Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.76 del 26/02/87 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

Scarica PDF completo

Argomento:


VIGLIONE ALDO



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Passiamo al punto 2) all'o.d.g. "Interrogazioni e interpellanze".
Interpellanza n. 583 presentata dal Consigliere Staglianò, inerente la Cooperativa Casa dei Lavoratori.
La parola all'interpellante Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Presidente e colleghi, preferisco illustrare questa interpellanza per la delicatezza e l'importanza che la questione riveste.
Le nostre consuetudini vogliono che il clima venga riscaldato preliminarmente dallo svolgimento di interrogazioni ed interpellanze, un po' come avviene negli incontri di pugilato o nei concerti: dove c'è la cosiddetta "spalla" che serve a richiamare l'attenzione del pubblico. Ci avviene anche da noi, anche quando le interrogazioni trattano argomenti che meriterebbero senz'altro il proscenio migliore dei nostri lavori.
A beneficio dei colleghi che intendono seguire con attenzione la vicenda, riassumo di cosa si tratta. E' la storia di come guadagnare mezzo miliardo (per la precisione 537.145.000 lire) costruendo 45 alloggi con un miliardo di mutui dello Stato, rivendendo allo Stato quei medesimi alloggi per un miliardo e mezzo. Si tratta di questo, ma anche di peggio.
Per cercare di collocare bene la vicenda analizziamo "il protagonista" "il luogo", "il contorno" e anche "l'arbitro". Illustro la vicenda con molto rammarico e con profondo disagio. Ma le mie convinzioni non mi consentono di censurare l'evidenza sconcertante dei fatti. Anzi, essi mi motivano ancora di più nel pretendere che luce sia fatta e che le responsabilità vengano individuate con precisione, al fine di evitare che episodi tanto gravi, almeno così li giudichiamo noi di Democrazia Proletaria, non si debbano più ripetere.
"Il protagonista" è una Cooperativa a proprietà indivisa che ha sede a Vercelli: la CAPI. Essa ha costruito complessivamente 194 alloggi, che sono collocati nelle zone di Vercelli e Santhià, con mutui nazionali ammontanti complessivamente a un miliardo 280 milioni di lire e dispari, più mutui regionali ammontanti a circa 45 milioni di lire.
I colleghi sono a conoscenza delle norme che vincolano la concessione di questi mutui. Esse sono riconducibili ad un concetto essenziale: la Regione Piemonte, con la legge 28 del 1976 e successive modifiche (modifiche ne sono state apportate dal 1980 ad oggi addirittura 4) richiede per l'erogazione dei mutui il divieto (che deve essere contemplato, perciò, nello Statuto della Cooperativa a cedere la proprietà degli alloggi, e a trasferire i medesimi agli I.A.C.P. competenti in caso di liquidazione o scioglimento della Cooperativa, deducendo soltanto il rimborso delle quote effettivamente versate dai soci. (Riassumo per sommi capi, proprio per fornire la possibilità ai colleghi di orientarsi nella vicenda, dopo di che l'Assessore risponderà alla mia dettagliata interpellanza, mi auguro in maniera esauriente).
La CAPI, invece, viva e vegeta, e quindi tutt'altro che sciolta, cede allo I.A.C.P. di Santhià gli alloggi guadagnandoci quel mezzo miliardo di lire che dicevo prima. Per quanto riguarda gli alloggi costruiti a Vercelli, 8 di essi più 2 box vengono ceduti al Comune per 99 anni (che è la durata di esistenza della Cooperativa) ,determinando di fatto l'alienazione del proprio bene e contravvenendo alla convenzione stipulata con il medesimo Comune nel 1976. In base a quella convenzione furono concesse opere di urbanizzazione e terreni gratuiti. La CAPI ha quindi sottratto ai soci un bene prezioso speculando sui mutui pubblici.
Se abbiamo presente questo scenario di fondo, non possiamo non cogliere con inquietudine i dettagli che dentro il quadro si precisano. A fronte di mutui concessi al 3% di interessi, si verifica che i canoni vengono triplicati nel corso di 5 anni, andando ben al di là degli stessi prezzi di mercato definiti ad equo canone. Comincia così a venir meno uno dei principi essenziali della Cooperativa, che era quello di fornire la casa a lavoratori con redditi medio-bassi. Difatti la Cooperativa è definita "Cooperativa per la casa ai lavoratori".
Lo stesso adeguamento del canone viene effettuato violando lo Statuto della Cooperativa, in quanto non viene ritoccato da una Commissione ad hoc con la presenza delle organizzazioni sindacali e degli inquilini, la quale avrebbe dovuto essere insediata presso il Comune di Vercelli. Ma ciò non si verifica, in quanto questa Commissione non si è mai potuta insediare proprio perché la Cooperativa non ha mai designato il proprio rappresentante, impedendone il funzionamento. L'adeguamento del canone avviene, quindi, attraverso la violazione dello Statuto della Cooperativa.
Non solo; il Consiglio d'Amministrazione che delibera questi aumenti di canone, che appaiono francamente ingiustificati per una Cooperativa che dovrebbe essere gestita con spirito mutualistico e quindi con l'intento di abbattere i costi del mercato privato, ci appare essere quanto meno disinvolto. Le sue decisioni vengono prese, infatti, con pacchetti di deleghe anche di soci assenti, il che è proibito espressamente, oltre che dal Codice Civile,,dallo stesso Statuto della Cooperativa.
Avviene, inoltre, che questa Cooperativa, che amministra 194 alloggi poi diventati meno di 150, si è dotata di un direttore amministrativo, che non è nemmeno socio. Questo particolare non è proibito da nessuna legge però fa una certa impressione sapere che, se non ricordo male, percepisce 25 milioni all'anno. Si è dotata anche di una segretaria e di una consulenza permanente con un ufficio legale; per tacere di altri ammennicoli particolari. L'unica spesa veramente giustificata, alla luce dei fatti, pare essere, dunque, proprio la consulenza con un ufficio legale, essendo il contenzioso interno alla Cooperativa, nel rapporto tra Consiglio d'Amministrazione e soci, elevatissimo. Ogni tentativo fatto da una parte dei soci di autogestire i servizi (cosa contemplata dai principi generali e dalle finalità della cooperativa) è stato stroncato con molti pretesti, alcuni dei quali raccapriccianti (che evito di richiamare qui per non tirarla troppo per le lunghe).
Signor Presidente e colleghi, riassunti così i punti salienti della vicenda, vengo agli interrogativi che sono stati sottoposti alla Giunta e all'Assessore.
Se così stanno le cose (velo assicuro per quanto mi è stato possibile verificare studiando un altissimo pacco di carte), a noi pare essenziale signor Presidente e Assessore, che ci sia una risposta precisa intorno a queste questioni che richiamo brevissimamente, tralasciandone qualcuna nell'auspicio che l'Assessore voglia riprenderle tutte.
La prima questione è se ci sono stati, e in cosa sono consistiti controlli attuati da parte degli organi competenti sulle attività della Cooperativa. La seconda questione è se il controllo effettuato nel 1986 da parte della Lega Nazionale delle Cooperative ha ricevuto dagli uffici regionali un giudizio di regolarità; se, inoltre, la vendita dell'immobile di Santhià allo I.A.C.P. e degli 8 alloggi di Vercelli al Comune è legittima per una Cooperativa a proprietà indivisa; se la Giunta non ritenga opportuno accertare, attraverso ogni mezzo lecito, l'effettivo disinteresse di alcun socio della CAPI ad ottenere l'alloggio presso lo stabile costruito dalla Cooperativa a Santhià, motivo che fu addotto a causa della risoluzione della convenzione stipulata tra il Comune di Santhià e la CAPI; ed ancora, se la richiesta di adeguamento del canone è legittimo sia nella forma che nella sostanza, in riferimento a quanto richiamavo poc'anzi; se, a fronte di mutui al 3%, urbanizzazione e terreno gratuiti, sia giustificato un canone di godimento superiore all'equo canone; se il comportamento impositivo del Consiglio d'Amministrazione nei confronti dei soci non sia da ritenersi dannoso allo spirito cooperativistico; se le elevate spese di gestione della Cooperativa siano compatibili con l'ideologia cooperativistica; se la Giunta non ritenga (e mi avvio a concludere l'esposizione dei quesiti) necessario costituire una Commissione d'indagine per accertare quanto è stato richiamato in premessa se, qualora siano verificate le irregolarità denunciate, non si intendano revocare i mutui ed ogni altra provvidenza regionale erogata a favore della suddetta cooperativa; se non s'intenda intervenire presso gli organi di controllo centrali dello Stato per un'indagine accurata sull'intera vicenda, al fine di fugare ogni residuo interrogativo.
L'esigenza di chiarezza mi pare evidente per l'importanza intrinseca che la vicenda riveste. La cooperazione dovrebbe avere, infatti, la massima attenzione da parte della società civile e delle istituzioni, poich riteniamo che debbano essere favorite tutte quelle imprese che si fondano su una partecipazione dal basso per un'effettiva autogestione dei propri bisogni. E' in questo senso che noi intendiamo la cooperazione, e nei limiti delle nostre capacità e possibilità tentiamo di favorirla. Proprio per questo, però, non si può tollerare la vicenda qui denunciata; non si può non giudicare intollerabile un comportamento riconducibile ad una deteriore filosofia di immobiliare privata gestita con soldi pubblici.
C'è, dunque, bisogno di chiarezza. 29 soci della Cooperativa, hanno fatto la loro parte, sia intervenendo presso il Consiglio d'Amministrazione, sia rivolgendosi, perché costretti, alla Procura della Repubblica. Ritengo che questa assemblea non possa accettare l'accusa rivolta dal presidente della CAPI nei confronti di questi 29 soci, quella cioè di agire nell'ombra senza il coraggio civile di dichiararsi. Costui afferma il falso, sapendo molto bene che tutte le denunce qui richiamate sono state fatte con nome e cognome, persino con richieste scritte di poter essere ascoltati da parte degli organi della Cooperativa; a questi soci viceversa, è stato sempre opposto il muro più impenetrabile.
Occorre capire bene quali possono essere gli sviluppi della vicenda poiché, ancora di recente, il Ministero dei Lavori Pubblici è stato costretto a scrivere ai soci per richiedere (mi riferisco ad una lettera dell'inizio di questo mese) la documentazione sulla situazione patrimoniale della Cooperativa ai singoli soci, dato che la cooperativa non l' ha ancora fornita, come era stato invece richiesto. Su questa inquietante vicenda occorre muoversi.
Signor Presidente e colleghi, ho finito, scusandomi per la lunghezza dell'esposizione. Per concludere cito un pensiero maoista: occorre buttar via l'acqua sporca, salvando il bambino. Voglio dire che debbono essere sanati alla radice i mali della cooperativa, impedendo, nei limiti del possibile e delle leggi, che i soci, i quali hanno già dovuto subire delle vessazioni intollerabili, perdano anche il bene della casa. Questo nella chiarezza delle disposizioni e nel rigore delle sanzioni, laddove queste appaiano necessarie.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero, Assessore all'edilizia residenziale

Signor Presidente e colleghi, mi scuso sin d'ora, ma, a fronte della complessità del problema sollevato dal collega Staglianò, non potrò essere breve. Sono peraltro grato al collega per l'interpellanza non banale che è stata presentata e che, sia pure procurando difficoltà oggettive a me personalmente e agli uffici, ha evidenziato problemi scottanti che devono essere tenuti nella giusta considerazione e richiedono pronti interventi.
In ogni caso, l'interpellanza realizza un momento reale di collaborazione tra Consiglio e Giunta regionale. Il problema sollevato in modo così articolato dal collega Staglianò ci ha costretti ad un approfondimento che ripropone problemi di natura generale, quali i rapporti tra la Regione e gli enti attuatori dei programmi di edilizia economica e popolare, e quindi risollecita e ripropone la necessità di una migliore definizione dell'operatività della Regione per i compiti di verifica dei programmi e di vigilanza ad essa assegnati dalla legislazione vigente.
Non si tratta però di una storia che può essere completamente scritta o narrata questa mattina, caro collega. E' infatti una brutta storia, dai contorni inquietanti e sconcertanti, che non può essere raccontata nello spazio di mezza giornata poiché coinvolge solo parzialmente competenze regionali. Essa necessita di approfondimenti ulteriori che devono essere operati dal Ministero dei lavori pubblici per un verso e da quello del Lavoro per altri, e probabilmente richiederà necessarie indagini da parte della Magistratura, che peraltro credo siano già avviate.
Ora, per inquadrare bene il problema, occorre ricordare alcuni aspetti di carattere generale. L'interpellanza riguarda la Cooperativa a proprietà indivisa, "Per la casa ai lavoratori" (C.A.P.I.) di Vercelli, e in particolare un intervento edilizio a Santhià, oltre che la gestione nel Comune di Vercelli del patrimonio della stessa cooperativa.
In riferimento a questa situazione occorre chiarire subito, per avere un preciso quadro delle difficoltà di accertamento che abbiamo di fronte che la suddetta cooperativa è stata finanziata ai sensi della legge n. 166 del 1975. Questa forma di intervento, che la legge denomina "agevolazioni creditizie per l'edilizia" avendo natura diversa da quella che prevede l'erogazione dei contributi erariali previsti dal R.D. n. 1165 (art. 125 e 138) del 28.4.1938 sull'edilizia popolare ed economica ed essendo antecedente alla legge n. 457 del 1978, "Piano decennale della casa", è soggetta alla generale competenza, anche di vigilanza, del Ministero del Lavoro sulla base della normativa vigente in materia di cooperazione. Tale competenza è stata ribadita ancora recentemente dal Ministero del Lavoro con circolare n. 99 del 30/7/1985 che, per altri aspetti, lascia dubbi interpretativi in relazione a precisi disposti del D.P.R. 616 e della legge n. 457/78 (su tale punto ritornerò).
Il predetto Ministero deve esercitare la vigilanza secondo le disposizioni del D.Lgs. C.P.S. 14.2.1947, n. 1577 che prevede ispezioni ordinarie e straordinarie. Le ispezioni ordinarie devono aver luogo almeno una volta ogni due anni e sono eseguite di regola dalle associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo come ricordava precedentemente Staglianò; quelle straordinarie, disposte ogni qualvolta se ne presenti l'opportunità, sono disposte dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale. Nel caso specifico si precisa che la Cooperativa "per la casa ai lavoratori" aderisce alla Lega nazionale Cooperative e Mutue - Comitato regionale piemontese che svolge i compiti di vigilanza e controllo ordinario. Inoltre, le cooperative, secondo quanto previsto dal R.D. 12.2.1911 n. 278, devono essere iscritte al registro tenuto presso la Prefettura, e le stesse, ai sensi dell'art. 33 del medesimo R.D., sono tenute a presentare entro due mesi dalla data di chiusura dell'esercizio sociale copia del bilancio annuale approvato dall'Assemblea dei soci. In ogni provincia è quindi istituita una Commissione provinciale di vigilanza presieduta dal Prefetto con le seguenti funzioni: consultive, ispettive, integrative e consiliative, in caso di richiesta da parte delle cooperative stesse. Questa Commissione provinciale, ai sensi dell'art. 34 del già citato Decreto 278/1911, deve esaminare i bilanci e vigilare sul funzionamento delle cooperative iscritte al registro prefettizio in rapporto alla conservazione dei caratteri e dello spirito cooperativo ed all'osservanza delle disposizioni di legge dei regolamenti e degli statuti sociali, esigendo, ove occorra l'esibizione dei libri e dei documenti giustificativi.
E' da ritenersi, per quanto non risultante a seguito delle sollecitazioni rivolte, per ora senza risposta, che da parte degli organismi succitati sia stata svolta, anche in riferimento alla cooperativa oggetto della presente, quell'articolata vigilanza che la normativa statale prescrive.
A questa amministrazione regionale non è comunque pervenuta - collega Staglianò - alcuna comunicazione al riguardo, anche in ordine a quanto lei richiamava come primo interrogativo, riformulato alla fine della sua illustrazione, ovvero in ordine al controllo effettuato nel 1986 dalla Lega delle cooperative; comunicazione che per altro non è prevista dalla legislazione vigente poiché si tratta di controlli societari che sono affidati al Ministero del Lavoro e alle associazioni rappresentative delle cooperative, rispetto ai quali la Regione non ha potere di acquisizione degli atti relativi.
Per quanto riguarda il caso in esame occorre tener presente, inoltre che ogni attività amministrativa, compresa quella di controllo e vigilanza rimane affidata per quanto riguarda gli aspetti di natura edilizia, agli organi statali (con più precisione al Ministero ai lavori pubblici) a norma dell'art. 125 del D.P.R. 616 del 1977.
Come è stato ribadito in varie circolari emanate dal Ministero dei lavori pubblici, la sezione di controllo della Corte dei Conti, con riferimento al predetto art. 125 del D.P.R. 616, ha infatti precisato che nei confronti dei sodalizi cooperativi beneficiari di contributi statali con provvedimenti ministeriali o soltanto in possesso di semplice promessa di contributo (in quanto questa sia integrante di ipotesi di impegno di spesa) deve considerarsi prorogata la competenza statale fino all'esaurimento del procedimento amministrativo. Trattandosi di finanziamenti avvenuti per mezzo di leggi antecedenti la legge n. 457 è stato varie volte riprecisato, sia da parte del Ministero dei lavori pubblici sia dalla sezione di controllo della Corte dei Conti che sino ad esaurimento dei procedimenti amministrativi i compiti di vigilanza e di controllo rimangono affidati, in questa materia, agli organi di controllo statati che li esercitavano prima del D.P.R. n. 616.
Credo che, seppure sommariamente, occorra dire (poiché la circostanza richiama aspetti più generali) che, dopo l'entrata in vigore della legge n.
457 per interventi fruenti di contributi pubblici, successivamente al 1978 il compito di vigilanza è stato trasferito da parte dello Stato alle Regioni. La situazione deve essere ben chiara: per l'intervento di Santhià della cooperativa C.A.P.I., la vigilanza, sulla base dei chiarimenti della Corte dei Conti e del Ministero dei Lavori Pubblici, rimane assegnata allo stesso Ministero mentre la vigilanza e il controllo societario generale in materia di cooperazione rimangono in capo al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, ciò anche dopo il trasferimento operato dal 616. Mentre invece oggi per gli interventi successivi alla emanazione della legge 457/1978, i compiti di vigilanza, già del Ministero LL.PP., sono assegnati alla Regione.
La Regione esercita la vigilanza nella misura in cui ciò è possibile in assenza di una proceduralizzazione della materia, normalmente attraverso le verifiche sui requisiti soggettivi ed oggettivi che deve svolgere e attraverso la verifica dei programmi finanziati con i contributi pubblici oltreché a seguito di circostanze specifiche di cui viene a conoscenza o a seguito di situazioni particolari o di dubbi che possono emergere dalla documentazione prodotta durante l'iter degli interventi avviati e realizzati dai diversi soggetti attuatori; ovvero ancora a seguito di sollecitazioni o dalla conoscenza di dati che possono essere forniti dai soci stessi o più in generale di informazioni di cui si viene a conoscenza.
In proposito devo dire che a seguito degli articoli apparsi sulla stampa e di un'interrogazione proposta dai colleghi Majorino e Minervini, noi stiamo ad esempio esercitando i compiti di vigilanza, chiedendo documentazione e svolgendo i necessari approfondimenti nei confronti della cooperativa Di Vittorio e di altre tre cooperative che aderiscono al Coop Casa di Torino per realizzare una precisa valutazione alla Regione e quindi l'esercizio attivo delle funzioni di vigilanza che sono state trasferite.
Credo che anche le altre Regioni, sulla base delle informazioni che abbiamo raccolto, non siano riuscite a meglio disciplinare l'esercizio delle funzioni di vigilanza che sono assegnate alle strutture e ai servizi della Regione; ritengo comunque che qualcosa in questa direzione debba essere fatto per meglio definire le modalità di intervento e di valutazione da parte della nostra Regione.
Ritornando al problema oggetto specifico dell'interpellanza relativamente alla vendita dell'immobile di Santhià all'Istituto Autonomo per le Case Popolari della Provincia di Vercelli, si deve far presente che tale cessione è stata proposta ed è avvenuta, stando agli atti che sono a nostra disposizione e che ha richiamato anche Staglianò, dopo che nessun socio si era dichiarato interessato all'assegnazione dell'alloggio, così come è confermato nell'atto a rogito notaio Restivo, repertorio 140330/7385 in data 20/7/82 che sanciva congiuntamente lo scioglimento della convenzione tra la Cooperativa " Per la casa ai lavoratori" e il Comune di Santhià e disciplinava i rapporti fra l'Istituto Autonomo Case Popolari della Provincia di Vercelli, il Comune e la Cooperativa medesima.
Non abbiamo però il potere di accertare, rispetto ai singoli soci, come richiesto dal collega Staglianò, se corrisponde a realtà la volontà di non affittare gli alloggi di Santhià: per questo aspetto dobbiamo prendere atto che c'è una volontà espressa di fronte al notaio da parte dei soci, che dichiarano di non essere interessati ad occupare i 45 alloggi che erano in corso di realizzazione a Santhià. Richiamo ancora comunque che nei confronti di questa Cooperativa e dei finanziamenti ottenuti, i compiti di vigilanza (che in questa fattispecie sono dubbi) sono assegnati al Ministero dei Lavori Pubblici, mentre per gli aspetti societari rimane confermato il più generale potere di controllo e di verifica assegnato dalla legislazione al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale.
Richiamando un'altra delle domande precise che il Consigliere Staglian ha sollevato, rendo noto che a seguito degli accertamenti svolti dalla Regione attraverso i propri uffici, in data 17 febbraio abbiamo richiesto al Ministero dei Lavori Pubblici e al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale di conoscere se siano state svolte iniziative di verifica e di controllo, di conoscerne i risultati ed in ogni caso abbiamo chiesto, qualora ciò non fosse avvenuto, che ai sensi delle Circolari del Ministero dei Lavori Pubblici e della normativa statale i due predetti Ministeri, per quanto di rispettiva competenza, si attivino immediatamente per svolgere i compiti ispettivi e di controllo che loro sono assegnati.
Quindi ci siamo mossi nei confronti dei Ministeri che dovrebbero anche chiarire, soprattutto il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale per i controlli che ha in materia societaria, gli aspetti riguardanti la rinuncia dei soci, così come risulta dall'atto notarile prima richiamato.
Di fronte a tale situazione (mancanza di richieste di assegnazione degli alloggi da parte dei soci, come risulta dall'atto notarile, che non è contemplata dalla legge di finanziamento n. 166 del 27/5/75 sulla base della quale sono stati ottenuti i mutui agevolati da parte della Cooperativa C.A.P.I. di Vercelli) e in considerazione delle gravi difficoltà finanziarie che la predetta situazione, cioè la mancata possibilità di assegnazione, comportava per la Cooperativa l'Amministrazione regionale non aveva ritenuto opportuno opporsi, con lettera n. 239 del 13/7/81 dell'Assessore allora in carica, alla cessione dello stabile al competente I.A.C.P. di Vercelli che all'uopo aveva dichiarato la propria disponibilità all'acquisto; ciò, io credo, da parte dell'Amministrazione regionale attuando per supposta analogia quanto previsto dalla lettera a) dell'art. 1 della L.R. 17/5/76 n. 28 così come modificata dalla legge regionale n. 7 del 1980, che prevede per le Cooperative a proprietà indivisa il divieto di cessione in proprietà degli alloggi e l'obbligo del trasferimento degli stessi al competente I.A.C.P.
"in caso di scioglimento o liquidazione della Cooperativa". Non siamo in questo caso in presenza di uno scioglimento o liquidazione della Cooperativa: a fronte di una fattispecie non presa in considerazione dalla legge n. 166 del 1975 né dalla legge di finanziamento regionale n. 28 del 1976, per interpretazione della legge e per supposta analogia, come detto prima, con la materia e a fronte di una situazione che non vedeva la possibilità concreta di assegnazione ai soci per la loro rinuncia registrata con atto notarile, ad occupare gli alloggi, ritengo che l'Assessorato abbia ritenuto che l'unica possibilità di soluzione trattandosi di edifici da dare in locazione, fosse quella del trasferimento all'Istituto Autonomo Case Popolari competente. Anche se, lo ripeto, non ricorre la fattispecie puntualmente prevista dalla lettera a) dell'art. 1 della L.R. 28/1976 e cioè non si è in presenza dello scioglimento o della liquidazione della Cooperativa.
Per tale trasferimento la Cooperativa "Per la Casa ai lavoratori" comunicava con nota del 3 luglio 1981 che il Consorzio tra gli Istituti Autonomi Case Popolari, per conto dell'Istituto Autonomo Case Popolari di Vercelli, chiedeva alla Regione un finanziamento di 900 milioni che veniva poi concesso con provvedimento della Giunta regionale N. 32/13145 del 15/1/82 relativo all'assestamento del programma di localizzazione del secondo progetto e dell'anticipazione del terzo progetto biennale della legge 457 del 1978, aumentando lo stanziamento per nuove costruzioni a favore dello I.A.C.P. di Vercelli, originariamente previsto in lire 660 milioni con la delibera di approvazione del progetto biennale, a lire 1 miliardo 560 milioni. Per quanto concerne il prezzo di cessione, non vietato dall'art. 1 della legge 28, con la lettera successiva n. 683 del 4 maggio 1982, la Regione comunicava all'Istituto Autonomo Case Popolari di Vercelli che, poiché la valutazione del valore venale poteva risentire della particolare situazione di mercato, sarebbe stato più congruo e corretto fare riferimento al massimale di costo fissato dal C.E.R.
(Comitato per l'edilizia residenziale) previsto dal decreto ministeriale n.
13053 del 25/11/1979, vigente al momento della costruzione. Si chiedeva cioè di non far riferimento solo ad una perizia di stima, ma di restare all'interno dei massimali di costo che erano previsti dal C.E.R. all'epoca della costruzione dell'edificio da parte della C.A.P.I di Vercelli; e quindi alla fine del 1979, come data intermedia tra l'inizio dei lavori e la situazione che si presentava alla fine del 1980. Dall'applicazione del suddetto massimale l'importo massimo riconoscibile per la cessione risultava essere di lire 1.659.690.000. Tenendo conto che i lavori ancora da effettuare sommavano a lire 29.900:000 e che i mutui già concessi alla C.A.P.I. ammontavano a complessive lire 1.065.350.000, (mutui concessi dallo Stato), l'importo assegnabile allo I.A.C.P. con i fondi di edilizia sovvenzionata per l'acquisizione, disposti con il secondo biennio, non poteva comunque superare lire 564.490.000. Con il già citato contratto di risoluzione a rogito notaio Restivo del 20/7/1982, il valore dell'immobile da trasferire dalla Cooperativa allo I.A.C.P. veniva stabilito in lire 537.145.000 per la parte già realizzata, ciò, quindi, all'interno del massimale consigliato dalla Regione, con riferimento ai massimali di costi del 1979, pari a lire 564.490.000. Dai Quadri Economici che l'Istituto doveva trasmettere per la realizzazione degli interventi, presentati alla Regione dall'Istituto in data 25/1/1985 e 25/7/1986, risultava che il predetto finanziamento di 900 milioni era finalizzato per l'importo di lire 564.490.000, (quindi, per il valore massimo possibile assunto in modo acritico o come condizione migliore per la cooperativa?) all'acquisizione dell'immobile e relativi oneri, e per l'importo di lire 335.510.000 per lavori di manutenzione straordinaria e completamento del fabbricato. La Commissione verifica programmi in edilizia sovvenzionata, operante in Regione, riunitasi in data 12/2/1985 ed esaminata la documentazione presentata dallo I.A.C.P. circa la definizione contabile dell'intervento di nuova costruzione (Quadro Economico zero, primo quadro del programma di intervento) che doveva essere presentato per la costruzione di 45 alloggi in Santhià attraverso lo stanziamento di 900 milioni ai sensi della legge n. 457, al fine di esprimere il proprio parere richiedeva integrazioni mediante ulteriori atti tecnici amministrativi necessari per valutare sia i rapporti con la proprietà cedente sia le eventuali perizie con le quali si erano determinate le consistenze patrimoniali e le condizioni dell'immobile al momento della cessione. Ciò, non essendo stato presentato in particolare il certificato di collaudo che prima della cessione avrebbe dovuto essere acquisito, come atto preliminare imprescindibile, da parte dell'Istituto Autonomo Case Popolari. Conseguentemente alle integrazioni pervenute, la Commissione verifica programmi, in relazione all'intervento sopracitato relativo all'acquisto di 45 alloggi in Santhià, in data 28/2/1985 (quindici giorni dopo) esprimeva parere favorevole al quadro n. 0/2, dando, per un'approvazione un po' "atipica", con la formula del "conché" che un volta anche usavano le Giunte provinciali amministrative; dava, cioè un'approvazione condizionata, richiedendo che a completamento della pratica venisse trasmesso il certificato di collaudo, richiesto dall'Istituto in sede di acquisizione dell'immobile dalla cooperativa.
Vi chiedo scusa, ma la vicenda, per arrivare a delle conclusioni, è complessa e difficile. Occorre puntualizzare bene cosa avviene in questi casi. Sulla base dei quadri economici e delle previsioni di spesa formulate dagli Istituti, vengono formulati trimestralmente dei tabulati di previsione di spesa e parallelamente dei tabulati di cassa, pure trimestrali, che riportano le cifre dei singoli interventi previsti con la previsione di competenza, cioè di intervento e di cassa, quindi di erogazione. Questi tabulati sono definiti dal Ministero dei Lavori Pubblici e su di essi non è prevista una colonna che evidenzi la progressione dei pagamenti. Ciò costituisce un grosso problema e a questa lacuna ha provveduto la Regione invitando il Consorzio tra gli Istituti ad introdurre nei tabulati una colonna che, oltre le previsioni, consenta di seguire dall'andamento dei tabulati trimestrali che vengono inviati al Ministero la progressione dei pagamenti e quindi di capire come viene utilizzata la cassa a seguito degli accrediti che sono fatti direttamente dal Ministero agli Istituti presso le Tesorerie provinciali. Questi tabulati vengono trasmessi al Consorzio, da parte degli I.A.C.P., che provvede a registrarli e a restituirli con eventuali osservazioni alla Regione e poi quest'ultima provvede a trasmetterli al C.E.R.. Dopo le disposizioni intervenute nel maggio 1983 il Ministero non passa più attraverso la Regione: sulla base dei programmi presentati e dei tabulati previsionali che traducono nel tempo le previsioni di realizzazione dei programmi, il C.E.R. accredita direttamente le somme agli I.A.C.P. presso le Tesorerie provinciali competenti. Noi da quel punto non controlliamo più i flussi finanziari che sono di competenza e di responsabilità degli Istituti Autonomi Case Popolari che dovrebbero provvedere, in parallelo, ad utilizzare gli accrediti presso le Tesorerie per lo scopo per il quale gli accrediti sono stati effettuati, ma che per le note difficoltà pubbliche usano sovente come cassa gli accrediti del Ministero. Lo IACP di Vercelli stando ai dati desumibili dei tabulati di cassa, ben prima di inviare alla Regione il quadro n. 0, nel febbraio 1985 e il quadro 0/1 che è poi stato approvato ha provveduto ad effettuare i pagamenti, perché nel frattempo era intervenuto l'accredito parziale da parte del C.E.R., alla Cooperativa C.A.P.I. di Vercelli; inoltre, i pagamenti - secondo i dati che risultano dai tabulati in nostro possesso su cui abbiamo ancora accertamenti in corso effettuati corrispondono a cifre superiori a quanto teoricamente autorizzato con gli atti che prima ho ricordato. Infatti con l'approvazione da parte della Regione del quadro 0/2 l'istituto veniva autorizzato a spendere la quota di 900 milioni, qualora tutto fosse regolare, riferita all'acquisizione e non alle opere di manutenzione e di completamento pari a 335 milioni; cioè, solo la quota di 547 milioni che atteneva al valore convenuto di acquisizione della parte dell'edificio già realizzata da parte della C.A.P.I. di Vercelli.
Come ho ricordato, prima ancora che questo quadro economico pervenisse alla Regione, una somma quasi corrispondente ai 900 milioni risulta già erogata alla C.A.P.I. di Vercelli, in assenza - e questa mi pare sia una irregolarità amministrativa chiara e netta che va riferita dell'approvazione del quadro da parte della Regione. Prima che ci fosse l'approvazione complessiva del progetto si è quindi provveduto anche ad estensioni di opere, senza appalto per i lavori di completamento, in quanto risultano erogate non solo le somme per l'acquisizione dell'immobile, ma anche parzialmente le somme per il completamento dell'edificio avviato dalla C.A.P.I. con i finanziamenti statali sulla legge prima ricordata.
Inoltre, non è mai stato trasmesso, e questo è grave, in difformità alla richiesta della Commissione verifica programmi, prima richiamata, il certificato di collaudo dell'edificio acquistato dalla C.A.P.I.
Credo, a questo punto, colleghi, che si debba presumere, sulla base degli atti, la buona fede della Regione e dell'Assessore che ha firmato il quadro economico 02 nel 1985, nel ritenere che un qualsiasi ente pubblico in questo caso lo I.A.C.P. di Vercelli, prima di procedere su base convenzionale definita all'acquisizione di un immobile con fondi pubblici dovesse essere in possesso non solo di una perizia di stima di parte o di un riferimento ai massimali di costo indicati dal C.E.R. e ricordati come misura di riferimento congrua e corretta da parte della Regione, bensì anche del certificato di collaudo per consentire all'Ente di sapere che cosa va ad acquistare. Invece l'acquisizione e la trasmissione del certificato di collaudo, atto dovuto e normale in una transazione di questo genere, non sono mai avvenute. Nel novembre del 1986, a distanza di un anno e mezzo, è pervenuto alla Regione il quadro 3, saltando altri quadri tecnici intermedi, che sostanzialmente riproponeva gli stessi problemi: carenza dei documenti integrativi richiesti ed in particolare la mancata trasmissione del certificato di collaudo, richiesto dal 1985.
Il quadro 3 è stato sospeso dalla Commissione verifica programmi ed ho nuovamente richiesto come Assessore competente all'Istituto Autonomo Case Popolari di Vercelli la trasmissione del certificato di collaudo. Abbiamo quindi sospeso tutti gli atti e abbiamo assunto, collega Staglianò e colleghi, questa decisione nel novembre 1986 prima della presentazione dell'interpellanza oggi in discussione. Questa decisione può preludere ad eventuali successivi atti che nell'esercizio della vigilanza sull'Istituto risultassero necessari, sino ad arrivare a quelli più drastici e netti questi avrebbero certamente ricadute difficili da governare, ma potrebbero essere anche di sospensione dei contributi erogati, in una condizione in cui lo I.A.C.P. ha già provveduto ai pagamenti sin da prima della trasmissione del quadro 0 alla Regione, quindi comporterebbero, qualora ci avvenisse, una precisa responsabilità amministrativa degli amministratori dell'epoca. Noi non escludiamo nessuna misura di intervento in questa vicenda che rimane brutta, sconcertante ed inquietante e che rivela che non solo qui a Torino ci sono problemi da rivedere, ma che anche sul resto del territorio si manifestano fenomeni di cattiva amministrazione all'interno di Istituti Pubblici nei confronti dei quali noi non esercitiamo poteri di controllo definiti da legge statale o regionale, ma comunque abbiamo compiti di vigilanza e compiti di verifica dei programmi: compiti, quindi di accertamento e di certificazione nei confronti del Ministero della corretta utilizzazione dei fondi a valere sul piano decennale che sono programmati e controllati attraverso le Regioni.
Tento, su questo punto,di concludere. Presidente e colleghi, la Regione dopo aver approvato il quadro economico n. 02, riferito ad una proposta di utilizzo parziale dei 900 milioni, ha sospeso il successivo quadro n. 3 pervenuto nel novembre dell'86, relativo all'aggiudicazione dei lavori di adeguamento e la successiva perizia degli stessi, per vari motivi; sia perché si sono verificate tutte le incongruenze evidenziate prima, sia perché è apparso opportuno non consentire l'utilizzo dei fondi (almeno fino a novembre sembrava così) senza prima aver avuto riscontro delle notizie precedentemente richieste. E precisamente: atti necessari per valutare i rapporti con la proprietà cedente (la C.A.P.I.); perizie per determinare le consistenze patrimoniali e le condizioni dell'immobile al momento della cessione, in quanto la proposta dello I.A.C.P. era di utilizzare circa 335 milioni, in luogo dei primitivi 30 milioni, per opere di completamento e di manutenzione straordinaria; certificato di collaudo. Devo dire per Presidente e colleghi, che quando abbiamo richiesto, sospendendo il quadro n. 3, a novembre dell'86, ulteriore documentazione e precisazioni allo I.A.C.P. di Vercelli, non eravamo al corrente che avremmo proprio sospeso i lavori di adeguamento, poiché questi, a giudicare dai tabulati di spesa erano già stati effettuati prima del 1985 senza aspettare i lavori, ma presumibilmente attraverso estensioni di opere a favore di imprese che già eseguivano manutenzioni presso lo I.A.C.P. di Vercelli.
Su questa partita, che riguarda lo I.A.C.P., l'accertamento non è terminato; abbiamo richiesto nuovamente atti e precisazioni allo stesso e stiamo svolgendo, senza organismi o servizi di vigilanza appositi all'interno della nostra Regione, i compiti di vigilanza nella misura e nei tempi in cui ci è consentito e con le difficoltà riscontrate nell'acquisire la documentazione necessaria riguardante la C.A.P.I. e lo I.A.C.P. di Vercelli.
Passando agli altri punti dell'interpellanza, in relazione alla vendita di 8 alloggi e di 2 box al Comune di Vercelli da parte della C.A.P.I., si fa presente che presso l'amministrazione regionale non esisteva nessuna documentazione in tal senso e che siamo venuti a conoscenza del fatto solo a seguito dell'interpellanza del collega Staglianò.
Premesso che per l'attribuzione dei finanziamenti la cooperativa ci aveva trasmesso a suo tempo copia dello statuto e della convenzione con il Comune di Vercelli, datate rispettivamente 23/12/76 e 27/2/76 e che dalla stessa convenzione risulta all'art. 8 che gli alloggi realizzati devono essere assegnati in locazione esclusivamente ai propri soci riservandone il 10% ai soci provenienti da alloggi sovraffollati o ritenuti inidonei, ma pur sempre soci; dal 10 al 15% alle coppie di giovani ed anziani e mettendone il 10% a disposizione del Comune per 5 anni dall'ultimazione dei lavori, compatibilmente con le norme di legge da utilizzare come "alloggi parcheggio" relativamente agli interventi di risanamento promossi dal Comune stesso. Premesso questo, ritengo che la vendita di questi alloggi sia del tutto irregolare, perché contrastante con le finalità dei finanziamenti pubblici e con la convenzione. Se poi ripercorrendo la "storia" si apprende che gli alloggi non sono stati venduti al Comune ma dati in uso con convenzione per 5 anni, trasformati poi in 99 anni, ci vuol dire "la vita della cooperativa", e quindi e comunque una vera e propria cessione in proprietà. Per questo ritengo irregolare - gli uffici mi dicono che sussistono perlomeno dubbi di irregolarità - quanto è accaduto perché nessuna deroga al principio della destinazione degli alloggi è prevista dalla normativa vigente; ciò neppure quando sussistano gravi necessità come quelle che hanno motivato la messa a disposizione nel Comune di Vercelli degli 8 alloggi di cui trattasi.
Poiché la cooperativa usufruisce direttamente - come ho già detto - di finanziamenti statali in base alla legge n. 166 e successive modifiche e integrazioni, concessi con vari decreti del Ministero ai Lavori Pubblici in tempi successivi, sulla base degli accertamenti dei Ministeri, che dovranno assumere le proprie determinazioni, rimarrà compito dell'amministrazione regionale definire solo successivamente quali iniziative precise intraprendere nei confronti della Cooperativa, che, ricordo, è soggetta alla vigilanza dei due Ministeri per la precisazione dell'art. 125 del D.P.R. 616. Solo dopo questi accertamenti e la definizione delle eventuali determinazioni dei Ministeri, la Regione dovrà intervenire per valutare le iniziative da intraprendere nei confronti della cooperativa C.A.P.I. in relazione ai contributi integrativi concessi ai sensi della L.R. n. 28 del 1976.
A noi cioè toccherà assumere iniziative e pervenire, qualora fossero registrate dal Ministero gravi forme di scorrettezza e di irregolarità amministrativa, alla revoca dei contributi integrativi regionali concessi a valere della L.R. n. 28 del 1976.
Per quanto riguarda i canoni si precisa che le cooperative beneficiarie di contributi in conto interessi disposti dalla legge n. 28/76 sono tenute ad applicare un canone di locazione costituito da una quota destinata all'ammortamento dei mutui depurata dai contributi statali e regionali, da una quota di spese generali di amministrazione non superiore al 5% della stessa quota di cui al punto precedente e da una quota per manutenzione straordinaria determinata in misura non inferiore al 5% della stessa quota di ammortamento. Tale quota di ammortamento deve essere aggiornata applicando ogni biennio il 75% dell'aumento dell'indice Istat dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati a decorrere dal sesto anno dalla stipula della convenzione comunale. Nel caso specifico, richiamato da Staglianò, questa rivalutazione (fatta in base dell'indice Istat) deve essere versata alla Regione con scadenze 30/4 e 31/10 di ciascun anno.
L'introito determina un rimborso alla Regione rispetto ai finanziamenti integrativi regionali concessi in base alla legge n. 28. In questo caso specifico (non era richiamato nell'interpellanza ma va detto) non risultano versate neppure le somme di L. 16.766.838 relative alla scadenza del 3C/4/86 e di L. 16.302.042 relative al 31/10/86 da parte della cooperativa alla Regione.
Pertanto, con provvedimento della Giunta Regionale dell' 11/11/86 abbiamo provveduto alla sospensione del contributo regionale; abbiamo cioè in attesa degli accertamenti del Ministero, e a fronte di una inottemperanza a un disposto di legge regionale da parte della Cooperativa sospeso il contributo regionale concesso, che doveva essere versato alla Cooperativa entro il 31/12/1986.
L'erogazione del contributo regionale, a prescindere dagli accertamenti ministeriali, riprenderà solamente per far fronte agli oneri derivanti dall'ammortamento dei mutui statali e regionali successivi alla regolazione delle pendenze maturate nei confronti dell'amministrazione regionale da parte della C.A.P.I.
In merito alla legittimità nella forma e nella sostanza del canone di godimento e agli adeguamenti richiesti ai soci beneficiari degli altri interventi costruttivi realizzati dalla C.A.P.I. si è provveduto a chiedere con nota n. 5554/088 del 23/12/86 precise informazioni al fine di disporre eventuali verifiche e accertamenti. Non essendo pervenuto quanto richiesto con telegramma del 4/2 si è provveduto a sollecitare la risposta, pervenuta in Regione il 18/2, datata 10/2, che nuovamente non mette in condizione la Regione di comprendere come sono stati applicati i canoni di locazione da parte della Cooperativa. Abbiamo riscritto tre giorni fa, evidenziando sulla base dei materiali trasmessi alcune irregolarità nella definizione dei canoni che già sono evidenti e, alla luce delle suddette valutazioni e precisazioni in precedenza formulate, abbiamo invitato la Cooperativa a voler riformulare tutti i conteggi relativi ai canoni applicati nei confronti dei soci fornendo altresì gli elementi in base ai quali sono stati ripartiti i canoni fra le diverse tipologie edilizie. A due mesi di distanza dai solleciti non abbiamo ancora avuto da parte della Cooperativa una risposta chiara ed esauriente rispetto all'applicazione del canone sociale che pur dobbiamo controllare, non fosse altro per quella quota relativa alla rivalutazione, in base all'indice Istat, che deve consentire alla Regione le necessarie verifiche per valutare i rientri che la Cooperativa per legge deve operare nei confronti della Regione per i mutui integrativi concessi ai sensi della legge n. 28.
In merito al comportamento del Consiglio d'amministrazione in genere vorrei solo richiamare al collega Staglianò che non vi è un potere di controllo della Regione nei confronti dell'andamento societario in genere e che la Cooperativa dovrebbe consentire già al proprio interno una serie di verifiche e di controlli attraverso i compiti assegnati dallo Statuto all'assemblea ordinaria, al Collegio dei Revisori dei Conti e al Collegio dei Probiviri; devo richiamare altresì che in questa materia, di natura societaria generale, sono ferme e impregiudicate tutte le competenze previste dalla legislazione statale precedente al D.P.R. 616 in capo al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, che mantiene tutti i compiti di controllo ordinario e straordinario, soprattutto in materia societaria.
Credo e mi auguro, per quanto possibile allo stato degli atti, di avere risposto esaurientemente all'interpellanza del collega Staglianò. Non posso nascondere a conclusione che la riproposizione di una materia così difficile, che ci è stata sollecitata dall'interpellanza del Consigliere Staglianò e dagli accertamenti disposti e sinora svolti, ci richiamano ad una necessità precisa. Giacché non viviamo in un mondo dominato da spirito "angelico" o da grande correttezza, credo non sia più sufficiente svolgere i compiti che ci sono assegnati all'insegna della correttezza e della buona volontà, ma che occorra e sia ormai indispensabile addivenire ad una migliore proceduralizzazione dei compiti stessi che alla Regione sono assegnati, almeno su due fronti: a) nei confronti degli I.A.C.P. in attesa della riforma degli stessi che dovrebbe presto avvenire se non verrà decapitata la legislatura, o in via surrogatoria regionale qualora non avvenisse, provvedendo almeno alla ridefinizione dei metodi e degli organi di verifica dei programmi d'intervento, attraverso apposita legge che mi riservo di presentare alla Giunta entro uno spazio brevissimo di tempo (nei prossimi 10/15 giorni) b) attraverso un primo tentativo della Regione, cosa che ha fatto ad oggi solo la Lombardia, di proceduralizzare e per quanto possibile definire o delegare i compiti di vigilanza nei confronti delle cooperative previsti dall'art. 4 lettera E della legge 457 del 1978. Ciò con le difficoltà che sono connesse ad una materia che per sua natura, quella della vigilanza non si presta tanto ad una proceduralizzazione, ma richiede principalmente l'esistenza di strutture, di procedure e di raccolta di informazioni che consentano un corretto esercizio del potere di vigilanza complessiva sul funzionamento delle cooperative. Vigilanza che dopo la 457 la Regione ha in via esclusiva sulle cooperative "comunque fruenti di contributi pubblici" per quanto riguarda l'intervento di edilizia residenziale pubblica e che lascia impregiudicati i poteri di sorveglianza societaria.
Mi riservo di presentare, quindi, due proposte di legge alla Giunta e al Consiglio con urgenza, nelle prossime settimane; devo però dire che se non ci sarà la capacità o la volontà di avviare un servizio o strutture apposite di vigilanza per questa materia, anche con compiti ispettivi, ci limiteremo ad emanare o approvare delle grida manzoniane e non ci toglieremo di dosso la responsabilità di non avere fatto quanto possibile stante l'incertezza e la frammentarietà odierna della legislazione in materia, per esercitare al meglio i compiti di vigilanza che alla Regione sono assegnati.
Ho motivo di ritenere che ad oggi questi compiti siano stati esercitati con correttezza, ma con molta difficoltà. Occorre una proceduralizzazione diversa; occorrono soprattutto strutture specifiche all'interno dell'organizzazione regionale per consentire di svolgere questi compiti con la dovuta competenza, serietà e approfondimento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente! I colleghi, quelli che hanno seguito la discussione avranno colto la delicatezza del problema e l'esigenza di intervenire su molti piani, non ultimo quello legislativo, da parte della Regione sull'intera materia trattata.
A me pare di dover incominciare questa replica con una considerazione.
Sono molti e sempre più inaccettabili i vuoti applicativi delle leggi nazionali; il fatto, ad esempio, che non esista, se non sulla carta l'organismo di vigilanza del Ministero dei Lavori pubblici e del Ministero del lavoro su quanto poi effettivamente fanno le cooperative, non può non preoccupare. Questo vuoto rilevante non solo deve essere colto, ma deve essere denunciato con forza poiché, da parte degli organi competenti si continua a chiudere gli occhi sulla realtà! Signor Presidente e colleghi, le attenzioni del Ministero dei Lavori pubblici sono, invece, su tutt'altro versante. Cito una lettera inviata dall'On. Franco Nicolazzi, il 13 marzo 1985, al Senatore Ennio Bajardi: "Caro Bajardi - scrive Nicolazzi -, in relazione alle tue premure in favore della Cooperativa edilizia C.A.P.I. di Vercelli, ti comunico che, con decreto ministeriale n. 1112 del 18/1/85, è stato concesso alla predetta cooperativa un contributo di 116.930.900 lire per quindici annualità, ai sensi della legge 94/1982. Il provvedimento trovasi attualmente alla Corte dei Conti per la registrazione. Mi riservo di fornirti ulteriori notizie appena il decreto verrà regolarizzato e ti invio cordiali saluti." Questo avveniva quando già erano state effettuate numerose segnalazioni e rimostranze da parte dei soci su quanto avveniva nella cooperativa e di cui la stessa Lega nazionale delle cooperative non ha potuto non tenere conto. Anche qui una citazione inedita. In un incontro svoltosi il 18 dicembre 1986 tra un gruppo di soci (quelli che il Presidente Marsotto non riesce ad identificare ma che hanno nome, cognome ed indirizzo, nonch numero di telefono) ed i responsabili delle cooperative della Fincoop veniva detto, anzi veniva letto, ai suddetti soci, un verbale di ispezione redatto dal revisore della Lega, il signor Caneparo, da cui emergeva un giudizio a dir poco negativo sulla conduzione della C.A.P.I. ad opera del Consiglio di amministrazione tuttora in carica: "Gli Amministratori sono stati diffidati - dice il verbale - e il documento è stato inoltrato al Ministero del Lavoro, che prenderà gli eventuali provvedimenti non prima di circa anni due". Potrei leggere ancora ma per il momento mi fermo qui.
Non soltanto è grave, signor Assessore, che la Regione sia stata poco diligente nell'esaminare (mi riferisco al tempo in cui gli atti sono stati compiuti) tutti i tasselli ...



GENOVESE Piero, Assessore all'urbanistica

Non abbiamo la vigilanza.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Non mi riferisco alla vigilanza, ma a quello che lei ha affermato poc'anzi; e cioè che non è stato presentato il certificato di collaudo per il rilascio dell'O.K. alla vendita, peraltro non motivata, poiché (lo ribadisco e lei lo ha confermato) non c'è stato alcun scioglimento della cooperativa, al di là del fatto che i soci di Santhià acconsentissero o meno di andarci, in quanto la cooperativa aveva altri soci. La Regione dunque, non si è opposta alla vendita e ciò è molto grave, pur nell'atipicità delle procedure. Tutto questo va approfondito anche perch alla Regione era noto, e cito (questo non è inedito, ma è stato pubblicato da "La Stampa" il 12/12/1986) quanto ha affermato il Presidente della cooperativa, Walter Marsotto. Il Marsotto ha confermato che, di fatto, era stata aperta una compravendita degli alloggi di Santhià, tant'è che lui dice: "contattammo le Ferrovie dello Stato e poi lo I.A.C.P. di Vercelli".
Si è operato quindi in cosciente violazione di quanto disposto dalle leggi regionali, dalla convenzione con il Comune e dalle norme statutarie.
Sarebbe opportuno, Assessore, che quanto qui è stato detto, e soprattutto quanto avete fatto nell'istruire la risposta che ha voluto darmi in aula, venisse inviato alla Procura della Repubblica.



GENOVESE Piero, Assessore all'urbanistica

Lo abbiamo già fatto.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Meglio così. E' necessario che quando si commettono degli errori chi ha da pagare paghi.
Per quanto ci riguarda, Assessore, in relazione ai vuoti applicativi delle norme ed in relazione a quanto il Ministero dei Lavori Pubblici e il Ministero del Lavoro non hanno fatto, le assicuro che, allegando la risposta che lei ha voluto fornirmi, presenteremo domani mattina un'interrogazione al Ministro dei Lavori Pubblici Nicolazzi e al Ministro del Lavoro De Michelis, chiamandoli a rispondere anche loro di quanto andava fatto e non è stato fatto.
Per quanto riguarda i compiti di vigilanza, plaudo alle intenzioni dell'Assessore Genovese di intervenire per colmarne i vuoti. A suo tempo valuteremo nel merito se quanto ci sarà proposto è sufficiente o meno.
Quindi, al di là della forma che la Giunta regionale riterrà di adottare (la Commissione d'indagine, come noi proponiamo, o l'approfondimento tecnico-amministrativo dell'Assessorato competente) riteniamo che la vicenda non possa fermarsi qui. Anche per pervenire, davvero a norme più rigorose.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero, Assessore all'urbanistica

A completamento vorrei dire che trasmetteremo tutti gli atti alla Procura della Repubblica, essendo aperto un procedimento, a quanto pare, da parte della stessa.
Ciò in termini di collaborazione, poiché allo stato degli atti non possiamo ritenere che esistano sospetti di illeciti penali, bensì di irregolarità e illeciti amministrativi.



PRESIDENTE

Esaminiamo l'interrogazione n. 629. La parola all'Assessore Cerutti.



CERUTTI Giuseppe, Assessore alla viabilità

Signor Presidente, i colleghi mi hanno rivolto un'interrogazione prendendo spunto dalla deliberazione regionale che ha approvato l'abolizione del casello di Montezemolo. Vorrei precisare che non corrisponde al vero che gli enti locali della zona non sono stati consultati, sono state attuate addirittura due forme di consultazione, la prima con la Provincia, che fungeva da ente di coordinamento, e la seconda con ogni singolo Comune più volte sentiti ed incontrati per la definizione di questo problema.
I colleghi sostengono che il casello di Montezemolo rappresenta non solo il naturale accesso per gli automobilisti dell'alta Langa, ma anche di quelli della bassa Langa e dell'albese per raggiungere la zona di Savona.
Prima di valutare l'eventuale chiusura abbiamo fatto un approfondito esame di cui fornisco alcuni elementi ai colleghi: dai rilevamenti annui risulta che dal casello di Montezemolo transitano 60.262 veicoli in entrata e 60.395 in uscita, per un totale di 120.657 veicoli che forniscono un totale medio giornaliero di 330.000 fra entrata e uscita, pari a 13 veicoli/ora medi complessivi. Questo è quanto si rileva da tutti i dati a disposizione dell'Assessorato che situano il casello di Montezemolo al penultimo posto per valore di transito tra gli attuali caselli dell'autostrada Torino-Savona, seguito dal casello di Vicoforte Santuario del quale, infatti si propone ugualmente la chiusura.
Tutti i rimanenti caselli lungo l'autostrada hanno valori di traffico medio-annui di almeno quattro volte superiori ai dati relativi al casello in questione. Per i problemi di carattere invernale, che possono penalizzare il movimento automobilistico degli abitanti dell'alta Langa, si precisa che la decisione di vincolare la chiusura del casello in questione alla realizzazione di opere di ammodernamento della variante SS/28 bis lungo il tratto Priero Riviere (per un importo che si aggira su circa 30 miliardi da realizzarsi contemporaneamente alle opere di raddoppio dell'autostrada) ha l'obiettivo di ovviare alle carenze denunciate fornendo un collegamento adeguato all'alta Langa con i caselli di Roccavignale per il lato Liguria e Ceva per il lato Piemonte, che, per le loro caratteristiche tecniche non presentano più gli inconvenienti dell'attuale tracciato.
Si deve inoltre precisare che l'eliminazione del casello di Montezemolo è provocata anche dall'impossibilità tecnica di collegare l'attuale casello con la progettata seconda carreggiata in allargamento, che nella posizione attuale permetterebbe soltanto il funzionamento in uscita con provenienza da Torino.
I colleghi potranno verificare, sul progetto del raddoppio di questa autostrada, che il casello viene spostato di circa 2 o 3 chilometri rispetto all'organizzazione territoriale. Tale spostamento non inciderà negativamente, come ipotizzato dai colleghi né sugli aspetti economici n sugli aspetti viari di tutta la zona se verrà rispettata, così come è imposto, la serie di ammodernamenti che riguardano la Statale 28 bis e che a detta degli stessi enti locali, dovrebbe risultare vincente rispetto all'intera organizzazione del territorio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferro.



FERRO Primo

Accetto le affermazioni dell'Assessore secondo il quale la Provincia e i Comuni interessati sono stati consultati in due circostanze, ma nello stesso tempo, devo accettare quanto riferito dal Comune di Montezemolo a premessa di un ordine del giorno, secondo il quale l'ente non è stato consultato. Voglio capire qual è la verità.
Mi pare che, nonostante le argomentazioni dell'Assessore, i problemi sollevati dal Comune di Montezemolo continuino ad essere validi pur tralasciando le considerazioni secondo cui, indubbiamente qualora il casello venisse chiuso e la situazione viaria rimanesse qual è oggi sorgerebbero grossi problemi di viabilità nella zona di Montezemolo e dell'alta Langa, soprattutto nel periodo invernale. Certo, se la situazione venisse modificata sulla base delle affermazioni dell'Assessore si introdurrebbero elementi migliorativi atti a soddisfare le esigenze dei Comuni della zona. Di conseguenza però sorgerebbero dei problemi in quanto sulla bretella Priero Riviere esistono vincoli da parte della Sovrintendenza ai beni ambientali di percorso e di realizzazione. E' quindi facile supporre, qualora questa bretella si realizzasse, che i tempi saranno decisamente lunghi.
Sorgono problemi che la Giunta avrebbe dovuto valutare nel momento in cui avallò la chiusura del casello. Credo che le considerazioni di carattere ragionieristico sui valori di transito (ad esempio, 130.000 veicoli) abbiano poca rilevanza; potrebbero averne, forse, in altre sedi.
Qui siamo in una sede politica e le valutazioni vanno fatte non in termini ragionieristici, ma in termini politici. Credo che sarebbe stato più proficuo e più opportuno da parte della Giunta un atteggiamento rivolto a sospendere la chiusura del casello di Montezemolo, a realizzare la soluzione della bretella e chiudere il casello solo successivamente.



PRESIDENTE

Passiamo all'esame dell'interpellanza n. 524.
Risponde l'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero, Assessore all'industria

Molte delle questioni sollevate nell'interpellanza dei colleghi del Gruppo comunista, sono state già oggetto di considerazione del Consiglio che si è espresso con un ordine del giorno votato prima della deliberazione di Giunta di richiesta e di inoltro alla Commissione della CEE del progetto di ricerca per un "centro di innovazione e di impresa".
Ho fatto iscrivere l'interpellanza, perché era da tempo all'o.d.g.
anche se mi pare che di fatto sia stata assorbita dalle decisioni assunte nel rispetto dell'ordine del giorno votato dal Consiglio regionale e dal successivo inoltro della richiesta alla CEE.
Vi è solo da precisare (circostanza già nota a molti Consiglieri) che la CEE, nel dicembre 1986, ha disposto un finanziamento di 350.000 ECU per il progetto di ricerca-azione e che in questi giorni stiamo formalizzando il Comitato promotore del BIC - Piemonte. Ciò con molte difficoltà, poich si tratta di realizzare l'adesione di enti e istituzioni diverse e di procedere alla costituzione del Comitato entro il 30 marzo, termine stabilito dalla CEE per avviare il progetto di ricerca.
Il Centro che si costituirà o, comunque, il comitato promotore, non avrà come riferimento un'unica area territoriale (e questa mi pareva la richiesta centrale dell'interpellanza del Gruppo comunista), bensì avendo valenza regionale, potrà operare su tutto il territorio piemontese.
Avvieremo una prima sperimentazione sul territorio dell'area di Vercelli dove opera il "fuori quota tessile" e dove sarà quindi possibile ottenere il finanziamento parziale della CEE per l'attività del Centro di innovazione e di impresa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Amerio.



AMERIO Mario

Sarò altrettanto telegrafico.
Vorrei fare due sollecitazioni. La prima, a tener presente che avevamo richiesto - e confermiamo - l'opportunità di un secondo progetto pilota per l'area dell'alto Novarese, richiesta che mi pare condivisibile, visto il serio problema di reperimento di risorse finanziarie. Questa situazione però, più in generale rientra nei temi del lavoro, dell'occupazione e dello sviluppo non risolvibile in un'interrogazione e che discuteremo in altro momento.
La seconda questione è che ci interessa capire sulla base di quale progetto opererà il Centro, che è stato configurato a livello regionale e non di area; occorre definire un progetto che rapporti l'attività del "BIC" ad una strategia complessiva e d'intervento nella Regione e alle priorità che noi definiamo. Chiedo, quindi che si discuta in IV Commissione su come costruire questo progetto con una serie di interlocutori al fine di dare sostanza all'ordine del giorno votato dal Consiglio regionale.



PRESIDENTE

Le raccomandazioni sono accolte dall'Assessore.
All'interrogazione n. 603 del Consigliere Staglianò inerente la crisi dell'industria metalmeccanica Cometto di Borgo San Dalmazzo ed anche all'interpellanza n. 567 dei Consiglieri Amerio, Bontempi, Calligaro e Bruciamacchie inerente i Corsi per disoccupati - indennità di disoccupazione, l'Assessore Genovese darà risposta scritta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g. "Comunicazioni del Presidente" comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri: Bresso, Carazzoni Maccari, Pezzana, Rivalta, Valeri.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge

Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco delle leggi vistate dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso


Argomento:

d) Mancata apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco delle leggi non vistate dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso


Argomento:

d) Mancata apposizione visto Commissario del Governo

Argomento:

e) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

Gli elenchi delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 23/12/86, 14 e 29 gennaio e 11/2/87 - in attuazione dell'art. 7 secondo comma della L.R. 6/11/78, n. 65 - in materia di consulenza ed incarichi, sono depositate e a disposizione presso il servizio Aula.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Interpellanza relativa all'USSL 1/23 di Torino e comunicazione della Giunta regionale in merito


PRESIDENTE

I Gruppi del PCI, di DP e del MSI hanno presentato delle interpellanze urgentissime, relative alla questione dell'USSL 1/23.
Chiedo alla Giunta se intende fare una comunicazione al riguardo, in modo tale da consentire a tutti i Gruppi di collocarsi sulla questione.
La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Chiedo che nell'ambito della comunicazione della Giunta, venga data risposta anche all'interpellanza presentata giovedì scorso dal collega Bontempi e dal sottoscritto, in seguito alla replica dell'Assessore Olivieri sulla vicenda dell'USSL 1/23.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

L'interpellanza che abbiamo formulato alla Giunta riguarda questioni personali, esiste infatti una procedura di accertamento da parte della Magistratura. Le questioni che noi poniamo sono comunque politiche.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta regionale, Beltrami.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Forse la risposta che dò all'interpellanza - adesso più aperta a mo' di comunicazione che consenta nel breve a tutte le forze politiche di intervenire può avere delle lacune. E' stata certamente affrettata e resa in termini di estrema secchezza, perché maturata tra ieri sera e stamane dopo il rientro da Roma del Presidente Viglione e mio dalla Conferenza sull'energia. E' stata data la possibilità agli Assessori alla sanità e al personale di integrarla con aspetti che attengono a particolari interessi e che, evidentemente, non ho avuto la possibilità di seguire nella loro complessità.
Direi quindi che questa comunicazione è onnicomprensiva e penso che possa legarsi allo stesso spirito dell'ordine del giorno presentato dalla collega Minervini. Tali motivi di comportamento, che si rifanno a posizioni di equilibrio e di cautela, avrebbero suggerito alla Giunta regionale di dar luogo a questa comunicazione in prosieguo, allorquando a fatti e motivazioni per ora unicamente letti sui giornali, fossimo stati in grado di far seguire informazioni più illuminanti e notizie certe, dati ed elementi sicuri.
Questo mi porta, per totale correttezza verso il Consiglio regionale, a dover precisare che la risposta che do interviene solo in quanto non pu essere trascurato, certamente non per motivi di convenienza, il ruolo critico di tutte le forze qui rappresentate o, addirittura, la stessa dimensione di opinione pubblica che queste forze esprimono nella comunità piemontese.
Avremmo anche noi desiderato di sapere di più, conoscere di più. In effetti l'interpellanza - mi rifaccio a questa (dell'opposizione comunista) poiché non ho sottomano il documento Minervini - parte dalla rilevazione che i nuovi arresti sono riferiti alla posizione e al ruolo di un funzionario regionale, Pasquale Valenti, e alla carriera da questi percorsa nel settore pubblico della sanità, sino a conseguire la nomina di capo del servizio ispettivo regionale.
Noi non abbiamo certezze attorno a questo riferimento, che pur trova supporto nella cronaca letta stamane sul giornale "La Stampa" di Torino preannunciata dall'edizione di "Stampa Sera" di ieri, laddove, parlando degli arresti e dei fermi intervenuti nella giornata di ieri si legge: "..
sono tutti accusati di aver sponsorizzato la carriera del falso laureato in legge Valenti. Le imputazioni contestate nei mandati di cattura vanno dal concorso di peculato in interesse privato al falso ideologico, al falso per soppressione". Più oltre, parlando dell'arresto dell'ex Presidente, il giornale avverte: ".., l'arresto dell'uomo politico, più volte chiacchierato per presunti interessi in uno dei laboratori privati inquisiti, potrebbe rappresentare la svolta decisiva nell'inchiesta, un segnale foriero di tempesta per i politici della sanità".
Se fosse vera anche questa parte, il discorso sarebbe più ampio di quanto possa ricondursi alla posizione del Valenti.
Già nelle sedute della settimana scorsa, e anche precedentemente, la Giunta aveva dato notizia dei provvedimenti assunti nei confronti del funzionario Valenti, non appena è stata posta in condizione di apprendere notizie e fatti che lo investivano: Così come per autonoma iniziativa, dopo aver assunto presso l'Università gli elementi utili sul "problema laurea" ha provveduto ad inviare gli atti mio tramite - alla Procura della Repubblica ed ancora, ed è questo un fatto del quale l'aula non era stata notiziata, nella seduta di ieri l'altro su proposta degli Assessori interessati ha provveduto ad annullare due deliberazioni del 18/11 e del 22/12 dell'anno 1980 riguardanti l'inquadramento del Valenti.
Di fatto è stato preso atto che il Valenti era stato collocato in una qualifica e in un ruolo funzionale superiore a quello che gli competeva.
Questa è una deliberazione che in questo momento vi risparmio di leggere, ma che è al visto del Commissario di Governo. Essa è strettamente legata ad un decreto del Presidente della Giunta regionale, con il quale Valenti era stato sospeso cautelativamente, con decorrenza dal 9/2/1987 per i noti motivi. Questo decreto è stato assunto, comunque, pur nell'attesa di conoscere formalmente gli atti di imputazione a carico dello stesso Valenti, attraverso comunicazione che attendiamo da parte della Magistratura inquirente.
E' evidente che l'arco temporale coinvolgente l'attenzione verso questo dipendente è piuttosto ampio e che, in assenza di contrari elementi, le diverse amministrazioni della Regione hanno assunto provvedimenti che sono stati fatti rientrare.
Quanto è accaduto suggerisce di valutare, di approfondire, di meditare e di riflettere prima di prendere decisioni di carattere definitivo o che comunque, investono aree più ampie, anche se, talvolta, torna difficile farlo per la dimensione della nostra macchina, per gli atteggiamenti soggettivi e per il rispetto che è dovuto alla complessità delle presenze dei dipendenti ed anche per non generalizzare in ogni modo su tutto e su tutti dubbi e sospetti.
Vorrei che i colleghi capissero lo sforzo della comunicazione rispettoso non solo delle procedure istruttorie, ma anche del grande impegno con il quale, in assenza di altre notizie, Giunta e Consiglio si stanno adoperando per normalizzare le situazioni, soprattutto per far funzionare la macchina regionale che registra la presenza di 3.000 dipendenti e collaboratori, mentre quella della sanità interessa circa 45.000 persone non funzionalmente dipendenti dalla Regione.
La macchina deve pur poter funzionare e nell'attuale circostanza presuppone una sua flessibilità attiva, tale da ricolmare con prontezza vuoti e assenze,e sostituire anche i funzionari inquisiti,determinati da qualsiasi causa.
Ritengo che questo atteggiamento sia rispettoso del ruolo dell'istituzione per meglio qualificarlo, per meglio rappresentarlo verso la gente che, perplessa e talvolta sbigottita, ci sta guardando; quella gente più fragile, con intensa domanda di salute. C'è esigenza di sapere e di conoscere; è una domanda che sale dalla comunità.
Per chiudere, se è possibile, vorrei poter pronunciare quella fase quel momento entro il quale la presenza di un enorme dubbio che aleggia su tutto e su tutti provoca una generalizzazione delle accuse, un'estesa condanna, un processo di generale criminalizzazione, un'anticipazione collettiva della condanna complessiva della classe politica che io ritengo invece, nella sua grandissima maggioranza, interprete e vera portatrice di valore di servizi nei confronti della comunità piemontese.
Torno a riflettere su quanto ho avuto occasione di dire la settimana scorsa, e cioè che noi pensavamo che questo Piemonte, questa Torino avessero potuto incontrare, dopo le grandi emergenze morali, qualche giornata di respiro; si potesse finalmente dar mano a quella progettazione alla quale siamo stati invitati più volte da quest'aula.
Ma sembrerebbe proprio - dissi letteralmente la volta scorsa e lo ripeto per me stesso, e mi scuso con chi ascolta - che un demone tentatore e un arcangelo giustiziere non diano tregua alle nostre speranze, alle nostre intenzioni, bloccando il nostro confluire su un percorso di normalità. Rifletto ancora sul fatto che noi dovremmo fare certo leggi più attente nonché deliberazioni per rimediare, ispezionare, verificare sorvegliare e scoraggiare le furberie, ma mi domando anche se questo sarebbe sufficiente. Una società veramente attenta infatti dovrebbe riscoprire valori ed incanalare tensioni, promuovere un processo formativo e la riscoperta di talune certezze illuminanti, non discutibili.
Con la votazione avvenuta la settimana scorsa sulla costituzione di una Commissione di inchiesta, con la pressoché totale adesione di tutte le forze politiche, mi è parso di registrare la comune volontà di chi crede in questa istituzione, nel suo ruolo e nella sua funzione; una Regione che non può bloccarsi ed esaurirsi pur nella pesantezza del contingente, ma che deve proporre nella trasparenza e nella correttezza un autorevole richiamo alla gente, per recuperare gli spazi della sua vera, genuina tradizione di serietà amministrativa, di parsimonia, di valori di cultura, di rispetto della storia di questo nostro Piemonte, delle avanzate tecnologie scientifiche, delle quali andiamo a ricercare momenti di prestigio anche nel settore della sanità, che per molti anni sono stati di riferimento per l'intera comunità nazionale. Gli Assessori al personale e alla sanità stanno adoperandosi per rendere chiaro il complesso della problematica e prima d'altro, lo sottolineo a tutte lettere, per una nostra personale autocritica per quelle aree di intervento nelle quali fossimo stati meno attenti, meno attivi, o meno oculati nelle scelte e nelle individuazioni che comunque non erano nate ieri, ma avevano riferimenti che si affondano nel tempo di vita di questa istituzione. Ciò, quindi per situazioni nate o registrate con noi, oppure maturate prima di oggi, con la convinzione che non esistono mai vittorie o affermazioni vantaggiose per una sola parte, in quanto la dimensione temporale dell'arco di attività alla fine non lascia spoglio in chiave critica - sono convinto - nessuno. Ma se anche fosse vero il contrario, larghi sarebbero gli spazi di controproducenza verso l'Ente nel suo complesso e verso il quale stiamo ritentando una conferma di servizio per capire se esistono altri momenti di furberia o di truffa verso l'istituzione, ovvero stati che, compatibili legalmente (su questo ci stiamo attivando) possano ingenerare perplessità o momenti di non opportunità. Sono convinto che questo sforzo non possa appartenere solo al governo, ma debba essere svolto e portato avanti con decisione, nella fermezza e nella totale trasparenza da parte dell'intera aula parlamentare.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Olivieri.



OLIVIERI Aldo, Assessore alla sanità

Credo necessario da parte mia aggiungere alcune considerazioni sulla vicenda che abbiamo di fronte. Non posso che, con spirito sereno condividere quanto è stato or ora relazionato dal Presidente della Giunta.
Non voglio però esimermi dalla mie responsabilità perché non sarebbe corretto né aderente alla mia personalità.
Nell'interpellanza si fa riferimento specifico: "Se l'Assessore alla sanità non ritenga di prendere atto del grave errore compiuto assumendone le necessarie conseguenze politiche". Andando a posteriore su questa vicenda ritengo, in assoluta buona fede (anche questa è un'affermazione chi vuole può credermi), che qualsiasi altra persona al mio posto avrebbe agito nello stesso modo, pensando di rendere un servizio alla comunità.
Purtroppo le successive circostanze hanno dimostrato che un errore c'è stato, non di intenzioni, ma legato ad una serie di vicende sconosciute.
Questo senza dubbio rattrista profondamente voi, ma ancor più il sottoscritto per due ragioni: da un lato, per l'istituzione nel suo complesso che indubbiamente viene ad essere incrinata da questa come da altre situazioni del genere; dall'altro, soprattutto, per uno come me che si è avvicinato alla politica esclusivamente per cercare di fare qualcosa per la salute della gente (chi mi conosce da molti anni sa che questo è stato il mio divisamento). Sono ancor di più dolorosamente colpito dal fatto che,al di là delle buone volontà degli uomini, ci sia questo tourbillon attorno al settore della sanità, in generale qui ed altrove quasi ci fosse un alcunché che determina un ostacolo alla difesa della salute dell'uomo, che dovrebbe essere, per me e per tutti, uno degli obiettivi assolutamente prioritari.
Quindi riandando nel tempo credo, in assoluta buona fede, di non aver fatto un errore volontario; a posteriori ritengo che, purtroppo, la constatazione ha fatto si che quello che poteva essere un doveroso atto di salvaguardia, legato a controlli in termini preventivi e non solo emergenza, sia stato non dico fallimentare, ma abbia dimostrato l'impossibilità per il momento.
L'impegno nostro, di tutto il Consiglio e della Giunta, è di cercare di recuperare al massimo su questi grandi temi la possibilità di lavorare con serenità, con serietà ed estrema trasparenza e l'abbiamo anche dimostrato in occasione della costituzione della Commissione in cui la collaborazione mia e della Giunta è stata massima al fine di portare luce e chiarezza su questo tema, talmente epidermico e importante per la vita di ognuno di noi giorno per giorno che credo sia l'impegno primario che mi spinge a continuare in questo lavoro. Questo è tutto quello che posso dire.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, avendo sentito le comunicazioni del Presidente Beltrami e dell'Assessore Olivieri, dichiaro di essere in difficoltà, perché mi è parso di cogliere, in particolare nell'ultima parte dell'intervento del Presidente Beltrami, dei semplici auspici e il tentativo di prefigurare un mondo politico diverso. Questa constatazione mi pare doverosa. Questo mette in maggiore risalto la disarmante e drammatica assenza di qualsiasi valutazione politica istituzionale e di individuazione di percorsi possibili. Io credo che non ci siano dialoghi o consigli prefabbricati; gli accenti di verità sulla lotta alle furberie, su cui ha insistito il Presidente Beltrami, sono cose di cui non voglio ignorare il senso.
Non voglio tracciare giudizi, il problema vero è un altro: la situazione in se stessa e le risposte adeguate. La situazione la voglio raffigurare così: da una parte è in atto uno scasso pesantissimo che investe per le vicende ultime (e non tanto per la narrazione dei fatti che non potevamo chiedere alla Giunta perché appartengono a un altro ordine di poteri) l'Assessorato regionale alla sanità e credo tutto l'apparato funzionariale della Regione; dall'altra parte è in atto a Torino, per le ancora non comprese, non individuate conclusioni della legittimazione o meno del Comitato di gestione, una situazione di blocco e di paralisi nel governo della sanità che è in attesa di rinnovo. Sono due fatti gravi soprattutto se ricondotti alla causa di questo scasso, le vicende giudiziarie, e sono tali da dare il segno di una straordinarietà unica della situazione e delle misure difficili, impervie, ma necessarie che si possono dare all'istituzione e a chi governa.
Noi del Gruppo comunista, ieri, dopo aver presentato l'interpellanza per avere una comunicazione urgente della Giunta, abbiamo anche telefonato al Presidente del Consiglio e al Presidente della Giunta per significare come, a nostro avviso, quella di oggi era l'occasione prima - certo, ci possono essere altri episodi - per attuare una reazione vera, credibile fatta di qualche idea nuova e di una reale volontà per dimostrare che la Giunta, ma anche tutto il sistema politico sono in grado di affrontare emergenze di questo tipo.
Questo pera non è avvenuto, al di là della sincerità di intenzione che ha permeato l'ultima parte dell'intervento del Presidente; non è avvenuto perché sin dall'inizio su questa vicenda non si sono tratte le prime necessarie conseguenze di sistema e di comportamento, anche di tipo politico.
Vorrei dire che noi governando e amministrando abbiamo avuto delle vicende, in particolare quella del 2 marzo, che ci hanno rivelato essere necessaria una reazione forte nei comportamenti di partito dentro le istituzioni, nelle alleanze e nel rapporto tra le forze politiche. Noi abbiamo tentato di farlo con sincerità; potete chiedere conferma ai Consiglieri comunisti presenti quanto sia stata faticosa tale ricerca perché è faticoso innovare e andare controcorrente, contro la banda delle tre carte. E' stata molto difficile, ma l'abbiamo tentata.
Ho anche riconosciuto che qualcun altro in questo Consiglio l' ha fatta in qualche occasione, ma tutto ciò si sta perdendo drammaticamente e amaramente.
Come possiamo trasfondere questo sforzo in una operazione verità sui nodi strutturali e politici che hanno permesso a questo sistema di produrre le degenerazioni? Ci vuole una volontà di cambiamento che parta dalla comprensione dei fenomeni, ci vogliono interventi per tentare di innovare e per uscire da questa camicia di nesso che ci sta soffocando.
Perché noi comunisti abbiamo tanta iniziativa su questo? Perché siamo convinti che se la politica va a fondo il prezzo più alto lo paga il Partito comunista perché, sia pure con tutti i nostri limiti, siamo il Partito che dalla democrazia di massa riceve alimento, intride la propria natura e alimenta i suoi comportamenti. Non vorremmo che qualcuno giocasse alla distruzione della democrazia di massa per far nascere un qualcosa di diverso in cui noi non ci ritroviamo. Lo dico non come avvertimento nei confronti dei presenti ma come avvertimento politico. Nel nostro Paese continuano ad accadere fatti che stanno delegittimando completamente i partiti e il sistema della democrazia e non si vedono cambiamenti sensibili se non lotte drammatiche per dimostrare di essere l'uno più bravo dell'altro: forse qualche intenzione di mandare tutto a picco questo per sostituirlo con qualcos'altro, che non vogliamo però combattere in anticipo.
E' ormai un grande problema appartenere ad una classe politica le cui parti e le cui persone si sono battute limpidamente e coraggiosamente per il senso dello Stato. Mi attesto a cose limite: senso dello Stato e buona sana e corretta amministrazione. Ma anche in queste parti il cittadino, in questo grande scasso, ha perso la credibilità. Questa allora è anche una difesa che riguarda le persone, i partiti, che riguarda anche dei percorsi ideali.
Che cosa legge il cittadino? Ci sono otto milioni di cittadini italiani che annualmente varcano le soglie degli ospedali (il che vuol dire un totale di trenta milioni di persone, se si considerano i familiari che li assistono). La sanità è questo con tutti i riflessi che la malattia e la cura provocano.
Ebbene, dobbiamo assistere all'impotenza, all'incapacità, alla non volontà di dare risposta a quei trenta milioni di cittadini, al fatto che i soldi destinati al settore sanità sono spesi male o sono spesi per alimentare e per far sopravvivere un sistema di camarille e di sottogoverno: questa è la vera risposta.
So bene che nel mondo c'è il bene e c'è il male, ci sono i furbi e gli onesti. Tutto vero, però il problema politico è quello di capire, dopo aver registrato una situazione, quali passi fare, come ci si caratterizza volendo governare, per farsi stimare.
Questo, Presidente Beltrami, è il problema di tutti noi.
L'articolo scritto dal Capogruppo della Democrazia cristiana sul giornale del Gruppo dà un'interpretazione dei fatti minimalistica, quasi con la testa all'indietro. Quanto sto denunciando è frutto di un sistema che è andato avanti per anni e oggi bisogna ammettere le responsabilità politiche. Sono sempre del parere però che occorre andare a vedere chi ha agito. Quell'articolo è sottovalutativo, quasi una schermaglia nel momento in cui si pone non una polemica, ma una questione politica. Se il partito di maggioranza relativa ha questo atteggiamento, grandi speranze di uscire con degli scatti non ci sono. E' uno scambio di beccate un pochino misero come quelle dei galli delle arene messicane. Se non fossero emersi questi fatti avremmo avuto a capo del servizio ispettivo della Regione un personaggio che aveva forti interessi all'interno dei laboratori. Noi non abbiamo tratto una deduzione meccanica, ma la troviamo si la deduzione per questo; abbiamo presentato l'interpellanza e oggi confermiamo preoccupazione e contrarietà rispetto all'atteggiamento tenuto. E' l'atteggiamento quello che conta, è il principio di lealtà per cambiare per dare il segno.
Occorre quella volontà che però non vedo; se ci sono delle intenzioni non le vedo tradotte politicamente in una volontà e in un indirizzo.
In questo senso la questione si fa tutta politica perché non ho visto iniziative straordinarie e all'altezza di questo scasso. E ce ne sono di possibili, non sono solo gli atti amministrativi che ci ha enunciato il Presidente Beltrami. Il problema dovete porvelo voi innanzitutto, perch governate; noi ce lo poniamo perché facciamo parte di quest'assemblea e siamo nel dialogo e nel confronto assembleare e politico. Che cosa si pu avviare nel segno del risanamento? Quali operazioni si possono attuare sui funzionari? Quale tipo di dialettica si può avviare con i partiti? Che tipo di operazione verità si attuerà rispetto ad un sistema che in alcuni partiti ha determinato, per diritto di appartenenza al partito, presenze e pervasività tali da rendere possibili carriere e anche violazioni dello stato di diritto? La Commissione di inchiesta lavorerà su questo,ma attenzione! Noi incentriamo l'attenzione su Torino, ma ho sentito voci che dicono come nelle UU.SS.SS.LL., forse perché sono organismi nuovi o perché non sono di elezione diretta, c'è un continuo "strame" sullo stato di diritto e sulla buona, sana e corretta amministrazione con la prevaricazione della politica sulle regole, con l'inframmettenza politica.
Credo sia giunto il tempo della consumazione di un modello secondo cui "fare politica" volesse dire soprattutto introdurre il sistema dei partiti nella gestione della spesa e nella gestione del giorno per giorno.
"Operazione verità" non vuol dire far luce sui fatti sui quali altri hanno il compito di indagare.
Il Partito comunista è forse in condizioni congiunturali non tanto favorevoli, ma ha ancora un senso, merita ancora militanza e grande impegno perché, sia pure non indenne da limiti e da pecche, questa strada da tempo e significativamente la sta registrando. Dentro i comitati di gestione siamo riusciti talvolta ad impedire qualcosa, ma non siamo riusciti a cambiare strutturalmente l'andazzo che è di allentamento della tensione sulle cose che attengono alla riforma del costume, alle responsabilità morali. Queste cose contano e non vanno mai dimenticate, però attengono anche al modo con cui si è ritenuto che la politica si dovesse ritrarre dalle vere e dalle grandi decisioni, ovvero non più programmare, non più contrastare le potenti sedi di decisione esterne, finanziarie ed economiche. Questo è per colpa della timidezza e della rinuncia che mostrano la maggioranza e la Giunta. Si è ritenuto che la politica si dovesse riversare "interstizialmente" dentro lo Stato, comunque, attraverso il sistema delle nomine, del controllo minuto sulla gestione.
Non abbiamo forse uno dei punti chiave per cambiare? Certo, questo vuol dire grandi operazioni di ripulitura, anche all'interno dei partiti, vuol dire affermare una battaglia politica. Questo vuol dire che i partiti fanno certe cose e non ne fanno delle altre.
Vengono fuori però le "filiere" politiche, le protezioni, le omissioni le mani alzate nei migliori dei casi (non responsabilità soggettive penalmente perseguibili che mi interessano relativamente); ebbene, questo sistema ha vinto ed è un sistema a cui si sta reagendo con cinismo perché a qualcuno conviene, perché l'unico modo, probabilmente, per sopravvivere nei partiti è che i partiti siano così.
Noi chiedevamo alla Giunta e all'Assessore di prendere atto dell'enorme gravità della situazione che soggettivamente e psicologicamente si legge sui volti delle persone più sensibili e più attente in Consiglio e nello sconcerto dei nostri funzionari e della gente.
Questo elemento di verità e di coraggio non pare venir fuori forse perché, al di là delle intenzioni soggettive del Presidente, non si coglie il merito politico e forse perché si considera ineluttabile che le cose siano così; forse una storia salvifica nei tempi potrà sciogliere i nodi.
Non credo sia così, dobbiamo farlo oggi avvalendoci delle responsabilità e delle prerogative che abbiamo. La Giunta responsabilità e prerogative ne ha perché è un organo di governo.
Noi poniamo sul piano politico una priorità per Torino e per il Piemonte. E' la questione democratica e istituzionale con dentro la questione morale, nel momento in cui sempre meno contiamo sulle grandi decisioni, sempre meno siamo legittimati a dettare indirizzi, regole, e a scegliere, e sempre maggiore è lo spazio interstiziale della spesa e della spartizione di posti, come ricordava Marchini.
Se cosa è, di qui occorre partire. Le conseguenze sono enormi per cui la classe politica o sprofonda o cerca di reagire.
Assessore Olivieri, vengo alla questione di Valenti, al di là di quello che tu hai detto sulle prostrazioni. Noi la verità la traiamo dalla successione dei comportamenti: primo dibattito, secondo dibattito, terzo dibattito e rileviamo un'oscillazione nel comportamento che ha avuto momenti di arroganza e momenti di maggiore realismo. Il problema vero è che lo sbaglio, come ha ammesso anche l'Assessore, è stato commesso. Non è tanto una deduzione meccanica, perché di sbagli se ne possono compiere, ma io avrei voluto sentire la lettura di come, in questo caso ma anche in altri casi, si arrivi quasi inevitabilmente a sbagliare e sono le ragioni per cui nella pubblica amministrazione si è gradualmente ingenerato un processo che sta depotenziando tutto. Abbiamo fior di funzionari (e ne abbiamo anche di quelli che fiori non sono, non faccio un discorso demagogico), si tratta di sapere che il potere politico sulle loro carriere, sulle loro vicende, rigorosamente, in maniera di patto costituzionale, non ci mette le mani e non le metterà mai.
Purtroppo da tutte queste vicende c'è chi per assuefazione deve cercare una maglia di fronte a questi fatti e c'è chi considera che tutte le energie spese a lavorare bene non valgono niente.
Questo è il punto. Noi ripetiamo che lo schema ipotizzato non si è realizzato, lo schema era di una più netta operazione di verità politica (non giudiziaria), un'espressione chiara e forte di adeguatezza alle misure, alle intenzioni, alle azioni, anche straordinarie, per intervenire in questo scasso. Inoltre intravvedere un percorso per attuare un intervento concreto, oggi necessario, composto di messaggi, di incontri, di iniziative straordinarie. Per esempio, la verifica in Comune si è conclusa farzescamente e le ragioni sono di ordine politico. Se il Presidente della Regione e il Sindaco di Torino di fronte a questa emergenza scendessero in campo chiamandoci ad un impegno serio e credibile, noi ci saremmo, sia ben chiaro, e daremmo anche il nostro contributo. Ci troviamo invece in una situazione diversa, con gente che non odiamo affatto, contro cui non abbiamo nulla e in cui troviamo anche elementi di verità morale. Siamo per costretti, di fronte a questa incapacità di porsi politicamente, a dichiarare la nostra profonda insoddisfazione e, quello che più conta, una sfiducia politica nei confronti di questa Giunta e di questa maggioranza che non riteniamo all'altezza della situazione.
Alla fine del dibattito trarremo le nostre conclusioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Io sarò senz'altro più breve di quanto lo sia stato il Capogruppo comunista Bontempi. Mi limito ad alcune brevi osservazioni, la prima delle quali è che noi avremmo voluto sentire cose nuove da parte del Presidente Beltrami e dell'Assessore Olivieri, il quale, peraltro, si è guardato bene dal riprendere la questione postagli la settimana scorsa dall'interpellanza urgentissima presentata dal sottoscritto e da Bontempi, in merito al commissariamento dell'USSL 1/23 non effettuato già da sei mesi "perché non è dipeso"' dall'Assessore Olivieri. Qualcuno, o qualcosa, evidentemente gli ha legato le mani. Sarebbe stato opportuno, pertanto, conoscere gli ostacoli che si sono frapposti alla volontà dell'Assessore e della Giunta.
Mi aspettavo oggi, personalmente e come DP, cose nuove. Non invece, mi consenta Presidente Beltrami, una rassegna stampa di quello che ciascuno di noi ha potuto leggere stamane sul quotidiano "La Stampa".
In questo periodo, infatti, continuano a cadere come birilli funzionari con grandi responsabilità pubbliche e uomini politici con responsabilità di, primaria importanza, come nel caso dell'ex Presidente della Giunta Enrietti. Non voglio assolutamente criminalizzare alcuno, anche perch negli anni bui, gli "anni di piombo", eravamo fra i pochi in questo Paese a difendere lo Stato di diritto e il garantismo. Ragion per cui, fino a quando la Magistratura non avrà esaurito il suo corso, sospendiamo il nostro giudizio sugli uomini inquisiti.
Ciò non ci impedisce, d'altronde, di riprendere le denunce sui meccanismi degenerativi arcinoti a tutti. Rimango sconcertato nell'osservare la faccia di tanti colleghi e di persone che hanno a che fare con l'istituzione regionale, i quali, tutti, non sembrano minimamente sorpresi da quanto sta venendo alla luce, poiché quello che i giudici dicono già si "mormorava", si era già a conoscenza del fatto che qualcosa non funzionava per il verso giusto. Pur sospendendo il giudizio sulle responsabilità soggettive dei singoli (che spetta alla Magistratura) dicevo che non possiamo non richiamare con forza e con nettezza le responsabilità politiche di chi era preposto ai controlli, e quei controlli non ha fatto; di chi doveva vigilare sui meccanismi strutturali della sanità pubblica e sul vorticoso giro d'affari con la "convenzionata esterna", e quella vigilanza non ha operato.
Ritengo che, al riguardo, tutti quanti vi possiate dispensare ampiamente dal riprendere quanto in quest'aula abbiamo già denunciato illustrando il "libro bianco" sull'industria della malattia a Torino.
Le cose nuove quali potevano essere, allora, Assessore Olivieri? Almeno prendere atto che continuate ad accordare fiducia a persone e a strutture gravemente investite dal sospetto, e che - a maggior ragione - c'è bisogno di vederci più chiaro. Mi riferisco, non soltanto ma anche, agli arresti di Tarizzo e di Salituro, che ci introducono in quella che per noi è questione squisitamente politica e non soltanto - collega Ferrara - questione morale nella gestione della sanità pubblica attraverso le sue articolazioni istituzionali, cioè i Comitati di gestione.
Salituro è stato eletto (certo con il voto contrario di DP in Consiglio comunale) pochi giorni fa alla presidenza di una USSL: tale nomina dimostra come si continui a non prendere atto della realtà delle cose e, quindi dell'urgenza di battere una strada che noi, piccola forza politica, abbiamo tentato di indicare. Si tratta di porre fine al sistema della lottizzazione partitica dei Comitati di gestione delle UU.SS.SS.LL. e di intraprendere la via dell'elezione dal basso dei Comitati di gestione stessi.
Su un punto aveva ragione il collega Bontempi: anche noi, al fondo del vicolo oscuro nel quale si è infilata la sanità pubblica del nostro Paese svuotando i giusti principi di civiltà (assistenza sanitaria per tutti e partecipazione democratica) contenuti nella riforma del 1978, intravvediamo un rischio molto preciso. Si tratta dello sbocco cosiddetto tecnocratico litario. Si tratta del voler mettere da parte la partecipazione dal basso ed affidare alla presunta neutralità dei "tecnocrati" la gestione della cosa pubblica. Per poi scoprire, magari, che i "tecnici" presunti neutrali hanno "le mani in pasta" anch'essi in questo meccanismo degenerativo che pervade la sanità nel nostro Paese, nella nostra Regione e marcatamente a Torino. Non mi riferisco soltanto al "caso Poggiolini", sul quale si dovranno fare gli accertamenti opportuni, quanto indicare come la classe medica, in più di un caso, risulta invischiata dentro le degenerazioni.
E allora, siccome nemmeno su questo versante vogliamo operare criminalizzazioni indistinte, noi continuiamo a ritenere che l'alternativa agli sbocchi tecnocratici ed élitari (che sarebbero uno svuotamento degli stessi principi costituzionali, laddove si prevede la canalizzazione del consenso attraverso le organizzazioni politiche) sia prendere atto che l'occupazione partitica di tutte le espressioni istituzionali in cui la vita sociale si articola ha raggiunto un limite non più tollerabile. Si tratta di prendere atto rapidamente che occorre imboccare un'altra via.
Anche dalla vicenda Salituro, in maniera sconfortata e senza nessuna spocchia di quelli che "l'avevano detto" (pur avendo denunciato le degenerazioni per tempo ed avendo indicato altre strade per evitarle), non possiamo che trarre conferma dell'urgenza di mutare il sistema sbagliato con il quale oggi viene effettuata l'elezione dei Comitati di gestione delle UU.SS.SS.LL.
Dicevo che la vicenda Salituro e del rinnovo dei Comitati di gestione richiamano una questione eminentemente politica, laddove sono implicate procedure, regole, distinzioni di ruoli. E' per questo che noi di DP continuiamo a ritenere perniciosa la compresenza di maggioranza e opposizione negli organi di governo della sanità. Ed è per questo che abbiamo indicato altre vie, attraverso l'elezione dal basso dei Comitati stessi.
Concludo, signor Presidente, anche se sono tante e tali le sollecitazioni, suscitate dalle vicende che qui discutiamo, da farsi prendere facilmente la mano. Dicevo che ci saremmo aspettati qualcosa di più di una grigia e insipida rassegna stampa, perché, fra le altre considerazioni già svolte, non si può non cogliere come l'orizzonte si vada incupendo. Questa notte pare ci sia stata una visita di "insoliti ignoti" nei locali dell'Assessorato regionale alla sanità in corso Regina Margherita. Pare che nulla sia stato portato via. Pare che i "visitatori" abbiano soltanto guardato nei cassetti. Non vorremmo che domattina ci svegliassimo leggendo sui giornali che c'è stato un qualche incendio del tipo fustelle campane. Le cose, per chi vuol vederle, si vanno complicando e intorbidendo.
Penso, allora, di dover trarre alcune semplici conclusioni. Di fronte ai processi che sono in atto, di fronte all'evidenza di una continuità di personale politico che va al di là e al di sopra dei vari governi regionali, e che è buono per tutte le stagioni politiche, per maggioranze di diverso colore (mi soffermavo su questa constatazione già la volta scorsa), noi di DP pensiamo che l'Assessore 0livieri, del quale non ho motivi di dubitare che personalmente abbia teso a rendere il suo servizio nello spirito che lui poc'anzi ha voluto richiamare, ma che è anche stato in anni molto caldi, colleghi, alla presidenza dell'USSL l/23 di Torino debba farsi da parte. Non ci bastano le prediche, a cui qualcuno dai banchi del governo è avvezzo, anche perché questa non è una chiesa ma un'assemblea parlamentare che, in quanto tale, compie degli atti. Come DP, lo ribadisco avanziamo formalmente la richiesta di dimissioni dell'Assessore Olivieri.
In questo contesto, le sue dimissioni possono indicare che c'è la volontà di andare fino in fondo, interrompendo la continuità di alcune presenze politiche nella gestione della sanità pubblica in questa Regione, e nel capoluogo piemontese in particolare, affinché quelle stesse presenze non siano vissute come un intralcio, anche soltanto psicologico, a far chiarezza fino in fondo. Penso che innanzitutto i funzionari della Regione abbiano il diritto di riprendere il proprio lavoro, sapendo che c'è la volontà di chiarire come sono andate le cose senza "sospetti infiniti". A questo dovrà tendere anche il lavoro della Commissione di inchiesta istituita dal Consiglio, oltre che quanto va facendo l'autorità giudiziaria.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Minervini.



MINERVINI Marta

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, voglio solamente porre una domanda. La settimana scorsa abbiamo dibattuto a lungo sulla vicenda delle UU.SS.SS.LL., questa settimana sono successe tante cose nuove. Continuo a fior di pelle, mi sbaglierò anche, ad avere la sensazione che da parte di qualcuno, o meglio della maggioranza sempre, si vuole minimizzare quanto sta succedendo. Ho detto l'altra volta che tutti siamo coinvolti responsabilmente come amministratori pubblici in questa vicenda; ognuno ha le proprie responsabilità e le estrinseca come può. Io vedo per esempio un'enorme confusione in tutta questa storia, ecco il perché della mia domanda finale; pareri completamente diversi sulla legittimità degli atti compiuti dal Comitato di gestione USSL 1/23, l'elezione, da parte sempre del Comitato di gestione, del Presidente Paparella; il CORECO con votazione quattro a tre, ma un voto in più mi pare rende valida la votazione, ritiene legittima l'elezione; il Prefetto dice la sua e lascia intendere a parole non per iscritto, che la cosa non va bene, non andrebbe, potrebbe non essere legittima; il Consiglio comunale in primis per bocca anche dei Capigruppo ritiene valida l'elezione; lo stesso Consiglio regionale per bocca del Presidente Beltrami, nella seduta precedente, ritiene valida l'elezione e il Presidente Beltrami aggiunge "Non si capisce - parlando dell'interferenza di altri - quindi il tentativo di dover ipotizzare anche nella stessa Torino altri livelli sostitutivi sul piano del controllo a quello esercitato dal CORECO sugli atti delle UU.SS.SS.LL. e delle Province". Oggi, o ieri per meglio dire, il Sindaco e la Giunta di Torino hanno detto al Comitato di gestione, per bocca del Sindaco che riportava la valutazione della Giunta, di valutare bene la propria posizione perché una spada di Damocle pende sul capo dei componenti il Comitato di gestione proprio riferendosi all'elezione del Presidente. Allora a questo punto ci pare che il Consiglio comunale, per bocca del Sindaco e per bocca della Giunta, sia ritornato sui propri passi. Mi chiedo che cosa sta succedendo e a quale punto veramente si vuole arrivare; chi è che vuole destabilizzare la sanità a Torino, chi vuole che la gente che non ha la possibilità di entrare in una clinica privata e pagarsi la degenza muoia per la strada perché gli ospedali, non deliberando più il Comitato di gestione, non faranno nemmeno il minimo. Chiedo pertanto che la Giunta regionale mi dica cosa ne pensa oggi dell'elezione del Presidente Paparella. Avrei piacere che mi si rispondesse.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Partito comunista ha posto due interrogativi e due richieste, ambedue di ordine politico e molto importanti, l'una esplicita, l'altra problematica. Dico subito che ci sembra più interessante quella problematica. La richiesta all'Assessore di farsi da parte, di dimettersi, non capisco che senso abbia in questa questione. Vittima sacrificale? Rispetto a quale rito? L'esigenza di esporre una testa al popolo? Non si capisce.
Ci sembra che la dichiarazione del nostro Assessore sia stata corretta e anche comprensibile. Se io ritenessi che qualcun altro in quel momento si sarebbe comportato in modo diverso, probabilmente potrei pensare di avere sbagliato a comportarmi in modo diverso da quello che avrebbe potuto fare una persona diversa da me. Questo significa che le cose sulle quali l'Assessore ha deciso erano maturate, erano sottoposte, a suo giudizio e alla parte che lui riveste in termini di causa ed effetto rispetto al processo, in termini tali che era un atto meccanico, non discrezionale, non necessario di approfondimento e di confronti. Se l'Assessore ci dice: "Non ritengo che un altro avrebbe potuto pronunciarsi in modo diverso", è perch il problema di porsi in un modo diverso non c'era.
Quindi mi pare che la risposta dell'Assessore debba essere considerata soddisfacente. Non si capisce quindi che senso abbia insistere su questa richiesta.
La risposta dell'Assessore, però, pone un problema più drammatico, nel momento in cui lo assolve da una responsabilità politica. La responsabilità politica è quella della discrezionalità nelle decisioni e nel controllo mancato o attuato, nelle cose in cui si deve controllare. La risposta dell'Assessore riapre il problema in termini drammatici rispetto all'altro problema posto dal collega Bontempi, in termini programmatici e per qualche collega poco comprensibili.
Il Consigliere Bontempi più che rivolgersi agli altri, ha rivolto una riflessione a se stesso e aperta agli altri e, per questa natura, non maturata in conclusioni e richieste. Su questo punto mi porrei nella stessa metodologia del collega Bontempi. Non siamo al punto di proporre, ma siamo al punto di riflettere, avendo però la consapevolezza che la risposta alta di tipo politico va data e la risposta alta di tipo politico non sono le dimissioni dell'Assessore, che sulla questione dice che lo stato dell'arte era tale per cui non c'è stato alcun intervento di natura politica e cioè di controllo (anche se ritengo che il controllo non sia un'attività politica), di tipo discrezionale, nel senso cioè di valutare tra diverse soluzioni in conflitto quale fosse politicamente preferibile. Questo è il ruolo dell'Assessore. Se invece è un altro, allora non abbiamo capito niente, almeno noi liberali.
Nella scorsa seduta affermavamo che questa è una vicenda che non possiamo risolvere, spiegare e controllare. Siamo all'interno di un processo che è giunto ormai alla degenerazione totale in ordine ai rapporti tra la società civile, le istituzioni, la partitocrazia (nel senso più comprensibile del termine). Quindi a questo non si rimedia in tempi stretti e immediati. Non esistono gli strumenti e non esiste la cultura. La nostra forza politica aveva inoltre ritenuto di richiamare l'esigenza dei partiti di cessare il sacco della società e delle istituzioni, di ridurre la tracotanza dei partiti nei confronti della società e delle istituzioni.
Non basta però enunciare questi obiettivi, occorre anche accettare le conseguenze, evidenziate anche da Staglianò, su cosa questo significa e operare di conseguenza affinché lo spazio del sacco dei partiti rispetto alla società e alle istituzioni diminuisca per una maggiore consapevolezza dei partiti. Ma io non ci credo perché qualunque istituzione, e i partiti sono un'istituzione, cerca di allargare il proprio spazio.
Sono le istituzioni che devono al proprio interno creare le linee di resistenza rispetto al sistema che tende ad occuparle. Qualunque sistema creato dall'uomo, e i partiti e le istituzioni sono creati dall'uomo, ha all'interno la struttura cerebrale dell'uomo, qualunque istituzione cerca di espandere il proprio potere rispetto alle altre. Quindi non immaginiamo che l'uomo possa creare delle istituzioni che non abbiano all'interno le caratteristiche , dell' umanità o che i partiti decidano per propria scelta di non allargare il ruolo delle proprie competenze. Questo non è pensabile.
Neanche la Chiesa è riuscita a fare questo, neanche gli ordini monastici ci sono riusciti, immaginate se ci riescono i partiti! Qualunque istituzione creata dall'uomo è un uomo organizzato in un certo modo, con i propri vizi i propri difetti e i suoi valori che sono vecchi come il mondo, che non cambiano in una generazione e che probabilmente è bene non cambiare, perch l'uomo è questo ed è bene che tale rimanga. La richiesta al sistema dei partiti, perché riducano la loro pressione sulla società, la facciamo noi liberali. Non la fanno tutte le forze politiche, ma su questo bisognerebbe ragionare. Se non cessa la pressione sulla società, non può ridursi solo sulle istituzioni, bisogna che alcuni partiti rimeditino la loro concezione globale della politica, e non mi rivolgo soltanto al Partito comunista. La concezione che riconduce tutto alla politica deve essere rivista: la politica è una funzione nella società, non è la società. Quindi questa visione totalizzante della politica deve essere abbandonata da una serie di partiti che non l' hanno compresa e da alcuni partiti che non ci sono ancora arrivati, magari per incapacità dimensionale, o che rifiutino di farlo.
Le istituzioni non possono soltanto "fare la predica ai partiti", ma devono fare qualcosa per difendersi rispetto ai sistemi esterni che,se non saranno di partiti - ha detto bene Staglianò, saranno di altre istituzioni sarà il potere organizzato nella società, saranno i gruppi di pressione che cercheranno di invadere la sfera delle istituzioni nel conflitto eterno come il mondo tra uomo e uomo e tra struttura creata dall'uomo nei confronti di altre strutture create dall'uomo.
Questa vicenda è certamente diversa e più drammatica di quella del 2 marzo. Quella del 2 marzo da tutti in questa sede, e ho l'impressione anche dall'opinione pubblica e soprattutto da parte della stampa, è sempre stata considerata una vicenda che per certi versi non coinvolgeva il sistema dei partiti e le istituzioni (questa è la lettura che è stata data agli atti).
Decideranno i giudici su questo. Lo scenario sul quale si lavorava è che alcune persone che avevano potere, contattate da altre persone che avevano idee, potessero creare dei guasti , oggetto di attenzione da parte dell'autorità giudiziaria, senza coinvolgere il sistema delle istituzioni ma in particolare senza coinvolgere l'organizzazione della Regione in termini di burocrazia. Questo è un elemento di differenza e di grandissima importanza.
Ho l'impressione che la risposta che il PCI chiede, e che anche lui in qualche modo è tenuto a dare, la maggioranza deve darla non su questa questione specifica, ma su come avviare un processo con alcuni obiettivi seri, riconducibili, sostanzialmente ad uno solo: il recupero del ruolo del primato della politica. Si deve tornare a capire che cosa vuol dire fare politica e che cosa vuol dire fare l'Assessore.
Il termine "elitario", usato questa mattina, è stato usato anche da altri, qualcuno :per lamentare che non ci sono più persone di grande qualità e disponibili ad operare all'interno della sfera pubblica; qualcun altro, come Pezzana, con una concezione elitaria in un altro senso, invece per affermare che la politica vuol dire fare il parlamentare regionale vuol dire venire in quest'aula a rappresentare alcune problematiche, alcune questioni, lasciare che qualcuno se ne occupi e le risolva e ritornare nella società a raccogliere questi messaggi. Sono tutte concezioni èlitarie della politica, condivisibili o meno, ma che ripropongono che in qualche paese del nostro emisfero terracqueo il primato della politica esiste ancora e la politica è ancora la politica, cioè il governo delle tensioni della società e non il governo della società e l'occupazione della società nelle questioni minimali.
Mi si dirà: "Cosa c'entra questo?" C'entra, eccome! Si tratta di capire, nella vicenda che stiamo esaminando, dove sono le responsabilità politiche e dove sono le responsabilità personali: questo è l'obiettivo che ci dobbiamo porre come classe di governo e quindi non solo come maggioranza. Si deve cambiare radicalmente il rapporto tra politici e burocrazia. Si deve accettare che il nome dell'Assessore non comparirà mai più in nessun posto. C'è il Presidente della Regione che rappresenta la Regione e ci sono i funzionari che devono rappresentare all'esterno le responsabilità delle quali si sono fatti carico. L'Assessore non esiste più; è un rappresentante del collegio che supporta il Presidente della Giunta.
Cari amici, se non recuperiamo l'autonomia della burocrazia, lo stato di diritto va a fondo. Non è un caso che la burocrazia più avanzata d'Europa esista al di là delle Alpi, in Francia, dove lo stato di diritto è stato realizzato dalle rivoluzioni liberali di fine '700 e difese contro la reazione da Napoleone, che ha consentito a questo nuovo sistema di crescere e di consolidarsi, qualunque tipo di regime sia poi venuto. La burocrazia francese in vent'anni napoleonici ha resistito al ritorno dei monarchici ha resistito a Luigi Filippo, a Leon Blum, ai nazisti, a De Gaulle e anche a Mitterrand, esiste nella sua responsabilità e nella sua capacità di gestione propria dei problemi che non sono politici. I nostri colleghi parlamentari francesi si riuniscono per sessioni una volta ogni 6 mesi e decidono sulle grandi questioni che la burocrazia e la società sottopongono loro: non fanno i capiufficio.
Sento, a questo punto, che la cosiddetta richiesta di una "risposta alta" comincia a non essere più tanto apprezzata. Cosa vuol dire questo? Vuol dire ridurre la classe politica a quello che è, una rappresentanza della società che governa la società nelle sue tensioni, nei suoi obiettivi e non nella sua gestione.
Caro Assessore Olivieri, caro Presidente, cara collega Vetrino, questo richiede una rilettura totale delle nostre leggi. Laddove una nostra legge non governa, non indirizza, ma gestisce, ebbene, là si deve riportare all'interno delle competenze della burocrazia regionale, come fa qualunque ufficio dello Stato che fa delle cose senza che per questo venga chiamato in causa il Ministro competente. Nessuno si sogna infatti di chiedere la firma del Ministro su un'autorizzazione o su un provvedimento che emette un elemento marginale e periferico dell'amministrazione dello Stato! Nessuno ha mai chiamato in causa il Ministro delle Finanze per un errore comportamentale di un ganglio periferico, perché i gangli periferici dell'amministrazione finanziaria dello Stato hanno le loro responsabilità la loro rappresentanza esterna, hanno un loro ruolo che non si identifica con la classe politica che li governa.
Cari amici, se questo vogliamo provare a farlo, significa rifare tutto il nostro sistema legislativo e ripensare profondamente al nostro sistema di rapporti con la burocrazia regionale, ma soprattutto pensare in modo diverso la burocrazia regionale.
Allora mi riferisco all'Assessore Carletto. Non sono un cultore di contratti, non so se alla fine di questi contratti, oltre a stabilire se i nostri impiegati lavoreranno o no il venerdì pomeriggio, questo ruolo nuovo e diverso di assoluta autonomia e di responsabilizzazione ci sarà o non ci sarà. Questo, probabilmente, è un argomento che dovrà essere ripreso nella misura in cui si sarà sviluppato e dovrà essere introdotto nel momento in cui non ci sia. Probabilmente su questo bisogna aprire una questione nazionale, perché, se nei contratti nazionali questo aspetto non è sviluppato, sarà sviluppato ancora meno a livello locale, con la differenza sostanziale che purtroppo il rapporto tra il cittadino e l'amministratore periferico comunale o regionale è immediato, mentre il rapporto diretto del Ministro e del Governo con il cittadino è molto sfumato. E' in questa misura che la classe politica regionale e comunale, non solo della nostra Regione e della Città di Torino, è in prima fila in questo scontro confronto con la società e con l'intervento della Magistratura, perché c'è un rapporto diretto. I miei colleghi che siedono in Giunta hanno un rapporto diretto con il cittadino, perché il si o il no lo danno loro al cittadino, l'autorizzazione alla convenzione la danno loro ai cittadini. E questo deve cessare.
Perché ho detto che la conclusione dell'Assessore, che a mio modo di vedere lo assolve nella sua responsabilità politica, è raggelante da questo punto di vista? L'Assessore si è trovato al fondo di un canale che gli poneva e gli esponeva la opportunità di una nomina, ma quello che è successo dietro sparisce, si sfuma. Nessuno capisce perché. Nessuno capisce come, al massimo, abbiamo qualche sigla in cui qualche volta è difficile capire quale lettera si riferisca al nome e quale lettera si riferisca al cognome.
Non illudiamoci che su queste questioni possiamo rincorrere i percorsi e gli strumenti della Magistratura, l'indagine, il controllo, la verifica denunciare le responsabilità, per carità! Tutto questo è meramente funzionale al dibattito politico perché ognuno di noi spera di scaricare su qualcun altro le responsabilità di questo e portarsi a casa il massimo vantaggio: questa è la logica di questi ragionamenti, non è certamente questa la salvezza delle istituzioni. Le istituzioni si salvano cambiandole nel momento in cui si sono rivelate non adeguate rispetto ai processi che la società sta mettendo in essere.
Quindi, raccomando a me stesso in primo luogo, ai colleghi della maggioranza, della Giunta e a tutte le forze politiche di ripensare sostanzialmente al modo d'essere della legge regionale (che non ha nessuno di quegli elementi che ci insegnavano a scuola). La legge è qualcosa di diverso ed evidentemente deve essere gestita non dalla responsabilità politica, ma dalla responsabilità gestionale. Questo è l'elemento fondamentale che deve entrare nella nostra cultura: cambiamo lo Statuto, ma non diamo valenza politica e attribuzione politica a fatti di natura gestionale che di politico non hanno niente.
Allora, se succederà che qualcuno deve andare in galera, ci andrà senza che diventi di nuovo un fatto che riguardi la classe politica. La classe politica deve andare in galera per i reati che commette, non per la situazione della quale qualche volta si trova a valle e, rispetto ai percorsi che ci sono a monte, nell'incapacità di analisi. Cambiamo le nostre leggi e poniamoci subito il problema del ruolo autonomo e forte della burocrazia, non solo perché i magistrati sono alle porte, ma perch abbiamo la responsabilità, unica nella storia della Regione di gestire una burocrazia che, guarda caso, ha solo quindici o sedici anni. Come tutti sappiamo, a nuotare bene si impara da bambini, alcune cose si imparano da bambini, altre non si imparano più: alcuni vizi si consolidano, non si cambiano più.
Quindi il sistema burocratico regionale può essere cambiato, modificato radicalmente nella misura in cui non si sia consolidato. Forse i tempi non sono solo maturi, ma già superati.
Alla fine di questa legislatura dovremmo riuscire a consegnare ai nostri successori una Regione meno appesantita da leggi e leggine, da vincoli, lacci e lacciuoli, ad una classe politica che possa venire qui colleghi Vetrino e Olivieri, a fare veramente politica, a passare il suo tempo sulle scelte di fondo nei confronti della società, non a decidere sulle questioni di dettaglio, come la larghezza di una porta o di una finestra. L'Assessore Olivieri non deve fare quattrocento firme alla settimana, ne deve fare quattro all'anno sui grandi documenti di indirizzo sanitario. Questo è il modo per dare una risposta alta ai problemi che abbiamo di fronte, risposta che richiede capacità di rivoluzione culturale all'interno di noi stessi e che trova sicuramente le resistenze nel sistema dei partiti che in questa situazione trova alimento e allocazione ai propri personaggi.
Abbiamo evidentemente contro già buona parte della burocrazia che piaccia o non piaccia, in questo sistema di deresponsabilizzazione ci vive bene.
Ha ragione il Consigliere Pezzana. Devo dire che molte volte in Commissione mi sento solo un funzionario, solo vuol dire diverso o qualcosa di più o qualcosa di meno. La burocrazia deve essere in grado di fare in Commissione quello che qualche volta devono fare i commissari; per esempio deve scrivere le leggi in modo accettabile, usando i termini giusti per quanto li conosca.
Le resistenze ci sono. L'obiettivo non è di poco conto, la risposta non è di basso profilo, probabilmente non è quello che ci si aspetta: la plebe di fronte al palazzo, qualche testa che cade o qualche bambino aperto in due.
La risposta è che la classe politica deve riflettere sul proprio modo d'essere.
A Staglianò che rimprovera qualcuno di noi di limitarsi a mormorare vorrei dire che il mormorare è una virtù tipicamente italica, non solo perché ha recuperato il concetto del mormorare in un'ode che celebra le glorie patrie, ma perché i romani lo avevano codificato in: "jus murmurandi". Quindi, se questa italica tradizione anche qui in Piemonte ha lasciato qualche traccia, non ci si deve stupire oltre misura.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, colleghi, il dibattito è entrato nel merito della metodologia di governo, tuttavia, non poteva non partire dalla comunicazione resaci dal Presidente Beltrami e dall'Assessore Olivieri, di cui apprezzo la grande onestà e la chiarezza, così come apprezzo l'impegno assunto dalla Regione di fronte ai fatti accaduti ancora ieri.
Li ringrazio per il segnale che ci hanno dato stamane che mi pare sia stato accolto dall'assemblea con grande impegno e volontà politica per superare questo momento difficile, certo la volontà politica è frammista all'amarezza che viene anche dalle parole del Presidente della Giunta e da quelle dell'Assessore.
Anche quando non si è investiti direttamente da responsabilità, fatti di questo genere finiscono per coinvolgere e amareggiare tutti.
Siamo qui per dare risposte capaci di liberare la Regione dalle difficoltà che può incontrare. Si è detto "risposte capaci di far volare alto" o di "riportarci nuovamente in alto". Mi sembra che ridurre tutto questo alle dimissioni dell'Assessore Olivieri sia voler dimostrare di voler giocare a ben poca cosa, di non avere grandi prospettive, ma di stare alla quotidianità. Si chiedono le dimissioni dell'Assessore Olivieri per coinvolgere qualcuno, quotidianità è usare le dimissioni di Olivieri come grimaldello per far saltare l'alleanza di pentapartito che fino ad oggi ha goduto buona salute. Ci saranno delle difficoltà, è vero, e quando le questioni saranno tali da provocare una valutazione più ampia, agiremo di conseguenza. Più di una volta ho avuto occasione di dirlo.
Quindi non solo esprimo a nome del Gruppo socialista e mio personale tutta la solidarietà all'amico e compagno Olivieri, ma respingo nettamente la richiesta di dimissioni perché la considero un piccolo gioco, dettato da una visione miope della politica.
Occorre avere visioni molto più ampie, non bisogna infarcire i discorsi di parole lasciate a mezz'aria, ambigue, come la "visita notturna alla sanità". Sono cose molto gravi, se ci sono questioni di questo tipo occorre dirlo. Noi vogliamo che venga fatta luce su tutto: occorre essere chiari fino in fondo e non cercare di realizzare degli obiettivi di corto respiro.
Dico questo con fermezza, ma anche con amarezza poiché le vicende di ieri coinvolgono direttamente i socialisti: il nuovo arresto del nostro compagno, l'ex Presidente della Regione, Ezio Enrietti. E' un problema che ci tocca da vicino.
Come rimediare, come bloccare questa situazione che viene alla luce nella sanità, ma che può essere presente in altre realtà? E' un discorso ampio che investe il metodo, la gestione, i rapporti tra il politico, la classe burocratica, i privati. Questa società ha bisogno di emendarsi e di correggersi rapidamente. E' un problema che tutti abbiamo presente e per il quale è opportuno compiere gli sforzi necessari. Questi sforzi si faranno. Attenzione però perché non è facile affermare: "Noi siamo immuni e possiamo scagliare la prima pietra"; ciascuno ha le proprie responsabilità, noi le nostre ce le assumiamo fino in fondo.
Non so se quello che accade in Piemonte è la punta di un iceberg o se è un sistema annidato, radicato e cresciuto nell'ombra in una Regione che si è impegnata in questi anni in grandi obiettivi di trasformazione, di realizzazione di nuovi traguardi e di sviluppo. Può essere che si siano lasciati degli spazi aperti nei quali possono essere passate le forze oggi responsabili di una situazione di questo genere. Se così è a maggior ragione è necessario, giacché la sanità riguarda la salute della gente ristabilire immediatamente chiarezza per ridare un messaggio di fiducia alla gente, quindi circoscrivere le responsabilità là dove sono da circoscrivere.
Ci sono fatti e aspetti diversi, il caso di ieri non è uguale a quello di quindici giorni fa. Occorre far chiarezza sul modo di gestire che ha toccato tutti: noi socialisti che eravamo preposti alla gestione della sanità, in un certo periodo, e i comunisti che sono venuti dopo di noi.
Sono responsabilità di tipo morale, perché se un funzionario è riuscito bellamente attraverso una serie di maglie a dimostrare che era laureato e invece non lo era, se faceva ieri il barelliere e diventa oggi un luminare vuol dire che ci sono delle maglie larghe, delle guardie troppo basse che non hanno consentito di capire, di vedere subito la questione.
Può darsi che la Regione, presa da altri grandi impegni, abbia trascurato alcuni aspetti. Credo, quindi che la questione possa essere vista in questo quadro. Non penso che l'onestà, che è caratteristica della maggior parte della gente di questa Regione, possa essere stata corrosa dalla tentazione di trasformare tutto in affari, in faccende, in profitti.
L'altro giorno abbiamo chiesto la Commissione di inchiesta, perché possa capire quali sono stati i nodi, qual è stato l'ambiente in cui si sono prodotti questi fenomeni perversi, questa richiesta dimostra che da parte della maggioranza e da parte della Giunta c'è la volontà di capire, sarebbe irrispettoso se qualcuno pensasse che ci sia la volontà di annacquare le cose. Non è mai stato così, si è sempre cercato di dare le risposte necessarie a situazioni come quella che ci troviamo di fronte. L'Assessore Olivieri, più di chiunque altro,ha avvertito la pesantezza delle ripercussioni e ha dimostrato di volere la verità delle cose; di questo bisogna dargli atto. Occorre dare il massimo sostegno ad un'iniziativa che va ben al di là del momento in cui i governi si caratterizzano con le formule di questo o di quel colore, di questa o di quella alleanza perché è in discussione l'immagine della Regione la quale deve essere salvaguardata quindi, è necessario il concorso di tutti.
Noi socialisti ci sentiamo impegnati in questa battaglia, è un discorso che io non tralascio di fare all'interno del mio Partito in questi giorni nelle riunioni di preparazione del 44esimo Congresso. I partiti devono verificare la loro funzione, perché non possono più essere delle forze che occupano la società, che vigilano, che tengono sotto controllo, sorvegliano ogni cosa. Lo dico a tutti i partiti perché questa è la pratica che si è determinata. Quando scherzosamente dico che questo è un Paese dove si spartiscono anche gli stuzzicadenti, lo dico perché sono in grado di provarlo, lo dico perché sono un uomo di partito che sa come si svolge la pratica nel partito e nella società. Sono rammaricato di questo fatto e mi batto affinché si realizzi una distinzione netta tra il ruolo delle istituzioni e la funzione dei partiti. Troppo spesso si determinano soluzioni di comando attraverso amicizie o attraverso organizzazioni di consenso ...



STAGLIANO' Gregorio Igor

Ma se La Ganga minaccia Cardetti di sostituirlo.



ROSSA Angelo

... le forme con cui si realizzano le soluzioni di comando sono diverse fra di loro, ma esistono delle formule concrete che si realizzano attraverso la composizione di una serie di momenti, che comprendono anche i momenti del sostegno e i momenti dell'amicizia di Tizio con Caio e con Sempronio. Altrimenti, cari amici, non si spiega perché tanti amici di tanti uomini politici riescono quasi sempre ad essere i più bravi nei concorsi. Tanti amici degli uomini politici te li trovi li e dici: "Ma quello è diventato così e così ...". Allora, o dobbiamo trarre motivo di soddisfazione perchè attorno a noi abbiamo tutte teste d'uovo oppure abbiamo dato una mano a degli amici che sono bravi. Dico tutti. Visto che parliamo chiaramente, è bene che si parli per trarre la lezione giusta perché la società ci guarda e ci giudica. Lo dico non solo ai miei amici socialisti, ma a tutti i politici perché sono in grado di dimostrare quello che dico se ce ne fosse la necessità.
Ci stiamo impegnando nel dibattito congressuale, abbiamo proposto la nomina diretta del Presidente della Repubblica. Questo ha suscitato un grande dibattito, una grande discussione, ma credete che l'abbiamo fatto a cuor leggero? No, l'abbiamo fatto perché siamo partiti dalla considerazione che forse questo è un modo per incominciare ad affidare alla gente delle responsabilità più pregnanti rispetto ai problemi, rispetto ai partiti alle segreterie; l'abbiamo fatto perché vorremmo realizzare la responsabilità diretta della nomina del Sindaco, del Presidente della Provincia, del Presidente della Regione.
Qualcuno ci accusa di essere per la direzione presidenzialista, ma cari colleghi, questo è un contributo che vogliamo dare e sul quale vorremmo sentire la vostra opinione e la vostra valutazione. E' un contributo che noi intendiamo dare al dibattito sulla commistione dei poteri, sulle amicizie, sulle clientele, sul concetto della clientela. C'è chi abilmente ha saputo sfruttarle mentre c'è chi più abilmente ha saputo camuffarle.
Sono problemi ai quali dobbiamo rispondere, ma che non si risolvono dicendo all'Assessore Olivieri di mettersi da parte. Noi non abbiamo niente da sacrificare per segnalare in qualche modo che ci battiamo in petto. Semmai dobbiamo porre questi problemi e assumere le responsabilità conseguenti.
Allora, signor Presidente, credo che questo sia il compito del pentapartito, giacché questa non è la giornata dell'unità regionale, è compito del pentapartito assumere le responsabilità, dare queste risposte vedere come la Regione intende collocarsi. Sono d'accordo sulle affermazioni del collega Marchini sulla classe burocratica, sui funzionari.
Quindici anni di vita vuol dire qualcosa di diverso, ma mettiamo tutto sul conto, cerchiamo di dare delle risposte, cerchiamo di portare questo messaggio alle centinaia di persone che lavorano nella sanità con grande onestà, con grande scrupolo; diciamo loro che non li criminalizziamo tutti a causa di alcune sacche di gravi illeciti, di irregolarità e di responsabilità sui quali sta indagando la Magistratura. Mi auguro che faccia chiarezza fino in fondo perché c'è nella sanità molta gente che lavora, che governa con onestà e con impegno, sono medici e sono non medici e i cittadini lo sanno.
Non vorrei che anche questo momento servisse a coloro che sfruttano i momenti di difficoltà per ritornare al privato, per inneggiare e poter dire ché in fondo la riforma sanitaria è un fallimento, è qualcosa da cui bisogna velocemente venirne fuori.
No, la riforma ha dato dei risultati; c'erano delle correzioni da fare e sono state fatte; bisogna continuare su questa strada. La Regione ha il dovere di dare delle risposte sicure alla gente sui problemi della salute.
Difesa dello stato di diritto vuol dire vedere quali sono le regole del gioco e se queste regole mancano dobbiamo costruirle come stiamo cercando di fare e dobbiamo far si che vengano rispettate da tutti. Uno Stato come il nostro può autoriformarsi se tutti prendono consapevolezza dei problemi.
Io ho fiducia che ce la farà e se non sarà in grado, potrà arrivare qualcuno a riformarlo. Ma, poiché il nostro Stato ha radici profonde, ha radici in qualcosa di grande e di vivo che viene dalla gente che ha lottato, che ha dato la vita per realizzare questo Stato per configurarlo con queste forze politiche, ho fiducia che le forze politiche avranno la capacità di trarre gli insegnamenti necessari. Sono certo che dal Piemonte che i giornali lo fanno sembrare come centro di corruzione, possa invece partire un segnale capace di invertire una tendenza che ci ha molto amareggiati, dalla quale però traiamo la forza e per superare le difficoltà, per guardare avanti, e per realizzare gli obiettivi di giustizia nei confronti della gente che li attende e che dimostra di avere ancora fiducia.



PRESIDENTE

La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 13,45 riprende alle ore 15)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Proseguiamo il dibattito sulla comunicazione della Giunta in ordine alle vicende dell'USSL 1/23.
La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

La ringrazio Presidente per avermi accordato la parola in apertura di riunione.
Il dibattito che si è svolto questa mattina, la comunicazione della Giunta, ma soprattutto l'intervento dell'Assessore Olivieri, al quale sono state chieste le dimissioni, riteniamo siano stati chiarificatori rispetto ai comportamenti dell'Assessore medesimo, apprezzabili per il riconoscimento che lo stesso Olivieri ha fatto in ordine ad alcuni errori che obiettivamente erano stati tali per non conoscenza di certe situazioni che non erano note nel momento in cui quelle decisioni furono assunte. Noi riteniamo che l'operato dell'Assessore Olivieri non possa essere censurato ma debba essere apprezzato per l'illustrazione che ne ha fatto. Siamo in presenza di una situazione grave; non è la prima volta che diciamo questo ma ogni settimana la questione appare più evidente, più eclatante. E' una situazione di grave emergenza che stiamo vivendo sia nella sanità sia nelle istituzioni in modo più complessivo. Ritengo che occorra dare risposte ad entrambe queste situazioni di emergenza. La sanità a Torino sta per raggiungere livelli di quasi paralisi e 'deve essere affrontata con grande decisione. Il Comitato di gestione dell'USSL ha presentato le sue dimissioni; una struttura di tale importanza in un momento così difficile viene a trovarsi priva della sua direzione politica fondamentale: è questo un problema gravissimo. Molte volte la burocrazia riesce a procedere indipendentemente da quelle che sono le valenze di indirizzo della classe politica, ma in questo caso non si ha neppure questo, poiché la stessa struttura funzionariale dell'USSL di Torino sta vivendo momenti difficili con dimissioni continue da parte del coordinatore sanitario, del coordinatore amministrativo e di molti funzionari (diversi di questi non si sono dimessi, ma sono stati posti in disparte per questioni che tutti quanti conosciamo).
L'Assessore Olivieri qualche giorno fa mi diceva che la realtà non era ancora in questi termini; certamente ci stiamo avviando verso una situazione di paralisi con i funzionari e gli organi politici che non assumono più decisioni, una situazione, ad esempio per le TAC fatte a Torino,che sta raggiungendo livelli di grave difficoltà: gli ospedali non sono in grado di far fronte alla richiesta di TAC che proviene dagli utenti, non hanno più coraggio di inviare all'esterno questi esami, per cui si hanno situazioni non drammatiche, ma certamente di estrema gravità. La Regione deve dare delle risposte su diversi piani; occorre, a mio giudizio che il Consiglio regionale sia capace di offrire un minimo di affidabilità di copertura, di serenità ai molti funzionari che stanno operando bene per questa Regione e che hanno in questo momento bisogno di sentire le istituzioni al loro fianco, istituzioni che sono severe nei confronti di chi sbaglia, ma estremamente disponibili nei confronti di chi invece non ha sbagliato e sta cercando di adempiere alle proprie incombenze.
Occorre affrontare il problema del funzionamento complessivo dell'USSL pertanto all'Assessore Olivieri, al quale sono state richieste le dimissioni, occorre chiedere un maggiore impegno, perché la risposta che la Regione darà dovrà essere esemplare e significativa. Io riconosco all'Assessore Olivieri grande competenza e professionalità sulla materia (al di là delle polemiche che qualche volta ci possono essere state) grande correttezza nel suo comportamento e nel suo impegno politico. Credo che l'Assessore Olivieri debba aumentare il suo impegno e non essere allontanato da questa Giunta, debba cercare di proporre, in collaborazione con la maggioranza e l'intero Consiglio regionale, le soluzioni necessarie per affrontare queste situazioni.
C'è poi l'emergenza grave delle istituzioni non ne abbiamo parlato tutti questa mattina, e non solo stamattina ma che va al di là della questione sanità, che coinvolge invece l'intero problema della pubblica amministrazione. Occorre riacquistare credibilità, riappropriarci tutti di quel senso dello Stato del quale questa mattina in molti abbiamo parlato.
Il Consigliere Bontempi afferma che la gente sostiene che i soldi pubblici vengono spesi male, che l'attività politica è complessivamente negativa sono d'accordo con lui, ma questo si verifica non da adesso ma da parecchi anni. Noi crediamo che anche a ciò occorra dare delle risposte che non si concretizzino soltanto nell'andare ad individuare diverse formule per le nomine nelle UU.SS.SS.LL., come qualcuno sostiene; i partiti esistono hanno un ruolo istituzionale, non sono quella cosa brutta e cattiva di cui qualcuno parla; hanno un loro ruolo, ma occorre che essi assumano al loro interno comportamenti coerenti.
Il collega Marchini affermava che i partiti sono fatti da uomini quindi hanno i difetti degli uomini, possono sbagliare e possono comportarsi perseguendo un vantaggio personale. Questa affermazione è vera ma è anche vero che le istituzioni hanno la possibilità di darsi norme regole e comportamenti tali da contrastare questa volontà. Questa mattina si è parlato anche di controlli. Marchini l'altra volta mi aveva rimproverato dicendo che aveva ricavato dal mio intervento la deduzione che la politica consistesse essenzialmente in una funzione di controllo e di controllori: la politica non è certamente questo; questo ruolo è della pubblica amministrazione che deve dotarsi di strumenti per controllare la sua attività, e se così non agisce sbaglia; questa volta non ha fatto ciò e di conseguenza ha sbagliato.
Sono contento che l'Assessore Genovese, quando parlava dello IACP abbia cambiato in parte atteggiamento sulle affermazioni date in risposta ad una mia interrogazione, affermando che è necessario andare a concretizzare, ad individuare momenti di controllo effettivo sulla gestione di questi enti. Noi crediamo che la pubblica amministrazione debba individuare momenti di controllo e di verifica sul suo operato. C'è però il problema, più grosso, posto dal Consigliere Marchini riguardante la distinzione di ruoli tra politici e amministratori, tra politici e burocrazia. Io concordo con questa impostazione. Quando discutemmo la legge sul personale, sostenni allora (non solo in quella sede, ma anche in Consiglio comunale) una diversificazione di ruoli, una separazione effettiva e reale di quelli che sono i ruoli della struttura funzionariale che hanno un loro ambito ed una loro autonomia, e quelli della funzione politica, che hanno un loro ambito di azione e di attività. Solo se noi riusciremo ad ottenere ciò, saranno possibili le corrette attività dei pubblici amministratori necessarie per superare le crisi che stiamo vivendo.
Per quanto riguarda la legge sul personale, mi dispiace non sia presente il collega Pezzana (la sua presenza è sempre sui giornali e basta); mi sono riletto gli interventi fatti in Commissione e in Consiglio regionale e molte affermazioni di Pezzana sono condivisibili (alcune cose le avevo inserite negli emendamenti da me presentati), purtroppo, però, il Consigliere non aveva partecipato né ai lavori di Commissione né al dibattito e alla votazione della legge sul personale, quindi non aveva potuto contribuire, come forse avrebbe voluto e potuto, in quella sede dando più spazio a chi cercava di individuare queste problematiche. Proprio con quella legge sul personale non si è voluto, sbagliando a mio giudizio creare le condizioni della concreta separazione dei due ruoli, delle due funzioni; è stata un'occasione perduta per questa amministrazione.
L'Assessore Carletto in quell'occasione aveva accennato che era un primo momento di attuazione della riforma per la struttura burocratica della Regione Piemonte. Credo che dando maggiore contenuto e concretezza a quella riforma della struttura burocratica si possa giungere all'individuazione dei vertici reali della struttura stessa capace di confrontarsi, di dialogare, ma anche di avere un ruolo di autonomia reale rispetto alla classe politica, quella classe politica che ha una cultura di diversi anni e che ha occupato i ruoli che non le sono propri, ruoli funzionariali, di gestione, fatto che rappresenta la causa di buona parte dei mali che abbiamo vissuto in questi anni.
Consentitemi un'ultima considerazione. Visto che il collega Staglian l' ha nuovamente citato, voglio ritornare brevemente sul problema poiché mi pare che, quando si parla di correttezza, di moralità, dobbiamo rivolgerci prima di tutto a noi stessi, e quando l'immoralità e la scorrettezza investono altri settori dobbiamo avere il coraggio di riferirci anche a loro e di denunciare pure quell'immoralità e quella scorrettezza; mi riferisco a certa stampa deteriore che nei giorni scorsi con falsità e menzogne ha creato una situazione che ha determinato alcune vicende e l'apertura di un'inchiesta specifica. Noi siamo contenti che la Magistratura possa chiarire tutto, ma rispetto a questa stampa che fa della lotta politica uno strumento cosa deteriore come quella che abbiamo visto mi si permetta di esprimere un giudizio deciso: signor Presidente, visto che è stato detto da qualcun altro più autorevole di me domenica sudi un quotidiano, mi consenta di ripeterlo anche se con un tono meno prestigioso: a questa stampa è giusto non farci troppo caso, perché è tutta merda.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Signor Presidente e colleghi, il Gruppo socialdemocratico interviene brevemente sulle comunicazioni, rese anche a seguito di iniziative consiliari, dal Presidente della Giunta e dall'Assessore alla sanità intanto per registrare che siamo ormai giunti al terzo dibattito attorno ai problemi che non sono sempre gli stessi, perché vi è stata un'evoluzione non positiva in queste settimane e non sappiamo per quante sedute proseguirà ancora. Rilevo innanzitutto come le comunicazioni rese dalla Giunta siano state ponderate, misurate e coscienti della gravità della situazione che si ha di fronte e dei risvolti che essa implica rispetto all'istituzione regionale. Dobbiamo, però, come Consiglieri regionali innescare altre questioni, altre argomentazioni; altrimenti si ha il senso del divagare, sensazioni che ho provato stamane nell'ascoltare alcuni interventi. Nella divagazione c'è l'annacquamento, la scarsa capacità di vedere con chiarezza e razionalità i problemi, dove sono i nodi della questione e quali sono le possibili soluzioni. Quando affrontiamo i risvolti istituzionali delle vicende, compresa la questione morale, che sono all'attenzione della Magistratura e comportano risvolti sull'attività amministrativa della Regione, occorre evitare alcuni luoghi comuni, come il richiamo ai massimi sistemi, alla filosofia generale dell'essere e del divenire, coscienti che in fondo non è con questi dibattiti che risolviamo i problemi e possiamo trarne possibili indicazioni di scenari futuri rispetto a questioni generali del divenire del mondo e dei rapporti complessivi tra società civile e società politica.
Come credo vadano anche evitati in questo dibattito due altri pericoli: no a queste teorizzazioni massime e no a minimizzare le questioni o a dire: "Siamo qua, non diciamo niente, attendiamo gli eventi sperando che non ci cadano altre tegole sulla testa", perché questo sarebbe comunque un atteggiamento rinunciatario, un po' fideistico che non fa parte del nostro patrimonio culturale e ideale.
Come credo non sia neanche giusto utilizzare questo momento di particolare difficoltà soltanto per farne una questione di lotta e di schieramenti, non sia soltanto avere di fronte un obiettivo limitato, che è quello del fischiare i falli a questa o quella maggioranza.
Credo invece che, come opportunamente da parte di alcuni è stato richiamato, noi dobbiamo cogliere quest'occasione per fare dei distinguo e per fare chiarezza rispetto al ruolo di un'assemblea elettiva come il Consiglio regionale, al primato della politica, quella con la "p" maiuscola, al cercare di mettere in luce quali sono stati i percorsi e i meccanismi che hanno provocato una degenerazione complessiva del sistema partitico e una sua incrostazione sul sistema elettorale, quali correttivi istituzionali possono essere messi in cantiere e quindi quali soluzioni possono essere date a questo problema.
Ho rilevato come, rispetto a precedenti drammatiche situazioni per la Regione, oggi questa assemblea elettiva registra un maggior disorientamento, perché non si hanno ben chiare le dimensioni e i confini del fenomeno, il grado e il livello di coinvolgimento della Regione in quanto istituzione, quindi diventa più difficile capire i percorsi che si debbono attivare.
Mi permetto soltanto sul piano concreto di richiamare due considerazioni. La prima è quella di partire da quest'occasione per rendere sempre più distinta e trasparente la separatezza che deve esserci nel momento politico, come momento alto di governo,, di strategia, di indicazione di obiettivi; la seconda è quella della gestione concreta dei singoli atti parcellizzati che devono competere di più all'apparato burocratico, perché nella commistione dei due ruoli (con da un lato il funzionario che fa il politico, cioè fa le scelte; dall'altro il politico che molte volte è solo colui che predispone lettere, comunicazioni, cioè fa il funzionario) si annidano alcuni dei mali che le recenti vicende hanno messo in evidenza, quindi ciascuno recuperi appieno quello che è il suo ruolo.
Altro elemento di riflessione che scaturisce da queste vicende è quello di prevedere un meccanismo che eviti il permanere dei dirigenti ai vertici di alcune strutture assessorili; un sistema che preveda la rotazione per funzioni comparabili dei massimi dirigenti regionali può evitare il generarsi di fenomeni, come le incrostazioni, che in alcuni casi gli episodi hanno messo in evidenza. Non ci convince questo demonizzare né gli amministratori regionali né i dipendenti in una sorta di società civile tutta brava ed una società politica, invece, assatanata dal potere che perde i confini dell'etica. Non penso sia così.
Credo però occorra richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica e lo potremo fare se avremo una classe politica non delusa, che si qualifichi come una leadership, che esca dal contingente e sappia davvero diventare punto di riferimento delle istanze della società, non come mera espressione e articolazione degli interessi costituiti e presenti nella società, ma dotata di capacità di sintesi, di aggregazione e di capacità di ricondurre le singole istanze all'interno di un disegno più complessivo.
Anche a me paiono fuori luogo le richieste avanzate di dimissioni dell'Assessore alla sanità. Intanto non servirebbero ai problemi che abbiamo di fronte e ai provvedimenti che la Regione deve prendere in questo frangente, perché verrebbe a mancare un punto di riferimento, faremmo che non chiarire la situazione, anzi appesantirla, quindi non daremmo nessun tipo di contributo positivo e propositivo all'attuale situazione. A meno che, come è già stato richiamato, non voglia essere un valore simbolico come una specie di nostro immaginario collettivo di colpa, diversamente non lo saprei definire; quindi, anche per questo sono argomentazioni da respingere.
Come penso debba essere respinta, e su questo un chiarimento della Giunta può ancora essere opportuno, l'illazione, non tanto larvata, fatta dal collega Staglianò rispetto agli accadimenti riportati anche dalla stampa avvenuti questa notte. Questa è una illazione destituita di qualunque fondamento e che va respinta con la massima fermezza.
Quindi, un invito che rivolgo alla Giunta, ma anche a noi stessi, è di non lasciarci andare a giochi contingenti e immediati né a colpevolizzare a priori qualcuno né ad assolvere a priori qualcun altro, perché non giova a nessuno il chiamarsi fuori per fischiare i falli agli altri poiché siamo tutti coinvolti sul piano politico in una vicenda che rappresenta un ulteriore colpo all'immagine della nostra istituzione.
Ci dobbiamo muovere non sulle divisioni, ma cercando dei punti alti di convergenza per una rinnovata tensione morale e politica su cui certamente la Giunta regionale può svolgere un'azione di grande stimolo per fare davvero un salto di qualità, facendosi carico appieno dei problemi. Non è soltanto un appello ai sentimenti o un decalogo di buone intenzioni, ma è definire questa strada con un selciato di provvedimenti legislativi e amministrativi che pongano un freno alle degenerazioni che abbiamo registrato. Questo, più degli appelli spero possa davvero contribuire nell'immediato a ridare un ruolo propositivo alla Regione e nel futuro ad evitare che si ripetano fatti negativi e aberranti come quelli che purtroppo sono accaduti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, cercherò di collocarmi, nel corso di questo intervento, nell'alveo dell'interpellanza presentata dal nostro Gruppo e di quella dell'opposizione di sinistra, data la stretta connessione e la parziale identità.
Va ricordato che sullo sfondo del dissesto della sanità in Piemonte e dei disfunzionamenti dell'apparato, che il collega Ferrara forse con espressione più pregnante e incisiva ha chiamato "di paralisi", e sullo sfondo della cattiva amministrazione delle UU.SS.SS.LL., causata dalla lottizzazione partitica, si è inserita - com'è a tutti evidente un'inchiesta giudiziaria nell'ambito della quale sono emersi tre fatti oggettivi che si sono riflessi in maniera diretta nei confronti dell'istituto regionale. Tali fatti sono dati come presupposti nella nostra interpellanza e consistono nella scovata esistenza di un'associazione per delinquere che operava all'interno dell'USSL 1/23, nel delicato incarico ispettivo affidato ad un funzionario risultato poi pesantemente inquisito e in un altro delicato incarico, sempre di carattere ispettivo, affidato pochi giorni fa, quando l'inchiesta giudiziaria era già in corso, ad una funzionaria, anch'essa pesantemente inquisita.
Questi tre fatti oggettivi,che si sono riflessi nei confronti dell'istituzione regionale, oltre altri due che sono emersi pacificamente nel corso dei dibattiti che finora si sono tenuti su questa materia.
(ovvero, il mancato esercizio dei controlli e della funzione ispettiva) hanno favorito colposamente il crearsi di quell'associazione a delinquere di cui all'inchiesta giudiziaria, e che comunque non è un deterrente per la commissione dei reati che vengono contestati dall'autorità giudiziaria ai singoli.
Vi è poi l'omissione del commissariamento della USSL di Torino 1/23 che ci è stato apertamente confessato, sia pure con rammarico dall'Assessore che già sei mesi fa pensava di commissariare in proprio come sua funzione istituzionale, di avviare la questione, di denunciare la necessità di un commissariamento: questa serie di fatti oggettivi, a nostro avviso, hanno dato luogo ad una responsabilità politica, senza colpa, dell'Assessore che è il supremo vertice del dipartimento alla sanità.
Pur manifestando sinceramente - lo dico senza che questa voglia essere una formula di stile o una formula di ipocrisia - anche a nome della collega Minervini, stima sul piano personale nei confronti dell'Assessore pur dandogli atto della sua perfetta buona fede nell'aver operato quelle scelte cui ho accennato, riteniamo che questa responsabilità oggettiva e politica, pur senza colpa, pur non dovendo dar luogo ad alcuna censura, qui si è trattato, come diceva testualmente il collega Ferrara e come mi pare sia stato espresso questa mattina dall'Assessore, di errori, senza colpa constatati a posteriori, riteniamo che questa situazione di responsabilità politica senza colpa, avrebbe peraltro, senza bisogno di sollecitazioni dovuto suggerire le dimissioni dell'Assessore. Questo non perché debba esserci ad ogni costo un rito sacrificale in questa materia, di fronte a questa vicenda, ma perché noi riteniamo che anche le responsabilità senza colpa sul piano politico debbano produrre conseguenze politiche per chi è al vertice di quel dipartimento. Quindi, sinceramente, Assessore, ci saremmo aspettati le sue dimissioni nell'ambito e sui presupposti che abbiamo addotti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Signor Presidente, colleghi, ritorniamo ancora su questo argomento dopo ripetute sedute dedicate alla crisi della sanità. Noi avevamo previsto sin dall'inizio un allargamento della questione. Avevamo detto che con il caso Salerno ci trovavamo di fronte alla punta di un iceberg e che non era possibile pensare ad accadimenti maturati solo nell'anno 1985 e nell'anno successivo.
Pur con amarezza, non ci stupiamo dello sviluppo allargato della vicenda; diciamo però che se ci lasciamo prendere dall'apprensione ci troveremo a discutere tutti i giovedì, per un bel po' di tempo, di questa situazione. Credo invece che occorra pensare ai compiti da assolvere, al lavoro da svolgere, e che la ripetitività costante di dichiarazioni, di prese di posizione e di riti come questi non accrescano la credibilità dell'istituzione regionale e delle istituzioni in genere. Con ciò noi respingiamo la tesi che la DC voglia minimizzare la vicenda. Assolutamente non la minimizziamo affatto; consci della crisi istituzionale che essa comporta vediamo anche, peraltro, le responsabilità politiche connesse e,se ci assumiamo la nostra parte di responsabilità, riteniamo sia giusto che gli altri si assumano correttamente la loro e che non si tentino strumentalizzazioni quantomeno singolari da parte di forze politiche che hanno per dieci anni gestito la Regione Piemonte.
Sono queste affermazioni che faccio con forza, poiché non si pu considerare la vicenda come se nascesse oggi. Tra l'altro, nel mio intervento - che Bontempi ha citato - su "DC Piemonte" credo di non aver affatto minimizzato il problema, ma di aver trattato la questione sinteticamente in undici punti, parecchi dei quali dedicati ai problemi di responsabilità politica e di dialettica politica com'è naturale, ma molti invece dedicati a consistenti problemi di sostanza. Il punto tre, ad esempio, riguarda in toto la situazione sanitaria, la gravità della crisi e la necessità di provvedimenti correttivi anche nei confronti della riforma sanitaria: c'è in proposito una citazione alla proposta del Governo e del Ministro della Sanità, che proprio in questi giorni è stata avanzata e sarà discussa il 4 marzo dal Consiglio Nazionale di Sanità. Si tratta di una proposta importante che riguarda la trasformazione dei Comitati di gestione in Consigli di amministrazione (proprio per togliere la fase gestionale dalla conduzione dei partiti) e la nomina di direttori generali delle Unità Sanitarie Locali recepiti dal mercato privato e che rispondano delle loro azioni: ne rispondano anche con il loro posto se le cose non funzionano secondo la logica della responsabilità. Credo che questa proposta sia molto importante e debba essere valutata con grande attenzione, così come lo deve essere l'altra proposta, quella di accorpare le UU.SS.SS.LL. che sono troppo piccole. E' una riforma indirizzata a dare diversa incidenza all'azione regionale, diversa capacità di controllo: è una proposta concreta che va sul tavolo del Parlamento che viene da uomini del nostro Partito. Il capitolo 6) è dedicato al ruolo della Regione ed evidenzia come la risposta alla questione morale viene anche dall'azione di governo che la Regione è in grado di svolgere, un'azione di governo concreta e forte. Il punto 9) poi trattava la caduta dell'immagine istituzionale e anche qui la necessità di una risposta. Non da oggi sosteniamo che l'Ente Regione perde credibilità: l' ha perduta in questi anni nei confronti dei Comuni e della gente e occorre operare per dare sostegno e nuovo slancio all'immagine regionale. Si tratta di un problema arduo, complesso: porlo in positivo è dare una risposta alta alla crisi che viviamo. Quindi non c'è nessuna minimizzazione da parte nostra, ma una chiara visione del problema nella sua complessità.
Ho già accennato al tema della burocrazia politicizzata che qui è già stato da altri avanzato e discusso. Certo è essenziale scindere politica da burocrazia, politica da gestione, ma peraltro è cosa più facile da affermare che da attuare. La legge sul personale ha segnato un passo avanti estremamente importante,ma ci vogliono azioni di tipo comportamentale. In proposito voglio ricordare che certe fughe, certi atteggiamenti non corretti 1i abbiamo denunciati anche nel tempo. Un funzionario, sotto inchiesta in questi giorni, al quale noi auguriamo di uscire indenne dalle vicende, era tuttavia stato oggetto di una precisa interrogazione fin dal luglio 1984 sullo svolgimento discutibile di doppia attività: vedevano in queste connessioni il superamento del necessario rigore morale anche negli ambienti burocratici. Una burocrazia libera, deve essere anche una burocrazia poco ideologicizzata, perché, e lo dico per la prima volta in questa occasione, noi siamo stati molto mal impressionati quando si è visto l'intero staff direzionale di un Assessorato firmare nella ultima campagna elettorale un aperto appello elettorale per uno specifico partito.



BONTEMPI Rinaldo

E' gente che ha coraggio.



BRIZIO Gian Paolo

Più che di coraggio mi pare si tratti di condizionamento di una struttura che di fatto ammonisce: "Se non vince questo partito crollerà tutto". E' un discorso di valutazione. Ognuno ha le sue opinioni e noi riteniamo questo atteggiamento sintomo di una distorsione grave e pesante.
Il problema è dunque complesso e dobbiamo tutti fare uno sforzo per prendere una via diversa. Se vogliamo una burocrazia alla francese la dobbiamo anche regolare con contratti di tipo privato che consentano di poter fare scelte diverse; perché, caro Bontempi, noi veniamo, passiamo e andiamo, ma la burocrazia rimane, è la costante dell'Ente, e se la burocrazia è ,sana garantisce una sanità di funzionamento, se non lo è pu creare gravi problemi. Dobbiamo affrontare anche questo aspetto. La situazione è così complessa che ci pare una forzatura chiedere le dimissioni dell'Assessore, in quanto la vicenda ha radici profonde che andranno analizzate e cogliere solo negli ultimi responsabilità politica ci pare scorretto. Noi respingiamo questa richiesta con tutta tranquillità anche perché le dichiarazioni dell'Assessore sono state sul piano umano molto chiare ed esplicite.
Quale risposta dare agli eventi? E' stato chiesto specie da Bontempi di dare una risposta alta, significativa che vitalizzi le istituzioni. Sono d'accordo, però non vediamo facili percorsi nuovi, vie particolari che ci paiono oscure e che non riusciamo a comprendere. Se esse significano corresponsabilità di tutti nella gestione e nel governo riteniamo si tratti di una via sbagliata e poco chiara, se vogliono invece indicare collaborazioni di carattere istituzionale mi pare che queste ci sono nelle sedi opportune. La risposta della Commissione di inchiesta che abbiamo approvato è una risposta che vede il consenso di tutte le forze politiche che si ritrovano in questo Consiglio (o di quasi tutte) quindi può essere un momento di azione comune, importante e significativa per individuare a fondo quelle che sono le cause delle distorsioni che si sono verificate e proporre sostanzialmente dei rimedi. Riteniamo che la vera risposta al degrado morale stia nel far funzionare e bene le istituzioni. Allora il governo regionale ha il compito di affrontare questa situazione con grande impegno e determinazione assumendo tutte le decisioni che saranno necessarie sia per quel che attiene alla struttura sia per quel che riguarda eventuali ed ulteriori atti di commissariamento che fossero necessari, sia infine per tutte quelle iniziative che si rendessero utili.
La risposta vera è, come ho già detto, di far funzionare le istituzioni e il servizio della sanità, perché la questione è così complessa che pu originare posizioni di rassegnazione e ciò sarebbe grave e foriero dello sfascio del servizio sanitario di una crescente inefficienza in un campo veramente essenziale. Dobbiamo con tutte le forze operare per far funzionare il servizio; ciascuno nel proprio ruolo, la maggioranza per quello che le compete nel ruolo di governo, le forze di opposizione con lo stimolo giusto, ma ciascuno nel proprio ruolo, nella propria funzione istituzionale. Non vediamo delle scorciatoie possibili, facilmente individuabili quasi come la panacea di tutti i mali di fronte all'evolversi della situazione e alla gravità della crisi. Abbiamo coscienza della caduta istituzionale e della crisi politica, la risposta è in un impegno di azione molto forte e su questo terreno ci sentiamo impegnati, a sostegno della Giunta, per un lavoro proficuo e per un lavoro serio a vantaggio dei cittadini.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bosio.



BOSIO Marco

Signor Presidente, voglio richiamare anch'io il sentimento di preoccupazione profonda e di sgomento per qualche aspetto e l'esigenza e la necessità di reagire e di dare segnali nuovi in termini di volontà e di impegno a non lasciare più andare avanti le cose come stanno andando, a cui si è richiamato il Capogruppo compagno Bontempi, per difendere le istituzioni, per difendere la democrazia, per difendere e garantire il buon diritto della gente di essere governata in modo corretto, trasparente, con un senso pieno di servizio, un senso dello Stato, un senso della cosa pubblica da parte degli uomini di governo, da parte dello Stato e delle istituzioni, da parte degli uomini che lavorano nello Stato e nelle strutture pubbliche.
I fatti oggi all'attenzione del Consiglio, già discussi in questi giorni, sono fatti gravi e ritengo che le responsabilità della Giunta e dell'Assessore in particolare siano innegabili. I tentativi di minimizzare o di capovolgere i termini rimandando indietro le cose sono falsi da un lato e nello stesso tempo risibili poiché rientrano in quell'ormai tradizionale modo di giustificazione della politica.
In realtà i fatti e le responsabilità restano pesanti e gravi.
Anch'io ho colto, lo voglio sottolineare perché non si tratta di valutare negativamente lo spirito, la tensione ideale che muove gli uomini di questo Consiglio, l'impulso sofferto, ad esempio da parte dello stesso Presidente della Giunta regionale, per ricercare una ragione nuova di rinnovamento e uno sprone anche profondo, prima di tutto individuale questo però non basta anche se è molto importante, come non bastano le esemplificazioni bibliche; in verità occorre e tocca proprio a noi, dare all'angelo vendicatore la spada, perché se non ha la spada non combina niente e tutto resta com'è; dignitosamente magari, però è una macerazione individuale che non aiuta.
Innegabili sono le responsabilità dell'Assessore Olivieri. Ricordo come altri in questa sede, le dichiarazioni dell'Assessore rivolte a noi comunisti poche settimane fa: "Mentre voi perdete tempo dietro le regole e le leggi, io mi preoccupo dei malati". Era una rampogna ingiusta ed io così l' ho avvertita, soffrendoci anche, perché mi colpa; oggi la considero una sconsiderata, arrogante esemplificazione di cultura dell'artificio e del pressappochismo di cui io personalmente chiedo conto.
La resistibile ascesa di certi personaggi non è il frutto di diaboliche astuzie, bensì di compiacenze, di rese incondizionate, morali e culturali di rinunce totali; sono il frutto di vasti allentamenti delle coscienze dei controlli e delle volontà democratiche; sono il frutto di un avanzare a volte irrompente e dirompente di furbe degenerazioni dei valori della politica e della lotta politica, perché qui non è stato detto ciò che in realtà tutti sappiamo.
Altri valori sono stati buttati in questi anni nella società dentro il travaglio profondo e sofferto dei mutamenti, delle modificazioni e delle trasformazioni anche immense avvenute nella nostra Regione e nel nostro Paese. Molti valori sono andati sotto pressione, molti si sono spezzati molti nuovi e positivi sono emersi, molti nuovi e negativi sono dilagati.
Compito della politica, compito della cultura, compito degli uomini della politica e della cultura era ed è quello di discernere e di essere testimoni di queste scelte; da come si è scelto, su quali valori si è deciso di poggiare, prima di tutto individualmente, con il richiamo alla propria dignità morale e ideale, poi con il richiamo alla morale e all'ideale politico, si capisce l'oggi, le posizioni e le responsabilità e da queste non si sfugge né rinviando ad un futuro le trasformazioni e n ricorrendo al passato.
Il Consigliere Marchini ha posto a mio giudizio alcune questioni di ordine generale, utili per una discussione su come riorganizzare grandi idee o grandi sistemi del funzionamento dello Stato, delle strutture pubbliche, ecc; obiettivi, nodi che stanno sicuramente di fronte agli uomini politici, agli uomini della cosa pubblica, della res pubblica, a quelli delle istituzioni e alle stesse istituzioni, ma così come sono state poste queste questioni paiono saltare a pie' pari la necessità di costruire oggi il nuovo delle e nelle istituzioni, partendo dall'assunzione oggi di responsabilità in merito ai fatti e alle situazioni dell'oggi; non si pu rinviare ad un indistinto generale e ad un indistinto futuro, bisogna avere come riferimento quello, ma muoversi oggi sulla base delle realtà e dei dati dell'oggi. I fatti d'oggi impongono scelte precise, in particolare a chi detiene le responsabilità generali e puntuali. Trarre le conseguenze politiche per noi voleva dire, come richiesta all'Assessore, partire da un certo punto di vista, proporsi come servitore dello Stato, della cosa pubblica e delle istituzioni, vedere con l'animo del servitore della cosa pubblica la propria condizione, i bisogni e i doveri riferiti a se stesso e riferiti all'orizzonte che fa riferimento a se stesso rispetto le responsabilità che si detiene.
Noi non abbiamo chiesto le dimissioni e personalmente non le chieder poiché penso che sia l'Assessore a doverle dare; se non si avverte questo è inutile che si chiedano o non si chiedano. Non sembri una contraddizione.
Mi aspetto che vengano date, non le chiedo, è una questione che riguarda esattamente il rapporto con quelle grandi cose di cui si diceva, e di cui hanno detto anche i Capigruppo della maggioranza, riguardo il rapporto individuale e politico delle persone che con le loro responsabilità sono comunque coinvolte. Ma le attendo specie dopo le parole del collega Rossa il quale ci ha detto alcune cose - e me lo consenta - che personalmente ritengo drammaticamente preoccupanti, perché ha urlato al lupo temendo per la sanità pubblica in uno scandalo che è tutto della sanità privata; era meglio dire come stavano le cose.
Implora e si erge a difensore di medici, di paramedici e della grande maggioranza di questo popolo e Paese di onesti, che nessuno ha attaccato.
Qui si tenta di attaccare i disonesti; che in questo Paese ci sia una maggioranza di onesti lo sappiamo benissimo, altrimenti non saremmo qui.
Quello che mi ha preoccupato enormemente è che dietro a quella retorica c'è ancora una volta il tentativo, per niente mascherato, di nascondere le cose e di rinviare ad un genericissimo vuoto. Oggi, noi abbiamo bisogno di affrontare con atti, fatti, senso della dignità, della responsabilità questioni che sono qui, che riguardano percorsi, uomini, cose e fatti.
Abbiamo la necessità di segnarlo anche con assunzioni di responsabilità individuali, ognuno poi le valuterà; noi volevamo cogliere questo in questa discussione, nelle proposte che abbiamo avanzato nei confronti della Giunta e dell'Assessore in particolare; le si considerano o le si vogliono considerare: la solita carta di un gioco antico politico dignitoso, perch non è indignitoso; ma: la solita carta del solito antico gioco politico? Consideratele così se volete, ma restano vane e vuote tutte le parole che qui avete sprecato in direzione del rinnovamento e del cambiamento.
In questa situazione, su questa questione consentitemi di dire, e lo dico anche a nome del Gruppo pur non essendo il Capogruppo, viene meno la nostra fiducia istituzionale in questa Giunta e in questa maggioranza. Una fiducia istituzionale che c'è sempre stata anche se noi siamo all'opposizione perché noi riconosciamo fino in fondo il valore e il diritto di una maggioranza e di una Giunta di essere comunque la rappresentanza dell'intero Consiglio. In questa questione ripeto è venuta meno la nostra fiducia istituzionale e democratica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Chiedo la parola per proporre a nome del mio Gruppo un'iniziativa concreta che, per il suo carattere propositivo, è aperta a tutti i Gruppi che intendano sottoscriverla. Ho invocato più volte atti di cambiamento segni concreti e qualche collega della DC con perplessità si è chiesto che cosa intendiamo per cambiamento.
Poc'anzi Bosio ha parlato di sfiducia istituzionale, ma esiste anche un problema politico di cambiamento della maggioranza.
Ma non è questo l'oggetto del mio ordine del giorno. Quale risposta si può dare oggi in questa sede all'emergenza istituzionale? La risposta è su due punti: uno riguarda la Regione, i dipendenti, i funzionari, noi stessi l'altro, più foriero di effetti negativi, concerne il blocco a Torino del funzionamento dell'USSL 1/23, a causa del non riconoscimento di legittimazione dell'elezione del Presidente e del Comitato di gestione.
Chiediamo un segno concreto e alto con precisi significati politici.
Noi proponiamo che la Regione faccia la sua parte fino in fondo per uscire dallo stato di emergenza a Torino. Proponiamo un Commissario all'USSL l/23 che abbia il preciso incarico di affrontare l'emergenza creatasi nel settore sanitario per garantire il buon funzionamento delle UU.SS.SS.LL.
nelle prossime settimane e per predisporre gli atti e i provvedimenti necessari per un rapido insediamento delle dieci UU.SS.SS.LL. Riteniamo che la nostra proposta debba essere condivisa da questa assemblea. E' fuori da ogni dubbio che si stia giocando contro Paparella e sul Commissario, quel triste gioco delle parti che richiamava Bosio. Proponiamo che venga chiamata a rivestire il ruolo di Commissario una figura istituzionale, il Difensore Civico della Regione, che ha dato in questi anni buona prova e che gode della nostra fiducia. Impegnamo la Giunta a nominare questo Commissario o, qualora ci venisse eccepito che la nomina "ad acta" non contempla una fattispecie così ampia, ad impegnarsi con tutti i suoi mezzi affinché questa nomina sia effettiva. Depositiamo quindi l'ordine del giorno e ne chiediamo la votazione.



PRESIDENTE

Ho dato disposizioni affinché venga distribuito l'ordine del giorno presentato da Bontempi.
La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, in fase di comunicazione del Presidente della Giunta al Consiglio sembra registrarsi un fatto nuovo ovvero la richiesta di commissariamento dell'USSL 1/23 di Torino da parte del Consigliere Bontempi, la cui novità, invece, è relativa, poiché noi abbiamo chiesto il commissariamento dieci giorni fa. Nel nostro ordine del giorno lo chiedevamo esplicitamente: è un problema che nei termini precisi indicati deve essere valutato non solo dal Consiglio, ma anche dall'esecutivo. Ritengo che occorra distribuire l'ordine del giorno di Bontempi e nel frattempo si possa procedere su altri argomenti all'o.d.g.
ad esempio l'approvazione dell'esercizio provvisorio. Ci riserviamo di dare una valutazione complessiva al documento comunista dopo averlo esaminato con attenzione con le forze di maggioranza e con l'esecutivo.



PRESIDENTE

Bontempi ha detto che l'ordine del giorno è aperto all'esame di tutti i Gruppi; pertanto ho dato incarico di farne copie e distribuirle. A questo punto, procederei nei lavori; appena distribuito l'ordine del giorno si può, vista l'intenzione di Bontempi, aprirlo alla discussione.
La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, vorrei dire poche cose, poiché chi non ha memoria corta ricorda che il sottoscritto, insieme al collega Bontempi, ha presentato un'interpellanza che era oggetto - caro Marchini - di comunicazione da parte dell'Assessore e del Presidente della Giunta, in merito alla quale se mi consentite - e il Regolamento me lo consente - far una breve replica.
A qualche estranea che avesse seguito oggi il dibattito dell'aula verrebbe da dire che, in questa discussione, ci sia un imputato, il sottoscritto, il quale ha chiesto - ahi - lui! - le dimissioni dell'Assessore Olivieri. Tranne i rappresentanti del Gruppo comunista e del Movimento Sociale, gli altri hanno "fatto muro". Ciò non mi sorprende: è la conferma della sottovalutazione dei processi degenerativi in atto e, nello stesso tempo, delle decisioni che la società civile aspetta da questa assemblea. E proprio per questo, non posso che ribadire la richiesta di dimissioni, anche in considerazione della mia insoddisfazione profonda per la reticenza dell'Assessore Olivieri. Il quale ha tenuto un rapporto sleale con l'assemblea, quando, giovedì scorso diceva



(Voci in aula)



STAGLIANO' Gregorio Igor

Se non vi dispiace, dico quanto mi pare opportuno dire.



PRESIDENTE

Staglianò, non abbiamo ancora dato inizio a questo problema.



STAGLIANO' Gregorio Igor

No, io sto replicando ad un'interpellanza, alla quale non è stata data risposta.



PRESIDENTE

No, l'interpellanza è stata assorbita dalla comunicazione della Giunta.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Appunto, ed io mi colloco in relazione a questa comunicazione. La taglio corta, signor Presidente ...



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Presidente Viglione, bisognava tagliarla subito, non dopo. Staglian non può offenderci in questo modo.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Quello che intendevo dire si è forse già capito: volevo mi si spiegasse perché, signor Presidente della Giunta, si poteva procedere, stando a quanto ha affermato l'Assessore Olivieri, al commissariamento dell'USSL 1/23 sei mesi fa, ed invece non lo si è fatto. E' per questa ragione che sono profondamente insoddisfatto e ribadisco la richiesta delle dimissioni dell'Assessore. Aggiungo il mio consenso per la proposta ...



PRESIDENTE

Collega Staglianò, ripeto, non siamo ancora entrati nel merito della discussione. Il suo comportamento è di usare violenza all'assemblea che ancora non è entrata nell'argomento.
Proporrei di dare inizio all'esame di due questioni urgenti.
La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Sono d'accordo con la procedura proposta dal Presidente, vorrei per porre un vincolo politico, non a lei quale Presidente ma quale interprete di un'esigenza obiettiva. Sono ormai le 16,00. L'ordine del giorno è un atto molto concreto, non è una petizione di principio. Occorre che in tempi reali, utili a tutti gli effetti, possa essere messo in discussione, votato o non votato. Pertanto, accedo alla sua proposta che mi sembra ragionevole però dato che le cose da decidere sono in realtà concettualmente semplici chiedo ai Gruppi di svolgere questa verifica in un tempo tale da rispettare entro un'ora il voto.



PRESIDENTE

D'accordo. Invito pertanto i Capigruppo o loro delegati a confrontarsi su questo testo e a valutare la possibilità di concordare un documento unitario.
Le due pratiche hanno già visto un lungo dibattito in Commissione quindi credo che entro un'ora si possa votare.


Argomento: Esercizi provvisori

Esame progetto di legge n. 214: "Proroga fino al 30/4/1987 dell'esercizio provvisorio del bilancio per l'anno 1987 autorizzato con L.R. 14/1/1987, n.


PRESIDENTE

6"



PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame del progetto di legge n. 214, di cui al punto 4) all'o.d.g.
Relaziona il Presidente della I Commissione Santoni. Ne ha facoltà.



SANTONI Fernando, relatore

Mi scuso con l'assemblea per questa breve relazione orale, non presentata preventivamente come è costume della nostra Commissione, ma il provvedimento è stato licenziato ieri mattina, quindi in termini di praticabilità di tempo non è stato possibile far quello che avremmo voluto.
Il presente provvedimento proroga l'autorizzazione alla Giunta all'esercizio provvisorio alla fine di aprile, oltre la scadenza che con legge 14/l/1987 n. 6 il Consiglio aveva già fissato.
La proroga si è resa necessaria non tanto per motivi tecnici quanto per due sostanziali problemi che sono stati affrontati dalla I Commissione: il problema delle reimpostazioni dei fondi statali a destinazione vincolata, su cui il Commissario di Governo già in sede,di assestamento 1986 aveva svolto una serie di osservazioni e che è praticamente impossibile recepire nel documento di bilancio di previsione 1987, tant'è vero che la Giunta, nella persona dell'Assessore Turbiglio, ha provveduto ad iniziare una trattativa con il Ministero del Tesoro per potere dare soluzione a questo problema in tempi adeguati alle necessità del bilancio della Regione Piemonte, quindi in tempi che non possono esaurirsi nell'arco dell'esercizio 1987 il secondo problema, che è di più difficile soluzione e certamente non ci si illude di risolverlo nell'arco della proroga dell'esercizio provvisorio (quindi nei termini di due mesi), è quello che con la contemporanea diminuzione in termini reali dei trasferimenti e il contestuale aumento altrettanto in termini reali delle spese, in particolare delle spese obbligatorie e delle spese fisse, si apre per la finanza regionale una forbice che è già sufficientemente larga per porre i responsabili del bilancio e la Giunta nel suo complesso in condizione di non poter più operare. Se la situazione prosegue su questa strada nei prossimi anni, procedendo la divaricazione in progressione geometrica, si arriverà materialmente a dover bloccare qualunque attività regionale perché l'aumento in termini reali dei costi fissi, non compensati da un adeguato trasferimento altrettanto in termini reali, non assorbirà completamente quelli che sono i limiti di possibilità concreta e complessiva della Regione Piemonte.
Questo problema certamente non lo risolveremo nell'arco di questi sessanta giorni, ma è opinione della Giunta e della I Commissione all'unanimità che debba essere in questa fase posto in maniera pressante e forte all'autorità di governo, anche attraverso un dibattito consiliare sul problema della finanza regionale in modo che evidenzi finalmente a tutte lettere una situazione che diventata intollerabile e insostenibile per la Giunta e per il Consiglio regionale del Piemonte.
Quindi riteniamo che in questa fase di ulteriore proroga il Consiglio debba dar luogo finalmente a questo dibattito e aprire un confronto serrato, approfondito, estremamente forte e rigido con le autorità di governo sul problema che, se non viene risolto, renderà impossibile a breve termine qualunque tipo di attività regionale.
Queste sono le motivazioni che la I Commissione ha condiviso per la proroga dell'esercizio provvisorio, proroga che in quanto tale richiama tutti i vincoli che erano già compresi nella L.R. n. 6 del 14/1/1987, cioè la spesa per dodicesimi sulle singole mensilità dell'esercizio. Vi è un'eccezione che è richiamata nell'art. 1, secondo comma, del presente progetto di legge, che riguarda le assegnazioni dello Stato già accertate e destinate a scopi specifici per cui non vi è limitazione; è facilmente comprensibile il perché laddove vi sono delle spese e dei trasferimenti a destinazione vincolata, quindi già preordinata e prevista.
Queste le motivazioni, questo il contenuto del progetto di legge che si raccomanda all'approvazione del Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Biazzi.



BIAZZI Guido

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, quando discutemmo dell'assestamento del bilancio di previsione 1986, il nostro Gruppo sostenne che in effetti non si assestava niente, anzi, si peggiorava la situazione dei conti della Regione perché non si vedeva nessun tentativo di riordino delle spese regionali. In quel periodo poi la Regione Lombardia per non fare sempre riferimento all'Emilia Romagna, si comportava in modo diverso.
Di conforto in questa convinzione c'è la deliberazione del 3 settembre 1986 con la quale si sono dispersi contributi relativi a investimenti per 75 miliardi; ma mi pare che ne siano state assunte anche altre successivamente in pieno contrasto con quanto ci era stato detto in Commissione e in Consiglio alla fine di luglio. Si è cioè deciso di erogare interventi a pioggia, fuori da ogni criterio di vera programmazione, in contrasto con la legge di finanza locale, senza riferimento né al piano regionale di sviluppo in vigore né a quello in formazione da parte della Giunta.
Con quell'atto si sono peggiorati i conti della Regione, solamente per quattro-cinque anni, ma il peggioramento si ripercuoterà per altri dieci di almeno 20 miliardi. E' una cifra significativa e andremo poi a vedere l'esatta situazione dei conti della Regione. Del resto a darci ragione è stato lo stesso Commissario di Governo con la lettera di accompagnamento all'approvazione dell'assestamento del bilancio.
Noi abbiamo cercato con i limiti delle nostre forze e capacità di analizzare il bilancio presentato dalla Giunta regionale per il 1987.
Abbiamo fatto alcuni conti semplici ed è emersa una situazione di grande preoccupazione,per noi addirittura insostenibile. In Commissione abbiamo cercato di capire meglio, per fare chiarezza fino in fondo, per vedere i conti della Regione. Avevamo buoni motivi per pensare che il bilancio presentato dalla Giunta a dicembre 1987, su cui si era chiesta l'autorizzazione all'esercizio provvisorio senza che nessun Consigliere avesse avuto la possibilità di esaminarlo nel merito, presentava decine di miliardi di spese discrezionali da coprire con le cosiddette entrate libere che non hanno nessuna reale copertura perché non trovano corrispondenza nelle entrate libere: secondo noi sono almeno 100 miliardi, non si tratta di una cifra di poco conto. L'analisi è stata molto semplice, si riferisce alle conseguenze della competenza 1987. 1 100 miliardi sono contenuti nella proposta della Giunta solo per la competenza 1987; non c'è il pregresso semmai si aggiungerà il progresso. Siamo partiti dai dati contenuti nella proposta del piano di sviluppo regionale presentato dalla Giunta, i risultati li abbiamo confrontati con le poste del bilancio 1987 e abbiamo trovato che quadrano. Abbiamo confrontato ovviamente solo le entrate libere e le spese discrezionali, esclusi ovviamente i fondi statali che hanno una destinazione vincolata.
Che cosa è emerso per il 1987? Entrate libere per 566 miliardi, spese vincolate per 542 miliardi; a questi vanno aggiunti i fondi statali da reimpostare sulla vecchia proposta di bilancio per un totale di 16 miliardi; 8 miliardi di disponibilità per il 1987. Sappiamo però che i fondi statali da reimpostare - e ringraziamo l'Assessore per averci fornito i dati esatti - sono altri 73 miliardi. Solo con queste voci noi saremmo già sotto di 65 miliardi.
Che cosa comprendono queste spese? Voglio fare l'elenco perché è importante che il Consiglio regionale sappia su che cosa autorizza l'esercizio provvisorio e quali possono essere le conseguenze.
Comprendono solo gli oneri per i mutui, le annualità passive, le spese sul funzionamento (sulle quali farò una precisazione) e altre voci che sono quelle vincolate ma che non incidono sul funzionamento complessivo della Regione.
Quando parlo di spese di funzionamento mi riferisco ai 195 miliardi indicati nella proposta di piano di sviluppo che non comprendono tutta l'attività della Regione, ma semplicemente il funzionamento degli organi statutari, il rifinanziamento degli enti strumentali, per quanto riguarda la quota fissa, e alcune spese di carattere vincolato. Sono escluse la formazione professionale, tranne quella che passa attraverso i centri regionali, e la partita che riguarda il lavoro, la cultura, l'artigianato il commercio e il turismo; è esclusa tutta l'attività normale della Regione. Eravamo già a 8 miliardi di disponibilità, ma se stimiamo il costo della formazione professionale, impostando una politica di rientro, nei 90 miliardi ogni anno, noi saremmo sotto di circa 82 miliardi per il 1987 solamente per quanto riguarda la formazione professionale; non mi soffermo sui 70 miliardi e più dei fondi statali da reimpostare.
Evidentemente il tutto non può ridursi alla formazione professionale.
Se pensiamo all'artigianato, al commercio e a tutti gli altri settori,almeno 25 miliardi all'anno sarebbero da destinare per questi interventi. Avremmo quindi per il 1987 un deficit, cioè spese non coperte da entrate valide, di 106 miliardi. Con le proposte formulate dalla Giunta arriveremmo a 133 miliardi nel 1988, poi diminuiscono alcune spese per il rientro di annualità passive in agricoltura, e alla fine del 1990 ci troveremmo con più di 450 miliardi di spese non coperte.
Questa situazione l'abbiamo esposta in Commissione e l'abbiamo verificata con le poste del bilancio 1987. Abbiamo trovato una quadratura in più, infatti le partite correnti non comprese nelle spese di funzionamento superano i 150 miliardi, per cui avevamo buoni motivi per ritenere che i nostri dubbi e le nostre preoccupazioni erano più che fondati.
L'Assessore ci ha confermato questo. Lui stesso è preoccupato di questa situazione drammatica.
Di conseguenza abbiamo chiesto la proroga dell'esercizio provvisorio perché ci sembra impensabile di poter approvare il bilancio allora presentato dalla Giunta con questo squilibrio dei conti. Abbiamo chiesto in Commissione una revisione radicale del bilancio, la presentazione di un progetto pluriennale che permetta il riordino dei conti regionali e che la proroga dell'esercizio provvisorio contenga già alcune limitazioni e indicazioni di rientro, perché ormai deve essere a disposizione della Giunta regionale il preconsuntivo definitivo per quanto riguarda il 1987 e perché lo squilibrio dei conti presentati nel 1987 non può permettere al Consiglio regionale di concedere la proroga dell'autorizzazione all'esercizio provvisorio con la possibilità di effettuare spese di fatto non coperte dalle entrate.
In sede di discussione in I Commissione è emersa la necessità che il Consiglio regionale, prima dell'approvazione del bilancio definitivo affronti i problemi della finanza regionale e dei rapporti con i poteri centrali dello Stato. E' intervenuto anche il Presidente Viglione caldeggiando questa iniziativa che riteniamo indispensabile per la sopravvivenza della Regione.
Però, di fronte ad una situazione così drammatica, permetteteci di fare alcune considerazioni. Oramai sono sei i documenti fondamentali di bilancio presentati dalla Giunta e approvati dalla maggioranza. Non siamo più all'anno zero. Ebbene, in nessuno di questi documenti abbiamo trovato - e l'abbiamo dimostrato quando ne abbiamo discusso - un tentativo di riordinare i conti della Regione.
Soprattutto è mancata la coscienza delle difficoltà in cui versa la finanza regionale, non solo in Piemonte, ma in generale nel nostro Paese.
L'Assessore Turbiglio ha detto cose in gran parte condivisibili. Ha manifestato le sue preoccupazioni, ma non c'è mai stata un'assunzione coerente di responsabilità da parte della Giunta regionale. Non sono passati molti mesi da quando è stata approvata quella deliberazione della Giunta con cui si sono sperperati altri miliardi; la settimana scorsa abbiamo dato il via con molte critiche alla sottoscrizione delle azioni S.A.C.E. per oltre mezzo miliardo.
Perché non si è voluto fare chiarezza? In effetti abbiamo constatato che si è fatto tanto polverone all'inizio di quest'amministrazione. Ci ricordiamo la vicenda del debito INPS. Dove è andato a finire questo debito se non c'è più nemmeno una lira in questo bilancio? Erano poi così irresponsabili gli Assessori alle finanze di quel tempo se non hanno indicato e riconosciuto quel debito, in coerenza con il comportamento di tutte le Regioni, se adesso che il problema è emerso con tanta evidenza non c'è nemmeno una lira in bilancio? Correttezza vorrebbe che si facciano almeno le scuse a quegli Assessori alle finanze.
C'è una responsabilità precisa di forze e di Gruppi politici del Consiglio se le cose sono andate avanti con inerzia fino a questo punto.
Accadono queste cose perché non c'è un coordinamento e perché gli Assessori fanno finta di nulla di fronte a qualsiasi accadimento.
Non si tratta di galleggiare, ma occorre garantire il Consiglio regionale e la stessa maggioranza anche dai rischi di carattere amministrativo e penale. Troppe questioni sono state fatte sul vero e sul finto.
Occorre uno scatto, un cambiamento di direzione, un mutamento di fondo nell'azione e nel costume di questa Giunta e di questa maggioranza.
Vivacchiare, raggiungere piccole tappe, girare intorno al gioco dei quattro cantoni con il povero Assessore alla finanza in mezzo che paga il penso mi pare che non sia un'azione che abbia prospettiva. Probabilmente l'Assessore Turbiglio le dice queste cose in Giunta, ma sembra che nessuno gli dia retta. Vediamo se almeno gli hanno dato retta per quanto riguarda i due mesi necessari all'approvazione del bilancio definitivo, per quanto riguarda una moratoria nelle spese per poter riordinare i nostri conti.
Occorre cioè uno scatto, un cambiamento di rotta, occorre cambiare le scelte di bilancio e il modo di operare della Giunta, occorre puntare sulle priorità (occupazione, ambiente, e così via) e su quelle convogliare le poche risorse disponibili.
Riteniamo occorra predisporre un progetto di risanamento per il rientro dei nostri conti, come del resto adesso chiede anche lo stesso governo. Di fronte alla estrema difficoltà delle finanze regionali occorre il blocco di tutte le spese discrezionali della Regione, delle spese non obbligatorie improcrastinabile in attesa di questo progetto di rientro.
In questo senso abbiamo presentato un emendamento al progetto di autorizzazione all'esercizio provvisorio, anche perché riteniamo che sarebbe pericoloso, non solo sotto l'aspetto amministrativo, spendere soldi che di fatto non ci sono. Come si può giustificare un comportamento di questo tipo? La Regione Lombardia ha fatto quello che noi chiediamo proprio per il bilancio 1987, ha bloccato tutto in attesa del consuntivo 1986 e dell'assestamento 1987, tranne poche eccezioni; per esempio, i piani paesistici vengono ritenuti un intervento di grande rilevanza e alcuni interventi che riguardano l'occupazione. La Lombardia aveva cominciato l'operazione di rientro nel 1986; invece, la Regione Piemonte andava nella direzione dello sfondamento; mentre la Lombardia tagliava le spese correnti di circa il 20%, il Piemonte per quanto riguarda l'acquisto dei beni di servizio aumentava le spese del 20%.
Questa Giunta e questa maggioranza hanno responsabilità precise, ma la maggior responsabilità è quella di aver voluto far finta di nulla.
Possiamo dire tranquillamente che se non sollevavamo noi con forza il problema si faceva passare tranquillamente il bilancio presentato nel dicembre scorso con la conseguenza che alla fine del 1987 ci saremmo trovati altri 100 miliardi scoperti senza sapere come coprirli.
Non possiamo però nasconderci il problema di fondo, al di là delle responsabilità che abbiamo individuato, e cioè che le difficoltà della finanza delle Regioni e degli Enti locali derivano da scelte fatte all'esterno degli Enti stessi. L'Assessore Turbiglio lo dice nella relazione ché ha presentato con la proposta di bilancio. Del resto manca dal 1981 la legge sulla finanza regionale e da allora la situazione si è ulteriormente aggravata con la determinazione annuale delle risorse, con la crescente riduzione dei mezzi finanziari che sono al di sotto del tetto di inflazione programmata (tranne un provvedimento che non ha dato praticamente risultati concreti, per esempio, per quanto riguarda la spesa sanitaria, tant'è vero che si sono dovuti coprire a pie' di lista gli sfondamenti sui bilanci delle Regioni, ma in questo mi pare non ci fosse la Regione Piemonte), l'adozione da parte del Governo del sistema della diffusione dei fondi settoriali, l'episodicità degli interventi, e così via. Tutti aspetti su cui ritorneremo nella discussione che dovremo fare in Consiglio su queste problematiche.
Tutto questo dice con forza che è necessaria la ripresa dell'iniziativa delle forze autonomistiche, a partire dalle assemblee elettive regionali e locali, perché il Governo rispetti gli impegni assunti, come aveva fatto presentandosi in Parlamento nel luglio scorso per ottenere la fiducia. Tre mesi dopo però abbiamo visto che le parole dette da Craxi per quanto riguarda l'autonomia impositiva erano già state smentite da parte di Visentini e da parte di Goria. Noi ritenevamo quell'impostazione valida. E' indispensabile delineare un rapporto diverso e armonico fra i poteri centrali dello Stato e quelli decentrati delle autonomie. Noi lo abbiamo detto ripetutamente nella discussione dei documenti di bilancio degli scorsi esercizi e lo ripetiamo non per avviare una contestazione aprioristica verso il Governo, ma perché siamo coscienti che il nostro ordinamento affida ruoli diversi e autonomi a Stato, Regioni, Comuni e Province indipendentemente dalle maggioranze che li reggono. Dobbiamo per essere noi a rivendicare, costruire e difendere con forza questo ruolo.
Vogliamo perciò leggere le difficoltà che abbiamo evidenziato, come occasione e spinta per la presentazione da una parte di un serio progetto di riordino dei conti della Regione e dall'altra come spinta per una serie di iniziative unitarie affinché Governo e Parlamento affrontino i problemi delle Regioni e del sistema delle autonomie.
Queste due strade sono per noi obbligate; se non le si vuole percorrere con urgenza, con decisione e con coerenza,sarà perfino difficile giustificare la nostra presenza su questi banchi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Quaglia.



QUAGLIA Giovanni

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ci avviamo a concedere una proroga di due mesi all'esercizio provvisorio approvato il 14 gennaio su richiesta, che noi riteniamo motivata, della Giunta regionale.
Per ripercorrere brevissimamente le motivazioni che ci hanno portato a questo provvedimento, dobbiamo ricordare che la Giunta, quando a dicembre presentò il bilancio di previsione per il 1987, chiese - già allora quattro mesi di esercizio provvisorio per poter affrontare, in questo lasso di tempo pur ristretto, alcuni nodi fondamentali della finanza regionale.
Furono accordati due mesi con l'impegno, preso in Commissione, di avviare le consultazioni sul bilancio per il 1987, avendo come linee di riferimento le indicazioni essenziali previste dal piano di sviluppo regionale proposto dalla Giunta alla fine dello scorso anno.
Questo percorso di consultazioni è avvenuto anche sulla base delle prime riflessioni sul documento di piano e si sarebbe stati pronti ad approvare il bilancio nella giornata di oggi se non fossero intervenute nel frattempo le novità che conosciamo, e cioè le iniziative assunte dal Presidente della Giunta e dell'Assessore al bilancio a livello governativo sia tecnico sia politico, per verificare la situazione del bilancio della Regione Piemonte ed esaminare insieme la possibilità di una gradualità di rientro dalla situazione deficitaria in cui la Regione si trova.
Se questo Consiglio ben ricorda, già in occasione della discussione sull'assestamento del bilancio del 1986, da parte del nostro Gruppo era stato chiesto alla Giunta di impegnarsi in tempi brevi ad avviare un confronto con il Governo, in particolare con il Ministero del Tesoro, per studiare la possibilità di una graduazione nel tempo per rientrare da quel debito sommerso, ma reale, che il bilancio negli anni scorsi aveva accumulato.
Diamo atto alla Giunta di avere esperito questa strada, in particolare al Presidente della Giunta e all'Assessore al bilancio; oggi, dunque, la richiesta della Giunta di ulteriori due mesi di esercizio provvisorio è determinata proprio dalla necessità di far luce nelle nostre finanze e di predisporre un progetto di rientro da presentare al Ministro del Tesoro, da discutere e approfondire, affinché possa essere attuata questa gradualità.
Credo però che ci illuderemmo se pensassimo di essere in grado, nel giro di qualche tempo, di riuscire a dare risposta alle difficoltà e alla crisi della finanza regionale. Crisi e difficoltà che sono insieme, a mio avviso, causa ed effetto della caduta di tensione e di credibilità che le Regioni stanno registrando in questo momento.
Il Presidente del Consiglio regionale della Basilicata, nell'incontro di coordinamento dei Presidenti dei Consigli regionali, ha dichiarato che negli ultimi anni è diminuita la credibilità complessiva del sistema delle Autonomie locali e delle Regioni a causa di deboli risposte date da questi Enti alla società in accelerata evoluzione. Il Presidente lucano ha anche dichiarato che da questi presupposti nasce la necessità di allargare gli spazi per il rilancio del regionalismo, imputando al Governo e al Parlamento le inadempienze a livello centrale, ma anche facendo una riflessione e una verifica sul modo con cui si è operato nelle Regioni perché anche questo può aver contribuito ad abbassare il tono politico rispetto alle potenzialità istituzionali e statutarie che le Regioni hanno.
Colpe gravi dunque del Parlamento e del Governo per l'accentuarsi di un neocentralismo, per una diminuzione in termini reali di trasferimenti e per eccessivi vincoli posti alla destinazione di fondi statali, ma, secondo me anche responsabilità delle Regioni. Ci siamo dibattuti, e continuiamo a dibatterci, nel dilemma programmazione o gestione. La collega Cernetti in I Commissione ha sottolineato opportunamente questo aspetto; forse abbiamo ecceduto nel legiferare su tutto e di tutto, contribuendo così a disperdere quelle poche risorse che sono proprie delle Regioni. Abbiamo bardato le Regioni di eccessivi appesantimenti burocratici che certamente non contribuiscono a raccogliere consenso, particolarmente fra gli operatori pubblici e le Amministrazioni locali. Dunque questa difficoltà, questa crisi della finanza delle Regioni è reale, ma non credo dobbiamo rassegnarci; credo dobbiamo reagire con un'azione pressante sul Governo azione che la Giunta ha iniziato, che ci auguriamo porti avanti assieme alle altri Regioni nella sede propria della Conferenza dei Presidenti, che ci pare in questi ultimi due o tre anni abbia perso un po' della sua forza di contrattazione e di presenza. Dobbiamo però anche impegnarci in alcune riflessioni di carattere interno, che ci riguardano direttamente, al fine di correggere errori, superare ritardi ed appesantimenti burocratici.
Dunque è necessaria un'opera di revisione legislativa; è necessario procedere ad un'opera di modifica e semplificazione delle leggi soprattutto delle procedure; è necessario, in una parola, rendere meno burocratico il rapporto con i cittadini e gli Enti locali. Non illudiamoci non otterremo dal Governo, dal Parlamento e dalle forze politiche, siano esse di maggioranza o di opposizione, nulla a vantaggio delle Regioni, o non otterremo per le Regioni il rilancio, che a più riprese andiamo auspicando, se insieme a noi non avremo il sostegno delle Autonomie locali delle Amministrazioni provinciali e dei Comuni, alle giuste rivendicazioni delle Regioni. Ma, mi domando con un po' di preoccupazione ed amarezza, per certi aspetti, come è possibile ottenere il sostegno degli Enti locali quando la Regione è vista dagli stessi come un elemento di turbativa, che rallenta gli investimenti, che non consente quella speditezza quell'efficienza che in alcune occasioni gli Enti locali sanno e hanno saputo dimostrare. Credo che se continueremo su questa strada (potrei fare dei riferimenti molto precisi, non li faccio ma tutti mi possono capire) sarà molto, molto difficile che gli Enti locali possano sostenere le richieste e le rivendicazioni, che io ritengo giuste, da parte delle Regioni. Se non riusciremo a operare una mobilitazione attorno a noi, se non riusciremo a convogliare altre energie, in particolare quelle delle Autonomie, il Parlamento e il Governo avranno buon gioco per continuare ad ignorare o a emarginare il ruolo delle Regioni. Riuscire a fare questo dipende anche da noi; se non riusciremo credo sarà inutile continuare a lamentarci di avere poche risorse, di avere poco spazio e che il nostro ruolo nella società attuale si sta via via riducendo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente, ancora una volta il Consiglio è chiamato a concedere l'esercizio provvisorio. A me pare che debba essere concesso, è quindi un rinvio di qualche mese, cioè fino a quando affronteremo il bilancio complessivo; in quella sede formuleremo giudizi e valutazioni complessive.
Alcune brevissime considerazioni però debbono essere fatte, anche alla luce di alcune affermazioni fatte dall'opposizione e rese pubbliche da "La Stampa" in ordine ai conti della Regione.
I conti della Regione sono certamente tristi e pesanti, non è da adesso che rileviamo questo. Nel novembre del 1985, quando facemmo l'assestamento di quel bilancio, ebbi a dire che esisteva un deficit non evidenziato intorno ai 300 miliardi. Rispetto a quell'affermazione ci furono delle prese di posizione ferme e contrarie che dicevano che quelle affermazioni non erano vere e che bisognava dimostrarle.
Il deficit indubbiamente è cresciuto, ma è cresciuto sulla base del deficit preesistente. Onestamente occorre prendere in considerazione che la situazione della finanza regionale è pesante e non può essere affrontata con eccessiva leggerezza. Il merito della Giunta è nell'aver avuto il coraggio di denunciare questo deficit, di metterlo in evidenza e di proporsi un obiettivo di risanamento. Obiettivo che oggi pare essere velleitario. I conti della Regione sono quel che sono, non ci sono risorse a sufficienza. Si avanza la proposta di fare un dibattito sulla finanza regionale, la Giunta lo sollecitò quando presentò il piano di sviluppo regionale, visto che in quel documento c'erano alcune valutazioni sul futuro della finanza regionale. Dire che la situazione è preoccupante è essere molto ottimisti, ma è molto di peggio se si leggono i numeri di quelle relazioni. Quindi ben venga il dibattito sulla finanza regionale. La Giunta ha il merito di aver posto il problema e di aver cercato un rientro.
Non è sufficiente porre il problema, occorre raggiungere gli obiettivi che ci prefissiamo. Poiché sono poco convinto che il Governo e lo Stato diano i fondi per sanare la situazione, mi pare sia necessario individuare dei comportamenti nuovi. Non si può continuare ad andare avanti come si è sempre fatto fino ad oggi perché il deficit non rientra, anzi aumenta sempre di più. Occorre individuare nuove politiche di bilancio, cercare nuovi comportamenti per consentirci prima o poi qualche rientro. Non ci sembrerebbe corretto prendere unicamente atto della situazione e dire che qualcuno comunque metterà a posto le cose e che prima o poi qualcosa succederà. Molto più serio e più ragionevole è che in quest'aula si faccia un approfondito dibattito, si individuino le reali possibilità che la Regione Piemonte ha per affrontare la situazione della finanza regionale e si prendano i necessari provvedimenti. Mi pare questo il comportamento corretto che dovremmo assumere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Biazzi.



BIAZZI Guido

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, vogliamo sperare che si sia aperta la possibilità di un confronto vero sui conti della Regione che non può che farsi con delle cifre alla mano. Prendo la parola per agganciarmi a quanto ha detto il Consigliere Ferrara - che penso abbia parlato in buona fede - il quale sostiene che alla fine del 1985 esisteva un deficit di 300 miliardi, di cui non sono mai stato a conoscenza. E' necessaria sicuramente una verifica. Se questa affermazione fosse vera allora, sono convinto - e i conti li andrò a verificare - che nel 1986 quei 300 miliardi saranno diventati almeno 350/400. Quello che invece, collega Ferrara, ti dimostro cifre alla mano, è che i conti per il 1987 (la sola competenza 1987, cioè le scelte che la Giunta ha presentato al Consiglio) ci portano fuori di altri 100 miliardi. Mancano cioè 100 miliardi di entrate a fronte delle spese che sono indicate. Sono disposto a controllare il presunto deficit dell'anno 1985 di 300 miliardi; se tale era, significa oggi che aumenterebbe almeno a 450 miliardi. E' necessario, quindi, un controllo contabile.
Come si può concedere l'esercizio provvisorio senza alcuna limitazione se questa fosse davvero la situazione dei conti regionali? Riteniamo che l'emendamento presentato debba essere approvato, casi come, a nostro avviso, doveva essere approvato l'emendamento analogo presentato dal Consigliere Majorino in sede di autorizzazione al primo esercizio provvisorio. Successivamente speriamo che ci sia l'occasione per un confronto serio sulla situazione contabile della Regione. Noi siamo disponibili per capire e trovare la soluzione di questo problema.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cernetti.



CERNETTI Elettra

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, gran parte dell'intervento che volevo fare l' ha già svolto il Vicepresidente della I Commissione che ha proposto temi che avevo già trattato io nella Commissione stessa. Gli interventi del Vicepresidente della I Commissione mi meravigliano piacevolmente perché hanno sempre una carica critica nei confronti della maggioranza. Questo è per me un indice sul quale bisogna riflettere. Se si incomincia a fare autocritica forse siamo alla vigilia di un miglioramento,perché quando la critica la fa l'opposizione assume sempre carattere di strumentalizzazione, quando invece viene dall'interno della maggioranza può essere indice di un fermento verso qualcosa di nuovo.
L'Assessore al bilancio ha esposto in Commissione con estrema sincerità una situazione così disastrata che non può non venire alla luce. Ancora una volta è emersa la contraddizione sui compiti delle Regioni. Le Regioni devono avere un carattere eminentemente legislativo e di programmazione oppure devono avere un carattere di gestione? Anche qui la verità è ben precisa e ineccepibile. Potrei fare l'esempio di qualche Assessore che quando era nei banchi dell'opposizione tuonava perché le deleghe fossero concesse e che ora, per primo, non le vuole più concedere perché, come diceva il Presidente Viglione, esperto in materia, con un'espressione poco aulica ma molto efficace: "là dove metti il sedere cambi parere".
Dobbiamo uscire da questo equivoco, perché se il compito della Regione Piemonte è un compito di legislazione e di programmazione, la necessità di fondi, se non sono di spesa corrente, si fa sentire molto meno. Non possiamo sostenere che il compito della Regione Piemonte è di legislazione e di programmazione ed essere costantemente alla ricerca di nuovi fondi.
Bisogna prima di tutto fare chiarezza al nostro interno e ammettere che nonostante tutti i principi e le affermazioni, che possono essere diverse a seconda che si sia seduti nei banchi dell'opposizione o in quelli della maggioranza, la verità è che non si rinuncia alla gestione, quindi non ci si qualifica esclusivamente come ente di legislazione e di programmazione.
Gli amministratori periferici, quando vengono a incontrarsi con gli Assessori, più che legge e programmazione chiedono contributi. Questo malvezzo continua e persiste e penso che gli Assessori siano convinti che è difficile imporre legislazione e programmazione se contemporaneamente non si danno contributi. L'istituzione regionale continua a oscillare tra la funzione legislativa e la funzione gestionale e questo ha segnato il parziale fallimento delle Regioni. Ma, fatta chiarezza al nostro interno sui nostri compiti, si potrà avviare un dibattito che prepari il clima in ordine a quelle che sono le proposte di maggiori fondi anche con un progetto di rientro pluriennale, ma a mio avviso limiteremmo estremamente il nostro compito se ci ponessimo nei confronti dello Stato come dei questuanti sempre alla ricerca di qualche centinaia di miliardi in più che del resto lo Stato non solo ci lesina, ma continua a sottrarci perch sempre più si riappropria di funzioni che erano state assegnate alle Regioni, tant'è vero che ormai le grosse scelte non spettano più alla Regione perché sotto una forma o sotto un'altra (anche il FIO) sono assorbite dallo Stato. Proprio per non sembrare dei questuanti, che sarebbe un atteggiamento perdente, le Regioni dovrebbero fare "la calata su Roma" (in questo momento la calata la fanno i Sindaci) e, attraverso i dibattiti e attraverso iniziative con altre Regioni, rivendicare il ruolo e l'identità dell'istituzione Regione, rivendicare gli scopi per cui le Regioni furono istituite. Solo in questo modo automaticamente deriverà un aumento di fondi.
Dovremmo fare precisi programmi, individuare le spese prioritarie visto che molte volte finanziamo ai Comuni opere che sono già state finanziate dallo Stato.
Ci vuole una rappresentanza delle Regioni che si ponga a livello statale in modo forte e consistente, così come l'ANCI si pone per i Comuni.
Insomma dobbiamo rivendicare il nostro ruolo e dobbiamo riappropriarci del nostro ruolo altrimenti constateremo, non tanto il fallimento finanziario quanto un fallimento politico dell'istituzione Regione.



MARCHIARO MARIA LAURA



PRESIDENTE

Se non ci sono altri interventi, darei la parola all'Assessore Turbiglio per la replica.



TURBIGLIO Antonio, Assessore al bilancio

Signor Presidente e colleghi, non tornerò sugli argomenti trattati da diversi Consiglieri che mi hanno preceduto e che si riferiscono alla situazione della finanza regionale.
Ritengo che arriveremo sicuramente ad un dibattito opportunamente preparato. Mi pare che la richiesta rifatta oggi sulla necessità di dibattere la questione sia enormemente sentita dalla Giunta, la quale anche nel momento della presentazione del piano di sviluppo, aveva annunciato la preparazione di un dibattito.
Io stesso avevo detto, al momento della presentazione del bilancio, che lo avremmo discusso insieme al problema della finanza; ciò, naturalmente nel momento in cui l'Assessore fosse stato in condizioni di portare elementi più sicuri, dopo aver anche interpellato i Ministri e gli uffici collegati su una soluzione e su un disegno di rientro di tutto il bilancio regionale.
So che ci sono problemi incombenti, per cui non mi divulgherò, però mi sento in obbligo di precisare alcune cose.
Innanzitutto, vorrei ricordare come i giornali abbiano riportato la scoperta di un presunto deficit come se i comunisti fossero stati folgorati sulla via di Damasco, dalla notizia (riportata nell'ultima riunione di Commissione) di un buco finanziario di 100 miliardi. Vorrei ricordare che non c'è stata nessuna folgorazione; da quando ho la responsabilità del bilancio ritengo di aver seguito una via precisa, di chiarezza, di limpidezza e di trasparenza, portando e dando a tutti la possibilità di verificare i conti della Regione. Non riesco ancora a capire adesso che cosa si voglia dire rispetto ai 100 miliardi di deficit del 1985. Naturalmente i giornali hanno riportato questa notizia sotto titoli cubitali, e la cosa mi ha lasciato molto perplesso. Colgo qui l'occasione di ribadirlo.
Ritengo che il Consigliere Biazzi, molto attento e preparato in materia finanziaria, voglia fare riferimento al tipo di preparazione di bilancio rispetto alle reimpostazioni non fatte. Se l'avanzo scoperto non è stato riversato tutto su reimpostazioni, ma - in parte - su possibilità di spese correnti, è logico che qualcuno possa definire questo un buco. Ma il discorso non è stato fatto con i sistemi della banda del buco, che lavora di notte e nelle fogne, il discorso è stato fatto chiaramente, spiegando che la situazione imponeva, per portare avanti il bilancio l'accantonamento di una grossa cifra di reimpostazioni. Più precisamente ho detto che nelle previsioni di bilancio per il 1987 mancavano 70 miliardi che non erano stati reimpostati; se a questi 70 miliardi si veniva ad aggiungere le cifre non reimpostate nel 1985 e nel 1986 si arrivava ad una differenza di 110 miliardi, per i quali da parte del Governo era stata fatta precisa osservazione in fase di assestamento 1986, e per i quali avevamo l'intenzione di arrivare ad un ripianamento. Naturalmente ci siamo anche chiesti quali potevano essere le possibilità del ripianamento ed avevamo individuato tre strade possibili: la prima ci ha portati alla Cassa DD.PP.; la seconda ci invitava a richiedere mutui alle varie banche; un terzo percorso ci ha fatto andare direttamente dal Ministro del Tesoro.
Avevamo delle rivendicazioni fermissime e documentate da fare in queste sedi; naturalmente siamo andati con poche speranze di avere risposte positive sulla possibilità di aumento delle entrate; siamo andati soprattutto per dire che il Piemonte insieme a tutte le altre Regioni (la Lombardia prende certe decisioni in un senso, caro Biazzi, e altre in altro senso, e soltanto ieri è uscito un articolo di Finetti responsabile della Regione Lombardia, dal titolo "La resa delle Regioni") è in una situazione di impossibilità totale. Non possiamo non ricordarci e non ricordare a voi che nel periodo 1975-1980 c'erano passaggi di somme dallo Stato alle Regioni, che aumentavano di anno in anno fino al 35-40%, per cui, e direi anche giustamente, le Giunte che ci hanno preceduto, hanno impostato i loro programmi su queste basi e su queste visioni. Naturalmente se dal 35-40% in più di trasferimenti siamo arrivati al 4% del 1987, si impongono problemi di estrema gravità, anche perché le cose già iniziate non possono essere corrette o fermate da un momento all'altro, così come è, per esempio, il progetto per la formazione professionale.
Sul discorso con i Comuni, che tu Biazzi continui a ricordare, vorrei dire che i contributi sono stati elargiti con molta attenzione, cercando di individuare quali erano i Comuni che non ne avevano necessità. Se a qualche Comune che aveva ancora possibilità di indebitamento presso la Cassa DD.PP.
è andata ancora qualche sovvenzione, quella è servita solo per chiudere la revisione prezzi e le perizie suppletive per le quali i Comuni non potevano andare alla Cassa DD.PP. per modificare l'importo del mutuo.
Non è vero, quindi, che questa Giunta abbia operato in modo da aumentare ed esaltare ulteriormente quello che era un deficit anche se sommerso - diciamolo pure -.
Sono lieto di aver sentito gli interventi in questa sede consiliare di Biazzi e degli altri Consiglieri, perché in effetti ritengo essi siano nella condizione di poter parlare con dati molto più certi di quelli che erano a mia disposizione quando mi trovavo all'opposizione.
L'intenzione della Giunta e dell'Assessore è stata di fare estrema chiarezza, quindi non sono stati i comunisti venuti in Commissione a costringerci a prorogare l'esercizio provvisorio, ma siamo stati noi a richiedere la proroga dopo aver individuato i vari percorsi dei quali vi ho accennato. Dopo aver verificato le effettive possibilità di ripianamento e la disponibilità del Governo (siamo andati a parlare con il Ministro e con i funzionari), stiamo preparando un progetto di rientro della situazione finanziaria piemontese diluito negli anni ed anche diviso secondo i vari settori (abbiamo la possibilità di allungare alcuni rientri nell'arco di parecchi anni anche chiedendo di fare le iscrizioni al momento della scadenza). Ci sono invece altri problemi che ci impongono di rientrare in tempi più solleciti. Abbiamo avuto assicurazione che questo poteva venir fatto contemporaneamente alla presentazione e alla discussione sul bilancio, dopo aver esaurito le consultazioni in Commissione e in Consiglio. Ritengo che in questo modo, pur dopo aver chiesto un periodo di proroga di 60 giorni, riusciremo a far chiarezza nella situazione contabile ed anche a stilare un progetto di rientro in modo che il bilancio venga accettato e approvato dal Governo.
Perché, egregi colleghi, occorre trovare un accordo: non si pu continuamente accusare la Giunta di essere lenta, incapace e raffigurarla come una lumaca con il Presidente Beltrami alla sua guida e chiedere contemporaneamente di bloccare il bilancio, di congelare gli impegni, di chiudere tutte le possibilità di amministrare. Vorrei capire cosa significhi una programmazione senza un successivo e conseguente momento di amministrazione; programmare sulla carta non serve. Se si è programmato di fare delle discariche occorre avere, poi, i sistemi e i mezzi finanziari per poterle attuare: avendo messo i problemi ambientalistici in primo piano occorre finanziare gli studi necessari per l'attuazione delle discariche.
Vorrei ancora smentire in pieno l'accusa mossa alla Giunta di non essere attenta, anzi, di aggravare la situazione di bilancio. Ho fatto fare una ricerca, alla data di oggi, per conoscere gli impegni e le spese sia in conto capitale sia in spesa corrente, per verificare cosa sia successo in questi due mesi di esercizio provvisorio. Posso dire al Consigliere Biazzi conti alla mano, poiché si parla di bilanci, materia in cui le parole hanno poco spazio, che nella spesa in conto capitale lo stanziamento era di 140 miliardi e 270 milioni di cui sono stati utilizzati 3 miliardi e 133 milioni mentre avrebbero potuto essere impegnati 83 miliardi, pari a due dodicesimi. Questo dimostra le intenzioni della Giunta ed in modo particolare dell'Assessorato. Se si considerano gli impegni complessivi di spesa, 5.219 miliardi, gli impegni assunti nei due mesi sono stati 189 miliardi con una spesa di 56 miliardi: su 5.000 miliardi la Giunta ne ha spesi 56. Questo è uno dei motivi per cui la volta scorsa non avevamo accettato l'emendamento presentato, che pure poteva avere una sua ragione.
Con queste cifre che ho indicato e che sono del tutto indicative, dico che la Giunta non può accettare l'emendamento presentato dal PCI poiché essa responsabilmente, è in grado di manovrare il bilancio senza stravolgere nulla.
Ci sarà sicuramente l'occasione di entrare più nel merito delle scelte del bilancio e delle possibilità future, alla presentazione del documento che dovremo predisporre per l'approvazione del bilancio.
Questo è un discorso oggi prematuro.



PRESIDENTE

La discussione è terminata. Passiamo alla votazione dell'articolato ART. 1 - I Consiglieri Biazzi e Avendo presentano il seguente emendamento: dopo il primo comma, inserire questo nuovo comma: "Si autorizza solo l'esecuzione delle spese obbligatorie nei limiti di un dodicesimo per ogni mese, salve le deroghe di legge".
La parola al Consigliere Biazzi per l'illustrazione.



BIAZZI Guido

L'emendamento ci pare chiaro; purtroppo abbiamo sentito che la Giunta non intende accettarlo. A noi sembra semplicemente una conseguenza della situazione su cui tutti concordano: occorre fare un riordino nei conti prima di aprire la possibilità di nuove spese: può valere per un mese, un mese e mezzo, ovvero il tempo di vigenza dell'esercizio provvisorio. Il nostro emendamento ci sembra perciò una conseguenza logica della situazione denunciata e pensiamo che il Consiglio lo debba accettare. E' vero, la Giunta ci ha informato che non ha provveduto a impegni di particolare rilevanza e ne prendiamo atto. Proprio per questi motivi, però, non dovrebbe dar fastidio un emendamento di questo tipo; invitiamo perciò la Giunta ad accogliere l'emendamento e a continuare a non impegnarsi in spese che potrebbero non essere sorrette finanziariamente.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Turbiglio.



TURBIGLIO Antonio, Assessore al bilancio

E' vero, il ragionamento di Biazzi ha una sua logicità: visto l'impegno a non spendere, perché non si accetta l'emendamento? Ho voluto solo precisare che i numeri dimostrano che la Giunta ha l'autorità e l'intenzione di rispettare tempi e spese per un andamento che però è prevedibile in linea di massima. Potrebbero capitare imprevisti domani mattina che metterebbero in difficoltà la Giunta se accettasse l'emendamento presentato.
Ribadendo che sarà nostra intenzione non stravolgere quanto previsto in un esercizio provvisorio, ritengo sia interesse comune non accogliere l'emendamento proprio per la possibilità che eventi imprevedibili ci mettano nell'obbligo di dover intervenire.



PRESIDENTE

Pongo in votazione per alzata di mano tale emendamento.
E' respinto con 18 voti favorevoli e 29 contrari.
Si proceda quindi alla votazione per appello nominale dell'art. 1 nel testo originario.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 48 hanno risposto SI 29 Consiglieri hanno risposto NO 18 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 48 hanno risposto SI 29 Consiglieri hanno risposto NO 18 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 2 è approvato.
Pongo ora in votazione l'intero testo della legge per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 48 hanno risposto SI 29 Consiglieri hanno risposto NO 18 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'intero testo della legge è approvato.



CERCHIO GIUSEPPE


Argomento: Sistema informativo regionale

Esame proposta di deliberazione n. 441: "Proroga a termine della durata del Consorzio per il trattamento automatico dell'informazione (CSI-Piemonte)"


PRESIDENTE

Il punto 5) dell'o.d.g. reca: "Esame proposta di deliberazione n. 441".
E' una deliberazione approvata all'unanimità in I Commissione.
Al riguardo, il Consigliere Reburdo presenta il seguente emendamento: al termine del quinto comma: "con esclusione di quelle iniziative direttamente o indirettamente collegate con la produzione di armi e l'industria bellica".
La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, su questa deliberazione, che condivido, e lo dico anche a nome del collega Ala, pongo una pregiudiziale rispetto al rinnovo del CSI, così come è stata impostata stante il riferimento al comma quinto della deliberazione laddove si ravvisa: "l'esigenza che si continuino e si sviluppino le iniziative già curate in passato". Tra queste iniziative c'è un rapporto con l'industria bellica che il CSI ha impostato con l'Aeritalia attraverso un accordo e io l' ho ricordato in una mia interrogazione e se ne è parlato sul giornale del CSI in occasione di un'intervista per il sostegno diretto alle attività di ricerca che l'Aeritalia compie in campo militare. Mi riferisco all'appoggio del CSI all'Aeritalia che sta mettendo insieme un sistema impropriamente detto di intelligenza artificiale finalizzato al miglioramento della produzione aerea, e specificatamente quella di carattere militare. Tra l'altro l'Aeritalia ha pubblicizzato questo pagando intere pagine su tutti i giornali. Noi riteniamo che tali iniziative debbano essere bloccate e che non si possa non prendere atto che il CSI è qualificato dal punto di vista dell'esperienza, non deve però avere nessun sostegno, né diretto n indiretto per la produzione militare, come invece stabilisce l'accordo che il CSI ha stipulato con l'Aeritalia.
Per questo motivo presentiamo un emendamento che verrà illustrato dal Consigliere Ala.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Con questo emendamento mi pare del tutto evidente che si vuole stabilire che il CSI è un ente nel quale la Regione è disposta a partecipare solo se viene posto un vincolo per quanto riguarda le iniziative direttamente o indirettamente collegate con l'industria bellica.
Pregherei la Giunta e l'Assessore di valutare con attenzione un testo di questo genere. E' oramai abitudine da parte mia e dei colleghi proporre emendamenti che tendono a dissociare l'attività regionale dall'industria bellica, di solito con scarsissimo successo. Noi non abbiamo alcuna preclusione rispetto alla continuazione dell'esperienza del CSI che, per moltissimi versi, è un'esperienza di notevole validità e significato, che arreca elementi di modernità e capacità di controllo ed analisi alla Regione. Riteniamo soltanto che questo ente e questa attività debba essere tenuta attentamente distinta dall'industria bellica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Chiedo scusa ai colleghi se non sarò troppo sbrigativo, ma l'argomento in discussione richiama una questione da noi già sollevata con un'interrogazione urgente al Presidente della Giunta e con una lettera inviata per conoscenza al Presidente del Consiglio.
Si tratta di verificare in quali condizioni di rapporti con gli altri due partners, l'Università e il Politecnico, si arriverà al rinnovo del Consorzio il 31/12/1987.
Mi rendo conto perfettamente che interessano molto di più le sortite giornalistiche, opportunamente veicolate, di chi ha fatto la scelta di non essere presente né in Consiglio né in Commissione - e questo lo verificheremo in termini regolamentari visto che la politica si esprime attraverso l'informazione che diamo ai cittadini.Purtroppo i temi più volte trattati dagli organi di stampa sulla ricerca e sulla qualità del terziario superiore in Piemonte vengono bellamente ignorati. Mi rendo conto di predicare nel deserto, ma non mi scoraggio; bisognerà prendermi a calci per farmi smettere! La questione che abbiamo posto è che il Politecnico e l'Università, per la mancata decisione ministeriale di finanziamento al CSI, stanno per aderire (il documento del Politecnico è molto chiaro) al CILEA lombardo.
Questo fatto dovrebbe richiamare l'attenzione del governo regionale e dell'assemblea regionale. Il nostro quotidiano locale assume tipici atteggiamenti della "subalpinità piangente", ma mi sembra molto curioso che nel momento in cui va via uno dei centri più qualificati, e messo insieme dagli enti pubblici, non ritenti di rimetterlo in piedi a livello di dignità, come tenta di fare l'Assessore Vicepresidente.
I due partners erano fondamentali nel progetto originario, non tanto perché dovessero essere dei contractors a grandi finanziamenti, ma perch potevano stabilire un rapporto su quel delicato fronte della sinergia dell'interazione tra un soggetto pubblico elettivo com'è la Regione depositario di compiti generali di programmazione e di politica, e due soggetti importanti come l'Università e il Politecnico nel campo della ricerca.
Le proposte del CILEA di accollarsi tutte le spese per il centro WAS del Politecnico (1 miliardo e mezzo oltre l'attività di 5 persone) non possono essere facilmente controdedotte se non con un atteggiamento che sul piano politico e delle possibilità finanziarie vede la Regione impedire l'allontanamento di un perno significativo del Politecnico e dell'Università. E' chiaro che questi partners non uscirebbero dal Consorzio, però ridimensionerebbero gravemente il loro impegno.
Voglio richiamare la responsabilità del governo. Pur avendo dato il riconoscimento all'Assessore competente degli sforzi fatti, in condizioni non del tutto facili né di bilancio né di clima politico, per difendere quella struttura o meglio per permettere il proseguimento della sua attività, mi chiedo se non sia perniciosa la decisione di attribuire la presidenza alla componente regionale, non tanto per la persona, ma perché è un ulteriore atto che rischia di disimpegnare ulteriormente il Politecnico e l'Università da questo rapporto.
Chiedo che venga promosso quell'incontro che abbiamo già richiesto tra Giunta regionale, Capigruppo, Rettori dell'Università e del Politecnico e CSI. Dobbiamo spendere il massimo delle risorse e farle valere - lo dico al Presidente della Giunta e agli Assessori competenti - nei confronti del Ministro. La posizione di un Ministro che abilita il dirottamento dell'impegno politico e di ricerca del Politecnico e dell'Università sulla piazza milanese non si capisce. Non lo merita il CSI per quello che ha prodotto, per la sua qualità e per le sue caratteristiche originarie.
Approveremo questo rinnovo, ma intendiamo avere una risposta dalla Giunta e, se è possibile, la data dell'incontro per affrontare al giusto livello questo problema.
Concordiamo sull'emendamento proposto dai Consiglieri Ala e Reburdo.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Staglianò. Ne ha facoltà.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Annuncio che come DP riteniamo opportuna questa proroga e la giudichiamo positivamente per il ruolo importante di servizio pubblico che il CSI ha svolto in questi anni al fine di modernizzare il trattamento dell'informazione e consentire alle istituzioni rappresentative di lavorare conoscendo al meglio la realtà nella quale operiamo.
In questo senso, quindi, auspico vivamente che il Vicepresidente della Giunta, la collega Bianca Vetrino, si dichiari disponibile ad accogliere l'emendamento che, insieme ai colleghi Ala, Reburdo e Adduci ho presentato.
Emendamento che ho firmato di buon grado, perché oggi abbiamo bisogno colleghi (e penso che, seppure a fatica, essa si vada facendo largo anche in quest'assemblea), di una nuova coscienza dei problemi che l'umanità intera ha di fronte e, quindi, anche di quella parte di umanità che pu essere influenzata dal nostro quotidiano operare. Occorre una nuova coscienza su come invertire la marcia rispetto ad una politica militaristica, che deve essere contrastata in ogni modo. In questo senso tutti gli strumenti che la Regione attiva, e quindi anche il CSI, devono favorire un'altra cultura che non sia quella della guerra.
E' un piccolo contributo che pensiamo di offrire in qualche modo all'attenzione dei colleghi e dell'assemblea che, se recepito, pu consentire, nella rinegoziazione del protocollo, un rapporto proficuo oserei dire all'altezza dei tempi, oserei dire con gli altri partners intorno a questi problemi.
Auspico, pertanto, che il Vicepresidente Bianca Vetrino accolga l'emendamento.



PRESIDENTE

Non essendoci altri iscritti a parlare, ha la parola il Vicepresidente della Giunta Vetrino.



VETRINO Bianca, Vicepresidente della Giunta regionale

La deliberazione che abbiamo di fronte tende a prorogare i termini del Consorzio che va a scadenza alla fine di questo mese. Questa proroga, tra l'altro, era tra gli impegni che la Giunta si era assunta nel momento in cui il Consiglio avviò un dibattito molto intenso attorno ai problemi del CSI. Uno degli impegni era appunto quello di prevedere una proroga di qualche mese per poter consentire al nuovo Consiglio una eventuale revisione dell'impianto istituzionale del Consorzio stesso, tenendo conto delle nuove esigenze della Regione e degli enti consorziati (mi riferisco in particolare al Politecnico e all'Università che avevano messo in evidenza rilievi e osservazioni che tra l'altro vennero esplicitati anche nell'ultima assemblea) in ordine anche ai problemi di finanziamento relativi allo stesso CSI.
Questa proroga è quindi necessaria per consentire con tranquillità il rinnovo di una struttura importante per la nostra comunità che ha dei problemi relativi al finanziamento che è determinato di anno in anno.
Non esiste per ora una legge di finanziamento costante di questa struttura e ciò ogni anno finisce per determinare delle polemiche: quella dello scorso anno è nota a tutti, quella di quest'anno probabilmente riprenderà in fase di assestamento.
Riusciremo o no a definire le richieste e le esigenze del CSI? Devo dire, in relazione allo scorso anno, al di là delle polemiche che abbiamo però chiarito in questa sede, che il CSI a fronte degli 8 miliardi iniziali di finanziamento ha di fatto svolto servizi per la Regione che a consuntivo sono di oltre 16 miliardi.
L'attività del CSI è talmente impregnata nell'attività della Regione e l'attività della Regione è cosa condizionata dal CSI, giustamente ritengo dal momento che viviamo in una società che deve fare i conti con gli strumenti nuovi che sono a disposizione che, al di là delle difficoltà di bilancio, per raggiungere e definire i programmi siamo costretti a finanziare, infatti abbiamo finanziato per 16 miliardi e mezzo.
Questi dieci mesi di riflessione penso siano utili anche per valutare l'osservazione nuova che viene da parte dei Consiglieri Reburdo e Ala che certamente non sarebbe venuta se il CSI non si fosse reso responsabile di un contratto, che tra l'altro gli rende alcuni miliardi. Personalmente posso convenire che si tratta di una struttura pubblica che deve indirizzare i suoi sforzi soprattutto verso talune tematiche finalizzate all'analisi e all'individuazione dei problemi del territorio, cosa che continuerà a fare attraverso il sistema informativo. Mi sembra imprudente in questo momento assumere una deliberazione del Consiglio senza aver avuto la possibilità di consultare gli altri partners, gli Atenei, e tutta un'altra serie di partners che portano nella definizione del Consiglio 22 o 23 rappresentanti.
La Giunta è quindi costretta a respingere al momento attuale questo emendamento.
Il problema posto è serio e credo che quanto è richiesto nell'emendamento vada affrontato nella sede giusta che è quella del Consiglio.
E' in corso una revisione del patto consortile e dello Statuto probabilmente questa norma potrà essere introdotta nella revisione dello Statuto.
Porterò questa richiesta venuta dal Consiglio, e che il Gruppo comunista ha fatto propria,al Consiglio di amministrazione e al Comitato scientifico che di fatto ha avallato questa scelta. Quindi mi impegno, per quanto mi riguarda, a portare questa informazione.
Dall'intervento del collega Bontempi erano però venute altre osservazioni che attenevano ad un altro impegno assunto dalla Giunta, che era quello di procedere ad una serie di contatti che portassero al riconoscimento ministeriale del CSI dandogli la possibilità di ottenere quei finanziamenti che altrimenti non riuscirebbe ad ottenere. Questo ha posto evidentemente dei problemi agli stessi Atenei, perché nei confronti delle altre Università si vedono privati di finanziamenti che se non avessero fatto parte del Consorzio avrebbero in questi anni ottenuto.
Il problema non è di facile soluzione. Ci collochiamo in un campo dove esistono meccanismi di finanziamento e condizionamenti delicati.
Riusciremmo ad entrare nel finanziamento ministeriale della ricerca se al CSI fosse riconosciuta la funzione di polo universitario. Questo è difficile, tuttavia sta a noi cercare di superarlo. Credo che il livello di modernità e di acquisizione scientifica ottenuti dal nostro Centro di calcolo possa essere assolutamente in concorrenza non soltanto con i Centri delle altre Università ma, per le molte informazioni che ho, anche con molti Centri europei.
Nella mia relazione del novembre scorso ho detto che il precedente Consiglio perseguiva questa via da dieci anni tenendo costanti contatti con il Ministero per arrivare a questa definizione che non ha mai ottenuto.
Sono convinta che un'azione vigorosa, forte che veda la Regione in quanto tale in tutte le sue rappresentanze istituzionali, assembleari universitarie e scientifiche, possa essere più autorevole che non un semplice contatto a livello ministeriale.
Non penso però che sia una cosa irraggiungibile negli anni, a venire.
Gli Atenei hanno esigenze contingenti, determinate addirittura da una scadenza rispetto alla quale se non danno risposta si vedono privati dei finanziamenti.
Nei rapporti che andremo a intrattenere dobbiamo fare in modo che questa scadenza possa essere recuperata e che il Consorzio possa rinnovarsi entro la fine dell'anno con i partners fondamentali cioè con gli Atenei.



BONTEMPI Rinaldo

E' stata fatta dai nostri parlamentari un'interrogazione al Ministro.
Se tra le iniziative che potrebbero avviarsi subito ci fosse anche da parte di altri parlamentari piemontesi la stessa richiesta, forse aiuterebbe in quel lavoro non semplice che il Vicepresidente richiamava.



VETRINO Bianca, Vicepresidente della Giunta regionale

Non ho altro da aggiungere se non auspicare l'approvazione della deliberazione.



PRESIDENTE

Chiede ancora la parola il Consigliere Reburdo. Ne ha facoltà.



REBURDO Giuseppe

Chiedo un chiarimento dal momento che parliamo di un nostro ente.
Anticipo che noi chiederemo una verifica - e abbiamo predisposto un ordine del giorno - sul coinvolgimento dell'Università e del Politecnico nelle iniziative di ricerca in campo militare.
Vorremmo capire, nel caso l'emendamento non venisse accolto, se verrà tenuto presente come raccomandazione. Sulla base della risposta esprimeremo il nostro voto sulla deliberazione.



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente della Giunta regionale Vetrino.



VETRINO Bianca, Vicepresidente della Giunta regionale

Ho detto che la Giunta non può accoglierlo per la ragione che coinvolgerebbe non solo la volontà della Regione, ma anche quella degli altri partners.
Questo problema, tuttavia, verrà affrontato nel momento in cui si andranno a riesaminare i patti e, soprattutto, gli obiettivi, le finalità e gli scopi del CSI nella nuova versione.



PRESIDENTE

Passiamo al voto sull'emendamento per alzata di mano.
E' respinto con 17 voti favorevoli, 23 contrari e 2 astensioni.
La parola al Consigliere Bontempi per dichiarazione di voto.



BONTEMPI Rinaldo

Votiamo favorevolmente la deliberazione perché si riscontra nelle dichiarazioni dell'Assessore l'impegno a portare il problema in sede di ridefinizione degli oggetti e dei campi di attività, al momento del rinnovamento del Consorzio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala per dichiarazione di voto.



ALA Nemesio

Gentile Presidente, stavo consultandomi con gli altri firmatari dell'ordine del giorno, per valutare l'impegno della Giunta nell'affrontare il problema, ma anche per manifestare un certo disagio non tanto nei confronti della Giunta, quanto rispetto alla totalità dei colleghi di maggioranza - che non finiscono di stupirmi - che non si sono nemmeno espressi, tramite dichiarazioni a favore o meno, come se il problema fosse del tutto secondario.
Questo è preoccupante soprattutto per quelle forze che si richiamano o dicono di richiamarsi - al mondo cattolico, in cui sono invece vivissimi e forti i fermenti in questo senso. Noi verificheremo lo sviluppo dei nuovi accordi con il CSI; nel frattempo, pur confermando l'apprezzamento sulla deliberazione, dichiaro, anche a nome dei colleghi firmatari l'ordine del giorno, un voto di astensione.



PRESIDENTE

Pongo in votazione la deliberazione il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale della seduta in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 38 voti favorevoli e 4 astensioni.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Ordini del giorno relativi al dibattito sulla comunicazione della Giunta regionale in merito alle vicende della USSL l/23 di Torino


PRESIDENTE

A conclusione del dibattito di stamane sono stati presentati due ordini del giorno: il primo sottoscritto dai Consiglieri Bontempi, Marchiaro Calligaro, Sestero e Staglianò; il secondo dai Consiglieri Brizio, Ferrara Mignone, Marchini e Rossa.
La parola al Consigliere Brizio che illustra l'ordine del giorno della maggioranza.



BRIZIO Gian Paolo

Signor Presidente, illustrerò il documento e principalmente la posizione del nostro Gruppo; naturalmente, gli altri presentatori sono liberi di formulare, se credono, ulteriori valutazioni.
Avevamo chiesto di avere l'opportunità di valutare il documento presentato dal Gruppo comunista, cosa che abbiamo fatto con la massima attenzione, rilevando però di non poter convergere sul documento poiché lo stesso ipotizza come ineluttabile il commissariamento dell'USSL l/23 indicando anche la persona in una figura pienamente rispettabile e che gode la nostra fiducia, quale è il Difensore Civico della Regione. La proposta ci pare però inaccettabile poiché non riteniamo sia di competenza della Regione la nomina di un commissario generale, ma solo quella di un commissario "ad acta". Riteniamo inoltre che si debba procedere con un'iniziativa diversa.
Nel nostro ordine del giorno abbiamo voluto esplicitamente approvare la comunicazione della Giunta, apprezzare gli interventi già assunti dal governo regionale, dei quali non si è tenuto alcun conto, quale, ad esempio, la diffida effettuata nei confronti dell'USSL l/23 ad assolvere alcuni adempimenti come atto preliminare alla nomina di un commissario "ad acta". Questa diffida è stata recepita dal CO.RE.CO. come premessa appunto per la nomina di un commissario "ad acta".
Altra iniziativa della Giunta è la sostituzione della rappresentanza della Giunta regionale al Comitato di gestione dell'USSL l/23 per gli adempimenti concernenti il personale e anche l'iniziativa assunta nei confronti del Comune di Torino, come assemblea dell'USSL 1/23, per quello che concerne la verifica e la normalizzazione della gestione dell'USSL medesima. Sulla nomina del Presidente, avvenuta da parte del Comitato di gestione, ci sono state perplessità da parte del Commissario di Governo espresse in varie sedi.
Si è voluto quindi far presente che il commissariamento, che potrebbe essere la conclusione dell'iter già avviato dalla Giunta regionale in un processo di azione che è in atto, ha come condizione la non possibilità di normalizzazione del Comitato di gestione, il quale è convocato per domani.
In quella sede potrà essere verificata la possibilità di normalizzazione e quindi di sicurezza degli atti che si va a compiere.
Verificata questa impossibilità, noi proponiamo che il Consiglio dia mandato alla Giunta di assumere l'iniziativa esplicita della richiesta di un o al Governo nazionale. Ci pare una linea corretta che approva le dichiarazioni della Giunta, tiene conto di quello che il governo regionale ha fatto in questo periodo difficile, non certo caratterizzato da sua inerzia, e fa una proposta concreta che si indirizza sull'unica via percorribile.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi, che illustra l'ordine del giorno della minoranza.



BONTEMPI Rinaldo

Francamente siamo esterrefatti della conclusione a cui è arrivata la riunione del pentapartito, anche se parlare di sorpresa forse è eccessivo perché tutte le condizioni che avevamo denunciato nel dibattito, di fronte ad un appuntamento concreto come questo ordine del giorno, si sono puntualmente verificate. Siamo esterrefatti perché l'ordine del giorno che avete proposto, colleghi della maggioranza, è la ratifica piena e completa di uno stato di confusione e di indeterminazione che fa a pugni con le esigenze, che a parole - ma a questo punto non vi credo più, adesso ho smesso di credervi - affermate sull'emergenza salute, sulle questioni dei cittadini, e via dicendo.
Voi avete saputo nuovamente inanellare in questo ordine del giorno il percorso "a scaricabarile" che in queste settimane ha caratterizzato il governo del Comune di Torino e della Regione.
E' sintomatico che si parli qui di un iter dove il commissariamento invocato sarà l'esito eventuale dopo un'accertata normalizzazione da parte del Consiglio comunale. Forse voi non sapete che ieri sera i membri di maggioranza del Comitato di gestione dell'USSL di Torino hanno predisposto un ordine del giorno in cui si impegnavano (posto che la parola abbia ancora un senso, dubito anche di questo, vedremo) a dimettersi, vista la condizione di improcedibilità dichiarata dal Commissario di Governo, cioè da un potere dello Stato.
In questo gioco triste, amaro, su cui le mie parole cascano come niente, perché questo è il dramma - ripeto, io chiudo qui ogni apertura di credito nei confronti di chicchessia della maggioranza, credo anzi di averne data troppa - il fatto vero, cari signori, in questo gioco drammatico delle parti, è che si è assistito a pronunciamenti diversi. Oggi sono in corso le grandi manovre per far recedere il Prefetto da una decisione che ha assunto con la forza di un organo che, se hanno senso ancora uno Stato di diritto e le rappresentanze istituzionali, quando viene assunta deve avere forti motivazioni per agire.
Viene riproposto in realtà il gioco dello scaricabarile; usciremo di qui nella piena incertezza di quello che succede. L'unica certezza (lasciamo perdere ancora il piano politico) è che domani avremo la questione di mille precari in sofferenza nell'USSL; quella molto imminente degli stipendi, perché siamo sotto al pagamento degli stipendi; siamo alla questione del governo del settore.
Il meccanismo del vostro ordine del giorno ha ragioni che non mi sembrano affatto nobili e cioè che non siete, purtroppo, in condizioni di fare un atto di coraggio e di autonomia di questa istituzione. A me interessa molto relativamente, caro Olivieri, se la nostra legge preveda un commissario ad acta, credo sia così, invece di un commissario generale. Nel nostro ordine del giorno non ci siamo fatti incastrare da questa difficoltà; abbiamo detto due cose, o nomina del commissario ad acta intendendo multa acta, quindi sufficienti per abbracciare gli scopi limitati di questo periodo, oppure, qualora la competenza non ci sia operare con tutti i mezzi perché si arrivi a questa decisione, che finalizzavamo nella sua concretezza e anche nella sua altezza. Che cosa invece viene proposto qui? Lasciamo perdere i giudizi sulla Giunta che appartengono all'altro capitolo, trattato dal collega Bosio. Si rinvia la palla al Comune, che finora l' ha rinviata alla Regione peraltro, e vi è poi un terzo soggetto: il Prefetto. L'unico punto che avete difeso è costituito dalla possibilità data ad altri soggetti, fuori da quest'aula e fuori dal ruolo istituzionale, di poter decidere cose che evidentemente non vi lasciano più decidere. Il problema è questo, ed è molto grave, perché si è svenduta oggi la possibilità che con questa proposta vi avevamo offerto di avere un momento in cui la Regione tirasse fuori la testa, anche perch leggi o non leggi, resta il fatto che la sanità è competenza regionale, che i commissariamenti o le azioni per ottenerli devono avere il peso della Regione nell'istituzione. E quale momento più alto, dopo un dibattito tormentato e difficile come abbiamo detto essere stato quello di queste tre sedute, che non affermare una nostra linea di indirizzo? Noi identifichiamo nel Difensore Civico, per la figura istituzionale, oltre che per la persona, l'occasione di dimostrare alla gente che in certi momenti le istituzioni e le forze politiche sanno andare al di là dei molti distinguo dei molti "se", dei molti "ma", delle molte incertezze e perfino delle reprimende di qualcuno che vuole dividersi l'influenza politica sul commissariamento a Torino, qualora ci sia.



BRIZIO Gian Paolo

Non c'entra.



BONTEMPI Rinaldo

E' così, e tu lo sai Brizio, perché in gioco da tempo, dall'uscita prima di Donat Cattin, è questo, non è altro.



(Commenti del Consigliere Brizio)



BONTEMPI Rinaldo

Per dimostrarmelo non servono le parole; la vera dimostrazione che non era così era assumere nella nostra autonomia un atto e un'indicazione.
Tant'è vero che non è un caso che nel vostro ordine del giorno manchi una parte che avreste potuto mettere; capisco, erano parole, ma almeno era la dichiarazione di un'intenzione. Pur non accettando la nostra soluzione secondo me è incomprensibile la non accettazione - potevate forse identificare le caratteristiche, fuori dal gioco della vostra maggioranza e dei partiti, di indipendenza, di autonomia e di dignità: una figura in fondo che rispondesse a quello che da giorni, da settimane, si chiede da più parti, dagli organi di stampa e dalla cittadinanza, su questa questione: che i partiti fossero capaci di esprimere quella figura. Cosa facemmo in Regione - e lo ricordate bene, voi amici democristiani, perch foste parte molto attiva - per un ufficio delicato come quello del Difensore Civico, tanto per ritornare sull'argomento? Riuscimmo insieme a determinare un'intesa su una persona che non aveva, e per fortuna continua a non avere a mio avviso, nessuna particolare targa di partito, ma dava garanzie di esercitare in maniera dignitosa e rigorosa il suo compito. Ci avvenne qualche anno fa e ripeto riuscimmo a farlo. Non è forse in qualche modo, più ancora che il Difensore Civico, di fronte all'urgenza dei problemi, la questione del Commissario che deve garantire oggi un bene che si è perduto, la buona amministrazione, l'esigenza inderogabile di un'intesa alta e l'esigenza di uscire dagli schemi? Il fatto che nel vostro ordine del giorno si deleghi e si rimandi al Governo, a un Governo che è intervenuto in questa maniera, cioè per mano del Commissario prefettizio sulla vicenda, credo sia un atto di deresponsabilizzazione, di rinuncia assolutamente pesante.
Il nostro voto sarà fieramente contrario a questo ordine del giorno. Mi pare di poter dire che peraltro è la sanzione assolutamente coerente di conclusioni politiche che abbiamo tratto da tempo e che oggi Bosio nell'intervento finale del nostro Gruppo ha ribadito con chiarezza.
Da quest'aula esce l'incapacità strutturale a "tirare fuori la testa" a fare alcunché che non sia predefinito, preverificato, io non so poi con chi, ma certo ho in mente chi. E dato che, purtroppo, il percorso di questa Giunta è stato (come sono dure le parole, Presidente Beltrami, lo spirito di servizio dell'accordo romano a cui si sarebbero prestati quei personaggi che noi sappiamo) accompagnato troppo dall'assistenza, che è stata molto pelosa, dei padrini politici. Questo aspetto non si rompe neppure oggi e inghippa la possibilità di operare almeno in questa direzione. Noi non chiedevamo di fare una cosa che la legge non permetteva, ma che anzi la legge renderebbe possibile secondo la nostra interpretazione, e cioè di operare e di portare sul tavolo per la soluzione dei problemi della sanità di Torino questa volontà del Consiglio regionale.
Ribadisco che noi voteremo a favore del nostro ordine del giorno. Siamo profondamente sconcertati che ancora una volta un tentativo concreto di cambiamento, che vi indicavo stamane e che abbiamo cercato di innescare sia caduto nel vuoto. Nel vuoto di una sconfitta pesante del pentapartito ma - permettetemi di dire - la sconfitta più di fondo è per i problemi perché non vedo, francamente, in questo quadro e in questo permanere di confusione, altro che l'abilitazione ad altre manovre, magari molto dure ad altre coltellate, magari molto secche, ma dentro il palazzo, in un clima che rasenta sempre più quello dei palazzi borgeschi e dell'ultima Bisanzio e sempre meno quelli di una civiltà avanzata.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Cari colleghi, finora non ho preso la parola sugli scandali delle UU.SS.SS.LL. pur avendo seguito il dibattito svolto dagli altri Consiglieri e elaborato una serie di mie valutazioni. Il problema delle UU.SS.SS.LL.
cosa come il nucleare, si prospetta molto lungo, quindi penso ci sarà sempre tempo per intervenire.
Inoltre ero come annegato, perché questa è l'impressione. La sensazione di sprofondare in una miriade di parole dove assolutamente io continuavo e continuo a smarrire gran parte del senso di quello che avviene, soprattutto per quanto riguarda il rapporto tra le parole e le sofferenze della gente.
Non mi riferisco ai funzionari con laurea o senza, ma, più in generale alla sofferenza della gente ed a come questa viene tenuta in considerazione nelle UU.SS.SS.LL., si tratta insomma di un aspetto estremamente importante. Non so come si possa uscire dalla situazione in cui è sprofondato il Servizio sanitario nazionale dopo le leggi di riforma e soprattutto, dopo l'occupazione da parte dei partiti di questi spazi e non so dove la mediazione dei partiti situi il benessere fisico e la sofferenza. Credo che queste parole non siano all'altezza della situazione.
Si possono mettere in evidenza tutti i riferimenti possibili in merito alla perdita di senso di queste parole e di questi comportamenti politici.
Non ho firmato nessuno degli ordini del giorno che sono stati presentati, ma non per questo rifiuto di schierarmi su uno dei due. Voter a favore dell'ordine del giorno presentato dal Gruppo comunista e firmato dal collega Staglianò, non perché lo consideri ottimo, ma perché almeno vi trovo un riferimento ad una via d'uscita. Mi rifiuto di considerare una via d'uscita il commissariamento, anche se condivido la figura individuata nel Difensore Civico, di cui ho apprezzato l'autonomia dalle forze politiche e dai partiti. Questo aspetto, invece, non lo trovo in altre proposte soprattutto non lo trovo nel comportamento tenuto dal Comune di Torino e dalle forze politiche ivi rappresentate, nel giungere (anche se su qualche nome si può essere d'accordo in merito alle capacità e alle competenze) alle 10 UU.SS.SS.LL. di Torino.
L'ordine del giorno comunista rappresenta comunque una dichiarazione di presa di distanza dai partiti; nel scegliere un commissario è necessario individuare una persona abbastanza lontana dalle posizioni dei partiti. La proposta del PCI è un piccolissimo passaggio nel processo di liberazione del Servizio sanitario nazionale dal controllo dei partiti. Se questo significa migliorare il servizio è ancora da verificare. La situazione richiede un enorme sforzo da parte di tutti, ma soprattutto da parte dei cittadini ai quali credo si debba lasciare un minimo spazio. Quindi sarei propenso alla figura di un commissario per un tempo abbastanza lungo, al di sopra delle parti o comunque da un'altra parte rispetto ai partiti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, devo dire che sono stupefatto ed anche preoccupato dell'intervento del collega comunista, perché ritenevo che questo dibattito partisse dal presupposto che si facevano i processi ai processi, in qualche misura ad alcune persone, ad alcune situazioni. Ma c'è la consapevolezza che la responsabilità politica di quello che avviene non si può attribuire con semplicità di tipo evangelico a destra o a sinistra.
Diciamo che noi abbiamo la difficoltà ad attribuire tutta la colpa alle Giunte di sinistra, maggiore difficoltà avrà sicuramente la sinistra ad attribuire qualche responsabilità a questa Giunta.
In questa situazione, che si utilizzi un ordine del giorno per scatenare su questa questione un attacco cosa duro alla Giunta e alla maggioranza sui problemi della sanità mi sembra veramente strumentale e non dico scorretto perché la politica non è un'attività regolata da norme ognuno si muove utilizzando gli strumenti che la propria cultura e il proprio carattere gli suggeriscono. Qualche considerazione dovremo farla su come il Consiglio viene condotto, perché qui non è più problema di strumentalizzare, ma di gestire spazi che incominciamo a pensare che vengono messi a disposizione non troppo a qualcuno, ma troppo a tutti.
Due sono gli elementi di differenza tra il nostro ordine del giorno e quello presentato dal PCI. Uno è di verità storica, collega Bontempi: noi siamo la maggioranza, che ha il dovere di registrare che il processo che viene suggerito, e che noi condividiamo, di commissariamento, non nasce su iniziativa o sollecitazione del Consiglio - non dico neanche di iniziativa di questo o quel Gruppo - ma è un tipo di percorso che la Giunta ha seguito in tutte le questioni in cui l' ha ritenuto necessario e che sono ad oggi percorribili. Questo è l'elemento, per cui noi abbiamo ritenuto di scrivere un ordine del giorno diverso.
Il commissariamento, quando ci sarà, non nasce dalla volontà espressa dal Consiglio regionale di oggi, nasce da un lavoro politico, che è anche espressione di volontà, che la Giunta ha già svolto, e che noi registriamo e sul quale innestiamo la volontà che avvenga al più presto. Mi rendo conto che nel gioco delle parti il Consiglio, soprattutto l'opposizione, voglia vendere questo risultato finale come la conseguenza della propria iniziativa politica, è normale e logico. Consentite invece alla maggioranza di voler dimostrare, per tavole, che quando il processo di commissariamento si concluderà è anche, se non soprattutto e se non esclusivamente, la conseguenza dell'iniziativa e della volontà politica della Giunta: questo è un dato incontestabile e rappresenta la prima differenza tra i due documenti.
L'altra è l'indicazione del personaggio. Se si parla di un personaggio due sono le questioni che possiamo porci: la persona ed il metodo. Nel nostro ordine del giorno, non vi è alcuna candidatura, ma ciò non significa rifiuto dell'indicazione, anche se devo dire che talvolta queste indicazioni dovrebbero essere fatte con maggiore riflessione. Io ho la massima stima nei confronti del dottor De Martino, ma sono convinto che non accetterà tale incarico, perché egli ha avuto un ruolo primario nella gestione della sanità piemontese.
Se riteniamo di proseguire in questo percorso, io sono d'accordo nell'indicare la persona del dottor De Martino quale commissario. Ritengo però che prima di fare rinunciare al dottor De Martino un'eventuale designazione del Consiglio regionale, comunque diventato ormai fatto pubblico, forse sarebbe stata buona norma chiedere all'interessato se una sua indicazione, considerati i rapporti personali avuti con le persone oggi oggetto di procedimento penale, lo avrebbe messo nelle condizioni esistenziali più serene per svolgere questo ruolo. Questo lo lasciamo decidere al dottor De Martino.
Quindi, se si tratta di dare un'indicazione, se toccherà a noi darla...



BONTEMPI Rinaldo

Toccherà proprio per quello che ha fatto con serietà.



MARCHINI Sergio

Per carità! Io mi sono abituato a non accusare nessuno, registro soltanto delle differenze. Voglio capire perché su queste differenze si vuole costruire, o comunque si coltiva, una polemica con l'asprezza con cui tu l' hai condotta. Mi sembra legittimo che noi vogliamo evidenziare il ruolo che la Giunta ha già assunto e queste sono solo le cose dimostrabili ci sono altre cose che non sono scritte. Questo mi pare un gioco corretto tra le parti; si può al massimo immaginare che venga richiesto da parte di qualche forza politica il rafforzamento della richiesta che in questa sede viene fatta anche dal Consiglio, ma non possiamo come forze di maggioranza che sostengono la Giunta ignorare e minimizzare l'espressione di volontà politica che la Giunta ha evidentemente non solo espresso, ma già realizzato attraverso i passi precedenti.
Sul metodo con cui andare ad indicare, se questo sarà il percorso, al Commissario di Governo il nominativo - Bontempi - qui di fronte a 60 Consiglieri e alla stampa, io chiedo che l'Assessore si impegni per un metodo che sia esattamente quello che in una qualche misura sarebbe a monte dell'indicazione del dottor De Martino a prescindere dalla persona, e cioè che l'Assessore avvii un confronto con tutte le forze politiche in sede pubblica e il più possibile aperto e che quindi si sottragga ad ogni vincolo di maggioranza, ad ogni indicazione di partito, e che verifichi l'opportunità di una qualche indicazione con tutte le forze politiche supportandola con caratteristiche di capacità, di professionalità e di massima indipendenza dalle forze politiche. Questi elementi li affido alla gestione della Giunta. Se le cose stanno in questo senso, prendiamo atto che la Giunta la sua parte l' ha fatta e che c'è una forte sollecitazione del Consiglio, c'è la volontà di tutti a segnare, con le indicazioni da parte della Regione del nominativo del commissario, un metodo nuovo e un momento alto, questo si. Questa persona non dovrà essere designata dall'Università, bensì dalla Regione, che dovrà avere la capacità di designarla al di fuori di ogni forma sospetta di lottizzazione e di appropriazione di questa carica da parte di chiunque, gruppi di pressione forze politiche, maggioranza o minoranza.
Questo identikit corrisponde sicuramente al dottor De Martino. Chiedo quindi all'Assessore di percorrere un processo al fondo del quale ci sia qualcosa di equivalente al dottor De Martino, lo stesso De Martino o altra persona. E' un mandato che la mia forza politica si sente di dare all'Assessore e sul quale lo chiamerà ,a responsabilità politiche in questa sede, qualora questo percorso di confronto con tutte le forze politiche non avvenga e qualora il risultato non sia coerente rispetto a questo mandato da noi conferitogli.
Dobbiamo riconoscere la difficoltà obiettiva, formale, oltre che politica, di affrontare una vicenda anche in termini di rapporto nel riconoscimento dell'autonomia comunale, soprattutto dopo la modifica Degan che non è poco, perché ha deistituzionalizzato le UU.SS.SS.LL. (questo lo dimentichiamo sempre) quindi nel rispetto dei ruoli delle autonomie, in particolare della città di Torino. Sono convinto che l'Assessore trova tutto ciò nel nostro documento, e che sicuramente non ignorerà il significato pressante del documento del PCI, che fa parte della storia e della forza politica di questo Consiglio. Il fatto che non venga approvato non significa che non esiste. E' un documento più pressante e in una qualche misura più completo, nel momento in cui segue un percorso per individuare il candidato a questa carica, fino ad indicare una persona indicazione sulla quale non ci discostiamo, se non attribuendo all'interessato la valutazione del problema che abbiamo posto prima.
Non mi sembra che siano maturati elementi di diversità tali da giustificare un attacco così fermo nei confronti della maggioranza e della Giunta. Attacco che io non respingo perché voglio considerarlo ancora il risultato di una discussione che ci trova tutti in grande imbarazzo, perch è una discussione rispetto alla quale non abbiamo la possibilità di tranciare le cose in modo molto semplice, come si richiede in democrazia.
La democrazia è un metodo con cui tutti devono essere convinti di avere ragione e poi i più hanno ragione. Ma quando la democrazia si trova ad affrontare problemi rispetto ai quali nessuno è sicuro di avere tutta la ragione e deve confrontarsi con qualcun altro, qui non è più il problema della democrazia, cioè della prevalenza dei più, qui è la prevalenza del vero. E il vero in questa questione, consentitemi colleghi Consiglieri, ce lo diranno i Magistrati; il "più" qui non è sufficiente. Quindi non mi sembra giusto, con un voto di maggioranza, disconoscere totalmente il valore del documento comunista, così come mi sembra ingiusto ritenere una sopraffazione di tipo politico e di maggioranza il rifiuto di un documento da parte di un'altra componente. Qui, cari colleghi, c'è un problema di vero, non c'è un problema di più. In questa vicenda la verità prescinderà dall'opinione di una maggioranza rispetto ad un'altra: sarà la verità che verrà fuori dagli elementi in mano alla Magistratura. Su questo probabilmente ognuno di noi verrà nuovamente qui con la propria verità totale e dogmatica, e la confronterà con qualcuno che avrà - io mi auguro una verità totale e dogmatica molto diversa. Perché il ruolo della democrazia è di scavare all'interno delle proprie proposizioni per far emergere le diversità che sono la forza del dibattito.
Chiedo scusa agli amici comunisti, ma io continuo a considerare che sulla delicata tematica che stiamo esaminando, le ragioni istituzionali devono prevalere per larga parte sulle esigenze di parte, sugli interessi di partito, sugli interessi di posizione politica che possiamo avere.
Ci auguriamo, noi per primi, di riuscire a non discostarci più di tanto e più di tanto sovente da questo tipo di orientamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Minervini.



MINERVINI Marta

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, siamo esterrefatti di quanto e di come si parla in Consiglio di una vicenda così triste e dolorosa quale quella che stiamo vivendo da due settimane a questa parte.
In merito agli ordini del giorno, nessuno più di noi può essere d'accordo con la proposta di commissariamento dell'USSL l/23.
Ricordo al Consiglio che da lunghissimo tempo la mia forza politica ha chiesto il commissariamento non solo dell'USSL 1/23, ma di tutte le UU.SS.SS.LL. a livello nazionale. Consentitemi di affermare quindi, con molta amarezza - perché chi paga è sempre il cittadino - ma anche con una punta di orgoglio, che da qualche tempo troppe volte le richieste del MSI sono riprese - sempre troppo tardi dico io - dagli altri Partiti.
Siamo d'accordo, pertanto, sul commissariamento dell'USSL di Torino e anche sul nome indicato dall'ordine del giorno del PCI, in quanto riteniamo il Difensore Civico, dott. De Martino, persona dotata di tutta la competenza e dell'energia necessaria in questo momento a ricoprire il difficile ruolo di commissario dell'USSL 1/23.
Votiamo quindi a favore dell'ordine del giorno del Partito comunista e contro quello della maggioranza.



VIGLIONE ALDO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, una breve dichiarazione per dire che anch'io sono rimasto sbalordito dall'intervento di Bontempi - che ho ascoltato con molta attenzione - perché non ritenevo e non ritengo che l'ordine del giorno presentato dalla maggioranza fosse così macroscopicamente lontano da quello presentato dal PCI e che gli scostamenti avessero delle ragioni precise.
Rispetto alla prima osservazione, già il Consigliere Marchini ha parlato del normale gioco di chi appartiene ad una maggioranza di andare ad individuare i comportamenti tenuti ed esprimere apprezzamento qualora questi lo meritino (e a me pare che alcune delle cose fatte comunque debbano meritare l'apprezzamento del Consiglio regionale) e dare anche il senso che l'obiettivo verso il quale stiamo andando è un obiettivo che è maturato non soltanto in qualcuno, ma complessivamente nella maggioranza e che era già presente all'interno della Giunta.
La seconda osservazione si riferisce al commissariamento: se quanto affermato corrisponde a verità, ovvero che il commissariamento non "ad acta", ma quello complessivo, non compete alla Regione bensì al Governo stilare un ordine del giorno arrogando a sé un provvedimento di cui non si ha la titolarità, significa introdurre un elemento di poca chiarezza, che comunque tarderebbe una qualsiasi soluzione rispetto alle scelte che, credo quasi tutti, abbiamo la convinzione debbano essere assunte.
L'ordine del giorno della maggioranza è vero che non dà un termine preciso e non commissaria oggi, però dice che: "ove si verifichi qualcosa nei prossimi giorni ...". Noi sappiamo però che "prossimi giorni" significa domani perché domani si riunirà il Comitato di gestione della USSL 1/23 al quale, probabilmente, i suoi membri si presenteranno dimissionari; già domani sera, quindi, non solo teoricamente, ma praticamente, con questo ordine del giorno si darà mandato alla Giunta di chiedere il commissariamento al Governo.
Non ritenevo quindi che questa fosse un'operazione di rinvio delle scelte da compiersi. E' una scelta che deve essere fatta con estrema urgenza; mi pare che l'ordine del giorno presentato dalla maggioranza non fugga da tale urgenza, ma si ponga il problema in modo concreto. Questa per quanto vi è scritto, è la differenza fra i due ordini del giorno.
Vi sono poi alcune valutazioni che credo debbano essere chiarite perch il processo alle intenzioni non lo si può fare. Per quanto mi riguarda - lo dica con molta serenità - non ho alcuna velleità (e nemmeno il mio partito e spero neanche la maggioranza) di andare ad individuare in modo lottizzato l'eventuale commissario. Noi crediamo, e forse questa potrebbe essere un'integrazione dell'ordine del giorno presentato dalla maggioranza, che il commissario debba avere determinate caratteristiche che possiamo individuare insieme. Non vi è alcun problema, nessuno fugge; io non so e non posso dare valutazioni sulla persona indicata dall'ordine del giorno del PCI per carenza di conoscenza. Credo, per quanto ne so, che si tratti di persona estremamente onesta, autorevole e capace; non so valutare le argomentazioni di Marchini, perché in realtà non so a cosa si riferisse ritengo comunque che, almeno per quanto mi riguarda, non ci sia minimamente l'intenzione, con questo ordine del giorno, di rinviare la nomina di un commissario o comunque di demandarla a scelte di carattere partitico o lottizzato.
Integrare l'ordine del giorno della maggioranza, definendo meglio o comunque individuando quelle che devono essere le caratteristiche del commissario da proporre al Governo, credo , sia fattibile. Ritengo però che ogni altra valutazione sia stravolgente rispetto alla realtà dell'ordine del giorno della maggioranza e soprattutto rispetto a quella che è la volontà del Gruppo repubblicano.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, desidero fare alcune considerazioni, a nome del Gruppo socialista, circa le valutazioni sull'ordine del giorno da noi presentato, giudicato dagli interventi che mi hanno preceduto sconcertante e stupefacente, d'altro canto facendo pendant con il giudizio espresso dal collega Bontempi, che si diceva addirittura esterrefatto.
Io devo dire invece che non mi sorprendo più di tanto che il dibattito abbia raggiunto punte di asprezza come quelle registrabili in questo momento e quindi la valutazione del PCI sia stata così rigorosa. D'altro canto nell'intervento del collega Bosio si annunciava già questa presa di posizione, esplicitata poi chiaramente dal Capogruppo Bontempi. Mi rendo conto che c'è tensione intorno al problema che stiamo discutendo, ma anche rispetto a una visione e a una proposta politica; tra l'opposizione comunista e il pentapartito vi è tensione anche al di fuori di questa sede per cui vi sono elementi di rigidità a livello più generale. E' quindi comprensibile che tale rigidità si trasferisca all'interno di un dibattito che ha visto le forze che si richiamano all'ordine del giorno presentato dal pentapartito impegnate in un confronto, anche rigoroso e serrato, un confronto del quale abbiamo ben presente qual è la posta in gioco e rispetto alla quale intendiamo dare le risposte giuste, volare alto, come si è detto, uscire dalla quotidianità, scavalcare anche i momenti della giornata nei quali si possono chiedere le dimissioni all'Assessore, ma non mi pare, come ho già detto stamattina, che questa sia la risposta da dare da parte di una Regione che si sente impegnata come la nostra di fronte ai problemi che urgono nella sanità e sui quali i cittadini si pongono giustamente delle domande, chiedendoci cosa intendiamo fare.
A me sembra che il nostro ordine del giorno sia corrispondente all'urgenza del momento; è un ordine del giorno che rileva l'impegno che la Regione ha assunto; è un ordine del giorno che sollecita gli interventi necessari e nello stesso tempo fa conoscere il proprio pensiero che è quello diretto a far si che se non si dà governabilità nel giro di pochi giorni alla sanità torinese, seppur con le sorprese che ha destato la polemica poi circoscritta e superata della nomina del Commissario già 15 giorni fa, è chiaro che occorre dare delle risposte ben precise. Ritengo corretto il comportamento seguito dal collega e compagno Olivieri che in questa questione si è sentito profondamente impegnato. Sono convinto che egli terrà conto nel seguire degli sviluppi delle situazioni anche, se fosse necessario; del metodo diretto a costruire una proposta che rappresenti quella certezza che attraverso uomini di prestigio può venire per tutti noi.
Ho sentito parlare di personaggi. Sono questioni di retrobottega che a questo punto non mi interessano.
Il dibattito di oggi ha recato, per opera di tutte le forze politiche anche se poi ci divideremo sul documento che andremo ad approvare, un contributo all'affermazione della funzione autonoma della Regione e degli Enti locali. L'ordine del giorno che abbiamo presentato è una risposta concreta, articolata, che coglie, passo per passo, gli sviluppi della situazione e si segnala come il momento in cui si intende gestire e non venir meno alla responsabilità che ci spetta di assumere. Lo abbiamo fatto già la volta scorsa istituendo la Commissione d'inchiesta che ha goduto dell'apporto di tutti. Lo faremo con l'ordine del giorno che mi pare possa rappresentare la giusta risposta dell'impegno che questa Giunta e questa maggioranza intendono portare avanti per superare i momenti dell'emergenza grave che abbiamo di fronte e dare delle certezze alla gente che giustamente le richiede in nome di quella trasparenza che deve essere costante impegno come lo è stato per ciascuno di noi fino ad ora nel proseguire il lavoro nella gestione pubblica nell'interesse della comunità piemontese.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Staglianò. Ne ha facoltà.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, ringraziandola per la parola che lei gentilmente mi concede tutte le volte che la chiedo, non vorrei essere confuso con il collega Rossa. Lo dico subito in premessa, prendo le distanze. Non sono rimasto, contrariamente ad altri colleghi, né sconcertato né sbalordito per la conclusione che si sta profilando. E non per le questioni che chi è rimasto sbalordito o sconcertato ha posto, ma perché la conclusione, in qualche modo, era scritta nelle cose e negli atti. Cerco di spiegarmi.
Non è la prima volta che la maggioranza pentapartito della Regione Piemonte fugge dalle proprie responsabilità sulle questioni che investono l'area metropolitana torinese; essa sembra essere terreno di caccia esclusivo dei proconsoli nazionali dei partiti del pentapartito: gli Onorevoli La Ganga, Bodrato, Bastianini; per i socialdemocratici, prima c'era Romita, dopo l'esito del congresso nazionale del PSDI mi sfugge chi sia stato nominato al suo posto.
Dicevo che la conclusione che si profila era scritta nelle cose e negli atti. L'Assessore Olivieri (lo ripeto perché, quando la Presidenza mi ha tolto l'audio, questo non lo si è potuto registrare e preferisco che risulti invece agli atti) non ha voluto rispondere sul perché non gli è stato possibile commissariare l'USSL 1/23. Non è stato possibile perché a decidere sulle cose torinesi devono essere altri (e altrove) e non la Regione?



OLIVIERI Aldo, Assessore alla sanità

E' la legge regionale che non ce lo consente. Studia le leggi della Regione Piemonte.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Le leggi della Regione Piemonte consentono di commissariare "ad acta" e come è stato già detto ...



OLIVIERI Aldo, Assessore alla sanità

Questo l'ho già fatto e prima di te.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Come è stato già detto da altri, è possibile nominare più di un commissario "ad acta".



OLIVIERI Aldo, Assessore alla sanità

Rileggi il nostro ordine del giorno, così ti aggiorni.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Conosco il vostro ordine del giorno. Nonostante gli sforzi, pur apprezzabili, del collega Marchini, il quale tenta di dialettizzarsi con gli argomenti dell'opposizione (almeno lui ci prova e bisogna dargliene atto), non mi pare che le cose che lui ha detto dal microfono dell'aula siano scritte nell'ordine del giorno che porta la sua stessa firma laddove, ad esempio, si indica al Governo la facoltà, l'opportunità, il potere di intervento sull'USSL 1/23, altro ché "processo attraverso il quale la Giunta regionale definirà gli atti"1 Né avete detto in maniera convincente perché no alla proposta di nominare commissario dell'USSL 1/23 il dott. De Martino.
Il collega Bontempi nel presentare l'ordine del giorno predisposto dal suo Gruppo aveva voluto precisare che era un documento aperto. Io l' ho letto e l' ho firmato, a nome della mia forza politica, per il senso dell'indicazione concreta che li vi è contenuta: quella cioè di indicare una figura che possa essere (e non soltanto apparire) agli occhi della gente quella presa d'atto che l'occupazione partitica della sanità ha determinato guasti che diventano giorno dopo giorno sempre più irreparabili. In questo senso, essa è anche un atto di coraggio. Io non ho potuto conoscere il dottor De Martino per potermi profondere in apprezzamenti particolareggiati. Tuttavia della proposta avanzata dal Gruppo comunista ne ho apprezzato il senso: di fronte a quanto è andato maturando nella sanità pubblica essa può avere un significato positivo.
Termino qui il mio intervento, in quanto vedo che gran parte dei colleghi è in tutt'altro affaccendata ed ogni parola è persa. Non posso che prendere atto che la maggioranza e la Giunta hanno scelto che la cronaca giudiziaria sopravvanzi la cronaca politica; avete scelto di muovervi dopo che l'evidenza dei fatti vi avrà fatto battere il naso contro il muro.
Per quanto ci riguarda, noi di DP abbiamo l'animo tranquillo, non soltanto perché nel nostro piccolo abbiamo cercato di fornire, con la pubblicazione di un "libro bianco" sull'industria della malattia a Torino il contributo per aprire gli occhi su quanto stava avvenendo nella realtà della sanità regionale, ma siamo altresì sereni perché siamo convinti che dovremo ritornare sull'argomento, magari per fare quelle cose che oggi la maggioranza ancora una volta non ha voluto fare, perdendo costantemente terreno rispetto alle domande che dalla società civile giungono alle istituzioni.
In fondo, avete agito nello stesso modo anche per quanto riguarda la scelta sul nucleare; in quell'occasione avete demandato ad una conferenza farsa che le castagne dal fuoco vi venissero tolte da altri. Su quanto abbiamo discusso oggi non so bene quale altra autorità dovrà intervenire forse, ed è quello che auspica il Capogruppo democristiano Brizio, il Senatore Carlo Donat Cattin.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, possiamo passare alla votazione degli ordini del giorno.
Pongo dapprima in votazione il documento sottoscritto dai Consiglieri del Gruppo comunista in quanto presentato precedentemente a quello del pentapartito, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale a conclusione del dibattito sulla grave situazione che si è determinata nell'istituzione regionale e nel governo della USSL di Torino in seguito agli sviluppi dell'inchiesta giudiziaria ritenuto che la popolazione torinese ha diritto ad una gestione corretta e regolare della sanità considera urgente per uscire dallo stato di emergenza venutosi a creare, l'assunzione da parte della Regione, di provvedimenti concreti propone pertanto che sia immediatamente nominato un commissario all'USSL 1/23 con l'incarico preciso di affrontare la grande emergenza salute dei cittadini garantendo il buon funzionamento dell'USSL stessa nelle prossime settimane e predisponendo atti e provvedimenti che portino all'insediamento rapido delle 10 nuove UU.SS.SS.LL.
ritiene che ad assumere l'incarico di commissario dell'USSL 1/23 debba essere chiamata una figura istituzionale che si individua nel Difensore Civico della Regione, per il ruolo positivo da lui svolto in questi anni, per l'attenzione dimostrata verso le esigenze dei cittadini, ed infine per una scelta che si configurerebbe al di sopra e al di fuori di ogni logica lottizzatrice e di potere impegna pertanto la Giunta a disporre con un proprio urgente provvedimento la nomina del commissario dell'USSL 1/23 nella persona dell'attuale Difensore Civico o, qualora venissero sollevate questioni specifiche di competenza giuridico-amministrativa sulla nomina stessa del commissario, operi comunque con tutti i mezzi a sua disposizione per ottenere la scelta indicata dal Consiglio regionale".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è respinto con 17 favorevoli e 28 contrari.
Pongo ora in votazione l'ordine del giorno presentato dalla maggioranza, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale a conclusione della discussione sulla grave situazione che si è determinata nell'istituzione regionale e nel governo della USSL di Torino in seguito agli sviluppi dell'inchiesta giudiziaria ritenuto che una gestione corretta e regolare della sanità è assolutamente necessaria per corrispondere alle esigenze dei cittadini con un servizio adeguato approva la comunicazione della Giunta apprezza gli interventi già assunti dal governo regionale ed in particolare: a) la diffida effettuata nei confronti dell'USSL l/23 riguardante prescrizioni impartite per adempimenti concernenti l'indagine avviata diffida recepita dal CORECO all'unanimità onde procedere eventualmente alla nomina di un commissario ad acta b) la sostituzione della Giunta regionale al Comitato di Gestione dell'USSL 1/23 attraverso apposita commissione per quanto attiene la suddivisione del personale da assegnare alle UU.SS.SS.LL. sub comunali preso atto della comunicazione inviata al Sindaco della Città di Torino con invito a verificare e normalizzare la situazione del Comitato di Gestione dell'USSL l/23 convocato nella giornata di domani rilevato che la Giunta regionale all'interno di un processo di governo della sanità torinese ha verificato la non proponibilità di un commissariamento generale ad opera della Regione stanti i limiti posti dalla stessa legislazione regionale dà mandato alla Giunta acché, ove non si verifichi nei prossimi giorni la necessaria normalizzazione del Comitato di Gestione dell'USSL 1/23 per quanto attiene alla regolarità dei suoi atti, richieda al Governo il commissariamento della medesima ed assuma ogni altra necessaria iniziativa".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 28 voti favorevoli e 17 contrari.


Argomento: Cultura: argomenti non sopra specificati - Università

Esame proposta di deliberazione n. 442: Progetto per un nuovo Ateneo in Piemonte, 1987. Votazione relativo ordine del giorno


PRESIDENTE

Passiamo al punto 6) all'o.d.g.: "Esame proposta di deliberazione n.
442".
La parola all'Assessore Alberton.



ALBERTON Ezio, Assessore all'istruzione

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, nonostante l'ora tarda e la comprensibile stanchezza che aleggia in Consiglio, è diffusa la consapevolezza che quello che stiamo compiendo sia un atto particolarmente importante. Ho cercato di impegnarmi in questo lavoro, anche con passione con un unico obiettivo, che spero non suoni di presunzione: quello di testimoniare come l'istituzione regionale fosse in grado di gestire questo problema con il massimo di dignità e testimoniandosi come interlocutore valido sia nei confronti della comunità regionale sia nei confronti del livello governativo.
La Regione riformula al Governo la richiesta dell'istituzione di un nuovo Ateneo in Piemonte. Questo atto ha diverse valenze: un richiamo forte alla necessità di varare il piano quadriennale di sviluppo dell'Università italiana; una sollecitazione affinché in tutta la comunità regionale si accentui l'attenzione verso il sistema di ricerca e di formazione in modo che nasca una sufficiente pressione su questo tema, come tante volte registriamo nascere su altri temi. L'atto che compie la Regione non è esaustivo né in senso procedurale né nel merito; dobbiamo solo sperare in questo momento che le vicende politiche nazionali realizzino le condizioni affinché questo processo possa andare avanti. Il progetto che presentiamo si fonda sugli anni e sugli atti del passato: dai primi studi IRES del 1973/74 in cui i nuovi Atenei in Piemonte erano visti come ottimizzazione del servizio universitario, alla proposta del dicembre 1984 in cui si concretizzavano anche indirizzi e contenuti.
Convinti del valore strategico del miglioramento e del rafforzamento del sistema universitario piemontese, il documento di oggi tende ad inserire la richiesta del nuovo Ateneo nel quadro più generale del nostro sistema di ricerca e formazione di grado elevato. Diciamo con chiarezza in questa sede, come vogliamo poterlo dire in tutte le sedi, sia regionali sia nazionali: non ha valore campanilistico, non deve cadere a livelli campanilistici. Vengono analizzati i bisogni formativi di un sistema economico e civile, privato e pubblico, produttivo ed amministrativo e da queste analisi emerge il bisogno di più alti livelli formativi in quantità e qualità. E' messo a confronto il Piemonte, con una serie di indicatori significativi, con il resto del Paese e da questi indicatori emerge il bisogno di un rafforzamento del nostro sistema universitario.
Sono evidenziati i rischi che si apra una forbice estremamente pericolosa, in alcune aree e in alcuni settori già aperta, tra fabbisogno di personale con elevata qualificazione e quanto è capace di offrire il nostro sistema formativo universitario.
E' ripreso coerentemente, con la proposta di piano di sviluppo 1987/90 il quadro regionale di pianificazione socio economico territoriale che indica la necessità di rafforzamento dell'area del Piemonte orientale, che rischia avallamenti nei confronti del polo torinese e del polo milanese.
Abbiamo voluto dare concretezza ai ragionamenti con i numeri: questo a qualcuno è sembrato pericoloso, io lo ritengo fondamentale. Abbiamo cercato di analizzare le frequenze universitarie e le proiezioni demografiche questo per dare concretezza e forza al nostro ragionamento, sia verso le sedi romane, per testimoniare che il Piemonte si muove con forte senso delle istituzioni e che nelle sue richieste non c'è nulla di non razionale sia, lo diciamo con chiarezza, verso noi stessi per confortarci negli obiettivi, ma renderci anche consapevoli, contemporaneamente, dei vincoli.
Un nuovo Ateneo s'impone: nei suoi obiettivi sono contenute anche le condizioni che devono essere rispettate perché questi obiettivi siano raggiunti. Una capacità di cogliere le nuove esigenze della società, un forte salto qualitativo nella didattica, nell'organizzazione e nell'integrazione dei rapporti tra i diversi corsi di laurea, sia per la didattica che per la ricerca. Abbiamo bisogno di introdurre corsi innovativi coinvolgendo contemporaneamente in questo processo quote significative di studenti che costituiscano massa critica. I numeri evidenziano la possibilità di ottimizzare il servizio reso, oltreché al sistema, anche agli studenti. Credo che non sia di poco conto rimettere nella giusta luce il fatto che verso questi giovani debba essere reso un servizio più efficiente, più completo di quello che non viene reso oggi. Il fatto che si constati che su 100 che si iscrivono all'Università solo 30 riescono a laurearsi dimostra che un salto di rendimento deve realizzarsi all'interno del sistema universitario.
Occorre contemperare in questa ricerca di qualità e di quantità di servizio reso i rischi impliciti, di cui credo siamo tutti consapevoli nella scelta di un assetto tripolare.
Diciamo si al nuovo Ateneo che, poiché nuovo, sappia cogliere tutte le innovazioni di contenuto possibili; dove non ci sono innovazioni nei contenuti la scelta è andata verso corsi di laurea con forte domanda nelle iscrizioni e con forte assorbimento previsto nel mercato.
Le varianti rispetto al documento del 1984, in termini di contenuti, le sintetizzerei nella migliore definizione dei corsi di ingegneria; la migliore definizione e selezione dei corsi di lettere e l'accorpamento in un'unica sede di questa facoltà; l'introduzione di un corso ad indirizzo specifico di farmacia e la disponibilità registrata della facoltà di giurisprudenza a compartecipare a questa organizzazione del nuovo Ateneo del Piemonte orientale.
I Consiglieri della VI Commissione sanno, come lo sanno i rappresentanti degli Enti locali, che ho sollecitato ripetutamente gli Atenei e gli Enti locali stessi ad analizzare con spirito non di parte il problema. Una nuova Università ha un valore grande, troppo grande, per non atteggiarsi di fronte ad essa con lo spirito di chi vuole evitare esperienze non positive realizzate in altre sedi nel territorio nazionale per atteggiarsi nei confronti del futuro con disponibilità e con riflessioni di alto respiro e a lungo termine.
I rischi derivanti da una non ottimizzazione delle relazioni tra i diversi corsi di laurea, di facoltà o Atenei diversi, sono alti; ciò vale ovviamente e soprattutto nel settore tecnico e scientifico che per sua natura rende impliciti alti investimenti in attrezzature e laboratori.
Tutto ciò abbiamo convenuto come opportuno sia oggetto di prosecuzione e di riflessione e per questo il documento, la mozione , contiene la proposta della costituzione, da parte della Regione con il coinvolgimento degli Atenei torinesi e di altre espressioni del mondo culturale e economico della Regione e degli Enti locali, di un comitato tecnico scientifico.
La Regione, sia come istituzione sia come società, ha un forte bisogno dell'Università, ma credo si sia dimostrato che anche l'Università ha un forte bisogno della Regione, come livello istituzionale capace di sollecitazione e di visione generale.
Se oggi i confronti interni all'Università sono stati, e sono ancora insufficienti, non possiamo immaginarci di dar vita ad un nuovo Ateneo che non superi gli inconvenienti che ancora oggi registriamo.
In questa materia la Regione svolge un ruolo eminentemente politico non abbiamo poteri specifici, non siamo nella linea di gestione del processo, che non assegna a noi responsabilità definite operative. E' un servizio, però, che con questa proposta crediamo giusto rendere alla comunità regionale, purché sia riconosciuto e rispettato questo nostro ruolo.
Nella mozione, che proponiamo di trasmettere al Governo, è richiesto con forza che la Regione sia riconosciuta come interlocutore valido in tutti gli atti successivi dell'iter legislativo e amministrativo che si dovrà compiere affinché al nuovo Ateneo sia data vita.
E' stato positivo il recupero di un rapporto con gli Atenei torinesi senza questo non saremo riusciti a dare alla nostra proposta e alla nostra elaborazione la giusta pressione che, speriamo, riporti questa volta risultati più positivi di quanti non sia stato possibile finora registrare a seguito delle proposte precedenti.
Negli incontri con il Governo, dopo e insieme alla testimonianza della volontà - e non è facile dire queste cose nel clima politico che stiamo vivendo in questi giorni - di presentare a tempi brevi questo piano quadriennale di sviluppo dell'Università italiana, abbiamo registrato anche l'intenzione di introdurre varianti legislative con nuove procedure nell'istituzione di nuovi Atenei, cioè quella procedura che tenderebbe ad assegnare ad Università già esistenti nel territorio la responsabilità di dare vita ai nuovi Atenei, per poi realizzare la separazione e l'autonomia del nuovo Ateneo quando questo abbia raggiunto livelli sufficienti di consistenza e di operatività.
Se dovessimo esprimere un giudizio politico, lo esprimerei in senso positivo nei confronti di questa procedura perché consente la gestione ottimizzata e coordinata di un sistema universitario regionale.
E' positiva anche dal punto di vista operativo, perché ci consentirebbe di dare incarnazione e formalizzazione anche agli sforzi già attuati o di prossima attuazione negli Enti locali interessati di Novara, di Vercelli e di Alessandria. E' certo che queste nuove procedure richiedono modifiche legislative e noi speriamo che siano attuate con la stessa celerità con cui si intende varare il nuovo piano di sviluppo dell'Università.
Chiediamo che questo processo legislativo sia varato con urgenza e siano tutelate e sostenute nel frattempo le esperienze già avviate o in avviamento. L'obiettivo primario del nuovo Ateneo si inserisce nel contesto più vasto della riqualificazione del sistema universitario piemontese: per questo abbiamo ritenuto giusto evidenziare all'interno del documento, se pure con documenti specifici propri dell'Università e del Politecnico, le esigenze attuali e pregresse degli Atenei torinesi, sia in termini di personale sia in termini edilizi. Non avrebbe senso partire con la prospettiva di un nuovo Ateneo, senza prendere atto che sono gravissimi i problemi degli Atenei esistenti, che continueranno necessariamente ad essere parte preponderante del sistema universitario regionale.
Abbiamo formato alcune considerazioni e proposte su ulteriori articolazioni della presenza universitaria in Piemonte, oltre l'istituzione del nuovo Ateneo del Piemonte orientale, in termini localizzativi riprendendo, in coerenza con l'analisi sviluppata in passato, il tema del Piemonte sud occidentale e della Provincia di Cuneo e, in termini di tipologie, con l'accentuato discorso sulle scuole dirette a fini speciali.
Questo perché vogliamo che un'Università, all'insegna dell'impegno che richiediamo fondamentalmente in questo momento sulla didattica, faccia proprie queste esperienze - proprie anche di altri Paesi - e compartecipi allo sforzo di riqualificazione dei giovani che escono della scuola media superiore.
Abbiamo raccolto proposte ed esigenze; non siamo stati in condizioni di formulare un quadro oggi esaustivo; intendiamo farlo nei prossimi tempi, ma riteniamo opportuno che la Regione anche in questo documento testimoni formalmente i propri interessi in materia.
Migliore didattica, più forti corsi professionalizzanti, integrazione con gli sforzi della formazione professionale regionale di secondo livello: questo è quanto vogliamo proporre attraverso queste sottolineature. Abbiamo la volontà di proseguire su questo tema, proprio attraverso la costituzione del comitato scientifico; non abbiamo poteri operativi diretti, ma vogliamo contribuire con forza a questi determinanti obiettivi per lo sviluppo del sistema socio economico regionale e nazionale.
Lettera pervenuta da parte del Sindaco di Torino in merito alla questione dell'USSL 1/23



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Chiedo scusa, quanto intendo dire è eccezionale e non rientra nel dibattito. Mi risulta che sia arrivata una lettera da parte del Sindaco di Torino che smentisce un punto essenziale dell'ordine del giorno votato dalla maggioranza, vale a dire il rifiuto di farsi carico della normalizzazione che era uno dei passi essenziali. Lascio la notizia senza commento, ma vorrei che i pochi Consiglieri rimasti in aula sappiano e riflettano sul tunnel in cui ci siamo infilati, anzi vi siete infilati.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta regionale, Beltrami.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Ho appena comunicato questa informazione in via informale a pochi intimi, tra l'altro della tua stessa parte politica, visto che non vi è nulla da nascondere.
Dato che tale notizia emerge ora in aula, tengo a dire che non è contraddittoria con quanto è stato votato oggi, anzi ritengo si tratti del tentativo - questa è la mia interpretazione - da parte del Sindaco di allontanare un'ipotesi di commissariamento. Mi pare tenti fino alla fine di difendere l'istituzione.



PRESIDENTE

Verrà distribuita copia della lettera per ricavare ogni elemento utile.


Argomento: Cultura: argomenti non sopra specificati - Università

Esame proposta di deliberazione n. 442 (seguito)


PRESIDENTE

La parola al Consigliere Sestero.



SESTERO Maria Grazia

Signor Presidente, non nascondo di esprimermi con qualche difficoltà a nome del mio Gruppo su questa deliberazione, dopo una giornata come quella di oggi. Avrei preferito per un senso di misura che l'Assessore Alberton non esordisse esaltando la capacità di governo della Giunta regionale che si esprime in quest'atto.
Quando il compagno Bosio parlava di non credibilità istituzionale di questo esecutivo, lo diceva perché ne siamo profondamente convinti e quindi non nego che ho fastidio che sulla questione dell'Università si usino vari modi per nascondere la realtà.
Certamente le parole hanno il loro peso, e noi temiamo che il momento in cui si registrerà il divario tra le parole e la realtà arrivi su questa questione.
Vorrei partire dall'articolo di lunedì su "La Stampa" in cui l'articolista, prima ancora che il progetto universitario andasse in Commissione e fosse approvato al Consiglio, con grande entusiasmo ed enfasi comunicava alla popolazione piemontese che la seconda Università del Piemonte è sul binario d'arrivo e diceva che è stato svolto un lavoro monumentale; che l'Assessore Alberton ce l' ha fatta e che adesso si tratterà di marciare decisamente. Sostanzialmente si dava un'immagine esterna di certezze e di conforto e si dichiaravano anche le, varie facoltà e le sedi con grande soddisfazione.
C'era un passo, che si direbbe non affidato a dichiarazioni dell'Assessore ma dell'apparato, in cui si esprimeva una critica, che diceva: ".., però noi quel progetto continueremo a seguirlo affinché non si smarrisca". In quella dichiarazione emergeva un barlume di verità. La nostra preoccupazione infatti è proprio il rischio di smarrimento di un piano di quel genere e la storia ci insegna che tali rischi esistono.
La realtà non è poi così certa, la seconda Università non è affatto in dirittura d'arrivo. Noi abbiamo lavorato, abbiamo collaborato con la nostra presenza in tutte le fasi di definizione del piano; ma le condizioni, in cui il processo per l'istituzione della seconda Università si è inserito sono rischiose e con giusto senso di realismo occorre averle ben presenti.
Anche questa volta il Ministro Falcucci ha parlato attraverso le foglie come la Sibilla cumana e ha comunicato oralmente le sue intenzioni; così come per altro i giornali testimoniavano che un impegno verbale con la DC novarese s'era già espresso e su questo il Consiglio aveva espresso un giudizio. Nella sostanza il Ministro Franca Falcucci, nella riunione con i Rettori e con l'Assessore ha spiegato come aggirare la legge dello Stato n.
590, forse anche la legge n. 382 di riforma dell'Università.
Stiamo lavorando in un quadro di impegni assolutamente labili del Governo, poiché si sta procedendo su un impegno verbale del Ministro che garantisce una procedura che però non è riconosciuta e non è ammessa dalla legge. E così non vorrei che si dicesse che il Ministro benevolmente promanerà un piano quadriennale. Il piano è un atto amministrativo dovuto e previsto nella legge n. 382. Il piano quadriennale doveva aver validità per l'86/'87; ma se tutto va bene il piano lo presenterà in Commissione entro fine marzo. Quindi non siamo proprio di fronte ad uno zelante rispetto delle scadenze e delle procedure.
Il Ministro ha poi messo in piedi, extra legem, una Commissione per la programmazione universitaria, l' ha poi sciolta, ma non è stato neanche questo un atto formale visto che non era minimamente prevista. Questi elementi non li dobbiamo dimenticare e ci lasciano dubbiosi che ci siano le condizioni perché la volontà del Piemonte, riconosciuta nella legge n. 590 su cui un impegno del Ministro nel 1985 in Commissione c'era stato, possa essere rispettata, a prescindere dalle staffette, dai cambi dei Ministeri dalle elezioni anticipate, eccetera.
Di fronte però a questa situazione non decliniamo l'impegno. La Regione deve presentare questo piano affinché non ci siano alibi per il Ministro.
La nostra posizione faceva riferimento al piano del 1984, non per nostalgia di quel piano, peraltro approvato all'unanimità in un periodo in cui c'era una diversa maggioranza, ma perché conteneva dei punti di mediazione e di arrivo unitari che ci parevano dovessero essere salvaguardati, c'erano degli atti concreti, delle realtà, degli insediamenti, delle localizzazioni già realizzate, e quindi non si sarebbe potuto nell'arco di un mese riaprire la verifica a tutto campo. Ci siamo anche opposti ad un ruolo della Regione, emerso più volte, che registrasse solo la spontaneità della domanda, cioè le pressioni degli Enti locali, i bisogni di sviluppo dell'Università; è un rischio concreto che continua a persistere e poteva farci perdere di vista l'obiettivo.
Possiamo dare un parere in linea di massima positivo sul risultato finale, al quale abbiamo contribuito, anche se ci sono degli elementi nel documento finale che continuano a non convincerci, e gli elementi sono il fiorire di una facoltà di giurisprudenza non richiesta dalla facoltà, lo sbucare improvvisamente della facoltà di farmacia, l'ambiguità che caratterizza lo sviluppo della facoltà di agraria in due direzioni, sia per la nuova sede a Grugliasco sia per un decentramento a Racconigi, pur essendo convinti della necessità che rispetto alla realtà cuneese c'era un impegno e l'impegno va rispettato. Chiedevamo in sostanza che si approfondisse meglio questa questione. Così come continuiamo ad avere delle perplessità sul merito dei contenuti. Il decentramento è affermato nel documento ma non sempre è riscontrabile nelle proposte. Poteva essere l'occasione per delle innovazioni sapendo però che lo stato dell'ordinamento delle Università, la riforma non compiuta rendono difficile la realizzazione delle innovazioni, che comunque si sono persi alcuni tratti che a noi parevano essenziali e che introducevano nei percorsi di studio, nei curricula previsti degli elementi e delle connotazioni finalizzati a nuove professionalità, ma anche esigenze di tipo civile e culturale.
Ci spiace che il Politecnico abbia abbandonato l'indirizzo della facoltà di Ingegneria delle costruzioni dei sistemi territoriali, così come ci auguriamo che l'approfondimento negli indirizzi di studio possa portare a risultati diversi per quanto riguarda la facoltà di ingegneria energetica che aveva una motivazione forte per la costruzione della centrale nucleare ma che esige un ragionamento sul tipo di studio e di ricerca che si vuole sviluppare. Così come ci auguriamo possano essere approfonditi i temi sulle tecnologie biochimiche ed alimentari.
Nonostante queste riserve e queste perplessità riteniamo di poter votare a favore perché alcune nostre richieste di modifica avanzate in Commissione per rendere più mirata l'esigenza della seconda Università sono state inserite nel documento. La nostra preoccupazione centrale è che questo sforzo della Regione sia vanificato dal fatto che in realtà poi non c'è chi governa, e meno che mai la Regione, un processo di questo genere e che non sono tenute prioritarie la programmazione e la finalizzazione della ricerca territoriale ed ambientale perché nei fatti vadano avanti processi incontrollabili che altri pilotano e dirigono con il rischio che prima che la seconda Università venga istituita per legge possano nascere da questa filiazione degli aborti senza futuro. Avremmo auspicato un ruolo di governo più forte da parte della Giunta che invece è stato debole. Staremo a vedere se, con tutte le ipoteche che ha per la volontà del Ministro, per le procedure anomale innestate e la poca affidabilità della Giunta, il futuro garantirà quei risultati che con questo voto positivo vogliamo indicare come risultati da raggiungere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Signor Presidente e colleghi, intervengo a nome del Gruppo socialdemocratico per una breve dichiarazione di voto.
Il Consiglio regionale approva oggi un documento che riteniamo importante per il futuro della nostra Regione. Il nostro Gruppo è favorevole alla proposta che è stata presentata, contenuta sia nell'ordine del giorno sia nel documento vero e proprio di proposta, ivi compresi i suoi allegati particolari che attengono ad alcune questioni specifiche dell'Università in Piemonte. Credo vada comunque considerata quella di oggi un tappa importante per il secondo Ateneo in Piemonte e per i problemi più in generale dell'Università piemontese; senza con questo voler enfatizzare o sventolare le bandiere al vento, ma neanche senza sottacere quello che è un atto importante. E' un punto fermo di un processo lungo che non finisce qui e che non è iniziato ieri. Dobbiamo riconoscere la strada percorsa da quando il Piemonte fu "bruciato" perché la legge del 1982 non prevedeva l'istituzione di una seconda Università; la presentazione nel dicembre 1984 di un documento che rappresentò un fatto importante, cioè la soluzione condivisa da tutto il Consiglio regionale, a quelle che fino ad allora erano soltanto delle disarticolate spinte localistiche. Il documento redatto nel dicembre 1984 ha una sua importanza nella misura in cui riesce a far convergere le forze politiche sulla proposta del secondo Ateneo con una localizzazione ben individuata. Certamente tutti avremmo voluto che l'obiettivo che ci prefiguravamo fosse raggiunto prima.
Non dobbiamo comunque dimenticare che si è lavorato molto per conseguire questi risultati; che il Consiglio regionale giunge oggi finalmente, e mi auguro anche in maniera unitaria, ad un pronunciamento significativo perché vi è una riaffermazione delle localizzazioni; vi è una precisazione dei problemi che stanno come premessa rispetto a questa proposta; vi è una precisazione anche rispetto ai corsi che sono stati individuati e in taluni casi anche l'individuazione dei curricula. E' un fatto molto importante, dà dignità istituzionale alle proposte e ai corsi che erano sorti in talune realtà, come è stato detto oggi "per piantare una bandierina sul territorio" da cui avrebbe dovuto nascere un polo universitario; dà dignità anche alla proposta perseguita con tenacia fin dall'inizio per un polo universitario autonomo, unitario ed integrato avanzata in particolare dalla provincia di Alessandria, che in taluni anni ha fatto anche segnare degli autogol, nel senso che per partire in un certo modo abbiamo rischiato di non partire affatto. Quindi, la proposta rappresenta il completamento dignitoso di entrambi questi itinerari.
Peraltro dignità scientifica in questa proposta, oltre che per lo stretto collegamento e lavoro degli Enti locali con il mondo accademico piemontese deriva anche dal fatto che cerca di cogliere tutti gli spazi e le opportunità che la legge n. 382 del 1980 sulla riforma dell'Università consente in termini di organizzazione dipartimentale, di sperimentazione e di scuole dirette a fini speciali che devono essere un momento importante di crescita per un modo diverso di formazione di alto livello o post diploma. Nella proposta questi elementi, sia pure in modo succinto, sono contenuti.
Abbiamo anche condiviso l'opportunità che, mentre si definiva il progetto del secondo Ateneo piemontese, vi fosse anche un richiamo ai problemi di struttura edilizia e del personale presente nell'Università di Torino. Sull'argomento vi è stata discussione in Commissione e dobbiamo segnalare come positiva l'adesione della Giunta, addirittura come momento propositivo, quando si è ritenuto di sdoppiare il documento separando la proposta del secondo Ateneo del Piemonte dalle esigenze di strutture, di edilizia e del personale dell'Università di Torino. Deve essere data una risposta corretta in termini scientifici, quindi non è soltanto una mera risposta ad esigenze localistiche, per quanto riguarda le scuole a fini speciali e di qualche corso di laurea per quanto riguarda il Piemonte sud occidentale.
Non si tratta di una Giunta poco affidabile: è una Giunta che ha lavorato - certo con tutti i limiti che sappiamo - a nostro avviso bene tenendo conto che non siamo noi ad avere la potestà di mettere in campo il secondo Ateneo. Certamente il nostro compito non si ferma qui, ma da qui parte il compito più arduo per fare in modo che il Parlamento e il Governo rapidamente approntino il disegno di legge che darà definizione giuridica al secondo Ateneo piemontese; quindi da oggi parte la necessità di un'azione politica molto incisiva sul livello nazionale, così come debbono proseguire i rapporti con l'Università piemontese per definire sempre meglio il progetto che noi siamo andati ad elaborare.
Con questa brevissima considerazione il nostro Gruppo si accinge a votare questo documento, convinto che si tratta di un provvedimento importante per la comunità piemontese, che non è la risposta ad esigenze localistiche, che non si tratta di un secondo polo perché vi è da rispondere ad esigenze di mero pendolarismo, ma che la seconda Università è qualche cosa di più e più qualificato. Avere delle facoltà decentrate sul territorio rappresenta la crescita culturale ed economica, ma soprattutto può rappresentare un modo nuovo, scientificamente più adeguato, di istituire le Università.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, è da parecchio tempo che si discute di questo argomento e mi sento a disagio tutte le volte che lo si affronta e si approvano documenti al riguardo. Riprendendo una frase ripetuta qualche anno fa: "Speriamo che questa sia la volta buona". Detto ciò esprimo il mio apprezzamento per il lavoro svolto dall'Assessore e dalla Commissione VI presieduta dal collega Villa, che interverrà per la dichiarazione di voto del nostro Gruppo politico. Devo esprimere anche apprezzamento per la collega Sestero che è intervenuta evidenziando alcuni punti positivi contenuti nella proposta e sulla quale ha fatto premio la volontà di giungere ad un documento unitario, rispetto alla naturale propensione ad un'opposizione alla Giunta e al collega Assessore A1berton.
Voglio aggiungere un'espressione di apprezzamento per le comunità locali, per i Comuni e le Province che si sono attivate per raggiungere questo obiettivo, e mi si consenta al proposito una posizione di parte forse un po' municipalistica, ma non posso sottacere che la Provincia e il Comune di Novara in questo impegno per l'Università certamente non sono stati secondi a nessuno. Da anni, da decenni, l'impegno è stato deciso e convinto.
Esprimo, e mi consenta l'Assessore Alberton di farlo, qualche perplessità, che peraltro ho manifestato anche altrove, in ordine all'idea di filiazione della matrice torinese in altre sedi del Piemonte. Penso che questo processo sia imposto dalle condizioni culturali e dalla predominanza di Torino rispetto alle Province, ma penso che in linea di principio non rappresenta una condizione obbligata. Avrei visto positivamente uno Stato che avesse deciso l'istituzione di una Università, anche tripolare, che nascesse ex novo con le caratteristiche della freschezza, dell'originalità dell'invenzione, sulla base delle esperienze che altrove si sono definite.
Così come dico, probabilmente accentuando aspetti che altri non hanno messo e che forse non metteranno in evidenza, che non mi meraviglierei che lo Stato (il Ministero della Pubblica Istruzione) facesse sintesi diversa da quella che noi proponiamo; così come mi auguro che venga seguita l'indicazione che la Regione dà; non mi sorprenderei, ripeto, che ciò possa non accadere perché ritengo che nella materia specifica uno Stato che voglia governare l'istruzione universitaria possa decidere, purché lo faccia in termini realistici e riflessivi, in maniera differenziata rispetto agli indirizzi e ai propositi che una Regione offre.
La scelta delle localizzazioni delle scuole a fini speciali deve essere fatta ovviamente con ponderazione in considerazione del quadro generale dell'istruzione universitaria del secondo paese.



MIGNONE Andrea

Non è che metti le mani avanti?



NERVIANI Enrico

Non ho rapporti con il Ministro Falcucci e non ho partecipato, con buona pace dell'amica Sestero, a nessuno degli incontri che si sono verificati a Roma con la DC novarese (così si dice); sicuramente rispetto alla DC in questo particolare argomento mi ritengo uno assolutamente emarginato.



SESTERO Maria Grazia

Mi pare che il risultato si sia già ottenuto perché hanno già i posti cattedra.



NERVIANI Enrico

Avevo promesso di essere molto breve e voglio mantenere la parola Ho detto queste cose perché mi piace essere estremamente franco soprattutto quando si tratta di argomenti che impegnano il nostro futuro dobbiamo esprimerci con limpidezza in sintonia anche con i nostri personali sentimenti ed indirizzi. Risottolineo il riconoscimento all'autonomia finale decisionale del Governo, qualunque esso sia, in ordine a questi vasti problemi che attengono a tutto il territorio nazionale.
Concludo, rinnovando il ringraziamento a chi ha lavorato intensamente ed io non sono tra questi, per arrivare ad una soluzione di equilibrio fra le forze politiche della Regione, ma anche fra le forze comunali e provinciali che hanno tirato ciascuno dalla loro parte per avere un pezzo di questa futura e sperata, attesa finora invano, seconda Università piemontese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Esprimo alcune perplessità del Partito repubblicano in ordine alla seconda Università del Piemonte. Perplessità che era stata manifestata in passato e che oggi viene riproposta. La ricerca si è fondata sul piano dell'IRES che, in premessa delle sue considerazioni, fa alcune affermazioni che non possono non essere considerate pur valutando la correttezza del ricercatore quando evidenzia i limiti della sua ricerca.
Nella premessa si parla di l'elaborazione mirata a cogliere quelle caratteristiche che possano offrire elementi di ragione in relazione al progetto di riassetto universitario orientato a istituzione di tre poli universitari". In sostanza era uno studio non per valutare o esaminare la situazione reale quale essa era, ma era uno studio finalizzato a giustificare la scelta precedentemente fatta. Dice ancora l'IRES che i dati indicati sono vincolati dalle caratteristiche dell'informazione disponibili e dai ristretti tempi di esecuzione. Quindi vi è in questa ricerca un elemento di base che ci lascia perplessi.
Al di là di questo, abbiamo cercato di chiarire quali sono gli obiettivi e le finalità che la seconda Università del Piemonte si pone: un servizio agli studenti, una sede di formazione e ricerca qualificata. Mi pare che né l'una né l'altra finalità sia automaticamente, meccanicamente garantita da una seconda Università.
Un'altra finalità è quella di svuotare il sovraccarico e la congestione che c'è per la sede universitaria di Torino. Non possiamo però non considerare, e abbiamo attentamente ascoltato le argomentazioni dell'Assessore su questo argomento, che le risorse non sono illimitate e non è in dubbio il fatto che un'eventuale seconda Università limiti e condizioni i finanziamenti e i fabbisogni necessari per la prima Università esistente che ha grandi problemi da risolvere.
La ricerca dell'IRES pone anche in evidenza che per l'anno 1985/1986 la popolazione universitaria con residenza nelle province di Torino e di Cuneo (quest'ultima non verrebbe ad essere toccata dalla nuova Università se non marginalmente) rappresenta l'87% della popolazione. Solo il 13% della popolazione ha quindi una residenza nella fascia a oriente del Piemonte e dovrebbe essere garantita dalla nuova Università. Un altro elemento significativo dai dati propostici dall'IRES è l'andamento demografico della popolazione universitaria che ci dice che nel 1990 gli studenti universitari saranno solo più 60.000 e nel 2001 saranno 44.000. C'è un trend sensibilmente calante.
Questi elementi ci hanno fatto riflettere e ci hanno portati a fare queste valutazioni.
L'Università torinese ha dei problemi immensi, ha servizi oltremodo carenti, ha delle necessità immobiliari consistenti. A noi pare che la prospettiva di crescita qualitativa di questa Università, il suo collegamento con la società esterna, con il mondo della cultura e dell'industria, debba essere l'elemento centrale per qualificare complessivamente il sistema universitario del Piemonte e non solo quello torinese. Crediamo che, soprattutto in presenza di limitatezza di risorse occorra concentrare i pochi mezzi a disposizione. Forse la scelta che si va facendo non dà benefici particolari alle altre Università, ma certamente penalizza l'unica Università esistente oggi a Torino.
Circa il servizio agli studenti, come abbiamo visto, sono pochi gli studenti che potranno usufruire della nuova sede. Ho il timore che l'Università che stiamo progettando risulti poi di secondo livello, meno importante, meno significativa. Ma, se andiamo verso un'Università di livello inferiore rispetto a quella torinese, offriamo veramente un servizio agli studenti, per esempio, a quelli di Novara che non sono molti ma che hanno a venti minuti di treno la prestigiosa Università di Milano la Bocconi, con Facoltà di medicina e di economia? Siamo sicuri creando nuove strutture di offrire un reale servizio qualitativamente importante? Io non ne sono cosa convinto.
L'Università non è solo un luogo di studio, è anche luogo di ricerca e la ricerca non è solo un problema di studio ma di immense risorse finanziarie. Ho la sensazione che non ci saranno le possibilità per svolgere una rilevante attività di ricerca in questa seconda Università.
Mi chiedo se anziché risolvere i vecchi problemi, che probabilmente rimarranno tutti, non andremo a creare problemi nuovi.
A differenza del Consigliere Nervinti che ha espresso grosse perplessità in ordine ai tempi entro cui si andrebbe formando la seconda Università, sono oltremodo favorevole che si segua l'iter di filiazione dell'Università di Torino rispetto a questi poli, e in un secondo tempo quando si sia verificata l'opportunità di fare il passo successivo, si possa andare a costituire la seconda Università.
Noi approviamo l'operato e l'iniziativa assunta dalla Giunta e dal Consiglio regionale e votiamo l'ordine del giorno presentato, che tiene in giusta considerazione le esigenze della vecchia Università che sono molte e significative.
Spero che la scelta che stiamo facendo non sia spinta e supportata da esigenze localistiche, da esigenze particolari che nulla hanno a che vedere con la cultura, la formazione universitaria e con il prestigio del Piemonte.
Noi crediamo che il prestigio del Piemonte debba essere ricercato qualificando le strutture esistenti e non diversificandole in modo da depotenziare l'intero sistema piemontese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi limito ad una breve dichiarazione ricordando che nel corso della seduta del 6/12/1984 conclusiva di un dibattito in materia di istituzione della seconda Università in Piemonte, venne espresso dal nostro Gruppo un voto favorevole ad una mozione diretta a richiedere, appunto, la seconda Università.
Fu un voto per la verità sofferto in quanto dissentiva dai contenuti che erano oggetto della mozione stessa. Eravamo, cosa come siamo tuttora convinti della opportunità di un unico insediamento universitario e non del metodo che venne scelto in allora e oggi con questo secondo progetto che si ispira al principio di una Università per ogni campanile o quasi. Noi siamo contrari al concetto della polverizzazione che in concreto significa l'Università di Torino la quale decentra a Novara, a Vercelli e ad Alessandria corsi di laurea. Saremmo stati più favorevoli in linea concreta all'unico insediamento attraverso una scelta in uno dei tre poli.
Ciononostante il nostro voto sarà favorevole in quanto riteniamo che si fa un passo avanti pur nella procedura che è stata proposta dal Ministro e che è stata recepita nel progetto che prevede due fasi: una prima fase che vede i corsi di laurea istituiti come corsi delle Facoltà degli Atenei torinesi e la seconda fase che dovrebbe poter vedere, sia pure con un criterio policentrico da noi non condiviso, il vero e proprio insediamento universitario. Questa metodologia ci preoccupa perché abbiamo il fondato timore che ci si fermi alla prima fase in cui si vede la vera e propria polverizzazione e il decentramento attraverso l'Università torinese.
Fatte queste riserve ed espresso questo timore, riteniamo che il progetto rappresenti un passo avanti che confidiamo definitivo nei confronti del competente Ministero per attuare, sia pure in questa forma non del tutto condivisibile, la seconda Università, quindi diamo voto favorevole.



PRESIDENTE

Per dichiarazione di voto la parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Questo problema meritava molto più spazio e non già di essere confinato in quest'ora. Mi auguro che vi sia la possibilità di poterne parlare ulteriormente quando dibatteremo il piano di sviluppo.
Desidero esprimere all'Assessore Alberton, al Presidente della Commissione, ai collaboratori e a tutti i funzionari l'apprezzamento del Gruppo socialista e mio personale per lo sforzo compiuto nei tempi stretti che erano a disposizione per realizzare la proposta che si sottopone oggi all'esame del Consiglio. E' una proposta che secondo me fa compiere un passo avanti e ho fiducia nel credere che le cose si stanno concretizzando.
La strada dell'affiliazione sembra portarci alla realizzazione del secondo Ateneo.
Ci voleva più tempo per fugare eventuali perplessità che ci possono essere. Il collega Ferrara ha rilevato alcuni dati che non ci sfuggono abbiamo ben presente quelli di Torino, ho visto in proposito un'ottima pubblicazione dell'Unione Industriale sull'Ateneo torinese.
Vorrei ricordare al collega Ferrara che è vero che c'è una parabola discendente nella popolazione scolastica, ma è anche vero che c'è un Piemonte che registra una parabola ascendente che chiederà due e riceverà soltanto uno, dal punto di vista dei laureandi. In sostanza il Piemonte avrà bisogno di più laureati e non li avrà.
Quella che stiamo facendo è una scelta perché va nel senso della fiducia, dell'ottimismo, del riconoscimento che in Piemonte ci sono grandi energie intellettuali, morali, sociali e imprenditoriali che dovranno affrontare i problemi degli anni a venire. Il Gruppo socialista aderisce a questa proposta per la seconda Università.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Villa.



VILLA Antonino

Prendo la parola con uno stato d'animo demoralizzato. Sarà un destino che incombe sul sottoscritto, ma due degli argomenti di maggior rilievo trattati in questi due anni di legislatura sono stati stretti, iugulati nei tempi; parlo della legge sul turismo e della deliberazione sulla seconda Università del Piemonte. Non mi dilungo, anche per una venatura polemica se non per ringraziare tutti coloro che si sono veramente interessati al problema. Credo che questa volta ci sia stata una approfondita e voluta obiettività, partendo dalle proprie concezioni, per giungere finalmente ad una soluzione. Lascio stare l'aspetto antagonistico, perché le polemiche possono essere viste da poli diversi; da destra, da sinistra; possono anche servire esclusivamente per attaccare il governo degli altri. L'impegno non è stato debole; è stato deciso nel contattare tutti coloro che erano direttamente interessati, a partire dalle entità istituzionali della nostra terra; e cito le Province e i Comuni di Alessandria, Novara e Vercelli. Il lavoro è stato condotto con serietà, con tenacia, con logicità, anche scontrandoci. Noi dobbiamo partire e proseguire sulla linea scelta, e siccome nel documento c'è la richiesta di un comitato tecnico, seguire il comitato tecnico, passo passo, proprio perché non vengano stravolte certe basi proposte in questa sede. Concludo dando l'appoggio e il voto favorevole del Gruppo della DC perché riteniamo sia la vera partenza per ottenere un risultato.
Avevo accennato in un altro intervento (basterebbe rileggere quanto sviluppo ha avuto l'argomento) che con queste proposte arriviamo a qualcosa di sostanziale, di possibile. Speriamo che attraverso anche la nostra continua opera si pervenga alla soluzione auspicata.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, pongo in votazione la deliberazione, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 33 Consiglieri presenti.
Pongo ora in votazione l'ordine del giorno, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale preso atto che nell'incontro del 22/12/1986 con la Regione e gli Atenei torinesi il Ministro della Pubblica Istruzione assumendo l'impegno a presentare in tempi brevi il piano nazionale quadriennale di sviluppo dell'Università ha riconfermato la priorità dell'istituzione di un nuovo Ateneo in Piemonte e ha richiesto alla Regione di verificare la proposta per il nuovo Ateneo in Piemonte approvata dal Consiglio regionale nel 1984 aggiornandola in raccordo con l'Università ed il Politecnico di Torino quali soggetti responsabili di dar vita ad un nuovo Ateneo valutate le proposte degli Atenei torinesi e le esperienze già avviate, in raccordo con gli Enti locali interessati e sulla base del progetto approvato all'unanimità del Consiglio regionale nel dicembre 1984 conferma l'esigenza più volte espressa dal Consiglio regionale che si attui nel Piemonte (unica grande Regione italiana con una sola sede universitaria) l'istituzione del nuovo Ateneo preso atto che in data 26/2/1987 il Consiglio ha approvato la 'proposta di istituzione di un nuovo Ateneo in Piemonte - febbraio 1987' elaborato dalla Giunta regionale, quale aggiornamento, integrazione e sviluppo del documento del dicembre 1984 chiede al Governo che sia avviato con urgenza il processo legislativo per l'istituzione del nuovo Ateneo e che i nuovi insediamenti universitari del Piemonte orientale siano resi subito operativi, quale momento di potenziamento e qualificazione del sistema universitario piemontese fattore fondamentale di sviluppo del sistema socio-economico regionale e nazionale sottolinea le condizioni di forti difficoltà in cui operano attualmente gli Atenei torinesi, per cui si rivela indispensabile garantire insieme le risorse finanziarie per i fabbisogni edilizi, di attrezzature, servizi e funzionamento e le risorse di personale docente, tecnico, amministrativo e bibliotecario in grado sia di migliorare la qualità della presenza universitaria nelle sedi torinesi, sia di avviare con sicurezza gli insediamenti del nuovo Ateneo chiede che il Governo garantisca il confronto con la Regione in tutte le fasi di elaborazione ed attuazione del piano di sviluppo dell'Università in Piemonte, in modo che contenuti, localizzazioni, organizzazione del nuovo Ateneo possano essere costantemente verificate dà mandato alla Giunta regionale di mantenere aperto e sviluppare l'approfondimento del tema in rapporto con gli Atenei torinesi, gli Enti locali interessati e le espressioni culturali ed economiche della comunità regionale promuovendo anche la costituzione di un apposito Comitato tecnico scientifico".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 33 Consiglieri presenti.


Argomento: Spesa socio - assistenziale

Proposta di deliberazione n. 440: "Fondo per la gestione dei servizi socio assistenziali di cui alla L.R. n. 20/1982 - Riparto di una quota tra le UU.SS.SS.LL."


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, propongo l'iscrizione all'o.d.g della deliberazione n. 440.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è approvata all'unanimità dei 32 Consiglieri presenti.
La parola al Consigliere Acotto



ACOTTO Ezio

Annuncio il nostro voto contrario su questa deliberazione anche se attribuisce solo i dodicesimi del fondo. Il nostro voto è contrario perch anche il fondo del bilancio di quest'anno è sottostimato rispetto al fabbisogno e rispetto alle cifre del 1985. Sono previsti per il fondo socio assistenziale 40 miliardi, mentre nel 1985 c'erano 50 miliardi.



PRESIDENTE

Se nessun altro Consigliere chiede la parola, pongo in votazione la deliberazione, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata con 24 voti favorevoli, 7 contrari e 2 astensioni.


Argomento:

Proposta di deliberazione n. 440: "Fondo per la gestione dei servizi socio assistenziali di cui alla L.R. n. 20/1982 - Riparto di una quota tra le UU.SS.SS.LL."

Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 20,10)



(La seduta ha termine alle ore 20,10)



< torna indietro