Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.66 del 20/11/86 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interpellanza dei Consiglieri Biazzi, Calligaro, Amerio, Guasso, Bontempi e Bruciamacchie inerente l'occupazione nel Verbano - Cusio - Ossola


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Passiamo al punto 2) all'o.d.g.: "Interrogazioni ed interpellanze".
Esaminiamo l'interpellanza dei Consiglieri Biazzi, Calligaro, Amerio Guasso, Bontempi e Bruciamacchie inerente l'occupazione nel Verbano - Cusio Ossola.
La parola al Consigliere Biazzi che illustra.
BIAZZI Non mi sono mai lamentato dei ritardi nell'avere le risposte alle interpellanze, ma in questo caso una protesta andrebbe fatta in quanto si chiedeva semplicemente di informare il Consiglio sulla fissazione della data del Convegno e sul modo in cui la Giunta vi si preparava. Una risposta ai problemi che noi abbiamo sollevato, data all'ultimo momento prima del Convegno riteniamo sia di scarsa utilità. Abbiamo due preoccupazioni: i continui rinvii e la preoccupazione che il Convegno non sia preparato in modo adeguato. Temiamo che non ci siano proposte concrete, organiche coordinate da parte della Giunta regionale. Dopo la presentazione dell'interpellanza c'è stata la manifestazione dei lavoratori a Torino e un incontro a cui hanno partecipato il Presidente Viglione, l'Assessore Genovese e rappresentanti di Gruppi consiliari. Si fissò la data del Convegno per i giorni 15/16/17 novembre (poi la data è slittata alla fine di novembre) e si prese l'impegno con la rappresentanza dei lavoratori di far precedere il Convegno da una discussione in Consiglio regionale nella quale la Giunta regionale avrebbe presentato le proprie proposte che potevano essere arricchite dai contributi di tutti i Gruppi.
Le due preoccupazioni che indicavo all'inizio si sono rivelate più che fondate: gli slittamenti si sono succeduti e nonostante il tempo trascorso a noi sembra che la preparazione al Convegno non sia stata organizzata in modo adeguato. Non è stata fatta nessuna discussione in Consiglio regionale.
Sottolineiamo questo aspetto negativo perché con ogni probabilità una discussione approfondita in Consiglio regionale, sulla quale era d'accordo anche l'Assessore Genovese, avrebbe facilitato i lavori del Convegno, che si vuole contenere in una giornata malgrado siano molte le persone che vorranno intervenire.
La Giunta ha sottovalutato gli impegni che si era assunta. Riteniamo quindi che i 10 giorni che ci separano dal Convegno debbano essere utilizzati utilmente per recuperare almeno in parte il tempo perso.
Chiediamo appunto alla Giunta di impegnarsi in questa direzione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Genovese.
GENOVESE, Assessore al lavoro Signor Presidente, mi rendo conto che è passato un po' di tempo, ma in verità la programmazione dei lavori del Consiglio non sempre consente di rispondere quando l'Assessore interrogato o interpellato sarebbe disponibile a farlo. Non dipende solo dalla Giunta o dagli Assessori ed io sono abituato a rispondere in termini abbastanza brevi. Dico questo a titolo personale perché qualche volta è opportuno fare delle precisazioni.
Devo dire che vi sono state difficoltà ad affrontare le scadenze e gli impegni che la Giunta ha assunto, ma non per questo il problema è stato dimenticato, anzi, ci siamo attivati per corrispondere alle richieste venute dai rappresentanti delle popolazioni locali e dalle OO.SS. regionali e territoriali.
I motivi dello slittamento del Convegno sul Verbano - Cusio - Ossola in parte sono da ricercare nella difficoltà ad affrontare una riflessione complessiva su un'area territoriale così importante e così delicata, in una fase in cui permaneva ancora molta incertezza nella definizione delle prime linee di orientamento per la predisposizione della bozza del terzo piano di sviluppo regionale. A queste difficoltà si sono aggiunte quelle determinate dalla non disponibilità nei tempi da noi programmati dei rappresentanti del Governo più direttamente interessati alla vicenda del Verbano - Cusio Ossola a partecipare agli incontri. E questa partecipazione è una delle richieste principali delle OO.SS. territoriali e delle comunità locali in quanto vi sono grossi problemi che coinvolgono particolarmente le decisioni del Governo o quanto meno delle Partecipazioni statali.
L'ultimo slittamento è dovuto alla difficoltà di fissare una data che consenta la partecipazione della Presidenza del Consiglio, nella persona del sottosegretario on. Giuliano Amato, che per incarico del Governo in questi anni ha seguito la vicenda del Verbano e particolarmente l'attività della Gepi relativamente alla ex Montefibre di Pallanza.
Come il collega Biazzi sa, perché era presente con il collega Carazzoni e perché ne è stata data comunicazione a tutti i Gruppi consiliari, la scorsa settimana siamo stati nel Verbano - Cusio - Ossola per un approfondimento dei problemi con i rappresentanti locali onde conoscere direttamente, prima del Convegno, l'evoluzione recente della situazione, le aspettative, le iniziative e le proposte delle OO.SS., degli Enti locali delle Comunità montane e delle organizzazioni economiche di categoria.
Venerdì mattina abbiamo avuto un incontro ad Omegna con le categorie economiche, venerdì pomeriggio a Verbania con le OO.SS., l'Ufficio provinciale del lavoro e gli uffici di collocamento della zona, sabato mattina a Domodossola con gli Enti locali e con le Comunità montane della zona. Anche questo ha costituito un momento non formale di predisposizione del Convegno. Alcuni impegni sono già stati assunti dalla Giunta regionale.
Ricordo in particolare gli incontri della Giunta con la Gepi per valutarne le iniziative nel Verbano, per avere informazioni in ordine alle attività produttive sostitutive avviate o allo studio e per riavviare la produzione dell'acetato che, anche se non potrà più dare i livelli di occupazione e di produzione del, passato, è comunque necessario e che, a seguito della chiusura di una linea di produzione della Bayer, sembra realizzabile attraverso la ricerca di partner adeguati, da tempo avviata dalla Gepi unitamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, attraverso il sottosegretario on. Giuliano Amato.
Inoltre abbiamo richiesto incontri con i rappresentanti delle direzioni aziendali delle imprese a partecipazione statale e, prima di arrivare all'incontro di Stresa del 29 novembre, contiamo di poter riprendere il confronto con i dirigenti centrali delle Partecipazioni statali e delle società che operano nella zona. Infine, intendiamo approfondire con alcune imprese private che hanno una presenza significativa la possibilità di evoluzione della situazione. Sarà rispettato dalla Giunta l'impegno per l'incontro di Stresa avendo sentito i soggetti economici di maggior rilievo presenti nell'area, per avere una visione più chiara e possibilmente anche qualche orientamento per quanto riguarda le prospettive, che appaiono peraltro di estrema gravità e di estrema difficoltà soprattutto per la continuità produttiva industriale nella Val d'Ossola.
La Giunta ha deliberato la settimana scorsa la costituzione di una unità operativa flessibile per il Verbano - Cusio - Ossola composta da funzionari della Regione che opereranno a livello torinese e da funzionari che opereranno in sede decentrata. Vi sarà poi un subordinamento a livello locale dell'unità stessa. Ciò rappresenta la volontà di avviare dopo il Convegno la definizione e la gestione di un "progetto speciale" per l'area all'interno del quale dovrebbero confluire tutte le iniziative e i programmi di intervento della Regione. Il progetto dovrebbe rappresentare un momento di coordinamento complessivo degli interventi pubblici e per quanto possibile anche di quelli privati nell'area interessata.
Non credo che, in sede di risposta alle interpellanze, si debba entrare nel merito dei tanti problemi che richiedono la definizione di linee di indirizzo e dovranno trovare traduzione in un progetto d'area. Questa è una riflessione che secondo me dovremmo lasciare al Convegno stesso oltre che all'approfondimento che il Consiglio sta facendo attraverso la Commissione in ordine alla ripresentazione della legge rinviata dal Governo in materia di riordino dell'esercizio delle funzioni amministrative della Regione per definire anche una autorità "politica" di riferimento per la Regione e per tutti gli altri soggetti istituzionali. E' una autorità intensa come momento che possa affiancarsi all'attività dell'unità flessibile che la Giunta regionale ha istituito con la deliberazione della scorsa settimana.
Al Convegno andremo con qualche affanno perché è forse la prima volta che con difficoltà (e l'affanno nasce da questo) la Regione cerca di operare con metodi e strutture speciali per la gestione di un progetto speciale territorialmente integrato.
Per il passato la Regione ha approvato atti di programmazione generale ma non è mai pervenuta alla sperimentazione di un "progetto di area" organico e tale da raccordare tutti gli interventi che si possono sviluppare, le iniziative promozionali, le attività di coordinamento per assicurare e garantire lo sviluppo di un'azione compatta territorialmente definita.
Personalmente ritengo che ciò sia molto difficile e molto ambizioso ed ha determinato difficoltà di valutazione e di approccio oltre ad una certa paura nell'imboccare una strada che richiederà grande capacità di gestione.
Il Convegno dovrebbe costituire non tanto una ripresentazione di analisi ma il momento di definizione di impegni politici amministrativi per la Regione, per le altre istituzioni e per i soggetti sociali ed economici. E' l'occasione per avviare la costruzione del progetto per il Verbano - Cusio Ossola. Processo che era già previsto all'interno delle proposte del secondo Piano regionale di sviluppo e che ora si avvia con la costituzione dell'unità flessibile operativa sollecitata dalle condizioni di emarginazione territoriale di un'area così importante che potrebbe rappresentare una realtà dinamica, di cerniera e di raccordo fra Piemonte e Lombardia, ma che invece conosce una situazione di distacco, anche istituzionale rispetto al contesto regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Biazzi per la replica.
BIAZZI Avevamo ripreso il problema dei ritardi non solo perché preoccupati dei continui slittamenti, ma perché si è fatto molto poco, non si è utilizzato il tempo a disposizione.
A noi sembra che le iniziative della Giunta, al di là dell'impegno dell'Assessore Genovese, non siano state per niente adeguate.
Il Convegno doveva avere luogo in maggio e invece è slittato a luglio ed al suo posto si tenne l'incontro di Villa S. Remigio in cui, alla presenza dell'intera Giunta, si misero dei punti fermi indicando la data del 13 ottobre. Da allora sono passati quattro mesi.
Non sono riuscito ancora a vedere un'azione di governo da parte della Regione rispetto all'emergenza che ormai è più che evidente. Lo era già prima, lo è soprattutto ora. Per questo erano state date indicazioni operative nella riunione del 13 luglio.
In questi quattro o cinque mesi che cosa ha fatto la Giunta? Quali iniziative ha preso verso i diversi soggetti interessati al progetto Verbano - Cusio - Ossola? Per esempio, verso l'imprenditoria locale, verso gli operatori del turismo, con le strutture che direttamente o indirettamente dipendono dalla Regione (penso alla Saia, penso agli Enti parco, alle Comunità montane, ai nostri uffici di economia montana nella zona) cosa si è fatto per mettere assieme le energie e le risorse per convogliarle in un progetto finalizzata e per renderlo più completo? La Regione purtroppo è rimasta assente. Ne abbiamo avuto un esempio, al di là della buona volontà dell'Assessore Genovese, con gli incontri preliminari a Verbania, Omegna e Domodossola, incontri con gli operatori e con gli Enti locali. Erano incontri dell'ultimo momento. A partire da settembre si potevano avviare incontri che permettessero di portare al Convegno delle proposte già delineate e discusse, coinvolgenti uomini, enti e risorse.
La Regione su questo terreno ha un grande patrimonio alle spalle. Il Presidente Viglione si ricorderà come si è agito per la ricostruzione dell'Ossola, come furono coinvolti gli Enti locali e le Comunità montane.
L'Assessore Genovese si è reso conto della grande sensibilità degli amministratori locali, della loro disponibilità a muoversi sul terreno di interventi programmati e ad assumersi le loro responsabilità.
Una preparazione adeguata doveva coinvolgere il Governo nella fase preparatoria; il Governo non può limitarsi ad interventi dell'ultimo momento. Invece la Giunta si è limitata a cercare di mettere d'accordo Ministri e sottosegretari sulla data del Convegno e non ha tentato di rivolgersi al Governo, assieme agli Enti locali, per indurlo a fare finalmente la sua parte nei confronti di quell'area visto che i ripetuti impegni assunti negli anni scorsi non sono mai stati mantenuti.
Siccome credo che per il Convegno e per il Verbano - Cusio - Ossola nessuno può pensare di avviare iniziative di parte, occorre recuperare il terreno perso e creare le condizioni perché si possa rendere effettivamente concreto questo progetto nell'interesse delle popolazioni e più in generale della Regione.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interpellanze dei Consiglieri Amerio, Bruciamacchie, Calligaro, Guasso e del Consigliere Staglianò inerenti l'attuazione della legge 444/1985


PRESIDENTE

Passiamo ora ad esaminare le interpellanze presentate dai Consiglieri Amerio, Bruciamacchie, Calligaro e Guasso e dal Consigliere Staglian inerenti la legge 444/1985.
La parola al Consigliere Amerio che illustra l'interpellanza del Gruppo comunista.
AMERIO Signor Presidente, siamo di fronte alla sostanziale inapplicazione della legge n. 444/85, l'unico provvedimento assunto dal Governo nei confronti dei lavoratori in cassa integrazione senza possibilità di rientro. Sono circa trentamila persone. E' pur sempre un'area estremamente consistente.
Non ci sono state iniziative da tempo richieste dal movimento sindacale né per favorire e promuovere là mobilità né per ottenere un provvedimento di prepensionamento a 50 anni a sanatoria. L'unica iniziativa è stata la legge n. 444 dello scorso anno che comporta l'inserimento di alcune migliaia di lavoratori nelle pubbliche amministrazioni. Siamo oggi in una condizione di sostanziale inattuazione della legge.
Fino a dieci giorni fa dei 1400 e più lavoratori che dopo i corsi si sarebbero dovuti inserire nella pubblica amministrazione, erano occupati soltanto 48 lavoratori.
Una situazione non diversa si riscontra nelle Regioni Liguria Lombardia e Sardegna che assieme al Piemonte erano parte interessata all'applicazione della legge n. 444.
Lentezze, ritardi, burocrazia, fiscalismi assurdi da parte delle pubbliche amministrazioni, un'assenza di coordinamento da parte del Governo e del Ministero del lavoro, totale e colpevole. Le amministrazioni hanno trattato i cassaintegrati come se fossero corpi estranei.
Con altri colleghi ho sollevato in più occasioni questo problema nella sede della Commissione regionale per l'impiego. Abbiamo ottenuto la convocazione del direttore dell'ANAS per risolvere parzialmente una situazione che aveva dell'incredibile. Ci siamo riusciti, ciò nonostante i dati sono quelli che ho ricordato.
Ho un elenco sulla situazione nelle diverse amministrazioni del Piemonte datato ottobre '86.
Soltanto le Ferrovie dello Stato hanno assunto 46 persone come manovali, tenendo presente che hanno scartato il 90% dei lavoratori alla visita medica. L'azienda Servizi Telefonici non ha assunto lavoratori.
Qualcuno ha iniziato i corsi, altri li inizieranno. Il Corpo Forestale dello Stato ha richiesto che le visite mediche fossero effettuate presso gli Ospedali militari di Torino e di Alessandria. Non si capisce perché le Unità Socio-Sanitarie Locali non vadano bene e si debbano militarizzare anche i cassaintegrati! La Manifattura dei tabacchi attende istruzioni dalla Direzione generale. Il corso per elettricisti non può essere istituito in quanto i Vigili del Fuoco attendono pure loro disposizioni dal Ministero; hanno progettato addirittura l'ampliamento della Caserma per effettuare i corsi ma non hanno avuto il nullaosta per costruire le pareti.
L'ANAS ha convocato il doppio dei candidati. Conta di organizzare i corsi, al termine dei quali effettuerà le visite mediche, di modo che qualcuno può frequentare tutto il corso ed alla fine scoprire di non essere idoneo, salvo che al candidato, prima dell'inizio del corso, sia richiesto di rinunciare alle altre eventuali opzioni per le quali fosse utilmente compreso in graduatoria, così gli viene richiesto di rinunciare alle altre possibilità alle quali avrebbe diritto, frequenta il corso, quindi con i consueti fiscalismi viene scartato nella visita medica e torna in cassaintegrazione.
Alle Poste sono stati scartati alcuni lavoratori perché ritenuti non di sana e robusta costituzione per il posto di usciere.
Nelle Ferrovie, nel Corpo forestale altri lavoratori sono stati scartati perché più bassi del Re, in ordine alla nota legge! E' una situazione che ha dell'incredibile. E' un provvedimento straordinario doveroso nei confronti di lavoratori rei solo di non essere più giovanissimi e di non essere sanissimi, espulsi dalle imprese a seguito dei processi di ristrutturazione, senza altre possibilità di lavoro, in un Paese che non è riuscito a dotarsi delle più elementari norme sperimentali di politica attiva del lavoro, un provvedimento che ha anche il pregio di aprire alla pubblica amministrazione con due novità, il superamento dei limiti di età e il superamento del vincolo dei concorsi per le qualifiche più basse, ma che rischia di saltare a un anno dalla sua emanazione perch non sono state effettuate le assunzioni.
Che cosa fare? Noi crediamo sia necessario un intervento urgente della Giunta. Non sono, stati sufficienti gli interventi dell'Ufficio regionale del lavoro e della Commissione regionale per l'impiego. E' necessario fare di più. E' necessario un intervento della Regione nei confronti del Governo e del Ministero del lavoro, possibilmente di concerto con la Liguria, la Lombardia, la Sardegna e con le altre Regioni dove le cose vanno precisamente come da noi per impedire che si verifichi uno scandalo e cioè che l'unico provvedimento varato nei confronti di questi lavoratori salti per la miopia e l'arretratezza delle pubbliche amministrazioni e per l'assenza colpevole del Governo e del Ministero che non hanno fatto il loro dovere. Chiediamo quindi un intervento nei confronti del Ministero e del Governo per tentare di sbloccare la situazione e di mandare finalmente in porto la legge n. 444. Diversamente quanto prima prenderemo atto del fallimento di questa legge con la mortificazione delle assemblee elettive a partire dal Consiglio regionale, che non sarebbero state in grado di costringere lo Stato ad ottemperare ad un dovere elementare e a far applicare una sua legge.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Staglianò per illustrare la sua interpellanza. Ne ha facoltà.
STAGLIANO' Signor Presidente, dopo quanto ha detto il Consigliere Amerio con la sua consueta puntualità e precisione penso che ci sia poco da dire. La situazione è davvero gravissima e mi pare che la morale di questa vicenda sia che il Ministero del lavoro e a scalare tutte le istituzioni che da esso dipendono siano "Fiat - dipendenti". Cioè, risolto in qualche modo il problema della emergenza Fiat, in quella maniera insoddisfacente che sappiamo, estirpato il bubbone più purulento, sulla questione drammatica dei trentamila cassaintegrati senza prospettive di lavoro, in verità nulla si fa. Penso che non sia più procrastinabile un intervento dell'Assessorato regionale al lavoro nei confronti del Ministero, così come - ed è questa la domanda su cui richiamo l'attenzione dell'Assessore - ci pare opportuno come chiediamo nell'interpellanza, un incontro con le Amministrazioni interessate. L'elenco lo ha fatto il Consigliere Amerio. Potrei aggiungere altri casi come i manovali scartati dalle Ferrovie dello Stato perché non avevano la vista lunga come quella dei macchinisti per spostare delle traversine. L'incontro con le Amministrazioni dovrebbe avvenire nelle sedi regionali competenti per definire standards di prova relativi ad ogni posizione di lavoro. A nostro avviso, sarà opportuno far conoscere ai candidati le modalità di possibile ricorso. Anche su questo ultimo aspetto molti cassintegrati che sarebbero in condizione di difendersi da queste vessazioni, perché altro non sono, si arrendono in assenza di indicazioni.
E' anche un problema di organizzazione sociale, di presenza delle OO.SS.
su questo. E' però anche un problema di presenza istituzionale.



FRACCHIA MARIO



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Genovese.
GENOVESE, Assessore al lavoro Signor Presidente, non credo di dover riprendere la situazione sull'applicazione della legge n. 444, conosciuta come "legge Gasparri" perché è già stata fatta dagli interpellanti e anche perché negli ultimi giorni non vi è stata una modificazione apprezzabile della situazione in atto. Forse c'era eccessiva fiducia sui tempi e sulla capacità di adeguamento alle procedure nuove da parte delle Amministrazioni dello Stato, in assenza di una revisione delle norme amministrative che riguardano le assunzioni da parte delle singole Amministrazioni; mentre per altro verso è opportuno riflettere sulla possibilità concreta di sperimentare forme di intervento attivo sul mercato del lavoro, anche in termini derogatori rispetto alle normative vigenti, senza assegnare compiti pregnanti ed incisivi di intervento e di controllo alle Commissioni regionali per l'impiego, in assenza di strutture specifiche di intervento sul mercato del lavoro e specificatamente dell'agenzia per l'impiego, di cui da lungo tempo si discute.
Riteniamo la situazione molto grave, particolarmente in Piemonte che ha ancora ventitremila cassintegrati a zero ore per i quali sarebbe necessaria una normativa straordinaria ed eccezionale per superare la situazione proveniente dalla crisi industriale che abbiamo alle spalle. Sarebbe grave il fallimento attuativo di uno strumento coma la legge n. 444 che certamente aveva dei lati deboli, ma che ha rappresentato una scelta importante di politica del lavoro, cioè quella di ricercare forme articolate di intervento pubblico assegnando alla pubblica amministrazione il compito di realizzare un raccordo tra la situazione del mercato del lavoro e le possibilità di intervento eccezionali e straordinarie di assunzione.
Il fallimento di questa legge sarebbe particolarmente grave perch creerebbe un'ondata di scetticismo e forse anche la richiesta di superamento di questa normativa, mentre la sua applicazione, anche se difficile e imperfetta, potrebbe dare il segnale di una capacità diversa di intervento delle pubbliche amministrazioni in situazioni di eccedenza di manodopera nel settore privato. Non è peraltro vero che non si sia fatto nulla. Sono molti i modi di fare le cose e ciascuno di noi ha un proprio temperamento e quindi un proprio modo di agire e di comportarsi.
I confronti con il Governo ci sono stati, nelle forme possibili. Con ciò non intendo dire che vi sia una capacità ed una particolare forza della Giunta; purtroppo abbiamo una difficoltà reale a raccordarci politicamente con il Governo e con i suoi rappresentanti.
La presenza significativa in dicasteri di grande rilievo, di Ministri della nostra Regione quale mai il Piemonte ha avuto nel passato, crea una situazione di maggiore sconforto quando si deve constatare questa difficoltà di raccordo politico con il Governo. Però l'intervento sul Governo c'è stato e ci sarà nuovamente; credo debba avvenire anche sui parlamentari piemontesi affinché si possano correttamente e con più forza evidenziare questi problemi al Governo centrale. Non credo invece che sarebbe corretto da parte nostra un intervento presso le amministrazioni periferiche dello Stato. Questo intervento semmai lo deve svolgere, per la diversa rappresentatività e per i diversi compiti che ha la Commissione regionale per l'impiego, la quale ha la possibilità di incidere e di indicare le necessità di intervento.
Il percorso che abbiamo di fronte è ancora quello di rivolgerci al Governo e di intervenire nuovamente all'interno della Commissione regionale per l'impiego affinché decida di attivarsi, oltre che nei confronti del Governo, anche nei confronti, come ha fatto il Direttore dell'Ufficio generale del lavoro, delle amministrazioni periferiche dello Stato per cercare di capire cosa deve essere fatto perché venga applicata la legge n.
444; ma è anche opportuno evitare quegli escamotage odiosi ai quali si riferiva il collega Amerio che portano scorrettamente all'esclusione della possibilità di opzione per i lavoratori che avevano fatto domanda verso diverse amministrazioni. Sono esclusioni che derivano da un'applicazione "asburgica" o "napoleonica" delle norme amministrative che presiedono alle assunzioni presso le singole amministrazioni dello Stato. Sono state riscoperte puntigliosamente norme e provvedimenti che ritenevamo ormai in disuso (per esempio, non pensavamo che l'altezza inferiore a m 1,65 fosse ancora preclusiva per le assunzioni in alcune amministrazioni dello Stato o che il riscontro di una leggera forma di scoliosi, che abbiamo quasi tutti facesse scartare i cassintegrati che già avevano sostenuto il corso).
Cercheremo di attivarci presso i parlamentari piemontesi perch intervengano sul Governo, facendo loro presente il significato della legge n. 444: anche se è uno strumento sperimentale parziale ed imperfetto pu tuttavia dare una prima risposta ai problemi che la nostra Regione ha sollevato in termini politici dando un contributo non secondario alla definizione di un percorso normativo che aveva condotto all'approvazione della legge Gasparri.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Amerio.
AMERIO Abbiamo appreso che ci sono difficoltà di raccordo tra la Giunta e il Governo e questo stupisce perché, se non ricordo male, questa Giunta fu fatta proprio per garantire omogeneità e raccordo con il Governo centrale.
Ma si vede che non è sufficiente.
Qualche cosa si è fatto in sede di Commissione regionale per l'impiego la realtà però è che siamo sempre a 48 posti di lavoro ed il problema non è risolto. Dobbiamo pur sempre misurare la bontà delle azioni dai risultati che si ottengono. Chiedo che dopo la discussione di questa mattina sulla legge n. 444 si assumano impegni precisi intervenendo urgentemente presso il Governo e presso il Ministero del lavoro.
Convengo che può essere opinabile l'opportunità che la Regione intervenga direttamente sulle altre amministrazioni dello Stato. Un intervento sul Governo deve essere fatto nel senso di ottenere un incontro tramite una richiesta formale da parte del Consiglio e della Giunta, con il Ministro De Michelis per informarlo urgentemente sullo stato di applicazione della legge n. 444 in Piemonte e per chiedergli di venire a Torino, nella sede della Regione o nella sede della Commissione regionale.
Saremmo anche disponibili ad andare noi a Roma. Non ci interessa né una telefonata né un incontro ufficioso, ma vogliamo un incontro ufficiale in tempi brevi con il Ministro.
Convengo sull'opportunità di un rapporto con i Gruppi parlamentari piemontesi. Anche questo è opportuno formalizzarlo come iniziativa della Regione.
Quindi, data la gravità e la delicatezza della situazione, non limitiamoci a contatti informali che possono non farci ottenere il risultato desiderato, ma assumiamo la decisione formale di far pesare, per quello che possono pesare, il Consiglio e la Giunta direttamente nei confronti del Ministro con una richiesta di incontro ufficiale entro breve tempo a Torino o a Roma convocando anche i Gruppi parlamentari piemontesi.
E' un dovere sociale nei confronti dei cassintegrati ed è un tentativo per salvare un'opportunità politica importante come è la legge n. 444 e per aprire un varco nel muro dell'impiego pubblico per quello che riguarda l'età e i concorsi. Se fallisce questa esperienza, non solo avremmo aperto un problema sulla credibilità e sui rapporti con quella parte della società piemontese che è più debole e più esposta, ma avremmo chiuso per molti anni anche con la possibilità di introdurre modificazioni, innovazioni e riforme nelle pubbliche amministrazioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.
STAGLIANO' E' confortante sentirsi in sintonia culturale con l'Assessore Genovese nel denunciare l'intollerabilità delle discriminazioni che si vanno consumando e la puntigliosità che si scopre stranamente in questa circostanza dove forse le assunzioni clientelari nelle amministrazioni dello Stato sono meno facili.
Quando parlavo dell'opportunità, anzi necessità di chiedere alle amministrazioni dello Stato di conoscere e discutere gli standards di prova relativi ad ogni posizione di lavoro, proprio per evitare quelle vessazioni assolutamente immotivate anche sul piano tecnico oltreché sul piano civile, mi riferivo alle sedi istituzionali già definite. L'Assessore stesso diceva che la questione va riaffrontata nella Commissione regionale per l'impiego. Se si faranno gli incontri con il Ministro De Michelis e con i parlamentari piemontesi occorre giungere a queste conclusioni prendendo atto con molto sconforto e non è la prima volta, Assessore Genovese, anche lei immagino subisca la stessa impressione - che la Regione Piemonte di fatto è assorbita, è "sussunta" - direbbe il mio maestro di pensiero Carlo Marx - dai Ministri che a Roma rappresentano anche la nostra terra. Ne abbiamo ben tre di autorevolissimi, mi riferisco ai Ministri di primo livello, e tre di secondo livello, per cui arriviamo a sei su una compagine governativa composta di trenta Ministri.
Prendiamo quindi atto di questa tendenziale scomparsa della istituzione regionale, che non può far piacere a nessuno tanto meno a quella visione di Stato decentrato, di Stato delle autonomie per il quale ci siamo battuti tutti per decenni.


Argomento: Psichiatria

Interrogazione del Consigliere Pezzana sulla mancanza di personale al reparto psichiatrico dell'Ospedale Amedeo di Savoia


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione del Consigliere Pezzana sulla mancanza di personale al reparto psichiatrico dell'Ospedale Amedeo di Savoia.
La parola all'Assessore Olivieri.
OLIVIERI, Assessore alla sanità Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la rete dei Servizi Psichiatrici di diagnosi e cura programmata dalla Regione Piemonte per le attività di ricovero di cui all'art. 34 della legge 833/78 (Accertamenti e trattamenti sanitari volontari ed obbligatori per malattia mentale) è costituita da posti letto previsti in tutti gli ospedali sedi di DEA (Dipartimento di Emergenza e Accettazione). Questi servizi funzionano come centri di riferimento per i ricoveri di più di una Unità Socio-Sanitaria Locale nel territorio regionale o di più di un quartiere per l'area metropolitana.
Rispetto a questo assetto generale il Servizio psichiatrico di diagnosi e cura dell'Ospedale Maria Vittoria ha costituito una eccezione in quanto ha coperto un bacino di utenza più ampio, costituito cioè dall'area urbana di proprio riferimento, ma anche dalle Unità Socio-Sanitarie Locali n. 27 di Ciriè, n. 37 di Lanzo, n. 28 di Settimo Torinese, n. 29 di Gassino e n.
39 di Chivasso. Il Piano socio - sanitario regionale prevede per questi ambiti territoriali la istituzione di Servizio Psichiatrico di diagnosi e cura rispettivamente dell'Ospedale generale di Ciriè e dell'Ospedale generale di Chivasso.
Determinanti nel ritardare l'attivazione di questi servizi sono stati da un lato carenze strutturali o di spazi degli ospedali generali dall'altro l'insufficiente dimensionamento delle piante organiche provvisorie di alcuni dei servizi di salute mentale interessati. Va precisato che le piante organiche provvisorie sono state costituite sulla base del numero e delle qualifiche degli operatori transitati alle Unità Socio-Sanitarie Locali dalle Amministrazioni provinciali al momento della prima applicazione della legge 180/78.
In particolare la Unità Socio-Sanitaria Locale n. 39 di Chivasso ha dovuto predisporre l'ampliamento della pianta organica provvisoria. Ad ampliamento approvato, sono attualmente in corso gli adempimenti per la copertura dei posti (1 primario, 2 aiuti, 2 assistenti, 19 infermieri).
Ieri è stato convocato un incontro tecnico con le Unità Socio-Sanitarie Locali interessate per la messa a punto definitiva del progetto di attivazione dei nuovi servizi e per la definizione dei tempi di attivazione.
Dal canto suo la Unità Socio-Sanitaria Locale 1/23 ha predisposto per un periodo transitorio e al fine di diminuire la pressione dei ricoveri sul Maria Vittoria che le Unità Socio-Sanitarie Locali n. 28 e 29 afferiscano al Servizio Psichiatrico di diagnosi e cura della NAM. Conseguenza immediata è stata la brusca riduzione del numero di operatori interessati alla gestione del Servizio Psichiatrico di diagnosi e cura del Maria Vittoria in quanto, sulla base del modello organizzativo dipartimentale che prevede la partecipazione di tutti gli operatori delle Unità Socio Sanitarie Locali afferenti alla gestione dei Servizi Psichiatrici, gli operatori, medici e infermieri delle Unità Socio-Sanitarie Locali nn. 28 e 29 prestano adesso la loro attività alla NAM.
Si sta dunque gradualmente configurando l'autonomizzazione delle Unità Socio-Sanitarie Locali periferiche e la contestuale riconduzione all'autonomia del Maria Vittoria rispetto alle afferenze territoriali proprie della sola area urbana, come previsto dal Piano socio - sanitario regionale. Tali afferenze sono costituite dai quartieri di Torino 6, 15, 16 e 17 la cui popolazione è di circa 192.000 abitanti. Secondo i parametri di piano che sono rapportati alla popolazione, i medici devono essere 13 (1 ogni 15.000 ab.), gli infermieri 38 (1 ogni 5.000 ab.). Dai dati forniti dalla Unità Socio-Sanitaria Locale 1/23 risulta che i medici in servizio sono 14 (3 primari, 2 aiuti e 9 assistenti) e gli infermieri 41.
Va tenuto però conto che essendo attivati nei quartieri 6 e 17 due centri diurni e due comunità (per un totale di 12 posti) la Unità Socio Sanitaria Locale 1/23 ha espresso l'intenzione di potenziare ancora l'organico dei servizi in questione, fatti salvi i tempi necessari per l'espletamento delle procedure di conferimenti di incarichi.
Questa è la situazione attuale. In realtà bisogna dire che oggi c'è una situazione ancora piuttosto aggrovigliata che riguarda soprattutto questo modello di gestione dipartimentale, il quale prevede la rotazione delle diverse figure infermieristiche nell'ambito dei servizi e che, sulla base della mia esperienza, non si presta a modelli organizzativi confacenti con la cura della salute mentale, proprio perché parte dalla visione di una ipotetica continuità della cura da parte dei soggetti che sul territorio si interessavano di determinati singoli malati che ad un certo punto dovevano essere ricoverati. La realtà è ben diversa perché con questo sistema si ha una rotazione selvaggia nell'ambito dei servizi psichiatrici ospedalieri per cui il soggetto è costretto ad un massaggio cerebrale che credo sia scarsamente confacente alla propria salute mentale. E' uno dei problemi a cui dovremmo porre rimedio, sebbene ciò aprirà un grosso contenzioso con quanto attiene alle categorie sanitarie e parasanitarie della psichiatria perché, perlomeno dai mio punto di vista che credo sia quello delle persone di buon senso, questi malati hanno bisogno di calma e di tranquillità quindi bisognerebbe rinnovare il meno possibile i volti, gli usi e i modi di fare.
Ritengo quindi che questo sia un problema cui dovremo ovviare sulla base anche di esperienze di altri servizi ove non esiste questo modello di gestione dipartimentale e dove le cose funzionano abbastanza bene.
Anche la zonizzazione è stata configurata in modo forse un po' affrettato. Si vengono a definire le aree di influenza rispetto a Ciriè e a Chivasso estremamente modeste rispetto al numero di abitanti. Negli spazi di tempo intercorsi dalla promulgazione della legge 180 ad oggi si sono configurati in alcuni territori modelli abbastanza autonomi di gestione del servizio, soprattutto con maggiore intendenza di quelle che sono le attività territoriali e con risultati eccellenti.
Credo che questo sia un campo in cui forse bisognerà abbandonare per certi aspetti una schematizzazione programmatica troppo chiusa, troppo rigida, troppo a "gabbia", perché è ancora una materia in cui l'operatore conta molto ed ha una sua peculiare disponibilità dal punto di vista motivazionale legata ai principi di scuola o a caratteristiche anche di tipo ideologico. Occorre quindi che si facciano delle profonde riflessioni pensando che non tutte le soluzioni dovranno essere uguali perché, ripeto non è una materia meccanicistica, gli uomini che erogano l'assistenza contano molto più in questo campo che non in altre materie. Questo è un impegno a cui ci accingiamo senza dubbio con non poche difficoltà.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.
PEZZANA Ringrazio l'Assessore Olivieri per la puntualità con cui ha risposto alla mia interrogazione urgente, soprattutto tenendo conto dei tempi abitualmente tenuti dalla Giunta nel rispondere alle interrogazioni e alle interpellanze.
Nella mia interrogazione partivo da un dato estremamente pragmatico concreto, cioè dal fatto che gli addetti del reparto psichiatrico dell'Ospedale Amedeo di Savoia sono 25, numero inferiore del 30% di quanto previsto invece dall'organico. Questo malessere diventa poi disagio notevole proprio nella conduzione della vita non solo di lavoro, ma anche privata degli addetti; secondo l'esperienza che ho accumulato in questi mesi occupandomi dell'attuazione della legge 180, è un malessere che è stato ampiamente ignorato o se non altro sottovalutato dai responsabili dei Servizi sanitari.
Questa situazione non riguarda soltanto l'Amedeo di Savoia, ma riguarda gli operatori infermieristici dei cosiddetti repartini delle strutture psichiatriche. E' una situazione concreta della quale i sindacati hanno preso finalmente atto e mi sembra che si stiano muovendo in senso giusto.
Mi pare però che la volontà della dirigenza dei servizi sanitari sia tutt'altro che buona, soprattutto se la guardiamo in prospettiva - e devo dire che le preoccupazioni dell'Assessore Olivieri sono anche le mie perché il decentramento, in base allo scorporo dell'Unità Socio-Sanitaria Locale, prevede la nuova sistemazione in attuazione della legge 180 e quindi c'è da rimanere non solo preoccupati, ma terrorizzati rispetto a quello che potrà avvenire quando la zonizzazione sarà realizzata. Le giuste preoccupazioni che l'Assessore Olivieri sollevava riguardano l'intera struttura psichiatrica piemontese e non soltanto quella di un ospedale.
Purtroppo questo è un terreno minato: chi si occupa di questo argomento e porta sul tappeto dei problemi reali, concreti, viene immediatamente accusato di essere uno di quelli che vuole il ritorno ai sistemi precedenti.
Questa è una forma di ricatto inaccettabile, intollerabile soprattutto da parte della dirigenza dei servizi sanitari che se non altro è stata proprio nel momento in cui c'è stata la lotta contro la struttura psichiatrica tradizionale, in prima linea e che oggi invece si trova a dover dirigere gli stessi servizi e si arrocca in una posizione di potere sentendosi minacciato questo potere da parte di chiunque voglia invece svolgere il proprio lavoro con coscienza, con serietà. Compito di un Consigliere regionale è infatti di occuparsi della Regione attraverso il mandato che gli è stato conferito.
In questi mesi ho girato a lungo in tutte le strutture psichiatriche ne farò una relazione molto ampia e so che troverò l'Assessore Olivieri attento a questi problemi. Devo dire che la situazione è stata volutamente mantenuta sotto silenzio, addirittura con forme ricattatorie, non soltanto dai dirigenti dei servizi sanitari, ma anche da molti primari evidentemente interessati a mantenere lo "status quo" in nome di una realizzazione della 180 male interpretata.
E' una legge di per sé giusta nei suoi intendimenti, va però verificata nel momento in cui si realizza concretamente sul territorio. Quindi la protesta dei 25 addetti dell'Ospedale Amedeo di Savoia ha sollevato una coltre che i responsabili dei servizi sanitari avevano steso su una struttura di potere che secondo noi invece va sollevata e ridiscussa per dare al personale specializzato, che vive in situazioni di lavoro estremamente frustranti, con turni e disponibilità inaccettabili in qualsiasi altro lavoro, una dignità professionale che in questo momento sta cadendo verticalmente in basso.
Mi dichiaro soddisfatto per l'impegno che l'Assessore Olivieri ha dimostrato verso questo specifico argomento, però molto preoccupato per quanto sta per arrivare perché forse la situazione di oggi è ancora meno drammatica di quella che avremo nei prossimi mesi. Su questo far riferimento ancora all'Assessore perché la situazione si presenta tutt'altro che buona nell'immediato futuro, soprattutto per quanto riguarda la direzione dei servizi sanitari che, come ha dimenticato e volutamente ignorato le esigenze di una parte così importante della riforma della 180 così sembra stia per fare nuovamente nella nuova zonizzazione.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione dei Consiglieri Valeri e Guasso sulla riduzione occupazionale alla ditta Magliola di Santhià


PRESIDENTE

Viene esaminata ora l'interrogazione dei Consiglieri Valeri e Guasso sulla riduzione occupazionale alla ditta Magliola di Santhià.
La parola all'Assessore Cerutti.
CERUTTI, Assessore ai trasporti Gli interroganti chiedono agli Assessorati regionali ai trasporti e al lavoro di conoscere quali iniziative intendono assumere per scongiurare la minacciata riduzione di occupazione alla ditta Magliola di Santhià.
Da informazioni assunte presso l'ufficio competente dell'Ente F.S. (Ufficio Collaudi) risulta che le commesse per la riparazione dei carri ferroviari vengono assegnate a livello nazionale da parte degli uffici ferroviari di Firenze e di Roma suddividendo la quantità di carri che necessitano della revisione periodica fra le ditte del settore su tutto il territorio italiano.
La quantità di commesse varia di anno in anno, a seconda delle scadenze del periodo di utilizzo del materiale rotabile. Il 1987 risulta essere un anno nel quale la quantità di materiale da revisionare è alquanto limitata In particolare per la ditta Magliola di Santhià si è verificata una diminuzione di commesse corrispondente a circa 50.000 ore lavorative per il 1987. Tale situazione, come già detto, è specifica per il 1987 ed è causata dalla fluttuazione della quantità di lavoro disponibile per tutte le ditte interessate. Peraltro, anche alla luce di quanto espresso dall'Assessore Genovese nella lettera inviata agli interroganti, questo Assessorato, in collaborazione con l'Assessorato all'industria e lavoro, si impegna ad attivare le opportune procedure per promuovere un incontro fra le parti interessate, anche nell'ottica di un esame più generale dell'utilizzo e manutenzione del materiale rotabile dell'Ente F.S.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante Consigliere Valeri.
VALERI Anche a nome del collega Guasso ringrazio l'Assessore per la risposta.
E' intervenuto nel frattempo un accordo alla ditta Magliola tra sindacati e associazioni industriali per quanto riguardala gestione della riduzione del monte ore. Registriamo con soddisfazione l'impegno che l'Assessore ha espresso, che noi avevamo sollecitato nell'interrogazione, per la promozione di un incontro tra le parti che consenta di esaminare i vari aspetti del problema, onde evitare che vi possano essere penalizzazioni ingiustificate dal punto di vista produttivo, per garantire che, in sostanza, la gestione delle commesse avvenga in piena trasparenza, non emarginando una struttura che nella nostra Regione è, se non l'unica certamente tra le principali operanti nel settore. Ciò anche nella prospettiva dei previsti programmi di potenziamento del parco ferroviario.
Rimaniamo in attesa di conoscere l'esito di questi incontri


Argomento:

Interrogazione dei Consiglieri Valeri e Guasso sulla riduzione occupazionale alla ditta Magliola di Santhià

Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g. "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri: Benzi, Carazzoni, Maccari, Moretti, Paris, Ratti, Sartoris e Villa.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge

Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco delle leggi vistate dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo

Argomento:

d) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

L'elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 4 e 11 novembre 1986 - in attuazione dell'art. 7, secondo comma della L.R. 6/11/1978, n. 65 - in materia di consulenze ed incarichi, è depositato e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento:

d) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale

Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, prima di dare inizio al dibattito in merito alla Finpiemonte, ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.
BONTEMPI Signor Presidente, vorrei chiarire una questione in merito ai lavori del Consiglio visto che non si è tenuta la Conferenza dei Capigruppo quindi non abbiamo potuto parlarne.
Ricordo che dobbiamo ancora definire la posizione del Consiglio regionale in ordine alla partecipazione alla Conferenza per l'energia che deve essere definita nella seduta di oggi o al massimo nella prossima.
Una seconda questione riguarda la Finpiemonte e sono d'accordo che se ne discuta adesso. Ricordo inoltre che è ancora in sospeso il problema dell'Ecolibarna che deve essere esaminato rapidamente da tutte le forze politiche poiché si tratta di una grave emergenza.



PRESIDENTE

Nella giornata di oggi, al termine del dibattito sulla Finpiemonte riunirò i Capigruppo per decidere in merito. Per il momento assolviamo a questo adempimento così come hanno stabilito i Presidenti dei Gruppi.
STAGLIANO' Signor Presidente, chiedo la parola per esporre un problema urgente e grave.



PRESIDENTE

Lei mi ha già spiegato il suo problema che è relativo alla direzione dell'aula e alla salvaguardia in ogni momento della sicurezza dello svolgimento dei lavori.
Le dico che ciò spetta al Presidente e il Presidente ha preso delle decisioni non rispetto a chi vorrebbe assistere ai lavori, ma rispetto a chi vorrebbe manifestare, perché tale era il carattere dell'introduzione in aula di queste persone. I Capigruppo hanno stabilito che nel corso dei lavori non è possibile in nessun modo introdurre elementi che ne impediscano comunque lo svolgimento ordinato. Finché io sarò qui sosterr questo principio e a questo principio io mi attengo.
STAGLIANO' Vorrei informare i colleghi sui termini del problema.



PRESIDENTE

I termini del problema li conoscono tutti.
STAGLIANO' Qui ci sono dei cittadini normali e lei dovrebbe spiegarmi sulla base di quali criteri lei distingue tra un cittadino che può assistere ai lavori...



PRESIDENTE

L' ho già detto! STAGLIANO' Ci sono dei cittadini che hanno chiesto di poter assistere alla nostra discussione. Vedo che non mi dà l'audio, ma io un po' di voce ce l' ho...



PRESIDENTE

Se non le viene data la parola lei non può in alcun modo parlare. Qui non siamo - gliel' ho spiegato mille volte - in assemblee popolari, qui siamo in un parlamento e lei deve sottostare alle regole del parlamento ed io come Presidente di questa assemblea mi assumo ogni responsabilità.
Lei non trasformerà mai questo parlamento subalpino in un'assemblea popolare. Non ha la parola! E' il Presidente che stabilisce questo! STAGLIANO' Io chiedo a tutti i membri di questo Consiglio, all'Ufficio di Presidenza...



PRESIDENTE

Non c'entra niente! Chi viene per manifestare non viene per assistere ai lavori del Consiglio. Questa è la interpretazione e le manifestazioni all'interno dell'aula sono vietate; così hanno stabilito i Capigruppo.
REBURDO Non si può leggere nelle intenzioni della gente.



PRESIDENTE

Ho già detto a Staglianò che avrebbe potuto riceverli al di fuori dell'aula e io a questo non potrei oppormi, ma i Capigruppo hanno sempre affermato che non può essere attivato un processo di audizione. E ribadisco ancora che all'interno dell'aula ai sensi del Regolamento spetta al Presidente assicurare l'ordinato svolgimento dei lavori e quindi giudicare sull'ammissibilità o meno delle persone che intendono assistere ai lavori del Consiglio.
STAGLIANO' Ma quali sono questi criteri? La sua è una decisione arbitraria. Qui siamo ai principi costituzionali.



PRESIDENTE

Questa è una manifestazione, lo ripeto! BONTEMPI Dato che abbiamo già avuto di questi episodi, credo che la preoccupazione per una manifestazione che interrompa i nostri lavori sia reale. C'è peraltro la possibilità di assistere ai lavori come principio generale.
A me parrebbe molto più utile che i Capigruppo rafforzassero il Presidente nell'indirizzo di impedire che qui avvengano manifestazioni, ma questo lo si può verificare solo se, essendo qui, le persone fanno una manifestazione. Questo è il punto.
Sono d'accordo con il Presidente che non possiamo trasformare arbitrariamente quest'aula in una sede di manifestazione; suggerisco pertanto,al fine di non sconfinare in una lesione di diritti generali, di parlare anche noi con i manifestanti. Sarebbe un modo per risolvere brillantemente questa vicenda.



PRESIDENTE

Rendo chiara la mia intenzione: non si tratta di impedire a chicchessia di accedere all'aula, anche quando il Regolamento dà questa facoltà al Presidente. Quando però si giunge qui dopo una manifestazione e quindi non in veste di cittadini che intendono assistere ai lavori, ma in veste di persone - e lo testimoniano i fatti che stanno avvenendo davanti al palazzo che intendono manifestare nel Parlamento, questo non si può permettere.
STAGLIANO' C'è un cordone di Carabinieri!



PRESIDENTE

Certo perché il Parlamento lo garantisco io e finché ci sono io il Parlamento è garantito! REBURDO Però non si può garantirlo con i Carabinieri!



PRESIDENTE

Infatti abbiamo visto come lo garantisci tu! Si garantisce anche la democrazia. Ho detto che la.delegazione poteva essere ricevuta senza che io intervenissi, perché potevano farlo i Capigruppo! STAGLIANO' Questo va bene, ma che dei liberi cittadini non possano assistere...



PRESIDENTE

No, perché sono dei manifestanti, la mia interpretazione è chiara su questo! Lei non ha diritto di parlare. Io posso espellerla dall'aula e lo faccio! Lei non ha nessun diritto in quest'aula! REBURDO I Carabinieri non fanno passare la gente!



PRESIDENTE

Questa è un'aula i cui lavori sono stabiliti e non da lei! I Carabinieri ci sono perché hanno delle ragioni per esserci.


Argomento: Enti strumentali

Dibattito in ordine ai problemi della Finpiemonte-S.p.A.


PRESIDENTE

I lavori proseguono.
Passiamo al punto 4) all'o.d.g. che reca: "Dibattito in ordine ai problemi della Finpiemonte-S.p.A.".
La parola all'Assessore Vetrino.
VETRINO, Assessore alla programmazione economica Ritengo di dover integrare e supportare il quadro di informazioni di cui già dispongono i Consiglieri, ovvero il documento - schema attraverso il quale la nostra finanziaria aveva posto all'attenzione della Giunta e quindi del Consiglio una rivisitazione del significato della Finpiemonte e della strategia che era stata prescelta in questi anni (ormai dieci), una verifica degli effetti economici che ne erano derivati , e un esame delle possibili strategie alternative da adottare.
I Consiglieri regionali sono stati anche documentati relativamente all'ultimo documento guida, cioè la relazione che ha accompagnato il bilancio 85/86 della Finpiemonte, anche perché ciò ha rappresentato per questo ente un momento di valutazione di insieme - al termine del terzo triennio - dei risultati dell'esperienza accumulata; soprattutto questo documento si è dilungato nella verifica delle trasformazioni avvenute in questi dieci anni e delle prospettive future della società.
Tutto questo è stato accompagnato da una comunicazione della Giunta che è stata trasmessa ai Consiglieri tempo fa.
Nell'introdurre questo dibattito occorre soffermarsi su una valutazione di carattere squisitamente politico in ordine al contesto in cui questa società è stata costituita dieci anni or sono ed alla sua evoluzione.
Non guasta mai riandare al passato, rivedere i documenti costitutivi rileggere gli atti parlamentari che determinarono la costituzione di questa società. Quindi questa rivisitazione ci fa riconsiderare il ruolo che in quegli anni il Consiglio e le forze economiche intesero dare alla Finpiemonte.
La Finpiemonte fu costituita per rispondere essenzialmente all'esigenza di disporre di uno strumento molto agile, molto flessibile di intervento quale appunto la società per azioni, che è la configurazione giuridica della nostra finanziaria, al fine di promuovere il coordinamento di risorse pubbliche e private per lo sviluppo economico e sociale della Regione.
Questo era l'obiettivo fondamentale attorno al quale possiamo ragionare, ma io credo che l'obiettivo continui a permanere anche nella situazione mutata della economia generale e sociale del nostro Piemonte.
In quel momento ci fu un accordo generale tra forze politiche e forze economiche sulla necessità di creare uno strumento che, operando con criteri di economicità, fosse in grado di erogare dei benefici a sostegno e a vantaggio del sistema regionale avendo come riferimento costante le scelte della programmazione della Regione e come metodo la collaborazione col settore privato.
L'istituto finanziario nasce nel 1976. La società ebbe subito a disposizione uno strumento programmatico della Regione, cioè il Piano regionale di sviluppo degli anni 1977/80. Quel Piano aveva individuato quale obiettivo strategico di fondo il riequilibrio dello sviluppo del territorio e da questo discesero tutte le politiche che sono state portate avanti in questi anni delle aree attrezzate, della rilocalizzazione industriale, della creazione di strumenti finanziari specifici per la crescita delle piccole e medie imprese. Negli anni successivi prendeva corpo una nuova politica, quella che si incentrava come strategia sulla razionalizzazione e sulla modernizzazione delle infrastrutture di supporto al sistema del trasporto merci. Su questi versanti la Finpiemonte concentr la propria attività.
Occorre però sottolineare che fino al 1984, per ragioni sulle quali non stiamo ad indagare troppo, il quadro di riferimento programmatico rimase statico. Il secondo Piano di sviluppo è stato presentato alla fine del 1984 e questo fu grave perché, proprio in quel momento, le condizioni dell'economia e della società attraversavano un'acuta crisi e si andavano determinando delle profonde trasformazioni nel campo economico. Le nuove esigenze richiedevano una risposta più sollecita in termini di scelte e di strumenti operativi e una pronta analisi dei risultati fino allora conseguiti perché sull'esperienza passata si fondano le scelte per il futuro.
Se vogliamo tenere conto con molta serenità di questa situazione possiamo ritenere che l'impostazione dell'attività della Finpiemonte, sotto tutti i profili ma soprattutto sotto quello operativo gestionale, abbia risentito di uno stato di intempestività della programmazione regionale. Il Piano per quattro anni non è esistito.
D'altra parte basta leggere le relazioni della Finpiemonte di quegli anni per rendersi conto delle richieste che venivano dal consiglio di amministrazione per indirizzi più precisi, più definiti sui quali la società finanziaria avesse potuto impostare le sue scelte e le sue attività.
Il primo argomento che occorre considerare in questa sede - e nella relazione scritta che ho reso al Consiglio viene posto con evidenza questo problema - è quello dei rapporti tra la Regione e la finanziaria regionale rapporti che dovranno trovare il primo e naturale riferimento non soltanto nel riferimento istituzionale, cioè ' nella legge e nello Statuto che accompagna il percorso della finanziaria, ma anche nella indicazione del nuovo Piano regionale di sviluppo.
A questo punto apro una parentesi per dire che il Piano di sviluppo è in elaborazione e che verrà presentato contestualmente al bilancio di previsione 1987. Credo che il Piano di sviluppo possa essere pronto per le consultazioni della comunità nei primi mesi del 1987 contestualmente al bilancio di previsione, in modo da far discendere le scelte di bilancio 1987 dalle previsioni di piano 1987-1990.
Ritornando alla necessità di confrontarci e di definire i rapporti tra Regione e istituto finanziario, quindi riandando a quello che ho scritto nella comunicazione della Giunta per quanto si riferisce ai rapporti relativi a prestazioni di servizi che la Finpiemonte può fornire all'Amministrazione regionale, credo che sia giunto il tempo di ricondurli ad un quadro complessivo e più coordinato da concordarsi con la Società e da formalizzarsi in via previsionale, anche sotto il profilo finanziario tra l'altro copiando quello che noi abbiamo già fatto per altri enti strumentali, quali il CSI, l'IPLA e l'IRES, che hanno avuto finalmente in questi anni certezze diverse rispetto alla nostra finanziaria. Infatti all'inizio dell'anno o in tempi successivi sono stati approvati i piani di lavoro di questi tre enti strumentali.
Questo metodo dovrebbe rientrare in un disegno che miri a realizzare un sistema di relazioni con gli enti strumentali improntato intanto alla trasparenza delle scelte programmatiche e tale da consentire all'ente di operare in un clima di maggiore certezza.
Oggi parlando della Finpiemonte deve anche essere avviato un discorso in termini generali. Presso la Commissione consiliare competente giace un documento sul quale auspico al più presto un approfondimento ed un dibattito da parte del Consiglio regionale.
Se la premessa è di consentire ad un ente di operare in situazioni di maggiore certezza rispetto alle esigenze della Regione, occorre intensificare la collaborazione tra gli enti e la società regionale affinché tutte le potenzialità e le professionalità esistenti nei nostri enti possano determinare il massimo di ottimizzazione.
L'altro argomento che ho citato nella comunicazione della Giunta riguarda la copresenza di Finpiemonte e Regione in società di intervento. A questo riguardo forse si pone l'esigenza di un maggior coordinamento delle azioni congiunte al fine di razionalizzare ruoli e partecipazioni e per evitare sovrapposizioni e incroci che sicuramente hanno limitato in qualche caso la necessaria trasparenza amministrativa e non hanno consentito di perseguire un rapporto equilibrato tra componenti pubbliche e componenti private.
Detto questo però occorre anche dire che i ruoli sono diversi, devono mantenersi diversi, sono complementari in un quadro di costante e maggiore chiarezza, di coordinamento e di collaborazione bilaterale più accentuata di quanto non sia stata nel passato. Deve in ogni caso essere garantita l'autonomia della Società e del consiglio di amministrazione al quale devono pur sempre essere fornite adeguate indicazioni programmatiche in sede di assemblea. D'altra parte questo dibattito serve alla Giunta e all'Assessore competente per definire la posizione della Regione nell'ambito dell'assemblea, tra l'altro imminente dato che si svolgerà lunedì pomeriggio.
Un altro argomento sul quale la relazione resa al Consiglio pone molta attenzione, che risponde anche ad una sollecitazione che è venuta dalla Finpiemonte, riguarda la situazione finanziaria della nostra Società.
Dai documenti presentati dalla Finpiemonte risulta con molta evidenza e chiarezza, senza nascondere nulla, che il patrimonio netto della Società ha subito un decremento reale del 31% e ciò a fronte di risultati economici positivi, sicuramente apprezzabili in termini di realizzazione.
Quali sono le ragioni di tale fenomeno? Ne indico due, ma ci si potrebbe anche cimentare andando a cercarne altre. La prima è riferita al fatto che in questi anni si sono determinati degli investimenti in settori a prevalente carattere sociale a lungo termine che hanno determinato delle situazioni di passività per un largo numero di società partecipate, che sapete sono circa 17.
La seconda è riferita a iniziative promozionali, a prestazioni di servizio, di consulenza progettuale di.studio non remunerate dai committenti. Quante volte la Regione Piemonte, di fronte a difficoltà obiettive per la risoluzione di un problema, rimandava alla Finpiemonte lo studio di un determinato problema, il più delle volte senza perfezionare sotto il profilo della committenza contrattuale l'impegno finanziario di costi che pure la Finpiemonte sopportava? Il rispetto della formula societaria nel futuro dovremmo tenerlo più presente e dovremmo tenere presente che trovandoci di fronte ad una società per azioni che ha determinati costi e determinate esigenze, questi sono costi aziendali, che sono quelli che sono, quindi non ci si può lamentare se il costo giornata per collaborazione è molto elevato, e questo tipo di costo deve poi essere rivolto verso tutta la committenza, compresa dunque anche la Regione Piemonte.
In ordine invece a quegli investimenti della Società ricondotti ad interventi di natura sociale a lungo termine e riferiti in via generale al complesso di partecipazioni dell'Istituto finanziario, credo che dal dibattito del Consiglio debba venire l'indicazione che l'obiettivo non pu essere che quello del risanamento e' dell'eventuale rilancio delle partecipazioni in essere senza preclusioni pregiudiziali, ove si renda necessario, verso prospettive di progressivo disimpegno, anche perché non si può perdere in continuazione.
In questa direzione credo che sarà necessario effettuare un esame critico molto approfondito (d'altra parte il documento - schema della Finpiemonte era di una limpidezza e di una chiarezza apprezzabile) sui ruoli e sulle prospettive di gestione delle singole partecipate, con uno sforzo congiunto Finpiemonte e altri azionisti - teniamo presente che abbiamo sempre dei compagni di cordata - che produca un sistema molto articolato di piani concordati per il rientro finanziario.
Per quanto riguarda le nuove iniziative di partecipazione, esse dovranno inserirsi in un sistema di compatibilità finanziarie che garantisca almeno il mantenimento del valore reale delle risorse impiegate se non l'accrescimento delle stesse.
Questa è la situazione patrimoniale ed economica della Società, che credo debba continuare a svolgere un ruolo a supporto dello sviluppo dell'intera economia regionale. Ciò induce ad affrontare necessariamente l'esigenza di una sua adeguata ricapitalizzazione, problema che tra l'altro si pone per buona parte delle altre Società regionali. Ma questo lo vedremo prossimamente.
La linea di fondo è pur sempre quella che una Società dovrebbe essere in grado di camminare con le proprie gambe, quindi un aumento delle risorse proprie si colloca anche con la proposta di destinare gli utili di esercizio a riserva. Questo sarà un discorso che affronteremo nell'assemblea del 24 prossimo.
Dunque, se si pone l'esigenza di dotare la Finpiemonte di un volume di risorse adatto al ruolo strategico di strumento per lo sviluppo e per il coordinamento di risorse pubbliche e private, che è stato attribuito originariamente e di cui si riconferma anche in questa sede la piena validità, non va disconosciuto che oggi la Regione opera in un quadro di assoluta ristrettezza finanziaria e pertanto ogni scelta va attentamente valutata e calibrata sotto tutti gli aspetti.
Di qui deriva innanzitutto la necessità, al di là del reperimento delle risorse, che comunque una proposta di aumento di capitale della finanziaria si fondi su un programma di attività di ampio respiro, che il Consiglio di amministrazione dovrà formulare sulla base degli indirizzi intanto del nuovo Piano regionale di sviluppo.
Tale programma dovrà poi essere integrato da un Piano finanziario ed economico regionale generale che, fatto salvo il normale rischio di impresa, assuma come criterio fondamentale ed imprescindibile almeno il mantenimento del valore reale del patrimonio della Società.
In questo contesto, sul piano operativo la Società dovrà potenziare l'uso degli strumenti tecnici che comportano criteri più severi di selezione delle iniziative. In altri termini, le scelte di realizzazione ed attuazione del programma dovranno essere effettuate in base ad una valutazione preventiva molto accurata della fattibilità dei singoli interventi, che si fondi in particolare sulle prevedibili ipotesi di Piano finanziario e conto economico; dovranno comunque risultare compatibili rispetto al Piano finanziario ed economico generale.
Nella relazione che ho presentato al Consiglio ho toccato tre temi che vorrei ora approfondire.
Il primo riguarda il limite di cui all'art. 5 dello Statuto. Peraltro è stata approvata una deliberazione ieri nelle Commissioni competenti che chiederò al Presidente del Consiglio di porre, al termine del dibattito all'attenzione e possibilmente all'approvazione del Consiglio stesso.
La modifica essenzialmente legata a problemi contingenti di legittimità sollevati dal Collegio sindacale della Finpiemonte consente di ampliare gli interventi della Società in assenza di rischio. Per ora non si ritiene che il limite possa essere superato per investimenti o finanziamenti non assistiti da certezze di rientro. Questo però è un aspetto sul quale la Giunta è ferma e intende sviluppare il dibattito e sentire anche le osservazioni del Consiglio, ma credo che sia un principio di carattere generale dal quale difficilmente ci si potrà discostare. Fermi quindi il principio e la norma in coerenza con quanto Indicato con riguardo al ruolo finanziario, il limite potrà ampliarsi in via di fatto soltanto ove si verifichi un incremento delle disponibilità per capitale a riserve e integralmente, si intende richiedere che siano destinate agli utili dell'esercizio proprio per favorire queste possibilità.
Un altro aspetto, più politico, attiene al rapporto con i privati.
Abbiamo detto che la Finpiemonte è stata e deve continuare ad essere la sede del coordinamento necessario tra pubblico e privato. Abbiamo parlato della necessità di disporre di uno strumento agile al fine di promuovere il coordinamento di risorse pubbliche e private per lo sviluppo economico generale del Piemonte. Tuttavia, in una situazione di ristrettezze economiche delle quali siamo tutti perfettamente responsabili, credo spetti alla Regione chiedere un maggiore impegno sia ai privati, sia alla Finpiemonte e sia anche alle partecipate. Su questo punto si dovrà avviare un dibattito approfondito in questa sede, ma anche nella sede opportuna dell'assemblea. Dovranno essere indicati degli indirizzi che vedano la possibilità di sviluppare un maggiore impegno dei privati.
Questo discorso vale per Finpiemonte, vale per Sito, per Consusa, per le società per le aree attrezzate.
Abbiamo sentito l'altro giorno il Ministro Signorile. C'era nel riferimento del Ministro una chiara indicazione: si muove il pubblico in una società mista, ma si muove contestualmente il privato.
Finora Sito ha attivato le risorse pubbliche per 35 miliardi. Speriamo di avere altri 35 miliardi, ma occorre che contestualmente si realizzino anche tutte quelle altre opere che devono fare i privati, altrimenti succederà che si avranno strutture di servizio non complementate da quelle altre che ne rappresentano la necessaria integrazione.
Credo che un dibattito, un approfondimento e una linea rispetto a questa integrazione tra pubblico e privato debba avvenire.
L'ultima considerazione che propongo in questa sede e che la Giunta intende proporre nell'assemblea di lunedì riguarda la struttura dell'amministrazione dell'ente. Oggi la struttura è composta di un Consiglio di amministrazione (21 persone), di un comitato esecutivo. Vi sono un Presidente e tre Vicepresidenti.
Il ruolo e l'impegno di questa società richiede un esecutivo forte che abbia la capacità di sapere collegialmente assumere le decisioni; deve essere un esecutivo in cui ogni membro porti il contributo reale di una presenza e di una partecipazione attiva, così come avviene nell'ambito di una giunta di un'assemblea elettiva nella quale ogni Assessore non conta soltanto per se stesso ma deve sforzarsi di contare collegialmente e di far vivere all'organo esecutivo il momento collegiale.
In questo senso credo che la riduzione ad un solo Vicepresidente, che abbia la classica funzione vicaria del Vicepresidente, ed il conferimento ad un comitato esecutivo di più ampie prerogative gioverebbero alla migliore ed effettiva definizione dei ruoli propri di ciascuna delle cariche sociali, peraltro riguardo ad un impegno continuativo più costante più pregnante dell'organo collegiale esecutivo.
La Commissione Nomine affronta con serietà quasi quotidianamente la gestione della legge che abbiamo approvato e che spero nessuno voglia considerare moralistica. Forse è farraginosa perché può aver creato qualche momento di intoppo burocratico, ma abbiamo già cercato di snellirla e se sarà necessario la snelliremo ancora.
La Commissione Nomine ha cercato di indicare delle persone che abbiano la capacità di far parte di questo consiglio di amministrazione e di questo esecutivo con l'impegno nuovo, rinnovato, molto intenso che la Giunta chiede e spero lo chieda anche il Consiglio, attraverso il dibattito che sta per iniziare.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CERCHIO



PRESIDENTE

Sulla relazione del Vicepresidente Vetrino è aperto il dibattito.
Ha chiesto la parola il Consigliere Calligaro. Ne ha facoltà.
CALLIGARO Signor Presidente, signori Consiglieri, dalla comunicazione della Giunta, dalla presentazione del bilancio e dalla relazione previsionale della Società Finpiemonte emergono soprattutto tre questioni.
La prima è la situazione finanziaria. Questa presenta risultati economici soddisfacenti grazie agli investimenti in titoli di Stato, non sufficienti però ad assicurare la rivalutazione complessiva del capitale e delle riserve, tale da conservarne, come si scrive nella relazione della Giunta, il valore effettivo iniziale. Si verifica quindi un trend destinato a portare al pareggio di bilancio e al disavanzo. Le cause sono individuate lucidamente: gli investimenti in settori a marcata connotazione sociale e a lungo termine; le iniziative promozionali di progettazione e studio non remunerate adeguatamente dai soggetti committenti.
La seconda questione riguarda le partecipazioni al capitale di altre società (18 in tutto). Sono partecipazioni la cui gestione è onerosa in quanto queste aziende partecipate non sono in grado di fornire risultati economicamente validi. Si tratta in sostanza di interventi di partecipazione di particolare valenza pubblica, ma non remunerativi.
Si ipotizzano diverse proposte nel documento della Giunta: una più rigorosa economicità degli interventi; un graduale disimpegno verso aziende partecipate ricercando adeguate coperture pubbliche; la copertura degli oneri derivanti dalle attività di servizio (studio, progettazione promozione) da parte degli azionisti e dei committenti; l'incremento del capitale sociale da destinare a investimenti finanziari; la gestione e la realizzazione di progetti; in sostanza, la capacità di gestione anche di quelle fasi che acquistano la valenza di produrre reddito e questa mi pare una proposta di grande interesse.
E ancora: lo sviluppo dei servizi finanziari ragionevolmente remunerativi; un maggior coinvolgimento delle componenti private; un diverso e più chiaro rapporto tra Finpiemonte e Regione, sia per ciò che concerne le prestazioni della finanziaria a favore dell'Ente Regione, sia per ciò che concerne la compresenza azionaria in certe società.
E' difficile essere in disaccordo con queste proposte e vengo alla terza questione. Nel loro insieme non delineano una strategia per Finpiemonte. Dopo un'esperienza decennale preziosa e interessante - per onestà insisto su questo termine - da alcuni anni, e non solo con la nuova maggioranza, è diventato maturo il problema di una diversa strategia e questo problema maturo non è stato risolto. Il compito della Regione dell'azionista di maggioranza, è quello di fornire indicazioni programmatiche di strategia alla società per azioni, naturalmente nella sede propria, cioè l'assemblea.
Con l'attuale trend, si diceva, si va verso i bilanci in rosso. Se sono note l'attuale situazione della finanziaria e le tendenze in atto, bisogna allora approfondire il ruolo di prospettiva, gli indirizzi che la Regione è tenuta a formulare oggi. Quale ruolo generale deve avere Finpiemonte nel quadro di un'azione programmatoria della Regione e quale ruolo specifico nei singoli interventi settoriali di sua competenza? Una soddisfacente risposta a questo interrogativo richiede innanzitutto una chiara volontà programmatoria della Regione, se è vero come è vero che l'ente strumentale è il braccio operativo della Regione stessa nella sua funzione di programmazione.
Questo ente strumentale ha una doppia funzione quindi: di attuazione della programmazione regionale e di finanziaria dell'Ente regionale. Due funzioni non contrapposte, due funzioni che devono integrarsi. Comprendo che questa integrazione è difficile e complessa e che finora non si è realizzata. Certi obiettivi di programmazione possono essere caratterizzati da rientri economico - finanziari insoddisfacenti, ma perfettamente rispondenti a logiche tipiche dell'operatore pubblico. L'ente strumentale si muove sulla base di progetti di frontiera dove il rischio è più elevato rispetto al rischio medio esistente sul mercato, ma proprio operando con progetti di frontiera si possono scorgere meglio nuove opportunità di mercato da valorizzare adeguatamente.
Se si dà per scontato che i rientri economico - finanziari saranno sempre insoddisfacenti, se prevalente sarà questa logica, è inutile ricapitalizzare. Persino la dotazione di capitale fresco è inutile, sarebbe più utile in questo caso che la Regione destinasse fondi specifici alla finanziaria commisurati ai progetti da realizzare. In questo caso non è necessario ricercare una logica economica, ma semplicemente individuare le risorse, prevedere il fabbisogno, assicurare il coordinamento di tali risorse: ma la finanziaria a questo punto cesserebbe di essere tale sarebbe più corretto definirla agenzia di spesa, con capacità di organizzare le attività operative e sarebbe più opportuno assicurarle un fondo di dotazione.
L'alternativa quindi non è tra intervento finanziario a breve e intervento indotto dalla programmazione, a lungo termine e in perdita, ma tra gestione dinamica, efficiente, efficace delle risorse e gestione passiva.
La Regione deve disporre di una finanziaria e non finanziare una finanziaria, la Finpiemonte. In quest'ultima ipotesi la Regione finanzierebbe Finpiemonte e non disporrebbe di una società finanziaria.
Inoltre, senza una strategia la stessa richiesta di aumento di capitale sembra dettata unicamente da esigenze di disporre di reddito finanziario sufficiente a coprire i costi di gestione. Quindi la strategia è preliminare alla ricapitalizzazione.
Un semplice aumento di capitale, in assenza di progetti di strategia non è giustificabile. Tra l'altro le risorse disponibili stimate ammontano a oltre 30 miliardi di lire (comprendo perfettamente che la sottoutilizzazione delle risorse è un dato comune a quasi tutte le finanziarie regionali nel nostro Paese), ma con queste risorse sono attivabili fonti finanziarie prossime a 80/90 miliardi di lire a condizione, ovviamente, di avere progetti validi, capacità di gestirli e di realizzarli. Ecco il vero problema. I progetti validi trovano le risorse.
La gestione, la realizzazione di progetti validi è remunerativa, bisogna allora rafforzare l'autonoma capacità di progettazione, di gestione e di realizzazione dei progetti da parte della finanziaria regionale. Bisogna capovolgere la logica: "prima trovo le risorse e poi realizzo i progetti" "prima formulo i progetti e sulla base della validità di questi progetti cerco di mobilitare le risorse necessarie".
Il volume finanziario disponibile, attivando il quale raggiungerebbe l'entità di cui ho parlato, consentirebbe con il solo margine di intermediazione di risolvere i problemi di copertura dei costi di gestione.
E' indispensabile elevare la capacità imprenditoriale di progettazione e di realizzazione correndo quindi anche i rischi di carattere imprenditoriale, pur con tutte le cautele e adeguare però a questi compiti la struttura - si tratta ormai di una struttura sperimentata - rendendola funzionale a compiti strategici nuovi; è indispensabile determinare modifiche dello Statuto sociale e, a questo proposito, annuncio un emendamento del Gruppo comunista volto ad introdurre una deroga al limite previsto dall'art. 5 dello Statuto sociale.
Solo così Finpiemonte potrà diventare soggetto attivo sul mercato finanziario, capace di mobilitare risorse finanziarie.
Fermo restando l'apporto pubblico quale apporto decisivo, è evidente che bisogna rivedere le rappresentanze di categoria (mi riferisco soprattutto a quelle imprenditoriali): questo problema di fondo può essere risolto se vi è un maggiore apporto da parte dei privati, se vi è una effettiva partecipazione alla direzione della società per azioni. Il raccordo pubblico - privato non può essere realizzato solo a livello istituzionale, ma con l'effettiva partecipazione dei privati, sia in termini di apporto di capitale, sia in termini di effettiva partecipazione alla direzione della società per azioni. Definita la strategia, accertate le capacità progettuali, queste devono essere accompagnate da capacità di pianificazione delle risorse finanziarie, di mobilitazione sul mercato finanziario, di organizzazione e gestione efficiente degli interventi; se questi fattori potessero intrecciarsi consentirebbero interessanti esperienze in campi nuovi, dell'energia, del teleriscaldamento dell'ecologia, dello smaltimento dei rifiuti, dell'innovazione. Queste nuove esperienze avrebbero il duplice merito di attuare coerentemente gli indirizzi della programmazione regionale e di produrre reddito e valorizzare risorse.
A proposito dell'ipotesi che si fa per la composizione del Consiglio di amministrazione, consideriamo positiva l'ipotesi di un solo Vicepresidente e di un comitato esecutivo con ampie prerogative, purché la sua composizione risponda a criteri di chiara funzionalità delle singole cariche rispetto alla strategia della società. A questo proposito chiediamo alla Giunta di predisporre una deliberazione di indirizzi che noi valuteremo attentamente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.
FERRARA Signor Presidente, mi permetta di fare una considerazione prima di parlare di Finpiemonte.
Due settimane fa circa, dopo che il Consiglio e le forze politiche avevano vivamente sollecitato da parte della Giunta e del Vicepresidente l'importante problema relativo alla legge Galasso e alle iniziative della Regione in merito, l'Assessore competente, solitario sui banchi della Giunta, faceva una relazione a due o tre Consiglieri, perché gli altri erano in riunione organizzata estemporaneamente, al piano superiore.
Ricordo che i Capigruppo sostengono che sul problema della Finpiemonte è importante e decisivo confrontarsi per capire se si crede veramente agli enti strumentali della Regione. Si è chiesto un dibattito in Consiglio regionale, dibattito che si sta svolgendo né più né meno come il precedente con l'Assessore competente "splendidamente sola" sul banco della Giunta.
Questa volta il Gruppo comunista è presente più numeroso che non nel dibattito sulla legge Galasso...
BONTEMPI Anche allora eravamo presenti.
FERRARA Non sto criticando nessuno, dico semplicemente che ciò avviene nell'assoluto disinteresse di tutti. La Presidenza si era impegnata a non far tenere delle riunioni durante la giornata del Consiglio. Regolarmente invece questo avviene, e magari dopo voteremo tutti coscienti sull'onda del dibattito e delle considerazioni svolte.
Mi pare però che quando si tende a qualificare un parlamento di carattere europeo quale deve essere quest'aula, dovrebbero essere tenuti da tutti comportamenti diversi. Chiudo questo inciso ed entro nell'argomento della Finpiemonte.
Non ho avuto la fortuna di assistere alla nascita della Finpiemonte e quindi sono andato a leggere le considerazioni che erano state fatte nella relazione del Consigliere Rossotto al disegno di legge che istituiva l'ente e nei vari interventi svolti dai Consiglieri dei diversi Gruppi politici.
Da parte di tutti si diceva che la Finpiemonte avrebbe dovuto essere uno strumento di politica industriale della Regione, che doveva muoversi in modo agile, snello, che "doveva - diceva il Consigliere Bianchi - ridurre drasticamente i tempi di realizzazione delle iniziative pubbliche atti a influire sia sulla congiuntura sia sulle condizioni che presiedono allo sviluppo economico". Doveva essere qualcosa che promuovesse le iniziative con il coinvolgimento dell'imprenditoria privata.
Mi pare che questo fosse un argomento condiviso da tutti e fosse alla base della costituzione dell'ente.
Da queste premesse oggi, a dieci anni di distanza, possiamo dire che alcune cose forse non si sono rispettate. La filosofia complessiva di questo ente non è stata rispettata. Per valutare la capacità che ha avuto la Finpiemonte di muoversi in questa prospettiva occorre un esame, concreto delle iniziative delle società alle quali ha partecipato, che cosa hanno ricevuto e valutare se effettivamente queste si sono mosse in modo coerente.
Devo onestamente dire - e questa è una critica che abbiamo già fatto quando abbiamo parlato del CSI e che faremo ancora quando parleremo di altri enti para-regionali - che queste società, create e costituite avendo intuito capacità di previsione su possibilità strategiche, si sono sempre dovute muovere in assenza di un quadro regionale di:programmazione.
Ho seguito con molta attenzione l'intervento del collega Calligaro che in parte condivido. Mi dispiace che questo intervento non l'abbia fatto cinque anni fa. Lui non c'era allora, ma se l'avesse fatto qualcun altro cinque anni fa forse avrebbe avuto un'incidenza maggiore perché - e la collega Vetrino nella sua relazione l'ha fatto notare - dal 1977 al 1984 la Regione non aveva un quadro di riferimento complessivo.
La prima carenza che individuiamo, esaminando le partecipazioni della Finpiemonte, è che il principio secondo cui occorreva ridurre drasticamente i tempi della realizzazione delle iniziative politiche in molti casi è venuto meno.
Viviamo da vicino l'esperienza del recupero di una parte del centro storico di Torino che ha avuto avvio nel 1979 e si va completando soltanto in questi giorni. Credo che il giudizio complessivo rispetto alla capacità di imprimere efficienza, efficacia, economicità da parte di Finpiemonte a questa iniziativa non ci sia stato. Oggi questa società può probabilmente vantare più inefficienze, più diseconomicità di quante non ne avrebbe avute se l'iniziativa fosse stata assunta in modo più libero e forse anche senza la copertura della Finpiemonte.
L'iniziativa della Soprin che ha avuto avvio negli anni '80 ha individuato e acquisito un'area, ma quell'area è ancora ferma.
Tutta una serie di situazioni è rimasta bloccata. Di fatto si è favorito il disinvestimento da parte dei privati, però questo investimento si è dimostrato fine a se stesso, non si è creato nulla e se qualche beneficio c'è stato, questo non è andato a favore della collettività, ma di singoli imprenditori.
Lo stesso devo dire del Sito. Oggi qualcosa si sta muovendo concretamente, però dal 1980 e fino a pochi mesi fa poco si è fatto per dare avvio concreto a quell'iniziativa che ha una prospettiva strategica.
Un'altra considerazione a nostro giudizio emerge guardando le partecipazioni. Le risorse finanziarie di Finpiemonte sono rilevanti. Il Consigliere Simonelli, quando era intervenuto al momento della costituzione, rilevava che nessun'altra Regione aveva un capitale sociale così consistente - come quello di Finpiemonte, anche se altre Regioni potevano intervenire con contributi.
Ebbene,credo che si debba rilevare come l'utilizzo di quel capitale non sia stato ottimale, e non poteva esserlo, perché quando ci sono delle iniziative a troppo lungo periodo e senza una possibilità di rientro del capitale ragionevolmente breve, con un impegno della Finpiemonte massiccio determinante in termini di partecipazione societaria, questo non può essere fatto con un capitale di soli 20 miliardi.
Quindi mi pare che uno degli errori che si sono commessi sia stato quello di non avere svolto il ruolo che avrebbe dovuto svolgere, quello cioè di una società di promozione di nuove iniziative, di una società capace di convogliare e di coordinare il capitale privato anziché investire direttamente capitale proprio, determinando così quella situazione di rigidità che oggi viene ad assumere la società e la struttura finanziaria della Finpiemonte.
Il Vicepresidente ci ha detto che il valore reale della Finpiemonte oggi è diminuito del 31%. E ciò è grave soprattutto se Consideriamo che una parte di quel capitale era investita in titoli a reddito fisso che quanto meno garantivano un reddito e quindi il mantenimento in termini reali del capitale.
Mi pare che l'incidenza e la redditività delle partecipazioni assunte da Finpiemonte non abbia dato il risultato che poteva dare.
Che cosa bisogna fare? Non credo sia sufficiente e sia positivo limitarsi sempre e soltanto a dare dei giudizi sul passato. Ho apprezzato molto la relazione della Giunta perché ha dato alcune indicazioni concrete che a me paiono importanti.
Vorremmo proporre alcune integrazioni. Credo che occorra prevedere e programmare un'azione di rientro rispetto alle operazioni non positive che ci sono state. Bisogna anche capire e rendersi conto degli errori fatti e recuperare, anche in perdita, ma non accumulare ulteriori perdite. Quindi il nuovo consiglio di amministrazione dovrà seriamente valutare le posizioni di oggi e, se da queste posizioni si ritiene di non poter trarre quei benefici che in un primo tempo ci si aspettava, bisogna saper tornare indietro.
Deve essere programmaticamente individuata una strategia. La Finpiemonte è una finanziaria pubblica; non può e non deve prevedere partecipazioni permanenti, stabili; deve essere comunque un fatto propositivo di promozione e deve saper quindi rientrare. Queste azioni di rientro credo possano e debbano essere anche individuate al momento dell'inizio delle varie nuove società.
Ad esempio, la FIME (Finanziaria Meridionale pubblica), anche se è indirizzata essenzialmente a iniziative nel Mezzogiorno di carattere privatistico, statutariamente partecipa fino al 50% al capitale di società private per iniziative nel Mezzogiorno già prevedendo e determinando i termini e i criteri di rientro del capitale investito. Questa potrebbe essere una impostazione corretta.
Se i privati vogliono partecipare, superata la fase di avvio dell'iniziativa, devono assumere direttamente questa iniziativa o lasciare la Finpiemonte in una posizione estremamente marginale e limitata come partecipazione.
Nella relazione il consiglio di amministrazione propone di preparare un nucleo di funzionari regionali cui affidare l'analisi dei costi - benefici.
Si tratta di una operazione molto opportuna e mi auguro che la Regione sappia e voglia soprattutto darsi strutture capaci di valutare in concreto le cose.
Però mi pare che d'ora in avanti, per ogni nuova iniziativa che la Finpiemonte dovesse assumere, dovrebbe dare garanzie di possedere queste capacità di analisi anche per iniziative portate avanti e realizzate in prima persona.
Il criterio dell'economicità della gestione caratterizza le società per azioni, le società commerciali. Ci rendiamo conto che una società di questo tipo può avere dei temperamenti rispetto all'ottica generale delle società commerciali, comunque l'economicità della gestione deve essere sempre garantita.
Abbiamo ricevuto una lettera anonima in cui si dicono cose che in parte credo siano giuste e dovrebbero essere tenute in seria considerazione dal consiglio di amministrazione al momento della costituzione. Altre cose invece ci sembrano non corrette, ad esempio le critiche rivolte alla legge che abbiamo approvato recentemente in ordine alla innovazione tecnologica che prevede il coinvolgimento della Finpiemonte. Questo non mi sembra giusto perché questo filone la Regione Piemonte lo deve perseguire e Finpiemonte mantenere. Questa legge non prevede impegni finanziari troppo onerosi da parte della Finpiemonte, ma le consente in termini oggettivi corretti di dare attuazione a una politica reale di supporto finanziario alle piccole e medie imprese.
C'è il problema della ricapitalizzazione della società. Il collega Calligaro ha fatto alcune considerazioni in merito, ed alcuni aspetti li condivido. Effettivamente ricapitalizzare una società senza sapere che cosa si andrà a fare non è utile, anzi sotto certi punti di vista è negativo.
Ricapitalizzare una società vuol dire mettere la società in condizioni di dare attuazione seria, sia pure nell'ambito dell'autonomia che ogni società deve avere, agli indirizzi e alle linee programmatiche che la Regione Piemonte dovrà darsi con l'approvazione del Piano regionale di sviluppo.
Se il Piano regionale di sviluppo saprà dare delle indicazioni precise se la Regione Piemonte in sede assembleare saprà dare delle indicazioni precise, l'autonomia del consiglio di amministrazione della Finpiemonte deve essere garantita anche con una forma di ricapitalizzazione.
Ricapitalizzazione che però mi pare sia particolarmente difficile nell'attuale situazione finanziaria complessiva della Regione.
La Giunta dovrà valutare con estrema serietà e attenzione queste proposte sapendo che la limitatezza delle risorse impone la migliore destinazione, impone che non si incorra più in quegli errori che troppe volte hanno caratterizzato la gestione passata della società.
Chiudo, signor Presidente, con due osservazioni. La prima si riferisce alla nuova struttura proposta dall'Assessore Vetrino in ordine al consiglio di amministrazione. Mi pare che sia una proposta di grande responsabilità una proposta che dà il segno del nuovo modo di voler essere presenti come Regione nella Finpiemonte e anche un auspicio di come dovrà operare la Finpiemonte. Noi siamo totalmente d'accordo e speriamo che questa nuova struttura venga realizzata. Però mentre diciamo questo ci pare che il discorso debba essere un po' allargato.
Se questo è stato fatto per la Finpiemonte, che certamente non è l'ultima delle partecipazioni della Regione, forse qualcosa di analogo dovrebbe essere proposto globalmente per tutte le partecipazioni della Regione.
Se Finpiemonte ha un solo Vicepresidente, forse occorrerà riesaminare anche le altre partecipazioni e valutare se non sia il caso di ristrutturare o riesaminare anche l'assetto del consiglio di amministrazione delle altre partecipazioni.
Infine, il problema dei compensi. Si fanno affermazioni che creano qualche scompenso sia all'interno della Finpiemonte sia tra la Finpiemonte e le altre strutture regionali, forse tra i funzionari della Regione.
Noi crediamo che le professionalità debbano essere premiate e garantite, però crediamo anche che all'interno della Regione Piemonte un minimo di armonizzazione debba esserci per non creare isole di particolare privilegio che troverebbero soltanto elementi di difficoltà nell'avanzamento di gestione e certamente non favorirebbero snellezza di gestione della Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.
PEZZANA Vorrei intervenire brevemente sull'argomento Finpiemonte per porre delle domande e sottolineare alcuni problemi che non ho sentito riprendere dagli interventi che mi hanno preceduto.
Il discorso Finpiemonte richiederebbe un approfondimento che non ho fatto, se non appunto in maniera superficiale, però ritengo che anche superficialmente alcune annotazioni possano essere utili.
Nella relazione a proposito degli interventi istituzionali si dice: "Le aree di intervento sono così suddivise: 20% aree industriali, 28% settore immobiliare, 17% trasporti, 24% innovazione tecnologica e 1% energia ecologia, cultura".
Non credo che la Finpiemonte debba darsi dei programmi per intervenire nel settore della cultura, benché potrebbero anche trasformarsi in un buon utilizzo del denaro che finisce per essere investito in titoli di Stato.
Osserviamo come in questi ultimi anni tutte le ditte, la cui ragione sociale molto sovente cominciava con il prefisso "Eco", si sono buttate sul territorio per rendersi disponibili ad operare nel campo ambientalista ecologico, dal trattamento dei rifiuti allo smaltimento. Lo hanno fatto naturalmente sempre con fini di profitto come giustamente compete ad un'impresa.
Però, di fronte a questa corsa anche con gli scandali che ne sono nati di fronte a queste iniziative che danno dei profitti tali da giustificare anche un'operazione poco pulita sul piano della legge, forse la Finpiemonte potrebbe investire parte del capitale o comunque suddividerlo diversamente alzando quella quota dell'1% in un investimento che potrebbe dare del profitto da un lato ed essere dall'altro estremamente utile per quanto riguarda il discorso ambientalista nella nostra Regione.
Questa annotazione può sembrare marginale, ma invece potrebbe dare dei benefici sia dal punto di vista finanziario che da quello ambientale.
C'è un punto della relazione al bilancio di previsione 1985 che mi ha lasciato un po' perplesso e questa è una domanda alla quale vorrei, se possibile, avere risposta.
A pagina 15 il Presidente parla di tre progetti per discariche di rifiuti industriali approvati dalla Regione. Lo ripete a pagina 17 del libro verde che ci è stato dato. Non ho capito bene se questi progetti e queste tre discariche sono quelli del cuneese di cui si è parlato in questi ultimi mesi, cioè Fossano, Farigliano e Mondovì e non è detto quali sono i progetti approvati dalla Regione. Ritengo invece che sarebbe molto utile collegare il discorso ambientale con l'invito ad investire a fini appunto di tutela della Regione Piemonte.
Mi rendo conto che il mio intervento è limitato esclusivamente al discorso ambientale, però penso che possa essere un contributo e mi auguro che il Vicepresidente Vetrino possa accogliere queste segnalazioni e darmi eventualmente qui o in altra sede, una risposta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.
BRIZIO Diamo un giudizio positivo sull'opportunità del dibattito, cioè sulla volontà del Consiglio di affrontare contestualmente alle relative nomine anche il problema della finanziaria piemontese e fornire quindi con gli stimoli della Giunta valutazioni sul passato e indicazioni e indirizzi per il futuro.
La Finpiemonte rappresenta qualche cosa nella storia della Regione e ci auguriamo rappresenti un impegno ancora più profondo, ancora piú intenso nel settore della programmazione e nell'intervento a sostegno dell'economia piemontese che ha attraversato in questi anni una fase difficile e che ha bisogno di ripresa.
Nel 1976 si è data una forma precisa alla finanziaria piemontese costituendo una finanziaria di promozione e non una finanziaria di capitali, si è attuata una scelta logica per uscire dai vincoli della legislazione regionale e della legislazione nazionale sulle Regioni, per poter quindi fare interventi di politica industriale, seppur limitati, per dare un sostegno ed un braccio operativo alla programmazione regionale.
Si tratta di una scelta che aveva una sua logica ed ha tuttora una sua validità, scelta che presupponeva, come ha detto il Vicepresidente, una collaborazione, cioè uno stretto legame tra gli indirizzi dell'esecutivo e del Consiglio regionale e il lavoro del consiglio di amministrazione della Società: un legame operativo stretto in qualche modo c'è stato ma qualche volta è mancato. Su questo punto dovremmo maggiormente riflettere per il futuro.
Sui dieci ultimi anni si possono dare giudizi vari. La Finpiemonte ha svolto un suo ruolo, certamente vi sono state carenze che sono state evidenziate ed anche mancanze di collegamento tra programmazione regionale e iniziative della Finpiemonte. Comunque un ruolo dignitoso è stato svolto dalla finanziaria piemontese nel suo complesso.
Ora si discute sulla situazione finanziaria. Dal punto di vista nominale è abbastanza brillante perché non mancano risorse finanziarie e la liquidità garantisce un risultato economico sempre positivo, ma nello stesso tempo v'è l'erosione del valore reale del capitale che è anche connaturale a questo tipo di promozione societaria legata a quello che la Finpiemonte ha fatto e ha cercato di fare in questi anni.
Il problema dell'erosione del capitale in termini reali è un problema che ci si deve porre, anche considerando l'economicità come elemento fondamentale. L'erosione sarebbe anche superabile in presenza di input esterni molto forti sull'economia piemontese. Questa azione sul sistema è in qualche modo avvenuta ed è in qualche modo mancata in taluni settori.
Occorre anche comprendere che si è modificato e si sta modificando in questi dieci anni il campo di intervento; si era partiti con le aree attrezzate e si era data loro una grossa valenza, ma hanno dimostrato tutti i loro limiti, e dobbiamo prenderne atto. In realtà si sono avviati degli interventi massicci sul territorio anche sconvolgenti, ai quali non ha poi corrisposto una adeguata entità di rilocalizzazioni degli operatori industriali ed in effetti una consistente quota di investimenti non ha trovato la concreta rispondenza. Adesso la finanziaria ha dovuto correggere con le società partecipate il ritmo di intervento nel settore adeguando gli incrementi soltanto alla reale possibilità di collocazione delle industrie sul territorio.
Cambia la situazione economica e oggi c'è tutto un discorso che va invece al recupero dell'esistente più che alla spinta verso nuovi insediamenti immobiliari e di questo dobbiamo tenere conto; già la legislazione regionale ne tiene conto, probabilmente sono necessari strumenti più agili che ci consentano di intervenire concretamente in questo settore.
Anche a sostegno del credito vi è stato un intervento abbastanza positivo in alcuni settori, così come è apprezzabile l'azione della Finpiemonte per i centri merci, ma occorre che si valuti a fondo il problema delle strategie e dell'utilizzo della finanziaria, perché molte incertezze sono derivate da una politica delle partecipazioni regionali disarticolata. In più occasioni si è iniziato con un intervento tramite la Finpiemonte procedendo poi con interventi di partecipazione diretta; siamo arrivati addirittura ad una terza forma di partecipazione attraverso la consociazione con i privati; abbiamo ora una triplice partecipazione nel Sito, attraverso la Finpiemonte, direttamente come Regione e attraverso la Socotras. Occorre valutare se questo è avvenuto per indisponibilità o per impossibilità della Finpiemonte ad operare in pieno o per indirizzi regionali che hanno richiesto l'intervento diretto dell'Ente o per un difficile rapporto con gli azionisti e con i privati che operano nel settore, come è avvenuto, per esempio, per la Socotras che è partita come iniziativa solamente privata, ma poi ha richiesto l'intervento pubblico.
E' certo molto importante definire una strategia di fondo sugli enti strumentali e sulla politica regionale; è importante chiarire i rapporti con i privati e dare un assetto lineare alla politica degli enti strumentali. Ciò è veramente essenziale per dare uno sviluppo alla Finpiemonte.
Si parla inoltre di aumentare il capitale. Siamo tutti d'accordo nel dire che il problema è legato a quello che si vuol fare della Finpiemonte.
La Giunta sta operando tempestivamente. Riteniamo che le dichiarazioni fornite dal Vicepresidente sulla prossima predisposizione e presentazione delle linee del Piano di sviluppo al Consiglio regionale e quindi all'esame delle Commissioni competenti costituiscono un dato veramente concreto perché dalle scelte del Piano potrà derivare una politica per gli enti strumentali e per la Finpiemonte che rappresenta il braccio operativo più forte nel settore dell'intervento economico della Regione.
Il problema dell'aumento di capitale si porrà in quel momento.
Certamente non si debbono assegnare risorse se non di fronte a programmi ed esigenze precise di fronte ad un coinvolgimento sempre più ampio dei privati, perché dobbiamo convincerci che senza il loro apporto non si pu portare avanti un discorso di intervento finanziario adeguato. Occorre che i privati partecipino con rischio imprenditoriale a queste iniziative, che non cerchino sempre di scaricare sulla partecipazione pubblica rischi e necessità finanziarie, ma che vi sia una disponibilità a partecipare nei campi in cui l'intervento pubblico può essere importante e la promozione della Finpiemonte può essere essenziale. Lo è nel campo dell'innovazione ed è stata approvata recentemente la nuova legge; lo è nel campo dell'ecologia dove c'è necessità di interventi economicamente fondati e lo è ancora in altri settori di spinta sui quali occorre richiedere con forza anche l'intervento dei privati.
Siamo quindi favorevoli alle modifiche dell'art. 5 dello Statuto proposte dalla Giunta. Dovremo verificare se, sempre attraverso la Finpiemonte, non si debba prevedere nella Regione Piemonte una finanziaria specifica di capitali per interventi economici più massicci. Non lo dico per voler seguire sempre la Lombardia, ma dalla Finlombarda è uscita una Fincapital che vuole avere questa caratteristica e questa linea operativa.
Il Piemonte ha avuto l'esperienza della finanziaria regionale privata con le banche come principali azioniste che non ha dato grandi risultati anche se l'idea allora di Pella era tutt'altro che peregrina e questo problema va ripreso, rivisto e riesaminato in un contesto in cui le risorse finanziarie private possano essere convogliate insieme al sistema delle banche pubbliche verso investimenti forti in settori nei quali solo l'appoggio laterale pubblico può concorrere a determinate soluzioni. E' questo un problema certamente da porre, non come trasformazione della Finpiemonte che ha da essere e rimanere una finanziaria di promozione, ma come partecipazione della Finpiemonte e della Regione, attraverso la Finpiemonte, del sistema delle banche pubbliche piemontesi e delle finanziarie private che hanno in questo momento risorse consistenti a progetti importanti e significativi che diversamente non potrebbero concretarsi ed anche ad iniziative private che potrebbero avere un deciso supporto.
Così anche il problema delle partecipazioni temporanee posto da Ferrara diventa più reale, perché alla fine il riferimento alla Finanziaria Meridionale riguarda iniziative di capitale più che iniziative di promozione.
Per la Finpiemonte quindi ci sono e ci devono essere prospettive importanti se la Giunta darà, e noi siamo certi che lo farà, indirizzi chiari. E' vero che la società per azioni è autonoma, che ha un consiglio di amministrazione e opera con la propria dirigenza, ma è altrettanto vero che deve pur sempre fare riferimento all'azionista e io penso che un collegamento più stretto debba essere ricercato fra la Regione (a livello di esecutivo), il consiglio di amministrazione e la Società.
Ci pare positiva infine la proposta di ridurre il numero delle Vicepresidenze dando corso ad un comitato esecutivo costituito nella misura massima prevista dallo Statuto in modo tale da attribuire rappresentanza pluralistica ai gruppi più importanti e nello stesso tempo alle forze economiche e bancarie.
occorre che il comitato esecutivo operi collegialmente, in contatto con la Direzione e nello stesso tempo collegato in modo stretto con la Giunta che si farà portavoce della impostazione complessiva della Regione che parte naturalmente dal Consiglio.
Un rilancio della Finpiemonte verso nuovi traguardi sarà possibile a due condizioni: progettualità chiara da un lato e collegamento stretto fra l'esecutivo, il consiglio di amministrazione e la Società dall'altro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.
MIGNONE Signor Presidente, colleghi Consiglieri, anche il Gruppo socialdemocratico ha condiviso l'opportunità che il momento in cui si designano i rappresentanti della Regione all'interno della Finpiemonte fosse preceduto da un dibattito all'interno del Consiglio regionale che da un lato facesse il punto dell'attuale situazione finanziaria e di intervento della Finpiemonte e dall'altro cercasse, seppure ancora in termini ampi e generali, di dare alcune indicazioni che dovremo concretizzare, così come facemmo ad esempio per la Promark e per altri enti in una deliberazione di indirizzi e di indicazioni che servissero, pur nell'autonomia che dobbiamo salvaguardare, agli azionisti della Finpiemonte nel momento in cui vanno a delineare le proprie strategie di intervento e di azione.
Ritengo che il dibattito di oggi serva a tracciare a grandi linee le tematiche che attengono al ruolo che la Regione intende assegnare a questo Ente. Sulla base della comunicazione della Giunta che per certi aspetti già rappresenta l'orientamento della Regione in ordine alla nostra azione all'interno della Finpiemonte, dovrà far seguito una deliberazione programmatica che sia di supporto ai nostri rappresentanti all'interno della Finpiemonte per sostenere le indicazioni dell'azionista Regione Piemonte in quell'assemblea.
Oggi ci troviamo di fronte alla necessità e all'opportunità, pur confermando la validità della scelta rispetto a questo tipo di finanziaria regionale, di delineare nuovi percorsi (non dico nuovi sentieri dell'economia perché questo termine è stato usato per ridefinire il nuovo piano economico dell'Ungheria e non vorrei sembrasse un riferimento fuori luogo), nuove strategie di intervento.
I colleghi hanno ben presente il dibattito che negli anni '70 si faceva intorno alla natura delle finanziarie regionali. Ci si chiedeva ad esempio se si dovessero costruire o meno delle nuove GEPI. Giustamente la Regione scelse di andare nella direzione di una finanziaria che non fosse di sostegno alle aziende in difficoltà, ma fosse di promozione o che comunque servisse come strumento finanziario degli Enti pubblici a supporto delle politiche regionali soprattutto nel campo della grande infrastrutturazione.
In Piemonte si diede grande rilievo alla possibilità di intervento nelle aree attrezzate.
Lo ricordava già Brizio e peraltro anche nella relazione viene posto in luce. In realtà negli anni '70 quando si pensava a questo tipo di finanziaria regionale si aveva di fronte un modello di sviluppo andato poi in crisi, quello cioè di farsi carico dei problemi della rilocalizzazione della grande industria, nella prefigurazione di uno sviluppo industriale verso la periferia di Torino. Quindi occorreva armare il territorio per consentire alle industrie questo processo di rilocalizzazione.
Oggi l'andamento dell'economia ha dato delle altre indicazioni. Non vi è più - e su questo condivido le riflessioni di Brizio - il problema di creare delle grandi aree industriali attrezzate, perché non vi è più la grande industria che li si va a rilocalizzare. Oggi l'area industriale attrezzata ha un senso nella misura in cui vi è un'imprenditoria locale che avverte questa esigenza, perché diversamente ne facciamo un luogo nel quale si insediano i concessionari di automobili e i negozi, ma non è un'area industriale attrezzata.
Da questo punto di vista dobbiamo dire che quello che era uno dei compiti che storicamente ritenevamo di poter assegnare alla Finpiemonte oggi va ridimensionato, va riconsiderato, non perché si debba abbandonare il settore della infrastrutturazione del territorio, piuttosto perch occorre puntare al recupero e al riuso dell'esistente oppure all'esperienza davvero innovativa dei parchi scientifici che, seppure molto lentamente sta prendendo piede anche in Italia sul modello britannico rivisitato.
Credo che questo sia uno dei grandi temi su cui dovremo dare indicazioni più precise alla Finpiemonte.
Un altro aspetto presente nella relazione della Giunta è quello che attiene alla situazione finanziaria e al problema del bilancio.
Dal punto di vista nominale la situazione sembrerebbe positiva, in effetti è interessante, mentre in termini reali la relazione della Finpiemonte mette in evidenza alcune storture nel senso che mentre nella logica delle società finanziarie gli interventi sono a breve e medio periodo, con una selezione puntuale rispetto alla capacità di rientro, la Finpiemonte ha dovuto sovente intervenire in operazioni a lungo termine quindi con un ritorno molto più diluito nel tempo. Questo crea un primo ordine di problemi. Così come l'aver accentuato - ma questo - è un compito statutario - la parte promozionale di studio e di ricerca crea una situazione non preoccupante,' ma che vuole richiamare la nostra attenzione affinché si vada a correggere il tiro, sebbene noi crediamo non si debba pensare alla Finpiemonte soltanto come a una società che deve fare della mera intermediazione finanziaria.
Comunque oggi ci troviamo di fronte ad un management che si è consolidato, che ha acquisito della professionalità. E' ovvio che come tutte le strutture nuove ha avuto i suoi problemi e i suoi tempi di assestamento e di affinamento delle metodologie, delle procedure e delle tecniche di intervento.
Oggi possiamo dire che il parco delle conoscenze che ha la Finpiemonte è un parco di tutto rispetto. C'è un management che ci dà delle garanzie di professionalità, di conoscenza e di intervento molto elevate quindi credo che anche questo "gap" lo possiamo considerare come un ulteriore elemento di conforto.
La strategia da delineare già contenuta nella comunicazione della Giunta il Gruppo socialdemocratico la condivide. Sarà comunque meglio definita nella deliberazione di indirizzi che il Consiglio dovrà predisporre. Il Piano di sviluppo sarà veramente il contenitore principale delle nostre linee di intervento strategiche nel campo delle infrastrutture, nel campo della innovazione, anche dando continuità alla legge recentemente approvata dal Consiglio regionale, nel campo di settori nuovi per quello che riguarda la natura degli interventi della Finpiemonte vale a dire l'agricoltura e il turismo. Nel Piano di sviluppo si andrà anche a precisare il ruolo che la Regione intende assegnare alla Finpiemonte nel realizzare queste iniziative. In questo sta anche un richiamo ai privati perché vi sia anche da parte loro una maggiore sensibilità e una maggiore partecipazione ai rapporti finanziari.
Un'ultima brevissima considerazione riguarda la proposta che è venuta dalla Giunta rispetto alla composizione degli organi statutari. Noi riteniamo molto positiva la proposta fatta di un Vicepresidente e di un esecutivo irrobustito nelle sue competenze. E' un segnale che deve essere colto in tutta la sua valenza politica da questa assemblea.
Molte volte abbiamo fatto questioni sulla vicenda morale, talvolta anche nominalistiche e tanto per farle. Ci sembra questa una iniziativa che debba essere colta nel suo significato di prospettiva, di segno per il futuro.
La Giunta trova il nostro pieno consenso e sostegno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cernetti.
CERNETTI Sono meravigliata di come a livello ufficioso si facciano delle valutazioni che in Consiglio Regionale vengono smussate, addolcite annacquate, risultando quindi molto meno incisive e veritiere.
Sono sempre turbata da questo modo di agire, ma pare che questi sistemi facciano parte della politica e che ci si debba almeno parzialmente adeguare.
Il mio Partito condivide sostanzialmente la relazione del Vicepresidente Vetrino, soprattutto la prima parte. Diamo atto all'onestà del Vicepresidente che ha espresso le perplessità sue e quelle della Giunta, del resto emerse da tutti gli interventi quando, riferendosi ai bilanci in attivo presentati dalla Finpiemonte, dice chiaramente senza leggere tra le righe che gli utili hanno raggiunto un valore complessivo di poco inferiore a quello del capitale sociale e sottolinea subito dopo "reso possibile in rilevante misura da investimenti in titoli di Stato"; prosegue dicendo: ".., risultati non sufficienti ad assicurare una rivalutazione complessiva di capitale". Continua: "ove continuasse l'attuale trend si giungerebbe rapidamente al pareggio di bilancio e quindi ad un disavanzo".
Sopravvengono poi ulteriori perplessità quando si parla di potenziamento della struttura e di ricapitalizzazione. E' opportuno, allo stato attuale delle cose, un potenziamento della struttura che è già estremamente onerosa? Non ci riferiamo solo alla lettera anonima, che ha il solo grave handicap di essere tale, della quale occorre comunque tener conto perché denuncia una situazione di disagio.
Condividiamo la proposta di impegnare il consistente capitale sociale della Finpiemonte in Buoni Ordinari del Tesoro. Occorre dire però che per impegnare il capitale in BOT (oggi lo fanno tutte le massaie, con il dovuto rispetto, visto che sono in grado anche di gestire il capitale della famiglia) non occorre una finanziaria di Stato.
La stessa perplessità nasce per la proposta di ricapitalizzazione.
Afferma il Vicepresidente: ".., appare evidente come il problema di una più puntuale definizione del ruolo della finanziaria, anche alla luce di una decennale esperienza, assuma carattere assorbente rispetto ad altri problemi sollevati".
La ricapitalizzazione ci lascia perplessi perché essendo il capitale sociale della Finpiemonte estremamente rilevante anche rispetto alle altre finanziarie regionali, ritengo che, prima di questa operazione, la Finpiemonte debba dar prova di interventi qualificati del capitale sociale già esistente. Non vedo perché si debba ricapitalizzare dal momento che il capitale esistente non è servito per adeguare le iniziative. Prima di ricapitalizzare il tutto bisogna sapere che cosa si vuole fare.
Le mie stesse perplessità le ho notate in tutti gli interventi, anche in quello del collega Ferrara.
L'operazione corretta da farsi è innanzitutto l'esame del rapporto costi-benefici. Dobbiamo sapere in effetti quanto ci viene a costare l'operazione, struttura compresa. I costi sono così alti che molti li considerano addirittura una voragine. Dall'esame costi-benefici possiamo avere un primo orientamento sul da farsi. Dopodiché sarà necessario un più stretto rapporto tra la Giunta e la Finpiemonte e saranno necessari da parte della Finpiemonte non solo una maggiore iniziativa proprio per quei fini istituzionali per i quali è stata fondata,, ma anche programmi precisi, incidenti ed incentivanti della Regione Piemonte che potranno derivare solo da un Piano di sviluppo concreto con programmi altrettanto limpidi ed incisivi.
Per quanto riguarda la riduzione dell'esecutivo ad un solo Vicepresidente, siamo d'accordo purché il rinnovo organico sia più efficiente. Non vorremmo però che creando un esecutivo con maggiore incidenza si accontentassero, come si vocifera, più partiti. Sappiamo quali pressioni arrivano da più parti.
Speriamo che la nuova struttura sappia rendere veramente la Finpiemonte più agile, più incidente e più efficiente.
Il PSI condivide le perplessità emerse dagli interventi in aula e dalla relazione, peraltro "onesta", del Vicepresidente, perplessità che in noi aumentano quando si tratta di potenziare la struttura e di ricapitalizzare la Finpiemonte. Operazioni che noi non approviamo se prima non si utilizza in modo migliore il capitale esistente con programmi precisi della Regione e con l'attuazione puntuale delle iniziative da parte della Finpiemonte.



FRACCHIA MARIO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.
MARCHINI Signor Presidente, colleghi Consiglieri, devo preliminarmente respingere in toto l'intervento della collega Cernetti. Lo respingo perch nell'assumere come vere le cose scritte in una lettera anonima occorre assumersene la responsabilità motivando. Per me il contenuto di una lettera anonima non è né vero né falso, non lo prendo in considerazione. Se facessero così i magistrati probabilmente molte cose in questo Paese si risolverebbero prima. Rifiuto e respingo il moralismo di qualcuno che parla a nome di un Gruppo.
Non so se l'esecutivo che andiamo a ipotizzare come struttura centrale dell'organizzazione di Finpiemonte sarà la conseguenza di pressioni di Partito. E' certo che se le pressioni di partito ci saranno vedranno il Partito socialista tra quelli che fanno queste pressioni nel modo più violento.
Non accettiamo questi moralismi di comodò. Noi siamo abituati a fare le nostre battaglie, a pagare dei prezzi quando la coerenza rispetto alle nostre posizioni ce lo chiede, ma non accusiamo altri delle cose che noi facciamo. L'esecutivo, anche perché vi è l'esigenza di una presenza equilibrata delle forze private e delle rappresentanze del Consiglio regionale all'interno di Finpiemonte, sarà la conseguenza della logica dialettica tra le forze politiche, i Gruppi consiliari e la società civile e sarà qualcosa da cui a nessuno sarà consentito di trarsi fuori, e se si trae fuori dovrà dichiararlo traendone le conseguenze, non soltanto enunciandolo qui.
Il dibattito sulla Finpiemonte, colleghi Consiglieri, probabilmente meritava più attenzione e, se mi consente la collega Vetrino, una collocazione diversa.
Le vicende del Consiglio ci portano a discutere di un problema in termini troppo anteriori rispetto ad altri appuntamenti che ci dobbiamo dare che sono il Piano di sviluppo, ma anche la filosofia del Piano di sviluppo. E nel Piano di sviluppo un ruolo centrale lo avranno le istituzioni e gli enti strumentali.
Visto che stiamo per prenderci per i denti, ricordo che scrissi tempo fa al Presidente una lettera in cui rilevavo che una lettura troppo accentuata delle caratteristiche squilibrate del nostro Piemonte come chiave di impostazione del Piano di sviluppo fosse una chiave pericolosa che non trovava il nostro Partito totalmente consenziente.
Nell'illustrare il Piano di sviluppo ai giornalisti il nostro Presidente ha ritenuto di riutilizzare questa chiave.
Non ritengo nel modo più assoluto che la chiave portante del Piano di sviluppo debba essere quella del riequilibrio. Ci sarà certamente anche questo elemento, ma se deve essere introdotto dovrà esserlo insieme agli altri elementi, che sono il ruolo della Regione all'interno dei grandi processi di modernizzazione e di trasformazione del sistema dal punto di vista culturale, politico, sociale ed economico, a lato dei quali ci saranno anche le esigenze per garantire le ricadute sulle aree meno interessate da questo processo.
Immaginare però il Piemonte, come risulta spesso in questo Consiglio come una Regione meno Torino, non mi trova d'accordo. La grande Torino non c'è più, c'è il grande Piemonte.
Immaginare che ci sia una frattura tra Torino e il polo periferico che si trova ad un'ora di auto, a me sembra una lettura che non mi sento di condividere in toto. Siamo convinti che ciò derivi dalle forzature giornalistiche e dall'attenzione che il Presidente ha nei confronti di aree alle quali è più vicino rispetto ad altre.
Il Vicepresidente ci ha narrato la storia di Finpiemonte. Finpiemonte è stata collocata all'interno di un processo politico e di una ipotesi politica da parte delle maggioranze di sinistra. Si tratta ancora di capire se la Finpiemonte ha un ruolo in una società completamente cambiata e all'interno di una maggioranza che ha una sua filosofia del modo d'essere e dei rapporti nella società che è molto diversa. Questo argomento non attiene solo alla Finpiemonte e non riguarda solo gli enti strumentali. Ha ragione il Consigliere Cernetti ad interrogarsi sulla struttura che deve avere Finpiemonte.
Che cosa chiediamo a Finpiemonte? Ci sono già alcune risposte che vorrei mettere in discussione. Siamo in una fase transitoria in cui le enunciazioni troppo forti credo siano inopportune e azzardate. Sul piano nazionale si discute sul ruolo della Regione, quindi è evidente che la Regione deve capire che cos'è e che cosa vuole essere. Soltanto quando avrà capito che cos'è e che cosa vuole essere capirà quali devono essere i suoi rapporti con gli enti strumentali e con gli enti locali. Torniamo al vecchio discorso che ci ha già visti discutere in altra sede.
Gli enti strumentali sono uno strumento della Regione, vediamo però che la Regione non tende a snellirsi, ma a defilarsi che è una cosa un po' diversa. La cura dimagrante normalmente la fa una persona che è in piena salute che ha talmente tante energie e tanta voglia di vivere che tende ad ingrassare, quando invece il perdere peso è il risultato della senilità incipiente preoccupa un poco.
In altri termini, colleghi Consiglieri, sono convinto che questa legislatura non ha grandi appuntamenti sul piano dei contenuti e sul piano dei programmi, perché la rivoluzione dei rapporti tra le forze in campo, la rivoluzione anche della filosofia politica che investe la nostra società fanno si che sarà difficile trovare il vero obiettivo del nostro essere in questa legislatura. Vicende come quella della Fiat - Alfa Romeo sono sufficienti per farci capire come sono lontani i tempi in cui si riteneva che fosse necessario trovare un crogiolo in cui mettere insieme risorse pubbliche e risorse private per fare comunque qualcosa. Adesso ci si rende conto che le risorse esistono sul piano nazionale, sono cadute le limitazioni alla circolazione dei capitali. Probabilmente si tratta di garantire che la nostra sia un'area di allocazione di risorse, quindi di realizzazione di fenomeni di imprenditorialità, quindi di occupazione.
I tempi e gli scenari sono cambiati molto. Il cambiamento dei rapporti tra le forze in campo e la caduta di ruolo dell'istituzione rispetto agli altri soggetti che pure decidono della sorte della collettività è un fatto che possiamo contestare e in qualche modo combattere, ma che non possiamo però ignorare. Ho l'impressione che questa legislatura debba soprattutto riflettere non sul passato politico, ma sul passato storico di questa Regione. Dobbiamo capire meglio che cosa vogliamo essere e che cosa vogliamo fare. La Finpiemonte dovrà trovare un'occasione di ripensamento nel Piano di sviluppo non tanto sui contenuti, ma - lo diceva in modo corretto il Vicepresidente Vetrino - insieme all'ESAP, alla Promark insieme a tante commissioni e insieme al fatto che noi nominiamo migliaia di nostri rappresentanti in tutti gli enti.
Che cosa vuol dire tutto questo? Questa è la conseguenza di un modo culturale, prima ancora che politico, di concepire il ruolo della Regione sul quale probabilmente andrà fatto qualche ripensamento.
Questo ripensamento deve riguardare tutti gli enti strumentali; oggi non ci sono né le condizioni né i tempi per farlo. Dovrà essere quindi riesaminato successivamente.
Non c'è una categoria unica a cui fare riferimento. Ecco, Consigliere Cernetti, la mancanza del contenitore. La collega Vetrino aveva indicato due contenitori che nel passato erano "stelle polari" per cui era abbastanza facile orientarsi. Si cercavano risorse pubbliche e private per avviare processi di riequilibrio territoriale di rilancio produttivo poi si è immaginato che il processo d'innovazione tecnologica e di modernizzazione potesse trovare alcune aree, alcune categorie non sufficientemente attrezzate sul piano finanziario e sul piano delle conoscenze e che quindi avessero bisogno di un supporto e di un veicolo che vedesse fortemente impegnato il settore pubblico per garantire la massima diffusione di questo processo. Erano due contenitori di facile lettura. Di questi due contenitori uno ha esaurito totalmente il suo compito, l'altro è entrato in crisi, comunque è certo che non è più l'unica funzione che noi attribuiamo alla Finpiemonte.
Quante volte nelle nostre leggi scriviamo che si dà carico alla Finpiemonte di occuparsi di alcune cose, si incarica la Finpiemonte di farne altre, si chiede alla Finpiemonte di fare uno studio? Consigliere Cernetti, gli studi si fanno con il personale e con le consulenze. Questo è uno dei nodi sul quale la Giunta deve incominciare a chiarirsi le idee.
Sono d'accordo che ci sia un rigore forte sull'uso delle consulenze da parte della Giunta, che non si debba penalizzare il personale regionale anzi, che queste siano occasioni per rivalutare e coinvolgere il personale regionale, non so però se in Finpiemonte succede lo stesso. Voglio capire se la Finpiemonte ci fornisce i servizi in quanto struttura pensante oppure se è una mera cinghia di trasmissione rispetto alla professionalità esterna. A questo punto evidentemente saremmo di fronte ad un passaggio che lucra una rendita di posizione politica.
Non mi scandalizzo del fatto che rispetto ad un certo progetto Finpiemonte individui una esigenza di ristrutturare il proprio modo d'essere, ma se lo si indica da parte del Presidente è evidente che questo apparato è già insufficiente rispetto alle cose che gli stiamo facendo fare in questo momento. Il termine "Finpiemonte" nelle discussioni in Consiglio compare fuori dei contenitori classici, non riguarda né la modernizzazione né il riequilibrio territoriale. La Finpiemonte viene caricata come la categoria ultima, come il dio dei filosofi, di quelle cose che la Regione non è in grado di fare. Questo è il messaggio "grossolano" uscito da quest'aula da un po' di tempo a questa parte e a questo bisogna porre rimedio.
Finpiemonte troverà la sua collocazione nei termini del progetto politico che la Regione intende darsi quando faremo il dibattito sul Piano di sviluppo e, per quello che riguarda la nostra parte politica, sulla filosofia che è alla base del Piano di sviluppo. Comunque Finpiemonte non potrà non avere un ruolo forte non solo di prestatore di servizi, ma come nostro modo d'essere nella società civile. Dobbiamo registrare di giorno in giorno la incapacità della classe politica di leggere il territorio e le vicende di tutti i giorni. E' incapacità delle forze politiche, ma è incapacità anche dell'istituzione di essere presente sui problemi. Questo è già stato detto per quanto attiene al CSI.
Gli enti strumentali debbono cessare di imputare la loro insufficienza operativa al fatto che non hanno un quadro di riferimento regionale. Io mi sento molto più professionista quando anticipo il problema al cliente e non quando il problema mi viene posto. Mi sento professionista di qualcuno quando gli telefono e gli dico: "Caro amico, stai attento, guarda che sta per succedere questo". Il mio ruolo nella società è quello di ridurre gli inconvenienti che possono venire su vicende che si stanno svolgendo.
Gli enti strumentali, questi occhi più attenti, queste orecchie più sperimentate delle nostre nella società civile e negli aspetti specifici dei rapporti con il mondo imprenditoriale e della infrastrutturazione (Finpiemonte), dell'agricoltura (Esap), del commercio (Promark), devono essere messi nelle condizioni, quindi anche di natura strutturale, per essere elementi di rapporto con la società. Certamente, non possono essere dei consulenti come lo sono normalmente i fiscalisti che aspettano soltanto la visita della finanza per occuparsi dei clienti, ma devono preoccuparsi di mettere il proprio partner o interlocutore politico nelle condizioni di essere attento ai processi che si stanno evolvendo e che loro, più di noi sono in grado di esaminare.
Se non è così, signor Presidente, dovremmo prendere atto che gli enti strumentali pesano sulla cultura del sistema della dirigenza regionale.
Su questo argomento dovremo ragionare. Ho l'impressione di avvertire questo complesso di frustrazione del management regionale, anche per ragioni di natura finanziaria, rispetto al management degli enti strumentali. Il nostro management rispetto a certe realtà si pone in condizioni di passività aspettando che qualcun altro faccia. Questo nodo va chiuso, o qualcuno fa, e allora il nostro management prenderà atto di non essere un management, ma di essere una burocrazia, oppure, se ci aspettiamo che i nostri funzionari siano in grado di avvertire il 'decisore politico dell'avvenire di alcuni fatti nella società civile, è evidente che dobbiamo metterli nelle condizioni, anche culturali, di essere sollecitatori e non soltanto gestori burocratici di quanto avviene.
Mi rendo conto che l'intervento che svolgo a nome del mio Gruppo continua a rimanere su questioni di natura molto generale, ma mi sembra difficile entrare nello specifico se non per prendere posizione su questioni che attengono ad un bilancio sostanzialmente positivo o per discutere e riflettere su alcune questioni contingenti sulle quali un po' troppo in fretta si traggono delle conclusioni.
Sul problema degli interporti, per esempio, se la Regione nel 1980 non avesse avviato Orbassano e quindi Consusa, pensiamo che sarebbe nato Susa e sarebbe nato Orbassano? Sicuramente no. Questa è la conseguenza molto semplice che dobbiamo trarre.
Devo dire con consapevolezza e con convinzione che avendo noi utilizzato le risorse del contribuente, dobbiamo guardare al risultato finale che abbiamo prodotto. Quando la Regione avesse finalmente un centro trattamento merci avanzato e progredito di livello metropolitano, come sarà quello di Orbassano, e se constatasse l'assenza dei privati dovrà prendere atto non di aver sbagliato, ma dovrà rendersi conto che questa metropoli lo è solo per dimensione, per mole e per nome, ma certo non per mentalità. La storia dell'area torinese non finisce domani, ma continuerà molto dopo di noi ed è certo che sarà sicuramente diversa in ragione del fatto che abbia o non abbia un moderno e internazionale centro di trattamento merci.
Sicuramente la storia di Torino e del suo modo d'essere rispetto al terziario sarà fortemente condizionata dall'esistenza del centro di Orbassano. Perché i privati non sono impegnati su Orbassano? Perché i privati a Torino non ci sono. Il progetto di diversificazione su Torino attraverso una iniziativa dal punto di vista politico è un obiettivo che abbiamo fatto bene a perseguire e a portare avanti nella misura in cui continuiamo a credere nel ruolo della Regione.
Sembra strano non riconoscere la nostra necessità di essere presenti nella grande Torino investendo 35 miliardi su Orbassano. Rendiamoci conto che la grande Torino, pur nella realizzazione di alcune linee di forte modernizzazione e di sviluppo tecnologico economico e sovrannazionale trascura ed è assente da alcuni settori che saranno determinanti rispetto alla società del futuro. Se la grande Torino fosse in grado da sola con le sue risorse e con la sua intelligenza di produrre un moderno centro di trattamento merci non avrebbe bisogno della Regione. Torino ha però bisogno di questo, quindi qualche sfasatura che richiede una presenza politicamente efficace e finalizzata della Regione c'è. Chiudo questo argomento.
Rimandiamo ad una più compiuta analisi del modo d'essere e della ragione che hanno ancora la Finpiemonte e gli altri enti strumentali all'interno delle indicazioni che il Piano di sviluppo individuerà soprattutto nella filosofia che il Piano stesso si dovrà dare in ordine ai rapporti che la Regione vuole avere, prima di tutto con se stessa.
Il discorso degli enti di programmazione è bellissimo. Tutti sappiamo .che per programmare bisogna conoscere e per conoscere bisogna sperimentare, quindi molti momenti gestionali, noiosi e pesanti, devono essere mantenuti dalla Regione perché sono il patrimonio di conoscenze dalle quali si può partire per l'aspetto programmatorio. Ho qualche difficoltà ad immaginare che si possano programmare cose che non si conoscono e per conoscere bisogna praticare. La Regione dovrà ragionare sui messaggi molto ambiziosi del passato: "nessuna funzione gestionale, tutta programmazione", e poi si scopre che non si sa cosa programmare perché non si conosce la realtà.
La filosofia del modo d'essere della Regione rispetto allo Stato e agli Enti locali riguarda le deleghe. Anche su questo bisognerà ragionare a fondo: non si dia ai Comuni quello che non sanno fare, bensì, ciò che sanno fare molto bene, al punto di capire se i Comuni e le Province sono in grado di gestire bene le deleghe. In questo quadro si inserisce un rapporto con gli enti strumentali che debbono essere riletti in termini di storia politica rispetto alle ragioni che li hanno fatti sorgere. E' probabile che le ragioni che hanno fatto sorgere gli enti strumentali non sussistano più.
Questo non vuol dire che gli enti strumentali non abbiano più ragione d'essere, devono però trovare un contenitore. La maggioranza e la Giunta hanno il dovere di indicare il nuovo contenitore all'interno del quale collocare gli enti strumentali. Se non fa questo, pagherà dei prezzi politici molto alti e la nostra forza politica subirà un risultato negativo, perché una maggioranza che cambia non può non ragionare sulle ragioni e sugli errori del passato, ma deve anche individuare con una forte capacità di immagine le ragioni del suo presente e le ragioni del suo futuro.
La maggioranza e la Giunta hanno dimostrato la capacità di conoscere gli enti strumentali e la voglia di approfondire, e non è poco collega Vetrino. C'è l'esigenza di un confronto politico serrato con la società e tra le forze politiche del Consiglio (confronto che in questa sede mi pare non sia emerso, forse per le ragioni che mi sono permesso di sottolineare) per individuare - ripeto - il nuovo contenitore.
Collega Vetrino, lei è l'unica rappresentante della Giunta che ha ritenuto il mio intervento e quello dei colleghi meritevoli di ascolto (oltre all'onnipresente Assessore Cerutti che però nel frattempo sta parlando del più e del meno). Dietro i nuovi contenitori di Finpiemonte modernizzazione negli ultimi quattro anni, riequilibrio nel periodo precedente, c'era la filosofia politica dell'intera maggioranza che ha guidato la Regione per dieci anni. Quindi questo contenitore ce lo dobbiamo inventare e dobbiamo anche avere la capacità di immaginarlo, di conoscerlo e di costruirlo e di dargli un nome se possibile altrettanto affascinante come quello che i nostri predecessori avevano saputo dare alla loro posizione politica, che sicuramente era discutibile.
Non ho mai ritenuto che la Regione da sola potesse essere il motore del processo di modernizzazione .del sistema nella nostra Regione. Però su quei temi ho preso atto che c'era un forte impegno politico da parte delle forze politiche che avevano portato avanti questo messaggio, rispetto alle quali la minoranza ha avuto modo di misurarsi uscendo vincente da questo confronto perché la storia ha dimostrato la fondatezza di alcune nostre riserve.
Ho quindi l'impressione che questa maggioranza abbia l'esigenza, a tempi stretti, di individuare, attraverso une formula molto sintetica e molto snella, la prospezione che affida al dibattito non solo del Consiglio Regionale ma della società civile.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.
BONTEMPI Desidero dar atto all'intervento che mi ha preceduto di aver introdotto temi che in termini assoluti sono le premesse necessarie per capire quello che stiamo facendo. Ringrazio esplicitamente il collega Marchini di aver introdotto sia pure a chiazze e con delle contraddizioni alcuni temi che volevo trattare anche se il mio punto di partenza era un altro. E' la partenza dal minimo quotidiano.
La partenza dal minimo quotidiano era richiesta da tre mesi dal Gruppo comunista nonché da tutte le forze politiche come momento di confronto importante. Quella partenza è stato il dibattito avuto qui in cui però la presenza, la tensione, l'interesse e la vivacità del confronto sono stati pari a zero. Siamo rimasti seduti ai banchi mediamente in dieci, undici Consiglieri per affermare non solo che crediamo al dibattito, ma per collegare l'intervento a quel senso del minimo quotidiano senza il quale non si riesce a capire perché intendiamo programmare appuntamenti che poi si svuotano.
Non faccio il conteggio delle presenze, non vorrei neanche rilevare il fatto, che altri hanno già rilevato, che la Giunta è stata rappresentata durante tutto il dibattito solo dall'Assessore Vetrino. Non ho intenzione di essere polemico.
Il problema è però a monte perché anche noi siamo stati inchiodati ai banchi senza provare interesse al dibattito in corso. Da tempo parliamo di svuotamento del Consiglio, di decadimento di questa istituzione, come ha detto bene il collega Marchini, di dimagrimento per senescenza, di defilamento. Ci riferiamo a cose che ritroviamo nel minimo quotidiano anche in un dibattito per un appuntamento sull'ente strumentale più importante calendarizzato da tempo, a cui l'Assessore si è presentato con una relazione.
Credo che se non capiamo le ragioni di fondo del malessere e del disinteresse in questa assemblea non c'è dato di cogliere a che punto di gravità siamo. I dibattiti in Consiglio regionale stanno diventando sempre più finti, sempre meno produttivi di effetti.
Stiamo tentando di capire e cerchiamo di ricostruire le cause storiche.
Ha ragione il collega Marchini. Vi sono cause storiche lontane, con forti componenti di "colpa" nel processo di centralizzazione. A nostro giudizio questa maggioranza e questa Giunta stanno dentro questa logica per il modo in cui sono nate, al di là anche delle velleità o delle volontà di qualche Assessore, qualche Consigliere, qualche Gruppo.
Quanto detto da Marchini è l'anticipazione di una preoccupazione non nuova né da parte sua né di molti altri qui presenti. Dobbiamo però trarre delle conseguenze anche politiche, non si può passare indenni.
Questa maggioranza e questa Giunta non governano pur amministrando.
Faccio un esempio, pur volendo essere il meno polemico possibile. E' chiaro che la questione Alfa-Fiat in altri tempi sarebbe diventata, forse persino con troppa velleità, il tema centrale di almeno due sedute di Consiglio. E' troppo semplice sostenere che "non c'entriamo". Allora non c'entriamo nemmeno con i 5/6 mila miliardi di investimenti in opere pubbliche che per decisioni nazionali sono stati assegnati al Piemonte, su cui magari c'è la presenza puntuale dell'Assessore, ma non del Consiglio, non della Regione non del ruolo di governo.
Stamattina abbiamo sostenuto che nella relazione del Vicepresidente non c'è strategia. Devo dire però che nelle attuali condizioni il Vicepresidente non poteva fare diversamente. Non c'è strategia proprio perché manca a monte. Le cause strutturali, storiche e politiche s'incrociano nettamente e hanno punti di riferimento essenziali. Abbiamo detto delle decisioni a Roma dove le decisioni vengono assunte da personaggi che non hanno a cuore la nostra Regione ma il loro potere e il potere dei loro Partiti. Che cosa significa programmazione in una Regione? Qual è la stampella fondamentale per far funzionare la Finpiemonte? Non c'è strategia, non c'è respiro, non credo per colpa del Vicepresidente Vetrino, che io rispetto perché è arrivata qui puntuale e ha fatto quello che le condizioni le hanno permesso di fare. Ci ha informati.
Non c'è la programmazione, ma non nel senso che non c'è il librò.
Credete davvero che una volta che arrivi il libro si riapra la stagione della programmazione in Piemonte? Il collega Marchini ha già detto sui contenitori, sulla filosofia e sugli indirizzi.
La Giunta non ambisce a governare. Al Presidente Beltrami queste affermazioni possono apparire ingiuste, perché cerca di fare il possibile.
Il problema è che, in un momento di emergenza istituzionale, si dovrebbe capire quali sono i punti di attracco e di attacco, anche se un po' eversivi e violenti, nei confronti di una situazione che sta affondando questo istituto e il suo ruolo. Quando parliamo di una Giunta che non governa, non diamo un giudizio di parte, ma diamo un giudizio realistico purtroppo appoggiato da quello che sentiamo affermare girando per il Piemonte e confrontandoci con molte forze, anche istituzionali che, anzi temono che il non governo regionale stia provocando effetti perversi anche sul governo comunale.
BELTRAMI, Presidente della Giunta regionale Questa responsabilità non l'avevo proprio ipotizzata! BONTEMPI Vedi, Beltrami, ci sono dei giorni in cui attacco la Giunta magari chiedendone le dimissioni, adesso però sto facendo un ragionamento che dovrebbe essere accolto ben diversamente. E' tutto da indagare quello che i Comuni possono filtrare dal non stimolo, dalla non progettualità regionale.
Potrete andare avanti finché avrete la ragione dei numeri, ma i numeri non dureranno tanto! A noi interessa che non durino i numeri, che caschi una formula che giudichiamo inadeguata e sbagliata, ma anche che ci sia qualche processo positivo per tentare di risolvere i problemi della popolazione e delle istituzioni.
Arriverà il libro sul Piano di sviluppo. Il Presidente nell'intervista ha parlato di rilancio e di riequilibrio, mentre nell'incontro con le organizzazioni sindacali il Vicepresidente, Assessore alla programmazione non parlava di riequilibrio, ma di problemi diversi.
Si aprono degli interrogativi ovvi; chi ha ragione, quali ispirazioni di fondo ci sono, l'uso di qualche vecchia filosofia è il modo per dire che c'è qualche filosofia? La programmazione è sempre meno libro, è sempre più governo.
Nell'84 noi facemmo un Piano di sviluppo che continuo a ritenere di grande qualità. Non fu però un atto di governo. Non lo fu perché eravamo alla fine dell'esperienza legislativa e c'era una componente dell'opposizione che voleva dimostrare che noi non dovevamo governare (forse aveva torto perché poteva approfittare del confronto), ma c'era anche il fatto che si sapeva che quello non avrebbe prodotto, dopo quello che era avvenuto, un reale governo.
La nostra forza politica ha fatto il Piano di sviluppo, vi ha contribuito in maniera determinante assieme con i compagni socialisti e socialdemocratici. E' un libro che ha molta filosofia, ha molti indirizzi nell'ipotesi della modernizzazione, ma per il non concorrere di certe condizioni non è stato un atto di governo.
La programmazione è governo, la programmazione ha bisogno di idee, di comportamenti e di intenzioni soggettive. Io temo che il libro del Piano di sviluppo, quando uscirà, si presenterà già come un'operazione finta. Non c'è nessuno in questa sala, salvo che per dovere di bandiera, in grado di stabilire un nesso tra il libro del Piano di sviluppo, governo e programmazione reale da parte della Regione. Questa non è forse un'emergenza istituzionale? Mi permetto di dare un suggerimento. Piuttosto di tanti progetti, che pure necessitano, occorre in questo momento riappendere qualsiasi ipotesi di programma a tre questioni: valori, obiettivi, strumenti. E aggiungo comportamenti concreti. Fino adesso abbiamo assistito all'antitesi della programmazione in tutti i sensi. Procedono gli Assessori, procedono gli Assessorati, chi meglio, chi peggio, ma con una resa media insoddisfacente.
Manca un comando. Sentiamo riversati sulla Regione scherno, irrisione magari come "pendant" alla piaggeria dei clienti tradizionali dei contributi, comunque è un mix esplosivo. La Regione, ripeto, si cancella.
Siccome non siamo ingegneri istituzionalisti, ma crediamo al valore della democrazia, riteniamo che su questa emergenza si debbano fare ben altri sforzi.
La Finpiemonte ritornerà ad essere un argomento di interesse se viene ad essere parte di un progetto diverso. Sosteniamo da tempo la necessità di innovare, però sull'idea reale di programmazione come azione di governo.
Possiamo sbandierare la programmazione dei libri, la programmazione degli strumenti, ma manca il quid del governo, manca l'autorevolezza, a volte l'autorità.
Se sulle questioni dei grandi gruppi industriali non possiamo più entrare, se in materia di nostra competenza ci autoescludiamo, se il governo nazionale va lasciato stare perché è lo stesso di questo pentapartito, se sugli investimenti pubblici stentiamo di avere un'azione reale di governo, salvo le presenze di cui un giorno riferirà l'Assessore Cerutti, persona attenta e capace, ma che non fa e non contribuisce a fare governo sugli enti strumentali, allora dico tristemente che dopo 15 mesi di vostro governo ci vuole una riflessione politica.
A noi occorreva più tempo. Il logoramento violentemente, accelerato del pentapartito in tutta Italia, in Piemonte e a Torino in particolare, ci pone dei problemi. Avremmo avuto bisogno di più tempo. Non si passa tanto facilmente da una sconfitta elettorale, dai problemi nostri di riconversione sui contenuti, dal governo all'opposizione. I fatti ci stanno però dicendo che se non interveniamo politicamente, se non si riconosce l'inderogabilità di una presenza e di un contributo nostro reale, il problema che ho posto marcirà ancora di più.
Noi siamo una forza che ha alcune idee, che ha molte intenzioni soggettive, che sta individuando in questo baluardo della difesa della vita democratica uno dei punti di discrimine in senso negativo nella nostra società. Ometto i ragionamenti su come potrei deregolarla questa vita pubblica. Noi ci siamo e svilupperemo una vera programmazione e, per le cose che qui sono state dette, intendiamo rivolgerla a tutti.
Abbiamo ipotesi politiche che privilegiamo, ma non siamo né ingenui n ciechi da nasconderci che qui si sta rasentando un punto limite (e nei corridoi lo dite tutti o quasi tutti). Lo sforzo va fatto con ben più coraggio partendo da un lato da una semplificazione di identità, dall'altro da una ripresa alta di valori, altrimenti tutto continuerà peggio di così e all'infinito producendo una sempre maggior emarginazione della Regione.
Mi chiederete che cosa c'entra la Finpiemonte con questo. C'entra maledettamente. Nacque nel 1976 nell'epoca vera del tentativo di programmazione, ingenuo, velleitario, ma per certi versi alto.
Ce lo ricorda sempre il solito "Pierino" (chiamo Marchini così perché è un po' Pierino) che allora alle consultazioni venivano gli imprenditori (Agnelli è venuto due volte) e i sindacati. Non voglio riprodurre situazioni nostalgiche. Le vorrei riprodurre a condizioni nuove, magari con innovazioni di autorità e di autorevolezza. Diversamente, dopo l'impegno della collega Vetrino, dopo che abbiamo espresso la nostra opinione, dopo che avremo votato la delibera sugli indirizzi, in realtà chi deciderà che cosa fare della Finpiemonte? Saranno altri e noi non siamo d'accordo.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.
TAPPARO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sul dibattito della Finpiemonte, forse anche recuperando una parte del dibattito sulla legge n.
404, per molti qui presenti molto misteriosa, constatiamo come si operi spesso a compartimento stagno. Non è solo una questione di presenza in aula, ma è una filosofia che, per dirla con un eufemismo, potremmo chiamare carenza di una visione sistemica, cioè non saper cogliere a fondo che alcune funzioni di carattere trasversale nella nostra operatività non possono essere solo delegate allo specialista della singola Commissione o all'amante del singolo problema.
Questa mattina si è discussa una legge che apparentemente può toccare i colleghi Genovese, Amerio, me ed altri, ma in effetti rappresenta uno strumento per disinnescare un'area di crisi del mercato del lavoro e permettere un più rapido processo di trasformazione dell'apparato industriale piemontese, quindi con tutte le interconnessioni possibili. I disoccupati che sono stati ricevuti questa mattina al piano superiore hanno fatto un intervento critico, ebbene, la mano nel bugliolo non la devono mettere solo due o tre, ma la devono mettere tutti. Le tensioni di due o tre anni fa concentravano l'attenzione prevalentemente su quei problemi stornandola da una operatività generale. Quindi l'intervento per quei disoccupati era una funzione trasversale che non riguardava soltanto alcune persone presenti in Consiglio, ma tutti i Consiglieri.
Lo stesso discorso vale per Finpiemonte. Non si può trattare un problema quasi di ingegneria finanziaria solo da parte di alcune persone.
Si tratta di capire se questo è uno strumento di politica attiva nei vari settori che la Regione si vuole dare per un funzionamento maggiore e con qualità particolari e diverse. Anche se nei corridoi diciamo che la Finpiemonte ha investito gran parte dei soldi in B.O.T. non credo che la sottoutilizzazione delle risorse finanziarie disponibili sia la chiave di volta dell'interpretazione della difficoltà e del disagio con i quali viviamo il rapporto con questo strumento.
Tutte le finanziarie regionali tranne quelle delle Regioni a Statuto speciale, ad esempio Friuli e Sicilia, sono intervenute per le aziende in crisi,, ma dalla crisi quelle aziende non riescono ad uscire, tutte le finanziarie sono in una situazione di sottoutilizzazione delle risorse disponibili per una serie di ragioni complesse. E' un concetto di fondo che vorrei introdurre. C'è un'insufficiente considerazione che gli enti strumentali possono e devono essere dei bracci operativi della nostra politica industriale e del lavoro. Se non c'è questa compenetrazione le finanziarie non servono, sono criticabili. Dobbiamo capire di chi sono le responsabilità di questa carenza.
Non credo, Assessore Vetrino, che sia stata una intempestività della programmazione regionale ad aver menomato l'operatività della Finpiemonte perché nella funzione di governo ci possono essere anche singoli e specifici obiettivi, che stando all'interno di un quadro di riferimento e di coerenza possono trovare una operatività. Non bisogna aspettare l'ora "X" del Piano regionale di sviluppo. Ci sono alcune funzioni, alcuni obiettivi sui quali si può già intervenire. Testimone di una crisi culturale (letta da un certo versante) è la preoccupazione microaziendalistica di misurare il ritorno dell'investimento in termini rapidi, anche se ovviamente non sono per arrivare alla logica degli investimenti da lavori pubblici; questa visione microaziendalistica mal si accompagna con le politiche che devono accompagnare questo strumento operativo.
Non credo sia un problema di Partito o di Gruppo. Stiamo vivendo la crisi del restringimento degli spazi di operatività a livello substatale che sono sempre più necessari nelle politiche del lavoro per poter intervenire in modo adeguato rispetto a processi di trasformazione e di sviluppo che le nostre realtà regionali hanno. E' un problema di rapporto fra centro e periferia, se vogliamo dirlo in parole chiare, tra centralismo statalistico e un decentramento in cui il pubblico può operare, per raccordato più da vicino a quelli che sono i problemi.
In queste ore si sa della bocciatura della nostra legge sui movimenti migratori. C'è un disagio nel rapporto tra centro e periferia che castra l'operatività di alcuni nostri strumenti che non vorremmo utilizzare in modo dissennato, ma vorremmo utilizzare in modo più efficace. E' dunque un nodo politico e nel rapporto tra pubblico e privato c'è uno di questi primi nodi politici. Non possiamo fare finta di non vederlo. In quante occasioni ci siamo trovati a discutere (anche sulla legge sull'innovazione) domandandoci chi deve fare i servizi reali? Quale operatività ha la Regione nella politica industriale? Ci sono dei privati all'interno della Finpiemonte che sono in posizioni non certamente collimanti con questo tipo di maggioranza. Lo dobbiamo dire tranquillamente, c'è tutta una vecchia polemica: "sui servizi reali non ci deve mettere mano la Regione Piemonte la funzione di politica industriale sta bene al centro".
Il Consigliere Ferrara diceva che sui giacimenti culturali starebbe bene una gestione regionale e io vorrei che Ferrara dicesse questo anche per le politiche industriali. Invece troviamo una centralizzazione pesante perché ci sono livelli di mediazione probabilmente più interessanti rispetto a quelli che si ritrovano nella dialettica a livello regionale.
Questo è un nodo da chiarire.
Se all'interno della Finpiemonte abbiamo dei partner che hanno posizioni antitetiche rispetto al fatto che noi vorremmo quell'ente come braccio operativo reale, dobbiamo chiarire questi nodi politici, altrimenti accuseranno il consiglio di Amministrazione della Finpiemonte quando a quel punto diventa impotente perché i giochi sono determinati ad altri livelli.
L'altro nodo e il rapporto tra Regione e Finpiemonte, ovviamente visto nel quadro più generale del rapporto con gli enti strumentali. E' così che va letto questo aspetto, non isolato. Capisco perfettamente che dobbiamo parlare sempre dell'ambito di una nostra strategia con il Piano regionale di sviluppo, però possiamo fare uno sforzo di governo, che convive con tutti i vincoli e con tutti i limiti di ogni giorno, per individuare degli obiettivi specifici per i quali con la Finpiemonte si potrebbe operare così in parte si è fatto, non si aspettava sempre l'ora "X". La legge sull'innovazione tecnologica è un innesco, la proposta di coinvolgere la Finpiemonte sul CAD-CAM è un altro elemento che nel processo di innovazione rappresenta un inserimento della Finpiemonte.
A questo punto bisogna stabilire progetti e coordinamenti. La collega Vetrino ha detto che la Finpiemonte ha un grande ruolo per intervenire nei processi complessi e di frontiera, ma anche nuove opportunità che non sempre hanno una valenza di grande dimensione. Possono essere anche micro e diffuse, ma avere una grande importanza. Il CAD-CAM è un piccolo elemento.
Potrebbe essere tradotto come sostegno alle piccole industrie. E' un elemento che fa crescere la competitività generale del sistema nella piccola industria, ma sono elencati altri campi. Il collega della Lista Verde Civica lamentava l'esiguità dell'impegno sull'energia e sull'ambiente. Bisognerebbe conoscere meglio queste cose che rappresentano un fatto importante nelle energie rinnovabili, nell'intervento dei trasporti, nei rifiuti. Alcune funzioni dell'impresa, o perché è piccola o perché ha dei costi elevati, possiamo andarle a costruire noi.
Un'indicazione alla Finpiemonte possiamo darla: meno operatività oppure un mix di operatività in aree in riuso con dei servizi reali, ma qui entriamo probabilmente in conflitto con certi indirizzi politici.
Qual è la funzione della Finpiemonte? Credo sia una funzione di innesco, di avviamento di processi, di coordinamento dall'interno della Finpiemonte sull'agibilità di alcune proposte, minimizzando la gestione e il sostegno per non cadere nei limiti della finanziaria della Regione Sicilia. Evidentemente, come diceva il Gruppo comunista l'agenzia di spesa è un elemento interessante (non voglio riconvertire la Finpiemonte) perch si introducono elementi di rapidità di intervento su obiettivi specifici interessanti.
Si è fatta un po' di polemica - non voglio intervenire come difensore d'ufficio della collega Cernetti perché credo sia in grado di difendersi da sola - sulla struttura, sulla funzionalità e sui costi. Direi di "guardarci dentro" con il massimo rispetto delle capacità dell'organismo di direzione e del management. Avevo già fatto una difesa non d'ufficio del management del CSI da attacchi che ritenevo non fossero completamente opportuni.
Credo non sia scandaloso dire che ci sia uno squilibrio nel rapporto tra diretti e indiretti all'interno della Finpiemonte che fanno lievitare i costi orari a cifre a volte iperboliche. Bisognerà trovare un bilanciamento. Dobbiamo avere uno strumento finanziario che sia almeno a livello degli altri strumenti che operano sul mercato. Non deve essere più costoso, possibilmente dovrebbe essere meno caro. L'ora di funzionalità, di progettazione, di intervento della Finpiemonte deve essere uguale o inferiore a quella che si ritrova sul mercato, non superiore. E' un aspetto che la mia collega introduceva non tanto per sparare ad un bersaglio nel mucchio, ma semplicemente per dire che ci sono alcune funzioni individuando dei soggetti che andranno in consiglio di Amministrazione, che faranno la loro parte.
Si è intervenuto in consiglio di Amministrazione razionalizzando, per esempio, le vicepresidenze. Può essere uno strumento valido se darà funzionalità. Si parla di un sistema di trattamento automatico dei dati probabilmente sovradimensionato rispetto a quello in uso, però bisognerà fare in modo che si saturi il più possibile questo strumento. Non è una critica distruttiva. Bisognerebbe minimizzare i costi perché dobbiamo dare la dimostrazione che questo strumento è valido perché sa dare risposte valide a costi accettabili.
Qual è la conclusione di questo discorso? E' la ricapitalizzazione. Le risorse possono arrivare se abbiamo obiettivi più predeterminati, cioè se non si lascia alla deriva questo vascello. Credo che siano troppo larghe le maglie del Piano regionale di sviluppo e credo che sia anche da chiarire il rapporto tra pubblico e privato all'interno di quell'ente per rendere più strette queste maglie.
Secondo aspetto. E' possibile una maggiore utilizzazione delle risorse disponibili? E' un problema che hanno tutte le finanziarie regionali.
Vediamo se possiamo sia con interventi tecnici che con interventi funzionali cambiare questo aspetto.
Terzo aspetto. Occorre trovare un maggior equilibrio nella gestione operativa di questo organismo. Non lo diciamo accusando il management o il centro di governo, vogliamo dire che è una funzione da massimizzare. Credo non sia da considerare negativo quanto ha detto la collega Cernetti e quanto ribadisco io sulla ricerca di questa massimizzazione. Se c'è una visione sistemica capace di far considerare la Finpiemonte come un elemento che vale per tutti i Consiglieri perché non ha un'operatività specifica e se c'è la capacità di risolvere alcuni nodi al nostro interno nel rapporto sul discorso del pubblico e del privato, credo che la Finpiemonte possa essere uno strumento reale che disincaglia alcune operatività che altrimenti rischiano di restare solo sulla carta.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vetrino.
VETRINO, Assessore alla programmazione economica La complessità del dibattito obbligherebbe la Giunta ad una serie di repliche, ma cercherò di concentrarle al massimo andando al cuore dei problemi emersi nel corso del dibattito.
Devo ringraziare molto i numerosi Consiglieri che sono voluti intervenire con competenza e con responsabilità. Ringrazio anche il Consigliere Pezzana dicendogli che non considero assolutamente riduttivo il suo intervento per quanto egli l'abbia ricondotto ad un solo aspetto, che risponde peraltro alla sua presenza in quest'aula soprattutto come un difensore dell'ambiente. Non è presente in questo momento, gli mander tuttavia alcune precisazioni perché purtroppo egli ha dei dati non esatti e mi farò premura di fargli avere per iscritto le informazioni che egli chiedeva.
Con gli interventi dei Consiglieri Tapparo, Marchini, Mignone e Bontempi si è approfittato giustamente del dibattito sulla Finpiemonte, che ha un ambito molto specifico, per toccare al cuore un problema fondamentale che è quello della programmazione. Stiamo parlando di un ente essenzialmente di programmazione. Tutto questo ha riportato il dibattito sulla assenza in questo momento di un Piano di sviluppo e di linee di assetto e di sviluppo territoriale che dovrebbero essere presenti nel momento in cui si tenta di delineare la strategia di un ente che vive di programmazione e che nella programmazione si cimenta portando avanti la sua attività.
Si è anche fatto riferimento ad un articolo de "La Stampa" che avrebbe riportato nella sua dichiarazione una filosofia di impostazione di piano che potrebbe apparire addirittura in contrasto con alcune brevissime osservazioni che ho fatto relativamente al Piano di sviluppo. Finora mi sono rifiutata di anticipare alla stampa le linee di Piano; lo farò quando sarà consegnato al Presidente del Consiglio regionale perché lo distribuisca ai Gruppi.
La, stampa a volte ha il torto di non poter interpretare correttamente il pensiero di chi parla e di chi esprime delle linee e delle posizioni.
Credo che le linee che verranno da questo Piano non siano in contrasto con quelle che annunciavano i Consiglieri Marchini e Mignone.
La nuova situazione pone in evidenza lo sviluppo economico che si estende ormai a tutto il territorio regionale esprimendo nella sua organizzazione delle virtualità e delle potenzialità di grande equilibrio.
Questa non è un'invenzione, è la constatazione di una nuova situazione che è venuta a determinarsi nella nostra Regione.
Ho qui i dati dell'Ires. Alcune indicazioni portano a considerare che la situazione è veramente mutata. E' sufficiente osservare la distribuzione del reddito pro capite in Piemonte per ridisegnare la storia degli ultimi quarant'anni e per vedere quanto necessariamente sono cambiate le condizioni. I redditi per provincia sono distribuiti, mentre sino a dieci anni fa Torino esprimeva punte più alte in un contesto isolato che aveva fatto parlare di disequilibrio regionale. Allora nasceva la politica, che fu di un'altra maggioranza e che alcune delle forze oggi all'interno del pentapartito hanno contrastato, dell'equilibrio territoriale.
In questi anni invece si è avuto uno sviluppo equipotenziale - ecco la nuova parola, Consigliere Marchini - in contrapposizione al riequilibrio territoriale dove Torino detiene quella che definirei, al di là della sua centralità geografica, una predominanza vocazionale, ma dove occorrerà riconoscere ad altre aree quelle virtualità e quelle potenzialità intrinseche che andranno semmai sviluppate.
Parlavo prima di numeri indici del reddito pro capite. Quello che è successo negli ultimi dieci anni fa riflettere nel momento in cui si vanno a delineare le linee nel Piano di sviluppo. Occorre considerare che cosa è accaduto sul territorio.
Il rapporto tra Torino, che vedeva un indice di 123, e le altre Province (69, 70, 78) degli anni '60-'70 adesso è il seguente: Torino 100 e le altre Province 94, 95, 96, 105 e 107.
Partendo da queste considerazioni si colloca la equipotenzialità del nostro territorio di fronte al processo di trasformazione dei modelli localizzativi indotti dallo sviluppo economico e specialmente dall'evoluzione tecnologica.
L'errore nel quale è incorso l'articolista è che in fondo si riprende l'idea dell'equilibrio regionale attraverso la diffusione, che in Piemonte costituisce ormai una matrice storica, di ogni possibile comportamento pubblico. Occorre però correggerne le interpretazioni poiché è cambiata la situazione.
Torino è stata locomotiva di sviluppo. Ciò non significa affatto che l'accumulazione delle risorse prodotte a Torino debba essere dispersa, come si pensava, per tutto il territorio regionale. Al contrario, una forte concentrazione di risorse su Torino appare ancora oggi la condizione fondamentale per il rinsaldamento del processo di crescita in atto nonch per la moltiplicazione e la diffusione degli effetti positivi che esso pu indurre sull'intero sistema regionale.
Questa è la filosofia su cui, per quanto riguarda le linee di assetto territoriale, si muoverà il nuovo Piano di sviluppo. Su questo avremo uno spazio incredibile per confrontarci, spero, negli anni e nei mesi a venire e mi auguro che l'occasione del Piano di sviluppo permetta a quest'aula il recupero di quella dignità che invocavano i colleghi Bontempi e Marchini.
Quando ci si confronta su grandi scelte e opzioni ci si può scontrare, ma anche trovare occasioni di equilibrio.
Non abbiamo parlato della FIAT. Per due volte la Giunta ha dato la disponibilità a volerne discutere. A volte è difficile programmare e, in questo caso, seguire tempestivamente un processo che ha visto una soluzione molto rapida che non ha potuto tener conto dei tempi di questo Consiglio.
La questione della Finpiemonte ha consentito la possibilità di qualificare questo dibattito che considero propedeutico e importante ai fini della discussione sul Piano di sviluppo.
Il problema vero - sosteneva il collega Tapparo - è quello della ricapitalizzazione. Qualcuno diceva che si può parlare di rilancio, quindi di ricapitalizzazione, ove poter individuare delle strategie di intervento relative al rilancio stesso.
E' stato detto che manca strategia nel documento predisposto dalla Giunta. Non rinnego che tale strategia non ci sia in assoluto, ma sono state indicate linee attraverso le quali una strategia nuova può anche nascere. Non si può pretendere - e in questo mi differenzio dal Consigliere Tapparo - che sia la Finpiemonte ad avere una strategia in quanto tale, ma essendo essa braccio armato della Regione nonché ente di programmazione come recita l'articolo 1 dello Statuto, non v'è dubbio che discenda la propria attività in toto da quelle che sono le linee strategiche di un Piano di sviluppo.
In questo senso credo che l'assenza di progetti approvati dal Consiglio negli ultimi 4-5 anni abbia rappresentato un limite all'attività della Finpiemonte. Abbiamo quindi il dovere di segnare nel Piano di sviluppo le linee, riviste alla luce di quei contenitori nuovi che riguardano i nostri enti strumentali, ma non v'è dubbio che queste linee devono essere contenute nel Piano di sviluppo, se la Finpiemonte è strumento della programmazione e se concorre con la Regione a gestire la programmazione La collega Cernetti ha criticamente evidenziato alcuni aspetti. Occorre dire che le finanziarie regionali, diversamente dalle società finanziarie ordinarie, non hanno fini di lucro anche se, avendo la fisionomia di S.p.A., devono muoversi in un contesto di economicità. Il ruolo di una società finanziaria è sempre di promozione e viene alimentato dagli azionisti attraverso i contributi annuali oppure attraverso le cosiddette ricapitalizzazioni quando queste si rendono necessarie.
La scelta degli azionisti della Finpiemonte, all'atto della costituzione, fu di affidare alla società compiti di promozione e di sviluppo. Ha ragione il collega Calligaro quando sostiene che a volte questa integrazione diventa difficile da perseguire. Ritengo però che questi obiettivi siano ancora attuali e che si debbano riconfermare in un momento come questo perché il capitale deve essere utilizzato come fattore di attrazione di risorse esterne, ma anche come fonte per contribuire alla copertura dei costi e delle perdite.
Non so fare una valutazione oggettiva sulla questione dei BOT, certo che in questi anni in Italia non sono stati acquistati solo dalle massaie.
Visto che portavano.una serie di facilitazioni di ordine fiscale probabilmente anche a qualcun altro interessavano.
Non possiamo dimenticare comunque il motivo per cui è nata la Finpiemonte e la sua funzione fondamentale di essere momento di promozione.
La ricapitalizzazione dipenderà dalle strategie che discenderanno dal Piano di sviluppo. Credo che, proprio alla luce delle esigenze nuove, quelle che il Piano stesso raccoglierà, si offrano alla Finpiemonte delle opportunità di investimenti che possono proporsi come nuovi grandi temi, peraltro con elementi assolutamente comuni a quelli che dieci anni fa costituirono la base per la creazione della Finpiemonte.
Faccio alcuni esempi. Quali potrebbero essere i temi verso cui la strategia della Finpiemonte, che dipende dalla strategia di sviluppo della Regione, può indirizzarsi a breve o a medio termine in misura prevalente? Penso all'energia, all'ecologia, al supporto finanziario e all'innovazione dell'apparato produttivo dei servizi, al rinnovamento urbano, al turismo alle grandi infrastrutture del sistema produttivo. Queste sono le strategie che devono però essere comprese in linee e indirizzi chiari.
In questo senso la deliberazione richiesta dal Partito comunista e dal collega Mignone in particolare trova la piena disponibilità della Giunta perché è giusto che essa si perfezioni, perché è giusto che questo dibattito abbia un coronamento attraverso punti fermi su cui orientarsi.
Devo dire che sulla base di questo dibattito credo di avere elementi sufficienti per poter partecipare con cognizione di causa, soprattutto sentendomi la responsabilità di rappresentare la Regione Piemonte in toto all'assemblea che si svolgerà nei prossimi giorni.
Non riprendo il discorso delle partecipate perché vi è stata aderenza alla proposta della Giunta di una riconsiderazione e di una valutazione sempre in quel rapporto costi-benefici.
Si è parlato anche di potenziamento della struttura, che non significa aumento di personale, ma potenziamento nel senso di poter correre con i tempi nuovi e poter cogliere quelle opportunità nuove che molti Consiglieri hanno elencato.
Sulla modifica allo Statuto esiste una posizione diversa del Partito comunista. La modifica che proponiamo ha in questo momento il consenso del Comitato esecutivo e si suppone possa avere il consenso del Consiglio di amministrazione.
Sono personalmente d'accordo sulla prima indicazione che dà il Partito comunista e cioè che il limite del 5% possa essere aumentato in deroga ogni qualvolta si verifichino dei progetti che abbiano notevole interesse. La mia personale convinzione non ha importanza, intanto perché devono essere d'accordo tutti gli azionisti, secondariamente perché è molto importante l'innovazione che viene introdotta, quindi ritengo che un discorso di questo genere debba semmai essere rivisto alla luce di un discorso generale di revisione dello Statuto della Finpiemonte.
Quella che noi proponiamo è una deliberazione che tende soprattutto a riequilibrare una situazione non regolare e che ha richiesto l'intervento del Collegio sindacale per ricondurre la Finpiemonte ai limiti che sono indicati nello Statuto. Di questo parleremo ancora successivamente. E' una decisione che non può essere assunta perché noi siamo un azionista di maggioranza relativa, ma siamo pur sempre un azionista condizionato dagli intendimenti e dalle volontà degli altri azionisti. Quindi sull'art. 5 credo si possa ritornare, ma dobbiamo tenere conto della limitazione che abbiamo nella nostra determinazione odierna.
Si è anche parlato di illazioni che sarebbero state fatte relativamente alla società e alla sua attività. Chi scrive una lettera anonima dovrebbe conoscere perfettamente che cos'è una società e che cosa fa. Per esempio non è affatto vero che la Finpiemonte esercita attività di finanziamento diretto all'impresa.
Il sostegno al sistema della piccola e media impresa - i Consiglieri regionali lo sanno - è realizzato mediante l'Artigianfidi e la Fidipiemonte, che svolgono attività di prestazione di garanzia in collaborazione con i principali istituti di credito e le organizzazioni economiche di categoria.
La Finpiemonte ha svolto e svolge attività di finanziamento e prefinanziamento nell'interesse delle società partecipate; questo non ha niente a che fare con il finanziamento diretto alle imprese, quindi la osservazione che veniva è falsa. Nessun dipendente della società riceve degli stipendi netti o pari a cento milioni; questo non significa che per alcuni di essi il costo annuo possa raggiungere questa cifra. Ma questo discorso è ininfluente nel dibattito di oggi, anche se una precisazione ci voleva.
Il dibattito di oggi ha realizzato un momento di confronto che fa apparire quanto il parlamento abbia bisogno di momenti di protagonismo nei confronti con la Giunta. Mi dispiace che la Giunta sia stata assente e per qualche momento l'Assessore alle partecipazioni sia rimasto solo, ma questo non significa che la Giunta non attribuisca ai rapporti Giunta - Consiglio il valore che è necessario, che è propedeutico alla conduzione di un'assemblea come la nostra.
In questo senso, al di là delle polemiche e delle contrapposizioni, a volte anche di qualche alterco vivace, il momento che abbiamo vissuto è stato fondamentale, importante, impegnativo e obbliga non solo la Giunta ma anche il Consiglio a tenere determinati comportamenti.



PRESIDENTE

La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 14,30 riprende alle ore 15,30)



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CERCHIO


Argomento: Nomine

Nomine


PRESIDENTE

La seduta riprende.
Signori Consiglieri, proclamo i candidati eletti nella seduta consiliare del 13 novembre 1986.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento: Questioni internazionali - Rapporti Regione - Parlamento

Voto del Consiglio regionale del Piemonte al Senato della Repubblica (ex art. 138 del Regolamento del Senato) sul riconoscimento della resistenza afgana


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto 5) all'o.d.g.: "Voto del Consiglio regionale del Piemonte al Senato della Repubblica ex art. 138 del Regolamento del Senato sul riconoscimento della resistenza afgana".
La parola al Consigliere Cerchio.
CERCHIO Signor Presidente e colleghi, migliaia di soldati sovietici e governativi hanno sferrato una serie di violenti attacchi contro le forze della resistenza afgana e le sue postazioni nelle regioni settentrionali orientali e meridionali. Numerosi i civili uccisi nei bombardamenti e nelle incursioni.
Questa drammatica notizia apparsa ieri su alcuni organi di informazione è stata letta da coloro che sono attenti alle vicende internazionali e alla violazione in ogni latitudine del mondo dei diritti civili. Questa notizia rischia di essere ormai una ripetizione costante e si riferisce, in sostanza, ad una costante che ormai si ripete da nei confronti di quella che è stata definita una "guerra dimenticata", certamente è uno dei conflitti più sanguinosi sulla scena internazionale. Affinché questa guerra dimenticata non continui ad essere tale causando un vero genocidio in un Paese con circa 5 milioni di profughi su una popolazione iniziale di 17 milioni di abitanti, con circa mezzo milione di morti, dove il rispetto dei diritti umani è continuamente violato, unitamente ad altri colleghi del Consiglio regionale del Piemonte e facendo seguito ad un incontro avvenuto nel giugno scorso tra una delegazione della resistenza afgana, il comitato torinese di solidarietà al popolo afgano e la Presidenza del Consiglio regionale, propongo questo ordine del giorno per far si che quella guerra dimenticata tale non rimanga. E' un voto che viene richiesto alla assemblea legislativa del Consiglio regionale del Piemonte da rivolgere al Senato della Repubblica in base ad uno specifico articolo del Regolamento del Senato stesso che impone alla Commissione competente e al Parlamento di affrontare e deliberare su quanto le Regioni possono proporre al Parlamento italiano.
Chiediamo questo perché la resistenza afgana, quale unica e legittima espressione del popolo di quell'area, possa essere titolata a partecipare ai negoziati. Su questi concetti, sia pure sinteticamente indicati, si sono realizzate nella realtà nazionale e nella realtà internazionale non poche prese di posizione ed affermazioni.
Mi limito a richiamare il convegno, i cui lavori erano presieduti dal Senatore Norberto Bobbio, realizzato nel novembre del 1985 nella sede istituzionale del Consiglio regionale del Piemonte, in cui si discusse e si approvò un documento redatto da giuristi internazionali per il riconoscimento giuridico della resistenza. Richiamo documenti sulla soluzione politica e sul riconoscimento internazionale della resistenza realizzatosi a Parigi nel maggio del 1986 e la risoluzione del Parlamento europeo del 12 giugno 1986, il voto espresso il 5 novembre 1986 dalla Organizzazione delle Nazioni Unite e il rapporto consegnato l'11 novembre 1986 dall'incaricato per l'Afghanistan della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani che sarà oggetto di una attivazione da parte delle stesse Nazioni Unite e di un approfondimento nelle prossime settimane.
E' noto il problema, anche se non eccessivamente reso pubblico dalla stampa, della situazione in Afghanistan, Paese che cominciò ad essere coinvolto nel gioco delle grandi potenze sin dagli inizi del 1800. E' un Paese che vede un governo fantoccio e nel dicembre di quest'anno registra il settimo anniversario della invasione come conseguenza e testimonianza di menzogne che a partire da Mosca sono combinate con la proposta delle ultime settimane del ritiro di un contingente indicativamente assommante a circa 7.000 uomini fatta da Gorbaciov. Si vuole condannare il tentativo di Mosca di normalizzare l'Afghanistan e di presentare agli occhi della opinione pubblica, che non è sufficientemente sollecitata dagli organi di informazione, la situazione sempre più drammatica di una continua violazione dei diritti civili ed umani.
Si vorrebbe condannare nella sede del Consiglio regionale del Piemonte una delle testimonianze più ingloriose dell'imperialismo, una delle pagine più infelici dell'invasione sovietica nei confronti di aree che spesso non fanno notizia anche perché la stampa non sente affatto alcun disagio di fronte a queste situazioni.
L'ordine del giorno vuole sollecitare il Parlamento italiano ad affrontare un problema non più dilazionabile. E' una raccomandazione all'assemblea affinché si impegni a sostenere tutte quelle iniziative che il comitato torinese di solidarietà al popolo afgano da anni sostiene.
Questo Consiglio regionale che proprio questa sera attiva nella sede istituzionale un convegno internazionale legato al discorso dell'ultima guerra mondiale e al fenomeno della deportazione, questo Consiglio regionale che già altre volte ha condannato certe spietate regole di imperialismo, non potrà non essere sensibile a stimolare il Parlamento italiano ad affrontare con serietà il problema perché venga riconosciuta la resistenza afgana come soggetto giuridico internazionale, a pieno titolo quindi nel rapporto internazionale con le altre forze politiche e con le forze istituzionali che su questo versante debbono essere impegnate.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.
MAJORINO Dichiaro che il nostro Gruppo approva incondizionatamente sia l'ordine del giorno illustrato dal collega Cerchio sia il contenuto del parere giuridico - politico diretto al riconoscimento della resistenza afgana nella quale si riconosce la stragrande maggioranza della popolazione di quel Paese.
Per obiettività tengo a ricordare che questa iniziativa si inquadra in una affermazione di principio, condivisa dalla maggioranza, che venne fatta dal Presidente della Giunta dell'epoca, Aldo Viglione, nel corso di una seduta tenutasi in quest'aula il 10 gennaio 1980, affermazione introduttiva della sua presa di posizione con la quale si diceva testualmente: "Signori Consiglieri, il governo regionale esprime ferma condanna per l'aggressione all'Afghanistan e chiede il ritiro delle truppe da quel Paese".
Quindi, nel solco di questa continuità di presa di posizione del Consiglio regionale noi ci collochiamo incondizionatamente.
Va ancora ricordato che, sempre nel corso della seduta del 10 gennaio 1980, anche da parte nostra esprimemmo una decisa condanna dell'invasione afgana, rilevando in allora che quella aggressione costituiva nella strategia della dirigenza sovietica una corsa verso la strada del petrolio attuata non certo con mezzi pacifici e con accordi internazionali, ma con il metodo della forza della violenza e dell'invasione.
Sono passati sette anni da allora, ma nonostante, come ha ricordato il collega Cerchio, le numerose prese di posizione di decisa condanna dell'aggressione espresse da organismi nazionali ed internazionali dall'ONU, dal Parlamento europeo, nonostante i tentativi per una soluzione diplomatica o politica di quel grosso problema e nonostante i pressanti inviti all'Unione Sovietica per il ritiro delle sue truppe, non solo persiste l'invasione, ma avanza quello che è più grave, come mi, pare sia stato sottolineato anche dal collega Cerchio, il processo di sovietizzazione dell'Afghanistan, in particolare a Kabul e nei confronti dei quadri locali e di quella parte di popolazione che il potere dell'invasore riesce a controllare.
L'invasione persiste nonostante la propaganda sovietica abbia enfatizzato il ritiro di alcuni reggimenti pari a 8.000 uomini, per cui il corpo di invasione, secondo questa enfatica propaganda, si ridurrebbe da 120.000 a 112.000 il che non cambia la sostanza del grosso e grave problema.
Riteniamo che il riconoscimento della resistenza afgana per le ragioni politico - giuridiche che sono state esposte sia fattibile e sia utile anche se, guardando con realismo alla situazione, non potrà essere foriero di soluzioni a tempi brevi. Potrà quanto meno costituire una premessa a livello di sensibilizzazione dell'opinione pubblica su questa grave situazione.
Siamo quindi favorevoli al riconoscimento della resistenza afgana.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA Signor Presidente, il Gruppo socialista aderisce profondamente convinto all'ordine del giorno predisposto sul perdurare dell'invasione sovietica nell'Afghanistan e sulla lotta del popolo afgano per la libertà e l'indipendenza.
E' un documento che nasce sulla scorta di un appello che viene rivolto e sostenuto da importanti personalità, tra le quali il Senatore prof.
Norberto Bobbio.
Crediamo sia importante anche il contributo che viene dal Consiglio regionale del Piemonte per determinare una presa di coscienza e un grande movimento di solidarietà attorno al popolo afgano.
I socialisti hanno sempre espresso la loro solidarietà in tutti i continenti nei confronti dei popoli che hanno lottato e che lottano per la propria libertà e per l'autodeterminazione della loro indipendenza e così ci esprimiamo nei confronti del popolo afgano che sta conducendo una lotta impari contro una delle più grandi potenze mondiali che ha invaso il Paese e che continua a mantenere le proprie forze armate anche se ha ritirato un piccolo contingente.
Pensiamo che il nostro Paese debba esprimere, come hanno già espresso l'ONU e il Parlamento europeo, una presa di posizione che vada più in là della semplice condanna finché non saranno ritirate le truppe sovietiche dal Paese. Esprimiamo solidarietà morale che è carica anche di impegni politici perché il più presto possibile vengano ritirate le truppe di occupazione e si consenta a quel popolo di darsi liberamente un governo attraverso libere elezioni.
E' una situazione che contrasta con gli impegni che sono in atto da tutte le parti del mondo per realizzare prospettive nuove di libertà in tanti Paesi colpiti e minacciati dalle potenze, grandi o piccole, con più o meno virulenza, ma certo con le stesse finalità di soggiogare la libertà dei popoli.
L'appello si affianca al parere giuridico sul riconoscimento della resistenza afgana ed io credo vi siano tutti gli elementi per esprimere questa nostra solidarietà. Noi che abbiamo conosciuto le lotte durissime della Resistenza, aspre e sanguinose per la libertà, abbiamo espresso solidarietà anche nei confronti del popolo vietnamita.
Con questo appello ci auguriamo sia possibile far compiere un passo in avanti alla dura lotta che quella gente compie nel suo Paese, così lontano ma che a noi sembra più vicino per la comunanza delle ragioni ideali che ci uniscono.
Invitiamo il Governo italiano a rafforzare questo impegno affinch l'Italia, così aperta alla comprensione di tutte le lotte per la libertà e per l'autodeterminazione, possa svolgere anche nei confronti del popolo afgano un'azione politica di solidarietà nell'ambito del negoziato di pace diretto a portare una soluzione che liberi l'Afghanistan e faccia capire alle grandi potenze che non sono più questi i tempi in cui si possono inviare le cannoniere o i contingenti militari alle porte delle città per soffocare la libertà dei popoli.
Mi pare che questa piccola ma significativa espressione possa portare un contributo alla realizzazione di libertà e di pace. Il Consiglio regionale del Piemonte, con l'approvazione di questo documento, potrà essere fiero di aver portato il suo contributo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.
STAGLIANO' Signor Presidente e colleghi, noi che abbiamo scelto l'autodeterminazione dei popoli come guida principale, nonché come impegno morale oltre che politico della nostra azione quotidiana, non possiamo che schierarci contro ogni oppressione che è tanto più odiosa quando si manifesta attraverso l'uso dei carri armati. La nostra solidarietà più profonda e sentita non può che andare anche al popolo dell'Afghanistan vittima di un'oppressione armata.
Dobbiamo però considerare attentamente che cosa significa l'Afghanistan nello scacchiere internazionale non per attenuare le responsabilità, ma per precisarle e quindi combatterne gli effetti disastrosi per la gente comune di quel popolo.
L'Afghanistan è il frutto velenoso della spartizione del mondo in zone d'influenza.
Noi gridiamo forte contro Mosca quando prevarica; l'abbiamo fatto quando è stata invasa la Cecoslovacchia, anzi per noi quello è stato il battesimo della nostra militanza politica oltre che della nostra scelta civile: ci siamo schierati a fianco dei cittadini praghesi che cercavano di resistere al nemico sovietico.
Gridiamo forte anche contro Washington per i tanti crimini che allo stesso modo la superpotenza americana consuma.
Noi non dimentichiamo, signor Presidente, né il Medio Oriente né il Centro America né il Cile, dove la dominazione americana è altrettanto odiosa di quella sovietica nell'Afghanistan.
Ho sentito citare prima l'OLP. Come non ricordare che proprio in quest'aula, un anno fa, su un ordine del giorno che promuovemmo allora non si trovò così tanta sintonia sul principio dell'autodeterminazione di quel popolo oppresso e sul riconoscimento di una sua rappresentanza legittimamente espressa nelle forme in cui un popolo in lotta, così impari contro un avversario molto più potente, è in grado di esprimere? Gridiamo quindi forte contro ogni oppressione. E' per questo, signor Presidente e colleghi, che non ci piacciono gli antimperialisti dimezzati che guardano con occhi strabici alle oppressioni disseminate su tutto il globo.
Per quanto riguarda il futuro dell'Afghanistan, mentre mettiamo a disposizione le nostre forze affinché quel popolo possa trovare una propria via di emancipazione nella piena sovranità dei propri territori e delle proprie forme statuali, ci batteremo con ogni forza, pur sapendo che in questo purtroppo i margini sono esigui, affinché l'Afghanistan non finisca dalla padella alla brace, ovvero che dal campo sovietico in cui forzatamente oggi è costretto, finisca in quello americano, magari con meno appariscenza ma con altrettante valenze negative.
Se un invito possiamo e dobbiamo fare nei confronti del Senato della Repubblica, nei confronti di tutte le istituzioni democratiche e della società civile che ci sforziamo di rappresentare, non sempre degnamente, è quello di alimentare la cultura, la scelta del non allineamento perché non si riproducano fenomeni di dominazione imperialista, così come è stato detto dal Vicepresidente Cerchio nella sua illustrazione, collocati all'interno della divisione del mondo in zone d'influenza. Vi sono almeno due tipi di imperialismo contrapposti, simmetrici, quando non vi sono anche forme di sub imperialismo per dominare singole aree geografiche.
E' questo un argomento difficile, duro per la sinistra, per quelli che sono i riferimenti storici che la sinistra si è posta almeno dalla rivoluzione d'ottobre ad oggi. Noi non esitiamo un attimo nel denunciare proprio per quei principi che stavano alla base della rivoluzione bolscevica, che cercava di guadagnare una via di autodeterminazione per un popolo oppresso dallo zarismo, le degenerazioni storiche, statuali politiche concrete che quella esperienza ha finito per assumere.
In questo senso, noi esprimiamo tutta la nostra solidarietà al popolo afgano. Penso che sarebbe opportuno approfondire, mi auguro che la discussione di oggi serva a questo, le forme attraverso cui questa solidarietà si possa esprimere.
Non ho partecipato al convegno citato dal collega Cerchio dalla discussione del quale lui ha tratto i fondamenti giuridici per il riconoscimento della resistenza afgana. A me pare che sia importante ragionare su chi oggi, in una condizione storica molto difficile come quella vissuta dal popolo afgano, può meglio rappresentare quel popolo.
Quindi auspichiamo che sull'ordine del giorno presentato dal collega Cerchio firmato anche dal Presidente Viglione e altri (ma che ora non decifro, tra l'altro non l' ho nemmeno potuto leggere avendolo ricevuto 'soltanto da poco) ci possa essere quell'approfondimento e quella precisazione nella direzione auspicata.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Santoni.
SANTONI Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sarebbe superfluo ripetere le cose che sono già state dette da Cerchio e da altri colleghi.
Ritengo opportuno però attirare l'attenzione dei colleghi del Consiglio su un elemento non marginale di questo documento, cioè su un elemento centrale.
Molte volte in questa come in altre assemblee si votano documenti relativi a problemi di ordine internazionale, problemi di altri Paesi problemi che coinvolgono i massimi principi su cui spesso ci si trova tutti d'accordo. Si auspica, si condanna, si recrimina. Credo che il pregio di questo documento sia proprio il fatto che non è su questa lunghezza d'onda ma tenta di avviare un processo concreto per intervenire, con gli strumenti che sono della politica nazionale, in un problema la cui gravità è già stata ricordata. Se siamo tutti d'accordo che il problema afgano si risolverà soltanto attraverso gli strumenti della politica, e su questo mi consentirete una parola più avanti, allora dobbiamo porre le basi e le condizioni perché questi strumenti possano portare alla conclusione cui tutti ci indirizziamo, cioè l'autonomia, l'autodeterminazione l'indipendenza del popolo afgano.
Se questo è l'obiettivo, passaggio non irrilevante ma essenziale è stabilire chi sono i legittimi responsabili e i legittimi rappresentanti del popolo afgano. Sono i fantocci di Kabul o sono i capi della guerriglia afgana? Non è un fatto formale, ma sostanziale. E' il porre le basi perch a soluzione trovata il popolo afgano sappia e possa riconoscersi nei propri capi, nei propri leader.
La soluzione politica è l'unica possibile. Non vinceranno i carri armati di Mosca, non vinceranno le poche armi leggere del popolo afgano purtroppo non vinceranno, anche se questa certamente non sarebbe la soluzione migliore. Non vinceranno perché, l' ha ricordato il collega Cerchio, questa è una guerra dimenticata. Non vinceranno perché i nemici storici degli invasori sul piano politico hanno anche qualche interesse a mantenere una piaga aperta in Medio Oriente in cui l'Unione Sovietica è immersa fino al collo.
Quindi, cari colleghi, è un problema di difficile soluzione sul piano politico e di impossibile soluzione sul piano militare. Ma è una situazione che non potrà durare all'infinito e starei per dire non potrà durare a lungo, non solo perché ormai si è consumato in larga parte il genocidio del popolo afgano tra i morti e gli esuli, ma perché la situazione dello scacchiere di tutta la regione è estremamente flebile. Sappiamo benissimo che l'unico polmone esistente per il popolo afgano, per la guerriglia afgana, per i mujaheddin è il vicino Pakistan, il cui regime possiamo discutere fino a quando vogliamo, ma certamente è stato fino ad oggi l'unica speranza e l'unica via di salvezza per il popolo afgano. Per conosciamo bene l'instabilità e i problemi che sta attraversando anche quel particolare Stato e quel particolare regime. Non nascondiamoci che se dovesse mutare la situazione politica in Pakistan, allora si forse la soluzione militare, ma non quella che auspichiamo noi, potrebbe avere il sopravvento attraverso la definitiva estinzione della popolazione afgana.
E' la particolarità di questa situazione, la particolarità dell'intervento sovietico e della presenza sovietica in un Paese già comunista prima dell'invasione sovietica.
Consentitemi di concludere riprendendo un argomento del collega Staglianò che ricordava la rivoluzione d'ottobre e gli zar.
Caro Staglianò, non è cambiato molto. Anche gli zar hanno cercato per decenni lo sbocco sull'Oceano Indiano così come lo sta cercando l'Unione Sovietica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Dameri.
DAMERI Credo che la formula, che non è solo una formula ma è una sostanza, di una politica che veniva già qui proposta sulla autodeterminazione dei popoli debba essere sempre di più la stella polare di tutte le forze che nelle diverse parti del mondo lavorano per costruire la pace, per costruire una possibilità di sviluppo per tutta l'umanità. L'elemento dell'autodeterminazione sta giustamente e testardamente facendosi spazio nonostante la forza che esprimono oggi le grandi potenze che si dividono il mondo.
Noi siamo stati e siamo tuttora fermamente convinti della necessità della condanna dell'intervento sovietico in Afghanistan e del concreto superamento di quella situazione che come tante nel mondo determina una condizione generale non solo di non pace, ma di impossibilità a dar vita a un reale sviluppo, al determinarsi di forme di cooperazione tra le diverse nazioni e tra i diversi popoli, ad avere realmente una umanità capace di guardare al proprio futuro con il contributo e la collaborazione di tutti.
Noi vogliamo essere e operiamo per essere dei costruttori di pace e sappiamo che ormai il mondo è diventato un "villaggio" globale in cui quello che accade anche molto lontano dalle nostra realtà ha molto a che fare con la nostra vita quotidiana e che le interrelazioni sono molto forti. Per questo siamo costruttori di pace e vogliamo esserlo ovunque in tutte le situazioni.
Non mi pare il caso di spendere tante parole, qualcuno l' ha fatto prima giustamente. Il mondo è andato avanti, la gente ormai è capace di vedere anche al di là delle finzioni che certe volte vengono prodotte, al di là delle parole che in realtà sono pietre ed esprimono realmente dei concetti. L'autodeterminazione dei popoli riguarda davvero tutte le realtà.
Almeno fra di noi dovremmo considerare che non vale la pena di fingere di praticare ovunque questa autodeterminazione, ma poi di essere dei fautori dell'autodeterminazione a senso unico.
Dal mese di settembre è depositato un ordine del giorno sulla situazione del Cile e mi auguro che il Consiglio regionale possa discutere anche di quella drammatica situazione.
Sono i processi storici che si incaricano di svelare anche le strumentalizzazioni e talora gli errori che vengono compiuti. Noi vogliamo poter ragionare su queste questioni con la volontà di chi dà un contributo concreto a costruire il superamento di una situazione di tensione internazionale, aggravata da decisioni che riguardano, per esempio, la questione delle guerre stellari; nello stesso tempo siamo fra coloro che evidenziano la necessità che tra le grandi potenze riprenda il dialogo e che questo dialogo possa svilupparsi sulla base di quelli che sono gli interessi dei popoli e non sui ricatti delle grandi potenze economiche che pesano sugli equilibri militari e diplomatici che ci sono nel mondo.
E' importante avere una pazienza . certosina, salutare positivamente tutti gli elementi senza sopravalutare che vanno nella direzione di una modifica di un clima perché appunto non vogliamo solo predicare la costruzione di una società, di una umanità che guardi al proprio futuro con serenità, ma vogliamo contribuire a costruirla.
Mi rammarico che questo documento non sia stato costruito con il concorso di tutte le forze politiche che in questo Consiglio regionale si possono ritrovare su questo documento. Io l' ho visto per la prima volta oggi. Alcuni punti mi sembrano inesatti. Ad esempio, mi sembra negativo citare la ripresa del dialogo e dei colloqui tra l'Afghanistan e il Pakistan che, per chi guarda a una soluzione reale dei problemi, non pu comunque che essere visto come un fatto positivo, è invece in chiave solamente negativa. Questo è un elemento da modificare.
L'altra questione riguarda il ritiro delle truppe da parte dell'URSS che deve essere accolto non per enfatizzarlo, ma per dire che quella è una strada possibile e percorribile che va concretamente costruita.
Quindi nel merito del documento mi sembra che ci siano dei punti che si potrebbero discutere ulteriormente. Le condanne non bastano, servono solamente a salvare le coscienze. E' necessaria un'azione concreta per determinare in quella parte del mondo un cambiamento della situazione che consenta di costruire davvero in modo unitario e unificato una situazione di pace e di superamento delle tensioni nel mondo. Il nostro non può che essere un atteggiamento positivo.
Vorrei però verificare se esiste la possibilità di produrre qualche osservazione sul testo proposto per arrivare al voto in fine di seduta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.
PEZZANA Signor Presidente e colleghi Consiglieri, quando si affrontano argomenti tipo quello sull'Afghanistan, c'è una strana attitudine da parte delle sinistre comuniste, in questo caso del Partito comunista e di Democrazia proletaria, di dimostrare un certo imbarazzo pur condividendo le ragioni di base. Uno dei modi per evitare questo imbarazzo è di parlare d'altro, pur non nascondendo l'importanza dell'argomento che si sta affrontando. L' hanno fatto il collega Staglianò e la collega Dameri adesso.
DAMERI Questa è la tua interpretazione.
PEZZANA Se mi lasciate dire cosa penso, poi potete anche ribattere. Prima lasciatemi finire il mio intervento. Si deve parlare del Cile, si deve parlare dell'America Latina, tutte realtà per altri versi ugualmente drammatiche, oppure meno drammatiche, tutte comunque con una loro carica e validità politica innegabile. Questo è un modo per sviare una situazione che non può non creare imbarazzo, perché se chi sostiene una buona ragione adottasse sempre questo metodo allora su questo documento dell'Afghanistan chi l' ha redatto avrebbe dovuto illustrare altre realtà ugualmente drammatiche, magari di segno identico, mettendoci per esempio 500 milioni di europei che vivono in una situazione comunque di oppressione e sovente con i carri armati, come avviene nei Paesi cosiddetti socialisti. Anche in quei Paesi quando c'è qualche desiderio o volontà di liberazione arrivano i carri armati, e anche li sono sovietici. Quindi non è che il Generale Jaruzelski sia così differente da Pinochet: sono entrambi governanti dominati da una mentalità militare e appena qualcosa si muove sentono il dovere di schiacciarlo. Quindi il riportare il discorso ad altre realtà è un metodo non corretto per affrontare l'importanza di un ordine del giorno come questo che semmai pecca per qualche inesattezza, ma pecca in diminuzione. Infatti al capoverso dove si dice: "esprime preoccupazione" sembra che i morti non siano 500.000 ma siano più di un milione, questo a detta delle Nazioni Unite.
Anche per quanto riguarda lo pseudo ritiro delle truppe sovietiche bisognerebbe leggere i giornali con più attenzione perché le notizie che vengono affermate un giorno, il giorno dopo vengono smentite. In effetti come hanno dichiarato i vari comitati che si rifanno alle Nazioni Unite l'Unione Sovietica ha prontamente reintegrato le truppe che aveva tolto.
Questi possono essere episodi marginali di fronte all'obiettivo comune che è quello di augurarci che dopo i milioni di morti e i villaggi distrutti cessi questa situazione. Quando ho visto la prima dimostrazione concreta fatta dai rappresentanti del popolo afgano, con fotografie, con filmati, con testimonianze personali e ho sentito fino a che punto un Governo può intervenire in un altro Paese adottando anche bombe giocattolo per uccidere i bambini, che sono di una raffinatezza talmente mostruosa che nemmeno il nazismo era arrivato a così tanto, mi è venuta la pelle d'oca.
Di fronte a queste situazioni credo che abbia poco senso, come faceva il collega Rossa, dire che siamo arrivati al punto tale per cui certe cose non sono più permesse. Devo dire invece che rispetto a quindici anni fa certe situazioni vengono permesse proprio dal silenzio di molte parti politiche che invece avrebbero il dovere di parlare e di intervenire visto che richiamano tra i loro principi ideali di civiltà, di tolleranza e di rispetto per i popoli e per la loro determinazione. Mi ricordo benissimo quando nelle strade si gridava "Vietnam libero" e come tutta la sinistra era impegnata, giustamente, a rivendicare la libertà di un popolo, in quel caso vietnamita, e non posso fare a meno di notare come sul popolo afgano in realtà quelle stesse persone che scendevano in piazza per reclamare un sacrosanto diritto, oggi non facciano nulla. Questo non deve stupire perché, checché ne dica il collega Staglianò, ci sono oppressioni ed oppressioni. Ci sono le televisioni e altri strumenti di informazione che vanno nel Vietnam e filmano il cattivo marine, che ammazza i vietnamiti e quando si deve parlare dell'Afghanistan evidentemente l'informazione non può essere garantita.
Non credo di dire cose che possono far sorridere, collega Bontempi.
Quando si parla di bombe che arrivano dall'Unione Sovietica c'è un certo disagio. Mi sembra invece di puntualizzare una situazione in cui la sinistra, storica e non, dovrebbe chiedersi se tutto quanto ha messo in opera per informare su un crimine come quello che si sta verificando sia stato sufficiente. Non si tratta di bombe che uccidono decine o centinaia di persone, ma si tratta di un Paese che viene praticamente eliminato dalla faccia della terra. Tutto questo non ha suscitato quello che giustamente aveva suscitato quindici anni fa il Vietnam nella sinistra. Questa è la realtà.
Caro Rossa, io sono d'accordo con i tuoi propositi umanitari, però non è vero che oggi certi fatti non possono più avvenire. Purtroppo è un tempo in cui certi crimini possono avvenire e avverranno sempre di più se non ci saranno decisioni, come quella presa oggi da questo Consiglio, per far parlare, per dire quello che avviene e questo ritengo sia un compito altamente civile e importante di un Consiglio regionale.
Grazie per l'attenzione.



PRESIDENTE

Non ho più iscritti a parlare. C'è la proposta di inserire alcuni emendamenti. Il Vicepresidente Cerchio e la signora Dameri possono concordare un testo comune di questo ordine del giorno.


Argomento:

Voto del Consiglio regionale del Piemonte al Senato della Repubblica (ex art. 138 del Regolamento del Senato) sul riconoscimento della resistenza afgana

Argomento:

Iscrizione di argomenti all'o.d.g.


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, propongo di iscrivere all'o.d.g. i seguenti punti: Proposta di deliberazione n. 345: "Finpiemonte S.p.A. - Modifica dell'art. 5 dello Statuto sociale" Proposta di deliberazione n. 354: "Sesto prelievo dal fondo di riserva di cassa di cui al cap. n. 12900 dello stato di previsione della spesa del bilancio 1986, della somma di L. 838.645.245" Progetto di legge n. 188: "Sottoscrizione di nuove azioni della Società Consortile per azioni Consusa S.p.A.".
Se non vi sono osservazioni da parte dei Consiglieri, pongo in votazione l'iscrizione all'o.d.g. di tali argomenti.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è approvata all'unanimità dei 40 Consiglieri presenti.
Ha chiesto la parola il Consigliere Devecchi. Ne ha facoltà.
DEVECCHI Faccio presente che la V Commissione ha licenziato per la seconda volta e da quindici giorni il progetto di legge n. 105: "Disciplina relativa all'impiego di nuove metodiche terapeutiche nell'ambito ospedaliero".
Tuttavia, tale provvedimento non è stato ancora iscritto all'o.d.g.; mi sento pertanto in obbligo di far presente questo fatto. Il Consiglio decida.



PRESIDENTE

Accolgo la proposta avanzata dal Presidente della V Commissione e pongo quindi in votazione l'iscrizione di tale progetto di legge all'o.d.g. della seduta odierna.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è approvata all'unanimità dei 40 Consiglieri presenti.


Argomento: Partecipazioni azionarie regionali

Proposta di deliberazione n. 345: "Deliberazione G.R. n. 13-8222: Finpiemonte-S.p.A. - Modifica dell'art. 5 dello Statuto sociale"


PRESIDENTE

Esaminiamo la proposta di deliberazione n. 345 relativa alla Finpiemonte.
E' stato presentato il seguente emendamento dai Consiglieri Valeri e Calligaro il cui testo recita: "La società non può impegnare nell'assunzione di partecipazioni una quota del capitale sociale e delle riserve superiori al 5%, salvo che l'assemblea degli azionisti deliberi, per iniziative di notevole interesse ai fini del conseguimento dell'oggetto sociale, deroghe a tale limite.
La società può concedere finanziamenti senza limite di importo, purch l'entità dei mezzi propri impiegati per la concessione del finanziamento e/o per la prestazione di garanzie fidejussorie non ecceda il 5% del capitale e delle riserve.
I finanziamenti e le garanzie concesse, a fronte di crediti certi nell'ammontare e nel tempo di liquidazione, non devono eccedere per ogni operazione il 5% del capitale e delle riserve. Per ogni partecipazione deve essere assicurata all'Istituto Finanziario regionale piemontese una rappresentanza negli organi di governo e di controllo della partecipata salvo diversa forma di controllo organico e programmatico più idoneo, a giudizio del Consiglio di Amministrazione".
La parola al Consigliere Valeri che illustra tale emendamento.
VALERI La mia sarà un'illustrazione non solo dell'emendamento, ma dell'insieme della proposta di legge. Sarebbe infatti difficile comprendere in tutta la sua portata l'emendamento che abbiamo proposto (che peraltro, come poi spiegherò, dovrebbe essere accompagnato anche da una modifica della legge n. 8 istitutiva della società Finpiemonte) senza considerare brevemente altri aspetti emersi nel dibattito di stamattina.
Nel valutare la proposta della Giunta noi siamo partiti dal presupposto che, a dieci anni dalla costituzione di Finpiemonte, è utile una riflessione complessiva circa il ruolo e le funzioni configurate nello Statuto della società, onde adeguare il medesimo alle esigenze di una rideterminazione degli obiettivi e delle strategie della società.
Peraltro vorrei richiamare l'attenzione sul fatto che non esistono norme o modifiche statutarie che possano sopperire all'inadeguatezza delle strategie operative di Finpiemonte emerse nel dibattito di questa mattina.
Occorre certamente una cornice normativa adeguata ai tempi e alle esigenze la quale però risulta di per sé insufficiente se non è accompagnata da una ridefinizione di scelte ed indirizzi operativi.
Anche la eventuale ricapitalizzazione, riproposta stamattina dalla Vicepresidente Vetrino, in assenza di questa ridefinizione e di un adeguamento statutario ad essa coerente, finirebbe per indurre e favorire la semplice prosecuzione della conduzione societaria attuale, che pure si afferma di voler correggere. D'altra parte occorre guardare allo Statuto e al suo adeguamento cercando di superare il concetto della Finpiemonte quale ente strumentale della Regione, che appare troppo riduttivo. La Finpiemonte certo è "anche" un ente strumentale regionale, ma è soprattutto uno strumento di intervento finanziario che non può essere parificato ad un semplice ente strumentale chiamato ad attuare meccanicamente disposizioni e interventi economici di carattere regionale.
Sotto questo profilo vorrei far notare alla Vicepresidente della Giunta che nella relazione al bilancio di Finpiemonte prevalgono iniziative che non comportano remunerazione del capitale investito. In proposito va ribadito - l' ha già fatto nel suo intervento il Consigliere Calligaro che nessuno ha mai scritto che gli interventi di Finpiemonte non debbano essere remunerativi. Non sta scritto nello Statuto né in alcun documento di indirizzo regionale che ad esempio l'interporto di Orbassano e le aree industriali attrezzate non debbano comportare ritorno di capitale. E neppure c'è incompatibilità tra obiettivi individuati dalla programmazione sui quali deve misurarsi la Finpiemonte, e investimenti aventi natura remunerativa. Affermare che esiste una sorta di oggettiva dicotomia tra questi due livelli propositivi, come in parte si coglie dalla lettura della relazione di bilancio presentata da Finpiemonte, è a nostro giudizio ingiusto e preoccupante. Che senso ha scrivere che è opportuno ".. in certi casi uno spostamento di strategia verso progetti caratterizzati da un minor livello di priorità dal punto di vista delle aspettative del sistema economico regionale"? Noi non vediamo incompatibilità tra obiettivi di programmazione e interventi compatibili col mercato, che producano anche remuneratività dei capitali investiti. La contraddizione sta semmai tra un certo tipo di gestione passiva od una attiva delle risorse. Questo è il nodo da sciogliere.
Occorre anche sgomberare il campo da un altro possibile equivoco: non ha senso parlare di interventi a connotazione sociale, quasi si trattasse di ospedali, case di riposo, asili nido. La realtà non è questa e il problema resta di scelta degli interventi più produttivi aventi le potenzialità di assicurare un ritorno del capitale investito.
Il problema vero è cioè di una gestione societaria in grado di esprimere una più alta capacità progettuale e di gestione 'degli investimenti nella loro fase realizzativa. Esigenza, questa, richiamata anche nella relazione della Vicepresidente Vetrino laddove è detto che "...
Occorre consentire che la Finpiemonte operi anche sul piano delle realizzazioni". Va aggiunto però che questo finora non è mai stato impedito, per cui più che di dare un consenso del tutto superfluo occorre individuare un nuovo terreno operativo non ancora esplorato e perseguito a sufficienza da Finpiemonte, inviando in tal senso stimoli efficaci al consiglio d'Amministrazione e alle varie componenti azionarie.
Analogo ragionamento vale per quanto riguarda l'inadeguata capacità finora palesata di Finpiemonte nell'acquisizione sul mercato di possibili maggiori finanziamenti. Non mi diffondo in quanto già detto dal Consigliere Calligaro e da altri a questo riguardo. Voglio però rimarcare, se non si vuole fare della pura filosofia, che le modifiche statutarie vanno pensate in ordine a questi nodi strategici da sciogliere, in modo da indurre strutturalmente quelle modifiche atte a far si che Finpiemonte non continui ad operare soltanto in termini di pura allocazione e gestione di risorse pubbliche, senza approvvigionarsi direttamente sul mercato.
Gli adeguamenti statutari devono rispondere a queste esigenze ed accrescere i margini di operatività della odierna direzione di marcia della società.
Ci pare invece che il consentire un semplice splafonamento del precedente limite del 5%, senza indurre altre correzioni, significhi semplicemente consentire una stabilizzazione dell'esistente. A tale riguardo è stato detto dalla Vicepresidente che esistono situazioni da sanare, ed è vero. Faccio però notare che l'accoglimento dell'emendamento da noi presentato non impedisce affatto di dare risposta a quelle situazioni. Laddove in esso si parla di deroghe per progetti di notevole interesse significa appunto che tale procedura può applicarsi anche agli investimenti in atto consentendo la sanatoria richiamata dalla Vicepresidente Vetrino.
La proposta formulata dalla Giunta non può essere considerata come immodificabile, anche se essa è il frutto di intese a priori tra le diverse componenti societarie. Diversamente viene a configurarsi un serio problema istituzionale; ossia se questa assemblea debba costringersi ad operare quale semplice sede di registrazione notarile di intese avvenute al di fuori di essa o invece se il rinvio al voto dell'assemblea regionale contenuto nella legge istitutiva di Finpiemonte, costituisca un richiamo alla piena potestà di indirizzo e di decisione di questo Consiglio, che in quanto si esercita e si esprime avanti dell'assemblea azionaria chiamata a modificare lo statuto non può essere subordinata ad alcuna verifica a priori delle altre componenti e vincola i nostri rappresentanti nella società. D'altra parte, al di là di questo delicato ruolo della nostra assemblea, mi pare che le proposte che noi avanziamo nell'emendamento - per il fatto che assicurano, accanto alla sanatoria di situazioni pregresse che le ragioni dello splafonamento si misurino non sulla base del procedere routinario degli indirizzi attuali, ma di verifiche progettuali e di merito cui sia associata l' assemblea regionale - corrispondono ad esigenze reali richiamate anche negli interventi di colleghi di altri Gruppi. Di conseguenza abbiamo colto con soddisfazione e interesse la dichiarazione, a titolo personale, fatta dalla Vicepresidente.
Mi auguro che le precisazioni ora formulate consentano a quel parere personale di trasformarsi in voto favorevole dell'intera maggioranza.
Aggiungo a tale proposito che la separazione che le nostre proposte tendono a introdurre tra interventi di partecipazione, di finanziamento e di garanzia, intendono assicurare anche quella maggiore trasparenza e quello stimolo in direzione degli approvvigionamenti sul mercato dei capitali che prima ho richiamato.
Concludo ricordando che accompagniamo il nostro emendamento con la richiesta contestuale e consequenziale alla Giunta di procedere sollecitamente alla presentazione di un disegno di legge di modifica dell'art. 1, quarto comma, della legge istitutiva di Finpiemonte che recepisca oltre alle eventuali altre modifiche allo statuto della società l'obbligo a che le deroghe di cui all'art. 5 dello statuto siano sottoposte preventivamente al parere della competente Commissione consiliare oppure a preventivo atto deliberativo del Consiglio regionale.
Non è un problema da decidere oggi. Si tratta di un impegno che chiediamo alla Giunta di assumere e che può essere perfezionato contestualmente alla messa a punto di quel documento di indirizzi sul quale consensualmente stamani si è concluso il dibattito generale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA Intervengo non tanto sul contenuto dell'emendamento quanto sulla forma.
Lo spirito dell'emendamento è apprezzabile e può essere accolto, però data la sua rilevanza richiederebbe una riflessione per verificare se pu essere, condiviso in toto o se ci sono degli aspetti da introdurre o da modificare. Pertanto ne proporrei il rinvio in Commissione.
Inoltre una modifica di questo tipo richiederebbe anche il parere dell'altra parte degli interessati. Se l'emendamento fosse stato presentato stamattina a fianco della relazione o nel corso del dibattito generale probabilmente ci avrebbe dato la possibilità di riflettere.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vetrino.
VETRINO, Assessore alla programmazione economica La compiutezza dell'intervento del Consigliere Valeri avrebbe effettivamente meritato una collocazione nel dibattito di stamattina sui problemi della Finpiemonte, ciò non toglie tuttavia che possiamo considerarlo come appendice visto che l'argomento è coerente e conseguente al dibattito che c'è stato.
La complessità dell'emendamento proposto dal Gruppo comunista, che conosco bene perché è stato anticipato ieri in sede di Commissione meriterebbe, come auspicava il Consigliere Rossa, una discussione più completa. Nulla toglie che lo si possa fare nel momento in cui realizzeremo la deliberazione di indirizzi.
La deliberazione che abbiamo di fronte oggi è legata - il Consigliere Valeri lo sa - a problemi ingenti di legittimità. Voteremo tra poco, e mi auguro che il Consiglio lo approvi, il disegno di legge n. 188 relativo alla S.p.A. Consusa che riguarda l'impegno della Regione in tale società ma presuppone anche un rinnovato impegno di Finpiemonte nei confronti di quella società. Quindi abbiamo urgenza di approvare questa deliberazione e l'emendamento all'art. 5 dello Statuto.
Il problema posto dal collega Valeri si colloca in un discorso molto più avanzato e in linea con le indicazioni che abbiamo detto stamattina.
Correttezza impone che l'ampliamento, che considero giusto nella logica del discorso fatto stamattina, debba essere portato a conoscenza dell'altra parte degli azionisti. Questo non significa andare a rimorchio di nessuno ma significa tenere conto che in una società per azioni noi siamo gli azionisti di maggioranza relativa, ma nostro dovere è anche di considerare le istanze, le necessità, le esigenze degli altri azionisti.
Mi farò carico dell'importanza di questo momento nell'ambito dell'assemblea che si svolgerà il 24 novembre, quindi mi sembra che il discorso molto importante fatto da Valeri possa essere opportunamente ripreso in un momento successivo quando riparleremo dei criteri della deliberazione e del piano di attività della Finpiemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Valeri.
VALERI Signor Presidente e colleghi Consiglieri, abbiamo ascoltato con interesse gli interventi del compagno Rossa e della Vicepresidente Vetrino e ci pare di avere colto un apprezzamento di merito della proposta che abbiamo avanzato anche se, per una serie di circostanze, si ritiene che non esistano oggi le condizioni per accoglierla in termini operativi. Possiamo interpretare la conclusione di questa discussione e quindi anche il significato del voto che esprimiamo in termini di emergenza? Se è così, là limitata modifica statutaria che voteremo si accompagna all'impegno di informare gli altri soci di Finpiemonte che è intenzione del Consiglio regionale ritornare sulla materia per maturare un'indicazione più compiuta e complessiva. Possiamo intenderla in questo modo?



PRESIDENTE

Si, possiamo intenderla in questo modo.
VALERI Allora noi ritiriamo l'emendamento chiedendo però di conservarlo agli atti della seduta.



PRESIDENTE

L'emendamento è per ora ritirato.
Chi intende votare la deliberazione con le precisazioni che sono state fatte, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso, è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 33 voti favorevoli e 3 astensioni.


Argomento: Questioni internazionali

Ordine del giorno sull'Afghanistan


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, si è trovato il pieno accordo sull'ordine del giorno sull'Afghanistan; lo pongo quindi in votazione. Il testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte richiamato l'art. 138 del 'Regolamento del Senato della Repubblica' fa voti perché vengano esaminate le presenti osservazioni in ordine alla situazione in Afghanistan, con preghiera di comunicazione all'assemblea e di trasmissione alla competente commissione, affinché venga riconosciuta dal Parlamento italiano la Resistenza Afgana come soggetto giuridico.
In specifico, il Consiglio regionale del Piemonte richiamato: a) il parere giuridico sul riconoscimento della Resistenza Afgana, espresso nel corso del convegno realizzatosi a Torino nel novembre 1985 b) l'incontro sulle condizioni di una soluzione politica del problema Afgano e sul riconoscimento internazionale della Resistenza Afgana realizzato a Parigi nel maggio 1986, dal Bureau International Afghanistan c) la risoluzione del Parlamento Europeo del 12 giugno 1986 d) l'incontro avvenuto il 16 giugno 1986 tra una qualificata delegazione della Resistenza Afgana e la Presidenza del Consiglio regionale del Piemonte considera necessario che il ritiro, solo parzialmente effettuato, delle truppe sovietiche si realizzi completamente per avviare un reale processo di libertà ed autodeterminazione esprime preoccupazione per la presenza di 4 milioni di profughi, di circa 1 milione di morti in sette anni di conflitto, che vede impegnati da parte sovietica almeno 115 mila militari; richiama le continue stragi di civili come conseguenza dell'offensiva sovietico - afgana riconosce come indilazionabile un concreto sostegno per il riconoscimento della Resistenza come legittima rappresentante del popolo afgano presenta voti perché quanto rilevato, ai sensi dell'art. 138 del Regolamento del Senato della Repubblica, sia comunicato all'assemblea e trasmesso alla competente commissione per materia, per gli adempimenti previsti dal sopra citato articolo".
Chi intende approvarlo è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 40 Consiglieri presenti.


Argomento: Comuni - Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta")

Esame p.d.l. n. 139 e 124: "Trasferimento ai Comuni dei beni immobili e mobili già di proprietà del soppresso Ente Nazionale Assistenza Lavoratori"


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto 6) dell'o.d.g.: Esame progetti di legge nn. 139 e 124: "Trasferimento ai Comuni dei beni immobili e mobili già di proprietà del soppresso Ente Nazionale Assistenza Lavoratori".
La parola al relatore Consigliere Avondo.
AVONDO, relatore Signor Presidente e colleghi Consiglieri, come è noto, con il decreto legge 18.8.1978 n. 481, convertito nella legge 21.10.1978 n. 641, è stata disposta la soppressione dell'Ente Nazionale Assistenza lavoratori che svolgeva compiti di promozione di attività ricreative e sportive.
Con lo stesso provvedimento è stato disposto che il patrimonio di tale Ente sia interamente ripartito fra le Regioni, ai sensi dell'art. 117 del DPR 24.7.1977 n. 616, per essere attribuito, nei casi e nei modi previsti dall'art. 25 dello stesso DPR. ai Comuni singoli o associati, ai quali sono state attribuite funzioni già svolte dal predetto Ente.
Il sopraccitato art. 25 prevede che con legge regionale vengano disciplinati i modi e le forme di attribuzione in proprietà o in uso ai Comuni singoli o associati, od a Comunità Montane, dei beni trasferiti alle Regioni.
La Giunta regionale aveva presentato nella scorsa legislatura, in data 21.10.1982, un disegno di legge di trasferimento ai Comuni dei beni immobili e mobili già di proprietà del soppresso Ente; nel corso della precedente legislatura si erano avviati confronti e consultazioni sul disegno di legge in questione, ma non si era completato l'iter per la sua definitiva approvazione.
Il disegno di legge in discussione tiene conto delle consultazioni allora svolte. E' un testo unificato del ddl n. 139 presentato dalla Giunta il 23.7.1986 e del pdl n. 124 presentato dal Gruppo comunista il 16.6.1986.
Con DPR 31.3.1979 è stato disposto il trasferimento alla Regione Piemonte dei beni appartenenti al soppresso Ente ed ubicati nel suo territorio ed in particolare i beni mobili costituenti l'attrezzatura e l'arredo degli uffici provinciali e dei circoli ricreativi, nonché i seguenti immobili: Comune di Avigliana (TO) - Terreno di mq 878 Comune di Boca (NO) - Fabbricato a due piani fuori terra, della superficie coperta di mq 292 e circostante terreno della superficie di mq 568 Comune di Cannobbio (NO) - Fabbricato a due piani fuori terra, della cubatura di mc 520 e terreno della superficie di mq 1270 Comune di Casale Monferrato (AL) - Terreno della superficie di mq 2250 Comune di Castelletto d'Orba (AL) - Terreno della superficie di mq 890 Comune di Condove (TO) - Fabbricato a due o tre piani fuori terra e terreno annesso della superficie di mq 9717; Comune di Curino (VC) - Fabbricato a due piani fuori terra e seminterrato della superficie di mq 193 e annesso terreno della superficie di mq 520; Comune di Fossano (CN) - Terreno della superficie di mq 4293 Comune di Granozzo (NO) - Fabbricato a due piani della superficie di mq 140, piccola dipendenza e terreno annesso della superficie di mq 880 Comune di Lesegno (CN) - Fabbricato a due piani, della superficie di mq 91 con annesso cortile Comune di Miasino (NO) - Terreno della superficie di mq 1440 e fabbricato di un piano fuori terra della superficie di mq 84 con annesso terrèno della superficie di mq 576 Comune di Novara - Fabbricato a due piani fuori terra della superficie di mq 282 con annesso terreno della superficie di mq 868; fabbricato a due piani fuori terra della superficie di mq 414, due basse costruzioni e annesso terreno della superficie complessiva di mq 1536 Comune di Ovada (AL) - Fabbricato a due piani fuori terra e uno scantinato della superficie di mq 780 e annesso terreno della superficie di mq 2590 Comune di Piobesi (TO) - Fabbricato a due piani fuori terra della superficie di mq 133 e terreno annesso della superficie di mq 63 Comune di Predosa (AL) - Fabbricato a due piani fuori terra della superficie di mq 190 e annesso terreno della superficie di mq 950 Comune di Roppolo (VC) - Fabbricato ad un piano fuori terra della superficie di mq 82 con annesso terreno della superficie di mq 570 Comune di Vercelli - Fabbricato parte a due piani fuori terra e parte ad un piano fuori terra con annesso terreno della superficie complessiva di mq 9639 Comune di Vesime (AT) - Fabbricato a due piani fuori terra della superficie di mq 274, tettoia e cortile della superficie complessiva di mq 132.
L'immobile è per metà di proprietà della Società Agricola Operaia di Mutuo Soccorso di Vesime.
Nelle more dell'adozione della legge regionale suddetta, con deliberazione della Giunta regionale n. 91-22181 del 3.7.1979, venne disposto di assegnare provvisoriamente in uso ai Comuni i beni immobili e mobili già appartenenti al soppresso Ente e ubicati nel loro territorio.
Al fine di dare attuazione a quanto disposto dal soprarichiamato art.
25, è stato ora predisposto l'allegato disegno di legge disciplinante i modi e le forme di attribuzione ai Comuni dei predetti beni.
Il disegno di legge oggi in discussione, pur non potendo da un lato travalicare il disposto dell'art. 25 del DPR n. 616 del 24.7.1977 e dall'altro interferire nella autonomia dei Comuni destinatari delle proprietà in questione, ritiene di dovere salvaguardare le origini collettive delle proprietà e le finalità originarie laddove ancora permanenti.
Gran parte infatti di questo patrimonio immobiliare ha origini lontane data infatti tra la fine dell'800 e l'inizio del '900, il periodo storico in cui il movimento operaio e associativo ritenne di dotarsi di proprie strutture di emancipazione e di solidarietà. E' il periodo in cui prendono corpo le prime società di mutuo soccorso che attraverso sottoscrizioni individuali e con il volontariato si costruiscono queste strutture con una base sociale molto ampia e diffusa nel territorio, in particolare in Piemonte.
Tra la metà degli anni '20 e '30 il fascismo esercita nei confronti di queste associazioni una politica non univoca: si va infatti da iniziative di squadrismo che portano alla distruzione fisica dei beni mobili e immobili a quelle più sottili di integrazione politico - culturale a quelle di acquisizione del patrimonio.
Parte del patrimonio di cui ci occupiamo riguarda questa ultima forma.
Attraverso la convocazione di assemblee dei soci delle strutture circolistiche, dopo averne modificato anche sostanzialmente la base sociale originaria, si dava vita a formali donazioni dei beni da parte dei "soci" all'Ente Nazionale Dopolavoro. In molti casi in Piemonte, alla fine del ventennio e a cavallo degli anni '50-'60, il movimento associativo dava vita ad azioni legali molto diffuse sul territorio piemontese al fine di ritornare in possesso legittimamente dei patrimoni illegalmente sottratti ai legittimi proprietari. Non tutte le azioni intraprese si sono concluse positivamente; è questo il caso di parte del patrimonio di cui ci stiamo occupando.
Dopo il, periodo fascista i beni dell'allora Ente Nazionale Dopolavoro venivano passati al nuovo Ente Nazionale Assistenza Lavoratori.
Va ancora ricordato che la volontà associativa ha consentito in questi anni di mantenere vivi questi patrimoni, di limitarne i danni e di continuare una attività sociale e collettiva molto significativa.
Abbiamo ritenuto opportuno richiamare, anche se in modo molto sommario la storia di tali patrimoni nella consapevolezza che sia necessario, nel momento in cui ci apprestiamo a trasferirli ai Comuni, tenere conto della opportunità di superare le ingiustizie e le mortificazioni che la base associativa ha conosciuto nel corso degli anni.
Certo, non è possibile risolvere in questa proposta di legge la questione di giustizia che ci viene proposta da parte dei circoli, la cui documentazione è stata inviata alla I Commissione fin dalla precedente legislatura nel momento in cui discutemmo il precedente disegno di legge della Giunta.
Crediamo però sia compito della Regione, nel momento in cui appresta al trasferimento del patrimonio ai Comuni, segnare la finalità d'uso del patrimonio, laddove sia ancora gestito in forma associata.
All'art. 1 è previsto che il trasferimento avvenga in proprietà, non essendosi ritenuto opportuno trattenere tali beni, direttamente utilizzati o utilizzabili per lo svolgimento delle funzioni attribuite ai Comuni, nel patrimonio regionale ed al fine di consentire a tali Enti la piena disponibilità dei beni stessi, disponendo l'utilizzo prioritario per l'esercizio delle funzioni di assistenza ai lavoratori.
All'art. 2 si stabilisce che detti beni vengano individuati con deliberazione della Giunta regionale e che il trasferimento venga fatto constare in appositi verbali di consegna, sulla base dei quali per gli immobili verranno fatte le trascrizioni e le volturazioni catastali.
La I Commissione ha esaminato le due proposte di legge, ha predisposto un testo unificato che è stato licenziato a maggioranza ed ora ne auspica l'approvazione da parte del Consiglio regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.
MIGNONE Signor Presidente, colleghi, il mio intervento è sostanzialmente la dichiarazione di voto del Gruppo socialdemocratico. Il voto sul provvedimento rimesso all'esame del Consiglio regionale è ovviamente favorevole condividendo le premesse e le motivazioni che il collega Avondo ha espresso in modo non asettico, ma partecipato.
In realtà finalmente approda in Consiglio regionale la soluzione di un problema che nel corso della precedente legislatura, con tenacia di tutti ma in particolare del collega Avondo, cercammo di risolvere. Allora non ci riuscimmo e mi pare importante in questa circostanza aver dato una risposta concreta all'attesa che ci viene, dalle persone o dai loro rappresentanti che negli anni passati hanno contribuito a realizzare questo patrimonio.
Con questa certezza intanto evitiamo il completo sfacelo delle strutture che, in attesa di un mai arrivato trasferimento, sono state abbandonate in questi anni all'incuria del tempo. Queste strutture, come si può evincere dalla relazione, sono comunque numerose e costituiscono un patrimonio consistente presente sul territorio regionale.
Ovviamente condividiamo la scelta del passaggio diretto di proprietà alle amministrazioni comunali anche se sappiamo in molti casi essere un passaggio non del tutto gradito. Questo dobbiamo riconoscerlo perché in talune circostanze i Comuni acquisiscono una proprietà, ma per converso si trovano problemi di non poco conto dovendo adempiere a compiti di manutenzione e di ristrutturazione di immobili che necessitano di interventi anche ai sensi della normativa in tema di prevenzione degli incendi.
Ma, al di là di questo momento contingente relativo ai problemi da affrontare sul piano della manutenzione, credo che i Comuni acquisiscano comunque un patrimonio.
Mi pare anche importante definire legislativamente la previsione del vincolo di destinazione alle finalità per le quali questi edifici erano previsti. Questo principio importante deve essere riconosciuto se non vogliamo snaturare la finalità per la quale si era dato luogo all'ente e alle strutture che questo ente aveva originato.
Mi rendo conto che la questione potrebbe essere assai più ampia e assimilata a molte altre occasioni; pensiamo ad esempio alla riscoperta non solo in termini storici, dell'associazionismo legato alle SOMS (Società Operaie di Mutuo Soccorso) o anche alle società agricole che dopo anni di oblio oggi hanno avuto una riscoperta non solo delle loro origini, ma anche della validità di un patto associativo dei lavoratori. Anche questo è un patrimonio forse non conosciuto appieno, ancorché la Regione abbia lavorato in un'opera di ricerca, di sintesi e di raccolta di dati, ma che secondo me rimane ancora dimenticato per quanto riguarda il sostegno che a queste strutture e a questi momenti associativi la Regione dovrebbe dare.
Noi auspichiamo che nel momento in cui si va a risolvere questa vicenda, legata agli adempimenti successivi al DPR n. 616, il Consiglio regionale si faccia anche carico del fatto che vi è una parte di mutualità dell'associazionismo storicamente consolidatosi nel nostro territorio che attende ancora una risposta in termini di aiuto concreto da parte della Regione. In qualche modo dovremmo affrontare questo problema senza con questo prefigurare nuovamente momenti di ingabbiatura della società di un associazionismo di stato forzato, ma che comunque merita ancora attenzione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cernetti.
CERNETTI Il Gruppo socialista approva questo provvedimento e lo giudica utile anche per l'incertezza che grava su questi fabbricati. La maggioranza di questo patrimonio è nella città di Novara, quindi mi sento in obbligo di intervenire.
Ritengo, con una differenziazione dalle opinioni di Mignone, che oggi queste associazioni e queste strutture non abbiano più l'importanza che avevano tempo addietro; lo testimonia non soltanto il loro degrado, ma anche la scarsa frequenza da parte dei lavoratori perché l'assistenza nel tempo libero ai lavoratori in una società del benessere di massa e meno necessaria. E' giusto il passaggio ai Comuni e che i Comuni tengano presente prioritariamente le finalità per cui le stesse strutture sono state create.
Ci è parso giusto inserire il termine "prioritariamente" perché non ci nascondiamo che per i Comuni questo si traduce in un debito. Ho presente le due strutture di Novara e so che ci vogliono miliardi solo per delle ristrutturazioni che le tengano in piedi e per aggiustare i tetti che sono in stato di completo ed assoluto degrado. Quindi questo "prioritariamente" permetterà ai Comuni di addivenire anche ad un diverso utilizzo delle strutture e dovranno tenere presente non soltanto gli interessi di queste categorie di lavoratori, ma anche gli interessi non tanto dell'Amministrazione comunale quanto della popolazione nella sua intierezza.



PRESIDENTE

Non essendoci più iscritti a parlare passiamo all'esame dell'articolato.
Art. 1 "I beni immobili e mobili già appartenenti all'Ente Nazionale Assistenza Lavoratori, soppresso con il D.L. 18/8/78 n. 481 convertito nella legge 21/10/78 n. 641, sono trasferiti, ai sensi dell'art. 25, settimo comma, del DPR 24/7/77 n. 616, in proprietà ai Comuni nel cui territorio sono ubicati.
I beni di cui al precedente comma sono prioritariamente utilizzati per l'esercizio delle funzioni di.assistenza ai lavoratori".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 36 Consiglieri si sono astenuti 3 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
Art. 2 "La Giunta regionale, con propria deliberazione, individua i beni di cui all'articolo precedente da trasferire ai Comuni interessati.
Il trasferimento viene fatto constare in appositi verbali di consegna.
I verbali di consegna degli immobili costituiscono titolo idoneo per le conseguenti trascrizioni e volturazioni catastali".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 36 Consiglieri si sono astenuti 3 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
Passiamo alla votazione dell'intero testo di legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 38 Consiglieri si sono astenuti 3 Consiglieri.
L'intero testo di legge è approvato.


Argomento: Nomine

Nomine


PRESIDENTE

Passiamo al punto 12) dell'o.d.g.: "Nomine".
La parola al Consigliere Cerchio.
CERCHIO Vengono oggi presentate alla votazione del Consiglio le nomine della Finpiemonte.
La Commissione consultiva per le nomine ha preso in esame tali proposte insieme alle designazioni pervenute e trasmesse dall'Ufficio di Presidenza ed ha espresso il parere previsto dal primo comma dell'art. 8 della L.R.
10/85.
Nelle sedute del 13 e del 20 novembre ha espresso parere favorevole in merito alle designazioni inerenti le nomine del Consiglio di Amministrazione e del Collegio Sindacale della Finpiemonte.
A tale riguardo, essendosi verificata l'eventualità prevista dall'art.
7, ultimo comma, della legge sulle nomine, la Commissione, dopo aver votato favorevolmente con la sola astensione del Gruppo liberale, ha proceduto alla sostituzione del candidato presentato dal Gruppo liberale stesso. Sul nuovo nominativo fatto prevenire dal citato Gruppo liberale la Commissione ha espresso voto favorevole con l'astensione del Gruppo comunista motivata dall'impossibilità di dare una giusta valutazione del candidato data la scarsità di documentazione prodotta.
Poiché sono state presentate più candidature, sono state predisposte dall'Ufficio di Presidenza le liste di votazione.



PRESIDENTE

Si distribuiscano le schede per le seguenti nomine.
Finpiemonte - Consiglio di amministrazione. (ex art. 19 Statuto Finpiemonte e ex art. 8 L.R. 8/76). Nomina di 11 rappresentanti.
E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti i signori: Rambaudi Bruno Emilio, Giordano Alessandro, Mainone Biagio, Panella Luciano, Clementoni Franco, Fornaro Federico, Castagnone Vaccarino Aurelia Gliozzi Ettore, Gregori Renzo, Saio Osvaldo, Ciafaloni Francesco.
Pongo ai voti per alzata di mano l'immediata esecutività, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/53, n. 62,della deliberazione suddetta.
E' approvata con 36 voti favorevoli e 1 astensione.
Finpiemonte - Collegio Sindacale (art. 33 Statuto Finpiemonte). Nomina di 3 sindaci effettivi e di 2 sindaci supplenti.
E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti i signori Tealdo Angelo, Bonini Eugenio, Passoni Luigi quali Sindaci effettivi; i signori Spione Franco, Bertoldo Aurelio quali Sindaci supplenti.
Pongo ai voti per alzata di mano l'immediata esecutività, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/53, n. 62,della deliberazione suddetta.
E' approvata con 36 voti favorevoli e 1 astensione.


Argomento: Variazioni di bilancio

Deliberazione n. 354: "Sesto prelievo dal fondo di riserva di cassa di cui al cap. n. 12900 dello stato di previsione della spesa del bilancio 1986 della somma di L. 838.645.245"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 354: "Sesto prelievo dal fondo di riserva di cassa di cui al cap. n. 12900 dello stato di previsione della spesa del bilancio 1986, della somma di L.
838.645.245".
Non essendovi interventi pongo in votazione tale deliberazione il cui testo è già a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata con 29 voti favorevoli e 2 astensioni.


Argomento: Partecipazioni azionarie regionali

Progetto di legge n. 188: "Sottoscrizione di nuove azioni della Società Consortile per azioni Consusa S.p.a."


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del p.d.l. n. 188.
Il Consigliere Petrini dà per letta la relazione. Procediamo pertanto alla votazione dell'articolato.
Art. 1 "La Giunta regionale è autorizzata a sottoscrivere n. 3.050.000 nuove azioni da nominali L. 1.000 ciascuna, emesse dalla Società Consortile Consusa S.p.A. in esecuzione dell'aumento del proprio capitale sociale da L. 1423.110.000 a L. 6.923.110.000.
La sottoscrizione di cui al comma precedente è subordinata al formale impegno della Società a restituire, entro il termine perentorio di giorni tre dalla sottoscrizione stessa, i contributi erogati in esecuzione della deliberazione del C.R. n. 334-CR 8234 del 7/10/82".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 36 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 1 è approvato.
Art. 2 "Per l'attuazione della presente legge è autorizzata, per l'anno finanziario 1986, la spesa di L. 3.050.000.000.
All'onere di cui al precedente comma si provvede mediante riduzione, in termini di competenza e di cassa, dei sottoelencati capitoli per l'importo a fianco di ciascuno indicato: cap. n. 1000 L. 250.358.000 cap. n. 5103 L. 251.000.000 cap. n. 5685 L. l.000.000.000 cap. n. 5810 L. 100.000.000 cap. n. 5825 L. 100.000.000 cap. n. 7633 L. 1.000.000.000 cap. n. 12600 L. 348.642.000 La riduzione del capitolo n. 12600 è effettuata con riferimento all'accantonamento autorizzato per il finanziamento dei provvedimenti legislativi aventi per oggetto l'acquisto di azioni della S.I.T.O. S.p.A. e della Rivalta Scrivia S.p.A.
Nello stato di previsione della spesa del bilancio per l'anno finanziario 1986 viene conseguentemente istituito un apposito capitolo avente la seguente denominazione: 'Oneri relativi alla sottoscrizione di nuove azioni della Società Consortile Consusa S.p.A.' e la dotazione di L.
3.050.000.000, in termini di competenza e di cassa.
Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 36 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 2 è approvato.
Art. 3 "La presente legge regionale è dichiarata urgente ed entra in vigore nel giorno della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte, ai sensi dell'art. 45, sesto comma, dello Statuto".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 36 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 3 è approvato.
Passiamo alla votazione dell'intero testo della legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 35 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si è astenuto 1 Consigliere.
L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Parchi e riserve

Progetto di legge n. 179: "Assestamento al bilancio di previsione per l'anno finanziario 1986 - Parco Naturale dell'Argentera - Riserva Naturale della Garzaia di Valenza - Azienda Regionale dei Parchi Suburbani Venaria Reale - Parco Naturale Orsiera - Rocciavrè"


PRESIDENTE

Esame p.d.l. n. 179: Parco Naturale dell'Argentera, Riserva Naturale della Garzaia di Valenza, Azienda Regionale dei Parchi Suburbani Venaria Reale, Parco Naturale Orsiera - Rocciavrè.
Viene data per letta la relazione. Passiamo alla votazione dell'articolo unico.
Articolo unico "Sono approvati gli assestamenti ai bilanci di previsione per l'anno finanziario 1986 dei seguenti Enti di diritto pubblico e Aziende che gestiscono parchi o riserve naturali regionali: Parco naturale dell'Argentera Riserva naturale della Garzaia di Valenza Azienda regionale dei Parchi Suburbani - Venaria Reale Parco naturale Orsiera -Rocciavrè".
Allegati alla presente legge.
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 35 Consiglieri.
L'articolo unico è approvato.


Argomento: Informazione

Esame progetti di legge nn. 9, 69, 71: "Interventi per l'informazione locale" (rinvio)


PRESIDENTE

La parola al Consigliere Dameri.
DAMERI Di fronte alla presentazione di numerosissimi emendamenti mi chiedo se non sia più saggio da parte del Presidente considerare l'ipotesi, alla quale noi saremmo arrivati per via politica sul merito alla proposta di legge, di rimandare la legge in Commissione, previo voto del Consiglio.
Su questa questione da oltre un anno sono depositate delle propose di legge. C'è stata una discussione in sede di Sottocommissione nella quale però era assente il rappresentante della Giunta. Non abbiamo mai avuto il piacere di confrontarci con il rappresentante della Giunta che tra l'altro non so chi fosse perché francamente non ho capito chi seguiva la questione della legge sull'informazione. Mi pareva di aver recepito un certo interesse da parte del Presidente della Giunta, non so però se lui personalmente seguiva i lavori.
BELTRAMI, Presidente della Giunta regionale Una volta sola sono stato presente in Commissione.
DAMERI D'accordo ma la Commissione ha lavorato per dei mesi con la presenza solerte e apprezzata di qualche funzionario della Giunta, non credo che il confronto politico possa essere risolto in questi termini.
La presentazione di tutti questi emendamenti rende difficile l'esame in questa sede della legge sull'informazione, sulla quale vi è già stata una grande informazione alla radio, alla televisione, sui giornali. Su questi progetti dobbiamo ricominciare a lavorare. Credo sia opportuno considerare questo aspetto.



PRESIDENTE

Vorrei dire al Consigliere Dameri che il problema lo affronteremo non appena saranno fotocopiati tutti gli emendamenti. Anche il Consigliere Bontempi ha chiesto che venisse fatta una riflessione su questi provvedimenti.


Argomento: Produzione e trasformazione dei prodotti

Esame progetto di legge n. 119: "Modifiche ed integrazioni alla L.R. 13/5/80, n. 39 - Repressione delle frodi: sistema di rilevazione e controllo della produzione e del commercio dei prodotti vinicoli"


PRESIDENTE

Passiamo al punto 8) all'o.d.g.: Esame p.d.l. n. 119: "Modifiche ed integrazioni alla L.R. 13/5/1980, n. 39 - Repressione delle frodi: sistema di rilevazione e controllo della produzione e del commercio dei prodotti vinicoli". Relatore su questo p.d.l. il Consigliere Penasso il quale dà per letta la relazione.
Ha chiesto la parola il Consigliere Ferro.
FERRO Questo disegno di legge si presenta come se fosse una legge minore.
Sono del parere che le leggi sono il prodotto di situazioni e di esigenze maturate nella realtà sociale e civile di una data comunità; non sono quindi un prodotto senza tempo e senza storia. In qualche modo, nel bene e nel male, devono tener conto del confronto politico, del mutare delle vicende, delle attese, degli interessi che la comunità esprime.
Questa proposta di modifica della legge n. 39 era stata abbozzata dalla Giunta di sinistra, quando Assessore all'agricoltura era Ferraris, il quale era andato elaborandola alla luce dell'esperienza maturata attorno ai problemi di gestione. Se confrontiamo le proposte presentate in aula oggi con quelle elaborate a suo tempo dall'Assessore Ferraris, escludendo un parzialissimo aggiornamento rispetto al decreto Pandolfi, ci rendiamo conto che i ritocchi apportati non sono molti. Sono stati recepiti alcuni emendamenti da noi presentati, la si è aggiornata rispetto al decreto Pandolfi, ma non si è andati oltre. Infatti questa proposta di legge credo sia figlia del suo tempo. Il suo tempo è datato primavera - estate 1985.
Nel marzo del 1986 in Piemonte è successo qualcosa che avrebbe dovuto farci riflettere: la vicenda del metanolo. Non mi voglio soffermare sulla cronaca di quella vicenda, anche perché l'Assessore Lombardi già l'aveva fatta dando notizie del numero dei morti, sulle cantine chiuse e sui personaggi incriminati, in realtà senza aggiungere molto di propositivo sul piano dell'impegno politico. Quando ho sentito il Ministro Pandolfi sostenere che di vino al metanolo ne sono circolati 3 milioni di ettolitri su una produzione nazionale che è stimabile attorno ai 60/70 milioni, in molti ci siamo chiesti se a livello nazionale non era tempo di porre mano ad una profonda revisione della legge n. 162. Tutti ricordiamo la tensione le critiche provenienti anche dalla Coldiretti e dal Partito socialista sull'atteggiamento incerto del Ministro al cui decreto furono apportati numerosi emendamenti. L'Assessore Lombardi in quest'aula ha detto poco, a Verona ha detto qualcosa di più, anzi, ha detto ben altro. Ha dichiarato che il Piemonte produce 4 milioni di ettolitri di vino, ma ne vende il doppio. Se queste cifre sono vere esprimono quanto è successo e non credo ci sia motivo di contestarle. Se era giusta la denuncia fatta a Verona, era legittimo attendersi lo scatto, una marcia in più sulle politiche e sulle strategie. Questo scatto abbiamo cercato di provocarlo anche noi con una proposta di legge. Abbiamo cercato di cogliere, nella sua interezza, la portata della frode e della sofisticazione e abbiamo presentato un complesso di misure legislative operative che fossero all'altezza del fenomeno che si vuole sconfiggere.
Alcuni dei percorsi della nostra proposta di legge, come quello della controetichettatura, sono poi entrati nel decreto Pandolfi; vedremo poi come verranno applicati.
Comunque la nostra proposta non voleva essere altro che una base articolata e complessa di confronto, uno stimolo per la maggioranza a misurarsi sul largo ventaglio dei problemi che il metanolo ha sollevato.
Ora, non per pregiudizio politico, ma per onestà intellettuale si dovrà convenire che la proposta della Giunta che noi stiamo votando è ampiamente al di sotto dei problemi che la vicenda del metanolo ha sollevato. A questo punto voglio partire da quanto ha detto l'Assessore Lombardi a Verona.
E' giusto che il nome dei vini piemontesi vada tutelato? Ma come? Il Piemonte non può accontentarsi del decreto Pandolfi. Questo decreto si ritaglia per la viticoltura italiana, ma non per quella piemontese, i cui .interessi sono completamente diversi rispetto alla viticoltura meridionale. L'Italia non è un paese che esporta vini, esporta mosti. Su 16/18 milioni di ettolitri esportati ogni anno solo il 14% sono vini a denominazione di origine controllata, il rimanente sono vini da tavola.
Ogni anno esportiamo due milioni di ettolitri in Francia, qualche tempo fa dalla Sicilia partivano quattro milioni di ettolitri. L'Italia, per usare un termine industriale, esporta semilavorati che vengono finiti e commercializzati altrove. Il Piemonte produce ed esporta per la maggior parte vini D.O.C. Pochi sono i semilavorati, per questo ha interessi da tutelare e da sviluppare che sono assai diversi rispetto a quelli del resto del Paese. Non voglio ripetere cose dette e ridette anche perché non credo ci sia bisogno di puntualizzare posizioni che do per scontate. Mi permetta Assessore, di porre qualche interrogativo.
La prima questione che voglio porre parte da una constatazione. In Piemonte dal 1960 ad oggi la superficie vitata è diminuita, sono saltate aree scarsamente vocate, ma nell'astigiano e nelle Langhe sono anche saltate aree di notevole interesse. Nel contempo però in Piemonte sono cresciute sia le aziende commerciali che il volume del prodotto trattato.
Già questa è un'anomalia all'interno della quale vi troviamo un altro dato significativo; se escludiamo l'Asti spumante, solo il 12-13% della produzione piemontese è D.O.C., mentre l'87% è vino da tavola. Siamo quindi, da questo punto di vista, in perfetta media con quella nazionale.
Sui. D.O.C. Piemonte o sulla trasformazione dei vini da tavola in vini tipici il dibattito è aperto, non È certamente il caso di riprenderlo qui.
La domanda è questa: la proposta di legge che discutiamo concorre a superare questa anomalia? Badate che se non concorre a superarla anche gli sforzi che l'Assessorato dichiara di voler fare sulla promozione saranno sforzi vani. Abbiamo delle grosse perplessità su come si spendono i soldi per la promozione, nel senso che non ci sono strategie da parte della Giunta e si danno soldi ad enti, associazioni e consorzi senza sapere bene qual è il disegno unitario di questa politica.
Veniamo ad una seconda questione. E' vero o non è vero che, se non si supera questa anomalia, la tendenza del futuro sarà quella di dare nella vendita la preminenza alla marca rispetto alla qualità del vino? Sino a quando questo fenomeno di dare la preminenza alla marca rispetto la qualità riguarda 10/12 cantine tutto questo non guasta. Anzi, una marca di prestigio forse può in questo contesto trascinare il vino di una data zona ma, dopo la vicenda del metanolo, le cose non stanno più così. Chi pu cerca di valorizzare la marca al di sopra del prodotto che è contenuto in bottiglia e i risvolti di questo indirizzo sono di doppio segno che si va diffondendo assai rapidamente. Da un lato aumenta la tendenza a produrre la qualità e il grado in cantina e non nel vigneto, dall'altro si sta consolidando l'opinione che i D.O.C. servono a poco, poiché contano serietà e qualità della marca e non le garanzie offerte sul vino dalla Denominazione di Origine Controllata.
Rispetto a questi problemi, quale strategia nella promozione e quale politica e quali iniziative nella repressione delle frodi e sofisticazioni adottiamo? Sono le norme che votiamo oggi? Forse non è ancora il tempo di alzare un po' di più il tiro? L'ultima questione che vorrei porre è quella che riguarda i vini del Piemonte meno nobili. Si dice che l'effetto metanolo ha ridotto l'esportazione all'estero oltre che i consumi interni. Non contesto un'affermazione così generica e generale,voglio solo dire che, per esempio negli Stati Uniti, le esportazioni di vino italiano sono diminuite, per quelle francesi sono diminuite più di quelle italiane, mentre quelle tedesche sono diminuite del 30%. Dalla lettura di questi dati si deduce che gli effetti delle politiche economiche e monetarie sono stati preminenti rispetto a quelli del metanolo anche se è indubbio che tali effetti si sentono di più sui vini meno nobili che su altri.
La frode e la sofisticazione degli anni '60 ha dato un duro colpo al Barbera concorrendo a creare situazioni che tutti siamo in grado di valutare e considerare in vaste aree agricole dell'astigiano. Oggi il rischio e per altri vini, come il Dolcetto, quindi altre aree potrebbero entrare nell'occhio del ciclone. Dobbiamo convincerci che la frode e la sofisticazione sono fatti strutturali derivati, come direbbe Lo Bianco tanto per citare un nome caro all'Assessore, che confermano l'affermarsi della concorrenza di prodotto rispetto alla concorrenza di prezzo. Se si vende il doppio di quanto si produce non si può pensare ad una sofisticazione che vive negli interstizi o ai margini della produzione, non si può più pensare alla sofisticazione come si pensava nel 1980. In quell'epoca si sapeva che Narzole era un paese strano, si pensava fosse un paese di damigianisti, ma sbagliavamo perché era diventato in realtà un paese di cisternisti che offriva materia prima alla commercializzazione in damigiane e bottiglioni.
Ecco perché noi non diamo un giudizio negativo sulla legge n. 39 e l'occasione del suo ritocco per rendere più agevole la gestione doveva essere colta per rispondere ai quesiti e alle questioni che stiamo ponendo.
Ovviamente voteremo favorevolmente la legge, questo significa che diamo un giudizio non del tutto negativo. Tuttavia l'articolato suscita perplessità per le carenze che presenta.
Le possibili strade individuate dal nostro Gruppo sono quindi di ripresentare in aula emendamenti per migliorare la legge. E' quello che abbiamo cercato di fare in Commissione, ma mi domando sino a che punto valga la pena proporre emendamenti se poi non vengono accolti. Finiremo di fare la battaglia che abbiamo già fatto in Commissione e l'esito penso sia scontato.
Molto più realisticamente posso dire che il problema non è quello di licenziare una legge nel modo migliore possibile, ma di verificare se esiste nella maggioranza la volontà politica di produrre quello scatto in più per il governo dei processi.
Presenteremo quindi un solo emendamento significativo con il quale chiediamo strumenti di controllo del patrimonio viticolo, emendamento che tenta di dare una risposta ai tre quesiti posti nel mio intervento. Ci rendiamo conto che in questo modo restringiamo di molto lo spazio di iniziativa di un Gruppo di opposizione come il nostro che potrebbe fare ben altre battaglie. La nostra rinuncia discende però dalla necessità di capire sino in fondo se, nonostante le insufficienze che in materia di politica agraria questa Giunta ha dimostrato, non ultima quella sulla gestione degli accordi sul Moscato, esiste la volontà di avviare questo scatto.
Non so quale peso viene dato alle nostre affermazioni. Dategli il peso che volete; comunque, vi consiglio di rinunciare a pensare che il ruolo dell'opposizione sia di mettere in difficoltà chi governa. Non è così sull'accordo del Moscato ci sono critiche non solo da parte dei comunisti ma anche da parte di democristiani, socialisti e altri. Se chiedete a chi critica se la Regione oggi è più vicina o è più lontana dai produttori, vi sentirete rispondere che è più lontana. Le critiche della Coldiretti sull'Esap o sulla distribuzione delle Vicepresidenze ci possono anche far piacere, ma il risultato finale è lo svilimento del ruolo della Regione e questo non ci va bene.
Occorre allora capire sino in fondo se esistono i margini per un confronto sulle strategie e se esistono i varchi per avviarle. Credetemi di questi tempi non è poco.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Fracchia.
FRACCHIA Signor Presidente e colleghi Consiglieri, giunge finalmente in aula un d.d.l. regionale che nelle intenzioni dovrebbe costituire un valido strumento atto a contrastare quelle frodi commerciali che, andando ben al di là dell'attentare a semplici beni patrimoniali, pongono in pericolo l'incolumità pubblica.
Dallo scandalo del glicole di etilenico al metanolo siamo stati spettatori di attività economiche illecite che intaccando fortemente da un lato l'immagine di un importante comparto produttivo agroalimentare regionale e nazionale, tra i più prestigiosi del marchio "Italia" nel mondo, dall'altro lato hanno messo a repentaglio la vita e la salute dei consumatori.
Avendo ben presente questo secondo e rilevantissimo interesse, il Gruppo repubblicano esprime il proprio parere favorevole al lavoro svolto dalla Giunta e dalla Commissione consiliare nel predisporre il dettato legislativo in esame. Desidero sottolineare come questo provvedimento, che si pone a difesa di quei due interessi fondamentali sopra accennati, salute pubblica e esigenze dell'economia, opera in un modo e entro limiti istituzionalmente corretti.
Il vino al metanolo fu uno scandalo nello scandalo, poiché non si pu dimenticare che venne alla ribalta e fu scoperto non in conseguenza del lavoro dei servizi di repressione delle frodi o dai N.A.S., ma da indagini necroscopiche su morti sospette, dai referti medico - legali circa l'accertamento delle cause di decessi immotivati. Un po' tardi oserei dire.
Emerse in quel momento una carenza di eccezionale portata nel sistema dei controlli in Italia, problema ormai secolare se già il Ministro dell'agricoltura di inizio secolo denunciava la pratica impossibilità di fronteggiarlo adeguatamente.
E' su questo aspetto che la legge regionale che stiamo dibattendo si propone di intervenire, non solo per un discorso di carattere istituzionale, in quanto applicare sanzioni di carattere penale e contrastare le frodi alimentari è stretta competenza dello Stato, ma soprattutto perché l'efficacia intimidatrice delle norme poste a difesa di beni fondamentali è proporzionale non solo all'entità delle sanzioni ma soprattutto alla certezza dell'applicazione delle stesse.
La legislazione italiana vieta anche il non strettamente necessario come, ad esempio, lo zuccheraggio, ma di questo abbiamo già discusso in altre occasioni, per difendere la qualità, altro che consentire veleni! Il guaio è che trascurare i controlli significa insinuare nella mente del sofisticatore, che inizi con lo zuccheraggio, eventuali alterazioni, la convinzione di una impunità certa. E allora perché non aggiungere altro se i costi sono ridotti? Questa è stata la filosofia che ha portato al metanolo. E' questa logica perversa che noi intendiamo e dobbiamo combattere predisponendo le condizioni affinché gli accertamenti siano sempre più efficaci e puntuali.
Concludendo, signor Presidente, ribadisco la posizione e il voto favorevole del Gruppo repubblicano non senza ricordare alla Giunta e all'Assessore competenti che il lavoro lodevolmente svolto fin qui richiede di essere proseguito. Lo scandalo del metanolo forse è passato, purtroppo le frodi commerciali continuano. Tuttora c'è un grande movimento nelle province di Asti e di Cuneo di autobotti targate Lecce e Foggia.
Su questo punto non bisogna abbassare la guardia poiché forse sulle sofisticazioni qualcosa si è fatto, ma sulle frodi in commercio no. Non so se i numeri riportati dall'Assessore sono esatti e cioè che la metà del vino che esce alla nostra regione non è prodotto in Piemonte. Il movimento di autobotti cui accennavo prima, particolarmente in ore mattutine o notturne, conferma che nel campo delle frodi nulla è cambiato e poco si sta facendo. Gli enti interessati dovrebbero essere più guardinghi nei controlli delle varie movimentazioni; si è notato che grandi aziende - non farò qui i nomi, ma li dirò in Commissione - per sviare eventuali sospetti hanno affittato cantine chiuse dove portare i vini.
Dall'emergenza occorre passare alla ricostruzione e allo sviluppo di una nuova immagine. Su questo saremo molto sensibili e non mancherà il nostro contributo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.
MIGNONE Una breve considerazione che vale anche dichiarazione di voto.
Il Gruppo socialdemocratico voterà a favore del d.d.l. che è approdato oggi all'esame finale del Consiglio e che introduce alcune modifiche alla legge n. 39. Credo che nessuno abbia voluto enfatizzare più di tanto la portata legislativa di questo provvedimento poiché tutti sappiamo essere questi dei correttivi d'integrazione ad una legge che risultano opportuni dall'esperienza. Questa è una risposta concreta del Consiglio regionale a tante dichiarazioni e auspici che facemmo quando, nell'immediatezza della vicenda del vino al metanolo, il Consiglio regionale affrontò le problematiche che attengono alla produzione e al commercio del vino prodotto così importante della nostra regione.
Allora tutti dicemmo che, pur in una regione già all'avanguardia rispetto alla media delle regioni italiane, era necessario un approfondimento per quanto riguarda la tematica del controllo e della repressione delle frodi. Occorre quindi riconoscere che questo provvedimento legislativo rappresenta un adempimento puntuale delle dichiarazioni che facemmo in allora, consapevoli che, ovviamente, questa non può essere l'unica risposta.
Individuammo allora anche la necessità di intervenire sul terreno dello sviluppo delle politiche di promozione. Dopo la pausa di riflessione che aveva suggerito l'Assessore per capire l'entità del fenomeno, le sue dinamiche e quali erano i mercati in cui andare, per non fare una promozione a casaccio, ma per finalizzare le risorse, nel campo della promozione, con l'assestamento di bilancio abbiamo rimpolpato quei capitoli che consentono appunto uno sviluppo mirato della promozione del nostro prodotto.
Anch'io, come il collega Fracchia, non mi addentro sulle tematiche dello zuccheraggio e dell'opportunità o meno di istituire la denominazione d'origine controllata del "Piemonte".
Fra l'altro io e il collega Viglione siamo abbastanza sensibili ad una proposta di questo tipo e sappiamo anche che a livello locale in molte riunioni questa ipotesi è stata dibattuta e le opinioni sono state controverse.
E' un aspetto legato a provvedimenti di carattere nazionale. Tutti riconoscono che il sistema delle D.O.C. e delle O.G.G. va comunque rivisto.
Credo che l'accordo sul Moscato sia stato stipulato in una situazione non facile e che può essere giudicato non soddisfacente, credo però che abbia rappresentato il massimo dei risultati che si potessero ottenere scontando anche una situazione pregressa. In questi anni si è raggiunta una produzione eccessiva rispetto al mercato. Questa situazione andava forse bene agli industriali del settore. Abbiamo davvero posto un argine alle richieste degli industriali del settore negli anni passati? Non lo so forse era il libero mercato che induceva a questi risultati.
Oggi però ci troviamo in una situazione che finisce per penalizzare soprattutto i produttori. In questo quadro, in una logica di politiche di rientro graduale, questo rappresenta il massimo dei risultati probabilmente non sarà il massimo dei desideri, ce ne rendiamo conto, ma si deve dare atto che non si poteva fare di più.
L'ultima considerazione riguarda l'intero esame della legge. Per il ruolo istituzionale, più che come Capogruppo, mi permetto di ricordare che queste modifiche, assieme alla proposta del Gruppo comunista, che conteneva degli elementi di novità e di ampiezza maggiori, sono state esaminate una prima volta dalla Commissione; erano già state rassegnate all'esame del Consiglio e iscritte all'o.d.g.. In Consiglio decidemmo di ritornare in Commissione per riesaminare gli emendamenti. Là Commissione li ha esaminati, quindi dal punto di vista formale ritengo si possa dire che è stato dato tutto lo spazio necessario e consentito ai Gruppi proponenti di emendamenti e di esame. Certo il risultato può non aver soddisfatto, ma dal punto di vista dell'iter tutto questo c'è stato.
Una delle ragioni per cui alcuni emendamenti non sono stati accolti è perché vi è in corso un iter di predisposizione di provvedimenti à livello di comunità e à livello nazionale (ad esempio quello sul catasto) che ha suggerito l'opportunità di, attendere una definizione più puntuale del quadro di riferimento comunitario e nazionale. Ci pare quindi di poter sostenere che il provvedimento all'esame del Consiglio rappresenta un primo passo verso quell'obiettivo comune di dare maggiori garanzie ai consumatori e maggiori certezze ai produttori. Là legge n. 39 non ha consentito di stroncare il fenomeno delle frodi. Questo rappresenta un ulteriore affinamento verso gli obiettivi comunemente condivisi di repressione decisa e totale delle frodi e degli illeciti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA Prendo là parola perché mi sembra doveroso rendere omaggio ad una proposta di legge così importante. Non mi soffermerò sul suo contenuto dirò soltanto che essa si colloca esattamente nella situazione che conosciamo tutti, .ma che non si può, Consigliere Ferro, disconoscere che è una situazione che ha delle carenze. Siamo consapevoli che i controlli e gli interventi à livello nazionale e à livello regionale erano insufficienti visto che si è verificato quello che si è verificato.
Questa proposta si colloca in una linea di tendenza diretta à far funzionare meglio i controlli, diretta a dare un segnale a coloro che hanno sempre vissuto nell'ombra, che hanno frodato, che hanno operato delle alterazioni. E' un intervento teso à promuovere un maggior coordinamento tra là Regione e gli enti locali che mette à disposizione delle province sedi operative, mezzi, personale e strumenti per esercitare controlli e per prevenire e bloccare all'origine le frodi. In questo quadro occorre rivedere la funzione dei laboratori di analisi delle province.
Nel settore vitivinicolo sono necessari altri interventi e altri controlli, per esempio sull'uso dello zucchero ma anche su un più equo rapporto tra produzione e vendita. Si vende più di quanto si produce e poi ci troviamo di fronte alla necessità, magari, di trasformare 130 o 150 mila ettolitri di moscato, perché non c'è mercato. Quindi c'è molto da fare nel campo della promozione per il rilancio del settore. L'Assessore Lombardi ha fatto un grande sforzo per rafforzare il ruolo della Regione, ha trovato ampia sensibilità, credo allora che si debba proseguire. Il Piemonte ha ricevuto nella primavera scorsa dei colpi durissimi. Ma non è solo un problema piemontese. Mi auguro che tutto il Paese si faccia carico di questi problemi per riguadagnare le posizioni di favore che avevamo nel mondo e che abbiamo perso.
Con questa proposta ricominciamo a dare una prima risposta a questi problemi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Penasso.
PENASSO Signor Presidente, colleghi Consiglieri,nell'annunciare il voto favorevole della DC a questa proposta di legge integrativa della legge n.
39, non avendo svolto la relazione, intervengo per due brevi considerazioni.
La richiesta che viene dal mondo produttivo vitivinicolo probabilmente auspicava programmi più impegnati dalla Regione Piemonte. Lo sforzo che la Giunta ha fatto nella presentazione e nell'elaborazione di questa legge credo sia pari alla possibilità di intervento regionale in questa materia e la relazione lo mette in evidenza. Sono limiti entro i quali questa materia è stata delegata alla Regione.
In questa integrazione della legge sono richiamati alcuni punti qualificanti, tra questi una maggiore presenza di organi preposti al controllo. Mi auguro che il Consiglio regionale approvi questa legge e al di là dei miglioramenti che potrà ancora acquisire ci sia una vera volontà di farla funzionare attraverso gli organismi di controllo e di prevenzione.
Solo così sarà possibile controllare e stroncare quegli episodi che il collega Fracchia ha evidenziato.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Lombardi.
LOMBARDI, Assessore all'agricoltura Signor Presidente e colleghi Consiglieri, avrei desiderato che questa discussione si fosse aperta di fronte ad un Consiglio più attento e con più tempo a disposizione. Purtroppo la situazione è quella che è. Mi limiter quindi a fare delle brevissime considerazioni. La prima è che non è accettabile una critica rivolta alla riduttività dell'intervento legislativo. Lo abbiamo detto in Commissione e scritto nella relazione e credo sia giusto che rimanga agli atti del Consiglio. Non voglio dire che non ci sia la volontà politica di fare di più nel settore della repressione delle frodi e delle sofisticazioni. Questa competenza è rimasta al livello nazionale e la Regione si deve muovere negli spazi offerti dalle disposizioni legislative nazionali e non può che legiferare gli aspetti marginali del problema delle frodi e delle sofisticazioni.
Non è vero che c'era già un disegno di legge pronto, non mi risulta sia mai stato presentato. Sono a conoscenza che i servizi in collaborazione con l'Assessore hanno lavorato per presentare questa proposta. Qualche risposta su fatti specifici.
Riduzione superficie e aumento aziende commerciali. E' vero, il Piemonte era la prima regione italiana produttrice di vino e oggi è al settimo posto. Le motivazioni di questa realtà sono diverse; la principale è dovuta al fatto che nel nostro paese si è sviluppata una vitivinicoltura nelle zone di pianura che sta mettendo in grande difficoltà quella delle zone di collina e la vitivinicoltura di collina non potrà mai competere sul piano della quantità e sul piano del prezzo con la vitivinicoltura di pianura.
Aumento delle aziende commerciali. Questi dati non li ho. Può anche essere così, ma la motivazione è facilmente individuabile ed è che il nome "Piemonte" è un nome di prestigio, fa premio sui mercati nei confronti di altri nomi di altre regioni, di conseguenza c'è una tentazione economica per i trasformatori di usufruire del nome Piemonte anche per prodotti che piemontesi non sono. Dobbiamo però sapere che la Regione, non per merito dell'attuale gestione, ma per decisione delle Giunte del passato, ha cercato di regolamentare questo aspetto proprio attraverso il catasto e l'anagrafe che debbono individuare qual è realmente la produzione vitivinicola piemontese. I colleghi debbono sapere che la nostra Regione ha destinato negli ultimi 7/8 anni molte risorse. E' una politica che è stata via via portata avanti. Probabilmente non avevamo ancora sotto controllo in modo completo la realtà produttiva derivante dalla vinificazione di uve piemontesi e quella proveniente dalla vinificazione di uve di altre regioni. Non mi stupirebbe che in Piemonte le aziende trasformatrici che producono vini che non hanno riscontro nei vitigni piemontesi possano continuare a svolgere questa azione. Non sarebbe logico vietare ad una grande azienda di completare la gamma dei suoi prodotti con vini non piemontesi, l'importante è che quello che ha il nome "Piemonte" sia effettivamente il frutto della pigiatura delle uve piemontesi.
La politica portata avanti in questi anni va proprio in questa direzione.
Parlare di mancanza di strategia nell'azione promozionale mi sembra sia una critica che non tiene conto di tutti i problemi che ha avuto questa Regione e l'Assessorato all'agricoltura.
C'è una strategia: l'ente pubblico o la Regione Piemonte non svolge azioni promozionali di propria iniziativa con proprie scelte, ma svolge azioni promozionali che sono frutto dell'intesa fra l'ente pubblico, la Regione, le Camere di commercio, le amministrazioni provinciali e le associazioni dei produttori dei consorzi di tutela, soprattutto di questi ultimi. Se il collega Ferro desidera consultare le deliberazioni che sono state assunte vedrà che non ci sono affidamenti diretti a nessun studio di pubblicità, che non ci sono rapporti diretti con organizzazioni del settore, ma sono semplicemente deliberazioni che attribuiscono ai consorzi di tutela o alle associazioni che hanno concordato con la Regione un programma il compito di svolgere azione promozionale.
Mi permetto di sottolineare che i controlli sono importanti, ma molto più importante è che i soggetti economici interessati al problema si sentano realmente coinvolti in un'azione di promozione di prodotti di qualità. Se non rispettiamo gli statuti delle associazioni dei consorzi, se non crediamo che ci sia questa capacità nei produttori di dotarsi di strumenti di autocontrollo, le prospettive per la nostra vitivinicoltura sarebbero molto difficili.
Questa strategia fa giustizia sulla impostazione secondo la quale la marca fa premio sul vino e cioè le grandi case tendono a promuovere soprattutto il nome della casa e non il nome del vino. Questo può essere successo nel passato ma la Regione oggi non va in questa direzione perch nel momento in cui si fa la promozione attraverso i consorzi e le associazioni questo problema viene nettamente superato perché è l'interesse generale che viene ad essere coinvolto e non l'interesse particolare.
E' stato più volte richiamato l'accordo sul Moscato. A me non sembra rilevante che ci siano mugugni o critiche su quello che è stato fatto. Devo sottolineare ancora una volta che tutto quello che è stato fatto è avvenuto all'unanimità delle commissioni rappresentative dei soggetti economici siano di produttori siano di trasformatori, quindi vi è stato un consenso generalizzato delle forze interessate al problema.
L'essere riusciti nel 1986 a far pagare le uve Moscato 8.600 lire tanto quanto prevedeva l'accordo, in una annata in cui c'era un'esuberanza di 170 mila ettolitri di Moscato della produzione 1985, e c'era una sovraproduzione di 200 mila ettolitri della produzione 1986, è stato un risultato, non per merito dell'Assessore, ma per merito del Consiglio delle forze sociali e del Ministero che attraverso l'AIMA ha concretizzato la distillazione, da sottolineare come positivo e non in termini negativi.
Se ci sono forze sociali o politiche che hanno proposte concrete per delle soluzioni migliori, credo che il mondo della vitivinicoltura, le forze politiche, il Consiglio e soprattutto l'Assessore saranno ben lieti di confrontarsi e di prenderle in considerazione. Le soluzioni adottate qui pare siano in questo momento le uniche possibili. Se ci saranno proposte migliorative sarà interesse generale del mondo della produzione e della trasformazione del moscato recepirle e concretizzarle.



PRESIDENTE

Grazie Assessore Lombardi. Passiamo ora alla votazione dell'articolato.
Art.1 (Integrazioni all'art, l) "All'art. 1, primo comma, dopo le parole: 'alle Amministrazioni provinciali... ' sono aggiunte le parole: '...alle Unità Socio-Sanitarie Locali..' ".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 36 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 1 è approvato.
Art. 2 (Modifica ed integrazione art.2) "L'art. 2 è soppresso e così sostituito: 'Allo scopo di migliorare il sistema di controllo e di vigilanza sulla preparazione e sul commercio dei prodotti vinosi previsto dalle leggi vigenti, le Amministrazioni provinciali svolgono i compiti ad esse attribuiti dall'art. 62 del DPR 10/6/55, n. 987, nominando ufficiali ed agenti di Polizia Giudiziaria ed avvalendosi della collaborazione dei Comuni, anche mediante nomina da effettuare tra il personale dipendente delle Amministrazioni comunali' ".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 36 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 2 è approvato.
Art. 3 (Integrazioni all'art.3) "Dopo l'art . 3 vengono aggiunti i seguenti articoli: 'Art. 3 bis - (obblighi degli operatori vitivinicoli - Sanzioni) 1) - Ai soggetti che producono, trasformano, elaborano, detengono e commercializzano i prodotti di cui all'art. 3, punto 1, della presente legge è fatto obbligo di chiedere l'iscrizione all'Anagrafe Vitivinicola del Comune ove ha sede l'azienda e lo stabilimento e a provvedere al relativo, completo e veritiero, aggiornamento annuale.
Sono esentati dagli obblighi di cui sopra i soggetti dispensati dalla presentazione di tutte le seguenti dichiarazioni previste dalle disposizioni Comunitarie e Nazionali: dichiarazione di raccolta uve dichiarazione di produzione di prodotti vinosi dichiarazione di giacenza prodotti vinosi.
2) - L'inosservanza degli obblighi di cui al precedente punto comporta: a) una sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da L.
300.000 a L. 3.000.000 b) in ogni caso, per i trasgressori, l'esclusione da ogni provvidenza comunque amministrata dalla Regione ed il diniego di autorizzazioni regionali a qualsiasi titolo richieste fino all'adempimento degli obblighi sopra previsti.
I Servizi della Regione competenti per l'agricoltura, i Servizi delle Province ed i Comuni accertano, anche avvalendosi delle Commissioni comunali di cui all'articolo precedente, le violazioni della presente legge.
L'Autorità competente ad erogare le sanzioni amministrative è il Presidente della Giunta regionale, che vi provvede con propria ordinanza ingiunzione secondo le procedure dettate dalla legge 24/11/1981, n. 689.
I proventi connessi alle sanzioni amministrative di cui al primo comma punto 2 lett. a) del presente articolo saranno introitati in apposito capitolo, che sarà istituito nello stato di previsione dell'entrata del bilancio di previsione dell'esercizio 1986 e successivi al Titolo III Categoria 07, con la seguente denominazione 'Proventi connessi alle sanzioni amministrative per le violazioni relative all'iscrizione all'Anagrafe Vitivinicola'.
Le entrate di cui al comma precedente saranno destinate a parziale copertura degli stanziamenti dei capitoli di spesa di cui alla presente legge.
La ripartizione delle somme introitate tra i capitoli di spesa, di cui al comma precedente, sarà effettuata con la legge di approvazione del bilancio degli esercizi 1987 e successivi.
Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare le necessarie variazioni di bilancio".
"Art. 3 ter (Comitato regionale di coordinamento) E' costituito, ai sensi dell'art. 6 par. 5 della legge 7 agosto 1986, n.
462, il Comitato regionale di coordinamento per la prevenzione e la repressione delle frodi e delle sofisticazioni nella lavorazione e nel commercio dei prodotti alimentari.
Il Comitato è così composto: 1 - L'Assessore regionale per l'agricoltura e le foreste o suo delegato che la presiede.
2 - L'Assessore regionale per la sanità o suo delegato.
3 - Il Responsabile o suo delegato per ognuno dei Servizi repressione frodi del Ministero Agricoltura e Foreste operanti in Piemonte.
4 - Il Responsabile o suo delegato del nucleo antisofisticazione dell'Arma dei Carabinieri operante in Piemonte. 5 - Il Responsabile o suo delegato del nucleo di polizia tributaria del Corpo della Guardia di Finanza operante in Piemonte.
6 - Il Responsabile o suo delegato del Corpo forestale dello Stato operante in Piemonte.
7 - L'Assessore provinciale o suo delegato competente dei Servizi di vigilanza per la repressione delle frodi di ognuna delle Amministrazioni provinciali.
Il Comitato ha sede presso l'Assessorato regionale agricoltura e foreste dura in carica quanto il Consiglio regionale e comunque continua la propria attività fino al suo rinnovo.
Il. Comitato viene nominato con deliberazione.della Giunta regionale".
Il Consigliere Ferro presenta il seguente emendamento: Art. 3 bis - "(Sistema di controllo del patrimonio viticolo e Piano di orientamento e di ottimizzazione delle produzioni viticole).
Per assicurare la maggiore qualità e tipicità delle produzioni viticole la Regione istituisce il Sistema di Controllo del Patrimonio Viticolo ed il Piana di orientamento e di ottimizzazione delle produzioni viticole.
Per l'istituzione del Sistema di Controllo del Patrimonio Viticolo la Regione, oltre a computare il censimento dei vitigni impiantati avvalendosi dell'E.S.A.P. e del Consorzio sul Sistema Informativo predispone entro 90 giorni le metodologie necessarie.
Le metodologie sono volte a delimitare le zone vietate in funzione della loro vocazione indicando per ognuna di esse, anche in modo particellare ove necessario, i tipi di vitigno più indicati, in fase di impianto o di reimpianto e le eventuali necessità di estirpazione nelle zone non votate.
La Regione entro 90 giorni concorda con le Province ed i Comuni interessati le modalità di attuazione e di gestione del Piano di orientamento e di ottimizzazione delle produzioni viticole".
La parola al Consigliere Ferro che lo illustra.
FERRO Questo emendamento credo sia caro tanto al Presidente Viglione quanto al Presidente della Commissione, Consigliere Mignone.
Ci troviamo di fronte ad una situazione in Piemonte per cui se si esclude il moscato l'87°6 della produzione non è di vini D.O.C.; anche il vino che è sotto la Denominazione di Origine Controllata presenta dei superi rispetto ai disciplinari previsti dalla legge n. 930.
Si pone il problema della "D.O.C. Piemonte". Se vogliamo realizzarla si pone anche il problema di perfezionare la qualità delle produzioni viticole e delle produzioni vitivinicole. Di qui nasce la nostra proposta di emendamento aggiuntivo per la realizzazione di un sistema di controllo del patrimonio viticolo e per un piano di orientamento di ottimizzazione delle produzioni viticole.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Lombardi.
LOMBARDI, Assessore all'agricoltura La Giunta non ritiene di accogliere l'emendamento non perché contenga elementi non condivisibili sul piano degli obiettivi, ma perché la legge verrebbe respinta dal Commissario di Governo.



PRESIDENTE

Pongo in votazione per alzata di mano l'emendamento presentato dal Consigliere Ferro.
E' respinto con 13 voti favorevoli, 22 contrari ed 1 astenuto.
Si passi alla votazione dell'art. 3 nel testo originale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 36 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 3 è approvato.
Art. 4 (Integrazione all'art. 4) "All'art. 4 sono aggiunte le seguenti parole: '.., comprendenti anche le modalità per il coordinamento da parte della Regione dell'attività, nel campo specifico, delle Amministrazioni provinciali, delle Unità Socio Sanitarie Locali e dei Comuni.
Entro il 28 febbraio di ogni anno è fatto obbligo alle Province di inviare alla Regione una relazione sullo stato di attuazione della presente legge.
La relazione deve avere come riferimento di attività l'anno solare.
Il mancato invio alla Regione della relazione di cui al comma precedente fa decadere le successive assegnazioni di fondi alle Province previste nel primo comma del successivo art. 5' ".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 27 Consiglieri hanno risposto NO 8 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri.
L'art. 4 è approvato.
Si passi alla votazione dell'intero testo di legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 23 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si sono astenuti 13 Consiglieri.
L'intero testo di legge è approvato.


Argomento: Informazione

P.d.l. nn. 9, 69, 71 (rinvio)


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, poiché da parte di tutti i Gruppi consiliari di maggioranza e di opposizione sono stati presentanti moltissimi emendamenti sui progetti di legge relativi agli interventi per l'informazione locale propongo il rinvio in Commissione.
Se non vi sono obiezioni pongo in votazione tale richiesta per alzata di mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 37 Consiglieri presenti.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione - Formazione professionale

Ordine del giorno riguardante il progetto straordinario per l'impegno in attività formative di lavoratori disoccupati a reddito zero


PRESIDENTE

Passiamo alla votazione dell'ordine del giorno riguardante i disoccupati a reddito zero il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte premesso che è imminente il termine del progetto straordinario per l'impegno in attività formative di lavoratori disoccupati a reddito zero (del C.R. n. 673 del 5.4.84) e successive; considerato che questa esperienza fu varata in assenza di leggi nazionali o regionali in materia e rappresentò un primo tentativo sperimentale di dare risposte tendenzialmente non assistenziali ad un segmento estremamente critico (i redditi zero) nell'ambito del fenomeno della disoccupazione piemontese sottolineato che la complessa e nuova gestione pratica dei corsi fu ed è caratterizzata, anche per le diverse situazioni sia di prerequisiti sia di motivazioni, da difficoltà didattiche; ritiene che le prove finali d'esame debbano svolgersi regolarmente, sia per vincoli normativi, sia per tutela dell'impegno delle persone interessate ritiene altresì che tali prove d'esame, pur rispondendo ai criteri normalmente in vigore presso i centri, debbano svolgersi anche nella considerazione degli specifici programmi che si sono svolti per ciascun corso, e della condizione in cui il corso stesso si è svolto, garantendo comunque, come di norma, la concessione dell'attestato di frequenza a tutti gli aventi diritto, indipendentemente dall'esito dell'esame impegna la Giunta regionale: 1) a predisporre gli atti conseguenti 2) 2) a presentare, entro fine 1986, un piano di proposte sui possibili sbocchi di questa esperienza, anche esaminando, fra le altre ipotesi quali: l'accesso dei corsisti ai cantieri temporanei di lavoro, ex D.R. 55 un intervento presso la Commissione Regionale per l'Impiego per accertare la possibilità di particolare considerazione dei redditi zero nella formazione, da parte del collocamento, della lista dei disoccupati un interessamento al fine di garantire quote di assunzione dal collocamento e dunque di questi redditi zero, da parte degli enti pubblici a partire dal comune capoluogo, operando al tempo stesso perché la legislazione sia modificata in modo da prevedere la deroga ai limiti di età fissati per le assunzioni nella pubblica amministrazione dar corso all'impegno assunto dal Consiglio regionale per un incontro con il Governo sui problemi delle politiche contro la disoccupazione e per una moderna legislazione; nazionale in materia, comprendente la normazione dei lavori di pubblica utilità, con relativi finanziamenti 3) ad istruire entro dicembre un'informazione al Consiglio su questa vicenda, al fine di poter valutare l'esperienza compiuta, fornendo la documentazione necessaria per il dibattito".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 37 Consiglieri presenti.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Ordine del giorno riguardante la riforma della Cassa integrazione speciale


PRESIDENTE

Passiamo alla votazione dell'ordine del giorno riguardante la riforma della Cassa integrazione speciale il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte constato il persistere di un notevole utilizzo della Cassa Integrazione Guadagni in Piemonte pur nella attuale favorevole congiuntura economica sottolineata in particolare la rilevanza di un'area di circa 23 mila lavoratori stabilmente in CIGS a 'zero ore' da più anni, che di fatto rappresenta un'area di quasi disoccupazione per la prevalenza in essa di figure difficilmente collocabili, attraverso la mobilità, sul mercato del lavoro; richiamato come ormai stiano andando in scadenza in Piemonte rilevanti situazioni in CIGS relativamente ad imprese per le quali il CIPI aveva riconosciuto l'ultimo periodo ammissibile di integrazione salariale ad iniziare dalla SIN - Montefibre di Ivrea e Vercelli rilevato che il Ministero del lavoro ha definito e resa nota una proposta di riforma dell'istituto della Cassa Integrazione ora all'esame del Parlamento preso atto che il recente Seminario sulla CIGS promosso dalla Giunta e dal Consiglio regionale ha rappresentato un importante momento di approfondimento dei risultati della ricerca in materia svolta dall'Osservatorio regionale sul mercato del lavoro, di confronto tra le forze politiche, sociali ed economiche della Regione e di definizione di proposte in materia di riforma dell'istituto della Cassa Integrazione impegna la Giunta a richiedere al Governo un confronto sulle linee di riforma della Cassa Integrazione un provvedimento, anche in via amministrativa, di proroga della CIGS in scadenza per ultimo periodo concesso dal CIPI, al fine di agganciare queste situazioni alla nuova disciplina legislativa in discussione dell'istituto dell'integrazione guadagni la previsione, all'interno della nuova disciplina della CIGS, di un intervento straordinario e limitato nel tempo e particolarmente mirato a situazioni di irreversibili crisi aziendali, che consenta il prepensionamento anticipato per i lavoratori in CIGS di età superiore ai 50 anni (che in Piemonte rappresentano circa 1/4 dei circa 23.000 lavoratori da anni in CIGS a 'zero ore', di fatto veri disoccupati sussidiati difficilmente ricollocabili ormai sul mercato del lavoro) un collegamento organico tra la proposta di riforma della Cassa Integrazione Guadagni e quelle di riforma della politica industriale e delle politiche del lavoro la sollecita istituzione, in particolare, dell'agenzia regionale del lavoro in Piemonte, per consentire un miglior governo del mercato del lavoro e l'avvio di azioni positive per le fasce deboli del mercato del lavoro".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 37 Consiglieri presenti.


Argomento:

Ordine del giorno riguardante la riforma della Cassa integrazione speciale

Argomento:

Interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno (annunzio)


PRESIDENTE

Le interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegate al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18,40)



< torna indietro