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Dettaglio seduta n.125 del 02/04/97 - Legislatura n. VI - Sedute dal 23 aprile 1995 al 15 aprile 2000

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PICCHIONI


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute (rinvio)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute", comunico che sono stati distribuiti ai Consiglieri, prima dell'inizio della seduta odierna, i processi verbali delle adunanze consiliari del 26 novembre e del 3, 4, 10, 11, 17, 18 e 20 dicembre 1996.
Tali processi verbali verranno posti in votazione nel corso della prossima adunanza consiliare.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 5) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Bellion, Bortolin, Ghiglia, Leo Manica, Saitta e Vindigni.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi; ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Volevo delle informazioni su due questioni in sospeso, sulle quali si era detto che sarebbero state trattate oggi: quella relativa ad Expo 2000 sulla quale il Presidente Ghigo si era detto disponibile a fare una comunicazione, e quella relativa ai costi delle analisi presso alcune strutture convenzionate, sulle quali l'Assessore D'Ambrosio si era impegnato a rispondere.



PRESIDENTE

Non ci sono gli oratori, però in giornata verranno fornite le risposte.
Ha chiesto la parola il Consigliere Cavaliere; ne ha facoltà.



CAVALIERE Pasquale

Nella conferenza dei Capigruppo si era deciso di rispondere ad alcune mie interrogazioni.



PRESIDENTE

No, abbiamo detto che le interrogazioni e le interpellanze verranno discusse nel corso della seduta del 22 aprile p.v.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Comunicazioni della Giunta regionale in merito all'incontro svoltosi tra il Presidente della Giunta Ghigo, la Presidente della Provincia di Torino ed il Sindaco di Torino relativamente alle modifiche della legge in materia urbanistica


PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta, Ghigo, per una comunicazione relativa all'incontro avvenuto con la Presidente della Provincia di Torino ed il Sindaco di Torino, Presidente dell'ANCI Piemonte, ad integrazione della relazione del Consigliere Deorsola.
Prego, Presidente Ghigo.



GHIGO Enzo, Presidente della Giunta regionale

Signor Presidente e colleghi, l'incontro avvenuto con la Presidente della Provincia, Bresso, l'Assessore provinciale Rivalta e l'Assessore comunale Corsico delegato dal Sindaco Castellani, era susseguente ad una sollecitazione emersa dalla Conferenza dei Capigruppo regionali ed in risposta ad una comunicazione sottopostaci dalla Provincia, in veste di Presidente dell'URPP piemontese.
Le argomentazioni emerse nell'ambito di tale confronto ci hanno portato ad alcune riflessioni, che stiamo approfondendo e valutando nell'ambito di possibili interpretazioni normative che permettano di dare seguito alle sollecitazioni che la Provincia ci ha sottoposto.
La posizione dell'ANCI, confermata dall'Assessore Corsico a nome del Sindaco Castellani, è chiaramente favorevole al testo presentato e deliberato dalla Commissione; d'altro canto, occorre anche prendere atto di alcune considerazioni pervenute dalla Provincia, che - lo dico in maniera forse semplicistica, ma utile a mio avviso per un'interpretazione corretta del significato dell'incontro - contesta la troppa libertà che l'art. 17 concede ai Comuni nell'approvazione di varianti, senza considerare elementi di carattere generale sul territorio che dovrebbero, invece, essere tutelati (i famosi "corridoi" piuttosto che aspetti legati al territorio sovracomunale). E', quest'ultimo, un elemento che fa riflettere l'Assessore ed io non siamo rimasti indifferenti a questa considerazione.
Infatti, tutti quegli aspetti infrastrutturali di carattere generale relativi a possibili insediamenti di utilità generale - tanto per intenderci, vie di comunicazione, elettrodotti, metanodotti - connessi allo sviluppo urbanistico complessivo del territorio, rischiano, se non regolati dal punto di vista normativo, di non essere presi in corretta considerazione da ogni singolo Comune, al momento dell'approvazione di determinate varianti.
I Comuni in Piemonte sono 1.209 - anzi, dopo una proposta di fusione assunta ieri, sono scesi a 1.207 poiché, caso strano, due piccoli Comuni dell'Astigiano hanno deciso di accorparsi, di loro spontanea volontà, senza alcuna pressione da parte nostra; in tal senso, visto che - torno a dire il tema sottopostoci merita tutti gli approfondimenti e le attenzioni del caso, stiamo valutando dal punto di vista legislativo la possibilità di inserire una norma che possa in un certo senso tutelarci, quali responsabili dello sviluppo del nostro territorio, da possibili varianti su territori extracomunali, che potrebbero inficiare determinati aspetti dei Piani territoriali.
La discussione con la Provincia verte anche problemi legati ai decreti Bassanini e di conseguenza alle deleghe che dovrebbero essere assegnate alle Province piuttosto che alla Regione, per quanto riguarda - appunto - i Piani territoriali provinciali ed il conseguente controllo dei Piani stessi relativamente alle varianti che ogni singolo Comune potrebbe applicare su territorio extracomunale.
Queste le considerazioni sul tavolo della discussione; le stiamo approfondendo e valutando. Voglio sottolineare per la terza volta che tali considerazioni sono state accolte in maniera responsabile; nell'arco dei venti giorni che ci separano dalla riapertura dei lavori di Consiglio che verrà indicata dalla Conferenza dei Capigruppo, visto che si è deciso che la discussione odierna dell'art. 17 avrebbe avuto carattere generale saremo certamente in grado di esporre le varie considerazioni che emergeranno dall'approfondimento.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici - Beni ambientali - tutela del paesaggio (poteri cautelari, vincoli

Esame legge regionale approvata dal Consiglio regionale il 26/11/1996 e rinviata dal Governo relativa a: "Modifica degli artt. 17, 40 e 77 della L.R. 5/12/1977, n. 56 'Tutela ed uso del suolo'" (seguito)


PRESIDENTE

In merito all'esame della legge regionale in oggetto ha chiesto la parola il Consigliere Peano; ne ha facoltà.



PEANO Piergiorgio

Siamo in presenza delle osservazioni sollevate dal Commissario di Governo sull'art. 17; la relazione del collega Deorsola è stata sufficientemente esaustiva su quelle che sono le risposte alle osservazioni stesse.
Il problema è di ampio raggio, tutti quanti in questi anni abbiamo pensato di riformare la struttura dell'Assessorato, ma i tempi per l'approvazione delle varianti si sono rilevati lunghissimi: nodo essenziale che tutti quanti abbiamo in questi anni cercato in qualche modo di puntualizzare. Non ci siamo riusciti, i tempi che si prospettano sono ancora lunghissimi probabilmente ci vorranno ancora due anni per l'approvazione delle varianti.
L'articolo in esame sicuramente snellirà le procedure e consentirà ai Comuni di poter intervenire in modo diretto sull'approvazione delle varianti parziali e consentirà alla Regione di intervenire soltanto in presenza delle varianti strutturali.
Questa legge, inoltre, mette a posto alcuni punti estremamente importanti per i Comuni. La legge n. 1 del 1978 consentiva ai Comuni, a suo tempo, di poter intervenire direttamente sulle opere pubbliche approvando contestualmente la variante in Consiglio Comunale. Veniva approvata contestualmente la variante allo strumento urbanistico e l'approvazione del progetto di opera pubblica. Sappiamo poi che la legge Merloni ha richiesto la conformità agli strumenti urbanistici; i Comuni oggi sono in grossa difficoltà. Tantissimi Comuni sono in presenza di approvazione di progetti di opere pubbliche, ma non possono intervenire perché la Regione non è in grado di approvare in tempo utile le varianti ai loro strumenti urbanistici e quindi rischiano di perdere i finanziamenti.
Il CAI, per molti rifugi della Regione Piemonte, ha chiesto l'ammissione al contributo sull'Obiettivo 5 b) per poter intervenire e migliorare i rifugi stessi. Il CAI rischierà di perdere i finanziamenti perché i Comuni non saranno in grado di rilasciare le concessioni edilizie per l'intervento: il problema è ancora la variante allo strumento urbanistico.
Pertanto diventa veramente importante riuscire ad approvare questa legge.
Il Presidente Ghigo ha dato notizia dell'avvenuto incontro con la Presidente Bresso che aveva richiesto, come Presidente dell'URPP un'ulteriore riflessione su questa legge. Siamo d'accordo che l'Assessore presenti nel prossimo incontro di Commissione una possibile verifica da parte delle Province stesse sulle varianti parziali che i Comuni approveranno e che potrebbero essere, in sede di adozione, trasferite alle Province per un parere di conformità sovracomunale. Intanto può essere l'inizio di un percorso che ci porterà, nel tempo, a consentire deleghe alle Province stesse per l'approvazione degli strumenti urbanistici.
Ringrazio l'assemblea e il Presidente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montabone.



MONTABONE Renato

Signor Presidente, ci troviamo oggi di fronte alla riapprovazione di una legge rinviata dal Commissario di Governo. Una legge che ha già visto nella sua prima approvazione, una grande convergenza di voti. Una legge che non è condivisa soltanto da alcuni Gruppi politici in questa Regione.
Si parla spesso delle funzioni che necessariamente devono essere delegate dalle Regioni agli Enti locali e si parla con forza di autonomia locale; un'autonomia locale che i Sindaci e gli amministratori comunali da tempo richiedono non solo alla Regione, ma, tramite la Regione, anche allo Stato centrale.
Siamo di fronte a uno dei tipici casi di delega alle autonomie locali di funzioni che sono loro tipiche.
Quando si parla di varianti parziali non intendiamo delegare ai Comuni tutte le varianti territoriali del Piano Regolatore Comunale; con variante parziale si intende non più superare quello tipico della realtà comunale cioè le competenze che devono essere tipiche delle Amministrazioni locali: mi sembra che su questo concetto molti dei Gruppi consiliari si siano ritrovati.
Insorge poi, al di là delle posizioni che fin dall'inizio sono state prese, una posizione atipica rispetto a quello che si dice spesso, una posizione non già delle Province piemontesi, ma della Provincia di Torino.
Una posizione strana, perché se la Regione dovesse trasferire quelle che oggi sono le proprie competenze, dovrebbe verificare quali sono le competenze sovracomunali, e magari delegarle alle Province stesse, e quali sono le competenze tipicamente comunali come quella che oggi stiamo discutendo. Pare strana questa richiesta dell'ultima ora della Presidente e dell'Assessore all'urbanistica della Provincia di Torino, che richiede un incontro alla vigilia del dibattito non già sulla legge che prevedeva la modifica dell'art. 17, ma sulla legge rimandata in aula dal Commissario di Governo.
Appare assai strana questa posizione. Senza entrare nel merito, ritengo che sia opportuno che nel momento in cui la Regione pensasse di delegare, e lo deve fare, tutte le sue competenze di tipo amministrativo - questo è un processo che avverrà quando anche lo Stato centrale riuscirà a farlo e pare che passi avanti, rispetto ai decreti Bassanini in quest'ordine non se ne stiano facendo - agli enti locali, dovrà delegare le competenze di livello sovracomunale alle Province, e quelle tipicamente di livello comunale ai Comuni.
In un dibattito, non so se in Commissione o in aula, il collega Saitta tempo fa ci ricordava il compito importante della Regione di riuscire a coordinare le esigenze dei Comuni, se vuole riuscire nella sua impresa di Ente sempre più importante dal punto di vista legislativo. Credo fermamente in questa azione, ma non si possono coordinare le esigenze dei Comuni di questa Regione se prima non si tiene conto delle attribuzioni di autonomia locale dei Comuni stessi.
Con la modifica dell'art. 17 non facciamo altro che delegare, a quelle giuste richieste di autonomia, su una piccola parte di legge urbanistica le competenze tipiche dei Comuni.
Per questo credo che questo dibattito, che tra l'altro è già stato affrontato perché è la seconda volta che veniamo in aula su questa proposta di legge, poteva esaurirsi in un nonnulla, semplicemente adattando le esigenze del Commissario di Governo, sollecitate, peraltro, da Consiglieri di questa Regione; dovevamo quindi adattarci esclusivamente alle richieste del Commissario di Governo.
Mi sembra che oggi si stia facendo esattamente questo, nulla di più e nulla di meno.
E' una modifica difficile, sia per l'importanza che è già stata rilevata nel dibattito precedente, ma soprattutto perché sembra che su alcune proposte di legge le questioni di principio, anche se estremamente minoritarie, creino dei casi talmente eclatanti e dei tempi così lunghi per arrivare all'attuazione della legge stessa, che non permettono, come ho già detto in altre occasioni, di considerare in modo libero e democratico i voleri non della maggioranza di questo Consiglio, ma della stragrande maggioranza dell'intero Consiglio.
Anche su questo devo fare un'ulteriore riflessione: mi rivolgo in particolare all'Ufficio di Presidenza. Si metta mano al Regolamento, nei limiti delle possibilità democratiche, affinché le volontà delle maggioranze del Consiglio - non della maggioranza del Consiglio - possano essere attuate in tempi più celeri per la nostra Regione. Vi faccio un esempio: in una località montana sei mesi fa è stato chiesto di togliere un albero che stava distruggendo un tetto. Da sei mesi stanno aspettando il parere della Regione su questo tema. Un inverno è passato, il secondo inverno probabilmente passerà: io voglio sapere, come Consigliere regionale, come posso perorare questa causa - ammesso che possa farlo - in quanto non so neanche a quali uffici rivolgermi. Questi sono i tipici ritardi della burocrazia regionale! Per avere l'approvazione di un Piano regolatore in Regione ci vogliono dei tempi così lunghi che quando il Piano regolatore è approvato probabilmente è già superato dai tempi.
Quello che stiamo affrontando oggi, la modifica dell'art. 17, non è che una piccolissima parte del lavoro che dobbiamo fare.
Assessore, si metta mano alla L.R. n. 56/77, che probabilmente è stata anche una buona legge, piena di intoppi burocratici, piena di vincoli, ma non solo vincoli giusti, anche vincoli esclusivamente burocratici, e si dia la possibilità agli Enti locali di operare con le proprie responsabilità sul proprio territorio, con un unico garante di queste responsabilità, che sono i cittadini che vanno a votare le Amministrazioni comunali. Cittadini che oggi votano direttamente il Sindaco, quindi se quel Sindaco non opera bene deve venire cambiato dai cittadini stessi e non dalle leggi regionali che non permettono al Sindaco di svolgere il proprio lavoro! Con queste affermazioni, sottolineo che non è possibile che alcuni Consiglieri di questo Consiglio riescano, su un tema come questo, a bloccare l'iniziativa legislativa del Consiglio stesso. Oggi stiamo svolgendo solo il dibattito di carattere generale, ma in questo momento preelettorale nessuno vuole intervenire perché forse non vuole che appaia sulle pagine dei giornali quelle che sono le posizioni di vincolo che si impongono ai propri Sindaci sul territorio. Superate le elezioni del Comune di Torino invece ci ritroveremo qui con centinaia di emendamenti che bloccheranno l'iniziativa parlamentare e regionale del Piemonte.
Concludo con queste affermazioni, riservandoci di intervenire sull'articolato della legge in esame.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pichetto.



PICHETTO FRATIN Gilberto

L'esigenza di modificare, ancorché transitoriamente, la legge urbanistica regionale per quanto riguarda le procedure di approvazione almeno di alcune varianti, è stata espressa praticamente da tutto il Consiglio già nella prima approvazione della modifica all'art. 17.
E' stata espressa non solo per modificare l'art. 17, ma vi è unanime convinzione sulla necessità di provvedere ad una revisione completa della L.R. n. 56/77, ormai datata e non più confacente a quelle che sono le attuali condizioni del Piemonte e dei suoi Enti locali: la programmazione economica, sociale della nostra Regione con le nuove necessità. Necessità di avere un adattamento del territorio e quindi degli strumenti urbanistici alle moderne strategie di carattere aziendale, alle moderne strategie anche familiari, un modo diverso di impostare le proprie scelte di abitazione quindi la possibilità di vivere in più moderne abitazioni.
Si tratta di un provvedimento riferito al settore abitativo e alla necessità di adeguamento della struttura abitativa piemontese che, escluse le grandi città, è datato e quindi necessita di un intervento legislativo per permettere ai Comuni di adeguare i loro strumenti urbanistici.
Riprenderemo tale discorso in sede di discussione vera e propria dell'art. 17, e quindi del giusto indirizzo che ha avuto questa norma transitoria, perché ricordiamo che la modifica all'art. 17 ha la caratteristica di norma transitoria fino a quando non vi sarà una nuova formulazione legislativa urbanistica per tutta la regione. Fino a quel momento determinate procedure vengono semplificate nel modo testè detto approvato a suo tempo dal Consiglio regionale e fermato dal Commissario di Governo con alcune osservazioni. L'osservazione principale era che non doveva esserci sovracomunalità. Un'osservazione che se vogliamo considerarla dal punto di vista politico è pleonastica: nessun membro della II Commissione intendeva delegare ai Comuni la possibilità di fare interventi sovracomunali. Quindi la richiesta del Commissario di Governo di specificare meglio e di vincolare meglio questa parte ci trova fermamente concordi. Così come la seconda osservazione del Commissario di Governo che tende ad eliminare eventuale contenzioso nell'applicazione.
Condivido parte dell'intervento del collega Montabone che in pratica è il completamento o il chiarimento di una discussione che c'è stata.
Il discorso sulle competenze diventa un po' più ampio, dobbiamo dimenticare che stiamo trattando di una norma transitoria in attesa di una riforma più ampia. Quindi di una norma che ha come riferimento un periodo di due-tre anni, il tempo necessario per la riformulazione della L.R. n.
56/77.
Se le Province - qui tocco un tema che probabilmente ci vedrà impegnati nel Consiglio dopo le elezioni amministrative, così le forze politiche potranno esprimersi liberamente su questi temi - intendono rivendicare poteri, anche su questa transitorietà, vantando future competenze, allora si dà per scontato che siamo su una norma definitiva, ragioniamola meglio fermiamola, immediatamente blocchiamo la situazione, altrimenti non si vede quale vanto possa esserci da parte delle Province.
Detto questo sono disponibile a tutto, forse siamo passati alla seconda Repubblica, ma forse non siamo ancora nella seconda Repubblica nei "sentito" che mettiamo nelle nostre articolazioni. Oggi probabilmente discuteremo il testo unico sull'artigianato dove ve ne sono cinquantasei o cinquantasette di "sentito". Naturalmente dobbiamo pensare che ad ogni "sentito" noi moltiplichiamo le possibilità di concussione e di corruzione: di questo dobbiamo tenere conto. Ogni "sentito" in più è un potenziale corruttibile o corrotto in più, almeno percentualmente - percentuale spero molto bassa.
Quindi un'ipotesi di danno per il cittadino sui tempi e di danno per i cittadini sui furti.
Scusate la divagazione, ritorno al discorso sulla Provincia.
Capisco che le varianti non debbono essere in contrasto con i Piani provinciali, ma se la norma è transitoria e i Piani provinciali non ci sono mi chiedo con che cosa vadano in contrasto. Mi sembra un'aberrazione quella di andare a rivolgere la domanda di parere ad un Ente che non ha struttura in questo momento non ha competenze e l'unica cosa che potrebbe fare è far perdere un mese con una risposta eventualmente in politichese, stile le risposte che vengono date sulle norme delegate da alcuni servizi erogati anche dalla Regione Piemonte, dove "parrebbe" "sarebbe opportuno", ma alla fine non si dà una risposta.
Quindi mi sembra un inutile gravame che non ha alcun nesso con quello che è il problema che stiamo trattando, in politica e un "valium" politico per tenere buone le Province. Allora perché non chiedere anche il parere della Juventus Club di Mirafiori che è in fermento per la Juventus che potrebbe abbandonare Torino? Diamo un "valium" anche a questi! Potrebbe essere un "sentito" anche in questo caso.
Questo è il parere sull'argomento generale che si discute, che a questo punto non è più strettamente legato all'art. 17. Credo abbia detto bene il Presidente Ghigo che la richiesta delle Province è stata valutata sotto l'aspetto più rilevante, cioè le Province pongono un problema di proiezione futura, questo è il problema che deve essere affrontato, e su questo il tavolo deve essere aperto con le Province, proprio perché intravedo, in tempi non lunghissimi, la possibilità di avere le Province come vero soggetto di gestione e controllo urbanistici, come previsto dalla legge n.
142. Pertanto, in tempi non lontani ci sarà la possibilità per tutti i servizi dei settori urbanistici decentrati di passare con il relativo personale - qui si innesta anche la legge sul personale - alle Province e che in quella sede venga fatta la gestione urbanistica del territorio rimanendo alla Regione solo la grande programmazione.
Questo deve essere anche il fulcro della nuova legge urbanistica, ma in una norma transitoria emettere il parere verso un Ente che non ha ancora i poteri non può dare soddisfazione, ancorché il fatto di portarci a votarlo è un passo avanti. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Salerno.



SALERNO Roberto

Grazie, Presidente. Il provvedimento di modifica dell'art. 17 vuole rompere una continuità burocratica che in questi anni ha dimostrato come l'immobilismo abbia conseguenze negative sul territorio.
Durante i lavori di Commissione il Consigliere Cavaliere ha definito il territorio un ente vivente, ma opporsi a tale modifica significherebbe recare un grave danno a questo ente vivente.
Credo che il problema sia quello di dare finalmente ai Comuni la possibilità di decidere, di poter attuare anche sul territorio un'amministrazione diretta di cui abbiamo bisogno e di cui si auspica una trasformazione anche a livello nazionale.
In sostanza, l'art. 17 per le varianti parziali prevede uno svincolo dalla burocrazia regionale per poter agire in maniera consona e coerente in tempi naturali e normali, sul territorio. E' chiaro che una variante al di sotto del 5% o di qualche x% può comunque essere rilevante; è chiaro che anche solo due case poste in un angolo del territorio possono essere rilevanti. Il problema è di responsabilizzare i Comuni, che non sono sotto tutela di nessuno, di responsabilizzare i Sindaci, che non sono sotto tutela della Regione: sono tutti adulti, vaccinati ed eletti dai cittadini ai quali bisogna dare la possibilità di dire "sì" o "no" all'operato di chi li amministra, non attraverso una legge di un Ente diverso, di un Ente che sta sopra la loro testa e con il quale non hanno alcun riferimento elettorale. Il Sindaco deve rispondere direttamente al voto dei cittadini quel Sindaco che adotta una variante parziale, che con sole due case fa scempio del territorio, è sicuro che nella prossima tornata elettorale tornerà a casa. Questo è un processo di crescita democratica che la maggioranza di centro-destra ha voluto intraprendere, con la presente legge, per far capire in quale direzione si deve muovere in futuro la burocrazia, non solo dei vari Comuni, ma anche della nostra Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie, Presidente. Ho ascoltato la relazione del collega Deorsola, le aggiunte del Presidente Ghigo e le osservazioni svolte da alcuni colleghi.
La mia opinione è che la strada indicata da questa variante è impraticabile da vari punti di vista.
Il primo punto di vista è il più importante e segue a questa riflessione. Dal dopoguerra ad oggi è cresciuto e si è organizzato un sistema di pianificazione sia territoriale che urbanistico molto complesso in tutta Italia. Sono state emanate leggi nazionali, c'è stata l'istituzione delle Regioni, le quali hanno legiferato dal 1970 in poi. La Regione Piemonte nel 1977 ha emanato le proprie leggi urbanistiche, le quali sono state successivamente aggiornate.
All'interno di questo sistema legislativo è cresciuto anche il sistema di strumentazione della pianificazione sia territoriale che urbanistica, ma in modo non organico, giungendo anche ad affastellare in capo al territorio una pletora di strumenti di pianificazione a volte tra loro sovrapposti, a volte concorrenti, a volte in competizione, in un'attività che negli ultimi anni ha visto comprendere in modo diverso e più serio del passato tutti i temi ambientali. Inoltre, abbiamo assistito alla proliferazione di leggi inizialmente più dedicate al settore ambientale e che parevano non interferire con gli aspetti di pianificazione, ma successivamente sono state emanate leggi come la legge Galli relativa al ciclo delle acque, la legge n. 183 relativa ai Piani di bacino e l'ultimissimo decreto Ronchi relativo al sistema di gestione dei rifiuti, che hanno affrontato diversamente che nel passato il tema del governo di porzioni del territorio riferite all'esercizio di alcune funzioni, interferendo direttamente con gli altri livelli di programmazione e pianificazione.
Pertanto ci troviamo all'interno di una situazione in cui ognuno pu dare la propria valutazione degli ultimi cinquant'anni di pianificazione territoriale urbanistica.
A me non pare che il giudizio sintetico sia quello di dare una votazione positiva a come è stato gestito il nostro territorio sino ad oggi. Non mi sembra che ci sia questo giudizio quando si parla in termini culturali e di civiltà di un'organizzazione urbana, mi sembra invece che le lamentele e i disastri che vengono denunciati al patrimonio culturale, storico ed ambientale diventino quasi un luogo comune quando se ne parla in astratto.
Penso che l'Italia abbia sofferto in questi cinquant'anni di una carenza di qualità per quanto riguarda obiettivi di pianificazione sia territoriale che urbanistica, perché sono sotto gli occhi di tutti i danni che sono stati fatti.
A questo proposito è da osservare che questa crescita urbana, questa trasformazione effettuata sul territorio è stata eseguita con il consenso esplicito od implicito dei Comuni: è un'osservazione alla quale non possiamo sottrarci. Tutto quello che vediamo di bello e di brutto sul nostro territorio è stato autorizzato dai Comuni sia ufficialmente (come è successo il più delle volte nel nord Italia) sia abusivamente. Ma noi non possiamo dire che quanto è avvenuto sino adesso è avvenuto perché i Comuni non hanno potuto gestire il proprio territorio, e questo è un primo elemento che sta di fronte a noi. Non è vero che i Comuni non potevano: hanno visto, potuto e fatto tutto ciò che è sotto i nostri occhi! Se non ci piace, se molte di queste cose non piacciono, non possono essere risolte raccontando la bugia che bisogna liberare i Comuni, da cosa? Da cosa, se tutto quello che vediamo è stato da loro autorizzato? Bisogna cambiare ed aggiornare un sistema legislativo. Adesso in Italia si sta discutendo di questo problema, cioè dopo il boom economico, dopo la nascita della questione ambientale, dopo la crescita abnorme delle città, dopo la situazione attuale in cui in grandi città del nord si aprono nuovi problemi di gestione del costruito e delle aree dismesse, il punto che abbiamo di fronte, se si vuole fare un discorso serio e culturalmente appropriato al problema, è quello che è giunto il momento di ridefinire un sistema di pianificazione attraverso una nuova legislazione nazionale e nuove legislazioni regionali. Questo è ciò che bisogna fare e la Regione Piemonte è più di un quinquennio che promette, con i governi che si sono succeduti di affrontare una buona volta il problema al livello in cui esso si pone quello di una ridefinizione della legge urbanistica regionale. Questo è il tema da affrontare.
Alcune Regioni lo hanno fatto sulla base di quanto oggi la disciplina propone; la Toscana è stata una di queste, con la legge n. 5 del 1995, e se noi andiamo a vedere le proposte di riforma della pianificazione territoriale urbanistica vediamo che ci sono diverse idee in proposito, in concorrenza tra di loro, sulle quali è anche difficile esprimere in modo perentorio un giudizio di validità universale. Ci sono varie scuole, si tenta anche di dividere gli strumenti di pianificazione secondo certi criteri: c'è chi propone il Piano regolatore strutturale e il Piano regolatore operativo in capo al Comune, chi divide quindi all'interno di uno stesso Ente, il Comune, la possibilità di strumentazione urbanistica definendo una strumentazione più a maglia larga, definendo strumentazioni operative od attuative (i Piani del Sindaco). Ci sono molte idee in proposito, però sono idee compiute all'interno di un tentativo di sistemazione legislativa organica del problema della pianificazione.
Su questo tema noi siamo pronti a discutere, a dare il contributo delle nostre idee, a votare a favore o contro sulla base di un rapporto democratico che giunga a conclusione rapida; quello che viceversa contrastiamo con forza è questo tentativo di scarsissima qualità di prendere anche a pretesto, scopiazzando malamente, ragionamenti seri che altre Regioni hanno fatto in termini legislativi, e di inserirli brutalmente all'interno di ragionamenti e strumenti oggi vigenti in base alla L.R. n. 56/77 dentro i quali non sono gestibili in alcun modo.
Allora, fare quello che propone l'Assessore Botta di scopiazzare terminologie riferite a Piani strutturali violentando le stesse per immiserirle all'interno della terminologia "variante strutturale o variante parziale" è un'operazione indegna di una Regione seria, indegna! Perché se questa suddivisione ha un senso all'interno di una legislazione che ridefinisce cosa è il Piano territoriale, ridefinisce cosa è un Piano comunale, come fa la Toscana, e lì possono esserci differenze di vedute, ma rispetto reciproco, tenere tutta la pianificazione come è ordinata dalla L.R. n. 56/77 con il Piano regolatore così come è ordinato dalla L.R. n.
56/77 e pretendere di inserire lì dentro la parola "strutturale e parziale" è un'operazione che rappresenta semplicemente l'ulteriore volontà di creare confusione all'interno della normativa urbanistica, di destrutturare completamente qualsiasi ragione di pianificazione, di creare una serie di interferenze legislative ed interpretative che creeranno moltissimi danni e che sono mossi semplicemente dalla volontà, evidentemente organizzata e convincente, di gruppi di pressione legati al settore speculativo edilizio che premono affinché proprio tutto si possa fare in edilizia senza alcun condizionamento di interesse pubblico comunque organizzato! La linea sulla quale si muove l'Assessore Botta, alla fine, dovesse proprio essere libero di agire con le spinte che ha dietro, giunge a cosa? Giunge al fatto che su un lotto è possibile edificare in funzione delle capacità economiche del proprietario: questa è la cultura che sta dietro queste cose! Se sul lotto il proprietario, lui o un altro, ha la disponibilità economica di costruire dieci piani, costruisce dieci piani; se ne può fare venti, ne farà venti; se può fare solo la propria casetta farà la propria casa. Il tentativo è quello di sconfiggere per sempre qualsiasi ipotesi di governo dell'uso del territorio secondo criteri di interesse generale.
Allora questa è una miserabile operazione di sconfitta degli ultimi resti che rimangono dei poteri di programmazione così organizzati dalla legge regionale.
Questa variante, poi, ha già fatto fare una brutta figura alla Regione Piemonte: il Commissario di Governo l'ha respinta. Adesso la riproposizione elude le richieste del Commissario di Governo perché nella vostra operazione voi continuate anche a fare i furbi. Perché? Perché quello che voi affermate "vogliamo individuare le varianti parziali di interesse comunale che può approvarsi il Comune" - questo è il vostro obiettivo - voi lo raggiungete travisando i termini del problema e individuando non le varianti parziali che voi volete autorizzare con semplice approvazione comunale, ma le varianti strutturali e definite le varianti strutturali.
Logica vorrebbe che se decidete di assegnare la potestà ai Comuni di fare delle varianti parziali, dovete fare l'elenco delle varianti parziali.
Perché non definite le varianti di competenza comunale? Perché non fate questo? Perché, evidentemente, voi volete estendere all'interpretazione più lassa, la possibilità di liberare l'attività di pianificazione comunale da ogni controllo di livello superiore, sia esso eseguito dalla Regione, come adesso, sia esso in futuro eseguito dalle Province, come può succedere.
L'altro motivo, per quanto ci riguarda, di forte contrasto è che voi non rispondete alle richieste del Commissario di Governo e noi faremo di tutto per impedire che la Regione Piemonte faccia, per la seconda volta, una brutta figura.
Questa argomentazione ci pare logica ed incontrovertibile. Se voi volete definire varianti parziali, definitele. Anche perché diventa poco serio cercare una definizione di variante strutturale all'interno di una strumentazione urbanistica che rimane quella della L.R. n. 56/77, dove esiste un solo Piano regolatore del Comune. Si tratta, anche in questo caso, di un'altra forma di contraddizione e di violenza.
Se voi pensate che la pianificazione debba avvenire a livelli strutturali operativi, si rifaccia la legge e si dica che anche in Piemonte si è deciso che ogni Comune ha due livelli di pianificazione. Non si può su questo, che è un ragionamento serio ed organico, svilirlo ed inventare le varianti strutturali, definendole malissimo e definendole collegate a progetti esistenti nei cassetti di qualche Assessorato. Sarebbe sufficiente, forse fare un'indagine su quei numerini che avete inserito che sbarrano le varianti strutturali, che sono quelle relative alla percentuale di incremento della capacità insediativa. Basterebbe andare a vedere in qualche Comune cosa è in sofferenza per capire che questi numerini sono anche liberatori di attese di carattere speculativo.
Quindi, c'è questo ulteriore elemento di non risposta alla richiesta del Commissario di Governo.
Il Gruppo denuncia i ritardi nell'approvazione delle varianti, questo è un dato intollerabile che forse viene mantenuto tale proprio da chi dovrebbe, viceversa, sveltirlo. Con la conseguenza di far crescere un tale malumore e una tale insoddisfazione ed insopportabilità delle lentezze regionali. Quindi, dobbiamo decidere se quell'albero (l'albero è il tetto) che dà fastidio non venga potato o raso al suolo in forza di un parere che deve giungere, oppure venga, tout court, raso al suolo su decisione della proprietà. Pertanto o premiamo, insieme al Consigliere Montabone, affinch il parere arrivi in tempi ragionevoli, oppure diciamo che per tirare gi quell'albero non c'è più bisogno di alcun parere: è tutto qui.



MONTABONE Renato

Il parere glielo dà il Sindaco.



CHIEZZI Giuseppe

Va bene, il parere glielo dà il Sindaco. Si tratta, Consigliere Montabone, di un problema di organizzazione delle competenze, dei livelli istituzionali. Il parere glielo può dare anche il Sindaco, ma dentro un quadro legislativo riformato in cui ci siano pesi e contrappesi, in cui potremmo anche discutere e trovarci d'accordo o in disaccordo, ma un disaccordo che non giungerà mai a contrasti come quelli che oggi esistono perché si tratterebbe di un disaccordo su una riforma del sistema della pianificazione. Sistema nel quale ci sarà chi spinge di più per spostare poteri verso le Province o verso le Regioni, ci saranno idee di organizzazione della pianificazione diverse, con pari rispettabilità, pari dignità, anche dei contrasti, va bene, dopo cinquant'anni si riforma il sistema di pianificazione. Oggi non è così, oggi vige, per la Regione Piemonte, il vecchio sistema di pianificazione e si cerca di tirare gi quell'albero senza un criterio di ragionevolezza, di rispetto di prerogative che sono sovracomunali o che diventano comunali in presenza però, di altre funzioni svolte a livello superiore - Provincia o Regione.
Si tratta di un problema paesaggistico; mi riferisco all'albero perché il Consigliere Montabone nel suo intervento lo ha citato come esempio di competenza regionale, lo so che è un esempio. Se l'albero è il paesaggio, e la tutela del paesaggio è interesse di carattere nazionale, allora si pu determinare una situazione in cui la gestione di elementi del paesaggio giunge ad essere consegnata alla responsabilità più vicina - il Sindaco ma all'interno di un quadro normativo-legislativo che preveda altri atti e altre funzioni svolte al di sotto, e la funzione può essere quella che in un certo ambito di territorio, esaminato a livello di interesse generale sovracomuncale, si dice che sono i Comuni che decidono il taglio degli alberi, perché c'è un'osservazione di interesse generale ad un altro livello.
Questo è un discorso serio da fare, altre Regioni lo hanno fatto. Qui invece, si vuole andare avanti con piccoli colpi di accetta a questa o a quella struttura: il nostro parere è del tutto sfavorevole. Mentre, invece lo snellimento delle procedure è un tema che viene eluso, sarebbe bello sentire anche dall'Assessore qualcosa a questo proposito, oltre al crogiolarsi su questi ritardi che tanto l'aiutano a smantellare un governo serio del territorio; mi piacerebbe anche capire che cosa fa l'Assessore cosa ha chiesto, cosa ha fatto, cosa produce, per riuscire ad evadere le pratiche nei termini previsti dalla L.R. n. 56/77, sei mesi per l'approvazione di tutto quanto è approvabile.
Dopodiché aspetteremo la prossima prolusione del Presidente Ghigo, in relazione al discorso che ha fatto oggi, alla riflessione che si ripromette di fare come Giunta regionale sulle proposte della Provincia.
Probabilmente, svolgeremo un secondo intervento nella prossima seduta, se il Presidente Ghigo vorrà aggiornare il Consiglio sul tema del rapporto con la Provincia e su eventuali proposte e modifiche normative.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DEORSOLA



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Riba.



RIBA Lido

Preliminarmente, devo osservare anch'io che dopo due anni di vigenza della Giunta e in presenza degli inconvenienti conseguenti alla datazione ormai ventennale della L.R. n. 56/77, potevamo aspettarci un provvedimento più organico. Condivido in tal senso l'opinione di molti colleghi, da Pichetto a Montabone, a Chiezzi, che hanno parlato dell'opportunità di un ripensamento globale delle norme di governo del territorio, segnatamente nella parte urbanistica, così come previste dalla L.R. n. 56/77. Devo per contemporaneamente considerare, per un dovuto riconoscimento ai "maestri di disciplina e di pensiero" che hanno ispirato la legge, da Astengo, colui che ha inciso maggiormente nella formazione della legge - che è sua - a Rivalta ed altri che hanno lasciato agli atti una mole notevole di cultura che non pochi elementi contenuti nella L.R. n. 56/77 sono stati troppo sottaciuti nella fase applicativa. Difetto del sistema giuridico italiano è certamente il non prevedere, parallelamente alla produzione di importanti impianti legislativi - così come invece, oggi, la Comunità europea ci impone - una contestuale attività di divulgazione, di formazione e di informazione. Come tutti saprete, quando ci siamo trovati ad applicare direttive comunitarie quali l'Obiettivo 5 b) ed altre ci siamo sentiti stupefatti ed un po' a disagio per l'ingente, secondo noi, percentuale che i Regolamenti comunitari ci imponevamo di destinare alla socio informazione. Conseguentemente, è nato un carattere un po' - come dire? clandestino, certe volte da "mercato nero delle informazioni", per cui qualcuno sapeva ed applicava, qualcuno no.
Dunque, pur condividendo la necessità di ripensare la L.R. n. 56/77 ritengo occorra evidenziare nello stesso tempo la non completa applicazione della legge, soprattutto per quelle parti che dedicavano maggiore spazio maggiore progetto e maggiori risorse, anche intellettuali, alla valorizzazione dell'ambiente, del territorio e del paesaggio, ed in particolare al recupero e alla difesa dei valori artistici ed architettonici.
Credo di non offendere alcuno - né chi l'ha pensata né chi l'ha gestita affermando che dopo vent'anni di applicazione della L.R. n. 56/77 abbiamo sicuramente introdotto la legalità nella gestione dell'attività urbanistica. E non è poco: partivamo infatti da una situazione da Far West nello stesso tempo, però, non abbiamo prodotto belle città: non esiste alcuna situazione adeguatamente incoraggiante da questo punto di vista. Il giudizio, a questo punto, si deve spostare sulla capacità o meno della Regione di compiere un'impresa all'altezza delle aspettative, di costruire o di mantenere buoni livelli di qualità.
Ricordo che l'Assessore Rivalta, la cui assenza si nota in questo Consiglio per i contributi che ha saputo apportare - per quanto ognuno pu essere criticato per alcuni aspetti - segnalava che alla periferia di alcune cittadine attorno a Torino vi era una quantità tale di villette una in fila all'altra tale da ricordare un parcheggio di roulotte - su modello californiano.
In quegli anni, molti di noi, amministratori o aspiranti tali o comunque, interessati alla politica, hanno guardato con grande attesa e fiducia alle capacità di elaborazione in materia di gestione programmazione ed utilizzazione del territorio, per le quali, in qualche maniera, la Regione Piemonte era punto di riferimento. E ciò va detto ad onore dei tanti amministratori delle diverse parti politiche, che nel loro confrontarsi stavano lavorando alla costruzione di questo impianto legislativo.
Dopo vent'anni sconforta il fatto che da tutto il territorio si guardi alla Regione Piemonte con apprensione per un organismo dirigistico burocrativo - vincolistico - esoso e quant'altro, n relazione ad una situazione che si è involuta e che non rende giustizia alle notevoli ed apprezzate intelligenze che operano a livello di funzionari, di dirigenti di settori, a livello del nostro apparato professionale.
E' questione di cultura. Badate - chiedo un po' di attenzione da parte dell'Assessore, il quale non so se abbia in animo di farsi carico del problema in questi termini - è ormai assodato che siamo finiti per essere e ne è dimostrazione il dibattito sul federalismo - soggetti antitetici e malvisti, anche perché stimati incapaci di costituire le basi di un'utile cultura al federalismo nelle relazioni tra i diversi soggetti istituzionali. Il conflitto sarà tra quanti vogliono toglierci le competenze perché a loro avviso le utilizziamo male e noi che invece le vogliamo mantenere secondo una cultura che a questo punto - vista sia da destra sia da sinistra - è innegabilmente dirigistica, in certi tratti bulgara, quando prevede di stabilire una norma che, a strisce, deve arrivare sino all'ultimo soggetto che la deve obbligatoriamente applicare.
In questo, negando ogni pluralità e vivacità di intelligenze, di apporti di elaborazione che, come non possiamo accettare risiedano soltanto nel Governo centrale, indipendentemente dal fatto che sia dell'Ulivo o del Polo, non possiamo pretendere che risiedano nel Consiglio regionale, nella Provincia, nei Comuni e nelle Comunità montane. Le diverse esigenze emerse nel trascorrere degli anni, insieme al grande merito che ha avuto la legge devono guidarne la reimpostazione, il ripensamento.
Detto questo, possiamo tranquillamente accettarne alcuni punti; ad esempio, una cartografia del territorio, sulla quale devono essere registrati tutti gli interventi messi in atto, è assolutamente indispensabile: senza di essa sarebbe come avere una Regione, uno Stato senza carta stradale. Naturalmente, è giusto codificare e consentire delle facoltà decisionali, entro limiti che riteniamo provvisoriamente di codificare, così come ci viene sollecitato come misura minima della ridefinizione dei rapporti tra Regione ed Enti subordinati.
E' altrettanto vero (e qui le responsabilità "ci" riguardano da vicino faccio notare il "ci" anche se sarebbe del tutto ammissibile dire "vi" ma mi pare che il discorso si possa fare con un "ci" collettivo, perch possiamo porci mano rapidamente) che non abbiamo maturato una concezione di trasferimento o elaborazione delle deleghe ed aspettiamo passivamente che la materia si possa dirimere a livello nazionale.
Se noi avessimo avviato questo procedimento mi risulta che, per quanto riguarda le obiezioni formulate dalla Presidente della Provincia di Torino e dall'Assessore al territorio della Provincia di Torino, architetto Rivalta, sarebbero risultate sostanzialmente accolte perché avremmo comunque trasferito il tutto ad un livello più amministrativo, oltreché più vicino al territorio e capace di giudicare le connessioni territoriali di una variante urbanistica; quindi parzialmente risolto il problema.
Concludo, sottolineando che gli elementi di dirigismo o di centralismo non sono tipici di una cultura di destra o di sinistra, sono tipici di una mentalità che è specifica, c'è a livello nazionale e c'è a livello regionale. Elemento con il quale ci dobbiamo misurare a tempi brevi; se non sapremo essere noi soggetti propulsori di questo nuovo modello, di questa nuova cultura, sicuramente non riusciremo a far crescere quella grande intesa progettuale, politica, ma soprattutto un'intesa tecnica e culturale per gestire bene il territorio.
Questo è un dibattito generale, non è un pronunciamento sul merito degli articoli, anche perché il Presidente della Giunta ha anticipato che c'è l'intenzione di introdurre alcune modifiche in direzione dell'accoglimento di valutazioni che sono state in questa fase avanzate da parte dell'utenza, sia pure a livello elevato dell'utenza provinciale.
Abbiamo già le sollecitazioni dell'utenza comunale e anticipo Vicepresidente della Giunta e Assessore, che sarà importante, alla ripresa di questo dibattito, che si portino all'attenzione alcuni elementi anche di risposta alle considerazioni che ho fatto a nome del Gruppo in relazione all'iter di formazione della nuova cultura e del nuovo progetto da cui dovremmo poter attingere per costruire le nuove norme urbanistiche.
Anche se avevamo già condiviso l'opportunità di non far gravare ulteriormente sui Comuni le situazioni di cui in qualche maniera siamo responsabili. Anche al Ministro Ciampi è stata contestata, e da alcuni non accettata, la manovra, ma il Ministro ha detto di aspettare anche la parte strutturale - vedremo se ci sarà, qualora non ci fosse è chiaro che il giudizio dovrà essere ristretto al campo delle proposte: mi sembrerebbe un'opportunità utilizzata in modo troppo parziale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Galli.



GALLI Daniele

Penso, al di là delle considerazioni fatte nella seduta precedente sul principio della sussidiarietà - ma non vi tedierò ora su queste cose - che nell'ambito dei Comuni, nell'ambito delle nostre Amministrazioni locali ci sia stata una forte crescita culturale dagli anni pre-legge n. 10. Sono stati allora effettuati dei disastri, causa un malcostume edificatorio come ha detto il Consigliere Chiezzi - ritengo, però, che come è cresciuta la società italiana sia cresciuta anche la capacità di gestire, a livello amministrativo e a livello di territorio, dei singoli amministratori.
Pertanto il dire che questa trasmissione di delega ai Comuni creerà comunque la riproposizione di scempi, la riproposizione di alcuni interventi, ormai non più attuabili per un'infinità di vincoli, di leggi da attuare e prescrizioni da onorare, speculazioni e interventi contrari a quella che è la morfologia del territorio, direi che è un po' impossibile che ciò possa avvenire. Anche perché la responsabilità diretta degli amministratori è chiara, evidente; c'è comunque il controllo e il possibile ricorso agli organismi regionali, organismi sovracomunali. Pertanto rimane un'ipotesi, a mio giudizio, remota; per carità potrebbe anche succedere, ma il caso verrebbe prontamente represso.
Ho ascoltato altre considerazioni sul passaggio di deleghe, come previsto dalla legge n. 142/90, alla Provincia. L'attuazione della legge n.
142/90 è più che auspicabile, però bisogna evitare di passare da un centralismo regionale ad un centralismo provinciale, con un'aggravante: le Province non sono in grado in questo momento di operare in maniera fattiva a livello di approvazione di Piani regolatori. Non vorrei che i tempi, già lunghissimi, presenti attualmente a livello regionale, venissero moltiplicati da un'altra griglia a livello provinciale.
Quindi, ritengo quasi pleonastica la possibilità di sentire il parere delle Province, quando i Piani provinciali territoriali non sono ancora attuati; e se alcune Province li avevano in parte attuati dovranno essere aggiornati con quello di approvazione regionale. Pertanto penso che sia una situazione da verificare per l'avvenire con l'approvazione della L.R. n.
56/77 nella sua variante generale.
Rispetto a quanto detto dal collega Chiezzi, il vedere tutto nell'ambito della speculazione, della distruzione del territorio, mi sembra quasi un tunnel senza speranza di uscita e io mi rifiuto di entrare in questo tunnel di considerare tutte le cose in senso negativo. Forse per mentalità positivista non credo che le cose stiano in questi termini o possano manifestarsi con queste modalità: se ci sono degli aspetti negativi o degli aspetti che vanno contro la tutela del territorio c'è un'infinità di modi per tutelarlo.
Noi dobbiamo sicuramente approvare questa variantina alla L.R, n. 56/77 interverrò successivamente sugli emendamenti e sull'articolato - perché i Comuni hanno urgenti necessità, limitatamente a quanto concesso dalla variante di legge, di poter operare con una certa autonomia rispetto alla Regione, per poter fare fronte in tempo reale alle esigenze che hanno sul proprio territorio.
Noi stiamo costringendo le nostre industrie a non avere concorrenzialità rispetto alle industrie della vicina Francia, della Germania, perché queste possono "muoversi" nell'ambito del loro territorio con una velocità non paragonabile rispetto alle nostre. Noi stiamo discutendo di una malattia sul capezzale di un ammalato e non sappiamo che l'ammalato ci può morire fra le mani: questo è il problema.
Se la discussione verrà portata avanti in termini canonici - come vorrebbero certi esponenti dell'opposizione - con la discussione di mille emendamenti alla legge, ciò porterebbe come conseguenza la perdita di altri due anni in possibilità di movimento, di incremento, sulle nostre attività industriali. Grazie.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PICCHIONI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cavaliere.



CAVALIERE Pasquale

Grazie, Presidente, voglio ricordare che il provvedimento sull'art. 17 comprendeva anche la riduzione degli standard urbanistici; la proposta era di modifica degli artt. 17, 21 e 22 della legge urbanistica ed aveva una sua filosofia.
A me pare che con questo provvedimento si voglia semplicemente lo scalpo ideologico della L.R. n. 56/77 e proverò a spiegare perché. Si danno due motivazioni di fondo del provvedimento e, a seconda delle occasioni una volta vale una e una volta vale l'altra.
I ragionamenti partirono con il dire, da parte dei proponenti - andate a rileggere la relazione perché credo sia un capolavoro di ideologismo puro che i Comuni non possono aspettare due anni per vedersi approvare gli strumenti urbanistici. Questa era la motivazione sostenuta fino a qualche settimana fa, poi è stata sostituita con il principio di sussidiarietà, il federalismo, l'autonomia locale.
Sono due cose diverse: in Commissione abbiamo chiesto all'Assessore di spiegarci - avendo appreso che non in tutte le aree della Regione le risposte sono così lente - perché, ad esempio, nella Provincia di Alessandria le risposte all'approvazione degli strumenti urbanistici sono più celeri e in quella di Torino meno; abbiamo chiesto se è un problema di personale, di ristrutturazione degli uffici, ma la risposta è stata no. "Il problema non sono gli uffici regionali; le lentezze" - disse l'Assessore in Commissione - "sono dovute ai Comuni". Sono argomentazioni un po' diverse da capire.
Il principio di sussidiarietà. Non credo al federalismo del mattone: vorrei capire quando si rispetta l'autonomia comunale, quando cioè conviene per far passare alcuni interessi e quando, ad esempio, l'autonomia comunale non la si vuole rispettare. Il Sindaco non è da mettere sotto tutela quando deve affrontare la questione delicata della gestione del territorio e invece è sotto tutela quando si oppone all'Alta Velocità nel suo territorio! E' sotto tutela, perché Montabone non rispetterà mai la volontà dei venticinque e più Sindaci della Valle di Susa che dicono "no" ad un certo progetto. Lui dice che non capiscono che dobbiamo andare in Europa invece quando il Sindaco di "vattelapesca" deve approvare il villaggio turistico allora va bene che possa approvarsi lo strumento urbanistico.
Immaginatevi questo principio esteso, ad esempio, alle discariche.
Diamo ai Sindaci tutto il potere rispetto alle discariche: non ne faremmo una! Vero, Assessore Cavallera? A volte mi pare di essere in una Regione diversa da quella di molti miei colleghi: stiamo parlando della stessa Regione? Avete mai visto, ad esempio, la collina torinese, quella che da Torino va verso Chivasso? Non sono le edificazioni del 1980, del 1985 o del 1990 che stanno deturpando intere zone collinari della nostra Regione, ma quelle del 1997! Avete mai visto i capannoni industriali della provincia di Cuneo? Di quanti capannoni industriali vuoti è disseminato il nostro territorio! Sono state approvate le aree industriali una vicina all'altra ogni Comune ha la sua area industriale, ogni Comune ha il suo polo di sviluppo.
Nel momento in cui si parla dell'ANCI e delle posizioni del Comune di Torino, che a dire il vero sono un pochino più variegate di quelle elencate dal Presidente Ghigo, propongo di fare una riflessione sul Piano regolatore di Torino, un Piano che si volle espansivo - ricordate il dibattito: "Partiranno i cantieri, 20.000 posti di lavoro!" - e fu approvato; ma era il Piano regolatore di una città che un po' di anni fa aveva un milione e 200 mila abitanti ed ora ne ha 900 mila! Piano previsto in modo espansivo che prevedeva molti poli di sviluppo e che ha sancito l'immobilismo, perch l'interlocutore privato non sapendo dove si andava a sviluppare non è intervenuto, non ha investito. Un Piano regolatore espansivo che prevedeva un'espansione edilizia e di terziario molto ampia, ma non confacente con le dinamiche e con le esigenze reali.
Il numero due del PPE dice che l'effimera minoranza di un gruppo notoriamente vastissimo, blocca i lavori, ecc. Intanto credo che la verità non la si misuri mai a chili e soprattutto non è detto che un'infatuazione maggioritaria sia la cosa buona.
Abbiamo degli esempi mirabili: ricordate la maggioranza che volle lo Stadio Delle Alpi e tutte le altre cose che abbiamo poi visto! Noi attendiamo, perché la cosa curiosa che ha detto il Presidente Ghigo stamane è che noi - così mi è parso di capire - siamo sensibili ad una certa problematica che ci è stata posta. Non è detto, però, che la condivideremo; per adesso pensiamo e poi diremo: cogito ergo sum nel senso che il Presidente pensa, quindi esiste, ci farà sapere cosa ha pensato, ma è indubbio che deve esistere sulla gestione del territorio una visione sovracomunale: questo è il principio di sussidiarietà. Non si pu immaginare una cosa diversa.
La modifica del disegno di legge, bocciata dal Commissario di Governo non ha risposto ai precisi punti posti dal Commissario di Governo, ovvero che bisogna identificare quali sono le varianti non strutturali. Il provvedimento in esame lascia una vastissima soggettività al Comune nel definire qual è la variante non strutturale.
Quindi il Comune diventa, in questo modo, colui che sceglie - con questa vastissima soggettività - e controlla. Questo non può sussistere, ed è uno dei problemi importantissimi e non credo che la Regione, la Provincia, chi governa il territorio, faccia un buon servizio lasciando il Sindaco di un Comune di 1.000 abitanti esposto alla pressione del cittadino, che su questi problemi chiede il perché il vicino ha potuto costruire la villa e lui, che ha il terreno, non lo può fare.
Questo è il problema fondamentale che si vuole eludere.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Montabone per motivi personali; ne ha facoltà.



MONTABONE Renato

Non ritengo di essere stato insultato, qualora il Consigliere Cavaliere avesse voluto farlo ne sarei stato onorato.
Credo che quando il Consigliere Cavaliere porta come paragone e come interpretazione a quello che io ho detto prima, dei termini di paragone talmente assurdi, mettendo assieme la possibilità di un'Amministrazione comunale di portare delle varianti parziali e mettendo in contrasto le volontà di Sindaci che lui strumentalizza, rispetto ad una posizione sull'Alta Velocità in Valle di Susa, ebbene il Consigliere Cavaliere dimostra ancora una volta di non aver capito e di voler interpretare le cose che non ha capito. Con l'esempio del contrasto rispetto all'attuazione di un villaggio turistico, che può essere anche fatto di sole roulotte con problemi come l'Alta Velocità, le discariche, che sono certamente soluzioni di livello e di interesse sovracomunale, il Consigliere Cavaliere dimostra di non aver capito nulla. Soprattutto ha voluto interpretare non capendo quello che io ho detto prima. L'esempio migliore è proprio quello dell'albero: si vuole che il Sindaco abbia la potestà, senza chiedere mille permessi, che non arrivano mai, di dire che un albero che sta distruggendo una casa si può abbattere subito, magari piantandone un altro vicino. Ma non aspettare sei mesi o un anno che il tetto della casa sia distrutto prima di concedere l'autorizzazione a tagliare l'albero.
Ebbene, sono convinto che il Consigliere Cavaliere sia uno di quelli che pensa di rappresentare tutti gli ecologisti; è come un suo collega che partecipando ad un'audizione - tempo fa - sul tema di un parco ha detto: "Siamo d'accordo noi delle Associazioni ecologiste per motivi ecologici e sono anche d'accordo altri", come se gli ecologisti facessero parte di un solo partito, o i soli ad essere sensibili all'ecologia.
Non sono convinto che il Consigliere Cavaliere abbia la verità in tasca; riconosco che lui, opponendosi, anche da solo e quindi non valutando solo in termini quantitativi, svolga una sua azione precisa e convinta su questo tema. Quello del quale vorrei convincere il Consigliere Cavaliere è che se altri la pensano diversamente - e sono molti più di lui - forse possono avere le loro ragioni.
Questa è alla fine la sintesi della democrazia, non quella che vuole attuare lui, ma la sintesi della democrazia è che ciascuno di noi rappresenta in quest'aula consiliare dei cittadini e svolge degli interventi con motivazioni probabilmente diverse dalle sue, e sulle quali si è tutti convinti.
Non mi sento affatto offeso che il Consigliere Cavaliere mi abbia citato, ma la sua interpretazione è completamente errata rispetto a quello che ho detto io.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cavaliere.



CAVALIERE Pasquale

Siamo tutti curiosi di conoscere quest'albero che ha distrutto la casa nel senso che fino adesso abbiamo sempre visto costruzioni che buttavano giù gli alberi: sarà la vendetta della natura.
Non credo di avere la verità in tasca né tanto meno di rappresentare tutti gli ecologisti, rappresento una componente, un filone di pensiero ecologista, fortunatamente ve ne sono tanti altri, che mai però riescono a contaminare Montabone, quindi questa è invece la disperazione di tutti gli ecologisti. Però sarebbe più interessante conoscere il pensiero del Consigliere Montabone, non rispetto al fatto se è parziale o strutturale l'intervento sull'albero da parte del Comune, ma se è variante strutturale o meno l'eventuale intervento sulla cometa nel momento in cui...



PRESIDENTE

Troveremo la triangolazione adatta affinché la dialettica si sviluppi nella maniera consentita. La discussione generale sull'art. 17 è terminata.
Secondo quanto convenuto nella Conferenza dei Capigruppo verrà ripreso questo punto all'o.d.g. immediatamente dopo le elezioni amministrative del Comune di Torino.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori (seguito)


PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi; ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Presidente, le ricordo ancora che gradirei la risposta su Expo 2000.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta, Ghigo.



GHIGO Enzo, Presidente della Giunta regionale

Devo pensare che il Consigliere Chiezzi, nell'ultima Conferenza dei Capigruppo, pur essendo presente fisicamente, non fosse con noi, perché in quella occasione ho detto - e mi sembra che la mia affermazione sia stata recepita in senso positivo - che mi impegnavo a rispondere il giorno 22 aprile, giorno in cui è convocato il Consiglio regionale e nel quale si è deciso di dedicare tutta la giornata alle risposte di interrogazioni ed interpellanze. Pertanto avevo già dato una risposta.



PRESIDENTE

Devo dire che il Presidente della Giunta ha riproposto esattamente i termini della questione.


Argomento: Artigianato

Esame testo unificato dei progetti di legge n. 164 e n. 63: "Norme per lo sviluppo e la qualificazione dell'artigianato"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del testo unificato dei progetti di legge n. 164 e n. 63, di cui al punto 10) all'o.d.g.
La parola al relatore, Consigliere Foco.



FOCO Andrea, relatore

Signor Presidente, la relazione che accompagna il testo unificato dei progetti di legge n. 164 e n. 63 mi permetto di darla per letta in quanto è abbastanza corposa. Ritengo opportuno non tanto sintetizzarla, ma sottolineare il significato e il valore di questo testo unico e, in modo particolare, il lavoro che ha portato a queste norme per lo sviluppo e la qualificazione dell'artigianato. Si tratta di un impegno che era stato assunto alla fine della scorsa legislatura, ma che non fu possibile portare a termine. Il discorso è ripreso subito dopo l'inizio della nuova legislatura con la presentazione di un testo di legge da parte dei Gruppi consiliari di centro-sinistra. Successivamente la Commissione ha rinviato varie volte l'esame del testo in attesa del disegno di legge che doveva pervenire dalla Giunta regionale (che successivamente fu consegnato in Commissione).
Il lavoro in Commissione è stato - non uso frasi fatte - ampio, lungo e proficuo, al termine del quale si è pervenuti ad un testo unificato (di circa settanta articoli) che tiene conto degli apporti delle due proposte di legge. Ma non si tratta solo di un'opera di unificazione dell'esistente (anche se molta parte, in modo particolare quella che era consolidata e che aveva operato bene - penso all'Osservatorio sull'artigianato o al Fondo di rotazione - trova il suo posto in questo testo di legge), bensì si è colta questa occasione per una rilettura della normativa e per fornire uno strumento nuovo ed innovativo che andasse a rinforzare e a rilanciare un settore economicamente importante e strategico per quanto riguarda non solo la nostra Regione, ma l'economia nazionale, europea ed internazionale.
Mi dispiace però che come al solito l'aula sia tesa e disattenta mentre affrontiamo un testo di legge di simile importanza. Il relatore, che fa già uno sforzo nel non leggere l'introduzione, non viene affatto incoraggiato a dedicare un minuto in più per illustrare il lavoro compiuto.
Non dobbiamo dimenticare che il comparto dell'artigianato è, a livello di normativa e di possibilità di intervento, uno dei settori nel quale effettivamente le Regioni possono intervenire direttamente e proficuamente utilizzando non solo le risorse nazionali, ma mettendo in campo anche le proprie risorse.
Quindi, si tratta di un testo sicuramente importante. In Commissione ci siamo augurati e in sede consiliare ci auguriamo che possa essere di esempio anche per quanto riguarda altre normative, che attualmente sono affrontate con un numero forse eccessivo di leggi, che a volte rendono difficile non solo l'operare del Consigliere regionale - ma sarebbe ben poca cosa - quanto l'intervenire e l'operare - scusate il bisticcio - degli operatori dei vari settori.
Mi sembrava doverosa questa introduzione per fermare un attimo l'attenzione dell'aula. Rimando alla relazione che introduce la legge, che sicuramente è di gran lunga più completa ed esaustiva di quanto abbiano potuto essere le mie parole.
"Illustre Presidente, egregi Consiglieri, con la legge 25/7/1956 n. 860 il Governo si impegnava ad emanare entro tre anni dall'entrata in vigore della legge stessa un 'Testo unico delle leggi sull'artigianato'. A livello regionale, invece, l'esigenza di riordinare e razionalizzare le diverse disposizioni legislative emanate nella materia dell'artigianato, attraverso la predisposizione di un testo unico, inizia con un impegno programmatico di Governo a partire dalla fine del 1994.
L'obiettivo perseguito è stato non soltanto quello di assicurare un assetto all'intero corpo normativo (peraltro lo strumento del testo unico accompagnato dalla necessaria rivisitazione dell'impianto normativo è considerato uno degli obiettivi qualificanti del programma della Giunta regionale), ma, soprattutto, quello di realizzare un impianto legislativo più avanzato e più rispondente alle esigenze di sviluppo delle imprese artigiane nel contesto economico attuale e del prossimo futuro, aprendo all'azione regionale nel settore campi nuovi ed inesplorati di intervento.
L'assunto di partenza è la considerazione che l'attuazione di interventi e l'esercizio di funzioni per il settore artigiano, attribuiti istituzionalmente alla competenza regionale, rivestono un ruolo estremamente rilevante nell'ambito delle politiche dell'Ente, anche in considerazione dell'importanza del comparto artigiano nell'insieme della struttura produttiva regionale. Si tratta infatti di un settore dinamico e vitale che rappresenta il 13% del prodotto lordo regionale, ove l'impresa non può essere considerata quale un'impresa industriale di ridotte dimensioni, ma una particolare struttura produttiva che richiede, per sua natura, valutazioni appropriate circa l'impatto dei provvedimenti emanati e che necessita di un sostegno per lo sviluppo delle proprie potenzialità traducibile anche nel tentativo di ridurre al massimo gli ostacoli che possono frenarne la crescita e il consolidamento.
La difficoltà di reperimento delle risorse finanziarie per i necessari investimenti, le sempre più pressanti esigenze di adeguamento alle normative nazionali e comunitarie, particolarmente in materia ambientale e di sicurezza, il raggiungimento o il mantenimento degli standard qualitativi necessari alla permanenza sui mercati, l'intreccio di sistemi normativi diversi e di difficile interpretazione, costituiscono altrettanti problemi cui deve fare fronte l'imprenditore artigiano.
Il cammino intrapreso con tali presupposti ha condotto alla predisposizione di un testo unico che è la risultante di due diverse proposte di legge: la n. 164, proposta dalla Giunta regionale e la n. 63, a firma di diversi Gruppi consiliari. Ne è risultato uno strumento organico, ma flessibile sulla base del quale gestire con efficienza ed efficacia le risorse pubbliche destinate al comparto artigiano.
L'impianto normativo si applica alle imprese artigiane singole associate o consorziate che hanno sede e svolgono la propria attività nella nostra Regione.
Gli obiettivi del provvedimento sono la regolazione degli interventi della Regione volti alla tutela e allo sviluppo del settore artigiano, attraverso la valorizzazione dei prodotti, ma anche la tutela dei 'consumatori' del prodotto o del servizio. E' ben puntualizzato che l'obiettivo sarà perseguito operando in modo coordinato con i diversi livelli delle Amministrazioni locali e provinciali, comunali e di Comunità montane, le CCIAA e la Commissione regionale per l'artigianato.
Nel corso del dibattito che ha avuto luogo in Commissione si è ritenuto di dover ulteriormente ribadire nel testo che in via generale e prioritaria sarà cura della Regione cogliere e valorizzare appieno la specificità del settore attraverso una valutazione preventiva degli impatti che ciascuna scelta amministrativa compiuta dal settore economico e produttivo potrà fare registrare nel settore artigiano.
La scelta di fondo del provvedimento è quella di operare in termini di pianificazione e di programmazione degli interventi e di stretta collaborazione con le Organizzazioni sindacali di categoria, in un ambito di obiettivi prefigurati in legge; definizione questa caldeggiata in sede di consultazione.
Il testo compendia tutti gli aspetti che ad oggi risultano riconducibili ai poteri di intervento della Regione nella materia dell'artigianato. Quattro titoli ne raggruppano i contenuti: il primo concerne le disposizioni generali; il secondo tratta tutto il complesso della strumentazione di intervento prevista per la promozione economica ed imprenditoriale del comparto; il terzo si occupa della tutela della professionalità degli imprenditori artigiani attraverso il sistema amministrativo che fa perno sugli Albi e sulle Commissioni provinciali e regionale per l'artigianato oggi in fase di rinnovo; il quarto titolo infine reca le norme di carattere transitorio, finale e finanziario.
Al centro dell'impianto legislativo predisposto si pongono due strumenti innovativi già introdotti nell'ordinamento regionale da precedenti leggi: il 'Fondo rotativo regionale per lo sviluppo e la qualificazione del settore artigiano' ex L.R. n. 30 dell'11/8/1994 e l''Osservatorio regionale dell'artigianato' di cui alla L.R. n. 4 del 5/1/1995. Il primo strumento realizza una forma nuova di impiego delle risorse assegnate al settore, introducendo un meccanismo di parziale autoalimentazione degli interventi svolti, mentre il secondo strumento crea le condizioni per interventi sempre più mirati ed incisivi. Questi indirizzi di politica regionale di settore vengono, con il testo unico ripresi e adeguatamente potenziati.
Al Fondo rotativo viene assegnato infatti un rilievo centrale, sia in quanto strumento potenzialmente in grado di aggregare e gestire risorse finanziarie non soltanto di provenienza regionale, destinate al comparto artigiano, sia quale elemento propulsivo per un'efficace programmazione degli interventi che assicuri condizioni di coerenza tra le diverse esigenze di sviluppo dell'artigianato, da una parte, e le risorse effettivamente disponibili unite agli strumenti attivabili dall'altra.
L'Osservatorio regionale dell'artigianato, la cui istituzione è venuta a colmare un vuoto legislativo che si trascinava praticamente dalla nascita della Regione, assume un ruolo di preminente interesse per tutto ciò che attiene la conoscenza e la messa a fuoco delle problematiche del comparto e, stante la rilevanza di tale strumento, nel corso dei lavori istruttori si è previsto che la Commissione consiliare competente venga coinvolta nella predisposizione del piano di attività dell'Osservatorio.
Altro elemento generale che caratterizza l'intero assetto del testo è dato dalla previsione di opportune integrazioni tra l'apporto delle più qualificate capacità professionali in termini di assistenza allo sviluppo delle imprese, che possono venire messe in campo da diversi soggetti di promozione imprenditoriale (tra cui in primo luogo le Associazioni professionali di categoria), e i bisogni delle imprese artigiane.
Nello specifico, le diverse proposizioni normative elaborate cercano di affrontare il problema dello sviluppo dell'artigianato nella sua globalità prevedendo interventi tanto sul piano delle politiche fattoriali (accesso al credito, insediamenti, servizi reali, ecc.) quanto su quello più propriamente settoriale, come è ad esempio nel caso dell'artigianato artistico e tipico di qualità.
La Giunta regionale esercita, nel rispetto degli obiettivi e delle indicazioni del Piano regionale di sviluppo, funzioni di indirizzo e di coordinamento su tutti gli interventi previsti dal testo unico. L'esercizio di questa funzione, combinandosi con quelle concernenti la definizione e i successivi aggiornamenti del programma degli interventi finanziabili attraverso il Fondo rotativo regionale, assicura la migliore corrispondenza tra gli obiettivi di sviluppo del settore e le risorse concretamente disponibili ogni anno; peraltro l'attuazione degli interventi previsti dal testo unico può essere effettuata attraverso soggetti esterni all'Amministrazione regionale quali Enti locali, Enti strumentali o altre strutture operative esterne con una sostanziale apertura al possibile utilizzo dell'istituto della delega.
Nel Titolo II vengono trattati gli interventi di promozione economica e le agevolazioni finanziarie per lo sviluppo dell'artigianato. Del principale strumento che connota il testo proposto: 'Fondo rotativo regionale per lo sviluppo e la qualificazione dell'artigianato' si è già detto. Rispetto alla vigente L.R. n. 30/94 sono introdotte alcune novità. Viene rafforzata innanzitutto la funzione del fondo quale collettore di risorse finanziarie assegnate dalla Regione, ma anche da parte di altri soggetti, pubblici o privati, per finalità di sviluppo dell'artigianato, risorse che possono affluire dallo Stato e dall'Unione Europea. Per assicurare una gestione trasparente al massimo nella gestione del Fondo rotativo è prevista altresì la possibilità di una sua articolazione in apposite sezioni cui fanno capo le differenti funzioni di intervento che si intendono finanziare.
I criteri di impiego delle risorse che fanno capo al fondo sono oggetto di un programma annuale degli interventi approvato dal Consiglio regionale (da evidenziare che l'ipotesi di lavoro iniziale riconduceva alla Giunta tale facoltà). L'esame delle iniziative da ammettere ad agevolazioni è affidato ad un gruppo tecnico di valutazione istituito dalla Giunta regionale, mentre sul piano operativo, nel corso dei lavori della Commissione, è stata ribadita l'individuazione della Finpiemonte quale referente unico per la gestione del fondo.
L'importante problematica delle agevolazioni per l'accesso al credito è trattata potenziando le soluzioni suscettibili di favorire il superamento dei limiti che ancora persistono nel soddisfacimento dei fabbisogni finanziari necessari al sostegno dei programmi aziendali. Gli interventi della Regione in questo campo tendono quindi al potenziamento di tutti gli strumenti che possono favorire l'accesso al credito e ai finanziamenti parabancari, per il sostegno degli investimenti produttivi che devono affrontare le imprese. Strumento basilare dell'azione di agevolazione creditizia rimane la Cassa per il credito alle imprese artigiane nella nuova veste giuridica di S.p.A. assunta dal 1994, ma in sede di esame in Commissione si è inteso allargare il concorso di intervento a tutti gli istituti di credito.
Per quanto concerne il credito agevolato a valere sul Fondo rotativo si ripropone sostanzialmente il meccanismo previsto dalla L.R. 11/8/1994 n.
30, con il concorso di fondi regionali e fondi bancari per il finanziamento anticipato di progetti di investimento presentati da imprese artigiane.
Riguardo alla rete delle strutture di garanzia collettiva nonché al Consorzio Artigianfidi il testo unico prevede contributi finanziari annuali al fondo rischi, rapportato alle garanzie effettivamente prestate nonché la promozione e il finanziamento di un Consorzio regionale fra tali strutture.
Ai confidi viene anche attribuita la funzione di gestione di contributi regionali destinati alle imprese che ricorrono a prestiti garantiti dagli stessi confidi per spese non altrimenti agevolabili.
Nei confronti dell'Artigiancassa è previsto che la Regione possa continuare ad intervenire secondo modalità definite da apposita convenzione conferendo fondi destinati alla riduzione del tasso di interesse sui finanziamenti bancari e parabancari perfezionati con l'intervento della Cassa medesima.
Accanto alle agevolazioni per l'accesso al credito sono previste altre forme di intervento regionale sul piano delle politiche fattoriali.
Il problema degli insediamenti artigiani e delle aree attrezzate è affrontato promuovendo misure di incentivazione più articolate rispetto a quanto previsto dalla legislazione attualmente in vigore (L.R. n. 64/79).
Tale legge ha svolto nel tempo un'importante funzione, permettendo a molti Comuni grandi e piccoli di dare risposta alle esigenze di rilocalizzazione di imprese ubicate in aree improprie o comunque non più idonee a soddisfare tutte le esigenze poste sia dal mercato e sia dalle normative urbanistiche ed ambientali. Si è ritenuto pertanto di dover incoraggiare processi rilocalizzativi più flessibili per i quali si è prevista la promozione oltre che delle aree di nuovo impianto, anche del riutilizzo di strutture dismesse. Si è inoltre ampliata la tipologia dei soggetti attuatori affiancando ai Comuni le società di intervento, i consorzi, le società consortili e le associazioni temporanee di imprese, mentre si è ridotto il numero di imprese necessarie per l'attivazione dei progetti portandolo ad almeno tre imprese artigiane.
Gli interventi regionali previsti nel testo unico, attuati sulla base di un programma annuale predisposto dalla Giunta regionale ed a valere su un'apposita sezione del fondo, non coprono soltanto le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ma tutte le spese occorrenti per la realizzazione dei progetti di insediamento, dall'acquisizione dei terreni o degli immobili da ristrutturare, agli studi di fattibilità e di progettazione, alle opere di ristrutturazione e di rifacimento delle infrastrutture tecniche, fino agli eventuali servizi ed infrastrutture tecnologiche di natura consortile legati alla qualità dell'ambiente e del prodotto.
Nell'ambito dell'incentivazione dei servizi reali e dell'assistenza tecnica alle imprese sono previste due linee di intervento. La prima concerne in modo specifico i sistemi di qualità e di certificazione e si realizza sia attraverso contributi finalizzati alle imprese che intendono svilupparli, sia con il finanziamento degli Enti competenti in materia operanti nella Regione, sia ancora con finanziamenti alle Associazioni sindacali artigiane. La seconda prevede incentivi per l'aggiornamento organizzativo e manageriale promuovendo l'accesso delle imprese ai servizi di assistenza tecnico-organizzativa, economica, tecnologica, produttiva e commerciale, finalizzati al miglioramento dell'efficienza aziendale e delle strategie di presenza sui mercati. La predisposizione dei programmi di assistenza tecnica è demandata a tutti i soggetti pubblici o privati in possesso di competenze specifiche nel campo della promozione dell'assistenza allo sviluppo delle imprese artigiane, nonché a consorzi società ed associazioni temporanee di imprese artigiane. Forte accento viene dunque posto sulla collaborazione con tutti i soggetti, siano essi pubblici o privati, in possesso di competenze specifiche nel campo della promozione e dell'assistenza allo sviluppo delle piccole imprese e dell'artigianato.
Sempre in questa linea di intervento trova altresì collocazione il sostegno all'attività dell'Ente Bilaterale dell'Artigianato Piemontese (EBAP), Ente Bilaterale costituito in accordo tra le Confederazioni imprenditoriali del settore artigiano e le Organizzazioni sindacali dei lavoratori, oltre che per assicurare il raggiungimento degli scopi statutari ad esso propri, che ne fanno un originale strumento di relazioni industriali a livello interconfederale, anche per l'innegabile funzione di strumento di diagnosi delle trasformazioni che investono le imprese artigiane di particolari settori produttivi.
Sono inoltre previsti interventi volti a contemperare i processi produttivi ai modelli di salvaguardia dell'ambiente sulla base delle più recenti normative nazionali e comunitarie. Gli artigiani interessati devono presentare un programma delle iniziative che intendono intraprendere articolato nell'analisi delle condizioni che determinano la richiesta di intervento e nella descrizione di tutti i parametri di valutazione necessari.
Nel campo della promozione commerciale le agevolazioni previste hanno come obiettivo il consolidamento delle imprese artigiane piemontesi sui mercati, in particolare su quelli esteri, con il sostegno a tutti i servizi che possono favorire tale consolidamento. Per la realizzazione di tali servizi sono individuate agenzie già operanti quali l'ICE, il Centro estero delle CCIAA, gli enti fieristici, i consorzi e le società consortili tra imprese artigiane e le associazioni rappresentative dell'artigianato. La normativa prevede anche la possibilità che la Regione organizzi direttamente, tramite l'ICE e le CCIAA, partecipazioni collettive di imprese artigiane ad esposizioni e rassegne di particolare rilevanza o promuova missioni di ricerca, studio e documentazione di operatori dell'artigianato.
Tema per certi versi nuovo, anche se saldamente ancorato alle più nobili tradizioni della nostra Regione sino a connotarsi in particolari aree quale elemento di identità, è quello legato alla linea di intervento specifica a sostegno dell'artigianato artistico e tipico di qualità. Le imprese piemontesi operanti in tale ambito, pur non numerosissime, rivestono una rilevanza storica e culturale oltre che economica che non si può permettere vada dispersa. La necessità di compiere interventi mirati ed efficaci rende necessario delimitare la tipologia dei potenziali beneficiari con la definizione dei requisiti che caratterizzano le attività lavorative a contenuto artistico o tipico.
Il testo unico prevede, mutuandola da modelli normativi già sperimentati a livello nazionale ed in altre Regioni, lo strumento dei disciplinari di produzione che dovranno essere predisposti da appositi Comitati in cui è garantita la rappresentanza di soggetti con adeguata esperienza culturale e professionale.
Le linee di intervento regionale riguardano, da un lato, il concorso alle spese per l'elaborazione dei disciplinari di produzione e, dall'altro la valorizzazione delle lavorazioni e delle professionalità, sulla base di un Piano annuale degli interventi approvato dalla Giunta regionale, sentita la Commissione regionale per l'artigianato ed informata la Commissione consiliare. Particolare rilievo viene dato agli interventi rivolti all'istruzione e all'addestramento artigiano, con il sostegno alla trasmissione e diffusione delle tecniche di produzione, manutenzione e restauro di beni di interesse storico ed artistico, ove tali interventi non rientrino negli specifici programmi di formazione professionale. In questo senso sono previsti contributi regionali ad organismi associativi tra imprese artigiane o ad imprese singole per la realizzazione di cicli di addestramento tecnico-pratico all'interno delle botteghe scuola.
Un intero Capo del testo unico è dedicato a norme concernenti gli interventi in dipendenza di eventi calamitosi, che risponde alla necessità di affermare in chiave preventiva un quadro normativo, recante alcuni indispensabili strumenti di intervento, capace di garantire un minimo di programmazione allorché si presentino eventi improvvisi ed imprevedibili.
Tali dispositivi si fondano sull'istituzione del 'Fondo di partecipazione' alimentato da tutti gli stanziamenti disposti per fronteggiare il risarcimento dei danni e la ripresa produttiva, attraverso cui è possibile operare per la creazione di fondi rischi, per la prestazione di garanzie bancarie sui mutui richiesti dalle imprese, per l'erogazione di contributi in conto capitale e per l'erogazione di contributi in conto interesse per i mutui bancari o in conto canoni per le operazioni di leasing.
L'Osservatorio regionale dell'artigianato, già in precedenza definito quale elemento forte dell'impianto legislativo, è confermato nella connotazione istitutiva attuale con alcuni limitati aggiustamenti operati per correlare meglio l'attività degli organi di supporto dell'Osservatorio la Commissione tecnica e la Commissione regionale per l'artigianato.
Complessivamente viene quindi riaffermata e rilanciata la funzione di questo importante strumento della politica di settore che viene a porsi quale caposaldo indispensabile per il miglioramento delle capacità di analisi del comparto artigiano. La rilevanza dell'Osservatorio è stata peraltro ampiamente riconosciuta nel corso dei lavori istruttori che hanno condotto a prevedere un parere della Commissione consiliare sul programma di attività di tale organismo.
Il Titolo III, relativo alla tutela delle professionalità delle imprese artigiane, riordina le norme relative alla tenuta degli Albi; regolamenta il funzionamento delle Commissioni provinciali per l'artigianato e le modalità di rinnovo e, infine, tutela le imprese artigiane dall'abusivismo.
Le novità più rilevanti nel testo proposto sono la funzione di strumento per la programmazione di interventi di promozione del settore artigiano assegnata alla convenzione fra Regione e CCIAA, per la gestione degli Albi artigiani ed il funzionamento delle Commissioni provinciali per l'artigianato. Si sono meglio esplicitate le modalità di individuazione del personale addetto alle strutture di segreteria delle Commissioni per l'artigianato. Si sono inoltre modificate le modalità di individuazione delle sezioni elettorali da istituire per l'elezione diretta dei rappresentanti artigiani in seno alle Commissioni provinciali per l'artigianato, in modo tale da ridurre il numero delle sezioni stesse e dei relativi seggi. Si è semplificata per quanto possibile la procedura di trasmissione dei certificati elettorali.
Rispetto alla lotta alle forme di abusivismo a tutela e garanzia sia delle imprese artigiane che dei consumatori ed utenti, si riaffermano i principi già contenuti nelle LL.RR. n. 38/87 e n. 55/92, avendo cura di armonizzarle tra loro e con le normative regionale e nazionale in materia di sanzioni amministrative.
Le disposizioni dell'ultimo Titolo completano la proposta di testo unico prevedendo, accanto alle indispensabili norme di carattere finanziario e di abrogazione delle leggi regionali compendiate nel testo unico, alcune norme di carattere transitorio e finale. La copertura finanziaria garantisce un'autorizzazione di spesa per il 1997 pari a 2 miliardi di lire; di questi, 600 milioni sono destinati al fondo per lo sviluppo e la qualificazione del settore.
Il testo è stato lungamente dibattuto in Commissione nell'arco di undici sedute ed anche sottoposto al parere delle rappresentanze economiche e sociali che, in fase di consultazione, hanno espresso un parere sostanzialmente positivo. In ultimo l'articolato è stato sottoposto al parere della Commissione permanente dell'Unione Europea. Sulla base di tale parere si sono introdotti alcuni correttivi nel testo e segnatamente viene specificato che la Giunta ed il Consiglio regionale devono sottostare alle norme previste dal Trattato di Roma nell'individuazione dei criteri e delle risorse finanziarie necessarie all'erogazione di aiuti alle imprese artigiane, qualora questi dovessero superare i limiti imposti dalle direttrici in materia di aiuti di Stato alle piccole e medie imprese".



PRESIDENTE

E' aperta la discussione generale.
La parola alla Consigliera Spagnuolo.



SPAGNUOLO Carla

Grazie, Presidente. Desidero rifarmi brevemente all'approccio del relatore rispetto al lungo iter della proposta in Commissione, alla sua elaborazione e complessivamente all'importanza che un settore tanto delicato per l'economia piemontese e per lo sviluppo del lavoro in Piemonte deve avere e può trovare anche attraverso il testo di legge che oggi viene portato all'esame dell'aula.
Inoltre desidero rifarmi ad una questione, per la quale chiederei attenzione da parte del Presidente della Giunta, che attualmente si presenta come referente per l'esecutivo, presentando un emendamento invito i colleghi a volerlo eventualmente sottoscrivere - che fa riferimento ad una questione specifica che in più fasi è già stata affrontata in Commissione ed è la questione dell'istruzione e dell'addestramento artigiano. In sostanza, noi abbiamo imprese artigiane che hanno ottenuto dalla Commissione provinciale per l'artigianato riconoscimento di imprese operanti nei settori delle lavorazioni artistiche e tipiche.
Questo è un punto che peraltro il Presidente della Giunta conosce, così come lo conosceva il componente dell'esecutivo che aveva seguito tutta questa materia e che è quello - ripeto - delle lavorazioni artistiche e delle lavorazione tipiche, così come sono definite dalla legge. Questi settori possono essere chiamati a concorrere all'attuazione dell'istruzione artigiana in qualità di botteghe-scuola.
Qual è il problema? Vi sono campi qualificatissimi dell'artigianato pensiamo ad esempio al restauro degli oggetti e dei mobili artistici, di tutto ciò che attiene al campo dell'antiquariato e dell'alto antiquariato in tutti i settori, dal mobile alla ceramica, al vetro, ai dipinti, a tutto ciò che è anche manufatto di alta scuola e di alta qualità, che richiede una particolare attenzione perché la formazione dell'artigiano in questo campo è un vero e proprio investimento per la società e per la cultura.
Abbiamo delle botteghe di restauro: faccio riferimento proprio al restauro d'arte in tutte le sue sfaccettature (ne ho citato alcune, ma altre se ne possono citare, pensiamo per esempio ai meravigliosi arazzi che abbiamo in quest'aula, come anche al dipinto, che abbiamo sempre in quest'aula, che proviene dalla Galleria d'Arte Moderna), ma abbiamo tutta un'altra serie di realtà artistiche per le quali il campo del restauro è essenziale. Si tratta di un approccio artistico e culturale che non richiede un semplice addestramento professionale, ma richiede proprio che il maestro, il grande artigiano, il grande restauratore d'arte, con tutte le diverse sfaccettature delle scuole di restauro che esistono, possa tramandare queste sue capacità all'artigiano giovane. Tutto questo richiede non soltanto anni di lavoro, ma anche una particolare attenzione, un rischio se vogliamo, da parte dell'artigiano. Di qui la differenziazione nell'emendamento, che peraltro è stato discusso, di questo problema che riguarda l'artigianato e il restauro d'arte, ma che può riguardare, per esempio, anche l'alta sartoria.
Ho fatto questi due esempi perché è chiaro che l'alta moda o l'alta sartoria nel momento in cui ha questo tipo di esigenza rappresenta lo stesso di tipo di problemi, perché inserire dei giovani in queste attività significa anche tramandare delle culture e delle professionalità artigiane che possono fare soltanto coloro che le hanno acquisite.
La Giunta e i componenti della Commissione sanno, perché questo si è discusso, che dovremo trovare il modo di passare dal concetto di artigianato-lavoro al concetto di artigianato-scuola. L'ipotesi delle botteghe-scuola prevede la possibilità, a tutela dell'allievo, che la Regione, per tutto il periodo di formazione, provveda alle coperture assicurative per infortuni e responsabilità civile. L'attività svolta da parte dei maestri delle botteghe artistiche, del restauro ed artigiane dell'alta sartoria, deve essere considerata come un'attività didattica svolta nella bottega-scuola.
E' chiaro - e io desidero subito affrontare la questione - che noi dovremo in questa legge far passare questo concetto. Tutto ciò attiene anche alla vasta problematica degli aspetti contributivi che è il vero scoglio che noi abbiamo davanti, però rispetto alla posta in gioco vale la pena di affrontare questo problema. So che esistono anche dei pareri di carattere giuridico-amministrativo che sono stati formalizzati, che ci consentono di inserire questa caratteristica per questo comparto specifico di attività artigiane dentro il testo di legge. Rischiamo altrimenti che queste culture e professionalità artigiane assolutamente irripetibili, nel momento in cui vediamo questi restauratori d'arte che ormai invecchiano e che non riescono più a tramandare il loro straordinario patrimonio andranno purtroppo ad esaurimento. Noi diciamo che i giovani devono appassionarsi; ebbene, questo delle botteghe e delle scuole d'arte è veramente un campo nel quale noi potremo, non sui grandi numeri, ma sull'alta qualità, coinvolgere nel tempo dei giovani che possano avvicinarsi e concorrere a quello che in fondo è il grande problema che ha l'arte e la cultura, non soltanto in Piemonte, ma direi in Italia: quello della manuntenzione del patrimonio artistico e del patrimonio culturale.
Questo possiamo farlo se li poniamo nelle condizioni attraverso delle facilitazioni, per le quali in qualche modo dobbiamo anche rischiare, se così vogliamo, ma dobbiamo essere anche una sorta di precedente in Italia su questo argomento.
Voglio dare atto, per esempio, che per la questione della grande distribuzione, quando mettemmo nel testo di legge - io ero uno dei fautori di questo tentativo - che il decreto Battaglia poteva essere applicato in misura limitata, in qualche modo anche lì un po' rischiammo perché era un'interpretazione innovativa e limitativa del decreto Battaglia, ma rispondente alla grande esperienza che chi amministra un territorio e i fenomeni del commercio e della grande distribuzione aveva fatto, nel senso che non si possono aprire strutture senza fine e che quindi è necessario dare un'interpretazione in qualche modo limitativa e rispondente al mercato e all'economia del settore.
Credo che questo testo, in maniera coraggiosa, debba tentare di fare altrettanto e quindi per la parte relativa al restauro delle opere d'arte a queste botteghe che costituiscono - ripeto - un patrimonio artistico e culturale irripetibile, noi inseriamo il concetto di bottega-scuola aprendo un precedente rispetto a questa nostra legge, ma che è indispensabile in Italia perché si tratta di uno dei problemi del nostro patrimonio artistico e culturale, che è unico al mondo. La manutenzione, il restauro, il recupero della riconoscibilità, è in definitiva tramandare alle nostre generazioni di giovani la capacità di essere protettori di questo grande patrimonio artistico e culturale e non soltanto di essere spettatori di logiche di degrado che indubbiamente ci saranno, se noi oggi non poniamo le condizioni di far sì che la grandissima capacità dei maestri d'arte, che noi abbiamo, venga tramandata nella maniera più giusta possibile. Nel senso che dobbiamo dire che noi costruiamo delle scuole e non soltanto degli addetti al comparto della formazione professionale seppure artigiana, in questo campo.
Presento anche un emendamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Papandrea.



PAPANDREA Rocco

Su questa legge in Commissione si è discusso e lavorato molto, si sono svolte numerose riunioni, anche se praticamente la legge si è discussa in un arco di tempo relativamente breve. Il fatto che venga presentata adesso in Consiglio è dovuto ad elementi che non riguardano il modo in cui si è lavorato, ma anche alla nuova normativa - il giudizio della Commissione dell'Unione Europea - e al parziale ritardo nella presentazione della proposta stessa alla Commissione.
Si tratta di una legge attesa, sicuramente positiva: tende a giungere ad avere un unico testo di riferimento. Pur non avendo votato a favore della legge, non abbiamo neppure votato contro, riteniamo che la semplificazione sia un aspetto positivo. Riteniamo anche che, proprio per questo fatto che la legge diventa un testo unico, abolendo tutta una serie di ulteriori leggi, forse sarebbe valsa la pena di fare un ulteriore sforzo di redazione sul testo per renderlo più comprensibile. Rileggendolo per la discussione in Consiglio ho notato che spesso la comprensione non è facilitata proprio dal modo in cui vengono scritte le cose, non si tratta di un problema politico. Trattandosi di un testo unico occorrerebbe dedicare un tempo specifico a questo aspetto, affinché la legge sia comprensibile per chi la dovrà utilizzare.
La legge è uno strumento, permette di orientarsi meglio, poi le scelte politiche dipenderanno di anno in anno dalla volontà di chi governa, di erogare più o meno risorse a questo settore. Si tratta di un settore importante, l'applicazione concreta della legge si vedrà anche nel momento del bilancio quando si discuterà sulla quantità di risorse da impegnare nel settore dell'artigianato.
Il giudizio dovrà essere dato di volta in volta, perché si tratta di un settore significativo, importante sia da un punto di vista economico sia da un punto di vista occupazionale.
Bisognerà anche verificare se le cose scritte avranno una conseguenza.
Faccio un esempio. Nell'art. 2 c'è scritto "favorire la crescita e lo sviluppo dell'impresa artigiana a conduzione femminile". Bisognerà poi vedere cosa significa, nella legge non si riesce a capire come questo tipo di priorità, che pure è utile che venga inserita, trovi una sua applicazione. Da questo punto di vista occorrerà vedere di anno in anno.
Un'ultima considerazione sul nostro modo di lavorare e sui ritardi.
Questa legge poteva probabilmente essere discussa molto tempo prima sicuramente parecchi mesi prima perché c'è stato il ritardo dell'Unione Europea, però c'è stato anche il fatto che, nonostante fosse nel suo corpo pronta già prima che nascesse la Giunta, è stato un lavoro svolto addirittura nella legislazione precedente; abbiamo poi aspettato un anno per discuterla, e in quest'anno non abbiamo notato, nel corpo di questa legge, delle modifiche tali da aspettare un anno.
Credo sia stato, in qualche modo, volerle dare un'impronta propria chiaramente politica di voler segnare una rottura di continuità, che per non aveva ragione d'essere, perché la legge rappresenta un buon lavoro svolto dagli uffici indipendentemente dalle maggioranze politiche presenti al governo. Aver voluto fare questo è stato sicuramente un elemento negativo perché ci porta a discuterne oggi, con il rischio che probabilmente le modifiche che sono in essere con la legge Bassanini ci obbligheranno ad intervenire successivamente.
Noi abbiamo letto gli emendamenti presentati. Su buona parte siamo d'accordo. Ne abbiamo presentati anche noi più di natura redazionale, come ho detto all'inizio del mio intervento, comunque il lavoro svolto dalla Commissione è significativo e ci auguriamo che anche il Consiglio concluda il suo iter. Anche se, ripeto, il nostro voto non sarà positivo, abbiamo lo stesso cercato di contribuire all'elaborazione del testo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moro.



MORO Francesco

E' in discussione il testo unificato della legge n. 164 "Norme per lo sviluppo e la qualificazione dell'artigianato".
E' da troppo tempo che la Regione Piemonte è sprovvista di uno strumento legislativo importante per la tutela e lo sviluppo dell'artigianato piemontese, un settore economico produttivo spesso disatteso e dimenticato dai governi centrali e regionali e che invece potrebbe dare un incremento produttivo, qualificato ed occupazionale per il Piemonte. Quindi, è un fatto politico grave che il Piemonte sia stato per troppo tempo sprovvisto di un piano di governo, di una linea di governo nel settore artigianale: oggi si intende, però, porvi rimedio.
E' questo un fatto abbastanza positivo.
Con questa legge si intende disciplinare le funzioni relative alla tenuta dell'Albo provinciale delle imprese artigiane e l'organizzazione e il funzionamento degli organi amministrativi e di tutela.
Si intende, cioè, razionalizzare in modo più corretto questo settore delicato e produttivo, facendo riferimento costante alla legge quadro per l'artigianato, la legge n. 443. Non va trascurata anche la vasta gamma dell'aspetto contributivo, che va sottolineato e risolto, anche per l'enorme professionalità ed originalità dei soggetti impegnati nell'arte e nella cultura che sono numerosissimi in Piemonte.
Il testo deve anche valorizzare e potenziare l'aspetto tecnico professionale, ma soprattutto sostenere la ripresa produttiva delle imprese colpite da eventi calamitosi, alluvionali, che potrebbero invece far chiudere l'attività e ve ne sono parecchie nel Piemonte sud nell'Alessandrino, colpite duramente, non ancora risarcite ed in forte rischio di chiusura. Questo è un elemento molto preoccupante.
E' praticamente urgente intervenire con una legge chiara che dia più risorse al settore e che finalmente dia incisività perché a mio avviso esso, pur avendo qualificato in tantissimi anni il Piemonte e l'Italia rischierebbe, se non meglio gestito e finanziato, di non avere quel risalto di cui in Piemonte ha sempre goduto.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Ferrero.



FERRERO Caterina

Grazie, Presidente. Il testo unico sull'artigianato, che oggi come Consiglio regionale ci apprestiamo ad approvare, rappresenta dal nostro punto di vista un'importante tappa dell'azione legislativa della Giunta.
Testo nato sì in legislazioni precedenti, ma che ha avuto bisogno di una fase istruttoria approfondita in quest'ultimo anno, non foss'altro che per la serie di variazioni congiunturali che nello stesso periodo si sono verificate.
Chi ha lavorato in Commissione sa che la preparazione del documento è stata piuttosto ampia e ha fornito a tutti un'occasione di riflessione e di dibattito sulle tematiche riguardanti l'artigianato piemontese, grazie anche all'apporto derivato dal confronto tenutosi nella fase di consultazione con le associazioni di categoria.
Da tale dibattito è emersa - ed è stata ribadita da tutte le forze politiche - l'importanza del ruolo di questo settore, dal punto di vista sia produttivo che occupazionale. Ci sono stati forniti, in fase di discussione, alcuni dati assai significativi: sono circa 120.000 le imprese artigiane piemontesi ed offrono lavoro a circa 280.000 addetti. Il che significa, in termini di formazione del PIL, una partecipazione per circa il 13%.
E' questo un dato importante che ci deve far riflettere su quelle che sono le potenzialità attuali del settore, ma anche e sicuramente su quelle future, sia per la flessibilità delle strutture, tipicamente individuali o familiari sia per il tipo di attività che nella realtà vengono svolte.
Il testo unico in discussione presenta, sostanzialmente, due aspetti positivi. Il primo - lo dice lo stesso titolo - il fatto di cercare di creare una sorta di razionalizzazione, di sintesi, di tutta la normativa attualmente vigente a livello regionale: sono ben dodici le norme di cui si propone l'abrogazione al momento dell'entrata in vigore del nuovo testo. E' questo un aspetto importante perché nel momento di primo impatto con l'istituzione, l'artigiano che cercava di barcamenarsi nella legislazione regionale - ma anche nazionale - si trovava di fronte ad una serie di norme che lo mettevano in grande difficoltà. La possibilità di usufruire di un testo che razionalizzi meglio la normativa in ordine a questo tipo di attività è sicuramente uno sforzo ed un aspetto positivo che si deve riconoscere alla legge. Tale positività è riscontrabile anche nell'ambito degli interventi, in termini sia strutturali sia formativi per questo tipo di attività.
Vi è stato infatti un ampliamento del campo di interventi a sostegno delle aziende artigiane sia per investimenti strutturali, ma anche, ad esempio, relativamente al discorso della qualità ambientale e della sicurezza riferibile alle norme del DL n. 626/94. Normativa che ha riscontrato, per le piccole e medie imprese, grossissimi problemi di adeguamento proprio perché non si sono ricevute le risorse necessarie da impiegare per poter raggiungere i livelli qualitativi richiesti dalla norma.
Quanto noi ci auguriamo e ci aspettiamo da questo tipo di legge è che innanzitutto, la stessa non si trasformi in norma rigida e che con il tempo possa essere adeguata e trasformata a seconda delle esigenze di questo tipo di settore, anche in funzione di un mercato che sta diventando sempre più ampio e globale e che quindi porterà sicuramente ad operare non più soltanto a livello regionale e nazionale, ma anche europeo. Grazie.



PRESIDENTE

Il Presidente, assente in questo momento, esprimerà le proprie valutazioni alla fine dell'esame dell'articolato.
Passiamo ora all'esame dei singoli articoli.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art.
44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 voti favorevoli 36 astensioni 2 L'art. 1 è approvato.
ART. 2 1) Emendamento presentato dai Consiglieri Viglietta, Foco, Salerno e Peano: al comma primo, dopo la parola "sindacali", aggiungere la parola "regionali".
Vi è un identico emendamento presentato dai Consiglieri Papandrea, Moro e Simonetti che unifichiamo al precedente: 1/a) al comma primo, dopo la parola "sindacali", aggiungere la parola "regionali".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Sono approvati all'unanimità dei 40 Consiglieri presenti.
1/b) Emendamento presentato dai Consiglieri Papandrea, Moro e Simonetti: al comma secondo, punto e), dopo la parola "servizi" sopprimere la parola "reali".
La parola al Consigliere Foco.



FOCO Andrea

La dizione "promuovere la creazione di servizi reali nel campo dell'assistenza tecnica e manageriale" viene utilizzata normalmente. Non si tratta, naturalmente, di differenza tra servizi reali ed irreali! Molto semplicemente, viene utilizzata la dizione "servizi reali"; è, in qualche modo, una categoria ormai consolidata al riguardo.



PRESIDENTE

Il Consigliere Papandrea ritira l'emendamento.
1/c) Emendamento presentato dai Consiglieri Papandrea, Moro e Simonetti: al comma secondo, lettera p), dopo la parola "tutela", aggiungere la parola "dell'ambiente".
La parola al Consigliere Papandrea.



PAPANDREA Rocco

Mi sembra che si capisca, perché nell'altro caso sembrerebbe che si tutelano le imprese artigiane, mentre invece si tutela l'ambiente.



PRESIDENTE

Il relatore è d'accordo?



FOCO Andrea

Il relatore è perplesso, nel senso che - se ben ricordo - ne avevamo discusso anche in Commissione. Per quanto riguarda il punto p), la dizione "favorire la tutela dell'ambiente" già allora aveva voluto significare un lavoro per la tutela complessiva dell'ambiente, non quello legato all'aspetto tipico del luogo di lavoro come è il ruolo e la funzione di questo punto p).
Quindi mantengo una mia perplessità su questo punto, rispetto al quale sono arrivate queste osservazioni. Ma lascerei la parola anche all'altro relatore.



PRESIDENTE

Al relatore di maggioranza. Prego, Consigliere Salerno.



SALERNO Roberto

Non si può sofisticare sulle terminologie in questo senso. "Tutela e qualificazione ambientale" è un principio molto chiaro e sostanziale, per cui andare ad aggiungere rafforzativi di questo genere significherebbe veramente cominciare ad imbastire il testo in una maniera che non riteniamo consona alla chiarezza e che, tra l'altro, oggi già c'è.



PRESIDENTE

Consigliere Papandrea, lei insiste nell'emendamento?



PAPANDREA Rocco

Sì. E' vero che ne avevamo discusso, però quello che io intendo è in primo luogo che le imprese aziendali debbano avere un rispetto per l'ambiente e secondariamente che venga favorita una loro qualificazione mentre invece qui si tutelano le imprese: sono due cose diverse.
Io credo che occorra far sì che tutte le attività produttive, comprese quelle artigiane, abbiano un rispetto per l'ambiente che sia chiaro, mentre così non è assolutamente chiaro, non è scritto.



PRESIDENTE

Pongo dunque in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 2 voti favorevoli, 15 contrari e 13 astensioni.
Si proceda alla votazione dell'art. 2 come emendato, per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 39 votanti 38 voti favorevoli 36 astensioni 2 non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere L'art. 2 è approvato.
ART. 3 1/d) Emendamento presentato dai Consiglieri Papandrea, Moro, Simonetti e Peano: al punto 1), sostituire le parole "di altre strutture operative esterne in grado di assolvere i compiti assegnati quali le Organizzazioni sindacali" con le parole "delle Organizzazioni sindacali dell'artigianato".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 38 voti favorevoli (non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere).
2) Emendamento presentato dai Consiglieri Viglietta, Foco, Salerno e Peano: al comma primo, dopo le parole "Organizzazioni sindacali", aggiungere le parole "regionali dell'Artigianato maggiormente rappresentative".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 38 voti favorevoli (non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere).
2/a) Emendamento presentato dai Consiglieri Papandrea, Moro e Simonetti: al comma terzo, sostituire le parole "la Giunta regionale può disporre la revoca delle agevolazioni medesime" con le parole "la Giunta regionale dispone i necessari provvedimenti fino alla revoca delle agevolazioni medesime".
La parola al Consigliere Papandrea.



PAPANDREA Rocco

Il comma terzo recita che "la Giunta regionale può disporre accertamenti" e fin qui siamo d'accordo; poi aggiunge: "qualora dagli accertamenti risulti una sfasatura", a quel punto credo che la Giunta debba intervenire.



PRESIDENTE

I relatori?



FOCO Andrea

Siamo d'accordo.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 38 voti favorevoli (non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere).
Si proceda alla votazione dell'art. 3 come emendato, per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 39 votanti 38 voti favorevoli 35 astensioni 3 non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere L'art. 3 è approvato.
ART. 4 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art.
44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 39 votanti 38 voti favorevoli 35 astensioni 3 non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere L'art. 4 è approvato.
ART. 5 2/b) Emendamento presentato dai Consiglieri Papandrea, Moro e Simonetti: al comma secondo, lettera a), sostituire le parole "sia alle esigenze specifiche delle imprese operanti in particolari settori di attività" con le parole "sia a particolari settori di attività".
La parola al Consigliere Papandrea.



PAPANDREA Rocco

Si tratta di un emendamento puramente redazionale, nel senso che la dicitura mi pareva un po' complessa, facendo riferimento a situazioni territoriali e ad attività produttive, non ad aziende.
Con questa modifica, alla fine si avrebbero gli ambiti prioritari di intervento riferiti sia a determinate situazioni territoriali sia a particolari settori di attività: mi pare più comprensibile questa formula.



PRESIDENTE

I relatori?



SALERNO Roberto

Non siamo d'accordo in quanto riteniamo che una maggiore specifica e un maggior dettaglio del punto è sostanziale, quindi - ripeto - non siamo d'accordo sull'emendamento.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 3 voti favorevoli, 23 contrari e 3 astensioni (non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere).
Si proceda alla votazione dell'art. 5 per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 36 votanti 35 voti favorevoli 32 astensioni 3 non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere L'art. 5 è approvato.
ART. 6 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art.
44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 36 votanti 35 voti favorevoli 32 astensioni 3 non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere L'art. 6 è approvato.
A questo punto, sospendiamo i nostri lavori; li riprenderemo alle ore 14,45, dopo la riunione dell'Ufficio di Presidenza.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13)



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