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Dettaglio seduta n.7 del 26/09/85 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Comunico che i Presidenti dei Gruppi hanno deciso che nella seduta antimeridiana si svolgeranno gli adempimenti citati e si nomineranno nella convocazione i Presidenti e i Vicepresidenti delle Commissioni permanenti.
La seduta del mattino terminerà attorno alle ore 12.30. All'inizio della seduta pomeridiana il Presidente del Consiglio darà comunicazione dell'avvenuto insediamento delle Commissioni.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori

Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute (rinvio)


PRESIDENTE

Passiamo al punto 1) all'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute".
I processi verbali delle adunanze consiliari del 17 settembre 1985 distribuiti ai Consiglieri prima dell'inizio della seduta, saranno portati all'approvazione nella prossima seduta.


Argomento: Università

Interrogazione dei Consiglieri Valeri e Avondo inerente la soppressione dei corsi di medicina operanti a Vercelli e Novara


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Interrogazioni ed Interpellanze" esaminiamo l'interrogazione dei Consiglieri Valeri ed Avondo inerente la soppressione dei corsi di medicina operanti a Vercelli e Novara.
Risponde l'Assessore Alberton.



ALBERTON Ezio, Assessore alla cultura

Lo scorso a.a. 1984/85, in collaborazione con l'Ateneo di Torino, si sono svolti a Novara i corsi di Ingegneria e di Medicina peraltro istituiti già da alcuni anni e si è avviato, in forma seminariale, un primo anno di corso di Economia e Commercio; Vercelli ha proseguito i propri corsi di Medicina.
Con l'a.a. 1985/86 in ottemperanza a quanto previsto dal "Progetto Regionale per un nuovo Ateneo in Piemonte" le Amministrazioni provinciali e comunali di Alessandria - Vercelli - Novara hanno ritenuto, in accordo con Università e Politecnico di Torino, di andare al graduale esaurimento dei corsi non previsti dal progetto stesso.
Pertanto, per l'a.a. 1985/86 funzioneranno i seguenti corsi convenzionati con le Province: a Novara: corsi di Ingegneria in forma seminariale (non essendo ufficialmente istituiti da legge o decreto ministeriale) ad esaurimento. (Non attivando quindi il primo anno di corso che funzionerà solo a Vercelli) corsi di Medicina in forma seminariale mediante convenzione con l'U.S.S.L. 51 corsi di Economia e Commercio, in forma seminariale, a prosecuzione del primo anno già attivato per l'84/85; a Vercelli: corsi di Medicina, in forma seminariale, ad esaurimento (non attivando quindi il primo anno di corso che funzionerà solo a Novara) corsi di Ingegneria in forma seminariale.
Per quanto riguarda Scienze Politiche e Scienze M.F.N., previsti dal Progetto ad Alessandria, i relativi corsi saranno istituiti sempre in forma seminariale a partire dall'a.a. 1986/87.
Questo è quanto risulta a tutt'oggi essendo avvenuta, dopo la presentazione della interrogazione che data 10 luglio 1985, una serie di incontri, alcuni dei quali già nel mese di luglio, e tutta una serie di verifiche condotte ancora in questi giorni.
Si ha la conferma che per i corsi di Medicina a Novara, da svolgersi nell'a.a.1985/86, il Consiglio di Facoltà di Medicina nella sua seduta del 19 c.m, ha deliberato esprimendo parere favorevole, rinviando al Magnifico Rettore la definizione delle modalità e dei termini che dovranno essere contenuti nella convenzione da stipularsi con I'U.S.S.L. 51.
Per quanto ci risulta, i programmi dell'a.a. 1985/86 sono coerenti con il Progetto dei nuovi Atenei piemontesi e hanno trovato sotto questa forma l'accordo delle Amministrazioni locali e dei responsabili degli Atenei torinesi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Valeri.



VALERI Gilberto

La risposta dell'Assessore ricalca le linee di una intesa che è stata raggiunta tra le Amministrazioni locali, comunali e provinciali interessate e gli organi degli Atenei torinesi. E' stata una intesa non facile raggiunta dopo alcuni momenti di tensione dovuti alla decisione unilaterale della Facoltà di Medicina di eliminare i corsi nelle città di Vercelli e di Novara; lasciando con ciò trapelare una intenzione, neppure troppo nascosta, di cancellare le esperienze, seppur per alcuni versi precarie di questi anni, e una realtà che incominciava a prefigurare in concreto il realizzarsi del Progetto Regionale presentato a suo tempo al Governo, dando invece fiato alle spinte di taluni ambienti torinesi da sempre oppositori della ipotesi di una seconda Università nel Piemonte occidentale.
L'intesa raggiunta ha trovato l'accordo degli Enti locali e in tale direzione noi crediamo di manifestare il nostro assenso. Nel medesimo tempo, però, riterremmo opportuno che da parte della Regione fosse garantito per il prossimo futuro un momento di governo unitario e complessivo della materia, in ragione dell'intreccio tra i problemi relativi ai corsi decentrati e il progetto di seconda Università.
Non rivolgo una critica al nuovo Assessore, è bensì la rappresentazione di una esigenza che è anche di raccordo operativo tra una legislatura e l'altra.
Ora gli organi di governo sono costituiti a pieno titolo e possono dunque garantire questo governo complessivo della materia. In tal senso anche a nome del collega Avondo, proporrei all'Assessore di avviare una verifica con le Amministrazioni locali e con le rappresentanze degli Atenei torinesi, invitando - se lo riterrà - anche i Consiglieri regionali dell'area interessata.


Argomento: Informazione

Interpellanza dei Consiglieri Bontempi, Dameri e Marchiaro inerente l'informazione in Piemonte


PRESIDENTE

Passiamo all'interpellanza dei Consiglieri Bontempi, Dameri e Marchiaro inerente l'informazione in Piemonte.
La parola al Consigliere signora Dameri.



DAMERI Silvana

Con questa interpellanza abbiamo voluto proporre un intervento immediato e nello stesso tempo emblematico nei confronti del "Manifesto" che è stato sottoposto ad alcuni atti vandalici e che ha dei problemi rispetto al rinnovo dell'affitto dei locali.
E' un intervento che vuole essere emblematico, anche se molto parziale a sostegno di una testata nella nostra città.
Come è detto nell'interpellanza, richiamo l'esigenza di un dibattito in tempi estremamente rapidi in Consiglio regionale sul sistema delle informazioni in Piemonte.
Entrare nel merito richiederebbe molto tempo, mi limiterò quindi ad illustrare le nostri forti preoccupazioni.
Per quanto riguarda la carta stampata, una indagine del "Sole 24 Ore" fatta recentemente ha messo in evidenza la differenza esistente in campo nazionale, in qualche caso c'è una stabilità o un elevamento degli indici medi di lettura, in Piemonte e in Puglia c'è invece un abbassamento dell'indice di lettura.
Sappiamo che in Italia l'utilizzo dell'informazione stampata è molto limitata.
Il secondo elemento, che non è necessariamente collegato con questo, ma è una realtà di fatto, è che ormai in Piemonte esiste il monopolio della carta stampata dopo la vicenda già definitivamente conclusa e le successive vicende che ha vissuto "La Gazzetta del Popolo".
Non vogliamo assolutamente con malizia mettere in correlazione questi due elementi, tuttavia siamo convinti che esiste una domanda diversificata di informazione in Piemonte che probabilmente ha bisogno di più voci.
Abbiamo tutti ricevuto un invito della Stampa Subalpina che terrà prossimamente una iniziativa proprio per proporre una riflessione su questo. L'altra considerazione è che in Piemonte esiste già una seconda voce di informazione che è rappresentata dal TG 3 la cui area di ascolto nella nostra Regione è estremamente limitata.
E' vero che rispetta gli indici in termini di legge (63% dell'audience a livello regionale), ma è vero che questo è delimitato all'area metropolitana e alle province sud-orientali del Piemonte, mentre tutta una fascia, compresa tra Novara, Vercelli, Alessandria non vede il TG 3.
Questo perché c'è stata una scelta da parte della RAI che penalizza la realtà produttiva di Torino e che consente di vedere il TG 3 della Lombardia e non quello del Piemonte. Questo, malgrado la Regione per la sua parte sia intervenuta, perché TG 1 e TG 2 fossero presi in una serie di vallate che non potevano usufruire del servizio nazionale.
Credo che vi sia la necessità da parte della Regione di aprire un confronto con la Direzione RAI e con la sede RAI di Torino per conoscere i piani della azienda, anche perché l'ultimo piano di investimento nazionale della RAI penalizza pesantemente e brutalmente la realtà torinese e tende a riaffermare come fondamentale l'asse Milano-Roma.
Le forze politiche e i cittadini come utenti chiedono la estensione del terzo canale regionale su tutta l'area torinese.
Quando giustamente ci si richiama alla tradizione, alla esperienza e alla professionalità della nostra Regione, dobbiamo ricordare che la RAI è nata a Torino, che il livello di professionalità nel campo della radiofonia e a livello di strutture è alto (lo studio televisivo di Torino è il più grande d'Europa ancorché non sia utilizzato appieno) per cui dobbiamo riuscire a determinare un collegamento tra la logica di azienda nazionale che giustamente è negli intenti della RAI, e quelle che sono le realtà a livello locale.
Il terzo ambito di intervento riguarda l'informazione periodica locale che è molto ricca, che dimostra un buon radicamento nelle varie aree e che nello stesso tempo conferma quella diversificazione di domanda che secondo noi esiste dal punto di vista delle informazioni in Piemonte.
Conosciamo le condizioni di difficoltà e di precarietà anche se c'è entusiasmo e molto volontariato in questo tipo di produzione informativa degni di attenzione da parte della Regione.
Il quarto punto è quello rappresentato dalla realtà delle TV e delle radio private.
Sapete benissimo che il disegno di legge Gava ignora qualunque ruolo delle Regioni nella determinazione di quella che sarà - ammesso che ci si arrivi un giorno - la regolamentazione delle frequenze, dell'etere, etc per quanto riguarda il sistema radio televisivo privato.
Non possiamo non renderci conto di come sia sempre più difficile per le televisioni private locali reggere il confronto con i net-work e di come una linea che non veda un protagonismo attivo della Regione con il rischio di non farla protagonista di quanto dovrebbe.
Prendiamo lo spunto dalla questione emblematica della iniziativa nei confronti del "Manifesto" per proporre di preparare quel dibattito in Consiglio regionale, che già era fra gli impegni a calendario richiesti dal nostro Capogruppo e da parte del Consiglio stesso, per mettere la Regione in grado di esercitare la sua piena sovranità su una materia di grandissima rilevanza.
Questo per due questioni, intanto perché abbiamo ben presente la crucialità per la vita democratica del sistema informativo e poi perch con le trasformazioni in atto nel settore della informazione nelle sue varie articolazioni, questo è certamente un settore di terziario qualificato ed avanzato.
Non vedo perché in una realtà come questa dove dal punto di vista delle strutture c'è capacità (non dimentichiamoci che abbiamo già perso una serie di punti di riferimento, di strutture, nel campo della editoria, dove ormai Torino ha purtroppo ben poco da dire) non ci sia la necessità di un dibattito in Consiglio e di studiare provvedimenti di legge, interventi coerenti legislativi o regolamentari, sul ruolo attivo della Regione in questo settore.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta Beltrami.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Il primo agosto scorso, svolgendo in quest'aula le dichiarazioni da Presidente appena eletto, ebbi a sottolineare, pur nei limiti di tempo imposti dallo svolgimento della seduta, il rilievo che il problema dell'informazione assume per il buon governo della Regione.
Aggiunsi che un discorso tanto importante e complesso non sarebbe stato trascurato.
Ora, la Giunta è stata eletta ai primi di agosto e ha, di fatto iniziato quasi subito la sua attività tentando di entrare nel vivo dei problemi.
La data del primo agosto non può ritenersi anno zero, per cui tutto quanto appartiene alla gestione del Piemonte in chiave positiva, ma anche in chiave negativa, non mi pare possa essere accreditato o addebitato solo da quella data in avanti.
Allora, le riflessioni che dobbiamo fare, le dobbiamo fare assumendo ognuno in quota personale o in quota di gruppo, le responsabilità per le assenze, i vuoti, il distacco, la disaffezione che possono esserci stati in questo settore tanto delicato. Se mi trasformassi in uomo di parte avrei parecchio da dire da questa angolazione. Pur essendo sempre uomo di parte mi sforzo di non dare troppe sottolineature a questo ruolo.
L'interpellanza del Gruppo comunista coinvolge dunque un tema che questa Giunta ha chiaramente individuato come prioritario fin dall'espressione delle prime indicazioni programmatiche.
E' peraltro appena il caso di ricordare che un più articolato e profondo dibattito sull'informazione era stato sollecitato, più volte negli ultimi anni della scorsa legislatura, specie da parte dei Gruppi di minoranza e della DC in particolare, senza che mai se ne siano trovati modalità e tempi di svolgimento. Nè sorte migliore hanno avuto alcune proposte di legge che, pur migliorabili e completabili, stavano comunque ad indicare la grande sensibilità dei Gruppi o Consiglieri presentatori nei confronti del problema specifico.
Mi permetto di osservare che forse, almeno per l'ultimo scorcio di legislatura, il non svolgimento del dibattito può essere provvidenziale essendo tali discussioni e iniziative più serene e feconde solamente se lontane dall'incombenza di verifiche elettorali per il soggetto promotore.
Oggi, tante e tali vicende sono venute accumulandosi nel passivo dall'informazione in Piemonte che il dibattito, cui questa Giunta dichiara la propria disponibilità nei modi e tempi che i Gruppi vorranno determinare, avrà certamente grande spessore e darà concreti risultati se ogni forza politica si presenterà con chiari proponimenti, così come intende fare la Giunta. E' sempre attuale la questione del secondo quotidiano, si definisca esso come "Gazzetta del Popolo" o in altro modo.
Voglio, per inciso, ricordare che avremo occasione di confrontarci su tale vicenda con i sindacati dei giornalisti e dei poligrafici nel corso di un convegno che l'Associazione Stampa Subalpina ha indetto per il prossimo 11 ottobre, ed al quale la Giunta ha già espresso la propria adesione restando in attesa di meglio conoscere le modalità di svolgimento.
Ci si è purtroppo quasi dimenticati che quotidiani come "Avvenire" e "L'Unità" hanno cancellato redazioni e pagine piemontesi, incontrando anche in questa assemblea poche voci di preoccupazione e poche dichiarazioni di circostanza. In tale contesto va anche visto il problema del "Manifesto" la cui redazione torinese è stata oggetto di gesti teppistici che in questa sede nettamente deploriamo ma in favore della quale realisticamente non si è in grado di individuare provvidenze che restino nel corretto alveo della competenza istituzionale, al di là di sforzi già in atto come l'agibilità della sala-stampa presso il Palazzo della Giunta e la disponibilità del servizio di teletrasmissione in fac-simile, dal costo di qualche centinaia di migliaia di lire a carico della Regione mensilmente.
Uno sforzo non indifferente è stato fatto anche dalla Regione per estendere in molte zone di montagna la ricezione dei programmi televisivi RAI, ma intere province non sono ancora in grado di ricevere i segnali della Terza Rete regionale; accade che una larga fascia del Piemonte deve essere attenta ai programmi della Lombardia, ma è totalmente disinformata o comunque non informata su quanto avviene nel Piemonte, pur nel breve tempo che questa Giunta ha avuto a disposizione.
In tale situazione di disagio mi sono già fatto interprete con il direttore delle sede RAI, con riserva dei necessari ed ulteriori interventi a livello nazionale.
E come non ricordare che ben poche voci critiche si sono levate contro l'ultima normativa transitoria che, tra .l'altro, sembra aver dimenticato il ruolo dei Comitati regionali per il servizio radiotelevisivo, e comunque ha sicuramente cancellato l'intervento delle Regioni nella designazione dei candidati al Consiglio di Amministrazione RAI.
Non migliore appare la situazione dell'emittenza radiotelevisiva privata; il venir meno di iniziative a livello locale, questioni anche giudiziarie legate a vincoli urbanistici e sanitari, la pesante mano delle catene private che si estende sul Piemonte, sono fatti che debbono preoccuparci e consigliare grande attenzione alla vicenda della nuova normativa da emanarsi in sede nazionale.
Decisamente più confortante si evidenzia il quadro della stampa locale piemontese, nel solco di una tradizione che però sa rinnovarsi continuamente senza perdere la ricchezza di espressioni, orientamenti diffusione.
Anche questo è pluralismo, quanto mai articolato, che abbiamo il dovere di difendere con iniziative concrete da definire rapidamente con la più ampia convergenza di tutte le componenti di questa assemblea e dopo un aperto confronto con gli operatori interessati, da taluni dei quali stanno giungendo segnali di ulteriore novità nell'iniziativa. Naturalmente parlando di una seria politica dell'informazione, che sta anche alla base del tanto citato e poco realizzato principio della partecipazione, dobbiamo trattare con grande ampiezza di quanto possiamo fare direttamente, con gli strumenti e gli uffici dei quali abbiamo totale disponibilità e per i quali si sono sempre impegnate cospicue somme di bilancio.
Giorni addietro, un amico dell'alessandrino mi scriveva che a suo giudizio "la Regione è la più grossa casa editrice del Piemonte". Forse esagerato, ma sicuramente libri, opuscoli, riviste, depliant, audiovisivi prodotti e distribuiti dagli Organi e Assessorati regionali hanno raggiunto livelli quantitativi assai cospicui, con oneri annuali di parecchie centinaia di milioni. Anche su tali attività dobbiamo compiere un'attenta riflessione realizzando eventuali economie di spesa per iniziative di collaborazione con i mezzi di informazione esterni.
Ci guiderà in tale giudizio proprio il metro della partecipazione, che significa privilegiare strumenti e iniziative di informazione tesi a stabilire il dialogo con i cittadini, cioè a coloro che ci devono essere vicini perché su loro delega noi governiamo; un contatto non episodico, non volto alla ricerca del consenso su cose già decise, bensì teso a richiedere il contributo critico e propositivo su programmi e obiettivi.
E' il caso di anticipare che decisioni in tale settore potranno essere precedute da un'indagine, eventualmente avviabile in accordo fra il Consiglio e la Giunta, sull'immagine dell'Ente Regione nella comunità piemontese, senza in proposito dimenticare la realtà dei piemontesi emigrati all'estero ma legati in modo più stretto di quanto forse crediamo alla loro terra di origine.
In tale spirito confermo la piena disponibilità della Giunta per il dibattito consiliare così come richiesto nel documento dei Consiglieri interroganti, con l'auspicio che in quella sede emergano diagnosi precise e siano suggerite terapie (magari con qualche nuovo "medicinale") per ridare forza a quel pluralismo informativo che in Piemonte, non fosse altro che per la presenza della stampa locale, non risulta umiliato o negato, anche se può sperabilmente disporre di spazi per un non trascurabile perfezionamento di qualità e quantità.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Dameri.



DAMERI Silvana

Siamo soddisfatti della disponibilità manifestata dal Presidente rispetto allo svolgimento di questo dibattito. Sarà necessario che sia preparato con materiale, informazioni e anche proposte concrete che consentono alla Regione di svolgere un ruolo più efficace rispetto al passato.
Una considerazione. Se le Regioni hanno potuto in questi anni svolgere un ruolo relativo, per esempio, per quanto riguarda la RAI TV, è stato essenzialmente per una scelta a livello di Governo e degli organismi dirigenti dell'azienda teso ad accentrare sempre di più, in una logica che spesso risponde a esigenze lottizzatrici, la direzione dell'azienda e le sue scelte produttive.
Le Regioni hanno tentato di svolgere un ruolo e la Regione Piemonte non è stata assente tanto è vero che il rapporto con la sede RAI di Torino è 'stato di collaborazione su una serie di iniziative, alcune andate in porto, altre non realizzate.
Il Presidente ha detto che c'è disponibilità da parte del responsabile della sede piemontese ad aprire una sorta di contrattualità anche in sede nazionale con la RAI perché le Regioni possano essere non solamente i ricevitori dei programmi televisivi nazionali, ma siano appunto dei soggetti attivi.
Questo per quanto riguarda il discorso della RAI.
Dovremmo accompagnare questa azione con un rapporto stretto, con un protagonismo più forte degli utenti del servizio non solo perché sono i destinatari dell'informazione ma perché possono essere protagonisti attivi nella analisi del servizio informativo che ricevono anche dal punto di vista delle fonti dell'informazione.
Sappiamo che è importante la "confezione" del messaggio e importanti sono le fonti delle informazioni.
Il Gruppo del PCI metterà a punto le proposte che nella sede opportuna e in tempo che ci auguriamo più breve possibile si possano verificare e discutere.


Argomento: Beni culturali (tutela, valorizzazione, catalogazione monumenti e complessi monumentali, aree archeologiche)

Interrogazione del Consigliere Mignone inerente Villa Ottolenghi di Acqui Terme


PRESIDENTE

L'Assessore Alberton risponde all'interrogazione del Consigliere Mignone inerente Villa Ottolenghi di Acqui Terme.



ALBERTON Ezio, Assessore alla cultura

Il problema sollevato dal Consigliere Mignone è molto importante e delicato, tanto che mi è stato sollecitato anche dai Consiglieri Genovese e Devecchi. Siamo tutti consapevoli del valore del complesso come siamo tutti consapevoli che, purtroppo, la Regione non ha proprie competenze in materia.
Il valore delle opere che dovrebbero essere sottoposte all'asta del 12 13 ottobre è molto elevato. La Regione non avrebbe altro strumento di intervento se non quello di concorrere in sede d'asta. Credo che a tutti i Consiglieri siano note le enormi difficoltà del bilancio regionale: ancor più quello del 1985 fa ritenere improponibile una simile strada.
Consapevoli del valore e dell'importanza delle opere presenti dentro il complesso, auspichiamo anche in questa sede che, almeno sulle opere di maggior valore e prestigio - citiamo per tutte le sculture del Martini la Sovrintendenza possa introdurre un vincolo, ora che sembrano chiarite le questioni di natura giudiziaria relative all'eredità, fornendo in questo modo le possibilità anche di spazi temporali per analisi, verifiche riflessioni affinché le prospettive delle opere di maggiore prestigio possano essere seguite con occhio più attento, sapendo che la stessa attenzione non potrà essere dedicata al complesso delle opere esposte. Non parlo della tenuta e del palazzo nel suo complesso, per il quale eventualmente lascio la parola al Presidente della Giunta, e per le quali i problemi di carattere finanziario che citavo prima si pongono in misura ancora più rilevante e determinante di quanto non si pongano per ciascuna delle opere interessate.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Ringrazio l'Assessore per la tempestività e l'attenzione dimostrata al problema sollevato dalla interrogazione che credo vada oltre il caso singolo o particolare.
Nel momento in cui presentai l'interrogazione mi erano noti i limiti e le possibilità di intervento della Regione sia di ordine giuridico sia di ordine finanziario.
Tuttavia non volevo che cadesse nel dimenticatoio il problema legato al destino della Villa che rappresenta un caso pressocché unico nel panorama artistico piemontese e forse italiano.
In Piemonte avremo situazioni analoghe di patrimonio artistico che, per vicende legate ai destini delle famiglie proprietarie, subiscono il destino che subisce anche il patrimonio artistico di Villa Ottolenghi di Acqui vale a dire un'asta con il pericolo che il patrimonio venga disperso soprattutto venga sottratto alle possibilità del pubblico di vederlo ammirarlo ed osservarlo.
Con la interrogazione volevo anche richiamare l'attenzione su un caso unico nel suo genere: questo mecenate che attorno agli anni '20 realizz una sorta di acropoli dell'arte (è detto in modo un po' edondante ma ne ha le sembianze) richiamando attorno a sé grandi architetti, ingegneri, come Piacentini, Vaccaro, Portinari, Rapisardi, Tedoroski e grandi artisti come Arturo Martini, e questo per realizzare un complesso architettonico e di opere d'arte, dalle sculture alle ceramiche e ai quadri, veramente unico nel suo genere.
Il pericolo è che con l'asta questo patrimonio, che rappresentava un tutto unitario, venga disperso.
Se è possibile tentare assieme alla Sovrintendenza, che ha più di noi poteri in questa materia - e sottolineo come favorevoli e positive le indicazioni che dava l'Assessore -, certo occorre intervenire soprattutto per quanto riguarda le opere di quel grande artista che è Arturo Martini alla cui attività la Città di Milano e la Lombardia ancora poco tempo fa hanno destinato grande risonanza.
Mi chiedo se, ad esempio, con un organismo come il Comitato che abbiamo istituito per il Castello di Rivoli, che credo abbia qualche possibilità di intervento almeno dal punto di vista giuridico (non so dire se finanziario), si possa intervenire, eventualmente assieme ad altri enti pubblici ed istituti bancari, per mantenere al pubblico l'opera di Arturo Martini. Diverso è il problema dell'immobile.
L'Assessore Alberton ha già detto che non è oggetto dell'asta del 12 ottobre. Da tempo comunque si vocifera della volontà degli eredi Ottolenghi, uno dei quali negli Stati Uniti, avviato in altre avventure economiche, però sappiamo che anche sull'immobile vi è la volontà di arrivare ad una soluzione.
Questo è uno di quei casi che debbono essere presi in considerazione dagli enti pubblici per vedere se nel mondo economico e bancario vi è la volontà di acquisire un patrimonio immobiliare che, data la sua ubicazione in località a forte vocazione turistica non verrebbe a rappresentare una sorta di cattedrale nel deserto, ma avrebbe una sua importante finalizzazione come il Centro di convegni e congressi in un insieme di attività di tipo turistico-culturale.
Qualora si concretizzasse la volontà di vendere la Villa sarebbe opportuno valutare l'utilizzo in questa ottica inserita in un discorso di rilancio turistico-termale della cittadina.
Voglio sottolineare la tempestività della risposta, che denota una attenzione particolare a questo problema, e richiamo l'Assessore, la Giunta e noi stessi a seguire con particolare attenzione l'evolversi della situazione perché siamo in presenza di un caso unico nel suo genere.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Non vorrei essere ripetitivo di quanto hanno detto lodevolmente l'interrogante e l'Assessore.
Per quanto attiene al patrimonio delle opere d'arte, posso assicurare che da parte della Regione sarà esercitata ogni utile pressione affinché il settore di competenza dell'amministrazione dello Stato abbia ad intervenire. Non possiamo sottoscrivere garanzie se non come atti di buona volontà ma devo assicurare che è già stato impresso ogni moto di accelerazione affinché la cosa possa risolversi positivamente. Stiamo attenti e vigilanti.
L'Assessore Alberton segue quotidianamente gli sviluppi di questa vicenda.
Non è la prima volta che un cospicuo patrimonio d'arte in Piemonte viene disperso, ma vorremmo tentare, almeno per una volta, di bloccare in curva.
Forse, converrà rinviare il discorso ad un esame più ampio sullo stato patrimoniale della Regione Piemonte, sui costi della conservazione e della manutenzione, sul ruolo istituzionale che la Regione può avere nel settore e sull'attività che eventualmente può discendere agli Enti locali o sugli enti territoriali dall'acquisizione di questa prestigiosa costruzione al patrimonio pubblico.
Sarebbe forse il caso di approfondire.
Al momento non esiste che qualche segnale in questa direzione.
Non c'è la certezza della vendita come invece c'è per i preziosi che vi sono contenuti.
Il Consigliere Mignone potrebbe prendere contatti con l'Assessore Turbiglio, delegato al patrimonio.
Se vale la pena di innescare un discorso in questa direzione, questo può intervenire solo attraverso la sollecitazione e la presenza di Enti locali e territoriali tentando di coinvolgerne anche altri, non ultimi quelli del credito.
Lo dico con un certo tormento e non vorrei farne motivo di tormento perenne perché troppe sono le cose belle e valide sotto il profilo artistico che esistono nel Piemonte e tanto scarsa e tenue è la possibilità della Regione a intervenire nel settore.


Argomento: Trasporti su ferro

Interrogazione del Consigliere Mignone inerente la soppressione di linee ferroviarie; interrogazione dei Consiglieri Guasso, Biazzi e Dameri inerente i tagli di linee ferroviarie e interrogazione dei Consiglieri Guasso, Manfredini e Adduci inerente il mancato stanziamento per le ferrovie che servono le Valli di Lanzo e Canavese


PRESIDENTE

Esaminiamo ora congiuntamente l'interrogazione del Consigliere Mignone inerente la soppressione di linee ferroviarie, l'interrogazione dei Consiglieri Guasso, Dameri e Biazzi inerente i tagli di linee ferroviarie e l'interrogazione dei Consiglieri Guasso, Manfredini e Adduci inerente il mancato stanziamento per le ferrovie che servono le Valli di Lanzo e Canavese.
Risponde l'Assessore Cerutti.



CERUTTI Giuseppe, Assessore ai trasporti

Vorrei anche aggiungere un'interrogazione del Gruppo comunista, Guasso Manfredini e Adduci che si riferisce alle ferrovie in concessione.
E' una risposta un po' articolata. Elementi ufficiali in grado di fare chiarezza sulle presunte manovre governative, prospettanti eliminazioni di linee o tratte di linee piemontesi, non sono ancora state portate a conoscenza di questo Assessorato.
Notizie ufficiose, peraltro ampiamente riportate dagli organi di informazione cui si fa riferimento nell'interrogazione, sembrano confermare la volontà da parte governativa di predisporre un piano di soppressione di linee "improduttive a scarso traffico".
Tale volontà era già contenuta nella legge finanziaria per il 1985. In ogni caso non ci sono conferme circa le linee oggetto del piano di cui sopra.
La Regione Piemonte, come già ribadito in sede di predisposizione del Piano Generale dei Trasporti, in linea con tutte le altre Regioni, ritiene pregiudizialmente necessario un confronto di merito a livello tecnico politico sui criteri che individuano le eventuali linee da eliminare.
Questo non vuol significare una difesa aprioristica e dogmatica di strutture inadeguate, poiché sovradimensionate rispetto alla domanda di trasporto, e obsolete, bensì si ritiene che in ogni caso gli eventuali tagli dovrebbero essere operati in base all'esame di parametri che non tengano soltanto conto dei dati di esercizio, ma anche dei riflessi territoriali e socio-economici nelle aree e nei bacini di traffico interessati.
Il confronto di cui sopra, per quanto riguarda il livello politico dovrà avere momenti di verifica e di dibattito nell'ambito del Consiglio regionale.
A questo proposito è stato trasmesso al Consiglio regionale in data 19/6/1985 il documento di "Prime valutazioni della Regione Piemonte sulla proposta di Piano Poliennale di sviluppo della rete ferroviaria nazionale" che costituisce una base di partenza per avviare il dibattito consiliare.
Una prospettiva è anche quella prevista da un disegno di legge presentato all'esame dei competenti organismi parlamentari, che stabilisce la possibilità che le Regioni possano farsi carico, oltre che delle linee ferroviarie in concessione, delle linee che l'Azienda F.S, non ritiene di dover inserire nella propria struttura di rete. Se così fosse la Regione Piemonte non potrebbe non far presente le difficoltà, di ordine principalmente finanziario-economico, che si presenterebbero, sia in caso di gestione regionale o mista (Regione-F.S.) che in caso di collegamenti da realizzarsi con sistema di trasporto diverso da quello ferroviario.
In tal caso emergerebbe la urgente necessità di prevedere le risorse opportune per l'ammodernamento tecnico ed il risanamento economico delle linee le cui competenze potrebbero essere attribuite alle Regioni.
Si è tenuto in questi giorni un incontro tra il Governo e le Regioni per affrontare il problema dei trasporti e anche il problema della ristrutturazione delle Ferrovie dello Stato.
L'impegno assunto dal Ministro Signorile è di incontrare ufficialmente le singole Regioni per esaminare i tagli proposti sul territorio che non conosciamo attualmente.
Mi riservo di informarmi e di confrontarmi con i colleghi del Consiglio o della II Commissione per poterci esprimere a livello governativo.
Per quanto riguarda le ferrovie in concessione, vorrei aggiungere che stiamo vivendo alcuni momenti di grande incertezza.
Il FIO non si è ancora espresso per il 1985 e al FIO abbiamo chiesto 230 miliardi per ammodernare interamente la Torino-Ceres, almeno fino all'aeroporto di Caselle, come punto essenziale per una prosecuzione e ristrutturazione.
Nella cifra richiesta è compreso l'aggiornamento sia tecnologico che infrastrutturale e dei mezzi di comunicazione.
Ci sono state fatte delle promesse in questa direzione essendo già stati penalizzati l'anno scorso nel settore dei trasporti in favore della depurazione delle acque e degli acquedotti. Quest'anno intendiamo recuperare il ruolo del Centro Intermodale di Orbassano.
Una legge presentata all'attenzione del Parlamento ipotizza, in caso di mancato finanziamento FIO per le ferrovie in concessione, la possibilità di intervento finanziario, finalizzato al recupero di queste ferrovie al fine di poterle consegnare alla gestione ferroviaria regionale perché siano affidabili dal punto di vista della sicurezza dei cittadini trasportati e perché si possa avere un costo gestionale (che non può essere assicurato e garantito dai semplici fondi regionali, perché, in questo caso, il bilancio della Regione Piemonte sarebbe completamente annullato).



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Ringrazio l'Assessore per la risposta e gli raccomando di seguire con particolare attenzione l'evolversi della situazione visto che si evolve di giorno in giorno.
E' una situazione legata alle vicende della legge finanziaria, di cui non si conoscono i contenuti, però circolano notizie di previsione di tagli dei cosiddetti "rami secchi" delle ferrovie.
Vi sono inoltre aspetti legati, ad esempio, allo schema generale del Piano dei Trasporti che avrà qualche rilievo anche in futuro sapendo che il trasporto rappresenta l'armatura per tutte le attività economiche.
Il Gruppo PSDI chiedeva alcuni chiarimenti attorno a queste voci, per non alimentare da un lato o preoccupazioni o entusiasmi, non supportati da decisioni concrete, e dall'altro anche per richiamare l'atteggiamento del Ministero dei Trasporti che è un po' pericolante non avendo ancora chiarito quali sono le sue reali e oggettive intenzioni.
Per quanto riguarda il discorso dei tagli previsti dalla legge finanziaria, che le notizie giornalistiche de "La Stampa" e del "Secolo XIX" corrispondono al vero, si notano delle incongruenze perché verrebbero ipotizzati dei tagli per linee ferroviarie che, ad esempio, oggi stanno subendo dei lavori di ammodernamento e di ristrutturazione.
Non si capisce bene dove stia la congruenza fra queste due politiche di intervento: da un lato si spendono soldi per migliorare, sveltire il traffico, raddoppiare i binari e dall'altro si parla di rami che vanno soppressi, e di linee che assumono, al di là di quello che è il rapporto di costi-benefici, un significato strategico.
Cito per tutti la linea San Giuseppe-Alessandria che si dice di potenziare collegandola al terminal carbonifero di Savona, ma che sarebbe da sopprimere secondo le notizie dei giornali.
Sarebbe ipotizzata anche la soppressione della linea Ovada-Acqui, ma allora dovremmo fare un passo ulteriore: chiudere la stazione di Acqui perché non avrebbe più linee che passano per la città.
Parto da questi casi particolari per chiedere che si faccia chiarezza.
Colgo l'occasione per chiedere all'Assessore se non ritiene di fare una verifica dello stato di attuazione del Piano Regionale dei Trasporti per stabilire che cosa è maturato dal 1980 ad oggi, che cosa abbiamo costruito di quanto allora veniva ipotizzato e che cosa occorre cambiare avendo presente le nuove tendenze.
Richiamo inoltre l'attenzione della Giunta sulle previsioni che si fanno nel Piano.
Credo che la Giunta e l'Assessore siano già avvertiti della pericolosità di alcune indicazioni in esso esistenti.
Il Piemonte finisce per essere una Regione emarginata rispetto ai grandi assi di traffico commerciali e passeggeri.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Biazzi.



BIAZZI Guido

Ringrazio anch'io l'Assessore per la tempestiva risposta e per averci inviato altrettanto tempestivamente la proposta di Piano dei Trasporti predisposta dal Ministero.
Prendiamo atto delle dichiarazioni dell'Assessore, secondo le quali finora non ci sono stati atti formali di tagli sia per gli investimenti sia per le linee in esercizio.
Riteniamo però molto discutibile il far circolare voci estemporanee di presunti tagli e di presunti ridimensionamenti proprio nel momento in cui viene presentata una proposta organica di Piano dei Trasporti, che contiene i limiti che il collega Mignone ha individuato, ma che costituisce una prima base di riferimento su cui confrontarsi e misurarsi.
La discussione del Piano sarà la sede naturale in cui portare delle proposte e raccogliere le indicazioni e i pareri degli enti territoriali interessati.
Mi trovo nella sostanza d'accordo con la impostazione che l'Assessore ha dato, di aprire cioè un confronto con il Governo, di non limitarsi solo a prendere atto dei dati di esercizio delle varie linee ma di verificare anche l'impatto e l'incidenza che i tagli hanno sul territorio, per gli effetti sociali ed economici su parecchie aree del nostro Paese, ma in particolare del Piemonte.
Rileviamo che si parla di tagli dopo un Piano approvato con legge (Piano quinquennale), che era stato frutto di un confronto positivo tra le Regioni, il Parlamento e il Governo, dopo diversi atti importanti di programmazione del settore.
Le proposte, invece, sono del tutto unilaterali, fuori da un contesto organico, senza sentire il parere delle Regioni interessate. Si tratta di voci, per ora.'Ma non si sa come e da dove queste voci siano uscite, con chi il Governo si è confrontato e in base a quali valutazioni i tagli vengono ventilati. Sono voci comunque pericolose.
Rileviamo con preoccupazione che i tagli ventilati vengono spesso a colpire aree già attraversate da gravi crisi dove semmai si tratta di potenziare certe linee e di portare avanti gli investimenti che erano stati a suo tempo indicati nel Piano quinquennale.
Inoltre, se le voci saranno confermate si verrebbe a cancellare dalla mappa dei trasporti per ferrovia il collegamento del Sempione con i porti liguri, il che verrebbe a cozzare in modo evidente con le indicazioni date dalla Regione Piemonte col suo Piano Regionale dei Trasporti.
Non dimentichiamo, tra l'altro, che l'Italia rispetto alle altre na zioni europee soffre di una sperequazione del trasporto su ferrovia rispetto al trasporto su gomma.
In una ottica di risparmio e di razionalizzazione delle risorse dovrebbe semmai essere potenziato il trasporto su rotaia e riequilibrarlo rispetto al trasporto su gomma.
Lo schema di Piano Nazionale dei Trasporti mi pare che dia questa indicazione.
Intere zone hanno già problemi di collegamento e rischiano l'isolamento (come, poc'anzi diceva il collega Mignone, riferendosi all'Acquese).
Molte altre aree soffrono degli stessi problemi, basti pensare all'area interessata dala linea Arona-Santhià, oppure al Verbano - Cusio - Ossola o alla Valsesia.
Si apra con il Governo un confronto chiaro.
Ci sembra che la sede più giusta sia il confronto sul nuovo Piano dei Trasporti.
Allora si, dovrà discutere, qui in aula, dell'intero problema dei trasporti, per dare, come Regione, il nostro contributo alla formazione di un atto importante di programmazione del settore.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Manfredini.



MANFREDINI Viller

Sottolineo soltanto brevemente le questioni poste nelle nostra interrogazione che aveva un riferimento specifico.
Quando si parla di linee obsolete, quando si parla della chiusura di linee che vengono considerate "rami secchi" si devono anche stabilire in un corretto confronto i parametri. Certo, non possono essere soltanto la redditività delle linee o di un tronco ferroviario.
Per la necessità di rafforzare e utilizzare appieno tratti ferroviari che sono gestiti in concessione, la Regione Piemonte, come altre Regioni nel confronto con le Commissioni parlamentari ha individuato le reti e i tratti ferroviari da mantenere e ha anche sollecitato - e il Parlamento ha avanzato proposte in tal senso che, a quanto mi risulta, non sono ancora state tramutate in legge - il trasferimento di reti in concessione alle Regioni previo il loro risanamento e ammodernamento.
Se non si interviene subito in questa direzione quel tipo di trasporto diventa sempre meno economico, quindi è giocoforza considerarlo inutile e quindi da sopprimere.
Questa secondo noi è una strada sbagliata perché non si ha un risparmio sopprimendo i tratti di linee esistenti, soprattutto quando investono l'area metropolitana e investono bacini di utenza con particolare caratteristica di pendolarità, crediamo invece che una politica del risparmio debba intervenire sulle cause che rendono obsoleti alcuni tratti di ferrovia per esempio sulla sicurezza, sull'elevamento della velocità sulla opportunità di coinvolgere una maggiore utenza.
Il Governo non è intervenuto con propri disegni di legge, ha lasciato quelli presentati di iniziativa parlamentare fermi nel cassetto soprattutto ha posticipato quegli interventi su tratti di ferrovia o su sistemi di trasporto che, una volta ammodernati, rappresentano un vero risparmio.
Non mi stupisco di questo come non mi stupisco delle incertezze.
L'Assessore ci tranquillizza in quanto non esiste ancora nulla di fatto tranne qualche affermazione estemporanea.
Questo ci fa dire che c'è molta confusione nelle scelte, soprattutto in previsione della discussione della legge finanziaria.
Con questo vogliamo sottolineare l'importanza di fissare una discussione in Consiglio prima dell'incontro con il Governo e le Regioni per la ridefinizione del Piano, affinché le forze politiche del Consiglio possano far sentire le loro opinioni su alcuni tratti ferroviari e sui sistemi di trasporto che noi consideriamo importanti per la collettività.


Argomento: Interventi per calamita' naturali

Risposta scritta ad una interrogazione inerente il riconoscimento di danni agli agricoltori della Provincia di Alessandria a causa delle avversità atmosferiche


PRESIDENTE

All'interrogazione del Consigliere Rossa inerente il riconoscimento di danni agli agricoltori della Provincia di Alessandria a causa delle avversità atmosferiche verrà data risposta scritta dall'Assessore Lombardi.


Argomento:

Risposta scritta ad una interrogazione inerente il riconoscimento di danni agli agricoltori della Provincia di Alessandria a causa delle avversità atmosferiche

Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Acotto, Bergoglio, Bresso e Ferrara.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

Le deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nella seduta del 17 settembre 1985 - in attuazione dell'art. 7, secondo comma, della legge regionale 6 novembre 1978, n. 65 - sono depositate e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

c) Repulsa dimissioni Presidente della Giunta delle Elezioni


PRESIDENTE

La Giunta delle Elezioni, nella riunione odierna, ha respinto all'unanimità dei presenti le dimissioni (rassegnate in data 17 settembre 1985 a causa della nuova collocazione politica) del proprio Presidente Benzi da detto incarico.


Argomento: Commemorazioni

d) Commemorazione di Italo Calvino


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, la morte di Italo Calvino ci ha colpiti profondamente, come ogni fatto tragico ed improvviso.
Lo ricordiamo oggi combattente della libertà, partigiano, scrittore uomo di cultura, ma anche uomo impegnato fortemente nella società.
Italo Calvino, che conobbi, giunge a Torino negli anni delle grandi speranze, delle attese post-liberazione, dei grandi fermenti. Sono gli anni di Pavese, di Fenoglio, di Arpino, di tanti altri; sono gli anni del grande slancio culturale e creativo che fu anche di Giulio Einaudi e della sua casa.
Trascorrono gli anni ed Italo Calvino sarà altrove, nel suo mondo di fantasia, spesso crudelmente rappresentativo di un'epoca che esaurirà la carica degli ideali della guerra di liberazione.
Lo vogliamo ricordare nella pienezza del suo impegno per ciò che ha saputo dare al Paese e al Piemonte e anche ad altri Paesi ed a quanti vorranno tenere alta la sua bandiera che è stata una bandiera di libertà e di valori culturali.


Argomento: Commemorazioni

e) Commemorazione di Giancarlo Siani, assassinato a Napoli


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, l'assassinio di Giancarlo Siani, il ventiseienne cronista del "Mattino" di Napoli non può passare dalle pagine dei giornali a noi senza essere giudicato. Esso infatti rappresenta l'ennesimo tentativo di far tacere ogni persona che dal proprio posto di lavoro cerca di individuare il male della nostra vita sociale e di costruire il bene di tutti.
Vogliamo allora anche noi ricordare questo giovane coraggioso come un martire della verità e della libertà: un esempio di dedizione per noi amministratori e politici, un esempio di professionalità per tutto il mondo dell'informazione della nostra Regione.


Argomento: Commemorazioni

f) Commemorazione di Guido Secreto


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, è scomparso, sabato scorso, all'età di novant'anni Guido Secreto, deputato per tre legislature e Sindaco della città di Torino.
Nato nel 1895, avvocato, nell'immediato primo dopoguerra si era legato ad un gruppo di antifascisti torinesi.
Dopo aver militato nelle file della Resistenza, nel secondo dopoguerra aderì dapprima al PSI, poi al Partito socialista unificato, quindi al PSDI.
Dopo la nuova scissione socialista aderì al PSI.
Eletto deputato nel '53, nel '58 e nel '63, rimase tuttavia sempre nel Consiglio comunale di Torino. Nel 1973 venne eletto Sindaco di Torino incarico che mantenne per circa otto mesi alla guida di una giunta monocolore DC.
Nel 1975, ad ottant'anni, abbandonò l'attività politica.



(I presenti, in piedi, osservano un minuto di silenzio)


Argomento: Rapporti Regioni - Governo

Incontro dei Presidenti delle Regioni con il Presidente del Consiglio dei Ministri in merito alla prossima approvazione della Legge Finanziaria


PRESIDENTE

Chiede di intervenire il Consigliere Biazzi. Ne ha facoltà.



BIAZZI Guido

Ieri c'è stato l'incontro del Governo con le Regioni per la predisposizione alla legge finanziaria.
Crediamo che il Presidente della Giunta abbia partecipato a quella riunione, vorremmo sapere se è possibile avere qualche informazione.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

La riunione di ieri mattina a Palazzo Chigi, con la partecipazione del Presidente del Consiglio e dei Ministri del settore o comunque interessati alla legge finanziaria, doveva toccare non pochi argomenti che erano già stati frutto di precedenti disamine con gli Assessori ai trasporti, al turismo e ad altri settori.
All'ordine del giorno erano iscritti la legge finanziaria del 1986, la finanza regionale, l'assetto istituzionale delle UU.SS.SS.LL., i trasporti locali, il bilancio della stagione turistica.
Talune comunicazioni sui giornali sono state piuttosto euforiche con la convinzione che a Roma è stato strappato o è stato consolidato un momento regionale piuttosto interessante.
Dai giornali di questa mattina leggo altre notizie che non si conciliano con quella euforia.
Le Regioni hanno ricercato con il Governo una piattaforma che consenta in tempi brevi di varare una normativa attraverso la quale il futuro delle stesse, sotto il profilo della finanza, non sia affidato di anno in anno pur nella mutevole situazione dei bilanci e delle risorse finanziarie, a schemi provvisori creati di volta in volta con riferimento ai tickets o ad altri interventi.
C'era il problema dei prezzi petroliferi, quello sui tabacchi argomenti che, di volta in volta, segnano un rattoppo piuttosto che una linea uniforme ed un indirizzo di fondo. Questo perché la legge n. 271, che ha accompagnato il nascere delle Regioni in materia di finanza locale, è esaurita da tempo lasciando il passo, di anno in anno, a questa mutevolezza legata a fattori contingenti ed anche ad uno stato di precarietà nella normativa del settore.
E' stata assicurata da parte del Ministro delle Regioni e dal Sottosegretario Amato che, se non concomitantemente alla presentazione della legge finanziaria che deve avvenire entro la fine di settembre, il Governo è disponibile a presentare una legge che consenta alla Regioni un intervento di carattere impositivo creando un nuovo rapporto per la finanza regionale e la finanza locale.
Ho letto stamane dai giornali che queste assicurazioni sono state smorzate dai Ministri competenti, al di fuori e dopo la riunione di ieri.
C'è stato dato questo affidamento che alle Regioni dovrebbe essere consentita, attraverso un disegno di legge dello Stato, la possibilità di intervenire direttamente in una manovra finanziaria atta ad assicurare maggiore tranquillità e più disponibilità di beni e di mezzi per la gestione finanziaria.
Sui fondi. (artt. 8 e 9) ci si è anche relativamente salvati. E' stato riconosciuto che lo Stato non ha versato alle Regioni almeno mille miliardi per gli anni più recenti.
Il Ministro del Tesoro ha detto, in termini non discutibili, che non sono prescritti ma che lo Stato non è nella condizione di fare questo pagamento. Però ne tiene conto nel calcolo della cosiddetta spesa storica che fa maturare, di anno in anno, il provvedimento e la dimensione del carico finanziario a favore delle Regioni.
Viene altresì riconosciuta, per quanto attiene l'art. 9, una crescita del fondo, pari ad un tasso legato a quello previsto dal Governo attorno al 6% di contenimento del deprezzamento e della inflazione.
Per quanto attiene il fondo dei trasporti siamo riusciti ugualmente e recuperare spazi che ci erano stati preclusi. Lo dico adesso per dare una tardiva risposta all'intervento fatte dal Consigliere Mignone sui problemi dei trasporti. Da martedì in avanti il Ministro Signorile prenderà contatti con le Regioni per discutere le situazioni previsionali del Piano dei Trasporti, riguardante il territorio di ogni singola Regione.
E' stato sollecitato il mantenimento e in questo caso esiste la diversità di confronto fra le cifre fornite dallo Stato e quelle fornite dalle Regioni attorno ai problemi della Sanità, del finanziamento della legge sulla edilizia ed in particolare sulla edilizia scolastica.
E' stato preso atto che la stagione turistica ha prodotto un flusso di entrate anche in valuta pregiata tale da assicurare una minore pesantezza alla sezione valutaria nazionale. Sono state date notizie di larga massima attorno al futuro della politica turistica.
Circa l'assetto istituzionale delle UU.SS.SS.LL., debbo dire che il Ministro Degan ha assicurato che nel breve, addirittura da oggi, alla Commissione legislativa della Commissione Sanità sarebbero stati posti in esame i provvedimenti. Questo consentirebbe di rimediare l'assetto istituzionale delle UU.SS.SS.LL. in tempi brevi: questo è stato l'auspicio del Ministro e io debbo unirmi all'auspicio, non offro certezza o sicurezza sull'argomento perché attorno a questo settore è difficile stabilirlo.
A memoria, avendo appena una traccia dell'ordine del giorno non riesco dire altro, se il Consiglio regionale avesse richieste precise e più articolate su aspetti specifici, nel volgere di breve tempo (quello che mi dovrebbe essere consentito per recuperare il materiale che ho riportato ieri da Roma) penso di essere in grado di dare loro delle risposte perfezionate e più attendibili e meno vaghe di quanto abbia offerto in questo momento.



PRESIDENTE

Coglierei l'occasione per dire che il Presidente della Giunta ha prospettato sotto questo aspetto il problema per una discussione che potrebbe svolgersi poi nelle sue comunicazioni la prossima settimana. E' infatti così importante che il replicare o comunque l'intervenire riesce difficile perché io stamattina ho letto anche tutti i giornali e c'è un quadro esaltante per chi ha pensato di avere colto qualcosa ma a me non pare molto esaltante per il semplice fatto che le cose restano come prima e cioè che il Governo fa e dà quello che può. Meriterebbe allora, forse, che sulle comunicazioni del Presidente nella seduta prossima si potesse avere per intanto un minimo di comunicazione e poi le forze politiche che decidono di intervenire intervengano con cognizione del problema.
La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Chiederei al Presidente della Giunta di fornirci una comunicazione scritta in tempo congruo perché ci si possa preparare per la risposta.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

La legge finanziaria sarà presentata il 30 settembre: ne conosceremo il testo il giorno successivo. Non so se il 3 ottobre saremo in grado di dare al Consiglio una relazione che raccordi quanto è,stato detto ieri e in seguito.


Argomento: Questioni internazionali

Esame ordini del giorno presentati dai Gruppi PCI e DC sulla repressione scatenata dal regime di apartheid instaurato in Sud-Africa


PRESIDENTE

Il punto 4) all'o.d.g. prevede l'esame degli ordini del giorno presentati dai Gruppi PCI e DC sulla repressione scatenata dal regime di apartheid instaurato in Sud-Africa.
La parola al Consigliere Adduci per l'illustrazione dell'ordine del giorno del Gruppo PCI.



ADDUCI Donato

Continuiamo a constatare, ogni giorno, che il regime schiavista di Pretoria persevera nello spargere sangue e terrore tra il popolo africano che lotta coraggiosamente per l'affermazione dei suoi più elementari diritti.
Le fruste dei gendarmi continuano a colpire con inaudita violenza i manifestanti di colore che chiedono l'abolizione dell'apartheid e la fine di una legislazione che, unica al mondo, teorizzando la disuguaglianza tra gli uomini, mira a sopprimere l'identità culturale, le radici storiche, la personalità e le strutture sociali di interi gruppi etnici, come fecero gli Inglesi con gli Xosa e gli Zulu, come continua a fare il governo di Pretoria con la Namibia e l'Angola.
Questo accade nella migliore delle ipotesi, quando, cioè, i razzisti non mirano a sopprimere, come avviene sempre più frequentemente, la vita di centinaia e centinaia di uomini.
E così l'etnocidio acquista sempre più, inevitabilmente, le dimensioni di un genocidio perpetrato da un gruppo di bianchi che ha voluto imporre, e vuol continuare a detenere, un predominio economico e di alienazione culturale teso a destabilizzare permanentemente le strutture relative ad ogni aspetto della, vita quotidiana delle comunità non bianche.
Tutto ciò per giustificare lo sfruttamento delle classi più deboli in nome di una "superiorità" biologica e, conseguentemente, psicologica e culturale che legittimerebbe il dominio ed i privilegi storico-sociali dei bianchi.
E' inutile far notare che si tratta di un'assurda pretesa, di un meccanismo ideologico che dovrebbe legittimare o, almeno;, giustificare la rapina dei beni ambientali, lo sfruttamento delle popolazioni ed il predominio su di esse, l'esproprio delle risorse che appartengono ad altri.
La storia dell'apartheid, del razzismo coloniale istituzionalizzato in Sud-Africa è la storia di una vergogna. E' la storia di una piccola minoranza bianca che domina su una grande maggioranza negra, privata di grandissima parte delle sue terre, spogliata della sua identità culturale e storica, sfruttata nel suo lavoro.
E' la storia dei campi diamantiferi del Kimberley, dei grandi giacimenti auriferi del Transvaal; della Native Labour Regulation Act della legge per la disciplina del lavoro degli indigeni che legalizzò la discriminazione; è la storia della Land Act, della legge finanziaria che assegna il 90% della terra ai bianchi ed il 10% ai negri; è la storia della Natives Urban Areas Act, la legge sugli indigeni delle zone urbane che proclama tra l'altro: "l'indigeno sarà autorizzate ad entrare nelle zone urbane, che sono essenzialmente creazione dei bianchi, solo per provvedere ai bisogni dei bianchi, e deve andarsene via quando ha finito il suo compito", dove è chiaro che il termine "provvedere" significa esattamente lavorare per il bianco a qualsiasi condizione ed e qualsiasi salario che il bianco è disposto a concedere. E' la storia della Pass Laws, le leggi sulla circolazione che richiedono un attento controllo poliziesco su qualsiasi lavoro svolte da un negro, sui suoi cambiamenti di domicilio e su altro ancora.
E' la storia di centinaia di altre norme e consuetudini che servono ad impedire o punire qualsiasi "promiscuità" tra bianchi e neri tranne naturalmente, quando la promiscuità torna a vantaggio dei bianchi, come nel caso della balia nera per i bambini bianchi o dei cuochi neri per le signore bianche.
E' la storia di tutto questo ma È anche la storia di un impegno civile non violento degli indigeni che si sviluppò dopo il 1945 quando la vittoria sul nazi-fascismo era - o fu ritenuta - anche una vittoria universale sul razzismo. E' un impegno civile che incomincia divenire resistenza passiva sempre non violenta, agli inizi degli anni '80 quando tre milioni di negri furono deportati dalle loro case, dalle case dei loro antenati, e "risistemati" nelle residenze per negri, site in boscaglie abbandonate prive di strutture urbane e di ogni possibilità di lavoro. Si trattò di una decisione maturata a lungo, risalente agli inizi degli anni '60 quando leader negri come Mandela, capo del Congresso Nazionale Africano, ed un gruppo di simpatizzanti bianchi, visti nulli gli esiti della resistenza non violenta e rischiando gravi pene, se non la morte, iniziarono una campagna di sabotaggio in seguito alla quale Mandela ed i suoi compagni furono condannati all'ergastolo.
Ma nuove spinte emersero verso il cambiamento e nacquero nuovi movimenti come Coscienza Negra il cui rappresentante più noto, Steve Biko trovò la morte in un carcere bianco e nuove iniziative come gli scioperi scolastici di Soweto e di altre città negre.
Oggi l'intenzione del governo razzista di Pretoria di voler dividere il Sud-Africa in quattro parti è accompagnata, ancora una volta, da una crescente militarizzazione del territorio che consente ai razzisti di mantenere il pugno di ferro e di soffocare nel sangue ogni sacrosanta aspirazione all'affermazione dei diritti più elementari.
L'Italia, quinto partner commerciale su scala internazionale del Sud Africa, ha interessi economici in quel paese; ciò ha indubbi vantaggi per alcuni, ma anche un prezzo altissimo per tutti in termini di democrazia e di difesa dei diritti umani e civili.
Quando Botha venne a Roma nell''84, il Presidente del Consiglio on.
Craxi lo accolse giustificandosi con il fatto che in Sud-Africa vivono 80.000 nostri connazionali; quando l'on. Goria, Ministro del Tesoro, votò a favore del finanziamento del regime di Pinochet si giustificò dicendo che se si finanzia Pretoria non si capisce perché non si debba finanziare quel dittatore fascista; quando il Ministro degli Esteri on. Andreotti dovette fornire una spiegazione sul commercio delle armi con Botha, suo recente ospite a pranzo, si giustificò dicendo che non è colpa di nessuno se i sud africani armano con cannoni i nostri elicotteri.
Non sappiamo se, e non vogliamo neanche pensare che con questi comportamenti il nostro Governo voglia in qualche modo "proteggere gli esecutori di una terribile politica razzista", come il Vescovo Desmound Tutu pensa che faccia Reagan, ma è evidente che il Governo italiano non ha usato strumenti adeguati ad una politica che, richiamando e richiamandosi nella sua universalità, all'art. 2 dell Costituzione, "rispetti e garantisca i diritti inviolabili dell'uomo".
Non sappiamo ancora se il non dire neanche una parola, ad esempio sulla necessità di impedire che il 19 ottobre abbia luogo il Gran Prix di Kyalami, contrariamente a quanto hanno fatto già i governi francese svedese, finlandese e brasiliano, sia nel nostro governo consapevolezza del fatto che l'isolamento sportivo e culturale è molto più temuto da Pretoria che non qualche timida sanzione economica qua e là minacciata.
Sappiamo però che questi comportamenti sono sicuri indicatori e descrittori di una volontà politica che ha, finora, impedito all'Italia di adottare sanzioni economiche efficaci, come quelle richieste dal Vescovo Tutu consentendo, invece, un'adesione, espressa peraltro in termini piuttosto vaghi, alle cosiddette sanzioni CEE, sanzioni addirittura più arretrate di quelle decise da Reagan.
Ormai i morti, negli ultimi dieci mesi, sono più di 600 e gli scioperi vengono soffocati nel sangue.
"Il regime di Pretoria è un attentato alla sicurezza mondiale", ha detto il Ministro degli Esteri del Mozambico, ed il Ministro degli Esteri dello Zimbabwe ha aggiunto che quel regime "è un nemico dell'umanità".
La lotta contro quel regime è la storia di una guerra che continua, è la storia di una lotta contro il regime odioso dell'apartheid, inviso a tutto il mondo civile.
Ed è proprio unendoci alle richieste che giungono da ogni parte del mondo civile che come Gruppo comunista, nel condannare fermamente l'apartheid e nel richiedere con forza che il Governo faccia il suo dovere impedendo anche la fornitura di armi clandestine nel Sud-Africa, uscendo così da un intollerabile, ambiguo silenzio, sottoponiamo il nostro ordine del giorno alla discussione e ci auguriamo alla approvazione del Consiglio regionale, consapevoli che anche il nostro atto, aggiungendosi all'indignazione sempre più ampia che si leva da numerose parti del mondo possa contribuire a far sì che nell'Africa australe si giunga alla creazione di un Sud-Africa, di un governo, di un popolo.



PRESIDENTE

Ha ora la parola il Consigliere Nerviani per l'illustrazione dell'ordine del giorno del Gruppo DC.



NERVIANI Enrico

Ringrazio il Presidente Viglione per il tono di serietà che sta mettendo nella conduzione della vita di questo Consiglio regionale. Sono al Presidente vivamente e sinceramente grato, perché mi sembra una risposta seria alle sollecitazioni che in questo senso avevo ripetutamente fatto nel corso dell'ultimo scorcio della legislatura precedente.
Per quanto attiene all'argomento in discussione, debbo manifestare l'invito che è stato fatto da altri Gruppi a giungere ad un ordine del giorno unico che desse alla posizione del Consiglio regionale la forza propria dell'unità. La premessa fatta dal Consigliere Adduci si muove esattamente nel senso contrario a questa fusione e a questa unità degli intenti.
Gli accenni che sono usciti dal suo intervento sono sostanzialmente provocatori in termini politici indirizzandosi ad aspri attacchi alla politica governativa, che in questo senso sosteniamo responsabilmente tenendo conto che si opera in un quadro internazionale e all'interno di problemi economici che non si risolvono a colpi di parole, di affermazioni pregiudiziali dure e a nostro avviso immotivate.
Il riferimento ai Ministri Goria e Andreotti non è la strada più favorevole ad una intesa sull'ordine del giorno e mi corre l'obbligo di sottolineare che gli interventi, le forniture di armi non provengono soltanto dai paesi del mondo occidentale, ma provengono consistentemente dall'Unione Sovietica, la quale fornisce sistematicamente armi ai movimenti rivoluzionari interni ed esterni al Sud-Africa.
Quando faccio queste affermazioni le faccio in modo documentato riferendomi all'intervista, per esempio, che è stata rilasciata a "News week" qualche settimana fa, da membri dell'Anc, che hanno dichiarato esplicitamente qual è la fonte e la provenienza di queste armi. Quindi ritengo che su questi argomenti valga la spesa di essere molto prudenti e di non attaccare in termini unilaterali se ad un intento unitario si vuole giungere convintamente.
Dette queste cose, che siamo portati a dire per ragioni di parte e per ragioni di forza politica, aggiungiamo subito che non possiamo non eccepire, non contrastare con decisione le iniziative che in questi ultimi tempi vengono assunte dal Governo di Pretoria.
Il nostro ordine del giorno è tuttavia meno orpellato, meno manicheo più problematico, ma ugualmente sobrio e duro nei confronti del Governo di Pretoria.
Giudichiamo i fatti del momento, guardiamo meno alla evoluzione della storia per cui sarebbero necessarie delle riflessioni molto più approfondite di quelle semplicistiche che sono state fatte in questa sede.
Non mitizziamo le opposizioni, non riteniamo, come si dice, che Ghandi abbia ispirato tutte le azioni dei movimenti sud-africani.
Vi sono state delle violenze anche dall'altra parte e aggiungo subito che sono violenze comprensibili perché l'esasperazione a cui le popolazioni sono portate sono estremamente gravi e difficilmente sopportabili. Non dire la verità su queste cose significa produrre dei risultati diversi da quelli che ci prefiggiamo.
Nel nostro ordine del giorno teniamo conto del quadro di iniziative che sono già state messe in atto dal mondo occidentale e in particolare dal nostro Governo, che a livello mondiale si pone sempre come elemento di distensione e mai come elemento di scontro violento e si pone sempre come propositore di pace e di distensione fra i popoli. Almeno questa è la storia degli ultimi anni della nostra democrazia e noi ci preoccupiamo con questo ordine del giorno di guardare al futuro perché il futuro sia un progressivo superamento delle situazioni in atto, non in termini rivoluzionari ma in termini di comprensione fra le parti.
Denunciamo il comportamento arrogante, violento e provocatorio di Botha, denunciamo gli omicidi, denunciamo i tragici fatti che accadono in Sud-Africa, operiamo però perché il futuro sia diverso dal presente e non sia uguale al momento attuale o addirittura non sia peggiore.
Questo è lo spirito del nostro ordine del giorno: denuncia forte dei fatti che abbiamo di fronte a noi, proposta per il superamento degli stessi, costruzione delle condizioni per una riappacificazione e non per uno sconvolgimento con orientamenti diversi, con contrasti e massacri di altro tipo.
In questo senso ci muoviamo col nostro ordine del giorno e fermamente lo sosteniamo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Fracchia.



FRACCHIA Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, una delle cose che più stupiscono, a proposito della condanne occidentale del regime di apartheid sud-africano, è che essa riemerge alternativamente nel corso di questi anni come estemporanea consapevolezza, destinata poi ad affievolirsi ogniqualvolta un nuovo fattore di crisi c di tensione emerge sullo scenario internazionale.
La crisi e le stragi di questi mesi ci riportano alle denunce occidentali di nove anni fa, ai tempi di Soweto. Ma il partito nazionalista di Botha, al potere dal 1948, è abituate da decenni a convivere con la condanne dell'occidente, tanto magniloquente quanto inefficace.
La stessa opinione pubblica sud-africana bianca non ha mai avvertito in questi anni la condanna occidentale come potenzialmente minacciosa ai fini della perpetuazione del regime e dei suoi principi: tanto è vero che l'opposizione federalprogressista continua appunto ad essere opposizione.
E' uscito da poco un rapporto che cataloga 108 azioni di questo tipo intraprese dal 1914 ad oggi nella comunità internazionale. Ebbene solo per 39 casi si può dire che qualcuno degli obiettivi prefissi sia stato raggiunto. Sempre e solo in casi che hanno visto sanzioni specifiche e rigorose, mirate alla richiesta di specifici atti o provvedimenti. Sanzioni vaghe e generalizzate sono concepite apposta per essere inefficaci o dimenticate. Ma come possono in questo caso le sanzioni sostituirsi alla mancanza di una linea politica che l'intero occidente avrebbe dovuto perseguire da lustri? Per quanto paradossale possa apparire, oggi le voci che più alte si levano nel Parlamento bianco sono quelle della destra conservatrice, che rimprovera a Botha di usare il guanto di velluto invece del pugno di ferro.
Lo stesso Botha, si badi bene, negli anni '70 partecipò alla eliminazione fisica dell'opposizione nera più moderata e antisovietica che facevo capo a Coscienza Nera il cui leader Steve BiKo (ricordato nell'ordine del giorno morì assassinato dalla polizia. Oggi l'opposizione moderata fa capo a Monsignor Tutu e al capo Zulu Buthelezi, ma è una opposizione che la politica di repressione gradualista di Botha ha schiacciato al muro favorendo ulteriormente l'esasperazione.
In concreto, oltre alla generica condanna e alla richiesta di svolta immediata, la CEE e gli USA che cosa hanno chiesto a Botha? Nulla di preciso, nulla di realizzabile. E' questo il peggior alibi dell'apartheid, e soprattutto il peggior modo per l'occidente di tutelare i propri interessi.
Come repubblicani, sostenitori da sempre dei diritti dell'uomo e dell'autodeterminazione dei popoli, la nostra solidarietà va a quanti bianchi o neri, si battono in questo momento per affermare valori fondamentali di libertà e di dignità umana.
Per questo, malgrado il fallimento della missione dei Ministri degli Esteri della CEE, dobbiamo favorire coloro che hanno compreso che oggi il Sud-Africa è un banco di prova importante.
Se si riuscirà a giungere ad una forma di democrazia consociativa in questo paese, il mondo intero avrà fatto un passo avanti importante nel dialogo nord-sud.
Dietro l'abbattimento dell'iniqua forma di razzismo che è l'apartheid (una macchia intollerabile per tutte le coscienze civili che hanno vissuto in questo secolo le più fosche aberrazioni delle persecuzioni razziali: a cominciare dalle persecuzioni antisemite) si nasconde la strada di una nuova cooperazione.
L'ordine del giorno presentato dal Gruppo comunista non tiene conto delle considerazioni che ho appena svolto. Infatti le conclusioni dell'ordine del giorno sono quanto mai generiche e non si discostano dalla linea fallimentare sin qui seguita dai nostri governi.
Il semplice richiamarsi alle sanzioni, siano esse economiche o diplomatiche, non serve molto se non si connette ciò ad una linea politica comune che i paesi aderenti all'ONU devono seguire.
Ancor meglio se la politica si misura su una entità precisa che per noi non può che essere la Comunità Economica Europea, Comunità che deve al più presto riprendere il confronto sul problema sud-africano in maniera seria e rigorosa.
In questo modo l'invito ad ogni tipo di sanzione diventa una misura plausibile purché esse siano sanzioni specifiche e progressive nel tempo? Specifiche ovvero individuate e precise misure. Progressive ovvero direttamente proporzionali alla disponibilità politica e diplomatica del Sud-Africa per l'abbattimento dell'apartheid e per il godimento dei diritti civili di tutti i cittadini.
Un secondo punto di caratterizzazione dell'ordine del giorno per eliminare ogni genericità, per uscire da aspetti declamatori poco utili per i neri oppressi, riguarda la ricerca di applicazione di una delle 108 sanzioni inapplicate che ho appena ricordato.
Esiste un codice di comportamento CEE per le nostre aziende presenti in Sud-Africa. Codice che fissa alcune regole riguardo alle condizioni di lavoro, di assunzione e di assistenza dei lavoratori di aziende occidentali in Sud-Africa.
Consideriamo opportuno al riguardo innescare una azione regionale verso le aziende e le camere di commercio al fine di far rispettare il codice e dunque di incidere positivamente e concretamente nella situazione sud africana.
Io credo che le nostre aziende siano disponibili a questo intervento civile, intervento cui il governo sud-africano non potrebbe rimanere indifferente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Letto il testo del primo ordine del giorno presentato dal Gruppo comunista, subito ci è venuto alla mente l'ormai notissimo articolo di Galli della Loggia "Apartheid a Bolzano", apparso circa un mese e mezzo fa sulle colonne del quotidiano torinese; e suscitatore di vive discussioni ancor oggi non concluse.
Se però, in questa sede, volessimo chiedere - a chi tanto si indigna per il razzismo sud-africano - perché non fiata invece contro il razzismo altoatesino, il cui cappio si stringe sempre più attorno al collo di 120.000 cittadini di "razza italiana", come documentato dal recente bel libro di Sebastiano Vassalli, sicuramente saremmo accusati di voler eludere, per pavidità o per mancanza di argomenti, il problema che è sul tappeto.
Ed allora, rinviamo ad altra occasione la "questione altoatesina" per affrontare invece - senza indugiare in alcun commento sulla utilità di questo dibattito - la "questione sud-africana", che tanto sembra stare a cuore ai Consiglieri comunisti, in particolare all'ex Sindaco di Robassomero, Adduci, primo firmatario dell'ordine del giorno; nonché ai loro colleghi di parte democristiana, presentatori di un analogo documento.
Diciamo dunque, per cominciare che in Sud-Africa si combatte oggi una guerra più vasta, quella tra Est ed Ovest. Per l'Est, i diritti civili conculcati dei negri sono soltanto un pretesto per estromettere l'Ovest da quel Paese, scrigno di minerali anche strategici, punto chiave delle rotte tra gli oceani Pacifico, Indiano ed Atlantico. Per l'Occidente, il regime dell'apartheid è una fastidiosa reliquia razzistica, che risveglia antichi complessi di colpa, più acuti in quelle Nazioni che maggiormente hanno da farsi perdonare peccati razzistici, a cominciare dalla schiavitù per finire con la segregazione.
Ecco perché il Sud-Africa è un problema complesso ed esplosivo.
L'apartheid, per l'immagine che se ne ha, ripugna in Europa ed in America offende persino in Asia, anche se gli asiatici sud-africani, forse sarebbero poi le prime vittime di un prevalere del "potere negro", come già si è potuto constatare con le "cacce all'indiano" delle scorse settimane.
Al posto dell'apartheid devono essere concessi nuovi diritti civili sicuro. Ma è proprio qui che il problema diventa "problema di Stato".
Perché lo Stato, una volta accordati questi nuovi diritti civili, deve poi saperli e poterli tutelare, affinché non abbiano a prevalere i "razzismi alla rovescia" ed in modo che nessuna altra componente venga sostituirsi in funzione dominante, a quella bianca. Insomma, l'apartheid deve finire certo: ma quello che noi diciamo è che non deve finire sulla pelle e contro gli interessi di coloro che hanno fatto di una terra, un tempo inospitale ed abitata da poche povere e barbare tribù, un grande Paese, uno Stato ordinato, forte, laborioso e ricco. Uno Stato in cui, è vero, è ancora legalizzato l'apartheid odioso ed inaccettabile; ma dove tutti bianchi,neri o colorati - vivono in condizioni sociali ed economiche che non trovano confronto con quelle di altri Paesi africani, asiatici e persino europei.
La dissoluzione dello Stato sud-africano sarebbe il peggiore degli esiti immaginabili per quanti hanno veramente a cuore i diritti di tutti e di ciascuno; la prosperità di quelle popolazioni e gli interessi dell'Occidente.
Sarebbe, al contrario, la migliore delle soluzioni per i Mandela ed i Tutu del tanto peggio, tanto meglio; per i quali il peggio desiderato e proclamato è l' "esasperazione del popolo" ed il meglio è l' "edificazione del mondo comunista", una volta scacciato l'odiato bianco ed il disprezzato occidentale.
Niente dissoluzione, dunque, dello Stato sud-africano. Che, diciamo anche questo, è uno Stato vero. Non è né l'Indocina né l'Algeria, da dove alla fine, traditi in patria dai loro connazionali, i bianchi e la gente a loro fedele, quella almeno scampata ai massacri, se ne sono dovuti andare.
Qui il discorso è diverso: perché nessuno può dubitare che gli africani bianchi dalla terra in cui vivono da secoli non se ne andranno mai. Nè da vivi, né da morti.
L'Occidente commetterebbe un grave errore se dovesse dimenticarselo.
Sulla base di queste considerazioni - nelle quali convintamente crediamo il Gruppo del Movimento Sociale Italiano darà voto contrario agli ordini del giorno comunista e democristiano e quant'altri eventuali documenti concordati che dovessero sostituirli ed in, cui, però, non avessero a trovare posto le esigenze da noi rappresentate all'assemblea.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Benzi.



BENZI Germano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, premetto che non parteciper alla votazione dei due ordini del giorno per motivo molto semplice: un ordine del giorno su un argomento così importante dovrebbe essere votato da tutti, ma se il consenso sarà solo parziale riveleremmo una grave debolezza.
Ho ascoltato le posizioni assunte dai colleghi Consiglieri.
Questa è una sede modesta che non fa la politica del mondo, ma qui proviamo sentimenti umani per uomini sfruttati e maltrattati.
Il documento che qui votiamo dovrebbe essere tale da poter essere inviato a tutte le associazioni piemontesi, ai Comuni, alle Province.
Ma se qui tra di noi incominciamo a dividerci, è certo che non possiamo approvare un documento valido.
Invito pertanto i presentatori dei due documenti a presentare un documento unico.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Gruppo socialista non ha presentato alcun ordine del giorno, in quanto ha ritenuto inopportuna tale presentazione, considerato che i due ordini del giorno, quello comunista e quello democristiano, relativamente alla materia in discussione, hanno in comune la denuncia e la condanna del regime di apartheid, consentendo di trovare un'ipotesi di intesa che raccolga le più larghe rappresentanze del Consiglio regionale.
Per tale ragione, raccogliendo opportunamente il richiamo del collega Benzi, credo che al termine del dibattito, in sede di riunione dei Capigruppo, si dovranno unificare gli ordini del giorno e definirli alla luce della gravità e della reale situazione in atto in quel Paese, al di fuori delle speculazioni che in qualche misura entrano a far parte di questo confronto richiamando problemi specifici di carattere nazionale.
Il Gruppo socialista ha guardato all'essenza del dibattito; non ci siamo fermati alla forma perché sembra che l'essenza sia importante rispetto alla forma.
Nell'ordine del giorno comunista ci è parso di rilevare qualche aggettivo in più che forse potrebbe anche essere ridimensionato e adeguato alla realtà.
Abbiamo rilevato che manca completamente, come del resto emerso dall'intervento del collega Adduci, un plauso all'impegno e allo sforzo che il Governo italiano guidato dal Presidente Craxi sta portando avanti autonomamente e nell'ambito della CEE, nell'azione di denuncia del regime di apartheid del Governo di Pretoria.
Questo, colleghi e compagni comunisti, manca.
Non si può, come è stato fatto questa mattina dal collega Adduci mascherare quella che è un'azione vera e reale, al di là delle posizioni che legittimamente ed autonomamente ciascuno si sceglie sul piano politico e nazionale, non si può nascondere l'impegno che il Governo italiano ha assunto e che il Presidente Craxi sta portando avanti, nel solco di una grande tradizione di libertà come quella socialista.
Cari compagni, questi aspetti non si possono negare di fronte alle polemiche legittime, su cui possiamo discutere, però voi non potete negare un impegno che i socialisti hanno sempre mantenuto coerentemente denunciando e condannando ovunque nel mondo oppressioni, soperchierie totalitarismi, dittature, cose che sono contrarie al rispetto dell'uomo alla mutua reciproca cooperazione tra i popoli e le nazioni.
Compagni comunisti, resta comunque ferma la sostanza della denuncia che ci trova pienamente d'accordo, come pure concordiamo pienamente con la condanna espressa nell'intervento del collega Nerviani, che ha illustrato l' ordine del giorno della DC.
Sono d'accordo con quanto diceva poc'anzi nel suo intervento il Consigliere Benzi, che c'è davvero qualcosa di più al quale mirare, che è un problema umano e morale; sono dell'avviso che è necessario che si arrivi a un ordine del giorno che sia espressione della più larga partecipazione del Consiglio regionale, e contenga un messaggio di libertà e di rispetto della personalità umana quale deve alzarsi dal Piemonte, che ha lottato per liberarsi e per difendere la libertà e sa cosa vuol dire trattare i diritti civili.
In Piemonte hanno combattuto e perso la vita anche dei cittadini sud africani; non lo abbiamo dimenticato e abbiamo anzi avuto occasione di rinfacciare ai rappresentanti di questo Paese queste responsabilità.
E' una tradizione alla quale in qualche modo nell'ambito del Commonwealth questo Paese, che ora opprime e insanguina i combattenti della libertà, era legato, e ha dato un contributo alla Resistenza perché alcuni cittadini sud-africani sono morti in Piemonte per la libertà.
Facciamo in modo che questo messaggio dia più forza all'azione del Governo e della CEE e faccia arrivare il problema all'attenzione della gente.
Sono d'accordo con la proposta contenuta nell'ordine del giorno comunista di inviare il messaggio all'ONU di sensibilizzare i più ampi centri mondiali, perché bisogna estirpare i bubboni che esistono attraverso le forme che meglio aiuteranno a risolvere i problemi.
Non si può pensare di risolvere, come pensa la classe dominante di Pretoria, i problemi con il sangue e l'oppressione, uccidendo i cittadini e tenendoli per decenni in prigione.
Non è questa la strada, e il nostro Paese, che sa come sia dura la strada per la libertà, deve innalzare sempre di più e con forza la sua voce per far sapere quale è la via che porta alla convivenza civile.
Non sono semplici problemi, però noi che in fondo godiamo nel mondo di una credibilità superiore a quella di tante altre nazioni, sicuramente più dell'Unione Sovietica, degli Stati Uniti e di tutti quei paesi che in qualche misura sono stati colonialisti fino a ieri, noi abbiamo il dovere di far conoscere il nostro pensiero su questi problemi, perché si continui a guardare all'Italia con fiducia, dovunque essa ha operato e ha portato un contributo di pace disinteressato, a differenza dei comportamenti di altri paesi nel mondo occidentale, compresi i nostri vicini di casa al di là delle Alpi, i nostri cugini francesi.
Mi pare che noi abbiamo le carte in regola, in quanto non abbiamo trafficato né traffichiamo con le armi; anzi il nostro Paese fa grandi sforzi perché il commercio delle armi venga bloccato essendo un grosso problema come quello della droga.
Occorre che sia l'ONU, che le grandi e piccole nazioni mettano bene le carte in tavola, perché non si può da una parte scandalizzarsi di fronte a particolari situazioni e dall'altra alimentare il commercio delle armi; n tanto meno far succedere casi come in Francia, addirittura con problemi e conseguenze di carattere internazionale.
Occorre dare esempi nel comportamento per evitare che ad un certo punto qualcuno possa dire: "se è stato fatto da lui perché non lo posso fare anch'io".
Si richiede pertanto che nel Governo del nostro Paese vi sia estrema chiarezza e necessità di una presenza continua, insistente e incisiva, per evitare di arrivare a.comportamenti che non sono corrispondenti alla nostra volontà.
Occorre scendere sul terreno del confronto, tirarsi su le maniche lottare continuamente per compiere tutti quegli sforzi che consentano al Sud-Africa di trovare la strada giusta, attraverso l'assunzione di responsabilità per la convivenza su basi democratiche di libertà e di pace di collaborazione tra bianchi e neri.
Penso che sicuramente sia questa la strada che quel Paese deve trovare.
Alla classe dirigente di quel Paese, in una situazione così drammatica e tragica, si deve far sapere che la nostra posizione è estremamente ferma e precisa, di netta condanna.
Siamo sempre stati da una certa parte, continuiamo ad esserlo perch crediamo che essa consenta l'innalzamento dell'uomo.
Tuttavia nello stesso tempo valutiamo che ci debba essere non solo condanna ma anche disponibilità per verificare se esistono interventi concreti: si tratta di valutare il tutto compresi gli aspetti sportivi, per favorire l'evoluzione di un processo che tenga conto del contributo che questo Paese, che si trova al centro di un grande Continente, può dare.
La disponibilità e la solidarietà umana devono far sì che quel Paese possa trovare, attraverso mille sforzi, nel suo insieme, una via per liberarsi da una serie di conseguenze che sono l'eredità di un passato e per andare avanti sulla strada della libertà e della pace.
Penso che, se interpretiamo queste cose, avremo dato un grande contributo anche alla lotta di quel Paese per la libertà e la pace.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Vorrei iniziare il mio intervento leggendo alcune parti di un articolo pubblicato sul quotidiano cattolico "L'Avvenire" del 19 settembre la cui lettura evidentemente o è sfuggita c non è stata valutata in maniera sufficientemente seria dai colleghi del Gruppo democristiano, altrimenti noi avrebbero compilato quell'ordine del giorno nei termini in cui l'hanno scritto.
"Si moltiplicano in Italia manifestazioni, dichiarazioni, scritti contro l'apartheid. Nessun partito, quanto mi risulta, nessun giornale personalità, corrente d'opinione pubblica sostiene questo disumano sistema politico-sociale. Il problema però è un altro: che contributo possiamo dare per favorire la scomparsa quanto più rapida possibile dell'apartheid? E come fare in modo che questo avvenga in modo pacifico o almeno non attraverso una guerra civile generalizzata? Uno scontro frontale fra bianchi e neri porterebbe infatti alla distruzione del Sud-Africa come Paese, con un bagno di sangue di violenza terrificante.
Nessuna persona sensata può volere questo. Soprattutto, l'esperienza della storia recente dimostra che la violenza non paga, perché prepara la strada anche quando dovesse riuscire ad un regime peggiore dell'attuale.
Peggiore per i bianchi, ma anche per i neri. Questa, credo, è la convinzione della maggioranza dei neri sud-africani, delle Chiese che sono contro l'apartheid (compresa la cattolica), delle personalità nere che hanno rifiutato la violenza (Tutu, Boesak, Naudé, Motlana, Buthelezi Ramaphosa; ecc.). La parte più evoluta e consapevole dei neri non vuole assolutamente privare il Sud-Africa del contributo che la 'tribù bianca' porterà anche in futuro allo sviluppo del Paese, in un sistema di parità e giustizia per tutti. Il che inevitabilmente avverrebbe se l'eguaglianza fosse conquistata con la guerra civile.
Ebbene, nelle manifestazioni e scritti contro l'apartheid in Italia non si va tanto per il sottile: l'apartheid va abolito, non importa con quale mezzo. Temo si stia ripetendo l' 'operazione Vietnam': un manicheismo che demonizza una parte, esaltando i 'movimenti di liberazione' che usano la 'violenza rivoluzionaria' per líberare gli oppressi.
Bisogna ricordare che l'African National Congress ha scelto da più di vent'anni la via della violenza e nell'aprile scorso il suo leader Oliver Tambo (risiede a Lusaka) ha lanciato un appello ai neri per insorgere in armi contro il potere bianco, intensificare la guerriglia urbana, attaccare i quartieri abitati dai bianchi: questa 'offensiva generale contro la dittatura militare deve rendere il Sud-Africa ingovernabile e spezzare la spina dorsale del sistema economico sud-africano'. Tambo ha chiesto di 'far fronte al nemico con tutte le armi di guerra più moderne'.
Il capo storico dell'Anc. Nelson Mandela non è stato adottato da 'Amnesty International' come 'prigioniero politico', perché in favore della guerriglia. Mandela dichiara in una recente intervista ('La Stampa', 23 agosto) che 'non c'è alternativa al prendere le armi: non c'è spazio per battaglie pacifiche'.
Non posso comprendere né approvare chi, a diecimila chilometri di distanza, sostiene o appoggia soluzioni violente".
Il finale dell'intervento su "L'Avvenire" è la premessa per motivare che non voterò nessuno dei due ordini del giorno (sono stranamente simili nel contenuto anche se differiscono nel linguaggio) perché nessuno dei due tiene conto del confine che deve esserci tra una proposta che divida nettamente chi sostiene la violenza e chi sostiene la non violenza. Un governo civile deve sostenere quelle parti che 'sono contro lo spargimento di sangue pur condannando chi questo spargimento di sangue oggi lo sta attuando.
Mi sembra poi estremamente ipocrita - questo lo voglio sottolineare come in questo Consiglio regionale non si senta nessuno disposto a sostenere o a dire che in più di metà del mondo quello che noi qui sosteniamo come diritto democratico per tutti: "ogni uomo un voto", viene disatteso nel modo più incredibile.
E' una finzione. Nella maggior parte dei Paesi, sui quali e sui loro regimi non si discute mai, ci sono sistemi elettorali dove il 90% dei votanti vota per il grande capo. Ci sono regimi dichiarati liberi democratici, dove il successore al monarca contemporaneo è già scelto nella persona del fratello del medesimo monarca: alludo a Castro e a Cuba. Tutto questo non suscita mai proteste democratiche e io questo lo trovo intollerabile e ipocrita.
Questo volevo dire con il mio intervento e ribadisco che non voterò n l'uno né l'altro ordine del giorno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Mi sono trovato anch'io in una situazione di imbarazzo dopo aver letto i due ordini del giorno.
Noto che la illustrazione fattane dal collega Adduci differisce, almeno su di un punto, da quanto scritto nel documento presentato dal Gruppo consiliare del PCI.
Mi riferisco a un aspetto tra i più rilevanti della politica del nostro Paese nei confronti del Sud-Africa: l'import e l'export e soprattutto il traffico delle armi.
Adduci ha parlato del traffico delle armi, però nell'ordine del giorno presentato non ne trovo traccia.
Con il Consigliere Staglianò, che interverrà dopo di me, ho sottoscritto - su sua proposta - una integrazione all'ordine del giorno comunista che riguarda espressamente questo punto. Condivido inoltre lo spirito dell'emendamento presentato dal Consigliere Fracchia che vuole dare concretezza a questo ordine del giorno (spesso troppo altisonante nelle parole).
Sul problema del commercio delle armi vorrei svolgere alcune brevi considerazioni.
Il 12 settembre 1985 la Commissione Affari Esteri della Camera ha discusso, alla presenza dell'on. Andreotti, dei nostri rapporti commerciali con il Sud-Africa in fatto di armamenti.
Era all'esame un procedimento giudiziario danese, già concluso, quello che viene chiamato "il rapporto Abul Minti" dal nome del responsabile della Associazione internazionale contro l'apartheid.
Nel rapporto - riportato dalla rivista cattolica "Nigrizia" nel numero del mese di luglio - si parla diffusamente delle coperture italiane al traffico di armi verso il Sud-Africa, attraverso l'utilizzo del Porto di Talamone.
In merito a questi fatti, era già stato processato e condannato in Danimarca l'armatore danese che aveva gestito l'affare, Peter Geterman.
Gli atti del processo sono giunti in Italia nell'aprile 1984, ma se ne è parlato la prima volta nella Commissione Affari Esteri soltanto pochissimi giorni fa.
Alcune forze di opposizione avevano richiesto precise informazioni che non hanno finora ottenuto alcuna risposta, per esempio in merito a: i dati sulle licenze di esportazione alle ditte che hanno venduto quel materiale bellico al Sud-Africa, dati che sono a conoscenza, presumo dei Ministri degli Esteri e del Commercio con l'Estero quali provvedimenti vengano presi che cosa è accaduto dopo che, nel 1977, l'Organizzazione delle Nazioni Unite aveva richiamato il nostro Paese in merito al mancato rispetto delle norme sull'embargo del materiale bellico, nei confronti del Sud-Africa, sulla trascuratezza con cui si tiene conto delle incredibili triangolazioni di questo materiale che passa da paese a paese (fatti che dovrebbero risultare da quello che si chiama il 'certificato di uso finale' di quei materiali bellici che escono dall'Italia e che non si sa bene dove vadano a finire).
Risulta che siano oramai in possesso del regime di Pretoria 167 aerei Impala, caccia leggeri prodotti su licenza della Aermacchi, 30 CM 4 e 40 AM 3, destinati sia per operazioni all'interno del Paese, quanto - ed è il caso di ricordarlo - per le operazioni antiguerriglia nella zona della Namibia (che il Sud-Africa continua a controllare nonostante il parere contrario delle organizzazioni internazionali) ed in Angola, Mozambico e nello Zimbabwe (ex Rhodesia), oltre ad altri 25 elicotteri Agusta sempre destinati a funzione antiguerriglia, a 400 carri armati della Otomelara ed ai missili della Selenia.
Questi dati, che si trovano in un documento curato dalla Fim-CISL di Milano, faranno parte di quello che a mio parere sarà un grosso momento di mobilitazione sul commercio delle armi, commercio che vede l'Italia tra i primi Paesi del mondo.
Soprattutto il problema della occupazione non può più assolutamente essere anteposto a servire da giustificazione a quello delle responsabilità etiche nei confronti di coloro che vengono uccisi con le armi prodotte in Italia.
La condanna della politica colonialista del regime sud-africano deve tenere conto del fatto che gran parte delle uccisioni in Sud-Africa avvengono con armi prodotte in Italia. Questi dati verranno discussi a Roma in un convegno sui "mercati della morte" promosso da molte associazioni cattoliche (ACLI, Gruppo Abele, Mani Tese, Missione Oggi, Pax Christi).
Mi associo, su questo punto, a quanto ha detto il Consigliere Pezzana citando 'L'Avvenire'.
Visto che non faccio parte di un Gruppo che si richiama direttamente al pensiero cattolico, così vivo e presente nel nostro Paese, mi sconcerta il fatto che tocchi a Pezzana prima e a me ora richiamare l'importante presenza che ha il movimento cattolico nella denuncia del commercio delle armi e come spesso si richiami l'esigenza della pace, e come - al contrario di tutto questo non ci sia quasi traccia nell'ordine del giorno presentato dal Gruppo democristiano.
Desidero riportare ancora due citazioni che si rifanno all'ambiente religioso che, in Italia ed in Piemonte, ha validissimi esponenti.
Vorrei ad esempio richiamare la lettera aperta di Monsignor Luigi Bettazzi, Vescovo di Ivrea, al Ministro Spadolini, che mi auguro abbiate letto. Una lettera totalmente condivisibile. Vi si scrive, tra l'altro: "Ci rendiamo conto che il rifornimento di armi al nostro Esercito diviene più economico se la loro produzione viene moltiplicata così da poterne vendere una larga parte all'estero.
Ci consenta, però di notare, Signor Ministro, che questo non dovrebbe incoraggiarci a buttarci su questa produzione militare per salvare la nostra bilancia commerciale. Non è un onore per l'Italia trovarsi al quarto posto tra i produttori e i commercianti di armi, tanto più che tale commercio è cieco e sordo di fronte a tutte le istanze etiche e alle sensibilità sociali, obbedendo soltanto alle leggi della domanda e della offerta, in ultima analisi alle leggi del profitto...
Che senso ha che l'opinione pubblica italiana condanni pressoch unanimemente l'apartheid del Sud-Africa quando esso può mantenersi anche con armi e mezzi italiani compiacentemente forniti tramite paesi terzi a dispetto dell'embargo istituito dall'ONU? Creda, Signor Ministro, non ci lusinga venire a sapere che il nostro Ministro della Difesa utilizza le sue visite e i suoi incontri per divenire Procuratore d'affari per le industrie italiane che fabbricano armi".
Non ho parlato sui prestiti che il nostro Paese, ed anche banche piemontesi come il San Paolo, ha concesso nei confronti del regime sud africano. Si parla di diciotto prestiti attualmente in corso che vedono esposti il San Paolo, la Banca Commerciale, la Banca Nazionale del Lavoro lo I.O.R. per ben diciotto milioni di dollari.
L'Italia è al nono posto tra i Paesi fornitori di capitali.
Queste precisazioni, cui è possibile aggiungere un'intervista al Premio Nobel Desmond Tutu secondo cui sono "del tutto insignificanti le attuali sanzioni decise dalla CEE e dal Governo Reagan nei confronti del Sud Africa", servono per motivare e spiegare il mio voto di astensione per entrambi gli ordini del giorno, qualora non vengano approvati alcuni degli emendamenti proposti.
Questi argomenti possono avere, in questa sede, solo un valore simbolico, però questo valore simbolico ha un senso se entra nel cuore dei problemi, se pone in luce non tanto i travi o le pagliuzze quanto le collusioni e gli interessi che convergono a mantenere elevato lo stato di tensione a livello internazionale.
Senza rifarmi al Vangelo, vorrei però conoscere meglio quale sia la politica di alcune grandi aziende e di alcune grandi banche, anche della nostra Regione (Aeritalia, Fiat, Banca San Paolo, etc.), nei confronti del Sud-Africa.
Solo se aggiungiamo anche questi aspetti nei 'nostri ordini del giorno riusciamo a dare loro un valore. Diversamente, come diceva in precedenza il Consigliere Fracchia, ci limitiamo a fare una dichiarazione che si aggiunge alle molte altre già fatte, senza affrontare i nodi strategici che legano gli interessi economici dell'occidente al Sud-Africa.
Teniamo poi conto che il vedere la situazione sud-africana soltanto nel quadro dei rapporti tra Est e Ovest, se è corretto sotto certi aspetti, è certamente insufficiente.
Esiste anche un rapporto tra il Nord del mondo ricco e il Sud dei paesi poveri. Con la difesa o comunque con la elusione di alcuni problemi chiave il mondo bianco cerca di mantenere in piedi i suoi diritti e i suoi poteri che non hanno assolutamente ragion d'essere dal punto di vista etico.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Nel prendere la parola sull'argomento ora in discussione dovremmo spogliarci per un momento della parte politica che qui rappresentiamo ed anche delle ipocrisie che la rigida appartenenza ad uno schieramento politico a volte si porta dietro.
Non è un appello generico affinché si faccia uno sforzo per uscire dal Consiglio con un ordine del giorno - in grado di raccogliere il massimo dei consensi possibili; è un richiamo ad eliminare quella distanza enorme tra i valori che si intenderebbero rappresentare, ad esempio da parte democristiana, e i contenuti dell'ordine del giorno proposto dalla DC che assume in maniera passiva e acritica lo schieramento occidentale.
Il mondo oggi è soffocato da sfere di influenze contrapposte, e le popolazioni più deboli sono soffocate dalle disuguaglianze crescenti tra un Nord del pianeta più ricco e un Sud espropriato delle proprie risorse e della propria cultura.
Collega Carazzoni, c'è da fare ancora evidentemente molta strada per eliminare dal lessico e dalla pratica politica espressioni come 'popolazioni barbare', quali sarebbero state quelle che popolavano la regione sud-africana prima che arrivassero i bianchi a portare il lume della ragione e il sole della civiltà, come tu hai affermato.
Potrei aggiungere altre considerazioni a quelle già fatte dai colleghi Ala e Pezzana.
A Pezzana, però, devo dire che rilevo una incongruenza nel suo atteggiamento. Non si possono denunciare le responsabilità degli altri e poi tirarsi fuori. Occorre dare battaglia anche per favorire le espressioni di lotta non violenta, certo, facendo i conti con le condizioni materiali storicamente determinate, per combattere le ingiustizie, per vincerle; ed occorre anche una riflessione sugli strumenti che la lotta contro l'ingiustizia deve adoperare, facendo la nostra parte per favorire gli strumenti di lotta non violenta in grado di consentire alle popolazioni oppresse di liberarsi dall'oppressione. Ecco perché mi sono fatto promotore, con il sostegno del collega Ala, di un emendamento sul commercio delle armi, visto che il nostro Paese continua a intrattenere rapporti di questa natura con il governo sud-africano, rapporti che vengono usati per continuare a schiacciare la maggioranza della popolazione di colore.
Illustrerò l'emendamento nella fase successiva della nostra discussione.
Mi pareva doveroso, per fintanto, richiamare questi doveri, oltre che verso la propria parte politica, anche nei confronti della propria coscienza, per cercare di accorciare, per quanto è possibile, la distanza fra le parole che si spendono e i fatti che si pra-ticano davvero.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Il Gruppo liberale in primo luogo apprezza l'iniziativa dei colleghi della DC e del. PCI, peraltro osserva come l'orologio della IV legislatura non sia ancora perfettamente oliato. I tempi che diamo ai nostri lavori tendono a sbriciolare i contenuti e questo non può che preoccupare i Gruppi consiliari in ordine alle responsabilità che hanno, per Statuto e per Regolamento, per garantire la funzionalità della istituzione.
E' bene che il Consiglio regionale si occupi di problemi di questa natura, ma è meglio se riesce a capire il senso del richiamo in quest'aula di argomenti di questa natura: certamente non per essere la cassa di risonanza meno significativa del Parlamento nazionale, non certamente per avviare iniziative internazionali, non certamente per recuperare qui polemiche che hanno spazio sui giornali e in altre sedi.
Un'assemblea come questa non può non farsi carico dei sentimenti della gente sulle grandi tragedie della umanità, ma nella misura in cui cerca sceglie, lavora, si sforza di capire la fascia di interpretazione che gli compete.
A me pare che il Consiglio regionale debba occuparsi dei valori non tanto delle vicende, perché le vicende vengono gestite e decise da altri sulle quali noi non abbiamo modo di interferire.
Ho l'impressione che noi possiamo concorrere a far sì che le decisioni di chi governa e di chi decide siano più appropriate nella misura in cui facciamo comprendere come i valori che devono sottendere alle decisioni di chi governa e di chi decide, Parlamento e Governo nazionale, siano più o meno raccordati rispetto alla più moderna sensibilità dei cittadini.
Ho colto poche battute del dibattito nel corridoio (visto che i Consiglieri regionali svolgono molto lavoro nel corridoio soprattutto con i colleghi Assessori. E' un problema che dovremmo affrontare perché i Consiglieri regionali hanno diritto ad una udienza particolare presso gli Assessori che non sia quella del corridoio).
Si è detto "non ritorniamo ai messaggi evangelici". D'accordo, però non dimentichiamo che se sottoponessimo il nostro pianeta al TAC di alcuni valori, vedremmo delle macchie curiose. Un giorno probabilmente esisterà un TAC che evidenzierà quali sono le regioni, e scopriremmo che la libertà e la democrazia sono dei cancri rispetto a un corpo che questi valori non conosce.
Non sottoscrivo gli aggettivi usati dal collega Carazzoni in ordine ad alcune civiltà.
Civiltà è la capacità dell'uomo di vivere sul proprio territorio.
Non sono i valori che ci sono dentro. La libertà, la democrazia sono valori tipici di una certa cultura e di una certa storia e sono estranei ad altre culture, ad altre storie, ad altre civiltà.
Ha detto bene Pezzana che quando prendiamo posizione rispetto a problemi che attengono a valori della nostra civiltà, e nella specie la democrazia, la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, non possiamo contestualmente non farci carico del fatto che siamo anche consapevoli che questo processo di raggiungimento dei livelli più avanzati di libertà, di democrazia e di uguaglianza tra i cittadini di colore diverso non pu passare che attraverso un processo che sia caratterizzato dagli altri valori della nostra civiltà, per esempio, quello del non ricorso alla violenza stigmatizzato dalla nostra Costituzione, siamo tutti consapevoli e l'Africa, ahimè, ne è la testimonianza storica, che le battaglie per la democrazia e per la libertà vengono combattute da tutti i tiranni che si succedono l'un l'altro: è la storia di violenze etichettate da storie di libertà.
Il nostro Gruppo voterà i documenti per dare un contributo alla ricerca approfondita di quello che è il sentimento dell'uomo comune, del cittadino che qui rappresentiamo.
Siamo però altrettanto consapevoli che il Sud-Africa non è una provincia del Regno Unito né vuole diventarlo.
Mandela non vuole far diventare il Sud-Africa una provincia del Regno Unito o qualche cosa del genere, ma vuole farne uno Stato funzionale, con una cultura coerente rispetto a una certa tradizione in cui non siamo ben certi quali spazi avranno alcuni valori tipici di una cultura senza aggettivi ma che certamente è diversa da altre culture anche queste senza aggettivi.
Il fatto è traumatico. Siamo spettatori di un approfondirsi del solco fra due comunità e del perpetrarsi di un comportamento che non può vederci come liberali, tra coloro che sono profondamente contrari, quindi non pu non portarci ad approvare i documenti in questo senso.
Raccomandiamo peraltro all'attenzione dei colleghi la nostra considerazione e cioè che una società si deve evolvere verso un modello fatto di valori della libertà e della democrazia che sono insiti nell'uomo valori che se non si sono realizzati e non sono maturati è perché le condizioni storiche non hanno consentito di maturare quel tanto da diventare valori politici e valori di cultura.
Siamo convinti che anche quelle società che non hanno mai affrontato il significato di questi valori, e sono la quasi totalità del nostro pianeta non possono disconoscere che, qualunque uomo, qualunque sia il colore della sua pelle, qualunque sia la sua cultura, il senso della libertà, il senso della democrazia, il senso della eguaglianza sono valori fondamentali, come sono fondamentali i valori cristiani.
Il termine "occidentale" continua ad essere un termine odioso, quindi non lo ripetiamo.
E' certo che la parte del mondo che questi valori ha realizzato ha la responsabilità ed il dovere solidale di lavorare perché questi valori si diffondano al massimo su tutto il pianeta, riconoscendo la validità e la parità di tutte le culture e di.tutte le società.
Abbiamo l'impressione che questi valori, proprio perché sono dell'uomo e non sono della istituzione e non sono delle società che li governano debbano con qualche supponenza essere considerati valori da difendere e da valorizzare.
Il mio intervento non prende posizione sul problema del traffico delle armi e su quanto è avvenuto.
Cerco di capire l'animo della gente e i valori dei quali sono in qualche misura testimone. Sarà difficile, quando si leggerà la storia della decolonizzazione, sapere quali sono le battaglie vinte e quali sono state battaglie perse.
Per esempio, continuo ad essere convinto che i russi abbiano avuto una grande sconfitta quando hanno vinto contro Napoleone.
La giustezza o meno di quello che sta avvenendo in Africa la giudicherà la storia.
Ritengo che noi facciamo il nostro dovere riaffermando il nostro impegno, offrendo il nostro contributo nella misura in cui ci è possibile darlo in questa sede, considerando questi valori che, come diceva giustamente il Consigliere Pezzana, sono inscindibili gli uni dagli altri.
Una società che si fondi sulla violenza e che su questa dica di voler perseguire la giustizia e la libertà è una società non credibile.
Noi ci pronunciamo su alcuni valori. Non siamo convinti peraltro che alcune proposizioni politiche possono portare al perseguimento di questi valori.


Argomento:

Esame ordini del giorno presentati dai Gruppi PCI e DC sulla repressione scatenata dal regime di apartheid instaurato in Sud-Africa

Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

I lavori, secondo lo schema che i Capigruppo hanno ipotizzato potrebbero proseguire, terminata la discussione su questo punto, con la stesura di un documento unitario e con la ricostituzione della Commissione regionale per l'impiego così come è stata concordata.
Le Commissioni permanenti verranno insediate alle ore 14,30 e alle ore 15,30 darò comunicazione dell'avvenuto insediamento.
Dopo la comunicazione e gli eventuali interventi affronteremo l'ordine del giorno discusso questa mattina. Ha ora la parola il Consigliere Sig.ra Sestero.



SESTERO Maria Grazia

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sarebbe sbagliato se di fronte a drammi come quello del Sud-Africa in questa sede da parte di ogni Gruppo prevalesse la necessità di affermare la propria analisi, la propria interpretazione e il proprio operare politico nei confronti di questi problemi.
Non con questo spirito abbiamo presentato l'ordine del giorno, ma lo abbiamo presentato tenendo presente la necessità che il Consiglio regionale svolga il ruolo che gli è possibile svolgere per portare il suo contributo.
Non voglio dire che nel confronto non si possano esprimere posizioni diverse e visioni diverse; questo fa parte della dialettica democratica che deve essere affermata.
Abbiamo visioni diverse sulle complicità internazionali con il regime di Pretoria, abbiamo opinioni diverse sulle vie e sulle risposte che possono essere date alla situazione in Sud-Africa.
Non credo che tocchi al Consiglio, tocchi ad una istituzione scegliere: sono questioni che animano la vita delle opposizioni del regime all'interno del Sud-Africa.
Semmai, per quanto riguarda una risposta alla discussione sulla via armata credo di dover dire che dovremmo preoccuparci se il Governo di Pretoria dovesse creare le condizioni di una guerra civile.
Consigliere Marchini, di fronte a questioni di questo genere non si pu ridurre la nostra posizione ad una affermazione generica su alcuni principi come libertà e democrazia.
Sarebbe pleonastico affermarlo in questa sede visto che siamo un organismo che si fonda sulla Costituzione.
Su questo aspetto non ci sono discordanze, ma si tratta di esprimere espressioni di solidarietà internazionale e questo nostro primo gesto ha indiscutibilmente un peso nelle vicende dei Paesi che stanno cercando una via di uscita da situazioni intollerabili.
Sappiamo anche però che non è sufficiente questo, dobbiamo anche riuscire a individuare indicazioni concrete e più precise perché la solidarietà e la condanna al regime possano trovare sbocchi concreti e dare un aiuto anche su altri versanti a quel popolo.
Possiamo concordare con le indicazioni suggerite dal Consigliere Fracchia. Altri suggerimenti sono stati dati, noi non abbiamo presentato un ordine del giorno ritenendolo immodificabile.
C'è la possibilità di confrontare i due ordini del giorno, gli emendamenti e le aggiunte, anche non scritte, che sono state date nel dibattito. Ci auguriamo che si arrivi ad una stesura che riconosca la volontà comune di non essere assenti di fronte a un dramma di questo genere.
Questo consesso potrebbe spostare l'attenzione su altri problemi, ma questo vorrebbe dire che rinunci a svolgere quanto è doveroso: posizioni di questo genere non aiutano l'impegno che il Consiglio deve esprimere.



PRESIDENTE

Abbiamo concluso la discussione del documento.
In attesa di stilare, se è possibile, un documento unitario, passiamo al punto successivo all'o.d.g.


Argomento: Consulte, commissioni, comitati ed altri organi collegiali

Ricostituzione Commissione Regionale per l'impiego (art. 4, L. 19/12/1984 n. 863)


PRESIDENTE

Passiamo al punto 5) all'o.d.g.: "Ricostituzione Commissione Regionale per l'impiego (art. 4, L. 19/12/1984, n. 863)".
Sono stati indicati come membri effettivi i Consiglieri Tapparo e Amerio e come membri supplenti i Consiglieri Marchini e Staglianò.
"Il Consiglio Regionale Visto l'art. 4 della L. 19/12/1984, n. 863 che allo stesso Consiglio della Regione Piemonte compete la nomina di due membri effettivi e di due membri supplenti Ritenuto pertanto necessario procedere alla nomine suddette Preso atto di quanto riferito dal Presidente sulle modalità della votazione Delibera in conformità di legge - all'unanimità dei 45 Consiglieri presenti di provvedervi in merito." Si distribuiscano le schede per la votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 45 hanno riportato voti: Membri effettivi: Tapparo Giancarlo n. 27 Amerio Mario n. 13 Membri supplenti: Marchini Sergio n. 26 Staglianò Gregorio Igor n. 14 Schede bianche n. 3 Scheda nulla n. 1 Li proclamo eletti.


Argomento: Problemi energetici

Comunicazione urgente della Giunta regionale sulla dichiarazione resa al Senato, in sede di Commissione, dal Presidente dell'Enel ing. Corbellini in merito all'intenzione di procedere alla costruzione di una seconda Centrale Elettronucleare in zona Po 2 del Piemonte


PRESIDENTE

Colleghi Consiglieri, è pervenuta la richiesta di iscrivere all'ordine del giorno della seduta odierna "Una comunicazione urgente della Giunta regionale sulla dichiarazione resa al Senato, in sede di Commissione, dal Presidente dell'Enel Ing. Corbellini in merito all'intenzione di procedere alla costruzione di una seconda Centrale Elettronucleare in zona Po 2 del Piemonte".
Tale richiesta è firmata dai Consiglieri Reburdo, Staglianò, Ala Pezzana, Adduci, Bruciamacchie, Valeri e Dameri.
Chiede la parola il Consigliere Rivalta. Ne ha facoltà.



RIVALTA Luigi

Se mi consente, Signor Presidente, vorrei porre una mia proposizione sull'andamento dei lavori in Consiglio regionale.
Questa mattina sono stato chiamato alcune volte al telefono e mi è capitato di trovare difficoltà fisica ad avvicinarmi ai telefoni, tanto il corridoio a fianco della sala era gremito di persone in concitate argomentazioni.
Avevo colto con molta soddisfazione, nella sua relazione introduttiva sui lavori del Consiglio di questa legislazione, l'indirizzo di rigore anche formale nella vita del Consiglio. Le chiedo di dare seguito a quegli indirizzi.
Questa mattina - lo dico anche sollecitato dall'oggetto che ho testè sentito leggere circa il pronunciamento dell'Ing. Corbellini su una seconda centrale nucleare - penetrando in quella folla ho rilevato la presenza di molte facce che sono legate al problema della costruzione della centrale nucleare.
Non vorrei che quel "mercato" si tramutasse in un mercato di vendita delle varie componenti che devono intervenire nella produzione della centrale nucleare e che fosse già alimentato da una aspettativa di una seconda centrale.



PRESIDENTE

Noi abbiamo "grigliato", ma la griglia è ancora lontana dalla sua realizzazione. Penso che entro pochi giorni sarà ferrea e definitiva quindi non ci saranno più quelle facce che il Consigliere Rivalta ha individuato.
Comunico, infine, che i lavori proseguiranno oggi pomeriggio alle ore 15,30.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,20)



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