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Dettaglio seduta n.93 del 02/07/87 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute", non essendovi osservazioni, i processi verbali delle adunanze consiliari del 23 e 30 ottobre e del 6 novembre 1986 si intendono approvati.


Argomento: Controllo sugli atti degli enti locali

Interrogazione n. 730 dei Consiglieri Ferrara e Fracchia inerente all'attività dei Co.Re.Co.


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Interrogazioni ed interpellanze" viene esaminata l'interrogazione n. 730 presentata dai Consiglieri Ferrara e Fracchia.
Risponde il Presidente della Giunta regionale, Beltrami.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

I Consiglieri Ferrara e Fracchia chiedono di sapere: a) se il Co.Re.Co. e sue Sezioni abbiano trasmesso entro il febbraio scorso le relazioni sull'attività di controllo nell'anno 1986 b) se, avendo adempiuto a tale obbligo, non si ritenga opportuna una assemblea generale dei Co.Re.Co. si sensi dell'art. 14 della L.R. n. 42/76.
In ordine al rimo quesito si può rispondere che tutti gli organi di controllo del Piemonte hanno inviato, a norma dell'art. 15 della L.R. n.
42/76, la relazione sull'attività svolta nel corso dell'anno trascorso.
Unica eccezione vale per il Co.Re.Co. sugli atti delle Province e delle UU.SS.SS.LL. il quale, lamentando carenza di organico del personale, si è limitato a trasmettere i dati numerici sull'attivi à svolta.
Relativamente a tale attività di controllo 1986, la Giunta regionale ha approvato una propria relazione complessiva nella quale, oltre ad evidenziare i principali problemi emersi nel corso dell'anno in ordine alla tematica del controllo, esprime le proprie considerazioni e i propri commenti sulla medesima attività. La relazione anzidetta è stata approvata il 24 marzo scorso ed è tata immediatamente trasmessa al Consiglio regionale, rispettando quindi i tempi fissati dall'art. 14 della citata L.R. n. 42/76.
Circa il secondo quesito rispondo precisando che appunto nella parte finale della relazione della Giunta è contenuta la previsione della convocazione dell'assemblea generale dei componenti il Co.Re.Co. e sue Sezioni, intendendosi peraltro di provvedere ad organizzarla verso la metà dell'anno, con la collaborazione delle Presidenze degli organi di controllo e su problemi necessitanti un dibattito ampio e articolato, previo esame e dibattito in Consiglio regionale della tematica dei controlli.
In particolare, essendo stato evidenziato nel corso dell'attività di controllo che uno dei problemi principali che rende difficile l'uniformità di atteggiamento fra gli organi medesimi è quello della carenza di opportune forme di coordinamento, con i rappresentanti del Co.Re.Co. e delle Sezioni è stato messo a punto un calendario di riunioni periodiche in linea di massima a cadenza mensile, fra rappresentanti degli organi medesimi su temi necessitanti di esame collegiale, per definirne linee di condotta interpretative omogenee. Tali riunioni saranno precedute da riunioni tecniche, pure a frequenza mensile, fra i segretari delle Sezioni di controllo.
Quanto infine alla richiesta di informazione in ordine al numero degli atti annullati in rapporto al totale degli atti esaminati e al numero degli atti rinviati ai singoli enti deliberanti con richiesta di riesame, si rinvia alla tabella riassuntiva allegata alla citata relazione della Giunta regionale recentemente trasmessa al Consiglio.
Invece, per quanto riguarda le ragioni degli annullamenti, i criteri di interpretazione adottati dai Co.Re.Co. in ordine a disposizioni legislative regolamentari disciplinanti gli atti dei Comuni e delle Province e le eventuali interpretazioni discordanti fra i singoli organi di controllo soprattutto in materia contabile-finanziaria e di attribuzione di appalti per opere, non si è in grado al momento di fornire precise indicazioni e spiegazioni, anche se risulta alla Giunta regionale che il lamentato fenomeno delle interpretazioni discordanti, pur presente, si limita a casi abbastanza circoscritti.
In proposito occorre tuttavia precisare che l'intervento degli organi istituzionali della Regione deve fermarsi di fronte alla riconosciuta autonomia decisionale degli organi di controllo e comunque è finalizzato ad operare l'enucleazione dei criteri interpretativi comuni a tutte le Sezioni: questa è appunto la funzione che si ritiene possibile venga svolta dalla conferenza mensile dei funzionari e dei rappresentanti dei Co.Re.Co.
In conclusione, sembra anche di poter aggiungere che la Giunta regionale intende, in prospettiva, suggerire qualche lieve modifica della vigente normativa in materia, per consentire un più efficace svolgimento delle forme di controllo, sempre rispettose dell'autonomia degli Enti locali: il momento di tali proposte sembra tuttavia da posticipare fino all'intervenuta approvazione della nuova legge sulle autonomie locali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

La risposta data dal Presidente Beltrami è ampia ed esauriente rispetto ai quesiti posti nella nostra interrogazione.
Speriamo si possa giungere davvero ad una omogeneizzazione dei comportamenti dei Co.Re.Co. per far si che il controllo sia omogeneo su tutto il territorio regionale.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Interrogazione n. 803 del Consigliere Rossa inerente al progetto della CRT di ristrutturazione della rete degli sportelli bancari


PRESIDENTE

Il Presidente Beltrami risponde ancora all'interrogazione n. 803 presentata dal Consigliere Rossa.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Con riferimento all'interrogazione testè richiamata dal Presidente del Consiglio presentata il 22 maggio scorso sul progetto di ristrutturazione della rete di sportelli della Cassa di Risparmio di Torino, voglio innanzitutto dare lettura della comunicazione fattami dal Presidente dell'Istituto in data 9 giugno scorso, in ciò sollecitato da chi parla: "Signor Presidente in relazione alla Sua richiesta di precisazioni in merito al progetto di razionalizzazione della rete territoriale CRT, Le comunico che il Consiglio di amministrazione dell'Istituto ha approvato un progetto che prevede l'apertura a giorni alterni di dodici agenzie della Regione, oggi operative a pieno orario settimanale.
Tali agenzie sono localizzate nei Comuni di Balzola, Morano Po, Vignale Monferrato, Viarigi, Lu Monferrato, Giarole, Visone, Casalino, Vistrorio Lessolo, Locana, Ronco Canavese.
Il progetto, non ancora avviato alla fase esecutiva, trae origine da uno studio approfondito dal quale si evince come l'operatività di tali agenzie risulti mediamente pari al 30% dell'operatività delle agenzie CRT situate in Comuni vicini, caratterizzati da una più diffusa presenza di attività commerciali, industriali o artigianali.
La caratteristica dominante di tali agenzie viceversa è la raccolta del risparmio, in larga misura depositato su conti vincolati, connotati per loro natura da movimentazioni poco frequenti.
L'evoluzione intervenuta in questi anni a livello di struttura del mercato e le mutate caratteristiche dell'intermediazione bancaria spingono le aziende di credito a processi di razionalizzazione della rete distributiva che sono stati più volte sollecitati dall'Autorità monetaria.
La CRT, informata in primo luogo ad un obiettivo di oculata gestione che ritengo essere garanzia primaria per il risparmiatore, ha formulato un progetto che con l'apertura degli sportelli a giorni alterni consente un adeguamento della nostra presenza alla effettiva domanda di servizi bancari delle zone interessate.
Sulla base di queste considerazioni e in attesa di passare alla fase esecutiva, l'Istituto ha avviato una serie di incontri con gli Enti locali interessati, al fine di fornire la necessaria informazione e di raccogliere le loro osservazioni, che saranno esaminate con la massima attenzione.
Intendo ancora rassicurarLa circa la nostra volontà di mantenere comunque la presenza in quei Comuni e di assicurare un adeguato servizio.
Da ultimo mi corre l'obbligo di informarLa che iniziative analoghe sono state assunte in passato da altri Istituti di Credito - di natura pubblica e operanti nella Regione - con esiti che risultano positivi e senza significativi disagi per l'utenza.
Mentre Le confermo la disponibilità dell'Istituto a valutare tutte le osservazioni che gli enti interessati vorranno fornire, colgo l'occasione per salutarLa molto cordialmente F.to: Enrico Filippi".
Da quanto sopra emerge: che il progetto tocca dodici aziende (cioè il 5% del totale) che il progetto è ancora a tale stadio e che risulta non avere ancora conseguito le prescritte autorizzazioni dell'Organo di Vigilanza (Banca d'Italia) che sembra chiaro l'impegno della CRT di pervenire a soluzioni che da un lato garantiscano efficienza gestionale e dall'altro non penalizzino l'economia locale ed i singoli depositanti od operatori (in proposito la CRT ha già dato la sua piena disponibilità a dotare comunque le sedi in discussione di posti Bancomat e altre iniziative di sportelli per versamenti automatici, ecc.).
La Regione intende in questa ottica: a) seguire attentamente la trattativa fra CRT e comunità locali, anche per appoggiare tutte le richieste che dimostrino l'effettiva rispondenza alle esigenze delle popolazioni b) discutere con la CRT il ruolo socio-politico che la presenza di sportelli, in zone marginali al tessuto economico-industriale, riveste e quindi la funzione di volano per lo sviluppo che possono svolgere c) valutare da ultimo le proposte definitive e sulle medesime dibattere in seno al Consiglio regionale, se lo ritenesse opportuno, gli idonei strumenti per garantire nel concreto l'attuazione del ruolo sopraddetto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Ringrazio il Presidente Beltrami per la risposta data, soprattutto per quanto riguarda l'ultima parte circa la presenza della Regione. Non discuto che in qualsiasi ente pubblico (in quello privato è scontata) esista l'esigenza di seguire una logica aziendale. Una logica aziendale che porta alle ristrutturazioni in corso negli istituti finanziari pubblici oltrech privati che pongono il problema, in termini prioritari, del rapporto costi benefici relativamente alle zone nelle quali lo sportello è insediato.
Lo spunto della mia interrogazione è stata la chiusura dello sportello di Balzola. Pur motivata dalla necessità di ristrutturazione, la logica seguita è strana perché è la logica di chi in quelle zone rastrella il risparmio per poterlo impiegare in altra direzione. Addirittura viene addebitata ai clienti la responsabilità di non movimentare i conti. In queste zone prevalentemente agricole i clienti portano il denaro a risparmio e consentono alle banche di poterlo impiegare in altre parti. Per fare questa operazione non è necessario tenere lo sportello bancario aperto tutta la settimana, ma la funzione della banca è anche quella di un servizio pubblico nei confronti della gente non soltanto teso a raccogliere i risparmi, ma anche di tramite essenziale nel rapporto dell'economia tra la popolazione e le varie esigenze.
Rilevo con soddisfazione che comunque sono in corso contatti con gli Enti locali e sono certo che le loro preoccupazioni verranno rappresentate.
Prendo atto con soddisfazione dell'impegno e della tempestività con cui la Regione ha seguito questo problema. Mi preoccupa comunque il modo in cui viene realizzata la ristrutturazione da parte degli istituti bancari pubblici e privati.
Nella parte conclusiva della risposta il Presidente Beltrami ha detto che la Regione vuole assumere un ruolo attivo e impegnato. Dal punto di vista della logica aziendale la CRT ritiene di dover chiudere o ridurre gli sportelli alternando i giorni di apertura, ma la Regione deve valutare se questi obiettivi si combinano con la logica generale della società che la Regione rappresenta.
Ritengo importante che in un nostro progetto che va ad arricchire il piano di sviluppo regionale si diano dei criteri in base ai quali poter dire se può essere giustificata o meno la riduzione alternata di apertura degli sportelli in una zona rispetto ad un'altra.
In questo quadro noi possiamo inserirci come protagonisti e promotori di un equilibrato sviluppo dell'economia discutendo sia con i referenti dell'istituto finanziario che con gli Enti locali perché oltre che quello delle aziende ci sta a cuore l'interesse generale della collettività.


Argomento: Cave e torbiere

Interrogazione n. 806 del Consigliere Ala inerente al ripristino ambientale in località Pobietto - Coltivazione di cava


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione n. 806 presentata dal Consigliere Ala.
Risponde l'Assessore Brizio.



BRIZIO Gian Paolo, Assessore alle cave e torbiere

La cava di inerti operante nel comune di Camino, ormai esaurita, è stata attivata nel novembre 1984 dalla ditta Impre.Ge.Co.
L'impresa aveva presentato nel settembre 1984 domanda di autorizzazione alla coltivazione di cava. L'istanza, finalizzata al reperimento di materiale per la realizzazione dei sovrappassi sulla linea ferroviaria Chivasso - Mortara, è stata esaminata dalla Commissione tecnico-consultiva per le cave in data 26 ottobre 1984. Il parere favorevole della Commissione medesima è stato fatto proprio dall'Amministrazione comunale di Camino che ha autorizzato l'intervento estrattivo e il relativo progetto di recupero ambientale con la deliberazione n. 57 del 21 dicembre'84.
Si fa presente che prima di esaminare l'istanza, codesto Assessorato ha richiesto ed ottenuto dalla ditta istante il previsto nulla osta ai fini idraulici del competente ufficio del Magistrato per il Po.
Non essendo vigenti al momento dell'autorizzazione le tutele ambientali oggi operanti (Parco fluviale del Po e legge n. 431/85) l'attività di cava è proseguita secondo il progetto presentato ed autorizzato.
Attualmente sono in corso i lavori di recupero ambientale finalizzati al recupero agricolo dell'area. Relativamente a tale recupero occorre tener presente che i terreni oggetto dei lavori risultano di proprietà di un'azienda agricola che ha affidato i terreni alla ditta Impre.Ge.Co, con il vincolo di restituirli al termine dei lavori in una situazione planoaltimetrica ed agronomica atta allo svolgimento delle ordinarie pratiche agricole locali (pioppicoltura c/o coltivazioni erbacee).
In tal senso è stata pertanto concessa l'autorizzazione ai lavori che ex art. 5 devono essere autorizzati previa presentazione da parte del richiedente del titolo giuridico che dimostri la disponibilità ed i limiti dei terreni di cava.
Allo stato attuale risulta pertanto improponibile e priva di fondamenti tecnico-giuridici la sospensione e la modifica dei lavori di recupero ambientale in atto nel senso evidenziato dall'interrogante.
Questo Assessorato è comunque disponibile ad esaminare, congiuntamente con le Associazioni ambientaliste interessate, successive analoghe proposte d'integrazione dell'attività di cava con la tutela ambientale per la realizzazione di aree umide. Si ribadisce che le suddette proposte affinché siano operative, devono essere considerate sin dalla fase istruttoria dell'istanza ed in assenza di un piano relativo alla creazione di zone umide e devono trovare l'accordo dei proprietari dei terreni.
In una tale ipotesi dovranno essere attentamente valutate le problematiche connesse con l'affioramento permanente della falda freatica e con le relative esigenze di tutela al termine dei lavori estrattivi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Ringrazio l'Assessore Brizio per la risposta e in particolare per la rapidità 'con la quale è stata data, anche se in cuor mio ritenevo di aver indirizzato questa interrogazione ad almeno due Assessorati, ovvero anche all'Assessorato alla pianificazione territoriale.
Nella mia interrogazione non avevo assolutamente messo in dubbio la regolarità dell'attività di escavazione né che questa non si collocasse dal punto di vista cronologico precedentemente sia alla legge istitutiva del Parco fluviale del Po sia alla legge n. 431/85. Ponevo un dubbio, che continuo ad avere, rispetto al fatto che i lavori di ripristino dovessero essere considerati già autorizzati in quella data e non dovessero invece essere riconsiderati e nuovamente autorizzati alla luce delle nuove norme vigenti nella zona.
Fermo restando che l'attività di cava a Camino era regolare o comunque non suscettibile di nuovi interventi dal punto di vista normativo e giuridico, invece poteva esserlo l'attività di ripristino, quand'anche eventualmente già autorizzata, contestualmente all'attività di estrazione dato che la legge prevede che ogni autorizzazione di cava porti con sé un piano di recupero ambientale. Quest'area di una certa importanza lungo il corso del Po potrebbe quindi essere risistemata in un altro modo. Noi abbiamo assistito negli ultimi anni, e a questo alcuni Assessori hanno già fatto più volte cenno, ad un processo di progressiva cementificazione delle sponde del Po, soprattutto in questa zona.
L'attività, che io non esito a definire dissennata, del Magistrato del Po ha preferito, dimenticando 1 suoi iniziali scopi istituzionali procedere all'imbrigliamento di tutte le sponde dei principali fiumi e torrenti della nostra Regione. Alle associazioni ambientaliste della zona (citavo l'Ente Parco della Garzaia di Valenza in specifico) pareva che all'interno di questa opera di prismatura e di cementificazione del corso del Po rimanesse una sorta di falla legata proprio all'attività di escavazione a Camino. Per questo motivo specifico quell'area diventava importante. Poteva essere un'area in cui, intervenendo mediante un'operazione di recupero ambientale, si potevano ricreare, andando contro la politica del Magistrato del Po, quelle condizioni che lungo il corso del fiume in quella zona esistevano fino ad alcuni anni fa. Vorrei richiamare l'attenzione dell'Assessore Vetrino: sembra un caso tipico da "Fare paesaggio", titolo della mostra-convegno organizzata dalla Regione per la giornata di domani. La possibilità cioé di un microintervento (nessuno infatti pensa che questo sia il recupero delle sponde fluviali del Po), di un piccolo "fare paesaggio", di recuperare, partendo da un'attività devastante come quella di cava, collocata a sua volta nel contesto di un'estesa cementificazione delle sponde, una piccola area a condizioni golenali e a condizioni umide, tenendo conto delle caratteristiche che anche l'Assessore ha richiamato.
La disponibilità espressa al termine della risposta da parte dell'Assessore ritengo possa portare ad un incontro tra i due Assessorati con il Parco della Garzaia di Valenza e le associazioni ambientaliste della zona per valutare effettivamente questa opportunità.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione n. 784 dei Consiglieri Ferro, Amerio e Calligaro inerente al licenziamento di 25 dipendenti dell'Istituto Grafico Bertello di Borgo San Dalmazzo


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione n. 784 presentata dai Consiglieri Ferro Amerio e Calligaro.
Risponde l'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero, Assessore al lavoro

Signor Presidente, l'interrogazione proposta dai colleghi Ferro, Amerio e Calligaro, in larga misura riguarda, per il contenuto, un confronto e una valutazione più generale sulla situazione della cassa integrazione nella nostra Regione che ha costituito già motivo di preoccupazioni, di delusioni e oggi ha assunto una rilevanza di gravità eccezionale a fronte della mancata adozione di misure legislative o amministrative a livello nazionale e che costituirà ancora oggetto di specifica considerazione nell'incontro tra i Consiglieri regionali e le forze sociali, economiche e sindacali che si terrà venerdì 10 p.v.
Devo però aggiungere che la richiesta specifica, essendo passato un po' di tempo, in quanto in quel periodo ero assente per motivi personali, di invito rivoltoci ad incontrarsi urgentemente con il nuovo Ministro del Lavoro è oggi superata; i contatti con il "nuovo" Ministro del Lavoro e gli altri Ministri e componenti del Governo sono avvenuti non solo da parte mia, ma anche con l'interessamento diretto e ripetuto della Giunta nel suo complesso attraverso il Presidente Beltrami. Ora siamo in attesa di un nuovo Ministro del Lavoro; però la situazione che abbiamo di fronte rimane "vecchia" e sempre più grave e io mi auguro che riusciremo a riannodare le fila di una richiesta politica rispetto alla quale gli impegni erano stati assunti a livello governativo - sia dall'ultimo Governo di pentapartito sia dal Governo presieduto da Fanfani - ma non hanno portato sinora ad alcun risultato concreto. Credo che i colleghi vorranno esimermi da una esposizione dettagliata sul problema generale in quanto più volte ha costituito oggetto, come ricordavo, di valutazione del Consiglio.
L'occasione di ripresa di considerazione del problema si pone come un problema di iniziativa politica perché deve essere ribadito che la Regione nel suo complesso, unitamente alle organizzazioni sindacali, ha sviluppato un'iniziativa e ha messo a punto una serie di proposte organiche e di proposte minimali che sono state oggetto di confronto con il Governo e avevano portato alla definizione di un impegno politico e successivamente di un ulteriore impegno all'adozione di misure amministrative o legislative specifiche mirate alla risoluzione di questo problema particolare. Quindi il problema che oggi abbiamo di fronte non è tanto quello dell'individuazione di un percorso o della proposta che la Regione pu fare, ma si tratta di svolgere il ruolo politico-istituzionale che ci compete augurandoci di avere quella corrispondenza che ad oggi purtroppo non abbiamo trovato nella considerazione del Governo centrale.
Per quanto riguarda invece la situazione specifica dell'Istituto Grafico Bertello di Borgo San Dalmazzo, che costituisce l'oggetto particolare dell'interrogazione, devo dire che l'Assessorato ha seguito costantemente l'evolversi della situazione che è inserita in un contesto territoriale che presentava altre crisi aziendali, quali quella della Cometto, per la quale stanno maturando soluzioni positive che dovrebbero concretizzarsi prima del periodo feriale, e quella della Bognanco che ha licenziato una decina di lavoratori.
La situazione di Borgo San Dalmazzo desta complessivamente non poche preoccupazioni anche perché, essendo a ridosso della fascia pedemontana e montana, l'indebolimento del centro industriale rilevante a fondo valle significa inevitabilmente un indebolimento ulteriore delle aree montane con economia già di per sé in precario equilibrio. L'Assessorato ha provveduto nel mese di maggio a convocare la direzione aziendale della Bertello, le organizzazioni sindacali e il Consiglio di fabbrica, per verificare le possibilità del ritiro o quanto meno della sospensione delle procedure di licenziamento per 27 lavoratori che erano in cassa integrazione guadagni speciale. L'azienda, alla quale era stato riconosciuto il beneficio ultimativo del trattamento di CIGS, scaduto in concomitanza con i licenziamenti, ha ritenuto di non inoltrare, nonostante le richieste che sono state avanzate, domanda per ulteriori periodi di proroga nonostante fosse stata prospettata dal Ministero del Lavoro la possibilità di avanzare apposita richiesta.
Questo è stato fatto sulla base dell'unico atto di cui siamo a conoscenza, cioè una comunicazione che ci è pervenuta dall'Ufficio regionale del lavoro secondo la quale per le situazioni in cui era stato concesso dal CIPI l'ultimo periodo di CIGS sarebbe possibile inoltrare nuovamente domanda di proroga per sei mesi al CIPI stesso. Nell'incontro avvenuto in sede regionale, si è constatata la disponibilità dell'azienda a ritirare i licenziamenti e a ricorrere alla CIGS solo qualora il CIPI, o il Governo, assumesse precisi e formali indirizzi sulla questione delle scadenze ultimative o, a maggior ragione, intervenissero nuove norme che regolamentassero diversamente la materia della cassa integrazione guadagni.
A conclusione dobbiamo dire che anche nella situazione particolare il confronto con l'azienda ci ripropone e ci ha riproposto il problema più complessivo, cioè quello dell'adozione di misure ad anticipazione delle norme transitorie della riforma della CIG che prima ho richiamato e che rimane il nodo centrale sia in presenza di questa situazione (quella della Bertello) come di quelle più generali e gravi che sono presenti nella nostra Regione.
Rimane cioè il problema vero: non riusciamo ad avere un rapporto e un confronto utili con le aziende singole per indurle a rinnovare la richiesta di CIG in presenza di una decretazione ultimativa del CIPI se non interverranno misure di natura amministrativa o legislativa, quali noi abbiamo chiesto da tempo, da parte del Governo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calligaro.



CALLIGARO Germano

Abbiamo presentato l'interrogazione due mesi fa, ora la Bertello licenzia. Evidentemente il CIPI non ha accolto l'istanza di proroga della CIGS e sono avvenuti 27 licenziamenti. Certo il problema ci richiama ad una questione di carattere più generale, ad un grosso problema sociale che esiste nel nostro Paese: la scadenza delle CIG e nessuna prospettiva di lavoro per decine e decine di migliaia di lavoratori in Italia, certamente 15-20.000 nella nostra Regione. Tutti gli impegni assunti e più volte riconfermati da parte del Governo non sono stati mantenuti. La Regione ha incontrato Fanfani, il Ministro Gorrieri, il Ministro Goria: i risultati sono a dir poco deludenti.
Noi abbiamo chiesto e continuiamo a chiedere un decreto di proroga delle CIG per pochi mesi in modo tale da poterci collegare a quelle misure di riforma della CIG. Il Ministro ha autorizzato l'Ufficio regionale del lavoro a diramare un fonogramma rivolto si sindacati, alla Federpiemonte alla Regione, nel quale si dice che "si possono ottenere proroghe di sei mesi". Abbiamo criticato questo atteggiamento purtroppo estremamente debole: l'impegno è generico, non ha la forza di una deliberazione CIPI non è un decreto. Non rompe un indecoroso gioco delle parti che continua ad esistere: il CIPI non rinnova, le aziende non presentano istanza e in questo modo si scaricano le cosiddette eccedenze strutturali. Tant'è vero che la Farmitalia licenzia, l'Indesit e la Seleco licenziano, la Sasib pretende che i lavoratori accettino una mobilità di 1.200-1.300 chilometri.
Siamo tutti per la mobilità, però non si può chiedere ai lavoratori di Leinì di recarsi a lavorare a Chieti e qualora questi non accettino licenziarli. Non è accettabile una impostazione di questo genere! C'è poi il problema delle aziende poste in liquidazione, il più grosso dei quali è rappresentato dalla Società Italiana Nylon di Ivrea. Anche qui il Governo ha ripetutamente promesso un decreto per estendere gli effetti della legge n. 301 anche ai lavoratori delle aziende in liquidazione: soluzione certo momentanea, ma significativa per 400 lavoratori.
Ci è stato detto, prima delle elezioni, che il Governo aveva un qualche pudore, un qualche scrupolo: un provvedimento di quel genere si poteva prendere solo dopo le elezioni. Strani questi pudori e strani questi scrupoli. Ma le elezioni si sono svolte, i risultati sono largamente noti: ora il Governo mantenga il suo impegno. Si sono curiosamente invertite le parti: la Montefibre ora è disponibile ad avanzare istanza, ma manca il decreto. Prima era la Montefibre che non chiedeva le proroghe di CIG; qui non siamo più alla CIG, ma ai licenziamenti già esecutivi: siamo alla disoccupazione speciale. Noi sosteniamo che non si può giocare sulla pelle della gente. I lavoratori della Montefibre devono ancora percepire gli ultimi quattro mesi di CIG (novembre 1986 - marzo 1987), tra l'altro la pratica non si trovava più, pare che l'abbiano ora trovata, può darsi che venga liquidato ai lavoratori questo periodo di CIGS. Si tratta di 400 lavoratori che da sette mesi non percepiscono una lira, che non percepiscono neppure l'indennità di disoccupazione speciale perché sono in attesa del famoso decreto del Governo che conceda loro i recuperi dalla situazione ormai giunta alle estreme conseguenze e li reinserisca nel circolo della CIGS. Sette mesi senza una lira! Noi avevamo chiesto in Commissione e chiediamo in quest'aula che la Giunta incontri il Presidente del Consiglio dei Ministri. Mi direte che c'è stato un rapporto personale del Presidente della Giunta regionale con il Presidente del Consiglio dei Ministri, ma il risultato è quello che tutti conosciamo: si sono sentiti i Ministri Gorrieri e Goria, ma i risultati non ci sono. Non è accettabile una situazione di questo genere, è insostenibile tra l'altro per l'istituzione. Qui l'istituzione è in effetti calpestata ed umiliata dal Governo! Chiediamo un sussulto di dignità alla Regione Piemonte. Chiediamo una risposta netta: non si vuole adottare il decreto per recuperare i lavoratori della Società Italiana Nylon? Lo si dica apertamente! Perché da sette mesi non ricevono una lira! A quel punto avanzeranno istanza di indennità di disoccupazione speciale e riceveranno qualche soldo. Lo si dica! Non è accettabile questo balletto di promesse sistematicamente non mantenute. Non è più tollerabile per l'istituzione stessa: la democrazia e le istituzioni perdono credibilità per questi giochi indecorosi.
Chiediamo di nuovo in quest'aula che si incontri il Presidente del Consiglio e che le risposte siano ultimative: o si o no. Può anche essere un no, l'importante è che i lavoratori lo sappiano e cerchino di arrangiarsi come possono. Tra l'altro per la Società Italiana Nylon i guai sono seri. Noi abbiamo messo in guardia la Giunta dei guai cui saremmo andati inevitabilmente incontro, perché anche qualora si emanasse il decreto che assimila i lavoratori delle aziende in liquidazione a quelli delle aziende fallite, non c'è più il soggetto che possa avanzare istanza: la Montefibre non lo può fare, il liquidatore ha concluso la liquidazione della Società Italiana Nylon e non esiste più dal 30 giugno di quest'anno.
Sarà allora ancora più difficile ripescare questi lavoratori. Noi abbiamo ripetutamente messo in guardia la Giunta. Qui si sta giocando sulla pelle di migliaia e migliaia di lavoratori. Questo non è accettabile! Ormai tutte le aziende, nonostante il fonogramma dell'Ufficio regionale del lavoro proseguono nella loro opera di eliminazione delle cosiddette eccedenze strutturali.
Sappiamo che la Giunta ha incontrato Federpiemonte. E' questo il risultato? La Farmitalia licenzia. Non c'è forse un problema di rapporti Regione Piemonte - Gruppo Montedison che ha ormai disseminato di impianti inattivi l'intero Piemonte? Non è forse il caso di cercare un minimo di potere di contrattazione? Non abbiamo detto di usarlo in modo indiscriminato. Abbiamo detto: "Quando la Regione deve dare un parere, a proposito di trasferimenti di risorse pubbliche nazionali o comunitarie alle imprese, si tenga conto dell'atteggiamento che queste imprese hanno" (a cominciare dalla Montedison). Non per un gioco di rivalsa assurdo, ma per avere un minimo di potere di contrattazione. Si neghino i pareri consultivi della Regione quando si determinano situazioni sociali così difficili per l'intera comunità piemontese.
Vogliamo o non vogliamo avere un minimo di potere di contrattazione? Esiste o non esiste un problema dell'istituto regionale nei suoi rapporti con il grande Gruppo Montedison? Si è detto in Commissione che la Montedison per la Regione Piemonte per questa maggioranza, è una sorta di orco. Vogliamo affrontare questo orco? Ad armi pari, con un minimo di potere di contrattazione. 0 diamo pareri favorevoli perché si continui a trasferire ingenti risorse pubbliche alle imprese che poi si atteggiano di fronte a problemi sociali di questa drammaticità con il cinismo di cui sappiamo? E' un problema di fondo; si impone un sussulto di dignità da parte dell'istituto Regione Piemonte.


Argomento:

Risposta scritta ad interrogazioni


PRESIDENTE

Comunico che è stata data risposta scritta alle seguenti interrogazioni: n. 698 dei Consiglieri Adduci, Bontempi, Marchiaro e Sestero inerente le barriere architettoniche presenti negli uffici regionali n. 702 del Consigliere Pezzana inerente i beni dell'Ente Italiano Moda n. 748 dei Consiglieri Ala e Ratti inerente la cartellonistica al Parco La Mandria.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Amerio, Bergoglio, Carazzoni, Gallarini e Olivieri.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale della seduta in corso.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge

Argomento:

c) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

L'elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nella seduta del 23 giugno 1987 - in attuazione dell'art. 7, secondo comma, della L.R. 6/11/1978, n. 65 - in materia di consulenze ed incarichi, è depositato e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento: Sanita': argomenti non sopra specificati

Comunicazioni della Giunta regionale in ordine ai problemi della sanità in relazione agli arresti avvenuti nella scorsa settimana


PRESIDENTE

Passiamo al punto 4) all'o.d.g. che reca: "Comunicazioni del Presidente della Giunta regionale".
La parola al Presidente della Giunta regionale, Beltrami.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

E' stata richiesta un'ulteriore comunicazione che rendo si colleghi del Consiglio regionale con immediatezza. La sollecitazione è intervenuta nell'ultima Conferenza dei Presidenti di Gruppo.
Certo non parlo con umana facilità, però - per quanto possa valere con la serenità che le circostanze consentono e suggeriscono.
Mi riferisco alle note e più recenti vicende giudiziarie che hanno coinvolto politici, amministratori ed operatori sanitari.
Come ho avuto occasione di riferire giovedì scorso, gli elementi noti alla Giunta regionale sono gli stessi conosciuti dalla popolazione attraverso i canali di informazione (televisione e giornali), in una fase che, coperta da segreto istruttorio, non consente l'acquisizione di elementi di certezza, anzi, talvolta ha addirittura manifestato delle intenzioni di analizzare la garanzia del riserbo così come è stato attuato.
Rispetto alla comunicazione della mattina del 25 giugno, quindi del Consiglio regionale della settimana scorsa, dopo l'esecuzione del mandato di accompagnamento a carico del collega Olivieri, si è appreso il suo trasferimento alla Casa circondariale di Pinerolo, l'esecuzione di altri arresti e l'invio di altre comunicazioni giudiziarie a componenti del Comitato di gestione e parrebbe anche a persone già operanti all'interno del Comitato regionale di controllo sugli atti delle UU.SS.SS.LL.
Sempre dai giornali si apprende che le iniziative dei giudici costituiscono l'approfondimento di precedenti indagini sul problema degli appalti (dalla pulizia,.agli alimenti, alle attrezzature e all'edilizia) intervenuti all'interno dell'USSL 1/23 nell'arco temporale degli anni 1980/1984.
Dalla stessa fonte si è appreso che gli arresti intervenuti (per reati che non comportano necessariamente l'obbligatorietà dell'arresto) sono stati eseguiti per fondate ragioni, ad esempio l'inquinamento delle prove (così almeno si legge per autorevole dichiarazione di magistrato).
A ieri sera non si erano ancora determinate le condizioni attraverso le quali avere un approccio-contatto con il collega Olivieri: per valutare l'obiettiva portata dei fatti per maturare delle definizioni di atteggiamenti per cercare di capire, di riflettere, determinare, pensando che stante la dimensione e la portata di questa iniziativa della Magistratura di Torino - l'acquisizione di più ampi elementi di giudizio diviene primaria condizione per definire la strategia della comunità invocando, da un lato, la salvaguardia di un ruolo pur esaltante della giustizia, e contemporaneamente la strenua difesa dei valori dell'uomo che è colpevole solo dopo che una sentenza sia divenuta definitiva.
Nelle more di più maturi atteggiamenti la Giunta regionale ha convenuto sul fatto che il Presidente della Regione sviluppasse una sua presenza sostitutiva dell'Assessore entro l'area della sanità, per assicurarne una corretta continuità, per prendere coscienza di una struttura assessorile in difficoltà e rimuovere per quanto è possibile le stesse attuali difficoltà sollecitando - questo è già intervenuto ed è intercorrente - la collaborazione con i funzionari dipendenti, per raccordarsi con l'organizzazione territoriale delle UU.SS.SS.LL. convenendo, in particolare con l'USSL l-23 gestita commissariamente, comportamenti atti a scongiurarne la paralisi; ivi favorendo l'operato commissariale per addivenire al nuovo assetto distributivo delle UU.SS.SS.LL. in Torino; ed ancora perfezionare le molte iniziative avviate da Olivieri per taluni comparti operativi, ad esempio, il Settore ispettivo ovvero l'unità di verifica dei rapporti convenzionali e di eventuali altre iniziative utili all'economia della stabilizzazione, del riequilibrio del sistema, utili quindi anche ai fini della stessa giustizia.
Mi auguro, e ne ho profonda aspirazione, di poter avere e fornire - nel breve - notizie ed elementi più precisi, con l'auspicio che per il fraterno collega Assessore Olivieri si determinino presto condizioni più serene umanamente più sopportabili che consentano, tra l'altro, di comunicare capire, conoscere per decidere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, suggerisco di prendere atto delle comunicazioni svolte dal Presidente e propongo di rinviare la relativa discussione alla prossima seduta.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, il Regolamento stabilisce che sulle comunicazioni della Giunta si possa svolgere una discussione su richiesta di tre Consiglieri o del rappresentante di un Gruppo. D'intesa con i vari Gruppi e quando le materie sono state determinate nella sede dei singoli Gruppi, è stato dato spazio ad ampie discussioni. Non posso quindi accettare la richiesta del Consigliere Rossa perché sarebbe una violazione del Regolamento, e le maggioranze non possono violare i Regolamenti solo per il fatto che sono maggioranze. Il nostro è uno Stato di diritto.
La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Credo di poter facilmente dimostrare come la richiesta del Consigliere Rossa non abbia, a mio avviso, una motivazione sostenibile non solo sotto il piano formale, ma anche sotto quello sostanziale. Noi abbiamo richiesto la comunicazione che il Presidente ha fatto, non tanto per avere ulteriori elementi d'informazione, in quanto potevamo largamente prevedere che le informazioni a disposizione fossero più o meno quelle che hanno tutti quanto invece per apprezzare la fase politica, sotto il profilo politico.
In una vicenda così complessa, in seguito alle vicende che si sono sviluppate in questi giorni, va esercitata da parte della Giunta, e noi l'avevamo ricordato nel precedente Consiglio, una valutazione di percorso di atteggiamento politico rispetto ai fatti che coinvolgono l'Assessore Olivieri, così come coinvolgono purtroppo molte altre persone.
L'atteggiamento che noi richiediamo non è assolutamente paragonabile ad un intervento diciamo "tradizionale" o "di comodo" su queste vicende. C'è in noi anche la piena consapevolezza della necessità a non rimanere appesi a degli schemi, ma di rivedere, alla luce dei fatti e delle situazioni, le collocazioni delle forze politiche e delle istituzioni in particolare.
Capiamo quindi la cautela, diciamo pure anche i legittimi interrogativi che tutti noi abbiamo per quanto riguarda la posizione processuale dell'Assessore Olivieri e la non meccanicità delle posizioni processuali in atto rispetto ai comportamenti dei singoli. Poniamo però una questione politica, tutta intera e forte.
Sono stupefatto della comunicazione, non per la parte che riguarda gli aspetti umani, comprensibilissimi, o gli aspetti di cautela che ho richiamato prima, ma riguardo al fatto che ci troviamo di fronte ad un caso in cui si propone come necessità per l'istituzione - che spesso è obbligata ad andare oltre a quelle che poi saranno le risultanze (che ci auguriamo siano positive) - l'atto di porre in regolarità l'organo che oggi non è nelle condizioni normali. L'istituzione non può accettare di essere gravemente diminuita dal permanere di una situazione in cui un Assessore non è in grado di svolgere le sue funzioni ed è addirittura, e purtroppo agli arresti.
E' una questione tutta politica.
Io ho richiamato dei precedenti, non per la meccanica applicazione, ma perché è naturale e logico che una istituzione sia obbligata a continuare proprio per far fronte con autorevolezza e con pienezza di funzioni di governo, ad un momento di vuoto, ad un momento di grande confusione, ad un momento di caos vero e proprio in un settore importante e quindi sia in grado di rispondere agli innumerevoli interrogativi e agli articoli che appaiono sui giornali in questi giorni.
Il primo punto è partire dalla consapevolezza che non si può stare a metà, il tempo è passato e rischia di passarne altro; non si può non individuare un atteggiamento fermo e lineare del Governo e della maggioranza.
In questo senso gli strumenti sono vari, le dimissioni, la remissione delle deleghe, ma certo deve esserci un'esplicazione di volontà della Giunta.
Siamo nuovamente di fronte ad una vicenda che, nel complesso, vede questa Giunta sottrarsi alla percezione, alla sensibilità, fondamentale per chi governa, di affrontare i problemi per quello che sono, nella pienezza della sua funzione. Abbiamo tuttora una situazione di anomalia perdurante: due Assessori provvisori che svolgono ancora, per esplicita ammissione formalmente la funzione di Capigruppo; è in corso una verifica partita con il pretesto del piano di sviluppo; abbiamo comunque una Giunta in condizioni di grave diminuzione di autorevolezza e di potere (che sul piano politico noi non le riconoscevamo neanche prima, ma almeno sul piano istituzionale questo era).
Ebbene, questo quadro di confusione e di indeterminatezza viene fondamentalmente aggravato dal fatto che non si reagisce nei modi possibili, da parte della Giunta, rispetto alla posizione dell'Assessore Olivieri.
Questo è uno dei casi tipici in cui funzioni di governo, funzioni istituzionali, non possono che coincidere con atti che dimostrino, pur di fronte alle dolorosissime necessità, la linearità di una strada.
Soggettivamente capisco Olivieri, se lui non ritiene di dimettersi non gliene faccio certo colpa, ma sono questioni da affrontare sul piano politico ed istituzionale. Non voglio qui ricordare nessun precedente, ma in casi del genere ci fu l'assunzione piena da parte della Giunta di responsabilità istituzionali, che mossero in certi casi anche alle dimissioni della Giunta, ma in ogni caso al fatto che non potevano, pur in presenza di sole comunicazioni giudiziarie, permanere gli Assessori in carica con funzioni esponenziali.
Chiudo sulla sanità. La situazione è drammatica e chiedo al Presidente Beltrami se davvero crede che si possa rispondere a questa situazione galleggiando sugli avvenimenti, determinati tra l'altro da altri, quando i problemi sono quelli di un vuoto pesantissimo di presenze e di potere. La questione della struttura, su cui peraltro altre indagini sono già intervenute pesantemente, è clamorosa; l'abbiamo richiamata con interrogazioni, siamo stati irrisi talvolta. Qui rientrerebbe un'altra parte, che non voglio mettere in carico in un momento cosa delicato, che non riguarda comunque il coinvolgimento dell'Assessore Olivieri, ma certo un atteggiamento politico che registrammo anche nel passato di insensibilità, di sordità, di mediocrità di risposta. Credo sia impossibile da parte nostra non far rilevare (vedremo in che forma di iniziativa autonoma) su tutto il campo della sanità questo stato non solo di non governo, ma anche di segnali di comportamento idonei a richiamare il rispetto e l'autorevolezza necessaria.
Ci sono due modi di rispondere: uno è quello di uno stato diffuso in tutta la Regione di grande sconcerto e stupore ben comprensibile; l'altro è quello di tentare, perché chi governa non può abdicare a questa responsabilità, di applicare quelle innovazioni di cui abbiamo parlato da molto tempo e che sono spesso cadute come lettera morta in quest'aula (il modo diverso di fare le deliberazioni, ad esempio, collegandosi con un movimento, piccolo se vogliamo, nato nell'ambito di CGIL - CISL - UIL con una lettera di due mesi fa).
Non può esserci solo l'abdicazione: questo è il punto politico! Quanto ha detto oggi il Presidente - dentro la situazione generale, con la specificità della sanità, che richiamo qui drammaticamente per quello che riguarda la Regione intanto, oltre che per le UU.SS.SS.LL. - ha ricalcato nuovamente un atteggiamento evasivo. C'è un provvedimento sul decentramento che deve essere assunto: in che termini oggi è possibile traguardare un'azione di governo a interrogativi di fondo che non si basano più sulla filosofia, ma sul fatto che i servizi non vengono erogati? Ultimo e grave punto: di fronte ad un momento in cui non troviamo più confini, temiamo, tra poteri dello Stato, in cui sappiamo che rischiano di essere travolte molte persone oneste o comunque che hanno cercato di fare la loro parte dentro a un sistema e a dei meccanismi che stanno pervertendo la stessa ragione di identità degli amministratori pubblici, non si pu solo riprendere tempo o dare risposte evasive; c'è qualcosa da fare, ma noi non lo notiamo negli atti né vediamo dei segnali.
Noi riteniamo che questa sia una grave responsabilità politica, signor Presidente, e non altro. Quando diciamo in maniera ferma che capiamo tutte le ragioni di cautela, siamo ben comprensivi, perché vi sono delle ragioni di umanità. Io però dico che ci sono dei fatti e degli atti che servono all'umanità e alla sopravvivenza istituzionale, degna del rapporto democratico di tutte le istituzioni, che vanno compiuti, non possono essere lasciati nell'ambiguità o nella non decisione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Dalla comunicazione del Presidente della Giunta mi sembra di aver capito che in sostituzione dell'Assessore Olivieri il Presidente Beltrami ne assuma pro tempore l'incarico. Quindi credo che le preoccupazioni, dal punto di vista istituzionale, che ha espresso il collega Bontempi siano un volo pindarico forse per non affrontare realmente i problemi attuali della sanità.
Sentendo parlare il collega Bontempi mi è tornata in mente la fiaba del Re nudo: mentre tutti i cortigiani ne lodavano gli abiti e la magnificenza delle decorazioni, ad un certo punto una voce dice: "Ma il Re è nudo" e tutti si accorgono improvvisamente che in realtà i manti e le decorazioni non esistevano e il Re era effettivamente nudo.
Io non ho informazioni di tipo privilegiato, ho quelle che qui forse abbiamo tutti. Da quelle che leggiamo sui giornali pare che l'inchiesta della Magistratura non tenda a colpire con delle accuse, peraltro molto specifiche, soltanto l'Assessore Olivieri, ma è un'accusa che va dall'inizio della riforma sanitaria per capire cosa è avvenuto in gestioni che scavalcano soltanto questa Giunta per arrivare ad altre persone, ad altri nomi, che hanno avuto incarichi ugualmente importanti, di uguale responsabilità, come l'ex Presidente dell'USSL. dott. Salerno, e l'ex Presidente delle Molinette, prof. Poli. Fino a che non viene emesso un giudizio di colpevolezza, tali persone sono da ritenersi innocenti. Quello che sicuramente non può essere ritenuto innocente è il modo di avere amministrato l'USSL. anche perché se un noto personaggio come Brusca famoso clinico, legato al Partito comunista, dice che l'Ospedale Molinette è il migliore d'Europa e dopo la sua affermazione (a parte il fatto che chiunque ci sia mai entrato può trarne proprie valutazioni) leggiamo le dichiarazioni di altri clinici non meno illustri, come il prof. Abeatici il quale dice che gli mancano addirittura i fili per fare le suture durante le operazioni, c'è da chiedersi quale credibilità, anche come clinico possa avere il prof. Brusca.
Tornando ai fatti di questi giorni, vorrei puntare il dito sull'Assessore Olivieri e sulla sua vicenda, non dal punto di vista personale, perché siamo tutti d'accordo umanamente, ma da quello politico questo per avvalorare la richiesta, che io ho fatto giovedì scorso, di elezioni anticipate, che ritengo sia l'unico modo per far esprimere la gente di fronte a questi scandali, che non sono soltanto scandali tradizionali di furti o di ruberie, ma talmente gravi da compromettere la salute dei cittadini di questa Regione.
Leggo stamattina su "La Stampa" una dichiarazione dell'Assessore Maccari. Non vorrei sembrare monomaniaco - caro Assessore io non ce l' ho sempre con lei per chissà quali motivi, anzi, umanamente mi è anche simpatico in quanto è un vecchio radicale e quindi ha un bellissimo passato ma non sono d'accordo sulla sua azione politica in quanto Assessore quindi non me ne voglia se esprimo sinceramente le mie critiche nei suoi confronti.
In una dichiarazione riportata su "La Stampa" di questa mattina, fra virgolette, quindi dovrebbe essere esatta a meno che l'Assessore Maccari non smentisca il giornalista, l'Assessore Maccari dice: "Non ho esitazioni a dirlo: io non me la sento dopo la buriana giudiziaria di sottoporre al mio Presidente degli atti urgenti per timore di comprometterlo. I miei funzionari sono terrorizzati, mi chiedono come devo comportarmi, io non so cosa rispondere". Se questo è un Assessore, responsabile di un Assessorato cosa importante come il suo, mi chiedo cosa ci stia a fare. Mi chiedo anche come mai il PCI non chieda le dimissioni dell'Assessore Maccari il quale non sa cosa fare e ha tutti i suoi funzionari terrorizzati.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

La sua formazione radicale lo ha portato ad affermare queste cose.



PEZZANA Angelo

No, Presidente, semmai l'abbandono della formazione radicale!



PEZZANA Angelo

MACCARI, Assessore all'ambiente



PEZZANA Angelo

Ho lasciato il posto a Cicciolina.



PEZZANA Angelo

L'ha detto Sciascia: "E' meglio una pornostar che un ladro in Parlamento" e io sono d'accordo con lui.



SANTONI Fernando

Se non ci fossero né l'uno né l'altro sarebbe meglio.



PEZZANA Angelo

Lo so, ma è come dire "se mia nonna avesse le ruote, sarebbe una carriola".



PEZZANA Angelo

MACCARI, Assessore all'ambiente



PEZZANA Angelo

Parlane al tuo compagno Piromalli!



PEZZANA Angelo

Preferisco che la gente voti una pornostar piuttosto che un ladro o piuttosto che un inefficace, un incompetente. Però mi sembra che la situazione, per quanto riguarda la sanità, non sia questa.
E' facile uscire dai discorsi seri con una battuta, caro Maccari! Il Commissario dell'USSL si è imbarcato in una responsabilità oggettiva personale non da poco, perché si è trovato di fronte a un disastro che riguarda entrambe le Giunte, quella precedente e quella di oggi. Pare che lui però non si faccia preoccupazione di dichiarare al medesimo giornalista che ha intervistato l'Assessore Maccari: "Io non ho alcun timore di assumermi responsabilità - confessa invece il dott. Vincenzo Terribile Commissario prefettizio all'USSL 1/23 da poco più di tre mesi dopo l'arresto del Presidente Salerno -; in 90 giorni ho firmato 2.500 deliberazioni. Ogni mese esaminiamo dalle 500 alle 600.000 prescrizioni".
Se un Commissario di Governo non ha timore di esercitare il suo mandato e di fare il suo dovere, evidentemente avrà qualche tranquillità che gli deriva da una posizione che non è paragonabile ad altre, visto che queste altre posizioni tranquillità non procurano.
A me non resta che ribadire il mio stupore per la faccia tosta con la quale il PCI si richiama a concezioni di moralità, essendo stato corresponsabile in questa gestione, oggi tutta finita in galera, della sanità regionale. E' troppo comodo scaricare, oltretutto in maniera molto cauta e tenue, su un Assessore che ha condiviso responsabilità nella Giunta precedente e non chiedere invece, come dovrebbe fare secondo me un vero partito di opposizione in questo momento, le elezioni anticipate per rimettere al giudizio dei cittadini lo sfascio in cui ci troviamo, che per lo ripeto per oggettività - non può essere attribuito ad una Giunta che ha ereditato questa situazione dal malgoverno precedente.



(Commenti dai banchi comunisti)



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Io avrei preferito sentire un rappresentante "ufficiale" della maggioranza oltreché il Presidente Beltrami; tuttavia mi pare che siano emersi elementi sufficienti nella dialettica politica del Consiglio al di là della collocazione formale dei Gruppi.
Rispetto alla comunicazione del Presidente Beltrami, colleghi e signor Presidente, a me pare che non ci sia bisogno, per quanto riguarda la vicenda strettamente giudiziaria, di dover ribadire in questa sede il nostro attaccamento e il nostro irriducibile convincimento che debba essere tutelato in ogni circostanza lo Stato di diritto e il garantismo che ricordo qui - in pochi difendemmo quando era ben più difficile di oggi farlo. Per cui rispetto alla posizione giudiziaria dell'Assessore Olivieri noi aspettiamo di ricevere lumi dall'indagine della Magistratura, pur se come già si diceva la settimana scorsa, emergono elementi sufficienti per poter prendere posizione politica in merito alla vicenda.
Non ripeto gli argomenti usati la settimana scorsa per motivare la richiesta, che a noi pare essere indispensabile, delle dimissioni immediate dell'Assessore Olivieri, il quale si trova in una condizione umana per nulla invidiabile. Non può comunicare con alcuno, ma proprio in queste condizioni - lo dico con molta sincerità e con molta convinzione - ci si sarebbe aspettati un atto sua sponte da parte dell'Assessore Olivieri.
Rilevo la motivazione per la quale l'Assessore 0livieri è tenuto in isolamento nel carcere di Pinerolo: il rischio - così hanno affermato i Magistrati - oppure la convinzione, dipende dagli elementi che hanno a disposizione, di inquinamento delle prove.
Cosa significa questo, signor Presidente e colleghi, se non la ripresa di un concetto essenziale che in quest'aula abbiamo già ribadito a ripetizione, e cioè che l'Assessore Olivieri si trova in questa vicenda nella singolarissima condizione di essere controllore e controllato allo stesso tempo? Come Assessore alla sanità della Regione Piemonte è controllore, perché rientrano nei suoi compiti anche quelli di vigilanza sull'attività delle UU.SS.SS.LL.; è controllore quindi dell'attività da lui svolta quando era Presidente dell'USSL 1/23 di Torino, perché i fatti che gli sono addebitati si riferiscono al periodo in cui l'Assessore Olivieri era infatti Presidente dell'USSL l/23 di Torino. La condizione di essere nello stesso tempo controllato, rispetto ad un periodo circoscritto, e oggi controllore di quel periodo, non fa che rendere più stringente l'esigenza morale, prima che politica, di mettersi da parte per consentire che si faccia piena luce. Se l'Assessore Olivieri è pulito come tutti quanti noi possiamo auspicare, ne venga fuori. Non è possibile che si continui a tenere di fatto, quanto meno da un punto di vista psicologico, se non addirittura burocratico, un coperchio sopra un periodo che è nell'occhio del ciclone. Su questo argomento, che noi abbiamo cercato di ribadire dall'inizio di febbraio quando parti l'inchiesta della Magistratura sui "laboratori d'oro", non si interagisce: questo è il dramma di questa assemblea. Non c'è dialettica, si gira sui fumi e non invece su argomenti che - scusate l'immodestia - a me paiono pregnanti. Basterebbe soltanto questo elemento per dire che la scelta delle dimissioni dell'Assessore Olivieri è obbligata.
Questo senza considerare un altro argomento altrettanto importante anche se non cosa decisivo ai fini della vicenda specifica che ci troviamo ad affrontare, portato nella precedente seduta dal Capogruppo liberale nonché autorevole rappresentante della maggioranza, collega Marchini quando argomentava intorno al problema dell'autorevolezza del potere politico nell'affrontare la tempesta nella quale il medesimo potere politico si trova coinvolto.
Che autorevolezza ci può essere nella condotta di una Giunta che non prende questa decisione minima, che non significa - lo ribadisco, così anticipo l'obiezione del collega Rossa - nessuna pronuncia di condanna giudiziaria che non spetta a noi emettere, quanto invece il ragionamento sui dati di fatto, sulle condizioni politiche nelle quali ci si viene a trovare? Ho molti dubbi a riproporre oggi sul piano formale con l'ennesimo ordine del giorno la votazione sulle dimissioni dell'Assessore Olivieri.
Penso che non lo farò, ma ciò che impressiona è la chiusura a riccio - al di là delle parole pure importanti che sono state pronunciate la settimana scorsa del collega Marchini - della maggioranza, questa disciplina di maggioranza che in verità è indisciplina, è irresponsabilità rispetto si drammatici problemi che la gente si pone, sui quali i cittadini si interrogano e per i quali non viene espresso alcun atto convincente che indichi una presa di coscienza dei guai verificatesi in questi anni.
Sul piano politico a queste dimissioni avremmo già dovuto essere arrivati e non invece doverle ribadire. Da questo punto di vista la sostituzione del Presidente Beltrami ci pare assolutamente inadeguata. C'è bisogno di mettere le firme in calce ai documenti di governo per rendersi conto che la paralisi è già ampiamente montante? Non è forse iscritto da quindici giorni all'o.d.g. un disegno di legge sui requisiti minimi per i laboratori di analisi, che rappresentano una parte consistente di quanto rientra sotto la voce "questione morale"? Non si procede a discutere l'articolato di questa legge per il fatto elementare che manca dall'altra parte del tavolo il referente, che si collochi, che risponda agli emendamenti che sono stati proposti e depositati da parte dell'opposizione.
C'è bisogno di andare a leggere le inchieste giornalistiche sulle difficoltà burocratiche o non basta forse guardare quello che avviene in mezzo ai banchi di quest'aula? Una legge importante come questa che dovrebbe mettere ordine nel funzionamento dei laboratori privati non procede benché sia vigente da tre anni un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che detta le norme per regolamentare questa attività e dopo che la Commissione permanente del Consiglio ha esaurito i suoi lavori ormai da un mese. Non si procede per una semplice ragione: perch manca dall'altra parte - lo ribadisco - il referente, colui che si assume le responsabilità per legiferare. Quando vogliamo riempire i nostri discorsi di retorica lo facciamo a piene mani e questa forse è la funzione principale di questo Parlamento regionale.
E' una soluzione assolutamente inadeguata, insoddisfacente, quella che il Presidente Beltrami ci ha annunciato stamane e cioè la sostituzione pro tempore da parte sua delle funzioni dell'Assessore Olivieri.
Potrei diffondermi molto sulle stampelle che in quest'aula ormai ripetutamente vengono sporte alla maggioranza, come fa sempre più sovente il collega Pezzana, per far fumo, per non decidere sulle cose su cui si pu decidere. L'intervento di Pezzana è l'esempio classico di come si eludono le questioni che oggi si possono affrontare per fare discorsi che, pure nella loro genericità, hanno un senso e che francamente non c'è bisogno di portare con quella banalizzazione che mi è parso di riscontrare - mi perdonerà Angelo Pezzana - nelle parole che lui ha detto.
Al di là delle stampelle e dei polveroni che qui si alzano, il problema politico che ci troviamo di fronte, insieme agli altri che ho già descritto, è che questo governo - non è la prima volta che sono costretto in quest'aula a riprendere il concetto - gioca di rimessa rispetto alle mosse della stessa Magistratura. E' un governo che non sa fare la sua parte, scusate se lo dico in termini tanto perentori.
Giovedì scorso fu detto, per votare contro l'ordine del giorno da noi presentato e contro quello presentato dal Gruppo MSI-DN, che intanto si tratta di un fermo: anzi, ci furono i distinguo, i battibecchi tra Rossa ed altri colleghi se si trattasse di un fermo o se fosse incarcerato o meno.
Durante quella discussione l'Assessore Olivieri fu trasferito nel Carcere di Pinerolo. E' una Giunta che gioca di rimessa: "Aspettiamo cosa succede domani, cosa ci diranno i Magistrati", quasi non ci fossero elementi sufficienti. A iosa ormai ce ne sono di argomenti per dire che si possono assumere degli atti concreti. Alcuni sono stati già citati prima altri li abbiamo ribaditi la settimana scorsa e il prendere di petto il toro dalle corna per come si stanno sviluppando le cose è distinguere i ruoli di maggioranza e di opposizione all'interno dei Comitati di gestione.
A questo proposito abbiamo compiuto degli atti concreti che ci riserviamo di formalizzare in documenti a livello di Consigli comunali o di Consiglio regionale: nei Comitati di gestione stiano quelli che hanno responsabilità di governo, quindi si assumano tali responsabilità, ma la funzione di controllo venga restituita alle assemblee delle UU.SS.SS.LL. medesime. E' una parte consistente di quella che viene definita "questione morale", che poi quando si va nei meccanismi concreti diventa una questione squisitamente politica, che riguarda il funzionamento dell'istituzione. La "lentocrazia" (bruttissimo termine) parte in verità dal potere politico: o siamo degli ingenui o non sappiamo che si sta aspettando di risolvere questo problema dentro il quadro generale del rimpasto che forse avremo tutti quanti per la fine del mese, oppure a settembre, in attesa che si quadri il cerchio tra il Comune di Torino, la formazione del nuovo Governo a Roma e così via: questo è lo spettacolo che la gente percepisce in maniera assolutamente palmare! Io ritengo che si stiano eludendo i nodi politici veri e non si risponda all'inquietudine; non ci si può più accontentare di leggere soltanto i pregevoli fondi di Alessandro Galante Garrone sull'unico giornale del Piemonte, non ci si può più accontentare di leggere questi concetti essenziali democratico - borghesi - liberali, nulla di rivoluzionario in tutto questo, mentre laddove risiede la sovranità del popolo, come in questa assemblea, si continua a fare orecchie da mercanti.
Mi riserverò alla fine del dibattito di trarre le conclusioni opportune. Mi auguro - lo dico con molta convinzione - che il Presidente Beltrami volendo replicare al dibattito che si sta svolgendo, prenda in considerazione questi argomenti che non mi paiono tanto peregrini.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Santoni.



SANTONI Fernando

Cercherò di rispettare i limiti di tempo imposti dal Regolamento volendo altresì esprimere due concetti più una considerazione finale che mi sembrano inevitabili in questa vicenda. Vicenda che come altre simili è di difficile esplicazione, perché si intersecano, nelle decisioni e negli atteggiamenti che la Giunta e il Consiglio devono assumere, due diverse esigenze e necessità che non sono tra loro omogenee e che pur tuttavia, a mio avviso, devono essere ambedue rispettate.
La prima esigenza che si pone da parte del Consiglio e della Giunta è quella di rispettare quelli che io ritengo diritti invalicabili del soggetto, dell'uomo, del cittadino, prima di assumere qualunque decisione che su questi diritti possa avere incidenza.
Il secondo problema, non omogeneo al primo, è invece politico istituzionale di funzionalità, di correttezza nella gestione (correttezza nel senso di compiutezza) che comunque deve essere garantita ed è evidentemente un problema diverso e disomogeneo dal primo. Parlavo di diritto soggettivo insuperabile ed invalicabile, diritto prepolitico, che è quello di ogni cittadino, prima ancora che di ogni Consigliere e Assessore a decidere per primo del proprio ruolo e del proprio destino a fronte di fatti nuovi e probabilmente inattesi. Rivendico ad ogni Consigliere di quest'aula, ad ogni Consigliere di qualunque aula istituzionale, il diritto di esprimersi prima sulla propria sorte, sul proprio futuro, prima che una decisione collettiva, una decisione istituzionale, intervenga e superi questo diritto e questa possibilità.
Non possiamo non tenere presente questo fatto che ritengo rilevante se non vogliamo cadere in una sorta di giungla in cui le necessità, gli interessi, la politica, il gioco delle parti, ci costringono a dimenticare fatti e valori che sono prima della politica, degli interessi, delle istituzioni, del gioco delle parti. Dico questo perché nei sette giorni che separano l'inizio della vicenda Olivieri dal nostro dibattito, questa possibilità Olivieri non l' ha avuta. Credo che da parte nostra sia giusto consentire ad Olivieri, qualunque siano state le sue colpe - io mi auguro non ci siano state - di poter assumere in prima persona una decisione su questo fatto, prima che siamo noi a dare delle indicazioni su quello che deve essere un suo comportamento.
Ognuno di noi, se si trovasse nella stessa condizione, chiederebbe questo piccolo, ma grande diritto e quindi riterrei fuori luogo e fuori tempo la manifestazione di volontà da parte di un'assemblea in questa direzione.
Certo è che al momento in cui questa volontà fosse manifestata in un senso o nell'altro, l'assemblea avrà il diritto-dovere di esprimersi, di valutare questa decisione e di assumere eventuali comportamenti conseguenti conformi o difformi a quella decisione.
Qualora quella decisione fosse assunta, nessuno, nemmeno il proprio Partito, avrebbe il diritto di intervenire e di interferire su quella decisione, per motivazioni di natura diversa di opportunità e di necessità.
Vi è però un secondo aspetto - questo si che è politico ed istituzionale, quindi ci riguarda - che è quello della funzionalità delle istituzioni che deve essere garantita, cercando comunque di rispettare sempre i confini e i limiti che ho tracciato. Io credo che il Presidente abbia la possibilità, così come ha fatto fino ad oggi, di rispettare questa necessità di funzionalità assumendo, come si dice in altri casi, ad interim le funzioni e non soltanto per l'ordinaria amministrazione, ma assumendole in pieno e quindi consentendo il normale svolgimento dell'attività politica, portando avanti quei disegni di legge che sono già maturi per la discussione in aula, svolgendo tutte quelle funzioni che sono tipiche della piena esplicazione del potere assessorile. Questo nessuno lo impedisce credo che sia più che sufficiente a garantire - io ritengo ormai per un brevissimo periodo - la necessità di non oltrepassare quei limiti, che non sono politici, ma che devono appartenere a tutti, che sono patrimonio comune di coloro che siedono in quest'aula e che credo ognuno di noi rivendicherebbe se si trovasse nella stessa situazione in cui si trova oggi il collega Olivieri.
Ultima considerazione politica che non ho ancora sentito fare: al di là del problema specifico che è di carattere giudiziario e quindi non riguarda noi, il problema di funzionalità che ci riguarda e che deve essere risolto è l'approfondimento delle cause di questa situazione. Come mai si è realizzata una situazione in cui tutti coloro che si sono avvicinati vengono come dei Re Mida al contrario, anziché ricoperti o trasformati in oro, trasformati in imputati, in indiziati o in colpiti da mandati di comparizione, di cattura, d'accompagnamento? Per noi che non abbiamo votato la legge n. 833 sarebbe facile fare della polemica su questo argomento; per noi che dal 1980, sedendo sui banchi del Consiglio comunale di Torino e dell'assemblea dell'USSL di Torino, abbiamo osteggiato con tutti gli strumenti consentiti la costituzione di quel pachiderma assurdo che è l'USSL 1/23, sarebbe facile fare un discorso di questo tipo; i sostenitori di queste posizioni in allora non li ho sentiti oggi rivendicare la giustezza di quelle scelte. Scelte che hanno costretto amministratori e politici ad approvare duecento deliberazioni al giorno senza sapere neppure cosa stavano leggendo, cosa stavano firmando ed approvando. Ci piacerebbe sentire dai rappresentanti delle maggioranze di allora una difesa d'ufficio di questi temi. Ci piacerebbe quanto meno sentire un approfondimento delle problematiche che questi temi suscitano oggi quando il Magistrato ha messo il dito nella piaga, ammesso che piaga ci sia.
Se vogliamo occuparci di politica, questo aspetto non può essere messo tra parentesi, deve essere ricordato e diventare oggetto di approfondimento da parte nostra che sulla gestione della sanità una qualche competenza quanto meno di indirizzo, abbiamo e non limitarci a dire, come si legge sui giornali, che allora la panacea della programmazione ed organizzazione della sanità torinese era l'istituzione di un'unica unità sanitaria che coordinasse e regolasse tutto lo scibile, mentre oggi sarebbe quella di dividerla in dieci sottounità.
Dobbiamo approfondire questi problemi senza dimenticarci di valori che sono prepolitici, cercando di far funzionare ugualmente le istituzioni del Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Al di là delle considerazioni che sono state fatte, è giusto che i Consiglieri regionali si assumano responsabilità di valutazione di una situazione che non è di oggi e che deve essere riportata alla ribalta perché sono in corso indagini giudiziarie con risvolti anche eclatanti; i problemi che stanno dietro a questa situazione sono stati da tempo denunciati ed evidenziati, ma non hanno fatto scalpore, anche laddove denunce precise di utenti del Servizio sanitario nazionale avevano contribuito ad evidenziare storture ed inefficienze.
Sono d'accordo con quanti ritengono che sull'inchiesta giudiziaria in corso ci debba essere il massimo della prudenza, sia per la salvaguardia delle persone coinvolte e sia per dare un esempio a certi mezzi di informazione che invece fanno esattamente l'opposto.
Le garanzia costituzionali dell'individuo non vengono per nulla salvaguardate. E' un elemento di malcostume politico e giornalistico che andrebbe evidenziato in quest'aula: "buttati sul politico perché fa notizia". Questo aspetto deve essere normalmente cambiato all'interno dei mezzi di informazione, proprio perché la garanzia dell'individuo, se essa deve essere realizzata, va portata sino in fondo, compresa la riservatezza.
C'è poi da chiedersi come taluni giornalisti riescano ad avere informazioni riservate; sarebbe bene che gli organi competenti facessero una verifica sullo stato organizzativo ed operativo della giustizia per verificare se questa fuga di notizie non sia pilotata o comunque non sia determinata da situazioni di fatto.
Mi stupisco che negli interventi finora svolti questo elemento non sia stato evidenziato. Le fotografie pubblicate sui giornali di un Assessore che va in carcere o di politici ammanettati, a me danno molto fastidio: ci sono di mezzo delle persone e quindi non lo reputo un comportamento rispettoso. Apro una parentesi: nell'edizione de "La Stampa" che ha pubblicato in prima pagina la fotografia di quella povera signora uccisa a Milano, la didascalia diceva: "Uccisa da un pazzo". In altri giornali la parola "pazzo" non è stata usata se non nell'articolo. Una fotografia di questo tipo, con una didascalia di una certa evidenza, preoccupa moltissimo soprattutto per l'etica con la quale si fa informazione.
Queste vicende non possono non portare a fare delle considerazioni di ordine politico che ho sentito solo in parte nel dibattito precedente e in questo. C'è una confusione legislativa ed amministrativa: taluni atti del Governo centrale non hanno migliorato l'applicazione della riforma, ma l' hanno resa più confusa, inadeguata, incerta, non hanno contribuito a determinare quella trasparenza legislativa ed amministrativa che l'esperienza della gestione sanitaria aveva portato all'attenzione e che richiedeva interventi legislativi amministrativi precisi.
Ci sono altri aspetti sui quali è bene insistere. Se nella fase iniziale dell'applicazione della legge di riforma era giusto che ci fosse un tentativo di gestione unitaria tra le forze politiche presenti nelle UU.SS.SS.LL. per far decollare uri processo di riforma complesso, c'è da chiedersi se sia effettivamente accettabile che le forze politiche non compiano un atto di chiarimento nelle responsabilità di gestione delle UU.SS.SS.LL., distinguendo nettamente quali sono i ruoli di maggioranza e quelli di opposizione. Nei Comitati di gestione non ci può essere, secondo il sottoscritto, che una presenza totalizzante della maggioranza con una opposizione che deve costruire altri strumenti di controllo e di sollecitazione.
Un altro aspetto che andrebbe affrontato è il fatto che i Comuni hanno praticamente abdicato a qualunque tipo di controllo e di valutazione politica sullo stato di gestione delle UU.SS.SS.LL. Non è accettabile che un Sindaco, una Giunta, un Consiglio comunale, si siano sostanzialmente disinteressati di quanto avveniva all'interno dell'USSL dove si gestiva una parte importante della vita dei cittadini dello stesso Comune. Invece è stata gettata la spugna, non ci sono Comuni di maggioranza o di opposizione, di destra, di sinistra o di centro: c'è una concezione della sanità che ha fatto si che gli stessi Comuni non svolgessero un ruolo importante politico all'interno delle UU.SS.SS.LL.
Potremmo a questo punto aggiungere la situazione incredibile di Torino: non si sa bene per quali motivazioni sia rimasta una gestione cosa complessa, consociativa, confusa della sanità, è mancata quell'azione di decentramento forte, anche nella fase iniziale, che avrebbe potuto garantire un maggiore controllo, una maggiore trasparenza ed efficienza della sanità.
In questo ambito bisogna leggere in termini negativi il ruolo svolto dalle assemblee delle UU.SS.SS.LL. So di assemblee che si sono convocate soltanto una volta per l'elezione del Presidente. E' possibile che le assemblee delle UU.SS.SS.LL. abdichino così profondamente al ruolo che dovrebbero svolgere dal punto di vista della gestione del controllo politico? E' vero o non è vero che nelle UU.SS.SS.LL. non si è favorito, ma si è addirittura cercato di soffocare quell'esigenza di partecipazione popolare di gruppi, di associazioni, che hanno inutilmente tentato in questi anni di dare dei segnali, dando la loro disponibilità per intervenire all'interno di questo processo? Ebbene, i Comitati di gestione si sono caratterizzati nel bloccare qualunque possibilità concreta di realizzazione di forme di partecipazione popolare democratica. A queste situazioni reali è necessario dare un segnale.
Per questo aspetto politico io critico la comunicazione del Presidente della Giunta, perché questa situazione richiede un colpo d'ala, cioè un tentativo di uscire allo scoperto su questi problemi.
Nella sanità, sia a livello politico che a livello funzionariale, nella stragrande maggioranza dei casi c'è pulizia, trasparenza, ma anche molta preoccupazione di fronte ad una non gestione politica della crisi, perch la Regione non dà segnali concreti a queste aree di operatori della sanità e di componenti di Comitati di gestione che si trovano completamente allo sbando e hanno bisogno di vedere dei segnali concreti.
Un primo segnale è che il Consiglio regionale approvi un ordine del giorno che tenti di tirare le fila di questa situazione e dare un segnale chiaro e concreto a quanti operano all'interno della sanità in modo encomiabile.
Un altro segnale è quello di fare una netta distinzione nei Comitati di gestione tra maggioranza ed opposizione. E' bene che ognuno svolga il proprio ruolo, che esista una distinzione tra maggioranza ed opposizione.
Questa distinzione garantirebbe effettivamente la dialettica tra le forze politiche, indispensabile per avere trasparenza all'interno di questo settore.
Perché non si richiede un ruolo politico alle assemblee? Le assemblee non svolgono il ruolo che dovrebbero svolgere: è necessario che le assemblee abbiano più forza politica all'interno delle UU.SS.SS.LL. Il loro compito è quello di sviluppare azioni di controllo, di stimolo e di indirizzo.
Occorre che i Sindaci e i Consigli comunali si riapproprino del diritto dovere di affrontare il problema della sanità nel loro Comune e nella loro USSL. Bisognerebbe imporre una seduta del Consiglio comunale all'anno per discutere con il necessario approfondimento se la situazione della loro USSL risponde o meno ai bisogni reali dei cittadini? Perché Sindaci e Consigli comunali tale questione l' hanno completamente trascurata? Vogliamo dare un'indicazione in questo senso? Vogliamo, Presidente, far applicare la legge sul volontariato? Con la legge sul volontariato, approvata nella passata legislatura, si è cercato non soltanto di dare uno spazio operativo al volontariato, ma anche di considerarlo come un grosso momento di partecipazione. Questa legge però è stata sostanzialmente inapplicata, non c'è stato un ruolo propulsivo della Regione in questa direzione. Le stesse UU.SS.SS.LL. in molte situazioni l' hanno applicata in termini passivi, non per la ricchezza di contributo reale, politico, culturale ed etico, che il volontariato avrebbe potuto dare all'interno delle UU.SS.SS.LL., ma l' hanno considerata uno strumento che veniva a supportare carenze di personale e di servizi all'interno delle stesse.
Ci sono delle responsabilità regionali che vanno valorizzate ed anche cambiate.
A me non interessa chiedere le dimissioni di qualcuno, mi preme che da questo Consiglio venga un segnale politico che dia fiducia e speranza a quanti nella sanità operano a livello politico e a livello operativo.
Se ciò non dovesse avvenire e continuasse l'operazione indiscriminata di coinvolgimento complessivo, anche dal punto di vista giudiziario, su questi problemi, credo che ad un certo punto ad occuparsi della sanità e forse anche di altre cose potrebbero essere soltanto quelli che non hanno nulla da perdere e noi non abbiamo interesse che questo avvenga.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, condivido quello che ha detto il collega Santoni all'inizio del suo intervento, allorquando ha messo in evidenza che ci sono due questioni non omogenee, l'una umana, l'altra politica; però non mi sento di pervenire alle conclusioni cui è giunto.
La questione umana. Nel corso della seduta di giovedì scorso tutti gli interventi sulla comunicazione del Presidente sono stati fatti d'impeto anche da parte nostra. D'impeto chiedemmo le dimissioni dell'Assessore che in quel momento non aveva subito ancora il grave provvedimento restrittivo della libertà personale, ma anche in quel momento noi abbiamo saputo cogliere il piano umano della vicenda esprimendoci nel senso che, sul piano strettamente personale, auguravamo al prof. Olivieri di poter dimostrare nel corso della vicenda giudiziaria che lo vedeva coinvolto, la sua estraneità. Ci collocammo sul principio garantista consacrato nella Carta Costituzionale, in forza del quale nessuno può essere considerato colpevole fino a quando non sia stata emessa una sentenza definitiva.
Fatta questa precisazione, che mi sento di dovere rinnovare sul piano strettamente personale ed umano, non ci si può nascondere dietro a un dito: come è già stato detto giovedì scorso ed è stato ribadito nel corso di altri interventi, il problema è, prima e davanti ogni cosa, politico.
Di fronte all'Assessore che subisce un grave provvedimento restrittivo della sua libertà personale e che, anche questo va detto, con vistosissima violazione del segreto istruttorio viene messo in evidenza sui quotidiani quale sia stato il suo comportamento e si enunciano i gravi reati di cui viene accusato, c'è il problema di immagine e, come disse con maggior precisazione il collega Marchini giovedì scorso, della autorevolezza: cioè c'è il problema esteriore dell'immagine delle istituzioni. Quello che comunemente viene definito "uomo della strada", il cittadino, non pu continuare a pensare da otto giorni a questa parte che un Assessore della Regione Piemonte, pur essendo in prigione, continua a fare l'Assessore.
Queste non sono solo considerazioni di immagine esteriore prive di rilevanza e di pregnanza, a mio avviso si tratta di un fatto estremamente grave.
D'altro canto, mi permetto di ricordare un principio che è contenuto nella legge sulle guarentigie della Magistratura, laddove si prevede il trasferimento d'ufficio del magistrato allorquando, anche senza colpa (n penale né amministrativa né contabile), non può continuare ad amministrare la giustizia nelle condizioni richieste dal prestigio dell'ordine giudiziario. Questo principio è contenuto in una legge che riguarda i magistrati. La norma che ho enunciato è la traduzione in termini giuridici del concetto di immagine ed autorevolezza. Come il magistrato che, anche senza colpa, si trova in una determinata situazione, anche se, ad esempio è solo "chiacchierato", non pub esercitare le sue mansioni giurisdizionali perché in questa maniera ne andrebbe di mezzo il prestigio dell'ordine giudiziario. Nel nostro caso, applicando questo principio al di là della norma in cui è contenuto, ci troviamo nella stessa identica situazione.
Mi rendo conto, tornando al piano umano e concreto, che l'Assessore per provvedimento dell'autorità giudiziaria, si trova nella impossibilità di comunicare, magari anche di esprimere quello che vorrebbe, dicendo: "Io voglio affrontare con serenità il procedimento penale che mi vede coinvolto e quindi lascio l'alta carica che ricoprivo". La Giunta però non dovrebbe assentire e far assumere provvisoriamente le funzioni al Presidente. Per garantire l'immagine verso l'esterno delle istituzioni e l'autorevolezza stessa delle istituzioni, fermo restando il principio costituzionale che si è innocenti fino a prova contraria, fino alla sentenza definitiva, medio tempore l'autorevolezza e l'immagine dell'istituzione obbliga la Giunta ad esprimersi nel senso della ineluttabilità della sostituzione dell'Assessore.
Questo è il problema politico numero uno. Ma accanto ad esso, proprio nel medesimo momento, ne stanno convivendo degli altri: sono i problemi connessi alla verifica. Verifica che è stata chiesta, prima e davanti ogni cosa, da una componente del pentapartito, in particolare dal Partito socialista, il cui Capogruppo si è espresso in dichiarazioni non solo non smentite, ma che vengono anzi reiterate, secondo le quali il Piano di sviluppo deve essere riveduto e corretto. E' strano che la revisione e la correzione del Piano di sviluppo sia maturata solo dopo il 14 giugno. Prima vi pronunciavate in senso favorevole al Piano di sviluppo, almeno in sede di Commissione; comunque non avete mai detto che il Piano di sviluppo non andava bene. Quando è stato pubblicato sul Bollettino della Regione, io non ho mai sentito voce in quest'aula, né in altre sedi, secondo la quale il Piano di sviluppo non andasse bene. C'è però il problema di avere un Assessorato in più e questa è la ragione fondamentale della verifica, per bisogna vedere che cosa succede in Comune e in Provincia, allora medio tempore si resta nella situazione di stallo che è già stata messa in evidenza da altri colleghi in forza della quale abbiamo due Assessori provvisori.
Accanto alla questione verifica c'è, prima e davanti ogni cosa, la questione sanità. A mio avviso tali questioni vanno urgentemente risolte e il nostro Gruppo si permette di chiedere al Presidente della Giunta che giovedì prossimo (anche se il Comune di Torino non avrà ancora eletto il suo Sindaco e non si saranno verificati altri eventi in Provincia), per uscire dalla situazione di stallo o meglio di immobilismo, dovuta alla futura verifica e alla necessaria surroga dell'Assessore, si proceda a verificare la situazione politica della Giunta pentapartitica.
Prima di concludere, devo ricordare che in quest'aula 1'8 aprile 1986 venne espressa unanimemente solidarietà umana e politica nei confronti della collega Marchiaro, la quale si è vista coinvolta in un procedimento giudiziario in quanto, quale componente di una Commissione di questa Regione, aveva, sulla scorta degli atti che le erano stati presentati espresso un parere favorevole ignorando determinati fatti, come è fatale che ignorino tutti i componenti delle Commissioni meramente consultive o di quegli organismi che devono decidere rebus istantibus sulla scorta di documenti e di dichiarazioni che vengono presentate, per cui non possono ritenersi responsabili di quanto loro viene prospettato.
In allora, il Presidente del Consiglio Viglione con accorate parole, il Capogruppo Bontempi e il Consigliere Pezzana, ebbero ad esprimere la loro solidarietà alla collega Marchiaro proprio per la situazione in cui vengono a trovarsi queste Commissioni prive di poteri ispettivi, prive di strumenti istruttori e che quindi non possono che basare la loro pronuncia su risultanze di una elaborazione tecnico-amministrativa fatta da altri.
Per gli stessi motivi mi sento in dovere di esprimere solidarietà umana e politica alla collega Minervini, la quale in un filone di questa inchiesta si trova insieme ad altri pubblici amministratori coinvolta in una vicenda che è sostanzialmente identica a quella della collega Marchiaro.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Mai come in questo caso si pub dire che la solidarietà è "quasi" uguale per tutti.



PRESIDENTE

Nella seduta scorsa, quando si discusse di questa vicenda, avevo detto che occorre avere rispetto per tutti coloro che vengono coinvolti in fatti di questo tipo fino a che tutte le responsabilità non vengono chiarite.
Avevo inoltre detto, lo ripeto ora, che se una democrazia non si avvia sulla strada di considerare con il massimo rispetto e la massima attenzione quanti vengono coinvolti in vicende di carattere processuale che si chiariscono in seguito (la norma legislativa di tutela della comunicazione giudiziaria si è trasformata in una trappola mortale), ma si avventa su altre strade - molte volte giustamente, ma talvolta anche con imprudenza è una democrazia che non si avvia ad essere tale.



MAJORINO Gaetano

Non è vero che da parte mia la solidarietà sia "quasi" uguale per tutti. Nella chiusura del mio intervento ho ripreso quanto avevo detto all'inizio, allorquando avevo espresso, sul piano strettamente personale ed umano, solidarietà nei confronti del collega Olivieri. In chiusura ho richiamato un precedente che si ebbe a verificare in quest'aula per esprimere solidarietà nei confronti della collega Minervini. Non si tratta quindi di solidarietà "quasi" uguale per tutti: per me la solidarietà è uguale per tutti e penso di essermi espresso proprio in questo senso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

Signor Presidente, mi impegno a rimanere nei tempi fissati dal Regolamento. Ripeterò questa affermazione tutte le volte che interverr perché vorrei che da affermazioni ripetute di questo tipo discendesse un costume e che non si prendesse lo spunto da qualunque comunicazione per riaprire dibattiti a tutto campo che fanno perdere tempo alle istituzioni ed efficacia alla nostra azione legislativa ed amministrativa.
Esprimo solidarietà personale alla collega Minervini: personale perch attiene alla sua persona, ma per atti che sono stati compiuti fuori da questo Consiglio regionale e quindi il raffronto con la situazione della collega Marchiaro è forzato, ma la natura del fatto è simile ed essendone richiesto mi sento di doverla esprimere.
Detto questo, ritengo che abbia ragione il Presidente Beltrami nell'affermare che le solidarietà debbono essere espresse e dimostrate in maniera uguale da tutti e per tutti, fino alle prove dimostrate della colpevolezza dei nostri colleghi.
Potremmo dire oggi che vi sono argomenti diversi che inducono il Consiglio regionale, questa maggioranza, questa Giunta, a non sostituire l'Assessore Olivieri. E' stato fatto cenno ad una verifica che è in corso e che noi ci auguriamo possa concludersi nel tempo breve, perché la sua conclusione in tempi brevi darà efficacia alla Giunta e alla nostra azione.
Potrei fare riferimento a storie precedenti per chiedere che non si proceda alla sostituzione dell'Assessore Olivieri; potrei dire che quando le sostituzioni sono avvenute in quest'aula è stato per fatti e per atti che si riferivano al Consiglio regionale e non per fatti e per atti che attengono a dimensioni diverse dalla nostra.
Io ritengo che l'immagine delle istituzioni - stimatissimo collega Majorino - non venga migliorata e non venga peggiorata per una nostra assunzione di responsabilità nei confronti della vicenda Olivieri. Le immagini di queste istituzioni sono compromesse, ma non solo noi abbiamo contribuito a comprometterle, credo che ciò sia dovuto soprattutto a fatti esterni, non sempre da noi controllabili, dei quali noi stessi siamo vittime: questi fatti hanno contribuito a destabilizzare e a diminuire la consistenza e la nitidezza della nostra immagine.
Non è questo il punto e non è neppure il punto - cari colleghi Staglianò e Pezzana - dell'efficacia dell'azione amministrativa. Per un mese il Presidente può tranquillamente sopportare l'onere della gestione della sanità che - ripeto - è compromessa da fattori che sono esterni a noi.
La mia presa di posizione nei confronti della vicenda Olivieri ha una caratteristica simile a quella che è stata manifestata dall'intervento del collega Santoni e ho voluto intervenire di proposito prima del collega Rossa perché non sembrasse, la nostra, una posizione che si orientasse ad appiattirsi su quella opportunistica di un partito che è più toccato del nostro da questa vicenda. Olivieri è Assessore, collega stimato da tutti su cui nessuno intende alzare il benché minimo dubbio. Olivieri non ha rapporti con nessuno di noi, non ha rapporti con la Giunta, non ha rapporti con il Partito socialista, non ha rapporti con il Presidente. Non pu comunicare con noi né noi possiamo comunicare con lui. E' persona di cui nulla sappiamo perché si trova in isolamento: questo è un fatto grave sul quale dobbiamo opportunamente riflettere. La nostra richiesta di sostituzione di Olivieri assumerebbe la caratteristica di una sostanziale condanna in contumacia.
La posizione del Gruppo DC è questa: fino a quando si manterrà questa incomunicabilità, fino a quando gli elementi non saranno chiariti, fino a quando non si potrà ristabilire con la persona un rapporto che dia dignità alla persona, il nostro atteggiamento è di non prendere decisioni; pertanto chiediamo al Presidente, mentre ne approviamo la comunicazione, di continuare nella sua azione di sostituzione che auguriamo sia efficace e speriamo che, non appena questi impedimenti crolleranno, si possano riavviare i discorsi di una possibile, noi non la escludiamo, sostituzione di fronte a fatti che siano meglio definiti, di fronte a chiarezze che siano più evidenti, ma soprattutto di fronte alla possibilità di un rapporto umano che è la base di ogni decisione che abbia il senso della dignità ed il rispetto dei nostri colleghi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, quando subito dopo la comunicazione del Presidente della Giunta avevo chiesto di non procedere alla discussione, non intendevo affatto privare questa assemblea del diritto di discutere sulla scorta delle informazioni fornite dal Presidente Beltrami. Lo avevo fatto valutando la portata della comunicazione, sia per la parte politica sia per quella che riguarda direttamente la persona del collega e compagno Olivieri, dei suoi rapporti con la Regione, con il Gruppo, con il Partito forse con gli stessi suoi familiari. Nessuno era in grado di avere informazioni più dettagliate rispetto a quelle che si desumono dai giornali e che il Presidente Beltrami, riassumendole, ha portato all'attenzione dell'aula questa mattina.
Per quanto riguarda la parte politica, con l'assunzione ad interim, da parte del Presidente della Giunta, in assenza del titolare, delle funzioni di comando dell'Assessorato alla sanità, riteniamo sia stata data una risposta politica adeguata a questa esigenza.
Tuttavia si è ritenuto, anche per rispettare il dettato del Regolamento, di procedere in questa discussione. Desidero esprimere pertanto il ringraziamento del Gruppo socialista per le parole di solidarietà che i colleghi non solo della maggioranza, ma anche alle opposizioni, hanno espresso per il caso umano.
Per quanto riguarda la parte politica voglio dire, con i colleghi della maggioranza, che in fondo non vi sarebbero motivi per procedere a decisioni che sono state in qualche settore ancora ricordate. Sottolineo la parola "ricordate", perché a differenza di otto giorni fa, quando il problema era stato posto con maggiore incisività, desidero dare atto della sensibilità che vi è stata.
Esiste poi il problema della verifica avviata tra le forze della maggioranza. Il Gruppo socialista aveva auspicato, prima del 14 giugno, che si andasse ad una verifica per esaminare tutti gli aspetti programmatici e di assetto, compreso il Piano di sviluppo regionale. Ricordo al collega Majorino che in più di un'occasione ho detto che il Piano deve essere esaminato e rivisto.
A questo punto si è'introdotta la vicenda Olivieri con la violenza del mandato di accompagnamento trasformato poi in mandato di arresto.
Questo aspetto non può essere assimilato al discorso della verifica anche se va compreso. Quindi, sono d'accordo con chi ha richiamato l'importanza della verifica, anche se in ciascuno di noi, di ora in ora, di momento in momento, in rapporto a un dibattito di questo tipo, prevalgono sensazioni diverse. Tuttavia per la situazione in cui si trova il collega Olivieri, non deve essere assunta alcuna decisione, anche se apparentemente motivata di rispetto delle regole e dei rapporti che regolano la vita e i ruoli della Magistratura nei confronti di chi in qualche misura implicitamente, ma anche esplicitamente, denunciasse qualche responsabilità.
Ho ascoltato attentamente l'intervento del collega Santoni. La tentazione, quando viene arrestato un collega, è quella di richiederne le dimissioni. Il collega dovrebbe dimettersi perché avrebbe più possibilità di assumere piena autonomia nella propria difesa, dimostrando rispetto all'intervento della Magistratura: in un rapporto tra gentiluomini, come saremmo portati a dire, avremmo definito la sua una decisione corretta.
C'è però la responsabilità del ruolo politico e la convinzione che queste cose avvengano in un quadro denso di incertezze e di interrogativi per cui si può ritenere che perlomeno le persone delle quali abbiamo parlato siano estranee, ma tuttavia sono chiamate a pagare.
Non so fin dove è giusto un ragionamento di questo tipo, se cioè restare nella veste dell'uomo rispettoso di alcune norme, in un quadro in cui molti elementi sono da rivedere, da parte nostra, da parte della Magistratura, da parte di tutti. Dichiararsi disponibili a lasciare pu essere un atto di grande correttezza, ma questa dichiarazione potrebbe essere del tutto superflua, se non vi fossero motivi per i quali dover rinunciare alla propria funzione solo per il fatto di aver ricevuto una comunicazione giudiziaria o un mandato di accompagnamento.
La nostra è un'assemblea sovrana, ma la differenza fra la sovranità di questa assemblea e quella del Parlamento sta nel fatto che il Parlamento gode dell'immunità, mentre noi no.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Meno male!



ROSSA Angelo

Vorrei che non ne godesse nessuno, sono quindi d'accordo nell'abolire il privilegio dell'immunità parlamentare.
Godendo però dell'immunità parlamentare, per poter trasformare una comunicazione giudiziaria in mandato d'arresto, occorre avere l'autorizzazione a procedere da parte del Parlamento, e questo mi pare sia giusto: in fondo il costituente non ha realizzato una cosa fuori dal mondo.
Nella vicenda che abbiamo di fronte, invece, la Magistratura pu trasformare una comunicazione giudiziaria o un mandato di accompagnamento in un arresto e portare in prigione un collega, lasciandolo per dieci giorni in stato d'isolamento fino al punto di non avere alcuna possibilità di instaurare rapporti. Questo richiede delle riflessioni, ma non per ricorrere a qualche tutela, tutt'altro! Richiede delle riflessioni nell'assumere atteggiamenti responsabili di uomini d'onore, di persone che sanno rispondere a chiunque quando sono profondamente convinte, quindi anche alla Magistratura, dei propri atti e delle proprie posizioni.
E' chiaro comunque che nell'assumere atti dei quali noi siamo convinti non si oltrepassino determinate forme nel rispetto non soltanto delle norme che tendono a realizzare giustizia, ma anche dei comportamenti civili che devono essere osservati da tutti.
Se la concezione consociativa delle UU.SS.SS.LL. ha portato ad un allentamento della tensione, è chiaro che occorre mettersi in movimento per realizzare le modifiche necessarie perché ci sia maggiore controllo democratico, maggiore senso di responsabilità da parte di chi governa maggiore potere di intervento, di controllo e di critica da parte di chi non governa o non fa parte della maggioranza.
Sono altresì d'accordo che c'è l'esigenza di dare delle risposte da parte di questo governo regionale alle molte attese e preoccupazioni del settore della sanità, ma sono convinto che tutti quanti, in primo luogo il collega Olivieri, riusciranno a dimostrare la loro completa estraneità alla vicenda. Sono altrettanto convinto che la stragrande maggioranza di coloro che operano nella sanità lo facciano con grande abnegazione, impegno e generosità. Pertanto l'istituzione deve assumere un atteggiamento che dia fiducia alla gente, perché non si lasci cadere tutto nel buio della notte.
Quindi, al di là della critica circa l'insufficienza dell'iniziativa della Giunta nel rispondere alle esigenze e alle necessità del settore della sanità, a riprova dell'impegno che si è assunto il Presidente Beltrami, il Consiglio dovrebbe esaminare, se non oggi sicuramente la prossima settimana, la legge relativa ai laboratori privati di analisi: questa è la prova dell'autonomia.
Nascono delle necessità nuove da questa situazione che sotto voce o appena a fior di epidermide andiamo dicendo; è una situazione che ci preoccupa e che non ci convince. E' chiaro allora che senza alcuna preoccupazione e senza avere l'ombrello dell'immunità parlamentare, abbiamo il dovere di dire quello che pensiamo, perché in questo modo daremo un contributo alla crescita democratica e a liberare la stessa Magistratura da una situazione nella quale, a mio avviso, c'è qualche incongruenza.
Mi auguro si possa superare, con il concorso di tutti (magistrati componenti della società e assemblea regionale), questo stato d'animo che vogliamo modificare nell'interesse della correttezza, della trasparenza e della prosecuzione del cammino verso nuovi traguardi di maggior democrazia.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, chiedo scusa di questo mio intervento forse estemporaneo rispetto alla ritualità degli interventi dei Capigruppo, ma ritengo necessario fare alcune sottolineature che sono pertinenti al merito di questo dibattito ed in generale al clima che ho ritrovato al mio rientro in Consiglio regionale.
Ho delle proposte da fare: ritengo che si fini dell'economia del dibattito questo possa essere gestito in tempi più ristretti da parte della Presidenza del Consiglio. Sarebbe opportuno che ci fosse un minimo di definizione degli spazi che devono essere riservati a certi ruoli delle istituzioni. Dico questo perché quando si constata che a ripetizione i dibattiti non riescono a sortire degli effetti che siano producenti rispetto alle decisioni, una preoccupazione anche in riscontri dei lavori delle istituzioni rispetto alla società occorre averla.
Constato che ad una settimana dal precedente dibattito, nel quale alcune forze politiche avevano cercato di annaffiare l'orticello dello sciacallaggio, non è cresciuta alcuna pianticella su questo versante. Lo dico rivolgendomi al Capogruppo socialista, ma potrei dirlo rivolgendomi a qualsiasi altro collega. In realtà non c'era merito, indipendentemente dalle responsabilità personali, per imbastire una speculazione politica di questo tipo. Quando invece la società fa crescere delle pianticelle di qualunquismo, nell'orto che noi abbiamo annaffiato con il nostro dibattito crescono pianticelle di sfiducia nei confronti delle istituzioni che ci siamo dati e che dobbiamo gestire.
Dal momento che è assente il Presidente della Giunta prego il Vicepresidente della Giunta di prendere atto delle dichiarazioni che voglio fare al Presidente Beltrami. Non vedo tutta questa reticenza nel dire che lui assume le funzioni di Assessore alla sanità e che le gestisce in pieno titolo, perché l'Assessore Olivieri è impedito. Non vedo perché le istituzioni si devono bloccare perché un Assessore, per una ragione qualsiasi di natura personale, non le può più gestire.
Al Presidente Beltrami, come alla Giunta intera, vorrei però fare una sollecitazione che riguarda di riflesso anche i colleghi del Consiglio anche se ovviamente per il rapporto che si stabilisce tra le maggioranze è la Giunta che gestisce la politica della Regione.
Questa sostituzione non deve essere priva di contenuti politici e quindi di iniziative politiche. Sappiamo bene che le iniziative politiche che in questo momento debbono essere assunte sul versante dell'USSL 1/23 di Torino sono quelle di inventare delle soluzioni che peraltro sono già state assunte da altre Regioni. L'ospedale San Carlo Borromeo di Milano - se le mie informazioni non sono distorte - è gestito in modo diverso da quello dell'USSL l/23 di Torino. Agli artt. 41 e 43 la legge n. 833 prevede che possano essere attivate determinate procedure. Su questo versante l'iniziativa politica deve attivarsi nella misura in cui vogliamo tutelare anche i colleghi di ogni parte implicati in questa spiacevole vicenda.
Si potrebbero fare delle considerazioni che non credo siano pertinenti a questo dibattito, dico però che la legge non deve essere interpretata passivamente subendone tutte le conseguenze negative. Se quindi c'è il modo, per i grandi distretti ospedalieri, di sottrarli alla gestione assurda di riferimento alle forze politiche, non in quanto tali, ma alla loro rappresentanza istituzionale, daremo un contributo a chiarire le responsabilità personali e soprattutto delle forze politiche. Quello che si ingenera in questa vicenda è una grande sfiducia nelle forze politiche che noi pensiamo di rappresentare in quanto eletti dal popolo.
Come prima proposta chiedo espressamente alla Giunta di assumere un'iniziativa politica che non sia comunque di superamento: non è un problema di dialettica tra iniziative della DC o del PSI o di un'altra forza politica all'interno della maggioranza, questa è un'iniziativa sulla quale ormai concordano tutti, quella cioè di superare momenti di difficile o di impossibile applicazione della riforma sanitaria per portarla su versanti applicativi che siano più rispondenti alle esigenze della società.
La seconda proposta è l'istituzione di un apposito ispettorato regionale di controllo sulla gestione dell'attività sanitaria nella Regione Piemonte. Credo che il Presidente si renda conto, per l'esperienza che ha maturato in lunghi anni di presenza nella Commissione consiliare, che cosa voglia dire questo rapporto con la società, indipendentemente dai controlli che competono al Co.Re.Co. Questa deve essere assunta come proposta all'interno della relazione annuale ex art. 40, che mi risulta sia caduta in disuso, ma che corrisponde ad un ruolo politico sul quale il contributo che noi diamo è rivolto non solo alla società, ma anche a dare un sostanziale apporto ai colleghi che si trovano oggi a gestire una vicenda rispetto alla quale credo vi possa ragionevolmente essere in prospettiva non solo un avvenire di grigiore e di rassegnazione, ma anche di ottimismo e di rimonta della situazione nella quale ci siamo venuti a trovare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente e colleghi, mi avvalgo della libertà democratica di cui tutti abbiamo possesso per esprimere le mie valutazioni. A mio avviso un dibattito così importante, con questioni condotte in modo serio, avrebbe potuto essere più efficace se ci si fosse attenuti di più all'oggetto della comunicazione e ai tempi fissati dal Regolamento.
Tre sono i problemi che emergono: il primo è di carattere strettamente giudiziario, il secondo di carattere politico, il terzo di carattere più generale.
Per quanto riguarda il problema giudiziario, esprimo la convinzione che fosse dovuta la grande cautela dichiarata dal Presidente, ma anche dall'assemblea, in ordine ad una vicenda che ha coinvolto così tante persone e in particolare l'Assessore alla sanità.
Non sono convinto però che la solidarietà ci sia sempre per tutti nella stessa misura. Io esprimo solidarietà totale all'amica e collega Minervini che è stata coinvolta in modo marginale rispetto a questa vicenda per la posizione che occupava, non certamente per dei comportamenti. Non sono d'accordo a dare solidarietà a tutti indistintamente.
All'Assessore Olivieri, nei confronti del quale nutro grande stima ed apprezzamento, esprimo grande solidarietà. Le stesse parole ebbi a dire giovedì scorso quando non si era ancora a conoscenza delle ultime vicende e le ripeto oggi che la situazione è peggiorata. Per la stima che ho della persona, mi auguro che l'Assessore Olivieri sappia assumere tutte le iniziative opportune, che forse oggi non ha ancora potuto assumere per la situazione nella quale si trova. Sono certo che la sua sensibilità e senso di responsabilità non potranno non condurlo ad assumerle.
Il problema politico riguarda l'assunzione ad interim delle competenze dell'Assessorato alla sanità. Il collega Santoni bene ha spiegato che non si può venir meno a certi diritti personali degli uomini, come la possibilità di fare delle scelte importanti che li coinvolgono personalmente, quindi è giusto che nell'immediato ci sia questa assunzione di responsabilità da parte del Presidente che deve essere piena ed assoluta. Però devo anche dire che per il grande prestigio che la Regione Piemonte ha o dovrebbe avere, credo ci si debba adoperare affinché certe situazioni, che non consentono di assumere altre decisioni, vengano rimosse in modo che la situazione di precarietà che coinvolge questa Giunta non si prolunghi troppo nel tempo, ma si risolva sia pur ancora provvisoriamente.
Questo è l'invito che rivolgiamo alla Giunta ed in particolare al suo Presidente, alla luce del dibattito svolto che non mi pare sia stato tendente allo sciacallaggio, ma abbia affrontato, sia pure da angolazioni diverse, un problema serio che, al di là delle dichiarazioni, ci vede tutti coinvolti nella ricerca di una soluzione definitiva rispetto a questa Giunta.
Il terzo problema di carattere più generale riguarda la cosiddetta questione delle firme degli atti, problema che a mio giudizio non si riferisce soltanto alla sanità, ma è un malessere che coinvolge l'intera pubblica amministrazione. I politici e la burocrazia si trovano nell'effettiva difficoltà di gestire i problemi: è una paura legittima alla luce di quello che sta capitando. Neanche il PRI, cosa come il partito del Consigliere Santoni, ha votato la legge di riforma sanitaria n. 833 e quindi potrei anch'io affermare che tutti i mali non stanno nella struttura, bensì nella legge. In realtà i mali, pur essendo certamente in quella legge, stanno altresì nella struttura complessiva e in una forma di cultura amministrativa che si è andata determinando in questi ultimi anni e che dobbiamo avere il coraggio e la forza di rimuovere.
Noi abbiamo perso delle occasioni - l' ho già detto altre volte - ma ogni volta che capita un fatto di questo genere credo sia bene ripeterlo.
Per quanto si riferisce al Consiglio regionale, abbiamo perso l'occasione di creare situazioni maggiormente garantiste sia per i politici che per la classe burocratica, allorquando è stata approvata la legge sull'organizzazione del personale che di fatto, deresponsabilizzando tutti ha reso tutti responsabili di fatti di cui non possono essere responsabili.
Con una norma puntuale che individui le scelte politiche e dia le linee di indirizzo precise alla burocrazia che deve essere assolutamente irresponsabile rispetto a queste scelte, ma responsabile rispetto all'attuazione pratica delle stesse, noi crediamo che in questo modo sia possibile non solo creare maggiori condizioni di efficienza amministrativa ma anche rendere non più unico arbitro delle situazioni che si vanno determinando la Magistratura, affinché la Regione e gli enti pubblici in genere diventino un modello di efficienza operativa e di gestione garantita dall'interno.
Un'altra proposta concreta è la definizione delle deleghe degli Assessorati non fatta per patteggiamenti, ma per legge: questa condizione garantirebbe maggiore chiarezza all'interno della pubblica amministrazione.
Occorre affrontare queste proposte senza limitarsi semplicemente ad enunciarle.
C'è una verifica in corso per definire i contenuti programmatici, nella quale credo che sarebbe opportuno individuare norme nuove, capaci di fare della questione morale (che poi tra l'altro non paga niente come abbiamo visto nell'ultima campagna elettorale) non soltanto un momento di polemica tra i Partiti, ma di comportamento reale nelle pubbliche amministrazioni e in particolare, visto che ne siamo parte, della Regione Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la settimana scorsa non sono intervenuto in merito a questa vicenda, mentre ritengo di doverlo fare questa settimana, cercando di essere brevissimo, perché il diluvio di parole di questi due dibattiti riempie di sconforto.
Riempie di sconforto vedere l'assoluta inadeguatezza - mi si consenta il termine - complessiva che ne esce. Vi raccomando di terminare con qualcosa di concreto. Non si può pensare che tutto venga annegato in tante parole, cosicché alla fine si hanno soltanto parole e buone intenzioni. La questione morale non paga perché è una questione fatta di parole e ciò è preoccupante, perché se è così vuol dire che non c'è più speranza, visto che gran parte dell'attività politica è finalizzata ad ottenere voti.
Se si fa una battaglia che non rende in questi termini, si farà sempre meno o diventerà sempre più una questione di pochi isolati individui che la sosterranno per motivi di principio, ma continuando a farla finiranno con il non essere neanche più eletti nelle loro assemblee.
E' sconfortante il fatto che tutto venga ormai affidato ai giornalisti agli opinion makers che scrivono sulla stampa quotidiana.
C'è uno squilibrio tra il potere della stampa e quello delle assemblee però non si può soltanto parlare sempre male dei giornali e del loro peso.
C'è anche il fatto che forse queste assemblee non sono più capaci di rappresentare alcunché.
Il mio invito è quello di usare meno parole, oserei dire quasi osservare il silenzio sulla vicenda, se non fosse che il silenzio potrebbe sembrare una forma di complicità.
Esiste però un silenzio fatto di estrema ridondanza: un'enorme quantità di parole sentite tutte insieme, e questo mi dispiace, finisce per diventare un magma indistinto, finiscono per diventare indistinte le diverse posizioni, le diverse responsabilità, anche i diversi modelli di comportamento che nel passato e nel presente si cerca di tenere.
Io non credo di avere mai detto che tutte le forze politiche, che tutti gli uomini ed i singoli personaggi, al di là del Partito di cui fanno parte, siano tutti uguali. Però questo è il rischio che effettivamente si corre. Le parole sono troppe e molto spesso finiscono per essere troppo uguali e uguale chiunque le pronunci.
Quindi vi raccomando, se non il silenzio, che sarebbe altrettanto preoccupante, meno parole perché non vorrei dover coltivare in disparte nel mio cantuccio appartato, che prima o poi si faccia strada una speranza di cambiamento nelle nostre parole, nei nostri atteggiamenti, nei nostri modelli di comportamento.
La questione morale sta diventando una sorta di ritornello e le interviste che gli uomini politici rilasciano in merito stanno diventando quasi degli spot pubblicitari.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

E' vero che nelle regole non ci si è attenuti e i tempi degli interventi sono stati lunghi, ma noi attendevamo una replica del Presidente, perché nella prima parte del dibattito abbiamo assistito a un giro di valzer iniziato da quell'ottimo ballerino che è il Consigliere della Lista Verde Civica e proseguito da altri, che hanno tentato di evitare il nocciolo del problema.
Per la verità ci sono stati anche due interventi significativi che sono venuti dai banchi della maggioranza: quelli dei Consiglieri Picco e Ferrara, che hanno posto due questioni alla Giunta. Anch'io sono d'accordo con Ala che continuare a parlarne non risolve il problema, infatti noi non abbiamo più riproposto le questioni del cambiamento, la struttura, i meccanismi, perché è meglio che si stia zitti se non si producono dei fatti. Oggi però è stato chiesto alla Giunta di essere più chiara e di fare qualcosa. Questo mi dà qualche speranza di poter uscire da un dibattito molto sconfortante per noi, perché si è teso oltre i limiti del reale e del giusto. Si potevano dire moltissime cose, come sono state dette sulle persone, sulle garanzie, sulla cautela, ma non si doveva usare questa argomentazione per sottrarsi ancora una volta a dei punti politici che restano sul tappeto. Sottrarsi senza assumere responsabilità ed anzi giocando la carta, che mi pare assolutamente truccata, delle situazioni dolorose, che ci vedono tutti molto attenti, perplessi e tormentati, al fine di sfuggire al ruolo politico.
Il richiamo che è venuto dai due esponenti della maggioranza è un elemento sul quale (non so se ci saranno repliche del Presidente) comunque il Consiglio deve e può trarre qualche insegnamento. La chiarezza e l'azione erano le cose che avevamo chiesto noi, al di là persino del merito preciso delle nostre richieste.
Se non fosse stato per i due interventi citati, la vera risposta che si poteva ricavare era che essendo in corso una verifica non è il caso di dare la priorità ad una questione che invece è assolutamente evidente, per i suoi caratteri di eccezionalità e di gravità, e che si devono attendere le decisioni di diktat delle segreterie dei Partiti che ricomporranno a loro modo deleghe, funzioni e rapporti di forze.
Mi auguro che sia stato registrato, non solo da me in questa maniera questo elemento di novità. Mi conforta perché vuol dire che non siamo i soli, altrimenti ti viene il dubbio che stai diventando matto a sostenere certe cose. Questo segna la necessità di assunzioni di responsabilità, oggi e in qualsiasi sede, da parte di una Giunta che da troppo tempo pratica la tecnica della abdicazione e della fuga dai nodi veri.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta, Beltrami.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

In questo dibattito, fosse anche solo per gli ultimi interventi che sono stati richiamati dal collega Bontempi, si sono stabilite delle sollecitazioni e comunque si è messo in evidenza che talvolta all'interno della maggioranza esistono dei fermenti, delle sollecitazioni, che non esiste uno stato di abulia o di apatia totale e mi parrebbe che le diverse sollecitazioni non possano che essere oggetto di approfondimenti e di riflessioni. In fondo è quello che stiamo facendo da una settimana, per quanto attiene all'aspetto specifico. Le altre riflessioni le stiamo facendo da tempo. Non. è oggi il momento nel quale dover capire se, ad esempio, la verifica è resa necessaria anche per una più equa, organica razionale e dotata distribuzione delle competenze assessorili per renderle funzionali, per registrare che si sono create condizioni, anche attraverso l'introduzione di nuovi meccanismi entro la legislazione regionale e nazionale, per le quali taluni Assessorati si sono trovati non dico eccessivamente irrobustiti ma, per taluni aspetti, appesantiti o gravati da oneri che organicamente rientrerebbero in un messaggio distributivo più armonioso e di maggiore equilibrio.
Io non ritengo che il dibattito di questa mattina, posto che sia stato un dibattito, perché era semplicemente una risposta che doveva, nei tempi e nell'impostazione, essere contenuta ad una a sua volta contenuta comunicazione della Giunta, sia stato negativo.
E' stato utile, dignitoso ed ha seguito una tradizione che è tipica di questa assemblea parlamentare e mi pare che alla fine siano sorti sufficienti elementi perché il governo da una parte e le forze politiche dall'altra abbiano a stabilire degli utili approfondimenti.
Mi scuso anche per quelle brevissime assenze alle quali sono stato costretto. Ho cercato di non muovermi dal tavolo, ma stavamo firmando altri adempimenti che sono ugualmente urgenti e con scadenze impossibili, per cui quando gravano bisogna rispettarle.
La contenutezza dei termini del dibattito, pur nelle tensioni che ci sono state e anche per taluni istanti, perché no, lo devo dire, anche di commozione, mi pare che non abbia impedito di rilevare che talune indicazioni debbano essere, per la verità, oggetto di riflessione.
Ho parlato di commozione perché se si pensa che la limitazione della libertà ad una persona sia fatto estremamente grave, soprattutto allorquando questa viene a ricadere per presunti reati che non hanno necessariamente l'obbligatorietà della limitazione o della riduzione della libertà di un individuo, credo che questi fatti contengano in sé, non disgiunti da un rapporto di amicizia che ci lega all'interessato, momenti di aperta, totale e profonda commozione.
Mi auguro solo che il mio tono pacato non venga frainteso. Vorrei scusarmi per le interruzioni da me fatte perché in esse non c'è mai riserva mentale o astiosità; un uomo non può cambiare dopo aver maturato dodici lustri di vita. Il mio tono non deve apparire atto di rinuncia o assenza di progettazione.
In un momento come questo, nel quale l'Assessore Olivieri è fisicamente impedito di comunicare con chicchessia, con la stessa famiglia, io ho sviluppato un ruolo di presenza, cercando di stabilire e di promuovere le sinergie degli stessi collaboratori dell'Assessorato alla sanità, che hanno dato delle risposte non trascurabili, superando anche quegli stati d'animo che un collega questa mattina ha voluto far rilevare in una dichiarazione alla stampa, con uno sforzo non trascurabile, perché ci sono funzionari che hanno paura persino a siglare semplicemente delle lettere, perché taluno con una semplice sigla qualche tempo fa è stato tradotto alle carceri e vi è rimasto per una quindicina di giorni.
In questo stato d'animo siamo riusciti a sollecitare le tensioni e il senso di responsabilità di questi collaboratori ai quali io esterno pubblicamente il grazie del governo della Regione per tentare di stabilire una rimonta, per portare chiarezza, per cercare di capire di più. Se poi capire di più vuol dire sposare un indirizzo quale quello che è stato sollecitato, almeno l' ho colto quando sono rientrato in aula dopo breve assenza, dall'intervento di Picco, attraverso una soluzione che ricalchi un po' quel tipo di riforma che era stata chiamata di rito ambrosiano in Lombardia, oppure attraverso altri passaggi quali quelli che sono stati suggeriti da Ferrara, che tra l'altro sono stati oggetto di apprezzamento anche da parte dell'opposizione, questo mi parrebbe che non sia cosa trascurabile.
In sostanza nella mia comunicazione avevo detto che non avevo avuto elementi diversi da quelli che i giornali e i canali televisivi avevano comunicato, rendendo edotta la popolazione degli ultimi avvenimenti. Avevo detto ancora che la comunicazione non poteva essere completata da fatti che erano intervenuti nel pomeriggio, ovvero la traduzione alla Casa circondariale di Pinerolo del collega Olivieri.
Ancora avevo risottolineato il fatto dell'impossibilità di comunicare con l'interessato, in un approccio-contatto per cercare di capire e per valutare più a fondo gli avvenimenti che erano intervenuti, per trarre anche delle conclusioni, visto che in ogni modo mi parrebbe non esista all'interno della norma statutaria l'istituto della destituzione.
Inoltre avevo anche cercato di far capire - forse mi sono espresso non compiutamente ai colleghi - che certamente hanno comunque dimostrato di non avere inteso il senso di taluni miei passaggi, che da questa possibilità di capire, di avvertire, di conoscere, di approfondire i problemi nascerebbe una strategia del governo, della comunità, non disgiunta da quella strategia che appartiene personalmente al soggetto interessato che penso fuoriuscito dal regime di limitazione della libertà nel senso di limitazione dall'isolamento, non potrà che trarre delle conclusioni sue o comunque dare delle indicazioni per i successivi comportamenti.
Avevo anche detto che era intenzione nostra - l' ho riaffermato poco fa assicurare la continuità e la riproposizione del perfezionamento di talune iniziative che Olivieri ha portato avanti. Devo dire questo perch mi viene spontaneo: Olivieri in questi ultimi tempi ha tenuto con difficoltà a non finire all'interno della gestione del pacchetto sanità.
Una sanità che ogni giorno si rivela più malata, con servizi che sono stati scoperti, con persone che avevano una loro professionalità e sono state allontanate dai servizi, con atti nostri, di responsabilità da parte della Giunta, o talvolta su sollecitazione degli stessi magistrati, perché vi ravvisavano una incompatibilità o una possibilità di mescolare atti ed atteggiamenti su posizioni che erano potenzialmente coinvolgibili nei singoli momenti del passaggio dell'iniziativa giudiziaria.
Questo uomo al mattino cominciava ad avere contatti con le strutture ospedaliere per cercare di rimettere insieme i cocci di un sistema. Io ho avvertito questo discorso del Commissario che, non avendo confronto con altri, se non una verifica di garbo con le strutture sanitarie della Regione, decisionalmente ha avuto la possibilità di far passare assai più documenti di quanti normalmente ne fa un'assemblea legislativa o il governo di una Regione o della stessa Unità Sanitaria Locale.
E' ugualmente pensabile che abbiamo tentato di effettuare delle ispezioni. Le ha impostate Olivieri e sono state realizzate. Abbiamo cercato di istituire dei gruppi di lavoro, unità di penetrazione all'interno della verifica per il settore delle convenzioni. Purtroppo dovendo atteggiarci, di volta in volta, a maturazione di atteggiamenti che seguissero a passo anche le stesse iniziative dell'autorità giudiziaria siamo costretti a ricorreggere le singole presenze all'interno di queste unità operative, allontanando persone che, di volta in volta, si presume vengano coinvolte o interessate: componenti del Co.Re.Co. legati a settori funzionali di questa attività.
La comunicazione giudiziaria - è stato autorevolmente detto da qualcuno dovrebbe servire solo e unicamente per garanzia, per supporto e sostegno del destinatario della stessa. La comunità civile oggi ha ritenuto di diverso tono e significato questo tipo di attività della giustizia. Non appena vi sono state le segnalazioni abbiamo dovuto, con un modo dinamico e attuale nel comportamento, cercare di livellare, rimodellare, ristabilire presenze e organizzazioni.
Ier sera ho avuto un colloquio fino alle ore 21 con il Prefetto di Torino, altro l'avrò lunedì con il Commissario Terribile - Terribile di nome, buono decisamente di fatto - che regge oggi l'USSL di Torino per cercare di capire se possiamo rispettare talune indicazioni, che io ho dato alla stessa opposizione, circa la maturazione e il perfezionamento della riorganizzazione delle UU.SS.SS.LL. di Torino rendendo operante il quadro della nuova distribuzione territoriale che è maturato con legge della Regione e attraverso il passaggio delle elezioni all'interno delle assemblee elettive.
Ho espresso anche solidarietà a tutti coloro i quali possano per un verso o per l'altro, pur per diversi livelli e diverse poste di sollecitazione, essere stati toccati da comunicazione o da altri atti in questa vicenda. La solidarietà è umana e totale e non ha riserve. La ripropongo qui con larghezza di riproposizione che ha radici prima d'altro umane e, per quanto valga, anche affettive.
Questo dibattito, che a mio avviso non è stato negativo, ha dato sollecitazioni e indirizzi che non saranno trascurati dalla Giunta regionale.



PRESIDENTE

Si è così conclusa la discussione sulla comunicazione del Presidente della Giunta.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Ordini del giorno inerenti alla situazione occupazionale rispettivamente alla Farmitalia Carlo Erba e alle aziende del Gruppo CIR (Ditta Sasib)


PRESIDENTE

E' stato presentato un ordine del giorno relativo alla situazione occupazionale alla Farmitalia Carlo Erba.
Nel pomeriggio alle ore 15 una delegazione di lavoratori potrà incontrare i Consiglieri per affrontare il problema.
E' stato inoltre presentato un ordine del giorno relativo alla situazione occupazionale nelle aziende del Gruppo CIR.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Ferrara. Ne ha facoltà.



FERRARA Franco

Signor Presidente, già in altre occasioni ho avuto modo di dire che considero oltremodo scorretto che durante i lavori del Consiglio vengano delegazioni di persone che invitano i rappresentanti di tutti i Partiti a partecipare ad un incontro.
Vi sono Gruppi politici numerosi che possono inviare loro rappresentanti, ve ne sono altri però che non lo possono fare e poi regolarmente viene notata l'assenza di uno o dell'altro. Era stata fatta la scelta di non accogliere più qualsivoglia rappresentanza durante i lavori del Consiglio, ma questa scelta, a quanto pare, viene disattesa.



PRESIDENTE

Si era convenuto che nell'aula dove si svolgono i lavori del Consiglio regionale e nelle sue adiacenze non vi fosse più alcuna possibilità di manifestazione né di ricevimento di delegazioni. Non si era escluso per che negli altri locali del palazzo possano avvenire degli incontri, ai quali comunque non si fa carico a qualcuno di partecipare, ma non posso impedire che ciò avvenga.
Posso affermare che nell'aula, da quando ho assunto la carica di Presidente, non si sono più verificate manifestazioni o incontri, ma non posso impedire che al primo piano possano riunirsi cinque persone con l'Assessore e con i Capigruppo. Non posso dire che nel momento in cui si avvia il Consiglio, al giovedì o al mercoledì, non entra più nessuno e si chiudono le porte a tutti.



FERRARA Franco

Non si facciano incontri con coloro che dovrebbero stare in aula a lavorare.



PRESIDENTE

Non ho detto che durante il Consiglio avviene questo. Infatti il Consiglio questa mattina non ha ricevuto nessuno. Alle ore 14,45, prima dell'inizio dei lavori pomeridiani del Consiglio, si può accedere alla richiesta di incontro. E' una normativa che si sono dati tutti i Capigruppo che io rispetto rigorosamente.
La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Mi felicito con il collega Ferrara, perché finalmente si è accorto dei Gruppi di minoranza, quando sovente rimprovera certe assenze ad altri Gruppi ancora più minoritari del suo. Sono quindi d'accordo su quanto ha espresso.
Vorrei far notare al Presidente del Consiglio regionale che deve essere garante e tutore del buon funzionamento dello stesso, che in quest'aula così come nei racconti di Orwell, ci sono degli ordini del giorno che sono più uguali di altri. Nel malloppo di ordini del giorno giacenti presso il banco della Presidenza ve ne sono alcuni che risalgono ad un anno e mezzo fa, ma inspiegabilmente ve ne sono taluni che, presentati nello stesso giorno di riunione del Consiglio, vengono discussi immediatamente.
Chiedo al Presidente del Consiglio, che è garante e tutore del Regolamento, che cosa fa procedere così celermente taluni ordini del giorno e cosa invece ne blocca altri.



PRESIDENTE

I lavori del Consiglio sono governati dai Capigruppo. Io auspico che si risponda a tutte le interrogazioni, interpellanze, ordini del giorno e mozioni che sono pervenuti all'Ufficio di Presidenza. Devo dire però che ci sono delle situazioni contingenti che o le vogliamo capire o non le vogliamo capire. In questi giorni stanno maturando gravi situazioni di licenziamenti in diverse aziende. Volete forse, noi che siamo sorti per il lavoro, che non le affrontiamo subito?



PEZZANA Angelo

Non mi riferivo a questo problema, parlavo degli ordini del giorno.



PRESIDENTE

Il nostro impegno è di esaminare tutti gli ordini del giorno, tant'è che in ogni seduta vi sono almeno cinque o sei ordini del giorno iscritti.



PEZZANA Angelo

Andiamo a vedere i precedenti che data portano.



PRESIDENTE

Di fronte a certi problemi che hanno carattere d'urgenza, i Presidenti dei Gruppi parlamentari sono sempre stati sensibili. Non posso rilevare in nessun caso che non siano stati sensibili. Vediamo pure quelli che sono da discutere e discutiamone - ne abbiamo tantissimi - però non è possibile esaminare soltanto gli ordini del giorno.
Nella conferenza dei Presidenti dei Gruppi convocata per domani verrà affrontata la questione degli ordini del giorno.
Passiamo pertanto all'esame dell'ordine del giorno relativo alla situazione occupazionale alla Ditta Sasib del Gruppo CIR.
La parola all'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero, Assessore al lavoro

Signor Presidente e colleghi, devo innanzitutto assicurare i colleghi testé intervenuti che, almeno per quanto riguarda il mio Assessorato, non ho mai :cercato e non cerco di scaricare sui lavori del Consiglio situazioni di tensione o che comunque non consentono la partecipazione dei Gruppi che hanno una minor rappresentanza alle discussioni e ai confronti che avvengono attorno a problemi di crisi che impongono un immediato intervento. Devo anche dire che normalmente le riunioni sono precedute da incontri che si tengono presso l'Assessorato o comunque per richiesta delle organizzazioni sindacali o dei Consigli di fabbrica. Sovente tali riunioni non sono convocate da nessuno, nascono per situazioni di tensione sociale e di difficoltà che ci mettono - in qualunque momento della giornata - di fronte all'esigenza di affrontare i problemi che vengono proposti e di accedere agli incontri che vengono richiesti. Vorrei cioé che si avesse la sensibilità di comprendere che, a fronte di certe situazioni, sovente gli incontri non sono indetti né programmati da alcuno, sono richiesti. Credo che questa condizione sia facilmente avvertibile e comprensibile da parte di tutti.
Nel caso specifico ci sono stati incontri in questi giorni sia per quanto riguarda i problemi dell'azienda Sasib del Gruppo CIR sia per quanto riguarda la Farmitalia.
Con questa premessa voglio significare che sovente - ed è comprensibile le organizzazioni sindacali, i Consigli di fabbrica, le persone, i dipendenti che sono interessati a provvedimenti gravi di licenziamento oppure che preavvertono una situazione che può portare al licenziamento non ritengono che la Regione sia rappresentata in via definitiva dall'Assessore, giustamente, ma chiedono un incontro con i Gruppi politici incontri che per consuetudine avvengono nella giornata in cui si tiene il Consiglio regionale. Cerchiamo di dare minor disturbo ai lavori del Consiglio, però questa è la situazione reale che si presenta, per cui condivido quanto ha detto il Presidente del Consiglio poc'anzi.
Per quanto riguarda in particolare la situazione della Sasib di Leinì è stato presentato un ordine del giorno a seguito degli incontri ripetuti che si sono avuti a partire dall'ultimo incontro che si è tenuto in Regione il 25 giugno, per una situazione particolare: la società Sasib ha deciso di chiudere la sua unità produttiva di Leinì e ha conseguentemente richiesto il trasferimento di nove dipendenti (che ora mi pare siano ridotti a otto) che costituiscono la parte residuale del nucleo produttivo di Leinì, a Chieti. La richiesta di trasferimento delle lavoratrici - si tratta infatti di donne - a Chieti significava di fatto un licenziamento perché, come tutti possiamo comprendere, chiedere alla fine di una vicenda a nove donne lavoratrici di Leinì di trasferirsi a Chieti significava quello che poi si è verificato, cioè che il trasferimento non è stato accolto e immediatamente dopo l'azienda ha avviato la procedura di licenziamento.
Noi abbiamo ritenuto in una situazione che non è molto chiara, nel senso che noi non potevamo fare riferimento solo all'azienda Sasib, per una vicenda che nell'area riguarda tutti i passaggi della Temsacir, dell'Elto della Relé e così via, che il Gruppo CIR si dovesse far carico di questa eccedenza di manodopera risultante nell'area a seguito della decisione di chiusura dell'unità produttiva della Sasib. In effetti, durante il periodo della trattativa una parte delle maestranze interessate è stata riassorbita qualche mese fa, qualcuno è stato incentivato alle dimissioni, qualcuno è andato in prepensionamento. Comunque pareva possibile attraverso la Baltea l'azienda del Gruppo CIR che opera nell'area, arrivare a un riassorbimento non traumatico di poche unità di personale. Nella fase finale invece abbiamo trovato un muro nettissimo da parte della CIR. alla fine poi dell'0livetti, che si è coperta dietro il paravento della Sasib, che è un'azienda autonoma. Non è stato possibile un ragionamento non traumatico per consentire una eventuale misura intermedia di assunzioni che poi rientrassero all'interno di una situazione di cassa integrazione più generalizzata e siamo arrivati alla fine ad una situazione assurda in cui da una parte c'è la richiesta di CIGS del Gruppo CIR per 750 unità per un periodo, neanche tanto breve, atto a consentire riassetti e riconversioni produttive all'interno del Gruppo e dall'altra c'è il licenziamento di 9 persone che non sembra accettabile; ciò, sia per l'entità, il significato e la portata economica e finanziaria che il Gruppo riveste a livello regionale, nazionale ed internazionale, sia perché non possiamo dimenticare che in tutta questa vicenda la Regione, per quanto possibile, attraverso la riqualificazione, gli interventi di formazione professionale, gli interventi di riconversione di aree produttive e di stabilimenti che erano presenti nell'area, ha giocato un ruolo di affiancamento di un processo di riassorbimento che era stato concordato, a suo tempo, per 400 unità nell'area di Leinì e che complessivamente giudichiamo in modo positivo. Non si può non giudicare positiva l'azione che il Gruppo ha svolto e il riassorbimento di manodopera conseguente alla vicenda della Singer, ma questa azione alla fine non può chiudersi con una misura, non comprensibile, di licenziamento di 9 perone all'interno, nella sostanza, di un gruppo di questa rilevanza.
Abbiamo avuto ancora un confronto molto duro nella giornata del 25 giugno in Regione, che purtroppo si è chiuso con un nulla di fatto, con un rifiuto netto da parte dei dirigenti del Gruppo che erano presenti. Nella giornata di ieri abbiamo nuovamente invitato l'ing. De Benedetti a riprendere in considerazione la vicenda, a non volerla considerare chiusa e a volere assicurare un cambiamento di valutazione che consenta il riassorbimento delle 9 unità di manodopera femminile.
Rispetto all'ordine del giorno che è stato presentato, firmato dai Gruppi a cui ho potuto sottoporlo (purtroppo non sono riuscito a sottoporlo a tutti poiché c'era una discussione in corso che non mi ha consentito di parlare con i rappresentanti di tutti i Gruppi), è stata formulata una proposta di integrazione da parte del collega Staglianò che chiede di condizionare alla soluzione di questa vicenda qualunque parere che la Regione sia chiamata a dare in ordine a provvedimenti che possono riguardare la qualificazione, la formazione professionale, finanziamenti agevolati o misure comunitarie interessanti la CIR o la Olivetti. Questa proposta introduce un elemento che non condivido; rischieremmo, a fronte di tutte le vicende difficili, pur dovendo assumere una posizione di fermezza politica che assumiamo, anche con durezza quando è necessaria, di subordinare sempre e in generale, come già era stato proposto l'espressione dei pareri della Regione ad alcune vicende specifiche in materia del lavoro e ciò non mi sembra corretto. In questo caso poi noi dovremmo condizionarlo alla Sasib; non mi sembra giuridicamente corretto più in generale, perché la Sasib è una azienda che ha una sua autonomia.
Sulla vertenza di lavoro abbiamo chiamato in causa la Olivetti e la CIR perché non accettiamo il fatto che la Sasib venga usata come paravento dicendo che si tratta di un'azienda autonoma che assume le sue decisioni, e perché riteniamo che il Gruppo CIR possa dare una soluzione positiva.
Dire in un ordine del giorno che Sasib e CIR sono la stessa cosa a mio parere ha il carattere di una durezza che arriva all'intimazione o ad un ventilato ricatto che le istituzioni vorrebbero mettere in atto e che poi rischierebbe di coprirci di ridicolo. Queste vicende sono trattate a livello nazionale e nel momento in cui noi diciamo queste cose i sindacati hanno sottoscritto, senza tenere conto della vicenda Sasib, la richiesta di CIG per 750 unità del gruppo CIR. Rischiamo veramente di fare delle grida in cui minacciamo di usare un potere che non abbiamo, che ci lascerebbero poi scoperti immediatamente coprendoci di debolezza.
Io sono per una posizione di fermezza politica e di denuncia chiara dei fatti, ma sono contrario a porre l'istituzione in una condizione che a breve ne scoprirebbe solo la debolezza.
Quindi mi permetto di dire ai colleghi che avevano già sottoscritto l'ordine che se desideriamo imboccare questa strada occorre valutarla più complessivamente per il significato che poi rischia di assumere.
A livello nazionale la Montedison, la Olivetti, la Fiat, cari amici e colleghi, ottengono o non ottengono le cose che chiedono? Ottengono la sottoscrizione anche dalle parti sindacali sugli accordi individuati indipendentemente dal fatto che noi possiamo dire o non dire in un documento che i pareri della Regione non verranno dati se non si riassorbono certe situazioni. Questa è una mia preoccupazione e comunque per quanto riguarda il mio temperamento, sono convinto che il voler tentare di mettere in atto come istituzione rapporti che non sono di forza, ma quasi di tipo ricattatorio, è una cosa che mi lascia sconcertato e perplesso e che in definitiva non mi sento di condividere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Do atto, come ho già fatto altre volte, all'Assessore Genovese della disponibilità con la quale si rapporta agli argomenti che gli vengono posti. L'Assessore ha voluto porre in evidenza, mettendosi in relazione con il ritiro della firma dall'ordine del giorno da parte del sottoscritto e del collega Calligaro, ordine del giorno che lui ha avuto la cortesia di sottoporci, il fatto che in qualche modo il peso politico pressoch irrilevante della Regione, da una clausola quale quella che noi abbiamo proposto, ne risulterebbe evidenziato. Non si tratta però di mettere in atto dei ricatti, quanto piuttosto di far valere quel poco o tanto di peso contrattuale, perché di questo si sta parlando, Assessore Genovese, cioé di una trattativa da avviare con la Regione in funzione di arbitro in qualche modo, ma un arbitro che non assiste passivamente inerte al gioco che si viene consumando. Il gioco che si viene consumando è quello di aziende in ottimo stato di salute finanziaria, quale quella di cui stiamo parlando che continuano a battere cassa agli Enti pubblici, alla Regione, al Ministero, alla CEE, che concedono risorse pubbliche senza porre mai alcun vincolo di natura sociale, occupazionale nella fattispecie, per il loro utilizzo. Questo è il problema politico-istituzionale grande che ci troviamo di fronte.
L'avv. Agnelli ha celebrato due giorni fa i fasti del suo attivo dimenticando di aggiungere che gran parte di questo attivo è stato determinato dal trasferimento di migliaia di miliardi dalle casse dello Stato a quelle della Fiat, ma non voglio trasbordare. L'integrazione che abbiamo proposto e che richiamo, nell'auspicio che l'Assessore Genovese voglia accoglierla, non ha funzione di ricatto, ma di esaltare, per quel poco che la Regione può fare, il ruolo negoziale che questa istituzione ha.
Dopo l'invito rivolto dal Consiglio regionale alla CIR proponiamo di aggiungere: "A tal fine - cioè per ottenere il ritiro dei licenziamenti apro qui una brevissima parentesi sulla odiosità sociale del comportamento del Gruppo De Benedetti perché ancora una volta ci sono le donne in mezzo come è avvenuto per i contratti di formazione lavoro della Fiat; bisogna cominciare a ritrovare la forza di denunciare queste discriminazioni impegna la Giunta a convocare formalmente - questo è un altro punto qualificante, cioè assumere la Regione Piemonte come luogo, anche fisico oltre che politico, di incontro - le parti sociali interessate presso l'Assessorato regionale al lavoro per chiudere in modo positivo uno degli ultimi episodi della lunga, drammatica e travagliata vicenda Singer condizionando a questo fine gli stessi pareri consultivi della Regione sui trasferimenti di risorse pubbliche, nazionali e comunitarie, alle aziende controllate dalla CIR". E' una scelta politica che a nostro parere ha un grande valore. Istituzionalmente forse peserà poco perché De Benedetti i soldi li può prendere anche altrove, perché il Ministro dell'Industria potrebbe dare quello che l'Assessore all'industria della Regione sarebbe intenzionato a non concedere. E' però una scelta di campo che secondo noi l'istituzione deve fare.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Calligaro, sottoscrittore della proposta di emendamento integrativo. Ne ha facoltà.



CALLIGARO Germano

Nessuno pensa a misure di ritorsione e tanto meno di ricatto nei confronti delle imprese, direi anzi il contrario: queste agiscono con il massimo di arroganza e semmai hanno un atteggiamento di ritorsione e di ricatto nei confronti dei lavoratori e delle istituzioni. Mettiamo le cose in chiaro! L'istituzione ha uno scarsissimo potere di contrattazione quando incontra un imprenditore; sono le imprese che ricattano! In questo caso ci troviamo di fronte ad un imprenditore molto dinamico ma che ha una strana concezione della mobilità. Non si può dire ad una lavoratrice: "Trasferisciti a Chieti - non è Chieri, ma Chieti! altrimenti ti licenzio." E' un Gruppo che ha decine di migliaia di posti di lavoro, che ha già attuato la mobilità per oltre 200 lavoratori e ora non riesce a praticare la mobilità per nove donne. Questo non è accettabile da parte delle istituzioni! La Regione è chiamata a valutare politiche di ricerca, di formazione professionale, produttive innovative in base alle quali l'imprenditore chiede contributi pubblici; ma noi non possiamo, come istituzione, valutare soltanto la convenienza dell'imprenditore, dobbiamo considerare anche le implicazioni sociali.
Abbiamo dato parere favorevole ai finanziamenti pubblici alla Fiat e vi sono 50 mila dipendenti di meno alla Fiat. Si tratta tra l'altro di pareri consultivi: se la Regione non li dà, i finanziamenti vengono comunque trasferiti alle imprese.
Poniamo una questione che è molto semplice: anche l'imprenditore svolge una funzione sociale, non è allora accettabile una politica di ricatto aperto, di relazioni industriali imbarbarite; dobbiamo perlomeno favorire la contrattazione e non accettare gli atti unilaterali, altrimenti lo faccia lo Stato o la comunità trasferendo le risorse, ma in questo modo non aiutiamo le relazioni industriali più aperte e più democratiche di cui parliamo spesso.
Il caso della Montedison è ancora più grave: ha disseminato di impianti dismessi tutto il Piemonte; si pone un problema di rapporto tra istituzione Regione e Gruppo Montedison. Chi non ha la sensibilità di capire queste cose evidentemente porta la comunità piemontese a guai sempre peggiori.
Si tratta allora di respingere il ricatto delle imprese, non di esercitare ricatti nei confronti delle stesse.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Intervengo sulla proposta di emendamento integrativo, anche se devo rilevare che di queste questioni il Consiglio regionale dovrebbe occuparsene più diffusamente.
Dichiaro intanto di essere totalmente d'accordo sull'integrazione proposta e pongo una domanda all'Assessore Genovese.
Signor Assessore, la Giunta regionale deve dire al Consiglio regionale e ai cittadini del Piemonte se su questioni di questo genere intende assolvere ad un ruolo di notaio di una partita nella quale si sa già chi vince, in questo caso chi ha il coltello dalla parte del manico e cioè i datori di lavoro, oppure intende assolvere ad un ruolo politico? I nove licenziamenti di cui stiamo parlando dimostrano che le associazioni imprenditoriali nella nostra Regione, e non solo nella nostra hanno fatto la scelta politica di passare ai licenziamenti collettivi di quei lavoratori che risultano ancora eccedenti alla fine dei processi di ristrutturazione. In Piemonte sono ancora tanti, migliaia e migliaia! In questo caso tale scelta politica è chiarissima, perché il Gruppo CIR nella zona di Leinì possiede altre aziende che avrebbero tranquillamente potuto riassorbire i nove lavoratori. Hanno deciso di non farlo e di passare ai licenziamenti collettivi, come scelta politica delle associazioni imprenditoriali e dell'illuminato De Benedetti. La Giunta regionale deve dire se prende atto che questa è la scelta politica che stanno perseguendo le associazioni imprenditoriali in Piemonte o se intende svolgere un ruolo politico. Il ruolo politico la Regione lo può assolvere nella misura in cui, non in modo ricattatorio, impone agli imprenditori di essere meno arroganti nel comunicarci i licenziamenti, ma di essere disposti a discutere anche con le istituzioni.
Il ruolo politico la Regione lo svolge nella misura in cui decide di utilizzare fino in fondo gli strumenti che ha. Pochi sono gli strumenti che la Regione ha in materia di politica industriale e di politica del lavoro uno di questi e il parere che la Regione deve fornire in merito alle richieste di finanziamento pubblico e di agevolazioni oltre che l'assunzione della titolarità per quello che riguarda i processi formativi da trasmettere alla CEE. Questo ha significato notevoli trasferimenti di denaro pubblico dalla collettività alle imprese.
Assessore Genovese, qui non si tratta di ricatti, bensì di dire che anche le imprese hanno un ruolo sociale, quindi dei doveri verso la collettività, per cui o le imprese si fanno carico di questi doveri oppure come collettività ci sentiamo in dovere di non concedere più risorse pubbliche alle stesse.
Per questi motivi ritengo che l'emendamento integrativo sia fondamentale, nell'interesse anche della Giunta. L'interesse sta nel fatto che l'Assessore Genovese può chiamare intorno ad un tavolo le imprese e non essere trattato a pesci in faccia, perché questo succede! Su questo punto fondamentale vale la pena discutere e la Giunta deve dare delle risposte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Strobbia.



STROBBIA Stefano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, in omaggio anche ad alcune considerazioni fatte dai colleghi non sono intervenuto nel dibattito che è seguito alla comunicazione del Presidente della Giunta e pensavo di non intervenire nemmeno adesso. Però, signor Presidente del Consiglio, occorre adottare qualche provvedimento. Non è possibile portare all'attenzione del Consiglio regionale due temi di questa natura nel tempo e nello spazio che ci è stato assegnato. L'aspetto sollevato dall'ordine del giorno integrato o meno è - a mio avviso - di assoluta, rilevantissima portata politica e di funzione istituzionale.
Quando questa mattina il collega Calligaro mi ha chiesto di firmare un ordine del giorno riguardante l'ennesima situazione di crisi occupazionale in una delle aziende del Gruppo CIR gli ho detto che se fossi stato Consigliere del Comune di Albiano o membro del gruppo volontaristico del servizio per la promozione del lavoro di Borgata Parella l'avrei firmato più volentieri. Nella veste di Consigliere regionale mi sembra di accentuare ulteriormente uno stato di frustrazione politica al quale io personalmente e anche il mio Gruppo non abbiamo tanta voglia di continuare a farci autoesercitare.
Se è vero che su questi temi c'è la possibilità di un intervento di peso politico e di spessore nei rapporti della cosiddetta nuova democrazia industriale, la Regione lo deve esercitare, ma non possiamo ridurci a discutere di queste cose alle ore 14 con la premura di tutti nel voler fare le osservazioni.
Io avrei piacere di sapere, per esempio, dalla Giunta attuale come la Giunta che l' ha preceduta si è comportata su queste vicende. L'Assessore a proposito del concetto di ricatto ha fatto fatica a tirar fuori questa parola; non è riuscito nella fantasia della propria improvvisazione letteraria a trovarne un'altra più felice. A mio avviso però sono temi di tale e grande rilevanza legati alle osservazioni che sono state fatte dai colleghi che mi trovo molto in imbarazzo a doverli affrontare in modo così approssimativo e veloce come stiamo tentando di fare.
Signor Presidente, fra le tante cose da modificare occorre migliorare lo spazio a nostra disposizione per porre all'attenzione del Consiglio regionale temi di così alto contenuto e di così importante incidenza sul tessuto della vita della comunità piemontese.
L'Assessore al lavoro ha difficoltà ad accettare questo emendamento; mi pare che abbia in mente di riproporlo con qualche correzione, non so con quale escamotage letterario o sostitutivo delle parole.
Sul piano politico mi auguro che questo avvenga e sul merito specifico che questo emendamento non tenga comunque il peso che si voleva proiettare.
Io mi auguro che arrivi questa proposta di mediazione alla quale mi assocerò volentieri, votandola.



PRESIDENTE

L'Assessore sta predisponendo una proposta.
La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, nessuno si scandalizza quando si vedono Amministrazioni comunali che hanno la possibilità di azionare dei tasti per avere delle contropartite in termini occupazionali.
Sia nei grandi Comuni che nei medi e piccoli c'è sempre stato il meccanismo dell'attenzione amministrativa a fronte di un corrispettivo.
Rovesciando il ragionamento parrebbe anche abbastanza logico che una Amministrazione, che dispone di certi tasti, cerchi più o meno di azionarli a fronte di certi fenomeni. Purtroppo non è così meccanico; dico "purtroppo" perché oggi la scissione tra le politiche del lavoro e i fenomeni che avvengono nel mercato del lavoro e le politiche economiche e industriali è ancora alta ed è uno dei fattori preoccupanti nella gestione dell'intreccio necessario tra occupazione e sviluppo.
E' difficile pensare oggi di poter davvero ricattare rigidamente. Tempo fa abbiamo sollevato un problema circa l'utilizzo del Fondo Sociale Europeo: si poteva tenere la questione in sospeso per approfondirla ulteriormente attorno ad un tavolo.
Si trattava del dubbio che le associazioni industriali potessero dare delle indicazioni si loro associati di non firmare le richieste di proroga di cassa integrazione e ritenevamo che quella momentanea posizione d'attesa potesse servire alla Giunta per poter recuperare con maggiore autorevolezza il rapporto con queste associazioni. Anche oggi qualcosa in questo senso possiamo fare. Non credo di dover arrivare a un condizionamento meccanico parola contenuta nell'integrazione che crea qualche difficoltà all'Assessore e alla maggioranza. E' possibile trovare una formulazione diversa, cioè a dire che ci si riserva, nell'andare ad esprimere questi pareri oppure l'approvazione di una titolarità regionale in un progetto di Fondo Sociale Europeo, una opportuna valutazione. Penso, ad esempio, al caso Montedison che ancora oggi attinge pesantemente dal Fondo di rotazione nazionale, anche dalla titolarità regionale, per quanto riguarda il Centro di ricerche di Novara. Potrebbe essere un punto tale da rendere più forte il nostro rapporto con la Montedison. Tuttavia non. è possibile pensare ad un condizionamento meccanico.
Mi auguro che il nostro peso politico si alzi soprattutto nel rapporto con le medie e grandi imprese e anche politicamente a livello nazionale si possa cogliere con attenzione maggiore che la scissione tra politiche del lavoro e politiche industriali è un elemento di grande danno.
L'Assessore Genovese ha fatto tutto il possibile in questa vicenda; è molto difficile trattare con i grandi Gruppi perché preferiscono comunicare soltanto i dati quantitativi (assunzioni e cassa integrazione) piuttosto che entrare nei rapporti diretti della prospettiva dell'azienda e della gestione della propria forza lavoro.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero, Assessore al lavoro

Certamente è vero che non mi sono espresso bene - come è stato osservato - e che non trovavo il modo di dire quello che pensavo. Nella sostanza ho voluto dire - e ne sono ancora convinto - che dobbiamo avere attenzione al modo con cui ci poniamo all'interno di difficoltà nelle relazioni industriali per il ruolo che possiamo svolgere. Per due motivi.
Il primo. Guardiamo nella sostanza al ruolo che possiamo tentare di svolgere e cerchiamo di svolgerlo; in secondo luogo perché dobbiamo avere attenzione al fatto che se generalizzassimo un comportamento nei rapporti in cui rigidamente - come ha detto correttamente Tapparo - pensiamo di condizionare le relazioni industriali, verrebbe fuori che comunque un punto d'incontro nelle difficoltà da altri viene trovato Indipendentemente da quello che può pensare la Regione. Questo è successo sovente perché se condizioniamo in modo troppo rigido le trattative, nel tentativo di salvare insieme iniziative imprenditoriali ed occupazione, ci troviamo di fronte a mediazioni che avvengono a livello nazionale o anche a livello regionale in cui le organizzazioni sindacali - per essere molto chiari - devono tenere conto realisticamente della necessità di un comportamento in cui gioca non solo la relazione industriale e il rapporto che si riesce a configurare, ma anche e pesantemente l'utilizzo degli ammortizzatori presenti per evitare situazioni peggiori sul versante dell'occupazione ed anche sul versante della possibilità di adeguamento e di modernizzazione del sistema delle imprese.
Questo non è il problema della Sasib che abbiamo di fronte, ma è certamente il problema del Gruppo CIR o dell'Olivetti che è cosa diversa rispetto alla vicenda della Sasib. Detto questo avevo tentato - prima che Tapparo parlasse avevo già chiesto la parola - di rivedere la proposta di emendamento che è stata formulata dai colleghi Calligaro e Staglianò.
Innanzitutto, secondo me non è corretto in un ordine del giorno chiedere alla Giunta che si impegni a convocare, perché la Giunta questo lo ha già fatto - ancora la settimana scorsa - e quindi si può invitare la Giunta semmai a proseguire in un impegno. Le convocazioni sono state fatte e come sanno anche le organizzazioni sindacali, qui presenti, il confronto è stato duro. Il confronto non è nato - caro Montefalchesi - da un atteggiamento da notaio; io non ho mai svolto a nome della Regione il ruolo di notaio e respingo questa affermazione nel modo più netto. Io non ho mai assunto un atteggiamento notarile: anche l'ultimo confronto con i dirigenti Olivetti è stato un confronto molto duro. Ci siamo trovati di fronte ad un atteggiamento che io ritengo inaccettabile e che ho detto chiaramente essere tale in quella sede, invitando a rivedere la posizione assunta.
Nella giornata di ieri abbiamo scritto all'ing. De Benedetti in modo altrettanto chiaro su questa vicenda, e non in termini notarili, precisando che non è concepibile che il ruolo del Gruppo, in questa Regione, porti ad una situazione in cui vengono licenziate otto donne dietro il paravento del trasferimento a Chieti dell'unità Sasib.
In secondo luogo, siccome è scattata anche, a fronte delle difficoltà una gara di rincorsa a chi è più bravo nell'affermare una posizione di sensibilità ai problemi del lavoro e a chi è più operaista del più operaista, devo dire che non posso accettare che ogni giorno si chieda formalmente la riconvocazione delle parti. Nell'ultima settimana - come ho dovuto spiegare per altri motivi questa mattina ad altri colleghi non potendo adempiere ad impegni in Commissione che mi ero preso - dalla mattina alla notte, dietro semplici telefonate di richiesta di incontri per valutare un problema specifico, mi trovo di fronte a 50-60 persone per affrontare i problemi complessivi del mercato del lavoro, che già stiamo affrontando insieme alle organizzazioni sindacali regionali. Ho anche la preoccupazione, che ho espresso non più tardi di ieri ai rappresentanti del sindacato nell'incontro con la Farmitalia, di una tendenza che si manifesta in questa regione allo scavalcamento e allo svuotamento del ruolo delle organizzazioni sindacali, in cui invece io credo, attraverso un'iniziativa di base. Vedo allo stesso modo con preoccupazione la sordità del Governo centrale a fronte delle richieste che da mesi stiamo avanzando e quindi ho la preoccupazione di una situazione in cui rischiamo alla fine di esprimere dei documenti e non la capacità di svolgere un ruolo istituzionale a cui siamo chiamati. Vorrei che commisurassimo le parole agli atti che siamo in grado di compiere e agli impegni che complessivamente possiamo assumerci.
Riepilogando, mi sembra corretto chiedere che venga reiterato un impegno per chiudere in modo positivo la vicenda, ma non che la Giunta "proceda a convocare", atto che facciamo da cinque mesi per quanto riguarda la Sasib. E' infatti da cinque mesi che andiamo avanti con difficoltà e anche con amarezza. Durante questo periodo di tempo neppure per telefono è mai stato possibile avere un confronto, prima dell'altra settimana, con i dirigenti della Baltea del Gruppo CIR: non è mai stato possibile perch venivamo rimandati continuamente a Bologna e alle nostre lettere mandate ad altro destinatario rispondeva, da Bologna, la direzione della Sasib. Questa è la realtà. Con molta difficoltà e anche con mortificazione abbiamo fatto queste cose, ma le abbiamo fatte. Purtroppo - lo ripeto - nell'incontro del 25 giugno abbiamo dovuto constatare una durezza ed una chiusura che non è accettabile e non è concepibile venga espressa da un Gruppo che ha un rilievo ed un ruolo molto importante all'interno del Piemonte e dell'intera società italiana.



REBURDO Giuseppe

Motivo di più perché a durezza si risponda con durezza!



GENOVESE Piero, Assessore al lavoro

Motivo di più, ma non motivo sufficiente per dire che la Giunta non c'è mai e tutte le volte dire che deve incominciare.



(Commenti dai banchi comunisti)



GENOVESE Piero, Assessore al lavoro

Consentitemi, ognuno di noi ha la sua sensibilità e la sua dignità e conosce il lavoro che ha tentato di fare.
Mi consenta, Presidente, ma ho risposto alle cose che non credo giuste che mi ha detto il collega Montefalchesi, di cui peraltro sono amico e con il quale mi trovo d'accordo molte volte. Ritengo, magari anche in termini emotivi, poiché ho il mio temperamento e le mie convinzioni, di dover rispondere a quanto ha detto il collega Montefalchesi perché non lo ritengo giusto e corrispondente al ruolo che ho svolto. Non ho mai fatto il notaio e cerco di fare in modo che anche l'istituzione non abbia un ruolo da notaio, se è possibile. Poi, certo, da solo sovente non ci riesco e il motivo per cui ci troveremo a discutere in Consiglio regionale sui problemi generali il 10 luglio prossimo è dovuto al fatto che ho sollecitato l'impegno dell'istituzione nel suo complesso, non solo della Giunta, ma anche dei Gruppi, a fronte della gravità dei problemi che abbiamo e della scarsità di considerazione di cui gode la nostra istituzione presso i livelli superiori di governo.
Condividendo invece la valutazione che ha fatto il collega Tapparo chiedo che anziché esprimerci in una forma che sembra di condizionamento totale, si dica "riservandosi l'opportuna valutazione, a questo fine, degli stessi pareri consultivi della Regione sui trasferimenti di risorse pubbliche nazionali e comunitarie alle aziende controllate dalla CIR" sapendo ad esempio che la prima cosa a cui saremo chiamati come Regione quindi come Assessorato, è il parere che dovremo dare sulla CIG che è stata richiesta. In altri casi e in presenza di realtà di Gruppi di grande rilievo a volte dobbiamo esprimere non solo i pareri sulle CIG, ma anche pareri finanziari che però dietro hanno risvolti di natura occupazionale o di tenuta produttiva o di tenuta imprenditoriale di cui dobbiamo tenere conto.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Si chiama ricatto!



GENOVESE Piero, Assessore al lavoro

No, non si chiama ricatto. Io condivido esattamente quello che ha detto il collega Tapparo: il condizionamento non può essere posto in termini totali ed assoluti, ma di valutazione politica che si fa a fronte delle richieste, volta per volta, e del parere a cui siamo tenuti a dare o non dare risposta, o comunque a motivarne l'accoglimento o il rigetto. Il condizionamento totale, a fronte della complessità, ci scoprirebbe solo nella nostra debolezza perché saranno altri in futuro a chiederci di esprimere un parere a fronte di una situazione di irrigidimento totale della Regione, perché la complessità della situazione richiede un governo delle vicende e non dei pronunciamenti rigidi ed assoluti.
Comunque, a conclusione, questa è la mia valutazione; ritengo di poter accogliere l'emendamento nel senso però che si "impegna la Giunta a proseguire nell'impegno" e non "a convocare formalmente"; la parte successiva resta invariata tranne che per la parola "condizionando" che proporrei di sostituire con "riservandosi l'opportuna valutazione a questo fine degli stessi pareri".



PRESIDENTE

Dunque, alla proposta di integrazione all'ordine del giorno presentata dai Consiglieri Staglianò e Calligaro, l'Assessore Genovese ha proposto un subemendamento.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Chiedo di poter fare una proposta operativa sull'ordine dei lavori.



PRESIDENTE

Ne ha facoltà.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Ritengo sia opportuno che durante la pausa di interruzione dei lavori del Consiglio i soggetti interessati si confrontino allo scopo di far quadrare il cerchio in quanto riteniamo rilevante pervenire ad una soluzione unitaria e che quindi, alla ripresa dei lavori, si proceda alla votazione del documento.



PRESIDENTE

D'accordo, resta inteso però che alla ripresa si proceda esclusivamente alla votazione del documento e non è più consentita la discussione.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 14,15 riprende alle 15,45)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Non è stato possibile raggiungere l'accordo sull'emendamento all'ordine del giorno, per cui occorre passare alla votazione.



MONTEFALCHESI Corrado

Vorrei fare una breve dichiarazione per fatto personale.
L'Assessore Genovese nella sua replica mi ha attribuito delle opinioni che io in effetti non ho precisato e che per correttezza prima di tutto nei :confronti dell'Assessore intendo precisare.



PRESIDENTE

Consigliere Montefalchesi, a me non è parso che l'Assessore abbia fatto affermazioni di questo genere. Atteso però che può essere di lata interpretazione ha facoltà di fare un breve intervento. Vorrei rilevare però che nel confronto delle idee è naturale che si possano fare delle affermazioni politiche contrastanti e potrebbe perciò essere sempre rivendicato il fatto personale.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, io sono per il confronto nella chiarezza.
L'Assessore Genovese ha interpretato il mio rilievo, secondo il quale ho attribuito allo stesso, e lo confermo, un atteggiamento da notaio, come un'accusa nei suoi confronti di mancanza di impegno e di chiarezza di posizioni o anche di risolutezza di posizioni. Io non ho voluto imputare queste cose all'Assessore e per correttezza ritengo di doverlo precisare.
Quando ho detto che l'Assessore fa il notaio non ho inteso dire che c'è mancanza di impegno da parte sua su queste questioni, né ho inteso dire che l'Assessore non assume posizioni precise e risolute, anche dure. Ho inteso rilevare un dato di fatto e cioè che, Assessore Genovese, nonostante l'impegno, 1a risolutezza e anche la durezza delle posizioni che lei assume nell'ambito delle vertenze sul lavoro, quando i padroni vengono alle riunioni con la Regione affermano delle posizioni che purtroppo non si riesce a modificare: questo è il dato di fatto. Quindi, ho detto "notaio" magari notaio con una durezza di posizione, ma sempre notaio resta: questo ho inteso dire e per chiarezza di posizioni intendo riaffermarlo.
Quindi si riconferma la necessità, caro Assessore, di dotarsi di strumenti perché lei o chiunque altro siederà sulla poltrona dell'Assessore al lavoro possa essere in condizioni di modificare ed incidere sulle posizioni che le aziende esprimono.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento presentato dai Consiglieri Staglianò e Calligaro di cui si è discusso ampiamente prima.



GENOVESE Piero, Assessore al lavoro

Chiedo al Presidente se la Giunta può esprimersi sull'emendamento.



PRESIDENTE

La Giunta può esprimersi sempre, però intendevo già chiusa la discussione nel momento in cui lei aveva dichiarato di non accogliere questo emendamento, illustrandone ampiamente le motivazioni, e si è fatto cenno ad un altro emendamento che rifletteva, modificandone il tono, quello presentato dai Consiglieri Staglianò e Calligaro.
Prima della sospensione tutti sono stati notiziati che si sarebbe passati alla votazione del documento.



GENOVESE Piero, Assessore al lavoro

Chiedo comunque di poter intervenire.



PRESIDENTE

Ne ha facoltà.



GENOVESE Piero, Assessore al lavoro

Può essere, signor Presidente, e chiedo scusa, che io mi confonda in ordine alle procedure e nell'applicazione del Regolamento, ma avendo visto con i proponenti la possibilità di addivenire ad un emendamento comune e avendo registrato che questo non è possibile, devo dire che a nome della Giunta ho presentato un emendamento che è molto simile a quello presentato dai proponenti, sulla scorta della proposta che era stata avanzata dal collega Tapparo. Credo ci possa essere imbarazzo nella votazione dei due emendamenti; non so se posso dire che la Giunta, avendo formulato un emendamento analogo, chiede che non venga posto in votazione l'emendamento proposto dai colleghi. E' possibile questo?



PRESIDENTE

Poiché i colleghi Calligaro e Staglianò hanno sottoscritto l'ordine del giorno, l'emendamento da loro proposto deve essere posto in votazione. Ne do lettura: dopo il punto "invita fermamente" aggiungere: "a tal fine impegna la Giunta a proseguire nell'impegno per chiudere in modo positivo uno degli ultimi episodi della lunga, drammatica e travagliata vicenda Singer condizionando a questo fine gli stessi pareri consultivi della Regione sui trasferimenti di risorse pubbliche, nazionali e comunitarie, alle aziende controllate dalla CIR".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 15 voti favorevoli, 24 contrari e 2 astensioni.
Pongo ora in votazione l'emendamento presentato dall'Assessore Genovese, il cui testo recita: dopo il punto "invita fermamente" aggiungere: "a tal fine impegna la Giunta a proseguire nell'impegno per chiudere in modo positivo uno degli ultimi episodi della lunga, drammatica e travagliata vicenda Singer riservando l'opportuna valutazione e le conseguenti decisioni, a questo fine, degli stessi pareri consultivi della Regione sui trasferimenti di risorse pubbliche, nazionali e comunitarie, alle aziende controllate dalla CIR".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato con 25 voti favorevoli e 16 astensioni.
Così integrato l'ordine del giorno viene posto ai voti nel testo seguente: "I1 Consiglio regionale informato della situazione determinatasi con la chiusura dello stabilimento Sasib di Leinì e la decisione di conseguente trasferimento delle lavoratrici interessate a Chieti preso atto che al rifiuto, scontato, del trasferimento si è risposto con l'immediato licenziamento delle lavoratrici considerato che le interessate (se pur nel numero residuale di otto) provengono dalla vicenda Singer e non fruiscono ormai da molti anni di una vera stabilità occupazionale essendo 'transitate' tra svariate riconversioni professionali e ricollocazioni produttive, tutte comunque facenti capo ad aziende controllate CIR (Temsa-Cir, Elto, Soc. Relais, Sasib) considerato altresì 1) che gli Enti locali e la Regione avevano auspicato e favorito nell'ambito delle possibilità e competenze, l'insediamento della Olivetti Accessori, ora Baltea S.p.A., nell'area e nell'edificato ex Singer ed ex Temsa 2) che nei colloqui informali avvenuti a suo tempo tra Regione organizzazioni sindacali e Gruppo CIR. la CIR stessa, anche a nome della Olivetti, pur rifiutando impegni formali e scritti, aveva assunto l'impegno informale a garantire l'assorbimento nella Olivetti Accessori e nelle altre consociate Olivetti della manodopera eventualmente eccedente dalla Elto dalla Soc. Relais (poi Sasib), della Hydrosapiens, sia per chiudere una travagliata vicenda occupazionale, sia per passare ad insediamenti industriali precari alla presenza diretta Olivetti 3) che tali intese informali hanno in effetti funzionato garantendo un assorbimento, graduale nel tempo, di altre duecento unità e quindi una mobilità arenatasi recentemente nella fase terminale 4) che l'entità numerica dei lavoratori ancora da ricollocare, oggi colpiti da licenziamento, è talmente esigua da rendere perlomeno sproporzionato motivare con le attuali difficoltà contingenti del Gruppo Olivetti la mancanza di soluzioni idonee preso atto che nell'incontro avvenuto il 25 giugno 1987 presso la Regione Piemonte il Gruppo Olivetti ha assunto una posizione nettamente negativa che contraddice i comportamenti del passato e che non esistono comunque ipotesi di mobilità interna, non disponendo la Sasib di altri insediamenti in Piemonte invita fermamente la CIR e l'Olivetti a riconsiderare il problema, impegnandosi nella ricerca di ogni soluzione possibile e idonea, ritirando i licenziamenti impegna la Giunta a proseguire nell'impegno di chiudere in modo positivo uno degli ultimi episodi della lunga, drammatica e travagliata vicenda Singer, riservando l'opportuna valutazione e le conseguenti decisioni, a questo fine degli stessi pareri consultivi della Regione sui trasferimenti di risorse pubbliche, nazionali e comunitarie, alle aziende controllate dalla CIR".
La votazione avverrà per punti separati.
Pongo in votazione i primi sei commi.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 44 Consiglieri presenti.
Pongo in votazione il settimo comma.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva con 26 voti favorevoli e 18 astensioni.
In merito all'ordine del giorno sulla Farmitalia Carlo Erba era previsto un incontro con i rappresentanti dell'azienda alle ore 15, ma tale incontro non è avvenuto.
L'Assessore Genovese chiede al Consiglio se ritiene sia fatta oggi una comunicazione in ordine a tale problema oppure successivamente all'incontro con i sindacati.
Il Consiglio propone che tale comunicazione sia resa nella seduta della prossima settimana.
La parola all'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero, Assessore al lavoro

Signor Presidente, vorrei fare una proposta. Siccome ieri si è tenuto un incontro con il Comune di Settimo, le organizzazioni sindacali regionali e il Consiglio di fabbrica della Farmitalia e a latere un incontro tra l'Assessorato e la Direzione della Farmitalia Carlo Erba e inoltre poiché è stato convocato un incontro, di cui si era in attesa, per giovedì prossimo 9 luglio, al Ministero del Lavoro di fronte ad una situazione in cui abbiamo avuto 112 licenziamenti che diventeranno definitivi il 20 luglio io pregherei, se l'assemblea è d'accordo e se lei Presidente conviene, di riservarci di presentare comunque un ordine del giorno, che mi auguro unitario, per precisare la posizione della Regione, nel prosieguo della seduta odierna. Deve trattarsi di un documento che puntualizzi la posizione della Regione in vista dell'incontro a Roma cui abbiamo chiesto di essere invitati al fine di poter partecipare a questa vertenza che non è a livello regionale perché il Gruppo ha presenza in più Regioni d'Italia e quindi la trattativa avviene a livello ministeriale.



PRESIDENTE

D'accordo.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici - Protezione della natura (fauna, flora, minerali, vigilanza, ecc.)

Comunicazioni del Vicepresidente della Giunta regionale sullo stato di attuazione della legge n. 431/85 (Piani paesistici)


PRESIDENTE

Passiamo al punto 5) all'o.d.g. che reca: "Comunicazioni del Vicepresidente della Giunta regionale sullo stato di attuazione della legge n. 431/85 (Piani paesistici)".
La parola al Vicepresidente della Giunta regionale, signora Vetrino.



VETRINO Bianca, Vicepresidente della Giunta regionale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, vorrei innanzitutto precisare che questa comunicazione non può che essere vista come una integrazione alle precedenti svolte in Consiglio regionale su questo tema e tende ad informare il Consiglio, in un momento ufficiale, sullo stato di attuazione della legge n. 431 nella Regione Piemonte.
Siamo ormai a dodici mesi dall'approvazione consiliare della deliberazione di procedure sulla legge Galasso e la Giunta ha iniziato ad adottare i piani territoriali comprensoriali integrati dalla valenza paesistico-ambientale.
L'intensa e complessa attività pianificatoria e legislativa che abbiamo avviato è ora entrata nella fase esterna di coinvolgimento e di partecipazione delle componenti della società piemontese.
Attraverso i quattro dibattiti consiliari che abbiamo svolto in quest'aula, attraverso i confronti in Commissione sui disegni di legge sui beni ambientali e sulla valutazione di impatto ambientale e attraverso gli incontri informativi con le Province e i professionisti incaricati, la Giunta e il Consiglio hanno indirizzato e seguito l'attività e i problemi emersi nel corso dell'elaborazione.
Sollecitate dalla permanente urgenza ed emergenza che riveste questa materia, le componenti istituzionali della Regione sono riuscite a mantenere un raccordo informativo e di confronto estremamente aperto che ha enormemente giovato al graduale approfondimento di questo lavoro Prima di affrontare alcune specifiche problematiche, ritengo sia necessario dare un inquadramento generale della situazione che è venuta a determinarsi riflettendo sulle diverse vie regionali alla legge n. 431 e sui lineamenti della politica territoriale piemontese. E' noto che questa legge cadde su un tessuto legislativo regionale estremamente differenziato e che ogni Regione ha dovuto adattare questa legge alle sue norme e alle sue procedure.
Per quanto ci riguarda in questi mesi è iniziata una vera e propria rifondazione della pianificazione territoriale, dell'approccio politico e amministrativo ai problemi del territorio e dello sviluppo.
Possiamo a grandi linee individuare due caratteristiche salienti. In primo luogo, gli strumenti legislativi che si riferiscono all'art. 1 della legge Galasso sulle varie categorie di beni rappresentano ormai un vero e proprio motore della pianificazione che passa da un insieme di normative indicative a delle normative con un profilo giuridico preciso e cogente. In sostanza quelle che sino a ieri apparivano operazioni disgiunte da un reale quadro attuativo oggi diventano l'elemento portante, l'impegno inderogabile cui bisogna fare riferimento. Trovando la pianificazione la forza motrice che sinora mancava, cioè un quadro non snaturabile, essa diventa un prezioso strumento per affrontare le problematiche ambientali non disgiungibile, ovviamente, dai sistemi paesistici, cioè rispetto all'utilizzo del territorio.
E' indicativo in questo senso che le Regioni Emilia Romagna e Liguria dopo una prima impostazione diretta alla realizzazione dei piani paesistici tout court, hanno in seguito formalizzato l'orientamento sull'altra possibilità data dalla legge n. 431 con il piano di tipo territoriale a valenza paesistica. La scelta deliberativa di queste due Regioni probabilmente dettata da motivi di opportunità giuridica (assenza di un'aggiornata definizione legislativa del piano nato dalla legge n.
1497/39) e politica rispetto alla presentazione dei piani entro la scadenza di legge, viene quindi a coincidere con la scelta piemontese. Le differenze tra i piani di queste Regioni emergono tuttavia nelle linee degli elaborati. L'analisi del paesaggio e gli elementi di compatibilità con il paesaggio per il Piemonte rappresentano solo una parte, pur essenziale, del lavoro svolto. Il raccordo della pianificazione piemontese è infatti dato dai nessi territoriali con le aree e le problematiche dello sviluppo riprese dal Piano regionale di sviluppo, l'altro grande strumento regionale di programmazione.
Tutto ciò rappresenta un'opportunità che merita una particolare attenzione politica.
Questo strumento di pianificazione può infatti rappresentare un momento privilegiato per affrontare una delle grandi contraddizioni regionali: mentre il Piemonte appare all'avanguardia in Italia e in Europa nella politica di tutela territoriale con i parchi e le riserve naturali istituite, essa rimane una delle prime Regioni a rischio nelle diverse e difficili emergenze ambientali. Questo problema, dato dal rapporto tra politiche e strumenti di carattere generale e settoriale dovrà diventare un momento significativo del confronto che si sta aprendo sui piani comprensoriali, cercando di superare inadeguatezze legislative ed amministrative guardando a questa prospettiva di ampio respiro.
Il rinnovamento della politica di pianificazione e le grandi opzioni cui ho appena accennato sono già parte integrante, oltre che degli strumenti pianificatori, anche del processo legislativo che si è innescato in questi mesi. La Giunta regionale ha dovuto affrontare una scelta difficile sulla politica territoriale. L'impegno programmatico per la modifica della legge n. 56/77 sull'uso e tutela del suolo che richiede un lavoro non facile, complesso e dai tempi inevitabilmente non brevi, ha dovuto fare i conti con i tempi, al contrario strettissimi, della legge Galasso. Per questo motivo la Giunta ha dato i primi indirizzi politici di integrazione alla legge n. 56 presentando i due disegni di legge sui beni ambientali e sulla valutazione di impatto ambientale. Leggi che sostanziano giuridicamente e amministrativamente l'opzione ambientale nella materia pianificatoria ed urbanistica come richiesto dalle leggi nazionali e sentenziato dalla Corte Costituzionale. Con queste nuove leggi si riconduce a regime il rapporto territorio, urbanistica, ambiente. Soprattutto si danno alla società piemontese e a coloro che operano sul territorio direttive precise che vanno a mutare profondamente l'approccio alla materia urbanistica, alla progettazione delle architetture.
Ciò che era un "elemento in più" da considerare nelle realizzazioni diventa ed emerge quale parte basilare della progettazione. E' importante sottolineare come questo sviluppo della materia avvenga con un pari sviluppo degli strumenti con i quali si opera, proprio per scongiurare piani e leggi "manifesto" ricchi di declamatorie, ma privi di contenuti operativi.
Come noto, sulla base di quanto definito dalla prima deliberazione del Consiglio regionale sulla legge Galasso, in data 22 maggio 1986, la Giunta regionale ha incaricato una serie di professionisti per la redazione delle integrazioni paesistico-ambientali dei piani territoriali dei comprensori piemontesi.
I professionisti, sotto il coordinamento degli uffici regionali, hanno predisposto gli elaborati richiesti che sono stati consegnati alla Giunta regionale (non tutti perché manca ancora il piano riferito al comprensorio di Torino. I professionisti sono molto in ritardo; questa mattina hanno incominciato a consegnare alcuni documenti e una parte delle norme). Tali elaborati, pur rispondendo nei criteri normativi e generali ad una visione unitaria delle problematiche paesistiche, necessitano di ulteriori verifiche nel quadro regionale generale.
L'evoluzione generale dell'elaborazione dovrà infatti considerare la relativa novità della materia che ha presentato non poche difficoltà rispetto allo svolgimento di questa attività di pianificazione territoriale.
Lo stato della conoscenza, relativamente elevato in Piemonte, ha per permesso lo svilupparsi di un'importante fase di elaborazione dei piani che, oltre a normare le attività di trasformazione del territorio, tendono nel complesso ad arricchire tale conoscenza.
In questa fase è stata necessaria una prima definizione normativa omogenea a livello regionale per quanto attiene alle singole categorie di beni individuate dall'art. 1 della legge n. 431. Una fase che ha direttamente interessato diversi Servizi regionali e che rappresenta, in termini reali, un importante quadro normativo di riferimento per l'intera comunità piemontese. Le norme infatti tendono a definire, all'interno degli ambiti territoriali individuati dalla legge n. 431, le operazioni ammesse e in che termini tali ammissibilità sono concesse: in questo modo, recependo in pieno lo spirito della legge, si definiscono i criteri generali da adottare per l'adeguamento dei piani regolatori generali dei Comuni alle indicazioni del piano territoriale. Quest'ultima operazione riconosce appieno ai singoli Enti locali la loro funzione di pianificazione del territorio. Si tende in questa maniera a superare una concezione esclusivamente verticistica del piano - ovvero predisposto ed attuato centralmente - per giungere alla realizzazione di un reale processo che vede il maggior numero di istituzioni presenti ed attivamente operanti.
La seconda operazione ha riguardato le tavole di piano o meglio le indicazioni in esse contenute. Si è trattato soprattutto di verificare ed omogeneizzare le indicazioni per quanto attiene sia le zone di confine sia le diverse categorie generali. Il coordinamento delle aree di confine, che poteva esclusivamente essere attuato in sede centrale, tende a realizzare la necessaria visione unitaria del problema, come d'altra parte era opportuno, al fine di definire, seppure in prima approssimazione, un elaborato a livello regionale da intendersi - di fatto - come primo momento tecnico per la prossima predisposizione del piano territoriale regionale.
Tale fase ha altresì permesso di verificare, e successivamente coordinare le diverse modalità di intervento per le categorie di beni. In questo modo si sono rese omogenee le indicazioni riguardanti i fiumi, i boschi, le aree montane, ecc.
La terza operazione svolta è stata indirizzata verso gli strumenti attuativi del piano territoriale, per un loro opportuno utilizzo coerentemente alle problematiche proposte ed in riferimento agli strumenti dati dalla legislazione.
In generale da parte dei professionisti si sono individuati quali strumenti per l'attuazione del piano i progetti territoriali operativi, in linea di principio in un numero anche troppo elevato e qualche volta indicato in maniera anche impropria: l'istituzione di nuovi parchi generalmente indicati come aree di tutela generica ed in contraddizione con alcune indicazioni di carattere generale, e i piani paesistici, anche questi troppo generalizzati ed in assenza di una chiarezza giuridica dello strumento.
Il complesso delle indicazioni contenute sembrava che potesse presupporre un rinvio delle decisioni a momenti successivi e ciò non era certamente nelle intenzioni della Giunta.
Si è reso necessario rendere più snelli ed immediatamente efficaci i piani anche per rispondere in maniera effettiva a quanto richiesto dalla legge n. 431.
Contemporaneamente a questa fase tecnica, quasi esclusivamente svolta all'interno degli uffici della Giunta, si sono svolte le annunciate riunioni informative con le Amministrazioni provinciali. Tali incontri così come già esposto sia in II Commissione che in Consiglio, hanno rappresentato una fase, anche se non espressamente richiesta dalla legislazione piemontese, di informazione sull'attività in corso. Queste riunioni hanno rappresentato un momento molto significativo di confronto tra 1 tecnici e gli amministratori e quindi di maturazione e comprensione di una materia di primaria importanza per la società piemontese.
A seguito dello svolgimento di queste fasi la Giunta regionale ha adottato due prime varianti in itinere (questo è stato lo strumento giuridico ritenuto maggiormente rispondente all'attuale fase di pianificazione in quanto non intaccava i piani a suo tempo già adottati e li adeguava alla legge n. 431) dei piani territoriali dei comprensori di Vercelli (D.G.R. n. 153-12740 del 22 aprile 1987) e Pinerolo (D.G.R. n. 16 13344 del 26 maggio 1987). Questi due piani appartengono a quelli a suo tempo deliberati dal Comitato comprensoriale e successivamente adottati dalla Giunta regionale (marzo 1985 e giugno 1986).
Nella stessa situazione si trovano altri cinque piani (Novara, Mondovì Cuneo, Saluzzo - Savigliano - Fossano e Verbano - Cusio - Ossola) per i quali, pur non modificando nella sostanza l'iter amministrativo, la Giunta regionale ha ritenuto opportuno, anche a seguito di un'ulteriore interpretazione della L.R. n. 9/86 (soprattutto per quanto riguarda il terzo e il quarto comma dell'art. 2), richiedere un parere preventivo alle Amministrazioni provinciali competenti per territorio. Si è ritenuto in ogni caso necessario formalizzare attraverso un atto deliberativo la presa d'atto, facendolo proprio, del progetto di piano dando mandato al Presidente della Giunta di richiedere il parere alle Province. Questo nuovo passaggio, già attivato per i piani di Novara e Mondovì dalla Giunta il 17 giugno 1987, non comporta ulteriori ritardi nell'attuazione della pianificazione territoriale a valenza paesistica in quanto anticipa un parere obbligatorio, seppur non vincolante, delle Province sugli atti di pianificazione territoriale a seguito dello scioglimento dei Comitati comprensoriali: anzi, si può ben sperare che tale anticipazione possa complessivamente ridurre i tempi necessari per addivenire ad una completa pianificazione in Piemonte entro il 1987. L'iter, così come descritto verrà attuato nelle prossime settimane anche per i piani dei comprensori di Saluzzo - Savigliano - Fossano e del Verbano - Cusio - Ossola.
Per quanto riguarda i rimanenti sette piani territoriali, a suo tempo non deliberati dai Comitati comprensoriali, si ritiene necessario acquisire un ulteriore parere delle Province prima di qualsiasi atto della Giunta regionale.
E' utile ricordare che le Province, ai sensi dell'art. 2 della L.R. n.
9/86, hanno già espresso un parere sui progetti di piano territoriale (nel periodo maggio - settembre 1986). Tale diritto, ed è bene sottolinearlo in questa sede, non è stato esercitato in maniera effettiva da parte di tutte le Amministrazioni provinciali, anzi, si è assistito in molti casi ad una palese disattenzione al riguardo di questa materia. Ciò non toglie la giusta opportunità di far esprimere, sui documenti integrativi ai fini paesistico-ambientali, alle Province i pareri di propria competenza.
Per quanto riguarda infine il comprensorio di Torino (la cui consegna da parte degli incaricati registra un certo ritardo), si tratta di definire la giusta veste amministrativa con la quale adottare lo stralcio del piano.
Si tratta in effetti di una situazione anomala; come ben sapete Torino è l'unico comprensorio che non possiede uno strumento di piano, per cui si tratterà in ogni caso di una soluzione diversa rispetto agli altri piani.
La più probabile ipotesi, su cui si sta lavorando, è l'adozione - dopo i pareri delle Province competenti - di uno stralcio di piano territoriale a livello regionale o comprensoriale (così come previsto dalla L.R. n.
56/77), per quanto attiene agli aspetti ambientali e paesistici del comprensorio torinese. Anche per il piano di Torino, per il quale sarà necessario valutare l'opportunità di sentire anticipatamente anche il Comune di Torino (che sta redigendo il nuovo piano regolatore generale), si auspica la conclusione dell'iter amministrativo entro il corrente anno.
Esaurita questa importantissima fase, si spera che i tempi della II Commissione (con la quale sono già stati avviati primi ed informativi contatti) e del Comitato Urbanistico Regionale siano tali da permettere la discussione in quest'aula nella primavera del prossimo anno.
I contenuti dei piani, esemplificatamente descritti nell'allegato "I piani territoriali comprensoriali" che abbiamo prodotto per il Convegno "Fare Paesaggio", sono stati definiti in tre significative parti. La prima a cui ho già accennato, riguarda l'articolato generale riferito all'art. 1 della legge n. 431/85. Questo elaborato contiene alcune definizioni sulle categorie dei beni, frutto di studi approfonditi e che in parte vanno a rinnovare materie particolarmente importanti, ad esempio per quanto riguarda la definizione e la gestione dei boschi. La seconda è descrittiva del territorio comprensoriale, delle problematiche ambientali presenti e delle procedure di attuazione dei piani correlate a tali problematiche. La terza definisce e norma gli ambiti fisico-morfologici che dividono tutto il territorio regionale e che rappresentano le unità geografiche di queste integrazioni paesistiche.
Rispetto ai piani della Liguria e dell'Emilia Romagna emergono due sostanziali differenze oltre a quelle già citate. Mentre le due Regioni non hanno dato indicazioni e normative sull'art. 1 della legge n. 431, fornendo quindi unicamente indicazioni di massima senza certezza alcuna per i Comuni, noi abbiamo dato delle norme che accompagnano le valenze paesistiche.
In secondo luogo, mentre i piani dell'Emilia e della Liguria, malgrado siano stati adottati dalle rispettive Giunte prima del 31/12/1986 entreranno in vigore solo a seguito dell'approvazione consiliare definitiva, che ancora non ha avuto luogo, i nostri piani entreranno in salvaguardia, ai sensi dell'art. 58 della L.R. 56/77, al momento dell'adozione da parte della Giunta: la salvaguardia viene quindi ad essere una garanzia per la validità dei piani e per la loro attualità ed è comunque la condizione prevista dall'art. 58, avendo questo Consiglio deciso di rimandare la procedura di adeguamento della legge n. 431 nel solco della nostra legge urbanistica per quanto riguarda l'approvazione del piano territoriale comprensoriale.
Vorrei aggiungere a queste note anche alcune considerazioni su altri aspetti che la Giunta e il Consiglio hanno tenuto in considerazione in questo periodo di particolare attenzione alla politica della pianificazione paesaggistica.
Un tassello considerato importante da tutte le forze politiche è appunto costituito dai disegni di legge, l'uno presentato dalla Giunta e l'altro presentato da altre componenti della Regione, sui beni ambientali che potrà assicurare l'apertura della cosiddetta seconda fase pianificatoria sul livello locale. E' importante perché in questo modo potremo inaugurare una stagione politica e culturale che sul tema del paesaggio e dell'ambiente coinvolgerà le amministrazioni locali e la società piemontese nel suo complesso.
Questa legge rappresenta anche un momento di contemporaneità rispetto ai piani per la loro attuazione programmatica e per poter dare forma alla collaborazione istituzionale.
Non di meno credo non vada sottovalutato anche lo snellimento delle procedure che propone questa legge, quindi la possibilità di sbloccare situazioni burocratiche estremamente difficili, se non impossibili, da gestire.
Anche su questo fronte desidero sottolineare ancora una volta, come ho già avuto modo di fare in altre occasioni parlando di questo argomento, le difficoltà operative in questo settore. Le circa 12.000 pratiche annuali che pervengono al Servizio beni ambientali vengono esaminate da un gruppo istruttorio composto da otto persone, delle quali solamente tre sono architetti, quindi con idonea preparazione professionale. Una situazione di organico evidentemente carente che non consente di riorganizzare razionalmente il Servizio che peraltro compie i massimi sforzi per rispondere di funzioni che in questi anni sono cresciute considerevolmente.
Oltre all'istruttoria sulle singole pratiche questo Servizio partecipa all'attività pianificatoria nell'esame dei piani territoriali comprensoriali, segue gli strumenti urbanistici sottoposti a vincolo, segue la Commissione dei beni ambientali. Le funzioni di controllo e vigilanza rimangono in questa situazione completamente inattuate. In prospettiva quando entrerà in vigore il disegno di legge sui beni ambientali, il Servizio dovrà concentrare maggiormente la propria attenzione sulla pianificazione paesistica vera e propria.
Questa situazione, malgrado il mio personale e continuo interessamento non ha potuto trovare finora soluzioni adeguate per impossibilità obiettive determinate dalla complessità e per certo verso dalla intangibilità di alcune norme riguardanti la gestione del personale regionale.
Un momento importante e qualificante della politica di pianificazione è certamente la fase di consultazione prevista dalla nostra legge per Province, Enti locali e rappresentanze della società. Queste componenti sono chiamate ad esprimere una valutazione e un giudizio sugli elaborati di piano che vengono proposti. Al riguardo noi rivolgiamo un doppio auspicio sulla scorta dell'esperienza sin qui maturata: innanzitutto che si attivino sulla materia discutendo e approfondendo la politica avviata dalla Regione per la regolamentazione dei fenomeni territoriali; inoltre che - recependo il messaggio della legge Galasso - diventino essi stessi promotori di una politica territoriale che colga le opportunità offerte dall'ambiente e dal territorio. Se ciò avverrà i piani regionali cresceranno di contenuto, ma soprattutto potrà crescere ulteriormente la cultura della società su questi temi. Il consenso politico che sino ad ora si è registrato in Consiglio regionale su questa materia è un auspicio valido per tutti. La capacità di superare l'incultura politica di chi bada al proprio piccolo problema particolare, la volontà di comprendere e partecipare attivamente alla definizione di questo processo sono condizione essenziale per il prosieguo dell'attività. Questo è stato anche l'indirizzo nei rapporti tra la Regione e il Ministero dei Beni culturali ed Ambientali, nella ricerca di un raccordo e confronto costante, malgrado permangano non pochi problemi per l'attivazione di un lavoro comune sulla pianificazione. Il Ministero non è sinora intervenuto, ai sensi della legge n. 431, nei confronti del Piemonte in quanto è informato del lavoro che stiamo conducendo nei suoi precisi termini.
Se mi è consentito esternare un'osservazione del tutto personale vorrei dire che si è avvertita da parte del Ministero, in questi mesi, una caduta di tensione, forse dovuta al periodo elettorale e alla presenza di un Governo di transizione.
Ritengo tuttavia che il processo innovatore e rinnovatore innescato sia ormai un fatto irreversibile e che tutti siano ormai convinti che pianificare l'ambiente è anche un dovere civile così come si è affermato tra i diritti civili, come impegnativo ed improrogabile il diritto all'ambiente.



PRESIDENTE

Sulla comunicazione del Vicepresidente Vetrino è aperto il dibattito.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Picco. Ne ha facoltà.



PICCO Giovanni

Il Gruppo DC registra positivamente la comunicazione del Vicepresidente Vetrino sullo stato di attuazione della legge Galasso: si tratta di un documento molto complesso che indubbiamente richiede una valutazione non solo a caldo, ma rapportata ad una serie di atti, in parte compiuti, in parte in via di svolgimento e in gran parte ancora da compiere.
Al di là delle annotazioni pessimistiche relative alla gestione del Servizio (è l'unico aspetto sul quale non riesco a seguire con solidarietà la collega Vetrino, nel senso che purtroppo non è il Consiglio in grado di poter dare soluzioni ai problemi gestionali che dovrebbero essere risolti nell'ambito dei poteri della Giunta), mi trovo a dover dare all'Assessore tutta la solidarietà sulla linea politica che sta perseguendo sull'indicazione della maggioranza e della Giunta e sul consenso che le è venuto a suo tempo dalle forze politiche nei dibattiti che si sono svolti in Consiglio Regionale.
Mi rendo conto che questo consenso sta tutto all'interno di quest'aula però c'è un'altra faccia della medaglia, quella esterna, che non è così scontata: il consenso della società, degli operatori, degli agricoltori e degli ecologisti sul versante di queste problematiche e molto suddiviso frazionato, contraddittorio. Vorrei dire che questa contraddittorietà del consenso esterno deriva in gran parte dalla nostra incapacità di essere chiari su questi aspetti.
Notiamo, ad esempio, la confusione che esiste per quanto attiene ai rapporti tra piani territoriali comprensoriali e piani comunali; già noi stessi addetti ai lavori ci rendiamo conto della difficoltà di spiegare alla gente, alle amministrazioni locali, agli operatori, lo stato effettivo dei condizionamenti che sussistono tra la pianificazione territoriale comprensoriale, e la pianificazione comunale. Questo è uno degli aspetti che crea disagio rispetto alla difesa di certe politiche sia pure settoriali, ma che esigono da parte nostra il dovere del riconoscimento di certi provvedimenti.
Questa confusione mi permetto di evidenziarla non per sottolineare gli aspetti negativi, ma per dimostrare come esista l'esigenza di un coordinamento all'interno della Giunta che non sleghi il momento della pianificazione territoriale dal momento della gestione urbanistica e che quindi si corresponsabilizzi sulla difficoltà oggettiva che si va oggi avanzando con l'istituzione di questo nuovo livello di pianificazione comprensoriale con specifica attinenza agli aspetti paesaggistici.
Nelle norme quadro che sono state predisposte dagli uffici regionali che dovrebbero essere uniformi per tutti i piani territoriali a valenza paesaggistica, si dice che i piani regolatori si dovranno adeguare alle indicazioni del piano comprensoriale entro termini che sono ancora da precisare, ma che comunque comportano già fin d'ora la salvaguardia su alcune porzioni di' territorio che, come è detto nella relazione, non sono quantitativamente irrilevanti.
Quindi sottolineo l'esigenza del consenso perché nella misura in cui si vuole determinare sulla grande problematica della salvaguardia del territorio, anche a seguito della cosiddetta legge Galasso, ritengo ci sia l'esigenza di un consenso non strumentale che derivi innanzitutto dalle istituzioni esterne alla Regione, cioè dagli Enti locali. E questo consenso è stato giustamente attivato anche proceduralmente con una serie di strozzature che ci paiono molto significative.
La Democrazia Cristiana, avendo rivendicato a suo tempo questa condizione per l'ulteriore accesso alla definizione dei piani paesistici ed avendo trovato all'interno della Giunta assenso a questa procedura, ha se non altro evitato il maggiore iato possibile che si poteva dare tra momento decisionale regionale e momento consensuale, partecipativo e anche attuativo delle istituzioni locali.
Questo consenso nella fase di consultazioni con le Province e con gli Enti locali deve essere attivato da una serie di ulteriori contenuti politici.
Già l'Assessore ha indicato i contenuti politici sui quali ci si deve confrontare. Sostanzialmente non abbiamo dissensi di fondo sui tre momenti che sono stati indicati nella relazione Vetrino. Vi sono però esigenze di arricchimento sia di documentazione cartografica sia di spiegazioni e di coerenze soprattutto per quanto riguarda il momento relativo alle norme ed esigenze di maggiore approfondimento dei contenuti dei piani nella fase di approvazione finale, evitando possibilmente il fenomeno delle scatole cinesi, cioè delle aperture di livelli di definizione pianificatoria e normativa che rinviano ad altri livelli di definizione normativa.
Il discorso degli strumenti attuativi del piano territoriale ha già avuto un lungo dibattito in questo Consiglio in occasione della modifica alla L.R. n. 56 che era stata portata in aula dall'Assessore Simonelli. In quell'occasione avevamo individuato alcuni momenti di pianificazione derivati dal piano territoriale, in particolare dal Progetto Territoriale Operativo, che da quanto mi risulta non ha avuto il successo e l'applicazione che tutti auspicavamo nel momento in cui volevamo liberarci del mito del piano per approdare ad una fase più propria della definizione di trasformazione del territorio legata si progetti. Ci siamo illusi di individuare nel livello intermedio o derivato di pianificazione la risoluzione di problemi. In realtà sono rimaste le indicazioni del piano territoriale comprensoriale, il PTO ha avuto qualche rarissima applicazione ed ora se ne ritenta un recupero in valenza paesaggistica. Su questo pongo tutti i miei dubbi, che mi derivano da un'esperienza professionale specifica, ma anche rendendomi conto di quelle che sono le risorse della Regione e di quali sono le difficoltà che l'Assessore ha avanzato in termini di gestione, di evitare il rinvio a problemi che possono invece con una maggiore capacità di governo della tematica che intendiamo gestire essere previsti all'interno del piano territoriale con valenza paesaggistica Detto questo e avendo accennato alle critiche che si possono affacciare su questi tre momenti, mi rendo conto che il compito dell'Assessore non è facile; riportare ad unità e ad unitarietà sia i momenti propositivi sia i momenti decisionali non è facile, ma ritengo che in questo sforzo si debba ricercare la massima collaborazione possibile, al di là dei professionisti incaricati a redigere i piani, in modo tale da operare quella sintesi che altre Regioni hanno con una certa eleganza portato a compimento. Non sarei così netto nel giudicare meno pertinenti in materia di salvaguardia del territorio i piani della Liguria e dell'Emilia Romagna. Forse non ho capito bene il giudizio dato dall'Assessore. Ritengo che già solo a livello della documentazione fornita (ho sottomano l'ultimo numero di "Urbanistica" che documenta per stralci alcune parti del piano dell'Emilia Romagna) si tratti di documentazioni di tutto rispetto che se non altro consentono, anche dal punto di vista della lettura sul territorio di queste valenze e di queste indicazioni, di dare a cascata sulla pianificazione comunale degli indirizzi molto precisi, cosa che invece noi purtroppo facciamo a parole rispetto alle norme quadro. Noi diciamo "i Comuni si adeguino, i Comuni verifichino, i Comuni per le zone archeologiche compilino gli elenchi degli ambiti A) e degli ambiti B), ecc.", tutte cose che sappiamo benissimo che i Comuni non faranno: o queste cose le gestirà la Regione in accordo con le Sovraintendenze oppure non illudiamoci che i Comuni abbiano la possibilità di definire gli ambiti archeologici più o meno complessi esistenti sul loro territorio.
La mia sollecitazione a prendere coscienza di queste difficoltà vuole essere uno stimolo a considerare quello che si sta facendo, ma soprattutto a rendersi conto che il livello di specificazione a cui si deve arrivare per definire con chiarezza i contenuti normativi non è mai eccessivo quindi tutto ciò che si attiva per questa chiarezza è in fondo un contributo che si dà nella direzione del consenso e della corresponsabilità che si vuole innescare.
Ritengo che nella misura in cui la Giunta intende procedere con questo percorso di presa d'atto dei piani e di invio alle Province è opportuno che alcuni contenuti normativi vengano rettificati per evitare delle osservazioni pesanti da parte degli organi che consultiamo. Mi riferisco in particolare al problema relativo al regime di salvaguardia, che deve essere coerentemente e unitariamente definito trattandosi di un istituto che comporta delle responsabilità molto gravi degli amministratori locali quindi su questo istituto non possiamo essere generici, ma dobbiamo dire delle cose molto precise, univoche, che siano rigorosamente tali a partire dal primo livello che è quello del piano fino a quei livelli che dovessero derivare a cascata, che sono i piani attuativi, i piani intercomunali, i piani speciali agricoli e via dicendo.
L'Assessore ha detto che i piani del Piemonte avrebbero maggior valenza di quelli di altre Regioni che non prevedono l'istituto della salvaguardia.
Mi permetto di osservare che posso sottoscrivere questo giudizio solo nella misura in cui ottiene effetti positivi di rigoroso rispetto, di non ambiguità, di capacità di gestione da parte di tutti i livelli istituzionali, però nel momento in cui dovesse verificarsi confusione ed incertezza, le reazioni che deriverebbero sarebbero piuttosto pesanti.
Faccio rilevare in proposito che nella stesura delle norme ci sono delle contraddizioni su come si debba intendere la salvaguardia, quindi sarebbe opportuna una rilettura che entri nello specifico e dia degli indirizzi più precisi.
Vi è poi un'osservazione sul rinvio ai Comuni di competenze che non sono in grado di gestire. Ritengo che, nonostante tutte le carenze del Servizio, ci siano gli ausili delle Sovraintendenze che si possono gestire a livello regionale. Mi riferisco a certe perimetrazioni che sono di grande interesse rispetto alla rilevanza tematica di questi strumenti.
La terza osservazione si riferisce al passo che riguarda la possibilità da parte della Regione di attivare, successivamente all'approvazione dei piani territoriali comprensoriali a valenza paesaggistica, altri strumenti di definizione della pianificazione paesaggistica stessa. La riserva che fa la Regione è definita una opportunità per sottrarre molte aree a compromissioni che potrebbero derivare dalla previsione di strumenti urbanistici locali. Non dimentichiamo che su questo argomento esistono degli atti precisi da parte della Regione che sono le approvazioni di strumenti urbanistici; quindi anche la contraddizione rispetto alla posizione assunta dal CUR oppure dall'Assessorato all'urbanistica nell'approvazione dei piani comporta una responsabilità che deve essere valutata con molta chiarezza.
Vorrei fare un'ultima osservazione per quanto riguarda le attività agricole.
Nelle indicazioni date dall'Assessorato la scelta politica di assumere i piani territoriali come momenti di elaborazione anche delle previsioni paesaggistiche parte dal presupposto di valorizzare gli ambiti del Piano di sviluppo, cioè di individuare delle valenze omogenee, capaci di generare sviluppo e quindi di salvaguardare certe componenti in modo che le condizioni di questo sviluppo siano le più opportune. Sintetizzo il concetto: ricordo che non solo per la posizione che la Democrazia Cristiana ha rispetto all'antropizzazione e all'acculturazione, ma rispetto alla concezione che molti di noi dobbiamo avere del rapporto dell'uomo con il territorio, il discorso di considerare le attività che si svolgono nella direzione di trasformazione del territorio devono trovare un'attenzione del tutto particolare. Il capitolo delle norme riferite alle attività agricole si chiude con un periodo che io non avrei scritto perché ingenera ambiguità ed incertezze anche sconcertanti; dice testualmente: "Fino all'adozione del piano sulle aree individuate scatta la salvaguardia che dovrà evitare modifiche di destinazione d'uso del suolo, ovviamente consentendo lo svolgimento delle attività agricole con le attuazioni e le cautele indicate nelle norme di comportamento stabilite alla scala comunale per queste aree e nel complesso del PTC, indicazioni paesaggistiche comprese." Confesso di non essere riuscito a chiarire i contenuti di questo periodo; vedo con una certa preoccupazione l'indiscriminata volontà di volere applicare la salvaguardia ad aree che comunque sono destinate ad avere delle capacità di trasformazione tutte e solo volte alle attività agricole. Quindi, a meno che non stravolgiamo il senso professionale di queste attività e i loro contenuti, si tratta di attività che non prevedono un ribaltamento delle situazioni e dei valori ambientali esistenti.
C'è l'esigenza su questo tipo di omogeneità di aree volte allo sviluppo (anche l'attività agricola ha una grossa potenzialità rispetto a questa finalità) che si eviti di generalizzare contenuti normativi che sono applicabili invece ad ambiti sui quali insistono sollecitazioni compromissioni, pressioni, infrastrutture tali da creare forti preoccupazioni sulla preservazione di determinati valori ambientali.
Con un richiamo ad una grande attenzione per l'antropizzazione e l'acculturazione, soprattutto quando questa deriva da un'attività radicata dell'uomo sul territorio, e con la serie di segnalazioni che ho indicato anche se la sintesi mi ha portato ad un linguaggio forse troppo specialistico, concludo il mio intervento dando assenso alla prosecuzione di questa fase di avvio di approvazione dei piani territoriali a valenza paesaggistica, invitando il Consiglio ad impegnarsi nelle dovute sedi, sia in sede di Commissione che di convegni, ad approfondire e a sviluppare questa tematica, richiedendo grandi contenuti politici alle determinazioni che verranno assunte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Biazzi.



BIAZZI Guido

Ringraziamo l'Assessore per l'informazione data che è senz'altro utile ma a questo punto della vicenda relativa alla legge Galasso riteniamo che sarebbe stato molto più proficuo avviare l'esame dei piani o le loro integrazioni per quello che riguarda gli aspetti paesaggistico-ambientali.
L'intervento del collega Picco conferma che questa era la strada per portare avanti il confronto.
Il confronto permette di entrare nei problemi, mentre una relazione pu rappresentare soltanto una dichiarazione di intenti. Quando si avvia il confronto sui problemi emerge con chiarezza una netta spaccatura sulle scelte di fondo. Ha appena sottolineato il collega Picco, penso a nome della Democrazia Cristiana, la spaccatura netta esistente per quanto riguarda il richiamo alla validità della pianificazione territoriale di cui all'art. 7 della legge sulla tutela del suolo, che fa scattare immediatamente le norme di salvaguardia. Dall'esame di merito dei piani emergono le diverse posizioni che ormai si stanno delineando in modo molto preciso.
Un primo segnale, al di là delle motivazioni di carattere giuridico che sono state portate, lo abbiamo visto nei quattro piani inviati in Commissione: quelli di Vercelli, Pinerolo, Novara e Mondovì, che hanno visto decisioni e atti della Giunta regionale completamente diversi tra di loro. Voglio insinuare che Pinerolo e Vercelli sono partiti prima: il piano di Vercelli è stato approvato nel mese di aprile, poi qualcuno si è accorto che con quel sistema sarebbero scattate quelle norme di salvaguardia, per cui, al di là della giustificazione di carattere formale, si è cercato di bloccare l'impostazione portata avanti dall'Assessorato con motivazioni giuridiche che possono anche avere un loro fondamento, ma di fatto sono scattate per piani che hanno la stessa validità (il piano di Mondovì ha le stesse procedure di quello di Vercelli). La Giunta regionale quindi ha fatto scattare meccanismi che avviavano o riavviavano un processo di salvaguardia tale da permettere la pianificazione e la tutela.
Quello che noi stavamo intuendo è venuto ora chiaramente alla luce dall'intervento del Consigliere Picco.
Capiamo anche la formula ambigua e inusuale che non trova riscontro nella normativa regionale con la quale la Giunta ha fatto propri i piani di Novara e Vercelli e ha dato incarico al Presidente della Giunta di inviarli alle Province ai sensi della L.R. n. 9 con la quale sono stati sciolti i comprensori. La sostanza vera però è un'altra: sta nei tentativi, che non sono solo tentativi, di bloccare qualsiasi impostazione di un'azione da parte della Regione che si fondi sulla pianificazione e sulla programmazione degli interventi.
Torno al merito della relazione, anche se molto schematicamente e affrettatamente.
Alcune affermazioni ci lasciano perplessi perché ci sembrano contraddittorie con le affermazioni fatte pubblicamente e ripetutamente dall'Assessore Vetrino.
Per esempio, nella prima pagina si parla della rifondazione della pianificazione territoriale con riferimento alla legge Galasso e si dice: "In questi mesi è iniziata una vera e propria rifondazione della pianificazione territoriale, dell'approccio politico ed amministrativo ai problemi del territorio e dello sviluppo. In primo luogo gli strumenti legislativi che si riferiscono all'art. 1 della legge Galasso sulle varie categorie di beni rappresentano ormai il vero e proprio motore della pianificazione che passa da un insieme di normative indicative a delle normative con un profilo giuridico preciso e cogente".
Non ho capito esattamente il significato di queste ultime parole. Mi sembra che l'impostazione di partenza vada chiarita. E' vero che la legge n. 431 ha posto il problema a livello nazionale e per molte Regioni si è trattato di rifondare la pianificazione territoriale, ma il Piemonte si è mosso molto tempo prima della legge Galasso con una lettura del territorio o del suolo come teneva a precisare il Consigliere Astengo, con una definizione di ambiente e paesaggio che non era estetica, ma strutturale.
In coerenza con questa impostazione la Regione si è data un'ampia serie di strumenti, anche se non tutti perfetti: la carta dei monumenti, la carta forestale, gli studi dell'IPLA con conseguenti richieste di finanziamenti al FIO, la carta di fertilità dei suoli, il piano dei parchi e l'aggiornamento del 1985, gli interventi sui fiumi, e non parlo soltanto della proposta che riguarda il Parco del Po, perché sui fiumi si è intervenuti per difenderli dalle note "prismate". Ricordo l'azione portata avanti dai Consiglieri Ariotti e Genovese quando Giunta e Commissione sono diventati interlocutori attivi con il Magistrato del Po tanto da fargli cambiare la decisione di continuare la costruzione delle prismate dirottando quindi i fondi in settori più utili per la comunità regionale.
Si è cominciato a leggere le caratteristiche del territorio e dell'ambiente, per esempio, per quanto riguarda il dissesto idrogeologico l'inquinamento e le aree sismiche; ci siamo dotati di un Servizio geologico, uno dei pochi in Italia. Forse noi stessi troppo spesso dimentichiamo queste iniziative, che hanno molti limiti, ma che danno anche un segno preciso. Sono in sostanza stati messi in moto meccanismi per la lettura dell'ambiente attraverso gli enti strumentali, l'IPLA e il CSI, ma soprattutto ci si è dotati di una normativa di riferimento come quella della L.R. n. 56/77 che ha la valenza e l'importanza che tutti sappiamo quindi la fondazione della pianificazione territoriale in Piemonte è iniziata negli anni 1975-1980.
Ora la legge n. 431 impone un'attenzione agli aspetti paesaggistici della pianificazione. Concordiamo con l'Assessore Vetrino quando dice che c'è stata una caduta negli ultimi mesi sui problemi ambientali da parte del Ministero. A me sembra che ci sia stata anche prima, soprattutto dopo l'adozione della legge n. 431, una caduta verticale da parte dei poteri pubblici centrali. Forse questa può essere una opportunità per le Regioni di continuare sulla strada della tutela e della valorizzazione dell'ambiente; sottolineo l'iniziativa che sembra maturare a livello nazionale di costituire una sorta di coordinamento tra i parlamentari particolarmente attenti alla problematica ambientale.
Tengo a ribadire che la legge n. 431 ha la sua importanza, però è solo un aspetto della pianificazione territoriale. Non possiamo dimenticare che la legge Galasso ha dei grandi limiti: per esempio, non si pone il problema dell'inquinamento e quello delle risorse e della loro destinazione nonostante si definisca legge di riforma economico-sociale.
La nostra impostazione la troviamo anche nella relazione alla proposta di legge che ha ripresentato l'attuale Presidente del Consiglio, Viglione.
A noi sembra indispensabile ricondurre la materia della tutela paesistico-ambientale all'interno della pianificazione territoriale complessiva. Sappiamo che a livello nazionale è in corso un dibattito sulle scelte da fare in materia di urbanistica, ma mi sembra che non abbia del tutto torto l'Assessore quando dice che le esperienze concrete delle Regioni Liguria e Emilia Romagna permettono di individuare un avvicinamento alle impostazioni nostre. Il Consigliere Picco dice che è qualcosa di completamente diverso da quanto è stato fatto in Piemonte. E' vero, ma questo deriva da scelte di governo molto diverse che stanno a monte di quelle elaborazioni. Probabilmente ci sono stati maggiori strumenti maggiori risorse e sicuramente una maggiore volontà di governo da parte di quelle Giunte.
E' necessario richiamarci ad una impostazione generale che veda la pianificazione paesistica inserita all'interno della pianificazione territoriale complessiva, perché se non c'è chiarezza su questo aspetto diventa facile poi fare affermazioni parziali come quelle fatte dall'Assessore nella relazione e ripetute qui per quanto riguarda strutture e servizi che sono carenti in ordine all'applicazione della legge Galasso.
Non ignoriamo le emergenze che si sono create con le 12.000 pratiche giacenti; il problema è che manca una sorta di avulsione dei problemi relativi si piani paesistici dai problemi generali della pianificazione territoriale. Occorre ribadire con forza che sono necessari strumenti e personale, strutture e servizi non solo per dare attuazione alla legge n.
431, ma anche per consolidare la pianificazione e riuscire a governarla. Si richiede una consapevolezza che permetta alla Giunta di superare le strutture ristrette entro le quali si è mossa.
Il nostro collega Rivalta aveva sollevato con forza questo problema.
Dobbiamo però constatare che in questi ultimi due anni ben poco si è mosso le denunce dell'Assessore Vetrino sulla carenza dei Servizi non possono che preoccupare. Tra l'altro il quadro generale di riferimento dal 1985 al 1987 è completamente diverso rispetto a quello del periodo 1980-1985.
Si è sviluppata un'onda di neoliberismo galoppante sulla scia della quale si teorizzò e praticò una "deregulation" selvaggia per cui era molto più difficile impostare o riavviare processi di pianificazione e di programmazione. Dal 1985, soprattutto con l'approvazione della legge n.
431, qualche segnale in direzione diversa ha cominciato a muoversi. Da qui dobbiamo constatare che la caduta dell'intervento della Regione Piemonte è ancora più ingiustificata.
Questa caduta è dovuta alla cattiva volontà del Vicepresidente e dell'Assessore competente, è mancata la volontà collegiale della Giunta di avviare un'azione vera di governo; del resto, lo diceva anche il Consigliere picco poco fa quando metteva in evidenza come sia mancato il coordinamento con il settore della pianificazione urbanistica a livello regionale.
Spesso ci troviamo di fronte alle aspirazioni di un singolo Assessore e al non impegno dell'esecutivo e della maggioranza nel complesso. Quasi sempre l'Assessore ha trovato in noi degli interlocutori, seppure critici probabilmente gli unici riferimenti siamo stati noi, quasi mai dalla maggioranza e dalla Giunta sono venuti elementi di confronto e di stimolo.
E' sufficiente rileggere gli atti dei quattro dibattiti svolti in Consiglio.
Ma voglio spingermi più in là: la disattenzione della Giunta e della maggioranza verso i problemi regionali è generale. Abbiamo visto ieri in Commissione ed anche in altre occasioni come la maggioranza sia disattenta sulle questioni di fondo.
Dopo due anni un bilancio lo possiamo fare: la disattenzione e l'apparente indifferenza di larghi settori della maggioranza rivelano la volontà ostruzionistica insofferente ad ogni forma di programmazione e di pianificazione. C'è di fatto il tentativo di cancellare quanto è già stato fatto e di impedire che qualcosa si faccia in questa materia da parte di larghi settori della maggioranza, in particolare della Democrazia Cristiana.
Ieri, per esempio, si è affossata o si è tentato di affossare la legge n. 18 sulle OO.PP. Si vedrà poi se il Consiglio regionale vorrà sancire, al di là delle tante chiacchiere che si fanno in materia, questo affossamento e convalidare un atto grave con cui la maggioranza, ma in questo caso la Democrazia cristiana che era l'unica presente in Commissione, decide di non applicare per l'intera legislatura una legge regionale senza nemmeno tentare di modificarla.
Con quale credito ci si può rivolgere al Governo centrale e al Parlamento rivendicando maggiori risorse per intervenire in settori fondamentali, quando non si adottano nemmeno gli strumenti minimi per utilizzare i fondi che a livello nazionale sono ripartiti a favore delle Regioni, come è accaduto l'anno scorso a proposito dei decreti della finanza locale e come accade quest'anno a proposito della possibilità di indirizzare il 25% dei mutui alla Cassa Depositi e Prestiti, e la Regione non si dota degli strumenti minimi indispensabili per una gestione programmata e corretta di questi fondi che la comunità nazionale indirizza a favore di opere pubbliche di interesse regionale? Ricordo la deliberazione dei 75 miliardi dell'anno scorso; ormai è passato un anno e non è stato ancora compiuto dalla Giunta alcun atto che permetta di non ripetere gli errori commessi nel 1986.
Quando si è costretti a venire allo scoperto sui nodi di fondo come la pianificazione territoriale o la pianificazione di opere pubbliche, ci troviamo di fronte a scelte precise da parte di fette consistenti della maggioranza che bloccano qualsiasi processo di pianificazione e di programmazione. E' in questo contesto che si collocano la relazione e le intenzioni dell'Assessore.
Siamo convinti che per gestire seriamente tutta questa partita sia necessario un impegno collegiale della Giunta e della maggioranza. E' stato ricordato che si è andati anche oltre gli schieramenti di maggioranza e minoranza su questi problemi fondamentali. Si richiedono strutture adeguate e un decentramento, probabilmente a livello di comprensori e circondari perché è impossibile gestire tutto da Torino.
E' stato posto il problema delle deleghe (è l'ultimo tema che intendo affrontare) che non ci pare del tutto chiaro nella relazione del Vicepresidente Vetrino. Il solco tracciato del coinvolgimento dei Comuni lo avevamo indicato anche noi per cui su questo punto ci troviamo d'accordo siamo però preoccupati perché ci sembra di trovarci di fronte ad una sorta di deleghe al buio. Così com'è proposta, la delega si traduce di fatto in una abdicazione delle responsabilità.
Schematicamente possiamo individuare tre aspetti: ci sono scelte che si collocano all'interno dei Piani regolatori generali; ci sono decisioni che trovano sede propria soltanto nella Regione (il Parco del Po, per esempio non può che essere affrontato nella sede propria della Regione); ci sono infine decisioni che hanno sede propria nei Comuni, per cui possono essere delegati ai Comuni solo con indirizzi regionali precisi e vincolanti.
occorre quindi fare chiarezza su questi punti, altrimenti si fa soltanto una traslazione dei problemi dal livello regionale al livello locale abdicando alle nostre responsabilità come è avvenuto per le discariche.
Tralascio altri punti posti nella relazione anche se sono molto importanti, come quello della revisione organica della L.R. n. 56, il ruolo delle Province e ciò che può rappresentare lo strumento dei Piani Territoriali Operativi all'interno di questa nuova problematica.
Siamo convinti che un confronto si aprirà quando entreremo nel merito dei piani territoriali e nell'esame della loro integrazione per quanto riguarda gli aspetti paesistico-ambientali. Quello sarà un banco di prova molto più severo della dichiarazione di intenti da parte dell'Assessore competente. Le prime avvisaglie, ma sono ben più che avvisaglie, non sono molto confortanti non tanto per noi che come minoranza e come opposizione un ruolo lo svolgeremo, quanto nemmeno per lo stesso Assessore competente.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CERCHIO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Gentile Vicepresidente, le comunicazioni in merito alla gestione della legge n. 431 da parte della Regione si accumulano, però nello stesso tempo i piani paesistici o le integrazioni paesistiche dei piani, i Consiglieri soprattutto quelli di opposizione, in sede di Commissione continuano a non vederli. Per cui, mentre si discute in merito ad una relazione di intenti che ricalca quelle precedenti, si è costretti a continuare a parlare, in una certa misura, un po' alla cieca, anche se è vero che i piani andranno valutati e discussi effettivamente per i loro contenuti. Da parte mia vi è grande preoccupazione per questi ritardi; mi auguro che i tempi adesso definiti vengano effettivamente mantenuti, considerato che, se ben ricordo nelle relazioni precedenti si parlava di altri tempi, cosicché i piani avrebbero già dovuto essere da tempo a disposizione della Commissione e le misure di salvaguardia avrebbero già dovuto essere operanti per i territori di quasi tutti gli ex Comprensori, tranne che per quello di Torino.
Questo ritardo - di cui nella relazione non si parla - mi pare derivi (visto che, al di là della relazione, si segue il lavoro delle Commissioni si leggono e si ascoltano le dichiarazioni di Consiglieri regionali o di altri uomini politici) proprio da quella che Biazzi ha chiamato vocazione ostruzionistica o comunque una vocazione a ridurre l'importanza per il territorio regionale delle norme imposte con i piani paesistici e di quello che queste norme significheranno.
Vedo questi ritardi non tanto come una sconfitta della volontà di pianificazione paesistica seria e rigorosa, quanto come uno stillicidio che giorno dopo giorno comunque qualche effetto e risultato ottiene: quello di rendere i piani paesistici, 1 futuri piani paesistici, sempre meno rigorosi, sempre meno importanti, sempre più distratti, sempre più fatti solo di intenti, di belle parole, anziché strumenti operativi che effettivamente rappresentino un momento significativo della cultura paesistica regionale. Sono anche preoccupato del fatto che questo stillicidio si svolga in maniera sotterranea, non venga alla ribalta del Consiglio, visto che i documenti precedenti sono quasi sempre stati approvati all'unanimità. Questo avviene anche per una certa genericità dei documenti, così ci si può trovare tutti d'accordo e viene rimosso lo scontro. Qui, ad esempio, si parla delle leggi prospettate dalla Giunta sulla gestione futura dei piani paesistici, ma si dimentica di dire che altre componenti della maggioranza, significative ed importanti, hanno presentato altre proposte di legge che vanno in direzione profondamente diversa rispetto alla posizione illustrata dalla Giunta regionale.
Da parte di un povero e piccolo Consigliere di opposizione diventa a questo punto difficile capire quale sia la posizione della maggioranza rispetto ai piani paesistici e rispetto quindi agli adempimenti di competenza regionale previsti dalla legge n. 431/85. D'accordo che la Giunta è in corso di verifica, però una materia come questa richiede un grande consenso, richiede tempi medio lunghi e, come è stato ricordato, si ricollega a numerosi precedenti regionali: alla L.R. n. 56, ad una pianificazione comprensoriale avviata nella legislatura precedente e ad altre vicende ancora.
Diventa difficile capire effettivamente quale volontà esista oggi, al di là delle parole e delle dichiarazioni. Questo non lo si vedrà oggi in aula, ma finirà per essere rinviato all'esame impantanato - questo è il termine giusto - della legge sulla valutazione di impatto ambientale, agli esami impantanati delle deliberazioni istitutive dei parchi regionali (tutte quante ferme e praticamente bloccate), all'esame - che si preannuncia quanto mai difficile - delle leggi sui beni ambientali.
Le comunicazioni come quella odierna finiscono purtroppo per non descrivere tutta la realtà, ma solo una parte: una parte di realtà - ci tengo a dirlo - sulla quale posso trovarmi sostanzialmente d'accordo. Nello stesso tempo però mi rendo conto che questo documento non rispecchia la realtà di questa maggioranza. Ciò è preoccupante anche se compare comunque un punto significativo che è quello del richiamo alle sentenze della Corte Costituzionale. Se il richiamo alle sentenze della Corte Costituzionale quindi ad un organismo di grande rilevanza nel nostro panorama costituzionale, valesse per tutte le forze politiche e segnatamente quelle di maggioranza, se non altro un punto fermo sarebbe posto. Però che cosa c'entra questo richiamo alla Corte Costituzionale se soltanto consideriamo l'operato del CUR e quello di altri Assessorati, se consideriamo la vicenda per quanto marginale - di Pragelato o la legge di modifica della L.R. n.
69 sulle cave e torbiere? Sono fatti, comportamenti e decisioni che cozzano contro una pianificazione paesistica; cozzano contro quanto prescrive la Corte Costituzionale che pone la tutela paesistica come valore costituzionalmente assicurato per tutti i cittadini e come valore che sta al di sopra nella scala di priorità dei valori che invece sono delle attività private o che a quel valore sono subordinate.
Qui risiedono le mie preoccupazioni, non tanto nell'operato del singolo Assessorato, al quale posso soprattutto addebitare dei ritardi, che sono di necessità legati alle pressioni operate da altri enti, quali le Province, i Comuni e le Comunità montane, che più che occupati a collaborare ad una gestione attenta ed oculata del nostro territorio regionale sembrano intenti al loro piccolo particolare e alla possibilità di continuare diciamolo francamente - ad operare come sempre è stato fatto. Continuo a non capire i ritardi, le richieste di pareri, le consultazioni con le Province. Nello stesso tempo mi dispiace non aver visto richiamata - ma ritengo si sia semplicemente considerato non necessario inserirla nella relazione - l'importanza che invece dovrà assumere la fase successiva delle osservazioni e della consultazione con le associazioni, con la gente, con coloro i quali sono sensibili alla tutela ambientale. Penso, ad esempio alla consultazione sul Parco delle Capanne di Marcarolo dove l'Amministrazione provinciale e la Comunità montana al completo assolutamente non sono state disponibili ad alcuna trattativa, alcuna transazione sull'istituzione e sul mantenimento del Parco. Se si va a chiedere i pareri ad Amministrazioni come queste, allora è chiaro che i piani paesistici, che non si ha qui il coraggio o la possibilità di boicottare, vengono poi dalle stesse forze politiche boicottati tramite le Province. Per cui qui in questa sede i Consiglieri regionali e le forze politiche regionali fanno bella figura, lasciando il compito del boicottaggio alle Comunità montane e alle Province con le quali magari ci si è consultati in precedenza.
Altro aspetto per il quale mi riservo un giudizio, proprio perché non ho visto i piani, è l'attenzione che in questi piani è stata dedicata agli usi civici ed al recupero di quelle aree che erano state sottoposte ai noti decreti di particolare interesse pubblico, di cui al supplemento del 19 dicembre 1985 della Gazzetta Ufficiale.
Considerato l'esito della vicenda del TAR. desidero comunque ancora rimarcare che da parte delle associazioni ambientaliste e della mia forza politica si continua a sostenere, per quanto inascoltati, che comunque le sentenze del TAR non hanno annullato totalmente il dispositivo di quei decreti, ma solo la parte relativa alla immodificabilità ed alla inedificabilità delle aree vincolate nel periodo precedente all'adozione dei piani paesistici. Sarà quindi mia cura particolare verificare che le aree vincolate si sensi di quei decreti siano inserite a giusto titolo tra le aree di fatto ricadenti nella tutela prevista dalla legge n. 1497 e quindi, come tali, meritevoli di particolare attenzione all'interno di un piano paesistico. So benissimo che la Giunta regionale, attraverso lettere inviate ai Comuni in risposta ai pareri richiesti in merito a questo problema, ha sostenuto e sostiene tuttora posizioni diverse, credo però che questo problema si riaprirà nuovamente una volta che i piani saranno presentati e comunque nella fase delle osservazioni.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il tema che ci sottopone la relazione del Vicepresidente Vetrino è dei più stimolanti e dei più attuali. E proprio perché è dei più attuali e dei più stimolanti, ma anche dei più nuovi dovrebbe, a mio avviso, avere un approccio più costruttivo da parte di tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione. I problemi nuovi sono difficili da giudicare proprio perché mancano parametri di giudizio. Non sono in grado di valutare il giudizio che la Giunta fa rispetto ai piani e al metodo seguito da altre Regioni, mi sembra imprudente proprio nella logica che sto impostando, non nella misura che siano migliori dei nostri, ma proprio nella misura in cui processi così nuovi devono essere considerati delle esperienze da tenere sotto attenzione in termini critici e molto umili rispetto al nostro modo di procedere.
Peraltro bisogna avere la consapevolezza che si è di fronte ad un grande processo culturale che è stato messo in sonno dal 1942, da quando cioè la legge urbanistica nazionale non ha avuto lo sviluppo che pure una cultura non ancora così attenta come la nostra ai problemi del paesaggio del territorio e dell'ambiente in genere aveva già individuato allora con le esigenze dei piani paesaggistici.
Come sempre avviene in questo Paese - che è il Paese tipico delle emergenze - improvvisamente scoppia l'emergenza ambientale. Mi sembra quindi molto apprezzabile lo sforzo della Giunta regionale di conciliare l'esigenza di rispondere all'emergenza scegliendo la strada dei tempi più stretta, quella dei piani territoriali con valenza paesaggistica, rispetto ad altre fughe in avanti o ad altre fughe all'indietro. Secondo noi l'azione politica della Giunta che è stata illustrata nella comunicazione del Vicepresidente Vetrino ha saputo coniugare l'esigenza di governare l'emergenza con l'esigenza di guardare in grande a questi problemi attraverso le iniziative di VIA e di tutela dei beni ambientali.
Devo peraltro dire che la nostra forza politica intende dare a questa strategia, a questo disegno complessivo, un proprio contributo originale.
Mentre noi riteniamo che il piano territoriale, proprio per la sua origine e la sua finalità di natura socio-economica e non urbanistica, pu evidenziare tutte quelle situazioni di crisi e di esigenza d'intervento meditato sul territorio in termini di insediamenti produttivi di altra natura, e che quindi sia il substrato naturale per sopportare la nuova scelta che è quella della tutela ambientale a larga maglia, riteniamo necessario fare uno sforzo forte di carattere istituzionale ed innovativo in ordine ai livelli di governo e non solo, di programmazione di vincolo della materia legata ai problemi dell'ambiente.
E' chiaro che il piano territoriale per sua natura non può essere che una lettura a larga maglia e prefigurare in una qualche misura alcune scelte anche se a mio modo di vedere sull'ambiente non si può scegliere: l'ambiente è, non è come dovrebbe o potrebbe essere. L'ambiente è e niente sarebbe più lontano dal nuovo approccio a questi problemi che ritenere di poter giudicare con gli occhi della nostra generazione quali sono i beni da tutelare rispetto a quelli che si possono anche mettere in discussione.
L'ottica con cui noi giudichiamo queste realtà è condizionata dal nostro modello culturale, è condizionata da esasperazioni pur comprensibili, è condizionata da esigenze che hanno l'ottica del nostro tempo e della nostra vita, mentre il bene, legato al territorio o alla presenza dell'uomo sul territorio, tende ad andare al di là del tempo in termini tali che ci pone nella necessità di non essere in grado di selezionare, ma di tutelare tutto, sempre e comunque. E' difficile poter dire "questo si deve tutelare e quello no", proprio perché il giudizio finale non ci sarà mai, chiunque dietro di noi rimprovererà la non sufficiente attenzione attraverso alcune cose e certamente avrà qualche difficoltà ad apprezzare la grande attenzione avuta verso altre.
L'approccio arioso e culturale della Giunta nel suo complesso, inclusi i due disegni di legge giacenti in VII e II Commissione, ha l'apprezzamento del Gruppo liberale, però esige a nostro modo di vedere una più partecipata dialettica tra le forze politiche e la società in ordine ai temi di governo del territorio dal punto di vista ambientale. Non è un mistero per nessuno che questo debba essere uno degli argomenti che dovranno vedere la maggioranza uscire più forte e più comprensibile a valle di questa verifica anche programmatica che le nostre forze politiche hanno avviato. Ho qualche difficoltà ad immaginare di poter gestire seriamente i problemi dell'ambiente legati al territorio se esistono almeno tre linee di come si deve governare questo processo. Ho l'impressione che le forze politiche di maggioranza debbano fare lo sforzo di avere un terreno di confronto comune con l'opposizione e cercare con la stessa, posto che si tratta di temi quasi di natura istituzionale nella misura in cui sfuggono cioè alle scelte del periodo breve che abbiamo davanti, su un terreno comune il massimo di confronto con le posizioni culturali e politiche proposte dall'opposizione nella variegata posizione dei diversi Gruppi.
Noi abbiamo qualche difficoltà a capire, come liberali e come estensori della proposta di legge relativa, la diffidenza con cui si è vista l'esigenza fondamentale a livello di aree di governo, che quindi sono quelle comunali e dei consorzi di Comuni o delle Comunità montane, che debba esistere lo strumento ambientale relativo. Se immaginassimo per un momento che non si fossero fatti i piani regolatori, avrebbe potuto succedere che quando è cambiata la legge nazionale sull'urbanistica, preso atto della non esistenza dei piani regolatori esattamente come si è preso atto della non esistenza dei piani paesaggistici, si decidesse improvvisamente che si dovessero fare i piani: a nessuno sarebbe venuto in mente di non accettare il Comune come livello decisore delle decisioni ultime concrete. Certo, abbiamo preso tutti atto che ci vuole una programmazione nazionale sulle grandi opere pubbliche, che ci vuole una operazione regionale in ordine alla griglia di lettura e di organizzazione del territorio, ma si dà atto che l'istituzione principe della nostra cultura è il Comune, che è il soggetto che deve dare la risposta ultima ai cittadini. Il Comune può essere delegato? No, il Comune deve essere soggetto proprio di scelta culturale, di scelta politica e di governo politico, sia pure al termine di un processo partecipato che vede livelli diversi, quello dei piani paesaggistici a scala comprensoriale, se vogliamo qualche altro elemento di lettura a scala ancora intermedia se si riterrà opportuna, ma poi una Comunità montana non può a nostro modo di vedere non avere un proprio documento di riferimento in ordine alle decisioni che attengono ai problemi ambientali. Ci sembra difficile immaginare che la Regione Piemonte deleghi alle Province la gestione di aree cosa specifiche e caratteristiche come sono ad esempio i territori montani. Ho qualche difficoltà a capire la diffidenza con cui questo nostro ragionamento, che proprio perché era una proposta è stato ridotto all'osso, è stato accolto.
Si è fatto anche del facile umorismo e devo dire anche da parte dei funzionari regionali e questo mi fa ritenere sempre più opportuno ritornare alla vecchia regola che i funzionari regionali fanno i funzionari, quindi stanno negli uffici e nelle Commissioni ci sono i Consiglieri regionali.
Perché il facile umorismo fin quando viene mantenuto con i soggetti interessati alla proposta si possono anche considerare elementi di rapporto produttivo, quando però escono all'esterno qualche problema lo creano.
Quando poi i giudizi sui lavori dei Gruppi consiliari vengono fatti pervenire in Commissione attraverso canali impropri, in termini offensivi allora io del ruolo della burocrazia regionale, dei nostri rapporti all'esterno debbo fare materia di seria riflessione. E' strano, ad esempio che tutte le proposte di legge in materia di riassetto ambientale abbiano avuto dei giudizi pesantissimi meno una, guarda caso quella che è stata predisposta dalla Giunta. E mi fermo qui nelle mie illazioni.
Questo processo di maturazione riconosce all'interno dei piani paesaggistici così come saranno il risultato del lavoro egregio che la Giunta sta facendo con professionisti e soprattutto quello che sarà la fine del processo, che non sarà neanche di questa legislatura; il fatto quindi che le comunità montane o i Comuni collegati in consorzi per aree omogenee non possano dotarsi di un documento di riferimento paesaggistico è veramente paradossale. Questo rifiuto a prospettare a se stessi questo ragionamento crea problemi nella misura in cui non viene accettato in termini propositivi e resta ancora più inaccettabile per quello che attiene in termini operativi. Cerco di spiegarmi: i liberali, dopo aver inventato il Ministro e l'Assessore all'ambiente, hanno inventato l'Assessore all'arredo urbano. Per arredo urbano si intende il complesso dei beni della natura antropizzata rispetto ai livelli sui quali si ragiona. Certo è diverso il livello di una città fortemente armata, diverso è il livello di un paesino di montagna. Ma è probabile che quanto prima avremo dappertutto l'Assessore all'arredo urbano il quale dovrà lavorare per realizzare la migliore qualità della vita all'interno del tessuto antropizzato tutelando l'esistente e valorizzando quello che si va a realizzare all'interno di un disegno compiuto, ma avendo anche una capacità di lettura culturale storica ed ambientale di tutta la materia.
Questo processo che noi avvertiamo sulle nostre spalle non esiste: questo palazzo ha un colore, all'interno del cortile sono stati provati altri colori e definitivamente all'esterno ne è stato dato un altro. Questo significa che una grande città come Torino, che dal '600 in poi ha una storia urbanistica ed architettonica unica in Italia, non ha acquisito nel proprio patrimonio culturale e scientifico la conoscenza dei colori della propria città. Si deve continuare ad andare avanti così in una città come Torino, non dico nel paesello dove sono nato io, dove i geometri disputano se il tetto debba essere fatto in lose e se le perline debbano essere nere o chiare? Vi sembra accettabile che la città di Torino ogni volta che deve imbiancare una casa sia costretta a nominare una Commissione la quale ha talmente le idee chiare che fa tre pezzi di colore completamente diversi gli uni dagli altri? Vuol dire che le idee molto quadrate non le ha, ma non per colpa sua, ma perché mancano gli elementi di riferimento. La proposta quindi che noi facciamo, che è quella che la città di Torino si doti di un proprio piano ambientale, vuol dire incominciare a catalogare, scrivere confrontare, discutere e rendere norma di comportamento i valori culturali acquisiti e quelli sui quali si deve lavorare. Così come per scrivere un piano regolatore bisogna mettere alla scrivania esperti di problemi economici, esperti di problemi territoriali che devono studiare i processi che devono essere governati nel territorio di competenza, così, cari colleghi, a mio modo di vedere bisogna che dal punto di vista ambientale il territorio cominci ad essere letto, ma in funzione di governo e questa funzione di governo non può che attuarsi attraverso la predisposizione di strumenti cogenti che abbiano una durata nel tempo, che sono i piani paesaggistici di livello comunale.
Noi liberali ci rendiamo conto che l'obiezione che viene subito fuori forte, e vedo anche qualcuno in prima fila che la fa con i propri colleghi è che si va nuovamente a duplicare le funzioni e i ruoli. Noi auspichiamo nella nostra proposta di legge che questo approccio specifico, puntuale culturale e non travestito ai problemi dell'ambiente debba essere un transitorio che non possiamo misurare con il calendario, ma con la capacità della cultura di far crescere questo problema. Tale processo quindi deve rientrare in quella che era la logica della legge urbanistica originaria del 1942: far si cioè che i piani regolatori abbiano oltre a quelle di natura socio-economica anche le componenti culturali ed ambientali tali che un unico documento sia in grado di governare nelle realtà urbane e nelle altre i processi di natura territoriale, urbanistica, culturale ed ambientale.
Se però non facciamo questa scansione molto chiara tra i due settori apriamo la porta ai travestiti, che significa persone che redigevano più o meno bene i piani regolatori, che faranno più o meno bene i piani paesistici e che prepareranno, in modo più o meno perfetto, il materiale da affidare in delega alla gestione delle Province e di altri soggetti.
Noi insistiamo, Assessore e colleghi Consiglieri, sull'esigenza di immaginare almeno per un momento che ci sia l'apertura in termini operativi e non soltanto più di programmazione culturale del problema ambientale sui suoi risvolti di governo.
Invitiamo quindi i colleghi, che seguono queste questioni nelle Commissioni competenti, e la Giunta di guardare con più attenzione alla nostra proposta.
Ci rendiamo conto che la sintesi, che è l'arma con cui si governa, ci porterà a dover concorrere insieme alle altre forze politiche ad una soluzione diversa da quella che noi abbiamo proposto. Ci rendiamo anche conto però che la proposta di delegare alle Province le competenze attualmente della Regione è una fuga in avanti rispetto alla nostra che magari è così troppo a destra che richiederà una sintesi, ma ci vuole il rispetto reciproco e chi ha fatto proposte così avanzate, ma secondo noi da vedersi con il cannocchiale capovolto, deve essere disponibile a vedere un'ipotesi come la nostra magari in una qualche misura troppo spostata sull'altro arco dell'orizzonte, ma certamente non priva di qualche significativo comportamento.
Nella nostra proposta di legge abbiamo anche immaginato di avviare l'interesse immediato degli Enti locali al disegno al quale la Regione è chiamata di recupero della capacità di governare il territorio in termini ambientali e culturali, chiamando subito gli Enti locali a responsabilità proprie. Abbiamo introdotto questa strana norma transitoria che prevede che, per le autorizzazioni di legge, la Giunta debba e possa istruire le pratiche di propria competenza sulla scorta di una relazione del Sindaco.
Anche qui senza qualche fiducia non si sarebbe andati all'attacco della Bastiglia. Si sapeva benissimo che andando all'attacco della Bastiglia qualcuno sarebbe morto e qualcun altro sarebbe scappato. Ma o noi gli Enti locali li chiamiamo alla presa della Bastiglia oppure li lasciamo a casa e probabilmente non diventeranno - non erano Terzo stato - altro stato: rimarranno ai margini della questione che stiamo trattando. Gli Enti locali cioè non possono essere chiamati in queste questioni solo come paraninfi di un processo culturale, devono essere chiamati in termini di responsabilità immediata. Infatti, la nostra proposta di natura transitoria, che prevede che la Giunta possa rilasciare le autorizzazioni di legge in materia ambientale sulla scorta di una relazione del Sindaco, promuove immediatamente una forte responsabilizzazione delle Amministrazioni locali in particolare dei Sindaci.
Sappiamo tutti che questo processo significherà il cambiamento di ottica da parte di alcuni uffici della Regione che, anziché giudicare il progetto, dovranno giudicare la capacità dei Comuni di governare queste vicende. Darà anche la possibilità di una selezione da parte della Giunta dall'affidabilità di alcuni Enti locali rispetto ad altri.
Faccio un esempio molto semplice: se si scopre che un Sindaco è leggero nel fare queste relazioni, vuol dire che le pratiche di quel Comune verranno istruite con il metodo attuale; se invece un altro Sindaco darà prova di serietà e di costanza rispetto a questi processi, nei suoi confronti potremo essere disposti a rischiare qualcosa su questioni di ordine marginale.
Assessore Vetrino, il nostro Gruppo esprime grande apprezzamento per lo sforzo che lei ha fatto e sta facendo su questi temi. Ci sembra però di dover cogliere e fare nostra una riserva presente nelle argomentazioni del collega Picco: è necessario che negli elaborati del suo Assessorato ci sia qualche disponibilità in più e qualche supponenza in meno, altrimenti rischiamo davvero che in qualche situazione sia difficile capirsi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso.



BRESSO Mercedes

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, data l'ora tarda e la scarsa presenza di colleghi vorrei fare poche considerazioni di carattere generale sulla relazione dell'Assessore Vetrino perché concordo anch'io con quello che molti Consiglieri hanno detto e cioé che la cosa migliore sarà discutere sul concreto avendo a disposizione i piani territoriali con le integrazioni paesistiche e quindi non discutendo solo sui criteri generali ma anche sui risultati concreti che dai criteri generali discendono o sono discesi.
Il dibattito odierno, ma anche quello che si sta sviluppando a livello nazionale sul problema generale dei rapporti fra pianificazione territoriale, pianificazione paesistica e inserimento delle problematiche ambientali nei processi di pianificazione, è assai complesso e necessita di alcuni elementi di chiarificazione che non mi pare siano venuti ancora da questo e dagli altri documenti presentati dall'Assessore e nemmeno dal lucido intervento del collega Picco di cui non condivido i contenuti, ma che ritengo chiaro, che non ha affrontato il problema complessivo dell'evoluzione della pianificazione territoriale di cui tutti parlano, ma che nei fatti non mi pare ancora chiaramente definita.
Vorrei capire quali sono le relazioni fra i piani territoriali, i piani paesistici o integrazioni paesistiche e gli strumenti riferibili alla valutazione di impatto ambientale all'interno del processo di pianificazione, non quindi la VIA relativa ai progetti, ma la VIA dei piani o l'integrazione nei piani dei criteri della valutazione di impatto ambientale.
A me sembra che in prima grossolana approssimazione si possa dire che non sia vero che la pianificazione paesistica, cosa come è definita dalla legge Galasso, in qualche modo rappresenta uno strumento diverso che ingloba lo strumento "pianificazione territoriale". Direi piuttosto che, a poco a poco, la concezione della pianificazione territoriale si allarga e passa da una concezione di pianificazione di funzioni ad una concezione che pur mantenendo questi obiettivi (la definizione delle diverse funzioni e dei diversi usi del suolo in maniera razionale, appunto pianificata e non casuale) passa a qualcosa di più. Intanto inserisce all'interno della definizione delle funzioni e degli usi del suolo una maggiore valutazione degli aspetti paesistici e ambientali. Non possiamo dire che è una novità perché nessuno può dire che nella pianificazione territoriale, almeno a livello di dibattito teorico, si sia negata nel passato la necessità di tener conto dei valori paesaggistici e dei valori ambientali del territorio. Sarebbe sbagliato dirlo, ma certamente a partire dall'approvazione della legge Galasso è stata data nuova forza e nuovo valore all'aspetto specifico della considerazione a priori, prima di definire gli usi funzionali del territorio, dei valori del paesaggio.
Considerazione che è molto importante in un Paese come l'Italia che ha un paesaggio storicamente costituitosi di grandissimo valore e che rappresenta una risorsa per il futuro, non solo culturale, ma anche economica rilevantissima. Si potrebbe persino dire che semplicemente ci si accorge che il concetto di risorsa va allargato, che non siamo più di fronte a pure risorse economiche, sfruttabili nel breve periodo, ma a risorse molto più ampie che dobbiamo salvaguardare non solo per funzioni economiche, ma anche per ragioni culturali e per consentire alle future generazioni di scegliere gli usi del territorio senza averne limitato drasticamente le potenzialità.
C'è però un aspetto che non è mai stato considerato, se non marginalmente, nella pianificazione territoriale e che non emerge neanche in maniera chiara nei tipi di tutela previsti dalla legge Galasso ed è quello più particolare, a cui fanno riferimento gli strumenti tipo valutazione di impatto ambientale, dell'integrazione di altri valori del territorio, cioè a delle sue componenti ambientali. Valori che, in maniera molto grossolana, possono essere riferiti alle valutazioni delle potenzialità di carico e dello stato di compromissione delle risorse ambientali, cioè al rapporto fra capacità e stato di carico. Perché non se ne è mai tenuto conto e non si sono mai inserite queste considerazioni? Anzitutto perché sul piano delle statistiche ambientali (cito, ad esempio stato delle componenti ambientali, stato dei ricettori, qualità dell'acqua qualità dell'aria e del manto boschivo, non solo qualità nel senso di essenze, ma per esempio stato di aggressione rispetto alle piogge acide qualità delle acque superficiali e sotterranee) le informazioni sono molto scarse. Addirittura lo stesso concetto di carrying capacity è ancora spesso di difficile definizione e a maggior ragione la conoscenza dei carichi effettivi sui ricettori ambientali è scarsa.
E' per questi motivi che finora si è poco inserito questo tipo di considerazione nella pianificazione territoriale e probabilmente, dato che i tempi di approvazione delle leggi in Italia sono lunghissimi, questo aspetto non era ancora inserito nella legge Galasso per la semplice ragione che si trattava di un dibattito culturale ancora relativamente arretrato in Italia al momento in cui l'iter lunghissimo della legge Galasso, prima decreto e poi legge, è iniziato.
Oggi il problema è riconsiderare completamente questi aspetti che vanno integrati nella pianificazione territoriale e ridiscutere il concetto di pianificazione del territorio avendo presenti questi due rilevanti valori entrambi non ignoti alla pianificazione territoriale, ma che ora emergono come prioritari rispetto alle scelte funzionali d'uso del suolo e delle risorse. Non si può solo parlare di uso del territorio, ma di uso delle risorse complessive territoriali ed ambientali.
Nel dibattito che avvieremo sui piani, cioè su come questi elementi sono stati considerati nei piani - tra l'altro vorrei che nella replica l'Assessore ci dicesse quando porterà in Commissione i primi piani - la verifica da fare sarà proprio allo scopo di vedere se questi tre tipi di approccio alla pianificazione territoriale si conciliano e come si possono conciliare nell'ambito dei concreti strumenti di pianificazione che andremo ad esaminare.
Mi paiono invece molto pericolose le considerazioni, certamente importanti ed interessanti, che sono state fatte dal Consigliere Picco perché raccolgono una specie di stato di insofferenza da parte delle Amministrazioni locali e di certe componenti della popolazione rispetto a discorsi di pianificazione territoriale, ma non mi sembra che abbiano un gran significato rispetto allo stato effettivo dei vincoli e alla capacità di far rispettare i vincoli territoriali, ma anche quelli riguardanti gli aspetti di carico sulle componenti ambientali.
Non capisco come qualcuno in questo Paese possa sentirsi troppo vincolato dalla normativa esistente in campo territoriale, quando lo stato di aggressione al territorio nei fatti è evidentissimo, quando è altrettanto evidente che il rispetto dei criteri generali e anche dei vincoli più precisi stabiliti negli strumenti di pianificazione sul territorio esistenti è nullo. Ricordo, per esempio, il progetto del Parco del Po che è stato inserito nel Piano dei parchi e per cui sono scattate le norme di tutela, mentre continuano ad essere date autorizzazioni, fatti interventi, addirittura approvati dei Piani regolatori che bellamente si disinteressano del fatto che esiste questo vincolo.
Lo stesso vale per la legge Galasso: esistono moltissime autorizzazioni che vengono date dimenticando totalmente che su quelle aree territoriali esiste il vincolo della legge Galasso; la stessa normativa nazionale relativa alle opere pubbliche consente di fare in briciole, a pezzetti, le norme della legge Galasso, per cui le autostrade vengono costruite bellamente a ridosso dei fiumi. Io non dico che non si debbano costruire mai le autostrade, ma se .il criterio generale di tutela delle aste fluviali lo abbiamo appena inserito in una legge e ce ne vantiamo ampiamente, potremmo almeno tentare attraverso la valutazione di impatto ambientale di progettare tali opere in modo che non si vada ad aggredire prevalentemente quelle aste fluviali che abbiamo appena protetto.
Da questo punto di vista mi pare che lo stato reale del rispetto dei vincoli - non poi molti perché le difficoltà di elaborazione e di approvazione dei piani territoriali sono grandi e quindi alla fin fine i vincoli reali esistenti sul territorio sono relativamente ridotti - sia scarsissimo. Il problema vero non è tanto quello di fare "piazza pulita" di spazzare via con una grande scopa tutti gli strumenti di pianificazione territoriale o addirittura svilirne l'utilità e l'importanza, quanto di capire che cosa sta succedendo sul territorio, di capire perché malgrado le continue affermazioni da parte di tutte le comunità locali di essere attaccatissime al proprio territorio, alla sua difesa, vi sia una continua aggressione al territorio stesso. Andate in giro ed osservate quello che i francesi chiamano "mitage" del territorio: intorno ai Comuni si sta, lungo i principali assi stradali, sgretolando tutto il terreno agricolo attraverso continue costruzioni di piccolissime cose che non rappresentano neanche grandi valori edilizi, tali da giustificare una compromissione di questo genere di territorio. Sorgono centri di vendita lungo tutti i principali assi stradali, che creano condizioni di pericolosità del traffico, che creano condizioni di degrado visivo e paesistico del territorio, il tutto consentito da quei Comuni a cui vogliamo delegare le autorizzazioni ai sensi della legge Galasso; e qui voglio dire che non sono d'accordo su una normativa di delega che non sia ancorata a precisi vincoli e norme relative ad una serie di aspetti di gestione del territorio anche dal punto di vista estetico-formale, perché mi sembra che davvero siamo di fronte ad un rapidissimo degrado e non solo visivo, perché poi il degrado produce anche inquinamenti, dissesto del territorio, consumo di terreni agricoli.
I dati che abbiamo di fronte - il primo schema di relazione sullo stato dell'ambiente del Paese - dimostrano come rapidamente stanno accelerando i consumi di suolo in Italia. Ci siamo consumati nell'ultima decina d'anni un territorio fertile delle dimensioni della Liguria che pur essendo una piccola regione, è comunque un'intera regione italiana.
Come possiamo dire che il territorio non ha bisogno di protezione e che dobbiamo lasciare libere le comunità locali di decidere autonomamente sull'uso del proprio territorio? Questo è quello che, sia pure in maniera un po' più "soft", è stato detto qui. Credo, anzi, che il problema sia di sfruttare questo nuovo momento d'interesse per la pianificazione territoriale che sarà collegato alla discussione dei piani territoriali con valenza paesaggistica per cercare di radicare davvero una cultura del territorio nelle nostre amministrazioni locali. Credo anch'io che non sia possibile far calare sempre le decisioni dall'alto, ma bisogna che le decisioni dal basso comincino a venire corrette, perché altrimenti gli strumenti di tutela devono comunque non solo restare, ma irrigidirsi e tentare di salvaguardare il territorio per le generazioni future, comprese le future generazioni di amministratori locali, che speriamo avranno più cultura e attenzione delle attuali all'uso del loro territorio.
Credo quindi che sia molto importante che questo dibattito, anche nei termini di deregulation sollecitati da Picco, venga preso sul serio, perch la sua rappresenta una posizione politica che mina le intenzioni (anche se da me non del tutto condivise nei dettagli, ma certamente lodevoli) di tutela del territorio e del paesaggio espresse qui dal Vicepresidente della Giunta. Mi pare che la posizione di Picco metta addirittura in questione la capacità di governo di questi strumenti che, al di là dell'approvazione formale, la Giunta potrà avere; mette forse addirittura in questione anche l'approvazione formale, perché mi sembra che il processo sia molto rallentato, se non bloccato; inoltre certamente renderà molto difficile la gestione effettiva degli strumenti di governo. Mi pare invece che proprio il problema vero della pianificazione del territorio sia intanto quello di accelerare i tempi e le procedure di approvazione e di adozione dei piani perché altrimenti si va all'infinito e nel frattempo non avremo più grandi parti di territorio e di paesaggio da tutelare. In secondo luogo, occorre rafforzare grandemente la capacità di governo e di controllo, perch altrimenti è bello porre una serie di vincoli e definire una serie di norme di salvaguardia, quando poi nella realtà dei fatti ci troviamo di fronte a continue evasioni ed all'incapacità da parte degli organi di governo del controllo dell'effettiva rispondenza dei fatti reali alle decisioni assunte.
Chiedo quindi che si vada avanti rapidamente sulla discussione concreta degli strumenti proposti, ma anche che non si dimentichi che abbiamo pendente la decisione relativa alla valutazione di impatto ambientale e che questi dibattiti non possono essere fatti per pezzetti, per cui se vogliamo definire degli strumenti di pianificazione territoriale che siano completi dobbiamo mettere insieme tutte le tessere di questo mosaico e arrivare anche ad una revisione della L.R. n. 56/77 che comprenda l'introduzione della valutazione di impatto ambientale e dello strumento "piano paesistico" in modo che ci sia chiarezza legislativa e di pianificazione.
Altrimenti il dibattito che stiamo facendo e che faremo in concreto sui piani dovrà poi essere riaperto quando discuteremo lo strumento di VIA e diventerebbe non solo dispersivo, ma correrebbe anche il rischio di forti contraddizioni. Siccome ho l'impressione che si giungerà in autunno alla discussione dei piani, sollecito l'unificazione del dibattito su tutti questi aspetti e l'adozione, sul piano legislativo, di tutte le norme conseguenti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, svolgerò poche considerazioni tenendo conto dell'ora e di come il dibattito si è già sviluppato ampiamente sulla relazione del Vicepresidente Vetrino.
Giudico importante l'aver introdotto questa terza informazione sullo stato di attuazione della legge n. 431, che ha riportato in termini di consapevolezza questo problema. Dobbiamo prendere coscienza che occorrono strumenti per cui questo dibattito si pone in termini di tempi di realizzazione e di cose da fare. Mi sembra positivo che sia stato fatto questo richiamo dopo l'orgia della campagna elettorale, orgia in senso positivo, nel senso che se n'è parlato molto e questo ha dato a tutti la consapevolezza che si tratta di uno dei problemi principali di questo tempo. E' necessario però che dal discorso generale si giunga poi ai fatti concreti, individuando strumenti reali e percorsi certi. Mi auguro che questo discorso venga sviluppato a partire da oggi anche dai livelli parlamentari, perché la gente attende delle risposte concrete.
Ritengo altresì che questo tipo di informazione debba trovare spazio in una programmazione complessiva della tematica a cui sono legati i piani territoriali e paesistici. Occorre fare un discorso riguardante il rapporto tra la Regione e gli Enti locali, Comuni, Province e Comunità montane, per quello che riguarda la gestione della legge Galasso le cui finalità sono quelle di tutelare e salvaguardare il territorio, ma nello stesso tempo verificare quanto di concreto è stato fatto finora. Occorre collegare la ridefinizione dei piani territoriali comprensoriali con i piani regolatori dei Comuni, con i piani urbanistici e infine con la programmazione, con il piano di sviluppo nel suo insieme.
Io faccio questo parallelo: ritengo che il piano territoriale possa essere l'equivalente del piano regolatore di un Comune. Se il piano regolatore è la mappa sulla quale si definisce l'urbanistica del Comune, il piano territoriale è la mappa più ampia nel quale si combinano le proposte di sviluppo urbanistico di salvaguardia dell'ambiente, del paesaggio. Se è vero che i due piani tra di loro sono equivalenti (l'uno perché rappresenta il momento più ampio della pianificazione urbanistica e del piano regolatore, l'altro perché rappresenta lo strumento urbanistico di realizzazione del piano regolatore all'interno del Comune), è altrettanto vero che bisogna vedere come si determina la partecipazione e in che misura la Regione non è soltanto un ente che detta delle indicazioni che poi vengono, più o meno rispettate, ma come la Regione riesce ad essere momento promozionale di un processo che coinvolge gli Enti locali e le Comunità montane per costruire quelle che sono le prospettive di un ordinato sviluppo economico-sociale.
Approfitto di questa occasione per dire che siamo di fronte ad una tematica che già avevamo avvertito essere molto importante, che abbiamo per un certo verso abbandonato perché altri problemi urgevano, ma credo che con questa proposta si possa ripartire per rivisitare tutto il discorso che investe una serie di aspetti e di momenti, compresa la L.R. n. 56/77 comprese le responsabilità o i coinvolgimenti nelle responsabilità dei Sindaci, dei Comuni.
Giudico positivamente il cammino della L.R. n. 56/77, tuttavia è necessario che si verifichi se vi sono state delle strozzature che hanno impedito il dispiegarsi di una politica di pianificazione urbanistica e che quindi occorre modificare, se vogliamo fare un concreto lavoro di salvaguardia e di tutela. Il piano territoriale non può essere qualcosa di rigido, deve presentarsi con maglie adeguate capaci di cogliere la dialettica che si sviluppa nella società, altrimenti ci troveremmo a dover prevedere delle cose quando magari nella società ne vanno avanti delle altre e non collocare adeguatamente il piano territoriale, i piani regolatori e i piani urbanistici nell'ambito del piano di sviluppo.
La Regione deve essere al centro del processo di crescita e di partecipazione di tutti i referenti locali della Regione stessa, altrimenti si corre il rischio di dare delle Indicazioni e sovente di vederle contestate. Dobbiamo essere in grado di promuovere questo processo di verifica e di confronto per valutare se effettivamente le proposte di salvaguardia e di ordinato sviluppo non contrastino con realtà o esigenze che hanno pure la loro motivazione.
In questo senso ritengo che dobbiamo prendere coscienza e cogliere dal dibattito che si è sviluppato negli ultimi mesi il significato di questa attesa; c'è stata una caduta di tensione, la collega Vetrino l' ha attribuita ad un aspetto transitorio di governo, io dico che è stata una caduta di tensione più generale derivante dalla presa di coscienza che non si è lavorato adeguatamente e quindi il discorso della pianificazione territoriale non ha avuto percorsi concreti. Non è stato più visto come un tema attraente, ma come un qualcosa del quale in un periodo storico della nostra vita si è parlato in modo entusiasmante, però senza quei risultati attesi e in qualche caso portati avanti con rigidità e dirigismo che hanno portato anche a risultati non soddisfacenti. Troppi punti della legge Galasso sono stati messi in discussione.
Il Vicepresidente Vetrino ha fatto riferimento al fatto che vi sono 12.000 pratiche all'anno ferme.



VETRINO Bianca, Vicepresidente della Giunta regionale

Non sono ferme.



ROSSA Angelo

Non ferme, ma molto a rilento, perché da quello che so è interessato anche il personale degli ex Comprensori, il quale istruisce le pratiche e le riporta poi in Assessorato perché vengano ancora riviste. C'è la necessità di dare delle prospettive che sono quelle alle quali si riferisce la collega Vetrino e nello stesso tempo strumentare meglio il personale perché la Regione non sia vista soltanto come un ente che per definire una pratica impiega degli anni, ma un ente che oltre a realizzare delle proposte positive è anche in grado, insieme al complesso delle Autonomie locali, di soddisfare con puntualità queste esigenze. Questo è solo un dato di partenza, valuteremo poi i piani a cui stanno lavorando i tecnici che abbiamo a suo tempo nominato, ma con una visione che ci consenta di completare una proposta di pianificazione territoriale collegata alla pianificazione urbanistica e al piano di sviluppo in modo da realizzare quei punti che finora non siamo stati in grado di realizzare disperdendoli in tanti momenti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ritengo doveroso intervenire nonché rispettoso dei colleghi che sono intervenuti, anche in termini di dialettica, per precisare che la posizione dimostrata dal collega Picco è diversa da come è stata ripresa in interventi successivi, quasi che Picco a nome della DC si sia orientato a giustificare la licenza di operare scompostamente in materia urbanistica e in materia di difesa del territorio e di progetti paesistici.
Debbo annotare un'impressione molto poco piacevole nel sentire alcuni Consiglieri dell'opposizione descrivere il passato come qualcosa di perfetto in cui tutto era stato precisamente programmato, in cui l'ambiente era stato profondamente rispettato e che dopo la venuta della Giunta attuale e di una maggioranza diversa si sia iniziato il processo di distruzione dell'ambiente attorno a noi.
Ritengo che le linee che abbiamo sviluppato siano quelle che erano state poste precedentemente e che non ci sia stata alcuna deviazione.
Malgrado le osservazioni che farò successivamente, esprimo un apprezzamento vivissimo per il lavoro svolto dall'Assessore Vetrino in un campo nel quale è sicuramente molto difficile operare.
Le leggi di programmazione e le leggi urbanistiche esistenti sono state rispettate; è giunta poi la legge Galasso che fino a prova contraria è stata votata anche dai democristiani, perché sembra una sorta di parto delle opposizioni, un successo esclusivo fatto a dispetto di questi retrogradi di democristiani. La legge Galasso è stata rispettata faticosamente e con i mezzi a disposizione si cerca di attuarla.
L'Assessorato e la Giunta stanno facendo il loro dovere e in termini di programmazione a mio avviso si sta facendo almeno tanto quanto si è potuto fare in passato.
L'accenno alla L.R. n. 18 portato in malomodo in questo dibattito, è una ulteriore dimostrazione della strumentalità dei riferimenti. La L.R. n.
18 non era stata neppure applicata in passato quando gli Assessori proponenti e gestori di quella legge non erano democristiani. Quando si vogliono scegliere degli argomenti polemici è opportuno che si scelgano in modo corretto e in modo aderente all'argomento che si va trattando.
Ribadisco quindi l'apprezzamento vivo da parte della DC al lavoro svolto dal Vicepresidente Vetrino e dalla Giunta, ma esprimo anche preoccupazioni sincere, vere, che sono le preoccupazioni della gente del Piemonte.
La prima. Le responsabilità non stanno qui dentro, ma certamente i Consiglieri regionali del Piemonte si sono trovati in notevole imbarazzo e in notevole disagio a fronte delle proteste emergenti in angoli della nostra società che si sono dimostrati informati di cose di cui i Consiglieri regionali non erano affatto informati. Mi è stato detto che non è responsabilità degli uffici o dell'Assessorato, che le notizie sono uscite altrove, ma io non posso non segnalare questa condizione di disagio e che mi pare sia stata corretta in modo preciso con gli interventi successivi.
La seconda preoccupazione, che è quella che certamente condivide perché ne ha fatto menzione nella sua relazione, la collega Vetrino riguarda le dodicimila pratiche annuali. E' vero che non sono ferme, ma se i dati sono che dodicimila pratiche vengono esaminate in duecento giorni di lavoro e le persone disponibili competenti sono tre, ammesso anche che siano otto, si deve presumere che il lavoro medio dell'ufficio è di venti venticinque pratiche al giorno: cosa che mi pare assolutamente impossibile.
Il Consigliere Marchini con molta acutezza ha evidenziato che si tratta di un problema di governo che non interessa soltanto la collega Vetrino, ma tutta la Giunta. E' un problema che non si può eludere: dodicimila realtà aspettano una risposta da parte ella Regione ogni anno e questa risposta si fa attendere. Riteniamo di non essere un governo borbonico e quindi abbiamo il dovere di rispondere tempestivamente: è quello che ci chiede la gente del Piemonte. Non vorrei che mentre qui si discute dei grandi piani si vada allo sfascio nelle singole realtà.
Di fronte a questo problema che è obiettivo, concreto e consistente fatto di tante voci che hanno legittimità di accoglimento quanto quelle di coloro che si appellano ai valori ambientali, bisogna assumere degli atteggiamenti di emergenza e con coraggio. L'intera Giunta e il Consiglio regionale devono dare una mano alla collega Vetrino perché le difficoltà strumentali ed obiettive possono essere superate. Questo non vuol dire essere contro l'ambiente o essere retrogradi, vuol dire semplicemente apprezzare fino in fondo quello che gli uffici dell'Assessorato stanno facendo, ma vuol anche dire guardare con coraggio, con realtà e con rispetto anche le esigenze che dalla società emergono e che si riflettono in questo Consiglio.



PRESIDENTE

Ha così termine il dibattito generale.
Ha facoltà di replicare il Vicepresidente della Giunta, Bianca Vetrino.



VETRINO Bianca, Vicepresidente della Giunta regionale

Anche se l'ora è tarda, ritengo comunque di replicare. Il Presidente avrà compreso che le sollecitazioni venute in questo dibattito di tipo culturale e anche sul piano tecnico sono notevoli e sarebbe poco intelligente da parte mia se, quanto meno in sintesi, non cercassi di rispondere se non a tutte certamente a quelle più importanti.
Devo confessarvi che in questo primo pomeriggio, quando era prevista l'effettuazione di questo dibattito, essendo entrata in aula e avendo sentito che l'Assessore Genovese parlava dei gravi problemi occupazionali di questa Regione e riandando con il pensiero al dibattito che questa mattina aveva accalorato questo Consiglio attorno ai problemi della sanità mi sono chiesta se non potesse apparire poco opportuno o quanto meno di poco buon gusto introdurre un argomento che per certi versi poteva sembrare assai più leggero quale quello della pianificazione paesaggistica. Ma la complessità del dibattito, l'attenzione che i Consiglieri hanno prestato alla relazione che ho presentato e lo spessore culturale di talune affermazioni, mi hanno convinta che questa era la giornata idonea per questo dibattito e che in fondo stavamo realizzando attraverso le nostre parole gli obiettivi fondamentali della legge n. 431 che sono quelli di far diventare politico il problema del paesaggio, che fino a qualche tempo fa era stato visto come una questione tra esteti o innamorati della poesia e della natura. Dal momento in cui è entrata in vigore la legge n. 431 possiamo parlare dell'ambiente come problema politico vero e proprio.
Vorrei ricordare l'aspetto, proprio tenendo conto di alcune sollecitazioni che provenivano dai Consiglieri Picco e Biazzi, relativo all'interpretazione dell'art. 9 della Costituzione che individua la tutela del paesaggio quale bene primario. Finora questo principio costituzionale era stato interpretato in maniera statica. La sentenza della Corte Costituzionale, che avevo letto a suo tempo in quest'aula, ha rivitalizzato questo principio attraverso due affermazioni: la prima, specifica, che l'urbanistica è da configurarsi come piegata a realizzare il valore estetico culturale del paesaggio; la seconda, spero di ricordarla perfettamente, era che a questi beni considerati primari dalla Costituzione vanno subordinati tutti gli altri interessi, compresi quelli economici.
Colleghi, il problema di fondo è questo: o noi siamo d'accordo (Giunta maggioranza e Consiglio) su queste affermazioni e allora possiamo confrontarci, discutere e trovare quindi le soluzioni per rendere compatibili queste affermazioni oppure l'Assessore Vetrino in quest'aula non ha più un uditorio consensuale come ha avuto finora. Forse alcuni Consiglieri non sono d'accordo sul complesso delle dichiarazioni rese in quest'aula, ma spero non vorranno comportarsi come quei deputati che dissero di aver approvato la legge Galasso quando erano il ferie per cui la legge era passata senza il loro consenso. Non credo che questa maggioranza questa Giunta e questo Consiglio siano nelle condizioni oggi di mettere in forse questa volontà politica precisa; questo consenso è venuto in altre occasioni, ma anche dal dibattito odierno.
In questo senso vorrei tranquillizzare il Consigliere Biazzi circa la sua preoccupazione relativa all'affermazione presente nella relazione a pag. 2 laddove si parla di rifondazione. Sono convinta che siamo in una fase di rifondazione, ma questo lo dico in assoluto per quanto riguarda la cultura italiana rispetto a questo tema. Il Presidente Viglione e il Presidente Beltrami mi possono essere testimoni che non più di due giorni fa in una conferenza stampa con la quale si annunciava il convegno che domani si svolgerà in quest'aula ho affermato che la legge Galasso era una legge necessaria per la comunità nazionale, ma che °forse lo era meno per la comunità piemontese, perché già all'interno della sua legislazione regionale aveva individuato tutti gli strumenti per poter garantire quegli stessi principi e quelle stesse tutele che la legge n. 431 ha inteso individuare.
Non ho assolutamente nulla da contraddire a questo riguardo. E' inutile che ricordi qui la politica dei parchi: quanto è stato fatto, quanto stiamo facendo e quanto si intende ancora fare.
Il problema è di carattere essenzialmente culturale ed io sono convinta della collegialità della Giunta a questo riguardo. E' vero anche che ognuno di noi e più innamorato del proprio lavoro ed è più sensibile per le cose che vive e soffre ogni giorno. Per me è difficile a volte essere attenta ai problemi che possono proporre l'Assessore Maccari o l'Assessore Genovese ad esempio. Ritengo però che sul dato fondamentale la collegialità ci sia stata e che continui ad esserci nonostante talune discussioni che in sede di Giunta sono intervenute a questo riguardo, soprattutto nella fase riguardante il metodo dell'adozione. Questo mi consente di spiegare il ritardo, che sono la prima ad ammettere vi sia stato.
In questo senso, senza voler criticare le altre Regioni, ho parlato di differenza di impostazione rispetto ad altre Regioni. Ad esempio, la Regione Liguria era partita da un'impostazione diversa: aveva attuato una via ecologica all'interpretazione della legge n. 431 e si è poi trovata nella necessità di ricondurre all'interno della pianificazione territoriale generalmente intesa questo processo. Io non ho criticato la Liguria nel modo più assoluto, dico questo perché qualcuno ha avuto tale impressione.
Non c'è rivalità nei confronti di una Giunta che è arrivata prima di noi la Liguria infatti ha adottato entro il 31 dicembre 1986 il piano territoriale comprensoriale. Non c'è rivalità, c'è semmai l'orgoglio da parte di un Assessore di mettere sul tavolo quello che è stato fatto e spiegare i motivi per cui si è in ritardo.
Noi siamo in ritardo prima di tutto perché avendo scelto la strada di dare valenza paesistica ai nostri strumenti di pianificazione territoriale abbiamo dovuto necessariamente incanalarci nel solco dell'iter legislativo della L.R. n. 56/77 (art. 7 e seguenti), ma questo alla fine ci consentirà di arrivare prima perché una volta che avremo superato questa fase di impostazione il processo è così ben descritto dalla L.R. n. 56/77 che lo dovremo sopportare. Secondariamente il ritardo è dovuto ad un motivo che discende da una nostra precisa scelta culturale: anziché affidare l'elaborazione di questo momento pianificatorio paesaggistico ad un luminare della scienza paesistica come hanno fatto altre Regioni, abbiamo ritenuto di scinderlo in vari momenti di elaborazione e di studio del territorio affidando il lavoro ad équipe, credendo in questo modo di fare anche un favore alla professione che ha avuto la possibilità di cimentarsi in un numero considerevole di professionisti in Piemonte, su questi temi perché è soltanto lavorandovi sopra che si può affinare ed affermare questa cultura. Di architetti specializzati a questo riguardo ve ne sono pochi (esiste un'associazione internazionale di architetti del paesaggio che ha collaborato con noi alla realizzazione del convegno di domani) e l'Università non prepara nello specifico rispetto a questa materia. L'aver offerto alla categoria professionale piemontese degli architetti di elaborare questo momento è stato molto importante. Si sono verificati per degli inconvenienti in quanto ciascuno ha la sua cultura, per cui ci siamo trovati di fronte a quindici elaborati non dico totalmente diversi, ma piuttosto diversi, per quanto la nostra preoccupazione fosse stata attraverso norme di carattere generale, di garantire il più possibile l'omogeneità.
Colgo l'occasione per ringraziare i vari servizi dell'Assessorato per il lavoro di precisione e di approfondimento svolto, avendo il coraggio tra l'altro di porre norme volte ad omogeneizzare questi piani. Al Consigliere Picco non piacciono le norme e io posso anche capire che talune norme cogenti possano essere difficili da accettare, ma io ho partecipato alle riunioni dei vari Assessori regionali con il Ministro in una delle quali abbiamo chiesto al Ministro di dirci che cosa si intendeva per bosco. La legge Galasso stabilisce che tutti i boschi siano vincolati. Allora con umiltà, ma anche con una certa competenza, avendo dalla nostra parte un istituto come quello delle Piante da Legno, abbiamo cercato di precisare il concetto di bosco. Si può non essere d'accordo sul fatto che è considerato bosco quel terreno coperto da vegetazione arborea ed arbustiva superiore al 20%; si può non essere d'accordo a riguardo delle zone umide; si può non essere d'accordo sul momento in cui individuare i 150 metri dalle sponde dei fiumi (se in secca o se in larga); però questo noi lo abbiamo fatto e lo presentiamo al Consiglio perché, con la vivacità di espressione e di competenza che ha dimostrato in questo dibattito, lo consideri con la necessaria attenzione per portare a queste norme tutte le correzioni che sono ritenute indispensabili.
Le norme sono fondamentali; non si possono predisporre dei piani pur di realizzare delle carte senza dare delle indicazioni precise ponendo tra l'altro i Comuni, che entro dodici mesi dall'approvazione dovranno adeguare i loro strumenti urbanistici a quanto previsto dai piani, nella difficoltà di capire che cosa è un bosco e che cosa è una zona umida.
Questo iter procedurale è stato reso difficile da un incidente di percorso. Devo confessarvi con molta onestà che pensavo di poter superare l'ostacolo - poi invece è venuta in tutta evidenza e ha richiesto anche la necessità di ricorrere ad un legale - di consultare le Province su questa materia. Ritenevo infatti che la nostra legge urbanistica proprio nell'iter procedurale di approvazione del piano territoriale comprensoriale garantisse alla comunità e quindi segnatamente alla comunità istituzionale organizzata una fase in cui la sua espressione di osservazione, di critica e di proposizione potesse avvenire. Viceversa una lettura attenta della legge n. 9 e forse anche una imprecisione di tecnica legislativa nell'ambito dell'art. 2 della stessa legge ci ha costretti a seguire questa via. Anche se nella mia relazione ho detto con molto ottimismo che questo non porterà dei rinvii, penso viceversa che l'aver inviato alle Province questo strumento porterà a dilatare i tempi della sua approvazione.
Tuttavia ogni occasione di approfondimento, quando non sia strumentale, ma rivolta a migliorare e a porci nelle condizioni di avere degli strumenti validi, è da me apprezzata. Così come è da me apprezzata e ricercata ogni occasione di consenso.
Non sono d'accordo con il Consigliere Picco quando parla di contraddittorietà nell'ambito del consenso da parte della comunità piemontese. Non credo che questi piani verranno accolti con grande gioia da tutta la comunità piemontese. Mi rendo anche conto che governare significa effettuare scelte che in un determinato momento storico possono essere anche penalizzanti per taluni aspetti dell'attività insistente sul territorio. Occorre fare in modo che tutte le compatibilità siano previste e che tutti gli interessi che possono gravitare sul territorio vengano esaminati e resi compatibili alla luce però - lo ripeto molto chiaramente delle affermazioni della Corte Costituzionale che è il motivo di fondo su cui è stata impostata la politica di questa Regione.
C'è un altro problema che attiene alla gestione che non è la prima volta che affrontiamo. Mi rendo conto che allorquando dichiaro di avere delle difficoltà operative mi si risponde che attiene alla Giunta trovare gli strumenti idonei. Devo dire però che è stato molto difficile finora trovare questi strumenti di maggior appoggio. Ricordo che quest'anno abbiamo avviato l'attività della Commissione dei beni ambientali rispetto alla quale vorrei riferire al Consiglio ritenendolo peraltro giusto. Vi sono difficoltà a creare la struttura di supporto a questa Commissione non essendo previsto il servizio nell'ambito della nostra organizzazione del personale e dovendo quindi aspettare la ridefinizione della legge di ristrutturazione per poter disporre di una struttura idonea all'attività di questa Commissione che ha una grande mole di lavoro che cerca peraltro di svolgere con molto impegno riunendosi praticamente ogni settimana. Dobbiamo tenere conto delle difficoltà oggettive determinate non solo dalla gestione della legge Galasso, ma anche da questo nuovo strumento, peraltro di grande importanza e rilevanza, tant'è vero che nel disegno di legge di cui si è parlato - e su cui non mi soffermo perché bisognerebbe replicare ai colleghi Marchini e Bresso, ma ci saranno altri momenti per parlare del disegno di legge dei beni ambientali - noi abbiamo previsto l'articolazione di questa Commissione in momenti provinciali che consentiranno intanto a diffondere quella maggiore cultura della quale tutti hanno parlato e secondariamente di snellire il processo istruttorio di queste pratiche al fine di farne pervenire l'esito in termini più corretti di quelli attuali che non è più possibile sopportare.
E' cambiata la cultura, lo diceva poc'anzi Marchini parlando delle professioni nuove anche nell'ambito dell'amministrazione pubblica rispetto a questo tema. Anche nei piccoli Comuni oggi c'è l'Assessore all'ambiente e all'ecologia. La maggiore sensibilità che oggi si riscontra ci aiuterà a proseguire questa seconda fase, che a mio avviso però è soltanto iniziale in quanto non soddisfa ancora appieno la legge n. 431.
Vorrei dire al collega Picco che questi piani non sono delle scatole cinesi, bensì scatole che contengono al loro interno determinate norme di salvaguardia ambientale che consentono la gestione della legge n. 431. Per un certo tempo ci eravamo dimenticati dell'art. 1 di questa legge, perch la caduta dei "galassini" ci aveva posti di fronte ad una situazione di immodificabilità assoluta e per un certo senso abbiamo tutti rivolto l'attenzione soltanto a quelle aree. Il collega Ala ritiene ancora attualmente validi quei decreti, perlomeno per quanto riguarda il vincolo si sensi della legge n. 1497; dovremmo discutere, ma lo faremo in altra sede. Dobbiamo gestire la legge Galasso e io ritengo che la Regione Piemonte, attraverso questa politica della valenza paesistica sui piani territoriali, abbia inteso fare una scelta tuttora valida ed importante.
A proposito della spesa qualcuno ha detto della necessità che all'aspetto della politica territoriale venga riservata una maggiore spesa.
Devo dire, colleghi, che noi siamo riusciti a fare finora quello che abbiamo fatto con pochissima spesa perché avevamo a disposizione strumenti che ci hanno consentito di fare soltanto delle integrazioni. Alla fine non spenderemo per questo progetto più di mezzo miliardo; ci sono delle Regioni che hanno stanziato 7-8 miliardi e che ne hanno già spesi 2-3 a questo proposito. Noi abbiamo potuto spendere poco per il fatto che disponevamo già di alcuni strumenti (nelle mie relazioni li ho costantemente ricordati), anche se siamo carenti rispetto ad altre Regioni in merito alla cartografia. La Giunta è certamente in difetto nel non aver ancora deciso quale tipo di cartografia sia in questo momento il più idoneo per arrivare a perfezionare questa seconda fase. Dico però che non riusciremo ad affrontare la seconda fase, quella della raffinatezza dell'intervento che vogliamo lasciare alle comunità locali, se non assumeremo la decisione importante di avere finalmente a disposizione una cartografia idonea alle necessità della nostra legislazione, della L.R. n. 56/77 prima di tutto, e anche per soddisfare appieno la legge n. 431.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Esame ordine del giorno sulla situazione occupazionale alla Farmitalia Carlo Erba (seguito)


PRESIDENTE

E' stato presentato un ordine del giorno unitario in merito alla situazione occupazionale alla Farmitalia Carlo Erba.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Ala. Ne ha facoltà.



ALA Nemesio

Signor Presidente, cari colleghi, pur non avendo firmato questo documento voterò a favore in quanto vi sono richiamati aspetti ampiamente condivisibili. Vorrei invece richiamare l'attenzione su alcuni punti scarsamente espressi nell'ordine del giorno, la cui omissione è però, dal mio punto di vista, assai preoccupante: mi riferisco alla mancata menzione del Gruppo spagnolo Antibioticos. Qui non è detto, ma chiaramente si lascia intendere che l'acquisto del Gruppo Antibioticos da parte della Farmitalia Carlo Erba ha presentato, presenta e presenterà nel futuro alcuni problemi strategici in merito alla possibilità di coesistenza di questi due Gruppi anche se apparentemente e formalmente l'uno è stato acquistato dall'altro.
Ad esempio, una battuta che viene fatta a Settimo è che non è ben chiaro chi abbia acquistato l'altro e si parla soprattutto dello staff tecnico manageriale dell'Antibioticos che appare molto più dinamico, intraprendente e capace quindi di una penetrazione maggiore sul mercato.
In merito a questo vanno dette alcune cose. Primo. Noi non vediamo assolutamente in maniera positiva un incremento del mercato farmaceutico e neanche tutte le operazioni connesse per favorire un ulteriore aumento del consumo dei farmaci; quindi il problema dell'occupazione nel settore non può essere così semplicisticamente indirizzata ad auspicare di fatto di un incremento del mercato o del fatturato. Deve essere visto in una maniera diversa e su questo forse ci può essere l'accordo da parte di altri Gruppi ma di questo nell'ordine del giorno non si fa menzione. Gran parte del dinamismo di mercato di questa azienda spagnola è poi legato, da un lato, a più bassi costi del lavoro, ma soprattutto a più bassi costi per quanto riguarda la tutela ambientale: uno dei principali problemi dell'industria chimica e dell'industria farmaceutica a livello europeo e comunitario diventa sempre più quello della quantità di costi e di investimenti necessari per la tutela e la salvaguardia ambientale. Queste aziende, del resto, settimanalmente compaiono sui giornali per disastri e sconquassi di carattere ambientale. Non vorrei, e mi auguro che questo non accada, che la garanzia occupazionale e dello spazio di mercato da parte di un'azienda italiana del settore venga perseguito, da un lato, con forme di riduzione del personale ma, dall'altro lato, non venga neppure perseguito con una disattenzione o una scarsa propensione ad investimenti nel campo della tutela ambientale, considerando che poi alla fine è su questo settore che le aziende tagliano, cercando così di mantenere elevate quote di profitto da investire nella ricerca o nell'espansione dei mercati.
Uno degli impianti dell'Antibioticos non ha neanche un depuratore e scarica nei fiumi direttamente. In questo modo si ottengono ovviamente dei risparmi: però non può essere un sistema di questo genere quello su cui facciamo affidamento per mantenere le quote di mercato e quindi i livelli occupazionali.



PRESIDENTE

Il Consigliere Ala ha espresso l'esigenza che non si sviluppi l'industria farmaceutica, cosa che abbiamo già molte volte discusso in questa assemblea, però l'ordine del giorno riguarda prima di tutto i lavoratori piuttosto che lo sviluppo dell'azienda farmaceutica.
Pongo pertanto in votazione l'ordine del giorno, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte venuto a conoscenza della volontà della Montedison di avviare le procedure di licenziamento per 378 lavoratori della Erba Biochimica del Gruppo Farmitalia C. Erba, di cui 112 nello stabilimento di Settimo Torinese esprime profonda contrarietà a tale atto che viene ad aggravare la già pesante situazione occupazionale di Torino e della provincia ritiene indispensabile l'immediata sospensione delle procedure di licenziamento e l'avvio di serie trattative con le organizzazioni sindacali in modo tale da poter affrontare i problemi produttivi dell'azienda senza il ricorso ad azioni unilaterali ritiene inoltre che l'azienda debba affrontare i problemi derivanti dall'acquisto della Società spagnola 'Antibioticos' mantenendo e sviluppando le produzioni italiane e garantendo gli attuali livelli occupazionali esprime il proprio sostegno ai lavoratori e alle loro iniziative a difesa del posto di lavoro impegna la Giunta regionale l) ad adoperarsi per impedire i licenziamenti, ad incontrare la Montedison per verificare la grave situazione produttiva ed occupazionale dei suoi impianti in Piemonte e per rivendicare un profondo mutamento delle sue strategie 2) a chiedere che vengano ritirate o quanto meno sospese le procedure di licenziamento da parte della Montedison 3) ad ulteriormente sensibilizzare i competenti Ministeri del Lavoro e dell'Industria perché convochino con urgenza - e comunque prima del 15 luglio - le parti, le Regioni e gli Enti locali interessati, per ricercare un accordo che salvaguardi i livelli di occupazione e per verificare le strategie aziendali".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 33 Consiglieri presenti.
Informo che domani 3 luglio 1987, ore 12, è convocata la Conferenza dei Presidenti.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,05)



(La seduta ha termine alle ore 19,05)



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