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Dettaglio seduta n.21 del 14/11/95 - Legislatura n. VI - Sedute dal 23 aprile 1995 al 15 aprile 2000

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PICCHIONI


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito alle "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale" comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Bellion e Angeleri.


Argomento: Celebrazioni Manifestazioni Anniversari Convegni - Resistenza

Dibattito in merito alla partecipazione della Giunta regionale alla commemorazione, organizzata dal Partito Alleanza Nazionale, dei caduti della Repubblica Sociale Italiana. Determinazioni - Esame relativo ordine del giorno ed interpellanza n. 234


PRESIDENTE

E' pervenuta al Presidente del Consiglio, ai sensi dell'art. 43, commi secondo e terzo, del Regolamento interno del Consiglio, la richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio regionale in merito alla partecipazione della Giunta regionale alla commemorazione, organizzata dal Partito Alleanza Nazionale, dei caduti della Repubblica Sociale Italiana.
Allegato all'argomento è stato presentato l'ordine del giorno n. 64 firmato dai Consiglieri Marengo, Chiezzi, Rubatto, Ferraris, Cavaliere Foco e Spagnuolo, e l'interpellanza n. 234, firmata dai Consiglieri Chiezzi, Simonetti e Papandrea.
Sarebbe opportuno illustrare l'interpellanza e l'ordine del giorno in modo che la Giunta possa rispondere a seguito delle vostre riflessioni.
Ha chiesto la parola la Consigliera Simonetti; ne ha facoltà.



SIMONETTI Laura

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, oggi ci troviamo a dover discutere su un comportamento assunto dalla Giunta regionale il 2/11/1995.
Questo Consiglio è stato convocato in termini di urgenza sulla richiesta avanzata dall'opposizione del centro-sinistra e dal Gruppo di Rifondazione Comunista, per stigmatizzare e condannare un comportamento gravissimo assunto da una delegazione ufficiale della Giunta regionale piemontese in merito alla commemorazione organizzata dal Partito di Alleanza Nazionale dei caduti della Repubblica Sociale Italiana.
La Repubblica Sociale Italiana ha rappresentato un punto nodale dal quale si è sviluppata, in forme drammatiche ed estremamente dure, la dittatura del fascismo; un regime, quello fascista, contro il quale l'Italia ha combattuto ed ha vinto.
Migliaia e migliaia di partigiani e di persone di altre forze democratiche hanno vissuto, hanno combattuto, sono morte sulle montagne piemontesi e su tutto il territorio nazionale; hanno sparato ed ucciso per i valori più alti: la libertà di un territorio e la libertà di un popolo.
Mi chiedo, quindi, se possiamo mettere sullo stesso piano i caduti per la libertà e i caduti che hanno ucciso e sono morti per la creazione di un regime fascista, alleati con i nazisti ed oppressori della nostra Nazione.
Personalmente credo di no.
Ognuno di noi, sul piano morale, pensi e faccia quel che vuole; come cittadino impegnato nella politica si comporti come crede, assumendosi le proprie responsabilità morali, personali e politiche. Ma, considerato che la Regione Piemonte non è un ente politico, non è un organo politico - n dovrebbe comportarsi come tale - ma è un'istituzione, non è accettabile in alcun modo l'atteggiamento assunto il 2 novembre.
Non è comprensibile né giustificabile che questa istituzione abbia potuto calpestare, in modo così snello e così tranquillo, i riferimenti che la Costituzione fa sul tema del fascismo: "L'Italia ripudia il fascismo ed è vietata la riorganizzazione in ogni forma del partito fascista".
Certo, non parla di commemorazioni, ma si può convenire sul fatto che a fronte di queste disposizioni costituzionali, un atteggiamento di questo tipo, come quello tenuto dalla delegazione ufficiale della Giunta regionale, non possa che essere ritenuto incostituzionale, non possa che essere ritenuto un inneggio al regime fascista, se non una vera e propria apologia al fascismo.
Mi chiedo, quindi, come una Giunta di questo tipo possa sentirsi ancora legittimata a governare una Regione come il Piemonte, che fa parte di un territorio nazionale che ha ripudiato il fascismo in tutte le sue forme, ma che soprattutto contiene nel suo patrimonio storico, culturale e politico un elemento fondante: l'antifascismo nei suoi valori più alti di libertà di pace e di democrazia.
L'episodio del 2 novembre non può che essere considerato un affronto alla cultura antifascista italiana, un affronto a tutti i morti e ai caduti della Resistenza, un affronto ai valori della democrazia e ad una storia che ha chiuso con il fascismo il 25 aprile 1945, per la liberazione della patria dal nazifascismo.
Ricordo anche alla Giunta che quest'anno è ricorso il cinquantesimo anniversario della guerra di Liberazione dell'Italia dal fascismo; a distanza di pochi mesi, però, assistiamo ad un atteggiamento di questo tipo che è molto grave, è gravissimo.
Concludo dicendo che se il governo regionale intende calpestare questi valori fondanti, io, non come Consigliera, come cittadina, non mi sento più in alcun modo tutelata e legittimata, poiché è chiaro che in questo governo vi sono solo persone che non sono neanche più legate ad una cultura di destra, ma - cosa ben più grave - inneggiano alla storia fascista.
Di fronte ad atteggiamenti così gravi, mi risulta, come Consigliera assai difficile sviluppare ancora un degno confronto politico nei confronti di una Giunta e di organi politici che si sono dimostrati noncuranti nel calpestare la cultura democratica che - ripeto - in Italia è fondata sul valore forte dell'antifascismo.
Vorrei concludere dicendo alla Giunta: badate, è la prima volta che succede questo episodio; questo atteggiamento non è mai stato assunto da nessun'altra Giunta regionale.
Queste sono le motivazioni che ci hanno spinto a presentare l'ordine del giorno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Angeli.



ANGELI Mario

Prendo la parola per aderire sia all'ordine del giorno presentato dalla Consigliera Simonetti sia per fare alcune riflessioni.
Sono tra quelli che qualche cosa ricordano, perché sono nato nel 1941.
Quello che è successo in quel periodo buio, come pure i morti che sono rimasti in ognuna delle nostre famiglie, sia da una parte che dall'altra ai quali porgo tutto il rispetto dovuto - è stato costituzionalmente generato dalla Resistenza. Quindi, le istituzioni devono comportarsi di conseguenza.
Secondo me, vi è in ognuno di noi un modo diverso di rapportarsi al tema, personalmente la penso in modo diametralmente opposto da Alleanza Nazionale. Tempo fa pensavo che il Partito di Alleanza Nazionale fosse una cosa diversa rispetto a quanto ho letto sui giornali, perché non ero presente, oggi invece vedo inneggiare con le mani tese al partito fascista.
Personalmente, non ce l'ho con il partito fascista, perché non esiste non c'è. Essendosi sciolto il Movimento Sociale Italiano, pensavo si fosse creata una formazione di destra dalle caratteristiche diverse, e che quindi non fosse necessario, né in questo Consiglio né in alcun altro posto pubblico, dover ancora parlare di posizioni fasciste.
La presa di posizione della Giunta regionale di recarsi a commemorare la Repubblica di Salò mi mette in una situazione di enorme imbarazzo. Due miei zii non sono più tornati dalla Russia, vittime delle forze cosiddette "dell'Asse": dei nazisti, dei giapponesi e degli italiani del periodo fascista - e sono andati in Russia non certo per loro volere, ma perch obbligati. Un altro mio zio era comandante di formazione partigiana: sono quindi cresciuto in una cultura di libertà e di rispetto nei confronti di tutti. Cultura trasmessami in primo luogo da quel mio zio e dal mio papà vittima, alla Casa dello Studente, delle torture fasciste perché la pensava in modo diverso.
Non nutro, comunque, odio nei confronti di chicchessia; credo però che sarebbe opportuno che l'istituzione, il Governo delle Regioni, dei Comuni della Nazione non partecipassero a queste manifestazioni, formalmente, come istituzione - naturalmente, a titolo personale Ministri, Assessori Consiglieri e quanti altri facciano quanto credono.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Farassino.



FARASSINO Giuseppe

Associo il mio imbarazzo, perché di tale situazione si tratta, a quello del Consigliere Angeli; contrariamente al collega, nato nel 1941, io sono nato nel 1934 e quindi ricordo benissimo: nel '45 avevo 11 anni.
Relativamente al fatto in sé, sono tra coloro che da tempo sostengono che occorrerebbe "mettere una pietra sopra" ai morti, perché, se in buona fede tali furono da una parte e dall'altra; non esiste, a mio avviso, qualcuno "più" morto di un altro. Non parlo di coloro che impartivano ordini, che infliggevano torture, ma di coloro che - e li ricordo bene, perché li ho visti - andavano sulle montagne, contrapponendosi al regime fascista.
D'altra parte, ricordo i fratelli maggiori dei miei coetanei che andavano a morire ad Anzio o a Montecassino, convinti di proteggere quella che loro ritenevano la patria. La "patria" è un'entità astratta: ognuno se la sceglie. Ed è difficile stabilire chi è morto per una giusta causa quest'ultima la stabilisce poi la storia. Qual era la giusta parte? Generalmente quella di chi vince...



(Brusìo nel pubblico)



FARASSINO Giuseppe

E' il mio punto di vista... Siamo un Paese democratico. Sarà la storia a stabilire da che parte stava la giusta causa. E tante volte non sta da nessuna parte! Personalmente, oggi che siedo in Parlamento europeo vicino a parlamentari austriaci, mi chiedo per cosa, per chi sono morti coloro che hanno combattuto la guerra '15/'18.
Dal punto di vista etico, è il fatto istituzionale e costituzionale ad essere imbarazzante, perché la Giunta rappresenta la Regione, che, per un ventesimo, è parte fondante della Repubblica italiana. E la Repubblica italiana non può commemorare la Repubblica di Salò: il dettato costituzionale stabilisce che la Repubblica italiana, nata sulle ceneri del fascismo, lo mette al bando condannandone anche l'apologia.
Diversamente dal collega Angeli, io non ho mai creduto che il congresso di Fiuggi spostasse l'idea, gli ideali di chi è appartenuto al partito fascista; un congresso non può cambiare completamente determinate posizioni.
Mi domando dunque se si è trattato di arroganza o se stiamo per parlare di stupidità; non si può, ufficialmente, inviare a commemorare la Repubblica di Salò un rappresentante di un'istituzione che rappresenta, in ventesimo, la Repubblica del nostro Paese.
Personalmente e a nome della Lega, chiedo quindi che la Giunta si muova con un comunicato, ad esempio - in modo da poter rappezzare una situazione, oltreché imbarazzante, anticostituzionale ed antirepubblicana.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Foco.



FOCO Andrea

Signor Presidente e signori Consiglieri, mi sembra doveroso, in questo dibattito, portare all'attenzione del Consiglio regionale, nella mia veste di Vicepresidente delegato del Comitato per l'affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione repubblicana, le forti preoccupazioni, il dolore e la rabbia, ma anche la ferma condanna che sono emerse sia nel dibattito sia nell'ordine del giorno del Comitato, votato all'unanimità.
Il Comitato, come ogni Consigliere sa, viene insediato ad ogni inizio legislatura, nel rispetto di una legge della Regione Piemonte; una legge che il Piemonte si è dato liberamente.
Di fronte a quanto è avvenuto, molti dei presenti nel Comitato si sono chiesti se la Regione Piemonte non intendeva più rispettare le leggi che liberamente si era data, e stravolgere conseguentemente il dettato costituzionale.
Il dibattito, ora in sede di Consiglio regionale, deve servire, a mio parere e a parere del mio Gruppo, per fare chiarezza, ma anche per condannare l'uso strumentale che si è voluto fare dell'istituzione-Regione per piegarla ad un uso di parte.
Onorevole Ghigo, lei, prima di tutto - e non deve dimenticarlo - è il Presidente della Regione Piemonte. Poi sarà sicuramente il leader, il referente, il coordinatore, di un partito o di un movimento.
In questa seconda veste, ma ben distinta dalla prima, può stringere tutte le alleanze che vuole, che ritiene opportuno, d'altronde lo ha fatto.
E nessuno, men che noi, vuole interferire con questa sua funzione politica ma di partito. In questa veste lei risponde a se stesso e alla sua parte politica. Ma diverso è il ruolo dell'onorevole Ghigo, Presidente della Regione Piemonte. Regione che è governata da leggi che si è data liberamente, che vanno rispettate e fatte rispettare, e in primo luogo le deve rispettare la Giunta regionale.
Inoltre la Regione, prima di tutto, deve operare nell'ambito e nel rispetto dei principi costituzionali. La Costituzione repubblicana è il grande atto di pacificazione e di rappacificazione del nostro Paese: è l'atto fondamentale e sigla la fine di una lotta, di una dura lotta, quella della Resistenza: da quelle lotte di liberazione dal fascismo e dal nazismo, che sono costate sacrifici, sangue, lutti e morti, è nato il nostro Stato democratico.
Per la nostra Costituzione repubblicana, per costruire uno Stato democratico molti, anche giovanissimi, hanno combattuto e sono morti schierandosi per la libertà e per la democrazia.
Altri si sono opposti, si sono schierati con il fascismo, con il nazismo, per continuare un'ideologia che aveva portato alla guerra mondiale, alla morte in tutto il mondo, alla distruzione di intere città e paesi, al genocidio di popoli, alla negazione e alla cancellazione dei diritti umani, dell'avversario o semplicemente di chi non apparteneva ad una certa stirpe o razza. Pensiamo alla triste pagina dei Lager non solo come momento di ricordo, ma come momento di memento, di insegnamento per l'oggi, e per questo il Consiglio ogni anno organizza visite guidate con le Associazioni degli ex deportati rivolte in particolare alle scuole superiori del Piemonte.
Ma non vorrei dilungarmi oltre su questi temi, perché ritengo siano fatti assodati, consegnati alla storia, non abbiamo bisogno di riscrivere una storia che è stata scritta con il sangue.
Onorevole Ghigo, a tutti i morti va la nostra umana pietà, ci mancherebbe ancora. I partiti, le forze politiche, i movimenti nella loro responsabilità e collocazione, nelle loro scelte sono liberi nel celebrare e nel ricordare, ma anche loro - mi sia consentito ricordarlo - anche in queste occasioni di umana pietà devono rispettare la Costituzione.
Ma diverso dal livello dei partiti e dal livello personale è quello istituzionale, ed è questo il nodo della discussione di oggi. Non si pu fingere di non capire, non possono esistere confusioni o polveroni al riguardo, non vorrei scomodare l'Africa nera o le tribù africane.
L'onore, la gloria, le corone delle istituzioni, le celebrazioni ufficiali si svolgono ai sacrari dei caduti di tutte le guerre: ai caduti della Resistenza, a quelli che hanno combattuto e sono caduti per la libertà e la democrazia della loro patria. Non si può onorare allo stesso modo chi ha combattuto per ideali di libertà e democrazia o chi contro questi ha lottato e combattuto fino alla morte.
Sono piani e livelli diversi. Questo non significa non sentire umana pietà per tutti, ma diverso è onorare. E questa confusione non può farla un'istituzione democratica come la nostra Regione, fondata sui valori della Resistenza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rubatto.



RUBATTO Pier Luigi

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, è sempre difficile intervenire su questioni delicate che coinvolgono i sentimenti e la memoria delle persone.
Chiunque abbia vissuto quei tragici periodi della nostra storia nazionale, che vanno dall'8 settembre 1943 al 25 aprile 1945, ha pagato in termini di sacrifici personale un grave tributo alla rinascita e al riscatto del nostro Paese.
Anche chi solo come civile ha dovuto vivere quei tragici momenti sotto la minaccia delle bombe e delle rappresaglie, convivendo con lo spettro della fame e del pericolo quotidiano, ha pagato un alto prezzo al riscatto nazionale.
Molti però hanno saputo e potuto portare alla causa della liberazione e del riscatto nazionale un apporto più diretto e fattivo, combattendo e morendo per la lotta di Resistenza e di Liberazione.
A tutti questi che hanno saputo, in un momento difficile e confuso compiere una scelta di coraggio e di sacrificio per affermare e difendere quei valori di libertà e di democrazia che stanno alla base dei valori della nostra Repubblica, siano essi sopravvissuti o siano caduti per la causa della libertà, va la nostra riconoscenza ed il nostro omaggio.
Di fronte al dramma delle migliaia di morti che la guerra ha causato nel nostro Paese deve andare il nostro rispetto e la nostra commiserazione.
La pietà e la commiserazione non discrimina tra militari e civili, non conosce bandiere e fazioni, abbraccia tutti i morti e i caduti in un reverente tributo al senso di umanità che ognuno di noi può e deve singolarmente avere.
Quando una rappresentanza istituzionale intende ufficialmente partecipare ad una pubblica manifestazione, in memoria dei defunti, pu rivolgersi a tutti i defunti senza alcuna distinzione o differenziazione se però un'istituzione intende dedicare un particolare omaggio ai morti caduti per una causa, tale omaggio non può che essere riservato a coloro che sono caduti per affermare quei valori di libertà e di democrazia che stanno alla base della nostra Repubblica.
Per questo motivo ho aderito all'ordine del giorno proposto dai Gruppi firmatari. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Papandrea.



PAPANDREA Rocco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, trovo un po' strano che si stia facendo un dibattito unilaterale. Ritengo che da una parte i rappresentanti di Alleanza Nazionale incassino un risultato politico e dall'altra credo che nelle file della maggioranza ci sia perplessità disagio che sarebbe utile venisse anche manifestato.
Tengo quindi anche conto del tipo di prese di posizione che sono state scritte sui giornali, discutiamo di questo argomento non perché vogliamo rinvangare il passato, ma perché si è verificato un fatto politico grave: per la prima volta un'istituzione ha partecipato ad una cerimonia di questo tipo. E' un fatto, secondo me, gravissimo. Già era risultato come fatto gravissimo la formazione di questa maggioranza, con un allargamento ad una forza come Alleanza Nazionale che, nonostante le dichiarazioni rilasciate dimostra il suo ancoraggio al passato fascista. Però, prendendo per buono quello che loro, spesso, hanno detto, e cioè che Alleanza Nazionale rappresentava un momento di rottura con il passato - di cui essi stessi ritenevano di doversi vergognare - per potersi legittimare dovevano rompere con quel passato. Oggi invece non ci troviamo di fronte ad una rottura con quel passato, bensì ad una rivalutazione del periodo peggiore di quel passato: la Repubblica Sociale Italiana ha rappresentato il momento peggiore della storia fascista, ha rappresentato un momento di asservimento di un pezzo della nostra Nazione alla Germania nazista, ai suoi valori, con tutte le conseguenze che ne sono derivate, e che altri interventi hanno ricordato prima di me. Questo è stata la Repubblica Sociale. Indubbiamente ci deve essere pietà per i morti. Ma questo non vuol dire che ci si pu dimenticare delle cause, del perché si è morti: il fatto che siano passati cinquant'anni non vuol dire che quei valori si siano in qualche modo attenuati, è come mettere sullo stesso piano coloro che hanno lottato contro lo schiavismo e coloro che erano favorevoli allo schiavismo. Non si può! E' qualcosa di assolutamente incredibile. Credo che i nazisti e i protagonisti della Repubblica Sociale si siano comportati anche peggio dei Confederati del Sud quando erano favorevoli allo schiavismo. I nazisti hanno commesso atti di una barbarie che non si era mai vista prima nella storia mondiale. Ed ora il fatto di partecipare alla commemorazione di quei morti è di una gravità inaudita; il fatto che siano passati gli anni e non ci sia più il ricordo non vuol dire che questi fatti non siano accaduti.
Credo che se ne debba uscire in qualche modo, la cosa migliore sarebbe un atto unilaterale della Giunta, cioè che la Giunta riconoscesse, in modo pieno, l'errore che ha fatto. In ogni caso confido - se non dovesse farlo la Giunta - nella sensibilità all'interno della maggioranza a questo riguardo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Riba.



RIBA Lido

Grazie, Presidente. Devo un intervento, sia pure breve, e modestamente perché non me ne sento all'altezza, ai valori della mia provincia antifascista, ai morti delle nostre vallate e delle nostre città della provincia di Cuneo, ai sette martiri assassinati dalle Brigate fasciste e dalle Brigate nere che ogni anno il mio Comune, Caraglio, ricorda il 2 gennaio e - se mi è consentito un riferimento personale, non lo faccio mai credo di doverlo anche a mio padre, che ha 98 anni ed è uno dei pochissimi Cavalieri di Vittorio Veneto sopravvissuti. Sono valori che sono in discussione. Mi rivolgo a lei, Presidente Ghigo, perché questo strappo non è una cosa che si è consumata soltanto in un comportamento o in un comunicato della Giunta: ha avuto, ed ha, una profonda ripercussione. Lei ha utilizzato la sua qualità di Presidente della Regione tutta coinvolgendoci, e questo Consiglio regionale - ancorché ci sia stato doloroso richiederne la convocazione, e ancorché costituisca un fatto del tutto inconsueto in questa Regione - era dovuto perché qui ognuno deve assumersi le proprie responsabilità.
Cari colleghi Capigruppo della maggioranza, noi non accettiamo che voi vi nascondiate dietro un indistinto atto di maggioranza e ad un unico indistinto intervento di maggioranza. Potete metterla come volete. Su queste cose ci sono dei giudizi, su queste cose ci sono delle responsabilità, su queste cose c'è il diritto dei cittadini a sapere! Lo scrittore Nuto Revelli, con il quale ho l'onore e la fortuna di poter parlare qualche volta, che, per la nobiltà della sua lotta e del suo impegno civile antifascista, ha qualche titolo, Presidente Ghigo, per commentare il comportamento suo e della sua Giunta - le chiedo scusa per la durezza delle parole, lei è persona che le usa sempre con la prudenza dovuta al suo ruolo e neanche io le voglio accentuare, ma ho il dovere di riportarle così come Nuto Revelli le esprime - dice: "Ognuno è libero di onorare i propri morti, ma speculare sui morti per fini politici è vergognoso, è la peggior cosa che si possa fare da parte dei politici".
Questo è quanto.
Naturalmente, Presidente, nessuno, ma proprio nessuno, in questo Stato ha mai ecceduto. Qui non c'è stata una Norimberga italiana, e non sono certo io a dire che si è sbagliato. I padri della nostra Costituzione, da De Gasperi a Togliatti, per citarne due, sapevano, molto prima di Rabin che la pace non si fa con gli amici. Amnistie, indulti, perdoni veri perdoni da parte delle vittime: questi sono stati espressi. Oggi che cosa si vuole riscrivere? Oggi, se si vuole riandare a riscrivere queste cose lo si fa per motivi politici di rafforzamento di un rapporto di alleanza che, spero, imbarazzi qualcuno. Qualcuno che vorrei citare per nome e cognome, perché so che qualcuno, nella maggioranza, non può trovarsi a suo agio. Per quanto non abbia titolo né voglia di riferirmi singolarmente ai Gruppi della maggioranza fin quando non avranno parlato, credo che tentare di riscrivere la storia in questo modo non solo non serve alla pacificazione, ma serve a riaprire una drammatica ferita. Ma serve davvero! Delle due l'una: o si vuole essere referenti e continuatori e riabilitatori del fascismo, e allora l'ordine del giorno si permette - sperando che sia in qualche maniera ricusato da voi - di stigmatizzare questi elementi di inopportuna ed improvvida apologia, oppure il fascismo lo si lascia dov'è.
Nessuno ne è erede, nessuno lo celebra. Queste sono cose assolutamente lineari. Non sto colpevolizzando qualcuno. Sono nato proprio dopo la Resistenza - parlo di quando potevo capire - ed elementi di stato d'animo non ne ho, ma credo di sapere, come tutti voi, come si deve governare una società che si regge su questi valori. Vogliamo riscrivere la storia? Vogliamo cambiare il titolo di "Guerra di liberazione" e di "Lotta partigiana" - così come l'avete cambiato voi - in "Guerra civile"? Ma allora per riscrivere la storia ci vuole altro - mi si permetta - che l'autorità della Giunta regionale del Piemonte! Bisogna chiamare a raccolta anche coloro che hanno vissuto questa esperienza, coloro che sanno cosa vogliono dire le parole; bisogna chiamarli tutti e, se tutti saranno d'accordo, lei la riscriverà; perché questa è un'azione incauta. Guardi che un Presidente come Formigoni - che non è certo sospettabile di essere un progressista, ma non è certamente uno sprovveduto - non l'ha fatto! Non ce n'era bisogno! Due sono le cose: se la vostra alleanza ha bisogno di questo per reggersi, allora credo che il Piemonte debba essere molto preoccupato se questa maggioranza non ha bisogno di questo per reggersi, allora mi preoccupa ancora di più che quella parte, che aveva il dovere di vigilare abbia realizzato questa operazione.
Credo che la riunione di oggi si svolga con qualche elemento di imbarazzo, perché era stato annunciato che sarebbe stata aperta da un intervento del Presidente Ghigo, che poi non c'è stato. Ad ogni modo io sto esprimendo un mio ragionamento.



PRESIDENTE

Siccome era stato presentato un ordine del giorno è stato un suggerimento della Presidenza.



RIBA Lido

Avevo questa informazione. Non ci sono prese di posizione da parte di nessuno.
Credete, abbiamo la sensazione che vogliate considerarlo un atteggiamento un po' scontato, da parte dell'opposizione, ma io credo che non vorrete umiliare questo dibattito insistendo nel collocarlo sotto questa definizione, perché non è questo. Nessuno di noi parla per un'esigenza individuale.
Credo che siamo stati coinvolti su un aspetto importante di interpretare la storia. Il Presidente Picchioni, che certamente è persona che da anni ha l'opportunità, per i suoi ruoli, di riflettere su queste cose, ha ritenuto saggiamente di non coinvolgere il Consiglio regionale in un atteggiamento di pietà per i morti che, se non è una scusa, è un fatto individuale. Su questo, certamente, fate bene; chi si sente ci vada. Cerchi soltanto di non fare in modo che ciò diventi l'oggetto di una fotografia con le braccia tese ai saluti romani, perché lì l'apologia mi pare del tutto testimoniata. Si disgiunga, si distingua: noi abbiamo un testo costituzionale da rispettare. Chiedo questo, avendo fatto, credo, uno sforzo perché questo dibattito non fosse elemento di un ragionamento a senso unico e neanche di una discussione.
Concludo il mio intervento, Presidente Ghigo, chiedendo che al termine di questo dibattito, in modi tangibili, si ponga rimedio alla ferita inferta ai valori della Resistenza e della Costituzione. Questo sarà un atto che rappresenterà un momento di rasserenamento, necessario a questo punto, perché il nostro Consiglio possa ancora considerarsi - non dico quel Parlamento subalpino di cui tanto siamo andati fieri o sono andati fieri alcuni nostri predecessori - l'istituto che rappresenta l'unità, i valori e i cittadini di tutto il Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Burzi.



BURZI Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, in occasione della recente commemorazione dei morti, un componente della Giunta regionale ha partecipato ad una funzione funebre in ricordo dei caduti della Repubblica Sociale Italiana. Questa partecipazione ha dato luogo a dichiarazioni di riprovazione da parte della minoranza di sinistra che ha visto in questo atto una condivisione degli ideali della Repubblica Sociale Italiana.
I Gruppi consiliari della maggioranza, in merito alla succitata partecipazione, tendono a sottolineare con nettezza che il rispetto dovuto alla persona umana - quella pietas cristiana che anche in alcuni interventi di oggi è stata sottolineata, ma che viene sottolineata soltanto quando, mi sia consentito, fa comodo - non sottostà ad alcuna bandiera politica, n oggi né ieri né tantomeno domani. Siamo, qualunque sia la nostra idea politica, qualunque sia la nostra formazione o la differenza di identità comunque di fronte a vittime di una guerra, in cui, indipendentemente dalle ragioni o dai torti, si è originato un dolore non sopito per il sangue che è stato versato nella nostra Italia.
L'omaggio da parte di un componente della Giunta, il nostro omaggio condiviso ai caduti della Repubblica Sociale Italiana, non fa certo venir meno la nostra sincera, convinta, adesione e dedizione a quei valori di libertà e di democrazia che sono elementi costitutivi della nostra Repubblica. Ed è proprio l'assoluta sicurezza nella realizzazione delle libertà, della democrazia e nell'opposizione a qualunque ideologia totalitaria di qualunque colore, che ci consente di guardare con rispetto e senza nessuna paura, quegli uomini che contro questi valori si battevano convinti che la storia potesse dare ragione alle loro idee. Spiace vedere che non si è ancora sopita la capacità di portare onore agli sconfitti, ma non ci sono soltanto gli sconfitti di cinquant'anni fa. La nostra patria è ricca di sconfitti che in buona fede sono caduti e hanno combattuto.
Riteniamo che in un momento così difficile per il nostro Paese l'unica vera dimostrazione dei volontari per seguire i valori della nostra Carta Costituzionale, che molte volte è stata ricordata oggi, e che tutti noi condividiamo, sia quella di trasmettere alle generazioni future quel patto di cittadinanza, quell'istituzione e quella prosperità che meglio di ogni altra considerazione consente una rinnovata convivenza civile.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri, noi consideriamo - e a ci oltre che come Gruppo di Forza Italia, sono delegato dai Capigruppo della maggioranza - la convocazione di oggi certamente legittima da un punto di vista procedurale, ma probabilmente inopportuna considerate le priorità politiche e le richieste che i Gruppi della maggioranza conoscono perch parlano con la gente. Probabilmente è inutile come approfondimento culturale di quei temi; alcuni degli interventi di oggi lo hanno dimostrato e non crediamo sia questa la sede prioritaria in cui debbano essere discussi. Il dibattito sui temi che alcuni degli interventi oggi hanno sottolineato sta avvenendo, mi spiace dirlo - ma sono anche orgoglioso di dirlo - in una particolare direzione. Non va certo nella direzione di quegli interventi che tendono unicamente, strumentalmente, a cercare inutili fratture politiche di maggioranza consiliare, inutili recuperi di differenza.
E' proprio per questi motivi che ribadiamo il voto contrario non tanto e non solo del mio Gruppo, ma di tutti i Gruppi consiliari della maggioranza all'ordine del giorno presentato. Noi riteniamo, come Gruppo di maggioranza, di non fare ulteriori interventi che consideriamo poco produttivi nell'ambito di questa seduta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Peano.



PEANO Piergiorgio

Grazie, Presidente. Vorrei sottoscrivere appieno l'intervento del collega Riba, collega che vive come me in provincia di Cuneo. Vorrei veramente che fosse un coro a due, sottoscrivo quell'intervento e lo ringrazio per quello che ha detto.
Invece mi sono sentito a disagio, Presidente, per le ultime parole pronunciate dal Capogruppo della maggioranza, Burzi. Non si può non accettare un dibattito di questa portata e di questa importanza, anche se tutti abbiamo la consapevolezza - ed io ce l'ho fino in fondo, lo creda Presidente - che dovremmo andare oltre, guardare avanti, guardare più in là. Tutti abbiamo questa consapevolezza.
Però non possiamo non accettare questo dibattito: come si fa a non accettarlo? Come si fa a dire che soltanto una persona sarà portavoce dell'intera maggioranza? Lo si può comprendere, ma non oggi, non in questo dibattito, che è troppo importante ed è veramente legato alla storia delle nostre istituzioni. L'abbiamo chiesto perché ritenevamo che oggi si dovessero comunque esporre le singole posizioni e si dovesse anche fare chiarezza sulle nostre posizioni personali.
Mi sono interrogato su questi temi in questi giorni; l'altra sera ho anche incontrato un gruppo di giovani ed a loro ho posto lo stesso interrogativo che ci poniamo noi oggi, cioè cosa significava oggi questo dibattito per noi Consiglieri regionali e cosa può significare per i giovani. Abbiamo provato a cercare di riflettere sul significato delle cerimonie che ogni anno tutti andiamo a compiere nelle ricorrenze e in memoria dei caduti. Ho letto il comunicato del Comitato per l'affermazione dei valori della Resistenza, comunicato molto sibillino, ma molto preciso: "Il Comitato condanna la Giunta regionale che ha aderito alla manifestazione di un partito politico che, al di là dell'umana pietà per i morti, mirava a legittimare la Repubblica Sociale Italiana.
Il Comitato, nel condannare tale comportamento, condivide ed approva la decisione dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, con cui è stato deciso di inviare le corone di alloro solo alle cerimonie istituzionali di omaggio ai caduti.
Il Comitato rileva che tale decisione, oltre ad inserirsi nella tradizione antifascista del Piemonte, è aderente al dettato costituzionale".
In questo Consiglio regionale sono state espresse due posizioni diverse: quella dell'Ufficio di Presidenza, che si esprime in una direzione, e quella della Giunta, che si esprime in un'altra; anche questo dovrebbe essere motivo di dibattito oggi. Però, come ho detto, forse dobbiamo andare al di là di tutto questo; io ci proverò con tutta la mia povera capacità, anche perché credo che vi siano tante ragioni: le ragioni della democrazia nata sulle ceneri del fascismo; le ragioni dei vivi e dei sopravvissuti, ma anche le ragioni dei morti.
Ho chiesto a quei giovani, per esempio, fino a quando continueremo a discutere quali sono i morti che devono essere legittimati o no; fino a quando discuteremo sulla linea di confine di quel 25 luglio od 8 settembre 1943 per dividere buoni e cattivi, morti giusti ed ingiusti, deboli e forti.
Ho l'impressione che tutto questo appartenga ancora alle incrostazioni che ci portiamo dentro di un periodo storico che aveva spento i valori culturali della libertà e della verità e che, per troppi anni, ha guidato la nostra Nazione. Rimangono ancora nelle nostre coscienze le impurità di un tempo di odio, di violenza, e non sappiamo ancora essere completamente liberi nei nostri sentimenti in modo tale da capire, scoprire; figuriamoci quindi se possiamo pensare oggi ad una revisione storica di quel periodo.
Eppure sono passati cinquant'anni. Forse le paure sono ancora molte non riusciamo ancora ad esorcizzarle. La Giunta - credo - doveva attendere queste cose andavano preparate: questi non sono atteggiamenti che possono essere presi all'improvviso, perché riguardano i sentimenti di troppe persone.
Ma andiamo al di là. Il tempo che ci attende è il tempo della democrazia, che tutti vogliamo costruire e che sempre più ci richiede di avere il coraggio di proporre e non di imporre le nostre idee o la verità.
Io so qual è la mia storia, so dove sono. So che non potrò mai appartenere ad una destra, così come oggi è schierata. Mi scusino quelli di Alleanza Nazionale se proverò a dire qualcosa anche nei loro confronti.
Credo che Alleanza Nazionale dovrà fare ancora un lungo e silenzioso cammino. Non è bastato l'appuntamento di Fiuggi per creare delle svolte e dare credibilità ad un evento che non sia solo trasformismo; né si pu sperare che si concluda nel tempo con la vita di quanti hanno fatto la Resistenza, di quanti hanno combattuto in quel periodo storico e hanno visto compagni ed amici morire e cadere per una causa.
Quei caduti e quei morti hanno costruito una storia che in quel momento ha saputo ridare legittimità storica alla nostra Nazione. Alleanza Nazionale dovrà dimostrare, con il proprio comportamento, che al suo interno c'è un vero e proprio risanamento: non si diventa democratici soltanto per dichiarazione, nel sentirsi legittimati con il passato.
Il passato c'è, è scritto, rimane, con la sua verità scritta o non scritta, con le sue testimonianze, con le sue lacerazioni. Lo capiremo meglio quando si aprirà - e sicuramente in Italia si aprirà - un dibattito vero sulla nostra Costituzione, nata dall'apporto di tutte le componenti sociali di quel momento. Vedremo se Alleanza Nazionale, che si appresta lo leggevamo ieri su Corriere della Sera - a diventare la prima forza del nostro Paese, saprà attuarla o se vorrà cambiarla specie nello spirito, nei valori che la contraddistinguono contro tutti i fascismi.
Pace e pacificazione.
La pacificazione richiede atteggiamenti di umiltà, anche di saper chiedere scusa di un passato. Un passato non lo si può chiudere nel silenzio. La pace deve essere dentro di noi.
Sui morti non vorrei più dover discutere. Ho vissuto anche nella mia città la divisione di quell'8 settembre, per voler identificare i buoni e i cattivi. La guerra è guerra e basta, con tutte le sue tragedie e le sue inciviltà. Dobbiamo essere tutti pronti a costruire la pace, quella che ci appartiene, ma che richiede a ciascuno di noi un atto forte. Posso chiedere all'altro di cambiare, ma prima devo cambiare me stesso.
Per Ghandi le più grosse battaglie non sono soltanto quelle militari ma quelle che ciascun uomo deve combattere dentro di sé; diceva: "Le prime battaglie della vita sono quelle che devono essere combattute per distruggere i sentimenti di odio, di violenza dentro di noi".
Non mi sento oggi di legittimare l'atto della Giunta, ma vorrei ancora riflettere un attimo. Ciò che mi piace di questo nostro Paese è la capacità di saper crescere culturalmente e confrontarsi; credo che nessun Paese europeo in questo momento sappia tenere così aperto il dibattito. Il nostro è sempre attento. Ciò che non mi piace in questo nostro Paese è il non riuscire a venirne fuori, a scoprire le novità di questo periodo, la voglia di farci cambiare. Forse a causa della mancanza di grossi riferimenti politici.
La domanda che mi sono posto in questo periodo è: il popolo italiano avrebbe potuto accettare la scommessa della riunificazione così come l'ha vissuta la Germania? Ho anche pensato a Rabin ed Arafat: due nemici per la pelle, un unico Nobel per la pace, offrendo la propria vita. Da loro le ferite erano più attuali e ancora più recenti, eppure hanno saputo offrire un percorso che la maggioranza ha capito e che per molti sarebbe stato difficile saper comprendere. Però l'hanno proposto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cavaliere.



CAVALIERE Pasquale

Anch'io faccio parte di quella generazione, evidentemente nata dopo che ha molto riflettuto su quel che Cesare Pavese, il Pavese del travaglio scriveva nel "La casa in collina": "Ogni guerra è una guerra civile, ogni caduto è uguale a chi resta e gliene chiede ragione". Una generazione che ha sempre riflettuto su queste cose, cercando di capire come si dovesse relazionare sui valori di una società, valori fondati prima della sua nascita da eventi che non ha vissuto.
Mi sono sempre domandato come interpretare queste profonde riflessioni e ho anche visto ed ascoltato - non da oggi, ma da alcuni anni - il dibattito che ha attraversato un Paese più travagliato del nostro, la Germania. Mi riferisco agli storici Ernst Nolte ed altri, a quel dibattito che è andato sotto il titolo "Il passato che non vuol passare", a tutte le riflessioni che sono state fatte su questo tema.
Mi pare che l'atto politico - perché di questo si è trattato - compiuto dalla Giunta il 2 novembre bypassi molti ragionamenti e molte riflessioni per compiere, a mio parere in una maniera non opportuna, delle revisioni storiche molto pesanti.
Vi era altro modo per onorare dei caduti e credo che, come uomini, lo conosciamo tutti.
Invece, per il contesto nel quale la si è voluta rivendicare ed anche per come è maturata la decisione all'interno della Giunta, si è trattato di una decisione politica. Tesa a cosa? Tesa, in qualche maniera, a dare uno spazio politico ad un alleato di Giunta, Alleanza Nazionale, che vive ancora una doppia interpretazione del proprio percorso politico.
Infatti Alleanza Nazionale, da un lato, rivendica l'essere destra europea (sappiamo che la destra europea è profondamente antifascista, e a questa aspirazione vi è stato un forte richiamo, almeno nelle manifestazioni pubbliche attorno al Congresso di Fiuggi) e, dall'altro invece, pone in atto uno strisciante tentativo di far diventare tutto uguale. E quando si fa diventare tutto uguale, si addiviene a quel peggior revisionismo storico che, nei suoi estremi, porta anche a dire che durante gli eventi della II Guerra mondiale non sono esistiti i campi di concentramento e che non è esistito un certo tipo di fenomeno da tutti conosciuto.
Questo tipo di atteggiamento, questo tipo di prese di posizioni portano a simili conclusioni: questo è l'obiettivo politico che si insinua in tali atteggiamenti e decisioni. Questo ragionamento di estremo revisionismo della storia ha portato a dire che in Europa, dagli anni '20 in poi, ci sono state delle grandi violenze che, in un certo qual modo, vengono equiparate nella loro configurazione, per cui adesso dobbiamo superarle.
Questo è profondamente sbagliato, così come era sbagliato anche quando a sinistra qualcuno diceva: "Israele si comporta, nei confronti dei palestinesi, come i nazisti"; profondamente sbagliato, perché non si pu equiparare una repressione, anche profondamente sbagliata come quella di Israele nei confronti dei palestinesi, con il genocidio degli uomini, con il considerare gli uomini delle sottospecie ed eliminarli scientificamente.
Questa è la profonda differenza su tale questione.
Non si possono non considerare queste profonde differenze della storia certo con la distanza degli anni e con tutte le opportune attenzioni - e non vedere ciò che differenzia il valore fondante della nostra Repubblica che si richiama a degli ideali. Tali ideali a volte sono stati strumentalizzati, nel senso che in loro nome sono state compiute anche tante malefatte, ma comunque hanno permesso e permettono il progresso nel nostro Paese.
Per questi motivi io ritengo profondamente sbagliata la decisione politica della Giunta di partecipare ad una manifestazione di Alleanza Nazionale, dove si sono anche tenuti - il contesto bisogna dirlo, perch non è irrilevante - saluti romani e altro. Ciò è successo non solo alla manifestazione dei cosiddetti rautiani tenutasi mezz'ora dopo, ma anche a quella a cui ha partecipato l'Assessore Vaglio. Tali atteggiamenti si commentano da soli.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moro.



MORO Francesco

Credo che la grave partecipazione politica della Giunta regionale di centro-destra alla commemorazione della Repubblica di Salò sia di un'assurdità istituzionale e democratica senza precedenti per il nostro Paese, e quindi molto preoccupante per il futuro del Piemonte. Penso che vi siano tutti i requisiti politici dell'affronto istituzionale e quindi della grave violazione della legge della Repubblica italiana.
Il Piemonte antifascista, sinceramente democratico (lo provano le grandi lotte popolari antifasciste e partigiane della Resistenza), è molto indignato e considera vergognoso questo incredibile riconoscimento politico, condannandolo seccatamente e risolutamente.
Provengo dalla provincia di Alessandria, provincia di grandi tradizioni antifasciste e di lotte partigiane, dove l'antifascismo, sancito dalla Costituzione, è ancora elemento politico prioritario ed essenziale nella vita democratico-sociale delle forze di sinistra e progressiste, anche in vallate come la Val Borbera, tradizionalmente cattoliche ed ex democristiane. Sono noti a tutta Italia la Benedicta, Orbicella, Bandita di Cassinelle, Piancastagna, Pertusa, ecc., gli avvenimenti bellici importanti come quelli dell'Ovadese, dell'Acquese, dell'Alessandrino, del Casalese dove migliaia di giovani sono stati cinicamente uccisi dai nazi-fascisti il loro sacrificio e sangue ha permesso un futuro democratico all'Italia è bene ricordarlo - distrutta dalla dittatura fascista e dalla guerra.
Oggi, a cinquant'anni dalla vittoriosa guerra di Liberazione, aver avuto l'arroganza di voler offendere l'Italia, il Piemonte democratico ed antifascista, mi sembra intollerabile e scandaloso. Non credevo sinceramente, che l'attuale Giunta di centro-destra, con Alleanza Nazionale determinante della coalizione governativa, osasse arrivare a tanta arroganza e prepotenza, incurante degli inevitabili echi negativi che ci avrebbe comportato.
Mi sono dunque domandato: è forse il pedaggio politico che questo governo regionale deve alla forza determinante di Alleanza Nazionale o è invece una nuova volontà di cancellare il passato sulle gravi responsabilità politiche, umane, sociali e democratiche? Il nebuloso passato non si cancella con l'arroganza; le ferite inferte dal fascismo e dal nazismo vanno sempre ricordate ai giovani per una seria valutazione storica e di condanna degli orrori, dei morti, delle violenze, delle persecuzioni, perché queste non abbiano mai più a ripetersi.
Non è con la prepotenza che si può attenuare o superare il drammatico passato. Solo il silenzio o la non partecipazione pubblica poteva essere un timido elemento di rispetto verso i tantissimi giovani uccisi cinquant'anni fa per i loro alti ideali di libertà e di democrazia. Invece, il celebrare pubblicamente un lontanissimo passato condannato dalla storia, dall'Europa e dal mondo civile e democratico è molto preoccupante e pone pesanti interrogativi sul futuro politico, sociale, economico e democratico del Piemonte.
La Giunta regionale governa tutto il Piemonte, per cui il Presidente della Giunta deve adempiere ai suoi compiti istituzionali molto importanti deve intervenire e deve ripristinare la legalità democratica del Piemonte che oggi è molto calpestata.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marengo.



MARENGO Luciano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, le risoluzioni del Comitato per l'affermazione dei valori della Resistenza e della Costituzione repubblicana, che sono state qui riportate dal Consigliere Foco in qualità di delegato a presiedere il Comitato suddetto, sono da me pienamente condivise. Credo sia importante, da parte di tutto il Consiglio - mi rivolgo sia ai Consiglieri di nuova nomina, sia ai Consiglieri che da più tempo stanno dentro questa sala, sia a coloro che hanno avuto modo, con altri incarichi politici e sociali, come era toccato al sottoscritto in altra veste, di partecipare a questa importante istituzione - riconoscere le decisioni di questo Comitato. Chi ha conosciuto - e deve conoscerlo in quanto Consigliere di questa Regione - il terreno sul quale ha operato questo Comitato, può davvero giudicarlo un organismo al di sopra delle parti.
Chi come me e tanti altri, dentro e fuori da quest'aula, ha avuto modo di partecipare alle discussioni e alle decisioni del Comitato per l'affermazione dei valori della Resistenza durante gli anni di piombo, sa benissimo che questo è stato un baluardo a difesa della democrazia, non a difesa di una parte, ma a difesa della democrazia e delle scelte del nostro Paese! E' un organismo che ha avuto, durante gli anni bui del terrorismo e in tutte le fasi nelle quali ci sono stati degli atti, delle azioni, delle iniziative che mettevano in discussione la democrazia nel nostro Paese come unico obiettivo quello dell'affermazione dei valori della Costituzione repubblicana e della difesa della democrazia.
Per questo credo sia importante il comunicato che il Comitato ha fatto nella riunione del 30 ottobre - qui ricordato - che non può che essere condiviso da tutto il Consiglio.
Nel corso di questi anni (abbiamo avuto modo di parlarne anche durante la scorsa legislatura in quest'aula) si è parlato della pacificazione del Paese. Credo che atti concreti per la pacificazione ne siano stati fatti tanti: in primo luogo quello della pace, la pace ed il suo mantenimento nel Paese e nei confronti di altri Paesi; la stessa amnistia che l'allora Ministro della Giustizia, Palmiro Togliatti, fece all'indomani della fine della guerra, fu un atto che aprì processi che hanno portato davvero alla difesa della democrazia, alla possibilità, negata per un ventennio, di esprimere le idee e di garantire l'espressione delle idee soprattutto a chi la pensava diversamente. Credo che anche per effetto di questo - anzi soprattutto per effetto di questo - sia avvenuto quel processo evolutivo dello stesso Movimento Sociale che ha portato al congresso di Fiuggi e alla nascita di Alleanza Nazionale, forte della possibilità di operare in queste scelte di democrazia, che proprio chi ha combattuto per la libertà e contro la Repubblica di Salò e contro il fascismo ha portato avanti.
Colleghi di Alleanza nazionale, non dimenticate questo! E proprio perché le cose stanno così, non possono generare confusione storica sulle responsabilità del fascismo.
Verso i morti, ma credo che sia addirittura superfluo dirlo, c'è umana pietà da parte di tutti e nei confronti di tutti. Lo sappiamo bene che nei termini in cui è avvenuta la commemorazione non aveva il significato dell'umana pietà nei confronti di tutti i defunti. La commemorazione voleva significare per alcune parti, e così è stato dichiarato, la riabilitazione della Repubblica Sociale Italiana e attraverso questo la riabilitazione del fascismo! Questo è l'errore della Giunta! E' stato usato così, da parte di esponenti di Alleanza Nazionale che sono in quest'aula e da parte di esponenti di Alleanza Nazionale che sono fuori da quest'aula. Ed è stata detta così dall'Assessore Vaglio che è andato a rappresentare questa Giunta alla commemorazione. Questo è stato un errore politico, un errore di valutazione, perché vedete, colleghi Consiglieri, i valori della Repubblica Sociale, i valori del fascismo, sono quegli stessi valori, quelle stesse idee, quegli stessi integralismi e razzismi che hanno portato alla morte di Rabin, certamente in un'altra situazione, ma sono gli stessi valori, gli stessi integralismi, gli stessi razzismi, che negano la pace e che portano alla morte! Ed è per questo che i valori dell'antifascismo sono tuttora validi.
Sono validi certamente per le generazioni che hanno vissuto la guerra di Liberazione e anche prima il periodo della clandestinità; sono validi anche per chi come me non ha avuto modo di vivere quel periodo (io sono nato il 25 aprile 1944 e quindi non ho vissuto concretamente la storia, se non attraverso le esperienze di mio padre, partigiano combattente delle Brigate Garibaldi nelle Langhe e nel Cuneese). Credo che questi valori siano validi sia per la mia generazione, sia per le nuove generazioni e sia per le future generazioni! Sono validi sempre! Sono valori universali che hanno una continuità permanente, per tutte le generazioni e in tutte le situazioni laddove si vuole difendere davvero la democrazia.
Nella maggioranza - lo so bene e mi meraviglio che oggi non sia ancora emerso - ci sono forze autenticamente democratiche e che credono come me in questi valori e in queste idee. Siamo avversari politici con molti Consiglieri che fanno parte della maggioranza, combattiamo quotidianamente su opzioni diverse rispetto al merito e ai programmi, ma credo che su questi valori tutti noi dobbiamo fare uno sforzo per trovarci, perch questi sono i valori fondanti affinché possano esistere gli avversari politici; se vengono meno questi valori non ci sono più avversari politici.
Chiedo che queste forze si qualifichino con atti politici che vadano in questa direzione.
Colleghi Consiglieri della maggioranza, non siate subordinati all'egemonia politica di Alleanza Nazionale o, per lo meno, di una parte di Alleanza Nazionale (quella che ha giudicato positivamente la riabilitazione della Repubblica di Salò), o alle scelte di un singolo Assessore.
Quello che chiedo è che ciascun Consigliere, in piena libertà, si esprima su questi valori da Consigliere regionale che crede nella democrazia, nelle istituzioni repubblicane e democratiche, a prescindere dalla coalizione di governo della quale fa parte, che non è in discussione.
Presidente Ghigo e Presidente Picchioni, prima che iniziasse la discussione ho salutato due miei vecchi compagni, due partigiani, che mi hanno chiesto di operare al fine di trovare un'unità all'interno di questo Consiglio.
Credo sia stato un utile suggerimento, che peraltro avevo già fatto mio, e che qui esprimo.
Ho firmato un ordine del giorno insieme ad altri colleghi, e lo voter ma sono pronto a verificare la stesura di un ulteriore ordine del giorno condiviso da una base più larga di questo Consiglio, che riaffermi i valori della Resistenza e della Costituzione repubblicana.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie signor Presidente. Colleghe e colleghi, sono certo che il Presidente del Consiglio e moltissimi colleghi si rendono conto di essere in una situazione molto difficile. L'ho colto dall'attenzione con cui moltissimi - non tutti - hanno seguito questo dibattito.
Nella seduta del 29 giugno di quest'anno, a nome del Gruppo di Rifondazione Comunista, svolsi la seguente considerazione: "Tra le novità presenti nella Giunta regionale" - dicevo testualmente - "la seconda novità è rappresentata dai fascisti al governo". E mi chiedevo, sempre a verbale se questa affermazione avesse una ragione oppure non fosse una pura polemica senza contenuti. Sostenni questa affermazione, ricordando che il Vicepresidente della Giunta regionale diventava il collega Majorino che nelle passate legislature, a nome del suo Gruppo (l'allora MSI) non votò le celebrazioni del cinquantenario della Resistenza e non votò i finanziamenti per il monumento a Fondo Toce.
Vedo che il Consigliere Ghiglia ride, probabilmente per lui oggi è una giornata di festa.
Per questo dissi: "Siamo preoccupati perché ci sono i fascisti al governo". Non dicemmo: "E' un governo di fascisti"! Oggi che cosa si aggiunge a questi fatti? Si aggiunge l'onore implicito del governo, nella sua interezza, al regime fascista di Salò da parte della Giunta regionale, che è uno dei due soggetti che rappresentano la Regione Piemonte.
Nell'estate-autunno 1943, cosa fecero i responsabili politici e militari del partito fascista repubblicano, già partito nazionale fascista? Dopo l'8 settembre chi aderì alla Repubblica Sociale Italiana firmò una dichiarazione di impegno così formulata - è uno dei documenti di cui ho potuto prendere visione: "Aderisco all'idea repubblicana dell'Italia repubblicana fascista, e mi dichiaro volontariamente pronto a combattere con le armi nel costituendo nuovo esercito italiano del Duce, senza riserve, anche sotto il comando supremo tedesco contro il comune nemico dell'Italia repubblicana fascista, del Duce e del grande Reich germanico".
Segue la firma e la data. Siamo nel settembre-dicembre 1943.
Il 31 ottobre 1995 la Giunta regionale, attraverso il suo Ufficio Stampa, scrive: "La Regione Piemonte intende onorare i caduti di tutti i conflitti, compresi i caduti della guerra civile, senza alcuna discriminazione di parte".
Ho omesso le interlocuzioni, ma questa è la sostanza dell'atto che avete compiuto, ed è la sostanza che viene contestata in questa sede.
Cito ancora: "Intende onorare..."; per questo ho detto che si onora implicitamente il fascismo. Voi avete scritto che la Regione Piemonte intende onorare i caduti di tutti i conflitti, compresi i caduti della guerra civile. E la chiamate così non a caso, perché nel "Saggio storico sulla moralità nella Resistenza" di Claudio Pavone, a pagina 221, a proposito della terminologia "guerra civile" potete leggere: "L'interpretazione della lotta tra la Resistenza e la Repubblica Sociale Italiana, come guerra civile, ha incontrato da parte degli antifascisti ostilità e reticenza, tanto che l'espressione ha finito con l'essere usata quasi soltanto dai vinti fascisti che l'hanno provocatoriamente agitata contro i vincitori". E voi avete utilizzato questa cosa, quindi onorate la Repubblica di Salò.
Ricordiamo che la Repubblica di Salò è stato un approfondimento della barbarie e del tradimento fascista. Contro la Repubblica di Salò non si sono schierati solo gli antifascisti del ventennio, non sono rimasti vittime solo ebrei, zingari, oppositori politici; contro la Repubblica di Salò si sono schierati quei cittadini che giurarono al Re e al Duce, e che di fronte al testo che vi ho testé letto, si sono rifiutati di giurare e di servire combattendo per il Führer.
Il giuramento della Repubblica di Salò è stato il tradimento dell'Italia, degli italiani e della patria degli italiani. Ci sono state persone - non erano né comunisti, né socialisti, né cattolici, n antifascisti, né liberali - che piuttosto di giurare al Führer - e taluni di questi potete incontrarli, forse ce n'è qualcuno anche in quest'aula hanno preferito farsi deportare in Germania, e là morire a migliaia.
Quindi, l'onore alla Repubblica di Salò è un'infamia politica ed è un attentato alla Costituzione. E' un atto indegno e, a mio modo di vedere improponibile, perché non può, se rimaniamo nelle regole, essere compiuto da chi rispetta la Costituzione. Un atto di questo genere, della cui gravità ci stiamo accorgendo in molti, va rimosso, oppure va rimosso chi l'ha compiuto: quindi, venga destituita questa Giunta. Da chi? Con quale procedura? Non sono in grado di dare una risposta, ma sono più che certo che un atto di questo genere è inesistente: non può esistere. E ciò in quanto siamo pacificati da una Costituzione che ci lega e che permette a tutti di confrontarsi, di litigare e di scontrarsi, nel rispetto di precisi fondamenti. Fuori da questo patto c'è il nulla, c'è il caos, c'è un'istituzione che non funziona.
E' per questi motivi che mi associo a quanti in quest'aula chiedono di ripristinare tra noi una situazione di correttezza istituzionale.
Presidente Ghigo, quello che lei ha compiuto è chiaramente un atto di ostilità verso la Repubblica e verso il Consiglio regionale, che tutti ci rappresenta: Giunta e Consiglio.
Voi avete stracciato queste regole; il problema che abbiamo di fronte è di ripristinare possibili condizioni di confronto, che oggi non ci sono! C'è la Costituzione! C'è anche il Codice Penale, che all'art. 290 dice: "Vilipendio della Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle Forze Armate. Chiunque pubblicamente vilipende la Repubblica, le assemblee legislative" - il Consiglio regionale è una di queste ultime - "è punito".
Ci sono tante cose su cui indagare; noi non vorremmo indagarne alcuna: ci basterebbe che l'atto venisse in qualche modo rimosso, e che potessimo caro collega Burzi - occuparci di cose serie e non di infamie come quelle che voi - non noi - avete portato in questo Consiglio.
Quindi - mi rivolgo al Presidente Ghigo come Presidente di tutti noi si è aperta una crisi; chiudiamola subito! Relativamente al dibattito in corso, l'errore più grande che si possa compiere è dividere il Consiglio per motivazioni che non hanno alcun valore, tra maggioranza ed opposizione.
Personalmente, infatti, sul tema costituzionale non sono diviso da moltissimi di voi su alcunché. Ne sono sicuro: sul tema della Costituzione nulla mi divide da moltissimi Consiglieri di maggioranza! Perché mi deve essere impedito di difendere la legge fondamentale che ci permette di litigare correttamente? Qualcuno - chi? - dice, o ha fatto dire testualmente al Consigliere Burzi, che "sono inutili recuperi di differenze nella maggioranza". Inutili a chi? Sappiate bene, sappia, caro Consigliere Burzi, che tali recuperi, rispetto alla possibilità di agire correttamente in questo Consiglio, non sarebbero sicuramente "inutili". Noi sull'Aventino non andiamo! Perché verrebbe anche voglia di andare sull'Aventino, in questa situazione: non è agibile un'istituzione che commemora la Repubblica di Salò.
Noi la vogliamo rendere agibile, ma non vogliamo nemmeno strumentalizzarla, nel momento in cui chiediamo al Presidente Ghigo di compiere un'azione che riconosca - sia lui a trovare le parole giuste ...
la disattenzione...: non mi formalizzo, personalmente, nemmeno sulle parole che questo atto va rimosso. Diversamente, in questo Consiglio la vita diventa veramente impossibile: ci avete messo fuori dalla Costituzione italiana.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Spagnuolo.



SPAGNUOLO Carla

Grazie, Presidente.
Non interverrò per commentare ulteriormente l'episodio che ha dato vita alla seduta odierna di Consiglio e alla presentazione dell'ordine del giorno che voi tutti conoscete, perché mi riconosco pienamente negli interventi, prima di tutto del collega Angeli, e di molti fra coloro che mi hanno preceduto. Ho però sentito l'esigenza di intervenire a questo punto del dibattito, dopo aver ascoltato e aver constatato come lo stesso si sia sviluppato. Sostanzialmente, fino a questo momento, con tutto il rispetto per l'intervento del collega Burzi, si è sviluppato un "non dibattito".
Tutta una serie di parti politiche, infatti, non hanno ritenuto di intervenire, privilegiando logiche di maggioranza a logiche di riflessione più profonda, che, per quello che riguarda il mio Gruppo, sono state all'origine della sottoscrizione della convocazione di questo Consiglio regionale. Non vi era alcuna intenzione, per quanto ci riguarda, di pensare di aggiungere un altro capitolo di natura giudiziaria o paragiudiziaria alla storia della Regione Piemonte, ma si pensava di aggiungere un capitolo di riflessione costituzionale, politica, morale. Ma perché la riflessione ci sia, bisogna essere in grado di poter capire le ragioni di tutti; mi sembra che fino a questo momento del dibattito le ragioni non siano state sostanzialmente, rappresentate. Mi sembra che prevalga maggiormente la preoccupazione di non far parlare, che quella di ragionare.
Sono delusa: tutto sommato, un certo cammino rispetto all'evoluzione di alcune componenti politiche nel nostro Paese ed anche nella nostra Regione fino a questo momento mi sembrava si fosse realizzato. Ad Alleanza nazionale, partito forte nel nostro Paese, chiedo se ritenga davvero, con quel tipo di commemorazione, di rappresentare coloro che in questo momento hanno dato loro la preferenza nel voto. E' un interrogativo che mi pongo non credo assolutamente che quel tipo di manifestazione possa rappresentare posizioni dell'elettorato che stanno dando fiducia a questo nuovo partito che ha fatto dichiarazioni che si dissociano da quel tipo di presenza di cui parliamo - perlomeno secondo la mia valutazione. Mi sembrava infatti che il dibattito svoltosi in quest'aula quando mi sono permessa di suggerire di raccogliere i temi assegnati agli esami di maturità per sentire quello che i ragazzi pensano, fosse un dibattito più maturo e meno pauroso di quello che invece fino a questo momento si è sviluppato. E le dichiarazioni della Consigliera Minervini rese al ritorno dai viaggi ai campi di sterminio, indubbiamente non possono non confliggere con alcune delle considerazioni che il Consigliere Chiezzi nel suo ultimo intervento ha fatto e che io intendo così sommariamente riprendere.
Intendo sottolineare che l'atteggiamento assunto dall'avvocato Majorino nel periodo, abbastanza lungo, di permanenza all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, rispetto a tutta la serie importantissima di manifestazioni che il Consiglio regionale ha tenuto per la celebrazione del Cinquantesimo era molto garbato. Questo per quello che riguarda il Partito di Alleanza Nazionale.
Ora voglio riprendere quanto ha detto prima il Consigliere Marengo cioè che noi, rispetto a quanto è avvenuto, potevamo seguire due strade.
Una strada poteva essere quella già seguita in passato: presentare un ordine del giorno - magari lo stesso ordine del giorno che noi abbiamo presentato oggi - ed inviarlo alla valutazione del Comitato per l'affermazione dei valori della Resistenza. Quella poteva essere una strada. Il Comitato si è riunito, ha redatto un suo documento (mi riconosco perfettamente in quel documento), ma noi come Consiglieri regionali potevamo percorrere quella strada, perché altre volte nel passato, a fronte di episodi che ci avevano divisi, fatto riflettere, questo percorso era stato seguito e il dibattito si era chiuso soltanto all'interno del Comitato sui temi della democrazia, in generale, non soltanto sui temi dell'antifascismo che certamente rappresentano l'ossatura determinante e la motivazione storica del nostro Comitato.
Ebbene, noi Consiglieri regionali abbiamo ritenuto di percorrere un'altra strada, quella cioè di discutere in questo Consiglio regionale perché ci sembrava che il fatto che un'istituzione commemorasse i caduti della Repubblica di Salò fosse una scelta inaccettabile.
Noi abbiamo scelto di dibattere in questo Consiglio regionale il più pacatamente possibile, per cercare di crescere tutti insieme. Mi rivolgo anche alle altre forze politiche componenti la maggioranza, agli amici Goglio e Gallarini, che hanno, come radici storiche e personali, una grande cultura democratica ed antifascista. Mi rivolgo anche ai colleghi di Forza Italia che indubbiamente rappresentano anche delle grandi matrici di tolleranza e di cultura democratica; evidentemente ci possono essere intese ampie, in questo senso mi chiedo perché ci dobbiamo limitare a chiuderci in logiche di maggioranza e di opposizione.
La questione posta è oggettiva, attiene ad un rapporto tra l'istituzione e la Costituzione. Mi sembra che la questione non sia la commemorazione delle vittime della Repubblica di Salò, il problema è il rapporto tra l'istituzione democratica Regione Piemonte e la Costituzione repubblicana che ci sembra per questi comportamenti sia stata certamente violata.
Non penso che i rappresentanti del Comitato per l'affermazione dei valori della Resistenza e della Costituzione repubblicana vorrebbero avere un'espressione del Consiglio regionale che nel suo insieme sia un'espressione di minoranza nella condanna di quanta avvenuto, ripeto rispetto al rapporto istituzione-Costituzione. Credo, quindi, che se è necessario, anche rinunciando a qualche cosa di ciò che noi abbiamo scritto, possa essere utile un momento di riflessione.
Mi rivolgo a lei, Presidente del Consiglio, ma anche al Presidente della Giunta e a tutti i singoli componenti della maggioranza affinché ci possa essere per tutti una posizione più avanzata. Credo che non sia troppo importante che prevalgano in maniera netta le ragioni dei Gruppi consiliari che hanno proposto il dibattito in Consiglio, credo sia molto più importante se questo dibattito in Consiglio su questi temi avvenga realmente in uno spirito di democrazia, di rispetto della Costituzione, ma anche di crescita di questa nostra possibilità di lavoro comune.
Indubbiamente questa nostra possibilità di lavoro, da questo episodio, che è grave perché attiene al rapporto istituzione Regione Piemonte e Costituzione repubblicana, ha bisogno di un momento di riflessione.
Un momento di riflessione è necessario non soltanto per la vicenda che noi stiamo discutendo, ma anche per gli appuntamenti di lavoro che ci attendono e che ci devono vedere più aperti gli uni verso gli altri senza una barriera di questo tipo che potrebbe essere grave per tutti noi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Saitta.



SAITTA Antonino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, credo che il dibattito abbia fornito qualche utile elemento per assumere una posizione definitiva.
I colleghi che mi hanno preceduto con grande moderazione hanno in qualche maniera tentato di evitare che questo dibattito si chiudesse nelle classiche posizioni tra maggioranza e minoranza. Mi pare anche, senza assumere delle posizioni faziose, che tutti gli interventi che si sono succeduti della minoranza hanno avuto la caratteristica di contraddistinguersi per tentare in qualche maniera di provocare una discussione, non per dividere la maggioranza. Credo che un tema con queste caratteristiche, così importante, non possa coinvolgere soltanto maggioranze e minoranze.
Gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto, che si sono richiamati ai valori di fondo, non hanno avuto effetti, perché la maggioranza ha scelto la strada della chiusura profonda. Per cui assistiamo, stranamente, che la maggioranza si divide sulle Aziende turistiche con l'Assessore Angeleri, mentre sulle questioni di fondo della Repubblica italiana risulta molto compatta. Questo è veramente un assurdo.
E' la prima volta che mi capita di assistere a cose simili: mentre sulle questioni banali ci si divide, sulle questioni fondamentali c'è questa compattezza che non ha senso, ha solo un significato politico con un appiattimento completo e totale sulle posizioni di Alleanza Nazionale.
Che questo appiattimento avvenga da parte di forze politiche giovani che non hanno cultura politica, come l'intervento del Consigliere Burzi, lo capisco, ma che questo appiattimento avvenga anche da parte di espressioni politiche, di movimenti politici che hanno anche una cultura della democrazia e una storia, credo di antifascismo anche se moderata, lascia stupiti. Avrei immaginato - e spero che avvenga ancora - una differenziazione rispetto alle posizioni di Alleanza Nazionale, mi riferisco in modo particolare ai cattolici che militano ormai in partiti diversi. La tradizione del cattolicesimo democratico è una tradizione che non è quella di Alleanza Nazionale: non è assolutamente quella; non è neppure quella della sinistra; è qualcosa di diverso: ha una sua particolarità, e, mi sarei aspettato che, da parte del CCD, da parte del CDU, ci fosse una presa di posizione chiara, una distinzione che non rinnegasse quella che è la tradizione dei cattolici democratici, che non rinnegasse quello che è il patrimonio di De Gasperi. Lo dico al Presidente Picchioni che, molto spesso, in una passata esperienza politica, ci richiamava ad alcuni valori di fondo della Costituzione. Vorrei richiamare lui - che ha dimenticato questo - e anche gli altri colleghi, che cosa ha scritto, che cosa ha detto De Gasperi, dal dopoguerra in poi, in tutti gli interventi: il suo riferimento non rituale, non da epopea all'antifascismo il suo riferimento ai danni dell'antifascismo e il suo riferimento alla Costituzione. Questo patrimonio, purtroppo, viene dimenticato. Ed è un fatto grave.
Ci dispiace veramente essere soltanto noi, come Popolari, a richiamarci a questa tradizione. Ne siamo orgogliosi, ma il fatto che altre componenti politiche, che hanno militato con noi, dimentichino questa tradizione, per noi è un fatto di estrema gravità, che dimostra come, ancora una volta, sia prevalente in questa maggioranza, su un piano politico - e, ancora di più oggi lo dimostra - la cultura della destra. Della destra che dice di allontanarsi dal fascismo, ma che nella sostanza adotta ed utilizza alcuni slogan che dimostrano il contrario, perché dire - come è stato detto - che è inopportuno dal punto di vista politico un dibattito su questo tema, è un fatto di estrema gravità. E' come dire: "Qui non si discute più di politica". Sono slogan che abbiamo sentito, ormai siamo abituati a sentire parole di questo tipo, ma sono l'indice di una gravità di come il sistema democratico ha qualche problema, ha qualche difficoltà e provocare una discussione su questi errori di fondo non è inutile. Non è inutile, collega Burzi. Come credo non sarebbe stata inutile una differenziazione da parte degli altri colleghi, ma credo che ogni speranza sia ormai inutile. La maggioranza ha assunto questa posizione, creando un equivoco, perché quando ognuno di noi, come cittadino, partecipa ad una commemorazione di defunti ha la libertà di farlo come meglio ritiene, secondo i propri valori, ma quando ha un incarico politico, soprattutto in un'istituzione, non commemora soltanto dei morti, ma fa riferimento a dei valori. Mi pare che l'iniziativa assunta dalla Giunta sia contraria a quelli che sono i valori fondanti della Costituzione italiana, della nostra democrazia. L'attenzione che avremmo potuto avere nei confronti dei movimenti politici diversi da Alleanza Nazionale; l'attenzione che avremmo potuto avere, se ci fosse stata una differenziazione da parte loro, non ci sarà più. Speriamo che le posizioni cambino. Non si tratta di minimizzare, non chiediamo neppure che ci sia la flagellazione, perché non è questo che si ottiene in politica, ma un riferimento - lo dico in modo particolare ai cattolici, perché questo mi sento di doverlo dire - e una differenziazione su questo terreno deve esserci, deve esserci una differenziazione forte, perché l'apporto che hanno dato i cattolici alla Resistenza è un apporto notevole, di grande valore, che non può essere lasciato gestire dal Consigliere Burzi e neppure dal collega Ghiglia, magari diretto da Martinat. Questo è veramente un fattore di estrema gravità.
Per questi elementi io mi dichiaro, a nome del Gruppo dei Popolari favorevole rispetto alla proposta che è stata fatta ed esprimo il mio disappunto per il modo con cui la maggioranza ha voluto evitare un confronto che sarebbe stato invece utile e certamente di grande interesse per tutta la comunità piemontese.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta, Ghigo.



GHIGO Enzo, Presidente della Giunta regionale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il recente assassinio del premier israeliano Rabin ha colpito la coscienza di tutti gli uomini di pace nel mondo. Oltre alla incredibile dinamica dell'assassinio impressionano, in questa tragica vicenda, anche le tante analogie con la morte di un altro grande statista di questo secolo: John Fitzgerald Kennedy. Entrambi erano uomini di fortissima fede religiosa; entrambi erano uomini che, per arrivare alla pace, non avevano esitato a dichiarare e a fare la guerra contro i propri nemici; entrambi sono morti per mano di fanatici, la cui arma era però stata caricata dall'odio e dal fanatismo politico di altre persone; entrambi avevano lottato per tutta la vita contro ogni forma di discriminazione per la civile convivenza del loro popolo.
In ogni parte del mondo, laddove ragioni di carattere religioso politico, territoriale o sociale hanno portato gli uomini a combattere gli uni contro gli altri, ad un certo punto uomini come Rabin e come Kennedy hanno detto "basta" ed hanno lavorato affinché gli stessi uomini potessero un giorno convivere nella pace, nella sicurezza e nel rispetto reciproco.
E' accaduto così in qualunque parte del mondo: in Irlanda del Nord come in Sudafrica, in Europa dopo la II Guerra mondiale come in Spagna dopo la guerra Civile. Vinti e vincitori hanno definito insieme nuove regole e un nuovo ordine in modo che tutti potessero partecipare ad una nuova e migliore fase e, soprattutto, affinché non si ripetessero più gli errori e gli orrori del passato.
Ai grandi statisti di questo secolo è stato sempre ben chiaro che i processi di pace e di distensione non si potevano certo limitare alla firma di un trattato: era necessario risalire alle vere cause del conflitto e reciderle dalla storia e dalla cultura dei popoli affinché il germe dell'odio non trovasse mai più terreno favorevole alla sua crescita.
Certo è ben più difficile trovare l'accordo quando le ragioni dei conflitti hanno le loro radici nel fanatismo religioso o nella definizione dei confini della propria patria: i processi di pace in tal caso sono lunghi e faticosi e spesso richiedono l'opera di diverse generazioni poiché all'odio si è aggiunto l'odio e alla barbarie altra barbarie.
Tutto questo era ben chiaro anche a Yitzhak Rabin: per approdare dopo anni di sangue e di lacrime ad una nuova fase di pace egli ha superato resistenze di ogni genere e tipo, di forza pari solo a quelle che ha dovuto vincere Yasser Arafat.
Ebbene, il giorno del funerale di Rabin erano presenti anche uomini di Stati e di religioni da sempre avversari dello Stato ebraico, come Re Hussein di Giordania o come Mubarak, il leader egiziano. Ancora più importante è stata la visita compiuta dal leader dei palestinesi Arafat alla vedova di Rabin pochi giorni dopo: non poteva esserci condanna più forte dell'assassinio di questo importantissimo omaggio alla memoria di Rabin e, allo stesso tempo, conferma più esplicita della volontà di continuare ostinatamente nel processo di pace.
Dal Medio Oriente ci è giunta, in una fase difficile, una prova di grande coraggio e di grande determinazione che non può che incoraggiare tutti gli uomini di pace nel mondo.
Qualcuno di voi si starà sicuramente chiedendo perché abbia richiamato la tragica vicenda di Rabin per intervenire nel dibattito di oggi. Ebbene io credo che sia utile affrontare questo dibattito con lo sguardo rivolto ai grandi eventi del mondo, traendone spunti ed utili indicazioni, per evitare il pericolo di rimanere impantanati in un approccio un po' provinciale e strumentale.
Il nostro Paese ha conosciuto anch'esso in questo secolo il dramma e il dolore di una guerra civile: da una parte gli ultimi estremi difensori del regime totalitario alleato con i nazisti, un regime antidemocratico sconfitto dalla storia e dalla sua delirante onnipotenza; dall'altra parte la maggioranza dei cittadini, che lottava per restituire al nostro Paese la libertà e la pace.
La nostra Carta Costituzionale è figlia di quella guerra civile ed intestina e, soprattutto, rappresenta l'eccellente risultato del lavoro dei Padri Fondatori della nostra Repubblica, che hanno voluto racchiudere in essa tutte le garanzie affinché nessun potere politico dittatoriale potesse più avere il sopravvento.
La lungimiranza e il senso dello Stato di grandi uomini politici quali De Gasperi, Terracini, La Malfa, Togliatti, Einaudi, Nenni ed altri ancora permise al Paese di attraversare una difficile fase di tensione e di conflitti e di stabilire una pacifica e duratura convivenza, di cui tutti noi godiamo ancora.
Tutto ciò purtroppo non ha potuto impedire che rivoli di odio e di forte contrapposizione penetrassero anche nella storia del nostro dopoguerra: da una parte, richiamandosi all'ideologia fascista, sono stati consumati feroci delitti e stragi, alcune delle quali, purtroppo, ancora impunite; dall'altra parte, altri fanatici, figli di una malintesa interpretazione dell'ideologia comunista, hanno scatenato la loro personale guerra civile che, se qualcuno lo avesse dimenticato, è durata oltre dieci anni e durante la quale sono rimaste vittime operai, impiegati rappresentanti delle forze dell'ordine, magistrati e politici.
Io comprendo perfettamente che la ferita dei familiari delle vittime come quella di tutta la comunità democratica fatica ad essere rimarginata: non c'è infatti morte più assurda ed ingiusta di quella di chi cade vittima del fanatismo politico.
Comprendo quindi, ma non approvo né condivido, le reazioni di alcune forze politiche di fronte alla decisione della Giunta regionale del Piemonte di inviare un suo rappresentante al campo 7, che ha anche presenziato a tutte le altre celebrazioni di commemorazione.
Comprendo - ripeto - ma non condivido.
Il tempo, il giudizio della storia e il completo e diffuso rigetto delle cause e delle radici della violenza dovrebbero infatti indurre l'intera società italiana a superare l'odio ed il risentimento per chiudere definitivamente una fase, seppur drammatica, della storia del Paese.
Chi governa deve quindi avere la sensibilità di capire quando una società è pronta ad accettare una ricomposizione ed una rappacificazione che, almeno nel caso del nostro Paese, non può che essere simbolica.
Non si tratta di recedere nemmeno un millimetro dal giudizio storico che deve rimanere immutato; il regime fascista si è macchiato di atti contro la democrazia e contro i diritti umani che non possono e non saranno mai dimenticati. Il giudizio storico non può e non deve impedirci di ripristinare condizioni minime di rispetto della memoria degli uomini caduti durante il conflitto.
Ecco perché la Giunta regionale del Piemonte ha voluto essere presente con un suo rappresentante alla commemorazione.
Qualunque altra interpretazione sarebbe volontariamente strumentale: si trattava, lo ribadisco, soltanto di un gesto simbolico di umanità, volto insieme ad altre iniziative, alla definitiva e duratura rappacificazione dell'intera comunità nazionale.
Credo che vada interpretata allo stesso modo la recente decisione del Senato di permettere il ritorno in Italia della famiglia Savoia, decisione approvata con il consenso di tutte le forze politiche, esclusa Rifondazione Comunista. E' chiaro a tutti che questa decisione nulla toglie alle responsabilità che la famiglia reale ha avuto nel corso della storia italiana dall'inizio degli anni '20 alla fine della II Guerra mondiale allo stesso tempo però non può che rappresentare un passo in avanti verso la definitiva riconciliazione nazionale. Questo ci è permesso non solo perché non esiste più alcuna nostalgia monarchica, ma anche perché il Paese, come dimostrano i sondaggi, ne condivide il significato storico e simbolico.
Mi chiedo e vi chiedo quindi se, almeno per una volta, possiamo dimostrarci all'altezza della maturità e della sensibilità sociale dell'intera comunità nazionale.
Un gesto di pietà non può e non deve diventare ragione di polemica politica.
In questa Italia che guarda verso la frontiera del terzo millennio l'intera comunità deve avere la forza di chiudere definitivamente la ferita della guerra civile e di giungere ad una completa e sincera riconciliazione nazionale.



(Interruzioni da parte del pubblico)



PRESIDENTE

Prego il pubblico di stare zitto. Non sono ammessi assolutamente tumulti e contraddizioni.



(Ancora interruzioni da parte del pubblico)



PRESIDENTE

Vi prego! Vi saranno altre occasioni per dibattere.
Il pubblico non può parlare, può solamente attendere in silenzio.
Grazie, proceda Presidente.



GHIGO Enzo, Presidente della Giunta regionale

Volgiamo piuttosto la nostra attenzione e la nostra preoccupazione ai nuovi ed inquietanti focolai di intolleranza e di violenza che si accendono e che vengono fomentati da irresponsabili in altri ambiti: nello sport nelle famiglie, nelle nostre comunità.
Alle parole e agli atti che sollecitano divisioni e discriminazioni rispondiamo con parole ed atti che sappiano unire tutti nel rispetto e nella tolleranza.
Questo è quello che intendiamo fare.
La Giunta da me presieduta continuerà ad operare ispirandosi ai valori inestimabili della libertà, della tolleranza e della civile convivenza.
Chiunque intenda mettere in dubbio, per puro amore di polemica politica, le nostre intenzioni, sa bene quindi di non fare cosa giusta e corretta. Sono però certo che, su temi così importanti, l'assemblea troverà una comunità di opinioni e di giudizi.



PRESIDENTE

L'esposizione del Presidente porta adesso ad un bivio nei nostri lavori, che è stato proposto da parte delle forze di minoranza. Io lo propongo qui senza assolutamente nessuna parzialità: quello di una pausa di riflessione, della stesura di un altro ordine del giorno che possa trovare convergenti tutte le forze di questo Consiglio, oppure il passaggio alla votazione dell'ordine del giorno con le dichiarazioni di voto, se saranno ancora necessarie delle dichiarazioni di voto.
Mi rimetto unicamente all'assemblea, in forma assolutamente imparziale.
La parola al Consigliere Burzi.



BURZI Angelo

Signor Presidente, colleghi consiglieri, sono ovviamente disponibile alla pausa di riflessione richiesta; ci mancherebbe. Ricordo solo che questo dibattito non è stato - lo ricordo, perché una piccola precisazione serve - un dibattito auspicato da tutti. E' stata una richiesta legittima e l'ho ricordato, da una parte del Consiglio; quindi non si può pretendere che ad un dibattito partecipi chi quel dibattito non l'ha convocato, ma è stato obbligato - e l'ho detto nell'intervento - a partecipare, cosa che abbiamo fatto.
Bene, una minoranza ha convocato il Consiglio, l'abbiamo effettuato fin qui dibattendo l'ordine del giorno; c'è una richiesta, che considero assolutamente legittima, e che sarò ben lieto - comunque per la mia parte se i miei colleghi Capigruppo non sono d'accordo lo diranno - di intraprendere per vedere se esiste, nell'ambito di chi ha originato questa seduta, la capacità di proporre una visione comune, tra l'altro auspicata anche dal Presidente, a cui tutta la maggioranza, qualora ciò avvenisse non avrebbe difficoltà a convenire.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ghiglia.



GHIGLIA Agostino

Grazie, signor Presidente. Condivido quello che ha detto il Capogruppo Burzi. Ritengo che si debba oggi, comunque, giungere ad una votazione.
Ritengo che sui documenti, su cui è stato convocato questo Consiglio non sia possibile, da parte nostra, almeno, alcun tipo di riflessione.
Credo che, al di là di una convinta, ma altrettanto generica sudditanza totale nostra ai valori della democrazia, della liberà, della tolleranza della solidarietà, del rispetto e della dignità umana, noi non potremmo andare. Riteniamo che questi siano i valori fondanti a cui ci appelliamo, a cui si appella Alleanza Nazionale, e di conseguenza credo che si debba arrivare al voto oggi, subito, sul documento che è stato presentato come ordine del giorno per essere votato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marengo.



MARENGO Luciano

Durante il mio intervento ho fatto una proposta che ribadisco al Consiglio, rispondendo alla questione posta dal Consigliere Burzi, perch mi pare che il Consigliere Ghiglia l'abbia già assolutamente negata nel suo intervento.
C'è stato un comunicato del Comitato per l'affermazione dei valori della Resistenza e della Costituzione repubblicana, che è il Comitato unitario di questo Consiglio regionale. Chiedo alle forze di maggioranza se sono disponibili a votare in questo Consiglio, facendolo proprio come ordine del giorno, questo documento che - ripeto - è frutto delle scelte unitarie del Comitato per l'affermazione dei valori della Resistenza e della Costituzione repubblicana.



PRESIDENTE

Ha chiesto nuovamente la parola il Consigliere Burzi; ne ha facoltà.



BURZI Angelo

La seduta di oggi ha una procedura ragionevolmente inusuale, anche se ciò non vuol dire che non sia legittima, ci mancherebbe. Stiamo discutendo un ordine del giorno, se non ricordo male presentato, tra gli altri, dal Gruppo di Rifondazione Comunista. Su questo ordine del giorno è già stato fatto il dibattito ed è già stata fatta la dichiarazione di voto. Ricordo e ribadisco che, per quanto riguarda il mio Gruppo e i Gruppi della maggioranza, c'è la dichiarazione di voto contrario.
Se ho ben colto la procedura nelle parole della Presidenza del Consiglio, c'è una richiesta di sospensione per - sempre se ho ben capito vedere se esiste un nuovo documento sul quale l'intero Consiglio o una larga maggioranza del Consiglio potrebbe convenire. Ribadisco che sono favorevole alla sospensione, purché questo documento venga reso disponibile e si permetta ai Capigruppo della maggioranza - non tutti ne sono in possesso - di dibatterne e definire se esiste una posizione comune.
Al momento, non c'è alcuna necessità procedurale - credo che sarebbe anche ragionevolmente non legittimo - di discutere altri documenti che non siano iscritti all'o.d.g. Quindi o si vota sull'ordine del giorno del Gruppo di Rifondazione Comunista - prontissimi - o si vota sulla richiesta di sospensione, rispetto alla quale, per quanto mi riguarda, vi è l'onere da parte di chi ha convocato la riunione odierna, di proporre un documento se esiste, lo vediamo anche subito, ad aula sospesa, per valutare la possibilità di addivenire o meno ad una posizione comune.



PRESIDENTE

Mi pare che il Consigliere Marengo volesse dire - se ho ben capito, se non l'ho interpretato in maniera ultronea - che questo documento potrebbe essere il canovaccio per la stesura di un altro ordine del giorno. Ci sono degli elementi negativi che possono essere trasferiti, ma non voglio assolutamente fare una parte che non mi compete, in affermazioni positive nei confronti dei valori della Resistenza, ecc.
Credo che la pausa di riflessione (che non so in quanto possa essere quantificabile, ma il Consiglio potrà certamente dare le indicazioni d'uso) possa essere necessaria. Si vuole sospendere il Consiglio? Si vuole rinviare il documento alla prossima seduta? Ditelo voi.
La parola alla Consigliera Spagnuolo.



SPAGNUOLO Carla

Suggerisco che i Capigruppo si riuniscano per un quarto d'ora mezz'ora.



PRESIDENTE

Benissimo, siamo d'accordo nel sospendere il Consiglio per un quarto d'ora. Venga consegnato il testo del gruppo di lavoro del Comitato regionale per l'affermazione dei valori della Resistenza, di modo che questo possa essere l'utile canovaccio per approfondire le convergenze possibili.
I Capigruppo, per cortesia, si riuniscano in sala A.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 17.30 riprende alle ore 18,10)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Dò lettura dell'ordine del giorno n. 67 sul quale sono confluite tutte le forze del Consiglio regionale: "Il Consiglio regionale del Piemonte sentite le dichiarazioni del Presidente della Giunta regionale a chiusura del dibattito sviluppatosi in data 14 novembre, che ribadiscono la fedeltà ai principi della Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza prende atto che l'iniziativa di partecipazione alla commemorazione dei caduti indetta dall'Associazione Famiglie Caduti della Repubblica Sociale Italiana, iniziativa senza precedenti della Giunta regionale in occasione delle celebrazioni dei Defunti, è stata ispirata non ad un giudizio di valore né di assoluzione del regime fascista, ma esclusivamente per affermare condizioni di rispetto e di umana pietà per i Caduti durante l'ultimo conflitto".
L'ordine del giorno è firmato dai Consiglieri Picchioni, Foco Deorsola, Minervini, Peano, Benso, Cavaliere, Chiezzi, Ghiglia, Spagnuolo Rubatto, Montabone, Burzi, Farassino, Vaglio e Marengo.
Lo pongo in votazione, con viva soddisfazione da parte di tutte le forze del Consiglio per questo dibattito che è confluito in un atto di grande significato politico. Non voglio dire altro, perché si cadrebbe nella retorica.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 54 Consiglieri presenti.


Argomento:

Interrogazioni, interpellanze e ordini del giorno (annunzio)


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenuti alla Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,10)



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