Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.227 del 30/03/98 - Legislatura n. VI - Sedute dal 23 aprile 1995 al 15 aprile 2000

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DEORSOLA


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Casari, Casoni, Farassino e Ghiglia.


Argomento:

Verifica numero legale


PRESIDENTE

Su richiesta del Consigliere Riba, si proceda all'appello nominale per la verifica del numero legale.



(Il Consigliere Segretario Toselli effettua l'appello nominale)



PRESIDENTE

Si constata la presenza del numero legale, essendo presenti in aula n.
30 Consiglieri ed in congedo n. 4 Consiglieri.


Argomento: Bilanci preventivi

Proseguimento esame progetto di legge n. 371: "Bilancio di previsione 1998 e pluriennale 1998/2000"


PRESIDENTE

Riprendiamo l'esame degli emendamenti al capitolo 10080, presentati dal Gruppo Lega Nord per l'indipendenza della Padania.
5) "Il capitolo 10080 'Spese per l'esercizio dell'iniziativa popolare nonché per lo svolgimento di referendum popolari' (art. 40 della legge regionale 16 gennaio 1973, n. 4) è incrementato di Lit. 1.000.000 (unmilione). Al suo finanziamento si provvede con la riduzione dal cap.
11595 per una somma di pari ammontare".
E' iscritto a parlare il Consigliere Montabone.



MONTABONE Renato

Grazie, Presidente. Cercherò di riprendere il filo logico della discussione di stamani. Sono convinto che ha ragione il Presidente della Giunta quando dice che il Governo Prodi, istituendo la Conferenza Stato Regioni-Città, ha in qualche modo spiazzato le Regioni. In un convegno che si è tenuto in quest'aula, dove uno degli esimi relatori era il prof.
Pizzetti, si richiamava l'attenzione delle Regioni ad un maggior coinvolgimento delle Città e dei Comuni. Parlandone proprio con il prof.
Pizzetti, che in quel momento non era il portavoce di Prodi - in realtà, la posizione di Prodi influiva certamente sulla sua relazione - osservai che il modo per evitare che le Regioni fossero punto di riferimento legislativo per Comuni, Province e Città era stato attuato da Prodi stesso. Prodi convocando alla Conferenza delle Regioni anche le grandi Città d'Italia spiazzava le Regioni stesse su una funzione determinante che devono esercitare. E' stato probabilmente un tentativo - così è stato definito da qualcuno - subdolo; con ciò non voglio dire che i tentativi che il Governo centrale fa, a volte, siano giustificati, ma possono essere compresi, se si pensa che le Regioni, forse, non hanno riempito appieno, non dico oggi ma in questi anni, tutti i settori che dovevano riempire: quando si lasciano dei vuoti, ci sono sempre altri che li riempiono.
Ricordo che proprio in quest'aula (basterebbe andare a rileggersi i resoconti stenografici) avevo rilevato come alcuni referendum propositivi delle varie Regioni di Italia, o meglio, dei vari Presidenti delle Regioni d'Italia andavano proprio nella linea che agevolava l'iniziativa del Governo centrale rispetto ad un coinvolgimento delle grandi città a livello nazionale.
Quando si coinvolgono le grandi città a livello nazionale, e cioè gli Enti locali a livello nazionale, significa sostanzialmente che lo Stato centrale non vuole delegare alle Regioni quelle funzioni proprie di riferimento per gli Enti locali, ma che vuole continuare a mantenerle a sé.
Il fatto che il Presidente Prodi abbia attivato la Conferenza Stato Regioni-Città vuol dire che non ha voluto delegare anche quelle funzioni più locali sul territorio. Questo è evidente a tutti. Può anche essere che proprio le grandi città, per il sistema elettorale che vede il Sindaco direttamente eletto dai cittadini, abbiano acquisito in questo frattempo più potere rispetto a quello che avevano una volta, non credo in termini democratici, ma certamente in termini esecutivi.
Nel frattempo, la nostra Regione, per attuare quelle volontà di delega che il Governo centrale deve trasmettere alle autonomie regionali, che cosa ha fatto? Qui si inserisce di nuovo quel bel documento di cui parlavamo stamattina, che noi abbiamo sottoscritto appieno, senza consultarci peraltro con i Consigli regionali; un documento che, a parere mio, va esattamente nella linea del Governo centrale, e cioè di non delega alle Regioni di funzioni legislative ben precise.
Ho letto, per esempio, un'intervista rilasciata dal Sindaco Napoli di Forza Italia, uno dei membri dell'esecutivo dell'ANCI di Giaveno, uno dei membri dell'esecutivo dell'ANCI nazionale, che non gli pareva vero di aver raggiunto un così grande risultato rispetto a questo documento.
Certo, perché con questo documento lo Stato centrale ha mantenuto le sue posizioni, i Comuni hanno acquisito quasi anche il potere legislativo e le Regioni possono essere tranquillamente cancellate.
E noi abbiamo firmato questo documento! Io non so se le altre Regioni di Italia abbiano delle caratteristiche talmente diverse dalla nostra da voler diventare Consorzi di Comuni - mi piacerebbe che il Presidente della Giunta fosse qui, perché poi va a Roma e non so cosa rappresenti, se non il suo Ghigo-pensiero - perché in questo documento c'è scritto che "la Regione è un Consorzi di Comuni".
In una delle scorse sedute ci siamo soffermati sui quadranti del Co.Re.Co. (non vedo più l'Assessore Vaglio), e abbiamo detto che "L'Emilia Romagna ha un Co.Re.Co. unico". Sì, ha istituito un Co.Re.Co. unico, ma sta già verificando la completa disfatta di questa concentrazione di Co.Re.Co.
completa disfatta - e sta già pensando di rimodificare, anche solo per un anno, la legge che decentra i Co.Re.Co.



(Commenti del Consigliere Gallarini)



MONTABONE Renato

L'Emilia Romagna - grazie per il suggerimento collega Gallarini, volevo proprio arrivare a questo - ha pochissimi Comuni, tutti concentrati, di 50 100 mila abitanti, che certamente le permetterebbe di avere un Co.Re.Co.
unico, dal punto di vista organizzativo: se non funziona là, pensiamo a come potrebbe funzionare qui! Ma vengo al nostro Consorzio, a quello che dovremmo essere noi, di 1.200 e rotti Comuni che, se portati in Consorzio assieme alla grande città metropolitana, conterebbero nulla; dal punto di vista legislativo la Regione non conterebbe più: conterebbe solo la città di Torino.
E qui mi inserisco su quanto diceva il collega Racchelli stamani. Hai ragione, collega Racchelli, quando ti chiedi se Torino è la capitale del Piemonte o se Torino rappresenta un punto di riferimento per il Piemonte.
Facciamo attenzione, però, che proprio sulla base di quel documento che è stato firmato dai Presidenti delle Giunte regionali, potendo scegliere intravedo la possibilità che Novara vada a consorziarsi con Milano Alessandria potrebbe andarsi a consorziare con Genova; magari Cuneo potrebbe perfino pensare di andarsi a consorziare con Nizza; la Valle di Susa potrebbe cercare di andare a trovare i servizi a Briançon, come negli anni passati ha cercato di fare. Pensate che, alla fine, questo insieme di Consorzi possa mantenere un'identità autonomistica e autonoma rispetto allo Stato centrale? E allora! Chiudo come ho aperto. Certo, si può dire che il Presidente Prodi ha fatto, con un tentativo subdolo, quello che ha fatto, ma devo dire che io avrei preferito - Consigliere Gallarini - che ci fosse un Pierino di turno con delle caratteristiche ben precise, e che combinazione ha il suo Presidente a fare il Vicepresidente dei contatti per la Bicamerale, che alzasse fortemente la voce, basando le sue prospettive su delle caratteristiche ben precise che il Piemonte ha e che altre Regioni forse non hanno, e che alzasse la voce anche in termini di minoranza rispetto ad una posizione che non può essere condivisa.
Io non lo so se i colleghi di maggioranza sono d'accordo su queste cose, perché una cosa è essere d'accordo perché abbiamo i numeri, per cui facciamo passare tutto, ma vorrei sapere se i nostri Consiglieri di maggioranza ritengono di delegare alla Città di Torino anche il potere legislativo, come abbiamo delegato in altre occasioni (anzi costantemente).
Sapete cosa sono diventate quelle Olimpiadi che con un ordine del giorno scritto dal sottoscritto si è cercato di portare avanti come le Olimpiadi del Piemonte - ho finito, Presidente, mi deve dare il tempo di chiudere la frase - e che dovevano essere la rampa di lancio promozionale per il turismo piemontese? Sono diventate esclusivamente le Olimpiadi di Torino e della Fiat!



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vindigni.



VINDIGNI Marcello

Ha ragione, signor Presidente, chi ha detto che con la legge n. 59 si sono gettate le basi per una profonda riforma del Paese. Basti pensare ai decreti legislativi resi noti a seguito dell'approvazione della legge - nei tempi previsti - quali quelli relativi al mercato del lavoro, del trasporto locale, di cui si parlava già stamattina, dell'agricoltura, già oggetto di ampia discussione in un precedente Consiglio e in particolare dell'ultimo approvato la settimana scorsa, che attiene alle materie dello sviluppo economico, dell'assetto territoriale e dell'ambiente.
Con questi decreti legislativi, cui dovranno seguire le leggi di delega alle Province e ai Comuni, trattenendosi, le Regioni, quei compiti che devono essere gestiti unitariamente a livello regionale, cambia radicalmente l'amministrazione del nostro Paese.
Questo processo mette in moto sul territorio risorse nuove, che consentono, a mio parere, di poter restare nell'Europa con sufficiente e ragionevole ottimismo.
Le risorse del Paese, nel loro insieme, sono tali da poter veramente com'è stato detto in altre occasioni - far vedere i "sorci verdi" agli uccellacci del malaugurio che ritenevano che l'Italia non dovesse rientrare in Europa.
Tra le risorse liberate metto anche quelle del Mezzogiorno, che non chiede più assistenzialismo e che non vuol essere più terreno di scorreria per imprenditori piuttosto disinvolti, come ha detto, nei giorni scorsi, il Presidente Scalfaro.
Detto per inciso, cento anni fa la differenza del PIL fra le regioni meridionali e quelle settentrionali, era meno elevata di quanto non sia oggi. Questa è la realtà: il Mezzogiorno ha contribuito con risorse umane ed anche economiche: le risorse umane del Mezzogiorno, che in quel territorio trovano minor impiego di quanto non dovrebbe avvenire, hanno contribuito alla crescita economica del Paese, e in particolare delle Regioni settentrionali negli anni Sessanta e Settanta: questo non deve essere dimenticato.
E' necessario conoscere minimamente la storia della città; prima dei meridionali a Torino sono arrivati i vercellesi - tant'è che corso Vercelli non a caso si chiama così - subito dopo, sono venuti i veneti. La città è diventata capoluogo e capitale per la sua capacità di attrazione su cui ha creato la ricchezza dell'intera regione.
Torino è stata una città pluralista; una società con grandi difficoltà ma sostanzialmente aperta.
Dunque, sono state liberate grandi risorse, che costituiscono proprio la leva sulla quale consolidare la permanenza del nostro Paese in Europa.
Nel frattempo, è stato rilanciato il dibattito sulla riforma costituzionale.
Il Governo, con le leggi n. 59 e la n. 127, ha avviato un processo di decentramento reale, ed hanno torto coloro che dicono che questo non è avvenuto. Dobbiamo tener distinti i due livelli in cui si sta muovendo la politica governativa: quello relativo agli interventi a Costituzione invariata, che vanno nella direzione del decentramento attraverso l'applicazione del principio della sussidiarietà, e quello che scaturirà dalla riforma della Costituzione, che va nella direzione del trasferimento di potere legislativo dal centro verso la periferia.
Con la legge n. 59 è stato avviato questo processo, ma è altrettanto vero che gli esiti della Bicamerale non sono stati quelli che ci si attendeva.
In ogni caso, è ripreso il dibattito sulla Costituzione. In tal senso si stanno vedendo segnali importanti in tale direzione; basti pensare all'accettazione del Senato delle Regioni e delle Autonomie locali, assente nel testo uscito dalla Bicamerale, oppure all'articolazione del sistema delle autonomie locali, così come sta emergendo dal confronto - secondo me positivo - fra Comuni, Province e Regioni. E' chiaro che l'avvio del dibattito sulla riforma della Costituzione è anche legata al successo della legge n. 59.
Nel momento in cui si intravede la possibilità di riformare il Paese intanto attraverso il processo di decentramento a Costituzione invariata e parallelamente attraverso la riorganizzazione dell'apparato amministrativo si liberano molteplici risorse e diventa più forte la richiesta di una riorganizzazione complessiva dello Stato con la riforma della seconda parte della Costituzione.
Ma la Regione Piemonte partecipa al dibattito in atto nel Paese? Per parteciparvi vi sono due modi: da un lato, concorrendo all'aperto dibattito di ingegneria istituzionale - un po' come facemmo quando approvammo la proposta di legge avanzata dalla Conferenza dei Presidenti delle Regione e inviata alla Bicamerale - dall'altro, con comportamenti concreti: il Governo, la legislazione e l'amministrazione, concreta, di questa Regione.
A me pare che la Giunta e il Presidente abbiano scelto sostanzialmente, la prima strada: far sentire la voce della Regione attraverso la partecipazione del Presidente alla Conferenza Stato-Regioni alla Conferenza dei Consigli delle Regioni e delle Province a Statuto Speciale.
Questo il limite messo oggi in evidenza da alcuni colleghi, che va superato attraverso un dialogo più fecondo tra Consiglio e Giunta.
A questo proposito, devo ricordare che qualche settimana fa all'indomani della discussione sul disegno di legge n. 143 - se ricordo bene, quello relativo alla deleghe in campo agricolo, che non fu approvata dal Consiglio - in sede di VIII Commissione avemmo modo di ragionare su questo aspetto. Fu indicato un percorso di cui diedi notizia al Presidente del Consiglio, che prevede tre tappe. Intanto, una discussione in VIII Commissione con la partecipazione dei Presidenti del Consiglio e della Giunta regionale affinché informino il Consiglio - attraverso l'apposita Commissione - su quanto si sta muovendo per l'attuazione della legge n. 59 una seconda tappa, costituita da un seminario rivolto ai Consiglieri, in cui gli Assessori e la struttura informino sullo stato di avanzamento delle leggi regionali di attuazione dei diversi decreti legislativi, dal n. 122 al n. 469, n. 517, ecc.; infine, un terzo momento di discussione in aula.
Di fatto, oggi, in maniera abbastanza estemporanea, abbiamo cominciato a svolgere questa discussione; estemporaneità che è il reale limite posto al Consiglio nella discussione sul bilancio.
In questa delicata fase di metà legislatura, che coincide con l'anno di maggiore operatività, di maggiore esperienza, ma anche di attuazione di questo processo di riforma assolutamente straordinario che deriva dalle iniziative in atto a livello governativo, si sarebbero dovute indicare linee maestre, gli obiettivi-guida, le finalità che la Regione, il governo regionale si proponeva di raggiungere non solo con il bilancio e probabilmente la discussione sul bilancio sarebbe ritornata nella dimensione giusta.
Che cosa sta facendo oggi il Consiglio? Sta contribuendo a definire le linee generali dell'azione legislativa di questa Regione e allora se noi sapremo affrontare la questione del ruolo di questa Regione in questa fase storica si porrà correttamente il rapporto con il sistema delle autonomie del nostro Piemonte, perché il pericolo che noi dobbiamo sventare è di fare consolidare nell'opinione pubblica, ma in primo luogo nelle amministrazioni, la sensazione che noi concepiamo l'attuazione delle riforme come modalità di creazione di un centralismo regionale che sostituisce il centralismo statale.
E' dietro questa formula che si sono collocati quelli che hanno bloccato il processo federativo, e questa operazione è riuscita. E' riuscita perché le Regioni non hanno saputo creare il clima favorevole, a partire dai loro territori, all'attuazione del sistema federale.
La vicenda non è ancora conclusa, siamo ancora in tempo se diamo dei segnali politici che non vogliamo sostituire al centralismo romano il centralismo di Torino. E questo avviene attraverso una valorizzazione non tanto del sistema delle autonomie in maniera astratta, ma dei sistemi economici locali del Piemonte che stanno diventando la forza del rilancio del nostro territorio; sistemi che non devono essere l'uno contro l'altro armati in una competizione esasperata che rischia di essere anche la morte di questo Consiglio regionale, perché se si apre una competizione esasperata tra sistemi locali che hanno la loro rappresentanza politica il Consiglio regionale sarà la cassa di risonanza di interessi locali che cercano di portare a casa i maggiori risultati penalizzando i più deboli.
In questo quadro io colloco anche un certo atteggiamento di sufficienza nei confronti dell'area torinese.
Noi dobbiamo considerare l'area torinese come uno dei sistemi economici locali di questo territorio che ha le sue caratteristiche e ha anche i suoi problemi, noi non riusciremo a fare di Torino una capitale che attrae. Le capitali sono tali perché attraggono: quando io giro per Torino e vedo le lapidi bianche un po' sbiadite sulle facciate della città storico ottocentesca, leggo che su queste facciate, su queste lapidi, sono ricordati personaggi che sono venuti a Torino nell'800 per fare il Risorgimento anche dal meridione, perché Torino allora aveva questa capacità di attrazione, si presentava come il punto unitario per tutto il Paese. La stessa capacità di attrazione questa città l'ha avuta in questo dopoguerra, quando ha saputo attrarre le migliori energie, sia quelle lavorative che venivano appunto qui a trovare il lavoro, sia quelle che venivano a frequentare l'Università, perché il Politecnico attraeva. Avere un capoluogo che attrae è un vantaggio per tutti, il vero problema che noi abbiamo è proprio far sì che l'area torinese, la città metropolitana, torni nuovamente ad essere attrattiva.
Quindi la politica regionale deve essere non una sommatoria indistinta di interessi locali, che si compensano attraverso la mediazione, ma deve essere un sistema; lo ricordava bene Marengo nell'intervento che ha fatto partecipando a questo dibattito, quando analizzando proprio la crisi del fordismo e tutto quello che ha comportato ciò in termini sociali, economici e territoriali, ci proponeva questa parola chiave, la "Regione-sistema".
Noi dobbiamo fare della Regione un sistema. Questo avviene con politiche, con atti legislativi, non assegnando risorse a pioggia e cercando di costruire un consenso marginale attraverso lo scambio; ed è questa la sfida che la legge n. 59 ci lancia.
Se noi sapremo dare attuazione, a livello regionale, a questi grandi stimoli che arrivano dal centro porteremo avanti compiutamente il processo di riforma che si è avviato e potremo contribuire a collocare degnamente il nostro Paese nell'Europa, ma potremo anche affrontare problemi strutturali della nostra Regione che purtroppo si trascinano da troppo tempo e richiedono che si possa operare senza indugi per riavviare un processo di aggregazione e di attrazione che, ripeto, Torino ha sempre avuto, fa parte del suo gene.
Se sapremo realizzare questa capacità di attrazione allora dimostreremo di essere veramente classe dirigente.



PRESIDENTE

Desidero ricordare che siamo in fase di dichiarazione di voto, perch la discussione generale è stata fatta stamani sull'insieme dei quattro emendamenti.
La parola al Consigliere Moro.



MORO Francesco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, è vero, nell'attuazione delle leggi n. 59 e n. 127, leggi nazionali, vi sono le concrete basi per avviarsi sulla riforma istituzionale del Paese, le deleghe soprattutto in agricoltura e trasporti da parte della Regione Piemonte, e avviarsi quindi verso un vero decentramento amministrativo locale. Anche la Regione Piemonte deve adeguarsi, perché è in forte ritardo rispetto alle altre Regioni d'Italia in tale materia e deve quindi permettere, anche attraverso il bilancio preventivo '98, di potenziare il capitolo sui referendum di iniziativa popolare e del federalismo.
La voce al bilancio di previsione '98 sui referendum deve essere assolutamente modificata in modo positivo nella legislazione in atto per eliminare gli ostacoli limitativi al libero pronunciamento popolare che è doveroso, che è quindi qualificante e democratico. Incentivare quindi i capitoli relativi al bilancio '98 per far sì che i cittadini piemontesi possano esprimersi chiaramente, e anche in modo positivo, su tematiche importanti di natura economica, sociale e anche sanitaria e non solo sul federalismo.
Il potere popolare quindi deve essere determinato e assoluto su questioni referendarie e deve avere anche un supporto finanziario altrimenti non è possibile concretizzarlo.
La discussione in VIII Commissione, che qui è stata citata per l'attuazione della legge n. 59 da parte della Regione Piemonte che ha registrato un forte ritardo anche dalla Giunta sulle deleghe relative all'agricoltura soprattutto ai comuni e alle Province, ha evidenziato l'impreparazione e il ritardo dell'ente Regione Piemonte nell'attuazione piena del passaggio delle deleghe che è un fatto di democrazia e soprattutto è un fatto di attualità e di applicazione delle leggi nazionali.
Bisogna quindi arrivare al decentramento del potere centrale e regionale per attuare la piena autonomia locale.
Il Consiglio regionale deve quindi attivarsi maggiormente su questa tematica così importante che sta portando avanti una notevole fetta di discussione sul bilancio, in attuazione del problema deleghe e del decentramento perché sta creando forte discussione e disagi a livello periferico e soprattutto deve anche portare avanti una linea diversa contro la politica Torino-centrica che ha caratterizzato spesso e troppo questa Regione a discapito quindi della valorizzazione dell'autonomia locale periferica, soprattutto dei comuni e delle Province ed anche delle comunità montane che spesso e volentieri sono state succubi del potere centrale o comunque Torino-centrico.
Noi, come Gruppo della Rifondazione comunista, tenendo anche conto di tutta una serie di valutazioni politiche che vadano verso un maggiore decentramento e quindi un maggiore pronunciamento da parte popolare relativamente anche ai referendum in attuazione, per un federalismo ricco però di contenuti democratici e attuativi di programmi importanti, abbiamo votato a favore del primo emendamento, ma ci asterremmo su quelli successivi presentati dalla Lega Nord.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, indìco la votazione nominale mediante procedimento elettronico, sull'emendamento n. 5 presentato dalla Lega Nord.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 40 votanti 37 hanno risposto SI' 1 Consigliere hanno risposto NO 29 Consiglieri si sono astenuti 7 Consiglieri non hanno partecipato alla votazione 3 Consiglieri L'emendamento è respinto.
Relativamente all'emendamento n. 6 è stato presentato il seguente sub emendamento da parte dei Consiglieri Montabone e Picchioni: sub6) "Il capitolo n. 10080 venga implementato di Lit. 100 milioni prelevati dal capitolo n. 11590".
Porremo pertanto in votazione prima il sub-emendamento in quanto la somma di implementazione è più alta rispetto a quello presentato dalla Lega Nord per l'indipendenza della Padania.
La parola al Consigliere Montabone.



MONTABONE Renato

Questo sub-emendamento sta a significare sostanzialmente che se tutti noi crediamo in quello che abbiamo detto stamani e dovessimo andare mai a chiedere ai piemontesi tutti qual è la loro scelta rispetto a queste cose le cifre iscritte a bilancio per quanto riguarda i referendum sarebbero sicuramente irrisorie.
Quindi, l'emendamento che ha scaturito questa discussione in aula e che si è sviluppato in termini propositivi, credo possa avere una cifra, anche se non sufficiente, almeno più dignitosa.
Colgo l'occasione dell'illustrazione di questo sub-emendamento per dire che avremmo anche già potuto finire la discussione perché gli interventi in fondo sono stati svolti, ma una discussione di questo livello avrebbe meritato l'ascolto da parte di tutti, per primo quello del Presidente della Giunta che avrebbe dovuto ascoltare cosa dicevamo così magari avrebbe evitato nelle prossime riunioni della Conferenza Stato-Regioni di portare solo le sue istanze o quelle di altre Regioni! E poiché questa non è una questione che interessa solo la minoranza, ma è un tema fondamentale per le Regioni, mi sarebbe piaciuto che i Gruppi consiliari tutti intervenissero, invece abbiamo registrato solo l'intervento del Consigliere Gallarini che in parte condivido. Sembra quasi che noi diamo fastidio a parlare, e soprattutto su temi come questi. Il fatto quindi che non ci si sta a sentire da parte di chi poi deve portare le proposte della Regione e il fatto che molti Gruppi non intervengano su temi fondamentali per il futuro della Regione come questo, mi porteranno a rifare, partendo da altri presupposti, gli interventi anche sugli emendamenti successivi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moro.



MORO Francesco

Signor Presidente, sarò molto breve perché questo emendamento al capitolo di bilancio preventivo 1998 presentato dal Consigliere Montabone che è stato formulato anche in modo molto preciso, vede favorevole il nostro Gruppo perché tende ad approfondire maggiormente la tematica delle riforme istituzionali e del decentramento che poco prima avevo illustrato nel senso che le leggi nazionali nn. 59 e 127 tendono a dare delle concrete basi sulle riforme istituzionali del Paese.
La Regione Piemonte è in forte ritardo sulle tematiche relative al decentramento in relazione ad esempio alle deleghe sull'agricoltura, quindi secondo me questo approfondimento sulle tematiche istituzionali è corretto al di fuori, pertanto, di ogni formulazione ostruzionistica.
Credo sia giusto approfondire maggiormente di quanto non sia avvenuto in VIII Commissione e quindi parlare con grande tempestività di questo problema che dovrà essere poi al centro dell'intervento nazionale da parte del Presidente della Giunta che dovrebbe essere presente di persona a questo di dibattito in quanto dovrà trarne le dovute e logiche conseguenze per presentare la risoluzione in sede romana. Il Piemonte ha la sua importanza anche a livello nazionale e quindi tutta la tematica relativa alle riforme istituzionali va vista nel suo insieme e portata con correttezza anche in sede romana.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Riggio.



RIGGIO Angelino

Devo dire che stiamo facendo male e in un modo estremamente occasionale e molto distratto, tant'è vero che non è presente il Presidente della Giunta regionale, quanto invece diceva prima il Presidente dell'VIII Commissione, Vindigni, e quanto avevo richiamato in occasione del dibattito sulle deleghe per l'agricoltura.
Questo dibattito veramente importante aveva conosciuto dei momenti di dignità, proposti anche dalla maggioranza di centro-destra, in particolare dall'allora Presidente del Consiglio, Picchioni, quando ci aveva chiamati al seminario di Vinadio per discutere del federalismo. Questo dibattito pur importantissimo si sta svolgendo in un modo assolutamente improprio su questo emendamento ed è veramente una cosa che dispiace perch l'impressione è che il federalismo in Italia sia un oggetto oscuro che tutti quanti dicono di volere, ma che nella pratica poi effettivamente si fa molto poco per andarlo a sostenere. La prova è quanto misere siano le risorse che sono state destinate dal bilancio regionale proposto dalla Giunta e che opportunamente, con l'emendamento del Consigliere Montabone vengono corrette. Ne sono prove ulteriori gli atti che avrebbero dovuto essere stati fatti dalla Giunta regionale, in particolare dall'Assessore delegato che, con tutto il rispetto per il collega Vaglio, non dovrebbe essere l'Assessore delegato su una materia così importante. Quando io ero Sindaco, ricordo che i progetti che avevano una maggiore valenza e significato per la città solo formalmente venivano delegati ad un Assessore, ma di fatto erano progetti che seguivo personalmente. Questo dovrebbe valere anche per la Giunta regionale, nel senso che il Presidente della Giunta regionale dovrebbe seguire in prima persona tutto quello che riguarda la filosofia del federalismo, quindi le iniziative romane, per quanto riguarda l'apporto che come Regione Piemonte possiamo dare per la Bicamerale e per l'attuazione dei decreti Bassanini.
I decreti Bassanini, diventati poi rispettivamente le due leggi nazionali n. 59 e n. 127, stanno subendo una sorte che era già stata prospettata in allora. Apparentemente avevano avuto un consenso quasi unanime, ma nella sostanza si sapeva che avrebbero incontrato grossi ostacoli, innanzitutto perché esiste una forma di pigrizia mentale per cui al cambiamento si fa una certa resistenza, poi perché alcuni tra coloro che dovrebbero essere in qualche modo attori della riforma Bassanini, cioè i dirigenti degli istituti regionali - e sappiamo quanto siano importanti i responsabili del processo legislativo di una Giunta così povera di idee come la Giunta Ghigo - non sono tra i sostenitori di questa grande rivoluzione. Infatti, con le leggi Bassanini i dirigenti avranno meno potere e più responsabilità, che è esattamente il contrario dell'etica dominante (cercare molto potere ed avere poche responsabilità). Riporto un esempio che è stato all'attenzione dell'Assessore alla sanità in questi giorni: doveva essere approvato un atto di esproprio da parte della Regione. Questo atto di esproprio, Assessore, è stato rimbalzato tra i vari uffici per sette mesi, durante i quali i dirigenti, profumatamente pagati dalla Regione Piemonte, si sono sottratti alle proprie responsabilità. Un atteggiamento di questo genere ha significato alcune cose molto semplici come ad esempio l'immobilizzo, per ulteriori sette mesi, di fondi che dovevano essere utilizzati per la sanità, pari a circa 10 miliardi. Pensate cosa significa questo spreco di denaro che inficia la possibilità di fare interventi in campo sanitario e di offrire servizi di salvaguardia della salute. Questo è successo perché i nostri dirigenti non si mettevano d'accordo. L'ho voluto portare come esempio perché la cosa mi aveva profondamente indignato, così come ha indignato l'Assessore D'Ambrosio, che si è correttamente e giustamente attivato, spero positivamente, testimone lui stesso del fatto di sette mesi persi a causa di una pratica da nulla.
Questo sta a dimostrare come sia importante attivarsi rispetto ai decreti Bassanini. Non si tratta soltanto del processo di conferimento delle deleghe, e giustamente è stato ricordato come le Province siano estremamente preoccupate di un processo che era stato annunciato come rapidissimo. Ricordo che l'ex Assessore delegato Majorino ci aveva detto all'insediamento dell'VIII Commissione, che entro tre mesi avremmo avuto una proposta di legge quadro sulle deleghe da parte della Giunta regionale.
Vista a posteriori, una cosa di questo genere fa perlomeno sorridere.
Ho voluto fare questa lunga premessa per dire che non è solo questione di aggiungere delle poste di bilancio; sarebbe importante svolgere un dibattito non soltanto sul bilancio preventivo, ma anche sul bilancio consuntivo, perché occorre anche verificare come vengono utilizzate queste poste di bilancio. Il fatto di non includere delle poste di bilancio oppure di includerne di irrisorie, sta anche a dimostrare quale bagaglio di idee sorregge questa Giunta. Vediamo tutti come questo bagaglio di idee su questa grande rivoluzione che sta affrontando, dal punto di vista del governo locale, l'Italia - sia scarso e misero. Si può dire quello che si vuole, ma effettivamente il federalismo è immanente nel nostro dibattito. E la destrutturazione di questo orribile apparato burocratico, che ha gravato enormemente sulla dinamicità del nostro sistema economico e produttivo, sul nostro sistema Italia, è una cosa immanente. E una Giunta che elude questi compiti è una Giunta inadeguata.
Io spero che al più presto si chiuda la vicenda del bilancio e che questo Consiglio riprenda l'abitudine di svolgere discussioni tematiche sulle grandi questioni. Il Presidente dell'VIII Commissione ha indicato un percorso; avevamo chiesto un incontro in VIII Commissione con il Presidente della Giunta e il Presidente del Consiglio regionale. E' chiaro che in queste condizioni di blocco totale, per via del bilancio, le Commissioni non possono essere convocate. Avevamo chiesto di fare un dibattito in Consiglio e un seminario. Questo vale per questo argomento, così come vale per un documento che mi sta molto a cuore, su cui richiamo ancora l'attenzione. La relazione sullo stato di salute della popolazione piemontese è un documento che è stato prodotto da molti mesi; tra un po' sarà prodotto il nuovo documento annuale e non abbiamo mai fatto un dibattito serio in questo Consiglio, quando l'Assessore regionale alla sanità, per primo, ammette che l'intervento sui servizi sanitari non è sufficiente per contribuire al miglioramento delle condizioni generali dello stato di salute della popolazione piemontese. Quindi, non è vero che la questione della salute interessi soltanto gli addetti ai lavori. Abbiamo anche bisogno di produrre cultura: spesso ci lamentiamo come in questo Consiglio regionale il tenore del dibattito sia estremamente basso, e non parlo soltanto delle migliaia di congiuntivi che sono pugnalati e che giacciono sul pavimento di quest'aula. Questo di per sé sarebbe poco significativo. La cosa più importante è che tutti noi Consiglieri regionali proviamo una sensazione di inadeguatezza perché siamo stati eletti - per nostra fortuna o abilità - in quest'aula, ma abbiamo bisogno di imparare tante cose, perché poi abbiamo l'obbligo di legiferare. Questo percorso seminariale, di ampio dibattito politico è dunque una cosa che dobbiamo assolutamente recuperare.
Chiudo.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola la Consigliera Spagnuolo; ne ha facoltà.



SPAGNUOLO Carla

Molto opportunamente i colleghi hanno presentato questa serie di emendamenti che possono essere commentati nello specifico, nel senso che vi è una previsione di aumento del cap. 10080 "Spese per l'esercizio dell'iniziativa popolare e per lo svolgimento di referendum popolari" attraverso la riduzione di altri capitoli che peraltro rileviamo hanno dato origine a residui passivi, il che può far pensare anche ad una non attivazione da parte dello stesso esecutivo.
Ma, al di là della somma che viene incrementata, la questione più generale degli aspetti di carattere istituzionale che l'esecutivo non ha affrontato nella sua pienezza, nella sua completezza, ritorna in maniera particolare.
Abbiamo già un po' esaminato l'argomento e ci ritorneremo, perché anche il nostro Gruppo ha presentato numerosi emendamenti sugli aspetti di carattere istituzionale; torneremo su questo argomento, perché abbiamo notato che l'esecutivo né si è presentato con una relazione su questi temi né, in qualche modo, ha fatto "rimarcare" delle proprie reazioni di fronte a tutta una serie di argomentazioni che già sono state portate.
Questa materia, e in particolare la parte riguardante lo svolgimento dei referendum, che deve essere oggetto di profonda revisione anche statutaria, è stata a lungo esaminata nella Commissione per la revisione dello Statuto.
Infatti, non soltanto a Belgirate, quando l'allora Presidente Picchioni ha organizzato un convegno, ma anche successivamente, all'interno della Commissione per la revisione dello Statuto, abbiamo fatto più sessioni di Commissione alla presenza di uno dei massimi esperti in materia, il prof.
Pizzetti, e abbiamo esaminato il merito delle modificazioni statutarie che si impongono.
Pertanto, noi riteniamo di dover rimandare, non soltanto la Giunta regionale, ma i Capigruppo, i Consiglieri (tutti, di maggioranza e di opposizione) all'approfondimento di relazioni scritte, peraltro depositate agli atti della Commissione Statuto e che rappresentano un apporto estremamente prezioso in materia. Apporto che dovrà essere organizzato e riorganizzato, nel senso che questa materia deve subire delle modificazioni.
Devo dire che ci troviamo in una situazione di un qualche imbarazzo perché la materia ormai è chiara: la nostra Regione (ma anche le Regioni in generale) si deve attrezzare per affrontare tutto il comparto della revisione della normativa istituzionale, (lo Statuto, ma non soltanto; le competenze; i Bassanini, ecc.). Questo deve essere fatto. Altre Regioni si stanno dando delle strutture; ovunque si stanno preparando, anche facendo un dibattito per vedere come prepararsi: questa è una materia che deve essere affrontata.
Suggerirei dunque di trovare, anche all'interno del dibattito del bilancio, per non farne soltanto un'occasione persa, un momento, un intervento del Presidente della Giunta, dell'Assessore che il Presidente vorrà indicare, ecc., per avere delineate le linee dell'attuazione della normativa Bassanini, gli esempi di come presso altre Regioni si intende camminare in questa direzione, e vedere anche come utilizzare il lavoro già fatto, perché non c'è niente di peggio che buttare via il lavoro fatto.
Le relazioni che ci sono, la documentazione, le elaborazioni, gli approfondimenti che sono scritti, che sono verbalizzati, che sono contenuto della Commissione per la revisione dello Statuto vengano messe assieme a ciò che la Giunta sta elaborando o intenderà elaborare, per andare avanti.
Diversamente, rischiamo di essere una Regione che passa da una situazione nella quale, in qualche modo, eravamo una delle Regioni capofila...
I Capigruppo della passata legislatura (Gallarini, Picchioni, lo stesso Riba) ricorderanno che siamo state una delle nove Regioni che hanno presentato delle proposte di revisione della Costituzione al Parlamento; il Piemonte è stato una delle nove Regioni antesignane che, per esempio, ha proposto sin da allora, quindi un po' capofila anche in queste cose, il Senato delle Regioni.
Ricordo ai colleghi che già nella scorsa legislatura (ma questo non intendo dire che nella scorsa legislatura si sono fatte delle cose migliori) noi ci incontrammo con l'ANCI, con l'UPI, con la Lega delle Autonomie, in sede istituzionale, in quest'aula, con le Comunità montane per istituire quella sorta di assemblea degli Enti locali insieme alla Regione; quella sorta di Parlamento degli Enti locali insieme alla Regione che in qualche modo ritorna anche nell'applicazione della normativa Bassanini.
In questa direzione c'è un documento molto elaborato, anch'esso agli atti della Presidenza del Consiglio regionale.
I documenti su questa materia che io ho continuato a leggere anche in questi tre anni, documenti elaborati dalla Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali e, in qualche modo, ripresi (ma non sempre, ed anche a questo proposito una discussione per esempio sul documento presentato dal Presidente Ghigo la dovremo pur fare), ci dicono che noi abbiamo avuto una posizione molto di primo piano all'interno delle Regioni; se però non discutiamo come organizzarci adesso, perdiamo totalmente.
Peraltro, anche nell'incontro - e concludo - che abbiamo avuto recentemente con le Province, la stessa Presidente della Provincia di Torino, in quanto coordinatrice delle Province piemontesi, non stranamente anzi molto comprensibilmente, anziché rappresentare, nella preoccupazione che il bilancio non venisse approvato, questioni di carenza di stanziamenti a bilancio per la sua Provincia, in maniera molto responsabile ci ha manifestato la sua enorme preoccupazione perché non parte l'applicazione della Bassanini.
Noi abbiamo presentato un corposo emendamento sull'attuazione delle deleghe e un corposo emendamento - invitiamo fin da adesso la Giunta a leggerlo - sull'applicazione dei Decreti Bassanini. Un'istituzione di capitolo di spesa ad hoc - - oltre a quello sulle deleghe - di ottocento milioni e l'altro di tre miliardi, proprio perché questa materia deve essere affrontata. Dobbiamo trovare, nell'arco della discussione sul bilancio, per non farne dei fatti episodici, un momento - magari concentrando anche degli emendamenti, valuti lei Presidente - per affrontare la questione e avere anche dalla Giunta delle risposte su come procedere, oltreché dai colleghi di maggioranza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Riba.



RIBA Lido

Intervengo per avanzare qualche considerazione sull'operazione del federalismo, di cui stiamo discutendo.
Dobbiamo, innanzitutto avere un'idea di Stato federale e di figura istituzionale della Regione all'interno dello Stato federale; una volta definita questa impostazione, allora le attuazioni di provvedimenti operativi possono svolgersi più rapidamente perché traducono semplicemente un'impostazione generale, un'idea di federalismo e una serie di provvedimenti.
L'Assessore Goglio non può fare un provvedimento di attuazione della Bassanini, per quanto riguarda il lavoro, se non partendo dal fatto che in un progetto di federalismo il Piemonte avrà a disposizione, nei prossimi anni, due elementi sui quali lavorare: l'autonomia per decidere e un quadro di risorse che, sulla base del progetto di federalismo fiscale, ci porterebbe ad avere - considerato che la pressione fiscale in Italia è del 43% di cui 13% dovrebbe essere trattenuto dallo Stato per le spese generali e il servizio del debito pubblico - il 32% del PIL regionale.
Non è in questo momento presente l'Assessore Burzi, per confrontarmi l'Assessore è un mago dei numeri, ha manovrato abilmente le cifre sul bilancio, sia quelle espresse che quelle nascoste. Sta arrivando in aula l'Assessore Burzi, lui potrebbe confermare all'Assessore Goglio che in regime di federalismo fiscale noi avremo a disposizione l'equivalente del 30% del PIL. Tale è la quota di pressione fiscale riservata alle Regioni il che significa esattamente quattro volte quello che abbiamo adesso quindi 40.000 miliardi all'anno.
All'interno dei 40.000 miliardi, il 10%, 12% di disoccupazione della città di Torino, della provincia di Torino - non lo Stato centrale - deve trovare soluzione da parte dell'Assessore, del Presidente, perch istituzionalmente devono risolvere questa quota nazionale di problema: questo è federalismo. Lo Stato dovrà risolvere il problema di far decollare il meridione e di creare delle condizione di omogeneità e di agibilità: Lega permettendo. Il Consigliere Bellingeri, che è persona anche lui attenta ai numeri, capisce benissimo che prima dell'autonomia padana occorre risolvere il problema dell'economia padana nella quale dobbiamo risolvere dei problemi che sono di nostra competenza.
Non si può discutere del Decreto Bassanini, dell'attuazione della delega in materia di lavoro, sapendo che fra due anni entreranno in funzione le agenzie private del lavoro, quindi tutta la riorganizzazione del relativo mercato, se non avendo affrontato un dibattito su che cosa significa il lavoro all'interno di un'idea di stato federale.
Altra cosa è il decentramento nella gestione del sistema ambientale.
Voi capite che in qualche maniera prevale la politica amministrativa rispetto alla politica strategica. Definite alcune linee - il Ministro Ronchi non lascia niente da definire - siamo di fronte ad un rovesciamento del federalismo che qualche problema di adattamento per la verità lo crea un po' a tutti. Detto questo vorrei chiedere all'Assessore competente se funziona o non funziona. Lei, Assessore, dirà di sì perché, obiettivamente ha posto in condizione di partecipare nel dovere, nella condizione reale di essere debitamente titolari di responsabilità perlomeno sei Presidenti di Province e Consorzi. Presidente Ghigo, è l'idea della Regione intesa come soggetto che deve organizzare la gestione di una quota della sovranità, non dico della sovranità nazionale. Lo ha ricordato Bagnasco un paio di volte nel suo discorso agli Stati generali, la sovranità è una questione che appartiene a diversi istituti dell'umanità e comunque a diversi istituti europei: la Comunità europea, lo Stato nazionale, la Regione. Basta, non c'è un'altra sovranità! La sovranità è quella condizione che dà titolo a costituire delle leggi attraverso le quali la sovranità si organizza e si traduce in norme. Questa è la sovranità, Presidente Ghigo. Noi facciamo una fatica improba a gestire questa Regione perché facciamo fatica ad immaginare l'esercizio della sovranità come trasferimento di questa entità di questa prerogativa degli esistenti, degli umani, dei cittadini, in una serie di norme che la attuano, la rendono concreta e la trasferiscono in una serie di linee di orientamento sul come si deve vivere, di come si deve convivere, sul come si deve produrre, sul come si deve consumare.
I Comuni e le Province non hanno quote di sovranità, è chiaro questo? Loro hanno tutta la competenza operativa che non deve più interferire con la sovranità. Questa partita è stata la rovina degli Stati sovietici certo, così come degli stati centrali democristiani in Italia. Ve ne è per tutti dal punto di vista dell'esperienza storica, sull'idea di Stato. Noi creiamo l'IRI, lo governiamo e risolviamo il problema del lavoro, ma questa questione ha significato assumere e far coesistere la sovranità - quella che deve decidere le linee - con la gestione. E' l'antitesi esatta della linea della libertà d'impresa e, se volete, l'antitesi esatta di quella che noi, democratici di sinistra, già quando eravamo comunisti in fase di riorganizzazione e di ridefinizione della nostra identità, chiamavamo l'idea della democrazia economica.
Senza idea di democrazia economica non si risolve alcuna delle grandi questioni dello sviluppo; tale assenza è alla base della non risoluzione della questione negli Stati centralisti, negli Stati autoritari, nelle dittature e nemmeno negli Stati liberali/liberisti che non l'hanno attuata per criteri di organizzazione e di suddivisione dei poteri. Ho fatto due soli esempi.
Mi rivolgo all'Assessore Botta - anche se potrei riferirmi all'Assessore Masaracchio - per porle un'altra domanda. Nella sua linea Assessore - e non è una critica, la mia, ma una constatazione - tra una grande legge urbanistica che le dà il potere di interpretare la sovranità della Regione nel governo del territorio e l'idea dei buoni-casa, lei "corre dietro" a questi ultimi, istintivamente, amministrativamente ossessivamente! E non dico che questo non vada fatto - si figuri, siamo tutti titolari di sollecitazioni, ecc. - ma dopo tre anni e mezzo di Giunta, se lei, Assessore, non ha da proporre una nuova legge urbanistica o governa secondo le idee e le condizioni di 25 anni fa - che non ci sono più - o lei non potrà affatto governare il territorio! L'esercizio della funzione assessorile che porta ad individuare un'idea di organizzazione della sovranità "non passa neanche per l'anticamera del cervello!", se non in alcuni dibattiti: Consiglio, seminari, Stati Generali. E, se volete, visto che parliamo singolarmente con voi Assessori nell'intuizione di tanti di voi - patrimonio, peraltro, non di tutti, ma di alcuni.



(Considerazioni fuori microfono dai banchi della Giunta)



RIBA Lido

Non intendevo assolutamente escludere (...)! Intendevo solo rilevare che se l'intuizione fosse così corale, probabilmente non faremmo così tanta fatica a rendere questi argomenti degni del decollare della nostra discussione.
L'opportunità di cui dispone questa nostra generazione di amministratori regionali, anche se la stiamo solennemente dissipando, è quasi pari a quella dei fondatori dell'Ente. Bisogna rifondare la Regione avere un'idea di Regione che riesca a trasferire 6/7000 miliardi ai soggetti del territorio per attuare le politiche regionali - forse anche 8/9000. Noi, invece, abbiamo bisogno di un quadro di idee e di elaborazioni intellettuali che ci dicano come collocarci.
Altra cosa voglio dire al Presidente Ghigo: nelle opportunamente frequenti Conferenze Stato-Regioni vedo prevalere nettamente un'idea di relazioni fra poteri gestionali. "Questo è dello Stato, te lo do, questo non te lo do, questo lo metto di qua, questo lo metto di là"; è anche giusto: tutto sommato, vi rapportate con i Ministri, non con il Parlamento! Gestire la sovranità è "roba" dei Parlamenti, gestire l'amministrazione è "roba" degli esecutivi.
Ecco dunque la natura del flop enorme, della discrasia, della forbice incolmabile tra ciò che dovremmo fare e le modalità di lavoro che stiamo utilizzando! Presidente Deorsola, il suo predecessore, collega Picchioni, non so se per lungimiranza o consapevolezza del limite - credo entrambe le cose visto che l'una soccorre l'altra - aveva pensato di interrogare il Piemonte, avviando un determinato processo. Se diventasse amministrativo non ne facciamo niente, a distanza di tre anni non è neanche possibile recuperarlo sic et simpliciter. Occorre capire se abbiamo la levatura passiamoci questo termine collettivamente - l'esperienza.
Tante volte, può essere un grande vantaggio, per molti colleghi, non essere mai stati in un Consiglio, ma dubito che si possano rapidamente superare tutte le tappe della formazione per poter manovrare strumenti complessi quali quelli che regolano un'assemblea regionale. Dobbiamo saperlo, questo. E né per dare voti né per criticare: chi ha esperienza chi è arrivato qui attraverso un cursus formativo non può non rendersi conto di queste cose! Delegare a semplice passaggio amministrativo l'incontrare qualche amministratore delle Province per sapere se un certo provvedimento di delega sulla montagna o sul lavoro "va bene o non va bene" è una banalità.
Il non costituire la Conferenza Regione-Autonomie locali non è elemento che preoccupa perché in qualche maniera rappresenta un dato preclusivo; non è neanche questo: è un dato di reticenza rispetto alla possibilità capacità, di mettere in rete una serie di situazioni tra di loro anche antonimiche, in contrapposizioni dialettiche, ma che formano, in qualche maniera, il sistema delle autonomie locali. Elemento dunque che coagisce tra sistema delle autonomie in senso gestionale e sistema di governo come realizzazione della nostra sovranità all'interno di un quadro in evoluzione.
Su questo argomento avremo sicuramente occasione di intervenire nuovamente - e magari la ripetizione dovrà essere oggetto di scusa da parte mia.
Carla Spagnuolo è testimone di qualche dibattito in sede di Commissione per la riforma dello Statuto, che lei presiedeva come Presidente di fatto e operativamente: in alcuni ci si interrogava su tali questioni; ci si chiedeva se questa era materia di uno dei passaggi della nostra istituzione: se questa era l'ambizione o la ragione di conflitto/confronto da parte dell'opposizione.
A me era parso di capire che vi fosse attenzione da parte della maggioranza. E questo è un fatto reale: non dico che la maggioranza, pur nella sua grande articolazione interna, non colga queste questioni. Ricordo che si diceva: "Figurati se Ghigo non capisce i problemi dell'economia essendo anche uomo d'impresa!" Non è questo il punto! Dobbiamo creare un'operatività complessiva! Sicuramente, anche la Ferrari ha capito bene come si fanno le macchine da corsa, soltanto che la Mac Laren le passa sempre davanti: una volta sono gli uni, una volta sono gli altri, e loro non vincono mai, eppure hanno tutto ciò che serve! (Mi sono permesso una digressione su quella che è una mia passione: le corse automobilistiche.
Altri guardano la Juventus, io, essendo del Toro...) Presidente Deorsola, le chiederemo, come opposizione, anche in sede più diretta, la ricostituzione della Commissione per la riforma dello Statuto per aver quanto meno una sede che faccia da soggetto promotore di questo tipo di dibattito. Dopodiché, vi sarà la Commissione in seno alla quale si dovranno discutere, nel merito, tutte le deleghe, tutte le partite istituzionali.
Una sede politico-istituzionale che faccia da elemento di collaborazione al Consiglio per individuare temi e modalità della relativa proposizione ai fini del dibattito è questione che ci sta mancando da un po' di mesi, da un po' di tempo. Rischiamo, obiettivamente, di essere subalterni, remissivi e, tutto sommato, destituiti di funzione nel momento in cui, invece, lo spazio per tale propositiva funzione delle Regioni è assolutamente ampio, anche in termini di utilizzazione degli strumenti di nostra competenza: documenti, dibattiti, proposte al Parlamento, ecc.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montabone.



MONTABONE Renato

Riferendomi prima a quelle che sono le esigenze delle varie Regioni diverse una dall'altra, avevo accennato all'esigenza della Regione Emilia Romagna rispetto ai Co.Re.Co. Adesso, leggendo attentamente questo documento, mi sono chiesto chi sia questo Assessore Mariucci che ci ha inviato questo fax, perché probabilmente le stesse...



RIBA Lido

E' un pidiessino ulivista.



MONTABONE Renato

Ah, è un pidiessino ulivista, Assessore dell'Emilia Romagna.
Allora, partendo dal presupposto che ciascuna Regione ha esigenze diverse dalle altre, io immagino che questo documento possa andare bene nella logica dell'Emilia Romagna, ma continuo a dire che forse per il Piemonte questo documento è tutto un controsenso.
E' un controsenso perché là dove si richiamano i principi che dovrebbero basare la riforma costituzionale e si parla del Senato Federale e si dice che il Senato Federale dovrebbe essere la rappresentanza dei territori, io mi chiedo oggi: non sono rappresentanti fin troppo dei territori, non badando all'interesse di carattere generale, i senatori e i deputati che sono stati eletti col sistema maggioritario e che più di ieri avendo un campo ristretto, possono portare avanti soluzioni clientelari ancora più ristrette di prima? Non sono forse rappresentanti di territori molto schiacciati nella loro funzione? E questo essere rappresentanti dei territori non fa forse perdere di vista quelle che sono le logiche più generali delle leggi di ampio respiro che dovrebbe avere il Parlamento nazionale? E subito dopo, passando alla riforma delle Regioni, vedo che vi sarebbero impostati, per quanto riguarda i Consigli regionali, dei governi unitari - l'ho già detto in un altro intervento - delle dimensioni regionali con dei rappresentanti delle autonomie locali e successivamente ancora eletti con un sistema maggioritario.
Ora, io non so se ci si può tirar fuori o se ci si deve metter dentro rispetto alla rappresentanza, per parlare di noi, del territorio che ciascuno di noi ha. Ma non mi sembra che Lido Riba, quando si parla delle questioni tipicamente del suo Cuneese si tiri fuori dall'essere rappresentante della Regione. Non mi sembra che la collega Cotto quando si parla - lo dico in positivo - della sua Asti si tiri fuori rispetto all'essere rappresentante dei territori. Allora, quando noi diciamo che devono essere rappresentanti dei territori e le autonomie locali in un Consiglio regionale, cosa diciamo: che i territori li possono rappresentare soltanto più i sindaci, e neanche più i Consigli comunali che non contano niente, di queste città? O la rappresentanza del territorio la possiamo avere anche noi guardando da un livello leggermente superiore per l'interesse non solo di quella parte, ma di tutto il Piemonte? Credo che queste cose le dovrò chiedere all'Assessore Mariucci perch in questo momento non ottengo delle risposte. Per la verità non mi stupisco; adesso che sono in minoranza credevo di ottenere più risposte di prima, quando ero in maggioranza. Ma il sistema non è cambiato: il Presidente della Giunta si alza adesso dai banchi, come prima quando ero Consigliere di maggioranza.
Questo non è un problema, vuol dire che adesso io, esauriti questi cinque minuti, mi appresto a presentare un altro sub-emendamento per potermi fare ascoltare dal Presidente della Giunta, perché così la prossima volta che andrà alla Conferenza Stato-Regioni non porterà solo le istanze dell'Assessore Mariucci dell'Emilia Romagna, ma porterà forse, in particolare, anche le istanze un pochino mie!



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Saitta.



SAITTA Antonino

Intervengo per una breve precisazione in merito all'intervento del collega Riba. Il collega Riba, nella sua foga oratoria, anche per suscitare credo - l'attenzione da parte dell'aula, ha fatto un raffronto che secondo me è inopportuno (gliel'ho già detto prima, glielo ripeto ora ufficialmente) tra Stato sovietico e Stato democristiano. Io credo che questa sia una semplificazione dovuta alla foga oratoria che non corrisponde alla realtà.
Non è che io mi senta chiamato in causa particolarmente, ma dico che questa semplificazione in qualche maniera conferma alcune opinioni che vengono date della storia recente, un certo revisionismo che si piega più alla tattica politica recente. Non era questa l'intenzione del collega Riba e dico questo perché è opportuno che quando si sentono queste semplificazioni io credo che alcune scelte di fondo compiute negli anni passati che hanno permesso anche l'evoluzione di tanti partiti, dalla destra alla sinistra, rappresentino un fatto importante, quindi paragonarlo allo Stato sovietico mi sembra una forzatura antistorica.



PRESIDENTE

La ringrazio per la puntualizzazione.
Ha ora la parola il Consigliere Angeleri.



ANGELERI Antonello

Solo per uniformarmi totalmente all'intervento del Consigliere Saitta.



PRESIDENTE

La ringrazio anche per la concisione dell'intervento.
Astraendomi per un attimo dal mio ruolo attuale di Presidente del Consiglio, devo dire che concordo con le puntualizzazioni testé svolte.
Non essendovi altre richieste di parola in discussione generale passiamo alle dichiarazioni di voto.
La parola al Consigliere Picchioni.



PICCHIONI Rolando

Essendo un firmatario dell'emendamento, che ha un valore nel senso non risolutivo della posta che abbiamo indicato, ma un valore nel senso emblematico della proposta che abbiamo formulato, vorrei anch'io richiamare il Presidente e la sua attenzione. Il fatto stesso che lei ci abbia mandato un fax a firma dell'Assessore Mariucci significa che anche formalmente questa Giunta non ritiene di accompagnare questo fax con delle note che possono essere di piena adesione, di limitato consenso, di incontrastato dissenso. Quasi che ci fosse una volontà generale che permea lei e tutti gli altri e non ci potesse - in nessun modo, in nessuna situazione - essere un rapporto dialettico all'interno della Conferenza dei Presidenti per dare delle indicazioni di ordine diverso.
E' già stato ricordato che la situazione dell'Emilia Romagna è completamente diversa dalla nostra ed è una situazione completamente diversa in riferimento ad esempio alla Provincia metropolitana. Mentre in Piemonte diventa problematica per tutta la difficoltà di agglomerare attorno alla città di Torino una provincia oppure di sezionarla nella prima e nella seconda cintura oppure nella zona del Pinerolese o in quella dell'Eporediese, in Emilia-Romagna il problema della Provincia metropolitana è completamente diverso.
Dico questo perché il problema stesso dell'aggregazione dei referendum Consigliere Bellingeri, non riguarda solamente il federalismo oppure il problema fiscale, ma anche l'odierna complessità di organizzazione territoriale. Se, per esempio, nei Comuni del Cuneese - mi pare sia stato ricordato stamani - si è dimostrata la necessità di un'aggregazione dei piccoli Comuni e se, per esempio, nei Comuni, sempre del Cuneese, è necessario portare avanti il discorso della cosiddetta "Provincia azzurra" questi referendum abrogativi fanno sì che oggi esista una problematicità tale per cui non si può assolutamente conoscere a priori quali siano le formule o le forme attraverso le quali il territorio e la rappresentanza politica del territorio si organizza. Questo è un discorso aperto. Quando questa mattina il Consigliere Cavaliere parlando dei biotopi ha fatto riferimento alle regioni naturalisticamente omogenee (oggi l'Occitania è una parte del Piemonte, ma è anche una parte della Francia, e la questione non riguarda solamente questi due Paesi, ma anche l'Occitania nel suo complesso) ha voluto dimostrare che i confini geopolitici di una volta sanciti forse nel 1815 durante il congresso di Vienna, sono caduti. Sono caduti non in termini geopolitici, ma in virtù dell'evoluzione storica. Il Consigliere Riba ha detto una cosa molto interessante: oggi, qual è il concetto di territorio, di sovranità? Tutto viene messo in discussione perché la globalizzazione non ci porta solamente all'informazione in tempo reale, ma sconquassi e devastazioni in tempo reale, magari per quel che pu succedere in Medio Oriente o alla Borsa di New York, come pure alla considerazione che i tradizionali confini che una volta erano le sacre porte del Paese, della patria, ecc., oggi sono assolutamente vanificate.
Quando si parla di questi argomenti, è evidente che il discorso non può non coinvolgere totalmente anche la lettura di uno Statuto, che non deve essere svolta ripetendo pedissequamente le istanze e le urgenze del 1970. Allora si diceva, per esempio, che il Piemonte avrebbe dovuto essere il grande bonificatore del Sud, oppure una di quelle regioni chiamate a redimere come la grande proletaria, le terre meno fortunate. Oggi, invece, è tutto diverso, anche se il problema del Sud ritorna pesantemente, non solamente per volontà della Lega, ma anche per le vicende nazionali.
Credo allora che queste discussioni, sollevate incidentalmente - questa è veramente una questione incidentale - attraverso un piccolo emendamento di L. 1.000.000, abbiano portato alla nostra attenzione dei problemi di estrema gravità. Non voglio dire che siano devastanti, ma comportano certamente maggiori difficoltà per una rilettura complessiva dei problemi della nostra regione.
Se questo bilancio, al di là del suo approdo definitivo, potesse mai essere un punto di passaggio per un esame che venga ripreso e riproposto in altre occasioni e su altri temi, io vorrei però che - al di là del Consigliere Gallarini - la maggioranza dicesse qualcosa. La maggioranza non può essere muta e sorda in questo Consiglio, perché quando noi ci richiamiamo ai valori democratici e moderati della maggioranza, ci richiamiamo ad una cultura politica che è stata anche all'origine, per esempio, della presenza dei cattolici del nostro Paese, recuperando, ad esempio, la concezione sturziana della politica. Ma dov'è la maggioranza oggi? Chi parla a nome vostro? Chi dice qualcosa? Chi aggiorna quello che può essere il codice politico e programmatico di questo Paese, in questo momento, in questa Regione, sulla base di una storia che non potete dire di non avere letto? Una storia che è stata la parte portante dei quarant'anni di storia della nostra Repubblica.
Se questo è un discorso che dobbiamo fare, perché ci sono certamente mille e più emendamenti, ma finora forse perché l'incipit è stato quello di arrivare attraverso piccole cose e piccoli fatti a discussioni di ordine generale, credo che questo è forse un modo per avvicinare le distanze, per trovare compatibilità politiche, per superare le barriere, ma basta con il silenzio, facendo finta di non capire o tacendo, facendo finta di sapere non è con il silenzio che si corrobora la validità, la visibilità e la portata di un'assemblea. Per questo credo che i grandi Gruppi di centro che sono stati testimoni, non solamente di un lontano passato, ma anche recente, con le vicissitudini che possono avere attraversato, devono dare l'apporto del loro giudizio politico, pari alla loro presenza politica.
Solo in questo modo lei, Presidente, può essere legittimato moralmente politicamente e culturalmente a governare, perché in questo modo saprebbe di non essere solamente l'ombra di un governo che rappresenta, ma anche di un governo che ha una sostanza, che ha espresso certamente delle voci isolate - lo voglio ripetere ancora qui, con il Consigliere Gallarini - ma che però è accompagnato da un coro di silenzio, che certamente non aiuta a comprendere le posizioni che emergono in questo Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta, Ghigo.



GHIGO Enzo, Presidente della Giunta regionale

Credo che il dibattito di oggi pomeriggio, dietro il pretesto dell'emendamento, perché così possiamo obiettivamente definirlo, in relazione alla sua quantificazione, abbia portato ad alcune riflessioni.
Riflessioni di grandissima importanza, perché io non nascondo di non poter rimanere insensibile alle sollecitazioni provenienti da più parti, da parte della maggioranza e dell'opposizione, ma nel caso specifico maggiormente da parte dell'opposizione, in relazione al fatto contingente che stiamo discutendo un bilancio e che la maggioranza si allinea alla posizione della Giunta. Posso garantire che nell'ambito della maggioranza l'argomento è discusso e valutato e questa fase costituente - mi permetto di chiamarla in questi termini - che le Regioni stanno vivendo è un momento nei confronti del quale dovrebbe esserci - questo è il mio auspicio - la disponibilità da parte di tutti alla partecipazione. D'altro canto, non nascondo che quello dell'attuazione dei decreti Bassanini è un problema che sento e che sto discutendo con la mia maggioranza per poter definire una proposta all'interno di quest'aula, che veda necessariamente un coinvolgimento del Consiglio.
Per quel poco di esperienza che mi sono fatto in questi tre anni, non ho il minimo dubbio che un percorso costituente di questa portata non pu che essere fatto con un coinvolgimento globale dell'assemblea regionale perché è una partita - scusate questo termine - di grande rilevanza.
Tutte le considerazioni sul territorio e sull'autorevolezza della Regione, nonché i temi e le competenze che la Regione dovrà sviluppare nell'ambito di questa nuova configurazione, evidenziano, nel momento in cui passano dalla teoria alla pratica - permettetemi questa considerazione cioè alla discussione e al confronto con le Province, i Comuni e le Comunità montane, nostri interlocutori sul territorio, oggettive e complesse difficoltà di gestione.
D'altro canto, il progetto di inserimento della Conferenza delle autonomie locali è un progetto che sta nell'ambito di una proposta che la Giunta formalizzerà in una sua seduta stasera e che verrà evidentemente poi discusso nelle sedi competenti, perché diversamente l'attuazione di questo processo credo non sia sufficiente. Questo è un passaggio che viene anche da esperienze fatte da altre Regioni, ma sicuramente questa non è la soluzione al percorso.
Il percorso richiede una soluzione diversa, richiede un approfondimento e un dibattito articolato e vasto all'interno di quest'aula, che poi lo si voglia fare in una Commissione ristretta, che lo si voglia fare nella Commissione competente che già esiste, che lo si voglia fare nell'assemblea questo sicuramente decideremo come farlo, ma quello che voglio dire in maniera chiara e forte è che non ho mai avuto il minimo dubbio che questo dibattito non dovesse essere fatto con il coinvolgimento complessivo di tutto il Consiglio.
Perciò, anche per rispondere all'On. Picchioni, nel senso che le sue sollecitazioni, le sue preoccupazioni, i suoi approfondimenti, le sue considerazioni di tipo culturale in relazione alle scelte che si devono assumere non possono che vedere da parte mia una disponibilità e una volontà di raccogliere suggerimenti, perché una fase costituente come quella che le Regioni si accingono a realizzare non può che essere fatta con il contributo di tutti. Non può essere diversamente.
Permettetemi solo una considerazione di servizio, ma non vuole essere polemica, vuole essere solo un chiarimento sul documento che è stato poi attribuito all'Assessore Mariucci. L'Assessore Mariucci, oltre a essere l'Assessore della Regione Emilia-Romagna per gli Affari costituzionali, è il capofila, nell'ambito del CINSEDO degli Affari istituzionali, un po' come il Piemonte lo è per l'ambiente; per gli Affari istituzionali lo è la Regione Emilia e l'Assessore Mariucci avendo quel ruolo ha il mandato da parte del CINSEDO "di". Il motivo per cui questo documento riporta il numero di fax dell'Assessore Mariucci è semplicemente dovuto al fatto che questo documento, che è stato ufficialmente distribuito il giorno 25 marzo al Convegno Stati generali per il federalismo, per gentilezza l'Assessore Mariucci me l'ha mandato la sera prima alla mia sede. La copia che io sempre per mettere il più possibile a conoscenza l'assemblea di temi così importanti, ho veicolato il giorno dopo, era quella che avevo in borsa cioè quella della sera prima che riportava il nome di Mariucci. Sono dettagli, però ci tenevo a precisarlo, le tesi che questi documenti riportano sono tesi che sono state assunte da comuni, province e Regioni nell'ambito del dibattito. Assunte. Non vi nascondo che nelle stesse sedi istituzionali di associazione di comuni, di Province, di comunità montane e di Regioni il documento comincia a raccogliere emendamenti, nel senso che evidentemente come del resto è emerso nel dibattito in quest'aula, ci sono delle considerazioni e degli aspetti che vanno approfonditi.
Io stesso ascoltando considerazioni fatte in quest'aula che condivido credo che potrò, nella sede opportuna, portare alcune osservazioni che possano migliorare il documento stesso, ma ripeto questo percorso costituente non può che avvenire nell'unica direzione che è quella del coinvolgimento dell'assemblea.



PRESIDENTE

Se le dichiarazioni del Presidente Ghigo hanno determinato un diverso avviso da parte dell'on. Picchioni, che può intervenire per rettificare.



PICCHIONI Rolando

Ringrazio solo il Presidente per la tempestività della sua risposta e per quanto concerne la questione Mariucci - trenta secondi per rubare un po' di tempo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Riba per dichiarazione di voto.



RIBA Lido

La mia sarà una dichiarazione di voto breve perché non voglio riprendere gli argomenti che abbiamo già preso in considerazione. Direi che siamo d'accordo al sub emendamento all'emendamento, ma vorrei aggiungere un'altra cosa, sollecitato dalle aperture del Presidente Ghigo, che apprezzo su questo punto.
Io dico di più, Presidente Ghigo, in questo quadro. Sottolineo l'urgenza, perché noi abbiamo già preso atto, anche parlandone stamattina che non ci saranno i tempi per fare un'altra legge elettorale per le Regioni, che non ci sarà il tempo per vedere una grande riforma prima della tornata del duemila e questo nel bene o nel male vuol dire che l'assetto almeno quello di cui disponiamo, è un assetto che si modificherà e si evolverà lentamente ancorché io non consideri questo un assetto ottimale nel modo più assoluto. Non c'è una sufficiente quota di rappresentatività dei territori non essendo garantita l'elezione per ogni territorio del numero dei Consiglieri che sono assegnati.
E' una questione che andrebbe nel merito di altro. Mentre invece sempre rimanendo a questo concetto di federalismo, laddove abbiamo insistito sulla necessità della Conferenza Regione-autonomie locali che a seconda di come la costituiamo deve già diventare un'anticipazione di un'idea - è solitaria la mia opinione in materia, ma la abbandonerò quando ne sarò convinto - che noi dobbiamo immaginare un sistema di governo di assemblea regionale con una forte aggregazione delle autonomie locali altrimenti non esiste quel tipo di dialogo che riteniamo necessario per non incorrere in ipotesi di neocentralismo.
Voglio ancora fare un'anticipazione e su questo chiudo. Non bastano le autonomie, cioè non basta il sistema istituzionale, ci vuole anche il sistema partecipativo dei soggetti che in qualche maniera hanno delle grandi responsabilità nell'organizzazione, nella direzione, nella gestione dei processi che riguardano direttamente i destini dell'economia e i destini del Piemonte. Non è neanche un richiamo polemico, è una battuta a questo punto: quando Berlusconi ebbe a dire, e con questo naturalmente circonvenendo la fantasia e anche la fiducia di molta brava gente che non ragiona di economia ma di emozioni sì, che "Non ci vuole niente per far un milione di posti di lavoro e più in Italia, basta che ogni impresa assuma in dipendente", con questa economia nasometrica di cui Berlusconi si serviva intenzionalmente, sapeva di mentire; a suo tempo era già stato accusato il Ministro Goria di nasometria, e forse non era così approssimativo come Berlusconi, in ogni caso aveva lo svantaggio di venire dal Monferrato, di cui era stato definito il bel tenebroso in un articolo di Pansa, sempre molto pungente.
Avrebbe potuto dire, se i dati che fornisce Bellingeri sono giusti, se ci sono 200.000 miliardi di investimenti netti in posti che siano ad alta redditività di forza lavoro impiegata, potremo forse fare mezzo milione di posti di lavoro in più, se non ci sono 2.000 miliardi netti di impieghi in più non faremmo proprio niente.
Magari in una propaganda televisiva si poteva dire così, qui bisogna dirlo diversamente. Lei, per esempio, annovera tra gli amici imprenditori dello schieramento (peraltro non è mio nemico assolutamente) l'On. Miroglio che è riuscito nel giro di pochissimo tempo a togliere 3.000 posti di lavoro nei territori in cui agisce direttamente. Naturalmente io ho fatto un esempio periferico per non parlare di Torino, di nomi grossi ai quali mi accosto con la timidezza che deve essermi consentita essendo io cuneese e pertanto assolutamente riverente rispetto ai grandi fenomeni, però io vorrei che si capisse da adesso, non fra due anni, come intendiamo aprire un discorso con l'economia, con i settori produttivi, con le organizzazioni del lavoro. Dobbiamo fare subito delle proposte e chiudo con questa richiesta, Presidente Ghigo.
Il Segretario generale regionale della CGIL, Pietro Marcenaro, ha proposto che Torino sia una capitale tecnologica, un distretto tecnologico industriale dell'auto, così come Detroit, Stoccarda, ecc. Si può essere d'accordo o non d'accordo, ma è comunque un'idea.
Insieme al collega Marengo e ad altri compagni del mio Gruppo abbiamo richiamato costantemente nei nostri interventi di ordine generale sul bilancio il problema di una congruità di un'impostazione finanziaria dell'ordine di 11 mila miliardi di spese per attenere, in qualche maniera a degli obiettivi che abbiano una forte connessione con la domanda sociale con le domande occupazionali e con le domande reali del Piemonte.
Ne ho citata una sola, per dire che c'è un federalismo di tipo aperto di tipo assolutamente pragmatico che richiede di rendere partecipe di questo tipo di processo tutta la comunità e tutta la collettività piemontese, proprio quella che sta dicendo che questa Giunta non è più all'altezza dei compiti, proprio quella che sta dicendo che la Regione oramai, sta diventando un soggetto particolarmente afono nel confronto, nel conflitto e nella discussione di ordine generale.
Ho posto tali questioni nel momento in cui mi è stato consentito di farlo, sperando che ciò non venga considerato né in termini polemici n ostruzionistici: si cerca di evidenziare i problemi significativi dove si può e dove ci sono le occasioni, dove c'è un minimo di ascolto.
Prima di voltare pagina rispetto alla discussione sul bilancio, che anch'io auspico si concluda al più presto possibile per potersi dedicare ad altre urgenti ed impellenti questioni che riguardano l'intero Piemonte scopriamo di avere 60 miliardi in più da utilizzare (e quindi non voltiamo la pagina).
Si poteva scoprirlo anche due mesi fa, e ciò avrebbe significato che si intendeva fare un bilancio più onesto e trasparente, non un bilancio burocratico ed amministrativo.
Come vede, sono tante le questioni sul tappeto che non vengono affrontate, che bisogna mettere in fila e di cui bisogna occuparsi, se vogliamo decidere come governiamo la Regione quest'anno.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Presidente della Giunta regionale; prego.



GHIGO Enzo, Presidente della Giunta regionale

Risponderò ad alcune considerazioni più serie - mi passi il termine di quelle fatte dal Consigliere Riba; devo però dire che quella sul milione di posti di lavoro promesso dall'on. Berlusconi quasi non la sentivo più in giro.
Consigliere Riba, se non fosse per una questione di gusto, forse potrei citare anch'io alcune promesse elettorali che poi non sono state mantenute: ce n'è per tutti, nel senso che è una strada nella quale è meglio non addentrarsi (naturalmente sto scherzando).
Per quanto concerne invece le altre considerazioni sulla Camera della autonomie, o come decideremo di definirla o di identificarla, nel disegno di legge del quale avrete modo di prendere conoscenza quando la Giunta l'avrà deliberato (faccio un'anticipazione e con questo non credo di scavalcare i percorsi istituzionali), oltre ai rappresentanti degli Enti locali, è prevista una configurazione del tessuto produttivo che possa rappresentare, nell'ambito di quell'assemblea, certe istanze e valutazioni.
E' una considerazione che ci tenevo a trasferirle, perché lo ritengo opportuno.
Venerdì scorso - poiché lei lo ha citato - ho avuto un incontro con il Segretario regionale della CGIL, Marcenaro, insieme agli altri rappresentanti della triplice a livello regionale, un incontro venerdì, il quale, tra le altre cose, ha espresso quest'idea assolutamente condivisibile del distretto dell'automobile.
D'altro canto, io stesso ho sempre detto che noi possiamo pensare a diversificare il tessuto produttivo della nostra Regione con il turismo culturale, il turismo religioso e l'enogastronomia, ma che comunque il nocciolo duro dell'economia della nostra Regione non può che essere l'industria meccanica e quella dell'automobile. Forse, nell'ambito della globalizzazione dei mercati, non più intesa come produzione, ma sicuramente come progettazione, come articolazione; ma queste sono cose che lei conosce molto bene e meglio di me.
Come dicevo, in quell'incontro si è parlato anche di un confronto per quanto concerne l'aspetto del Piano di sviluppo che, come voi sapete presenteremo nei tempi che ci siamo impegnati a rispettare; il Piano di sviluppo ha, al suo interno, tutti questi elementi di identificazione e di sviluppo del territorio, in relazione a certi impegni.
Per quanto concerne le ultime considerazioni che lei faceva sul bilancio, le cose che dovevo dire sul bilancio le ho dette in più occasioni, e non ho cambiato opinione. Questo è un dibattito sul quale c'è un certo percorso che potrà - mi auguro - portare a delle convergenze e d'altro canto, non c'è mai stata rigidità in questo senso.
Quello che ritengo opportuno - immaginando un percorso, se questo bilancio sarà approvato, come mi auguro - è che quello che è stato detto nel dibattito di oggi pomeriggio, quello che io stesso ho detto nel mio intervento, debba essere il primo appuntamento immediatamente dopo, se questo bilancio verrà approvato.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Picchioni; ne ha facoltà.



PICCHIONI Rolando

Non è stato detto se l'accoglie o se lo respinge.



PRESIDENTE

A me pare che il senso fosse chiaro, ma forse è meglio che formalizzi con dichiarazione espressa.
La parola all'Assessore Burzi.



BURZI Angelo, Assessore al bilancio

Anche a me era parso che fosse esplicito, ma è corretto riprendere il ragionamento, sia riprendendo quello che ha detto adesso il Presidente sia i discorsi fatti attorno a questo e agli altri emendamenti sullo stesso argomento.
Su questo emendamento la Giunta è contraria, non volendone raccogliere il significato simbolico, raccogliendone invece l'impegno tutt'altro che simbolico a procedere nel senso verso il quale il Consiglio regionale, in buona parte del dibattito, ha orientato gli impegni della Giunta.



PRESIDENTE

Indìco dunque la votazione nominale, mediante procedimento elettronico sull'emendamento sub6).
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 47 hanno risposto SI' 18 Consiglieri hanno risposto NO 29 Consiglieri L'emendamento è respinto.
Emendamento presentato dai Consiglieri Rosso, Dutto e Bellingeri: 6) "Il cap. 10080 'Spese per l'esercizio dell'iniziativa popolare nonch per lo svolgimento di referendum popolari' (art. 40 della legge regionale 16 gennaio 1973, n. 4) è incrementato di Lit. 30.000.000 (trentamilioni).
Al suo finanziamento si provvede con la riduzione dal cap. 11590 per una somma di pari ammontare".
La parola al Consigliere Saitta.



SAITTA Antonino

Intervengo per sottolineare una sorta di doppia personalità da parte della Giunta su questi temi. Non voglio fare il presuntuoso, mi limito a registrare la posizione del Presidente Ghigo che ha seguito il confronto il dibattito e poi ha concluso l'intervento indicando anche un metodo che permetta di affrontare una questione in qualche maniera connessa all'emendamento che ha sollevato un problema; poi c'è il comportamento dell'Assessore Burzi che dice "no, non si può, non possiamo". Per cui gli sforzi notevoli che lei, Presidente, fa per interloquire su questi temi con l'assemblea vengono vanificati da una posizione dell'Assessore Burzi che come è già successo per esempio per la questione della formazione professionale, continua ad adottare un metodo che non capisco sul piano politico a quale logica corrisponda: fare un passo indietro rispetto al mezzo passo che lei fa in avanti, soprattutto nei rapporti all'interno del dibattito. Presidente, siccome il dibattito lo abbiamo impostato affrontando nodi importanti, credo che il comportamento che la Giunta assume concretamente, non soltanto nelle dichiarazioni, ma negli effetti che provoca nel bilancio, se non è coerente con le dichiarazioni, non è un atteggiamento di apertura. Le parole del Presidente "e nella strada consueta farò il rimpasto, dopo l'approvazione del bilancio, faremo l'assestamento...", vi rendete conto che questa non è la strada dell'incontro! Questa è la strada di un gioco che non riesco a capire. Che cosa dobbiamo fare? Sottolineare che l'Assessore Burzi ha sempre delle posizioni difformi rispetto alla sua Giunta, e in modo particolare rispetto al Presidente? Credo che il Presidente abbia indicato un metodo e delle risposte precise che devono trovare effetto qui. Se non hanno effetto sul bilancio e il dibattito viene ritenuto una modalità per consentire uno sfogo a dei Consiglieri che non hanno avuto finora l'occasione di dibattere questioni di carattere politico, i Consiglieri finiranno per stancarsi. Il bilancio è una cosa, ma le questioni politiche sono altre. Credo ci sia un grandissimo errore di valutazione; o le questioni, sulle quali c'è un minimo di consenso, hanno un effetto immediato sul bilancio, altrimenti credo che le posizioni non solo restano distanti, ma si divaricheranno sempre di più.
Spero che l'Assessore Burzi si renda conto di questo, anche se continua a mettere tra i piedi delle zeppe enormi nel confronto che in certi momenti si è rilevato di estrema positività, soprattutto quando il Presidente ha avuto la forza di esprimere opinioni e fare un richiamo complessivo a tutta l'assemblea.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Spagnuolo.



SPAGNUOLO Carla

Il nostro Gruppo, dopo l'intervento del Presidente della Giunta peraltro articolato in due fasi, non riteneva di intervenire - pur essendo già intervenuto sia sulla materia sia sull'emendamento - in quanto ci era sembrato di cogliere, da parte del Presidente, l'espressione di un intervento corretto e di apertura nei confronti dell'aula.
Tutto sommato il Presidente della Giunta ci dice che si sta esaminando la problematica; la Giunta presenterà un testo. Visto che la materia è complessa, lo stesso Presidente, dice che non può essere soltanto materia della Giunta, ma dovrà essere discussa tra Giunta e Consiglio. Pertanto ci è sembrato, tutto sommato, un approccio corretto verso una materia così complessa. Quindi non siamo intervenuti successivamente, esprimiamo adesso una qualche soddisfazione per il modo con cui la materia, da un punto di vista teorico, è stata trattata. Ripeto, non siamo intervenuti prima. A questo punto però, ha fatto bene il collega Picchioni a chiedere la posizione esplicita dell'Assessore Burzi. Devo dire che quando l'Assessore Burzi è arrivato e ha detto "dopo l'intervento del Presidente della Giunta ci rendiamo conto che..." sinceramente, pensavo - come tutti gli altri colleghi - che l'Assessore Burzi dicesse che seguiva la linea dell'emendamento proposto. Il fatto che l'Assessore Burzi dica no all'emendamento ci pone di fronte ad un atteggiamento di rigidità che non comprendiamo. Se l'atteggiamento di scelta della Giunta è l'atteggiamento che è stato proposto dal Presidente della Giunta allora l'Assessore Burzi avrebbe dovuto dare un altro tipo di risposta. E' vero che si tratta di un emendamento "piccolo" se così vogliamo definirlo, però il dibattito è stato un dibattito ampio, peraltro opportuno e richiesto. Dibattito molto complesso, lungo, stanco, comprendo benissimo che ogni tanto l'attenzione cali e quindi è possibile che in questo momento il Presidente della Giunta non abbia seguito il nostro intervento, ma non è un problema, in sostanza perché gli verrà riferito, però noi siamo sconcertati dalla differenza di porsi di un Assessore, peraltro dell'Assessore competente in materia di bilancio, rispetto a quello che ha sostenuto e al modo con il quale si è posto il Presidente della Giunta che io ho ringraziato perché era un modo corretto di rapportarsi al Consiglio.
Ma - ripeto - non è un problema, non è questo il punto, ci rendiamo perfettamente conto che ogni tanto ci sono anche delle sollecitazioni esterne all'aula, però ciò che permane come dato politico è la forte differenza di approccio politico che noi continuiamo a registrare da parte dell'Assessore competente. E in questo caso su un emendamento che è emblematico, ma che riguarda una partita grandissima! Io non ho ritenuto di chiedere subito di intervenire per dichiarazione di voto, ma non si può non far notare questo, a commento anche direi corretto dal punto di vista della gestione del Presidente del Consiglio perché il nostro commento, quello mio e del collega Saitta, si attesta in fondo sulla comunicazione che il Presidente della Giunta ha voluto dare all'aula perché si è espresso su un documento che egli ci ha consegnato e su un disegno di legge che è in itinere.
Però la questione politica della difformità su un tema determinante con cui si rapportano all'aula l'Assessore al bilancio su questo tema e il Presidente della Giunta regionale è talmente clamorosa che non potevamo non metterla in evidenza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, dovessi esprimere un desiderio impossibile a realizzarsi, io vorrei dare la parola al Presidente Ghigo più che chiederla.
Ma visto che il Presidente Ghigo ostinatamente si rifiuta di affrontare il vero problema che ci sta di fronte, che è quello della crisi politica della sua Giunta, allora chiedo la parola per risollecitare una nuova volta il Presidente Ghigo, in piena responsabilità, a prendere atto che le posizioni da lui espresse oggi - ed è già successo altre volte - su tema importante e fondamentale non sono seguite dall'Assessore Burzi, tra gli altri competente, diciamo così: tra gli altri competente in modo specifico sul bilancio che dovrebbe accogliere o meno delle proposte di allocazione delle risorse, capaci di sostenere dei problemi politici.
La scorsa volta al Presidente Ghigo io ho rivolto un ragionamento. Sono molto preoccupato di come stiamo procedendo; a mio modo di vedere se qualcuno ci guardasse dall'alto penserebbe che siamo tutti matti a continuare a condurre una discussione che non prende in considerazione il cuore del problema. Sono un po' esterrefatto che non si risponda di fronte ad argomentazioni portate dall'opposizione ormai da tempo ed anche in questi giorni, ricche di contenuti. Vi rendete conto che non abbiamo fatto alcun ostruzionismo, abbiamo sviluppato dei ragionamenti su emendamenti sempre diversi uno dall'altro, a volte non abbiamo nemmeno parlato tutti.
Allora, a fronte di una evidente crisi politica, a fronte di argomenti che vengono presentati, io parlo del Presidente Ghigo perché ubi major...
Ma anche gli altri, perché non possono certo tirarsi fuori, il Presidente Ghigo fa finta di niente e ancora adesso, quando da un parte dell'opposizione vengono delle proposte alle quali il Presidente Ghigo dice: "Certo, è un problema da affrontare", di fronte ad altro tono e altra risposta non dà un vagito; un vagito almeno! Perché adesso e magari per parecchio tempo da qui a venire lei si troverà di fronte a questo problema! E fino a che questo problema della verifica della sua maggioranza, della sua consistenza relativamente a dei programmi, perché non si tratta solo Presidente Ghigo, di verificare la sua consistenza numerica, perché quella l'abbiamo già verificata più volte, quella c'è, ma in politica bisogna presentarsi in queste aule con due consistenze: una numerica, l'altra politica! E la consistenza politica è quella più importante, è quella sulla quale si riconosce una coesione e l'esistenza di un progetto politico. Da qualche tempo a questa parte noi non vediamo più questa maggioranza politica! Sino a che noi non vediamo questa maggioranza politica, lei capisce che tutti i motivi di contrasto sia politico per richiedere piena responsabilità di chi governa, sia di merito con le nostre proposte continuerà a essere esercitato con pienezza da parte di tutta l'opposizione.
Allora, di fronte a questo fatto, vuole Presidente Ghigo assumere lei una iniziativa? L'unica iniziativa capace di rimettere a zero questa situazione, di verificare se esiste una maggioranza diversa da questa e per quali contenuti, iniziando lei questo percorso e non subendolo! Iniziandolo, perché o lei dice "non mi interessa che il Piemonte resti senza un bilancio", ma questo sarebbe stupefacente; se lei viceversa, come spero, ritiene importante giungere all'approvazione di questo bilancio non può pensare questa approvazione possa giungere con la richiesta che lei ha fatto, piena di ottimismo: "Spero che venga approvato e ne sono convinto".
Non basta quello! Bisogna avere delle iniziative politiche, Presidente! Sono queste che mancano adesso e proseguiamo un dibattito in cui noi continueremo - per tutto il tempo che lei vorrà, Presidente Ghigo - a discutere le proposte di un progetto di cui l'opposizione, non sempre coincidente, ma a volte coincidente anche in modo largo, è portatrice. Noi non possiamo rinunciare a questo ruolo politico perché lei è in crisi e non lo vuole ammettere! Ed è in crisi un passo sì, un passo no! Non la preoccupa questo fatto? Che si trova dinanzi a una crisi, a delle proposte dell'opposizione che possono essere risolte se lei assume in autonomia e libertà, l'iniziativa di aprire finalmente con evidenza questa crisi che viene negata a parole, ma viene certificata dai fatti l'ultimo dei quali pochissimi minuti fa? Quindi ho riespresso - mi scusi Presidente Ghigo - quei ragionamenti perché intanto sono passati due giorni, magari glieli ripeterò mercoledì forse anche giovedì, venerdì o sabato, però più il tempo passa (intanto la possibilità che il 30 aprile non veda la Regione Piemonte col bilancio approvato si fa più vicina), meno lei sarà in grado di sciogliere questa situazione, stia attento Presidente! Più il tempo passa, più lei sarà diversamente da oggi, responsabile di tutto il tempo che è stato necessario per prendere atto, finalmente, dell'apertura di una crisi. E come tale non sarà più lei ad aprirla, al massimo sarà lei a subirla, perché costretto a certificarla. Per ora, ritengo che lei abbia ancora in mano la decisione piena, perfetta di un Presidente della Giunta regionale che dice: "Bene apriamo 'sta crisi: vediamo cosa c'è, cosa non c'è: programmi nostri programmi della minoranza. C'è un'altra maggioranza?" Apra questa crisi Presidente, e liberiamo da un inciampo un po' paradossale, che ci vede impegnati, come forze politiche di maggioranza e minoranza, a discutere con una lentezza incredibile, una messe di progetti costituiti dagli emendamenti che l'opposizione ha predisposto in questo periodo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Gallarini.



GALLARINI Pierluigi

Sotto certi aspetti, mi spiace intervenire ancora, ma ritengo opportuno farlo anche perché l'ultimo intervento del collega Chiezzi, in modo un po' forzato, tende a sgattaiolare rispetto al discorso che stavamo facendo, per piombare ancora in altra direzione. A noi sembra una forzatura poiché non rileviamo la contraddizione rimarcata dal collega di Rifondazione Comunista. Se dal punto di vista formale le considerazioni poste dai colleghi Spagnuolo e Saitta in qualche modo "stanno in piedi", l'intervento del Consigliere Chiezzi non sta in piedi nemmeno dal punto di vista formale, poiché sposta il baricentro di 360 gradi, in trenta secondi passando da un argomento ad un altro che non ha nulla a che vedere con il precedente. Siamo nuovamente alla "benedetta crisi" di cui continua a parlare il collega Chiezzi: quando non ci sono i numeri, dobbiamo prendere atto del fatto che mancano e quindi, politicamente, non si sta in piedi affermazione valida, comunque -; quando ci sono i numeri si ignora il fatto che ci siano e si dice: "Sì, però dietro quei numeri c'è comunque crisi".
Vorremmo proprio sapere, se per dieci secondi vogliamo parlare di questo argomento, cosa bisogna fare. Le radiografie non bastano, le ecografie non bastano: cosa si deve fornire, collega Chiezzi? La dichiarazione del Presidente Ghigo ed il non accoglimento del subemendamento da parte dell'Assessore Burzi mi sembrano di molto facile lettura. Noi soffriamo, in quest'aula, per non aver potuto svolgere un dibattito politico, e un'assemblea legislativa come la nostra senza dibattito politico non respira, questa è la realtà. Condivido questa posizione, ma, scusate, senza presunzione, ritengo di essere fra coloro che in quest'aula l'hanno ricordato spesso, è da settembre che ci siamo appiattiti sulla deliberazione-Vaglio, sulla virgola-Leo, sul fatto che bisognava andare a capo su una certa deliberazione dell'altro Assessore e non lo si è fatto e così via. Tutti assieme abbiamo quindi soffocato, per sette lunghi mesi, un'assemblea come la nostra, impedendole di parlare di politica. Oggi, stiamo soffrendo di questo; immagino quindi che realisticamente occorra dire che il bilancio e l'azione politica che Giunta e maggioranza hanno impostato sul bilancio non devono però, razionalmente soffrire più di tanto. Il bilancio è stato ed è un mezzo attraverso il quale portare in quest'aula argomenti dei quali non abbiamo potuto parlare per le ragioni dette - durante sette lunghi mesi: tutti, penso condividiamo questo fatto; ma non possiamo addebitare al bilancio stesso il fatto che non si riesca a discuterlo, perché in quest'aula bisogna parlare di politica.
Occorre dire diversamente: "Riteniamo esistano le condizioni di fatto e quelle 'in dinamica' per approvare il più in fretta possibile il bilancio e poter affrontare, dal giorno successivo all'approvazione - come ha detto il Presidente - l'impegno politico di venire in aula a parlare di questi argomenti?" L'abbiamo chiesto anche noi, con molti altri colleghi dell'opposizione e siamo quindi soddisfatti della risposta del Presidente Ghigo.
Va bene: c'è una grossa esigenza di discussione; ma mettere questa risposta di respiro politico di un certo tipo sullo stesso piano del non accoglimento di un subemendamento contabile - di 1 milione - mi pare inaccettabile. I piani sono completamente diversi! Non contribuiamo a quanto diceva, paradossalmente, proprio il collega Chiezzi: "Se in questo momento qualcuno ci guardasse dall'alto (...)"; a mio avviso, comincia a nutrire dubbi anche chi ci sta guardando dal basso!



PRESIDENTE

Non essendovi altre dichiarazioni di voto pongo in votazione l'emendamento n. 6 per appello nominale mediante procedimento elettronico.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI' 12 Consiglieri hanno risposto NO 29 Consiglieri L'emendamento è respinto.
7) Emendamento presentato dai Consiglieri Rosso, Dutto e Bellingeri: "Il capitolo 10080 'Spese per l'esercizio dell'iniziativa popolare nonch per lo svolgimento di referendum popolari' (art. 40 della legge regionale 16 gennaio 1973, n. 4) è incrementato di lit. 5.000.000 (cinquemilioni). Al suo finanziamento si provvede con la riduzione dal capitolo 14720 per una somma di pari ammontare." Ha chiesto la parola il Consigliere Saitta; ne ha facoltà.



SAITTA Antonino

Signor Presidente, avendo l'emendamento caratteristiche simili a quelli precedenti, credo si possa cogliere questo elemento per riprendere alcune osservazioni che probabilmente ci possono aiutare a procedere nella discussione del bilancio. In modo particolare, intendo riprendere le osservazioni del collega Gallarini, che credo abbia riportato di nuovo al centro del nostro confronto le modalità con cui andare avanti nella discussione del bilancio e mi sembra la questione principale, perché se dovessimo soltanto affidarci alle posizioni finora espresse dall'Assessore Burzi potremmo interpretare le posizioni di chiusura come una volontà di non discutere delle proposte da parte delle minoranze.
D'altronde, le stiamo vedendo una per una per cui diventa forse anche difficile per l'Assessore Burzi esprimere una valutazione più complessiva.
Il collega Gallarini invece ha fatto un passo più avanti, che riprendo perché può aiutarci a fare qualche passo ancora più coraggioso. Io credo che a questo punto la Giunta, e il Presidente Ghigo in modo particolare, la maggioranza, disponga con precisione delle proposte della minoranza, con precisione matematica puntuale conosce gli emendamenti che sono stati presentati ormai da qualche giorno, quindi credo che la maggioranza sia nelle condizioni, poteva già esserlo nei giorni scorsi, per sospendere un esame così puntuale e fornirci un'opinione più complessiva rispetto alle proposte fatte dalla minoranza, da quelle alla cultura, alla formazione all'assistenza, al turismo, allo sport. Mi pare che finora la maggioranza abbia tenuto un atteggiamento, in modo particolare la Giunta, di chi ignora totalmente quelle proposte e si fa un esame punto per punto; è evidente che se l'atteggiamento, Presidente Ghigo, è questo, credo che sia una sorta di auto ostruzionismo da parte della maggioranza.
Vi rendete conto che volete farci perdere del tempo? Si, perché quando uno pone delle questioni politiche, queste richiedono una risposta politica, che può essere negativa, ma va affrontata in termini politici.
La risposta data finora dall'Assessore Burzi sugli emendamenti è ancora una risposta burocratica formale, "abbiamo scelto questo, non si cambia".
Ha detto bene Chiezzi che fin quando il Presidente Ghigo non fornisce una risposta politica complessiva ai suggerimenti, alle proposte della minoranza, la maggioranza perde del tempo, nel senso che non aiuta ad accelerare l'esame delle proposte fatte dalla minoranza, che per forza di cose non possono che essere esaminate con le stesse modalità indicate dall'Assessore Burzi.
Assessore Burzi, questa è una non politica, questo è un modo non politico di affrontare le questioni. Non so quanto il Presidente Ghigo e la Giunta si rendano conto che il problema è questo, spero che se ne rendano conto quanto prima, altrimenti avranno la responsabilità di non fare approvare il bilancio il 30 aprile e di andare oltre l'esercizio provvisorio, perché se una maggioranza non coglie le questioni politiche si assume anche le responsabilità politiche di non avere approvato il bilancio.
Perché non credo, spero, che il Presidente Ghigo e l'Assessore Burzi sicuramente non Gallarini, ritengano che a un certo punto succederà, presi dall'ansia di approvare entro una certa data, le minoranze ritirino tutti gli emendamenti. Vi aspettate una cosa di questo tipo? Non credo; chi pensa una cosa di questo tipo credo che non possa neppure ricoprire il ruolo di Consigliere regionale, cioè di chi fa politica.
Gli emendamenti delle minoranze vanno discussi, a meno che ci sia un modo per affrontarli in termini tematici, in modo più complessivo. Mi associo alle considerazioni del collega Chiezzi, risollevando un problema politico che non vuole essere ritenuto tale da parte dell'Assessore Burzi e da parte del Presidente Ghigo, per lo meno finora, oppure il Presidente Ghigo non ritiene che sia affrontabile con delle dichiarazioni di principio rinviando tutto a dopo.
Non è così.
Continuiamo pure ad andare avanti, noi illustreremo e non avremo nessuno problema ad approfondire tutte le proposte, anche in modo puntuale e preciso. Quando Chiezzi ribadisce l'opinione ormai diffusa nella minoranza, e mi pare di capire anche diffusa nella maggioranza, cioè il limite di questa maggioranza, della Giunta, si tratta di un problema politico, perché non rendersi conto di questi fatti non vuol dire che c'è una crisi politica, che sarebbe già una cosa importante, c'è una non politica! Io vedo dei visi da parte della Giunta che non so cosa stiano aspettando. Cosa aspettiamo? Aspettiamo che non si paghino più gli stipendi? Mi pare di notare una grande rassegnazione. Sotto questo aspetto ha ragione Chiezzi, la crisi politica è più forte di quello che ripete la minoranza.
Collega Gallarini, è vero che le carenze di questi mesi sono responsabilità di tutti, non si è discusso di politica, ma obiettivamente non abbiamo avuto interlocutori per fare un confronto politico, perché non ci sono mai state fornite le occasioni, non c'è stata una proposta politica degna di questo nome, solo le banalità: Juvecentus, lo Spirito europeo cose di questo tipo. L'elemento per un dibattito politico serio, che è quello in grado di raccordare tutti e di esprimere una posizione della maggioranza, che è il Piano di sviluppo, doveva essere pronto domani "Domani è pronto il Piano di sviluppo", quindi io credo che domani l'Assessore Burzi nel momento in cui ci darà una risposta agli emendamenti ci dirà che il tale emendamento non è ammissibile perché il Piano regionale di sviluppo ha fatto un'altra scelta.
Dopodomani affronteremo il bilancio in modo politico, perch l'Assessore aprendo il Piano regionale di sviluppo immediatamente guarderà il titolo per materia, prenderà la pagina e dirà "No, questo contrasta con il Piano di sviluppo" e avremo risolto in fretta i nostri problemi.
Veramente, Presidente Ghigo, lei ci ha fatto attendere questo Piano di sviluppo come la panacea dei problemi politici di questa maggioranza, ma vi rendete conto? Il Piano di sviluppo non c'è e non sarà pronto dopodomani non credo neppure che sia in stampa. A leggere quegli indici mi pareva che ancora il percorso fosse molto lungo e in ogni caso voi sapete che il Piano regionale di sviluppo prima di arrivare qui in aula richiede un percorso complesso di concertazione e di verifiche che deve ancora essere messo in moto, quindi chissà quando sarà pronto.
Arriverà in Commissione tra un anno, e noi dobbiamo ancora passare un anno con il pressappochismo che abbiamo registrato in questi mesi? Forse è necessario qualche passaggio intermedio politico più consistente, che noi chiamiamo crisi, apertura della crisi, un passaggio che metta nelle condizioni la Giunta di ripresentarsi con un programma politico aggiornato dopo l'esperienza che ha fatto, perché tre mesi sono stati più che utili per consentire a Ghigo e ai neofiti di imparare qualcosa, e dire "Abbiamo dimenticato delle cose eccessive, oggi siamo in grado di misurarle sulla base delle risorse".
E' in questo senso che chiediamo la crisi.
C'è un passaggio necessario che permette di ridiscutere, se non del Piano di sviluppo, almeno del programma che oggi, dopo tre anni, ci rendiamo conto essere una somma di banalità o di opinioni non affrontate in termini di politica di governo: è questo che chiediamo.
Se queste continuano ad essere parole al vento, come minoranze abbiamo il dovere di non ritenerle tali, ma di considerarle l'"ABC" della politica per cui tutti gli emendamenti saranno affrontati così come sono stati affrontati finora, perché vogliamo richiamare la maggioranza a fare la politica. In un consesso politico, non mi pare di chiedere troppo che si faccia politica.
Aspettatevi dunque i tempi che sono necessari ed assumetevi questa responsabilità di auto-ostruzionismo di non voler approvare il bilancio nel tempo necessario.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire l'Assessore Burzi; ne ha facoltà.



BURZI Angelo, Assessore al bilancio

Sarei intervenuto sull'emendamento n. 7), al cap. 10080, per esprimere il parere della Giunta e per dare un minimo di contributo, soprattutto rispetto a quanto diceva prima la Consigliera Spagnuolo.
Visto che condivido totalmente (non soltanto da questa mattina) quanto ha detto il Consigliere Gallarini, ci tenevo a ricordare che su questo argomento, nonostante si sia aperto (o fortunatamente, a seconda delle letture) un interessante dibattito, è il sesto emendamento, per cifre variabili, su cui stiamo discutendo.
E' evidente che, come Consiglio regionale, abbiamo colto la logica - e mi pare che alcuni interventi l'abbiano esplicitamente detto - l'occasione attorno al cap. 10080, per discutere di un argomento estremamente importante come è stato ribadito.
La Consigliera Spagnuolo converrà facilmente che, avendo la Giunta dato un parere contrario, in maniera totalmente coesa, ai primi quattro (credo che quello sul cap. 10080 sia l'ultimo), per le stesse identiche motivazioni, con la stessa logica, al momento la valutazione sull'emendamento non può che essere negativa; ciò con la stessa logica che ha, in senso politico, con molta chiarezza, esplicitato il Presidente attorno ad un punto invece di origine più tattica - se mi passa il termine che, a mio avviso, il Consigliere Gallarini ha coerentemente riepilogato questa mattina (ripeto, in maniera coesa con tutta la maggioranza e in tal senso ne parlammo anche con i Capigruppo).
Aggiungo ancora un punto. E' vero quanto dice il Consigliere Saitta: da stamattina (lunedì) abbiamo la fotografia di tutti gli emendamenti consegnati nel corso delle ultime due giornate di dibattito (mercoledì e giovedì, perché venerdì il dibattito consiliare è stato sospeso per le esigenze del congresso della Lega Nord).
Abbiamo dunque il quadro completo delle proposte presentate da tutti i Gruppi (cosa che avevo auspicato e per la quale alcuni Capigruppo mi hanno aiutato) e questa sera riferirò alla Giunta, in modo che ci sia - se in tal senso la Giunta saprà esprimersi e la maggioranza condividerà - una risposta alle istanze che la minoranza ha rappresentato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montabone.



MONTABONE Renato

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, credo che alcune cose partendo da questi emendamenti, siano state dette.
Come è già stato rilevato, è stato un dibattito quasi dovuto in quest'aula, perché non si era mai parlato a fondo di questi argomenti.
E' già stato detto da alcuni colleghi (la collega Spagnuolo) che siamo in ritardo nell'applicazione dei decreti Bassanini. La stessa collega Spagnuolo ha presentato un emendamento aggiuntivo di un capitolo di spesa per poter non solo discutere, ma per poter aiutare questa Giunta che è estremamente in ritardo, per esempio, sull'attuazione dei "Bassanini" per quanto riguarda alcune materie (vedi l'agricoltura, della cui applicazione discuteremo).
La Giunta, ovviamente, porterà le proprie istanze e noi avremo modo di discutere, da minoranza, sulle istanze stesse.
Se ci fossero punti di vista diversi, il confronto sarebbe più simpatico, perché potremmo dire che ci sono 15, 16 e 27 che la pensano in un modo e 33 che la pensano in un altro.
Invece così non è, perché molto spesso questa Giunta, probabilmente non avendo avuto tempo di pensare prima ad alcune cose, dal punto di vista politico dice: "Siamo d'accordo sulle cose dette da parte della minoranza e da alcuni esponenti della maggioranza", però poi gli effetti di questo essere d'accordo sulle cose dette, non si traduce in termini economici, per cui la posizione dell'Assessore Burzi (che io non ritengo neanche sbagliata) è quella di dire: "Io difendo il mio bilancio, così come gli Assessori e il Presidente della Giunta mi hanno detto di fare".
Spero, Assessore, che questo bilancio non sia solo frutto della sua iniziativa.
E allora, rispetto a quanto diceva prima il collega Saitta, non so più a chi credere! Non so se credere al Presidente della Giunta (riferiteglielo) che dice: "Sono d'accordo, poi vediamo, faremo".
Fino a due anni fa andava bene dire: "Mi sono sbagliato": di fronte a chi ti dice "Mi sono sbagliato", passi pure; ma adesso, a tre anni dall'inizio della legislatura, del governo Ghigo, dire: "Mi sono sbagliato e poi faremo", si rischia di non veder più fatto in questa legislatura quello che si dice "Faremo".
Io sono più preoccupato da chi mi dice: "Poi faremo" che da chi mi dice quasi in modo ragionieristico, mi permetta Assessore Burzi - "Questo bilancio, e tutto quello che voi avete detto, non lo recepisco".
A meno che non si voglia fare, come in certe commedie brillanti, dove ad un certo punto c'è il colpo di scena. Andando avanti nella discussione così come si sta facendo, il colpo di scena diventa, a mio modo di vedere ancora più controproducente, in quanto se viene fatto a tempo e ora utili è divertente, simpatico e risolutore; se viene fatto fuori tempo, rischia di essere controproducente, perché rischia di mettere in discussione tutte le politiche di prima rispetto alle politiche dopo, e allora poi si dovrà riverificare di nuovo tutto.
Dico questo, perché - come il collega Saitta - non riesco a capire come pensiate di proseguire all'esame del bilancio. Non parlo dei tempi; i tempi ci sono: basta che ci convochiamo ininterrottamente per due mesi di seguito e seppur con un ritardo di sei o sette mesi, il bilancio verrà approvato (la Regione Calabria ha impiegato otto mesi: questo non è un problema). I tempi ci sono.
Il problema è che vorrei sapere quando noi otterremo le risposte politiche e sentirci dire: "Avete ragione" . Per carità, non il sottoscritto, perché io non ce l'ho mai la ragione, ma a tutti i colleghi che parlano.
Però non ci basta più, perché ad un certo punto, se l'Assessore Burzi fosse meno fermo, potrebbe essere approvato il bilancio della minoranza.
Credo che alla Giunta non interessi, andrebbe bene lo stesso, pur di rimanere seduti su quelle poltrone: "approviamo il bilancio che ci ha preparato la minoranza che va bene lo stesso, intanto possiamo continuare a rappresentare le istituzioni da una parte all'altra di questa nostra Europa".
Se così è, ditecelo, perché il colpo di scena ve lo facciamo noi, ve lo prepariamo e ve lo confezioniamo! Assessore, lei vuole discutere delle politica di questa Regione quando è materia di sua competenza, ma oggi mi pare non abbiamo discusso su materia di sua competenza, abbiamo discusso sulla materia di competenza del Presidente della Giunta, perché è lui che ci è andato a rappresentare con le sue idee, non è stato lei Assessore! Forse oggi questa discussione è servita a far capire al Presidente che queste sue idee o le idee dell'Assessore dell'Emilia Romagna, non sono le nostre. Allora, Presidente, vede che questo dibattito è estremamente utile ma va sviluppato su tutti i temi contenuti in questo bilancio: credo che il bilancio contenga tutti i temi di programmazione politica della Regione.
C'è anche stato detto che entro il 31 marzo verrà presentato il Piano di sviluppo, quindi potremmo verificare qual è la concomitanza di queste cifre a bilancio rispetto alle linee politiche di grande respiro della Regione Piemonte. Quando discuteremo il bilancio pluriennale il Piano di sviluppo ci dovrà essere e dovrà avere della documentazione collegata.
Quindi non credo che sia così drammatico il fatto che si bocci un emendamento che ha voluto sottolineare un fatto specifico, però credo che sia drammatico il fatto che ci sia la volontà in quest'aula, su temi come quelli che abbiamo proposto, di non discutere. Oggi ho fatto due o tre interventi e mi vanto di non aver mai toccato gli stessi argomenti, sempre argomenti diversi. Questi argomenti attendono delle risposte.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MINERVINI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bellingeri.



BELLINGERI Gian Franco

Il dibattito di oggi sul pacchetto di emendamenti da noi presentati ha in parte raggiunto lo scopo prefissato. Questa mattina nell'illustrarli avevo detto che non erano emendamenti ostruzionistici e anche quantitativamente non definibili. Avevo sottolineato l'aspetto prettamente politico di questi emendamenti. Il dibattito, come dicevo, è stato ampio anche con divagazioni che personalmente e come Gruppo non ci eravamo prefissati, ma che sono serviti a toccare i punti nodali di quelli che sono gli argomenti che ci stanno a cuore. Il fatto che ci sia stata una bocciatura dell'emendamento, è un fatto negativo, perché praticamente è stata l'unica risposta politica. Anche perché la maggioranza non si è espressa in termini chiari, così come non è che siamo praticamente d'accordo con le tesi espresse da rappresentanti di altre forze politiche: per essere molto chiari tutti i riferimenti alla Bassanini, ai decreti delegati, alla Bicamerale, non ci trovano assolutamente d'accordo. E' esattamente la strada per non fare le riforme. Così come non siamo d'accordo, Presidente Ghigo, sul documento firmato dal Patto federalista tra Comuni, Città, Province e Regioni: si ritorna alla pratica dell'elemosinare poteri e denari. Per cinquant'anni le Regioni, i Comuni le Città, le Province, hanno elemosinato da questo Stato centrale ciò che noi avevamo di diritto.
Noi non desideriamo assolutamente percorrere questa strada, mi rivolgo ai signori dell'Ulivo, mi dispiace tanto, voi portate avanti un discorso gattopardesco, dietro le leggi Bassanini, le Bicamerali, volete che tutto rimanga uguale, volete affossare le riforme, volete che questa Regione così come altre Regioni e altri enti, continuino ad andare con cappello in mano ad elemosinare poteri, posti e denaro. Noi desideriamo che questa Regione faccia proprio un'attività di proposta di autonomia e di autogoverno. Tra l'altro è abbastanza strano che proprio la maggioranza non abbia risposto su questi temi. Noi siamo usciti da un congresso dove abbiamo ribadito questi concetti, abbiamo anche cancellato le parole che davano fastidio. Guardate, io non uso essere volgare, questa mattina, per ho usato un'espressione volgare, ho detto "almeno la smettete di intingere il biscotto!". Sul tema della secessione, siccome non avevate argomenti, ci avete marciato dicendo "Ah, la secessione!". No, parliamo di autonomia, di autogoverno, guardiamo chi è federalista veramente! Vogliamo stanarvi purtroppo le risposte sono molto negative, eccetto alcune.
Appunto per questo fatto noi provvederemo a stigmatizzare la nostra posizione, predisponendo un ordine del giorno che impegni questa Giunta, il Presidente della Giunta e il Consiglio tutto ad una giornata di discussione su questi temi, in termini seri, dove emergano le posizione dei Partiti, le posizioni personali, per sapere veramente chi vuole fare questo salto in avanti o chi invece sta lavorando per un bieca restaurazione.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Spagnuolo.



SPAGNUOLO Carla

Intanto devo dire che quest'ultima proposta del collega Bellingeri è ampiamente accoglibile...



BORTOLIN Silvana

Mi scusi, Consigliera Spagnuolo, chiedo al Presidente di effettuare la verifica del numero legale.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DEORSOLA


Argomento:

Verifica numero legale


PRESIDENTE

Si proceda all'appello nominale per la verifica del numero legale.



(Il Consigliere Segretario Toselli effettua l'appello nominale)



PRESIDENTE

Constatata la mancanza del numero legale, essendo presenti in aula n.
28 Consiglieri anziché 29 (sono in congedo n. 4 Consiglieri) la seduta è sospesa, ai sensi dell'art. 52 del Regolamento del Consiglio regionale.



SPAGNUOLO Carla

Signor Presidente, è necessaria una Conferenza dei Capigruppo.



PRESIDENTE

D'accordo. I Capigruppo sono immediatamente convocati in Sala A.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 17.55 riprende alle ore 18.18)


Argomento: Bilanci preventivi

Proseguimento esame progetto di legge n. 371: "Bilancio di previsione 1998 e pluriennale 1998/2000" (seguito)


PRESIDENTE

La seduta riprende.
La parola alla Consigliera Spagnuolo.



SPAGNUOLO Carla

Riprendo l'intervento opportunamente interrotto - dal nostro punto di vista - dalla richiesta della collega Bortolin di verificare il numero legale.
Purtroppo dobbiamo sottolineare, ancora una volta, che la maggioranza non garantisce il numero legale durante il dibattito sul bilancio: tutto questo non può che portare acqua alle precedenti valutazioni del collega Chiezzi.
Noi non abbiamo alcuna urgenza; lo ripeto in aula in maniera molto esplicita: la nostra parte di opposizione intende valutare in aula tutti gli emendamenti che ha presentato nonché quelli della restante parte di opposizione. Non solo non abbiamo fretta, ma riteniamo che il bilancio debba essere approfondito secondo le indicazioni nostre e di altri Gruppi di minoranza.
Tuttavia, continuano a verificarsi "infortuni" di natura politica incomprensibili per quanto ci riguarda. Ad una maggioranza che si è vista presentare non so quante migliaia di emendamenti - ma anche fossero qualche centinaio - dopo mesi di denunce delle minoranze di situazioni politiche sempre più preoccupanti, allarmanti, gravi, può capitare che venga a mancare una o due volte il numero legale, in un momento in cui qualcuno esce e qualcun altro entra. Dopodiché, questo continuo bloccare il Consiglio perché la maggioranza non garantisce il numero legale nel corso di questa discussione è semplicemente, ormai, per quanto ci riguarda, per l'interpretazione che ne possiamo fare, una delle sfaccettature della crisi della maggioranza, della sua non consapevolezza.
Mi sono permessa nell'intervento generale sul bilancio, di denunciare un atteggiamento remissivo, rinunciatario: anche questo è incomprensibile anche per una maggioranza in crisi. Evidentemente, la dimensione della maggioranza è tale per cui non ci si rende conto del problema.
In realtà, le sommatorie numeriche che possono sfiorare una maggioranza, stanno invece determinando nel Piemonte una situazione di non governo, di straordinaria preoccupazione. E' per questo che nel mio intervento volevo chiedere che anziché passare tutta la seduta serale a discutere un emendamento - quello che sarebbe arrivato al momento - la Giunta facesse una sua valutazione sui grandi temi che abbiamo affrontato nel dibattito odierno, sulla normativa Bassanini nonché sulla problematica e sui tempi del Piano di sviluppo, utilizzando la serata per sue considerazioni. Potremmo quindi aggiornarci a domani.
La questione della mancanza del numero legale ha accelerato questa richiesta, che ho già fatto alla Conferenza dei Capigruppo; altri Capigruppo della minoranza - ed anche della maggioranza - in qualche modo vi hanno acceduto, anche dopo aver sentito l'intervento del Presidente della Giunta regionale; pertanto ci vogliamo augurare che il lavoro che condurremo fino alle ore venti servirà ad approfondire degli emendamenti e che la serata venga utilizzata da parte dell'esecutivo e della maggioranza per presentare posizioni di natura politica su temi rilevantissimi per il futuro del Piemonte, delle problematiche di federalismo, di delega di competenze, di raccordo tra Enti locali e Regione: temi del nostro tempo su cui si sta lavorando fortemente.
Gradirei sentire dall'Assessore Burzi com'è la situazione relativamente al Piano di sviluppo; mentre si parlava della situazione del Piano, ad horas sarebbe pervenuta la notizia della richiesta di ulteriori 15/20 giorni di tempo. Vorremmo capire come collocare l'analisi del Piano di sviluppo all'interno di quella degli emendamenti che si preannunciano per tempi molto lunghi e quindi saremo forse in grado di mettere in relazione l'analisi del Piano di sviluppo con quella degli emendamenti che abbiamo presentato.



PRESIDENTE

Prima di passare ad altri interventi comunico, come peraltro si vede agevolmente, che il Consigliere Ghiglia è rientrato perciò è "scongedato".
Il numero legale non cambia perché è sempre 29.
La parola al Consigliere Miglietti.



MIGLIETTI Franco

Grazie Presidente. Credo che anch'io nel mio intervento mi addentrer in valutazioni che probabilmente in questa sala saranno già state ampiamente analizzate, ma tenterò di dare il mio piccolo contributo partendo da una serie di valutazioni che provengono dal momento dell'insediamento della Giunta Ghigo. Dal momento dell'insediamento della maggioranza di centro destra avevamo fatto alcuni interventi e pur nel nostro dissenso per posizioni politiche, per ragionamenti politici ben noti, avevamo fatto alcune considerazioni di apprezzamento per alcuni avvenimenti che erano stati affrontati in un certo modo.
Ad esempio, nel momento della distribuzione delle deleghe, il Presidente aveva riservato a sé e alla Vicepresidenza una serie di deleghe che riguardavano i giovani; nel corso del tempo altri tre motivi da parte nostra avevano fatto fare alcune considerazioni, pur con tutti i punti interrogativi, ma che avevamo apprezzato. Uno era l'indizione da parte della Presidenza del Consiglio, in accordo sicuramente con la Presidenza della Giunta, degli Stati generali del Piemonte e della Commissione per la revisione dello Statuto.
Io credo che man mano si è proceduto nel tempo queste valutazioni date in termini positivi siano state sgretolate dalla stessa Giunta e proprio in occasione del dibattito sul bilancio è stato dimostrato come non si possa ragionare in termini esclusivamente ragionieristici nella formulazione di un bilancio, perché il dibattito che si è acceso attorno al capitolo 10080 "Spese per l'esercizio dell'iniziativa popolare" ha dimostrato che non si può fare un ragionamento esclusivamente ragionieristico nell'impostazione di un bilancio di previsione, perché il bilancio di previsione è quel documento di programmazione politico economico e sociale che innestandosi all'interno dell'economia piemontese, a seconda di come è la rotta su cui uno vuole navigare, incide profondamente sulla vita dei cittadini e sulla situazione di vivibilità del territorio nel suo complesso.
Io credo che il Presidente della Giunta dovrebbe assumere in prima persona la direzione del bilancio, perché se non assumerà in prima persona la direzione del bilancio, sicuramente prima che si arrivi alla fine di questo dibattito lo scollamento tra maggioranza e minoranza e lo scollamento all'interno della stessa maggioranza porterà ad un cataclisma.
Credo che questo capitolo, il 10080, nella sua modesta posta di bilancio abbia dato il segno di quanto sia problematica in termini politici la gestione della politica del bilancio, in assenza del Piano di sviluppo e con l'affossamento degli Stati generali del Piemonte, almeno così a me pare; ragionare su cosa fu e su cosa è, si può impostare il cosa sarà.
La stessa Commissione della riforma dello Statuto, dell'aggiornamento del documento principale su cui si basa la vita e il messaggio che si lancia a tutte le altre istituzioni economiche, locali, sindacali, di quello che è il progetto che una maggioranza e un Consiglio regionale ha in mente, e ci si raggruppa in questo documento che probabilmente non da molti è letto, ma che sicuramente porta dei grandi contributi all'attività stessa del Consiglio regionale nella sua articolazione, comporta dei riverberi all'interno della società civile. Questo documento è lo Statuto della Regione Piemonte e oggi è fermo al palo; non è stata rinnovata la Commissione, che era stata eletta all'unanimità.
Si era arrivati a un punto in cui una parte dei lavori erano stati conclusi con una relazione ed era stato dato un altro periodo di tempo per poter continuare i lavori; alla chiusura della seconda fase, e nonostante tutto ciò che è avvenuto a livello nazionale con l'avvento della Bicamerale e degli stessi decreti del Ministro Bassanini, si è interrotto il rapporto e i lavori che riguardavano la Commissione Statuto.
Io vorrei che anche su questo ci fosse un pronunciamento da parte del Presidente della Giunta e ci rendesse edotti su qual è l'intenzione della maggioranza in questa direzione; poi la minoranza deciderà autonomamente quali atteggiamenti vorrà tenere. Credo che da parte della maggioranza principalmente dal Presidente del Consiglio e dal Presidente della Giunta debba esserci una proposta nelle due direzioni, sia sugli Stati generali del Piemonte e sia sulla Commissione Statuto, che non sono due cose di normale gestione dei lavori dell'aula o dei lavori del Consiglio regionale ma sono due momenti estremamente significativi ed importanti; visto che abbiamo mobilitato all'esterno forze della società civile impegnandole in un ragionamento con le istituzioni, sarebbe un dovere pronunciarsi nel merito.
Credo, inoltre, che dovrebbe essere fatta un'altra operazione: analizzare se le poste oggi acclarate in questo bilancio siano state verificate fino in fondo.
In più occasioni ho sentito l'Assessore Burzi dire: "Finalmente abbiamo il complesso di tutti gli emendamenti presentati in questi giorni dalla minoranza" (e nel ragionamento che la Giunta si appresta a fare, chiedo che la lettura di questi emendamenti non sia di tipo ragionieristico): vi diremo quali saranno le determinazioni che la Giunta e la maggioranza vorrà assumere".
Credo che in questo contempo, fra ciò che è avvenuto oggi e ciò che sarà il pronunciamento di domani, si dovrebbe tener conto dello sforzo fatto dalle minoranze nel presentare una serie di emendamenti che, almeno per quanto ci riguardano, non sono assolutamente ostruzionistici, ma rappresentano una riscrittura del documento (anche nella prima fase abbiamo enunciato qual era il corpo complessivo degli emendamenti presentati dal nostro Gruppo).
Un'altra delle considerazioni che avevamo fatto in termini positivi era a proposito dell'organizzazione del personale.
Anche questa legge è stata varata in un modo assolutamente insoddisfacente. Non è un'opinione soltanto nostra, ma credo sia un'opinione che proviene dalla maggioranza del personale della Regione Piemonte.
Vi avevamo dato indicazioni; era già stata preparata, discussa e quasi varata: avete voluto ritornare indietro, partendo dal convegno di Venaria e facendo delle considerazioni, sulle quali già il giorno dopo vi abbiamo riferito quali erano i pensieri della minoranza. Nonostante le proposte erano emerse in quella sede, abbiamo visto qual è stato il risultato finale.
Quindi, chiederei principalmente alla Giunta, ma anche alla maggioranza, che nella verifica che farà in questi giorni, sia sulla complessità del bilancio presentato che degli emendamenti presentati dalla minoranza, venga effettuato un ragionamento di tipo politico e non ragionieristico, altrimenti difficilmente si potrà uscire da questo impasse.



PRESIDENTE

Prima di dare la parola a coloro che la richiederanno, desidero osservare che i Consiglieri, nello svolgere i loro interventi, non sono tenuti a tenere in considerazione le dichiarazioni degli altri. Per cui confermo quanto ho già detto altre volte ed assicuro il Consigliere Miglietti che, per quanto mi riguarda, il progetto degli Stati Generali non subirà ritardi.
Quindi, Consigliere, lei non è tenuto a considerare queste mie precedenti dichiarazioni nello svolgere le sue argomentazioni: desidero di nuovo riproporglielo.
La parola al Consigliere Moro.



MORO Francesco

Il dibattito sulle tematiche istituzionali in relazione al bilancio preventivo 1998, che ha portato ad una discussione per l'intero pomeriggio conferma la gravissima crisi politica dell'esecutivo e della maggioranza regionale di centro-destra che da tre anni è alla guida del Piemonte e che ha creato gravissimi danni politici, economici, sociali ed istituzionali alla Regione Piemonte.
In questa discussione istituzionale (referendum; deleghe alle Amministrazioni provinciali;: alle Comunità montane, tematica totalmente assente in VIII Commissione) è mancata soprattutto la voce della Giunta che indicasse la volontà dell'esecutivo rispetto ai contenuti istituzionali e alla gestione del bilancio preventivo 1998 della Regione Piemonte.
Sono ormai lunghi mesi che in Consiglio regionale non vengono approvate leggi significative sulle varie tematiche istituzionali della Regione per lo sviluppo socio-economico, sanitario, socio-assistenziale e di occupazione di questa Regione che, tra l'altro, ha delle emergenze drammatiche sul piano produttivo e soprattutto su quello ambientale.
L'arroganza del potere e l'incapacità politica nella gestione degli affari normali dell'Ente Regione hanno portato ad un assoluto degrado del ruolo legislativo del Consiglio regionale.
Spesso e volentieri l'organo legislativo si impegna su altre questioni ed ha dovuto intervenire, a volte, su metodi e soprattutto su gestioni certamente non corrette nei vari Assessorati.
Sul bilancio preventivo del 1998 e sulla sua approvazione si gioca la credibilità dell'Ente Regione e della sua immagine, ma soprattutto è già chiara l'inconsistenza della maggioranza.
I nodi politici sono ormai al pettine. Si è al capolinea, per cui o si prende atto del fallimento politico (con tutte le dovute conseguenze) o si va al caos istituzionale totale, il che porterebbe gravissime conseguenze politiche e morali per il Piemonte. Un Piemonte che ha bisogno di ben altra condizione politica, che porti ad una svolta sul piano istituzionale e che non può essere penalizzato da una maggioranza o da un esecutivo non in grado di portare il Piemonte ad una situazione diversa, soprattutto nel momento in cui l'Italia e la nostra Regione stanno per entrare in Europa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Papandrea.



PAPANDREA Rocco

Noi siamo già intervenuti questa mattina più volte sia sulle tematiche generali che sul problema sollevato (quello dei referendum), per cui non voglio tornare su argomenti già utilizzati.
Avevamo già detto che l'emendamento della Lega Nord, per la sua entità non ci sembra serio. Quello che ci appare strano - e le considerazioni che voglio svolgere sono proprio su questo - è la scelta della Giunta di inserire 80 milioni su questo capitolo. Sarebbe stato più facilmente comprensibile una scelta di zero lire, cioè quella di dire: "Noi pensiamo che non si possa e non si debba spendere nel prossimo periodo, nell'anno in corso ci sia il problema, ed è uno di quei capitoli sul quale possiamo partire per fare un'operazione; visto che non si deve spendere non occupiamoci di inserire l'importo tanto per metterlo". Ottanta milioni è una cifra arbitraria, perché non corrisponde né ad un progetto politico del tipo che ricordavo prima, cioè ad una valutazione che non si dovrà spendere nel merito di questo capitolo, né ad una possibilità concreta che un referendum si realizzi. E' ovvio che una cifra di questa entità è ridicola.
Se uno pensasse nell'arco dell'anno si possa in qualche modo mettere in moto un meccanismo che ci può portare ad un referendum, è ovvio che questa cifra sarebbe ampiamente da rivedere.
Pertanto noi avremmo preferito una scelta drastica, cioè che in tutti i capitoli con queste caratteristiche ci fosse un azzeramento del bilancio per iniziare un'operazione di ridiscussione e di scelta di volta in volta di quelle che sono le risorse realmente libere, ma non una scelta di routine. Abbiamo visto che negli anni precedenti su certi capitoli venivano in qualche modo stanziate delle cifre, probabilmente per non fare una brutta figura mettendo zero, era tradizione inserire una cifra.
Ripeto, questa azione si fa senza alcun rapporto con la realtà, senza alcuna possibilità concreta che l'evento di cui parla la legge, cioè l'esercizio dell'iniziativa popolare per lo svolgimento del referendum, si possa realmente concludere.
Per questo noi critichiamo la scelta della Giunta di presentare in questo modo la voce di questo capitolo, che presta il fianco, appunto, a vari tipi di considerazioni e attacchi. D'altro canto non condividiamo questo emendamento presentato dalla Lega - abbiamo però approvato gli altri in quanto scrivere 80 milioni o 85 milioni non cambia molto. Da questo punto di vista apprezziamo di più l'iniziativa presentata dai Consiglieri Montabone e Picchioni che, invece, affrontava la tematica in altro modo.
Pertanto il nostro Gruppo sull'emendamento non prenderà parte al voto.



PRESIDENTE

Non essendovi altre dichiarazioni di voto pongo in votazione l'emendamento n. 7 per appello nominale mediante procedimento elettronico.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 30 votanti 29 hanno risposto NO 29 Consiglieri non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere L'emendamento è respinto.
8) Emendamento presentato dai Consiglieri Riba, Marengo, Suino, Miglietti Foco, Bertoli, Riggio, Vindigni, Bellion, Manica, Bortolin: "Il capitolo 10085 è aumentato di Lit. 80.000.000 prelevando in diminuzione dal capitolo 15950".
La parola al Consigliere Riggio per l'illustrazione.



RIGGIO Angelino

Circa un anno fa, proprio all'indomani dell'approvazione della legge n.
59, cosiddetta Bassanini 2, avevo presentato, insieme ad altri colleghi del PDS, un ordine del giorno, che è ancora giacente presso la Presidenza del Consiglio regionale, sull'attuazione della legge Bassanini. Mi ricollego all'intervento fatto in precedenza perché in effetti questa è una delle questioni nodali del nostro lavoro. In quell'ordine del giorno venivano enunciati tutta una serie di adempimenti a cui il Consiglio regionale, e la Giunta in una certa misura, sarebbero stati tenuti a fare in modo che le deleghe previste dalla legge n. 59, arrivassero nel modo più opportuno e adeguato ad enti in grado di poterli sostenere. Giustamente, in occasione del convegno del CNEL, di cui ho parlato in precedenza, si diceva che si corre il rischio che gli enti periferici facciano male quanto veniva fatto dallo Stato sia pure in modo modesto in passato.
C'è un enorme problema di adeguatezza dei Comuni nel ricevere la serie di deleghe, che non riguarda soltanto la messa a disposizione da parte della Regione di risorse, di strumenti e di personale, in modo definitivo o in prestito, ai Comuni.
In particolare, nel nostro Piemonte, abbiamo una situazione molto specifica, collegata alla dimensione dei nostri Comuni, più di un migliaio dei quali soltanto una piccola parte supera i 5.000 abitanti. Ovviamente non hanno strutture adeguate per garantire una certa serie di servizi, e soprattutto, non sono in grado di adempiere ad alcune funzioni che indipendentemente dai decreti Bassanini, diventano oggi indispensabili.
I Comuni, superata la fase di articolazioni periferiche dello Stato del periodo del fascismo in cui rivestivano la funzione di distribuzione dei certificati, di controllo delle nascite e così via, sono passati, negli anni tra il 1950 e il 1975 ad essere prevalentemente delle strutture di servizio. Capaci, cioè, di erogare tutta una serie di servizi.
Oggi siamo in presenza di una nuova trasformazione dei Comuni, che non sono più delle articolazioni periferiche dello Stato "punto e basta", degli erogatori di servizi, ma diventano i protagonisti dello sviluppo territoriale locale.
Questa la loro funzione fondamentale: il controllo del territorio, il governo dello sviluppo del territorio.
Per poter affrontare una cosa di questo genere occorrono risorse umane di denaro, nonché di dotazioni strumentali - sedi e così via - che molto spesso i nostri Comuni non hanno.
Credo che molti Consiglieri non abbiano più memoria di una delle prime funzioni che la Regione Piemonte, chissà perché, si era affrettata a delegare: l'erogazione di sanzioni in caso di illeciti relativi alle vicende veterinarie.
Giustamente, come opposizione, in quel caso ci eravamo opposti, perch molto spesso ci si sarebbe trovati di fronte un piccolo Comune, che con scarsa forza politica e controllo amministrativo si sarebbe potuto trovare a fronteggiare grandi aziende, che muovendo grandi masse di capitale avrebbero potuto creare meccanismi di coartazione nei confronti del Comune stesso. In tal senso, la possibilità di controllo e di comminare sanzioni era sicuramente compromessa.
Diventa indispensabile costruire un processo attraverso il quale i Comuni raggiungano quella massa di risorse di cui dicevo in precedenza.
Abbiamo visto che i tentativi dei vari Governi, a partire dal fascismo in poi, di unificare con forza i Comuni fra loro sono sempre falliti. Gli accorpamenti di autorità posti dal fascismo si sono immediatamente scomposti nel dopoguerra.
La strada da seguire per l'unione e la fusione dei Comuni deve essere completamente diversa, tale da incoraggiare i Comuni ad unificare tutta una serie di funzioni via via crescenti: funzioni di servizio, di programmazione dello sviluppo del territorio.
Farò altri esempi.
Esistono sicuramente grosse opportunità, per esempio, di fondi comunitari per lo sviluppo di aree industriali: può un singolo, piccolo Comune costruire un percorso di questo genere? Molto spesso si trova già in difficoltà a rispettare i tempi fissati dall'Unione Europea un grande Comune attrezzato, dotato di un Servizio Tecnico, di un apparato amministrativo sufficientemente robusto e di personale politico in qualche modo collaudato. Figuriamoci un piccolo Comune, con un Segretario presente un giorno o due la settimana! E' chiaro che in queste zone lo sviluppo del territorio sarebbe completamente lasciato alla casualità; diventa fondamentale costruire un'integrazione delle funzioni.
In sede di VIII Commissione stiamo discutendo una nuova legge per incentivare le funzioni associate; tale incentivazione, però, deve possedere una sostanza forte, anche dal punto di vista economico.
Diversamente, prevarranno le legittime aspirazioni dei Comuni a mantenere la propria identità storica, come abbiamo già verificato con i tentativi di accorpare forzosamente i Comuni, attuati dal fascismo in poi.
Viste tali resistenze, se la Regione non mette a disposizione qualcosa che vada oltre il denaro - ripeto un concetto già illustrato in precedenza le poste economiche per una determinata questione rispecchiano le capacità di idea di una Giunta regionale. E questa, probabilmente, è una Giunta che non ha grandi idee sulla capacità di portare i Comuni a delle funzioni associate.
Le poste sono veramente miserabili, le cifre indicate in bilancio sono modestissime, poiché modesta è la progettualità della Giunta. Tant'è vero che quanto serve non è soltanto un aumento economico, ma la messa a disposizione di personale, di progetti, di strumentazioni. Fattori che hanno dato, laddove si è potuto realizzare, un grosso risultato, tant'è vero che i Comuni stanno cominciando a seguire questo tipo di percorso indipendentemente. Anzi: oggi come oggi, il movimento dal basso di unione e fusione è molto più forte di quello che la Regione riesce ad innescare, per povertà di idee, di progettualità e di risorse economiche: questo il motivo per cui abbiamo presentato questo emendamento di maggiore finanziamento di questo capitolo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montabone.



MONTABONE Renato

Grazie Presidente, credo che nella Giunta regionale probabilmente la mano destra non sa cosa fa la mano sinistra, perché su questo capitolo di spesa, che viene diminuito di 10 milioni per quanto riguarda le previsioni di competenza nell'anno 1998, rispetto alle indicazioni che il Presidente della Giunta ci ha dato su quel documento visto con Regioni, città e Province, c'è scritto sostanzialmente - per quanto riguarda la riforma degli ordinamenti comunali - che "occorre differenziare gli ordinamenti comunali incentivando da un lato per i comuni di minori dimensioni processi volontari di gestione associata delle funzioni, di unione e ove possibile di fusione prevedendo dall'altro lato strumenti speciali per le città metropolitane".
Io ormai ho visto che questo documento è pieno di contraddizioni e non è un documento che si attesta sulle posizioni della Regione Piemonte, per è difficile pensare di incentivare le unioni fra i comuni quando sul bilancio del 1998 c'è una diminuzione del fondo che soltanto l'anno scorso era stato messo a disposizione per una unione o fusione di un solo comune che si è verificata.
Voglio sottolineare su questo capitolo le difficoltà di iscrivere in bilancio, da parte della Giunta, le ancor minime volontà politiche che vengono scritte su un documento di livello nazionale. Lo dico perché anche questo è estremamente importante, sull'unione e sulle associazioni dei comuni c'è una legge regionale che passa attraverso la gestione unitaria di alcuni servizi da parte di comuni limitrofi per poi arrivare all'unione di comuni.
Abbiamo visto come in Provincia di Asti, dopo anni di discussioni con sforzi soltanto degli uffici, si è riusciti ad unificare due o tre comuni sarebbe importante che si riuscisse, con l'adeguatezza di risorse messe a bilancio, ad incentivare questa unione e fusione di comuni, per fare in modo che anche il Piemonte, domani con delle caratteristiche totalmente diverse, perché i comuni del Piemonte vogliono la loro autonomia perch hanno delle tradizioni e una cultura ben precisa, magari domani raggiungendo quelle entità comunali che sono tipiche dell'Emilia Romagna di cui ci scrive l'Assessore Mariucci, riuscisse poi veramente ad approvare questo documento a pieno titolo e realizzarlo.
Sono convinto che un maggiore coordinamento fra i rappresentanti della Giunta, e in questo caso fra il Presidente della Giunta e l'Assessore al bilancio Burzi, forse ci avrebbe permesso di avere una cifra a bilancio leggermente superiore per incentivare quell'unione e quella fusione di comuni che ci permetterebbe di tenere magari fede a quel documento che abbiamo sottoscritto nella Conferenza fra Stato, Regioni, città e Province.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Bortolin.



BORTOLIN Silvana

Grazie Presidente, su questo emendamento, ovvero sui vari emendamenti che su questo argomento e su questo capitolo sono stati presentati, che sono tutti di ulteriore finanziamento alla legge regionale 2/12/92, n. 51 io vorrei sottolineare una necessità e non soltanto una richiesta di carattere politico, e tanto meno una richiesta di parte dell'opposizione.
Nella nostra Regione, più che in altre Regioni del nostro paese, noi abbiamo - e l'abbiamo detto tante volte - una parcellizzazione degli enti locali, dei comuni, che da una parte rappresentano una grossa ricchezza democratica; abbiamo "l'obbligo" di dar vita a dei consigli comunali e quindi c'è la costante necessità da parte di cittadini di incontrarsi per discutere della realtà del loro territorio, seppure piccolo, per consentire lo svolgimento della democrazia che dobbiamo sottolineare come valore dall'altra parte, però, si creano enormi difficoltà di gestione della cosa pubblica.
Questa difficoltà è ancor più esplicitata oggi di fronte alla necessità di dar vita a quel decentramento di sostanza che è rappresentato dall'attuazione della Bassanini e che richiamava il Consigliere Riggio - e non voglio ulteriormente sottolinearlo - che rende più evidente ed estrema questa difficoltà perché noi da una parte abbiamo comuni troppo piccoli tanti, tantissimi comuni troppo piccoli, per lo più dislocati in località montane - ma anche la zona di pianura rurale vede, penso alla Provincia di Vercelli e ad altre Province, innumerevoli piccoli, piccolissimi comuni abbiamo quindi un gran numero di piccoli comuni e dall'altra alla necessità di delegare non corrisponde il decentramento, perché è un'entità troppo grossa individuare come soggetto di delega la Provincia.
Per molte materie noi dobbiamo andare a discutere e verificare come organizziamo i nostri comuni per consentire loro di gestire e di governare le deleghe che andremo a trasferire. Penso non solo all'agricoltura, alla montagna, ma anche a tutti gli altri aspetti che saranno oggetto di decentramento.
Abbiamo vissuto, come Piemonte, un'esperienza che considero personalmente ancora da valutare, che è stata quella dei comprensori un'entità intermedia tra le province e i comuni che ha consentito in un periodo di governo della nostra Regione di fare un serio lavoro di programmazione; la progettualità che è uscita dal lavoro dei comprensori è una progettualità e una programmazione che ancora oggi riveste per molta parte validità, pur nelle situazioni estremamente modificate.
Voglio ricordare la gestione della sanità, dei servizi socio assistenziali, dei trasporti, la gestione delle acque, la gestione del territorio e mi fermo qui, perché potrei andare avanti; noi abbiamo sentito, come Regione Piemonte, la necessità di dar vita a dei consorzi, a degli accordi di programma, alle aziende sanitarie che hanno creato molta difficoltà a definire correttamente il nostro territorio.
Abbiamo dall'altra enti locali intermedi che sono le comunità montane che sono sorte per una corretta gestione del territorio montano per superare la parcellizzazione degli enti locali. Stiamo definendo la legge sulla collina.
Con soddisfazione ho sentito parlare nelle relazioni del finanziamento previsto per questa legge. Io mi auguro che presto sia all'attenzione e al voto del Consiglio regionale.
Questo dimostra che sono poche, possiamo poi proporre di finanziare ulteriormente, ma è un segnale della difficoltà che noi abbiamo di gestire questo territorio così parcellizzato e della necessità, non solo della volontà politica, di andare ad un'aggregazione.
Pertanto dobbiamo chiederci perché, pur avendo la necessità politica di governo della nostra Regione di andare a degli accorpamenti sotto le tante forme che ho cercato di ricordare, abbiamo una legge che non siamo riusciti ad attuare, ad applicare.
Forse abbiamo operato con poca convinzione in questa direzione; forse le difficoltà burocratiche contenute in questa legge sono tali da non aiutare, se non in un unico esempio della nostra Regione, altri Comuni a perseguire questa strada.
Conosco, per averle vissute, esperienze di Comuni che hanno interrotto il processo di aggregazione, perché il meccanismo burocratico è tale da non consentire un'attuazione, un adempimento snello rispetto a questa legge, in grado di dar corpo allo stare insieme da parte dei Comuni.
Abbiamo voluto salvaguardare il valore di democrazia, da una parte riconoscendo le municipalità, le entità che, comunque, a livello locale dovrebbero rimanere; dall'altra, istituendo nuovi Comuni e mettendo insieme realtà in grado di gestire la cosa pubblica in modo ottimale - oggi, anno 1998 - e guardando al futuro.
Da parte nostra, il richiedere un ulteriore finanziamento significa contestualmente sottolineare la necessità di andare rapidamente a modificare la legge, per adeguarla alle novità di carattere legislativo nazionale e all'esperienza negativa che abbiamo fatto in questi anni perché la necessità politica esiste, è presente e va rispettata se vogliamo, anche dal punto di vista della nostra Regione (è stato detto molto sul decentramento e sulle forme di governo del decentramento), anche partendo dal basso e dal buon governo della cosa locale, finanziare questa legge, dandole impulso e modificandola, se è necessario, ma rimarcando e sottolineando questa scelta politica da parte della Regione Piemonte.
Mi auguro che la Giunta su questi emendamenti dia un segnale positivo.
Bisogna dare corpo a questa volontà politica, costituendo, anche attraverso un adeguato finanziamento, un momento di accelerazione, un impulso all'aggregazione dei Comuni del Piemonte.



PRESIDENTE

A nome della Giunta ha chiesto di intervenire l'Assessore Vaglio; ne ha facoltà.



VAGLIO Roberto, Assessore agli Enti locali

Credo che, indipendentemente dall'esito della discussione (così come successe per i Co.Re.Co.), l'intervento della Giunta su questo argomento non andrà a modificare l'atteggiamento dell'opposizione.
Vorrei ricordare una serie di passaggi, perché saranno poi propedeutici alle discussioni in VIII Commissione.
Il primo passaggio è che la non applicazione diffusa della legge che consente ai Comuni la fusione non è motivata, a mio parere, dalla complicazione della legge stessa, bensì al fatto che esiste una grandissima diffidenza da parte dei Comuni ad accedere a questo istituto.
Probabilmente i colleghi non hanno seguito la grande risonanza che il Sole-24 Ore e Italia Oggi hanno voluto dare alla prima fusione di tre Comuni che si è verificata in Piemonte; vorrei ricordavi che non si tratta solo della prima fusione avvenuta in Piemonte, ma della prima in Italia, ed ha comportato la costituzione di un nuovo Comune non di 5, 6 o 8 mila abitanti, ma di soli 3 mila abitanti risultanti dalla fusione - ripeto - di tre Comuni.
Attualmente, sappiamo che entro il 1999 avremo solo un altro caso analogo: ci è stato infatti segnalato dalla Provincia di Biella che i Comuni di Gifflenga e Casapinta vogliono, a loro volta, procedere alla fusione.
Sono, nuovamente, due Comuni di piccolissima dimensione che daranno origine ad un nuovo Comune di analoga piccolissima dimensione.
Altre sollecitazioni dal territorio non arrivano. Questo è stato il motivo per cui, in base alle leggi attualmente disponibili (quella relativa alla fusione del Comune di Montiglio Monferrato e la previsione del nuovo Comune risultante dalla fusione di Gifflenga e Casapinta), avevamo potuto fare quelle previsioni di bilancio su quel determinato capitolo.
Vorrei ricordare l'atteggiamento dei consultandi sulla legge per il finanziamento delle iniziative di gestione associata dei servizi tra i Comuni.
Da molte parti si è sollevato il dubbio che fossero addirittura propedeutiche alla fusione, e quindi venivano rigettate. Fortunatamente questa era una posizione estremista e minoritaria, ma qualcuno in quelle consultazioni richiese di non procedere alla discussione, e quindi all'approvazione, di quel testo di legge, presumendo la volontà di procedere a più o meno forzose fusioni tra i Comuni.
Anche in questo caso, e cioè sulla gestione associata dei servizi tra Comuni, devo rilevare che le difficoltà non sono poche: ciò non solo sulle nuove aggregazioni, e quindi su nuovi consorzi che dovessero nascere, ma addirittura su istituti consolidati, come quelli delle Comunità montane.
Al momento stiamo facendo una forte promozione, come i colleghi ben sanno, per la gestione associata di alcuni servizi, tra cui la Polizia municipale, l'Anagrafe, l'Ufficio tecnico consortile, ecc.
Questi progetti sono già stati elaborati dal gruppo Micropolis e sono in via di sperimentazione presso il Centro informatico canavesano che fa riferimento a 102 Comuni.
L'iniziativa non è stata né trascurata né scarsamente promossa. Il fatto è che la diffidenza nei confronti di questo tipo di operazioni risale oramai al 1993-1994 quando - inopportunamente, molti di noi ritengono - si diede il via ad un lavoro (chiamiamolo così), uno studio per la ricomposizione amministrativa del Piemonte, che ha fatto sorgere molti allarmi e dubbi in merito.
Riteniamo (io, gli uffici competenti, gli uffici del Settore Enti Locali) che le poste attuali a bilancio siano non solo sufficienti, ma congrue a garantire questo tipo di operazioni.
Non credo che implementare ulteriormente i capitoli possa servire come incentivo, perché se al momento la promozione costante, il tentativo attraverso le Comunità montane, di giungere almeno alla gestione associata dei servizi non ha dato buoni esiti, non sarà sicuramente facendo balenare nuove risorse che riusciremo ad arrivare a tanto.
Ricordo, tra l'altro, che addirittura all'interno di nuove leggi abbiamo segnalato come prioritaria la richiesta dei Comuni che procedono a fusione o dei Comuni che procedono alla gestione associata dei servizi.
Quindi non si tratta di una posizione contraria pregiudizialmente, ma di una posizione non favorevole della Giunta in quanto la stessa si sta muovendo in questo senso.
Si tratta semplicemente di una posizione logica in cui si dice: non essendoci la necessità di impegnarli piuttosto che mandarli in avanzo di amministrazione, tanto vale fare delle previsioni giuste, dosate e riservare eventuali risorse a cause che ci diano la capacità di spesa entro l'anno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moro.



MORO Francesco

L'emendamento al capitolo 10085 del bilancio preventivo '98, presentato dal Gruppo del PDS, ricalca contenuti politici molto importanti di riforma istituzionale per il Piemonte. E' vero, l'attuazione delle leggi n. 59 e n.
127 pongono le basi concrete per la riforma istituzionale di decentramento amministrativo degli Enti locali territoriali. Anche la Regione Piemonte deve adeguarsi perché è in forte ritardo - come è già stato sottolineato rispetto alle altre Regioni d'Italia che già operano positivamente in materia di deleghe. La discussione avvenuta in VIII Commissione, già riferita dal Presidente di tale Commissione, per l'attuazione della legge n. 59 da parte della Regione Piemonte, sulle deleghe ai Comuni, alle Province e alle Comunità montane, relativa soprattutto all'agricoltura, ha evidenziato l'impreparazione e il forte ritardo dell'ente Regione Piemonte per attuare il passaggio delle deleghe alle Province, ai Comuni e alle Comunità montane. Occorre giungere al decentramento del potere centrale e regionale per attuare la piena e totale autonomia locale, che è premessa di democrazia e di modernità. Il Consiglio regionale deve attivarsi maggiormente, infatti oggi è un'ampia riprova di discussione in attuazione del programma delle deleghe, contro la politica solo torinocentrica che ha caratterizzato anche le precedenti amministrazioni, per valorizzare l'autonomia locale e periferica dei Comuni, delle Province e delle Comunità montane, che anche questa Giunta dimentica spesso. Perciò in tale ottica c'è molta rabbia, perplessità da parte degli Enti locali periferici dei Comuni e delle Province.
Occorre, quindi, un diverso controllo del territorio piemontese, con altre risorse finanziarie a bilancio '98, occorre far sì che i Comuni specie quelli minori, più degradati possano associarsi, riorganizzarsi per erogare servizi sociali, socio-assistenziali ai cittadini piemontesi.
La Giunta regionale del Piemonte dimostra assoluta sordità insensibilità per le esigue risorse finanziarie messe a bilancio '98, che sono del tutto insufficienti. Non si riesce a capire come mai anche l'Assessore preposto alle deleghe agli Enti locali abbia fatto delle formulazioni tenendo conto delle esiguità e delle insufficienze finanziarie messe a bilancio.
E' per questo motivo che l'emendamento presentato dal PDS può dare concrete risposte in questa delicatissima materia istituzionale per il pieno decentramento e per l'attuazione della Bassanini.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Spagnuolo.



SPAGNUOLO Carla

Sono soddisfatta di intervenire dopo l'intervento dell'Assessore competente. Intervento che ritengo, non per una questione di atteggiamento pregiudiziale, condivisibile in toto. Nel senso che per questa legge, che è una buona legge, ho seguito molto a fondo l'iter con la collega Cotto dell'aggregazione dei tre Comuni che hanno poi portato a Montiglio Monferrato. Certamente in questo caso c'è stata un'azione abbastanza coraggiosa di tre Sindaci che hanno convinto le loro comunità, di un contesto che ha consentito un qualche favore, anche il contesto artigiano era favorevole, almeno in parte, per l'approccio che ho potuto seguire da parte della Provincia. E' indubbio che l'aggregazione di Comuni nel nostro Paese rappresenta ancora qualcosa di eccezionale. La legge n. 51 è una legge discreta, che contiene degli incentivi, anche se non eccezionali.
Forse l'iter della legge è troppo lungo, ma non è che i Comuni si scoraggiano dall'iter; i Comuni sono scoraggiati dalla storia che il nostro Paese si porta dietro, dell'Italia dei campanili, del fatto che talvolta più i Comuni sono piccoli più la competizione tra il Comune e le frazioni o tra le varie frazioni è forte, figuriamoci un po' fra Comuni. Però, detto questo, la legge n. 51 potrebbe essere un pochino migliorata. Il dubbio è che invece l'esigenza c'è tutta e l'Assessore non l'ha disattesa. Nel senso che anche l'Assessore Vaglio dice che bisognerebbe andare all'aggregazione dei Comuni, però, bisogna creare anche le condizioni più favorevoli possibili affinché all'applicazione della legge n. 51 si vada. Dei passi avanti, molto significativi, comunque sono stati fatti perché anche le esperienze del GAL, delle aggregazioni di Comuni intesi come consorzio intorno a un qualche problema, sono stati interessanti e stanno crescendo.
L'iniziativa per esempio dei parchi culturali è interessante da questo punto di vista, perché comunque aggrega delle aree intorno a dei progetti che in questo caso sono culturali.
Sono tutti percorsi da realizzare perché possono portare al superamento di atteggiamenti, ormai superati dalla storia, anche se ancora radicati, ma che non fanno bene ai Comuni comunque. Perché i Comuni hanno bisogno invece di aggregarsi per poter erogare migliori servizi. E' evidente che se nell'area di cinque, sei, sette, dieci Comuni talvolta manca il servizio dell'erogazione della benzina - dico la cosa più elementare e possibile in alcuni casi addirittura il piccolo supermercato. E' chiaro che non ci sono le condizioni per un recupero delle condizioni di vita: oggi c'è un determinato standard e quindi di questo dobbiamo tener conto, anche se noi qualcosa di più dobbiamo poter fare.
In questo senso forse una gestione un po' diversa della legge n. 51 sarebbe auspicabile, mi rivolgo all'Assessore competente. Occorre un'azione di sostegno a questi Comuni per far capire l'importanza della riunificazione in circoscrizioni e quindi favorire il passaggio ad una logica di consorziamento per servizi o per tipologie di intervento, per esempio servizio di trasporto o interventi di ordine culturale; pertanto nel bilancio dovrebbero figurare maggiori fondi per pubblicizzare e favorire convegni, seminari e quant'altro.
Assessore, so che su alcune questioni queste esperienze le ha seguite perlomeno, per quanto a mia conoscenza, non posso dare giudizi negativi penso sempre alla zona nella quale vivo, quindi all'esperienza dei tartufi ecc.
C'è un passaggio a mio avviso essenziale: i Comuni devono comunicare tra loro. Dobbiamo favorire tutti gli strumenti che possono far sì che i Comuni si parlino, che superino diffidenze che talvolta diventano dei muri non solo delle ombre, spesso assolutamente teoriche, ma che diventano importantissime e conseguentemente motivo per non fare. Tutte le esperienze che consentano che i Comuni comunichino fra loro, si incontrino, e, più banalmente, si conoscano, possono portare a grossi passi in avanti.
Penso, ad esempio, ad un utilizzo integrato delle scuole elementari: un Comune usa i locali della scuola al mattino e l'altro al pomeriggio, magari per gli anziani. Potremmo elencare tantissimi esempi.
In questo senso, inviterei l'Assessore ad accogliere l'emendamento, che pur non prevedendo grandi somme indica risorse maggiori, e può consentire di non restare nella stretta gestione della legge n. 51 - in ordine ad esperienze una realizzata, l'altra in itinere, come lei ci ha richiamato ma di pubblicizzare iniziative, svolgere convegni e quant'altro continuando un certo tipo di percorso.
Sa com'è, Assessore, magari passano dieci anni senza che accada nulla ma nel frattempo molte situazioni possono maturare ed arrivare a conclusione nell'arco di 4/5 anni: bisogna continuare su questa strada.
Vi sono già parecchie iniziative di consorziamento, anche soltanto a livello di dialogo fra Comuni; 10/15 anni fa non era neppure pensabile: c'erano territori che non si parlavano nemmeno.
In questo senso, la inviterei ad accogliere l'emendamento, o comunque a ragionare sulla questione. E' chiaro che, pur in presenza di una legge, il non finanziamento fa sì che anche i Comuni non siano portati a consorziarsi fra loro.
Mi rendo conto di essermi dilungata; non interverrò magari nell'illustrazione di altri emendamenti su materia analoga per recuperare i minuti in più che mi sono presa: intendevo però sollecitarla, porle un invito d'intervento a fronte di una non mancanza di sensibilità sul tema che personalmente le riconosco.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Simonetti.



SIMONETTI Laura

Signor Presidente, l'emendamento, che fa riferimento alla legge n. 51 del 1992, sostanzialmente intende prestare un'attenzione particolare relativamente alle necessità che la legge tenta di introdurre e quindi sulla necessità di affrontare in modo più incisivo e approfondito la questione dei piccoli Comuni in particolare e della loro possibile unione.
La legge n. 51 introduce una necessità forte; intanto, perché ci troviamo in una Regione particolare, che ha un numero molto ricco di piccoli Comuni e che quindi conta la proliferazione di piccole entità territoriali e amministrative.
Tanti piccoli Comuni, come già dicevano alcuni Consiglieri rappresentano da un lato una ricchezza: le piccole istituzioni, l'ente comunale molto piccolo si avvicina in modo più stretto alla gente, ai problemi concreti del territorio, alla piccola scuola elementare e quindi realizza - se vogliamo - il concetto di democrazia in modo più esplicito.
L'istituzione, l'ente locale viene direttamente a contatto con i cittadini nei piccoli Comuni si conoscono tutti, non si sente il distacco fra territorio, la borgata e l'ente amministrativo, qual è il Comune.
Seppur la proliferazione di piccoli Comuni rappresenta una grande ricchezza, d'altro canto presenta notevoli difficoltà; si richiede dunque notevole sforzo di volontà dell'ente preposto alla programmazione e al coordinamento dell'attività amministrativa. E' assolutamente necessaria una maggiore attenzione da parte di questa Regione, che finora non c'è stata.
La legge n. 51, come già ricordavano altri colleghi, è sicuramente inadeguata rispetto alle difficoltà dei Comuni nel reperire strumenti di legame, di coordinamento della gestione sia territoriale sia amministrativa ad esempio, nel caso di unione di Comuni.
Altri Consiglieri già citavano alcune questioni, come la gestione delle scuole. Vorrei ricordare in quest'aula che alcuni provvedimenti, penso alla legge regionale sulle scuole materne autonome, sono stati assunti ed approvati in quest'aula per la necessità di segnare un intervento forte della Regione a tutela delle piccole realtà, in cui tali scuole materne sostanzialmente, erano l'unico punto di riferimento scolastico per gli abitanti della zona.
Da questo punto di vista, chiaramente non voglio entrare nel merito di quella proposta di legge, intendo solo ricordare una situazione in cui sostanzialmente, si è sentita la necessità di dare una risposta in un determinato settore, in questo caso quello scolastico. La legge indipendentemente dagli schieramenti, non ha visto una presa di posizione certa della Regione rispetto al motivo per la quale era nata, e quindi alle scuole materne nei piccoli Comuni; è stato dunque presentato un emendamento in cui sostanzialmente si allargava il campo d'intervento della legge anche alle città, e in particolare alla città di Torino.
Quello delle scuole materne è un esempio che ho voluto portare per segnalare la grande preoccupazione che la Giunta si lasci distrarre da poteri forti rispetto alle esigenze concrete, reali, prioritarie, quali, ad esempio, quelle dei piccoli Comuni relativamente alla gestione del loro territorio.
Su queste materie non si può andare avanti in questo modo, bisogna rilanciare dei messaggi forti. I messaggi forti possono essere realizzati con interventi anche da un punto di vista legislativo e quindi possono anche prevedere la revisione della legge n. 51 per renderla più adeguata rispetto alle esigenze oggi di gestione amministrativa di piccoli comuni.
Occorre anche attuare il processo di decentramento richiesto e proposto dalla Bassanini, processo che però non si realizza se gli strumenti e le risorse a fianco della gestione dei piccoli comuni non vengono stanziate.
Su questo il ruolo della Regione - ero in VIII Commissione sicuramente può essere più forte, più incisivo; sicuramente siamo molto indietro rispetto alle tante parole che leggiamo anche nei documenti.
Ogni tanto andiamo a riprenderci il documento iniziale che è stato presentato, documento programmatico del governo Ghigo: in quel documento troviamo delle parti importanti su cui invece ci si affida alla necessità di rivedere la gestione sostanzialmente amministrativa dei comuni in termini più ampi e quindi più coordinamento.
Se da un lato la Regione deve assumersi le sue proprie responsabilità di gestione complessiva di coordinamento, di programmazione regionale dall'altro è necessario valorizzare di più e in modo più forte il ruolo dei comuni. Sono molte anche le questioni su cui a livello parlamentare si sta ridefinendo per la prima volta il ruolo dei comuni; penso alla legge delega sulla 502/517 la riforma sanitaria, ebbene su quella questione - credo che questa sia una questione importante, come anche la gestione dei servizi assistenziali e quindi la gestione sanitaria in particolare nei piccoli comuni dove c'è la necessità di costruire dei consorzi - si sta tentando di dare anche un'inversione di rotta e quindi di ampliare questa nuova tendenza. Credi che ad esempio la necessità dei comuni di costituirsi e di costituire dei consorzi per la gestione dei servizi assistenziali stia nel ragionamento di rilanciare in modo più forte l'idea di coordinamento tra i comuni e quindi dare loro gli strumenti e i mezzi affinché possano unirsi e gestire meglio la cosa pubblica e quindi fare meglio gli amministratori.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Saitta.



SAITTA Antonino

Su questo tema sollevato e dibattuto attraverso l'emendamento del gruppo del PDS, l'Assessore Vaglio ha fornito giustamente alcune utili informazioni che non sempre sono state colte durante il dibattito; le riprendo perché credo che bisogna fare un po' di chiarezza, nel senso che questo emendamento se fosse approvato finanzierebbe una vecchia legge quella che dava applicazione alla L. 142/90. Non c'è scritto che finanzierebbe una nuova legge, per lo meno quelle che sono in discussione attualmente in Commissione.
Quindi finanzierebbe l'applicazione della L. 142, in modo particolare l'art. 26 sull'unione dei comuni che stabiliva per la Regione alcuni compiti di promozionali per giungere all'unione e poi arrivare alla fusione.
Io credo che dal punto di vista della correttezza politica ancora prima di contestare quella legge regionale ci sia da contestare la L. 142, perch la Regione allora applicò una legge, tentò di applicare quella legge, poi non c'è stata applicazione e credo che bisogna ricercarne il motivo; è stato detto che i comuni non hanno fatto le fusioni, ma c'è un motivo perché l'impostazione della L. 142, per quanto riguarda l'unione e la fusione dei comuni, è un'impostazione illuministica dal punto di vista istituzionale, cioè si pensa che le questioni siano risolvibili dal punto di vista istituzionale.
Credo che anche noi dobbiamo tenere presente cosa c'era di sbagliato nella 142, quando ci accingiamo a legiferare sulla materia. Di sbagliato secondo noi, c'era il punto di partenza che bisognava raggiungere una dimensione minima di comune, intorno ai 10.000 abitanti, perché quella è la dimensione ottimale per gestire in modo economico alcuni servizi.
Quell'impostazione si è rivelata assurda, priva di senso. Non c'è assolutamente collegamento, gli studi recenti lo dimostrano, tra dimensione piccola dei comuni e inefficienza dei servizi, c'è anche, ma non sempre questo collegamento è diretto.
Quindi la dimensione di per sé non è causa di inefficienza, per cui continuare su quella strada prevista dalla legge regionale di allora, cioè quella di incentivare l'unione, è vero, si impegnano dei soldi che poi non vengono utilizzati. Ed è la strada che tentò la Giunta nel mese di aprile e poi ritirò la proposta: prevedeva incentivazione non soltanto dell'unione e della fusione, ma anche della gestione sociale dei servizi, però era tutto il ventaglio possibile.
Ritirò la proposta dopo una nostra controproposta e ha pensato in modo prevalente alla gestione associata, mi pare questo il meccanismo.
Arriveremo alla gestione associata come proposta. Mi pare questa la strada: gestione associata dei servizi, quindi rinunciare a ciò che prevedeva la L. 142 come obiettivo principale. Credo quindi che per questo finanziamento, se ci interessa la gestione associata dei servizi, le operazioni da fare siano due, una modificare lo stanziamento, nel senso che è uno stanziamento che va utilizzato per finanziare questa legge che stiamo discutendo, così come abbiamo accantonato delle risorse per finanziare delle leggi in itinere oppure addirittura abbiamo tolto delle risorse per non finanziare le leggi in itinere. Qui si tratta di finanziare una legge che è in itinere, perché mi pare che l'orientamento prevalente sia la gestione associata.
Se questo è l'obiettivo, 80 milioni sono veramente niente, occorre prevedere una maggiore quantità di risorse.
Questa mi sembra l'indicazione e quindi il suggerimento che mi sento di dare alla Giunta è di ripensarci rispetto a un no che è stato anticipato dall'Assessore Vaglio.
Credo che da parte di tutti i colleghi, ragionando su questo tema, non si pensasse di finanziare quella vecchia, ma quella che stiamo discutendo.
Allora, se questo è l'obiettivo io volevo ancora aggiungere un'altra considerazione, che non si tratta soltanto di finanziare una legge che favorisca incentivi alla gestione associata dei comuni; è anche questo, ma non soltanto questo, perché gli studi recenti che sono stati fatti anche sui piccoli comuni, mi pare da parte del CNEL, dimostrano che non c'è tanto un legame tra dimensione di piccoli comuni e inefficienza dei servizi, c'è un legame tra dimensione dei piccoli comuni e marginalità economica, che è un problema ancora più complesso; per cui in ogni caso la gestione non è che risolva i problemi, la gestione aiuta a fornire meglio alcuni servizi o a fornire dei servizi che attualmente i piccoli comuni non sono in grado di poter fornire. Se è vero che c'è il legame tra piccoli comuni e marginalità socio-economica dei piccoli comuni, il problema non è un problema di legge è un problema di Piano regionale di sviluppo, non per ritornare al solito tema, ma per dire che questo tema del Piano regionale di sviluppo è sempre presente.
Si tratta allora di fare in modo che le scelte di politica economica che dobbiamo compiere, che dovremo compiere, che compiremo attraverso il piano di sviluppo, siano finalizzate alle aree della marginalità economica quindi i piccoli Comuni, ma non soltanto questi (possiamo parlare della collina e via di questo passo, in sostanza).
Vorrei che tenessimo conto di questo limite: facciamo tutti quanti una proposta interessante, utile perché permette una gestione associata, ma non risolve il problema che è della marginalità socio-economica dei piccoli Comuni, che richiedono invece interventi di tipo diverso. Non per nulla nella nostra proposta, mi pare anche quella fatta successivamente dalla Giunta, era previsto un aiuto di carattere economico a quei Comuni che mettendosi insieme preparano i piani di sviluppo delle loro aree, quindi come strumento propedeutico in funzione delle scelte che devono essere compiute attraverso il piano di sviluppo. Quindi io sono d'accordo sull'emendamento; chiedo che la Giunta lo riveda con l'obiettivo di finanziare la nuova legge e che addirittura si preveda uno stanziamento maggiore, rimandando evidentemente le scelte di fondo a quando avremo il piano di sviluppo che è l'elemento politico centrale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Grasso.



GRASSO Luciano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, intervengo anche per dare una testimonianza di quanto avvenuto in Provincia di Asti dove, a seguito dell'approvazione della legge 142, è stata attivata un'opera di convincimento nei confronti dei Comuni per attuare quello che sembrava comunque un obiettivo da perseguire. Devo dire che fino ad oggi solamente tre Comuni (Colcavagno, Montiglio e Scandeluzza) hanno attuato quella che potrei definire un'azione eroica, in effetti anche l'Assessore mi dice che è l'unica aggregazione di Comuni in tutta Italia, quindi non è questo un punto di riferimento importante per eventuali nuove strutturazioni di fusioni di Comuni. Questa azione è stata agevolata da certe condizioni ambientali - lo ha detto prima anche la collega Spagnuolo - che han fatto sì che tre piccoli Comuni giungessero a questa determinazione importante.
Non ritengo che nel futuro i Comuni manifesteranno la volontà di fondersi; hanno invece necessità di avere dei servizi congrui, di poter organizzare i loro servizi (uffici postali, scuole, forze pubbliche, che sono anche carenti in questo caso, i servizi sanitari, i servizi socio assistenziali), di avere questi servizi in maniera concreta. Non pensano i Comuni di poterli avere fondendosi in unità più grandi. La strada è probabilmente quella che hanno già evidenziato in molti, cioè la gestione associata dei servizi, il convenzionamento tra vari Comuni per gestire un particolare aspetto della vita pubblica.
L'Assessore faceva prima riferimento al gruppo Micropolis. C'è molta attenzione nei confronti di questi studi, di queste ricerche, ma la volontà espressa in varie parti dai Comuni è quella di non perdere comunque la propria identità culturale e storica; c'è il timore che una fusione possa far perdere loro l'identità culturale e storica. Vogliono qualcosa di diverso, dovremmo farlo comunque con un sforzo attivo, ma non riteniamo che questo possa avvenire sulla base di questa legge.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Miglietti.



MIGLIETTI Franco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, noi avevamo presentato una proposta di legge nel marzo 1997 che sembrava di una assoluta banalità: era la legge per la costituzione della Conferenza delle Autonomie locali.
Se avessimo approvato quella legge forse non sarebbe successo niente di eclatante, ma almeno vi sarebbe stata una sede istituzionale in cui si sarebbero potute approfondire tutte quelle questioni che riguardano la vita delle autonomie locali, partendo proprio da questa legge che è stata approvata nel 1992 in applicazione della legge 142 che ha sortito soltanto dei modestissimi effetti. In Italia, le autonomie locali, specialmente i Comuni, sono di lunghissima tradizione, è inutile che stia io qui a ripetere ciò che autorevoli politologi hanno già sviscerato fino in fondo e che quindi nessuna legge di imperio può costringere a sciogliersi e ad annullarsi. Mi pare che questo sia assolutamente lapalissiano e sotto gli occhi di tutti.
C'è invece grande spazio per quanto riguarda la cooperazione e la collaborazione fra Comuni, ma per un Comune - e chi ha fatto il Sindaco o almeno il Consigliere comunale, quindi ha fatto parte delle amministrazioni comunali, ne ha profonda conoscenza - ci devono essere dei ritorni di tipo economico. Normalmente, però, i piccoli Comuni, che sono principalmente quelli che avrebbero assoluta necessità di consorziarsi oppure di unirsi di trovare una qualche forma di collaborazione, sono quelli che hanno più problemi non soltanto per quanto riguarda l'istituzione, ma soprattutto per la parte economica anche all'interno del tessuto sociale che compone lo stesso Comune.
Quindi, la proposta che ha fatto il Consigliere Saitta con grande buon senso, ma mi pare che sia già emersa anche dall'Assessore competente, dalla Giunta, è quella di trovare una legge che non obblighi assolutamente nessuno, che lasci la libera facoltà di ognuno, ma che vi siano degli incentivi che lo permettano. Oggi possono essere degli incentivi, ma una volta avviata la collaborazione fra questi piccoli enti locali, può esserci un ritorno anche in termini economici sia sul territorio sia anche nei rapporti con lo stesso istituto regionale.
Credo che l'Assessore dovrebbe assumere un'iniziativa proponendo un emendamento alternativo in cui si possa vedere anche tangibilmente questa volontà e quindi proporre 500 milioni per il finanziamento di questa legge in itinere, di modo che immediatamente da parte delle autonomie locali vi possa essere la presa di coscienza che c'è la volontà da parte della Regione Piemonte di non andare ad annullare quelle che sono le realtà consolidate nel tempo, ma di aiutare e collaborare con i Comuni affinché le difficoltà in cui si trovano vengano risolte con uno strumento che non è coercitivo, bensì collaborativo.



PRESIDENTE

Credo che la seduta possa essere aggiornata a domani mattina, essendo ormai raggiunte le ore 20.



< torna indietro