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Dettaglio seduta n.146 del 19/06/97 - Legislatura n. VI - Sedute dal 23 aprile 1995 al 15 aprile 2000

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PICCHIONI


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 5) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Bellingeri, Foco, Ghigo, Griffini Mancuso, Marengo, Masaracchio, Rossi e Viglietta.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Esame proposta di deliberazione n. 343: "Approvazione del Piano Territoriale Regionale" - Esame ordini del giorno n. 532 e n. 533


PRESIDENTE

Iniziamo i lavori con l'esame della proposta di deliberazione n. 343 di cui al punto 23) all'o.d.g., licenziata dalla Commissione competente con i voti favorevoli dei Gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale, Partito Popolare Italiano e Patto dei Democratici; non ha partecipato alla votazione il Gruppo PDS.
La parola all'Assessore Botta.



BOTTA Franco Maria, Assessore all'urbanistica

Signor Presidente, colleghi, a quasi trent'anni dalla nascita delle Regioni, il Piemonte si è dotato di un proprio strumento di pianificazione territoriale.
Si tratta del primo piano di questa natura, ovvero esteso all'intero territorio regionale, ed è anche la prima volta che la Regione, esercitando la propria fondamentale competenza, è in grado di governare le trasformazioni territoriali. Superando la visione esclusivamente improntata sul controllo e sulla verifica la Regione definisce il quadro di riferimento rispetto al quale gli Enti locali piemontesi dovranno pianificare il territorio di loro competenza.
Si tratta, come è facilmente intuibile, di uno strumento fondamentale per la complessiva azione regionale in materia territoriale, ma che si colloca anche, proprio per le sue caratteristiche, quale strumento generale della politica regionale.
La Regione Piemonte, a seguito dell'entrata in vigore della legge sulle Autonomie locali (legge n. 142 del 1990), ha ritenuto fondamentale adeguare la propria legislazione urbanistica (L.R. n. 56 del 1977) in modo da poter recepire le novità introdotte dalla legge nazionale.
In modo particolare, gli adeguamenti della legge regionale hanno riguardato gli strumenti di livello provinciale, ma anche l'individuazione della necessità, per la Regione, di dotarsi di uno specifico strumento di governo del territorio. La L.R. n. 45 del 1994 (che specifica il nuovo quadro della pianificazione territoriale) definisce, tra l'altro, lo strumento regionale e determina i contenuti e le procedure per la sua realizzazione.
In questo quadro il Piano Territoriale Regionale (PTR) costituisce, a tutti gli effetti, la novità più rilevante della legge regionale in quanto per la prima volta dopo l'esperienza dei Comprensori, si riconosce l'opportunità e la necessità che la Regione definisca un quadro di riferimento per tutte le politiche che, in qualsiasi modo, interferiscono con il territorio.
La Regione Piemonte, in questo modo, ha risposto ad una duplice esigenza. Da una parte, dotarsi di uno strumento di governo delle politiche territoriali e, dall'altra, definire un quadro di riferimento, costruito non in maniera astratta e con una caratterizzazione fortemente gerarchica per la realizzazione degli strumenti di pianificazione delle Province piemontesi.
Questa situazione legislativa ha consentito, oltre ad avviare e rendere effettivamente operativa la pianificazione provinciale, di realizzare il Piano Territoriale Regionale.
Il PTR del Piemonte - ed è certamente utile rammentarlo - rappresenta il primo sforzo di sistematizzazione della conoscenza esistente nella materia e di definizione del quadro di riferimento per le principali politiche, di rilevanza regionale, aventi ricadute sull'assetto del territorio. Si tratta di uno strumento con connotazioni non gerarchiche nel senso della mancanza di prevaricazione delle singole Autonomie locali che intende porsi come primo momento di un dialogo tra i diversi Enti competenti per il governo del territorio. Un punto di partenza, dunque, per attivare quell'auspicato sistema delle Autonomie locali che, in forma cooperativa, sia in grado di svolgere un'effettiva azione di tutela e di uso del territorio.
Entrando nel merito dei contenuti del PTR è importante sottolineare come esso affronti alcune questioni fondamentali per l'intero sistema regionale. In prima istanza, il PTR individua e norma i caratteri territoriali e paesistici e, in seconda istanza, definisce gli indirizzi di governo per le trasformazioni dell'attuale sistema regionale. Si tratta come si può facilmente intendere, di due elementi, autonomi ma fortemente correlati, in grado di specificare l'intera politica regionale nei riguardi delle proprie competenze in materia (ovvero dare corpo alla necessità di normare l'intero territorio e rispondere alle specifiche richieste della legge n. 431/85, la cosiddetta legge Galasso, nei riguardi della pianificazione paesistica, ed esprimere - per gli oggetti o le aree di interesse regionale - le proprie scelte in materia di insediamenti e di infrastrutture).
Vi è quindi la necessità di mantenere i contenuti del PTR ad un livello "alto" (ovvero ancorato ai soli elementi ritenuti strategici per il livello regionale) rispondendo, in conseguenza a quanto affermato, all'esigenza di definire un "quadro di riferimento", soprattutto per i Piani provinciali capace di specificare le principali politiche - attraverso la definizione degli oggetti e alla loro individuazione cartografica - che si intendono attuare nel periodo di validità dello strumento. Dunque, un piano che individua un preciso ordine di priorità, valido per tutto il Piemonte, che definisce percorsi e individua strumenti successivi per la sua attuazione ma che non intende porsi come l'unico strumento per la realizzazione delle diverse politiche territoriali di competenza di una molteplicità di soggetti, pur assicurandone - ai sensi di legge - il necessario coordinamento gerarchico.
Il PTR, esplicitando l'attuale sistema dei vincoli, non intende rafforzarne il peso e di conseguenza ridurre l'operatività dei diversi soggetti interessati, ma vuole esternare e razionalizzare (esplicitandone i riferimenti normativi) la situazione esistente.
Al contrario, il Piano territoriale mette in luce anche la sovrabbondanza e la confusione dei vincoli che derivano da un intreccio normativo, soprattutto di livello statale che gravano sul territorio del Piemonte. Vincoli che dovranno essere razionalizzati in modo tale da consentire le possibilità di sviluppo della Regione.
Quindi il Piano territoriale funge da effettivo riferimento che, più che imporre, rammenta le normative esistenti per valutare tutti i punti da emendare, modificare ed eliminare - per la definizione delle politiche territoriali da parte dei diversi soggetti competenti, in prima istanza le Province.
Se quanto detto è corretto per la parte territoriale e paesistica, non è ugualmente vero per le indicazioni delle azioni di governo del territorio. Infatti, in questo secondo caso, il PTR fornisce specifiche indicazioni relativamente ai principali progetti di grande rilievo. Si tratta, ovviamente, di una scelta di governo con la quale la Regione assume, a pieno titolo, l'onere di individuare (tra le tante alternative possibili) quella che ritiene maggiormente rispondente alle strategie regionali.
Il PTR definisce gli indirizzi generali e settoriali di pianificazione del territorio della Regione e provvede al riordino organico dei piani programmi e progetti regionali di settore. Il PTR individua i caratteri territoriali e paesistici e gli indirizzi di governo del territorio.
In conseguenza della sua valenza paesistica ed ambientale il PTR contiene vincoli specifici a tutela di beni cartograficamente individuati e prescrizioni vincolanti per gli strumenti urbanistici, nonché direttive e indirizzi per i soggetti pubblici locali.
In concreto il PTR: individua le aree di tutela per le quali non sono possibili interventi che ne alterino le caratteristiche; gli interventi ammessi; le limitazioni per particolari trasformazioni; le azioni strategiche da attivare per le quali bisogna attivare concrete iniziative di progettazione. Il PTR rappresenta il documento per determinare le regole per il governo delle trasformazione territoriali in un quadro di coerenze definite e di obiettivi specificati.
Il PTR, nel suo complesso, si caratterizza come uno strumento "leggero", ovvero che non intraprende la strada di trattare tutti gli oggetti e le politiche aventi rilevanza territoriale, ma che si limita attraverso una serie di precise scelte - ad individuare e normare solo alcune politiche territoriali che, in questo caso, sono ritenute strategiche ai fini dell'azione regionale di pianificazione. In questo modo si è realizzato quello strumento di indirizzo da individuarsi come lo specifico punto di riferimento per qualsiasi azione di governo delle trasformazioni territoriali e, in questo modo, si colloca, a pieno titolo nelle principali azioni politiche di governo regionale.
Il PTR non può che essere inteso, in conseguenza a quanto affermato come uno degli strumenti fondamentali per le politiche regionali. Da esso dipendono le politiche di tutela e di uso del territorio, così come la reale possibilità di realizzare le diverse politiche insediative ed infrastrutturali: dunque un elemento fondamentale che può realizzarsi solo attraverso il più ampio e diretto coinvolgimento degli Enti locali piemontesi.
L'approvazione definitiva del PTR non può però essere intesa come l'atto conclusivo dell'azione di pianificazione territoriale della Regione.
Infatti a partire dal Piano si dovrà concretizzare una serie di azioni politiche e tecniche fondamentali per il governo del territorio.
In prima istanza si tratta di dare concreta attuazione alla "Conferenza sulla pianificazione", quale strumento atto all'effettivo governo del territorio, e, in seconda istanza, avviare quelle azioni di pianificazione su particolari, specifici e limitati punti del territorio - per far sì che il PTR non sia un atto isolato, ma il primo momento di un modo diverso di governare i processi di trasformazione che interessano il territorio del Piemonte.
L'auspicio, dunque, è che il PTR piemontese possa rappresentare tutto questo e che la sua approvazione costituisca il primo e fondamentale momento di attuazione di una nuova e diversa politica territoriale.
Pare ancora importante, in conclusione, affrontare alcuni temi generali relativi all'intero processo di pianificazione ed illustrare, seppure sinteticamente, il percorso di attuazione del piano che si sta realizzando.
La pianificazione territoriale nella Regione Piemonte si fonda su un principio generale legato al riconoscimento del ruolo dei singoli soggetti operanti e, di conseguenza, dei contenuti dei piani che derivano dagli oggetti di loro competenza. In altre parole, i piani non possono essere i contenitori indistinti di tutte le politiche possibili, ma - secondo il livello amministrativo di riferimento - individuano e definiscono esclusivamente le politiche che direttamente interagiscono con le specifiche competenze amministrative.
In un quadro di questo tipo la Regione - che per alcuni versi potrebbe essere inteso come l'Ente autorizzato a governare qualsiasi elemento del sistema territoriale - deve essere in grado (al fine di garantire l'esercitarsi della sussidiarietà tra i diversi Enti competenti nella materia) di definire una serie di elementi, che per il suo ruolo non possono che essere di natura strategica, rispetto ai quali individuare e normare le politiche territoriali.
Ciò significa, in estrema sintesi, che la Regione, redigendo gli strumenti di propria competenza, non si pone l'obiettivo di invadere le competenze e i ruoli degli altri Enti, ma cerca di definire gli elementi di coordinamento e di indirizzo necessari per la gestione di una politica territoriale unitaria e non conflittuale. In questa accezione devono essere letti gli strumenti regionali, sia quelli generali sia, soprattutto, quelli di approfondimento.
Oltre a ciò i piani della Regione hanno scelto, come principale campo di intervento, il territorio non edificato riconoscendolo come quello maggiormente soggetto a pressioni di trasformazione e, per motivazioni analoghe, quello meno tutelato dagli strumenti di pianificazione tradizionali. In questo modo, volendo fare una distinzione tra i diversi piani, si può affermare che la Regione governa principalmente il non edificato demandando ad altri strumenti (i Piani provinciali e i Piani Regolatori Comunali) il controllo delle politiche relative alle aree edificate.
Il Piano Territoriale Regionale, di conseguenza, detta le norme di indirizzo per la formazione degli altri strumenti di governo del territorio ad una scala di indicazione (1:250.000) in grado di evidenziare i problemi e coordinare gli interventi, ma incapace di definire, per le singole aree urbane, indicazioni puntuali di trasformazione. Il PTR, dunque, intende porsi nel corretto ruolo regionale di atto di indirizzo (così come indica la legge n. 142 del 1990) non intendendo sovrapporsi alla competenza degli altri Enti.
In eguale misura si sono realizzati gli altri strumenti di livello regionale, che dal PTR sono definiti come approfondimenti dello stesso.
La variazione di scala (generalmente 1:25.000 e qualche volta 1:10.000) non comporta un mutamento di atteggiamento: anzi, il maggior avvicinamento alle scale operative dei piani locali comporta una maggiore cautela nelle indicazioni proprio per non infrangere il principio della competenza e della sussidiarietà che sorregge l'intero processo di formazione dei piani.
Se invece la scelta fosse stata quella di entrare nel merito delle scelte urbane dei singoli centri considerati, molto probabilmente la Regione avrebbe rinunciato al proprio ruolo di indirizzo per assumerne un altro di reale conflittualità con gli Enti direttamente competenti.
Gli approfondimenti del PTR, dunque, rappresentano una maggiore specificazione delle indicazioni e delle scelte del PTR, ma non si discostano dalla sua principale filosofia. In caso inverso ci si potrebbe interrogare sul ruolo degli altri strumenti in quanto la Regione avrebbe di fatto, coperto tutti gli spazi disponibili limitando, o nel peggiore dei casi negando, il ruolo di governo del territorio in capo alle Province e ai Comuni.
Questo atteggiamento è altresì sorretto da quanto emerge dall'attuale dibattito parlamentare in ordine alla riforma della legislazione in materia urbanistica: alla Regione spetta il compito di definire un "Quadro territoriale di indirizzo" rispetto al quale i singoli Enti competenti definiscono i propri strumenti di governo delle trasformazioni territoriali, dunque: la Regione indirizza, le Province coordinano e i Comuni attuano e controllano. Un quadro di questo genere, semplice e chiaro, comporta un atteggiamento univoco, tale da non generare conflittualità tra i diversi Enti competenti e in modo da definire rispetto ai singoli "utenti" dei piani, una lettura non discrezionale dei vali livelli normativi e, di conseguenza, una maggiore certezza dei tempi e dei modi di attuazione delle diverse indicazioni di sviluppo.
Nel quadro generale, prima definito, si collocano gli approfondimenti del Piano territoriale già definiti, come quelli in corso di elaborazione.
In particolare, pur in estrema sintesi, si può configurare il seguente quadro: PTO dell'asta fluviale del Po: Piano approvato dal Consiglio regionale che riguarda tutti i Comuni rivieraschi, definendo politiche di tutela e di uso delle risorse naturali in stretta relazione con il Piano dell'area protetta del Po approfondimento del PTR dell'Ovest Ticino: Piano adottato dalla Giunta regionale, relativo a dieci Comuni, che inquadra e norma le problematiche relative alle principali caratteristiche negli ambiti naturali dell'area in stretta relazione con i principali progetti infrastrutturali e strategici relativi all'area, in particolar modo il nodo novarese: è in corso la definizione di una guida operativa per la pianificazione locale approfondimento della collina torinese: inizialmente definito come Piano paesistico, è attualmente in fase di conclusione l'elaborazione tecnica anche in relazione alla scelta, operata dal PTR, di trasformarlo in un approfondimento del PTR (in analogia con l'area dell'Ovest Ticino) approfondimento delle colline centrali: per questo ambito - estremamente vasto - si ritiene, anche sulla base degli studi preliminari già condotti di individuare nello strumento degli indirizzi (strumento questo individuato dalla L.R. n. 45/94 quale momento di definizione del Consiglio regionale di elementi di coordinamento per le politiche locali) quello in grado di definire la politica regionale; attualmente è in corso la redazione di una prima guida relativa agli interventi sul patrimonio rurale esistente e sulle relative ricadute sul territorio e sull'ambiente approfondimento dell'area dei grandi laghi: l'area interessa due province, con le quali si intende attivare la collaborazione, e si sono avviati gli studi preliminari per evidenziare le principali problematiche esistenti al fine di definire, per il prossimo anno, un programma di lavoro atto a cogliere le peculiarità dell'area e la tempistica della redazione dello strumento (che dovrebbe essere analogo a quello dell'Ovest Ticino) approfondimento dell'area della Valle di Susa: si tratta di un'area già studiata in tempi recenti per la quale si intende avviare un piano relativo agli aspetti insediativi ed infrastrutturali (derivanti dalla realizzazione di grandi opere) e riguardante altresì gli effetti che tali realizzazioni produrranno sul sistema ambientale; è in corso di redazione il programma di lavoro per la definizione dei contenuti del piano PTO del Mottarone: il progetto operativo, inizialmente proposto e definito dalla Comunità montana, è in corso di rielaborazione da parte della Regione al fine di adottarlo entro il corrente anno; il progetto pone l'obiettivo centrale nella valorizzazione dell'area e nel suo possibile utilizzo ai fini turistici per le rimanenti aree individuate dal PTR non sono in corso specifiche iniziative; si evidenzia, però, la seguente situazione: per la collina morenica si sono svolti i primi studi per l'individuazione della situazione esistente al fine di redigere specifico Piano paesistico; per l'Area metropolitana torinese si è realizzato un primo studio di alcune problematiche (trasporti, verde e parchi, abitazioni e servizi sovracomunali) tendenti alla realizzazione di indirizzi per il coordinamento della pianificazione locale; per l'area della Valle Stura di Demonte la redazione di un qualsiasi strumento è legata all'avvio della realizzazione dell'infrastruttura viaria da Cuneo a Nizza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie, Presidente. In quest'aula un po' sguarnita e distratta si realizza oggi, al di là dei contenuti di questa deliberazione, un atto di per sé importante, portato a termine da questa Giunta regionale con molto ritardo, ma portato a termine. E questa osservazione voglio farla perché vi sono elementi di validità degli atti compiuti dalla Regione che vanno segnalati positivamente, al di là delle differenze di valutazione che concernono i contenuti di questi atti. Perché vedete, colleghi, in tema di pianificazione, dagli anni '80 ad oggi, in Italia vi è stato un susseguirsi di iniziative, sia di carattere amministrativo e politico sia di carattere culturale, tese a screditare la possibilità e l'utilità dello strumento di pianificazione all'interno degli atti di governo. E' un grande movimento partito dagli anni '80, che in molti modi, anche con iniziative legislative e, di più, con pronunciamenti di carattere generale da parte anche del settore della cultura, a volte impegnato su questo tema, ha teso a dire che il governo della cosa pubblica può avvenire senza la pianificazione, quindi senza la decisione di cimentarsi, come poteri politici di governo, su disegni programmatori e pianificatori. E' stata una stagione brutta di deregolazione e di volontà di sostituire i processi di pianificazione con approvazioni, caso per caso, di singoli interventi, che non è ancora finita, perché in effetti, soprattutto per quanto riguarda il livello di pianificazione territoriale, non sono molti gli esempi in Italia di pianificazioni territoriali approvate dalle Regioni. Soprattutto pianificazione paesistica. Che la Regione Piemonte, sia pure con tutti i difetti che accennerò in parte, giunga ad approvare un Piano territoriale ha un valore universale, nel senso che perlomeno, anche con questa maggioranza, si giunge ad un punto di accordo costituito dal fatto che si ritiene importante uno strumento di pianificazione territoriale di competenza e di livello regionale. E questo, in un mondo in cui si cerca di andare avanti giorno per giorno, senza inquadrare alcunché in un progetto in un disegno, è già qualcosa. Per questo motivo, l'ho ripetuto tante volte, lo dico anche adesso, pur contrastando nel merito i contenuti di questo piano e denunciando le loro insufficienze, ho voluto premettere il fatto che si concordi sulla necessità di pianificare le caratteristiche dello sviluppo a grandi linee sul nostro territorio regionale, attraverso un nostro Piano, che è previsto dalla L.R. n. 56/77, ma che conferma questa decisione anche nella prospettiva di governo futuro della nostra regione.
Si poteva scegliere un'altra strada e decidere che non era necessario alcun Piano territoriale a livello regionale, che erano sufficienti i Piani territoriali a livello provinciale e proseguire quindi in una direzione che avrebbe tolto alla Regione Piemonte la capacità di progettare uno sviluppo territoriale. Ma termino con un elemento di soddisfazione perché non era scontato che questo avvenisse. Presuppongo che un ruolo importante sulla conclusione di questa vicenda l'abbiano avuto anche le nostre strutture tecniche, nel senso che in questi anni gli amministratori sono passati, è arrivato anche Botta, il quale però ha trovato qualcosa. Ha trovato cioè una storia della Regione Piemonte e sappiamo che la storia della pianificazione territoriale è storia lunga e faticosa, ma è stata storia sedimentata nelle culture, nei comportamenti, di cui chiunque viene pro tempore a governare ed evidentemente viene a conoscenza, prende atto e viene trascinato in una concezione del governo che alla fine lo conduce comunque a sostenere la validità di una pianificazione di livello regionale: cosa che non era scontata, né per Botta né per la Regione Piemonte né per altre Regioni. Fine delle dichiarazioni positive.
Inizio della critica, che limiterò molto perché ci sarebbe da parlare a lungo.
Quale difetto ha questo Piano territoriale? Ha il difetto di Botta che non è portatore di una lunga convinzione in termini di pianificazione ed essendo la Giunta che ha portato questo Piano territoriale più attenta a momenti di deregolazione e di sviluppo molecolare, non pianificato del territorio, non ci si poteva attendere da questa Giunta regionale un Piano territoriale serio, forte, pur nella sua concisione, ma determinante indirizzi precisi di sviluppo. Questo non c'è! E' un Piano territoriale che poteva fare il Touring Club, per quanto riguarda le norme capaci di incidere sul governo del territorio! Perché è un Piano territoriale che non ha nulla di cogente per nessuno, tranne le cogenze di cui non può fare a meno, che sono quelle della legge Galasso e le grandi leggi di tutela e di pianificazione. La cogenza di questo Piano territoriale finisce là dove non è nemmeno iniziata perché non potrebbe fare diversamente.
Questo è un grosso handicap, è un vuoto di idee, ma è molto ricco di intenzioni di agire. Pensiamo solo al fatto che il pennarello con il quale è stato disegnato questo piano ha una punta di 250 metri di diametro, è stato disegnato in questo modo. Ora, capite che se ci si acconcia a disegnare delle previsioni con una punta di 250 metri non si possono certo determinare dei vincoli, non si può determinare molto perché si lavora su questa dimensione. E quella di elaborare delle cartine in scala 1:250.000 è stata una scelta politica: la scelta politica di dire "quando passo con le mie idee non posso certo dire cosa deve succedere e cosa non deve succedere perché mi sono messo in una condizione di incapacità tecnica a parlare".
Quella carta non parla, dal punto di vista di cosa si vuole fare effettivamente! Sono cartine generiche, che poteva fare - ripeto - il Touring Club; aveva lo stesso significato e quindi da questo punto di vista la prima critica è che l'indicazione della L.R. n. 56/77 che diceva "in scala non superiore a 250.000" per questa Giunta è stata l'unica scala che ha utilizzato. In effetti, su certi elementi di dettaglio - Assessore Botta che avete segnato, le aree di interesse paesistico tratteggiate, su cui alcuni Comuni hanno già obiettato, erano aree tipicamente votate ad una cartografia di almeno 1:10.000 per essere comprensibili. Questa è la prima critica di fondo.
Seconda critica di fondo. Questo Piano territoriale analizza - anche qui gli studi sono sedimentati da molto tempo - le aree agricole e le divide in due categorie. La prima è rappresentata da quelle contraddistinte con il colore giallo, che sono aree agricole eccezionali, ottime, di elevatissima fertilità: su quelle aree voi effettuate una scelta in cui si dice "rimangano agricole, salvo eccezioni che devono essere motivate" e sono le aree di colore più chiaro che potete vedere su quella carta nella pianura piemontese.
Poi indicate con il verde più scuro le aree a buona fertilità. Su queste seconde aree, che sono grosso modo la metà, quindi una grandissima parte del territorio piemontese, voi dite - e questo è l'elemento di critica - che si possono effettuare degli interventi di carattere edilizio.
Dato che la somma delle aree agricole, quelle ottime e quelle buone, è comunque piccola parte del nostro territorio regionale ed è una parte anche toccata, malmenata dal punto di vista agricolo dalle grandi urbanizzazioni esistenti, anche quelle diffuse, la critica che il mio Gruppo svolge è quella che per tutte quelle aree bisognava dire con chiarezza che la trasformazione da agricola in qualcos'altro doveva essere una trasformazione strettamente motivata. Questo non lo fate! E allora risulta chiaro che quelle aree cosiddette agricole saranno aree sottoposte a forti tensioni di trasformazione edilizia. Viceversa, poiché l'opinione del mio Gruppo è che le aree agricole, in Piemonte, in Italia e in Europa, siano aree da preservare per uno sviluppo e una difesa della nostra economia e della nostra capacità di occidentali di cavare da queste aree beni primari di sostentamento in agricoltura, mi sarei aspettato e richiederei all'Assessore qualora dovesse ripensarci - non ho presentato un emendamento in questo senso - che si predisponesse un emendamento nel quale per entrambe le due aree ci fosse la dizione relativa alle aree ottimali e quindi la trasformazione consentita "solo se" ci sono le condizioni da motivare strettamente.
Altro elemento di critica. Voi individuate nel Piemonte delle direttrici prioritarie di sviluppo; ce n'è una lungo l'asse nord-sud che segue il corso del Ticino e poi scende giù fino ad Alessandria, e c'è la Pedemontana. La Pedemontana è un'altra di quelle onde lunghe che arrivano dalla fine anni '60, dall'attività dei Comprensori ed è un'onda lunga dal mio Gruppo condivisa nel senso che unire, cucire le realtà economiche di fondovalle attraverso investimenti ed infrastrutture che portino ai piedi delle valli uno sviluppo sociale ed economico è veramente una politica regionale, una politica che tende a non depauperare ulteriormente le parti marginali del nostro territorio e quindi ad investire. Voi indicate questa direttrice pedemontana perché è una cultura che viene da lontano e che è riuscita a mantenere la propria validità fino a voi, però vi fermate lì nel senso che lungo quella striscia gialla che indicate non rendete poi visibili delle politiche, delle scelte che rendano credibile dal punto di vista della scelta politica tale determinazione e non indicate, ad esempio una direttrice di infrastrutture di trasporto che rafforzi l'idea della Pedemontana.
Sempre nell'ambito di queste contraddizioni, ve n'è una che è davvero evidente: voi indicate una direttrice di sviluppo che va da Cuneo a Fossano e ad Asti, però poi su questa direttrice di sviluppo ci si attenderebbe almeno una struttura viaria di rafforzamento: la famosa Cuneo-Asti! Se ci fosse una congruenza fra le opzioni del vostro Piano territoriale e le opzioni dei trasporti che dovrebbero combaciare perfettamente, noi dovremmo vedere una linea di infrastruttura viaria che da Cuneo segue la linea gialla di sviluppo privilegiato. Invece - Assessore, vada a vedere - noi abbiamo la linea di sviluppo privilegiato che va da Cuneo a Fossano e poi l'autostrada, che volete fare, da Cuneo a Massimini, che non c'entra nulla con quella direttrice! Che suppone un altro tipo di sviluppo. Questa è un'altra incongruenza: come mai indicate delle linee di sviluppo e invece seguite dal punto di vista viario altre linee di sviluppo? Vedete, allora, che la critica anche precedente di richiedere che tutte le aree agricole siano strettamente vincolate all'assenza di trasformazione potrebbe avere una via di uscita lungo le direttrici che voi dite di prevalente sviluppo: lì sì che potreste dire "bene, ove su queste direttrici ci siano le aree a minor vocazione agricola..." su queste attenuare l'indicazione che avete dato. Questi sono elementi di critica di carattere generale.
Poi, l'Alta Velocità. L'Alta Velocità, in modo stupefacente, non prevede per l'area di Torino quanto si vocifera da tempo e su cui si lavora. Infatti, vedo che il corridoio che viene determinato per l'Alta Velocità esclude la possibilità di un raccordo diretto tra le linee Torino Milano e Torino-Lione. E di questo mi stupisco. La Giunta dovrebbe rassicurarci, spiegando che quella indicazione non è stata inserita perch decaduta o perché non c'è alcun bisogno di un passante esterno all'area conurbata torinese. Se è così, la Giunta lo dica, ma se questo non è diventa veramente difficile non segnalare questa contraddizione.
L'ultimo elemento - ma ce ne sarebbero tanti altri - è quello delle Università. In questo Piano territoriale l'Università in Piemonte dovrebbe essere indicata come seconda Università del Piemonte orientale. Viceversa è segnata solo come un sub-polo universitario. Ma il Consiglio regionale ed anche la Giunta - non ha votato e deciso di richiedere la seconda Università nel Piemonte? E come mai nel progetto di Piano territoriale, ad Alessandria, Vercelli e Novara non avete segnato la seconda Università con il cerchio azzurro? Questa è una contraddizione.
Collegato a questa deliberazione, come Gruppo abbiamo predisposto un ordine del giorno (non so se ve l'hanno già consegnato) sulla seconda Università in Piemonte, che vi illustreremo. Chiediamo che venga votato subito dopo la deliberazione, perché riteniamo che la seconda Università...



CHIEZZI Giuseppe

MAJORINO, Vicepresidente della Giunta regionale



CHIEZZI Giuseppe

La decisione finale passerà sulla nostra testa. Noi possiamo esprimere intenti e volontà politica.



CHIEZZI Giuseppe

E' quello che si dice: noi possiamo esprimere la volontà. L'ordine del giorno esprime e riconfermerebbe questa nostra volontà, però chiederei che almeno come emendamento di Giunta, la decisione sul Piano territoriale venga assunta.
Questi sono i motivi - insieme ad altri, che non illustro adesso, ma se ci sarà il tempo lo faranno i compagni del Gruppo, sempre su questi quattro emendamenti - per i quali, detto tutto il bene sul fatto che la Regione finalmente avrà un Piano, diciamo tutto il male sul tipo di Piano.
Noi voteremo contro questo Piano territoriale, con la premessa che ho fatto, perché comunque sarà una documentazione su cui noi spingeremo affinché si possa andare avanti con maggiore ponderatezza delle scelte e maggiore efficacia delle stesse.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Galli.



GALLI Daniele

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, come ha accennato l'Assessore, dopo venticinque anni la Regione Piemonte ha presentato il proprio Piano territoriale. Questo, a mio giudizio, permette di superare la fase di sola verifica e controllo, per entrare in quella molto più interessante di pianificazione e di governo delle trasformazioni del territorio, tra l'altro in una forma non prevaricatrice rispetto alle Autonomie locali.
Per conseguenza diretta ed in una logica succedanea, ne deriva la struttura portante secondo cui le Province e gli altri Enti locali potranno successivamente realizzare i propri strumenti di pianificazione e, di conseguenza, dotarsi anche di quell'organizzazione necessaria che sinora non hanno allo scopo. Rispetto a tale facoltà, che poi viene concessa come delega dalla legge n. 152, al limite la Regione provvederà successivamente a meglio definire quelle che sono le caratteristiche.
Nel PTR emerge essenzialmente la grande flessibilità che, a mio giudizio, è tale da consentire una rapida rimodulazione del documento a tutti i successivi atti che ne dovranno derivare e delle future scelte di programma settoriali, di cui il presente Piano tiene già conto in linea generale.
La predetta flessibilità consente inoltre, se si evidenzierà un necessario adeguamento, anche successivi Piani regionali relativi allo sviluppo e ai trasporti; Piani di cui gli Assessori competenti (ho letto in una comunicazione che ci hanno inviato) affermano la coerenza e non la distonia rispetto alle direttive che loro hanno già in programma.
Si evidenzia, inoltre, una logica di non voler ingessare una situazione esistente e razionale, fatta di vincoli e sovrapposizioni degli stessi, ma una chiara volontà collaborativa con gli Enti locali per ridefinire i vincoli e le politiche di sviluppo del territorio, volendo con l'attuazione penso sia ottimale - della Conferenza sulla pianificazione.
Inoltre, nell'ambito dell'intero Piano regionale, verifico un riequilibrio tendente alla depolarizzazione rispetto all'iperpolarizzazione dovuta all'Area metropolitana di Torino, avvenuto - è tuttora in corso per conseguenze economico-sociali e non certo per politiche regionali precedenti, tra l'altro dovute ai cosiddetti "interventi obiettivi", che erano interventi dirigistici e scarsamente efficaci su questo problema.
Inoltre si impongono al PTR in approvazione anche delle scelte strategiche, che vedo compiere in alcune fasi; queste riguardano la salvaguardia dei beni ambientali di rilievo primario, la localizzazione delle attività indesiderate, il recupero e la salvaguardia di valori storico-culturali, tipologici, urbanistici ed ambientali, indicando con aree di diverse colore quelle che sono le caratterizzazioni principali.
Si evidenzia una chiara volontà, a mio giudizio, di partecipare in un ruolo primario rispetto all'evoluzione economico-sociale che in questo momento viene propulsa dall'Unione Europea, in cui penso che il Piemonte al di là della collocazione puramente cartografica, debba avere un ruolo principale, anche per la capacità e per le caratteristiche tecnico industriali che può vantare la nostra Regione.
L'insediamento di nuovi assi di grande comunicazione autostradale e ferroviaria, che sono dovuti a logiche comunitarie e nazionali, oltre ad occupare il territorio (con tutto il danno conseguente all'occupazione del territorio stesso, e penso che il Piano regionale ponga già premesse di questo tipo), deve apportare quei benefici occupazionali e di collegamento con le Regioni comunitarie omogenee alla nostra tali da portarci una ricaduta economica notevole.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Angeli.



ANGELI Mario

La L.R. n. 56/77 è stata considerata a torto una legge dirigistica mentre era una legge che permetteva una risistemazione complessiva di quelle costruzioni sorte prevalentemente in una barriera di Torino - ma non solo - quasi abusivamente con i Piani di fabbricazione allora esistenti (ed anche con quelli che non esistevano).
Finalmente dopo vent'anni - già nella scorsa legislatura - la Regione Piemonte ha presentato un nuovo provvedimento, questo PTR è stato ripresentato per le controdeduzioni, protraendone ulteriormente di due anni la presentazione in questo Consiglio. Quindi credo sia giusto e corretto che questo Piano Territoriale Regionale venga presentato ed approvato in questo Consiglio.
Il nostro voto sarà favorevole anche se riteniamo che la perfezione non si raggiunge immediatamente, ma si può raggiungere con il tempo. Da questo ne discenderanno i Piani Territoriali Provinciali e ne deve discendere per forza di cose il Regolamento Edilizio.
Se ci doteremo di questi strumenti, ne discenderà inevitabilmente la revisione della legge urbanistica, che tanto tempo ci ha fatto perdere in questi giorni solo per la modifica di un articolo, per delle picconature ad una legge del 1977 (la cosiddetta legge Astengo), che già in passato è stata picconata sufficientemente dalle Giunte di tutti i colori.
L'ulteriore picconatura è stata data per cercare di snellire le procedure: il principio forse è giusto - ho votato a favore della modifica dell'art. 17 con quello spirito - ma i metodi utilizzati sono abbastanza empirici. Quindi, ci troviamo di fronte a situazioni che ci lasciano abbastanza perplessi.
Io mi auguro che venga approvato al più presto anche il Regolamento Edilizio e credo che con l'approvazione dei Piani Territoriali Provinciali diventerà tutto molto più semplice. Non è sufficiente il passaggio alle Province delle funzioni e delle deleghe sull'urbanistica, ma occorrono anche uomini e mezzi per poter poi decidere, perché oggi, checché se ne dica, poche Province, se non una sola (credo la Provincia di Torino) sarebbero in grado di controllare il loro territorio. Bisogna trasferire alle Province uomini e mezzi per poter controllare il territorio. La Regione deve continuare ad essere supervisore e controllore di una programmazione che le è propria, e deve comunque essere sempre sufficientemente attenta affinché non si verifichino più le situazioni del passato.
Con queste poche parole molto semplici, annuncio il nostro voto favorevole al Piano Territoriale Regionale. Successivamente illustrerò un emendamento che ho presentato insieme ad altri colleghi.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Bortolin.



BORTOLIN Silvana

Grazie, Presidente. Vorrei sottolineare pochi elementi di discussione su questa proposta di Piano Territoriale Regionale. Innanzitutto sentiamo l'esigenza di chiudere in fretta questo lungo momento di discussione e di verifica di questa proposta di Piano, che dura da oltre due anni e che ha visto peraltro la Commissione discutere e rinviare più volte l'argomento.
Vorrei sottolineare due punti abbastanza fondamentali. In primo luogo dall'approvazione della L.R. n. 56/77 (peraltro oggetto di lungo dibattito non soltanto in Consiglio regionale, ma in tutto il territorio piemontese) ad oggi molti sono gli elementi mutati, a cominciare dalle leggi nazionali ad esempio dalla legge n. 431/85 che ha segnato una svolta importante per l'introduzione di elementi nuovi nel dibattito e nella concretizzazione degli strumenti urbanistici territoriali, rimarcando i valori paesistici ed ambientali, molto importanti soprattutto per il Piemonte.
Un'altra legge di rilevanza nazionale che ha inciso nelle politiche territoriali della Regione Piemonte è la legge n. 142/90, che ha attribuito alle Province potere pianificatorio. Dal momento che gli strumenti di piano provinciali sono sottoposti al coordinamento della Regione, gli stessi hanno costretto la Regione a definire una propria legge di pianificazione territoriale regionale.
Altri elementi estremamente importanti sono i mutamenti intervenuti nell'ambito della società piemontese: il cambiamento significativo relativamente alla situazione socio-economica del nostro territorio, gli elementi e le condizioni di sviluppo, l'occupazione e la popolazione; tutti elementi che hanno inciso profondamente nella definizione della pianificazione territoriale a livello comunale, provinciale e regionale.
Vi è poi un mutamento politico e culturale per quanto riguarda la pianificazione, in quanto abbiamo abbandonato la cultura dei piani che hanno la pretesa dell'onnicomprensività, la rigidità dei piani stessi, la configurazione di un'indicazione regionale che debba scendere a cascata sul territorio. Con la legge n. 142 abbiamo avuto l'introduzione di una normativa che, al contrario, fa nascere una pianificazione territoriale a livello di provincia, che poi deve coordinarsi a livello regionale.
Vi sono quindi elementi importanti e significativi, che ci hanno imposto la definizione di un progetto di nuova pianificazione territoriale che hanno visto la Regione - dicevo prima - fortemente impegnata sulla proposta che siamo andati a definire ancora prima del termine della legislatura precedente, ripresa in questi due anni di lavoro della Commissione ed oggi del Consiglio.
Tale proposta vede quindi il nostro Gruppo, a livello politico generale nello specifico altri sottolineeranno elementi di valutazione e di critica, ma anche positivi - e ora finalmente il Consiglio regionale discutere e, speriamo, licenziare un provvedimento estremamente importante e significativo.
Ci auguriamo che davvero - dicevo prima che è cambiata la filosofia, la politica per quanto riguarda la pianificazione - l'elemento fondamentale sia quello che la Regione sia in grado di ascoltare le esigenze che provengono dalle Province e dal territorio, con tutte le novità di questi ultimi anni.
La Regione dovrà essere capace di coordinare veramente gli elementi gli strumenti e le politiche per dotarsi di un Piano Territoriale Regionale, che consenta uno sviluppo compatibile con le politiche complessive e le esigenze socio-economiche e culturali del nostro Piemonte.
In questo senso, credo che l'atteggiamento del nostro Gruppo sarà molto attento e positivo e nello specifico andremo a puntualizzare altri elementi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Saitta.



SAITTA Antonino

Signor Presidente, si tratta di una deliberazione - come è stato rilevato da diversi colleghi, dall'Assessore Botta e anche dal collega Chiezzi - di grande rilievo. E' stato rilevato come i tempi sono stati lunghi, ma non si può ignorare il fatto che la maggioranza che governa questa Regione ha impiegato praticamente più di due anni per rendersi conto della bontà del Piano Territoriale Regionale. D'altronde, credo che l'Assessore Botta e gli altri Assessori l'abbiano fatto. Se hanno fatto un confronto tra il Piano territoriale, adottato allora dalla precedente Giunta, e quello che viene presentato oggi, le differenze sono minime ed irrilevanti.
Avere impiegato due anni per rendersi conto della bontà della proposta presentata dalla Giunta di sinistra, obiettivamente sono tempi lunghi, sono anche indice di una grande debolezza sul piano politico ed amministrativo nel senso che in due anni si sarebbe potuto immaginare una grande capacità innovativa rispetto a precedenti proposte. Era immaginabile che in due anni l'Assessore Botta e il Presidente Ghigo sarebbero venuti qui con una proposta alternativa ritenendo la proposta presentata una proposta conservatrice.
In realtà, due anni sono serviti per leggere il piano e per fare qualche consultazione in giro per la provincia che, per la verità, è stata già fatta non con grandi risultati, ma le consultazioni fatte - ed il Vicepresidente lo sa - non hanno portato grandi elementi di novità.
Quindi, in sostanza, oggi noi registriamo che la maggioranza vota a favore del Piano territoriale approvato della precedente Giunta di centro sinistra. E questo lo ritengo un fatto positivo, e non lo dico in termini polemici, ma lo dico perché questa maturazione alla fine è positiva. Rilevo come si è perso del tempo prezioso che poteva sicuramente essere utilizzato per procedere alla fase successiva, che è quella della redazione dei Piani Territoriali Provinciali, anche se le Province, per conto proprio, hanno iniziato tenendo presente questo schema di Piano Territoriale Regionale tenendo però aperte alcune questioni che sono maturate nel frattempo rispetto a due anni fa. Due anni non è un tempo inutile: in due anni si sono modificate parecchie cose. Il Piano, nelle sue premesse, tiene conto delle mutazioni socio-economiche intervenute negli ultimi periodi, però per forza di cose non contempla tutti i cambiamenti avvenuti, mentre sicuramente contempla una fase di passaggio, dal punto di vista economico da una società industriale ad una società post-industriale, non tenendo conto a sufficienza di alcuni processi di carattere economico degli ultimi anni, soprattutto in termini di globalizzazione dell'economia e gli effetti che questo provoca nella struttura industriale piemontese. Questo è l'elemento di novità. Probabilmente non se ne poteva tenere conto, ma questo è un elemento sul quale occorrerà poi, strada facendo perché i processi di globalizzazione porteranno per forza di cose, come stanno già portando alcune grandi aziende torinesi, a produrre nei mercati dove vendono i prodotti e quindi probabilmente alcuni processi che noi abbiamo immaginato sono dei processi che sicuramente potranno esistere per parecchio tempo, ma non sempre e su questo bisogna essere chiari, cioè non illudersi che si continua a ragionare come nel passato. Pertanto questo piano - anche se bisogna approvarlo così com'è - andrà rivisto tenendo conto di questi cambiamenti.
Nel futuro immagino che in Piemonte non si proporrà di nuovo il tema della grande produzione di massa perché questo non avverrà, ma si proporrà il tema di un'attività produttiva più legata alla ricerca, all'innovazione alla ingegnerizzazione dei processi. Quindi una fase completamente nuova ed occorre vedere come il Piano Territoriale Regionale può assecondare alcuni processi. Credo che il Piano - e questo lo contiene come elemento - non possa prescindere dai processi in corso, al limite li può aiutare, li pu assecondare.
Il Piano Territoriale Regionale impone però una prima riflessione che è stata oggetto di considerazioni fatte in questa sala sulla L.R. n. 56/77.
Nei giorni scorsi ne abbiamo discusso facendo riferimento all'art. 15, cioè sulle procedure per la formazione dei Piani Regolatori e delle varianti.
L'approvazione del Piano Territoriale Regionale ci impone anche un riferimento e una considerazione per valutare la giustezza del Titolo II della L.R. n. 56/77 sulla pianificazione territoriale, cioè gli artt. 4, 5 6, 7 e 8 che sono stati introdotti soltanto nel 1994. Il Titolo II sulla pianificazione territoriale è un titolo che regola in modo abbastanza puntuale e preciso tutto il processo di pianificazione. Il Piano territoriale fa una scelta non totalmente coerente (io dico per fortuna a quelle norme) nel senso che sceglie tra le strade possibili, la strada molto più soft, nel senso che non implica tutte le cose possibili e questo è stato rilevato dall'Assessore anche nei successivi interventi.
La nuova legge urbanistica regionale - e su questo sarebbe opportuno dare qualche suggerimento ai nostri esperti - deve tenere conto, nella redazione, di questa esperienza, cioè i redattori del Piano Territoriale Regionale hanno detto che è finita una fase della pianificazione, così come era intesa nel passato, ma anche come era stata normata nella modifica della L.R. n. 56/77 avvenuta nel 1994 sul Titolo II.
In sostanza, c'è la convinzione, che bisogna continuare a mantenere anche nella nuova legge urbanistica regionale, che la Regione deve sicuramente avere alcune leve per il governo del territorio, ma non pu immaginare di pianificare per conto proprio il territorio.
Pertanto, l'indicazione che è stata data ed è contenuta nel Piano territoriale, è prevalentemente quella di aver messo assieme i vincoli e le tutele e di aver dato qualche indicazione di carattere generale, di carattere strategico; questa è la strada essenziale, perché lascia uno spazio importante ai livelli successivi. A livello di Provincia per il Piano Territoriale Provinciale nel senso che la Provincia dovrà definire in modo puntuale alcune scelte strategiche compiute nel Piano Territoriale Regionale, così come dovrà consentire, a livello di Piano Regolatore Comunale, una successiva specificazione.
Mi pare anche ottima la scelta contenuta nelle norme di attuazione di non aver soltanto indicato delle prescrizioni, ma delle direttive.
La futura legge urbanistica nelle norme dovrà recuperare questa esperienza. In sostanza, il Piano Territoriale Regionale lo intendo - e mi pare che sia stato inteso - come un sorta di piano delle invarianti regionali e come l'indicazione degli elementi di carattere strategico. Se la scelta di fare il piano delle invarianti regionali - tutto ciò che non si può toccare, quali sono i vincoli, quali sono la tutela - venisse trasferito a livello provinciale e poi a livello comunale avremmo di fronte alcune scelte chiare, cioè l'operatore economico che vuole intervenire, sa quali sono tutti i vincoli, ma li sa tutti una volta per tutte. Se si procedesse poi a livello anche comunale in questa scelta, noi compiremo un gesto politico di grande importanza. Chi deve intervenire sa quali sono gli elementi sui quali fare i conti, sa dove poter intervenire.
Rilevo, inoltre, un elemento contenuto nella relazione dell'Assessore Botta che, giustamente, ci dice che il Piano ha permesso non solo di censire tutti i vincoli, ma ci indica la necessità di togliere il gesso alla possibilità di sviluppo della Regione, quindi c'è una necessità di razionalizzazione del sistema vincolistico, che non vuol dire eliminare i vincoli, ma è una razionalizzazione.
Indicazione importante: chiedo alla Giunta come intende procedere questo è il grande problema - ad una razionalizzazione del sistema vincolistico che l'Assessore Botta ha rilevato e dice: "Bisogna procedere...". Ma come? Il problema è dire come, perché questo vuol dire governo del territorio: come procedere ad una razionalizzazione del sistema vincolistico, perché obiettivamente oggi è un sistema che non regge più.
Non perché non sia sufficientemente vincolistico, ma perché è troppo spesso esclusivamente di carattere formale e non sostanziale. Avere questa indicazione da parte della Giunta, secondo me, è importante.
Terzo elemento, e concludo: credo sia importante - l'ha richiamato prima il collega Chiezzi - che questo strumento di grande importanza, cioè il Piano Territoriale Regionale, sia collegato o perlomeno si capisca qual è il collegamento che deve esistere tra Piano Territoriale Regionale e Piano di sviluppo economico. Perché il nesso è importante; oggi - è qui l'assurdità - approviamo il Piano Territoriale Regionale senza avere il Piano di sviluppo economico. Credo che il Piano Territoriale Regionale dovrebbe essere inteso come la specificazione territoriale di un programma di sviluppo economico; dovrebbe essere così. Noi, invece, facciamo un procedimento inverso: facciamo prima il Piano Territoriale Regionale, senza sapere le indicazioni programmatorie di sviluppo della Regione Piemonte. E' un limite e io lo sottolineo perché mi sembra un limite non irrilevante.
Soltanto se il Piano Territoriale Regionale è collocato come specificazione territoriale di un elemento di programmazione più alto c'è uno strumento che consente il governo del territorio, ma soprattutto consente di attuare alcune politiche. Cioè il rapporto tra Piano territoriale, Piano di sviluppo economico e i Piani di settore è importante. Oggi c'è una grandissima carenza, mi sembra si sia tornati indietro sotto questo aspetto, cioè non c'è più una fiducia nella programmazione come elemento di governo del territorio. Fare il Piano territoriale e dire: "diamo le indicazioni", è già importante, ma noi non possiamo limitarci a questo.
Dobbiamo dire, in quella carta, quali sono le zone che vanno sviluppate c'è qualche indicazione sulle dorsali, c'è questo cambiamento rispetto al passato, ma l'indicazione degli strumenti, affinché questi obiettivi possano essere raggiunti, manca. E' un rilievo che intendevo fare anche se evidentemente il nostro voto è positivo, perché si incomincia a dare gambe ad un processo che è interessante, soprattutto si consente alle Province di redigere i Piani Territoriali Provinciali, ma si consente poi che questi siano approvati e coerenti con il Piano Territoriale Regionale. Una volta approvato questo Piano, credo che l'Assessore debba compiere uno sforzo ed è indicata la Conferenza sulla pianificazione - concreto per omogeneizzare il più possibile ciò che sta capitando in tutte le Province perché deve esserci anche un impegno successivo. Una volta approvati i Piani Territoriali Provinciali, credo che sarà giunto il momento per trasferire alle Province, soltanto in quel momento, le competenze della Regione in materia urbanistica, cioè bisognerà applicare la legge n. 142.
Non bisogna quindi ritardare questo processo, per non dare la sensazione di voler mantenere per sé un potere; è importante che i Piani Territoriali Provinciali ci siano, siano approvati e siano coerenti. L'approvazione di questo piano è dunque un fatto importante, perché si avvia un processo di decentramento di alcune competenze che sono attualmente gestite dalla Regione, ma soprattutto si mette nelle condizioni di poter ragionare meglio sulle questioni di carattere politico e strategico.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DEORSOLA



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Grasso.



GRASSO Luciano

Riteniamo che il Piano territoriale sia uno strumento determinante per lo sviluppo urbanistico. Noi lo davamo comunque per approvato, anche se mancava la formalizzazione in aula; era assodato che avrebbe avuto una concretizzazione in aula. Il discorso che faceva prima il Consigliere Saitta, in merito ai due anni ritenuti persi, non lo condivido del tutto.
Devo dire che l'Assessore Botta, avendo avuto un Piano territoriale redatto dalla precedente Giunta, si è reso disponibile anche nei confronti delle Province nuove che avevano avuto delle Amministrazioni generalmente diverse dalle precedenti, per valutare con le nuove Amministrazioni qual era la valenza, la validità, se c'erano delle modifiche da apportare nei confronti di questo Piano territoriale. E' stata quindi una verifica fatta all'interno della Giunta, ma anche una verifica con tutte le Province, con le Amministrazioni nuove che si erano insediate. Riteniamo che sia stato un passo importante e doveroso da fare, che ha richiesto il tempo tecnico necessario. Nello stesso tempo, ci si era incamminati per una soluzione di snellimento delle piccole pratiche urbanistiche, con delega ai Comuni per certe varianti parziali, per cui si riteneva urgentissimo arrivare al compimento di questo passo di maggiore responsabilizzazione delle competenze comunali.
Il Piano territoriale, comunque, definisce il quadro di riferimento per le politiche di sviluppo urbanistico del Piemonte. Abbiamo uno strumento al quale rapportarci nella redazione dei Piani Territoriali Provinciali; le Province qualcosa hanno fatto, ma con il Piano territoriale possono operare meglio per realizzare i loro Piani territoriali. Non riteniamo che questo sia sufficiente per delegare alle Province tutti i compiti urbanistici dovranno prima organizzarsi per poterlo fare. In questo momento - do ragione al collega Angeli - le Province non sono in grado di gestire l'urbanistica dei loro territori. Hanno strutture finalizzate ad altre cose: alla realizzazione di progetti, alla realizzazione di controllo territoriale, ma non hanno strutture impiantate per la gestione urbanistica del territorio.
Un altro riferimento che volevo fare era sulla rigidità o flessibilità del Piano territoriale. Il Piano territoriale non deve essere uno strumento rigido, ma deve essere estremamente flessibile con l'adeguamento progressivo alle realtà emergenti dal territorio. E' quindi importante individuare una sede di raccordo con le entità territoriali per effettuare in un progressivo divenire le azioni di monitoraggio, verifica ed aggiornamento degli strumenti territoriali. Quindi, lo vediamo come qualcosa di continuamente modificabile, non nei vincoli più importanti e nei vincoli del non fare, ma nell'individuazione dello sviluppo del territorio. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cavaliere.



CAVALIERE Pasquale

Grazie, Presidente. Hanno già detto molto i miei colleghi, in particolare quelli dei Gruppi di minoranza, e non ripeterò quindi questioni già affrontate. Mi limito ad alcune considerazione più generali di una concezione di pianificazione del territorio che io ritengo ancora manchi nella cultura della gestione del territorio stesso. Siamo passati dal "si può costruire ovunque" dei decenni passati ad un'altra concezione che nella nostra Regione poi è stata codificata con la L.R. n. 56/77 e cioè che ci si può sviluppare, si può costruire ovunque tranne dove non è possibile.
Questo tardivo Piano territoriale - è già stato detto dai colleghi che mi hanno preceduto - lo si poteva approvare due anni fa, Assessore Botta avremmo guadagnato due anni e di conseguenza le Province avrebbero approvato i loro Piani.
La concezione sulla quale è ancora imperniata la filosofia secondo la quale si costruisce ovunque tranne dove non è possibile, codificando tutti i vincoli, precisandoli, ecc., comincia a diventare un concetto vecchio e superato. Superato da una concezione nuova, che bisogna introdurre e che manca ancora, del limite del territorio: non si può consumare territorio oltre un certo limite.
Non si tratta di una concezione irrilevante, bensì di una questione importante, non ancora assunta nella nostra concezione di governo del territorio. Pertanto, il Piano territoriale ancora ne soffre e ne soffrirà anche perché manca il bilancio ecologico del territorio. Non riusciamo a fare un bilancio ecologico della tollerabilità e della non tollerabilità del territorio; riusciamo semplicemente a rilevare l'edificabilità di un territorio, vincolandolo al mercato. Tutto ciò non deve più verificarsi.
Occorre invece governare il mercato nel limite del territorio. Questo a livello generale, non entro nel particolare.
Nel renderci conto che comunque uno strumento di pianificazione è meglio che nulla, esprimeremo politicamente il nostro voto contrario, non sulla necessità di questo strumento di governo, ma per i limiti intrinseci che ancora esistono. Grazie.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, passiamo all'esame degli emendamenti presentati.
1) Emendamento presentato dagli Assessori Botta e Majorino: aggiungere in calce al comma secondo il seguente testo: "Nelle aree individuate dalle dorsali di riequilibrio regionale, nelle rimanenti aree destinazioni diverse da quella agricola solo con adeguata motivazione".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 27 voti favorevoli e 8 astensioni.
2) Emendamento presentato dai Consiglieri Ferrero, Angeli, Cotto e Bellion: all'art. 18, pag. 33, delle "Norme di attuazione", eliminare dal punto b) del terzo comma le parole "Pinerolo, Follone sul Rivo Moirano".
La Giunta lo accoglie.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 29 voti favorevoli (non hanno partecipato alla votazione 4 Consiglieri.
3) Emendamento presentato dall'Assessore Botta: Norme di attuazione: 1. Nell'elenco dei corsi d'acqua principali, allegato in calce all'art. 20 sostituire, a pag. 40, il toponimo "Orbagna" con "Orbana".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 33 Consiglieri presenti.
4) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Moro, Papandrea Simonetti: all'interno delle norme di attuazione (pag. 49), aggiungere, in conclusione del comma secondo, le seguenti parole: "e l'istituzione della seconda Università nel Piemonte orientale".
La parola all'Assessore Botta.



BOTTA Franco Maria, Assessore all'urbanistica

La Giunta è favorevole anche in considerazione delle determinazioni che dal 1984 fino oggi, compresa l'espressione di parere della competente Commissione, ha assunto sul tema richiamato dalla proposta di emendamento.
L'Assessore Leo, se lo desidera, potrà aggiungere qualche considerazione.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 28 voti favorevoli e 8 astensioni.
5) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Moro, Papandrea e Simonetti: all'interno delle norme di attuazione (pag. 50), i commi 4.2 e 4.3 sono soppressi.
La Giunta è contraria.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 5 voti favorevoli, 21 contrari e 8 astensioni.
6) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Moro, Papandrea e Simonetti: all'interno delle norme d'attuazione (pag. 57), al comma quarto sostituire alla cifra "sessanta" la cifra "centocinquanta".
La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Intervengo per segnalare che la cifra di 150 è quella che comunemente viene utilizzata per le linee ad Alta Velocità in ambito europeo. E' ormai noto che all'interno di una fascia di 150 metri le aree dovrebbero essere inedificate, tant'è che sono in corso indennizzi e possibilità di spostamento per le abitazioni poste entro la fascia dei 150 metri.
Si tratta quindi di un adeguamento ad un'esperienza di carattere europeo: 60 metri costringerà i futuri insediati (a 61 metri) ad avere lamentele e a presentare richieste di indennizzo eccezionali. Se c'è una linea ad Alta Velocità - verso la quale rimaniamo contrari - almeno che ci sia una fascia da oggi inedificabile di 150 metri; altrimenti urbanizziamo malamente.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Botta.



BOTTA Franco Maria, Assessore all'urbanistica

Questo emendamento riguarda l'art. 36 delle norme di attuazione ed è relativo al corridoio - come richiamava poc'anzi il Consigliere Chiezzi per l'Alta Velocità ferroviaria; in particolare, il comma quarto, oggetto dell'emendamento, propone una fascia di rispetto con vincolo di inedificabilità per una distanza di 60 metri dalla rotaia esterna.
La norma estende, per gli ambiti esterni a quelli consolidati dall'edificazione, la prescrizione definita dall'art. 46 del DPR n. 753/80 che prevede, così come è anche indicato nell'art. 21 delle norme di attuazione, una fascia di rispetto di 30 metri.
L'ampliamento proposto, che raddoppia la prescrizione normativa, pare sufficiente a salvaguardare le infrastrutture e la salute cittadini soprattutto nei riguardi dell'abbattimento del rumore.
Pertanto non lo riteniamo accoglibile.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi per dichiarazione di voto.



CHIEZZI Giuseppe

Lei ha citato il DPR n. 753 del 1980. All'epoca, le esperienze sull'Alta Velocità erano nulle, per cui quell'indicazione normativa oggi non è più assolutamente aggiornata e quindi non può essere riferimento per il futuro.
Oggi, in tutta Europa, si dice che gli effetti dell'Alta Velocità sono tali da dover prevedere una fascia di 150 metri in cui non si può vivere.
Potete verificarlo: è contenuto in tutti gli studi tecnici elaborati in Europa.
Quel decreto è del 1980 e in quel periodo bisognava stare a 30 metri se voi li raddoppiate, va bene, però pregherei un'ulteriore riflessione.
Comunque noi manteniamo l'emendamento.



PRESIDENTE

La Giunta non accoglie l'emendamento.



CHIEZZI Giuseppe

Chiedo la votazione per appello nominale.



PRESIDENTE

D'accordo.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, su tale emendamento.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 32 hanno risposto SI' 14 Consiglieri hanno risposto NO 17 Consiglieri si sono astenuti 1 Consiglieri L'emendamento è respinto.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Montabone; ne ha facoltà.



MONTABONE Renato

Dichiaro ufficialmente di aver sbagliato a votare.



PRESIDENTE

Essendo solamente un Consigliere che dichiara di aver commesso un errore durante la votazione, con la prova di resistenza il risultato non cambia.



PAPANDREA Rocco

Cosa vuol dire "prova di resistenza"?



PRESIDENTE

"Prova di resistenza" vuol dire che in sostanza l'esito di una votazione non cambia anche se variasse il numero dei voti favorevoli contrari o astenuti. Tecnicamente si chiama "prova di resistenza".



MONTABONE Renato

Ritiro la mia dichiarazione. Va bene così.



PRESIDENTE

In tutti i manuali di diritto si chiama "prova di resistenza".
Pongo ora in votazione la deliberazione, il cui testo verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Come richiesto dal Consigliere Chiezzi ed altri, indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, su tale provvedimento.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI' 35 Consiglieri hanno risposto NO 6 Consiglieri La deliberazione è approvata.
Passiamo ora all'esame dei due ordini del giorno collegati alla deliberazione.
Pongo ora in votazione l'ordine del giorno n. 532, collegato alla deliberazione, presentato dai Consiglieri Gallarini, Grasso, Galli e Deorsola, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte nell'approvare il Piano Territoriale Regionale, che rappresenta il primo strumento esteso all'intero territorio regionale per il governo delle trasformazioni territoriali, ritiene fondamentale, anche al fine di meglio coordinare l'azione delle singole Province in fase di predisposizione degli strumenti di loro competenza (con l'obiettivo di realizzare un processo che, pur nella sostanziale autonomia istituzionale dei diversi soggetti sia in grado di affermare un disegno unitario del Piemonte), istituire al più presto la 'Conferenza regionale per la pianificazione' a tale fine, nella consapevolezza che in assenza della Conferenza (intesa come tavolo di dialogo istituzionale) si possa giungere a dei risultati complessivamente distanti dal raggiungimento del necessario coordinamento degli obiettivi dei singoli Piani territoriali, è da ritenersi fondamentale la realizzazione di un sistema di pianificazione capace di interloquire con i diversi soggetti istituzionali e con gli operatori, pubblici e privati con la necessaria capacità di modificare il territorio impegna la Giunta regionale ad istituire la 'Conferenza regionale per la pianificazione' da intendersi quale tavolo istituzionale (politico e tecnico) nel quale meglio definire gli strumenti di attuazione del Piano Territoriale Regionale e concordare i contenuti e gli obiettivi dei Piani Territoriali Provinciali al fine di garantire la necessaria integrazione con le scelte strategiche e normative del Piano Territoriale Regionale a garantire all'interno della Conferenza la presenza di tutti i soggetti istituzionali interessati alla pianificazione territoriale (le otto Province piemontesi, l'URPP, una rappresentanza, da ricercarsi nelle diverse associazioni degli Enti, delle Comunità montane e dei Comuni) a relazionare periodicamente, alla competente Commissione consiliare permanente, relativamente ai lavori svolti dalla Conferenza e ai risultati ottenuti ad aggiornare costantemente il Piano Territoriale Regionale in conseguenza dei risultati ottenuti nella Conferenza".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 30 Consiglieri presenti.
Pongo ora in votazione il secondo ordine del giorno, che reca il n. 533 presentato dai Consiglieri Chiezzi, Moro, Papandrea e Simonetti, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte ritenuto strategico, per un equilibrato e qualificato sviluppo del Piemonte, realizzare la seconda Università nel Piemonte orientale, che con la piena autonomia di gestione e di sviluppo della ricerca costituirà un rilevante fattore di riqualificazione dell'intera realtà culturale economica e sociale del settore orientale della regione lungo un asse nord sud capace di assumere ruoli di rilievo rispetto al capoluogo del Piemonte e della Lombardia esprime la determinazione di promuovere tutte le iniziative capaci di portare alla realizzazione della seconda Università nel Piemonte orientale impegna la Giunta regionale a richiedere al Governo nazionale la costituzione della seconda Università nel Piemonte orientale".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 30 Consiglieri presenti.


Argomento: Università

Esame proposta di deliberazione n. 463: "Diritto allo studio universitario. Determinazione, per l'anno accademico 1997/1988, dei criteri relativi all'erogazione dei servizi e provvidenze"


PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame della proposta di deliberazione n. 463, di cui al punto 27) all'o.d.g.
La parola all'Assessore Leo.



LEO Giampiero, Assessore all'assistenza universitaria

Di questa deliberazione e del discorso complessivo sull'argomento si è discusso ampiamente in Commissione consiliare, c'è stata anche un'importante audizione con l'Ente per il diritto allo studio, ci sono stati colloqui ed interventi di tutta la Commissione. Sulla base di questo la deliberazione, che era stata presentata in Commissione, essendo nel frattempo uscito anche il successivo DCPM, è stata integrata con alcuni emendamenti.
La necessità di introdurre emendamenti ed integrazioni alla deliberazione della Giunta regionale nasce da una duplice motivazione: considerazioni e valutazioni emerse nella seduta della competente VI Commissione del Consiglio regionale tenutasi in data 3/6/1997 per l'esame della proposta di deliberazione n. 475 opportunità di recepire significativamente nelle parti di immediata applicabilità il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri recante "Uniformità di trattamento nel diritto agli studi universitari" di cui all'art. 4 della legge n. 390/91 e all'art. 5, commi diciottesimo e ventesimo della legge n. 537/93 approvato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 30/4/1997, successivamente registrato, in data 30/5/1997 e di prossima pubblicazione.
La parte del DPCM che viene ritenuta applicabile con gli emendamenti e le integrazioni in argomento è stata opportunamente verificata sia con l'Ente per il diritto allo studio universitario che si è espresso positivamente nei contenuti e nel metodo che garantiscono ulteriormente le aspettative degli studenti, sia con la Commissione consiliare.
Termino dicendo che il combinato disposto del lavoro di proposta della Giunta, dell'audizione dell'Ente per il diritto allo studio, del lavoro della Commissione, ha portata a quelle che possono essere considerate le condizioni di maggior favore possibile per gli studenti piemontesi.
La prova ne è - anche rispetto ai dati precedenti - che mentre nel 1995/1996 bandivamo 1.700 borse di studio, i vincitori erano 1.700, gli idonei in attesa di borsa 1.325, dopo l'applicazione di queste norme volute da tutta la Commissione - e l'approvazione, direi provvidenziale della legge, le borse di studio sono salite a 4.193: i vincitori 3.667 e gli idonei 526.
Ciò significa - e lo sottolineo - che non vi è alcun studente del Piemonte, ancorché capace e meritevole e in condizione di bisogno, che non sia sostenuto con una borsa di studio.
Certo, il discorso complessivo - ma non è questo il tema - del diritto allo studio è enorme, non è questo il momento, meriterà un convegno apposito, meriterà approfondimenti nella competente Commissione consiliare.
E' una partita sulla quale si sta ragionando molto. I Consiglieri Riba e Simonetti hanno sollecitato il problema in Commissione, a cui prestiamo la massima attenzione. Anche le votazioni di oggi sulla seconda Università sono coerenti con quanto espresso dalla Commissione. Anche per questo mi sono permesso di dire al collega Botta di accogliere gli emendamenti perch erano coerenti, ma il dato importante è che rispetto al DPCM la Regione Piemonte è la prima ad applicarlo con maggiore favore assegnando tutte le borse di studio.
Aggiungo ancora che il Governo nazionale ha individuato, per ora, solo sette Regioni in grado di rispondere alle esigenze del DPCM; la Regione Piemonte è la prima, ci sarà anche una ripartizione di un bonus nazionale per le Regioni che sono al passo con il DPCM ed è prevedibile che la Regione Piemonte ottenga tale bonus.
Se il governo lo confermerà porterò in Commissione i dati e anche l'analisi per l'indirizzo di questo bonus di circa 7 miliardi a riprova che la Regione - anche per tutta l'attività svolta dal Consiglio e dalla Commissione - è pronta.
Ricordo che la Regione Liguria, ancora oggi, non è riuscita ad approvare la legge sul diritto allo studio, si trova in un'impasse molto grave; Quindi, si tratta di situazioni che indubbiamente penalizzano gli studenti.
Ringrazio il Consiglio per aver voluto discutere questo provvedimento.



PRESIDENTE

Essendo gli emendamenti conosciuti volevo chiedere al Consiglio, se possiamo intendere questi emendamenti come un maxiemendamento, cioè effettuare un'unica votazione.
Il Consiglio è d'accordo, procedo pertanto alla lettura di tale maxiemendamento presentato dall'Assessore Leo: nel titolo "condizione economica del nucleo familiare" sopprimere le parole "il 60%" e sostituire con le parole "il 20%".
Sopprimere interamente il titolo "Definizione studenti in sede e fuori sede" e sostituire con "Tipologia degli studenti": Studenti in sede.
Vengono considerati in sede gli studenti che risiedono nel Comune sede dell'Ateneo.
Studenti pendolari.
Vengono considerati studenti pendolari gli studenti che risiedono nei Comuni che costituiscono la prima cintura del Comune sede dell'Ateneo.
Studenti fuori sede.
Vengono considerati studenti fuori sede gli studenti che risiedono nei restanti Comuni oltre la prima cintura.
Lo studente per essere considerato in tale condizione deve prendere alloggio nella sede universitaria utilizzando le strutture residenziali pubbliche o altri alloggi di privati o enti a titolo oneroso.
Nel titolo "Requisiti di merito", al punto "immatricolati" sopprimere il numero "46/60" e sostituire con "42/60"; sopprimere la parte restante sino a "7/10 (sette su dieci)".
Nel titolo "Requisiti di merito" aggiungere, dopo il punto 3) che inizia con le parole: "iscritti agli anni successivi" e termina con le parole: "parte integrante", le parole "a partire dall'anno accademico 1998/1999 gli esami dovranno essere superati entro il 31/7/1998 in relazione alle tabelle opportunamente rivedute al fine di potere formulare le graduatorie entro il mese di agosto dello stesso anno".
Borse di Studio.
Sopprimere interamente il punto 6) che inizia con la parola "l'importo" e termina con le parole "in sede" e sostituire con: "La definizione dell'importo delle borse di studio persegue l'obiettivo della copertura delle spese di mantenimento sostenute dagli studenti nelle diverse sedi.
L'importo minimo delle borse di studio previste dalla legge 2/12/1991 n.
390, art. 8, è stabilito nel modo seguente: a) studenti fuori sede: L. 6.500.000 b) studenti pendolari: L. 3.600.000 c) studenti in sede: L. 2.700.000 + n. 1 pasto giornaliero gratuito".
Borse di studio.
Sopprimere al punto 7) l'indicazione che riporta "Studenti fuori sede e studenti in sede e relativi importi" e sostituire con: studenti fuori sede: L. 4.335.000 studenti pendolari: L. 2.400.000 studenti in sede: L. 1.800.000 + n. 1 pasto giornaliero gratuito.
Servizio abitativo.
dopo il primo comma aggiungere i seguenti commi: "Limitatamente per i servizi abitativi sono fatte salve le conferme per gli studenti che abbiano già ottenuto il beneficio nell'anno accademico precedente, se in possesso dei requisiti relativi alle condizioni in merito e di reddito.
Qualora risulti disponibilità di posti letto, ad avvenuto assolvimento delle richieste emergenti dalla graduatoria borsa di studio, gli stessi verranno assegnati sulla base della graduatoria del servizio abitativo riformulata mediante utilizzo del parametro di merito relativo alla borsa di studio. In questo caso la retta verrà determinata in base al costo del servizio".
Mensa.
Sopprimere i punti 5) e 6) che iniziano con le parole "i borsisti" e terminano con le parole "sono titolari" e sostituire con il seguente comma: "Gli studenti iscritti ai corsi di perfezionamento ed alle scuole di specializzazione attivati presso le università, i borsisti delle Università e degli enti pubblici di ricerca, i frequentanti il dottorato di ricerca sono ammessi a fruire del servizio di ristorazione alle stesse condizioni degli studenti iscritti ai corsi di laurea e di diploma".
Studenti portatori di handicap fisici.
"Requisito di merito": alla fine del primo punto che inizia con le parole "Gli studenti" aggiungere le parole "al fine di agevolare ulteriormente la posizione dello studente nell'ambito della graduatoria" sopprimere il secondo punto che inizia con le parole "Gli iscritti" e riformulare come segue: "gli iscritti ad anni successivi al primo potranno avere superato un esame in meno per ogni anno di corso rispetto al limite previsto per la borsa di studio di cui alla relativa tabella".
"Requisito di reddito": sopprimere il punto che inizia con le parole "I limiti" e riformulare come segue: "per questa categoria di studenti i limiti di reddito vengono aumentati sino al 50% della soglia economica".
Attività a tempo parziale.
Alla fine del terzo punto che inizia con le parole "Le collaborazioni" e termina con le parole "l'onere emergente" aggiungere il seguente punto: "Qualora le graduatorie siano esaurite o non disponibili l'Ente per il diritto allo studio universitario attinge alle graduatorie per il conseguimento delle borse di studio e dei servizi abitativi, attribuendo precedenza agli studenti idonei non beneficiari" dopo l'ultimo punto del titolo "Sussidi straordinari", che inizia con le parole "l'Ente" e termina con le parole "del sussidio", aggiungere il seguente titolo: "Attività culturale - Modalità internazionale.
Atteso che le Università possono concedere contributi per la partecipazione degli studenti universitari a programmi di studio che prevedano mobilità internazionale, ad integrazione delle borse ottenute, con particolare attenzione per gli studenti risultanti idonei per la concessione di borse di studio, le medesime Università e la Regione possono offrire supporto organizzativo e logistico agli studenti italiani che si recano all'estero ed agli studenti stranieri in Italia ove sussista apposita previsione di bilancio e sempre nell'osservanza dei requisiti di merito e reddito richiesti per la borsa di studio: gli Atenei e la Regione concordano le possibili modalità per la realizzazione di detti interventi".
La parola alla Consigliera Simonetti per dichiarazione di voto.



SIMONETTI Laura

Una breve dichiarazione di voto per far rilevare che il nostro Gruppo ha ritenuto opportuno anche i lavori in Commissione e l'audizione dell'Ente al diritto allo studio. Questa deliberazione, che inizialmente aveva sollevato delle perplessità da parte del nostro Gruppo, ma comunque dell'opposizione in generale, circa l'urgenza, in realtà ha avuto come conseguenza l'audizione dell'Ente al diritto allo studio che noi avevamo già sollecitato come importante audizione da svolgersi per conoscere anche la realtà e le esigenze del settore universitario in Piemonte. Riteniamo positive, quindi è sostanzialmente una valutazione di merito, le richieste fatte dall'Ente al diritto allo studio, che in particolare sosteneva anche le richieste e le esigenze degli studenti universitari e che sono state totalmente assorbite ed acquisite dal maxiemendamento della Giunta regionale. Quindi, la nostra è una valutazione positiva.
Rimane ancora una perplessità sull'impostazione generale dei servizi che rimangono inadeguati, purtroppo, e ancora insufficienti rispetto all'esigenza reale degli studenti universitari. Si può notare un inizio di percorso che vede dei passi positivi, però sostanzialmente le considerazioni e le perplessità riguardano le fasce di reddito, che partono da indicazioni nazionali, che sono ancora troppo larghe e possono contenere troppe diversità di componenti di reddito. E' inadeguata, ancora, rispetto ad un'esigenza totale, l'offerta dei servizi abitativi e delle sale di studio agli studenti. Riteniamo comunque che questo possa essere un buon passo e il nostro voto sarà di astensione.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, pongo in votazione il maxiemendamento presentato dalla Giunta.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 33 voti favorevoli e 5 astensioni.
Pongo ora in votazione la deliberazione, il cui testo verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 33 voti favorevoli e 5 astensioni.


Argomento:

Esame proposta di deliberazione n. 351: "Approvazione Piano Territoriale Regionale - Area di approfondimento dell'Ovest Ticino" (rinvio)


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 351, di cui al punto 31) all'o.d.g..
C'è una proposta di emendamento presentata dai Consiglieri Gallarini e Galli.
La parola al Consigliere Galli.



GALLI Daniele

Signor Presidente e colleghi, si tratta di emendamenti tecnici che propongono di autorizzare due nuclei - le frazioni Dolzago e Cavagliano qualora le Province non fossero perentorie nell'approvare il Piano Territoriale Provinciale, e ripeto le parole esatte: "Nel nucleo di Dolzago e Cavagliano sono comunque sempre consentiti gli interventi previsti dai Piani di recupero o particolareggiati di iniziativa comunale, fermo restando che gli stessi dovranno rispettare gli indirizzi di carattere generale sopra enunciati". Quindi, consente la non morte, dal punto di vista edilizio, di strumenti urbanistici realizzati e di iniziativa comunale. Non si tratta né di nuova espansione né di altro.
Per quanto riguarda le aree agricole poste fra i centri abitati e la fascia pre-parco (scheda SA-20, relativa al Comune di Romentino) l'emendamento è di questo tenore: "Il sesto capoverso, al fine del punto secondo, dopo il punto e virgola, che viene sostituito da una virgola, è integrato con la seguente dizione 'fatta eccezione per gli ambiti già interessati da insediamenti urbani totalmente dotati di infrastrutture primarie'". Successivamente va adottata un'altra variazione che è questa: "Sono comunque consentiti quegli interventi e quelle trasformazioni d'uso previsti dagli strumenti urbanistici comunali vigenti o adottati entro la data di approvazione del presente Piano". E la cosa riguarda in maniera pratica alcuni interventi previsti mediante opere di urbanizzazione e viarie fatte dal Comune di Romentino, relativi ad impianti limitrofi alla strada principale d'accesso, che sono stati catalogati invece in zona non edificabile.
Relativamente invece al Comune di Trecate, era stato inserito, e questa è una correzione a livello cartografico, un vincolo di area boscata relativamente ad un tratto che in realtà è previsto in Piano come viario e non presenta niente se non delle robinie ed è di larghezza minima, quindi è un fatto strutturale per il buon funzionamento del Piano Regolatore.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cavaliere.



CAVALIERE Pasquale

Chiedo una sospensione per valutare questi emendamenti, perché non sono di poco conto. Ad una prima lettura stravolgerebbero parte dell'impostazione dello stralcio. Vi è quindi necessità di valutarli perch al momento pare siano di una certa entità.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere. Vedo che la Giunta sta discutendo.
Sospendiamo la seduta per cinque minuti per dar modo di verificare meglio la portata di questi emendamenti.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 12,25 riprende alle ore 12,30)


Argomento: Sport - Tempo libero: argomenti non sopra specificati

Esame proposta di deliberazione n. 454: "Modifica della deliberazione del Consiglio regionale n. 240 - CR 8251 del 30/5/1996 'Programma pluriennale di attuazione della L.R. 22/12/1995, n. 93 per lo sviluppo dello sport e delle attività fisico-motorie'"


PRESIDENTE

La seduta riprende.
L'esame della proposta di deliberazione n. 351 è momentaneamente sospeso.
Passiamo quindi all'esame della proposta di deliberazione n. 454, di cui al punto 19) dell'o.d.g.
Tale provvedimento è stato licenziato dalla Commissione competente con i voti favorevoli dei Gruppi AN, CCD, Forza Italia, CDU, Patto dei Democratici, PPI, PDS e Lega Nord per l'indipendenza della Padania; si è astenuto il Gruppo Rifondazione Comunista.
Si tratta di una modifica di ordine tecnico.
Non essendovi richieste di parola, pongo in votazione tale deliberazione il cui testo e a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 31 voti favorevoli e 3 astensioni.
Prima di sciogliere la seduta ricordo che alle ore 13,30 è convocata in Sala A) la IV Commissione e alle ore 14 l'Ufficio di Presidenza.
La sessione pomeridiana dei lavori del Consiglio riprenderà alle ore 15.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 12,30)



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