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Dettaglio seduta n.100 del 21/01/97 - Legislatura n. VI - Sedute dal 23 aprile 1995 al 15 aprile 2000

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PICCHIONI


Argomento: Varie

Discorso inaugurale del Presidente del Consiglio in occasione della ripresa dei lavori consiliari nell'aula restaurata


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Porgo un saluto particolare a tutti i Consiglieri per questa nostra mattina che inizia finalmente, dopo tante traversie e difficoltà, nell'aula restaurata.
Voglio ringraziare in particolare tutti i funzionari della Giunta e del Consiglio che hanno permesso di superare, via via, gli inconvenienti che si sono registrati lungo il cammino. Voglio anche dire che stamani procederemo gradualmente all'utilizzazione degli strumenti tecnologici di cui l'aula è venuta in possesso. Non so se riusciremo a fare le votazioni con il sistema elettronico, però la chiamata e la domanda di parola potrà essere richiesta secondo le note sull'utilizzo dell'aula e dei suoi strumenti. Credo che tutti i Consiglieri abbiano avuto la nota sulle norme di comportamento siccome generalmente queste note vengono messe subito in dimenticatoio pregherei l'assemblea di prenderne atto, attraverso questa lettura: "1. Occorre innanzitutto il mantenimento del posto assegnato a ciascun Consigliere per l'utilizzo della scheda magnetica che abilita al voto" - la scheda magnetica vi verrà consegnata la prossima settimana, anche per registrare la presenza.
"2. Utilizzo della votazione elettronica in via sperimentale in parallelo con la votazione tradizionale fino ad avvenute eventuali modifiche regolamentari" - mi pare che la Commissione Regolamento sia stata convocata per giovedì mattina - "e adattamento alla nuova metodologia e alle nostre esigenze.
3. Collocazione puntuale e ordinata del pubblico, della stampa, dei funzionari di Consiglio, di Giunta e dei Gruppi nei posti loro assegnati".
In particolare, anche se la stampa non è presente a quest'ora giornalisti e TV troveranno la loro posizione nella barcaccia destra; il Servizio Stampa della Regione nei tre posti davanti alla barcaccia destra nell'emiciclo (mi pare che i posti siano occupati); i funzionari della Giunta regionale nella barcaccia di sinistra e nei due posti dietro il banco della Presidenza; i funzionari dei Gruppi Consiliari occuperanno i sedici posti nell'ultima fila dell'emiciclo, con presa per telefoni e personal computer; i banchi, dieci posti, situati dietro la Presidenza sono riservati esclusivamente ai funzionari del Consiglio.
"Sono altresì confermate le norme per l'accesso all'aula; l'ingresso in aula dallo scalone a sinistra dell'atrio è riservato strettamente ai Consiglieri, agli ex Consiglieri regionali ed ai giornalisti. Ogni altra persona, ancorché invitata dai Consiglieri, deve raggiungere l'aula dalle scale poste a fondo del cortile e accomodarsi nell'area riservata al pubblico. I commessi d'aula sono incaricati di far rispettare tali disposizioni nonché di raccogliere e trasmettere eventuali comunicazioni destinate ai Consiglieri. Si invitano, infine, questi ultimi ad evitare di ricevere il pubblico nell'anticamera dell'aula e nelle sale adiacenti salvo il caso di incontri con delegazioni e simili, preventivamente annunciate ed autorizzate dal Presidente del Consiglio regionale. Sono confermate altresì le norme organizzative in vigore, in particolare in ordine alla consegna dei pass di accesso da parte della portineria alla presenza in aula dei funzionari del Consiglio, della Giunta e dei Gruppi consiliari, presenza che deve essere assicurata quando strettamente necessario".


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute", non essendovi osservazioni, i processi verbali delle adunanze consiliari del 17, 24 e 25 settembre e del 15, 22 e 29 ottobre 1996 si intendono approvati.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Comunico che stamani le interrogazioni e le interpellanze, di cui al punto 4) all'o.d.g., avranno una scansione temporale alquanto breve, perch avrà luogo la discussione da parte dell'aula del disegno di legge n. 250 relativo alle modifiche della Costituzione della Repubblica Italiana, in senso federalista, il cui relatore è il Consigliere Vindigni.
Desidero preannunciare all'assemblea che su questo disegno di legge il Gruppo Lega Nord per l'indipendenza della Padania ha presentato 120 emendamenti e, poiché occorre licenziare la legge entro giovedì, a meno che il Consiglio non esprima parere contrario, siamo costretti a sovvertire speriamo di no - completamente il nostro ordine dei lavori per dare licenza al disegno di legge n. 250.


Argomento: Parchi e riserve

Interpellanza n. 230 del Consigliere Cavaliere relativa alla richiesta di informazioni sulle affermazioni dell'Assessore Masaracchio riportate da La Stampa in merito alla L.R. n. 12/90


PRESIDENTE

Passiamo pertanto all'esame dell'interpellanza n. 230 presentata dal Consigliere Cavaliere.
Risponde l'Assessore Masaracchio.



MASARACCHIO Antonino, Assessore regionale

Rispondo brevemente, senza dilungarmi più di tanto, perché si tratta di mie affermazioni espresse all'inizio del mio mandato, forse all'inizio di questa tornata legislativa, sull'utilità dei Parchi, indipendentemente dal prestigio che rappresentano nel territorio per la salvaguardia di specificità di natura ambientale.
I Parchi sono una ricchezza nell'ambito del territorio. Polemicamente c'è chi afferma che la percentuale dei territori salvaguardati in Piemonte non ha ancora raggiunto i livelli richiesti dalla Comunità Europea alle varie Regioni della Comunità stessa. Riferendomi a quanto io stesso avevo ottenuto, quando fu votata la legge in Consiglio regionale della precedente Amministrazione, ricordo che i Parchi dovrebbero avere una fruibilità poiché rappresentano una ricchezza del territorio, anziché determinare delle vere e proprie serre chiuse, senza che siano disciplinate adeguatamente nemmeno le fasce di rispetto.
In quel momento, nell'ambito della pubblica opinione (mi trovavo in un'occasione assembleare di amministratori locali nella zona dell'Ovest Ticino, essendo chiamato a rappresentare la Giunta perché altri colleghi non vi potevano partecipare) la polemica era attorno al reperimento degli inerti e la pressione era forte sul piano di quanto la gestione del Parco dell'Ovest Ticino rappresenta in termini ostativi per questo fabbisogno che del resto in questo momento potrebbe essere risolto con una legge regionale che disciplini le cose in maniera tale da non menare né scandalo né andare contro gli interessi del territorio. Pare che i giornalisti abbiano detto che io ho pronunciato la frase: "Dovrebbero essere chiusi i Parchi". E' assurdo, anche perché io ho votato quella legge sui Parchi d'accordo con l'allora Assessore Bresso, partecipando attivamente anche in sede di Commissione all'elaborazione di quegli articoli che consentirebbero, nell'ambito dei Parchi, un recupero di redditività coinvolgendo persino i proprietari di alcune parti di territorio che insistono sui Parchi.
E' una polemica strumentale, inscenata da La Stampa - e qui è il caso di dirlo, ho la copia dell'articolo del momento - colta al volo dagli amici, colleghi oppositori, per dire che l'Assessore Masaracchio determinerebbe un pericolo per i Parchi perché se valesse la sua opinione i Parchi sarebbero chiusi, come se la volontà del Consiglio non sia tale da garantire, nell'ambito della democrazia, a titolo non dico di maggioranza ma di partecipazione concreta alle cose amministrate dalla Regione, tutto ciò che va garantito.
Nulla di più. Non ho nemmeno un testo scritto su queste cose perché non mi sento assolutamente toccato, in quanto anch'io desidero che l'ambiente sia salvaguardato soprattutto nell'ambito di tutto ciò che rappresentano i Parchi nel territorio piemontese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cavaliere.



CAVALIERE Pasquale

Signor Presidente, prendo atto delle dichiarazioni dell'Assessore; del resto questa era un'interpellanza che si riferiva a dichiarazioni dell'Assessore risalenti al 19/10/1995. Nel frattempo, ho conosciuto il modo di esternare dell'Assessore ed un'interpellanza del genere non l'avrei più presentata.


Argomento: Uso delle acque (regimazione, usi plurimi) - Difesa idrogeologica

Interrogazione n. 247 dei Consiglieri Rosso e Farassino relativa alle denunce dei pozzi privati (art. 18, comma primo, DL n. 275/93). Necessità di inviare circolare esplicativa ai Sindaci in ordine alla modifica dell'art. 5, comma sesto, L.R. n. 4/94


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione n. 247 presentata dai Consiglieri Rosso e Farassino, cui risponde l'Assessore Cavallera.



CAVALLERA Ugo, Assessore alla pianificazione e gestione delle acque

Con l'interrogazione n. 247 i Consiglieri regionali Rosso e Farassino evidenziavano l'opportunità di comunicare a tutti i Sindaci piemontesi, con circolare esplicativa, la modifica apportata dal Consiglio regionale all'art. 5, comma sesto, e all'art. 14, lettera a), della L.R. n. 4/94 che ha come titolo "Ricerca, uso e tutela delle acque sotterranee" e conseguentemente la soppressione dell'obbligo da parte degli utilizzatori di acque sotterranee per usi domestici di dichiarare al Sindaco i dati caratteristici dell'utenza.
Infatti, la L.R. n. 4/94 all'art. 5, comma sesto, prevedeva per gli utilizzatori di acque sotterranee per uso domestico l'obbligo di dichiarare al Sindaco del Comune in cui ricade l'opera di presa, i dati caratteristici dell'utenza entro un anno dall'entrata in vigore della legge e sulla base dei modelli di cui all'art. 3, comma terzo, pena l'applicazione della sanzione amministrativa del pagamento della somma di L. 1.000.000.
Tale citata disposizione veniva predisposta in data anteriore all'emanazione del DL 12/7/1993, n. 275, il quale all'art. 10 ha sancito l'obbligo di denuncia di tutti i pozzi esistenti, a qualsiasi uso adibiti entro il termine del 20/8/1994, termine differito al 30/6/1995 dal DL n.
507/94 convertito dalla legge n. 584/94 e successivamente posticipato al 31/12/1995 dal DL n. 499/94.
Pertanto, in presenza di una norma nazionale statuente un generale obbligo di denuncia di tutti i pozzi, nella quale sono ricomprese le utilizzazioni di acqua sotterranea ad uso domestico, a due soggetti Provincia e Regione - con la previsione della comminazione di una sanzione amministrativa per il caso di inosservanza, espressamente esclusa per l'omissione delle denunce di pozzi ad uso domestico, si è ritenuta superflua la previsione regionale di un'ulteriore comunicazione delle utilizzazioni domestiche ad un soggetto diverso, quale è il Comune, la cui omissione veniva sanzionata amministrativamente.
Per tali ragioni, con la L.R. 20/11/1995, n. 82, si è provveduto a sopprimere l'obbligo di denuncia prevista dal citato art. 5, comma sesto della L.R. n. 4/94 e nel contempo, per realizzare comunque le finalità conoscitive proprie della norma superata e consentire pertanto ai Comuni la conoscibilità delle utilizzazioni domestiche esistenti ricadenti nel proprio territorio, si è previsto che la Regione, destinataria insieme alle Province delle denunce ex art. 10 del DL n. 275/93, trasmetta agli stessi Comuni le informazioni contenute nelle menzionate denunce entro il 30/6/1997.
Con la circolare del 5/2/1996, prot. n. 99, si è provveduto a comunicare a tutti i Comuni ed alle Province le disposizioni della L.R. n.
82/95 trasmettendo nel contempo copia della deliberazione della Giunta regionale n. 39-5569 del 29/1/1996 con la quale veniva approvata, ai sensi dell'art. 3, comma terzo, della L.R. n. 4/94 e dell'art. 5 della L.R. n.
5/94, la scheda del Catasto delle utenze idriche e la guida alla compilazione relativa alle utilizzazioni domestiche delle acque sotterranee da utilizzarsi per le comunicazioni di cui all'art. 5, comma secondo.
La L.R. 30/4/1996, n. 22, con la quale è stato realizzato un organico rimodellamento del corpo normativo regionale in materia di acque sotterranee, ha confermato la soppressione dell'obbligo di denuncia ai Sindaci delle utilizzazioni domestiche e la previsione della trasmissione da parte della Regione ai Comuni delle informazioni delle denunce alla medesima pervenute ai sensi del DL n. 275/93, attualmente in corso di informatizzazione presso il Settore regionale Pianificazione e Gestione delle risorse idriche nell'ambito del Catasto delle utenze idriche. Quindi il problema pare superato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rosso.



ROSSO Roberto

Mi ritengo soddisfatto della risposta.


Argomento: Protezione della natura (fauna, flora, minerali, vigilanza, ecc.)

Interpellanza n. 598 dei Consiglieri Chiezzi e Moro relativa ai danni ambientali a seguito della costruzione della statale che collega Oulx e Cesana


PRESIDENTE

Passiamo all'interpellanza n. 598 presentata dai Consiglieri Chiezzi e Moro.
Risponde il Vicepresidente della Giunta, Majorino.



MAJORINO Gaetano, Vicepresidente della Giunta regionale

Con questa interpellanza i Consiglieri Chiezzi e Moro, dopo aver rilevato di essere venuti a conoscenza che nel tratto compreso fra Oulx e Cesana sono state compiute opere, le quali hanno creato danno ambientale in seguito all'abbattimento di centinaia di conifere di alto fusto interpellano la Giunta e l'Assessore competente per sapere per quale motivo si è proceduto all'abbattimento di queste centinaia di conifere di alto fusto; se erano state considerate altre varianti per evitare quello che viene chiamato uno scempio ambientale ed infine se nella progettazione è stata prevista una valutazione di impatto ambientale.
Al riguardo faccio presente, innanzitutto, ai fini di inquadrare la vicenda, che già con deliberazione di Giunta del dicembre 1991 era stata rilasciata un'autorizzazione per la sistemazione e la rettifica planoaltimetrica dell'adeguamento del piano viabile; questa delibera di Giunta regionale, relativamente alla località che interessa l'interpellanza, è del dicembre 1991.
Successivamente, venendo ai giorni nostri, in seguito alle disposizioni di legge che prevedevano interventi urgenti per lo svolgimento dei Campionati mondiali di sci, la Giunta regionale ha espresso parere favorevole in ordine al progetto delle opere di adeguamento del tratto Oulx Cesana. Questa deliberazione di Giunta è successiva ad un parere conforme della Conferenza dei Servizi; la delibera di Giunta era del 21/4/1995 anzi, rettifico quello che ho detto, era prima della presa di possesso da parte di questa Giunta - quindi abbiamo un atto deliberativo unitario della Conferenza dei Servizi, il quale atto deliberativo riportava necessariamente le osservazioni dei diversi Settori regionali competenti ed interessati.
Per quanto riguarda il parere espresso in sede di Conferenza dei Servizi, il Settore Beni Ambientali aveva predisposto delle ben precise prescrizioni che erano le seguenti: "Tutte le opere di contenimento di controripa o sottoscarpa, compresi i contrafforti, siano realizzati con rivestimento continuo in sasso a spacco di cava; tutti i tratti abbandonati dell'attuale sede stradale siano ripristinati, ossia a lato monte sia eliminato il manto bituminoso, riportando le aree a verde in modo che le stesse si inseriscano in modo adeguato nel contesto montano; a lato fiume Ripa siano realizzate delle piccole aree di sosta e zone panoramiche".
Queste prescrizioni espresse dal Settore Beni Ambientali erano evidentemente finalizzate a far sì che non si verificassero scempi ambientali, perché, se osservate queste prescrizioni, mi pare proprio che il contesto ambientale fosse sufficientemente tutelato. Nella vicenda si inserisce anche il Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali che, tramite la Sovrintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici, ha preso atto che tra le disposizioni limitative della Regione Piemonte c'erano queste ben chiare prescrizioni e nel prenderne atto esprime anch'esso un parere favorevole.
In questa situazione e su questo sfondo, venendo più puntualmente alla risposta all'interpellanza, va rilevato quanto segue: gli abbattimenti delle piante ad alto fusto dovrebbero - io soggiungo devono - essere commisurati, in sede di attuazione di questo progetto, alle strette necessità esecutive del progetto, ossia limitati ai tratti laddove la modifica del tracciato stradale interessa la fascia esterna all'attuale sede viabile; non senza rilevare che il controllo circa la conformità dell'intervento al progetto è di competenza del Comune.
Non sono state considerate altre varianti al tracciato in quanto si tratta di adeguare la preesistente viabilità con il minore sacrificio possibile. Infine, non è stata prevista la valutazione di impatto ambientale in quanto non dovuta e non prevista dalle disposizioni vigenti in materia di opere di mera modifica di strade preesistenti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Reputo la risposta dell'Assessore insoddisfacente per chi l'ha sentita forse anche insoddisfacente per chi l'ha letta, direi, considerando qualche abbassamento del tono di voce dell'Assessore.
Mi sembra che non si sia agito, in questa occasione, mettendo al primo posto della progettazione la tutela dell'ambiente in cui si interveniva. Mi sembra che ci sia stato il solito capovolgimento dei fattori di priorità mettendo al primo posto la necessità di allargamento e di adeguamento della strada, subordinando a questa necessità gli interventi distruttivi nel settore ambientale.
L'Assessore l'ha detto chiaramente: gli abbattimenti dovevano essere quelli strettamente necessari alla realizzazione del progetto, ma quello che viene contestato dalle Associazioni ambientaliste e che contesta il nostro Gruppo è che il modo di procedere sia il seguente: la strada e le sue caratteristiche progettuali vengono prima dei problemi ambientali che l'esecuzione del progetto pone.
Dal nostro punto di vista, bisognerebbe intanto esaminare l'ambiente in cui si agisce, decidere quali sono le caratteristiche dell'ambiente che vanno salvaguardate in ogni caso e far derivare da questa priorità le scelte progettuali della strada. Mi sembra che questo sia anche corrispondente alla sentenza della Corte Costituzionale che ha affermato qualche anno fa, la priorità assoluta dei valori paesaggistici rispetto ad ogni altro tipo di valore, sia economico sia di comunicazione e via dicendo.
Invece, dalla relazione dell'Assessore, ho capito esattamente il contrario: gli abbattimenti ci sono stati, sono stati estesi e violenti quindi il danno vi è stato. L'Assessore, però, dice che è responsabilità della Giunta precedente, perché le date così consegnano la materia.
Un apprezzamento negativo da parte dell'attuale Giunta su questo modo di procedere potrebbe anche essere assunto, nel senso che, visto il cambio di linea politica delle maggioranze che governano questa Regione, nulla impedisce a questa Giunta di criticare quella decisione: cosa che l'Assessore Majorino si è ben guardato dal fare.
Pertanto, devo dedurre che le scelte compiute dalla precedente Giunta in ordine alla realizzazione di questa strada siano perfettamente condivise, quindi non vale la pena, Assessore Majorino, evidenziare che sono stati gli altri; se voi foste stati al posto degli altri avreste fatto la stessa cosa.
Critichiamo, quindi, chi oggi regge, per continuità amministrativa questa politica.
Un'ultima osservazione è relativa alla cosiddetta "mitigazione ambientale" che lei, Assessore Majorino, ha citato sotto la descrizione che la Regione Piemonte avrebbe detto: "Attenzione, dove c'è un nuovo tracciato che incide sul versante della montagna sia chiaro che, sia nella sottoscarpa e sia nella controripa, piastrelliamo la montagna" l'Assessore Majorino non ha usato questo termine, ma con questo termine si capisce di cosa si tratta - "con delle schegge di pietra naturale, facciamo un bugnato".
Mi sembra che in montagna questo tipo di intervento venga realizzato sempre più spesso: cito la strada che va al Colle di Nava, dove ci sono centinaia e migliaia di metri quadrati di montagna piastrellati con schegge di pietra appiccicate a muri di cemento armato che sostengono il controripa e il sottoscarpa.
Suggerisco all'Assessore di valutare questa prescrizione; la trovo, dal punto di vista ambientale e anche dal punto di vista dell'atteggiamento culturale, non priva di fondate e serie critiche.
Si tratta di una sistemazione del versante toccato dall'opera dell'uomo con un'opera costosissima. Si tratta di appiccicare pietre, sotto forma di un ordito decorativo, su un muro di cemento armato che è stato costruito in conseguenza della violenza perpetrata all'ambiente precedente che, tagliata la scarpata, richiede un contenimento della spinta.
Assessore, non si rimedia con questi interventi; non spendiamo dei soldi per far finta che nulla sia successo e che lì ci siano ancora delle pietre, perché dietro quelle pietre c'è un muro di cemento armato.
Se si decide di intervenire, penso sia più corretto, anche dal punto di vista ambientale, non mascherare in questo modo l'intervento dell'uomo, ma denunciarlo dal punto di vista estetico, per avere un intervento migliore che non il semplice intervento di cemento armato. Non possiamo consolarci con la visione della piastrellatura, anziché della superficie cruda e grezza di un muro di cemento armato.
Le piastrelle mettiamole nei nostri bagni, siamo in pochi in Europa ad usare questo tipo di rivestimento nelle nostre abitazioni. Mi sembra che l'estensione, ai fini di un decoro ambientale, di questo sistema sia onerosissimo per le casse pubbliche - chiederei all'Assessore di informarsi sui costi al metro quadrato di questa sistemazione delle ripe. Mi chiedo se non sia opportuno segnalare la questione ai nostri uffici ed aprire anche un dibattito, dal punto di vista culturale, per decidere, ove l'intervento dell'uomo è distruttivo di una situazione naturale preesistente, quale sia il modo di intervenire, ammesso che sia necessario farlo.
Ritengo criticabile questo modo di agire.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interpellanza n. 365 dei Consiglieri Chiezzi, Papandrea, Marengo e Manica relativa all'iniziativa per scongiurare la messa in liquidazione della ditta ARTAR S.p.A


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interpellanza n. 365 presentata dai Consiglieri Chiezzi, Papandrea, Marengo e Manica, alla quale risponde l'Assessore Masaracchio.



MASARACCHIO Antonino, Assessore al lavoro

La ditta ARTAR di Cureggio è stata messa in liquidazione nel dicembre 1995, al fine di prevenire una procedura fallimentare certamente non voluta dai proprietari Arcelli e Tardito.
Se questa è la ragione reale della decisione imprenditoriale, la causa profonda sarebbe un calo strutturale e non congiunturale di commesse per cui già vi era stata fruizione di cassa integrazione ordinaria. Calo che risiederebbe nelle tecnologie povere dei componenti per cicli, per cui sono fortemente competitivi solo i Paesi in via di sviluppo ed il cosiddetto "sommerso". Fanno eccezione le parti pregiate per cicli di elevata qualità (competizione ed altro) che però vengono assemblati in numero molto limitato e con personalizzazioni accentuate, per cui la fornitura di componenti (spesso ad hoc) viene assicurata da ditte artigianali.
Comunque nessuno dei soggetti sociali e degli Enti locali interessati ha richiesto l'intervento della Regione Piemonte nella vertenza che si è occupata della ARTAR, nel quadro della sua azione di monitoraggio, a seguito di notizie giornalistiche compiendo opportune verifiche con la proprietà dalle quali emergeva che la liquidazione era comunque decisa operativa ed irreversibile.
La forza lavoro attualmente fruisce o ha fruito del trattamento di mobilità in quanto l'assoluta mancanza di possibilità di ripresa dell'azienda, anche sotto diversa proprietà, non permette alcun piano di riassorbimento della manodopera e quindi rende impossibile l'accesso alla CIGS anche perché non ha trovato riscontro l'ipotesi alternativa di tentarne il ricorso tramite l'equiparazione della liquidazione allo stato fallimentare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Papandrea.



PAPANDREA Rocco

L'interpellanza venne presentata parecchio tempo fa. Tale interpellanza non chiedeva le ragioni per cui si era giunti ad una situazione per cui questa azienda rischiava la messa in liquidazione, bensì quali iniziative si intendevano prendere per evitare questa messa in liquidazione.
La risposta all'interpellanza, oltre ad essere estremamente tardiva non risponde a questo interrogativo; dice semplicemente che è successo quindi c'è una soluzione per gli addetti che è la mobilità e una parte di questi dipendenti, finita la mobilità, rischia anche la cassa integrazione.
La vicenda ha avuto il suo decorso con la chiusura dell'azienda medesima e la soppressione dei posti di lavoro.
Noi abbiamo già affrontato il problema parecchie volte. Credo che la soluzione sia quella di individuare se e quali iniziative si possono tentare per evitare queste continue situazioni in cui, mese dopo mese, la disoccupazione cresce, nonostante tutto, nonostante le varie iniziative assunte per evitarla.
Da questo punto di vista, siamo totalmente insoddisfatti della risposta, proprio per la mancanza di assunzione di iniziative. E' stato detto che non si può fare altro, che è una situazione di impotenza, ma ritengo che di fronte ad un problema come quello della disoccupazione, che ha assunto dimensioni gravissime, non si può semplicemente continuare ad affermare che non è possibile fare nulla perché la legislazione non lo permette. Occorre iniziare a pensare di modificare il quadro di riferimento, affinché diventi possibile l'intervento.


Argomento: Attivita' di promozione

Interrogazioni n. 592 e n. 864 del Consigliere Cavaliere (richiamate in aula ai sensi dell'art. 89, comma nono, del Regolamento interno del Consiglio regionale) relative alla Mostra antologica Ugo Nespolo


PRESIDENTE

Passiamo ad esaminare le interrogazioni n. 592 e n. 864 presentate dal Consigliere Cavaliere, alle quali risponde l'Assessore Leo.



LEO Giampiero, Assessore alla cultura e istruzione

Sono contento di utilizzare per la prima volta questo nuovo microfono per una serie di interrogazioni molto importanti e significative, che rimandano non solo ad una questione particolare e singolare, ovvero quella della Mostra antologica di Nespolo, ma, più complessivamente, alla questione generale e complessiva della "politica delle mostre" dell'Assessorato alla cultura. Settore che, non solo personalmente, tutta la Commissione considera molto importante e sul quale, da una parte, si è lungamente dibattuto e discusso e, dall'altra, si è prevista - il Presidente Chiezzi potrà farne buona fede - un'apposita discussione in Commissione per affrontare prospettive future ed eventuali aggiustamenti.
Discussione che si svolgerà quando la Commissione lo riterrà e, ovviamente quando il Consigliere Cavaliere e gli altri colleghi interessati alla materia potranno essere presenti.
Mi permetto di dire che, come ogni altra cosa, è migliorabile e perfezionabile e le intelligenze ed il contributo dei Consiglieri, specie di coloro che seguono con passione ed attenzione l'argomento, sono sempre preziosi.
Non citerò quindi a vantaggio dell'Assessorato, anche perché considero l'attenzione dei colleghi tale da ritenerlo superfluo, tutti gli attestati che nell'ultimo anno e mezzo sono pervenuti all'Assessorato. Ricordo che precedentemente c'erano state forti polemiche sui giornali; i Consiglieri di altre legislature ricorderanno che alcuni critici, come Mistrangelo e Levi, si erano scagliati contro la politica delle Mostre degli Enti locali mentre nell'ultima gestione la parola più usata è: "Felice politica delle Mostre", "L'attenta politica delle Mostre". Questo, naturalmente, non esime dal considerare che occorre sempre vigilare e cercare di migliorare.
Ringrazio tutti quei colleghi - in particolare il Consigliere Miglietti e la Consigliera Spagnuolo - che hanno offerto i loro contributi nel suggerire un ampliamento di tali mostre sul territorio.
In risposta alle interrogazioni ho preparato un prospetto informativo che sarà oggetto di dibattito in Commissione, sulle linee progettuali ed operative che consentono ogni anno di mettere a punto un piano di interventi-promozioni culturali, con particolare attenzione al settore espositivo, su tutto il territorio piemontese.
L'Assessorato alla cultura infatti fornisce da tempo strumenti finanziamenti e risorse alle numerose realtà culturali della nostra regione: musei, istituzioni e fondazioni. Cito questo perché giustamente il Consigliere Cavaliere ha richiamato l'attenzione sull'importanza di queste istituzioni.
Raccontavo prima al Presidente della Commissione, Chiezzi, che proprio ieri c'è stata la visita di un grande maestro, William Klein, alla Fondazione per la fotografia, che - qualche battuta è riportata su Repubblica - ha espresso grande consenso ed entusiasmo per la politica culturale degli Enti locali, del Piemonte segnatamente, considerata Regione non eccitante - ma io non posso propormi per farla divenire tale - ma molto viva culturalmente e con un modello culturale lontano da quello americano da lui fortemente criticato, molto interessante e positivo. La formula che abbiamo scelto, con il consenso di tutta la Commissione, per la Fondazione della fotografia e le sue mostre sta riscuotendo grandissimo successo, se è vero - com'è vero - che solo ieri c'erano pagine e pagine di giornali dedicate a questa iniziativa.
L'intervento dell'Assessorato alla cultura si svolge attraverso programmi complessivi annuali, ma anche con specifiche iniziative e deliberazioni. Può essere utile, a titolo esemplificativo, ricordare le cospicue risorse ed energie impegnate per la riapertura della Pinacoteca dell'Accademia Albertina (questione sollecitata nel passato, oggi realizzata e molto importante e significativa); il Museo del Cinema alla Mole Antonelliana; il Museo dell'Uomo a Collegno, sollecitato dal Consiglio, oggetto di attenzione e sul quale siamo già alla convenzione con l'Università; il Museo dell'Agricoltura al Parco La Mandria. Così come sulle mostre: "Col ferro, col fuoco", al Mastio della Cittadella (Museo Nazionale di Artiglieria); "La magia dell'immagine", alla Promotrice delle Belle Arti (Museo Nazionale del Cinema). Ancora, le prossime mostre: "Il Piemonte fra i Grandi d'Europa: Sebastopoli, la guerra in Crimea" (Museo nazionale di Artiglieria, apertura prevista per il 30/1/1997); oppure "R.
Giocare con i rifiuti" (Museo dell'Automobile, apertura prevista per il 28/2/1997).
Questo per quanto riguarda il panorama torinese, ma l'attenzione dell'Assessorato si allarga ovviamente all'intero territorio piemontese e anche in questo caso possiamo far cenno ad alcune iniziative di particolare impegno e significato, come la Mostra su "Il Seicento a Savigliano", che si sta organizzando con il Museo Civico del Comune di Savigliano per 1998 quella su "Guglielmo Caccia, detto il Moncalvo" (1997) e "Il Guala" con il Comune di Casale Monferrato, e quella de "L'Ottocento piemontese nelle collezioni private" (Primavera 1997) con il Museo Borgogna, la Provincia ed il Comune di Vercelli. Ricordo a questo proposito che con il Comune, la Provincia e la Diocesi di Vercelli c'è una convenzione per il sistema museale, quindi una grande attenzione per una realtà locale. Ultimamente proprio a fine anno, sono stati approvati due grandi finanziamenti per le province esterne del Piemonte: un grande centro culturale ed un ulteriore stanziamento per il Grinzane Cavour, in provincia di Asti.
Altrettanta considerazione è destinata al patrimonio culturale, con piani di recupero, ma anche attività di promozione, con le quali si cerca di stimolare e sostenere le iniziative (restauri, pubblicazioni, itinerari visite guidate), che partono dal territorio: dalle Province, dai Comuni e dalle Comunità montane, dai piccoli musei, dagli istituti e dalle fondazioni, e ancora dalle Associazioni locali, dalle diocesi e dalle parrocchie).
In questi piani ed attività, che vengono descritti dettagliatamente nel programma di attività annuale, sono inseriti architetture, monumenti e collezioni museali, in alcuni casi già molto noti, ma in altri casi quasi sconosciuti e meritevoli proprio per questo di ancora maggiore attenzione da parte dell'Assessorato regionale competente: dalle residenze reali, dai castelli e dalle abbazie, già meta di un intelligente turismo culturale (Stupinigi, Racconigi, Sacra di S. Michele, Ranverso, Staffarda, ecc.) ad altri gioielli del territorio (il Castello di Costigliole, sul quale siamo intervenuti con grossa partecipazione del Presidente del Consiglio ed un lavoro svolto con diversi colleghi si è trasformato in un vero centro di importanza europea; l'Abbazia di Borgo S. Dalmazzo, la Cattedrale di Casale, la Badia di Dulzago) da recuperare e valorizzare.
Si condivide, dunque, con il Consigliere Cavaliere l'opinione che gli strumenti reali della cultura piemontese siano innanzitutto "i musei ed i monumenti di rilievo storico ed artistico". E' questa una considerazione molto giusta e centrale.
Per questo motivo abbiamo sviluppato - anche se mi scuso con il Consigliere per il ritardo con cui arriva la risposta alle interrogazioni in questo periodo una serie di nuovi accordi per il sistema museale metropolitano ed anche una proposta al Ministro Veltroni, che ho illustrato ieri in Commissione consiliare, che il Ministro stesso esaminerà e valuterà con una risposta.
Quindi le considerazioni contenute nell'interrogazione e nei dibattiti in Commissione sono diventate - per questo ringrazio la Commissione e il Consigliere interrogante - oggetto di lavoro dell'Assessorato e hanno dato dei cospicui frutti, non ultimo il riconoscimento, da parte del Ministro Veltroni, che questa è la prima Regione capace di sperimentare un sistema decentrato con un accordo di programma culturale con il Governo.
Mi permetto di dire al Consiglio regionale che il Ministro Veltroni intende individuare nel Paese tre aree privilegiate come giacimenti culturali: una al nord, una al centro ed una al sud. Per il nord non ha indicato il mitico nord-est e neanche la Lombardia, ma il Piemonte, area sulla quale impinge il lavoro dell'Assessorato alla cultura (la Reggia di Venaria, come è noto, ma non solo) e ha dichiarato che - come riportato dai giornali - ciò avviene perché ha trovato la realtà locale più preparata. Io non nascondo - e non lo taccio per piaggeria - che questo deriva anche dagli stimoli e dai ritmi di lavoro imposti dal Consiglio regionale, quindi dalla Commissione cultura e dai suoi componenti particolarmente attenti alla questione. Mi permetto anche di dire che il Presidente Ghigo e l'Assessore Gallarini hanno sempre dimostrato una grande attenzione a questi stimoli.
Restano però delle aree di cui non si occupano le istituzioni preposte a questo tipo di iniziative: celebrazioni, attività di scambio internazionali e soprattutto la politica di valorizzazione degli artisti piemontesi: maestri e giovani. In questo ambito è inserita la Mostra di Nespolo, la quale non è un primus che viene dall'alto, ma, stabilito questo contesto di interventi a cui diamo e daremo la priorità, come richiedeva l'interrogazione, a musei e centri culturali, rimangono delle aree che non sarebbero altrimenti coperte e che contano tra l'altro intelligenze importantissime, che con i lavori degli Stati Generali andremo scoprendo.
Ebbene, nel corso di questi anni l'Assessorato alla cultura ha cercato seppure con fatica, di caratterizzare ogni spazio espositivo con un genere artistico e così la Galleria S. Filippo è ora dedicata ai "giovani", è per antonomasia la Galleria dei giovani artisti; il Circolo degli Artisti ai "maestri piemontesi dell'800/'900"; l'Accademia Albertina ai "maestri dell'Accademia"; la Promotrice di Belle Arti alle "grandi mostre di artisti contemporanei". Quindi c'è una logica, un sistema, un meccanismo.
La Mostra di Nespolo rappresenta quindi solo un'iniziativa di grande rilievo, dedicata ad un artista di livello e fama internazionale - come del resto, per onor del vero, l'interrogante sottolineava - che non poteva essere oggetto di una rassegna organizzata da realtà locali, mentre era opportuno lo fosse da parte dell'Ente regionale, che ha utilizzato a questo scopo la Promotrice di Belle Arti, che già in passato, come si è detto, ha ospitato grandi mostre di artisti contemporanei con le stesse caratteristiche e tra le altre, in particolare, la rassegna di Francesco Franco nel 1992 e quella di Pinot Gallizio e di Guglielminetti nel 1993 ecc., mostre che per le loro caratteristiche tematiche e tecniche non potevano rientrare nel programma espositivo del Castello di Rivoli (che ha una sua immagine, una sua identità, ecc.), che ha tra l'altro un suo autonomo Consiglio di amministrazione ed una sua propria direzione artistica.
Ricordo a questo proposito che vi è oggi un tavolo di coordinamento che di recente è stato istituito fra tutti gli Enti locali principali, tra le Fondazioni private, pubbliche o a partecipazione pubblica e gli Assessorati. Quindi esiste, cari colleghi, un unico tavolo di concertazione che non era mai esistito e che non esiste in nessun'altra Regione d'Italia.
La nostra è l'unica Regione che ha un tavolo di concertazione così ampio.
Riferendomi all'interrogazione n. 864, ritengo utile ricordare prendendo atto e dando ragione al Consigliere per molte considerazioni fatte sull'argomento - come la Mostra dedicata a Ugo Nespolo abbia in realtà avuto 16.000 visitatori, che per Torino sono un buon numero soprattutto tenendo conto del limitato spazio temporale avuto per le visite scolastiche ed una situazione meteorologica spesso inclemente.
Appare sempre più evidente, comunque, che tra gli indicatori da considerare per valutare l'esito di una manifestazione, occorre comunque oltre al pubblico, tenere conto del riscontro da parte della stampa, che in questo caso è stato notevole. Per cui ritengo si possa dire che si è trattato di un'operazione culturale di ottimo livello, anche se le raccomandazioni del Consigliere Cavaliere saranno tenute nella debita considerazione.
Per quanto riguarda le spese sostenute, la mostra è costata L.
850.000.000, di cui L. 490.000.000 per allestimento (indispensabile per creare spazi ed ambienti per le 400 opere esposte) e gli incassi sono stati di L. 58.000.000; il costo pro capite risulta quindi, dedotti gli incassi di L. 50.000, di poco superiore al livello europeo.
Ultima considerazione. La questione di una sede per le mostre è veramente importante, perché con gli affitti pagati potremmo in effetti realizzare una sede. L'Assessore Gallarini, infatti, ha presente una nostra proposta per realizzare una sede espositiva che raccolga tutte le mostre presso il Palazzo Cavour. Quando saremo avanti con questa ipotesi la porterò in Commissione.
In ultima analisi ringrazio l'interrogante per aver consentito di porre tutta l'attenzione dovuta a questa materia, che ha avuto delle evoluzioni dal tempo della presentazione dell'interrogazione ad oggi e vuole averne ancora con un dibattito approfondito in Commissione. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cavaliere.



CAVALIERE Pasquale

Grazie, Presidente. Nonostante il cattivo audio ho ascoltato la risposta dell'Assessore alle interrogazioni che ponevano questioni quanto mai attuali.
Al di là delle risposte specifiche a specifici interrogativi, credo che la riflessione generale che si pone, e che abbiamo iniziato in qualche modo a fare in Commissione, è lo sforzo culturale della Regione, che ricaduta ha nella cultura quotidiana delle persone e in particolare - perché questo deve avvenire in una società che si rispetti - nelle giovani generazioni.
Ho il timore - non per cattiva volontà dell'Assessore e della Regione in generale - che il livello di ricaduta del nostro sforzo culturale sia troppo esiguo rispetto alle poche risorse che mettiamo in campo, che per potrebbero essere tante.
Faccio un esempio rispetto alla politica della rivalutazione dei beni culturali della nostra Regione, riprendendo una bellissima intervista rilasciata ieri da Federico Zeri, il quale affermava che finalmente si salva la Reggia di Venaria, ma è come un terno al lotto, è come mettere la mano dentro un canestro e tirare fuori un bussolotto.
Quanti altri beni lasciamo deperire nella nostra regione? Finché non si farà uno sforzo complessivo in questo campo, sarà sempre troppo poco quello che facciamo. Era solo un esempio per dire che rispetto alla cultura delle mostre, della musica, delle pitture e della cultura quotidiana che si esprime in decine e centinaia di interventi del nostro Assessorato e non solo, ho il timore che la stragrande maggioranza delle fasce giovanili non recepisca granché, in quanto priva degli strumenti per recepire certi tipi di proposte culturali. Mi domando cosa percepiscono della nostra proposta culturale i ragazzi che tirano le pietre dai cavalcavia. Questo senza giustificare in alcun modo quello che è avvenuto, ma un magistrato oggi scriveva sui giornali: "Non sapete che vuoto hanno dentro le teste questi ragazzi e come questi ragazzi siano una realtà diffusa". Davanti alla caserma di Tortona i ragazzi che gridavano "Impiccateli" erano simili ai giovani accusati del tragico episodio. Quello di Tortona è solo un esempio di una triste vicenda di cronaca quotidiana nazionale, ma pensiamo alle realtà delle periferie metropolitane (Mirafiori Sud, Vallette) in cui viene recepita la nostra proposta culturale. Questa è la riflessione che dobbiamo fare rispetto al problema. Pensate che nella zona di Mirafiori-Sud settemila giovani fanno uso di droghe pesanti. Settemila: un quartiere.
Sono anche queste le realtà a cui noi dobbiamo presentare la nostra proposta culturale, perché l'impressione è che essa venga recepita soltanto dai giovani culturalmente strutturati, aggregati in qualche modo, che purtroppo sono la minoranza.
Le recenti inchieste sociologiche hanno dimostrato che per la realtà torinese solo il 30% dei giovani è aggregata ad attività sportive parrocchiali, ecc., mentre la stragrande maggioranza non è aggregata ad alcuna realtà, quindi non ha neppure gli strumenti per recepire gli sforzi culturali che facciamo. Lo sforzo maggiore che dobbiamo fare è quello di dare strumenti anche a queste fasce giovanili. Grazie.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Leo per una precisazione.



LEO Giampiero, Assessore alla cultura e istruzione

Ringrazio molto il Presidente del Consiglio che mi consente ancora di poter garantire, non dico una risposta, ma un impegno, un attestato.
E' indubbio che la questione - notavo che tanti colleghi la seguivano con attenzione - posta dal Consigliere Cavaliere sia vitale e faccia tremare i polsi. Prendo atto che l'interrogazione nei suoi dettagli non è stata neanche più ripresa perché ovviamente la questione è molto più importante, grande e vitale.
Credo che in Commissione si sia iniziato a discutere del problema proprio con la presentazione del Piano giovani e che in generale vi sia uno sforzo globale da parte di tutti (penso ai ragionamenti fatti nei giorni scorsi con il Consigliere Riggio per il recupero della zona di Nichelino del Parco Boschetto e di altre zone con altre realtà, ma anche al ragionamento che si sta facendo a livello nazionale sulle politiche giovanili).
Credo che il Consigliere Cavaliere abbia posto una questione vitale per la nostra società. Voglio solo dire che come Regione non intendiamo sottrarci, prova ne sia - e lo dico al Consiglio regionale, la Commissione lo sa già - il fatto che è stato eletto un Coordinamento nazionale per le politiche giovanili. Per carità, è solo uno strumento, il Presidente Ghigo mi ha mandato a rappresentarlo in un incontro, ma è stato eletto un Coordinamento nazionale di sei membri per tutta Italia; di questi sei membri, uno rappresenta il Comune di Torino e un altro, benché sia la stessa area geografica, benché ci siano varie ragioni per cui si sarebbe potuto consigliare un'altra realtà, è stato indicato e scelto all'unanimità dai Comuni e dalle Province di tutta Italia a rappresentare la Regione Piemonte, perché considerata sinora - lo dico sapendo che con questo abbiamo ancora 999 passi su mille da compiere, ma siamo disponibili a percorrere quella strada, e questo, Consigliere Cavaliere, lo dico per riconoscimento a quanto lei ha affermato e a quanto ha denunciato - l'unica Regione in Italia (segue l'Emilia Romagna, che ha fatto domanda di coinvolgersi in questo coordinamento) che voglia affrontare le priorità da lei poste.
Mi permetto di dire a nome della Giunta e del Presidente Ghigo che le questioni che lei ha posto non ci lasciano insensibili: si tratta di una grande sfida a tutta la classe dirigente ed educativa di questo Paese.
Non mi soffermo oggi su alcune risposte che stiamo già cercando (la città educativa e quant'altro); dico solo che secondo me lei, fra le varie questioni, ha posto "la questione" che dobbiamo affrontare e verso la quale abbiamo l'impegno morale di non sottrarci.
Mi rivolgo a tutte le persone che hanno a cuore il destino di questa nostra società: dobbiamo affrontare questa sfida tutti insieme. La ringrazio, Consigliere Cavaliere.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione n. 832 della Consigliera Spagnuolo ed interpellanza n. 872 dei Consiglieri Chiezzi e Papandrea relative alla possibile integrazione del personale IPLA nell'ARPA (rinvio)


PRESIDENTE

Passiamo ora ad esaminare l'interrogazione n. 832 presentata dalla Consigliera Spagnuolo e l'interpellanza n. 872 presentata dai Consiglieri Chiezzi e Papandrea.
La parola alla Consigliera Spagnuolo.



SPAGNUOLO Carla

D'intesa con il collega Papandrea, abbiamo accettato che l'Assessore Cavallera ci consegnasse il testo scritto della risposta, con riserva di leggerlo e di reintervenire la prossima volta in Consiglio su questo tema in maniera esplicita.
Di conseguenza, oggi trattiamo solo questa parte, pregando la Presidenza di voler mantenere iscritte all'o.d.g. l'interrogazione e l'interpellanza, d'intesa con l'Assessore.



PRESIDENTE

Il Consigliere Chiezzi è d'accordo? Va bene.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 5) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Casari e Farassino.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge vistati dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

d) Mancata apposizione visto Commissario


PRESIDENTE

del Governo



PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge non vistati dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento: Rapporti Regione - Parlamento

Esame disegni di legge n. 250: "Proposta di legge al Parlamento 'Modifica della parte II della Costituzione della Repubblica Italiana in senso federalista'" e n. 251: "Proposta di legge al Parlamento 'Modifica della parte II della Costituzione della Repubblica Italiana'"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame dei disegni di legge n. 250, di cui al punto 6) all'o.d.g., e n. 251, di cui al punto 7) all'o.d.g.
Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi; ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie, Presidente. Per chiederle, nell'esame di questa materia che come lei sa, è composta dal disegno di legge n. 250 e dal disegno di legge n. 251, presentato dal Gruppo Rifondazione Comunista, e vedo ora da una serie di emendamenti presentati dalla Lega Nord, se sia possibile procedere nel seguente modo: poter svolgere le due relazioni presenti agli atti del Consiglio, una a seguito dell'altra, in modo che risulti chiara a tutti la materia che trattiamo, al di là del numero della legge e dell'o.d.g. in cui è stata immessa e, successivamente alle due relazioni, vedere come procedere. Farei quindi questa prima tappa in cui tutte e due le relazioni siano messe a verbale.



PRESIDENTE

Mi pare che non vi siano difficoltà. Prego solo il Presidente della Giunta, dopo la relazione dei due relatori, di fare la propria dichiarazione sulla legge.
Successivamente, siccome sono stati presentati 120 emendamenti dal Gruppo Lega Nord, sospenderei i lavori e pregherei i Capigruppo di fare una breve conferenza per vedere come regolamentare il prosieguo dei lavori.
Per la relazione al disegno di legge n. 250 ha la parola il relatore Consigliere Vindigni.



VINDIGNI Marcello, relatore

Illustre Presidente, signori Consiglieri, da anni è in atto nel Paese un ampio dibattito politico volto ad individuare le linee di una profonda riforma dello Stato nei meccanismi della rappresentanza politica e della forma di governo. Questo dibattito, che ha già portato il Parlamento a varare in due diverse circostanze Commissioni Bicamerali incaricate di fare proposte, sembra essere entrato in una fase conclusiva poiché è ormai acuta tra le forze politiche, e in generale nella società, l'esigenza di stabilire dei punti fermi nella fase di transizione politico-istituzionale che da anni travaglia il Paese.
All'approvazione in prima lettura nella scorsa estate, da parte di Senato e Camera, del disegno di legge costituzionale che prevede l'istituzione di una Commissione parlamentare per le riforme istituzionali dovrebbe seguire l'approvazione definitiva e la costituzione della Commissione Bicamerale nei prossimi giorni. La Commissione avrà il compito di elaborare progetti di revisione della seconda parte della Costituzione in particolare in tema riforma dello Stato, forma di Governo, bicameralismo e sistema delle garanzie.
I Presidenti di Camera e Senato assegneranno all'istituenda Commissione i disegni di legge e le proposte di legge costituzionali presentate entro la data di entrata in vigore della legge costituzionale istitutiva della Commissione. La Commissione Bicamerale dovrà trasmettere alle Camere, entro il 30/6/1997, uno o più progetti di legge e di riforma della seconda parte della Costituzione.
Le Regioni hanno inteso partecipare a questa significativa fase politica con un loro specifico contributo da concretizzarsi con il voto da parte dei Consigli regionali di apposite proposte di legge alle Camere. Il lavoro preparatorio per la redazione di tali proposte di legge su cui realizzare le più ampie convergenze al fine di arrivare all'appuntamento con la Bicamerale con il massimo di autorevolezza, si è svolto in due distinte sedi: la Conferenza dei Presidenti dei Consigli e la Conferenza dei Presidenti delle Giunte.
All'inizio dello scorso mese di novembre, la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, ovvero i Presidenti delle Giunte ha varato all'unanimità il testo della proposta di legge di riforma costituzionale dello Stato in senso federalista, da presentare alla Commissione Bicamerale prima del suo insediamento. Tale testo è già stato approvato da due Consigli regionali, quello dell'Emilia e della Toscana, ed è in corso di discussione presso altri Consigli, tra cui il nostro.
La discussione preparatoria è avvenuta presso la Commissione "Affari istituzionali", cui sono stati assegnati, oltre al disegno di legge n. 250 anche la proposta di legge n. 223, che ricalca le indicazioni scaturite dalla Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali, e il progetto di legge n. 251, contenente le proposte del Gruppo Rifondazione Comunista.
L'VIII Commissione è stata convocata numerose volte per esaminare i provvedimenti in oggetto. Il suo lavoro è stato fortemente condizionato dal dibattito politico in atto nel Paese, in merito alle modalità e procedure di revisione costituzionale: Bicamerale, assemblea costituente, attuazione dell'art. 138 della Costituzione. Sicché l'esame di merito dei provvedimenti ha avuto uno spazio ridotto nei lavori della Commissione.
Nel momento in cui è apparso evidente che a livello nazionale era stato raggiunto un accordo per l'approvazione definitiva della Bicamerale e del suo imminente insediamento, la Commissione ha dato una forte accelerazione ai suoi lavori, passando all'esame e alla votazione dei provvedimenti ad essa assegnati. La stragrande maggioranza dei Commissari ha dato il suo assenso al disegno di legge n. 250, che ricalca quello già approvato da Emilia e Toscana, mentre il Gruppo Rifondazione Comunista ha ritenuto di dover mantenere il suo progetto di legge, sul quale chiede al Consiglio di pronunziarsi distintamente.
In queste circostanze, il Presidente del Consiglio ha comunicato di ritirare, anche a nome degli altri firmatari, il progetto di legge n. 223 chiedendo di integrare la relazione che correda il disegno di legge n. 250 con alcune riflessioni scaturenti dall'esame che la Conferenza dei Presidenti dell'assemblea e dei Consigli regionali ha fatto sul disegno di legge in questione, durante la propria sessione tenutasi a Bolzano il 21 novembre scorso.
Tali considerazioni sono contenute nel documento allegato agli atti della Commissione e proposti a questo Consiglio. In particolare, le riflessioni prospettate a Bolzano tengono presente il progetto presentato dalla Conferenza dei Presidenti delle Giunte regionali formulando considerazioni e valutazioni che volgono nella direzione di un confronto dialettico alla ricerca di un nuovo migliore assetto costituzionale in senso federalista.
Proprio le riflessioni operate dalla Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali possono ulteriormente testimoniare alla Commissione Bicamerale che le Regioni, e in particolare la Regione Piemonte, si sono presentate all'appuntamento sulle riforme con criticità e coscienza. In tal senso, nel lavoro approvato a Bolzano, si sono espresse alcune perplessità sulla costruzione del Senato delle Regioni, come proposta dal progetto dei Presidenti delle Giunte, e precisamente sull'opportunità di trasporre meramente il modello tedesco in una realtà come quella italiana culturalmente e storicamente diversa.
Vengono pertanto valutate le possibili combinazioni sulla composizione e sulle funzioni del Senato delle Regioni, nonché le conseguenze che si possono verificare sia sul versante dello Stato sia su quello delle Regioni. In particolare, la composizione della Camera delle Regioni rappresentate esclusivamente dagli esecutivi regionali, rischierebbe di rendere discutibile la legittimazione democratica dell'organo che dovrebbe rappresentare le Regioni in Parlamento e di diluire eccessivamente la partecipazione democratica. Dall'altro lato, viene anche presa in considerazione l'ipotesi di un Senato composto mediante l'elezione diretta popolare. Tale ipotesi, però, impedirebbe un collegamento con la Regione e con le autorità regionali creando così una normale assemblea nazionale degli eletti in collegi regionali.
La via ottimale dovrebbe essere, secondo la Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali, il cercare di conciliare la legittimazione democratica e la rappresentanza dell'Ente Regione, che si riuscirebbe ad ottenere con l'elezione dei membri del Senato delle Regioni da parte dei Consigli regionali.
Questa modalità di elezione dei senatori risulterebbe molto più logica o congruente con il sistema istituzionale, in quanto un organo legislativo quale il Senato, verrebbe eletto dagli organi legislativi delle Regioni.
Per quanto invece attiene alle funzioni proprie del Senato, la Conferenza sottolinea come, generalmente, il Senato delle Regioni si è rivelato, nelle esperienze straniere, uno strumento ambiguo, non in grado di adempiere la funzione di "garante" dei diritti degli Stati federali risultando depotenziato nei suoi poteri rispetto alla Camera dei Deputati sia nelle "competenze legislative" sia nelle sue competenze "politiche".
Viene pertanto evidenziata la necessità di prevedere forme di rapporto organico tra le assemblee legislative regionali, titolari di funzioni di indirizzo politico, e il Senato delle Regioni, "portavoce" invece degli indirizzi politici regionali a livello nazionale.
La Conferenza dei Presidenti dei Consigli sottolinea quindi come sia necessario cercare di evitare la costruzione di un Senato delle Regioni con funzioni deboli nel processo legislativo e nell'azione di controllo del governo, tenendo contestualmente la diversità dei ruoli e dei poteri delle assemblee legislative e degli esecutivi.
Da quanto detto si evince che la proposta delle Regioni non potrà non essere raccordata ad una riflessione sulle modalità di rappresentanza e quindi dei meccanismi di elezione degli stessi Consigli regionali e dei loro governi al fine di evitare quella che è stata definita la diluizione della legittimazione democratica, qualora venisse mantenuto il meccanismo di formazione del Senato delle Regioni contenuto nel disegno di legge che siamo chiamati ad esaminare.
La Commissione ha ritenuto di ribadire e sottolineare la necessità che il Consiglio segua in maniera vigile e costante i lavori della Bicamerale con adeguate e tempestive comunicazioni sullo svolgimento dei lavori onde poter intervenire con propri provvedimenti, ove ciò fosse opportuno e necessario, al fine di concorrere nel modo più fecondo e costruttivo al processo di riforma in atto nel Paese, dal quale ci auguriamo scaturisca un ordinamento che riconosca alle Regioni un ruolo centrale nell'ambito di un sistema federale cooperativo.
Con tali considerazioni l'VIII Commissione ha licenziato il progetto di legge n. 250 e ne auspica una sollecita approvazione in aula.



PRESIDENTE

Ha ora la parola il Consigliere Chiezzi per la relazione al progetto di legge n. 251, presentato dal Gruppo Rifondazione Comunista.



CHIEZZI Giuseppe, relatore

In relazione al prossimo avvio dell'attività della Commissione Bicamerale per la revisione dell'ordinamento dello Stato previsto dalla Carta Costituzionale, è utile che le Regioni assumano un ruolo attivo di proposta su alcuni temi di riforme che interessano direttamente le proprie competenze e responsabilità.
A ventisei anni dalla loro istituzione le Regioni hanno accumulato un'originale esperienza di governo che, nelle sue luci ed ombre, è bene venga messa a frutto attraverso un'analisi critica che corredi l'esame del ruolo sinora svolto con alcune proposte di modifica dell'ordinamento che permettano di raggiungere una maggiore efficienza nell'organizzazione dello Stato e un deciso spostamento verso le comunità regionali dei poteri legislativi, dell'autonomia finanziaria e delle capacità amministrative degli Enti locali.
Uno Stato regionalista incardinato sullo sviluppo democratico delle autonomie locali risponde alle necessità attuali di una congrua organizzazione dello Stato che elimini sprechi, inefficienze, labirinti burocratici, scarsa democrazia lungo il percorso di sviluppo democratico indicato nei principi fondamentali della Costituzione che rimangono integri nella loro validità ed attualità, dai valori dell'antifascismo a quelli dei diritti fondamentali, politici, del lavoro, della salute e dei servizi.
Valori costituzionali che devono trovare impulso e concrete realizzazioni anche attraverso un'idonea riforma di alcuni aspetti dell'ordinamento.
Si ritiene pertanto utile predisporre la seguente proposta al Parlamento di riforma costituzionale affinché essa vada a costituire un riferimento per il lavoro della Commissione Bicamerale. La seguente proposta parte dalla necessità che il sistema delle Regioni deve essere sottoposto ad innovazioni profonde. In questi anni sovente le Regioni sono rimaste strutture estranee ad altri livelli locali di governo, considerate dal Governo centrale mero terminale del Ministero del Tesoro, prive di autonomia finanziaria, scadenti nel far fronte tempestivamente ed adeguatamente ai compiti di programmazione e di pianificazione di propria responsabilità.
In questi anni lo Stato ha sviluppato iniziative legislative invasive delle prerogative regionali che hanno subìto, anche da questo verso, una compressione delle proprie attività.
L'ipotesi di riforma che presentiamo alla discussione e al confronto intende farsi carico di punti centrali per il sistema delle Regioni: la definizione certa dei poteri regionali; l'autonomia fiscale; lo sviluppo di rapporti coesi equilibrati e di liberazione delle potenzialità amministrative delle autonomie locali; la partecipazione delle Regioni ai processi decisionali centrali, le sue forme, modalità e tempi.
La presente proposta di legge intende immettere nell'ordinamento della Repubblica una profonda innovazione: modificare l'attuale struttura dell'istituzione parlamentare, sostituendo all'attuale bicameralismo paritario il monocameralismo puro. Si ritiene che la riforma monocameralista rafforzi ed insieme razionalizzi i percorsi della democrazia rappresentativa e risponda alle esigenze inderogabili ed urgenti dello Stato democratico italiano, tra le quali si segnala un corretto rapporto tra Parlamento e Governo, oggi giunto ad un punto di stallo che deve essere rapidamente rimosso, ne fa fede la recente sentenza della Corte Costituzionale sul divieto di reiterazione meccanica dei decreti legge.
La riforma monocamerale del Parlamento corrisponde ad obiettivi di efficienza e logica funzionale e democratica che valorizzino lo strumento più espressivo e più alto della democrazia rappresentativa nel nostro Paese.
Rimane il problema relativo ad uno spazio istituzionale proprio delle Regioni. Si tratta di un problema aperto, al quale si potrebbe fornire la risposta di attribuire ai Consigli regionali il potere di intervento sul corso stesso dei procedimenti legislativi su materie direttamente e indirettamente rilevanti per le autonomie regionali.
Un punto rilevante di questa proposta di legge è il rovesciamento che viene operato tra competenze dello Stato e competenze delle Regioni.
All'art. 70 della Costituzione la nostra proposta individua le competenze proprie dello Stato, mentre l'art. 117 stabilisce che la Regione ha competenza legislativa nelle materie che non sono riservate allo Stato.
Abbiamo rivisitato anche la stessa materia dei referendum, in particolare aggiungendo all'art. 71 della Costituzione la periodizzazione (un anno) di discussione da parte dell'assemblea nazionale dei progetti di legge di iniziativa popolare; ove ciò non avvenga, i progetti di legge di iniziativa popolare sottoscritti da almeno un milione di elettori possono essere sottoposti a referendum. Ancora: proponiamo un nuovo art. 75 della Costituzione dove viene stabilita la possibilità di indire referendum popolare abrogativo per leggi o parti di esse quando a farne richiesta siano un milione di elettori o cinque Consigli regionali.
All'interno del complesso di queste normative, in parte innovative e in parte di semplice sistemazione, ci pare opportuno richiamare i punti centrali del nuovo art. 119 bis. Alle Regioni competono, secondo i principi stabiliti dalla legge organica: a) tributi propri istituiti e regolati dalle leggi regionali b) sovraimposte e addizionali su tributi erariali c) proventi derivanti dalla vendita di beni e servizi d) quote di partecipazione al gettito prodotto nelle singole Regioni da tributi erariali, con particolare riferimento alle imposte indirette.
Si tratta anche in questo caso di un'innovazione richiesta dal movimento regionalista e che ovviamente può e deve subire un ulteriore approfondimento per valutarne grado, modi e tempi di attuazione. Un impianto di questo tipo impone ovviamente una discussione approfondita e un non rituale confronto di idee.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Chiezzi, per la sua relazione.
La parola al Presidente della Giunta, Ghigo.



GHIGO Enzo, Presidente della Giunta regionale

Farò una brevissima relazione sul disegno di legge presentato ed approvato dalla Commissione competente.
Ringrazio prima di tutto il Presidente Vindigni per la relazione che ha esposto in aula. Naturalmente non entrerò negli aspetti tecnici che sono già stati illustrati, ma tenterò di trasferire a voi il significato che ha portato i Presidenti delle Regioni italiane in senso unanime, sia quelli del Polo che quelli dell'Ulivo, ad approvare un testo unico. E' stato chiaramente uno sforzo non indifferente, come potete bene immaginare perché le divergenze su un tema così importante erano molte e invece attraverso uno sforzo di volontà e una presa di coscienza del momento particolare che vive il nostro Paese, dell'importanza di trasferire delle proposte fattibili su un tema come quello delle riforme della nostra Costituzione, si è fatto sì che i Presidenti trovassero, dopo un'approfondita, ampia ed articolata discussione, una linea comune e che trasferissero all'approvazione dei Consigli regionali un testo unico di riforma.
Questo testo naturalmente riguarda la riforma dello Stato e non prende minimamente in considerazione la riforma di Governo, che invece è argomento che noi riteniamo debba essere affrontato e risolto nell'ambito della Commissione Bicamerale.
Perché la riforma di Governo non è stata presa in considerazione? Perché, in realtà, gli esempi che sono sotto gli occhi di tutti stanno a dimostrare che è cosa diversa stabilire una riforma di Governo, che poi pu dare luogo, e nel mondo ci sono casi di questo genere, a delle forme di governo diverse tipo quella degli Stati Uniti, dove c'è uno Stato federale con un presidenzialismo, oppure quella tedesca dove c'è uno Stato federale con un semipresidenzialismo, o meglio un bicameralismo, mi correggo addirittura esasperato.
Mi permetto di leggervi una paginetta di considerazioni, dopodiché vi trasferisco ancora qualche elemento di carattere personale nel tentativo di invitarvi ad assumere, in questo momento particolare, un atteggiamento che ritengo utile non solo alla Regione, ma a tutto il Paese.
"In Italia si parla di riforme istituzionali ormai da tanto tempo, da quindici anni forse. E le riforme non arrivano mai. Le uniche riforme fin qui realizzate sono quelle relative al sistema elettorale, adottate sotto la spinta del movimento referendario. Annunciare le riforme, senza attuarle, alla lunga diventa pericoloso. Altrettanto pericoloso è modificare in senso maggioritario, come si è fatto, i sistemi elettorali senza prevedere un corrispettivo adeguamento delle istituzioni di governo.
La tredicesima legislatura è la terza legislatura avviata dopo il crollo del sistema dei partiti.
Non deve accadere che anche questa legislatura si risolva in un nulla di fatto sul piano della riforma dell'assetto istituzionale.
Se ciò accadesse, l'Italia verrebbe davvero spinta sull'orlo del baratro.
Corrisponde quindi ad un bisogno vitale del Paese il fatto che in questa legislatura si realizzino le riforme istituzionali necessarie a dare all'Italia un sistema funzionante di governo. Entro il prossimo giugno 1997 la Commissione Bicamerale deve presentare le proposte di riforma costituzionale al Parlamento, in maniera di dare vita al nuovo assetto costituzionale della Repubblica a partire dall'1/1/1998, esattamente cinquant'anni dopo l'entrata in vigore della prima costituzione dell'Italia repubblicana.
Perciò le Regioni, all'interno di un quadro comune di principi e di iniziative, avanzano autonomamente proposte legislative di riforma".
A proposito del progetto di legge dei Presidenti delle Giunte regionali, devo dire che la Commissione del Consiglio regionale ha già dato il suo parere positivo e io mi auguro lo faccia anche il Consiglio regionale.
"Le Regioni presentano questa proposta lanciando un vero e proprio appello alle forze politiche e parlamentari.
E' urgente e necessario riformare l'Italia, se vogliamo assicurare al nostro Paese un destino unitario nel nuovo millennio ed un ruolo da protagonista nello scenario europeo.
Occorre quindi superare i particolarismi, gli egoismi, i conflitti ideologici e promuovere uno scatto costituente della classe dirigente italiana".
Questo è quello che hanno fatto i Presidenti delle Regioni.
Naturalmente sul contenuto della proposta ognuno potrà avere le sue visioni, i suoi ripensamenti, le sue opinioni; ma è indubbio, e mi preme sottolinearlo, e credo che di questo venga dato atto ai Presidenti delle Regioni, come del resto ai Presidenti del Consiglio, che nell'ambito della discussione hanno ritirato il loro progetto partecipando a questo spirito costituente di cui si sono fatti carico i Presidenti delle Regioni. Il fatto che venti Presidenti delle Regioni abbiano trovato una convergenza su un testo unico ritengo sia un aspetto di grandissima importanza.
"Con la presente proposta, riferita esclusivamente al problema della modifica dello Stato, le Regioni italiane portano a sintesi unitaria le diverse posizioni politiche che caratterizzano gli schieramenti di governo delle singole Regioni. Ciò significa che le Regioni, approvando la presente proposta, stipulano tra loro un patto per le riforme e agiscono, per le questioni di loro competenza, in qualità di soggetti che assumono il profilo costituente come impegno prioritario della classe dirigente italiana.
Qui si è realizzato un accordo tra le Regioni governate dai diversi schieramenti politici, sulle questioni della modifica della forma di Stato nella convinzione che solo dopo avere definito l'impianto del nuovo assetto istituzionale, la riallocazione dei compiti tra i diversi livelli di governo e il profilo dell'assetto federale della Repubblica, può svolgersi utilmente il confronto tra le diverse ipotesi per quanto riguarda la definizione della forma di governo".
Ma anche per quanto riguarda la suddivisione e l'attribuzione di competenze tra gli Enti locali credo sia importante, prima di entrare nel merito di questa discussione, stabilire il tipo di struttura, dopodiché si apre immediatamente la discussione, nell'ambito di questo tipo di struttura quale tipo di suddivisione di competenze tra i vari Enti locali, quale tipo di governo e quale tipo di metodo elettorale, perché tutti questi aspetti purtroppo, in questo momento stanno ognuno andando per la propria strada creando delle situazioni sicuramente non organiche ad un disegno che invece lo deve essere.
"Con la presente proposta le Regioni italiane compiono quindi un atto di responsabilità, nell'interesse del Paese. Lo stesso atto di responsabilità che devono compiere, per quanto riguarda la riforma complessiva del sistema di governo, le forze politiche e parlamentari sul piano nazionale".
Voglio ricordare che il nostro sistema è composto da 20 Regioni, 103 Province, 8.100 Comuni, perciò modello di Stato, organizzazione dello Stato, discussione e suddivisione delle competenza, metodo elettorale.
A proposito delle forze politiche rappresentate anche in questo Consiglio, vorrei fare un appello di un fatto di cui siamo venuti a conoscenza in questi ultimi giorni e portato all'attenzione dal Ministro Bassanini nell'ultima Conferenza Stato-Città-Regioni. Nel disegno di legge Bassanini - disegno di legge che stabilisce quali sono le competenze dello Stato al di fuori delle quali la competenza è affidata agli Enti locali bisognerà decidere poi in che modo - discusso al Senato e poi inviato alla Camera, per una pressione delle varie forze politiche, in senso indifferenziato, sia di governo che di opposizione, è stato inserito un subemendamento all'art. 1 che, non solo io, ma tutti i Presidenti delle Regioni, i Presidenti dell'ANCI e dell'UPI, hanno considerato come elemento controcorrente rispetto alla volontà di riforme. Si tratta della tutela dei beni culturali ed artistici, che di fatto sono stati reinseriti sotto la competenza specifica dello Stato.
Questo naturalmente è un elemento che nella stesura originaria del disegno di legge Bassanini non c'era. E' stato inserito per specifica volontà dalle forze politiche rappresentate a Roma nell'ambito della Commissione in senso ampio. Cioè gli emendamenti sono stati presentati sia da parlamentari della maggioranza sia da parlamentari dell'opposizione. E' un elemento che, nel momento in cui il Consiglio regionale approvasse il disegno di legge, approderebbe alla Bicamerale, dove poi troveremo tutte quelle resistenze, non illudiamoci, particolari di singoli parlamentari o senatori.
Ho apprezzato molto l'atteggiamento del Presidente del Consiglio e dei Presidenti dei Consigli che, proprio assumendo questo spirito costituente hanno in un certo senso considerato utile ritirare il loro disegno di legge, anche se - come nella relazione del Presidente è stato citato accompagnerà il disegno di legge presso la Bicamerale. Ciò sta a significare che lo spirito costituente, la volontà attraverso le Regioni di rappresentare una proposta, che chiaramente verrà poi articolata e discussa nell'ambito della Bicamerale, sono stati interpretati.
Sapendo che sono stati presentati degli emendamenti su questo disegno di legge e che c'è un altro disegno di legge presentato da un'altra forza politica, vorrei sottoporre ad attenta riflessione l'assoluta necessità che ci sia una voce forte delle Regioni nell'ambito della Bicamerale.
Diversamente, non avremmo neanche un termine di paragone, non avremmo neanche la possibilità di interloquire con la Bicamerale su un progetto che è espressione delle Regioni; questo è un elemento che reputo di grande importanza ed assolutamente necessario.
Voi sapete, oltretutto, che i tempi per dare un significato all'approvazione di questo disegno di legge sono stretti, non possiamo demandare l'approvazione di questo disegno di legge a domani o a dopodomani, dobbiamo chiaramente approvarlo possibilmente entro oggi perché la Bicamerale viene costituita domani e di conseguenza saremmo fuori tempo massimo con il rischio di non accodarci alle Regioni Toscana ed Emilia Romagna che hanno già approvato questo disegno di legge; le Regioni Veneto e Lombardia hanno seduta di Consiglio oggi, esattamente come noi altre Regioni sono in fase di approvazione.
Credo che la compattezza delle Regioni sia molto importante, in un momento in cui, forse anche per leggerezza, alte cariche dello Stato interferiscono sui nostri referendum, anche se in realtà Palazzo Chigi oggi ha già diramato una nota in cui modifica, o per certi versi scusa l'interferenza avvenuta ieri. Ieri, cioè, il Presidente Prodi ha fatto degli apprezzamenti sui referendum proposti dalle Regioni che ancora devono essere approvati dalla Corte Costituzionale, fatto non usuale, visto e considerato che i commenti eventualmente possono essere fatti in una fase successiva, dopo che la Corte Costituzionale si è espressa sull'ammissibilità o meno dei referendum, ma questo è un Paese in cui succede di tutto. Credo che come Regione, avendo assunto questo profilo costituente - che mi auguro che ogni Consigliere presente in quest'aula faccia suo - dobbiamo dimostrare di essere in grado di fare delle proposte serie, da cui parta una discussione, perché - non illudiamoci - il percorso di riforma costituzionale sarà molto articolato, molto difficile. E' importante che questa discussione parta da un documento che le Regioni italiane hanno sottoposto in senso unanime alla Bicamerale.
Mi permetto di chiedere a questa assemblea di fare alcune riflessioni su questi spunti che mi sono permesso di trasferirvi e di trarne il convincimento che è importante approvare, entro oggi, questo disegno di legge. Grazie.



PRESIDENTE

Prego i Presidenti dei Gruppi di riunirsi in Sala A. E' convocata anche la Giunta delle Elezioni.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 11,50, riprende alle ore 12,55)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Ha chiesto la parola il Consigliere Rosso; ne ha facoltà.



ROSSO Roberto

La proposta di legge al Parlamento sottoposta oggi alla discussione e alla valutazione non può trovare il consenso del Gruppo consiliare Lega Nord per l'Indipendenza della Padania per tre precise ragioni di metodo e di merito, che qui si sintetizzano.
1) Sul piano del metodo e della lealtà politica non appare corretta l'impostazione adottata in quanto il dibattito sulla cosiddetta "riforma della Costituzione vigente", pur essendo entrato ormai nel suo diciasettesimo anno di vita, non ha ancora portato ad alcun risultato. Del tutto privi di influenza sono stati, infatti, i lavori di due Commissioni Bicamerali (Bozzi, 1983/1984; Jotti, 1992/1994) e c'è non poco scetticismo in vista del varo imminente della III Commissione Bicamerale.
In questo quadro di stagnazione di idee e di incapacità operativa si colloca anche la proposta di legge al Parlamento elaborata dalla Commissione della nostra Regione che, come sappiamo, è in questi momenti in esame in tutte le Regioni d'Italia. Essa ha operato un puro assemblaggio di materiali giuridico-politici eterogenei, che in nessun modo possono indicare una via per un qualsiasi federalismo. Si deve, invece, constatare che lo stesso termine federalismo è stato così usurato che ormai purtroppo, è diventato un rituale.
La proposta di legge al Parlamento ha in particolare il demerito di prescindere completamente dagli unici contributi autenticamente federalistici, che nel tempo sono stati elaborati dalla Lega Nord sia a livello interno sia di opinione pubblica (dalla Costituzione "di Genova" nel 1994 sino alla recente proposta della Comunità politica della Padania) sia anche a livello di iniziativa legislativa (dalla relazione finale del Comitato Speroni alla proposta di disegno legge Costituzionale n. 1304 al Senato della Repubblica, presentata nel 1995).
E' insegnamento costante della cultura giuridico-politica che lo Stato federale ha il carattere di "Stato composto" perché esso è costituito dal collegamento durevole ed organizzato di più Stati, i quali continuano a conservare la loro "statalità", ossia le loro caratteristiche di Stati anche se formano un'Unione ad essi sopraordinata. Lo Stato federale è quindi, definito costantemente in dottrina come "Stato di Stati". Se ci non avviene, come per esempio in questa proposta, neppure in linea teorica non è proprio il caso di parlare di "riforma" in senso federale soprattutto se il riformando è uno Stato centralista come quello italiano. Non è neppure il caso di parlarne anche se, a livello istituzionale sempre più alto, il 1997 è iniziato il 7 gennaio con gli appelli del Presidente della Repubblica, del Presidente del Consiglio e dei Presidenti di Camera e Senato a fare con urgenza e congiuntamente "le riforme" per il cosiddetto federalismo. In realtà, è solo stata colta l'occasione del bicentenario della bandiera tricolore, per discutere soprattutto di "insalata italica" un tempo si sarebbe detto insalata russa, oggi occorre aggiornarsi! Non essendo stato raccolto l'invito della Lega Nord a dare vita, attraverso un diffuso e partecipato processo democratico di consultazione ed autodeterminazione popolare, a quella pluralità di Comunità politiche (in primo luogo la Padania), che sole possono dare concretezza giuridico politica al federalismo, è risultato che non si sta operando per le riforme, ma solo per una lunga quanto inconcludente chiacchiera.
La proposta di legge al Parlamento in esame sul piano metodologico ricalca pedissequamente le orme di un dibattito che aveva, forse, un senso quando si sviluppò negli anni '80, e che riguardava l'efficienza e il miglioramento dell'organizzazione regionale. Poiché quel dibattito a nulla portò di concreto, perché le Regioni furono dalla Costituente modellate con una partizione di uno Stato che era (e restava) centralista, la proposta di legge al Parlamento in esame non fa altro che continuare in questa impostazione, metodologicamente scorretta sotto il profilo giuridico politico e sleale dal punto di vista della trasparenza politica. Essa infatti, vuole prospettare come federale un modello costituzionale che è invece, quello ibrido ed inefficiente del regionalismo italico, entro il quale non vi sono mai stati e non vi sono ora "elementi di federalismo" come invece si va dicendo in maniera propagandistica.
Da questa premessa discende chiaramente che una forza politica come la nostra, che si è costantemente battuta per ridare voce ed iniziativa alla volontà popolare e riformare nel senso moderno dell'autogoverno le diverse Comunità che compongono il Paese, non può riconoscersi in un disegno che è conservatore del peggio che l'ordinamento costituzionale racchiude.
2) Sul piano dei contenuti di orientamento e di indirizzo, la proposta di legge al Parlamento è, inoltre, inaccettabile in quanto concerne unicamente la "Parte seconda" della Costituzione, mentre una seria ed aggiornata revisione costituzionale non può ormai riguardare che l'intera Costituzione, cioè anche gli articoli di principio e quelli riguardanti i diritti e i doveri dei cittadini (e quindi bisognerebbe mettere mano, se volessimo veramente riformare questa nostra Costituzione, anche agli articoli che vanno dall'1 al 54).
In ordine alla revisione totale della Carta del 1948 occorre avere grande chiarezza di impostazione. Infatti, non si può non considerare che dal punto di vista tecnico-giuridico, come già aveva scritto Piero Calamandrei (1955), interventi rilevanti come quelli che si vorrebbero operare sull'ordinamento e l'organizzazione della Repubblica esigono revisioni significative anche dei principi fondamentali e della "Parte prima" della Costituzione.
La dogmatica immodificabilità degli articoli dal n. 1 al n. 54 si scontra non solo con la lettera della Costituzione, ma soprattutto con la lettera e lo spirito dell'art. 138 della stessa, il quale ha previsto sia la rigidità della Carta che le modalità rigorose e qualificate di garanzia per la revisione di ogni parte della Costituzione.
Sul piano sociale e culturale non è poi da trascurare il fatto che gli articoli dall'1 al 54 della Costituzione, con il loro carattere tendenzialmente totalizzante, appaiono sempre più lontani dalle esigenze contemporanee che, alle soglie del nuovo millennio, richiedono una vera e propria rielaborazione etico-culturale ed una riformulazione tecnico giuridica assai più sintetica e, soprattutto, più seriamente garantista dei diritti della persona e di quelli dei cittadini e delle loro comunità. Una simile opzione, che è originale e propria della Lega Nord e della tematica sviluppata dalla Padania, intende affermare come rilevanti taluni elementi di novità politica e culturale, emersi successivamente all'entrata in vigore della nostra Costituzione. Essi riguardano, ad esempio l'autodeterminazione dei popoli; il diritto dei popoli e dei territori a sviluppare le proprie identità storiche, morali ed economico-sociali l'affermazione come metodo costituzionalmente garantito del principio di sussidiarietà che è proprio dell'Unione Europea e che deve essere operante in modo non derogabile a tutti i livelli istituzionali interni ed europei.
Vi è, in parallelo, l'esigenza di affermare una rigorosa garanzia costituzionale per le autonomie, intesa, come ha già fatto la più recente Costituzione della Spagna, come il riconoscimento del diritto all'autogoverno da parte dei popoli, dei territori e delle Comunità inclusi nelle attuali e storiche forme delle statalità esistenti.
Va anche affermata la necessità che il libero mercato, il libero sviluppo del lavoro, dell'impresa, della produzione e del risparmio siano dichiarati costituzionalmente valori primari per la libertà della persona e per lo sviluppo e la coesione della società. Ha poi enorme attualità e rilevanza l'affermazione di un rigorosissimo vincolo costituzionale che escluda in modo esplicito ed inequivocabile lo sfruttamento fiscale dei contribuenti e dei produttori e, quindi, ponga dei precisi vincoli di bilancio. Vi è l'urgenza di affermare in termini adeguati alle nuove tecnologie dei media la garanzia costituzionale che la libertà di informazione ed il rispetto di tutte le posizioni di pensiero non vengano negati dall'esistenza e dal dominio di strumenti monopolistici pubblici o privati. Infine, di fronte allo sfacelo dell'apparato burocratico, si pone come esigenza primaria ed indifferibile la richiesta sempre più pressante di una garanzia costituzionale molto marcata circa la competenza, l'onestà e l'imparzialità dell'amministrazione pubblica. Una revisione costituzionale dell'intera prima parte della Costituzione che dia rilevanza costituzionale a questi essenziali e nuovi principi rappresenta, a nostro avviso, certamente la migliore garanzia che la modernizzazione e lo sviluppo delle istituzioni possano davvero realizzarsi in modo concreto e verificabile. D'altronde, il dibattito ideale, culturale e politico in corso da anni si è sviluppato attorno a questi principi innovatori ed il contributo della Lega Nord è stato in questa direzione determinante ed è riconosciuto ormai anche a livello internazionale. Ma di questo notevole fermento di idee e di proposte, che costituisce l'aspetto positivo dell'indubbia e gravissima crisi italiana, non c'è traccia nella proposta di legge al Parlamento in esame e questa arretratezza della cultura istituzionale non può che colpire negativamente in quanto essa sottolinea ancora una volta l'abisso che ormai separa il Paese che lavora, produce e vuole progredire rispetto a queste istituzioni.
3) Anche sul piano della nuova proposta organizzativa della Repubblica non ci sembra, infine, che la proposta di legge al Parlamento dia un contributo apprezzabile. Ad un disegno non chiaro in senso riformatore e federalistico non poteva, infatti, che corrispondere una sempre più complicata e caotica articolazione dello Stato. Abbiamo già detto che sul piano dei fatti il federalismo è la nuova organizzazione della Repubblica che modernizza e rende democratiche ed agibili tutte le strutture pubbliche. In questa proposta di legge al Parlamento vediamo molte velleità, molto centralismo, soprattutto a danno degli Enti locali, e molte confusioni. Vediamo, ad esempio (art. 7, sostitutivo dell'art. 70 della Costituzione), un'inedita quanto preoccupante distinzione tra le "leggi federali" (che sarebbero quelle approvate dalla Camera dei Deputati) e le "leggi nazionali" (che sarebbero, invece, quelle approvate dalla Camera dei Deputati e dal Senato federale). Non si capisce perché si voglia appesantire ulteriormente un processo legislativo che in Italia è già mostruoso e che ha generato (con circa 250 mila leggi contro le poco più che 7 mila francesi e le meno di 6 mila tedesche) la crisi spaventosa della statalità che tutti abbiamo sotto gli occhi. Ma a questo punto il nostro giudizio deve riportare al federalismo che ci è stato negato e che ora ritorna impetuoso sotto la spinta duplice dell'integrazione europea e dei gravissimi danni che provengono a tutti dal mancato rinnovamento interno.
Il non avere voluto mai discutere la filosofia pubblica ispiratrice della Costituzione (artt. 1/54) rende ora impossibile delineare un quadro normativo ed istituzionale nuovo e convincente, capace di garantire operativamente un autentico federalismo. Da qui è scaturita quella concezione della riorganizzazione sociale e territoriale che ha visto la Lega Nord privilegiare sempre più l'ipotesi di un federalismo per separazione centrato sulla Padania, ma che non trascura affatto le altre Comunità italiche come la Toscana, la Sicilia, la Sardegna, il Mezzogiorno peninsulare. Non va, infatti, dimenticato che la Padania, piaccia o meno, è una Comunità naturale, culturale ed economico-sociale ben vitale ed esistente come ha posto in luce da tempo un'assai qualificata letteratura politico-istituzionale europea ed italiana (dall'IRER, 1989, alla Fondazione Giovanni Agnelli, 1992).
La Lega Nord, ponendo nell'ambito della ricerca e della discussione istituzionale e dell'azione politica l'opzione per la Padania come rottura del centralismo burocratico e statalista, ha espulso dal ventaglio delle ipotesi riformatrici le concezioni fiacche e deludenti del regionalismo ed ha introdotto, secondo la più aggiornata dottrina giuridico-politica europea ed internazionale, l'ipotesi ben nota di un federalismo che si realizza per separazione. Esso è concretamente riferibile al recentissimo modello belga. Si tratta di una proposta che afferma come prioritaria e preliminare per la costruzione federale l'affermazione concreta dell'autonomia e delle identità delle Comunità che dovranno federarsi.
Poiché non esiste un solo modello di federalismo ma ne esistono, invece molti ed ancora più ne esisteranno in futuro, dati i processi di sviluppo delle identità comunitarie che sono in atto ovunque nel mondo, è evidente che questo federalismo per separazione non solo è legittimo in base al principio della sovranità popolare ed a quello internazionalmente riconosciuto di autodeterminazione dei popoli, ma nella situazione istituzionale della Repubblica esso si presenta ormai come l'unico elemento capace di innovazione. Capace, quindi, di salvaguardare e migliorare notevolmente le condizioni di vita dei cittadini.
La svolta operata dalla Lega Nord in questa direzione propone, perci di fronte alla mancanza di qualsiasi altro accenno credibile di riforma, un elemento di rilievo sotto il profilo dell'iniziativa. Esso tiene soprattutto conto dell'evoluzione del federalismo istituzionale in società composite, complesse e plurali come sono quelle altamente sviluppate cui appartiene anche l'Italia (si richiamano ad esempio, oltre al Belgio, anche il Québec-Canada e, in parte, la Spagna).
Una simile impostazione va, dunque, attentamente valutata sia tenendo conto della realtà effettiva della Padania, sia della sua enorme importanza per tutte le aree italiche e per l'integrazione identitaria, istituzionale ed economico-sociale europea. Certamente si tratta di una proposta radicale e coraggiosa, che esige una profonda revisione degli artt. 5 e 70 dello stesso Titolo V della Costituzione i cui articoli, dal 114 al 133, sono irrecuperabili ad una prospettiva di riforma costituzionale in senso realmente federalista dato il centralismo di carattere regionale che li caratterizza e che la proposta di legge al Parlamento in esame addirittura amplia ed aggrava.
Riflettendo, quindi, su quanto abbiamo analizzato e valutato risulta evidente che occorre modificare al più presto la filosofia pubblica che ha retto sinora la Repubblica. Non si tratta di un problema teorico e lontano ma molto pratico ed attuale, giacché la Costituzione del 1948 non è mai stata approvata direttamente dal popolo sovrano. La nuova Costituzione che noi auspichiamo per tutti i popoli, territori e Comunità del Paese non pu invece, che fondarsi su una libera e leale consultazione popolare che ridia ad ogni cittadino il diritto di compiere scelte chiare su opzioni precise.
L'alternativa non è, quindi, tra una pretesa riforma come quella contenuta nella proposta di legge al Parlamento e l'attuale immobilismo. Questa è una rappresentazione deformata di una realtà che è, invece, molto più lineare e condivisa e che vede come protagonista la Lega Nord e le sue proposte.
Infatti così essa è percepita ormai da milioni di cittadini sovrani, ai quali le regole della democrazia esigono venga data la possibilità di esprimersi referendariamente. L'alternativa è, infatti, tra la ricentralizzazione partitocratica e burocratica che sta avanzando in modo preoccupante in un clima di restaurazione e, come noi postuliamo, la fondazione di adeguate e sovrane Comunità politiche di popoli e di territori che vogliono operare nel quadro dell'Europa e dei suoi valori.
A proposito di questa proposta di legge al Parlamento, noi abbiamo presentato 110 emendamenti, che riassumono la posizione della Lega Nord che rappresentano esattamente la Costituzione che vorrebbe la Lega Nord e che vorrebbero molti dei cittadini padani. Noi abbiamo avuto un approccio differente dal resto del Consiglio regionale, sostenendo che, se veramente vogliamo andare verso il federalismo, occorre mettere mano e riformare tutta la Costituzione.
Pertanto, cinquanta dei nostri emendamenti hanno il compito di dare alla Bicamerale un preciso segnale, e cioè: "Cari signori, per carità, voi riceverete tante proposte, discuterete su molte ipotesi, ma non arriverete ad alcuna conclusione se non farete una Bicamerale che possa coprire l'intero arco degli articoli della Costituzione". Quindi, i primi cinquanta emendamenti espongono come noi vorremmo modificare la prima parte della Costituzione.
Pensavo di poter illustrare tali emendamenti uno per uno, ma si è ritenuta più opportuna un'illustrazione generale - anche se non ero pronto per tale eventualità, chiedo scusa - per cui farò solo degli accenni su quello che la Lega Nord pensa si dovrebbe inserire nella prima parte della Costituzione.
Sicuramente il primo punto della trattazione dovrà essere il discorso del diritto all'autodeterminazione dei popoli. Noi non possiamo accettare che certi Magistrati, dopo la grande manifestazione della Lega Nord sul Po dicano che l'Italia non si può dividere. Noi accettiamo che si dica che l'Italia non si deve dividere, perché è una posizione politica, ma i dogmi non li accettiamo, né accettiamo che lor signori - la classe politica romana - si rifiutino di sottoporre a referendum grandi tematiche come quella della natura dello Stato di cui si vuol far parte o di quale Costituzione ci si voglia dotare.
Voglio ricordare che è il popolo che sceglie la propria Costituzione e che ogni cittadino ha il diritto inviolabile di poter decidere dove andare dove stare, da chi farsi governare. Ma in Italia oggi questo non è possibile, cosicché il punto principale della nostra proposta di riforma costituzionale consiste nella sottolineatura del diritto all'autodeterminazione dei popoli tramite l'inserimento in Costituzione del referendum propositivo.
Inoltre, vorremmo che finalmente si capisse e fosse inserito in Costituzione il fatto che l'Italia non esiste come popolo, né è mai esistita in tal senso: l'Italia è una costruzione artificiale al cui interno esistono dei popoli, da quello siciliano a quello piemontese. A tal proposito, faccio notare che l'Unione Europea riconosce le varie lingue regionali (siciliana, veneta, piemontese, ecc.) dando loro un'importanza primaria, addirittura sostenendo che occorre tutelare tali lingue minoritarie.
Questa è una delle prove che l'Italia non esiste come popolo, ma come unione di più popoli. E' questo uno dei motivi fondamentali per cui in Italia dovrebbe essere introdotto un vero federalismo fiscale e politico senza accordi di inciucio tra destra e sinistra e tra i Presidenti delle Regioni di Polo e di Ulivo, che si sono messi d'accordo per cambiare tutto per poi, infine, non cambiare niente.
Dopodiché vogliamo inserire il principio di sussidiarietà all'interno della prima parte della Costituzione. Attraverso alcuni articoli vogliamo dare il massimo potere alle Regioni e agli Enti locali, ma non come avviene nella proposta di legge al Parlamento, dove non si capiscono bene le attribuzioni dei poteri e dove molti dei poteri che in questo momento ha lo Stato comunque rimarrebbero di competenza o di questa fantomatica Camera dei Deputati o dell'altro Senato federale.
Noi vogliamo invece una forma di Stato in cui il centro abbia pochissime deleghe e le Regioni abbiano tutto il potere fiscale e politico.
Non ci sta affatto bene ricevere delle deleghe dal Governo, perché il federalismo di Prodi - tanto per citare qualcuno - è un federalismo per deleghe e, tra l'altro, sposta dei doveri del Governo centrale (quindi doveri della pressione fiscale) sulle Regioni, così la brutta figura di esercitare il prelievo fiscale e di aumentare le tasse la faranno le Regioni, ma le leggi che destinano questi prelievi le emanerà sempre Roma.
Su questo non siamo assolutamente d'accordo.
Pertanto, bisogna riformare tutta la Costituzione, perché non possiamo più accettare il centralismo burocratico di tutti i partiti italiani presenti sul territorio nazionale. Conosco infatti dei Consiglieri regionali e dei parlamentari di altri partiti che sono d'accordo su questa impostazione, ma che si scontrano anche loro con il centralismo della gestione dei partiti. A capo di questi partiti non ci sono persone che sono d'accordo con la Lega Nord sul fatto che non si deve svicolare e che bisogna fare il vero federalismo, ma c'è il peggio del peggio: la vecchia classe politica del centro-sud, che non ha voluto smuoversi e continua a comandare a Botteghe Oscure come da qualche altra parte. Persino alcuni nostri colleghi, anche se magari non lo dicono, in questa sede, al di fuori del Consiglio dichiarano che non c'è possibilità di dare il giro a questo centralismo, determinato dalla classe politica del centro-sud.
Colleghi, i cittadini del sud e del nord vorrebbero il federalismo vero, vorrebbero una riforma, ma finché questo Governo e i Governi che l'hanno preceduto continueranno a prelevare dal nord per poter mantenere l'assistenzialismo al sud, saranno inchiodati da questi signori romani. I cittadini del sud vorrebbero ribellarsi, ma sono ricattati dalle promesse delle false pensioni di invalidità e dei posti di lavoro (ad esempio, i 30 mila forestali della Calabria e i 30 mila dipendenti della Regione Sicilia). Allora ti obbligano ad un voto di scambio e i cittadini del sud non hanno il coraggio di alzare la testa.
Noi al nord possiamo alzare la testa, ma non con questo sistema, non con questa proposta di legge al Parlamento. Con questa proposta di legge al Parlamento abbiamo semplicemente dato ragione a quei partiti comandati da Roma che hanno voluto l'istituzione di questa Bicamerale, la quale non ha voluto prendere in esame la prima parte della Costituzione e che finirà come le altre due: senza nulla di fatto, spostando avanti nel futuro, com'è usanza italiana, cioè rimandando tutto ciò che si può rimandare. In questo modo sposteremo nuovamente il federalismo vero avanti nel futuro e Prodi pensa che quattro anni passano in fretta, che poi toccherà a qualcun altro forse al Polo, risolvere questi problemi per poi scaricarli a loro volta ad altri.
Ho già parlato di diritto di autodeterminazione; poniamo anche attenzione alla totale autonomia degli Enti locali, che non viene assolutamente presa in considerazione, se non in modo molto machiavellico in questa proposta di legge al Parlamento.
Senza leggere articolo per articolo, questi sono i principi che hanno ispirato la Lega Nord nel proporre gli emendamenti e nel proporre i progetti di legge che presenteremo alla Bicamerale; progetti che comunque per dare un segnale chiaro, conterranno anche la riforma della prima parte della Costituzione.
Faccio un appello a questo Consiglio regionale. Cerchiamo di lavorare ognuno per il proprio partito, per le proprie idee, ma cerchiamo di cominciare a svicolarci dal potere romano. Noi siamo stati eletti dai piemontesi, non siamo stati nominati dal D'Alema o dal Berlusconi di turno.
Ai piemontesi dobbiamo rispondere: cerchiamo di svicolarci dagli ordini di partito, cerchiamo di pensare per il Piemonte. Il Piemonte non ha bisogno del Senato federale, il Piemonte ha bisogno di autonomia, di potersi autogovernare, perché siamo stufi che il nord paghi duecento quando il sud paga cento e poi lo Stato trasferisca in modo iniquo: cento al nord duecento al sud. Non stupiamoci poi se ci sono imprese piemontesi che chiudono e vanno Oltralpe; la conseguenza è che l'Italia con le difficoltà che ha non entrerà in Europa.
Che cosa dice questo Consiglio regionale rispetto a questi temi fondamentali? Che cosa succederà quando l'Italia non entrerà in Europa? Non è meglio forse cominciare un approccio costituzionale che preveda la formazione della Padania affinché quest'ultima possa entrare in Europa? In seguito potrà aiutare i fratelli del sud a crescere, a liberarsi dalla mafia, dalle lobby, dalla massoneria che li comanda, dai politici mafiosi...



SCANDEREBECH Deodato

Guarda che qui c'è tanta gente del sud!



ROSSO Roberto

Collega Scanderebech, forse non hai ascoltato il mio ragionamento: ho sempre detto che ci sono moltissime persone del sud che vorrebbero il federalismo, ma ci sono dei politici di una vecchia classe politica che nonostante la morte della Democrazia Cristiana e del Partito Socialista, si sono riproposti, si sono riciclati e continuano a tenere in catene il popolo del sud. Noi vogliamo liberare non solo il nord, ma anche il sud.
Grazie.



PRESIDENTE

Interrompiamo i lavori del Consiglio per un'ora circa.
E' convocata immediatamente la Commissione Nomine, nella quale dovremmo dare l'approvazione per i criteri per la nomina dei Direttori generali.
Nel pomeriggio, se non viene formalizzata una proposta diversa, si procederà all'esame degli articoli dei disegni di legge n. 250 e n. 251.
I lavori del Consiglio riprenderanno alle ore 14,30 circa.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,29)



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