanza bene, in ogni caso, sempre, affinché sia garantita la serenità e la tranquillità dei cittadini. Compito a mio avviso fondamentale; dobbiamo vigilare attentamente.
Dopodiché, c'è il problema sociale; azzardo un'ipotesi probabilmente viziata dal fatto di essere un uomo politico, del quale non può che affiorare la formazione politica maturata negli anni.
Ho la sensazione che questo fenomeno, come altri, sia la punta estrema di una grande crisi della società, che deriva, a mio avviso, dalla disgregazione dell'istituto familiare. E' una convinzione che mi piacerebbe confrontare con un'analisi più approfondita, ma ho la sensazione che questo sia il problema centrale. Laddove è avvenuta una forte disgregazione dell'istituto familiare si è verificata, contestualmente, una crescita dei problemi sociali, con delle punte acute.
Mi pare, questo, un elemento sul quale non ci soffermiamo con la giusta attenzione. Non intendo dire che occorre ristabilire il vecchio istituto familiare, quello d'inizio secolo, della famiglia contadina, patriarcale.
Quando parlo di crisi dell'istituto familiare, mi riferisco al fatto che la famiglia non svolge più un ruolo, che in ogni caso deve svolgere, che è quello di mediatore sociale. La famiglia non svolge bene il ruolo di mediazione sociale che ha svolto nel passato.
In ogni momento, anche abbastanza difficile, la famiglia ha formato il giovane, il ragazzo, per la società; questo ruolo non l'hanno mai svolto la scuola o altri agenti educativi: l'ha sempre svolto la famiglia. Oggi questo ruolo, è stato "tolto", le famiglie non lo svolgono più, per motivi diversi: cambiamenti sociali, mass-media, ecc.
Quando questo ruolo non viene più svolto, il giovane si presenta nella società molto più debole rispetto al passato. Mi sembra, questo, un elemento importante; c'è poi il problema della disoccupazione, altri problemi sociali, ecc. C'è, soprattutto, questa fragilità del giovane che deriva proprio dalla mancanza di questo ruolo di mediazione sociale che la famiglia svolgeva Se dobbiamo pensare a tentativi di soluzione del problema, non possiamo che partire da questo dato e da altre questioni in qualche maniera collegate.
Se questa è una possibile lettura, gli interventi delle istituzioni devono essere finalizzati all'obiettivo della rivalutazione del ruolo di mediazione sociale della famiglia e quindi del riconoscimento del valore sociale dell'istituto familiare.
Quindi, non più famiglia sola, ma tutelata a svolgere un ruolo sociale.
E le altre questioni - come dire? - connesse, devono essere finalizzate a questo obiettivo.
Per concludere, mi pare che il secondo ordine del giorno presentato contenga un'eccessiva lettura del problema in termini di ordine pubblico laddove si dice "di farsi parte attiva presso il Ministero degli interni affinché sia ristabilito l'ordine pubblico".
Non mi pare di notare che la situazione sia in questi termini o possa essere letta soltanto in questi termini; così come non mi pare debba esserci una preoccupazione prevalente, anche perché potrebbe essere letta malamente nei confronti di coloro per i quali vogliamo affrontare il problema, cioè che ci sia soltanto una necessità di mantenere l'immagine turistica, ecc.
C'è questo problema; fa parte di questa società e, in quanto tale esiste; non può essere occultato: lo dobbiamo - appunto - saper leggere.
E allora, se queste considerazioni vengono riordinate dando un valore forte e di priorità alla legalità, ed evitando di dare una lettura criminalizzante del problema...



(Commenti in aula)



SAITTA Antonino

Sì, sì, l'ho letto. Ma intendo dire che condivido di più il primo ordine del giorno, che mi pareva molto più articolato: si evita di dare una lettura soltanto criminalizzante del problema e si tende a sviluppare di più che cosa vuol dire prevenzione, che non può essere soltanto un riferimento ed un impegno del Consiglio regionale di rivolgersi alla Prefettura, alla Questura o alle forze dell'ordine e alle forze sociali, ma di che cosa gli Enti, le istituzioni, concretamente, possono fare (la Regione, le Province e i Comuni).
Credo che sia anche il momento per chiedersi - l'hanno fatto altri colleghi che sono intervenuti - se nel nostro modo di governare, se nelle scelte che abbiamo ad esempio compiuto in questi tre anni, ci siamo preoccupati di questo problema oppure se è soltanto un'accentuazione delle questioni di carattere economico che, in quelle poche volte che ne abbiamo discusso, ci hanno permesso invece di affrontare le questioni sociali. Lo dico per il problema della tossicodipendenza, lo dico per la famiglia.
E allora, quanto ci si interroga, quanto si vuole assumere un atto che abbia un valore, bisogna anche sapere indicare, avere il coraggio di indicare che cosa dobbiamo modificare dei nostri atteggiamenti in quanto amministratori regionali. Se gli ordini del giorno tengono anche conto di queste considerazioni che - mi rendo conto - sono di carattere generale (ma credo che il livello, per forza di cose, oggi non possa che essere questo) il nostro voto può essere favorevole.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rubatto.



RUBATTO Pier Luigi

Signor Presidente, "Ribellarsi è giusto": questo diceva uno striscione apparso allo Stadio comunale nella partita disputatasi ieri a Torino.
Ebbene sì. Ribellarsi è giusto; contestare è giusto; opporsi è giusto ma nella legalità, in quella legalità che noi tutti desideriamo e per la quale cerchiamo di operare.
I centri sociali autogestiti debbono esistere, perché sono l'ultimo baluardo dell'aggregazione giovanile in un contesto sociale dal quale è sparita ogni forma di intervento in favore dei giovani. Ma i centri sociali, proprio perché autogestiti, debbono convivere con la legalità.
Quindi il senso della mia firma su questo ordine del giorno è proprio quello di dare ampio spazio ai giovani, tendere loro una mano, comprendere il loro disagio, cercare di essere loro vicino con interventi di servizio sociale.
Sia però chiaro che dobbiamo combattere con ogni mezzo l'illegalità combattere con ogni mezzo chi vuole conquistare spazio non per esprimere proprie idee, anche se non condivise, di contestazione, ma per dare forza ad una rabbia interiore che forse, purtroppo, è dovuta alla mancanza di strutture ed alla mancanza di posti di lavoro.
Siamo seri e coraggiosi, sia da una che dall'altra parte: isolare chi vuole l'illegalità, giovani e non più giovani, ed impegnarsi maggiormente ad un dialogo.
Contestare è giusto, ma nel dialogo, ove si possono esprimere le proprie idee accettando, anche se non condividendo, quelle degli altri.
Contestare è lecito, ma non con la forza, non distruggendo, non usando i passamontagna per non farsi riconoscere.
E quei politici sfilati in corteo: a chi erano solidali? Ai giovani che volevano dimostrare seriamente (e forse lì in mezzo ve ne erano anche molti...)? Ai giovani con i passamontagna che volevano solo distruggere? Ai giovani che hanno lanciato petardi e mandato in ospedale chi onestamente faceva il proprio lavoro sabato pomeriggio? Ai giovani che hanno dimostrato rubando in un supermercato? Oppure a chi si è trovato il negozio distrutto, a chi è andato all'ospedale, a chi non ha potuto lavorare nella giornata dei cortei, alla gente che aveva paura di uscire di casa? Quei politici siano loro a dire ai loro elettori e a dimostrare come e con chi desideravano solidarizzare.
Quindi, massimi controlli nella legalità; mano tesa al dialogo; aumento dei servizi sociali in una città come quella di Torino, ove invece di potenziare tale settori si diminuiscono gli interventi.
Fermezza con chi opera nell'illegalità e speranza che Governo, Regione e Comune, assumendo responsabilità di ieri e di oggi, percorrano non solo parole, ma una vera strada di servizio sociale per conquistare i giovani e per arginare queste forme di disagio giovanile.



PRESIDENTE

Prima di dare la parola ad altri Consiglieri, desidero informare che è stato presentato il congedo del Consigliere Bellingeri; comunque, ai fini pratici, il numero legale resta sempre di 28, essendosi "scongedato" il Consigliere Rubatto.
La parola al Consigliere Riggio.



RIGGIO Angelino

Alcune cose su questa vicenda. Se non sbaglio, noi abbiamo in Regione una Consulta giovanile; se non sbaglio, abbiamo la possibilità - e si sta lavorando - per costruire un progetto giovani.
Io, prima, ho chiesto che in aula, oltre all'Assessore all'assistenza fosse presente anche l'Assessore Leo, che sarei curioso di ascoltare (ovviamente oltre al Presidente).
Devo dire che il primo ordine del giorno, che invita la città di Torino e invita il Ministro degli Interni mi lascia un po' perplesso: che l'unica cosa che un'assemblea regionale sappia tirar fuori sia quella di invitare altri a fare, non mi sembra nella logica dell'etica della responsabilità.
Almeno, dovremmo interrogarci su che cosa possiamo e dobbiamo fare noi se il dibattito vuole avere un minimo di senso - perché dei fatti sono avvenuti, e sono avvenuti dei fatti rispetto ai quali noi non possiamo semplicemente fare i giudici.
E' avvenuto un suicidio in carcere, e il suicidio - pur essendo un atto profondamente e sicuramente individuale - chiama sempre in causa una responsabilità sociale.
Noi, che dovremmo essere l'Ente di governo di questa Regione - anche se al momento attuale siamo in una situazione di stallo incredibile paradossale - noi, che siamo l'Ente di Governo di questa Regione, dovremmo essere capaci di fare delle proposte.
Come dicevo, c'è una Consulta giovanile; c'è un progetto giovani abbiamo da discutere un bilancio; possiamo immaginare delle poste di bilancio.
Tutti si è d'accordo sul fatto che questi Centri sociali hanno una funzione importantissima, una funzione culturale nel senso più ampio del termine, nel senso che sono dei luoghi di aggregazione a costo zero e che sono in grado di saper unire tutta una serie di forze che le altre istanze più o meno aggregate non sono in grado di fare. Tra l'altro, possono essere trasformati - e di fatto lo sono - in centri di accoglienza per persone che vengano nella nostra città.
Si pone poi il problema della legalità. Certo, noi siamo a favore del rispetto della legalità, però ricordiamoci una cosa: che questa famosa legalità è l'insieme del corpus delle leggi. E noi non siamo un'assemblea che è soltanto spettatore rispetto al corpus delle leggi, noi siamo in grado di fare delle leggi.
L'Assessore Leo lo sa perché l'avevo contattato e gliene avevo parlato è importante che nell'ambito di questo "progetto giovani", nell'ambito degli interventi che possono essere fatti insieme alla Consulta giovanile si possono studiare dei meccanismi per fare in modo che questi centri sociali abbiano una situazione anche giuridicamente più corretta, meno ipocrita di quella che c'è al momento attuale. Perché questi centri sociali, quando producono cultura - eccome se la producono! - sono ben voluti, coccolati e così via, in alcuni momenti invece vengono utilizzati per richiamare necessità repressive, ci si ricorda che avvengono delle cose non legali, se ne invoca la chiusura e così via; questo a seconda delle circostanze. E' successo addirittura a "Hiroshima mon amour", che credo sia una delle situazioni più legali fra le illegali.
Su una cosa di questo genere, bisogna assumerci la responsabilità di costruire un meccanismo legale, posto e riconosciuto che queste cose sono delle cose che hanno una loro funzione sociale; questo è il messaggio perché diversamente stare lì semplicemente a chiedere a qualcuno repressione e ad altri di fare, mi sembra decisamente poco responsabile.
Certamente ha ragione anche il collega Bertoli; prima parlavamo e diceva: in una società globalizzata come la nostra, che si mette in relazione con un mercato mondiale, un mondo in cui tre quarti dell'umanità vive al di sotto dei livelli di sussistenza - mi ricollego all'intervento del collega Angeli, che nell'impianto generale condivido - in questo modo così diseguale, che esistano situazioni di tensioni per mancanza di lavori e per mancanza di valori, sicuramente questi fenomeni in una certa misura saranno endemici e, come tutte le endemie, a rischio di trasformarsi in epidemie o in pandemie a seconda delle circostanze.
Si tratta di organizzare tutta una serie di fenomeni per mettere a posto, per diminuire le diseguaglianze sociali, per offrire opportunità di lavoro ai giovani, senza pensare soltanto, sempre e comunque ai garantiti pensare alla grande schiera - lo ricordava il collega Marengo - dei giovani che hanno aperto la partita IVA per cercare di costruirsi un futuro, perch attraverso la strada maestra dell'Ufficio di "collegamento", come lo chiamano tanti, anziché Ufficio di collocamento, non si riesce a trovare nessuna strada.
Mentre prima si stava discutendo di questo, è venuto a trovarmi un operaio della Viberti: 51 anni, in mobilità, 1 milione e 200 mila lire al mese, la moglie non lavora, due figli. E mi ha detto: "Sono due giorni che non mangiamo".
Credo che il problema poi, alla fine, stia in gran parte qui.
Comunque, il messaggio - perché l'obiettivo in quest'aula dovrebbe essere quello di dire cose e non parole - che volevo lanciare con questo intervento è quello di dire: non chiediamo ad altri di fare, che sia il Ministro degli Interni, che sia il Comune di Torino, la Provincia o che sia il Presidente della Giunta o il Presidente del Consiglio; vediamo che cosa concretamente possiamo fare.
Ripeto, abbiamo tre strumenti: la Consulta giovanile; la possibilità di costruire un "progetto giovani" che sia un progetto integrato, che non riguardi soltanto le questioni di aggregazione e così via; la facoltà legislativa e un bilancio da discutere. C'è spazio perché possiamo fare noi in prima persona.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Ghiglia; ne ha facoltà.



GHIGLIA Agostino

Signor Presidente, per quel che riguarda Alleanza Nazionale, teniamo una linea un po' diversa da quella sostenuta da altri colleghi sia della maggioranza sia della minoranza; d'altronde è nota l'attenzione particolare che la nostra componente politica pone nei confronti dei temi della legalità, dell'ordine pubblico e, se mi consentite, prima della tutela delle persone perbene, oneste, che rispettano le leggi, che deve essere messa davanti a quella che è la garanzia di quelli che le leggi quotidianamente calpestano, mettendo a repentaglio la stessa incolumità fisica dei cittadini torinesi e di tante altre zone d'Italia.
Allora il motto che abbiamo fatto nostro nei giorni passati è il motto con cui il Sindaco di New York, Rudolph Giuliani, ha sanato quella difficile città, ormai da anni - prima che egli arrivasse - ostaggio della delinquenza. Il motto di Giuliani è: "Tolleranza zero".
Anche secondo noi l'unica arma adottabile dalle istituzioni oggi nei confronti del fenomeno dei centri sociali è la repressione. Io lo dico con molta serenità e con la consapevolezza di chi per anni ha insistito prima di tutto sulla legalità, dicendo a chi, come il Sindaco Castellani sosteneva che il dialogo doveva esserci con questi "giovani": "Bene dialogate; si arriverà ad un punto di sintesi, arriverete ad un accordo".
Ma dicevamo anche: "Quando si dialoga, ci vuole uno che parla e uno che ascolta". Da cinque anni a questa parte - e segnatamente dico anche che Torino oggi ha più centri sociali di Berlino, Torino sotto il regno di Castellani è passata da tre a tredici centri sociali - ci siamo trovati in questi anni (ed è ormai cinque anni che Alleanza Nazionale chiede lo sgombero di tutti i centri sociali) di fronte a tentativi di dialogo verbale al quale i "giovani" dei centri sociali hanno sempre risposto nella migliore ipotesi con le uova piene di vernice, nella peggiore ipotesi con le spranghe, con le pietre e con l'aggressione fisica alla polizia e ai vigili urbani.
Allora lei capisce che - lo dico anche al Presidente della Giunta, sul quale poi mi soffermerò un attimo - diventa un po' difficile il dialogo se uno usa la lingua e l'altro usa la pietra, perché a meno che non ci sia una volontà masochistica, nella quale comunque noi non ci riconosceremmo, il dialogo deve essere condotto paritariamente su un piano di civiltà.
I centri sociali hanno dimostrato in questi anni di rifiutare qualsiasi tipo di dialogo, lo hanno dimostrato; nei 24, tra interrogazioni e ordini del giorno che noi abbiamo presentato, per esempio al comune di Torino, ma in tutti i comuni in cui vive un centro sociale, l'ultima volta ci era stato assicurato addirittura che l'amministrazione avrebbe trovato un pool di mediatori con i centri sociali.
Noi suggerimmo allora, come abbiamo suggerito ieri al sindaco e all'Assessore Alberione, le tute antisommossa, i caschi e gli scudi perché, come dire, il dialogo è continuato a risultare un tantino problematico. Dopo anni di tolleranza, di permissivismo, di lassismo, in cui tanta parte della sinistra, soprattutto, ha continuato a perseguire un dialogo dalle ville della collina, e non da Via Passo Buole o da Corso Principe Eugenio, o da Mirafiori o da Santa Rita, dalle ville della collina si è continuato a sostenere l'importanza del dialogo: gli altri hanno sempre risposto "Il dialogo non ci interessa".
"Voi proponete il dialogo, noi vi tiriamo i vermi", "Voi ci volete parlare, noi vi tiriamo la vernice", "Voi pretendete da noi legalità allora ci offendiamo e vi tiriamo pure le pietre": questa è stata la risposta sistematica, quotidiana, mensile, a seconda di quando si svolgevano le manifestazioni, data dagli squatter. Ho imparato da un giornalista della BBC, con il quale ero in modestissimo confronto a Radio Uno qualche giorno fa, che squatter vuol dire accovacciato; colui che quindi si accovaccia, occupa uno spazio e poi per estensione...
A questo signore, che faceva parte probabilmente della sinistra buonista, che è la stessa che digiuna per solidarietà non con i commercianti che hanno avuto le vetrine infrante, con i poliziotti aggrediti, con i vigili urbani aggrediti, ma che ovviamente solidarizza con quei due che sono in galera, che ci auguriamo innocenti, ma che sono in galera per qualcosa evidentemente, se l'Italia è ancora uno stato di diritto nonostante il regime dell'Ulivo, mi sono permesso di dirgli che la traduzione torinese di squatter era delinquenti. E lo continuo a dire perché io sfido chiunque che oggi sostiene ancora, nonostante quello che è capitato a Torino negli ultimi anni, che in quei centri si fa aggregazione culturale, anziché come palese, notorio, riportato persino dagli organi di stampa più lontani dalla destra - vicini non ce ne sono - centri di aggregazione delinquenziale, organizzata, aggregazione sovversiva, con chiari fini eversivi contro le istituzioni; Santo Iddio, lo gridano tutti i giorni dalle piazze e qualcuno dice ancora che questi fanno aggregazione culturale! Ma perché non avete partecipato al corteo dove c'erano centinaia di persone con il volto coperto e le mazze, giovani che spingevano i carrelli della spesa pieni di pietre, di bottiglie, e tiravano le bombe carta: questa è l'aggregazione culturale dei centri sociali! Come si fa a essere così ciechi da voler negare questa che è una realtà talmente oggettiva riportata dalle telecamere, dai giornali, dalla presenza fisica delle persone che hanno assistito, questa è irresponsabilità! Così si fa crescere il fenomeno! Se qualche deputato della sinistra per un giorno fa lo sciopero della fame, probabilmente abbinato alla dieta della luna, così in un giorno butta via tutti i grassi e cala di un chilo, è talmente ridicolo però dà il senso del ridicolo che a volte sfiora la tragedia. Qua c'è gente, la sinistra in questi giorni, che ha solidarizzato solo e lo voglio dire come lo dico sempre, pubblicamente, con i delinquenti e non c'è stata una sola parola a difesa dei commercianti, a difesa degli aggrediti, a difesa dei feriti. Non c'è stata una parola! E allora, Presidente della Giunta lo dico anche a lei, noi abbiamo culture di provenienza diversa; nessuno le chiede di essere il superman della destra che qualcuno giudicherà retriva nella lotta contro la delinquenza, non le chiudiamo di essere Rudolf Giuliani, non le chiediamo di assumere posizioni che per qualcuno saranno estremistiche, però io ho letto una sua dichiarazione che mi ha lasciato un po' interdetto, glielo devo dire. Lei dice: "E' necessario continuare il dialogo", spero che in sede di replica mi dirà con chi, altrimenti le risponderei: "Benissimo, lei continui il dialogo, vada in un centro sociale" e vediamo come le rispondono. Perché se uno dice che vuole dialogare, dialoghi.
Lei va con l'Assessore Leo in un centro sociale e dialogate; se ne uscite vivi o non troppo gravi, soltanto un po' tumefatti, io mi impegno a chiedere che i centri sociali nella Regione Piemonte diventino 250. Piglio casa mia e gliela regalo, gliela regalo! Sì, ma senza Cavaliere che vi protegge; voi entrate, io sono Ghigo, io sono Leo, "pim pum pam". Dopodiché io regalo casa mia a questi, che è modesta, lo dice anche radio Black out che mi chiede: "Ci chiedono se siamo legali, chissà come fa Ghiglia a pagare l'affitto di casa sua. Eh, fa il Consigliere regionale!", il 740 è pubblico! Il mio indirizzo di casa, con gentili inviti alla mia aggressione fisica, è stato dato anche sabato, ma non ne faccio un caso, non mi interessa, non avevo paura 18 anni fa di Lotta continua, ed ero piccolo figuriamoci adesso che sono vecchio anche se non più grasso, se ho paura di quattro delinquenti e disadattati.
Il poeta diceva "Le parole sono pietre", gli squatter lo hanno preso come dogma; loro parlano con le pietre. E' indubitabile.
Noi abbiamo presentato un ordine del giorno in cui chiediamo, se la titolarità spettasse alla Regione, ma sembra che non sia più così e di questo siamo contenti, di chiedere al Prefetto e al Questore lo sgombero immediato del Prinz Eugen; sembra che la titolarità non sia in capo alla Regione e ne sono lieto, anche perché ricordo, e questo va detto a favore della Giunta, che due anni fa, quando a Torino vennero elargiti 20 miliardi per non ricordo più che riunione del G7, non ricordo esattamente, anche su nostra sollecitazione - modesta, di partito della legalità e di partito garantista, prima del 98% che si comporta bene, poi semmai dello 0,000 di chi si comporta male - la Giunta regionale chiese in effetti al Questore o Prefetto di allora lo sgombero del Prinz Eugen. Il Prefetto o Questore di allora dissero "Per adesso teniamoli buoni, dopo ci impegneremo", come succede in Italia soprattutto in questi tempi in cui i Prefetti e Questori che arrivano a Torino sono tutti a fine carriera e si vede - concluder dicendo una parola anche su questo -; dopo la richiesta della Giunta non ne venne più fatto niente, cioè nessuno Questore e nessuno Prefetto si preoccupò più di sgomberare.
Io chiedo però al Presidente di dialogare, ma di darsi un termine dialoghi per sei mesi; se spetta a lui, diversamente, faccia dialogare Castellani, che è bravo. Se fra sei mesi questi dimostrano di continuare a rispondere a colpi di vermi, si smette di dialogare: parlare con chi non ascolta è sempre difficile.
Noi continuiamo a chiedere, anche perché siamo preoccupati per i piemontesi, le dimissioni del Questore e del Prefetto, che continuano a sottovalutare il problema. Leggo che il Questore Faranda, candidamente dice: "Sabato è andato tutto bene": eppure ci sono stati miliardi di danni alcuni feriti, gente armata per la città, quattro tentativi di assalto alla sede di Alleanza Nazionale. E' andato tutto bene: non c'è stato massacro di massa, non c'è stato il genocidio di chi non fa parte dei Centri sociali: è andato tutto bene.
Viene massacrato un giornalista, il Questore dice: "Volevamo evitare il peggio; noi abbiamo l'occhio lungo, sappiamo come tenere sott'occhio la situazione." Sinceramente, ritengo che il Questore di Torino dovrebbe essere trasferito, magari, a Givoletto. Non so se il comune di Givoletto abbia una questura, ma comunque, il Questore lo indirizzerei verso una località un po' meno complessa, dal punto di vista sociale, rispetto a Torino. E il Prefetto, idem. Loro "contengono"; ma il loro compito, non è quello di difendere, prima di tutto, i cittadini? Non è quello di assicurare l'ordine pubblico? L'ordine pubblico non si assicura con il contenimento del fenomeno.
C'è una parola che potrà anche non piacere alla sinistra, che nomina i Prefetti e indirizza i Questori, che è "re-pres-sio-ne" contro i violenti lo dice anche l'on. Chiamparino, che non è di Alleanza Nazionale! Tanto per avere due facce, La Stampa di oggi ha intervistato due persone di sinistra - due facce della stessa medaglia, perché la sinistra d'Italia è bravissima a farsi l'opposizione nella maggioranza Chiamparino dice: "Con i violenti nessun dialogo!" Lo dice l'on.
Chiamparino, non lo dice l'on. Martinat! Personalmente mi ritrovo nelle dichiarazioni dell'on. Chiamparino: democratico di sinistra, avrà pure ragione! Se io ho torto, ha ragione lui! Io mi prendo il torto a lui do ragione, basta che qualcosa si faccia, contro 'sta gente! Concludo dicendo che a fronte di questa situazione di lassismo, c'è l'indifferenza totale nei confronti dei problemi veri, delle centinaia di associazioni - continuo a ribadirlo in ogni discorso su questo tema - che attendono da anni, disposti a pagare canoni di locazione, disposti a ristrutture a spese loro, un luogo dove fare veramente aggregazione culturale per gli anziani, per i giovani, per i disabili: le istituzioni non rispondono mai! Comune, Provincia dimostrano di essere democratici soltanto con i forti, per i deboli, come al solito, lo spazio non c'è mai.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cavaliere.



CAVALIERE Pasquale

Ringrazio il Consigliere Picchioni per avermi consentito di parlare prima di lui, per porre ai colleghi cui interessa approfondire le questioni, cercando di comprenderle e capirle, alcune mie riflessioni.
Innanzitutto, credo occorra capire quanto è successo; vi sono date e scansioni, nonché molte implicazioni, che cercherò, dal mio punto di vista di focalizzare.
Partirei da quando sono stati arrestati tre ragazzi, il 5 marzo, perch accusati di attentati contro l'Alta velocità. Quando il giudice tolse le misure di sicurezza, mi recai in carcere per un motivo molto preciso: gli attentati contro l'Alta velocità - verificatisi dal 1996 al '97 hanno, a mio parere, danneggiato soprattutto gli avversari del progetto velocità e anzitutto, gli ambientalisti. Ho quindi cercato di capire ed anche di sentire quanto dicevano i magistrati che si sono espressi durante alcune conferenze-stampa per precisare qual era il problema.
Approfondendo la questione, andando un po' oltre la necessaria semplificazione giornalistica, abbiamo potuto apprendere che questi ragazzi non sarebbero i responsabili di tutti quegli attentati, ma ne avrebbero emulati alcuni. Questo quanto detto dai magistrati nella conferenza stampa.
Successivamente, abbiamo avuto un suicidio in carcere di un presunto innocente: una persona in attesa di giudizio è un presunto innocente.
Vorrei infatti capire, e lo chiedo ai garantisti del Polo, se il garantismo vale solo e sempre per qualcuno, o se è un valore culturale, che vale sempre, per tutti.
Vi voglio leggere una lettera, che mi è arrivata stamattina, da parte di un gruppo di detenuti delle Vallette, che ritengo importante rispetto ai problemi che stiamo dibattendo.
"Casa Circondariale Le Vallette, 30 marzo 1998.
E' morto un detenuto. Era un anarchico, ma per noi era un essere umano come noi. Ha dato la sua vita piuttosto che assoggettarsi a questa lenta manipolazione psicologica. Era giovane e sicuramente con tanta angoscia come lo siamo quasi tutti nelle carceri italiane.
Noi vorremmo che la realtà non sia travisata attraverso qualche zoomata all'interno delle celle. Qua dentro le cose non vanno come dovrebbero se come dice lo staff sanitario di ben 84 elementi, come si spiega che per parlare con un dottore ci vogliono due giorni, se va bene? Il direttore nonostante le continue sollecitazioni, tramite domandina prestampata nessuno l'ha mai visto. L'educatore che ci dovrebbe conoscere a menadito e relazionare continuamente allo psicologo per poter ottenere i benefici della legge Gozzini, mai visto.
La legge non si applica senza il loro responso, insomma, latitanti stipendiati. Quindi, anche l'ultimo degli agenti, figuriamoci con che clima opera; sono gli unici con cui sfoghiamo le nostre intemperanze da reclusi e abbandonati.
Vorremmo che qualsivoglia parlamentare, di qualsiasi colore politico abbia mezz'ora di tempo per farsi un giretto qua dentro. Padiglione B) prima sezione, proprio di fronte alla terza sezione, quella del suicida.
Solo allora, forse, si renderà conto del perché Edo ha voluto morire, e nella sua scia ben tre detenuti ci hanno provato senza riuscirci naturalmente la cosa non è trapelata. Sicuramente la paura di questi operatori penitenziari è forte. Non vogliamo scandali, ma che i soldi del Ministero siano ben utilizzati e questa lettera aperta abbia una risonanza adatta a migliorare la vita qui dentro. Facciamo le condoglianze ai familiari, ecc., sperando che non succeda mai più. Distinti saluti da tutto il padiglione B".
Io l'ho letta; ciò non vuol dire che la condivida, ma leggendo la lettera ho voluto cercare di capire qual è la condizione reale. Questo lo dico perché quando andai da questi ragazzi, due giorni dopo gli arresti chiesi ad altri colleghi di destra e di sinistra di accompagnarmi, ma la situazione era imbarazzante perché si trattava di terroristi, ecc. Quindi io pongo intanto una questione legata al garantismo, su cui dobbiamo riflettere, perché tante volte ne abbiamo discusso qui dentro.
Nei giorni immediatamente successivi agli arresti, anche a causa delle diverse informazioni dei Carabinieri e della Polizia - perché le indagini sono state condotte dai Carabinieri e dalla Polizia, ma hanno fatto trapelare informazioni diverse - su alcuni quotidiani vi è stata l'associazione - associazione che i Magistrati si sono prodigati nel cercare di eliminare, di spiegare che non era così - tra centri sociali e terrorismo.
Tutto questo si è verificato perché questi ragazzi sono stati arrestati in una casa occupata, per cui l'associazione è stata gioco-forza; tuttavia è una cosa che è avvenuta, è avvenuta nei giorni immediatamente successivi in un clima preesistente nella nostra città, in un clima preesistente che è stato quello della campagna elettorale giocata su quei temi e che ha fatto perdere la campagna elettorale a Costa, giocata cioè sul fatto di dare risposte semplici a problemi complessi. Ovvero dicendo ai cittadini che vivono nei quartieri i problemi dell'integrazione degli extracomunitari, la microdelinquenza e tutti i problemi che conosciamo: "Ti risolvo il problema con la telecamera che vede i microdelinquenti". Ciò può dare l'impressione che si possano risolvere i problemi, ma purtroppo i problemi non si risolvono in questa maniera, sono più complessi e abbisognano di risposte più complicate, più impegnative.
In tale clima i centri sociali, che sono quella cosa sul confine, sulla frontiera, sono stati i più esposti in questo ragionamento.
I centri sociali bisogna anche capirli, conoscerli, non dico frequentarli; io, tra l'altro, non li frequento, non conosco le autoproduzioni culturali che fanno, ecc., ma bisogna conoscerli da politici, che significa conoscere i fenomeni, perlomeno quelli rilevanti.
Non ci troviamo di fronte ai fenomeni di aggregazione giovanile degli anni '70, che volevano cambiare la società, cambiare il mondo, per cui costituivano un centro, un luogo di aggregazione per aggregare gli altri giovani e fare la rivoluzione. Ci troviamo di fronte, a Torino per esempio a 100-150 giovani (non di più) che vogliono vivere fuori da questa società fuori da questi stili di consumo, ecc. Si tratta di un fenomeno molto europeo, tipico delle metropoli del nord Europa, tant'è che in Inghilterra è stato codificato: nella civilissima Londra i giovani possono occupare tutte le case, posto che non siano in vendita o in affitto...



SALERNO Roberto

Bella cosa!



CAVALIERE Pasquale

Ma io non sto dicendo di condividere, voglio solo dare un contributo di conoscenza del problema, perché mi pare che molti non conoscano la questione in quanto tale; poi, una volta che conosciamo il problema vediamo come confrontarci con esso, ma prima - ripeto - bisogna conoscerlo.
Anche perché se in questi giorni tutti i giornali d'Italia sono venuti a cercare di intervistare gli squatter è perché non conoscevano il fenomeno.
Dicevo, questi gruppi occupano degli edifici fatiscenti, di solito degli Enti pubblici, ma di solito non utilizzati dagli Enti pubblici, e vi abitano. Sono settori giovanili che non hanno alcuna intenzione di confrontarsi con questa società. Ed è questo il problema del dialogo, nel senso che quando si dice: "Mah, è sbagliato chi vuole il dialogo perch questi non si vogliono confrontare", ci si vuole mettere a livello degli squatter? E' questo il punto: ci si vuole mettere a livello degli squatter oppure una società civile può contemplare anche il diritto di una minoranza, posto che questo non limiti i diritti degli altri? Il Questore, le forze di Polizia non vogliono, giustamente, che il problema sia dato a loro, perché non si possono i problemi che non si conoscono, che non piacciono, ecc., dicendo: "Questo è un problema vostro pensateci".
No: è un problema di una società che ha tanti soggetti, ha tanti corporativismi, ha tante sfaccettature e ha anche una minoranza che rifiuta di vivere in un certo modo e vuol vivere in un altro. Cosa facciamo? Poi qualcuno si chiede: "Perché si è costituita quella minoranza?".
Questo è un altro problema; per adesso, andiamo a vedere cosa dobbiamo fare, considerando che esiste.
La tentazione e la voglia che ha la nostra società, che abbiamo noi che abbiamo tutti, è la voglia di nemico - sì, abbiamo voglia di un nemico e questi giovani sono il nemico ideale, contenti di esserlo. Questo è il problema: sono il nemico ideale, contenti di esserlo. Ma io credo che in questo non bisogna cadere. Tra l'altro è chiaro che non sono tollerabili gli episodi di violenza, però dobbiamo dire come la nostra informazione, la nostra società, tratta in modo diverso diversi fenomeni.
Quando un potente chiede di fare funerali riservati del proprio familiare, non è violenza se degli energumeni con l'auricolare prendono i giornalisti e li picchiano, guardate, non se ne parla neppure. Se lo fanno gli squatter - e io condanno, io non condivido assolutamente, è intollerabile per me quella violenza - capite come è considerato in modo diverso nella nostra società un episodio? E questo ha cambiato tutto perché dopo gli arresti - taglio con l'accetta i ragionamenti - la criminalizzazione e il suicidio di Massari, c'è stato un cospargersi il capo di ceneri perfino eccessivo "Non li abbiamo capiti, chi sono questi giovani" ecc. Non c'è mai una posizione di equilibrio nel comprendere il fenomeno e nel dare una risposta a un settore di minoranza giovanile.
Su questo, Leo, dobbiamo fare un ragionamento, per capire come facciamo la nostra parte sulla prevenzione e sull'intervento.
Nel condannare questi episodi di violenza io trovo che sia ancora più pericoloso, e peggio di uno squatter, il Presidente dei commercianti che ha una responsabilità diversa da uno squatter, perché uno squatter si pone contro ed è contento di essere contro, ed è contento di essere riconosciuto come il nemico numero uno di una società; ma il capo di un'istituzione democratica che dice "Ci difendiamo da soli con il bastone"...
Ma siamo matti? Non per lui che sappiamo che non lo fa, ma per l'idea che si dà a tanti commercianti, a tanto ceto medio impaurito, l'idea che ti difendi con il bastone.
Io li ho visti i paesi del sud America, dove davanti ad ogni negozio di scarpe o di altro c'è il ragazzino di 15 anni con il fucile a pompa, e i servizi che ci fanno vedere sulle armi, sugli Stati Uniti, sono come dire che stiamo andando in quella direzione. Ma è quello il modello di società che vogliamo? Io dico che su questo fenomeno si è enfatizzato troppo, si è costruito il mostro; bisogna invece affrontare il problema per quello che è, cercare di capire quali risposte bisogna dare a questo fenomeno, prima che si formi. La Regione che spende 100 miliardi all'anno - dico una cifra a caso sulla cultura, invece sul disagio giovanile spende quasi niente.
E guardate che il disagio giovanile non è solo dei ragazzi dei centri sociali, quelli che vanno ai centri sociali non sono ragazzi disagiati perché una forma di aggregazione ce l'hanno, non fanno uso di droghe pesanti. I problemi dei disagi giovanili sono rappresentati da quel 70% di giovani che nella nostra città, e credo anche nella nostra Regione, non sono aggregati a nessun tipo di associazione né sportiva, né culturale e non hanno la capacità di recepire alcuna proposta culturale che noi offriamo. Non sono in grado neanche di leggersi la pagina culturale dei quotidiani degli spettacoli, perché fossero già in grado di fare quello avrebbero una capacità di recepire la domanda culturale.
Non hanno gli strumenti e allora noi dobbiamo cercare di costruire una proposta sociale, culturale, che dia delle risposte al disagio giovanile.
Penso che questo si possa fare andando sul terreno, non aspettando che questi giovani vadano alla mostra di Nespolo, perché non ci andranno mai.
Occorrono proposte culturali che partano dal loro livello per portarli ad altri; ma devono partire dal loro livello, perché se noi non li prendiamo dal loro livello saranno sempre esclusi ed emarginati da ogni proposta culturale.
Credo quindi che in definitiva sia profondamente sbagliato affrontare il problema dal punto di vista dell'ordine pubblico, che è una tentazione ma determinerebbe solo una guerra virtuale finta tra due o trecento giovani torinesi e la città.
Credo invece che sia possibile non dialogare con loro, ma riuscire a dare delle risposte a tutti i settori giovanili.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picchioni.



PICCHIONI Rolando

Io ringrazio innanzitutto il Consigliere Cavaliere che ha dato un contributo illuminante, anche se pure parziale, ad una situazione che non è tipicamente di Torino, ma che riguarda in particolare la nostra città e che merita da parte di noi tutti non tanto delle soluzioni truculente e schematiche, ma delle riflessioni ponderate.
Leggo sul corriere della sera un articolo di Riccardo Chiabergia che mi pare sia un torinese di Avigliana: "Odiano tutti, il Prefetto, gli sbirri i borghesi, la cricca Violante-Caselli, il sindaco dell'Ulivo che ripulisce solo i palazzi del centro, i treni ad alta velocità, i supermercati dove ogni tanto vanno a fare la spesa proletaria e soprattutto i giornalisti non quelli di destra o di sinistra, i giornalisti tout court in quanto incarnazione del potere mediatico. Questi ragazzi hanno le loro radio private e i loro city web, navigano su Internet e comunicano per air mail ma detestano la comunicazione, non vogliono restare invischiati nella ragnatela globale, rifuggono dai riflettori, detestano la TV e i telefonini, preferiscono gli scantinati. Poi però quando è necessario sono i primi a ricorrere a forme di lotta spettacolari 'Uscire dal ghetto uscire dalla gabbia, creare e organizzare la nostra rabbia'".
Mi pare che da questo spaccato, sia pure giornalistico, venga fuori una dimensione direi a tutto tondo del movimento degli squatter e qui non vorrei fare della sociologia, del sociologismo, però alcune considerazioni che sono state fatte sia da Cavaliere che dai Consiglieri che mi hanno preceduto trovano il mio consenso.
Vedete, è molto strano: chiudiamo il secolo con due fenomeni nuovi. Gli squatter, che non sono solamente un problema di ordine pubblico Consigliere Ghiglia, ma "anche" un problema di ordine pubblico, e poi, dico una banalità - ma forse non lo è - film di Nanni Moretti, "Aprile".
Sembrano due cose assolutamente estranee, però tutti e due combattono l'omologazione; tutti e due combattono la globalizzazione; tutti e due combattono quello che può essere un conformismo culturale, sociale pedagogico, comportamentale, antropologico.
Il problema non è tanto di ricercare - ha detto giustamente il collega Cavaliere - quelli che sono gli antenati del movimento (che nel '68 aveva degli illustri dai Nuoveaux Philosophes a Bakunin a Proudhon: tutti quanti si sono poi impalcati nella polemica per la dissoluzione dello stato borghese) quanto nell'individuare nella loro azione e nella loro formazione culturale il rifiuto verso tutto ciò che è complesso e l'adesione verso tutto ciò che è naturale. Per cui, una società semplice, vorrei fors'anche una società primitiva. Una società bellica: quando si rifiuta, non c'è dialogo; è difficile trovare il dialogo con coloro che antropologicamente sono diversi da noi per questioni di vita, di cultura. C'è però la necessità di comprendere non il fenomeno che ogni singolo può portare, ma il fenomeno nel suo complesso.
La Lega. La Lega, nei momenti della grande globalizzazione ha cercato l'etnia. Perché dobbiamo permettere che qualcuno cerchi la propria identità nel "tutto piccolo" o nel "tutto - vorrei dire - limitatamente portato ad una enclave geografica" e non convincerci che altri, invece dell'etnia cercano come punto d'identità risolutiva il "clan".
Consigliere Ghiglia, cerchi di comprendere che i Centri sociali sono il frutto di una crisi del quartiere, di una crisi di reti di solidarietà, che non li comprendono, che non li individuano: pertanto, di fronte a questa mancata comprensione, essi reagiscono come possono.
L'identità è un fatto di relazioni, non è solamente un fatto di storia io mi relaziono con il collega Gallarini se lui pensa come penso io, o io penso come pensa lui: troviamo un minimo tessuto di comunicazione, di essere, di comportamento, di vita.
Il rifiuto della comunicazione. Domandatevi il significato dei graffiti metropolitani; ci siamo domandati come mai i nostri treni, le nostre metropolitane, i nostri muri, le nostre città, in maniera universale - non è problema di Torino o di Castellani!! - trovano questa comunicazione alternativa, che una volta intendeva arrivare al "cuore dello Stato", al cuore del cittadini, attraverso gli slogan fantasiosi del 1968. Slogan oggi non decifrabili, criptici; c'è un modo di comunicare unicamente legato al clan, al codice di comprensione del clan stesso.
Semmai, si differenziano con il colore, per dire e far capire che quel territorio è loro e non di altri; e se per caso fosse stato occupato da qualcuno, c'è subito una sovrapposizione di colore, per far capire che quel territorio, perlomeno, deve essere cogestito.
Se queste sono le cose dei nostri giorni, dobbiamo comprenderle: è un malessere metropolitano che tocca Londra come Torino; il problema dell'ordine pubblico è altra cosa. E' un malessere metropolitano.
Signori, ieri, su un grande quotidiano italiano, un illustre politologo parlava di Maastrich e dell'Euro: "Domani, quando i burocrati o gli eurocrati di Bruxelles dovranno decidere la politica di bilancio della Comunità degli "11" - degli undici Paesi - e dunque la politica delle spese e quella delle entrate con tutti i sacrifici che comporteranno conseguentemente, noi saremo solamente attori passivi, un undicesimo nella valutazione globale della Comunità europea". A questo punto, il politologo si domanda: "Credete voi che tutto questo non abbia conseguenze sulla nostra vita sociale, sui nostri comportamenti individuali, sui nostri comportamenti relazionali?" Questioni che si devono iscrivere nello scenario del 2000, perch avranno sicuramente delle conseguenze, anche sui comportamenti.
Quella attuale non è tanto un'epoca di nemici, ma di mali. I "mali" sono tanto le malattie quanto i grandi movimenti finanziari, lo spodestamento delle autorità, che non sono essendo più quelle territoriali mettono in crisi tutto il nostro sistema di relazioni. E' questo che dobbiamo capire e far capire: domani, lo scenario, potrà essere questo.
I Centri sociali. Personalmente, sono per mantenerli, anzi, per moltiplicarli. Questi giovani trovano la loro identità in una fisicità territoriale, che può essere data da una casa: questi giovani hanno scelto.
Ha ragione il collega Cavaliere quando sostiene che una società complessa deve tollerare queste cose. Poi, si potranno metabolizzare: quanti "giovani del '68" - cara collega Simonetti, tu eri giovanissima... - oggi sono direttori di banca... Vedete, colleghi, la vita, poi, fa delle rotture e metabolizza. Benedetto Croce sosteneva che l'unico dovere dei giovani era quello di crescere. Anche politicamente c'è un problema di questo genere.
Sullo specifico, Consigliere Cavaliere, viviamo in una città che prima delle elezioni ha sempre voluto ignorare il fenomeno non solo degli squatter, ma del suo stesso disagio.
Torino era una città che si presentava con la carta patinata della legge dell'ordine; quando emergevano disordine e non legalità venivano assolutamente negati. In campagna elettorale è successo questo: l'illegalità veniva assolutamente negata anche da quelle autorità di pubblica sicurezza, che per compiacimento dei confronti - non so - del Ministro degli Interni o dei reggitori del tempo, minimizzavano il problema. Erano di supporto - credo in buona fede - al Sindaco Castellani.
Ma quando l'altra mattina ho telefonato al Prefetto e gli ho chiesto come mai il corteo facesse periplo di luoghi simbolici quali le carceri e il Palazzo di giustizia, egli non mi ha saputo rispondere alcunché. Ho capito che, probabilmente, c'era stato un compromesso fra l'autorità di pubblica sicurezza, il Comune, ecc. per cercare un percorso alternativo che non ledesse gli interessi delle corporazioni commerciali di liberi cittadini, ma trovasse invece un luogo periferico, però di alto valore simbolico.
Siccome io abito lì davanti e ho visto tutto il corteo, lo denuncio qui, perché un conto è avere 200 poliziotti davanti e 200 carabinieri dietro, ma un conto era che i palazzi... Dico anche questo: il problema degli edifici pubblici non era presidiato, allora anche questo forse è stato un elemento della contrattazione intervenuta tra i pubblici poteri.
Perché io, che abito di fronte al Palazzo di giustizia, ho visto come impunemente, per mezz'ora, il Palazzo fosse oggetto di vandalismi giustamente, com'è stato detto, qualcheduno portava le carrozzelle con che cosa c'era dentro non lo so - di ogni sorta.
E' vero che il bilancio non è stato drammatico, è vero però che di fronte e a monte di questo bilancio c'è stata evidentemente una contrattazione politica. Allora io mi domando questo: ma i pubblici poteri che sono tutti chiamati in causa (siamo chiamati in causa anche noi, come istituzione), che però solamente in ritardo denunciano - parole del Prefetto di Torino - che l'anno scorso sono state arrestate 7.000 persone delle quali il 90% subito rimesse in libertà, in tutto questo combinato disposto fra droga e immigrazione violenta gli squatter formano certamente una combustione alchemica, per cui la comunità civile deve farsene carico.
Ma non deve farsene carico unicamente o, prima, nascondendo un problema che non voleva che ci fosse o, dopo, limitandolo attraverso una contrattazione fraudolenta, perché io non ti cedo un valore rispetto ad un risultato (ci può essere anche quello, in politica), oppure cercando di trovare i tanto peggio e i tanto meglio, ma cercando comunque di trovare delle soluzioni.
Ma questi poteri dello Stato non sono forse tante volte schizofrenici? Perché giustamente il mio collega Montabone mi ricordava: come si sono comportati nei confronti degli agricoltori che facevano la marcia per la questione del latte? E allora, se c'è una giustizia così claudicante o perlomeno così intermittente, non solamente la legalità è un diritto che dobbiamo pretendere delle pubbliche amministrazioni e dai pubblici poteri, ma una linearità di comportamento che fa sì che le indulgenze di oggi non rischino domani di portare a delle tragedie più grandi.
Dialogo, colloquio: certo. Signori Consiglieri della Regione, ma chi parla a favore dei milioni di giovani che non hanno lavoro e che studiano? Chi parla a favore anche di questa maggioranza silenziosa, che esiste e che tante volte prende il tram e si iscrive all'Università per avere una mensa a costo politico e per avere uno sconto sui biglietti del tram? Ma è possibile che in questa assemblea, nei confronti dei milioni e milioni di giovani che sono proletari e che non sono solamente i figli della borghesia, che non sono solamente i figli della collina, non esista assolutamente una voce che faccia sì che il malessere, che non è solamente degli squatter, ma che è anche presso queste migliaia di giovani, che potrebbero essere domani effettivamente l'acqua di alimentazione di qualche peschiera più pericolosa, chi è che parla nei confronti di questi? E allora ha ragione il Consigliere Cavaliere: non facciamo del sociologismo che pontifica delle omelie sulla società violenta, delle contrapposizioni tra quello che c'era prima e quello che c'era dopo, ma cerchiamo di far sì che l'amministrazione, nel rispetto rigoroso della legalità, permetta tutte le espressioni della società civile di essere tali.
Il Consigliere Riggio ha richiamato in causa l'Assessore Leo, però noi dobbiamo dire a Riggio che quando abbiamo fatto - come Presidente della Consulta giovanile, era l'ultima manifestazione che presiedevo - l'incontro al Lingotto, davanti ad un'assemblea che era ricchissima di presenze non solamente numeriche, ma anche di testimonianze, abbiamo avuto certamente un contrappunto irritante nei confronti di questi giovani - erano al di là della barricata - però si è parlato; si è parlato sul problema della formazione, sul problema del lavoro, con delle tesi opposte, che per costituivano già un minimo comun denominatore di incontro e di confronto.
Io credo che queste cose debbano continuare. E' per questo che credo che l'Assessore ai servizi sociali debba prendere degli impegni precisi probabilmente non serviranno a nulla, però questo servirà alla nostra coscienza, che non si limiterà solamente ad un dibattito sociologico culturale come abbiamo fatto stamattina, ma a degli impegni precisi che dovranno essere assunti.
Lei, Presidente, è Presidente della Consulta dei giovani, per cui quanto è stato chiesto - e lo vedremo anche in occasione del dibattito del bilancio - che cosa noi, al di là delle nostre parole, assicureremo ai giovani della nostra città un impegno che sia anche un impegno di civile non dico fraternità, ma di civile confronto con le loro esigenze, con il loro mondo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Scanderebech.



SCANDEREBECH Deodato

Prima di sabato mi era capitata tra le mani una lettera della Prefettura di Torino, a seguito di una richiesta specifica da parte del Presidente dell'ASCOM e delle Associazioni commercianti per il centro.
Venerdì scorso mi è capitata tra le mani una lettera della Prefettura di Torino indirizzata al Presidente delle Associazioni del centro e, per conoscenza, al Presidente dell'ASCOM.
Alla fine della lettera, l'ultimo periodo riportava questa frase: "Si è ritenuto preferibile nell'occasione non vietare la manifestazione, ma controllare la stessa, pronti a reprimere con vigore eventuali tentativi di violenza, nella convinzione che sarebbe molto più difficile fronteggiare iniziative a sorpresa e diffuse sul territorio da parte dei singoli o di piccoli gruppi, intenzionati comunque a commettere azioni dimostrative violente".
Vedi, Cavaliere, bisogna partire da un dato di fatto, perché partire da un'analisi sociologica, che è un'eredità che tutti purtroppo ci stiamo portando avanti e che noi del '68 non avevamo - dico noi, perché io sono stato uno dei promotori della rivolta culturale e sociale, ma anche con prospettive che erano dentro ognuno di noi: credere in primo luogo a quei principi, a quei ideali a cui tutti noi ci ispiriamo: principalmente alla famiglia e poi a quei valori sociali e individuali di ognuno di noi come uomini che vogliamo progredire, come uomini che vogliamo vivere in una società e democratica. Quindi noi avevamo un qualcosa di importante, un qualcosa che univa tutte le forze politiche nel '68. Oggi, invece, i cosiddetti squatter di cui tutti stanno facendo un problema sociale, non sono un problema sociale, perché se andiamo ad analizzare - Cavaliere ne è al corrente - coloro che sono stati individuati e denunciati in passato non provengono da famiglie che non hanno possibilità economiche o da famiglie di disoccupati, ma provengono anche da famiglie che stanno bene. E questo va condannato, di questo non si può non tenerne conto.
Il problema sociale esiste ed è altrettanto gravoso in un momento in cui la Regione Piemonte investe miliardi per l'immagine, per il turismo per gli eventi che ci aspettano, è altrettanto gravoso uscir fuori con l'immagine con cui siamo usciti fuori in questi giorni. Questo è veramente un punto importante su cui tutti noi dovremmo riflettere e non è il problema del marketing incisivo a cui Cavaliere ha fatto riferimento prima i ragazzini degli Stati Uniti d'America che giocano già con il giocattolo pistola; quello è un fenomeno sociale, quello è un marketing incisivo che per fortuna noi in Italia non abbiamo ancora. Ti prego quindi di non farti portavoce anche di questo grosso problema, che potrebbe crearci veramente dei grossi disagi.
Quindi attenzione ad evocare fenomeni così delicati e così importanti per la nostra società.
Parliamo di fatti, parliamo di quello che si legge e si vede realmente.
Ritornando quindi alla lettera della Prefettura di Torino. Io sabato ho preso la mia famiglia, ho preso mia moglie e mia figlia e sono andato via da Torino, perché non volevo essere presente nel momento in cui la città veniva criminalizzata e tenuta sotto la cappa della violenza; io ho deciso di prendere mia figlia e mia moglie e portarle via da Torino.
Altri colleghi qui dentro, invece, si sono fatti partecipi, sono andati a sfilare. Questa, ripeto, è una cosa che ci deve veramente far riflettere.
Io non metto in discussione la solidarietà, non metto in discussione il fatto che si possa andare liberamente a far parte ad un corteo, ma metto in discussione la presenza qualora questi abbiano visto fare delle azioni criminose in loro presenza. Questo è un atto che ci deve veramente far riflettere, è un atto veramente grave; ma ciò non vuol dire, tutti possiamo sbagliare, ma gradirei in questa circostanza, dopo gli ultimi eventi, dopo i fatti che si sono succeduti, che i Consiglieri di quest'aula che erano presenti al corteo dessero delle spiegazioni e se hanno visto qualcosa lo denuncino, perché è anche loro dovere in quanto rappresentanti delle istituzioni e dell'ordine pubblico.
Io avrei ancora tante cose da dire, ma siccome devono parlare altri dopo di me, aggiungo solo più una cosa. Già nei giorni scorsi, quando ho parlato del Welfare, quando ho parlato del benessere sociale, ho detto che dobbiamo veramente spostare il problema squatter sulle nostre iniziative sulle prospettive di questa Regione. Quando Cavaliere prima diceva che la voglia del nemico c'è in ognuno di noi, aveva ragione e noi dobbiamo sconfiggere questo nemico. Sempre l'altro giorno avevo detto che nell'affrontare le grandi sfide che il Piemonte ha di fronte dobbiamo trovarci tutti solidali e dobbiamo convincerci che i nemici non siamo noi ma sono la disoccupazione, il declino economico, la crescente marginalità di alcune fasce di cittadini, il degrado ambientale, la violenza creata dal vuoto di valori e di solidarietà, l'indifferenza di chi ha sempre di più nei confronti di chi ha sempre di meno. Ecco, se noi facciamo uno studio di fattibilità, se noi creiamo un tavolo di concertazione nell'analizzare ed affrontare questo nemico, allora veramente faremo il nostro compito da Consiglieri regionali.



PRESIDENTE

Ha chiesto ora di intervenire la Consigliera Benso. Dato che molti colleghi hanno chiesto di parlare, credo che potremo ad un certo punto interrompere la riunione e riprendere, contrariamente a quanto si era ipotizzato in un primo momento. Questa discussione prevederà anche una replica, o comunque un intervento del Presidente della Giunta. Vediamo a che punto arriveremo, ma temo che non riusciremo a stare nei tempi previsti.
La parola alla Consigliera Benso.



BENSO Teresa Anna Maria

Grazie Presidente, un mese fa insieme ad altri colleghi presentai l'ordine del giorno n. 721. In quest'ordine del giorno che, non dimentichiamolo, veniva presentato all'indomani dei fatti del 6 marzo, in cui alcuni facinorosi distruggevano con sassi ed altro una ventina di vetrine, si richiedeva al Presidente Ghigo di farsi immediatamente parte attiva presso il Ministero degli Interni, affinché potesse garantire l'ordine pubblico.
Sempre un mese fa, facevamo riferimento con preoccupazione ai futuri avvenimenti che avrebbero visto la città di Torino al centro dell'attenzione. La risposta del Ministro è nota, disse: "Nulla di drammatico" e questo si commenta da solo con i fatti. Infatti un miliardo di danni, la città coperta da coprifuoco, i cittadini impauriti. Allora chiedevamo sempre al Presidente della Giunta di attivarsi con il sindaco Castellani per trovare la possibilità di imbastire un dialogo indispensabile per emarginare le frange violente della protesta, perché la tolleranza non può essere scambiata per debolezza nelle istituzioni che devono dare garanzie di legalità.
I momenti di tolleranza non devono toccare la tutela dei cittadini che dobbiamo sempre garantire.
Il problema ha radici lontane e non è un problema di oggi. Chi si assume la responsabilità di avere inculcato nei giovani di questa generazione che si può coesistere con comportamenti che non sono accettabili? Il loro malessere fotografa una società che non ha fatto una scelta prioritaria sui giovani, una scelta necessaria da tempo che doveva essere radicale.
Abbiamo accettato passivamente che una fetta enorme di giovani non avrà un futuro di lavoro, non abbiamo investito abbastanza per formare globalmente le persone, abbiamo lasciato sole le famiglie a lottare contro nemici più forti di loro. Non abbiamo ascoltato il malessere dei ragazzi non siamo stati capaci di accompagnarli. Così oggi disperazione intolleranza e violenza attanagliano nuovamente la nostra città.
Queste parole sono di Ernesto Olivero, le ho trovate oggi su La Stampa le ho fatte mie perché condivido l'analisi, così come condivido l'invito ad assumerci la responsabilità di vivere ed aiutare a vivere lo stato di diritto in una reciprocità di diritti e di doveri.
In un momento come questo emerge la necessità di saper essere fermi senza coinvolgimenti emotivi che non possono che inasprire situazioni già di per sé estremamente difficili, quindi non si può accettare l'ipotesi della chiusura dei centri sociali, che devono restare aperti in quanto alcuni svolgono realmente servizi sociali e culturali dove i giovani possono svolgere attività sociali, creative e lavorative, senza divenire però ostaggio di frange violente. Sono una sorta di isola sociale che ha il pregio, in questo panorama di disagio giovanile, di continuare a dialogare con la società.
Questo aspetto prezioso va sottolineato e sviluppato, specialmente se si considera quanto questo aspetto della comunicazione sia sempre più assente.
Noi con questo ordine del giorno vogliamo ritornare ad una politica che si occupi dei giovani come importante ed indispensabile investimento per il futuro.
La Regione può e deve intervenire con le scelte di bilancio che stiamo per approvare e su cui ci impegneremo a valutare le possibilità concrete per contribuire a costruire un dialogo non astratto ma concreto. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Papandrea.



PAPANDREA Rocco

Presidente e colleghi, intendevo iniziare il mio intervento esattamente dalla conclusione del Consigliere Picchioni.
La questione discussa oggi ha molte sfaccettature; è sicuramente modo focalizzare il problema dei giovani sul discorso dei Centri sociali, e maggiormente se si parla di Centri sociali genericamente, senza sottolinearne le differenze al loro interno.
I Centri sociali sono un aspetto del disagio giovanile e sociale - non solo giovanile - presente nella società per una serie di ragioni. A mio avviso la principale è rappresentata dall'assenza di futuro che si prospetta loro - e alla società tutta. La disoccupazione è un aspetto, ma paradossalmente le forme di occupazione che si stanno sviluppando aggiungono elementi di precarietà ed insicurezza che non permettono di immaginare il proprio futuro.
E' banale ritenere che si tratti di un problema ideologico, per cui i giovani non immaginerebbero più un loro futuro perché non c'è più l'ideologia comunista, non c'è più l'ideologia cattolica. E' un problema molto più complesso: non immaginano un loro futuro perché fino a 35 anni molti di loro non riescono ad uscire di casa, e successivamente non sanno dove sbattere la testa perché non hanno imparato un mestiere. Certo, non tutti i giovani ne sono investiti, ma è una fetta crescente, e la nostra è una delle città del nord in cui è più vasta: un'insicurezza crescente rispetto al futuro, che non è nella testa, ma nei fatti; non è nelle idee è quotidiana.
Colui che arriva ad avere un lavoro con contratto a termine, sapendo che dopo sei mesi non gli verrà rinnovato, non riesce ad immaginare come affittarsi una casa, metter su famiglia: come programmare la propria vita.
Tale incapacità di programmazione è data dai fatti.
Molte persone un lavoro lo trovano; dopo averlo cercato disperatamente trascorsi tre mesi ci rinunciano perché il loro salario è meno di un milione al mese - spesso ricevuto con grande ritardo - per condizioni di lavoro bestiali.
Questo è un aspetto della società che noi, con le nostre leggi - tra l'altro - o in assenza di controllo rispetto al lavoro nero e alle varie forme che si stanno diffondendo in modo enorme, in qualche modo aiutiamo.
A questo si aggiunge la disoccupazione. Vi sono "pezzi" di società non tutti: infatti vi sono coloro che in queste situazioni riescono a vivere, sono più fortunati, hanno più chance - che non riescono ad uscire da questi circuiti. E noi, ogni tanto, ne discutiamo come si trattasse di problema sociologico: è un problema drammatico, per molta gente.
Tutto ciò è all'origine della situazione, così come la distruzione dello stato sociale, portato avanti da determinate politiche - non frutto del caso, del fatto che, improvvisamente, lo stato sociale non c'è più.
Oltre all'attacco allo stato sociale non c'è altro: c'è la giungla. E questa è la società in cui viviamo.
Personalmente, sono molto pessimista; mi pare che si prospetti un futuro tutto in questa direzione.
A fronte di questi fenomeni d'instabilità crescente, la tentazione di una parte della società di rispondere con la repressione al pezzo di società esclusa è molto forte; è una tendenza presente ovunque. Pensiamo ad esempio, agli Stati Uniti: riescono a costruirsi delle cittadelle sicure ma nelle parti di territorio escluse non c'è più legge, non c'è più sicurezza: non vengono neanche conteggiati i crimini commessi in quelle zone.
E' una tendenza crescente; è problema con cui confrontarci, al quale noi, come Rifondazione Comunista, stiamo cercando di dare risposte politiche.
La giornata di sabato racchiude in sé anche molti altri aspetti.
Uno di questi è rappresentato dalle forme di aggregazione che frange pezzi di popolazione giovanile si sono dati. Ma non sono tutte uguali: fare un discorso univoco rispetto ai Centri sociali è sbagliato: il Leoncavallo o i Centri sociali di Roma o del Veneto sono molto diversi dalla maggioranza di quelli di Torino, ma anche questi ultimi sono molto diversi fra loro.
Alcuni hanno le caratteristiche che ricordava il collega Cavaliere, ma ci sono anche coloro che pensano maggiormente in termini di prospettiva, di eventuali soluzioni; alcuni hanno partecipato alla manifestazioni e alle marce per il lavoro ad Amsterdam e ad altre iniziative. Altri hanno detto "No, non ce ne frega niente"; non riescono a vedere, sono "contro", ma non hanno prospettive.
Si tratta, comunque, di un pezzo di realtà, che ha alle spalle quel fenomeno che ricordavo prima. Sarebbe assolutamente errato, credo, dare una risposta esclusivamente di ordine pubblico, repressiva.
Inoltre, credo che questi fenomeni siano percepiti maggiormente in termini negativi, proprio per la loro incapacità politica. In Francia, nel mese di gennaio, si è verificata una serie di fenomeni illegali: molti giovani disoccupati, come forma di protesta, sono andati a pranzo in alcuni ristoranti e non hanno pagato il conto. Ma la percezione del fatto da parte dell'opinione pubblica è stata molto meno negativa: anche i ristoratori erano abbastanza solidali. Quei giovani erano riusciti a inserire la loro azione in una dinamica politica, in una lotta per il lavoro; si trattava del movimento dei disoccupati, che aveva rivendicazioni precise.
Noi non siamo in questo contesto, il fenomeno viene percepito come atto sterile, come atto di protesta isolato, come atto a sé; abbiamo di fronte una realtà diversa.
Una delle ipotesi delle forze più attente, come noi, a questo fenomeno è lavorare affinché all'interno dei giovani emergano posizioni e aggregazioni con degli obiettivi. Credo sia questo uno dei modi di confrontarsi.
La realtà dei Centri sociali è dunque assai variegata; con alcuni è difficile dialogare poiché rifiutano il dialogo. Ma proprio perché sono espressione di un fenomeno più vasto, credo che questi giovani debbano trovare un momento di confronto. E' questo uno dei motivi per cui personalmente faccio certe scelte e tengo determinati comportamenti concretamente, non in astratto.
La manifestazione di sabato, però, era contraddistinta anche da alcuni altri aspetti; non veniva dopo un periodo tranquillo, non era una manifestazione "normale". Avveniva dopo un suicidio in carcere. E' grave che nelle carceri ci si possa suicidare; un detenuto può avere un momento di depressione, di sconforto: è un fenomeno che può capitare (...)



PRESIDENTE

Prego il Consiglio di osservare un minimo di silenzio e consentire che l'espressione del pensiero di un collega possa essere recepito da tutti!



PAPANDREA Rocco

Questo evento tragico, che ha creato attenzione ed emozione, era uno dei problemi per cui sabato c'è stata una manifestazione numerosissima: oltre 5000 persone, quindi ben al di là delle previsioni del giorno precedente, ovvero di 1000/1500 persone. Il suicidio ha generato interesse sensibilità, voglia di esprimere il disagio fatto emergere dal suicidio stesso.
Molti dei giovani presenti non sarebbero andati, forse, in un altro momento, ad una manifestazione dei Centri sociali: ci sono andati sabato scorso per l'evento tragico che si è verificato.
Credo sia stato anche per questo che una parte del mondo politico torinese ha deciso di confrontarsi con quel tipo di realtà, con quella manifestazione, nel contesto in cui essa si è svolta.
Ritengo che chiudere il dialogo e, semplicemente, pontificare nei loro confronti sia errato. Occorre un rapporto serio, prima di tutto con i problemi; e appunto, se noi siamo politici, quando discutiamo le leggi quando discutiamo i provvedimenti - e mi rivolgo a Goglio più come Assessore al lavoro che non come Assessore all'assistenza - quando decidiamo determinate questioni, tutto ha a che fare con quanto sta avvenendo, ha molto a che fare.
Poi ci sono anche gli altri aspetti che ricordavo prima, gli aspetti più emotivi, più legati alla congiuntura.
Concludo dicendo che, se c'è un ordine del giorno in cui prevalga una concezione di questo tipo, in cui vi sia un problema di ordine pubblico - è questo l'aspetto essenziale - sia errato che non si possa accogliere un documento con queste caratteristiche.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Salerno.



SPAGNUOLO Carla

Scusi, Presidente, non si può fare un ordine dei lavori?



PRESIDENTE

Sì. Dopo l'intervento del Consigliere Salerno, potremo sentire gli interventi dei Consiglieri Suino, Simonetti e Leo.
Vorrei sapere chi può fermarsi anche al pomeriggio, perché ci sono dei congedi. In sostanza, l'ultimo intervento della mattinata lo riserviamo al Consigliere Leo.
Ha chiesto la parola il Consigliere Marengo; prego.



MARENGO Luciano

Prendo la parola per chiedere non tanto come proseguiamo adesso, se interrompere alle 13.30 o alle 13.45, ma per sapere cosa facciamo oggi in Consiglio.



PRESIDENTE

Alla ripresa pomeridiana completiamo questo dibattito e poi c'è una comunicazione del Presidente della Giunta.



MARENGO Luciano

Quindi oggi c'è una comunicazione del Presidente della Giunta.



PRESIDENTE

Penso proprio di poter dire di sì, perché se riprendiamo alle 14.30 14.45, credo che nel giro di un'ora si possa concludere questo nostro dibattito e perciò sentire l'intervento del Presidente della Giunta.
Consigliere Salerno, prego.



SALERNO Roberto

Intanto sarebbe doveroso riconoscere che, insieme alla violenza, ci sono stati dei grandi danni, non solo materiali, ma anche d'immagine per Torino e per il Piemonte. Investiamo e spendiamo decine di miliardi per rilanciare l'immagine del Piemonte produttivo e turistico; credo che nel giro di qualche giorno abbiamo avuto, su questo versante e su questo piano un danno di inestimabile valore.
Ho sentito prima gli interventi dei colleghi Picchioni e Cavaliere, e mi pare di capire e di interpretare comunque una contraddizione in questi interventi. Da una parte si pensa, si auspica e si interpreta quello che è un disagio giovanile, la legittimità per alcuni giovani di essere presenti con le forme di protesta; dall'altra, però, si dice: "No alla violenza, no agli atti vandalici".
E allora mi chiedo: ma qual è veramente oggi l'oggetto di questo dibattito, quale deve essere? Quello di andare a scoprire le ragioni temporali, che si perdono nella notte dei tempi, di questo disagio sociale oppure di dire finalmente: "No alla violenza" e basta? Sul piano delle ragioni, potremmo veramente stare qui dei mesi a discutere, perché oggi nelle società di tipo capitalistico, nelle grandi città come Torino, Milano e altre città europee ci sono queste sacche di giovani; a me basta sapere per quale motivo a Torino si creano queste grandi fasce di disagio, di malcontento, di frustrazione.
Non dimentichiamo che a Torino, in Italia perlomeno, stanno aumentando i posti di lavoro per gli extracomunitari; a Torino si stanno creando opportunità di lavoro per extracomunitari, si stanno creando opportunità di abitazione per extracomunitari, si danno agli extracomunitari con carta di soggiorno e documento d'identità 300 mila lire al mese di sussidio, mentre cresce la disoccupazione degli italiani, mentre oggi c'è la difficoltà di trovare un'abitazione per gli italiani, per i giovani.
Stiamo parlando di quei giovani che poi non sanno più come manifestare il loro disagio, allora è chiaro che possono esserci delle frustrazioni.
Queste frustrazioni, peraltro, per me hanno delle ragioni precise in questo tipo di politica che per anni e anni, non solo a Torino, ma nel territorio nazionale è stata portata avanti, con distruzione delle opportunità, del morale, delle aspettative dei giovani, che non riescono a trovare un lavoro, una casa, mentre vedono che tante garanzie, tante opportunità vengono invece offerte ad altre fasce di residenti extracomunitari.
Allora, c'è una sinistra demagogica, che continua questa politica a favore e di queste fasce di residenti, immigrati, clandestini; chiunque vedendo Torino, si può rendere conto di qual è oggi questa politica cittadina.
I centri sociali. A me pare che Cavaliere abbia detto che il vero problema di tutto quanto è successo è venuto fuori dall'arresto di tre presunti terroristi. Questi tre terroristi sono stati arrestati - e nel merito ho espresso il mio gradimento per il provvedimento giudiziario perché presunti autori di attentati nella Valle di Susa per l'Alta Velocità; è stato rinvenuto anche un piccolo arsenale di bombe a mano e cose di questo genere.
Mi domando per quale motivo si deve subire una reazione a un arresto legittimo nel merito e nella forma, subire una reazione di violenza dei centri sociali, di 4-5 mila persone che si rifiutano di accettare un minimo di legalità, e che mettono a ferro e fuoco una città intera.
Bisogna prendere delle posizioni, e spero che il centro-destra su questo abbia una posizione omogenea. Quello che oggi bisogna proteggere tutelare è innanzitutto la legge. Se poi c'è una reazione in questo senso che vuol dire mettere a ferro e fuoco una città, mi domando come il collega Papandrea abbia potuto partecipare ad un corteo che ad un certo punto ha completamente coperto di atti vandalici il Palazzo di Giustizia, mi domando lui che posizione abbia potuto prendere in quel momento, trovandosi in mezzo a quelle persone.
Allora di fronte a queste posizioni, di fronte a bombe che vengono lanciate e che hanno ferito casualmente - solo casualmente - due persone mamma e figlia, che si trovavano in quelle circostanze vicino al corteo, di fronte a un tentativo di omicidio vero e proprio di un giornalista (perch se non fosse stato sottratto per caso a questo linciaggio sarebbe stato sicuramente massacrato e quindi ucciso), di fronte a questi segni evidenti di violenza pura, mi domando come mai non si sia presa posizione a tutela dei cittadini, a tutela di chi lavora, a tutela delle persone, a tutela dello Stato. Mi domando come abbiano potuto sindaco, questore, prefetto essere così passivi di fronte ad una dimostrazione di violenza pura, secca.
Non è una questione di dialogo.
Sì, passivi, mettendo a repentaglio la vita non solo dei cittadini torinesi, ma anche delle forze dell'ordine, le quali non avevano nei giorni scorsi alcun tipo di disposizione severa nei confronti di questi signori.
Io mi domando se di fronte a questo non debba essere fatta semplicemente un'addizione del "due più due fa quattro"; di fronte alla violenza pura noi chiediamo che venga soltanto tutelata la cittadinanza chi lavora, chi vive in questa città.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Suino.



SUINO Marisa

Grazie Presidente. Esordisco con una battuta di questo tipo "Ci mancava, in tutta questa presunta analisi, un collegamento con gli extracomunitari"; è il massimo che poteva capitare. In queste settimane si sono letti articoli a iosa, ma non si è mai fatto un collegamento di questo genere, che effettivamente la dice lunga sulla necessità da parte di molti di ragionare, di riflettere, di ricevere anche delle informazioni e di metterci nella condizione di democratica conoscenza prima di giudicare e sparare a zero, creando probabilmente più danni di quanto si possa forse immaginare.
Ringrazio gli interventi che ci sono stati da parte del collega Cavaliere e del collega Picchioni, perché certamente hanno consentito di girare meno nel vuoto rispetto ai ragionamenti fatti nella mattinata, hanno tentato sforzandosi e credo anche in modo riuscito di dare delle risposte e di fare un'analisi, perché, guardate, sono convinta che il dato peggiore che accomuna molte componenti politiche in questo discorso è quello della mancanza di conoscenza.
Dopodiché consentimi, collega Salerno, tu prima hai affermato, oltre al riferimento sugli extracomunitari, che hai espresso il tuo personale gradimento sull'arresto, riferito ai tre famosi personaggi, di cui uno già non c'è più perché se non altro non costerà alla Magistratura perché ha pensato bene essendo più debole degli altri di farsi fuori; io ritengo che non siano cose da farsi queste, anche perché tu di fatto, affermando un tuo personale gradimento, è come se già avessi decretato in qualche modo un verdetto di colpa.
Io ho imparato che bisogna vedere qual è il risultato finale di un percorso prima di giungere a questo tipo di valutazione e quindi mi pare abbastanza sbagliato, fuori luogo, fuori storia nella quale viviamo, fare questo tipo di sintesi ed avere questo tipo di aggressività verbale politica e strumentale.
Per fortuna ci sono stati un paio di interventi che hanno tentato un pochino di allargare il discorso, anche perché fatti di questa gravità diceva il collega Angeleri stamattina - a Torino non ci sono mai stati certo, non c'è mai stato un raduno degli squatter di questo tipo, non c'è mai stato un riferimento a un abbinamento che è stata la causa che ha determinato quanto è capitato, l'eco-terrorismo collegato ai centri sociali: questo è stato il problema iniziale, dal quale sono partiti con un'escalation anche abbastanza demenziale che ha dimostrato la non conoscenza del fenomeno e tutta un'altra serie di fatti e di accuse.
Gli squatter esistono nella nostra città da parecchio tempo.
Ho apprezzato un'intervista che ha rilasciato l'Assessore Leo in merito al fenomeno, andando a ricordare, quando era Assessore al comune di Torino negli anni '84/'85, le esperienze di El Paso e l'esperienza di Hiroshima Mon Amour e un'altra serie di cose. Bisogna, in qualche modo, essere consapevoli che vanno distinti i due problemi.
Da una parte abbiamo tre persone, che probabilmente hanno anche fatto vita ed esperienza di centri sociali, che vengono accusate di eco terrorismo e come tali vengono incarcerate; dall'altra parte abbiamo un fenomeno squatter che nella media dei cittadini di Torino non si sa che cosa sia, perché in tutti questi anni dall'83/'84, da quando esistono, non risultano - se non un paio di articoli comparsi sui giornali in occasioni un po' eclatanti - esserci stati dei fatti tanto meno di illegalità, quali quelli ai quali abbiamo assistito in questi giorni. Quindi di questo bisogna essere assolutamente consapevoli. Sono cause scatenanti, è l'insistere sul problema che ha portato ad una serie di fatti.
Stamattina Ghiglia diceva che tutti coloro, tra noi della sinistra, che parlano di questi occupanti, ne parlano dalle loro ville di collina; noi siamo in parecchi a parlarne anche con una certa consapevolezza perch sappiamo di cosa stiamo parlando, non proveniamo da quelle zone. Abbiamo vissuto, quando eravamo sindaci o quando avevamo delle funzioni a livello comunale, delle esperienze legate al mondo degli squatter; di fatto trattasi di occupazione di edifici pubblici che non vengono utilizzati ad altro scopo, ma si tratta anche di sapere che questi giovani non hanno nessuna intenzione di sottoporsi e di accettare delle imposizioni e una cultura. La loro è una scelta culturale, è una scelta sociale che sinora non ha provocato danni o conseguenze. Va anche detto - e lo diceva qualche collega stamani - a fronte probabilmente di un loro autismo, di una loro schizofrenia, va anche detto che altrettanta schizofrenia si è probabilmente vissuta da parte del mondo politico o dei media della comunicazione che la settimana prima non tollerava, la settimana dopo tollerava l'eccesso.
E' un po' quello che capita nel momento in cui, visto che tanto si è parlato di famiglia, il modello educativo che viene dato a un figlio è fatto di due facce; il padre la pensa in un modo, la madre la pensa nell'altro. Il risultato è che il bambino, il giovane, il minore, si ritrova in una situazione di imbarazzo.
Allora delle regole, delle coerenze, vanno date, dei paletti vanno fissati: detto questo è assolutamente sbagliato far diventare il problema squatter il problema della città di Torino, poiché innanzitutto si tratta di un problema che riguarda tutte le grandi aree metropolitane, primo secondo, saremmo assolutamente dei falsi se non riconoscessimo che in tanti anni è stato un problema che non ha portato assolutamente dei danni.
Terza cosa, è sbagliato non riconoscere, laddove esistono, delle valenze culturali e sociali.
Detto tutto questo, questo pacchetto di argomenti nulla ha a che vedere con l'illegalità e con la delinquenza che sono due cose assolutamente diverse, che da qualunque parte provengano, da bianchi o da neri, da rossi o da verdi, da gente che sta a sinistra o che sta a destra è comunque delinquenza, illegalità e come tale va punita e va repressa. Ma è sbagliato, Ghiglia, far diventare il problema squatter un problema di ordine pubblico, anche perché, e vengo per dovere d'ufficio perché siamo stati chiamati in causa dal Presidente del gruppo di AN in più occasioni noi della sinistra, citando anche alcuni nostri colleghi e compagni, vengo a delle risposte; ci chiedevi perché non abbiamo partecipato al corteo, noi non abbiamo partecipato al corteo perché non sfiliamo con quelli con il viso coperto e con le mazze in mano, non l'abbiamo fatto nel passato e non lo facciamo nel presente.
Io ti ho ascoltato e consentimi di portare avanti il mio intervento.
Ragionare di legalità è un conto, ragionare di ordine pubblico è altro. La città che immagina la destra, qual è? E' una città nella quale tutto deve essere presidiato, in cui vanno messe cancellate e sbarre dappertutto ordine pubblico da tutte le parti: militari, vigili e carabinieri in ogni angolo. E' una città dalla quale mandiamo via il Questore, mandiamo via il Prefetto, cambiamo il Sindaco; mandiamo via tutti: chi rimane? Rimane il collega Ghiglia che, con tanta simpatia, rivestendo 40 cariche ed essendo presente in tutte le istituzioni ha responsabilità significative! Certamente: è presente in Regione, Provincia, Comune, è Presidente di una significativa esperienza politica di questa città e di questa Regione. Mi pare, però, una sintesi un po' brutale.
Non solo non ragioniamo di tolleranza: stamattina, in un intervento si è sentita la frase "sanare il disagio". Signori miei, alla fine del secondo millennio usiamo espressioni del tipo "come sanare il disagio?" Auspichiamo che parti significative del centrodestra che governa la Regione Piemonte non abbiano intenzione di sanare il disagio e tanto meno di avocare la tolleranza-zero; speriamo esistano e si possano riconoscere! Esistono altri strumenti culturali, sociali, assistenziali, di lavoro ecc. ecc., che consentono di dare delle risposte, compiendo bene il nostro dovere istituzionale, senza arrivare a questo tipo di vergognosa affermazione. Lo diciamo con estrema chiarezza: non siamo assolutamente fra coloro che vogliono "sanare il disagio". Di per sé, anche solo come espressione, è sbagliata, poiché dimostra l'esatto opposto.
Dopodiché, il Presidente Ghigo, al quale va riconosciuto buon senso nel momento in cui cerca di dialogare con le altre istituzioni locali Comune, Provincia, ecc. - nel portare in qualche modo l'immagine della città e della Regione con una certa valenza europea, turistica e così via viene accusato di sbagliare, di essere miope e cieco nel momento in cui sostiene di voler dialogare.
Innanzitutto, chi fa di queste affermazioni è fuori dalla storia e probabilmente dimentica il fondamento dell'essere politico: mettersi in gioco ed essere disponibili a dialogare e comunicare.
Quindi, se non altro per questo motivo, grande merito va dato a chi dimostra tale disponibilità; dopodiché ci pare assolutamente di buon senso non sposare la tesi di chi dice "Mandiamo a casa il Questore, mandiamo a casa il Prefetto, armiamoci e favoriamo rappresentanti di importanti organizzazioni nella città che invitano, tramite i giornali, ad armarsi per difendersi".
No. Assolutamente. Ben faccia il Presidente della Giunta regionale a ragionare in termini di dialogo; utilizziamo gli strumenti esistenti: c'è una Consulta-giovani, ci sono leggi regionali; apriamoci nel tentativo di meglio comprendere, di dare risposte innanzitutto istituzionali.
Venendo agli ordini del giorno presentati, il Gruppo mi chiede sostanzialmente di dare una valutazione. Siamo abbastanza favorevolmente interessati e ben disposti nei confronti dell'ordine del giorno che inizia con la dizione "Sicurezza dei cittadini e solidarietà sociale". Ci pare infatti che l'ordine del giorno sottoscritto dalle colleghe Ferrero, Cotto Benso, Casari ed altri - mi scuso di non leggere tutte le firme per brevità tenti innanzitutto di partire dal fatto in sé - la tragica morte in carcere di uno dei tre giovani - con i reali limiti e difficoltà, di leggere il fenomeno del disagio giovanile - anche se, parlando di squatter dobbiamo distinguere tra disagio giovanile e scelta degli squatter stessi.
L'ordine del giorno tenta quindi una risposta coerente, compito principale dell'istituzione: essere assolutamente coerenti dall'inizio alla fine; dei paletti vanno fissati, delle regole cui fare riferimento vanno date con chiarezza, ma, detto questo, bisogna anche parlare in termini di risposta sociale, di investimenti nel campo dell'occupazione, delle periferie urbane, nel campo della mediazione, che qualcuno del centrodestra, stamattina, nominava come si trattasse di un UFO.
La mediazione, per fortuna, è stata una grossa scoperta della sociologia è uno strumento assai utile in politica, che dovremmo utilizzare maggiormente, sia come mediazione culturale sia come mediazione scientifica sia come mediazione nei confronti delle diverse etnie, che noi leggiamo come risorsa. Ataviche difficoltà nascono dal non rendersi conto che le diversità sono una risorsa.
Una parte della società, una parte del centrodestra, da sempre, rifiuta la diversità come un qualcosa da aborrire, di cui vergognosamente bisogna venir meno; una parte di società, da sempre, riconosce nella diversità una risorsa. Il che non significa subire le illegalità: trattasi di fenomeni completamente diversi.
L'ordine del giorno contiene quindi una serie di elementi ai quali come Gruppo faremmo volentieri riferimento, e saremmo quindi disponibili e interessati. Proporremmo alcune piccole modifiche che velocemente Presidente, accenno, in conclusione dell'intervento.
Al primo capoverso proporremmo di abrogare l'ultimo passaggio "ad un seppur drammatico episodio di debolezza umana".
Nel secondo capoverso, proporremmo di rivedere il concetto con "considerato che i fenomeni che coinvolgono una parte dei giovani delle maggiori aree metropolitane di cui i recenti accadimenti sono una delle più evidenti manifestazioni che testimoniano inequivocabilmente un disagio che deve preoccupare e verso il quale va fatto uno sforzo di dialogo condannando nel contempo le assurde devastazioni di cui sono state oggetto in questi giorni alcune zone della città di Torino".
Terzo capoverso. Proporremmo di abrogare il passaggio "evitando il ripetersi di fenomeni di illegalità senza inopportune indulgenze".
Nel passaggio relativo al quarto capoverso, nella terzultima riga anziché la dizione "del controllo del territorio" proporremmo "del governo del territorio", poiché trattasi di due fatti assolutamente diversi.
Governo del territorio può anche significare controllo, ma significa innanzitutto la gestione propositiva, istituzionale e così via. Il controllo, di per sé, può escludere il governo.
Inoltre, aggiungeremmo, dopo la dizione "attraverso i canali della scuola", la frase "della formazione professionale e del lavoro".
Infine, nella parte in cui s'"impegna il Presidente della Giunta regionale (...) i problemi", prima di inserire con "Prefettura, Questura" ecc. ecc, proporremmo di aggiungere "avvalendosi anche delle leggi regionali afferenti il progetto-giovani e la Consulta giovanile".
Mi scuso per la lunghezza dell'intervento. Grazie.



PRESIDENTE

Concludiamo i lavori di questa mattina, con l'intervento dell'Assessore Leo.



LEO Giampiero, Assessore alla cultura

Intervengo adesso - lo dico testualmente ai colleghi - proprio perch questo possa essere un intervento di contributo al lavoro; un intervento propositivo; un intervento che, in parte, deriva anche dall'esperienza passata (ricordata adeguatamente dalla collega Suino) come Assessore ai giovani, che si è trovato a fronteggiare la prima nascita dei Centri sociali.
Nel contempo, intervengo a questo punto e non alla conclusione del dibattito, intanto perché trarre le fila tocca logicamente e opportunamente al Presidente della Giunta, che è anche titolare della delega ai giovani, e poi perché se altri colleghi, l'Assessore alla formazione professionale, al lavoro o alla sanità o altri, volessero intervenire, ovviamente questo mio intervento è un pezzo del loro discorso.
Lo dico, perché abbiamo ragionato su questo e mi sembra molto opportuno puntualizzarlo.
Sono state fatte delle ipotesi e dico subito che - ne abbiamo parlato anche prima - come Giunta ci identifichiamo fortemente nell'ordine del giorno presentato il 30 marzo, avente come titolo "Sicurezza dei cittadini e solidarietà sociale".
Si tratta - è stato espresso bene da altri - di un ottimo documento perché ha avuto la capacità di rifuggire dalla complessiva schizofrenia che giustamente, opportunamente, intelligentemente è stata denunciata da più parti, a cui abbiamo assistito.
Questo, invece, è un momento di ponderazione, quella ponderazione che è richiesta, dovuta, necessaria quando si affrontano fenomeni in sé molto complessi, poco conosciuti - come è stato giustamente ricordato - e che non si risolvono - ahinoi - facilmente (magari fosse possibile!).
E' vero, abbiamo assistito - è stato ricordato - ad una complessiva schizofrenia: prima il legame automatico e ingiusto ecoterroristi-centri sociali; poi, il tragico evento; addirittura scioperi della fame di alcuni deputati.
Mi permetto di dire che qualche volta ne ho fatto qualcuno anch'io, ma per detenuti in Cile o in Unione Sovietica, non per situazioni di questo genere; sinceramente - so che alcuni colleghi mi capiscono - scioperi della fame per queste vicende hanno più del grottesco che del tragico.
Quindi c'è stato un messaggio indubbiamente, assolutamente contraddittorio, per poi tornare, dopo gli incidenti, a richiedere soluzioni estreme.
Quello che invece occorre essenzialmente, fortemente, di cui c'è bisogno per affrontare pacatamente questa situazione, ma anche efficacemente, è una linea di condotta univoca.
Molto opportunamente, è stato richiamato il messaggio parentale. E' vero, in qualche misura è più necessario che si dia un messaggio univoco non un messaggio che sarebbe il peggiore e contraddittorio per gli entrambi, possibili eccessi.
Se c'è una precisa linea di condotta, credo che l'ordine del giorno presentato dai colleghi Caterina Ferrero, Mariangela Cotto ed altri, la individui, dia una traccia.
Ritengo anche, sinceramente, che questa sia stata molto arricchita da numerosi interventi; per esempio l'intervento del collega Saitta, per citarne uno, quando argomentava opportunamente di non dare una lettura su un fenomeno così delicato, complesso, intricato, attraverso gli occhiali dei partiti. Sarebbe la cosa peggiore! Ed è quello che i giovani rifiutano maggiormente.
Il collega poneva pure l'accento sul nuovo giustificazionismo esasperato, che sarebbe semplicemente non voler pensare a soluzioni, perch giustificare tutto vuol dire comprendere tutto, accettare tutto e quindi non pensare a soluzioni; lo stesso dicasi per il discorso della rottura di vincoli sociali, familiari, ecc. Discorso invece importantissimo è quello della prevenzione, sul quale mi fermerò, perché su questo stiamo lavorando tantissimo come Giunta, come Regione, come lavoro interassessorile ed anche interistituzionale.
Proprio questa mattina si è svolta una riunione di tutti i Comuni italiani che lavorano su questo settore, a cui non ho potuto partecipare perché impegnato in quest'aula. Voglio però ricordare che la Regione Piemonte - e lo dico per tutti i colleghi, ma segnatamente per quelli della maggioranza - è l'unica Regione ad aver dato disponibilità al lavoro del coordinamento di Comuni e Province sulle politiche giovanili, segnando quindi una sensibilità (sulla quale poi tornerò) ancora insufficiente, ma comunque positiva.
"Una linea coerente", dice giustamente questo ordine del giorno, di cui riprendo alcune parti per dire quanto lo condivida e come si possa portare.
Vuoto culturale. "Considerato che i fenomeni di disagio giovanile testimoniano inequivocabilmente un vuoto culturale ed una fragilità psicologica di una parte di giovani che sono altrettanto preoccupanti rispetto alle deprecabili devastazioni".
Vero. Ringrazio i colleghi per aver scritto questo, per avere avuto questa attenzione e questa sensibilità.
La devastazione è gravissima, va denunciata, non bisogna lasciare i cittadini nel senso di insicurezza e di indifesa, però mi sembra molto sensibile che si parli anche di fragilità psicologica che ci preoccupa.
Mi permetto di dire che su questo abbiamo più volte dibattuto, si è ragionato, ci sono alcune analisi; questa fragilità psicologica porta - lo dico per alcuni colleghi che so condividono queste cose - alle estreme logiche conseguenze di insegnamento di tanti intellettuali, scrittori giornalisti che da due secoli ci insegnano che c'è il nulla, che è il nulla che prevale, che il nulla è la consistenza di tutte le cose, e non dei valori, delle possibilità, delle speranze.
Speranza nel futuro: e il punto sta proprio nel futuro. Questo fatto è stato opportunamente ricordato da alcuni colleghi. Per queste persone il futuro è talmente nero da uccidere anche la voglia di essere capiti stimati ed amati; voglia che - tutto sommato - non gli è comunicata così tanto.
La differenza è che questi anarchici, avendo constatato - secondo loro che il futuro non ci sarà, traggono una sola conseguenza possibile.
La nostra sfida verso i giovani è dimostrare una cosa diversa. Certo non tutti i giovani sono così. Penso alle migliaia di giovani che fanno altre scelte; alle migliaia di giovani che si raccolgono a seguire un messaggio, quando il Santo Padre arriva a parlare (e la chiesa ha una notevole capacità di parlare ai giovani). Anche questi giovani hanno timori per il futuro, ma fanno una scelta positiva in ragione del messaggio che ricevono.
Oggi, però, più che mai, il futuro viene giorno per giorno estromesso dalla vita sociale.
Diceva molto bene il Consigliere Picchioni, il Presidente Picchioni quando parlava di questo processo di globalizzazione in cui sembra - e questo lo sento anch'io - che siamo poteri altri (multinazionali, quegli eurocrati di cui si parlava) a decidere del futuro e che la politica abbia sempre di meno da dire. E' importante restituire un ruolo alla politica; è importante restituire un ruolo a concessioni sociali.
Personalmente, ho visto con preoccupazione il fatto che il concetto di sussidiarietà sociale sia quasi stato estromesso dalla Costituzione; quel concetto di sussidiarietà sociale a cui la dottrina sociale cattolica dà tanta importanza.
Condivido quindi molto quegli interventi dei colleghi che hanno parlato di questo rifiuto della globalizzazione, di questa ansia da futuro. Tutto questo ci interroga.
Ma proseguo sull'ordine del giorno. "Una possibile forma di dialogo e confronto". Certo, è molto difficile, ma va ricercata pervicacemente.
Ciò era stato possibile - l'ha ricordato la collega Suino - in momenti altrettanto difficili, ma offendo contemporaneamente un messaggio univoco.
Oggi - ripeto - il messaggio è un po' schizofrenico e comporta anche una difficoltà di dialogo, che va ricostruito, con tanta chiarezza e senza ambiguità.
In quanto alla frequentazione dei Centri sociali - non vorrei far perdere beni immobiliari - io ho partecipato ad alcune loro iniziative; è vero, non ho ancora portato il Presidente, Ghigo, non gli ho ancora fatto questo invito, ma io ci sono stato per rendermi conto della situazione.
Certo, è un mondo diverso - poi tornerò su questo - ma che esiste. Ci dunque sollecita - come dice il documento - "un forte e decisivo intervento di tutte le forze istituzionali e del volontariato sociale, atto a scoraggiare e prevenire il fenomeno nelle sue origini".
Ebbene, quale messaggio, secondo me, dobbiamo e possiamo dare? Secondo me dobbiamo dare un triplice messaggio. Un messaggio va dato ai cittadini e va dato anche questo con serietà e con impegno, il messaggio che attentati alla loro sicurezza, alla loro libertà individuale non saranno consentiti, perché questo è un messaggio forte che deve essere dato.
In secondo luogo va dato un messaggio - mi rendo conto che è complesso l'hanno detto meglio di me altri colleghi e il Consigliere Cavaliere quando ha spiegato questa situazione - a quei giovani dei centri sociali. Come dicevano altri interventi del collega Picchioni ed altri Consiglieri, il collega Cavaliere diceva "visto che esistono", il messaggio è che questa società non ha, io spero, né la volontà, ma certamente non gli strumenti per fare sparire con la bacchetta magica questa realtà. Allora bisogna prendere atto che esistono, comprendere perché esistono, ma l'analisi sociologica corretta è quella che abbiamo ascoltato oggi, non quella di tanti scrittori o di tanti intellettuali che il giorno dopo il suicidio si sono riempiti la bocca di cose vane. Bisogna affrontare con realismo, quel realismo che in qualche modo si chiama riduzione del danno, real politique ecc. e comprendere che non possiamo concepire lo sgombro dei centri sociali.
Io penso che si possa trattare, si possa dialogare, si possa destinare a utilità sociale alcune realtà. Devo dire che l'avevo fatto, avevo ottenuto uno sgombero pacifico dopo sole sei ore di trattativa - è vero appeso a una scala sul tetto - a fronte della garanzia, però, che non vadano inutilizzate, perché è un delitto far sgomberare e poi lasciare inutilizzate delle strutture, lasciarle al disastro, al degrado; questo non è possibile.
In questo senso trovo positiva una proposta che ho ascoltato dalla Consigliera Simonetti di una legge nazionale per i centri giovani; la trovo positiva anche nelle modalità, perché ci sono proposte di legalità, di convenzione con queste realtà giovanili, e mi sembra una cosa molto interessante da sviluppare.
Su questo dobbiamo impegnarci tutti insieme, dicendo però una cosa: che non è vero che questa Regione non si sia occupata del problema. Lo voglio ricordare - perché la memoria non sfugge soltanto agli squatter, non sfugge soltanto ai giornalisti, sfugge a volte anche a noi - e ringraziare prima la Consigliera Spagnuolo quand'era Presidente del Consiglio, poi il Presidente Picchioni, perché hanno consentito, quando si domandava chi in quest'aula ha voluto occuparsene, io lo so che è sempre imbarazzante citarsi, ma devo dire che con la collega Bortolin e con altri colleghi avevamo pervicacemente richiesto che il Consiglio regionale se ne occupasse e, tutto sommato, abbiamo portato a far sì che la Regione Piemonte fosse la prima Regione ad avere una legge sui giovani, legge che oggi va a interagire con la legge nazionale del Ministro Turco, legge che va ripresa e che richiede approfondimenti. Sono convinto che in questo Consiglio ci siano intelligenze e capacità da tutte le parti per sviluppare questo lavoro.
Sono stato invitato, per non citare i colleghi del nostro Gruppo, che sempre mi hanno invitato e sollecitato su questo, per citarne altri, penso a quante volte il collega Toselli mi ha invitato ad assemblee sul disagio e sulla questione giovanile, a dibattiti in Commissione con la Consigliera Suino ed altre parti. Allora voglio dire un solo dato, anche per nostro conforto, che i 100 mila giovani che hanno partecipato alla Biennale dei giovani non sono zero, che il Salone della musica, che il Cinema giovani che una serie di iniziative non sono uguali a zero; queste le abbiamo fatte fra le pochissime Regioni in Italia, con uno spirito di collaborazione interistituzionale che molto bene richiamava la collega Suino.
Certo, molto di più dobbiamo fare, ma lo potremo fare soltanto a una condizione, alla condizione che, com'è stato ricordato in quest'aula, noi capiamo che c'è questa grande scommessa. Ho detto: un messaggio ai cittadini; un messaggio a quella esigua minoranza dei giovani dei centri sociali, che non vogliamo diventino di più, che non vogliamo diventino un problema più grande, un messaggio chiaro di coesistenza nella legalità infine, alla stragrande maggioranza dei giovani far comprendere - è vero questo Consiglio l'ha fatto, deve fare di più - che c'è un'attenzione, una passione attraverso la legge giovani, attraverso diversificazioni delle politiche, attraverso il dialogo.
La nostra Regione è una delle pochissime, non voglio dire l'unica anche se è l'unica, che partecipa ad una serie di progetti nazionali, che sono insufficienti. Io sono convinto che su questo, come alcuni colleghi hanno detto, bisogna dare aria alla fantasia, bisogna dare aria alla passione, bisogna impegnarci sapendo che è una nostra responsabilità.
Sono imbarazzato a fare questa citazione, ma le reazioni che ci sono state per esempio alla serata finale del Cinema giovani o all'assemblea dei giovani del movimento giovanile al Palasport, verso il mio intervento a nome della Giunta, reazioni del tutto positive qualche indice saranno, perché normalmente lì i politici - di qualsiasi parte siano - vengono tutti fischiati; invece hanno percepito che questo Consiglio regionale, il lavoro della Consulta, ecc. qualche sforzo lo vogliono fare.
Se noi abbiamo responsabilità, il seguito di questo dibattito sarà un lavoro serio, non demagogico, non di parte, come ho ascoltato da molti interventi, per andare ad affrontare, sulla falsariga di questo - ripeto eccellente ordine del giorno, le questioni, continuare a lavorare. Se sarà stata la scusa per un dibattito, uno scambio di accuse o un dibattito vuoto, avremo fatto quello di cui accusano i giovani dei centri sociali: una strumentalizzazione e non una com-passione, che non è un fatto retorico o solo vetero-cristiano: una com-passione vuol dire coinvolgersi, essere insieme in una storia.
Io credo che questo Consiglio regionale abbia le qualità politiche sociali e anche morali per volere e potere fare questo. Grazie.



PRESIDENTE

La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,40)



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