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Dettaglio seduta n.11 del 19/09/95 - Legislatura n. VI - Sedute dal 23 aprile 1995 al 15 aprile 2000

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PICCHIONI


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Dibattito in merito alla grave situazione occupazionale alla Olivetti


PRESIDENTE

Signori e signore, autorità, il Consiglio regionale del Piemonte si riunisce per la prima volta nella sua storia fuori dalle sue mura. Vorrei sottolineare il carattere eccezionale dell'assemblea che si svolge ad Ivrea: le modalità stesse della riunione ne evidenziano il carattere di straordinarietà.
Il significato della nostra presenza, qui ed ora, sottolinea l'emergenza che il Canavese e l'intera regione si trovano a dover affrontare. Testimonia la nostra consapevolezza del fatto che si sta giocando in Olivetti il futuro non soltanto dell'economia eporediese, ma dell'industria informatica italiana.
La fredda luce dei numeri della crisi dell'Olivetti illumina quella che sembra essere una situazione drammatica: si è passati da 57.000 a 34.000 dipendenti in appena cinque anni, nello stesso arco di tempo si sono accumulate perdite per 2.200 miliardi e il piano di ristrutturazione proposto dal management dell'azienda ai sindacati, lascia pochi margini di trattativa e di speranza di una riduzione dei tagli occupazionali.
Avvertiamo pertanto la indifferibile necessità di una riflessione a più voci, che il Consiglio regionale farà propria per le sue determinazioni.
Riflessione che, abbracciando altre realtà piemontesi, impone un parallelo tra la situazione dell'Alenia e quella dell'Olivetti. Entrambe le aziende testimoniano la desolante difficoltà dei settori tecnologicamente più avanzati, come l'avionica e l'informatica, a diventare soggetti economicamente trainanti.
E siamo così costretti ad assistere con preoccupazione al fallimento dei vari poli tecnologici della nostra regione, di quelle ambizioni e di quei progetti che dovevano proiettare il Piemonte nel firmamento delle nuove Silicon valley.
Così come oggi non si può non rilevare la distanza che separa il progetto aziendale di Adriano Olivetti dallo scenario che l'attuale realtà impone. Si è passati cioè da un'impresa che nella sua storia è stata in grado di produrre ricchezza e cultura, ad una strategia che scarica sui tagli occupazionali la propria possibilità di competitività.
Noi non possiamo accettare che la sfida dell'Olivetti agli altri colossi mondiali dell'informatica imponga costi sociali così alti da sostenere. Anche perché l'art. 4 dello Statuto della Regione Piemonte ci sollecita a: 1) "realizzare le condizioni atte a rendere effettivi il diritto al lavoro, la piena occupazione e la tutela dei diritti dei lavoratori" 2) "adottare le misure necessarie per assicurare la funzione sociale della proprietà privata".
Mi pare bene esplicitata in queste parole l'alta concezione per cui la grande ricchezza in sé non è sufficiente se non assolve anche ad una funzione sociale.
Abbiamo allora l'obbligo di comprendere se tutto quanto era possibile è stato fatto e se diversioni rispetto ad una politica sociale efficiente hanno oscurato, cammin facendo, il miracolo che aveva sospinto la vecchia fabbrica di macchine da scrivere ad assumere brillantemente una leadership informatica che, però, si è purtroppo andata ad affievolirsi sino a risolversi, come si dice, in un assemblaggio di componentistica sparsa.
Da questa situazione l'auspicio che possano scaturire le alchimie direi la magia - che consentano di trasformare la logica combinatoria in logica inventiva, che siano capaci di far crescere nuovi alberi informatici, permettendo così di tramutare un cupo scenario occupazionale in un nuovo rinascimento industriale.
Non so se queste mie brevi note introduttive possano essere un pensiero condiviso da tutti, certo in esse c'è la percezione né emotiva, n drammatica, né retorica di un futuro che invece può portare la nostra terra e la nostra gente alla marginalizzazione dalle più vitali dinamiche mondiali.
In questo dibattito partecipano politica, economia, istituzioni e corpi intermedi, impegnati ciascuno nella specificità del proprio campo di competenza, ad una presa in carico di responsabilità, di spirito comunitario, di autocoscienza collettiva.
Sì, autocoscienza che si forma e si decide con la somma di conoscenze di convinzioni, di opinioni, dagli infiniti dati grezzi dell'informazione rappresentando, o cercando di rappresentare, nella strumentazione sociale il ruolo della bussola più che quello del barometro, cioè certificando direzioni strutturali che non sono alterabili, o che non siano alterabili se non per fenomeni imprevedibili e clamorosi.
Io vi ringrazio. Vorrei solamente indicare, a questo punto, le modalità di svolgimento dell'assemblea: ci sarà la comunicazione del Presidente della Giunta regionale, onorevole Enzo Ghigo, la comunicazione del Sindaco di Ivrea, prof. Maggia, la comunicazione della Presidente della Provincia prof.ssa Mercedes Bresso; quindi si darà avvio agli interventi che saranno riservati alla Olivetti (se intende intervenire), alle Organizzazioni sindacali, alle Associazioni e agli Enti invitati, ai parlamentari piemontesi e agli amministratori locali.
Indipendentemente da quella che potrebbe essere la mia volontà dovremmo anche contingentare il numero e il tempo degli interventi per essere puntuali con il nostro svolgimento dei lavori che, come forse voi saprete riprenderà in seduta ordinaria alle ore 18 circa.
Ha ora la parola il Presidente della Giunta regionale, On. Enzo Ghigo.



PRESIDENTE

GHIGO, Presidente della Giunta regionale



PRESIDENTE

Buongiorno a tutti.
Raccolgo l'indicazione data dal Presidente del Consiglio Rolando Picchioni e farò un intervento veramente breve. Un intervento che ha per chiaramente un obiettivo specifico: quello di spiegare il perché da parte del Consiglio è emersa questa sensibilità nel proporre una seduta straordinaria - come è stato detto - per la prima volta fuori dalle mura della città di Torino per approfondire una situazione così critica come quella che si sta verificando qui ad Ivrea.
Noi oggi siamo qui soprattutto per ascoltare, perché vogliamo approfondire tutte le tematiche di questa situazione. Non siamo oggi qui per esprimere dei giudizi o delle opinioni: vogliamo farci un'approfondita idea di quella che è la situazione. Quello che però io, come Presidente della Giunta, ho desiderio di trasferirvi è che c'è l'assoluta volontà da parte del governo piemontese nel sostenere quella che sarà la soluzione o le soluzioni che da questo dibattito emergeranno. C'è la volontà di trovare una soluzione che permetta all'Eporediese di uscire da questa crisi in maniera prospettica. E mi spiego meglio. Credo che l'argomento non possa solo essere affrontato in senso contingente. Oggi c'è una situazione che ci preoccupa tutti tantissimo, ma noi dobbiamo da questa situazione pensare ad una soluzione che ci proietti nei prossimi anni in senso costruttivo e positivo, cioè un rilancio di questo settore strategico dell'industria dell'informatica nel nostro Paese. Non dimentichiamo che l'Olivetti è un'azienda leader nel Canavese, ma è soprattutto un'azienda leader a livello nazionale nel settore dell'informatica e non possiamo assolutamente pensare che le considerazioni che emergeranno da tutto quello che si dirà oggi non tengano strettamente presente che questo ruolo l'Olivetti lo deve mantenere e anzi lo deve sviluppare.
Questo è il pensiero che io mi permetto di trasferire. Voglio anche fare un riferimento ad un aspetto che forse nella concitazione del dibattito viene dimenticato: il Canavese ha sì l'Olivetti che è l'azienda più importante, però esiste anche un indotto intorno all'Olivetti che va altrettanto salvaguardato perché non possiamo certo dimenticare che il tessuto produttivo e industriale di questa zona è fatto principalmente dell'Olivetti, ma è fatto anche da tante altre aziende che noi dobbiamo tutelare.
Concludo questo mio breve intervento sostenendo e dichiarando che la Regione si renderà disponibile ad accogliere tutte le istanze che emergeranno e cercherà, nelle sedi opportune, di sostenere le soluzioni che le parti riterranno eque e che condivideranno. Ciò per far sentire anche la voce della Regione che, nell'ottica dell'elezione diretta del suo Presidente (anche se non proprio diretta, comunque con questa indicazione) assume oggi nei confronti delle istituzioni un ruolo sempre più importante.



PRESIDENTE

Garantisco dunque fin d'ora la massima determinazione e la massima volontà a sostenere le soluzioni che emergeranno dal dibattito delle parti sociali.



PRESIDENTE

Grazie, Presidente Ghigo.
La parola al Sindaco di Ivrea, prof. Maggia.



MAGGIA Giovanni, Sindaco di Ivrea

Signor Presidente del Consiglio regionale, signor Presidente e Assessori della Giunta regionale, signore e signori Consiglieri, onorevoli parlamentari, autorità qui convenute dalle Province piemontesi, colleghi Sindaci del Canavese, gentili signore e signori, desidero anzitutto esprimere, a nome della Città di Ivrea, il più vivo senso di gratitudine al Consiglio regionale piemontese per l'aver voluto adunarsi qui, in sessione straordinaria pubblica e con facoltà di parola concessa anche a persone che non ne fanno parte, a testimonianza della gravità del momento che stanno vivendo Ivrea e l'intero Canavese. In questo, credo di potermi rendere interprete dei sentimenti di riconoscenza e di attesa per gli esiti di questa iniziativa di straordinario rilievo a nome anche di tutti i Sindaci dei Comuni canavesani presenti.
Le ragioni per cui questa seduta si tiene, qui ed ora, sono già state ben illustrate dai Presidenti del Consiglio e della Giunta regionale. Dopo la cessazione dell'attività da parte di altre imprese della nostra zona ricorderò solo la SALP di Rivarolo e la ELCAT di Bairo, ma l'elenco potrebbe farsi lungo, se aggiungessi situazioni aziendali suscettibili di evolvere con pregiudizio delle attività produttive e dell'occupazione siamo oggi di fronte a quello che non esito a definire lo "stato di crisi" della società Olivetti; così lo definisco perché come tale lo percepiscono e lo vivono tutte le persone con cui un Sindaco ha occasione di parlare: non esclusi gli stessi manager, dirigenti e quadri dell'impresa stessa.
In questa sala e qui fuori il segno ed il senso della preoccupazione generale si manifestano evidentissimi. Dico "generale" perché a quella ben motivata - dei dipendenti Olivetti si affianca l'inquietudine di un'intera città, di un territorio che in questa impresa ha creduto e continua a credere. Certo, molto ricevendone nel corso di quasi novant'anni; ma a cui molto è stato dato, in energia, intelligenza dedizione, da parte delle persone che vi hanno lavorato e vi lavorano.
La storia di questi anni, di questi ultimi in specie, sta a dimostrarlo: molto è stato accettato nella speranza di una ripresa annunciata più e più volte come sicura solo che si accettassero i piani aziendali. Le cifre sull'occupazione nel gruppo, e specialmente negli stabilimenti del Canavese nei quali dai 12.754 addetti del 1989 si è scesi ai 6.900 circa di fine 1994, ne sono eloquente testimonianza. Nei piani aziendali evidentemente qualcosa non ha funzionato e non è possibile chiederci oggi di ripercorrere strade in cui più non crediamo.
Sarà dunque bene dire subito, chiaro e forte, che siamo in presenza di un deficit di credibilità aziendale a fronte della comunità stessa in cui si sono, da sempre, radicati il suo quartier generale ed il cuore delle sue attività produttive nel senso più ampio del termine.
Possono sembrare parole troppo dure. Si considerino allora queste date e questi fatti: anno 1991: 3.500 pre-pensionamenti nel solo Canavese anno 1992: accordo per la mobilità verso la Pubblica Amministrazione di 1.000 dipendenti, di cui oltre 400 nel Canavese anno 1993: accordo per la cosiddetta mobilità corta di altri 1.000 dipendenti, di cui oltre 300 nel Canavese anno 1994: accordo per la cosiddetta mobilità lunga di circa 2.000 addetti nel biennio 1994/1995, di cui utilizzati circa 1.000 e fra questi oltre 200 con riferimento al solo Canavese. Devo ancora ricordare che quest'ultimo provvedimento era stato definito, dagli stessi vertici Olivetti, come "risolutivo" per raggiungere l'equilibrio economico del Gruppo? Per questi fatti - comunque incommensurabili rispetto ad altre debolezze o fallimenti nel tessuto economico locale che sarebbe sciocco negare - il Canavese è stato da tempo classificato quale area ad accentuato declino industriale.
Questo stato di cose non credo sia stato ininfluente allorché sono state concesse al gruppo Olivetti opportunità di sviluppo e diversificazione in altre aree tecnologiche quali le telecomunicazioni, di modo che oggi il Gruppo può dichiarare, con una certa qual enfasi, di porsi come protagonista nel mercato globale dell'information and communication technology.
A fronte di tali opportunità - concesse, ritengo, anche in virt dell'acclarato declino industriale del Canavese - il gruppo ha ritenuto di dislocare altrove, fuori non solo dal Canavese ma anche dal Piemonte, il nucleo operativo strategico della telefonia cellulare, delle telecomunicazioni, dell'innovazione nel campo multimediale: Omnitel ed Infostrada ne sono la prova lampante.
Sia almeno lecito il chiedersi la ragione per cui, in un mondo che si ama definire come un villaggio globale ed in cui la distanza in termini meramente fisici pare superata dall'avvento stesso delle nuove tecnologie della comunicazione, il cuore operativo e dunque occupazionale di Omnitel e Infostrada è stato collocato al di fuori del Canavese, al di fuori del Piemonte, in un'area - l'estrema periferia milanese - che dal punto di vista delle risorse umane e delle competenze professionali specifiche nulla ha da offrire in più di quello che si trova qui, nel Canavese e in Piemonte ad un'ora di autostrada.
Dicevo di un declino industriale della nostra zona già da tempo in atto. Ciò che oggi per noi conta è che questo declino possa essere arrestato. E' per questo che oggi servono anche parole forti e chiare perché tale riconosciuto stato di declino possa, grazie a scelte imprenditoriali e di politica industriale lungimiranti e coraggiose tramutarsi in un'autentica opportunità di ripresa e di rilancio di un polo tecnologico strategico che oggi ancora esiste.
Vengono viceversa annunciate in televisione cifre di eccedenze occupazionali nel gruppo e poi fatte trapelare, ben inteso a mezza bocca ed in forma rigorosamente ufficiosa, notizie di tagli occupazionali, anche qui, oltre a quelli già consensualmente pattuiti nell'accordo del 27 gennaio 1994.
Il Canavese non può sopportare questo ulteriore sacrificio. Ne andrebbe non solo del suo tessuto economico e sociale, ma anche ormai di quello più propriamente civile. Al disagio sociale, già presente e che si manifesta sempre più in rapida accentuazione, si aggiungerebbe la perdita di ogni speranza, non per il domani ma già per l'oggi. Una terra di pensionati, di disoccupati, di precari, di giovani in fuga. Il venire meno di ogni senso di orgoglio, di ogni sentimento di appartenenza ad un luogo che da sempre è considerato, almeno in Italia, luogo di eccellenza nel saper fare nelle tecnologie avanzate, nei livelli di istruzione a questo presupposti, nel tessuto culturale di base. Non ci preoccupa che i nostri giovani vadano via: questo è sempre accaduto ed è anche conseguente ad un elevato grado di capacità intellettuale e professionale. Ci preoccupa che i giovani di altri luoghi, dall'Italia e dall'estero, abbiano ormai smesso di venire qui, come pure è stato per lungo tempo. Non vogliamo né possiamo permetterci di ridurci ad una riserva indiana in via di estinzione.
Non paia questa una difesa di tipo corporativo, finalizzata alla richiesta di misure assistenziali, o - peggio ancora - una rivendicazione ancorché legittima, a sfondo localistico. Il Sindaco di Ivrea, pur nella consapevolezza dei limiti della sua carica pro tempore, ritiene di aver oggi titolo per parlare anche a nome del patrimonio industriale della collettività regionale e di quella nazionale.
Al caso dell'Alenia non può e non deve sommarsi un caso Olivetti: il Piemonte proprio nel momento in cui si appresta a collegarsi grazie alla realizzazione di infrastrutture di comunicazione materiale ma anche immateriali, con le aree forti di un'Europa proiettata verso le nuove tecnologie, non può permettersi di perdere per sempre le imprese che proprio nell'innovazione tecnologica trovano la loro stessa ragione di essere. Ecco perché l'Olivetti, al pari dell'Alenia, è un caso emblematico di ciò che il Piemonte può essere o può non più ragionevolmente sperare di essere: un'area forte nelle tecnologie avanzate, un sottosistema di un Paese Europa che in questi anni, in questi giorni, sta ridefinendo i suoi poli di attrazione o, per converso, le sue aree di marginalità economica sociale e civile.
Dicevo anche della collettività nazionale. Questo nostro Paese, al di là di una facile ed ormai passata retorica sul Made in Italy la cui vera consistenza si è nel tempo rivelata un mero mix di produzioni mature lavoro precario e mitico buon gusto italico, può in realtà contare su ben poche imprese realmente competitive sui mercati internazionali delle tecnologie; quelle tecnologie avanzate, in nome delle quali lo stesso ing.
Carlo De Benedetti ebbe, in altri tempi, a sostenere che l'Olivetti era un patrimonio, un "asse" nel nostro sistema-Paese, nell'economia-mondo, come dicono gli storici, o nel mercato globale, come scrivono gli esegeti, del vantaggio competitivo delle nazioni.
Il trattamento delle informazioni - o informatica - non può e non deve essere considerato una commodity acquisibile qui o là a seconda delle convenienze di prezzo. L'informatica è qualcosa di più complesso. Non un semplice assemblaggio di moduli acquisiti sul mercato, ma la capacità di aggiungere valore - sulla base di competenze professionali difficilmente riproducibili e mai sostituibili per intero - in uno specifico ambiente applicativo; chi padroneggia tali tecnologie informatiche è anche in grado di risolvere i problemi che si presentano alle imprese, alle organizzazioni, alla società nel suo complesso. Chi non le padroneggia è destinato a rimanere muto, inerte, economicamente passivo nella competizione internazionale del futuro. Di qui la rilevanza strategica - a torto da taluni sottovalutata - dell'industria dell'information technology chi non la possiede sarà tributario di altri quand'anche tenti lo scavalco di traiettoria tecnologica verso il mondo delle telecomunicazioni o della communication technology". L'industria informatica non è dunque un settore maturo o, peggio, obsoleto: la sua capacità intrinseca, in termini innovativi, dipende per l'appunto, dalle sue potenzialità di raccordo con gli ambienti applicativi, i più diversi quanti mente umana possa concepirne.
Per questo, e per molto altro ancora, che sarebbe inopportuno ricordare ora, in quanto non si tratta di un saggio sulla tecnologia e le sue potenzialità, il nostro Paese non può rinunciare all'industria informatica.
Tagliare posti di lavoro significa sopprimere competenze professionali non riproducibili; in termini più espliciti: ogni e qualsiasi prospettiva di soppressione pura e semplice di competenze significa una rinuncia esplicita e allora perché non dirlo subito chiaramente - ad ogni prospettiva di rilancio strategico e di credibilità del piano industriale stesso dell'impresa. Con i tagli, le competenze professionali si perdono ora e per sempre: non sta a noi indicare soluzioni né delineare strategie. Ma è lecito che, insieme, ci si chieda: "Esistono soluzioni alternative nell'interesse del nostro sistema-Paese"? La risposta non può che essere affermativa: sì, esistono.
Il caso Olivetti è dunque, oggi, subito, un caso di rilevanza non solo locale, ma regionale (per una Regione che voglia essere protagonista in Europa) e nazionale (per un Paese che voglia ancora essere per davvero fra le nazioni più industrializzate del mondo).
Credo che di questo caso debbano occuparsi la Regione, il Parlamento e il Governo italiano.
Ma sono qui riuniti rappresentanti di comunità locali armonicamente rappresentate da quelle più elementari, ossia i Comuni, a quelle più complesse come le comunità provinciali e la comunità regionale.
Non sarà allora inutile ricordare che le comunità non sono una semplice sommatoria di individui, di case, di vie di trasporto, di persone e territori intesi dunque solo nella loro rappresentazione materiale, fisica.
Le comunità sono qualcosa di più: entità di persone che si riconoscono soprattutto in valori, in valori comuni e condivisi. Fra questi anzitutto la consapevolezza in ognuno di un comune destino, di una vita fianco a fianco degli altri, ma soprattutto il rispetto per il valore del sapere professionale e del lavoro.
Bisogna avere il coraggio di dire che questi valori sono gli elementi fondativi del nostro essere comunità e di riconoscerlo ogni giorno.
Le parole, si sa, che siano dette o scritte, possono valere molto o parere esclusivamente rituali. Proviamo però a riflettere su questa frase di Adriano Olivetti: "Tutta la mia vita e la mia opera testimoniano la fedeltà ad un ammonimento severo che mio padre, l'ing. Camillo Olivetti quando cominciai il lavoro ebbe a farmi: 'Ricordati - mi disse - che la disoccupazione è la malattia mortale della società moderna; perciò ti affido una consegna: tu devi lottare, con ogni mezzo, affinché i dipendenti, gli operai di questa fabbrica non abbiano a subirne il tragico peso'". E ancora su questo altro suo brano: "Nell'affidarmi la riorganizzazione della fabbrica mio padre mi aveva conferito grandi poteri ma mi aveva pure avvisato ed ammonito con precise indicazioni ed in questi termini perentori: 'Tu puoi fare qualunque cosa tranne licenziare qualcuno per motivo dell'introduzione di nuovi metodi di lavoro perché la disoccupazione involontaria è il male più terribile dell'umanità'".
Sono frasi di tempi lontani. Ma io credo che oggi possano aiutarci tutti, a trovare la strada giusta perché l'Olivetti, la "nostra fabbrica" esca dalla sua crisi con un piano di rilancio industriale serio e credibile. Grazie.



PRESIDENTE

La parola alla Presidente della Provincia di Torino, prof.ssa Mercedes Bresso.



BRESSO Mercedes, Presidente della Provincia di Torino

Grazie, Presidente Picchioni. Anch'io voglio ringraziare il Consiglio regionale per questa opportunità di confronto fra tutte le istituzioni e le forze politiche e sociali coinvolte nella vicenda Olivetti. Credo si tratterà di un confronto di considerazioni, ma anche di proposte nei limiti delle possibilità che ad ognuno dei nostri Enti sono offerte.
Intanto, una prima considerazione nasce da quanto sentito negli interventi precedenti. Non c'è dubbio che la crisi Olivetti si inserisce per il nostro Paese, e per la nostra Regione e la nostra Provincia in particolare, in una crisi produttiva non solo di riassetto produttivo, ma che comporta riduzione occupazionale; crisi produttiva particolarmente rilevante nei settori avanzati.
Paradossalmente, ma non per il nostro Paese, mentre assistiamo a qualche segnale di ripresa nei settori maturi e tradizionali, ci troviamo a subire colpi durissimi nei settori più avanzati - e questo vale, in particolare, per questo nostro territorio.
Tutti quanti siamo impegnati in questi giorni nelle vicende relative all'Alenia, per la quale appare estremamente difficile ottenere che il Governo si impegni a sviluppare una politica industriale adeguata che in questi settori non faccia arretrare il nostro Paese.
Per l'insieme del Paese, è un problema di sempre quello della debolezza dei settori avanzati. Situazione però meno reale per la nostra Regione, la quale, sui settori avanzati, ha avuto ed ha ancora una forte caratterizzazione.
C'è quindi, prima di tutto, un problema più generale: la crisi Olivetti deve essere affrontata a livello nazionale, con serie politiche industriali.
C'è comunque un aspetto specifico, relativo al nostro territorio, che al momento attuale coinvolge più fortemente le istituzioni rappresentative di queste realtà locali, dal punto di vista dell'impegno nonché emotivo.
Personalmente, ritengo innanzitutto necessario comprendere e conoscere i termini del progetto, per meglio valutarli e discuterli. Certo è che la prima impressione, derivante da conoscenze ancora molto indirette della situazione, è che non si tratti solamente di un riassetto finanziario, ma che si sia di fronte alla prosecuzione di una crisi che, al di là e malgrado - saremmo ben lieti di sbagliarci - le affermazioni di volontà e possibilità di rilancio, sembra preludere perlomeno ad un forte disimpegno nel settore dell'informatica, dei computer.
Settore in cui - lo ricordava in precedenza il Sindaco Maggia l'Olivetti rappresenta in Italia l'unica azienda rilevante; si tratterebbe quindi non solo di crisi produttiva di un'azienda, ma di un intero Paese in un settore importante e strategico per il nostro futuro. Da questo punto di vista, gli sforzi del passato non sono stati sufficienti a delineare una strategia industriale in questo campo.
Secondo punto fondamentale, riguardante in specifico il nostro territorio, è quello occupazionale. Molto è già stato detto dal Sindaco e dal Presidente della Regione: non è mai accettabile, e non lo è in particolare in un caso in cui il capitale di risorse umane è così importante e rilevante come nel caso Olivetti, che si disgiunga completamente, come finora è stato fatto, il problema dei lavoratori da quello del rilancio produttivo dell'azienda, quasi che a tale rilancio non dovessero essere messi in grado di partecipare i lavoratori - cooperando anche ai necessari sacrifici.
Dobbiamo, come istituzioni, chiedere all'Olivetti ed al sindacato la collaborazione ad uno sforzo di fantasia per individuare un percorso che consenta di mantenere e preservare questo capitale umano, risorsa per l'azienda e per il nostro territorio. In questo, non dimenticando il problema drammatico dell'occupazione in generale; il tasso elevatissimo di disoccupazione nel Canavese, che supera ormai l'8%, e che tenderebbe a superare il 10% visto il tasso di disoccupazione di giovani in cerca di prima occupazione, che non vedono prospettive per il proprio futuro.
E' problema generale del Paese avere una politica del lavoro che non distrugga il capitale di risorse umane, di lavoratori attualmente impiegati e di giovani spesso fortemente qualificati. Non dimentichiamo che un grosso sforzo di qualificazione è fatto dalle nostre istituzioni universitarie proprio per fornire le capacità umane per i settori avanzati, che poi finisce per immettere sul mercato giovani qualificati, che non trovano prospettive occupazionali.
La Provincia, come sapete, ha modeste competenze dirette in materia di lavoro e di politica industriale - come, per altro, purtroppo, la Regione.
Penso che quella di oggi debba essere un'occasione in più per ragionare sulla necessità che anche in campo di politica industriale si avvii un decentramento che consenta capacità operative assai più veloci, più dirette ed immediate, nonché più meditate sulle realtà territoriali. In modo indiretto, però, la Provincia di Torino ha avviato due realtà su cui credo occorrerà puntare, per creare le condizioni del rilancio e della diversificazione dell'economia di questo territorio. Una è il distretto tecnologico, che ha soprattutto il compito di favorire la nascita, la creazione ed il sostegno della nuova imprenditoria, dell'imprenditoria minore, di quella giovanile; l'altra è il parco delle biotecnologie risorsa di grande rilevanza per avviare un vero processo di diversificazione sui settori avanzati.
Il nostro è impegno forte in entrambi gli istituti; siamo pronti a fare la nostra parte, aumentando il nostro impegno, sia finanziario - sempre necessario e indispensabile - sia di lavoro, di collaborazione, di idee ed organizzativo, per contribuire alla ricerca di soluzioni con ulteriori iniziative che congiuntamente potremo definire - per esempio cogliendo l'occasione di questa discussione. Per parte nostra, siamo pronti ad uno sforzo straordinario, nei limiti estremi delle nostre capacità e possibilità, per creare occasioni di rilancio dell'economia di questo territorio. Grazie.



PRESIDENTE

Con l'intervento dell'Assessore regionale al lavoro Masaracchio termina la serie delle comunicazioni istituzionali.



MASARACCHIO Antonino, Assessore al lavoro

Seppur molto brevemente, una considerazione politica va comunque fatta: evitiamo di pensare che ciò che ci danno le monoculture del lavoro e della produzione debba essere il destino del Piemonte. Detto questo, ciò che riguarda la Olivetti non può essere problema soltanto piemontese n dell'intero territorio in Piemonte: è problema che riguarda le strategie non del Governo centrale, ma dello Stato. Mancano le strategie; dopodich in loro assenza, tutto quanto è imprenditoria può avere le venture e le avventure che poi registriamo in negativo.
La specificità del territorio in cui insiste Ivrea è tale che farebbe pensare - come io ho pensato, in occasione della conclusione del corso programmato nel distretto tecnologico - che questo territorio meriterebbe una più concreta e più ampia autonomia amministrativa.
E' vero, com'è già stato accennato, che le competenze degli Enti locali sono molto relative, ma questa manifestazione, questo Consiglio regionale storico fuori dalle mura, come ha detto il Presidente Picchioni, vuole significare che la Regione Piemonte la politica vuole farla, confrontandosi con tutto e con tutti, soprattutto con le competenze e con le responsabilità centrali. Ad Ivrea e nel suo territorio è possibile un grande sviluppo, pur mantenendo tutto ciò che è il substrato della cultura dell'industria e dell'Olivetti.
Sono state dette verità sull'occupazione e sulla disoccupazione, ma è anche vero che sarà compito della Regione Piemonte e del mio Assessorato (mio non come personale proprietà, ma come competenza specifica) intervenire per sollecitare gli entusiasmi, perché è anche vero che ad Ivrea dopo i cinquant'anni la vita diventa tranquilla, per cui, signor Sindaco, prevalgono quasi sempre, come altrove, il gusto e la capacità di attendere ai servizi.
Per non farla lunga, perché lo spazio deve essere concesso agli altri a coloro i quali devono dirci che cosa registrare, come giustamente ha detto il Presidente Ghigo, onde evitare l'equivoco di pensare che il problema che abbiamo di fronte consiste solo nella questione Olivetti, mi corre l'obbligo di leggere velocemente (per stare dentro i dieci minuti) alcuni dati statistici fornitimi dai dirigenti del mio Assessorato.
I dati sul mercato del lavoro nel Canavese, che - ricordiamo raggruppa le Circoscrizioni di Ivrea, Caluso e Cuorgné, per un totale di 115 Comuni e circa 187.000 abitanti, nei primi sei mesi del 1995 mantengono e consolidano un andamento moderatamente positivo, nell'ambito dell'andamento positivo generale della regione Piemonte, malgrado altri punti critici minaccino di far abbassare questo trend positivo che il Piemonte vanta nel contesto del nord Italia e in quello europeo. Comunque le recenti notizie sui nuovi esuberi annunciati in Olivetti produrranno un allentamento di tale clima positivo.
In ogni caso, nel primo semestre 1995 il mercato del lavoro locale appare in espansione rispetto al settembre 1994; aumenta di oltre il 50% la mole degli avviamenti netti al lavoro; resta sostanzialmente stabile (10.850) il numero di iscritti al collocamento e si presenta positivo di oltre 1.350 unità di saldo tra ingressi ed uscite dal mondo del lavoro; il numero di persone in mobilità - come ha ricordato la Presidente della Provincia, Bresso - è di circa 2.000, ovvero resta invariato, e la CIG (Cassa Integrazione Guadagni) registra un ulteriore arretramento rispetto al 1994.
Tutto ciò significa che il territorio ha capacità produttive e che bisogna trovare tutti i valori politici affinché tali capacità siano portate ad un grado di sviluppo compatibile, anche per l'assorbimento delle crisi che noi, forse, non riusciremo a controllare al 100%.
Nel dettaglio, si rileva che il numero di assunti nel semestre è ammontato a 4.218 unità, delle quali 2.169 ad Ivrea (+46% rispetto al 1994), 554 a Caluso (+80%) e 1.495 a Cuorgné (+61%).
Si pone in risalto che il 44% delle assunzioni ha riguardato la tipologia dei passaggi diretti; il 53,4% sono assunzioni nominative e poco più del 2% le richieste numeriche.
Il part-time e le assunzioni a tempo determinato (questi sono i valori dei cosiddetti minori ammortizzatori sociali), che ormai rappresentano oltre il 54% del totale degli avviamenti netti, sono cresciute del 60% e del 42% rispetto al semestre 1994.
La ripartizione per sesso degli avviati al lavoro vede prevalere - come sempre - la componente maschile (58,5%) rispetto alle donne, che in ogni caso tendono a migliorare la loro quota di assunzioni più che nel passato.
Qui la Commissione Pari Opportunità della Regione deve fare un passo politico in avanti per entrare nel vivo del mercato del lavoro, oltre la competenza di quelle problematiche culturali che rappresenta.
I passaggi diretti, voce sotto la quale si registrano i trasferimenti di personale da azienda ad azienda, non compresi negli avviamenti netti proprio perché non rappresentano nuova occupazione, sono più che raddoppiati (874 unità).
C'è da ritenere che la ripresa in atto abbia indotto molte persone, in particolare donne che in passato avevano rinunciato al lavoro a causa di quello che era stato definito "effetto scoraggiamento", a proporsi sul mercato del lavoro, a reiscriversi al collocamento per tentare di inserirsi nel mondo del lavoro, e di questo bisogna tenere conto. Il numero complessivo di iscritti assomma a 10.858, il 32,6% dei quali in cerca di prima occupazione...



CHIEZZI Giuseppe

Questa non è una passerella, Assessore!



MASARACCHIO Antonino, Assessore al lavoro

Io non sto facendo teatro, caro Consigliere; i teatri li faremo poi in Consiglio.
Mi spieghi perché per lei questa è una passerella. Sono dati utili, che riguardano il dibattito e possono anche essere interpretati!



(Commenti del Consigliere Chiezzi)



PRESIDENTE

Per cortesia, siamo tolleranti con tutti, anche un attimo con l'Assessore; poi daremo la parola a tutti...



MASARACCHIO Antonino, Assessore al lavoro

Ma io non ho bisogno delle tolleranze altrui...



PRESIDENTE

Abbia bisogno almeno della comprensione degli altri.



MASARACCHIO Antonino, Assessore al lavoro

Va bene.
Il numero complessivo degli iscritti assomma a 10.858, il 32,6% dei quali in cerca di prima occupazione: è il problema dei giovani, com'è stato accennato dalla Presidente della Provincia Bresso.
La distribuzione per singole aree circoscrizionali di questi iscritti vede Ivrea con 5.822 persone, Cuorgné con 3.641 ed infine Caluso con 1.396 iscritti (quindi con valori molto importanti).
Inoltre, per un approccio corretto alla lettura del dato sui disoccupati iscritti al collocamento, occorre considerare, anche tenendo conto dell'esplosione dei cosiddetti contratti di lavoro "atipici" (tempo determinato e part-time), che una parte di questi lavoratori avviati con tali tipi di contratto mantiene l'iscrizione nelle liste di collocamento risultando pertanto ai fini statistici conteggiati sia come avviati al lavoro che come iscritti nelle liste di disoccupazione. Nei primi sei mesi del 1995 sono 842 i soggetti in questa doppia posizione in ambito canavesano e rappresentano l'8% degli iscritti.
C'è poi il problema della cassa integrazione e delle liste di mobilità all'interno del quale si inserisce l'Olivetti con la sua richiesta della lista di mobilità lunga, molto diversa da quella corta. Visto che sto facendo passerella, faccio anche un po' di metodologia e di didattica...



(Ulteriori commenti del Consigliere Chiezzi)



MASARACCHIO Antonino, Assessore al lavoro

Eh, caro Chiezzi!



PRESIDENTE

Per favore, lasciamo questi teatrini alla nostra assemblea! Il dibattito a due è un distico!



MASARACCHIO Antonino, Assessore al lavoro

Ho capito, ma bisogna dare anche un po' di anima e un po' di corpo al dibattito.



PRESIDENTE

Ma qui è più corpo che anima: vada avanti.



MASARACCHIO Antonino, Assessore al lavoro

A voi la parola, nella speranza che la passerella sia finita qui.



PRESIDENTE

Monsignor Bettazzi, la sua parola è gradita ed auspicata.



BETTAZZI Luigi, Vescovo di Ivrea

Veramente io non ho titolo particolare per intervenire, se non in virt del suo gentile invito, forse motivato anche dagli ormai trent'anni di presenza in questa città, che mi permettono (come ho cercato di fare anche con il sit-in) di farmi portavoce della sensibilità della gente, quasi dando manforte al discorso così articolato e preciso del signor Sindaco.
La gente è molto preoccupata che per i giovani vengano a chiudersi delle possibilità di lavoro e soprattutto che padri e madri di famiglia corrano il rischio di non continuare il loro lavoro.
Si è parlato della vita dell'azienda e della funzione sociale della proprietà. Se questa ditta è diventata così importante è stato per la genialità degli iniziatori e dei dirigenti dell'azienda, ma soprattutto per la professionalità e la dedizione della gente, che noi sentiamo veramente come parte viva ed integrante di Ivrea.
E' molto significativo che la Regione sia venuta a sottolineare che si tratta di un problema comune, ma vorremmo che questo, come gli accenni che mi è capitato di fare raccogliendo le voci della gente sulle difficoltà che la ditta può aver incontrato sia da parte delle istituzioni pubbliche, come da parte di altri organismi, non diventasse un pretesto, quasi un paravento, per portare avanti un progetto che la gente ha l'impressione sia davvero un progetto di dismissioni, ma viceversa incoraggiasse chi ha le responsabilità della ditta a rivedere i propri piani. Come diceva la Presidente Bresso, ci vuole fantasia: in un ambito di tecnologia avanzata credo davvero che ci voglia una fantasia "avanzata" perché la ditta possa progredire a vantaggio di tutto il territorio. Questo è l'augurio che noi ci facciamo.



PRESIDENTE

Ha ora la parola Luciano Stabile, Presidente dell'Associazione Industriali del Canavese.



STABILE Luciano, Presidente Associazione Industriali del Canavese

Ringrazio ovviamente tutti anch'io.
Oggi ci troviamo di fronte ad un consesso straordinario, quale un Consiglio regionale aperto ad Ivrea, per parlare di un'azienda che tanto ha significato per il territorio e che, come credo, ancora tanto significherà.
Ma per parlare di un'azienda e di sviluppo non possiamo non pensare al mercato.
La competizione internazionale comporta una battaglia continua in termini di tecnologie, di prodotti, di processi, di organizzazione del lavoro e nonostante l'impresa risponda in efficienza e tempestività alle variazioni del mercato, la congiuntura interna ed internazionale il più delle volte pone condizioni di carattere straordinario, che prevaricano l'efficacia degli interventi delle imprese.
A ciò si somma la stranezza di questo Paese, tra i più progrediti del mondo per alcuni aspetti e tra i più deboli per altri.
Tali debolezze si manifestano in politica economico-industriale pressoché inesistente, nei limiti strutturali del debito pubblico e nella scarsa efficienza dei servizi pubblici.
Ma veniamo più vicini a noi. Stiamo attraversando un momento di grandi trasformazioni.
Il settore informatico nel mondo è in balìa di un'altalenante guerra dei prezzi; le maggiori imprese del settore sono compresse sotto la spinta di un mercato in continua evoluzione che produce grossi traumi di bilancio con conseguenze spesso drammatiche a livello occupazionale.
E' di questi giorni la notizia giunta dagli USA che la ATT si appresta a tagliare 10.000 posti di lavoro e ciò segue alla pesante ristrutturazione della IBM e di altri colossi multinazionali.
Quale risposta può dare il Canavese alla situazione dell'azienda più rappresentativa che certamente determina un coinvolgimento globale di tutto il territorio? E' una risposta forte e chiara che deve superare i confini della nostra terra.
Lo Stato e il Governo devono attuare una politica industriale seria ed efficace, che consideri il settore dell'informatica e delle telecomunicazioni tra quelli strategici per il nostro Paese a tutti i livelli, per la grande, media e piccola azienda; pena la colonizzazione da parte di forti concentrazioni in settori che hanno grossi sbocchi commerciali e grande importanza nella gestione dell'informazione.
Ma non basta, dobbiamo renderci conto che lo Stato non è l'impresa l'impresa si crea e si sviluppa perché sussistono le condizioni per esistere e la sua esistenza è fortemente condizionata dall'ambiente in cui opera.
Lo Stato, l'Amministrazione pubblica e quindi la Regione devono creare le condizioni perché l'impresa sia oggetto di sviluppo sociale, quindi operi in ambiente strutturalmente favorevole, che determini risposte immediate in termini di opportunità di sviluppo e di servizi efficienti che aumentino la competitività dell'impresa, non la limitino.
L'Associazione Industriali del Canavese si è sempre posta l'obiettivo di promuovere iniziative atte a porre le basi per lo sviluppo ed il rilancio dell'economia di quest'area.
Non essendo essa un ente strumentale, ma un'associazione di categoria ha come fini istituzionali di proporre soluzioni, sviluppare progetti fornire indirizzi a coloro che istituzionalmente si devono occupare di politica del territorio e più in generale sviluppare e creare le condizioni che siano in grado di supportare la comunità civile e per comunità civile intendo il cittadino nelle sue varie aggregazioni, quindi anche l'impresa.
Un'impresa che ha come fine statutario creare utile, che vuole dire creare sviluppo, creare occupazione, creare prospettive per i nostri figli, per il futuro del nostro Canavese.
Abbiamo dato alcuni spunti a tale riguardo, che stiamo concretizzando con l'aiuto proprio della Regione Piemonte, a cui chiediamo un ulteriore impegno nel proseguire su tale direzione.
Il Canavese deve porsi in modo inequivocabile sulla via del potenziamento e del continuo miglioramento dei settori tradizionali e dello sviluppo di attività alternative alla sua cultura industriale.
Consolidare cioè le capacità manifatturiere esistenti delle produzioni elettroniche ed informatiche per non perdere il bagaglio tecnico scientifico accumulato, di grande valore sia nella grande che nella piccola azienda.
Un altro settore, quello della meccanica (indotto automobile) sta attraversando un momento favorevole, ma è compresso tra gli alti costi energetici e quello delle materie prime.
E' indispensabile, da parte della Regione Piemonte, il riconoscimento del Canavese quale area di forte interesse regionale; quindi istituire un rapporto privilegiato e diretto con le istituzioni locali che dello sviluppo di quest'area ne hanno fatto un obiettivo prioritario: l'Associazione Industriali il Consorzio per il Distretto Tecnologico del Canavese il Parco scientifico bioindustriale l'Ente sviluppo ceramica di Castellamonte.
Ciascuna di queste realtà per la missione a cui è destinata interviene a dare il proprio apporto all'interlocutore regionale, al fine di concretizzare gli obiettivi prefissi: il Distretto tecnologico che opera nel campo delle infrastrutture territoriali; nel sostegno alle imprese e nella creazione di nuova imprenditorialità; nei servizi al cittadino ed alla Pubblica Amministrazione, nella formazione il Parco delle biotecnologie è la punta di diamante di un processo di diversificazione produttiva dell'area e può fornire a medio termine un positivo sbocco ai giovani che intraprendono studi ad indirizzo scientifico il settore della ceramica nel Castellamontese può essere rivitalizzato con nuove opportunità di investimento, con positive ricadute occupazionali sia per il settore manifatturiero e artigianato locale, sia per le attività artistiche e turistiche collegate.
La verifica delle priorità di dette iniziative può essere subito realizzata al fine di stabilire un costruttivo rapporto tra gli enti e le istituzioni che vogliono rilanciare lo sviluppo del Canavese, della Provincia di Torino e della Regione Piemonte.



PRESIDENTE

Dò ora la parola ad uno degli interlocutori più interessanti, il dottor Arona, Responsabile della Direzione alle Relazioni industriali dell'Olivetti.



ARONA Giorgio, Responsabile Direzione Relazioni industriali Olivetti

Ringrazio le istituzioni per l'opportunità che mi è offerta di esporre la posizione e le ragioni dell'azienda. Lo farò con l'orgoglio di appartenenza ad un'azienda che sa di essere fortemente radicata in questo territorio, consapevole essa, e chi ci lavora, che rappresenta un patrimonio - prima ancora che di intelligenza, tecnologia e competenza - di civiltà, di rapporti in una tradizione mai dismessa e che oggi con forza vogliamo riconfermare: rispetto per le persone, tolleranza, dialogo ricerca del consenso, trasparenza delle scelte e dei comportamenti.
Nei mesi di luglio ed agosto abbiamo lavorato alla messa a punto di un piano industriale di cui fornirò i necessari elementi di conoscenza. E' un piano industriale che abbiamo predisposto per accelerare la mutazione dell'azienda e lo sviluppo della stessa nel nuovo scenario competitivo.
Il nostro impegno è il passaggio della Olivetti nostra azienda da azienda di sistemi e servizi di informatica ad azienda che opera nelle nuove aree di convergenza dell'informatica con le telecomunicazioni e la multimedialità. Questa capacità di mutazione, questa capacità di Olivetti è parte fondamentale del DNA aziendale. E' parte fondamentale della qualità di questo management ed è la chiave che ha consentito all'azienda di sopravvivere, rispetto a tutti i concorrenti che non ce l'hanno fatta, e che le consentirà di affrontare ancora una volta con successo questa difficile, nuova, grande fase di mutazione.
L'industria informatica nel mondo ha subìto e sta subendo trasformazioni di un ordine quale nessun altro settore industriale ha mai affrontato. Non richiamerò in dettaglio ciò che è accaduto, e che è ben noto agli amici del sindacato qui presenti, con i quali abbiamo dedicato tanti giorni e tante notti a confrontarci e discutere. Tralascerò di ricordare le vicende, ripetutesi nel tempo, che hanno riguardato i grandi competitori mondiali, IBM, DEC e, in Europa, Bull, Siemens Nixdorf, ma non posso omettere di richiamare la vicenda più recente, apparsa sui giornali degli ultimi giorni, ancora commentata nella prima pagina dell'edizione europea del Wall Street Journal di questa mattina: la vicenda del settore informatico della American TelTel. Sto parlando della ATT, un'azienda che ha spalle finanziarie e tecnologiche assolutamente non comparabili con le nostre.
Ebbene, ATT ha annunciato interventi che comportano la contrazione del 20% degli occupati nel settore informatico. E dal 1991 ad oggi in quel settore il numero degli occupati è stato dimezzato.
Nel commentare il nostro piano industriale, vorrei dire subito che cosa questo piano non è: non è una nuova ristrutturazione, questo piano è il completamento e l'accelerazione di programmi che erano già in atto da un triennio, con l'obiettivo di raggiungere nel 1996 la necessaria redditività. Non è una diversificazione dell'azienda verso le telecomunicazioni con l'abbandono dell'attività nell'informatica. Il nostro piano, al contrario, prevede la conferma e l'accelerazione dell'impegno nel settore del personal computer e nel settore dei prodotti per ufficio con la creazione di due società specializzate. E la conferma della presenza nel settore del personal computer è una decisione coraggiosa, approvata non da molti; molte voci si sono alzate per dissuaderci, ma noi abbiamo deciso di confermare la permanenza in questo settore, decisivo per la nostra presenza industriale in particolare in questa terra.
Olivetti intende rafforzare la sua competitività nei settori tradizionali attraverso un'azione di rifocalizzazione e lo sviluppo di strutture completamente dedicate; in parallelo effettueremo importanti investimenti nelle aree più innovative delle telecomunicazioni e della convergenza tra informatica e telecomunicazioni stesse.
Il nostro è un piano industriale, non è un piano finanziario di salvataggio, è un'operazione di mercato. Abbiamo chiari gli obiettivi industriali per consentire a questo Paese di mantenere e rafforzare la forse unica grande realtà tecnologica industriale operante nelle aree di mercato che danno le maggiori opportunità di sviluppo per il prossimo decennio.
Attraverso il piano noi intendiamo completare il ridisegno dell'azienda in cinque società e divisioni focalizzate sui settori in cui Olivetti intende operare e rafforzare o acquisire posizioni di leadership.
Le cinque aree sono: una società, che si chiamerà Olivetti Lexicon dedicata ai prodotti per ufficio: stampanti, fax, riprografia, scrittura, calcolo, accessori una società, Olivetti Personal Computer, dedicata ai personal computer: Notebook, Desktop, Server una terza struttura, costituita dalla Divisione Sistemi Servizi dedicata ai sistemi, alle soluzioni sistemistiche per mercati verticali Finanza, Pubblica Amministrazione, distribuzione e ai servizi di manutenzione, servizi professionali e di outsourcing una società, Olivetti Telemedia, dedicata alle reti e servizi di telecomunicazione. Sottolineo in particolare l'impegno di Infostrada e Videostrada e quello nei prodotti e sistemi per telecomunicazione e nell'editoria multimediale infine una società, Omnitel Pronto Italia, quale secondo gestore di telefonia mobile digitale Gsm in Italia.
Il piano, come è stato annunciato, prevede una riduzione degli organici di 5.000 unità a livello mondiale. Va precisato che queste unità sono in assoluta maggioranza costituite da persone che non operano nelle attività di produzione industriale diretta. Si tratta di strutture, di colletti bianchi, di impiegati, quadri e dirigenti.
Si è parlato della necessità del ritorno a livelli di redditività richiesti dal mercato. Vorrei comunque ricordare che il 70% del fatturato attuale di Olivetti è costituito da attività che sono già state riportate ad un risultato economico positivo.
Il quadro di riferimento del mercato internazionale, dopo una lunga parentesi recessiva, appare oggi caratterizzato da una nuova prospettiva di forte accelerazione, sotto la spinta del processo di liberalizzazione delle telecomunicazioni e della nuova domanda che nasce dalla convergenza tra informatica, telecomunicazioni e media, in particolare per quanto riguarda lo sviluppo di un mercato di massa costituito dalla domanda di consumo individuale e domestico.
E' in questa prospettiva che abbiamo deciso di anticipare tutte le scadenze precedentemente previste, per accelerare il completamento del piano di rilancio commerciale ed economico delle attività tradizionali e le iniziative in atto per fare dell'Olivetti un'azienda leader nelle tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
Ciò che conta per noi - e che pensiamo debba contare anche per il Paese nel suo insieme - è l'impegno di rafforzare l'unica realtà tecnologica italiana di dimensione internazionale, una realtà considerata a livello internazionale tra le pochissime aziende in grado di svolgere un ruolo rilevante nel nuovo scenario della convergenza di informatica telecomunicazioni e multimedialità. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Segretario nazionale della FIM-CISL, Ambrogio Brenna.



BRENNA Ambrogio, Segretario nazionale FIM-CISL

Vi ringrazio per l'invito.
Mi pare che si colga appieno la straordinarietà di questa iniziativa colta del resto anche da tutti i lavoratori che si sono mobilitati e che sono venuti qui, fuori e dentro questa sala.
La cronistoria fatta dal Sindaco di Ivrea mi esime dal ripercorrere le tappe del processo di trasformazione dell'Olivetti e anche dal ricordare il prezzo pagato per tale trasformazione, prezzo che è ben stampato nella memoria di chi ha subìto questo processo, soprattutto di chi nella propria condizione di lavoratore trovava molti elementi per definire la propria identità. Il fatto di essere stato privato di un rapporto di lavoro è rimasto impresso nella memoria dei singoli e nella memoria collettiva.
Per questo dirò subito che consideriamo inaccettabili i 5.000 licenziamenti, perché vi è un'insopportabilità sociale in questo vincolo.
Noi sosteniamo - e lo sostengono anche molti osservatori delle modalità dei processi di trasformazione dell'industria informatica, ma non soltanto che il mito dell'efficienza non può essere spinto fino all'immoralità.
Qui si considerano i lavoratori come una zavorra, e questo è inaccettabile, così com'è inaccettabile che si taglino posti di lavoro, in virtù del fatto che è difficile tagliare costi, soprattutto quelli generati dalla galassia delle società partecipate e controllate dalla Olivetti dalle duplicazioni e dalle inefficienze che si generano all'interno del sistema.
Consideriamo inaccettabile la dispersione di un patrimonio professionale ed umano come quello rappresentato oggi dai lavoratori della Olivetti. Certamente Olivetti è della proprietà e del management, ma Olivetti è anche patrimonio della comunità e della collettività.
Quindi, disperdere un patrimonio professionale ed umano, come quello rappresentato da 5.000 lavoratori è sbagliato, è una condizione che pu precludere la possibilità di un rilancio nel momento in cui la sfida alla globalizzazione pone all'Olivetti, come ai suoi competitori, le condizioni per crescere.
Non riusciamo a comprendere perché i competitori di Olivetti crescono proprio laddove Olivetti rischia di diventare piccola.
Consideriamo quindi i licenziamenti come un impedimento alla ripresa, e vogliamo discutere con l'Olivetti soprattutto in termini di consolidamento e di rilancio.
Non riusciamo a capire perché, in realtà, Olivetti sia rinunciataria; e non appaia questa una provocazione. Olivetti è rinunciataria perch rinuncia a diventare grande, rinuncia ad accettare fino in fondo la sfida della globalizzazione. Certo, si divisionalizza, c'è la divisione o società Personal Computer, c'è la divisione o società Prodotti per ufficio, c'è la divisione o società Sistemi, c'è Olivetti Telemedia, c'è Olivetti Pronto Italia e quant'altro, ma pensiamo che Olivetti può farcela se si considera un tutt'uno inscindibile.
Al suo interno vi sono "vacche da mungere", vi sono settori che cresceranno, vi sono "cani". Nella definizione aziendale i Personal Computer oggi sono considerati alla stregua dei "cani". Però, dato che Olivetti non può fare a meno di avere Personal Computer per sviluppare la sua offerta, consideriamo inaccettabile che si passi in questa divisione da 4.500 a 2.700 addetti - se così ci verrà confermato.
Olivetti è manifattura, è informatica, è telecomunicazione, è multimediale: è un tutt'uno inscindibile. In questo scenario, tagliare posti di lavori per ridurre i costi non risolve alcuno dei problemi dell'Olivetti. Forse riduce un po' i costi, ma tutti i piani che abbiamo discusso in questi anni riguardo Olivetti avevano questo obiettivo: esondando lavoratori si sarebbe raggiunto il pareggio, e l'anno successivo l'azienda sarebbe tornata a distribuire utili. Questa era la sostanza di tutti i piani che reiteratamente ci venivano presentati.
Ci è stato spiegato che il modello buono era quello della holding, poi che si divisionalizzava; e tutte le volte, con la stessa forza e la stessa determinazione (non mettiamo in dubbio la forza e la convinzione di chi ci esponeva queste cose!), per ogni modello è stato presentato il suo contrario, dicendo che era quello buono.
Noi siamo stati un partner leale di questa azienda. Oggi diciamo che 5.000 licenziamenti sono socialmente inaccettabili. Olivetti è un patrimonio nazionale, è l'unica azienda italiana di informatica di dimensione europea.
Ringraziamo il Ministro del Lavoro per il suo interessamento, e il senatore Giugni, che con la sua presenza in sala mi ricorda una passata situazione analoga.
Ovviamente non intendiamo l'intervento del Ministro del Lavoro come una diminutio rispetto alla questione che oggi sta attanagliando l'industria informatica e l'Olivetti. Però pensiamo che debba intervenire il Governo, e che questi debba dire cosa considera strategico per il Paese.
Voglio rischiare l'eresia. Credo che non vi sia ormai dubbio, anche nell'ultima e sperduta nicchia nel sindacato, che lo Stato debba arretrare da una funzione di gestione ad una funzione di indirizzo. Perciò pensiamo che sia utile che il Governo dica oggi che cos'è strategico per il Paese.
In Francia si spendono 4 mila miliardi per il salvataggio della Bull, e certo nessuno si sogna di dire che Chirac è protezionista o assistenzialista. In Francia si considera giustamente strategico l'acciaio mentre in Italia lo si cede ai privati. In Italia si privatizza l'acciaio si smantella la struttura produttiva della difesa - e i lavoratori dell'Alenia sono il sintomo dolorosissimo ed evidente di questa decisione e l'informatica va a... cuccia! Noi chiediamo scelte precise di politica industriale per l'industria informatica che si affaccia alla sfida della globalizzazione e all'intreccio insostituibile tra informatica telecomunicazioni e multimediale. Pensiamo, però, che tutto questo debba essere ricondotto ad uno schema di intervento molto preciso. Nel momento in cui chiediamo che il Governo dica cos'è strategico per il Paese, così come lo chiedono tutti i lavoratori, noi chiediamo a Olivetti di ritirare la sua pregiudiziale.
Vedete, Olivetti dice che vuole discutere con il sindacato, ma il ticket che dovremmo pagare per "vedere" il piano industriale dell'azienda sono 5.000 licenziamenti.
Olivetti dice che vuole discutere sul posizionamento strategico dei business, dalla società o divisione Sistemi, alla società o divisione Personal Computer, alla società o divisione Prodotti per ufficio (per fortuna pensiamo di non dover discutere di eccedenze in Telemedia e in Omnitel); dice che è disposto a fare tutte le discussioni con noi, ma qualsiasi conclusione, qualsiasi determinazione noi vorremo assumere, un dato è comunque immodificabile: i 5.000 licenziamenti comunicati alla stampa dal Presidente della società, 5.000 licenziamenti, che pare siano una delle condizioni per accedere al credito bancario.
Se questa è la condizione - al di là delle inusuali ed inaccettabili modalità di comunicazione, non contemplate in nessun manuale del buon negoziatore - noi diciamo subito che l'occupazione non può essere considerata la zavorra.
Rubo un'immagine ad un mio caro amico, che mi pare un'immagine felice: se Olivetti è una barca, e se a bordo c'è una grossa falla, il modo migliore per andare avanti non è quello di buttare in mare l'equipaggio! Penso, quindi, che si possano adottare molte soluzioni. In un Paese modernissimo, locomotiva dell'economia mondiale quale la Germania, alla Wolkswagen, considerando i lavoratori parte del patrimonio insostituibile di quell'azienda e di quel Paese, si è decisa una politica che trattiene tutti i lavoratori in fabbrica, dividendo il lavoro che c'è fra tutti gli occupati di Wolkswagen. E' pauperismo? E modernità consiste nell'espellere 5.000 lavoratori? In questo dualismo c'è tutta l'irriducibilità dei lavoratori dell'Olivetti e del sindacato.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Segretario responsabile UIL del Canavese, Gianni Marchetti.



MARCHETTI Gianni, Segretario responsabile UIL del Canavese

Mi corre l'obbligo innanzitutto di ringraziare il Presidente del Consiglio regionale, onorevole Picchioni, per l'occasione di discussione che ci è stata data oggi. Credo che le sue parole abbiano sottolineato l'urgenza e la drammaticità della situazione; è significativo che per la prima volta il Consiglio regionale si tenga al di fuori delle mura storiche della Regione stessa.
Per brevità non ripeto alcune considerazioni che sono già state fatte dai miei colleghi. In particolare oggi ci troviamo di fronte, così come ha esposto da questo microfono il dottor Arona, ad una nuova ristrutturazione che ha un impatto traumatico sul versante occupazionale. Sono 5.000 posti di lavoro, ancorché siano distribuiti nel mondo, in meno. Quindi faccio mie le considerazioni appena fatte da Ambrogio Brenna. Il messaggio che possiamo e vogliamo dare in questa sede come sindacato è il seguente: questo sindacato non si è mai tirato indietro, in tutti questi anni, di fronte alle necessità di accompagnare un continuo processo di riorganizzazione della Olivetti, nel senso che abbiamo maturato pienamente la consapevolezza che il mercato dell'informatica richiede un approccio dinamico. Ogni anno bisogna rimettersi in discussione, bisogna ridiscutere riaggiornare le proprie strutture in funzione del mercato.
Credo che nemmeno in questa occasione noi rinunceremo a fare la nostra parte, lo abbiamo già dichiarato in quelle poche occasioni di incontro che abbiamo avuto; il sindacato, al di là del non accettare in modo fermo e netto i 5.000 licenziamenti, non si tirerà indietro nel momento in cui l'azienda dichiarerà la propria disponibilità a studiare forme di riduzione dei costi, se il problema è la riduzione dei costi, che siano alternativi rispetto alla riduzione di quello che noi consideriamo ormai un patrimonio di conoscenze professionali da salvaguardare, un patrimonio umano che ha raggiunto livelli minimi e sotto i quali secondo noi non è possibile andare.
Questo è il messaggio che voglio lanciare in questa sede: il sindacato è disponibile ad affrontare la questione con l'azienda, con il Governo concordo anch'io sul fatto che in questo momento più che dell'intervento del Ministero del Lavoro abbiamo bisogno dell'intervento ai massimi vertici governativi del Presidente del Consiglio, del Ministero dell'Industria anche se è una questione sulla quale il sindacato per molti anni ha insistito, portando a casa risultati scarsamente apprezzabili per non dire inesistenti.
Tante volte infatti abbiamo avuto l'occasione di discussioni anche pubbliche, tante volte abbiamo sentito dire che la politica industriale in questo Paese manca, tante volte abbiamo sentito dire che l'industria informatica è essenziale per il futuro di questo Paese. Io credo che questa sia l'ultima occasione - perché sono convinto che Olivetti, a differenza del passato, difficilmente avrà ulteriori prove d'appello - per costruire in Italia un'industria informatica e soprattutto un'industria che si sta sviluppando sulle nuove tecnologie, sull'intreccio tra informatica di tipo tradizionale e le telecomunicazioni e le multimedialità.
Il Presidente della Giunta regionale, on. Ghigo, chiedeva alle parti di dare delle indicazioni; io credo che oggi non siamo in grado di fare altro che fornire le indicazioni rispetto alle diverse ricette per risolvere la crisi, ma allo stesso tempo noi chiediamo alle istituzioni regionali una cosa precisa, e cioè che sulla questione della politica industriale, sulla questione dell'Olivetti come azienda strategica a livello nazionale, non si sviluppi una battaglia politica. Ritengo cioè che l'interesse generale dovrebbe venire prima della discussione se l'ing. De Benedetti è o non è più vicino o più lontano rispetto a quella che è una parte politica piuttosto che un'altra. Credo che questa funzione di garanzia debba essere una delle prime funzioni che il Consiglio regionale e la Giunta regionale insieme alle Organizzazioni sindacali, potrà fare nella discussione che si aprirà rispetto alla politica industriale e alla necessità di sostenere con questi strumenti un'azienda come l'Olivetti. Il timore è che invece dietro a questo si accendano discussioni politiche che poi alla fine rischiano di vanificare tutti gli sforzi che facciamo in questa direzione. Come responsabile territoriale della mia organizzazione debbo anche dire a questo microfono e in questa sede che il problema, anche se Olivetti è eclatante, sicuramente per il Canavese non è solo Olivetti. Condivido in tutto e per tutto le preoccupazioni sul futuro del Canavese ribadite dal Sindaco di Ivrea, prof. Maggia, a questi microfoni.
Riprendendo un passaggio dell'intervento del Sindaco, voglio dire che come sindacato non abbiamo la possibilità di discutere quale debba essere il management che guida un'azienda, in quanto non fa parte delle nostre prerogative. Tuttavia, credo che l'Olivetti, e in particolare l'ing. De Benedetti, si debba porre anche il problema di un rinnovamento, di un segnale di credibilità.
Noi sosteniamo che per rilanciare l'azienda in questa fase estremamente delicata e complessa è necessario che vi siano dei segnali di novità anche a livello di conduzione manageriale. Per l'Olivetti, sarà l'ing. De Benedetti a dover decidere se ciò è una strada praticabile, se ciò è utile se ciò è opportuno; comunque decida, noi daremo la nostra valutazione indipendentemente dai contenuti negoziali che la stessa può avere.
Tornando al Canavese, sono presenti situazioni di crisi di tante altre piccole aziende, le quali non compariranno mai sui giornali e che purtroppo, non avranno mai la rilevanza che la stampa sta dedicando in questo momento all'Olivetti. Ad esempio, la Giunta regionale si è occupata e si sta occupando in questa settimana del problema dell'Elcat; a Caluso la Bull si trova ancora in una situazione di incertezza rispetto al piano generale di ristrutturazione circa la sua presenza in Italia. Ripeto, oltre all'Olivetti, in questo momento ci sono tantissime altre aziende in difficoltà, in particolare quelle che operano nell'indotto dell'informatica.
Negli interventi precedenti è stato ricordato il Distretto tecnologico.
Fin dal primo momento il sindacato territoriale (CGIL-CISL-UIL del Canavese) ha aderito pienamente, sia pur non partecipandovi direttamente per scarse disponibilità economiche, al consorzio che ha dato il "la" a questa iniziativa.
C'è un problema: questa iniziativa, insieme a quella altrettanto importante del parco delle biotecnologie, com'è stato detto anche qui dal Presidente dell'Associazione industriali canavesani, è un'iniziativa sul medio termine. Noi, invece, abbiamo bisogno di un'iniziativa nel breve termine, perché noi abbiamo bisogno oggi di ulteriori posti di lavoro, di nuove imprenditorialità.
Credo che tutti quanti insieme (Organizzazioni sindacali, Regione Provincia) si debba compiere uno sforzo di fantasia per individuare quegli strumenti di politica attiva del mercato del lavoro in grado di favorire lo sviluppo dell'occupazione, malgrado qui - purtroppo - non ci siano le dinamiche positive di crescita occupazionale presenti in altre zone d'Italia, dove non si riesce a trovare mano d'opera.
Credo, ad esempio, che l'utilizzo dell'Agenzia regionale per l'impiego possa diventare uno strumento dinamico di incrocio tra domanda ed offerta e che per l'individuazione di un bacino quale il Canavese come area sperimentale attraverso la quale finalizzare iniziative di rilancio industriale sia assolutamente indispensabile. In caso contrario, il rischio è che ci si concentri sulla questione principale, sulla Olivetti, perdendo per strada gli altri problemi; problemi altrettanto importanti e drammatici, a partire dai lavoratori di quelle piccole aziende che rischiano di perdere il posto di lavoro domani mattina e che probabilmente non riceveranno né l'attenzione né gli strumenti né quant'altro in questo momento gli organi ministeriali e lo stesso Ministero del Lavoro stanno studiando e discutendo per risolvere i problemi dell'Olivetti.



PRESIDENTE

La parola a Pietro Marcenaro, Segretario generale CGIL del Piemonte.



MARCENARO Pietro, Segretario generale CGIL Piemonte

Ringrazio l'on. Picchioni, Presidente del Consiglio regionale, e l'on.
Ghigo, Presidente della Giunta regionale, per questa iniziativa che è ancora più importante per la sua tempestività.
Personalmente sono rimasto colpito dalla sicurezza con la quale il dottor Arona ha parlato; sembrava non colui che rappresentava un'azienda carica di problemi e di difficoltà, ma un presuntuoso vincitore. Io temo questo atteggiamento perché è una storia, questa, che si ripete.
Voglio leggervi alcune righe: "Il gruppo Olivetti archivia l'anno più difficile nella storia dell'industria informatica mondiale con un risultato operativo in rosso per 28 miliardi e una perdita netta di 460 miliardi relativi all'esercizio in corso e punta a conseguire il pareggio già a partire dal 1992 grazie alla drastica opera di ristrutturazione avviata nel 1990, accelerata nello scorso anno e tuttora in corso". Questo è tratto da Il Sole 24 Ore del 1992.
Questa storia si è ripetuta nel corso degli anni con una serie di vicende, di impegni, di rassicurazioni, giungendo all'attuale risultato di una crisi che ha le caratteristiche che tutti, tranne il gruppo dirigente dell'Olivetti che in questa occasione rappresenta l'azienda, sembrano riconoscere.
Io non ho molto da aggiungere a quello che Ambrogio Brenna ha detto illustrando la posizione unitaria dei sindacati dei metalmeccanici. Mi pare che la posizione dei metalmeccanici, che le Confederazioni condividono senza alcuna riserva, si articoli essenzialmente su due questioni.
La prima è una richiesta di discussione effettiva di piano industriale di retrospettiva per l'azienda, che a noi pare oggi compromessa dalle scelte che vengono adottate. La richiesta è che ci sia su questo punto un impegno e un intervento pubblico. Naturalmente concordo con quanto Brenna diceva, e cioè che è giusto ringraziare il Ministro del Lavoro per il suo intervento, ma è altro quello che oggi serve: un intervento che riguardi le prospettive di questa azienda, coinvolgendo il Governo in quanto attore di politica pubblica e responsabile di decisioni strategiche.
La seconda questione, naturalmente per noi altrettanto essenziale riguarda la questione del lavoro e dell'occupazione. Mi pare che la posizione del sindacato sia assolutamente chiara: noi non intendiamo e non siamo in condizioni di accedere ad un accordo che abbia come posta la riduzione ulteriore dei posti di lavoro. Noi diciamo che, una volta discussa una prospettiva di piano industriale, siamo disposti ad affrontare la questione del lavoro e la questione dei costi con strumenti radicalmente alternativi, a partire - ricordava Brenna - da forme di redistribuzione dell'orario di lavoro, da esperienze come quelle che in altre aziende e in altre situazioni sono state compiute. Questo costituisce per noi una ragione essenziale, che ha delle motivazioni di fondo; queste motivazioni di fondo ci richiamano al rapporto tra la situazione Olivetti e il quadro più generale della regione.
Per molti anni nella nostra regione c'è stata una discussione che ha riguardato molti di noi e che trattava di una crisi profonda, di una crisi strutturale, di un destino incerto per il Piemonte, per la sua storia e per la sua struttura industriale. A volte sembra che la ripresa congiunturale abbia annebbiato la vista a molte persone; la questione dell'Olivetti drammaticamente ci richiama a questo grande problema, come peraltro già la questione dell'Alenia. Noi siamo in presenza, da un lato, dell'Alenia e dall'altro, dell'Olivetti; della messa in discussione di due aziende, di due esperienze industriali che, come tutti sanno, rappresentano poli elevati di alta tecnologia per il loro livello di innovazione e per la qualificazione dei lavoratori che occupavano e che occupano.
Su queste due aziende si gioca non solo una partita che ha un valore per i territori direttamente interessati e per il Paese (e nel caso dell'Olivetti questo è assolutamente evidente), ma si gioca una partita che, per quanto riguarda la nostra regione, potrebbe compromettere radicalmente un assetto, un patrimonio industriale fondamentale.
Se noi cerchiamo di guardare razionalmente la situazione, vediamo con sufficiente chiarezza un quadro che ci proietta nel momento in cui inevitabilmente ci troveremo di fronte ad una modifica della congiuntura ad un'oscillazione nei cicli dei mercati internazionali, com'è naturale che sia e come è sempre capitato.
In Piemonte probabilmente ci troveremo a dover affrontare una situazione peggiore di quella vissuta negli ultimi anni; per questo oggi si pone un problema di fondo, che riguarda l'insieme della regione e che parte dalla difesa dell'Alenia e dell'Olivetti, dalla capacità di affrontare questo problema con i giusti interlocutori, a partire dal Governo che, in particolare sulla questione dell'Alenia, ha una responsabilità nella formulazione delle politiche: non esiste al mondo, come è noto, la possibilità di essere attivi in questi settori senza politiche pubbliche che orientino delle scelte produttive. Ma oltre questo noi abbiamo un problema di aprire una questione che si chiama "alta tecnologia e Piemonte". Io sono tra coloro, come credo tutti i presenti, che sperano che la presentazione dei nuovi prodotti della FIAT porti ad un successo di questa azienda, ma noi non possiamo affidarci solo a questo. Non possiamo pensare che questa sia l'unica dimensione produttiva, l'unica prospettiva alla quale è affidata una parte consistente della nostra regione. Certo sappiamo che il territorio regionale è molto diversificato (il Biellese e il Cuneese non sono Torino), ma se noi dovessimo constatare che Ivrea tra qualche mese viene classificata area a declino industriale come già sono altre aree importanti del Piemonte e che un gruppo come l'Alenia scompare sostanzialmente dall'essere un centro produttivo di questo rilievo, noi avremmo subìto un'operazione che compromette delle prospettive per l'insieme dell'economia piemontese. Per questo c'è il problema sulla questione dell'alta tecnologia in Piemonte (le tecnologie altamente qualificate) oltre ad un problema che riguarda un confronto che avviene sull'Olivetti e che è giusto che sia aperto con l'Olivetti per quanto riguarda il Piemonte. Noi sentiamo la necessità che si uniscano le forze per aprire un confronto politico con il Governo, in cui ci siano Alenia Olivetti e la questione più generale della struttura industriale piemontese, perché si tratta di un campo nel quale le scelte, le politiche pubbliche, anche di fronte al panorama delle politiche di privatizzazione che sono annunciate, hanno un grande rilievo.
Concludo il mio intervento facendo quest'ultima considerazione.
Noi abbiamo visto nel corso di questi anni (l'Olivetti ne è stata un esempio, ma non è stata l'unica) prevalere l'idea che l'unica competitività possibile sia quella che si fonda in qualche misura su una riduzione dei costi che pesa sostanzialmente sul lavoro. Molto spesso ci siamo accorti alla fine di queste operazioni che non solo si apriva quella questione morale di cui Brenna parlava, ma che la stessa competitività dell'impresa alla fine, ne risultava compromessa.
Noi sosteniamo oggi che nella nostra scelta di difesa del lavoro all'Olivetti non c'è semplicemente una scelta obbligata di un sindacato che comunque deve fare questo mestiere, ma anche la convinzione che oggi una politica di valorizzazione del lavoro, di difesa delle risorse, sia alla fine lo strumento fondamentale anche per modelli competitivi che non necessariamente devono portarci a confrontarci con i Paesi più arretrati ma anche con il resto dei Paesi avanzati dell'Europa e del mondo.



PRESIDENTE

Comunico che hanno inviato la loro partecipazione gli onorevoli Magda Negri, Fogliato, Martinat e Beinetto, il dottor Pichetto, Presidente della Camera di Commercio di Torino, e il senatore Delfino.
Ha ora la parola il senatore Bruno Matteja.



MATTEJA Bruno, senatore Gruppo Misto

Ringrazio anch'io la Regione Piemonte per questa seduta ad Ivrea che sta vivendo un momento particolarmente pesante.
Articolerò il mio breve intervento su due punti: svolgendo in primo luogo alcune considerazioni e poi sul cosa possiamo fare.
La situazione Olivetti era ed è una situazione annunciata da mesi. Il mio primo stupore è che per mesi nessuno o quasi nessuno ne abbia parlato dopodiché alcuni giorni prima di questa ennesima crisi qualcuno si è fatto sentire.
Ho ascoltato con attenzione la relazione del dottor Arona che purtroppo mi stupisce moltissimo perché è una delle tante relazioni che parla di un piano industriale, ma non ho sentito parlare di risanamento e di rimettere in piedi, riattivare quelle maestranze che invece si pensa di lasciare.
L'altra osservazione che voglio fare è la seguente: a mio avviso c'è un'assenza ingiustificabile. Noi parliamo di una zona che purtroppo - non c'è nulla da fare - è in smantellamento e manca l'ing. Carlo De Benedetti! Io posso capire che questo signore abbia sbagliato politiche industriali ma non posso accettare che non venga qui a parlare direttamente di cosa ha in mente! Io questo personalmente non lo posso giustificare! Questo è un altro segnale molto pesante.
Un'altra osservazione è sempre riferita alla poca attenzione che in troppi, mi ci metto anch'io, anche se sono particolarmente coinvolto in quanto ho vissuto in questa azienda come molti di voi una ventina d'anni credo di essere uno dei pochi parlamentari della zona che è stato dipendente, per cui lo sento in modo particolare: per me, come per tanti di voi, era una seconda famiglia, vi trascorrevamo diciotto, dodici ore...



(Commenti da parte del pubblico)



MATTEJA Bruno, senatore Gruppo Misto

In alcuni casi passavamo anche le notti, ve lo assicuro! Molti di noi passavano le notti: farà ridere, ma è così! Le parti hanno dimenticato troppo, hanno lasciato in seconda parte il problema Olivetti. Le Amministrazioni di Ivrea, quelle passate, ma anche quelle presenti, hanno dato troppo spesso rilievo a cose insignificanti che spesso facevano sobbalzare i cittadini. Quindi noi siamo arrivati ad un punto veramente pesante.
Ma cosa possiamo fare? Prima di tutto bisogna vederci chiaro in questo piano industriale capire se crea un futuro per la nostra area. Se De Benedetti ha sbagliato io credo che debba pagare! Non si può continuamente pensare di socializzare gli investimenti e privatizzare gli utili. Questo è quello che si sta continuamente facendo, sulla pelle di chi sta perdendo il lavoro! Quindi se De Benedetti ha sbagliato, cerchiamo di capire qualcosa di più, se gli investimenti che ha fatto sono stati nella direzione giusta. Io ricordo un cartello apparso qualche anno fa in una piazza che invitava De Benedetti ad investire nell'informatica e non nell'editoria, ma mi pare che non sia stato ascoltato. Cosa possiamo fare allora? Prima di tutto salvare il salvabile di questa Olivetti. Mi è rimasta molto poca speranza: vengono spostati anche gli uffici direzionali da quest'area che era sua per natura! Quindi capiamo bene cosa si può salvare in modo chiaro e netto.
Secondo: utilizziamo le strutture esistenti. Si è fatto cenno al distretto tecnologico: benissimo, questo può essere un centro di traino per un sacco di attività. Facciamo un centro di sviluppo di prodotti non solo Olivetti, all'interno ci saranno forse pochi posti, ma scatena un sacco di indotto e qui finalmente tutti parlano della piccola imprenditoria.
Speriamo che non siano solo parole. Occorrono delle leggi regionali, e non solo regionali, che favoriscano la piccola imprenditoria che va ad assorbire quello che la grande impresa butta fuori.
Su Il Sole 24 Ore del 25 maggio è comparso il testo di una legge regionale della Campania, la n. 27/87: prevede interventi per lo sviluppo e la promozione della piccola impresa. Beneficiari: piccole imprese; attività incentivate: insediamenti nuove iniziative; agevolazioni: contributi a fondo perduto (40% della spesa ritenuta ammissibile per lo sviluppo della piccola impresa), contributi tra il 40 e il 60% per gli apprendisti contributi dal 30 al 70% per la valorizzazione dei prodotti. Questa è una legge regionale.
Quando io dissi ad un mio collega di quell'area: "E' chiaro che voi potete pensare allo sviluppo. Noi non abbiamo queste cose", la risposta fu: "Se voi siete fessi noi non sappiamo cosa farci". Questo è quanto mi disse il collega al Senato su questa legge.
Quindi io invito la Regione a prendere in considerazione questi aspetti. Se noi non andiamo a sviluppare la piccola impresa, che va ad assorbire quelle persone che sono buttate fuori dalla grande impresa, non ne veniamo fuori. Chiaramente l'attenzione dovrà essere non solo a livello regionale, e qui la cosa mi preoccupa parecchio, ma a livello nazionale.
Stato-Olivetti è assolutamente in secondo piano. Quasi nessuno ne parla. Questa è la grandissima preoccupazione che ho come canavesano.
Dopodiché, quando si parla delle attività che chiudono, come l'Alenia, che coinvolge ancora il Canavese, viene messo l'accento in modo spropositato su aree che non sono le nostre: ma, guarda caso, sono proprio le nostre che hanno creato queste attività. Io questo non lo posso accettare. Quindi chiedo che tutte le forze si uniscano per far sì che si salvino specialmente quelle aree dove queste attività sono nate e hanno creato benessere in tutta l'Italia. Chiedo un'attenzione particolare: non possiamo pensare che il Canavese e i nostri lavoratori la paghino per errori che non sono loro.



PRESIDENTE

On. Matteja, le devo solamente un'informazione. Mi ha detto il dottor Arona che non è stato possibile all'ing. De Benedetti essere presente in questo momento, perché contemporaneamente è in audizione al Senato sullo stesso problema.
La parola all'On. Domenico Lucà, deputato Gruppo Progressisti Federativo.



LUCA' Domenico, deputato Gruppo Progressisti-Federativo

Anch'io ringrazio le autorità regionali per questa iniziativa tempestiva, soprattutto per il carattere e l'autorevolezza che l'occasione dà di manifestare e mettere in evidenza un impegno comune. E qualcosa di più di una semplice intenzione o di un'attenzione localistica ad una vicenda che non è di carattere locale soltanto, ma che ha una dimensione regionale e nazionale e che richiede, per una sua soluzione positiva l'impegno comune delle istituzioni, dell'azienda Olivetti, del mondo del lavoro.
Tutti vogliamo evitare al Piemonte un'ulteriore perdita di posti di lavoro. Tutte le autorità, tutti coloro che si sono espressi, tutti coloro che sono presenti in questa vicenda complessa e difficile, vogliono evitare un ulteriore colpo al patrimonio industriale piemontese ed in particolare a quello a maggiore vocazione europea ad alto contenuto tecnologico. Ci sono i rischi di una progressiva marginalizzazione delle punte più avanzate del sistema industriale piemontese e vi è il legittimo sospetto che sia in corso in qualche modo una sorta di progetto di smobilitazione dell'"argenteria", se così vogliamo definirla, dei pezzi migliori della ricchezza industriale di questa Regione.
Sono d'accordo con Pietro Marcenaro e con i Gruppi del centro-sinistra del Consiglio regionale che hanno indicato l'esigenza della costituzione di un tavolo di confronto, per indicare soluzioni concrete di politica industriale che possano offrire una cornice di riferimento per la soluzione del problema Olivetti. Ma c'è anche un altro problema che da alcuni mesi travaglia la Regione Piemonte ed è il destino dell'Alenia. Le due cose vanno tenute insieme e vanno affrontate con un intervento del Governo deciso, determinato e soprattutto concreto.
In questi giorni, con alcuni colleghi del Gruppo Progressista ho presentato un'interpellanza al Presidente del Consiglio (che per la verità segue un'interpellanza analoga presentata da altri colleghi al Senato il 12 luglio) sulla vicenda Olivetti, chiedendo in sostanza l'intervento del Governo per la salvaguardia dei posti di lavoro che sono in pericolo e chiedendo anche un programma di interventi per il settore industriale dell'informatica nel quadro di una politica nazionale a sostegno del settore informatico delle telecomunicazioni.
Il Presidente del Consiglio ha garantito un suo personale intervento in tutta la vicenda e ho saputo dal Ministro del Lavoro qualche ora fa che è convocato un incontro tra le parti al Ministero il 24 settembre per cominciare ad affrontare la questione.
E' un'iniziativa importante, ma ancora insufficiente, perché chi immaginasse di risolvere questo problema ricorrendo esclusivamente a tradizionali ammortizzatori sociali per mettere una toppa sullo strappo occupazionale, dimostrerebbe di non aver compreso la vera portata di questa crisi. Intendiamoci, magari sarà anche necessario utilizzare strumenti di questa natura, in una certa misura. Ma le soluzioni non possono che essere individuate nell'ambito di un quadro di politica industriale per questo comparto, in grado di rilanciare il ruolo dell'Olivetti in un contesto di grande competitività internazionale.
Dunque, è necessario il pieno coinvolgimento del Ministro dell'Industria e dell'intero Governo.
L'incontro al Ministero del Lavoro è utile, ma bisogna fare di più.
Vede, dottor Arona, lei potrà spiegarci la bontà del piano industriale dell'Olivetti; noi non facciamo fatica a credere che si tratti di una buona cosa, ma abbiamo bisogno di conoscere più nel merito i contenuti dei vostri progetti, perché c'è un'esigenza di informazione, di garanzie, di certezze.
Non si può dare fiducia sulle parole.
Tutte le parti coinvolte hanno la necessità di constatare nel merito le intenzioni dell'azienda per il futuro dei lavoratori coinvolti e dell'intera Regione.
Lei ci dice che il piano non è un piano di ristrutturazione. Noi abbiamo l'esigenza di capire di che si tratti veramente, che si tratti davvero di un piano di sviluppo e non di smobilitazione industriale. In tutta questa vicenda, ci sono di mezzo 5.000 posti di lavoro, c'è un patrimonio industriale di competenze, di sapere e di professionalità da salvaguardare, c'è un'economia locale da rilanciare, una proiezione europea ed internazionale della nostra Regione da consolidare, e ci sono le prospettive di molti posti di lavoro, perché, accanto a quelli Olivetti ci sono quelli dell'indotto.
Quindi, stiamo discutendo di alcune migliaia di posti di lavoro, ma anche del destino di un'economia regionale, delle prospettive di un settore industriale importante. Sono cioè in gioco rilevanti interessi pubblici.
Non si può pensare di risolvere il problema esclusivamente all'interno di una logica privatistica ed aziendalistica. Dottor Arona, dovete necessariamente fare i conti con le istituzioni, con le parti sociali chiamate in causa, con il Governo e con lo stesso Parlamento.
Non è la prima volta che capita all'Olivetti, in questi anni si è discusso molto spesso di piani di ristrutturazione e di riorganizzazione.
Abbiamo assistito a fasi di riorientamento strategico più o meno coerenti.
I risultati sono quelli rievocati più volte in questo dibattito: la produttività dell'azienda probabilmente è stata resa più efficace, ma ci sono stati pesanti sacrifici da parte dei lavoratori.
I dati evidenziano una riduzione in sei anni di 23 mila unità a livello estero e di 12 mila unità a livello Italia, una rilevante perdita delle quote di mercato in Europa e in Italia, una forte riduzione degli investimenti per l'innovazione, una pesante situazione finanziaria.
Ci auguriamo che questa volta si tratti di un progetto vero di rilancio, e non invece di un progetto di impoverimento ulteriore del patrimonio industriale piemontese e nazionale. Infine, si pone qualche serio interrogativo circa l'assetto proprietario e societario dell'Olivetti.
Da più parti è emersa una domanda di maggiore trasparenza nell'operazione di rifinanziamento avviata con l'intervento di Mediobanca e di altri istituti bancari. Ci sono preoccupazioni serie circa la reale autonomia dell'azienda nel definire le politiche di rilancio industriale e di riorganizzazione produttiva.
E mi si consenta un'ultima annotazione rivolta all'azienda. Il sindacato non può essere invitato al tavolo di confronto soltanto per discutere di tagli; il Governo, il Parlamento e le istituzioni regionali e provinciali non possono essere coinvolte soltanto su decisioni archiviate o per richiedere interventi di ammortizzazione sociale.
Tutte le parti devono esercitare una funzione, con la massima responsabilità. L'esigenza quindi manifestata dal sindacato di un confronto serio, basato sulla presentazione di un piano industriale fondato sul consolidamento e sul rilancio dell'azienda, è legittima, così com'è legittima la forte iniziativa del sindacato e di tutta la comunità locale e delle istituzioni per il ritiro della pregiudiziale dei 5.000 esuberi.
Con le pregiudiziali non si risolvono i problemi e, soprattutto, non si trovano le soluzioni.



PRESIDENTE

La parola all'On. Giugni, deputato Gruppo Progressisti-Federativo.



GIUGNI Luigi, deputato Gruppo Progressisti-Federativo

Sono molto grato agli autori di questo invito e agli organizzatori dell'incontro odierno. Mi riporta indietro nella memoria ad un periodo molto recente, a circa un anno e mezzo fa, quando nell'allora funzione che rivestivo di Ministro del Lavoro fui chiamato ad occuparmi, in sede di mediazione, di una vertenza di esuberi di eccedenze nella Olivetti, con particolare riferimento alla condizione del Canavese.
Raggiungemmo un accordo soddisfacente in una delle fasi più difficili della vita economica ed occupazionale del nostro Paese. Eravamo in concomitanza diretta con la ben più drammatica vertenza della FIAT. Si arrivò ad una conclusione soddisfacente provvisoriamente per la seconda mentre per quanto riguardava l'Olivetti si giunse ad un esito paragonabile ad una specie di somma zero: nessuna espulsione drammatica, l'uso accorto di un complesso di misure, tra cui anche pregevoli ammortizzatori sociali.
Come vedete, sono tra coloro che difendono i meccanismi degli ammortizzatori sociali. Vi sono nitidi sprechi nell'ambito di essi, ma c'è un fondo di razionalità che deve essere guardato con interesse e con riconoscimento per chi li ha inventati.
Facemmo uso dei contratti di solidarietà, che comportano una riduzione sperimentale della durata del lavoro; facemmo uso di un programma serio di formazione professionale, quella vera, non quella fatta per giustificare la corresponsione di un'indennità, che è una delle degenerazioni che spesso intervengono. Facemmo uso di meccanismi ammortizzatori "di scivolo" verso la condizione di pre-pensionamento. Non facemmo uso - e questo credo che sia un titolo di distinzione rispetto a precedenti casi analoghi - di assunzioni nel pubblico impiego.
Abbiamo avuto notizia - e ci è stato anche confermato dall'intervento precedente - che l'attuale Ministro del Lavoro ha convocato le parti.
Voglio pensare che avrà un compito più facile di quello che spettò a me. E' più facile perché l'Italia vive in una condizione migliore, mentre allora eravamo nel mezzo di una paurosa crisi occupazionale, che coinvolse il Governo in una sequenza senza termine di vertenze, trasformando non solo il Ministero del Lavoro, ma altri centri di vita amministrativa, in veri e propri opifici di vertenze e di accordi temporanei di salvataggio.
Oggi ci troviamo nella condizione in cui il nord del Paese attraversa una vera e propria fase di sovraoccupazione. Però, attenzione, questo è un dato aggregato, è un dato in cui si fa la media del Veneto e del Friuli Venezia-Giulia con il Piemonte e la Liguria.
Qui sfortunatamente siamo in un'area dove ancora l'inversione di rotta non è stata consumata pienamente, anche se devo dire che alcuni dati illustrati dall'Assessore Masaracchio sono molto interessanti, e dimostrano una marcata tendenza verso una tensione positiva nel mercato del lavoro in Piemonte.
Tuttavia vorrei sottolineare molto rapidamente tre aspetti, che mettono al centro della nostra attenzione la vicenda del Canavese e di Ivrea non solo in termini di valori numerici, occupazione, eccedenze e posti di lavoro.
Prima di tutto c'è il problema di mantenere un adeguato livello di occupazione in un'area che presenta ancora sensibili punti di squilibrio ma c'è anche da ricordare l'enorme valore simbolico che hanno per il nostro Paese Ivrea e l'Olivetti.
Lo posso dire per testimonianza diretta; per la mia generazione l'Olivetti e Ivrea hanno rappresentato un importante punto di riferimento culturale. Vogliamo mantenerlo in vita? Vogliamo dargli le possibilità di svilupparsi ulteriormente sullo stesso modulo di lezione e di insegnamento per l'intero Paese? Vorrei sottolineare questo aspetto, anche con riferimento a qualche parola già detta: il problema non è solo di Ivrea e del Canavese; il valore simbolico di Ivrea e delle sue attività industriali è stato, per intelligenza dei suoi fondatori, trasmesso a tutto quanto il Paese. L'Italia è una; dobbiamo preoccuparci, parimenti, di quanto potrà avvenire in quest'area e in altre, che appartengono alla stessa sfera d'intervento.
Infine, un ulteriore aspetto. Si parla molto di grande sfida competitiva, a volte in maniera del tutto impropria, indicando come metodo di intervento con capacità risolutiva una politica di abbassamento dei salari. Questa è una pia illusione: una valutazione di questo tipo è ispirata soltanto da una visione molto superficiale; la competitività, sul piano dei salari, la si potrebbe soltanto realizzare con tagli così drastici che significherebbero un processo di regressione dei valori sociali nel nostro Paese e in Europa. Laddove, invece, la sfida competitiva deve e può essere affrontata e vinta, è sul piano della qualità della tecnologia, dello sviluppo, della ricerca di nuovi e sempre nuovi metodi per conferire alla produzione maggiori valori aggiunti, della piena valorizzazione del capitale umano.
Personalmente, ho assistito, ieri, ad una brillante conferenza di Jacques Delors, interamente incentrata su questo tema: il valore dell'innovazione è il valore del capitale umano e quindi della formazione per lo sviluppo del capitale umano, come fattore della vittoria dell'Europa nella grande sfida mondiale della competizione.
Da questo punto di vista devo porre una domanda: se la sfida non pu essere affrontata qui, anche in termini esemplari, dove, allora? Dove, se non qui, dove siete stati all'avanguardia nel condurre questa sfida già dai lontani anni '50? Questo valore accumulato non deve essere disperso.
Personalmente, non sono certamente in condizione di suggerire elementi di soluzione; posso, al massimo, introdurre qualche nota di domanda per quanto riguarda il metodo. Abbiamo bisogno di conoscere di più e meglio. Lo dico anche come parlamentare, come rappresentante di un Gruppo politico, lo dico come membro della Commissione Lavoro, che cercherà di essere investita del problema in termini conoscitivi, di intervento e di suggerimento. Ma sappiamo troppo poco; abbiamo dinanzi un'equazione con troppi dati sconosciuti e quindi con difficoltà a risolvere l'incognita. Non sappiamo neppure come questi 5.000 posti di lavoro eccedenti si distribuiscono, e se saranno veramente 5.000.
Chiediamo di sapere qualcosa di più; esprimiamo una nota di delusione se consentita - per il fatto che chi ha vissuto la vicenda di un anno e mezzo fa credeva fosse definitiva. Non eravamo stati avvertiti che sarebbe stato soltanto un episodio di una catena destinata ancora ad allungarsi.
Il mio caldo augurio ai rappresentanti del sindacato, dell'impresa, ma anche delle istituzioni pubbliche, che giustamente si fanno coinvolgere in questa vicenda, è che la soluzione venga presto e che si tratti veramente di una soluzione definitiva. Grazie.



PRESIDENTE

La parola a Maurizio Perinetti, Capogruppo PPI al Comune di Ivrea.



PERINETTI Maurizio, Capogruppo PPI al Comune di Ivrea

Ci sarebbe da essere un po' pessimisti, affrontando questa nuova vicenda della crisi Olivetti. Ci sembra infatti di aver già vissuto questo copione: un progetto di ristrutturazione, un taglio di posti di lavoro obiettivo: la ripresa.
In questi ultimi anni abbiamo assistito ai processi di ristrutturazione, al taglio dei posti di lavoro, ma la ripresa - invece non è mai avvenuta.
Riteniamo dunque che occorra essere molto attenti e molto critici nell'affrontare la crisi di questo momento e cercare di fare uno sforzo straordinario per individuare prospettive future, per guardare avanti.
Come PPI abbiamo riflettuto su questi problemi sabato, in un convegno.
Mi permetto di sottolineare tre questioni al dibattito voluto dal Consiglio regionale.
Primo. Auspichiamo che la ricapitalizzazione del Gruppo possa avvenire favorevolmente, ma pensiamo anche che questo sia possibile se l'Olivetti saprà presentare un chiaro ed inequivocabile piano industriale. Certo, il taglio dei costi è fondamentale. Dai bilanci della Olivetti si pu chiaramente vedere che le componenti critiche di costo rispetto al valore aggiunto prodotto sono essenzialmente due: il costo del lavoro e gli oneri finanziari. Per ridurre il costo del lavoro l'Olivetti annuncia un taglio occupazionale di 5.000 unità. Per ridurre gli oneri finanziari, invece propone un aumento di capitale. Non vorremmo però che la ricapitalizzazione fosse finalizzata solo per abbattere gli oneri finanziari, attraverso la riduzione dell'indebitamento. Le ricapitalizzazioni si fanno per gestire piani di sviluppo e per sostenere degli investimenti. E' su questo che noi crediamo, e aspettiamo di valutare il piano industriale per verificare l'effettiva volontà dell'Olivetti di andare in questa direzione. Ci interessa anche la qualità di questo piano di sviluppo. Se questo fosse soltanto indirizzato ad investimenti sulla telematica dobbiamo essere molto chiari: la telematica significa occupazione e sviluppo, ma non per Ivrea.
La telematica significa occupazione e sviluppo per Milano e per Roma, ma non - sicuramente - per Ivrea e il Canavese. E' per questo che ci sta a cuore verificare l'impegno dell'Olivetti anche nel settore dell'informatica. E' su questo settore che si può ancora garantire possibilità di sviluppo ad Ivrea e al Canavese.
Del resto, in un'interrogazione posta al Sindaco qualche mese fa, in Consiglio comunale, preoccupati da una certa mobilità che si stava verificando di lavoratori da Ivrea a Milano, sul progetto Omnitel, il Sindaco ci rispose, dopo aver consultato e sentito l'azienda, e lo stesso dottor Caglio rispose in una conferenza stampa, che era proprio così Omnitel significava Milano-Roma e non Ivrea, se non molto marginalmente. Su queste cose dobbiamo essere molto chiari; per Ivrea ed il Canavese il futuro può essere solo l'informatica.
Ecco dunque la seconda questione. Si sente parlare di crisi dell'informatica, ma in realtà la stessa è in forte sviluppo; basti vedere l'evoluzione di domanda di prodotti in questo settore. Non è pensabile che in Italia non esista, oggi, un polo informatico. L'Olivetti è oggi un'azienda leader in questo settore; non sappiamo se sia nelle sue vere intenzioni volerci rimanere. Indubbiamente, se l'Olivetti non vorrà restare in questo settore, qualcuno il testimone lo dovrà prendere.
Poniamo dunque questa questione: candidiamo con forza il Canavese ad essere il territorio, la sede del polo informatico in Italia. La Regione Piemonte ha detto che vuole svolgere un ruolo politico; noi chiediamo che la Regione si faccia carico di un impegno politico affinché il Canavese rimanga la sede ed il territorio del polo informatico nel nostro Paese.
Terza questione. Dal punto di vista del territorio crediamo che l'obiettivo fondamentale della gestione della crisi dell'Olivetti sia la conservazione in loco delle risorse che qualificano l'azienda e questo territorio come area ad alta tecnologia. Quindi evitare lo spreco di risorse umane qualificate già presenti e giudicate esuberanti. Impresa non facile, certamente, ma da intraprendere senza esitazione da parte di tutte le forze pubbliche e sociali di quest'area. Quello che di nuovo l'aggravata crisi dell'Olivetti pone oggi è l'assoluta necessità di percorrere questa strada con maggiore vigore e con mezzi addizionali. Ci sembra che ci sia la possibilità di individuare alcune linee da percorrere. Innanzitutto un'energica iniziativa degli enti pubblici, a tutti i livelli per governare questa crisi e questo rilancio utilizzando tutti i mezzi a disposizione ed anche creandone di nuovi per un progetto forte, i cui contenuti possono essere: l'attivazione dei fondi di rotazione per incentivare gli investimenti in innovazione, gli investimenti massicci nelle infrastrutture del territorio, il rafforzamento delle istituzioni di formazione superiore ed allocazione nel Canavese di centri di ricerca universitari, il rafforzamento nel Canavese delle sperimentazioni per l'informatizzazione della Pubblica Amministrazione, l'incentivazione a nuove locazioni industriali tramite l'utilizzo appropriato delle infrastrutture già presenti ed a normative incentivanti.
Secondo: un utilizzo eccezionale ed esteso, perché questo è possibile e più di quanto non sia previsto oggi, dei fondi comunitari a favore delle aree a declino industriale per finanziare questo progetto.
Terzo: una mobilitazione delle forze economiche ed imprenditoriali in questa accelerazione del rilancio dello sviluppo, cooperando a questa azione degli enti pubblici. Infine, la disponibilità dell'Olivetti a mettere a disposizione di questo processo di sviluppo le proprie risorse presenti sul territorio e non più utilizzate. Su questi contenuti è necessario trovare degli strumenti.
Al termine di questo incontro il Sindaco di Ivrea convocherà i Sindaci del Canavese per discutere e cercare di organizzarsi e prendere qualche iniziativa. Noi crediamo che questa opportuna e tempestiva convocazione del Sindaco di Ivrea non debba tradursi unicamente nella costituzione di un comitato di crisi, ma possa tradursi nella costituzione di un vero e proprio comitato di rilancio per lo sviluppo del territorio. Attraverso la convergenza di idee e soprattutto la predisposizione di una piattaforma programmatica, di cui abbiamo cercato di indicare alcuni contenuti, se non addirittura arrivare alla realizzazione e alla stesura di un vero e proprio contratto di programma - sono strumenti che oggi si possono attuare - da stipulare con la Regione, con la Provincia, con lo Stato, per il rilancio dello sviluppo nel Canavese. Noi crediamo che solo attraverso una consapevole iniziativa forte delle istituzioni e dei soggetti politici e sociali in essi rappresentati sia possibile una prospettiva di sviluppo per Ivrea ed il nostro territorio. Grazie.



PRESIDENTE

La parola ad Alberto Tognoli, Capogruppo Alleanza Nazionale al Comune di Ivrea.



TOGNOLI Alberto, Capogruppo Alleanza Nazionale al Comune di Ivrea

Ringrazio innanzitutto il Consiglio regionale, il Presidente della Regione, Enzo Ghigo, tutti i Consiglieri, il Presidente della Provincia e tutti quanti hanno ritenuto di dover intervenire oggi per il problema rilevantissimo dell'area eporediese e canavesana. Spero che tollererete questa traccia scarna ed essenziale di chi è abituato normalmente a preferire i fatti ai fiumi di parole. Qualcuno potrebbe addirittura pensare che oggi noi di Alleanza Nazionale ad Ivrea non siamo del tutto scontenti ma lo potrei smentire subito, di quanto sta accadendo. Semplicemente perch noi di Alleanza Nazionale abbiamo sempre ribadito il nostro dissenso per come da troppo tempo questa città si è spesso resa suddita di un'azienda per la quale, pur meritando la massima considerazione e pur risultando un innegabile riferimento industriale per l'area canavesana, non vale oggi la pena, meno di ieri, di appiattire e limitare le possibili linee programmatiche, politiche ed economiche legate al futuro della nostra città. Siamo convinti che anche un'amministrazione più indipendente dall'azienda, sgombra da quei limiti e quelle remore che sono proprie di troppi protagonisti per certi versi sempre disponibili alle strategie della stessa, avrebbe potuto ottenere migliori risultati da un dialogo sì aperto e civile, ma serrato. Basti ricordare il bluff, che oggi subiamo, della sede Omnitel ad Ivrea. Quali vantaggi - ci chiediamo - ha portato l'ing. De Benedetti ai cittadini di Ivrea e del Canavese dal 1989 ad oggi? Il dimezzamento della forza occupata, forse. Non crediamo alla farsa del complotto. Ma quale complotto contro l'ing. De Benedetti, quando negli anni ha potuto usufruire di cassa integrazione, di appalti come quello delle telescriventi (definite con un eufemismo obsolete), di appalti come quello ottenuto nelle ultime ore del Governo Ciampi, di indulgenza ed incredibile credito quando si è lanciato in operazioni arrembanti dalle quali sovente è uscito con le ossa rotte e con qualche avviso non proprio postale, di benedizioni ecclesiastiche, in luogo di severi ammonimenti e censure benedizioni concesse - pare - solo a chi dimostra di essere da una certa parte della barricata! Mi sbaglio a dire che è quella di sinistra? Non sono credibili e tanto meno accettabili le lacrime di coccodrillo che si sono fatte ruscello da parte di un folto stuolo di forze politiche negli ultimi giorni, dai popolari fino alla sinistra, solo ora a favore di una differenziazione nel settore industriale verso la piccola e media azienda per la crescita di un sistema produttivo articolato e diffuso. Costoro altro non hanno fatto sino ad oggi che criminalizzare questa importantissima branca dell'economia italiana, sempre priva di aiuti e spesso bastonata addirittura dal potere centrale e periferico, con una costante ed opprimente pressione fiscale, a favore naturalmente della grande industria che si è sempre dimostrata più pronta a condividere certe linee politiche, anche se qualche volta ormai da terzo mondo, e sempre pronta ad accettare ed introitare l'assistenzialismo più bieco fornito dalla cassa integrazione.
Noi diciamo a chiare lettere, e diamo con questo anche un'indicazione al Presidente della Regione, momentaneamente assente, che per noi oggi la situazione è post Olivetti - non facciamo della fantascienza - ma manteniamo la massima disponibilità a ricrederci se un ricambio della generazione dirigenziale, e non la decimazione della forza lavoro occupata riuscirà a rilanciare le sorti di questo gigante oggi alquanto di cartapesta. Siamo pronti a collaborare attivamente con quanti si propongono e speriamo che ne trovino il coraggio - in un'area così immobile, così incapace di dotarsi di quelle prerogative che potrebbero farla divenire in poco tempo un importante centro di riferimento per posizione geografica per bellezza naturale, per la storia che la caratterizzano. Le forze politiche dovranno superare le limitanti barriere che le distinguono ed operare finalmente con concretezza e totale assenza di pretestuosità affinché si passi finalmente dall'immobilismo più penalizzante ad un'operosità e ad una strategia che consenta di recuperare in breve tempo la credibilità perduta. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al senatore Tapparo, Gruppo Sinistra Democratica.



TAPPARO Giancarlo, Senatore Gruppo Sinistra Democratica

E' un fatto di grande importanza che la maggiore assemblea elettiva del Piemonte si riunisca ad Ivrea, non per l'espressione di una generica solidarietà, ma per cercare le strade che le istituzioni possono percorrere per intervenire in quello che non è il caso di un'azienda, ma rappresenta invece una parte importante della ragion d'essere dell'apparato industriale italiano. Ed è proprio questo tipo di sensibilità che rende legittima la posizione largamente espressa da questi microfoni nel rifiutare come atto prioritario, iniziale, l'espressione delle eccedenze da parte dell'Olivetti e in seguito vedere quelle che sono le determinazioni per quanto riguarda la ripresa dell'azienda, la sua ristrutturazione e le prospettive industriali.
Ci sono due elementi che giocano a favore di tale sensibilità nel rendere inaccettabile questa logica.
La prima è rappresentata dal fatto che l'Olivetti non è il salumaio dell'angolo, ma una macroimpresa che ha beneficiato in questi vent'anni (e dico vent'anni perché nel 1966 i limiti delle istituzioni pubbliche sono stati clamorosi nel lasciare che la divisione elettronica dell'Olivetti potesse disperdere quel grande patrimonio di conoscenze e anche di realtà industriale e commerciale che aveva espresso), come molte altre grandi imprese ovviamente, di forti interventi pubblici, sia dal lato industriale sia per quanto riguarda la politica del lavoro. Quindi è legittimo che il momento pubblico possa pretendere da questa impresa anche un'attenzione particolare alle implicazioni sociali e territoriali delle sue scelte.
Il secondo aspetto, che tocca però in qualche modo il ruolo delle istituzioni pubbliche, è quello di considerare l'Olivetti e il settore in cui opera come essenziale, strategico per il Paese. Io non credo che Paesi fortemente liberisti come la Germania lascerebbero chiudere delle aziende strategiche, intervengono (la Francia interviene in modo non trascurabile a sostegno dell'Alcatel e della Bull), sostanzialmente riuscendo a rispettare nelle forme i vincoli delle politiche di mercato che pretende l'Unione Europea. E' quindi importante anche da questo versante il fatto che noi consideriamo Olivetti, per le istituzioni pubbliche, per le assemblee elettive ed anche per il Parlamento, un'area di importante intervento.
Credo che il Governo sbaglierebbe a mantenere semplicemente con l'intervento del Ministro Treu l'unica operatività del Governo in questa vicenda. Noi non siamo qui per far uscire in modo morbido 5.000 eccedenze noi siamo qui per minimizzare queste eccedenze e creare le condizioni affinché questa azienda possa riprendersi, svilupparsi, mettere ulteriori radici, specie nella comunità canavesana. Però i problemi, i limiti sostanzialmente, sono del grado di credibilità di questo piano industriale che in precedenza è stato illustrato dal dottor Arona.
E' un piano dove pesano i vincoli delle logiche finanziarie. La logica finanziaria che spinge sul management Olivetti è quella di considerare un rapporto diretto tra espressione dell'eccedenza e riequilibrio di bilancio.
La ricerca del punto di equilibrio per i finanzieri è quella di tagliare teste: ma non è con i tagliatori di teste che possiamo fare molta strada in questo campo.
C'è poi da chiedersi se De Benedetti e l'attuale management siano in condizione di operare con respiro strategico o non siano condizionati invece da vincoli finanziari che ci sfuggono, che non conosciamo e che possono porre delle limitazioni di vario tipo, comunque tutte a danno dei livelli occupazionali. Molti timori si possono avere che l'articolazione dell'azienda così come viene fatta (Personal Computer, Lexicon, ecc.) possa anche rendere più facili delle cessioni in prospettiva oppure possa rendere più praticabili dismissioni magari morbide e mascherate.
Deve essere chiaro a Olivetti che i poteri pubblici non vogliono dedicarsi a gestire le eccedenze espresse dai suoi piani come si è fatto prevalentemente in passato, quindi non è materia del Ministro del Lavoro questa, è materia del Governo e del Ministro dell'Industria e della ricerca prioritariamente.
C'è anche un vincolo per le istituzioni pubbliche e questo vincolo è un modo nuovo di porsi in queste situazioni - si tratta di esprimere adeguate politiche industriali senza dare a questa parola un carattere generico esaltando cioè quelli che sono gli elementi concreti nell'intervento nella ricerca, nelle infrastrutturazioni (che aumentano la competitività generale del sistema e di certi comparti), nell'uso della domanda pubblica come leva di politica industriale, non come nel passato per fare dei favori alle imprese, per assecondare le loro politiche commerciali attraverso una domanda pubblica finalizzata, con capacità di indirizzo! Oggi, per esempio il mercato interno della Pubblica Amministrazione, che serve a modernizzare il funzionamento dell'apparato pubblico, può essere una leva di politica industriale se usata non in modo subordinato alle esigenze dell'azienda.
Ebbene, noi questa politica industriale la possiamo anche ritrovare con modi d'essere a livello regionale e a livello della comunità canavesana.
Credo che un progetto di sviluppo, di ripresa di quest'area, in cui la Regione e la Provincia interagiscano adeguatamente, non trovi un'interfaccia adeguata nelle istituzioni locali, che sono disperse frantumate, mentre dovrebbero trovare un'autorità, che seppure non istituzionalmente formalizzata, sia legittimata a poter dialogare con peso e prestigio, nei confronti della Regione e della Provincia per concentrare gli interventi e dargli massa critica, per determinare precise priorità per la rinascita economica del Canavese.
Faccio questa considerazione finale: il Canavese non avrebbe la possibilità di superare l'involuzione, la crisi industriale che lo sta coinvolgendo, con altre 700-1.000 eccedenze! E' per questo che il no a farsi gestore puramente, magari in modo morbido, delle eccedenze è legato alla convinzione che la presenza di questa impresa sia una sfida anche per le istituzioni, quindi è un no che diciamo - dottor Arona - all'espressione di queste 5.000 eccedenze. Sappiamo che dobbiamo anche noi essere parte in causa, avere forti responsabilità, ed è questo il senso in cui si misureranno le istituzioni pubbliche nella vicenda Olivetti.



PRESIDENTE

La parola a Franco Peretti, componente dell'Agenzia regionale per l'impiego.



PERETTI Franco, componente Agenzia regionale per l'impiego

Mi corre il dovere di fare due premesse.
La prima è la seguente: come componente dell'Agenzia per l'impiego del Piemonte, e quindi come struttura del Ministero del Lavoro, il mio sarà sostanzialmente e concretamente un intervento tecnico perché il ruolo dell'istituzione che rappresento è un ruolo tecnico, che va quindi oltre quelle che sono le considerazioni fatte in questa sede da un punto di vista politico ed amministrativo.
La seconda premessa è che l'Agenzia per l'impiego già qualche anno fa d'intesa con le altre strutture del Ministero, in modo particolare con la Sezione circoscrizionale di Ivrea, ha lavorato per quanto riguarda la legge cosiddetta Olivetti del 1992.
Vengo adesso alla considerazione e al contributo tecnico che voglio portare a questo dibattito.
Il fatto che il Consiglio regionale abbia scelto di riunirsi qui ad Ivrea, insieme agli interventi svolti dal Presidente e dall'Assessore Masaracchio, ha un significato particolare: individuare nella realtà canavesana non solo una struttura di riferimento in grado di affrontare la questione Olivetti, ma anche di affrontare, in un disegno più complesso e più articolato, le problematiche del Canavese. Ciò perché indubbiamente il Canavese ha diverse esigenze occupazionali, che non si risolvono affrontando solo il problema Olivetti.
Credo che nell'area siano presenti iniziative di sviluppo, di riconversione, di sperimentazione e di investimento che potremmo tranquillamente definire prioritarie; sostanzialmente già si collegano a realtà operative che abbiamo avuto occasione di verificare, ma forse richiedono un ulteriore rafforzamento dal punto di vista del coordinamento.
Mi riferisco in particolare alle iniziative collegate alle infrastrutture territoriali, a quelle collegate al sostegno alle imprese e alla creazione di nuova imprenditoria e di occupazione, alle iniziative collegate ai servizi rivolti sia ai cittadini che alle Pubbliche Amministrazioni, nonch alle iniziative di formazione.
Per non abusare della cortesia della Presidenza che mi ha concesso di intervenire oggi, non posso affrontare in modo specifico i vari argomenti così come li ho elencati, però, a grandi titoli, credo che siano chiare a tutti le problematiche collegate alla rete telematica, alle aree dismesse al parco della biotecnologia, al settore della ceramica (per quanto riguarda Castellamonte) e tutte le questioni inerenti le infrastrutture di comunicazione ferroviaria e stradale (solo per fare un accenno alle infrastrutture territoriali), anche perché mi rivolgo in modo particolare agli abitanti del Canavese.
La stessa cosa vale per l'altra grande area che ho definito dell'impresa e dell'occupazione. Proprio qui ad Ivrea sono partite iniziative collegate alla questione dell'imprenditoria giovanile e della creazione di processi di trasformazione di imprese in crisi (purtroppo oggi siamo a parlare proprio di una di queste imprese), ma forse sarebbe necessario, anche su questo argomento, introdurre una riflessione.
Occorre fare in modo che le situazioni di crisi non vengano prese in considerazione quando la crisi è già scoppiata, ma nel momento in cui si manifestano i primi segnali della stessa; a questo proposito, esistono anche delle leggi, delle norme che potrebbero essere applicate al fine di rendere meno drammatica la situazione. Lo stesso discorso vale per la questione del rapporto tra Pubblica Amministrazione e cittadino, per quanto riguarda i servizi, e del rapporto tra imprese private e Pubblica Amministrazione; dobbiamo pure tenere in considerazione tutta la questione riferita alla formazione professionale, che è un vero investimento sulle persone, anziché sulle macchine.
Probabilmente su questi argomenti si riflette poco; bisogna invece cominciare a riflettervi di più ed in modo più incisivo. Tra l'altro, per esperienza diretta, mi risulta che a livello locale esistano delle strutture; in particolare, il distretto tecnologico, che nel passato ha già portato avanti una serie di iniziative, potrebbe diventare, a livello territoriale, un serio riferimento istituzionale, al fine di favorire un coordinamento tra le varie iniziative, ma soprattutto per avere proprio a livello territoriale un punto di riferimento operativo della Regione, un braccio operativo della Regione in modo da garantire un futuro meno drammatico.
Ritengo che bisognerà cominciare a muoversi concretamente in questa direzione, perché solo in questo modo si potranno creare le premesse per una cultura del lavoro diversa dall'attuale, magari meno legata ad un'unica impresa, ma più legata alle ricchezze sia patrimoniali che, soprattutto personali esistenti in quest'area.



PRESIDENTE

La parola a Salvatore Rao, Gruppo Rifondazione Comunista al Comune di Ivrea.



RAO Salvatore, Gruppo Rifondazione Comunista al Comune di Ivrea

Se c'è una domanda che in questi giorni viene posta, non soltanto tra i lavoratori dell'Olivetti, ma in tutta la città, in tutto il territorio, già duramente colpito sul piano occupazionale, essa è sicuramente caratterizzata anche da una forte preoccupazione presente tra i lavoratori.
La domanda è se questo nuovo processo di ristrutturazione può segnare eventualmente la fine del gruppo, la fine della presenza dell'Olivetti, non soltanto nella nostra zona, ma anche nel nostro Paese. A questa domanda non si può rispondere che forse soltanto una forte strategia industriale potrà salvare la stessa azienda, la quale sicuramente necessita di un potenziamento tecnologico.
La richiesta di nuovi 5.000 esuberi, di 5.000 nuovi tagli è un provvedimento già nell'aria da tempo, risultante da una strategia perdente che si trascina dal lontano 1990, anno in cui sono iniziati i processi di ristrutturazione. Ricordo che questi processi sono sempre stati attuati elaborati e presentati dallo stesso management industriale, quello stesso management che, però, non li ha mai subìti. Tali processi sono sempre stati scaricati solamente sulle spalle dei lavoratori; le strategie dell'azienda che si sono rivelate fallimentari, sono sempre state scaricate sulle spalle dei lavoratori.
Gli occupati nel Canavese negli anni '90 erano circa 17.000; oggi si sono ridotti a circa 6.000. In questi anni abbiamo assistito ad una sostituzione: la vocazione industriale che caratterizzava in modo pregnante questa azienda ha via via ceduto il passo ad una vocazione sempre più di tipo finanziario. Dalla fine degli anni '60 l'impoverimento tecnologico avanza sempre di più: l'impoverimento di studio, di ricerca è continuato in modo incessante e con esso la trasformazione di un'azienda che si è sempre più dedicata all'assemblaggio e ai servizi.
Questa è stata una scommessa azzardata, che non poteva che essere persa già in partenza, perché non era concorrenziale e quindi con margini ridotti di spazi di mercato. Questa tendenza si è però quasi fatalmente consolidata, costituendo una propria nicchia sempre più ristretta e marginalizzata. L'arrivo del grande finanziere qui ad Ivrea nell'anno 1978 non ha invertito sicuramente la rotta. Al contrario, non ha fatto che accentuare le tendenze negative in atto; la vocazione finanziaria di alto livello ha avuto il sopravvento con interessi che spaziano a tutto campo in vari settori.
Negli anni '90 le contraddizioni del decennio precedente sono esplose ed è iniziato lo stillicidio costante dell'occupazione e l'atteggiamento perdurante e costante nel richiedere assistenzialismo e finanziamento, un metodo che Carlo De Benedetti ha praticato costantemente fin dal suo esordio, utilizzando a man bassa, e più di ogni altro imprenditore in Piemonte, i finanziamenti della legge n. 46 sull'innovazione tecnologica, i contratti di solidarietà, i contratti di formazione lavoro, i pre pensionamenti.
Oggi si chiede l'ammontare di quei finanziamenti erogati e ricevuti a fondo perduto dallo Stato e come sono state utilizzate tali risorse, se oggi la soluzione è ancora una volta quella dei tagli indiscriminati.
Queste sono domande che meriterebbero delle risposte.
Quali proposte e quali soluzioni possono essere oggi avanzate? Sicuramente le ricette del passato, quelle che abbiamo conosciuto e che ci vogliono ancora propinare. Oggi, grazie a queste scelte, l'azienda eporediese rischia concretamente di non essere più strategica, e si prospetta davvero la chiusura o, nella migliore delle ipotesi, una strisciante costante riduzione di posti di lavoro con l'assistenza dello Stato.
La stessa ricetta dei banchieri di Mediobanca risulta essere ancora una volta tutta finanziaria e non servirà a rilanciare l'impresa.
Il Gruppo di Rifondazione Comunista pensa che una forte attivizzazione del movimento dei lavoratori nel Canavese, come in altre realtà in cui è presente il gruppo, possa garantire un'adeguata soluzione nell'interesse delle comunità investite e dell'intero Paese.
Riteniamo inaccettabile ogni logica improntata ai tagli del personale perché questa sarebbe una scelta arretrata, perversa e nociva com'è stato dimostrato in questi anni.
Si tratterebbe di un'esplicita rinuncia al rilancio della produzione industriale nel settore informatico.
Anche la Regione Piemonte deve svolgere fino in fondo il ruolo di garante del proprio territorio e della propria ricchezza, del lavoro della popolazione con l'elaborazione di programmi ed indirizzi che mirino allo sviluppo economico ed industriale del settore, con il necessario impegno alla diffusione informatica nella Pubblica Amministrazione, per la quale si riconobbe a suo tempo, mi sembra nel 1986, l'esigenza di un coordinamento governativo, tanto da costituire presso la Presidenza del Consiglio il Comitato di coordinamento stesso.
Oggi più che allora sarebbe fortemente negativo un atteggiamento di subalternità nei confronti dell'imprenditoria, magari giustificato dal pesante ricatto occupazionale.
Alcuni punti che vorremmo avanzare come nostro contributo sono una strategia generale industriale per i prossimi dieci anni, con la quale si individuino, si studino e si valutino i prodotti industriali in termini innovativi, la politica commerciale che ne deve conseguire, le alleanze internazionali, sapendo che in Europa tutto il settore informatico è debole ed arretrato e che il nostro Paese commercialmente esprime forti potenzialità di sviluppo essendo il meno informatizzato nell'ambito CEE.
E' un'occasione che non può essere lasciata alla concorrenza estera nella piena convinzione che le ricette protezionistiche non servono e sono dannose perché uccidono la progettualità esistente e quella potenziale.
E' necessaria altresì una strategia che deve essere finanziata, in primo luogo, con le risorse del gruppo e degli azionisti. Questo impegno va guidato da una cultura industriale che punti all'effettivo rilancio.
Viviamo un momento cruciale sia per il Canavese che per l'intero Piemonte, ed è fondamentale la costruzione di un grande movimento di solidarietà fra i lavoratori con il coinvolgimento delle comunità e di tutta la popolazione.
Va evitata la frammentazione tra i vari punti di crisi alla ricerca di soluzioni assistenziali con l'utilizzo di ammortizzatori sociali situazione per situazione, finalizzati allo smantellamento produttivo e ad un mero assistenzialismo. Per questo i lavoratori e le loro organizzazioni devono avere la consapevolezza che questa partita così complessa si potrà vincere solo con la capacità di dare vita ad una grande stagione conflittuale che ponga al centro delle rivendicazioni la difesa dell'occupazione e la riduzione dell'orario di lavoro.
Pertanto Rifondazione Comunista si impegnerà con tutte le sue energie e con le intelligenze che dispone affinché l'esito della vertenza segni la fine di un declino industriale ed occupazionale.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore al lavoro alla Provincia di Torino, Camoletto.



CAMOLETTO Marco, Assessore al lavoro alla Provincia di Torino

E' il momento di cominciare a tirare un po' le fila del discorso, anche perché l'invito che il Presidente della Giunta regionale ha fatto all'inizio del dibattito andava in questa direzione. Bisogna concludere impostando un ragionamento e comprendendoci meglio, soprattutto fra Enti locali e chi condurrà concretamente la trattativa, che credo debba essere aperta togliendo rapidamente di mezzo le pregiudiziali insostenibili.
Mi rivolgo, in particolare, alla rappresentanza dell'azienda che incontreremo nei prossimi giorni per un confronto esplicito, ma anche alle Organizzazioni sindacali, affinché tengano conto che alcuni aspetti dell'andamento della discussione e del clima di relazioni industriali che si crea avranno implicazioni sicure nelle future politiche condotte a livello locale.
A me sembra che siano emerse contemporaneamente due linee di discussione propositive soprattutto da parte degli ambienti canavesani. La prima punta ad un approfondimento della realtà di Ivrea come polo informatico, quindi da qualificare, da integrare, da ricollegare meglio con la politica industriale nazionale. E' contestualmente emersa l'esigenza ormai chiara agli occhi di tutti, che lo sviluppo di Ivrea e del Canavese non può essere connesso solamente all'atto dell'informatica. Quindi, c'è l'esigenza radicale di diversificare, di valutare meglio la realtà delle piccole imprese, perché le medie imprese sono poche. Il problema è di cercare di tradurre tale connotato di fondo, che deve essere preso in considerazione sotto entrambi i profili, con una struttura che possa rappresentare ed incarnare questa linea di orientamento.
Sul terreno c'è il Bio-Industry Park significativo ed importante, che rappresenta un primo tassello in questa direzione, ma che a mio giudizio è certamente un ente fortemente specializzato, ha già una sua localizzazione una sua determinazione, una sua area settoriale su cui lavorare.
Il discorso del Consorzio tecnologico è un po' diverso, nel senso che uno dei problemi che dovremmo sicuramente affrontare in tempi brevi è quello di trovare il modo di fare parlare il mondo dell'informatica con le realtà medio-piccole. Non è possibile concepirle come due linee di sviluppo in qualche modo diversificate. Un ragionamento che abbiamo incominciato a fare come Provincia, e io ho mandato al Sindaco e all'Assessore Masaracchio un documento in questo senso, che mi pare sia valutato in termini abbastanza costruttivi, è quello di trasformare la componente che già c'è sul territorio e che fa riferimento ad un Consorzio tecnologico in una vera e propria autorità di distretto, autorità cioè che lavora allo sviluppo del distretto industriale in quanto tale, e quindi non solo di alcune sue filiere, e soprattutto è capace di miscelare insieme quanto di produttivo e di utile può essere portato ad Ivrea dall'esterno, quindi dalle politiche nazionali di cui si è molto parlato. Contemporaneamente, però, deve saper promuovere quel potenziale di sviluppo locale che probabilmente è presente in misura ridotta e va rafforzato. Questa è la linea di sviluppo: un'autorità di distretto che faccia opera di promozione dell'Eporediese come zona industriale, ma sappia anche far crescere la realtà imprenditoriale medio-piccola, quindi che non faccia soltanto promozione della tecnologia, ma sia anche in grado di operare rapporti con il mondo finanziario - per esempio - che sia dotato di una capacità di promozione della struttura delle imprese. Infine, che sia in grado di dialogare anche con quelle opportunità di finanziamento che sono un po' atipiche nel mondo italiano e che fanno riferimento non solo alle grandi intermediazioni finanziarie - parlo di tutta quella realtà di fondi di investimento a carattere locale che in Europa comincia a lavorare e con i quali noi, come Provincia, stiamo cercando di trovare una connessione. Quindi un centro, mi preme sottolinearlo, non un forum in cui si incontrano gli imprenditori, i sindacati e gli operatori locali, ma una realtà che ha una sua impostazione passatemi il termine - business oriented, cioè molto legata alla promozione di un'attività di sviluppo e il cui ruolo di protagonisti lo assumono gli operatori locali.
Il problema che tutti dobbiamo avere chiaro è che queste cose, anche se dovessero funzionare bene (e noi speriamo che possano funzionare bene con il tempo) hanno appunto bisogno di tempo, non essendo già presenti. Qui viene il discorso di collegare le implicazioni che ha lo svolgimento della vertenza con quanto è possibile fare per gli Enti locali. La Provincia non ha alcun potere di trattativa, non siamo, né noi né la Regione, un Lander tedesco che discute con le grandi aziende anche le implicazioni della loro politica occupazionale, ma non vogliamo essere dimenticati e quindi ci rivolgiamo sia all'azienda sia ai sindacati per fare presenti alcune esigenze elementari. In primo luogo, il fatto che il clima di relazioni industriali che si viene a creare in questo momento non è irrilevante ai fini della possibilità di sviluppare una o l'altra delle politiche di cui stiamo parlando. Un atteggiamento come quello dell'azienda che pare essere piuttosto ancorato a delle postazioni di principio non è credibile perch tra l'altro in zona l'attività di tagliare posti di lavoro e fare intervenire degli ammortizzatori locali, come è già stato ricordato diverse volte, è ampiamente sperimentata e i risultati sono stati estremamente modesti soprattutto dal punto di vista della capacità di creare un tessuto imprenditoriale effettivo in questa zona. Certo che mandare in pensione la gente a cinquant'anni vuol dire estrometterla dal mondo del lavoro e fare un discorso di dispersione di risorse imprenditoriali ed umane, discorso che comunque è già stato toccato. La mia impressione è che in questa vicenda debba essere tenuto in conto il fatto che un atteggiamento più elastico ha delle concrete implicazioni sulla capacità di sviluppare l'economia locale. Quindi, per essere ancora più precisi bisogna andare ad un discorso secondo il quale i lavoratori non sono estromessi tout court ma si va, per esempio, ad una rotazione ad orario ridotto, tipo il caso Wolkswagen. Questa è una premessa indispensabile per far sì che anche le attività di diversificazione che possono essere impostate ed accelerate effettivamente possono funzionare, perché altrimenti agli Enti locali verrà chiesto di reinserire fra quattro o cinque anni nel mondo del lavoro i disoccupati di lunga durata.
E qui veniamo alla seconda questione. Agli Enti locali viene appunto chiesto in un modo o nell'altro di far rientrare nel mercato del lavoro gente che da quattro o cinque anni ne è fuori. E' un nostro compito, fa parte delle politiche attive, cercheremo di farlo nel modo migliore che possiamo immaginare, però è veramente singolare che mentre si chiede alla politica attiva del lavoro di mano pubblica di saper trasformare un disoccupato pluriennale in un piccolo imprenditore piuttosto che in un rinnovato lavoratore dipendente, l'azienda ritenga che non sia possibile trasformare un operaio nel settore informatico in un addetto alle telecomunicazioni. Questa mi sembra cosa del tutto clamorosa. Nella faccenda del rapporto fra Ivrea e le telecomunicazioni ci sono degli aspetti che sarebbero anche abbastanza divertenti se non fosse drammatica la situazione. Infatti, come già veniva ricordato, la collocazione di Omnitel a Milano è sicuramente dispersiva sotto molti aspetti, non ultimo il fatto che dal punto di vista immobiliare dei costi che tutto questo rappresenta Ivrea sarebbe certamente più competitiva.
Vorrei allora tentare di formalizzare una richiesta che credo gli Enti locali possono promuovere insieme alla Regione, e cioè che nella rivisitazione del piano che andremo a vedere nei giorni prossimi come Giunta provinciale sia previsto che una parte delle attività direzionali di Omnitel torni ad Ivrea, anche se non c'è mai stata, perché è assurdo che si parli di telecomunicazioni come di qualcosa di flessibile, elastico, di qualcosa che può andare dappertutto, e poi ci si ferma sulla soglia della localizzazione immobiliare della società, per un verso, e, per l'altro verso, sul fatto che un lavoratore non può essere convertito dal settore informatico al settore delle telecomunicazioni. Mi sembra francamente troppo; non voglio essere tranchant, polemico nei riguardi dell'impresa però siccome a volte vengono richiesti a noi dei compiti certamente più gravosi mi permetto di far presente che un'altra formazione, da operaio informatico ad addetto ai telefoni anche un po' evoluto, non è certamente meno grave di quanto non sia il trasformare un disoccupato da cinque anni in un lavoratore attivo.
Ultima cosa, la questione del settore informatico ad Ivrea. Qui sono state dette parecchie cose: la politica pubblica, il ruolo dello Stato e quant'altro. Devo dire che io la prendo un po' più bassa, se mi passate il termine. Ad Ivrea sarebbe già importante se l'azienda sapesse tenere la quota dimensionale che si prefigge. Vogliamo dire che l'azienda Olivetti produce all'anno non più di 100 mila computer? Va bene, purché la tenga questa quota, non che ogni anno andiamo a rivederla al ribasso, perché così non si può lavorare. Per far questo devo dire che più che il contributo dello Stato, l'aiuto pubblico, ecc., che sono tutte cose importanti, conta molto che emerga una dirigenza orientata al prodotto, non a fare tante fumisterie, una dirigenza che prenda il prodotto sul serio e cerchi di piazzarlo sul mercato. Questa è la cosa basilare che si chiede.



PRESIDENTE

La parola alla signora Marilde Provera, rappresentante del Consiglio di fabbrica Alenia.



PROVERA Marilde, rappresentante del Consiglio di fabbrica Alenia

I lavoratori e le lavoratrici dell'Alenia oggi sono qui non per portare una generica solidarietà, tanto meno per unire due sfortune in una generica richiesta di sostegno all'occupazione. I lavoratori e le lavoratrici dell'Alenia sono qui per sollevare un allarme, che credo debba preoccupare tutti, sui settori strategici che ancora ci sono nella nostra regione e che hanno una valenza nazionale. Mentre gli Stati europei stanno investendo in questi settori, nel settore aeronautico, nel settore spaziale, nel settore informatico, da noi assistiamo ad un disinvestimento continuo, ad un abbassamento continuo delle capacità produttive. Nel settore aeronautico c'è mezzo milione di occupati negli Stati Uniti, 250 mila in Gran Bretagna 125 mila in Francia, 60 mila in Germania, in Italia ne contiamo solo 30 mila e per l'azienda portante del settore aeronautico italiano, l'Alenia, 8 mila. Di questi 8 mila, 4 mila sono sul nostro territorio; secondo grandi investimenti che l'Alenia sta oggi prospettando, questi occupati verranno dimezzati, mentre gli Stati stanno intervenendo con investimenti nell'ambito di questi settori.
Da noi gli interventi anche in questi settori sono affidati alle singole imprese da anni, sostenute di volta in volta da qualche finanziamento, da qualche ammortizzatore sociale, ma la gestione è affidata alle singole imprese siano esse private (come nel caso della Olivetti) siano esse pubbliche (come nel caso dell'Alenia), con gravi errori manageriali, con incapacità di affermarsi sul mercato per poi (a distanza di un anno e mezzo come nel caso della Olivetti; di neanche un anno e mezzo come nel caso dell'Alenia) ripresentarsi alle Organizzazioni sindacali alla società civile per dire che i problemi loro sono problemi di costi, di taglio di organici. Il taglio di organici ormai, nelle nostre aziende corrisponde al taglio di intelligenze progettuali ed operative. Ci significa: intelligenze operative e capacità manuali, quindi anche lavoro manuale non facilmente reperibile sul mercato.
Gravi errori, quindi. Non si intravede il modo con il quale lo Stato concretamente intende intervenire; lo si è sollecitato e richiesto; siamo di fronte a latitanze, lentezze, subordinazioni, di volta in volta, alle singole aziende piuttosto che ad un'iniziativa specifica di direzione e di sviluppo.
Per questo oggi in questa iniziativa noi non crediamo siano utili solidarietà da parte degli Enti locali o dei singoli rappresentanti nel Parlamento. Crediamo che concretamente il ruolo degli Enti locali e il sostegno dei parlamentari si debba esplicitare con l'individuazione di piani regionali, provinciali e comunali finalizzando le risorse anche locali a singoli elementi di sviluppo e di indirizzo della nostra economia su questi settori portanti - non solo importanti: portanti - se non vogliamo pensare ad una Regione che si ripieghi solo sul lavoro tradizionale.
Credo che su questo si misurerà anche la capacità, l'autorevolezza delle nostre istituzioni, ma soprattutto si misurerà la capacità di garantire un futuro per la nostra Regione e ciò non significa mantenere semplicemente dei marchi con qualche azienda che li simboleggi, ma oggi più che mai significa dire: "No alla chiusura di ulteriori aziende, no alla perdita di ulteriori occupati", non perché questo è uno slogan, ma perch dietro a queste due affermazioni ci sta la possibilità concreta di sviluppo per queste imprese, perché la perdita anche di una sola intelligenza, di un solo uomo, di una sola entità, che rappresenti la possibilità concreta del fare e del pensare, significa abdicare ad un ruolo su questi settori.



(Applausi da parte dei presenti)



PRESIDENTE

Siamo giunti al termine dei nostri lavori. Abbiamo debordato il tempo previsto di qualche minuto. Non posso che ringraziare sentitamente tutti i rappresentanti pubblici e privati che hanno voluto partecipare a questa riflessione comune, a questa riflessione collettiva; ringraziare in particolare il Sindaco di Ivrea per l'introduzione problematica, storico politica, del problema, senza la quale, forse, i termini della vicenda non sarebbero così esatti come li abbiamo appresi; ringraziare Monsignor Bettazzi per la sensibilità che la Chiesa Eporediese ha sempre dimostrato nei confronti del problema del lavoro; ringraziare tutte le forze sociali e le forze culturali.
Non so se conosciamo di più o conosciamo meglio, come ha detto l'on.
Giugni prima; non so se tutte le incognite delle equazioni sono state risolte. Certamente c'è un valore simbolico nella nostra presenza, nel nostro lavoro, nella nostra attenzione. Ed è un valore simbolico simmetrico a quello di questa terra, che non è una terra qualsiasi, proprio per le esperienze che si sono storicamente maturate, proprio per quell'altezza di tono con cui il problema azienda-lavoro si è estrinsecato nel corso degli ultimi anni.
Colgo una sollecitazione che poi passo al Presidente della Giunta: la sollecitazione per cui il Governo non può sottacere il valore strategico della politica industriale dell'informatica o delle comunicazioni mass mediali.
Colgo l'osservazione che è stata fatta: se effettivamente le relazioni industriali si possono estrinsecare attraverso dei pregiudizi.
Colgo il limite, pertanto vincolistico, che è stato qui espresso e cioè se il management della Olivetti sia effettivamente in grado oggi di rispondere positivamente a questa provocazione, oppure se non sia vincolato dagli gnomi di Zurigo o di Milano.
Colgo, insomma, la necessità di un approfondimento di questo grande problema che, unito a quello dell'Alenia, porta certamente la nostra Regione, il nostro Canavese, la nostra Torino, su una posizione di crisi che potrebbe essere anche irreversibile perché c'è non solamente un posto di lavoro che si perde, ma un patrimonio culturale, umano, sociale ed intellettuale che diventerebbe irreversibilmente perduto.
Questi sono gli approfondimenti che noi dovremmo fare e che faremo nella sede opportuna, che è quella della Regione Piemonte. Questa non è stata un'inutile passerella e nemmeno è stata - voglio rispondere a Marchetti - una battaglia politica pro o contro l'ingegnere.
Mi pare che - al di là di qualche sforamento che ha portato l'interlocutore ad alzare il tono al di sopra delle righe - il concorso di dibattito civile che noi abbiamo dato sia parallelo, conforme e congruo alla serietà della situazione.
Per questo voglio ringraziare ancora tutti voi. Voglio ringraziare i miei - scusate l'aggettivo possessivo - Consiglieri regionali (59 su 60) sempre presenti.
Desidero ringraziare pertanto questa rinnovata sensibilità di un Consiglio che non è qualche cosa di estraneo al corpo, alla sensibilità del Piemonte; che non va solamente sulla stampa per qualche articolo di costume o qualche articolo di retrobottega, ma è un Consiglio (proprio perché fatto anche da persone giovani - sono rinnovati 43 su 60 Consiglieri) fatto di una nuova sensibilità e di una nuova tensione e pertanto anche di una nuova vicinanza ai problemi della nostra gente.
Intendo dire che il Consiglio approfondirà questi problemi nella prossima seduta (che si terrà fra una settimana), che assumerà posizioni politiche, e che queste probabilmente passeranno inevitabilmente attraverso gli ordini del giorno; comunque è un modo di estrinsecare una volontà politica unitaria, è un modo di estrinsecare una sensibilità, è un modo di continuare - se mi permettete una frase che qui è comune - la lotta, in tutte le sedi, della nostra competenza istituzionale e no, perché noi sappiamo e siamo certi che questo è il nostro preciso, inderogabile dovere.
Ora vorrei passare la parola al Presidente della Giunta regionale Enzo Ghigo per le parole conclusive. Grazie.



GHIGO Enzo, Presidente della Giunta regionale

Voglio affiancarmi alle considerazioni fatte dal Presidente Picchioni e ai ringraziamenti che ha portato a tutti gli intervenuti.
Di tutti gli interventi voglio ricordare una frase e poi dare alcune risposte che credo siano dovute.
Una frase detta da Brenna - il quale parlava del mito dell'efficienza che non può spingersi fino all'immoralità - mi ha molto colpito. Ritengo che la posizione che oggi l'azienda pone nell'intraprendere questa trattativa, questo ticket di ingresso per fare la trattativa, sia obiettivamente un atteggiamento che, forse, va modulato in maniera diversa va posto in maniera diversa. La trattativa si farà, le parti si sentiranno valuteranno tutti gli aspetti, ma credo che questa condizione all'inizio della trattativa sia obiettivamente da parte dell'azienda un atteggiamento un po' eccessivo.
Voglio anche prendere uno spunto dell'on. Lucà quando, a proposito della situazione generale delle imprese del Piemonte, quelle ad alta tecnologia, citava che "lo Stato vuole dismettere l'argenteria". Purtroppo in genere, l'argenteria si ruba, non si dismette, e noi questo non dobbiamo permetterlo. Non dobbiamo assolutamente permetterlo, e la Regione - con il Consiglio, la Presidente Bresso e il Sindaco Castellani - ha preso delle iniziative nei confronti dell'Alenia, che sono state poi prodotte con un documento che è stato inviato al Presidente del Consiglio Dini. Ma c'è di più: abbiamo chiesto un appuntamento al Ministro Dini che ci verrà concesso; parteciperemo con una delegazione del Consiglio regionale che mi ha sollecitato in questa direzione, chiaramente sempre con la Presidente della Provincia e il Sindaco Castellani, proprio per andare con forza perché le pressioni e le prospettive sono, dobbiamo dircelo, nei confronti dell'Alenia da parte dello Stato centrale piuttosto negative. Noi dobbiamo intervenire con decisione e questa è anche un'occasione per dire a tutti i parlamentari di aiutarci perché dobbiamo davvero fare corpo unico, come obiettivamente le istituzioni del Piemonte stanno facendo di fronte a questi grandi temi.
L'altro aspetto che ha citato in maniera molto soft il Presidente Picchioni riguarda l'affermazione fatta da Marchetti, cioè che vagamente faceva presupporre che potesse esserci da parte della Giunta regionale un atteggiamento non eccessivamente disponibile nei confronti dell'ing. De Benedetti. Forse nell'immaginario pubblico si può pensare che una Giunta di centro-destra non veda l'ing. De Benedetti in senso molto positivo, ma questo non corrisponde a verità. Noi non abbiamo alcuna forma pregiudiziale nei confronti dell'ing. De Benedetti; in base al nostro compito le persone alle quali noi dobbiamo rispondere sono i cittadini del Piemonte e in maniera specifica i cittadini di questa zona.
Voglio chiudere facendo un appello. Oggi, forse ingiustamente, è stato chiamato in causa l'ing. De Benedetti che era al Senato, però è indubbio che in questo processo di ristrutturazione che l'azienda deve affrontare per reinserirsi in un mercato, creare nuovi segmenti di mercato e sviluppare nuove opportunità, quello che ci piacerebbe è che questo processo vedesse in questa zona, in questi stabilimenti, protagonista l'ing. De Benedetti, cioè che lui tornasse veramente ad occuparsi in prima persona del futuro dell'Olivetti.



PRESIDENTE

Il dibattito è terminato.
Il Consiglio regionale, in seduta ordinaria, è convocato tra quindici minuti.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 17.30)



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