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Dettaglio seduta n.51 del 17/06/86 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Approvazione verbali delle precedenti sedute", non essendovi osservazioni, i processi verbali delle adunanze consiliari del 27 marzo, 3 e 4 aprile 1986 si intendono approvati.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 2) dell'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente" comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri: Bergoglio, Carazzoni, Cerutti Fassio, Paris, Turbiglio.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge

Argomento:

c) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

L'elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nella seduta del 10 giugno 1986 - in attuazione dell'art. 7, secondo comma della L.R. 6/11/1978, n. 65 - in materia di consulenze ed incarichi, è depositato e a disposizione presso il Servizio aula.


Argomento: Varie

d) Commemorazione di Domenico Garbarino, giornalista de "La Stampa"


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, Domenico Garbarino non è più tra di noi. Oggi è qui presente la sua famiglia, la signora e i suoi figli.
Il giornalista prestigioso, attento, rigoroso non è giunto giovedì sera al suo giornale per il suo pezzo che avrebbe narrato, come sempre, la giornata regionale. Nel tardo pomeriggio non era più tra i suoi amici che tanto lo apprezzavano, stimavano e amavano. Non era più a "La Stampa" che era anche la sua seconda famiglia e il suo impegno.
Qualcuno, sul suo ritardo nel raggiungere il lavoro, avrà pensato e detto che era la prima volta nella sua vita, che non era possibile, che Garbarino, sul lavoro, non era assente mai. Solo la morte poteva troncare questo filo indelebile e indistruttibile che per lui erano il lavoro al giornale e la sua famiglia.
Domenico Garbarino portava in sé la dignità e la fierezza del grande Letterato e giornalista. Non faceva nulla per piacere, non tentava n avvicinamenti né di rendersi come si dire in francese "agréable"; non era mai compiacente, chiunque cercasse la sua compiacenza poteva pensare che non sarebbe stato soddisfatto. Era problematico sempre, attento alla verifica dei fatti e, a volte" amaro, a volte tagliente. Nessuno poteva sperare di essergli amico per carpirgli qualche frase amica, perché la verità per lui era superiore all'amicizia.
D'altronde, il suo cammino era stato lungo e faticoso, dopo la Liberazione, era al "Popolo nuovo", fucina di giovani e grandi giornalisti come furono molti quotidiani di partito, 1"'Avanti", "L'Unità" e tanti altri giornali che espressero il meglio del giornalismo. Il meglio dell'attuale giornalismo nasce in quelle redazioni.
Garbarino passò poi alla "Gazzetta del Popolo", e a "La Stampa" e fu collaboratore di molte riviste. Un gradino dopo l'altro, con la sola sua forza, poiché Domenico Garbarino rifiutava le strade tortuose, con il solo suo valore aveva conquistato i lettori che dalle sue fedeli relazioni ricevevano l'informazione, cioè il fedele resoconto dei fatti, dei comportamenti, dei programmi, delle iniziative politiche.
Egli sedeva sempre al banco della stampa nel nostro Consiglio, sempre in quel posto, in quella sedia.
Noi non rivedremo più la figura severa e attenta di Domenico Garbarono trafitto dalla morte in un solo istante.
Con la moglie Ester, con i figli Mario e Claudio, con i suoi amici, noi oggi in questo Consiglio, che lo vide protagonista per tanti anni, lo piangiamo. Conserveremo il suo ricordo con tutto il bagaglio culturale che ci ha lasciato, il suo rigore morale, che era la questione a cui teneva di più e la sua condotta intemerata. Un saluto semplice, un addio, come egli d'altronde, avrebbe voluto. Ciao, Garbarino.
Noi ringraziamo la sua famiglia di essere qui, e, a nome del Consiglio esprimiamo ancora le nostre più sentite ed affettuose condoglianze e il ricordo imperituro.



(I presenti, in piedi osservano un minuto di silenzio)


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni - Nomine

Dibattito sulla prima attuazione della L.R. 18/2/85, n. 10


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, i Capigruppo hanno stabilito che non si discuteranno le interrogazioni e le interpellanze. Procediamo quindi all'esame del punto 3) dell'o.d.g.: "Dibattito sulla prima attuazione della L.R. n.10 del 18 febbraio 1985".
La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, ho chiesto subito la parola al fine di dichiarare che il nostro Gruppo non parteciperà a questo dibattito sulla prima attuazione della legge n. 10, per contestare e protestare nei confronti del patto che penso di poter definire, in senso politico, "pactum sceleris", patto che di fatto è stato siglato fra le forze di maggioranza e quelle di opposizione - per la verità esclusa la Lista Verde civica, che in materia ha assunto una sua autonoma posizione patto ai fini di discriminare, in materia di partecipazione ed elezione in materia di nomine, la nostra forza politica.
Si tratta di un patto inammissibile, a suo modo nostalgico, violatore sicuramente di quel principio della giustizia nella distribuzione che venne esaltato allorquando i relatori della legge n. 10 ne illustrarono lineamenti e fondamento, accanto agli altri principi della capacità, della competenza, della non lottizzazione partitica, dell'esclusione in materia della partitocrazia. Quel che più è grave e che si tratta di questo patto che ci ha voluti discriminare, di questo patto che è violatore di un principio non scritto, ma che è immanente nel sistema istituzionale e in forza del quale a tutte le forze di minoranza, nessuna esclusa, compete il diritto al controllo politico nei confronti delle maggioranze, non solo nell'assemblea, ma anche negli organi e organismi di emanazione regionale.
Per questa ragione, in segno di questa nostra responsabile ma ferma protesta, pur riservandoci di innestare, in base a quei meccanismi garantisti che lo Statuto e la stessa legge 10 ci consentono, ai fini di porre riparo all'illecito politico istituzionale che è consumato nei nostri confronti, come dicevo, non partecipiamo al dibattito, anzi, abbandoniamo l'aula.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

La nostra forza politica si preoccupa di mettere l'accento sul fatto che, sulle normative su cui stiamo ragionando, non c'è in alcun modo da parte di nessuna delle forze proponenti alcun ripensamento rispetto agli obiettivi che queste norme si pongono.
Tale norma ha rivelato alcune difficoltà operative che cercheremo di rimediare, nella sua attuazione ha rivelato alcuni limiti che, con i documenti che andremo ad illustrare successivamente (sperando di arrivare a un documento unitario di tutte le forze consiliari) cercheremo di renderla più attuabile.
Il nostro intervento per certi aspetti potrebbe chiudersi qui.
Ci sembra invece necessario fare qualche riflessione di ordine diverso.
La legge sulle nomine è nata, lo sappiamo tutti, anche e soprattutto in conseguenza di fatti che hanno fortemente emozionato l'opinione pubblica e segnato la vita delle istituzioni e la vita dei rapporti tra le istituzioni e i cittadini, quindi, sono una realtà che richiede un'attenzione continua che, in una qualche misura, si deve modificare nei suoi atteggiamenti e nelle sue proposte a tambur battente, quotidianamente. Quello che era vero ieri, è sempre vero oggi, ma non è sufficientemente vero: questo è il dramma.
Aggiungiamo, ogni giorno che passa, esperienza ad esperienza sempre diversa, che ci fa capire quindi che abbiamo forse qualche difficoltà a percorrere soltanto la strada dell'inseguimento "ad personam" o sulla singola fattispecie, perché le fattispecie si sovrappongono e le responsabilità delle persone si intersecano al punto tale che probabilmente al fondo dobbiamo recuperare un nodo politico rispetto a queste questioni.
Nell'intervento della settimana scorsa mi ero permesso una battuta e sostenevo che la questione che ha interessato l'opinione pubblica era in sostanza una questione di qualcuno che aveva fatto la cresta sulla spesa.
Purtroppo questo era ottimismo (per carità: una cresta da gallo francese comunque sempre ridotto a questo tipo di delinquenza spicciola e squallida) perché scopriamo che i collegamenti con la classe politica dirigerete ci sono e probabilmente questa volta sono più brutti che in altri casi, nella misura in cui, il rapporto organico o il patto scellerato, così si potrebbe chiamare in un'arringa, va ben al di là di fatti occasionali e contingenti rispetto ai quali la debolezza umana può dare qualche giustificazione.
Allora, Presidente e colleghi, dobbiamo riflettere molto sulle ragioni vere di natura istituzionale e politica, perché un giorno o l'altro, a queste questioni saremo chiamati a dare risposte politiche e istituzionali.
Non ritengo infatti che l'approccio moralistico possa risolvere il problema: è insufficiente, inadeguato e anche scorretto. Ognuno di noi dal cavallo bianco al cavallo nero, dal demone all'angelo, ha al proprio interno una contraddizione di valori e di tendenze e non può permettersi dei giudizi, a mio modo di vedere, moralistici; può affidarli a qualche sacro testo o a qualcuno che ha questa presunzione. L'uomo del nostro tempo difficilmente può esprimere giudizi moralistici. Ci sono delle battute brutte, anche molto ciniche su questo; ognuno di noi ha un prezzo probabilmente è così.
Quindi l'approccio moralistico va rifiutato, come va rifiutato peraltro l'approccio che in questa legge abbiamo dovuto avviare che è quello politico - ispettivo nella misura in cui ha i limiti di qualunque mezzo e metodo politico ispettivo. I fatti che possono aver messo in discussione (ma che, a mio modo di vedere, non devono mettere in discussione) l'efficienza di questa legge, i fatti relativi ad alcune persone coinvolte in vicende, peraltro estranee all'oggetto per il quale erano state nominate, potrebbero far pensare che questa legge non funzioni. Non funziona perché possiamo verificare le condizioni del candidato "ad oras" ma non possiamo seguirlo nelle sue debolezze, nelle sue traversie, nelle vicende e nei rapporti delle situazioni che si trova ad affrontare.
Signor Presidente e colleghi del Consiglio, soprattutto adesso che andiamo ad avviare la politica delle nomine, dovremmo riflettere su una grossa questione che in questo Paese si è perso il gusto di trattare: cos'è la politica, cos'è il governo, cos'è lo Stato rispetto alla società.
Il nostro partito ha fatto una lunga battaglia contro il centrosinistra. E' stata una grossa battaglia ideale, perché a quella scelta politica avevano dato adesione i ceti dei quali noi ci riteniamo rappresentanti; il centrosinistra non è passato contro e sulla testa della borghesia produttiva, questo è certo, ma è passato "con" e voluto dalla borghesia produttiva quindi non è nato come fatto punitivo dell'imprenditoria; la nazionalizzazione dell'energia elettrica, vista con l'occhio della storia nel più della polemica del '63, probabilmente ci dice che anche quell'operazione era promossa e proposta dai destinatari apparenti vittime dell'operazione stessa. Quindi, il centrosinistra non è stato combattuto perché c'era sembrato che un non sufficiente radicamento e dibattito all'interno delle forze politiche sullo Stato, sulla società e sui suoi rapporti, rendesse rischiosa la gestione dello Stato che si trasformava nella gestione del potere.
Mi rendo conto che quando facciamo questi discorsi possiamo creare qualche problema a qualche alleato, però è certo che lo Stato moderno è il risultato di una certa cultura che non appartiene ad alcune grandi forze politiche; queste forze politiche peraltro non hanno avuto la forza né di impedire né di rivoluzionare questo sistema che la cultura moderna laico liberale progressista ha realizzato in Europa. Quando si sono insediate all'interno di questo albero, che era l'albero dello Stato liberale - come ha scritto bene Montanelli su "Il Giornale" parecchi anni fa - hanno finito per mangiarlo all'interno e lasciare solo la corteccia. Il termine "mangiare" mi rendo conto che non è di gusto nella giornata odierna, però è probabilmente il termine che più dà il senso della questione.
Il PSI lo ha capito un po' tardi, però ha pagato e sta pagando le conseguenze di quell'errore. Sostanzialmente il centrosinistra è stato un allargamento della base del potere, non della base politica, della legittimazione della classe dirigente del nostro Paese. Questo è il marchio brutto sulla vicenda del centrosinistra che sta ancora sulle spalle a tutti: l'aver ritenuto che la politica fosse gestione.
La politica non è la gestione, la politica è il governo, che significa lasciare ai rappresentanti del popolo la responsabilità degli indirizzi delle proiezioni, delle grandi operazioni strategiche e che non significa la gestione, la contabilità, la messa insieme degli strumenti oggettivi della realtà perché questa è gestione, colleghi.
Quindi, dovremo tornare a liberare lo Stato e l'istituzione da una congerie di competenze e attribuzioni che non sono della politica e del governo, ma sono della gestione (e guarda caso è stata coniata la parola del sottogoverno). E' evidente che le conseguenze della gestione (che esistono negli altri settori della società, perché non credo che quando la società gestisce sia onesta e corretta dovendo rispondere a dei parametri e a dei paradigmi di ordine capitalistico), quindi quando il politico gestisce, è difficile che riesca a sfuggire, salvo che abbia le doti del martirio e porti il cilicio, perché il politico che gestisce subisce le regole della gestione, non può rifarsi alle regole della politica, perch subisce quelle della gestione.
E' molto difficile, ne facciamo l'esperienza ogni giorno, formulare una legge sugli appalti e sugli affidamenti perfetta dal punto di vista formale e ottenere il massimo risultato per le istituzioni. E' probabile che il pragmatismo del privato, che sceglie oculatamente e magari in modo non corretto dal punto di vista formale, ha un risultato di tipo diverso rispetto alla scelta formale che poi si rivela, a tempi non lunghi, il peggior prodotto e probabilmente a prezzo non inferiore.
Voglio dire, colleghi, che la questione morale certamente si governa si riporta ad una dimensione, la si combatte con iniziative legislative come quella che noi abbiamo avviato e con le esperienze che stiamo facendo che creano tra noi difficoltà di comportamento e di ragionamento. La politica deve tornare ad essere la sintesi delle grandi direttrici della società e non deve continuare ad essere l'apertura attraverso la quale passa la gestione da parte dei partiti. Dobbiamo intenderci. Non mi scandalizzo che i partiti gestiscano la società, quindi ne gestiscano e ne determinino i grandi indirizzi e le grandi scelte, ma non ha senso che un partito sia preposto alla scelta di un Consigliere di un parco naturale regionale. Così facendo oltre a continuare a fare gestione e a non fare politica, continuiamo ad imbottire i nostri partiti di aspettative e dietro le aspettative, scende il livello del personale politico che possiamo mettere a disposizione della società.
Chi si avvicina alla politica, non lo fa o meglio non lo deve fare per chiedere ma per dare. Si entra nella politica perché si vuole dare qualcosa alla società, non perché si chiede qualcosa alla società. Se un partito ha una scaletta attraverso la quale si possono leggere 42 Presidenze, 150 posti in consigli di amministrazione, 300 membri in associazioni culturali più o meno qualificate, a quel punto, comincia a far pensare che molti partiti (ma anche il mio) finiscano per essere non una proposta alla società, ma una richiesta molto pressante alla società.
Concluderei il mio intervento, signor Presidente, chiedendo ai colleghi di avviare una riflessione in questo senso. La nostra forza politica si riserva di provocare.la maturazione di questa riflessione. Noi del Gruppo liberale riteniamo che sia giunto il momento, soprattutto con l'avvio della politica delle deleghe, di verificare il senso di essere di una serie di enti e il senso d'essere della presenza della Regione in altri enti. Questo è un appuntamento che, dopo quasi vent'anni di storia della Regione, ci dobbiamo pur dare. Anche perché se così non facciamo, colleghi, commettiamo quanto di peggio si possa commettere in politica. Siamo ipocriti, diciamo che non gestiamo l'informazione o comunque gli strumenti dell'informazione certamente non quella pubblica, e poi in definitiva dobbiamo diventare il braccio secolare o comunque il sostegno principale del CSI; diciamo che non ci vogliamo occupare delle questioni di governo, dell'economia nel concreto della gestione e poi abbiamo la presunzione, il dovere di tener in piedi una società finanziaria regionale come l'Ipla e l'Esap. Attraverso questi enti di fatto noi governiamo la società, solo che attraverso gli enti esterni, la gestiamo non la governiamo più.
Bene fanno i comunisti nel loro documento a chiedere che ci sia un dibattito sugli intendimenti politici di governo che la Giunta vuole avviare attraverso una certa nomina. Dopo di ché quell'ente non fa politica, ma fa gestione. Quindi è certo che ci sarà uno scarto forte tra la proposta del Presidente della Giunta rispetto alla Finpiemonte e il risultato finale, perché si passerà dalla proposta politica della Giunta e del Presidente della Giunta al risultato della gestione di una società di intervento .che la Regione stessa ha promosso.



BONTEMPI Rinaldo

La stessa legge riconosce autonomia.



MARCHINI Sergio

Esatto. Se guardiamo i nostri documenti e ci ascoltiamo l'un l'altro senza prevenzione, che nella specie non ha ragion d'essere al di là di qualche difficoltà e di qualche spigolosità caratteriale e verbale, vediamo che non esistono problemi tra le forze politiche e soprattutto tra le persone che qui si conoscono e si stimano.
Proviamo a riflettere su questo: se dobbiamo governare alcuni settori riportiamo tutto alla responsabilità politica della Giunta e alla responsabilità dei funzionari conché avremmo superato questa cosa brutta di funzionari esterni alla Regione; perché alcuni funzionari di enti strumentali sono sostanzialmente degli strumenti regionali che, per esempio, hanno un trattamento- economico che continua ad essere un elemento di confronto con i dipendenti regionali. E' una delle ragioni di frustrazione dei nostri dipendenti. Questi bivi dovremo affrontarli. Se non è una materia che giustifica il governo non si capisce perché ci debba stare la Regione, dobbiamo dircele chiaramente queste cose. Se sono strumenti attraverso i quali riteniamo di dover governare i settori della società cerchiamo di ricomporli e di ricondurli all'interno delle istituzioni. Qui le esperienze sono state drammatiche: il rivolgersi agli Ordini, per alcune cariche è stato come avviarci al gioco dell'oca, il riferirci ai grossi nomi di questa nostra Torino per alcune cariche è stato un gioco da lavandaie; dovremmo però fare uno sforzo per capire se questa colonna infame delle nomine abbia veramente una giustificazione oppure se gli interessi rispetto ai quali abbiamo messo in pista gli enti, gli organismi, le organizzazioni non possano esprimere essi stessi una loro classe dirigente.
Questa voglia di parcellizzare tutto, in definitiva è voglia di gestire e non di governare.
Faccio un esempio che, non avendo alcun contenuto pruriginoso, pu essere forse capito da tutti: ho qualche difficoltà a pensare che si debba tenere in piedi un ente di gestione per ogni parco naturale regionale.
Possiamo immaginare di avere un direttore, un responsabile, ma la politica dei parchi nei suoi contenuti, fruizione e valorizzazione ambientale culturale e turistica attiene alla Regione nel suo complesso. L'altro giorno sul Parco di Fondo Toce si è arrivati ad un'ipotesi sospensiva alla quale ho aderito perché mi sembrava difficile immaginare che si dovesse mettere in piedi un'istituzione per difendere sostanzialmente un canneto.
Invito i colleghi a riflettere se non sia pensabile un ragionamento che tenda a ricondurre ad un massimo di governabilità tutto quanto abbiamo inventato, riducendo al massimo il margine di rischio, coinvolgendo i partiti nella gestione. Se di gestione si deve trattare, cerchiamo di fare in modo che la Regione non sia istituzionalmente coinvolta, perché la gestione - questo dobbiamo dircelo con brutalità - è soggetta a regole di ordine capitalistico. Due soggetti economici privati che si mettano in contatto per concludere un affare, hanno diritto per legge ad un corrispettivo. Se questo avviene con una partecipazione pubblica ci sono dei reati che scattano, perché non si vuole che la decisione dell'istituzione nei suoi obiettivi politici sia deviata; non è un obiettivo giuridico - moralistico quello delle norme penali, ma è un obiettivo politico. Si vuole evitare che l'orientamento politico, quindi l'obiettività della pubblica amministrazione del politico rispetto alla società venga meno, non l'onestà. L'interesse privato in atti d'ufficio o il peculato per distrazione non sono cose che attengono all'onestà, alla rettitudine dei politici, attengono all'esigenza dell'indipendenza dell'istituzione rispetto agli interessi in campo. La politica pu governare gli interessi in campo, la gestione li gestisce.
In questa legislatura dovremmo avviare un processo che riconduca l'istituzione al governo della società, anche per aspetti economico funzionali, cercando di abbandonare tutte quelle posizioni molto esposte che in questi anni siamo andati creando a tutti i livelli, anche a livello nazionale. Per esempio, che senso ha chiamare la RAI S.p.A. se poi chi decide sono i partiti? Decidiamo che il Ministro dell'informazione, che si occupa della formazione pubblica non scandalizza più nessuno e non si riesce a capire perché. I soci della S.p.A. non possono votare se non arriva l'imprimatur del Ministro del Minculpop, perché poi di questo si tratta.
Ho l'impressione, colleghi, che questo approccio al problema non darà risultati a breve termine, ma sarà una delle direttrici con la quale potremo rispondere alla domanda che cresce dalla società di una amministrazione della cosa pubblica più corretta, soprattutto farà tornare l'amministrazione della cosa pubblica governo indicazione di grandi prospettive. Allora probabilmente anche il livello medio della classe politica italiana della quale io faccio meno che degnamente parte sarebbe stimolato a ricercare su questi banchi le ragioni d'essere e non sarebbe pressato giornalmente da questioni rispetto alle quali i partiti, le istituzioni e le loro articolazioni si devono muovere.
Queste poche considerazioni mi sembrano non del tutto avventate. Mi auguro che il tempo e la cortesia dei colleghi ci consentano nel tempo di affrontare i dibattiti sugli enti che andiamo a istituire anche da questo punto di vista



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente, colleghi, la scorsa settimana abbiamo avuto in Consiglio , un ampio dibattito su una vicenda che ancora non ha finito di riempire la cronaca giudiziaria dei nostri giornali, quella dello I.A.C.P.
di Torino.
Noi ponemmo un problema di responsabilità e di controllo della Regione rispetto a questo Ente e non vogliamo evidentemente riproporre i termini di un dibattito che si è svolto e si sospeso la scorsa settimana. Credo dovrà essere riaffrontato soprattutto alla luce delle audizioni che abbiamo avuto ieri.
e Noi non crediamo che chi pone i problemi in questo modo possa essere o accusato di moralismo. C'è gente che a va in galera, vertici di enti importanti in Torino che vengono arrestati, noi crediamo che porre nelle sedi istituzionali questo problema significhi porre con senso di responsabilità i problemi dell'ente e non fare o delle questioni moralistiche.
Abbiamo la sensazione che la lezione del 2 marzo non sia stata colta appieno nella sua sostanza. Abbiamo avuto la sensazione che non da parte di tutti, in conseguenza a quel terree moto, ci siano state prese di posizione tali da superare quello stato di grosso disagio che ha caratterizzato le istituzioni. Noi non crediamo che questo sia un atteggiamento antipartitico come si dice da qualche parte. Non crediamo che sia un fatto qualunquistico individuare delle distorsioni e delle cattive abitudini dei partiti, ma riteniamo che porre questi problemi significhi porre dei problemi seri.
Evidenziando queste distorsioni, a riteniamo anzi di essere stati i difensori dei partiti e ne abbiamo giustificato la loro esistenza. Noi crediamo che la distorsione politica del sistema sia affermare che tutto va bene lo stesso, che allo I.A.C.P. si arresta, ma che tutto va bene lo stesso Noi non crediamo che questi siano e i veri difensori dei partiti. Il 2 o marzo 1983 è successo qualcosa di grosso che ha coinvolto un'intera e Giunta e una parte dell'opposizione di o allora. Noi pensiamo che quanto è avo venuto il 2 marzo sia stata una Chernobyl morale, crediamo di poter chiedere a tutti una reazione a quelle vicende con la stessa serietà e con lo stesso impegno che si sono dati alla soluzione del nucleare.
Ci sono delle grosse responsabilità. Marchini ha fatto un discorso molto ampio, non tanto focalizzato sui singoli punti, ma sulle responsabilità politiche complessive del L'istituzione. Noi pensiamo che il collega Marchini abbia ragione, egli pone dei problemi seri e reali. Noi individuiamo una grossa responsabilità delle vecchie Giunte di sinistra, e questo devo dirlo senza polemica ma come meditazione; fra l'altro è una.meditazione che viene da chi allora era all'opposizione e che caratterizza i partiti che in quelle vicende sono stati pesantemente coinvolti.
Occorre porci seriamente il problema dei partiti, degli affari e degli affaristi. Nei giorni scorsi in ordine allo scandalo dei semafori c'è stata la sentenza del Tribunale, dove si facevano delle affermazioni che sul piano strettamente giuridico possono anche non essere condivise fino in fondo. Pur in assenza di prove precise di responsabilità, si aveva la sensazione che fossero coinvolti certi partiti. La gente ha questa sensazione; la gente lo sapeva, tutti parlavano di qualcosa che non funzionava. Noi pensiamo che sia dovere dei partiti porre questi problemi ascoltare quello che la gente dice e farsi portatori di questa esigenza nelle sedi istituzionali.
Nel 1983, dopo la vicenda del 2 marzo, il Partito repubblicano pose l'esigenza di cambiare in termini politici. Nell'autunno di quell'anno quasi per mettere in stato di accusa chi aveva provocato le vicende del 2 marzo, si cercava di dare vita ad una maggioranza nuova, diversa che voleva essere caratterizzata essenzialmente da una condanna nei confronti di chi aveva posto il problema. Noi ritenevamo invece che tra tanti errori che si erano fatti, l'unica cosa da farsi era di evidenziare quelle distorsioni.
Allora il Partito repubblicano affrontò una grossa impopolarità tra la gente, che ha determinato anche riflessi negativi sul piano elettorale, ma prese una posizione tendente a dimostrare che non voleva essere parte di quella semplificazione di quanto era avvenuto il 2 marzo.
Noi crediamo che l'emergenza morale sia ancora presente, non sia ancora chiusa. I fatti di questi giorni ce lo dimostrano. E' per questo motivo che il Partito repubblicano ha posto nuovamente la questione morale sul problema delle nomine. Il Partito repubblicano ha detto che non avrebbe più partecipato alle nomine se prima non ci fosse stato un chiarimento tra le forze politiche. Abbiamo posto questo problema per due ordini di motivi, il primo ordine di motivi, il più immediato che avevamo di fronte, era quello che ci consentiva di dare il senso che qualcosa stava cambiando, quindi era un fatto di contingenza, il secondo elemento è che abbiamo avuto la sensazione che nelle scelte che si dovevano fare e che si sono fatte, tutti i Gruppi avevano posto la stessa attenzione, lo stesso rigore, la stessa serietà, nell'individuare le persone che avrebbero dovuto gestire enti importanti della Regione.
Quindi non è stata un'iniziativa contro qualcuno, come da qualche parte si è detto, non c'è stata, criminalizzazione di nessun partito, abbiamo soltanto cercato di porre e dare concretezza ad uno slogan che non deve essere contrapposto ad altri quello di fare una politica più pulita.
E' una scelta che ha messo in difficoltà l'ente Regione, ma che pu anche determinare un nuovo modo di accostarsi ai problemi della questione morale.
Qualche cosa abbiamo determinato perché gli incontri che i partiti hanno avuto in questi giorni, i chiarimenti, i dibattiti, le discussioni questo stesso dibattito danno il senso che si è creata su queste vicende una nuova tensione.
Il collega Marchini pone il problema complessivo dei rapporti tra partiti e istituzione, è un problema consistente, valido è giusto, per porre solo questo problema, mi pare sia forse una fuga in avanti che non consente di affrontare concretamente le cose che ci stanno di fronte.
Esiste quel problema, come esiste il problema dei rapporti tra classe economica, partiti e istituzioni, tra progettualità, partiti e istituzioni.
Sono problemi che dobbiamo porci tutti, ma che non possono far venir meno i problemi concreti, immediati, più limitati che oggi abbiamo di fronte.
La questione morale non può essere considerata come un punto programmatico soggetta a qualche verifica e a una mediazione.
Noi giudichiamo che la questione morale sia una precondizione per poter collaborare insieme. Su questi temi non esiste solidarietà di maggioranza e il Partito repubblicano, ma non solo il Partito repubblicano, lo ha dimostrato in sede di Commissione consultiva per le nomine dove non si è votato per maggioranza.
Una delle accuse che ci sono mosse è che questa nostra iniziativa fa il gioco delle opposizioni. Noi respingiamo anche questa impostazione che giudichiamo folle. Folle è lasciare il monopolio della questione morale all'opposizione, anche se storicamente chi è stato all'opposizione, proprio per la sua posizione di opposizione, ha avuto il monopolio o comunque la posizione più forte rispetto ai problemi della questione morale. Però non crediamo che debba essere lasciato soltanto e sempre a qualunque opposizione questo monopolio. Esistono grosse responsabilità nel passato sulla questione morale e noi riteniamo che queste responsabilità siano delle pietre ferme che nessuno può modificare. Non diamo assoluzioni.
Tuttavia, non possiamo non dire che siamo attenti a quelle iniziative che pur non cancellando le responsabilità del passato, cercano di individuare norme, comportamenti, iniziative capaci di affrontare il problema che per noi è il grande problema nazionale.
Di fronte a certi fenomeni di scoraggiamento, di degradazione della vita democratica, in quei riflessi di corruzione e di mal costume dove spesso il senso dell'interesse particolare di gruppi protetti e di clientele occulte prevale sull'interesse generale, la tentazione alla rinuncia, al distacco dalle istituzioni è fortissima e dobbiamo fare di tutto per vincere queste tentazioni.
Ieri sera ho partecipato ad un dibattito con dei giovani universitari.
C'era un ragazzo al quinto anno di ingegneria, che, intervenendo,ha posto il problema dell'inefficienza delle strutture universitarie dell'incapacità dei governi a tutti i livelli di affrontare questo problema, ed alla fine ha detto: "Ma cosa me ne importa se il Senato crolla, tanto non serve a nulla!" Penso sia gravissimo che dei giovani che si preparano ad essere classe dirigente di questo nostro Paese possano fare queste affermazioni. Credo sia dovere delle forze politiche farsi carico di superare questi atteggiamenti estremamente gravi.
Il giudizio che diamo sulla questione morale è essenziale e politicamente significativo da poter determinare anche situazioni nuove.
Siamo certi che questa posizione non è solo , nostra, è la posizione che caratterizza altri partiti, però vogliamo in modo chiaro e forte, senza aver paura di essere tacciati di moralismo, fare anche queste affermazioni.
E vengo al problema di oggi, Il Partito repubblicano ha firmato un ordine del giorno che non considera esaustivo. E' un ordine del giorno che si fa carico di una situazione di un rinnovamento nelle scelte che andiamo a fare.
Pertanto il Partito repubblicano rimuove la sua indisponibilità a partecipare alle prossime nomine che si renderanno necessarie per il funzionamento degli enti.
Questo giudizio in qualche modo è condizionato dal fatto che l'impegno a presentare nuove norme, regole e comportamenti venga affrontato e risolto nel modo migliore, entro il termine, che giudichiamo perentorio, del 31 luglio.
Altri partiti hanno fatto delle proposte. Il Partito repubblicano ha fatto informalmente delle sue proposte. Certamente giungeranno da altre forze politiche delle argomentazioni per affrontare seriamente questo problema.
Il collega Marchini ha fatto un allargamento del problema. La settimana scorsa parlando dello IACP ha affrontato non solo il problema della questione morale, ma anche quello della gestione degli enti che sono un aspetto della questione morale. Quanto ha detto sul problema di come la Regione partecipa alla gestione, alla conduzione e alle direttive di questi enti, ci trova consenzienti. E' un tema importante che deve essere oggetto di approfondimento.
Il Partito comunista propone di affrontare man mano programmaticamente le politiche degli enti.
Il tema delle nomine e della legge 10 ha trovato tutti i Gruppi consenzienti. Siamo certi che se questo sarà il nuovo atteggiamento che caratterizzerà le forze politiche, sarà possibile in futuro dare alla questione morale, una risposta non soltanto formale, ma concreta, seria capace di fare della questione morale un elemento di spinta dell'ente Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Vorrei chiedere al Presidente di invitare i Consiglieri a popolare l'aula, altrimenti il dibattito perde di credibilità, visto che lo riteniamo importante e prioritario.
Signor Presidente, il mio intervento non sarà brevissimo, ma cercher di limitarlo anche perché oggi è importante prima di tutto registrare in un dibattito non rituale la complessità del problema della questione morale per affrontare con il massimo di concretezza e di serietà le cose che in conseguenza delle analisi, dei dibattiti e delle riflessioni dobbiamo fare.
Mi ero ripromesso di non parlare più né di questione morale né di nomine. Mi spiego. Diceva il collega Ferrara che la lezione del 2 marzo non è diventata scuola, non è diventata conseguenza. Purtroppo è vero. Il Gruppo del P.C.I. ed io personalmente abbiamo lavorato qui prima del 2 marzo e dirò quando, come e perché.
Io ho notato con grande preoccupazione che c'era una specie di scissione nel mondo politico (non possiamo considerarci qui esaustivi e esaurienti; è evidente che il Consiglio regionale conta per quel che conta oggi perfino un po' meno di quanto dovrebbe contare; quello che succede dipende davvero da una maggiore unità culturale e politica che si stabilisce all'interno delle forze politiche nella società), tra chi lavorava per cercare delle vie, delle misure, delle proposte per assicurare quel salto di qualità nella direzione di un risanamento della vita politica e altri, forse troppi, che in qualsiasi altra sede ignoravano questo e preferivano un gioco che credo debba essere smascherato. Era il gioco dell'indignazione politico - moralistica e strumentale di fronte ad uno scandalo - purtroppo ne abbiamo molti, è quasi un romanzo a puntate che comincia a essere troppo lungo - con un atteggiamento di rinuncia e di inerzia cinica a misurarsi sul che fare e sul come innovare.
Continuo a parlare di queste cose un po' per il ruolo che mi compete e perché ci sono dei fatti che suscitano questa necessità, ad esempio, il tentativo di fare qualche altro passo in avanti qui in Consiglio, sperando che quello che facciamo si traduca, si estenda e diventi un pezzo di una cultura concreta nei fatti, non solo strumentale e propagandistica.
Caro Ferrara, noi abbiamo cominciato a riflettere sulle cose che non andavano esattamente nel 1982. Il Gruppo e il Partito comunista in questa sala nel maggio 1982 tennero un convegno sul tema: "La Regione riforma se stessa". Da quel convegno scaturirono varie proposte tra cui la proposta di legge sulle nomine che venne approvata molto più tardi, grazie al determinante contributo del Gruppo repubblicano; la signora Vetrino era relatrice. Senza quella unità di intenti forse non saremmo riusciti ad approvare la legge.
Noi la proponemmo nell'82 e voglio anche spiegare perché. Ben prima dello scandalo, ben prima del 2 marzo 1983, (la presentazione della legge è dell'ottobre 1982) vedemmo che c'erano delle cose che non funzionavano soprattutto nel rapporto fra i partiti e le istituzioni che poi si tradussero immediatamente nelle nomine.
Era ben presente ai miei occhi la vicenda della verifica del 1982,chiestaci non si capiva bene per quali motivi politici, nell'allora maggioranza. Ricordo che il fatto che mi fece balzare l'idea di lavorare sulle nomine cercando di innovare nel metodo era che alcuni segretari di partito si potessero permettere nelle riunioni sulle verifiche non di porre le questioni dei partiti, ma di dire: "Togliamo questo dalla Finpiemonte e mettiamoci quell'altro". Nella fattispecie concreta togliere dalla Finpiemonte chi c'era voleva dire togliere un tecnico di grandi qualità e metterne un altro voleva dire probabilmente mettere uno "yes man" molto fedele agli ordini di scuderia.
Mi venne in mente che qualcosa non funzionava, quindi, noi che avevamo il potere legislativo, dovevamo mettere in opera degli strumenti di innovazione che distinguessero le responsabilità dei Gruppi e dei Partiti e che ponessero in essere un'azione di rinnovamento e di risanamento nei metodi di governo.
Noi allora eravamo in maggioranza, proponemmo quella legge e, dopo lo scandalo, tutti si aggrapparono ad essa. Quella legge era un pezzo nel documento di maggioranza (riuscimmo a farla passare, non ho difficoltà a dirlo in quanto un Gruppo dell'allora opposizione decise di presentare una sua proposta di legge e divenne poi una delle regole del nostro ordinamento).
Per questo oggi è un po' fastidioso sentire riparlare di quel percorso come se nulla fosse avvenuto, sentire degli scopritori di novità. Sono sempre disponibile a trovare nuove regole, a portare innovazioni, anche noi ne abbiamo alcune in mente, che recepiamo in continuità con l'impostazione della legge anche da proposte che ci vengono da chi critica radicalmente i Partiti (Lista Verde Civica).
La pubblicità delle riunioni è una leva ulteriore, non priva di inconvenienti, perché non vorrei che limitasse la libertà nell'indicare nella fase istruttoria ed ispettiva certi problemi riguardanti le persone.
Siamo d'accordo che questo è un modo per portare chiarezza; tra l'altro è in continuità con una legge che punta sulla pubblicità e sulla trasparenza e non sugli ipercontrolli.
Questa cosa perché è di nuovo saltata fuori qui dopo che è giaciuta per un anno e più? Le responsabilità sono grosse e sono di tutti, intanto sono della stampa d'informazione. La stampa nel momento in cui c'erano gli scandali, anziché essere molto attenta a quello che la legge produceva, ai comportamenti, ai passi fatti, insieme ai grandi limiti, ha preferito considerare tutto questo come poco rilevante, salvo poi saltarvi sopra nel momento in cui si dimostra coi fatti pregressi che certe deviazioni sono avvenute perché si sono scelte le persone sbagliate.
Questa è una grande responsabilità. La vita politica si alimenta se tutti i poteri, tutti i sistemi si riconoscono in qualche valore e se soprattutto lavorano sulla concretezza dei fatti. In caso contrario, la schizofrenia propagandistica e strumentale è infinita.
Ma la responsabilità non è solo della stampa, la responsabilità è a monte, è nella nostra scarsa credibilità per cui non merita fare affermazioni in cui non si crede: la credibilità sta anche nel modo assolutamente marginale, per chi l'ha fatto, o nel modo inesistente per chi non l' ha fatto, con cui si è discusso di questi argomenti nei partiti e nella società.
Si preferisce dire "no alla lottizzazione" ma non si affrontano i problemi a fondo. Sono argomenti che debbono intrattenerci seriamente tutti e sono gli enti, la loro gestione, la trasparenza, la pubblicità, la responsabilità. Ebbene, si realizza un risultato solo ad una condizione: che ci si creda. Crederci significa fare grandi sforzi d'innovazione, vuol dire esercitare una forte dialettica fra Gruppi e Partiti sapendo che quando assumiamo le responsabilità, le assumiamo personalmente firmando le proposte e le assumiamo a nome del Gruppo come rappresentativi degli altri Consiglieri eletti nell'istituzione. Ma è impossibile esercitare questa responsabilità se non si ha un rapporto di distinzione, di autonomia e di coraggio nel saper dire no in certe situazioni.
Questi punti sono largamente innovativi,, ma questa innovazione quest'anno l'abbiamo misurata con enorme difficoltà avendo la sensazione per chi ci ha creduto, di essere abbandonati, mentre per altri la sensazione è stata di dover ottemperare in modo burocratico a vincoli dati e non ad un progetto di riforma.
Questo è un progetto di riforma che si può arricchire di nuove proposte, si può arricchire perfino di suggestioni che aprono ancora di più il coraggio di una società politica che vuole riformarsi rispetto alle aspettative della gente. Tutto questo, però, dev'essere capito in questo percorso.
In questi mesi abbiamo fatto una grande battaglia attraverso comunicati e lettere, molte purtroppo inevase.
Collega Ferrara voglio dirlo con molta franchezza ma non in polemica hai detto certe cose sulle quali credo ci sia poco da obiettare. Quante volte hai letto le mie lettere e non le hai messe da parte? A settembre ho inviato al Presidente del Consiglio e ai Capigruppo una lettera in cui chiedevo alcuni adempimenti, che chiedo ancora adesso, non perché i comunisti siano più bravi, ma perché ci credevano. Sono cose in cui tutti adesso dicono di credere. Mi rivolgo a te Ferrara, ma mi rivolgo anche agli altri Consiglieri. Quanta attenzione hai dato a quella lettera? Quanto sospetto c'è nei confronti dei comunisti che "vogliono sempre mettere i bastoni fra le ruote"? Quanta sciatteria, purtroppo, nel non intendere che questi erano i punti che avrebbero permesso a tutti di fare dei salti di qualità! Voglio solo ricordare che non si può dar conto di quello che si vuole fare senza dar conto di se stessi.
Le stesse cose mi permetto di dire ad Angelo Pezzana. Ho scritto una lettera che non è il caso di leggere adesso. Sulla proposta, che condividiamo della pubblicità dei lavori della Commissione nomine, se il Consigliere Pezzana fosse venuto in Commissione (posto che ci creda) si poteva fare qualche cosa, lavorandoci. Pezzana dice che i fatti dimostrano che, non è così. Questo è vero in parte, nel caso contrario abdicherei...



PEZZANA Angelo

Quale rappresentante del mio Gruppo sono solo, se dovessi partecipare a tutte le Commissioni ...



BONTEMPI Rinaldo

Questa non è una risposta, conoscendo la tua sensibilità e il tuo impegno su questi problemi. Tra l'altro, la tua motivazione non era riferita alla non disponibilità di tempo, ma era, invece, che "dovevamo sbrigarcela noi ...". Dicesti che tu non volevi aver nulla a che fare con la Commissione consultiva per le nomine. E' una scelta politica che non condivido, anzi, ritengo che se tu fossi stato presente e avessi voluto fare una battaglia con gli altri per far si che la trasparenza, la pubblicità, la qualità delle persone venissero garantite, sarebbe stato molto importante. Auspicherei che finisse l'epoca del gioco da fuori. Io sono uno che ha scelto di fare nella vita politica quanto è doveroso fare e di risponderne fino in fondo. Quando è il caso non ho incertezze a dire che ho sbagliato personalmente o politicamente. Faccio parte di quella generazione, di quel partito e di quella storia che, sia pure con dei limiti, dentro le cose ci stanno per cercare di cambiarle. Questo è il nostro insegnamento. Mi preoccupa chi arriva ai vespri o alle occasioni d'oro e paludate per segnare i falli, ma che non ha fatto mai un pezzo di strada con me. Queste persone non le riconosco. Preferisco le persone con le quali con la critica mi accapiglio quando ritengo non facciano quello che dovrebbero fare. Il riconoscimento che ho dato pubblicamente ad alcuni Gruppi della maggioranza sulle posizioni che hanno assunto nella Commissione per le nomine non è un riconoscimento formale, ma è il riconoscimento di una comunità che ha lavorato sulle cose per cambiarle, di una comunità che crede che l'intelligenza e la qualità morale sono le basi dello stare assieme in questo Consiglio. Se non la pensassi così e si è già ridotto di molto il mio margine di credibilità su queste cose, farei politica perché costretto in maniera diversa o non la farei affatto.
Qualche scatto o qualche impennata coraggiosa io non la disprezzo, così come non disprezzo la fatica fatta da alcuni Gruppi rispetto ad una situazione non chiarita da parte dei Partiti per riuscire, comunque, a proporre qualità migliori, per riuscire ad indagare, a sapere.
Sul piano politico posso anche fare un discorso, ma io valuto e chiedo che sia valutata, e non permetterò mai a nessuno fin che la democrazia mi permetterà di parlare, giochi come quelli che saltano fuori ogni anno, che sono quelli di dire: "L'avevamo detto", "siamo noi". Io dirò, al contrario non siamo noi e non abbiamo nessuna caratteristica per fare i primi della classe. Abbiamo il peso di responsabilità politiche, delle Giunte passate.
Vorrei solo che capiste che questa responsabilità pesa a chi nel 1982 capendo quali erano i sensi di quella verifica, propose già allora di cambiare.
Ce la facemmo? Non ce la facemmo? Lo scandalo del 2 marzo liquidò anche questo percorso. Queste cose però non possono non essere ricordate ed è molto strano che in quest'aula non ci si dia atto di questo percorso che è stato assolutamente lineare e coraggioso da parte di chi l' ha fatto non per fare il primo della classe né per ostacolare altri, ma perché sentiva che la sua parte doveva essere quella.
Ha ragione il collega Marchini quando parla di politica, di governo e di gestione. Vorrei fare una battuta sola. Quanti di noi sono stati tirati per i capelli, anche dai loro Partiti, perché non "gestivano" abbastanza? Purtroppo il grumo complesso, società e Partiti, chiede risposte, quali risposte, come darle? In questo senso la qualità, la tensione, le regole, l'etica diventano le condizioni uniche per potere gestire.
Occorre decidere, ma il modo con cui si decide assolutamente deve essere un'altra cosa. Questo nostro tentativo sulle nomine, sulle persone da scegliere è stato un grande tentativo, ma inadeguato al punto che mi ha dato il "rigetto". Non voglio passare per monomaniaco. Non si pensi che noi comunisti passiamo il tempo a pensare come moralizzare la società. Siamo normali come tutti gli altri, però sentiamo che una delle condizioni di sopravvivenza dell'idea politica del sistema dei partiti data dalla Costituzione sia il risanamento e il cambiamento dell'istituzione.
In qualche misura siamo diventati coeredi dell'impianto costituzionale e in molti casi siamo più fedeli dei fondatori classici di un sistema di democrazia rappresentativa.
Che questo non sia un percorso lineare, che sia ostacolato da molte zavorre è proprio vero ed è vero al punto che noi non possiamo uscire di qui con un o.d.g. vago.
Mi auguro che ci siano dei margini di possibile intesa anche perché noi abbiamo dichiarato che non avremmo più partecipato alla Commissione consultiva per le nomine se non ci fossero stati dei segnali di scatto. In parte abbiamo cominciato ad innescarli nel dialogo tra i Partiti, come diceva il collega Ferrara, ma in parte dobbiamo farlo qui nell'assumere con molta serietà impegni concreti per attuare quello che abbiamo deciso.
Le norme nuove possiamo studiarle fino al 31 luglio. Noi proponiamo la pubblicità delle sedute, che riprendiamo da una proposta dell'amico Pezzana. Quella che deve uscire oggi di qui è la serietà. Come si dice giocando a carte: "andiamo a vedere". Perché se sommiamo il fatto che i dibattiti non si fanno, che le audizioni è un peso farle, che l'autocandidature una noia o è un gravame spendere soldi perché i cittadini lo sappiano, se non facciamo un'opera di informazione verso gli enti locali restiamo una specie di Fort Apache assolutamente isolato su questo terreno allora bisogna davvero assumere questo impegno. Nel nostro documento ho ritenuto che dovessero esserci due parti in più, la prima è una premessa sulla questione morale che riprende alcuni fondamenti essenziali. Ho sentito dal collega Ferrara un'affermazione che giudico importante e che mi trova totalmente d'accordo e cioè che la questione morale non è una variabile dipendente dai rapporti politici, ma costituisce un contenuto essenziale delle possibili convergenze programmatiche e deve essere criterio costante di verifica della validità dell'alleanza, cioè una pre condizione.
Ci siamo permessi poi di aggiungere delle proposte nuove non sul terreno delle nomine perché su questo non , vedo che cosa sia ancora possibile fare, tranne qualche ritocco, ma sulla trasparenza.
Mi rendo conto che non è facile collocarsi immediatamente, quindi non ho difficoltà a dire che noi stralciamo questa parte purché ci sia un impegno a dare una risposta entro il 31 luglio 1986.
Il gruppo del MSI ha dichiarato di non partecipare al dibattito per motivi comprensibili. Da sempre in Regione al Gruppo MSI, per la preclusione costituzionale, non viene riconosciuta la rappresentatività.
Invito me stesso a una riflessione: credo debba essere mantenuta questa preclusione, non certo per il comportamento dei suoi rappresentanti qui noi tutti abbiamo apprezzato e apprezziamo il senso istituzionale, per esempio, del collega Majorino, però c'è nella storia e nei comportamenti del Movimento Sociale una questione di democrazia e di accettazione delle regole democratiche costituzionali.
Quindi sono per mantenere questa posizione sul piano della rappresentatività, ma sono anche per chiedere se non sia il caso di riflettere tutti insieme, se non sia possibile che tutti i Gruppi abbiano una parte di responsabilità, una funzione di controllo.
Mi sembra giusto che ci sia il massimo controllo politico e sociale.
Mi pare di cattivo gusto nei confronti di un collega, di cui apprezziamo tutti la grande serietà, fingere di non aver colto quello che ha detto.
Noi ci assumiamo la responsabilità di questa dichiarazione e avviamo nei confronti delle altre forze politiche una riflessione sulla possibilità di collocare nella funzione di controllo tutte le forze politiche che vogliono farlo.
Chiudo con un'ultima riflessione. Mi auguro che questa istituzione sappia davvero elevarsi e qualificarsi. Continuo a credere che una delle condizioni di fondo sia quella di ristabilire un clima ed un patto tra le forze di credibilità e di serietà. Forse quello che riusciamo a fare stamattina o quello che faremo il 31 luglio su questa materia certamente sarà un passo importante.
Il Vicepresidente della Giunta è d'accordo sulla necessità di misurarci anche sulle altre proposte. So che lo fa credendoci e non ritualmente.
Questi sono terreni e la condizione per non farci continuamente ripiegare su noi stessi.
C'è un'istituzione che deve governare, che ha di fronte grandi problemi e il dovere di dare delle risposte alla richiesta di occupazione all'emergenza ambientale, al territorio, agli anziani, enormi questioni che abbiamo più volte discusso.
O noi sappiamo attraverso le regole del gioco prefigurarci una riconquista di credibilità e sappiamo fare questo discorso anche ai Partiti oppure rischieremo di parlare soltanto di queste cose e di non sapere affrontare gli altri problemi.
Questo scatto, che ho chiesto più volte, che noi abbiamo cercato di fare, disponibili a confrontarci con gli altri, deve essere un'azione che facciamo nei confronti degli altri enti e degli altri soggetti. Posso capire perché Torino è diventata l'unica città in cui sembra che avvengano ripetutamente e clamorosamente gli scandali. Sostengo che questo è avvenuto a Torino perché qui, più che altrove, la rottura della struttura materiale la rottura degli equilibri dovuta all'azione avanzata di trasformazione che si è tentata in certi anni, per esempio nel 1975, ha messo molto più a repentaglio vecchie regole consociative acquisite che altrove.
Sarebbe illusorio pensare che c'è una provincia tranquilla in cui non ci sono problemi di nomine, problemi di sottogoverno, problemi di spartizione. Il livello, la qualità, il modo sono probabilmente diversi.
Forse in quei luoghi sulle questioni strutturali non è ancora stato puntato il dito. Ad Alessandria, a Novara, a Cuneo vengono fatti gli stessi dibattiti e le stesse cose. Nelle banche ci vanno anche nella provincia di Cuneo. Io credo che assicurare questo indirizzo nuovo sia un compito davvero alto della Regione.
Noi chiediamo nell'ordine del giorno che sia una campagna dell'Ufficio di Presidenza, sulla base dei dibattiti, delle discussioni fatte. Questa ci pare una garanzia perché tra l'altro, se smuoviamo i partiti solo chiamandoli qualche volta secondo me, non ci riusciamo, se i partiti si muovono perché qualcuno lo vuole fare e si mette in moto un certo meccanismo diffuso forse questo tema passa dalle strumentalizzazioni propagandistiche ad un modo permanente di lavorare da parte di tutti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'argomento che siamo stamani chiamati a discutere rappresenta una parte propedeutica all'esame successivo di proposte modificative della legislazione che ci siamo dati e rappresentano una prima risposta, seppur parziale, ad alcuni degli interrogativi sollevati anche dal dibattito di stamani, che dovrebbe concludersi oltre che con l'esame e l'approvazione delle leggi all'o.d.g.
anche con un documento politico del Consiglio regionale, che noi auspichiamo, proprio per la sua valenza, debba essere l'espressione unitaria del Consiglio regionale.
E', dicevo, un argomento forte e pregnante nella vita della nostra istituzione e nel modo di lavorare di noi Consiglieri regionali, anche se credo debba essere ammesso, seppur con tristezza, che molte volte quando si affronta questo argomento avvertiamo come un senso di impotenza, come se in realtà parlassimo di un problema e di un argomento che trascende le nostre capacità e possibilità di intervento. In realtà credo non sia così.. Certo la questione morale non si risolve soltanto dentro questo Consiglio regionale, però rappresenta un pezzo importate della nostra attività politica, vorrei dire addirittura che in fondo rappresenta la ragione stessa del nostro essere in questa aula, del nostro credere nel lavoro e nell'attività che svolgiamo.
Questo richiama anche l'argomento che è stato oggetto di scambio di opinione tra il Capogruppo comunista e l'amico Pezzana. Ritengo che fare il proprio dovere sia stare dentro le istituzioni, non muoversi per arrivarci e poi chiamarsi fuori, come diceva il collega Bontempi, per fischiare i falli.
Richiamo a questo dibattito la vecchia questione della seconda metà dell'800, l'accettazione o meno del sistema Parlamentare, cioè se si dovesse entrare dentro le istituzioni per cambiarle o se si dovesse cercare di cambiarle standone al di fuori.
Credo che questo dibattito ottocentesco sia superato; allora, se noi ci presentiamo per entrare nelle istituzioni, dobbiamo lavorare per cambiarle dall'interno nella misura in cui debbono essere cambiate per funzionare.
Una risposta all'emergenza morale sta anche nel far si che le istituzioni funzionino e diano delle risposte certe, celeri ai cittadini; la questione morale consiste anche in questo, perché il distacco dei cittadini, un non sufficiente grado di controllo sul lavoro delle istituzioni nasce anche dal fatto che, come ricordava il collega Ferrara, dall'esterno, si dice: "Ma queste istituzioni sono dei grossi macchinoni che fanno tanto rumore ma producono poco". Allora è chiaro che vi è un problema di qualità della produzione, certo; ma vi è anche un problema di quantità e un ente, un istituzione che non risponde in modo celere, adeguato alle esigenze dei cittadini presta il fianco al disinteresse e all'apatia. Sull'apatia è noto che sorgono, si alimentano e proliferano gli effetti deteriori perché non vi è quel controllo democratico che è una parte importante ed essenziale rispetto al controllo parlamentare, cioè del controllo dei rapporti di maggioranza - opposizione che, di per sé, non è né sufficiente né adeguato.
L'argomento in discussione è ampio e alcuni colleghi lo hanno portato ad un livello, più alto, credo che noi dobbiamo - per dare un senso al nostro dibattito in questa aula - non lasciarci andare, anche se la suggestione sarebbe molto forte, ad un dibattito meramente filosofico nei rapporti tra etica e politica e neppure però limitarci a mere espressioni di intenti e ad una sorta di semplice indignazione o peggio ancora ad una sorta di indifferenza che da una lato vuol dire mera acquiescenza alle logiche di partito e dall'altra una sorta di fatalismo come per dire che così sono le cose e non si possono cambiare, quando si dice: "Questa è la politica".
Non crediamo che sia così, né che si debba rifuggire soltanto nell'empireo della speculazione filosofica per ché attiene ad altri personaggi ed ad altri livelli. Credo che invece occorra avere un forte radicamento in quello che è l'humus del dibattito filosofico intellettuale dei rapporti tra etica e politica, ma occorre anche rimediare questo atteggiamento di appiattimento o di rinuncia nel dire: "Intanto non si pu fare niente" ed invece cercare di essere operativi e nel contempo di ribadire l'assoluto primato della politica come in tutte le altre occasioni della vita, in tutte le altre società. Perché non è tanto la questione del dire che oggi, in un sistema rappresentativo,, vi è più corruzione di quanto ve ne fosse nei passati regimi e che il dispotismo crea meno occasioni di corruzione rispetto al sistema occidentale. La storia, non è per essere né machiavellici né per fare del pessimismo, è puntellata di questi fenomeni che si sono verificati nei secoli e nelle splendide democrazie, come venivano chiamati "i parlamenti inglesi", dove la vendita delle cariche e la legislazione degli interessi era un fatto acquisito, o per interessi settoriali o per città. Vi è il lobbista negli Stati Uniti e il Tolkac nell'Unione Sovietica che fa lo stesso mestiere del lobbista, ma così è da tutte le parti.
Credo che occorra partire da queste esperienze per cercare di porre A correttivi che in Italia hanno raggiunto livelli di guardia a cui occorre certamente porre dei rimedi.
Io non sarei d'accordo con il collega Marchini nel dire che questo è il frutto amaro di una certa politica che veniva chiamata di "centro sinistra" che avrebbe precostituito le condizioni per la mera e semplice occupazione da parte dei partiti delle istituzioni che si sarebbero ridotti a dei meri gusci, meri involucri; è certo che sono stati fenomeni aberranti e a questi occorre rimediare per limitare tutte le condizioni e le possibilità che hanno i partiti di intromettersi nella vita delle istituzioni.
Occorre che anche noi, a livello regionale, facciamo un ragionamento rispetto all'assetto istituzionale che ci siamo dati. Questa è una questione importante,, non solo perché mi voglio addentrare in questioni filosofiche, ma perché credo che sarebbe un modo per rifuggire dai problemi. Noi dobbiamo ragionare, ad esempio, rispetto all'impianto istituzionale che ci siamo dati in questa Regione. Forse abbiamo dato un assetto istituzionale di tipo consociativo in cui, in realtà, non vi è distinzione di ruoli, in cui per avere il consenso preventivo della società civile si è fatto in modo di introdurre le sue articolazioni all'interno delle istituzioni e in cui è noto che molti atti deliberativi del Consiglio regionale che, attengono a riparti di somme e ad interventi su settori particolari, in realtà quando approdano in Consiglio sono già stati oggetto del vaglio, non voglio dire del patteggiamento, e di quegli enti che poi beneficeranno di un certo tipo di intervento.
Credo che, se la questione morale va rilanciata, per noi anche su questo fronte, occorre una rimeditazione degli aspetti del lavoro delle Commissioni e di tutte le varie Consulte e comitati che abbiamo creato all'interno dell'apparato regionale.
Credo che questo faccia parte della questione morale, e non soltanto nella misura in cui lo Stato si è posto ad ente regolativo della vita economica ma ha deciso di intervenire nella disciplina dell'attività economica che ha favorito le connessioni. Non accetto la dicotomia di una società politica, malata, rozza e piena di acciacchi ad una società civile bella e pulita.
Credo che in realtà la vita politica sia il riflesso e l'espressione di quello che è lo stato della società civile. Noi dobbiamo ragionare, intanto per il peso e la responsabilità che abbiamo anche all'interno dei nostri partiti, e lavorare perché vi sia un mutamento profondo nel comportamento dei partiti in quella che è la selezione del personale politico; non solo nel senso che occorre avere più tecnici, perché in realtà abbiamo avuto l'effetto di avere persone tecnicamente preparate, anche se questa è un'affermazione non sempre valida e da discutere, ma in realtà molto più pragmatiche. Questo è anche l'amaro frutto di un certo tipo di cultura che noi, negli anni '60, abbiamo predicato e che poi ha portato quelle conseguenze richiamate dal Consigliere Ferrara nell'incontro di ieri con i giovani studenti.
Abbiamo per 20 anni dissacrato ogni e qualunque valore con le genuflessioni sull'altare della tecnocrazia e del tecnicismo puro irridendo al fatto che qualcuno si richiamava all'etica e ai valori. Oggi in modo sconsolato registriamo l'aridume che si è inserito nella vita politica. A ciò si aggiunga una difficoltà oggettiva di una vita politica che è diventata sempre più amministrativa, in cui ciascuno di noi è sempre più travolto dall'esame puntuale e minuzioso di atti amministrativi perdendo di vista quelli che sono gli obiettivi, le idealità ai quali deve riferirsi nella sua azione quotidiana e nel suo impegno politico.
Questo per dire che la questione morale e gli atteggiamenti che noi dobbiamo avere, non sono soltanto un problema di tecnica legislativa e di .ulteriori appesantimenti legislativi, ma sono un problema di codice, di comportamento e di interiorizzazione delle norme che noi ci siamo dati perché se la norma è soltanto una cosa vista con fastidio od è soltanto un codice scritto nei libri, certamente non daremo nessun risultato concreto poiché le leggi e le istituzioni camminano con le gambe degli uomini che ci sono dentro e che le fanno funzionare.
Dobbiamo intanto convincerci che vi sono delle norme che vanno applicate che non sono giuridiche, ma sono dei codici di comportamento che debbono essere nostri e che devono essere fatti propri dai partiti. Questo vuol dire che vi deve essere la capacità dei Gruppi di fare proposte di designazione e di dire no rispetto a delle proposte che vengono dai rispettivi partiti, ma non del dire: "Che cosa volete? Ho il partito alle spalle debbo fare così". Noi dobbiamo chiarire anche questo rapporto partito - istituzioni, ma anche rapporto partiti e Gruppi consiliari.
Questo vuol dire che dobbiamo avere il convincimento che la legge che ci siamo dati sulle nomine, certo perfettibile e in alcuni casi da rivedere rappresenta comunque un punto importante di arrivo nel nostro dibattito e che dobbiamo in ogni occasione rispettare.
Ciò significa che dobbiamo dare piena e convinta attuazione. Bisogna svolgere questo lavoro di preselezione, dire di no ai riciclaggi sospetti e dobbiamo dire che in questo anno di prima applicazione non sempre lo abbiamo fatto; bisogna con tutta onestà riconoscerlo.
Si deve davvero esaminare, in modo più attento e mirato, il discorso delle competenze professionali, ma anche dei requisiti morali. Occorre che anche la Regione, nel suo complesso, svolga nel modo più celere e più mirato tutte le sue competenze in tema di verifiche e di vigilanza perch noi abbiamo avuto modo di registrare, rispetto a fatti recenti, che non sempre sul piano della vigilanza, da parte della Regione, si è andati in modo spedito e profondo come si sarebbe dovuto. Forse la vigilanza è stata un termine interpretato in modo burocratico. Credo che se avessimo svolto in modo più approfondito i compiti in tema di vigilanza come valenza morale e politica, avremmo messo una pezza ed evitato alcuni guasti. Per ciò che attiene al ruolo degli enti strumentali occorre avere un rapporto più stringente. Quindi, un dibattito preventivo prima della nomina dei vertici di questi enti sugli indirizzi e sulle attività che questi debbono svolgere, ma soprattutto un controllo continuo e costante sulle attività delle persone che noi andiamo a nominare.
Credo che, su questo, vi possa essere larga convergenza all'interno del Consiglio regionale; anch'io sono d'accordo perché questo dibattito si possa concludere con un ordine del giorno che non sia un mero richiamo a petizioni di principio, oppure un'espressione, di volontà e di impegno all'applicazione della legge, ma che possa contenere anche delle esplicazioni così come lo sono quelle presentate nell'ordine del giorno del Gruppo comunista che, a mio avviso, possono essere condivisibili per ci che attiene la valorizzazione del sistema delle audizioni, alla pubblicizzazione delle nomine da effettuare, perché vi sia un ampliamento di, quella norma che attiene all'autocandidatura. Perché dobbiamo registrare che, in questo primo anno di attività, in realtà le autocandidature erano sempre all'interno della cerchia dei movimenti politici, e addirittura in molti casi - rispetto alla qualità e.alla professionalità - di certo inferiore rispetto a quelle che erano le designazioni dei Gruppi.
Quindi, anch'io sono d'accordo a che si dia una maggiore pubblicità alle nomine, che debbono essere ancora effettuate. Così come sono d'accordo sull'impegno del 31 luglio di portare quegli aggiustamenti normativi che riterremo opportuni introdurre. Anche se oggi il problema è quello di un'applicazione corretta e convinta della legge, cosa che non sempre è stata.
Questa legge molte volte è stata vista con fastidio; abbiamo registrato, anche in molte riunioni, un po' di insofferenza rispetto ai meccanismi introdotti con questa legge, che certamente sono, lo riconosciamo, dei meccanismi defatiganti specialmente in sede di prima applicazione. Ma, se siamo convinti che occorre voltare pagina, credo siano degli adeguamenti e delle prescrizioni che dobbiamo accogliere per la positività che hanno rappresentato.
Soprattutto mi auguro che vi possa essere al termine del dibattito un ordine del giorno che rappresenti la unitarietà del Consiglio regionale poiché, su questo tema, sarebbe ridicola e sminuente una divisione che non avrebbe senso e non sarebbe capita dalla collettività.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Vorrei far notare come questo dibattito sia non solo fiacco, ma mancante di quella tensione morale che viene peraltro evocata e rievocata negli interventi che mi hanno preceduto.
E' un dibattito ambiguo in cui si ruota intorno ad un argomento specifico senza prenderlo di petto e affrontarlo. Ci si rifugia in queste declamazioni più o meno retoriche e ormai abbastanza nauseanti, dopo averle sentite ripetere quasi per un anno, come se bastasse richiamarci a dei principi morali per eludere il problema, e sarebbe troppo facile, ma in realtà è quello che si sta facendo ancora oggi in questo dibattito; anche perché se si fosse parlato veramente dell'argomento all'o.d.g., noi avremmo dovuto trarre le conclusioni, discutendole, sulla prima attuazione della legge 10.
La legge n. 10 capisco che mette in imbarazzo tutti voi, maggioranza opposizione, passata, presente, semipassata.



BRIZIO Gian Paolo

Futura.



PEZZANA Angelo

Futura non lo so, perché non leggo nel futuro, questo se mai lo fate voi che avete qualità divinatorie. Io non ne ho, sono troppo razionale per leggere il futuro.
Vado a leggere l'articolo 2 della legge n. 10 e capisco perché siete tutti imbarazzati a parlarne. Sull'art. 2 della legge n. 10 siete reticenti e dirò, Bontempi, perché ho trovato anche il tuo intervento molto reticente. E' un intervento al di sotto delle tue grandi capacità oratorie è un intervento del tutto diminutivo rispetto a quanto mi aspettavo.
Credevo di sentirti fare delle affermazioni diverse. Lascia che ti faccia questa critica.
Recita l'art. 2 della legge n. 10: "Le nomine dei componenti degli organi di controllo, di cui alla legge 62/53, dei componenti degli organi collegiali di amministrazione dei sindaci o revisori dei conti di enti o istituti di diritto pubblico e privato, aziende, società, consorzi, o comunque spettanti alla Regione, sono attribuite alla competenza del Consiglio regionale".
Qua si confonde il pluralismo con la democrazia. Non è vero che pluralismo sia automaticamente sinonimo di democrazia, molto sovente non lo è, anzi, è il contrario. In questo caso è quella famosa cogestione della quale, a parole, il collega Bontempi parla contro e contro la quale spara a zero, ma verso la quale in realtà lui soggiace tranquillamente e l' ha dimostrato ancora oggi. Perché come ho sentito da parte di tutti i colleghi, si riafferma la validità della legge n. 10 e questo significa dare alla cogestione e alla corresponsabilità un valore assoluto nel quale si crede. Quindi, caro Bontempi, è inutile che tu mi venga a dire che sei contro la cogestione quando ci sei dentro fino al collo.



BONTEMPI Rinaldo

Non è vero.



PEZZANA Angelo

Io esprimerò delle opinioni, tu dirai che non sono vere, poi se mai me lo dimostrerai. A me sembra che nel momento in cui tu difendi la legge n.
10 difendi in realtà la cogestione, perché l'art. 10 significa cogestione.
Il richiamo che sovente sento fare da parte liberale e comunista alle responsabilità delle segreterie dei partiti, come se il Consiglio regionale o le forze politiche presenti qui si scrollassero di dosso certe responsabilità accollandole momentaneamente e passando la palla alle segreterie dei partiti, mi sembra troppo comodo. E lo dico al collega Marchini e al collega Bontempi perché questo è un discorso che non solo in questa sede sento fare.
Se questi organismi sono autonomi ed hanno capacità di decisione, di giudizio e quindi anche di scelte, mi chiedo come quelle persone che passano e spostano gli uomini per decisione di segreterie di partiti possano avere un potere dominante sul Consiglio e sui Gruppi politici tale da vanificarne l'indipendenza.
Il collega Bontempi dice che la mia è una critica radicale verso i partiti. Non è assolutamente vero, semmai in questo momento è la sua una critica radicale alle segreterie dei partiti; la mia è una critica alla partitocrazia, a quello che sono diventati i partiti, al punto che qua dentro ci illudiamo di non sentire e di non ricordare quello che la gente dice fuori.
Il collega Bontempi parlava di un romanzo a puntate che dura un po' troppo a lungo. Ma chi è che lo fa durare questo romanzo a puntate? Una seria opposizione non avrebbe dato motivo di argomenti a queste puntate che durano troppo a lungo. Andiamo a vedere come mai la legge n. 10 viene difesa da tutti, da maggioranza e da opposizioni.
La prima volta che venne votata la legge n. 10 ottenne 44 voti, cioè l'unanimità dei presenti; venne però rinviata al Consiglio dal Commissario di governo e ottenne 43 voti da tutti i presenti. Allora mi chiedo che senso ha fare un dibattito oggi dove si parla di risultati ad un anno dall'approvazione della legge, dove si parla di trasparenza, di correttezza e di come fare le nomine e si rimprovera il sottoscritto che, per scelta politica, ha deciso di non partecipare alla Commissione consultiva per le nomine, in quanto ritiene sbagliato il punto di partenza. Caro Bontempi, se venissi alla Commissione nomine e continuassi a dire che è sbagliato il criterio sul quale ci riuniamo, giustamente mi dovresti dire: "Qui le regole sono queste, o decidiamo di cambiare le regole del gioco o tu ti adatti e giochi con questi giocatori, con queste carte".
La mia presenza nelle Commissioni è quasi zero, ma io ritengo di fare politica e il lavoro legislativo in questo Consiglio regionale secondo il mio modo di lavorare che non è quello che forse fa parte della filosofia politica di un Gruppo che ha molti Consiglieri.
Su questo inviterei i Consiglieri se è possibile.....



ROSSA Angelo

Hai dei buoni amplificatori.



PEZZANA Angelo

Questo lo lascio dire a te, è ,una tua affermazione. Se è vera mi fa piacere, se non lo è mi auguro che lo diventi.
Spero che alle prossime elezioni molti voti che sono andati agli altri partiti presenti in quest'aula vengano al mio, di modo che saremo 4, 5, 10 o magari 17, ma questo fa parte del futuro.
Mi chiedo, cari colleghi Consiglieri, caro Presidente, cara Giunta cari Presidenti, cari Vicepresidenti, con quale coraggio stiamo a discutere ancora oggi sugli accadimenti che tutti i giorni leggiamo sui giornali, che non hanno colpito soltanto quelli che prendevano le tangenti sulle imprese di riscaldamento, ma sono finiti sotto accusa Presidenti, Vicepresidenti persone che hanno delle responsabilità.
Questo criterio in quasi 15 anni di gestione regionale si è dimostrato sbagliato.
In realtà dobbiamo dirci che con questa legge e in questa situazione noi non abbiamo nessuno strumento di controllo su quello che queste persone andranno a mettere in atto dalla posizione in cui questo Consiglio le collocherà responsabilmente.
Non voglio dire con questo di avere la soluzione, per carità, sono l'ultimo arrivato e non ho nemmeno l'esperienza di precedenti dibattiti politici e di scontri fra forze politiche che dovrebbero essere su posizioni diverse, però mi sembra che una posizione di partenza dovrebbe esemplificare e togliere questa cogestione, questa corresponsabilità in cui tutti si trovano à dover assistere à situazioni in cui ruba il comunista ruba il socialista, ruba il democristiano e tutti sono in situazioni oggettivamente imbarazzanti, al di là della buona volontà dà parte di ogni Gruppo. Anche perché le persone colte con le mani nel sacco non dicono "io rubavo per me", ma dicono "rubavo per il mio partito". Allora, cari partiti politici, cari Gruppi politici che siete rimasti coinvolti in queste situazioni, chiedetevi se le leggi, se i meccanismi che avete messo in atto non siano sbagliati.
Io non sto dicendo che bisogna tornare indietro, sto dicendo che quando esistono delle responsabilità di cui non si possono più definire i confini a questo punto sappiamo cosa pensa la gente che dice: "Rubano tutti, sono tutti uguali". A me questo non va bene. Io credo nella moralità della politica, credo che si possa fare politica in maniera pulita. Una persona che fa politica non necessariamente deve essere vista all'esterno come uno che specula e ci mangia sopra.
In realtà questa è l'opinione che al di fuori di quest'aula là gente ha di chi fa politica e di chi gestisce le cose pubbliche. Perché questo? Come si può uscire dà questa situazione? Ripeto, dando à quelle forze politiche che hanno riscosso là maggioranza di fiducia dà parte dell'elettorato le responsabilità per vedere alla fine della loro gestione cosa avranno fatto e permettere alla gente di distinguere tra chi si è comportato bene e chi ha svolto invece una funzione di opposizione.
Questo non è un discorso soltanto regionale, è un discorso nazionale ed una posizione che non è nuova, sono decenni che là si ripete. Quando noi radicali parlavamo di partitocrazia qualche anno fa, venivamo accusati di essere dei qualunquisti perché eravamo contro il regime dei partiti che invece era a garanzia.....



BONTEMPI Rinaldo

Ti racconto là storia della legge straordinaria di 1.900 miliardi per là gestione degli aiuti al Terzo Mondo e le richieste dei radicali di stare dentro ...



PEZZANA Angelo

Non di stare dentro, ma di gestirle. Pannella si era proposto di fare il commissario per avere tutta là responsabilità perché, se falliva, era colpa sua e, se andava bene, era merito suo. Questa è una posizione che io condivido interamente.
Qui non c'è nessuna assunzione di responsabilità.



BRIZIO Gian Paolo

Non dargli l'importanza che non ha.



BONTEMPI Rinaldo

Perché queste storie non le puoi fare qui.



PEZZANA Angelo

Io non faccio nessuna storia, se tu ritieni che questo sia un argomento importante, lo mettiamo all'o.d.g. e ne discutiamo.
Apprezzo quegli interventi che mi permettono di proseguire il mio intervento, se invece mi si porta argomenti di altro genere devo anche rispondere. Apprezzo di più l'intervento del collega Bontempi, anche se porta su un altro terreno, che non quello di Brizio che dice: "Dagli poca importanza".
Io ne ho pochissima d'importanza, mentre Brizio fa parte di un partito che ha grossissima importanza in questo Paese, bisogna vedere se è un'importanza positiva o negativa.



BRIZIO Gian Paolo

Gli italiani ci votano.



PEZZANA Angelo

Ci sono anche Paesi a partito unico che hanno una grossissima importanza. Gli italiani hanno anche sopportato vent'anni di fascismo.



BRIZIO Gian Paolo

Senza poter votare!



PEZZANA Angelo

Ho delle grosse difficoltà ad affrontare i problemi ipotizzando i se.
Non è nelle mie capacità, preferisco parlare di cose concrete. Se vogliamo parlare del problema della fame sono disponibile; a me interessa ribadire in questo momento che chi si assume responsabilità o si autocandida e si propone come responsabile di una certa , attività in qualunque modo è una persona seria perché poi ne paga il prezzo.
In realtà in questa situazione il prezzo lo paga poi la classe politica in generale, lo pagano tutti, lo paga l'istituzione e questo è il vero qualunquismo perché poi la gente fuori fa di ogni erba un fascio. In questo caso ha ragione perché le erbe qui non si distinguono più. Ripropongo nuovamente in questa sede, non in Commissione nomine perché ritengo che la mia presenza li sia del tutto fuori posto, che un'opposizione deve caratterizzarsi per la non commistione con le forze di maggioranza.
Rivolgo ancora questo invito qui, ma so benissimo che cadrà nel vuoto perché anche il collega Bontempi ha ribadito la bontà della legge n. 10 votata all'unanimità nel 1985, per cui non vedo perché non dovrebbe esserlo in questa legislatura, dove è cambiata una parte dell'opposizione.
Il collega Mignone si augurava un ordine del giorno unitario altrimenti sarebbe ridicolo. Io farò parte del gruppo ridicolo. Mi chiedo perché un ordine del giorno non unitario non debba avere credibilità ritengo che la legge n. 10 sia la base della partitocrazia e della lottizzazione, riproposta anche in questo Consiglio regionale. Io non parlo di malefatte, non sto dicendo che il Presidente socialista dello I.A.C.P. e il Vicepresidente sono ladri. Non entro nella polemica facile, non ho citato né nomi né partiti; dico solo che lo scandalo del 2 marzo continua ad andare avanti; anche qui non sono d'accordo con le posizioni del tutto estranee dei colleghi Ferrara e Marchini poiché se le forze di opposizione il .2 marzo fossero state senza cadaveri negli armadi, avrebbero avuto argomenti politici di verifica immediata; non li hanno usati. Questo sta ad indicare molto sulla passata gestione (da parte dell'opposizione che non ha fatto il suo dovere, come non lo fa oggi in quest'aula, parlo naturalmente dell'opposizione comunista).
Ho pronto un documento, che non sto a leggervi, ma che farò fotocopiare per distribuirlo. Vuole essere un tentativo, non la soluzione, di uscire da questa empasse da cui non verremo fuori perché anche se verrà approvata la proposta della pubblicità delle riunioni, in realtà un processo alle intenzioni più di tanto non si deve e non si può fare alle nomine future.
La proposta di questo mio breve documento è quella che grosso modo vi ho spiegato a braccio, ossia chiedo all'opposizione di tornare a fare opposizione e di lasciare, per i prossimi quattro anni, al governo della Regione, a chi si è assunto per delega degli elettori le responsabilità, di attuare anche quelle che il collega Bontempi chiamava malefatte, senza doversi trovare poi di fronte all'errore di qualche persona nominata perch ritenuta onesta. Non vorrei ritrovarmi alle prossime elezioni con il collega comunista, quello socialista, magari il collega dei verdi o il demoproletario coinvolto in situazioni di malefatte palesi per cui vi troverete in una posizione difficilmente difendibile di fronte all'elettorato che ancora una volta non capirà dove sono le famose differenze politiche, quando la gestione della cosa pubblica avviene in una consorteria in cui tutti sono coinvolti.
Voglio concludere con un'annotazione sull'intervento del collega Bontempi. E' un intervento che ho apprezzato al 50%, perché l'altro 50 arriva con un grosso ritardo. Bontempi dice che bisogna riconoscere al M.S.I. il diritto alla presenza negli enti strumentali con le nomine delle persone che proporrà e che verranno ratificate dal Consiglio.
Se questa posizione è accettabile adesso, lo doveva essere anche 8/9 mesi fa, quando il collega Carazzoni aveva fatto la stessa richiesta nella Conferenza dei Capigruppo quando gli venne risposto che, data la sua collocazione non costituzionale, non si poteva concedere questo "agrèment" al suo Gruppo. Già allora mi ero espresso in maniera molto critica di fronte ad un'esclusione totalmente antidemocratica di un Gruppo politico non importa a quale ideologia si richiami, democraticamente eletto e democraticamente presente in queste istituzioni. Avevo detto che la non democraticità di quella scelta ricadeva su chi la faceva, ovvero su quelle forze che si dicevano democratiche e non sul M.S.I. che, in quel caso, era palesemente emarginato.
Per cui oggi, anche se in ritardo, apprezzo questo 50% di buona volontà che, essendo stato espresso dal P.C.I., ritengo non troverà difficoltà ad avere sottoscrizioni anche da parte degli altri Gruppi che sono meno "D.O.C.".
Ripeto però la mia grossa, decisa, netta opposizione a che il M.S.I.
Gruppo politico legalmente e democraticamente votato e rappresentato in quest'aula, anche se rappresenta sicuramente la forza politica dalla quale mi sento più lontano, continui ad essere discriminato nell'Ufficio di Presidenza proprio dalle forze politiche che si richiamano tutti i momenti al concetto democratico e alla Costituzione.
Il collega Ala, qualche giorno fa, ha dato le dimissioni quale rappresentante nell'Ufficio di Presidenza anche se avrebbe dovuto rimanervi sino a dicembre in base a quell'accordo di rotazione nei confronti dei tre nuovi Gruppi di questa Legislatura, per cui si riproporrà tra pochi giorni il problema della presenza o mia o di Staglianò nell'Ufficio di Presidenza.
Tengo però a sottolineare che questo è potuto avvenire perché il P.C.I. ha tolto un suo rappresentante dando così la possibilità alle tre forze nuove di esservi presenti a rotazione.
Dico subito che non accetterò nel modo più assoluto di entrare nell'Ufficio di Presidenza se al M.S.I. non verrà garantito lo stesso mio diritto. Non voglio valermi di un diritto che viene negato ad un'altra forza. Se questo diritto non verrà dato al M.S.I. questo Consiglio nel suo insieme sarà oggetto di una gravissima discriminante, quella cioè di essersi comportato in modo antidemocratico proprio in spregio a quei valori a cui giustamente ci richiamiamo, ma che non riteniamo opportuno e giusto attuare nei confronti di un Gruppo che è presente in questo Consiglio e che ha tutti i nostri diritti. Se non sarà resa giustizia al Gruppo del M.S.I.
io non accetterò di far parte dell'Ufficio di Presidenza.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi, devo dire che ho creduto, sin da quando ho iniziato a fare politica, di interessarmi della cosa pubblica, nel primato della politica.
In questi anni ho avuto ed ho oggi difficoltà a difendere questa impostazione. Provengo da un'esperienza professionale nel campo dell'informatica, di tecniche gestionali anche avanzate. Vengo spesso accusato di essere un tecnocrate, ma ingiustamente, poiché non sono un tecnocrate, non ne ho tutta la strumentazione necessaria.
Ho iniziato a fare politica durante il grosso dibattito, ben diverso dalla costituzione del pentapartito, del centro - sinistra. In merito non ho seguito, forse, con troppa attenzione l'intervento del Consigliere Marchini, che non sono riuscito a cogliere pienamente. Ricordo l'alto livello del dibattito sulla programmazione, sulla nazionalizzazione: emergeva un'alta politica.
Mi sono ritrovato all'interno del mio partito come uno dei partecipanti alle componenti di quel dibattito e ho visto e colto tale alta politica.
Dunque in quel dibattito mi era sembrato di poter ritrovare pienamente il principio del primato della politica.
Oggi, questa mia difficoltà non può essere modificata dal passare la mano al sistema degli interessi prevalenti. Non credo che scindere gestione da governo sia una soluzione a quelle che sono le esigenze di moralità e di correttezza all'interno della società nel suo complesso. Se si esce fuori dalla pura osservazione dell'amministrazione pubblica, si sa benissimo che non troviamo modelli di moralità eccezionali, che c'è una lotta per il potere e non solo spietata e analoga a quella che corre nel sistema pubblico e dei partiti; che gli interessi individuali molto spesso prevalgono su quelli dei gruppi, delle imprese, della società nel suo complesso. Con questa consapevolezza e realismo occorre lavorare per cercare di recuperare quello che è il rapporto corretto tra partiti e istituzione.
Credo che la legge n. 10 possa essere una componente di questo processo che certamente non risolve, ma minimizza quelle che possono essere le distorsioni nella gestione della cosa pubblica; ovviamente altri rimedi si possono anche ricercare.
Ritengo che l'allargamento della base della democrazia sia, in senso generale, uno strumento importante per rendere corretto il rapporto tra partiti e istituzione, per rendere la cosa pubblica, le imprese e la società trasparenti. Si parla di una società ricca di informazioni e questo, al di là del tema importante della partecipazione, è un fatto essenziale per riuscire a costruire questa base di "convivenza" morale nell'ambito della cosa pubblica.
Massimizzare la collegialità nelle gestioni, in questo caso agli organi di governo pubblici e anche del loro rapporto con il sistema economico e sottolineerei - col sistema dell'informazione, è un altro aspetto che potrebbe aiutare il problema della moralità, della gestione corretta, del far si che la collettività e i giovani in particolare, possano riconoscersi con fiducia nei gestori della cosa pubblica.
Non possiamo nascondere quella che oggi è la compenetrazione e il condizionamento che il sistema economico e dell'informazione hanno su tutta 1'0peratività, sulla vita delle istituzioni e dei partiti.
Tali compenetrazioni e i condizionamenti pesano certamente nel mondo politico, ma pesano anche i limiti culturali e di proposta, per cui è comodo sopperire a questi limiti facendo meccanicamente proprie tesi altrui che ovviamente sono frutto di interessi ben precisi.
Allora collega Ferrara - a proposito di quei giovani disillusi dai politici che hai incontrato ieri sera dobbiamo batterci con grande determinazione per recuperare quelle affermazioni di sfiducia, che non sono solo affermazioni dette così casualmente, ma sono dentro al corpo della società e soprattutto dei giovani, per cui dobbiamo sottolineare che, nella formazione dei gruppi dirigenti della cosa pubblica, ci tocca fare uno sforzo importante che tocca tutti, senza esclusione alcuna.
Va detto con chiarezza che dobbiamo essere più rigorosi e più severi nell'utilizzare tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione, dobbiamo mettere una barriera agli "yes-man" e ai "fedelissimi", ai riciclati di turno negli organismi pubblici. Dobbiamo fare uno sforzo collegiale che taglia trasversalmente i partiti e che entra a fondo in quella che è la vita pubblica, per difenderne la credibilità.
Sono in difficoltà nella difesa del primato della politica, ma cerco ancora di farlo, quando non ci crederò più lascerò questa attività; mi ritirerò nel mio io, ma fino a che si può, bisogna mettere una barriera all'ingresso di persone nella gestione della cosa pubblica che sono semplicemente degli esecutori, in buona o in mala fede, di altri interessi.
E' certo che il problema istituzionale di modifica del sistema elettorale delle preferenze e quello del finanziamento pubblico dei partiti non possono realizzare il conseguimento dell'obiettivo di aiutare nel senso sopraddetto.
Credo che sia più importante mettere a disposizione degli uomini e della collettività che vogliono dire qualcosa, fare politica, gli strumenti per esprimersi più che erogare passivamente dei finanziamenti.
Sulla questione morale, però - lo dico a te Ferrara perché sei stato quello che l' ha enfatizzata di più - molti hanno questa tua impostazione ma la questione morale non è solo saltare sui casi di volta in volta, non voglio usare il termine "sciacallaggio" che non mi sembra giusto per i compagni e colleghi che sono qui dentro e che ritengo tutti degni e corretti. Tuttavia c'è, a volte, l'impressione che si colgano le situazioni che emergono per far prevalere più l'opportunismo politico che quella che è la volontà di lavorare per modificare situazioni e spazi negativi e pericolosi.
Collega Ferrara, occorre ridurre questi spazi ed è in questo senso che farò alcuni esempi: non è solo la Commissione nomine che può essere uno strumento importante, ma dobbiamo stare attenti, quando si formano le maggioranze, nelle graduatorie degli Assessorati, dove vengono messi all'ultimo posto quelle realtà dove c'è la possibilità di fare alta politica e dove sono messi al primo posto, come appetibilità e come determinazione nel volerli, Assessorati, di cui se ne capisce perfettamente quali sono le volontà che spingono, a volte duramente, a controllarli.
Collega Ferrara gli accordi li avete fatti anche voi in questo senso e avete capito perfettamente l'insistenza su certi Assessorati che non era per poter fare alta politica, ma per fare probabilmente altro. Hai sottoscritto quell'accordo...



MARCHINI Sergio

Esplicita questa tua accusa...



TAPPARO Giancarlo

Per cortesia Presidente questo collega disturba, poi potrà riprende la parola ed eventualmente lo sentiamo.
Richiedo Presidente che faccia tacere questo Consigliere, lo faccia uscire, eventualmente. 0 stai zitto dentro o esci. Poi parli tu.
Allora chiarisco e lo faccio con un altro esempio più tangibile, perch si parla anche nei corridoi e, collega Ferrara, noi siamo gente di mondo ci parliamo per i corridoi e ce le diciamo certe cose e riusciamo a capire certi aspetti. Dobbiamo però stare attenti; fare un'azione contro questi certi aspetti della vita politica che non toccano solo il Piemonte, che sono generalizzati e che sono nelle società europee ed americane, lo vediamo in modo molto esplicito con molti casi che hanno l'onore delle cronache.
Ci sono degli elementi negativi che non basta solo denunciare, ma occorre anticipare. Allora, in questo senso, ci sono degli Assessorati nei quali c'è una determinazione nel "conquistarli" che tende a far prevalere altro oltre a quella che è l' alta politica.
Il collega Marchini diceva che il fare politica è spesso una trappola pur operando correttamente. E' giusto ed in tale contesto un certo tipo di insistenza va denunciata: ci sono delle aree che sono sempre state riservate ad uno stesso partito, a volte anche in modo corretto, non lo metto in dubbio, però evidentemente può darsi, come avviene nell'operatività della cosa pubblica, che certi problemi di scambio siano anche utili nel far lievitare degli strumenti di controllo incrociato, per evitare alcune degenerazioni che possono avvenire senza che ci sia il dolo da parte di colui che opera in tale realtà.
Sono dei processi in cui si sviluppano delle vischiosità che non permettono di operare nel modo voluto. Cerco di fare anche altri esempi ovviamente; sottolineo che non credo in questo senso che ci sia il dolo però questi tipi di meccanismi possono favorire elementi di degenerazione che tante volte sfuggono al controllo, perché ovviamente l'organismo è grande e compenetrato. Un esempio che sento, che sentiamo, e non vedo perché non lo devo dire pubblicamente: ho l'impressione, collega Ferrara che sulla centrale nucleare di Trino la determinazione e l'ostinazione, che non aveva nulla di scientifico e di strategico per il nostro Paese, nel fare il famoso "buco" (l'avvio dello scavo), rapidamente, pur con la buona fede di tutti e con la non esistenza della volontà di dolo, ci sia qualcosa che possa almeno sollevare un sospetto, perché, in termini di razionalità scientifica e strategica, questa determinazione non c'entra e può sollevare solo, come dicevo, legittimi sospetti.
Ho voluto fare questo intervento e su alcuni particolari della "questione morale" lascio al mio Capogruppo il compito di esprimersi sull'ordine del giorno.
Ho dunque voluto fare questa considerazione perché è un momento di crisi che io vivo personalmente attorno al ruolo della politica e che pu darsi mi potrà portare ad alcune decisioni ed ad alcune scelte, se non riesco più veder prevalere quello che è il primato della politica, l'unico senso per stare in questa assemblea, perché non lo vivo come mestiere.
Questo mio intervento ha il senso di dare un contributo, una testimonianza una denuncia forse, però non accetto, amici e colleghi, che ci sia anche su questi argomenti del tatticismo, dell'opportunismo politico. Qui ci giochiamo, caro Ferrara, con i giovani che tu hai visto ieri sera, ad esempio, il rapporto di credibilità. Non credo che qui, oggi, dobbiamo fare del puro tatticismo perché qualcuno magari abbia qualche punto in più alle elezioni o perché possa "venire meglio" sui giornali. Io credo che oggi dal dibattito, se non vuol essere un "bla bla bla", dobbiamo cercare di uscire determinati a fare in modo che certe degenerazioni (magari non volute), ma frutto del funzionamento delle strutture in un certo modo, vengano meno, si minimizzino. Mettiamo alcune nuove barriere. Non risolviamo il problema alla radice forse. Fa parte della "convivenza" di una società complessa però ne poniamo alcuni vincoli forti.
Credo che lavorando in questo senso possiamo certamente evitare di ridurre il rischio che certi "yes-men" vadano a collocarsi in posizioni di responsabilità con certe volontà "particolari". Dunque possiamo fare il nostro corretto compito, così come ci ha delegato la collettività se sapremo, appunto, dimostrare in ogni momento che non facciamo del tatticismo politico, ma vogliamo difendere il ruolo di questa Assemblea e il governo del Piemonte. Facendo ovviamente lo sforzo massimo possibile pur sapendo che non potremo capovolgere tutto dall'oggi al domani.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, cari colleghi, intervenire dopo il collega Tapparo potrebbe apparire utile per precisare un atteggiamento articolato all'interno del Gruppo; d'altro canto il collega Tapparo ha parlato a titolo personale, quindi ha lasciato a me l'onore di rappresentare la posizione del Gruppo socialista, anche se ha detto alcune cose note, dette molte volte, delle quali non mi pare si possa menare scandalo, perché c'è il rischio di fare dell'ipocrisia; bisognerà incominciare a parlare delle cose qui come se ne parla fuori, quindi dare alla politica quella dignità di arte che essa deve avere. La politica non è sporca, la politica deve essere l'arte di governare alla luce del sole, con trasparenza, cosa che non è mai stata fatta.
Cari colleghi, sono contento che si prenda lo spunto dalla questione morale e dai problemi che stiamo discutendo per allargare il discorso, per ricordare che la gente quando parla della politica dice: "E' una cosa sporca".
Probabilmente ha ragione, non lo so. Ci sono due aspetti. Certo è che la politica come è stata condotta da tutti i partiti finora è stata qualcosa che si configurava come la doppia verità.
C'è stata una grossa maturazione in 40 anni di vita democratica; i partiti sono stati sottoposti a critiche e a richiami, pur riconoscendo la loro essenzialità in quanto portatori di democrazia, perché senza i partiti credo non ci sia alcuna possibilità di convivenza democratica. C'è stato però un richiamo ai partiti ad essere più trasparenti, ad essere associazioni libere di proposta politica e meno strumenti di occupazione del potere. In questo richiamo mi pare di leggere che la politica non pu essere equiparata ad una cosa sporca. La politica deve essere trasparente deve essere qualcosa di cui si parla dicendone prospettive e limiti, perch la gente vuole conoscere. Sovente c'è tra di noi la tendenza a dire: "Se la gente lo sapesse!" Ma non è vero, la gente sa tutto. Io sono contento che la gente 'sappia tutto, perché questo significa che c'è un corpo sociale vivo, un corpo elettorale che sa mettere sotto critica i propri partiti, li sa richiamare, li sa scuotere quando è necessario per fargli imboccare la strada giusta.
E' positivo un discorso di questo genere anche se è un discorso che richiede una grossa riflessione. E' un discorso in atto nel Paese che attiene al sistema della nostra vita democratica, è un,discorso legato al rapporto istituzione - costituzione, che riguarda le modifiche da fare e i sistemi elettorali. Non è facile. In questi 40 anni di democrazia, che hanno salvaguardato il Paese dai rischi corsi da altri Paesi, sono emerse delle cose che sono da modificare e tra queste c'è un certo modo di agire dei partiti.
I partiti sono essenziali per garantire la vita democratica del Paese ma al loro interno sono meno democratici. Io ho questa impressione come uomo di partito. Al loro interno concepiscono la vita in modo diverso; La critica che viene dalla società e che nella vita interna del partito ci sia un ancoraggio fortemente democratico. Con questo non mi pare la società pretenda di sequestrare con la propria visione la vita democratica del partito, ma sollecita il partito a dire: "Cercate di diventare sempre più strumento di proposta che garantisca a tutti i livelli quel comportamento quell'etica morale, quella coerenza con le iniziative che vi proponete di fare e con quanto state gestendo". Non vedo la pretesa di dire: "Dovete fare come diciamo noi". Bisogna fare una lettura attenta, perché in fondo la gente vede positivamente il ruolo dei partiti. Se così non fosse, come pensate che questa democrazia e queste forze politiche abbiamo potuto godere dei consensi e della partecipazione in questi quarant'anni? Non penserete che in qualche modo abbiamo imposto il nostro schema alla società.
C'è manifestamente un rapporto di fiducia nei confronti di strumenti e forze che, per la verità, sono facilmente esposti alle critiche. E lo sono di più nei momenti di "bassa" quando i partiti finiscono per essere coinvolti in meccanismi dei quali vengono a subire pesanti responsabilità.
Questo è un sistema democratico fondato su alcuni poteri essenziali previsti dalla Costituzione, nei confronti dei quali ciascuno manifesta la propria, ampia e indiscutibile fiducia. Quando c'è qualcuno che compie un reato, è giusto che intervengano le forze e i poteri che hanno pertinenza e dovere di intervenire per bloccare certe tendenze.
Non so come le cose possono determinarsi, certo è che avvengono in molte società - lo diceva anche il collega Tapparo. Ci sono stati grandi scandali che hanno determinato cadute di governo e cadute di presidenti.
Nel nostro Paese però queste situazioni nei confronti di altri Paesi sono ben poca cosa. Lo dico con estremo realismo, interpreto il realismo con il quale la gente guarda questi problemi, ne parlo con il realismo e con il respiro con cui questi problemi vanno visti, senza dare alle questioni interpretazioni giacobine da intellettuale piccolo borghese. Voglio essere chiaro vedendo le cose in una visione riformista in un processo difficile che mette a contatto il potere politico con il potere economico, nel quale non si sa mai bene chi è il primo a proporre al secondo l'interesse o viceversa chi è il pubblico o chi è il privato. Attenzione, c'è questa articolazione della quale bisogna tener conto.
C'è stato un periodo in cui ai partiti era facile dire: "Siamo noi i detentori del potere, siamo noi che decidiamo, siamo noi che determiniamo siamo inamovibili e intoccabili". Quella è stata un'interpretazione distorta di un processo democratico e di un sistema democratico. Noi, come partito, siamo tra quelli che più sono coinvolti. Cari colleghi, non sono andato a vedere secondo il vecchio detto da dove viene la gente e a domandare dove va. Caro Ferrara, non sono andato a domandare da dove arriva parecchia di quella gente, molti li conoscevamo e sapevamo da dove arrivavano e l'errore è stato di non domandare dove volevano andare. E' un tema che mi interessa che riguarda le nomine e il modo di rilanciare questa democrazia, che ha resistito che è salda, che ha subito grossi colpi ma che ha saputo rispondere alle domande, quindi gode di fiducia. Ha però bisogno di alcuni correttivi per essere più chiara. E' una democrazia fondata sull'articolazione dei partiti, è una democrazia diversa da quella americana dove il Presidente eletto si porta i suoi funzionari e occupa il potere per la fiducia che esso ha avuto; al termine dei quattro anni si sottopone al giudizio e se quel gruppo dirigente sarà stato corretto godrà del consenso; se invece non lo sarà stato, se avrà rubato, se sarà incorso in fatti clamorosi che sconvolgono le regole del comportamento sarà giudicato.
Il nostro è un sistema multipartitico e pluralista, qui non c'è il bipartitismo (anche se c'è un tentativo di realizzare un bipolarismo imperfetto). Non possiamo però dilungarci oggi su questo tema.
Il Gruppo socialista è favorevole all'ordine del giorno presentato con il quale ci impegniamo a realizzare condizioni più sicure, anche se nella legge ci sono degli aspetti che forse andranno alleggeriti. Alcune nomine debbono essere decentrate insieme alle deleghe oppure pensiamo di poterci garantire con alcuni strumenti? Ho fatto anche delle critiche perché in alcuni momenti si va al di là della responsabilità personale come è comportamento di vita civile in questa società.
Cari amici, non è possibile fare i processi alle intenzioni, dietro all'immagine della persona più rispettabile può nascondersi l'individuo che sorprende.
Noi siamo favorevoli. Lavoreremo per individuare un rapporto giusto tra partito e istituzione, tra partito e società, però non vorrei che si facesse del romanticismo quando, per esempio, si parla delle segreterie e dei partiti. Io sono perché si faccia del realismo giusto, responsabile e serio. I partiti ci sono, qui presenti ci sono dei segretari regionali di partito, quindi lascerei a loro la responsabilità delle posizioni che i partiti esprimono e del potere che rappresentano.



MARCHINI Sergio

Ricordati la storia del sandalo.



ROSSA Angelo

Non mi sono spiegato e mi spiego meglio. In genere i segretari non parlano, perché ci sono i Capigruppo. Siccome però conosco la responsabilità che hanno i segretari regionali, credo sia dignitoso riconoscere loro il ruolo che essi svolgono sul piano della direzione del Partito a livello regionale. Non qui dentro, caro Marchini, ma fuori di qui, quando decidono le cose che anche tu qui porti mascherandole come cose tue autonome, quando invece non è vero. Ti sfido a dimostrare il contrario.
Devo dire che l'unico Gruppo che ha saputo dire di no al proprio Partito è il Gruppo socialista. Noi l'abbiamo dimostrato sulla questione del nucleare, noi abbiamo dimostrato che si.può dire di no pubblicamente al Partito, nessun'altro finora l' ha fatto. Ci avete anche criticato; siete rientrati e noi abbiamo dovuto accettare. Le scelte si sono determinate.
Però noi l'abbiamo fatto.
Ritengo che quarant'anni di vita democratica, siano stati garanzia anche per coloro che erano contro la democrazia. La Resistenza ha vinto per la democrazia, cioè per coloro che l' hanno sostenuta e l'han fatta, ma ha vinto anche per i suoi nemici. Probabilmente queste cose nell'immediatezza delle ferite non potevano essere dette, ma a quarant'anni di distanza, con tutte le prudenze e con tutti i distinguo necessari, si possono dire, non solo, ma è dovere della democrazia e della Repubblica dire le cose con alcune precise distinzioni.
Il problema è da valutare. Sono apparso come colui che ha ribadito i confini, cosa che intendo fare, perché non ci sono cose che ci possono confondere. Valutiamo con molta prudenza, le scelte non si possono fare sulle sabbia, le scelte hanno dei valori, delle validità e dei risvolti.
Quindi da questo punto di vista il Gruppo socialista ritiene di essere disponibile a valutare questa questione.
Non ho ancora letto le proposte di Pezzana. So che Pezzana le ha anticipate sulla stampa, mi ero permesso di dire che quello che non pu fare in aula e nelle Commissioni lo realizza attraverso un rapporto che, in ogni caso, ci consente di poter conoscere le sue posizioni.
Le questioni che abbiamo discusso ci debbono portare ad un'assunzione di maggiori responsabilità. Sono il Presidente del Gruppo socialista e ho delle responsabilità istituzionali, come le hanno altri. Il Gruppo socialista sotto il proprio simbolo ha stabilito un rapporto con la gente.
Ci tengo perché questo rapporto emerga, perché la gente ci chiede, anche come rappresentanti dei Partiti, delle risposte che bisogna in ogni momento essere in grado di dare.
Noi abbiamo cercato di darle, ciascuno di noi ha informato la propria vita a comportamenti ben precisi. La gente ha dimostrato di apprezzare i sacrifici, gli sforzi e i comportamenti. Intendiamo proseguire su questa strada e cacciare quelli che si comportano male. E' giusto operare perch si mantenga questo rapporto importante che viene dal partito, come momento di formazione politica e culturale, che si esprime nelle istituzioni, che non intende occupare le istituzioni, ma intende far si che nella gestione delle istituzioni, si realizzi quell'incontro con le ragioni ideali, per realizzare le cose che la gente si attende e per migliorare le condizioni della società.
Queste sono le ragioni che sottendono all'impegno del Gruppo socialista, il quale intende far emergere sempre di più e con chiarezza il rapporto essenziale tra momento parlamentare, la società e il partito perché riteniamo sia la forma migliore per assicurare il rilancio e il rafforzamento della democrazia repubblicana in questo Paese.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Brizio. Ne ha facoltà.



BRIZIO Gian Paolo

Cercherò di essere breve e sintetico anche se il dibattito esigerebbe più di una precisazione.
Certamente la legge sulle nomine è legata al 2 marzo 1983, ma poich qualcuno ha affermato che solo dopo tale data ci si è mossi e Bontempi ha già rivendicato l'iniziativa del suo Gruppo e del Partito comunista intendo rivendicare nei confronti di chi sostiene che l'opposizione di allora non intervenne su una serie di nostre prese di posizione e di iniziative che tendevano a chiarire e a correggere sul piano comportamentale alcune degenerazioni in atto; iniziative portate avanti dall'opposizione, sempre sul piano delle responsabilità politiche, perch siamo un'assemblea politica e non ci competono giudizi di altro genere che invece riguardano altri organi dello Stato ed il potere giudiziario in particolare.
Non ho difficoltà a dire che non siamo stati degli entusiasti della legge sulle nomine quando il suo esame è iniziato. Avevamo delle preoccupazioni che riguardavano norme troppo vincolanti, soprattutto perch a nostro giudizio la questione morale è una questione non tanto di norme quanto di volontà, di comportamenti degli individui e delle forze politiche.
Tuttavia, scesi sul terreno della predisposizione normativa, ci siamo molto impegnati come Gruppo sia nel lavoro legislativo che poi nell'attuazione (anche come persone). Alcune modifiche legislative, che forse oggi critichiamo per la complessità del testo, sono partite anche da nostre prese di posizione. Analogamente ci siamo impegnati nella gestione della legge ed il giudizio che diamo oggi è di un passo avanti compiuto che porta comunque a dare delle scadenze alle nomine e ad alcuni aspetti operativi che devono essere giudicati positivamente. I ritardi di cui parliamo e che sentiamo lamentare sono tuttavia anche in funzione della complessità della gestione di questa materia con i tempi della pubblicità e non di volontà politiche o di tendenze al ritardo che non avrebbero senso da parte di una maggioranza che ha tutto l'interesse a portare al più presto nuovi organismi alla gestione degli enti.
Possiamo dunque dare una valutazione positiva su questa legge, anche se riteniamo che vada migliorata. Già oggi si approvano alcune modifiche concordate a livello istituzionale tra tutti i Gruppi e ulteriori semplificazioni saranno nel tempo possibili perché contribuire a dotare gli enti pubblici di amministrazioni competenti, serie e capaci, è obiettivo di tutti.
Sulla questione delle nomine si è poi fatto un discorso più complesso di "questione morale" che esige alcune precisazioni ed alcune puntualizzazioni da un Gruppo come il nostro. Marchini, con l'intelligenza che lo contraddistingue ha posto il problema dell'antinomia "governo e gestione", molto importante. Bisogna fare più governo e meno gestione.
L'indicazione appare esatta e condivisibile, ma nel concreto di difficile attuazione.
E' stato posto anche il problema "politica-affari". E' un tema estremamente grosso, che non si collega certamente alla gestione di questo dopoguerra o al centro - sinistra o all'egemonia democristiana. E' un problema connesso alla complessità dei fatti storici e dell'economia moderna. Quando Garibaldi parti coi Mille l'armatore era Rubattino che ritroviamo puntualmente fra gli esecutori delle opere pubbliche della Sicilia italiana. Nell'epoca giolittiana, aurea epoca del liberalismo, non si può dire che la politica e gli affari fossero senza connessioni.
Bisogna guardare alla storia con lucidità e cogliere che ci sono dei processi difficili nella realtà della vita economica e sociale.



SANTONI Fernando

Per noi dovete risalire alla Banca romana.



BRIZIO Gian Paolo

Dopo c'è stata una diminuzione di potere caro Santoni.
Desidero riprendere anche un tema trattato da Mignone. Non possiamo assolutamente porre in una condizione di inferiorità la società politica nei confronti della società civile. L'allargamento dell'intervento pubblico ha creato certamente sotto il profilo morale un'area maggiore anche per la corruzione. Certi costumi però vengono dall'area della gestione privata.
Basta avere fatto i dirigenti di azienda, avere operato per sapere come funzionano gli uffici acquisti, quali sono le strade con cui certi affari si concludono anche all'insegna della competitività e del liberalismo.
E' un costume di cui la società è permeata e noi dobbiamo certamente fare un grande sforzo perché la società politica sia trainante rispetto alla società civile, ne rappresenti gli aspetti più positivi, non gli aspetti più negativi. Non dobbiamo però avere complessi di inferiorità o complessi di colpa eccessivi e paralizzanti quando si verificano questi deplorevoli episodi.
Dobbiamo vederli con lucidità, fare il possibile per evitarli, ma non considerarli una caratterizzazione dell'intervento pubblico soltanto perché questo non è vero! E' un costume deteriore che permea la società che purtroppo si inserisce anche pesantemente nel sistema degli enti pubblici, con le responsabilità dei partiti, con il problema partiti occupazione della società che abbiamo trattato, con tutto un complesso di fatti che debbono essere puntualmente corretti.
Occorre chiarezza innanzitutto negli enti strumentali. Ricordo in proposito, per arrivare al passato, come fossi molto preoccupato - e lo sono tuttora - di taluni incroci azionari che abbiamo con Sito, Socotras per cui siamo arrivati ad avere come Regione tre tipi di partecipazione in un solo ente, una diretta e due indirette, una attraverso la finanziaria regionale e l'altra attraverso una bontà di gestione.
Occorre operare con grande impegno tutti insieme, ma soprattutto chi ha la responsabilità di governo e questo oggi a noi compete, per chiarire al massimo tutti i meccanismi e gli atteggiamenti. Non ha da esserci monopolio per alcuno sulla questione morale; né primi della classe sia dall'opposizione come dal governo. Il problema morale ci tocca tutti e tutti ci dobbiamo sentire impegnati nei comportamenti concreti al massimo delle nostre energie.
Desidero anche fare qualche puntualizzazione in ordine ai problemi posti da Tapparo nel suo intervento circa Assessorati e gestioni nelle mani della medesima forza politica per un lungo tempo. E' un problema che non ci tocca come forza politica, ma semmai riguarda altre forze politiche. Noi non abbiamo chiesto e non abbiamo ottenuto Assessorati di gestione: è un problema che però deve essere ricondotto ai comportamenti, come ha fatto Tapparo nella seconda parte del suo intervento, perché la sua prima enunciazione ci aveva lasciati preoccupati come indicativa di qualche sottofondo non limpido che noi non potremmo tollerare. Per quanto ci riguarda, la posizione che abbiamo assunto sul nucleare è del tutto scissa da preoccupazioni di interventi economici, non è avulsa, questo si,dei problemi occupazionali e da quanto l'intervento in proposito può di positivo consentire. Siamo preoccupati che gli interventi occupazionali nella zona in cui sono avviati non vengano immediatamente distorti.
Infine alcune valutazioni sulla questione del Movimento Sociale e su quella del documento conclusivo. Sulla prima effettivamente Bontempi ci ha invitati ad una riflessione che per la verità avevamo già avviato all'inizio di questa legislatura, quando avevamo constatato che a livello della Provincia e della città di Torino al MSI venivano concretate alcune attribuzioni di incarichi. Riteniamo che il problema vada valutato con attenzione.
Arrivare attraverso gli organismi di controllo e non attraverso gli enti amministrativi potrebbe essere una strada che consentirebbe il superamento graduale di una posizione storica nella Regione Piemonte.
Noi non siamo assolutamente contrari a valutarla con attenzione con le altre forze democratiche ed a trarre tutti insieme valutazioni che possono anche modificare i nostri atteggiamenti, proprio a cominciare dagli organismi di controllo.
Il documento che abbiamo predisposto è aperto a convergenze e confronti. Mi auguro che questo dibattito porti ad un documento unitario abbiamo questo desiderio e questa disponibilità non per seguire forme di consociativismo o per coinvolgere l'opposizione, o l'opposizione più importante, con la maggioranza, nella gestione. Assolutamente no! Ci interessa invece coinvolgere le forze consiliari in una valutazione complessiva positiva della legge e soprattutto in uno sforzo di attuazione che può essere veramente utile e importante, delle norme delle nomine e nell'assunzione corretta di atteggiamenti sottesi e conseguenti.
Abbiamo predisposto un documento molto sintetico con i Gruppi del pentapartito poiché avevamo ritenuto che il rinvio della presentazione delle norme al 31 luglio consentisse un esame più attento delle specifiche prese, di posizione e proposte su determinati problemi quale quello della pubblicità delle sedute o delle nomine o dell'utilizzo delle audizioni. Non abbiamo però difficoltà, per raggiungere una convergenza, a integrare il nostro documento con la parte centrale del documento comunista che già fissa alcuni principi su questo terreno largamente condivisibili.
Siamo comunque disponibili, nel prosieguo dei lavori o nella sosta che si farà, a confrontarci con le altre forze del Consiglio per giungere ad un documento possibilmente unitario.
Ritengo che il tema profondamente istituzionale e, come sempre noi ribadiamo, soprattutto comportamentale debba spingere tutti a cercare delle convergenze che nulla hanno a che vedere o con il consociativismo o con la confusione di ruoli di governo e di opposizione che devono essere correttamente distinti.



PRESIDENTE

La parola alla Vicepresidente della Giunta, signora Vetrino.



VETRINO Bianca, Vicepresidente della Giunta regionale

Signor Presidente, colleghi, c'è una consuetudine in questo Consiglio riguardante i dibattiti di carattere istituzionale, la cui conduzione viene solitamente riservata ai Gruppi consiliari, riconducendosi poi nella situazione di sintesi alla Presidenza del Consiglio. Succede che anche la Giunta venga chiamata in causa durante questi dibattiti di carattere istituzionale e credo che la discussione di stamattina, proprio per la presenza e per la connotazione tutta politica che ha assunto, riguardi anche la Giunta regionale che, attraverso questo breve intervento, desidera portare un suo modesto contributo.
Non v'è dubbio che la questione morale riguarda tutti i soggetti politici. E' scritto in un documento che mi è stato passato a firma di numerosi Consiglieri del P.C.I. e credo che su questa frase si possa ampiamente convenire; la questione morale riguarda tutti i soggetti politici e dunque anche gli esecutivi e altri soggetti in questa comunità piemontese, soggetti economici e sociali, nonché quei livelli istituzionali che dalla Regione si diffondono attraverso le Province, i Comuni, anche quelli piccoli, e quindi concordo con i suggerimenti che venivano da taluni Consiglieri, di fare in modo che questo dibattito non rimanga chiuso in quest'aula ma abbia una possibilità di cascata di rilievo e di attenzione anche da parte di quegli altri livelli che con noi concorrono a determinare la classe dirigente politica di questa Regione.
Questa materia, abbiamo visto, attiene a tutto.
E' inutile che noi abbiamo una legge così rigorosa e importante, sulla quale mi esprimerò tra poco, se poi la legge stessa viene di fatto osservata soltanto nel momento in cui la Regione Piemonte esplica le sue nomine e viene poi di fatto disattesa magari in livelli meno importanti, ma che, tuttavia, avendo la possibilità essi stessi di esprimere delle nomine e quindi di indicare rappresentanti in enti importanti della Regione, delle città, questi criteri non vengono osservati.
Credo che la necessità di un dibattito a cascata sia, da tenere in considerazione e che spetti quindi a tutti noi, come forze politiche ma anche alla Presidenza del Consiglio, studiare tempi e modi per fare in modo che questo momento di tensione, che il Consiglio ha vissuto oggi, sia un momento da potersi ribaltare e far vivere anche ad altri livelli.
Non v'è dubbio che la Giunta sia chiamata in causa perch inevitabilmente, il processo delle nomine determina una serie di rapporti Giunta - Consiglio nei quali la presenza della Giunta non è fondamentale ma certamente necessaria.
Occorre dire che il nostro Regolamento, dove parla della Commissione nomine agli artt. 14 e 18, non attribuisce presenze alla Giunta. Nella composizione della Commissione nomine, per esempio, non è prevista la rappresentanza della Giunta, mentre per la previsione delle riunioni dei Capigruppo è previsto che la Giunta possa, o debba addirittura, partecipare per la definizione dei lavori del Consiglio, per quanto riguarda questa Commissione specifica la presenza della Giunta non è prevista.
Tale presenza è prevista dagli artt. 18 o 19 ma è vista in un modo diverso da quanto la vorremmo vivere noi in questo momento alla luce della legge nuova: la Giunta consulta la Commissione nomine per quegli incarichi rispetto ai quali essa ha potestà di designazione.
Probabilmente, in un prosieguo occorrerà anche tener conto di un aggiornamento delle norme dello Statuto. Ci sono rapporti nuovi che vanno costruiti anche a questo riguardo perché non v'è dubbio che per la complessità e per il numero delle nomine, ma anche perché talune nomine attengono alla potestà della Giunta e ad un controllo che compete sempre alla Giunta rispetto alla rappresentanza di queste persone negli enti, un maggior coinvolgimento debba esserci.
In questo senso raccogliamo da parte delle forze politiche una maggiore attenzione che probabilmente non è stata quella che sarebbe stata necessaria - non abbiamo nessuna difficoltà ad ammetterlo - e che nel futuro si debba anche istituzionalizzare meglio questo rapporto e soprattutto che non solo la struttura dell'ufficio nomine venga dotata del personale necessario a gestire questa nuova funzione, creata insieme ad altre, con la legge n. 10, con altri adempimenti (e in questo senso posso assicurare che l'Assessore Carletto ha preso a cuore il problema e ha problemi egli stesso nel definire le persone, nel fare degli spostamenti visto che si tratta di persone di IV e V livello: problemi che riscontriamo anche noi nel dover sistemare le strutture all'interno dei nostri Assessorati). Ma l'Assessore ha assicurato la volontà in termini brevi, di porre la struttura in grado di funzionare.
C'è anche un'altra esigenza che è quella che probabilmente la Giunta al di là della sua presenza richiesta di volta in volta sulla base del tipo delle nomine, stabilisca essa stessa un raccordo vero che credo vada ricondotto alla persona che fa capo alla Presidenza della Giunta e agli enti strumentali. E' poi attraverso queste due strutture che si verificano gli accordi necessari per poter pervenire agli schemi di delibera, alle presentazioni delle candidature e dei curriculum.
Io penso che se noi riuscissimo già soltanto a stabilire concretamente questi aspetti probabilmente avremo fatto un passo avanti rispetto appunto, alle difficoltà iniziali che si sono determinate e che hanno rappresentato anche occasioni di critica, quindi se c'è una - richiesta di una partecipazione più attiva della Giunta per le fasi che le competono alla Commissione nomine credo che in questa occasione l'accordo della Giunta è totale e ci sarà l'impegno assoluto per poter pervenire a dare il contributo necessario.
Ci sono nel documento, in particolare quello che è stato presentato dal Gruppo comunista, degli aspetti che, per la loro complessità e qualcuno lo ha già anche detto, richiedono altri momenti e altri approfondimenti, ma penso di poter anticipare che - sono delle osservazioni di carattere personale quelle che faccio - vi sono osservazioni che hanno già trovato nell'ambito della Giunta motivi di approfondimento, di constatazione e di difficoltà che a volte, proprio nella gestione ordinaria o straordinaria degli Assessorati, si possono riscontrare.
Il primo è certamente quello che riguarda la struttura della Giunta.
Dopo un anno di attività, almeno riferisco una esperienza personale, molte volte ci rendiamo conto che una maggiore omogeneità delle materie assessorili consentirebbero una maggiore operatività e decisioni collegiali più compiute e anche più convinte. Dunque, finora l'accorpamento o l'articolazione di un Assessorato sono stati, molte volte casuali non è un'accusa che può essere fatta a questa maggioranza, ma è un'accusa che deve essere fatta in genere alla predisposizione delle varie Giunte che si sono determinate in questi dieci anni. Penso che nel futuro il concetto dell'omogeneità debba essere un fatto significativo. Assessorati più omogenei consentono una gestione - più efficace e più attenta al complesso delle decisioni che attorno ad un Assessorato si devono portare.
Questo è un problema che non si può risolvere attraverso un ordine del giorno perché richiederebbe un disegno di legge e addirittura il cambiamento dello Statuto. Questa però è materia sulla quale questo Consiglio deve confrontarsi e arrivare a una definizione, come su altri punti che sono stati elencati.
Non mi soffermo tanto sulla procedura per arrivare alla predisposizione delle delibere in quanto anche questo è un fatto giuridico. Al di là del processo verbale, che viene inserito nella parte introduttiva e nel deliberato, c'è anche un verbale di Giunta dove quelle precisazioni che qui vengono richieste, per cui si possa definire chiaramente per iscritto la posizione dei vari Assessori rispetto ad un provvedimento,potrebbero già essere ricondotte nel verbale che fa la Giunta. Sono argomenti con annotazioni giuridiche che andrebbero approfonditi. Così per quanto riguarda la revisione dei compiti delle Commissioni consultive, i pagamenti della pubblica amministrazione e la parte che riguarda "dotare l'Ente Regione di strumenti e di strutture di progettazione".
Queste cose sono argomenti così specifici e così istituzionali che mi hanno ricordato il dibattito che facemmo in occasione del decennale della Regione in cui ognuno si era cimentato nel dare indicazioni nuove per costruire la nuova Regione. E' materia che alla fine può essere ricondotta anche alla questione morale perché maggiore operatività e maggiore efficienza finiscono per determinare una miglior gestione e quindi una maggiore rispondenza ai bisogni della comunità, per cui anche questa è materia morale.
Credo che questo dibattito e queste cose vadano effettivamente affrontate in momenti successivi e con il necessario approfondimento da parte della Giunta, del Consiglio e delle forze politiche.
Apprezzo molte delle cose che dice Pezzana che, forse, non ha vissuto i giorni dopo il 2 marzo. Forse se li avesse vissuti sarebbe più prudente nel dare giudizi rispetto alla tensione morale di questo Consiglio regionale perché non vi è dubbio che le distrazioni sono molte, ma io credo che ci sono all'interno di questo Consiglio delle tensioni morali che in fondo sono riuscite a realizzare, anche dopo il 1983, momenti di verità, parlando con disinvoltura anche delle cose delle quali, anche soltanto qualche anno fa, non avremmo parlato.
Ricordo i momenti nei quali la Commissione consultiva per le nomine non c'era o comunque non funzionava e si arrivava in Consiglio regionale, non con quella compiutezza e con quel senso di responsabilità con il quale oggi noi ci siamo atteggiati in questo dibattito e ci atteggiamo nel nominare le persone che ci dovranno rappresentare.
Quindi un po' di prudenza e una considerazione che questi sono aspetti delicati rispetto ai quali è anche difficile collocarsi e dare delle definizioni in assoluto. E' una maturazione, è uno sforzo che stiamo facendo tutti, almeno questo dovrebbe essere riconosciuto. L'aula consiliare - per carità - è anche un'occasione per degli sfoghi personali come ha fatto il collega Tapparo, per cui a volte si ha il coraggio di parlare a nuora perché suocera intenda per esempio; quindi credo che sia anche questo un momento significativo e importante. Importante è l'aver riscoperto in questa sede che questa Regione, le Regioni devo dire, hanno bisogno di un momento di ripensamento sul loro ruolo e sui punti fondamentali della loro attività tra cui quelli delle nomine.
Questa legge certamente ha bisogno di qualche limatura nella parte procedurale, perché sulla parte istituzionale vera e propria non credo ci sia bisogno di qualche ulteriore intervento. Questa è una legge che consente,se viene rispettata, di fare in modo che a rappresentare la Regione negli enti vadano persone professionalmente dotate, moralmente in ordine e dunque in grado di assolvere gli obiettivi fondamentali per cui la legge è nata.
Ci sono tre enti in sofferenza: l'Ipla, l'Ires e l'Esap per i quali la Giunta deve indicare i nomi dei presidenti.
Ci sono poi altri due enti, il Csi e la Stef (che si è nominata ieri) i cui presidenti vengono nominati al loro interno. Per quanto riguarda il Csi il dibattito è in corso e anche questa è un'ulteriore occasione per fornire al Consiglio degli orientamenti. Mi auguro che subito dopo questo dibattito in Consiglio si possa presentare un documento riepilogativo con il quale l'Assessore delegato a partecipare all'Assemblea possa presentarsi per indicare alla nuova gestione quelli che sono gli intendimenti della Giunta e del Consiglio. Penso che rispetto a questo si possa chiudere velocemente nel corso della prossima settimana. I tempi che ci vengono richiesti sono dei tempi che la Giunta è in grado di sopportare.
Questa legge ha avviato finalmente un modo nuovo di operare, prima non c'erano le regole adesso ci sono, ogni regola può sempre essere corretta.
Quanto meno un riferimento morale e preciso ce l'abbiamo.
Se ci impegniamo tutti ad attenerci a questi riferimenti, forse i dibattiti che faremo nei mesi a venire su questo tema registreranno qualche soddisfazione in più rispetto a quelle che erano le attese di coloro che l'anno scorso, con molto entusiasmo, si apprestarono a presentare questa legge e a farla votare con la soddisfazione di vedere - collega Pezzana un Consiglio regionale veramente unito, veramente concorde, che quello era un modo, non l'unico, non il solo, per dare un contributo alla questione morale.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, sono stati presentati e distribuiti i due ordini del giorno, quello del Gruppo comunista e quello della maggioranza. E' giunto altresì un documento presentato dal collega Pezzana.
Ha chiesto la parola il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Vorrei annunciare la posizione del nostro Gruppo. Poiché la maggioranza ha proposto un suo ordine del giorno con una struttura diversa dal nostro e vuole rivendicare una sua autonomia (e mi pare giusto) noi aderiremo a questo ordine del giorno se i contenuti essenziali del nostro documento verranno recepiti. Credo che non si possa concludere la discussione sulle nomine se non si definiscono in poche righe i concetti essenziali sulla premessa politica - etica e sui motivi che hanno sollecitato questo dibattito. Chiedo alla maggioranza di tener conto di questa nostra richiesta e di accogliere i punti essenziali sui quali concorda la stessa Giunta, come risulta dalle risposte date.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

La maggioranza cercherà di tenere conto di, questa impostazione e riproporrà un documento più ampio nel pomeriggio in modo da tener conto delle proposte recepibili avanzate dal Gruppo comunista.



PRESIDENTE

La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 13,25 riprende alle ore 15,00)



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CERCHIO


Argomento: Norme generali sull'agricoltura

Esame progetto di legge n. 65: "Applicazione in Piemonte del regolamento delle Comunità Economiche Europee n. 787 del 12/3/1985 relativo al miglioramento dell'efficienza delle strutture agrarie"


PRESIDENTE

La seduta riprende.
In attesa che venga stilato un documento unitario sulla prima attuazione della L.R. 18/2/1985 n. 10, proseguiamo l'esame del p.d.l. n. 65 di cui al punto 7) dell'o.d.g.
La parola al relatore Mignone.



MIGNONE Andrea, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ovviamente essendo stata la relazione della Commissione già allegata al disegno di legge rassegnato all'esame del Consiglio, mi asterrò dal leggerla per non tediare i colleghi, perché credo che quanti sono interessati alla tematica dell'agricoltura abbiano già avuto modo di prenderne conoscenza. Lo scopo della relazione, era di dare contezza del lavoro svolto in Commissione a seguito della presentazione da parte della Giunta del disegno legge che recepisce in Piemonte, adeguando la legislazione regionale piemontese, il regolamento della Comunità Economica Europea n. 797.
Mi limiterò, per brevità, a riprendere alcuni degli spunti contenuti in essa.
Nella relazione viene ricordato come il disegno di legge sia stato ampiamente e a lungo discusso in Commissione; vi sono state anche posizioni divergenti, com'era naturale che fosse, comunque nella comune convinzione dell'importanza del documento, nella consapevolezza del recepire rapidamente questo provvedimento nella legislazione regionale, ritenendolo appunto importante non soltanto dal punto di vista finanziario, ma anche dal punto di vista della modifica della politica agricola. Tant'è vero appunto, che nella relazione ricordavo che con il regolamento 797 la Comunità non si è proposta soltanto di sostituire, pur rinnovandola, la normativa sull'ammodernamento delle aziende agricole ed alcune disposizioni sull'agricoltura di montagna e delle zone più svantaggiate, ma ha messo a punto una disciplina generale piuttosto dettagliata delle "azioni comuni" e degli aiuti nazionali in materia di strutture agrarie.
Sotto questo profilo il regolamento 797 appare uno strumento normativo sufficientemente compatto ed omogeneo, anche se rappresenta la conclusione di trattative lunghe e travagliate per la revisione della politica agricola comune, e quindi costituisce inevitabilmente un compromesso e riflette i complessi problemi che attraversano le Comunità Europee, dall'entrata della Spagna e del Portogallo, agli interessi divergenti tra paesi continentali e paesi mediterranei, dagli squilibri tra la politica dei prezzi e politica delle strutture. Basti ricordare che oltre il 70% del Feoga viene destinato al sostegno dei prezzi sotto il peso delle eccedenze. Peraltro, va riconosciuto che il regolamento 797 introduce delle innovazioni non soltanto dal punto di vista normativo, ma come ratio e come filosofia che sta dietro la normativa stessa, nel senso che il regolamento 797 non si fa più tanto carico di promuovere soltanto l'aumento della produttività delle aziende (abbiamo visto che questo in taluni casi ha prodotto dei surplus che si sono riflessi in modo negativo sugli stessi agricoltori), ma invece si pone il problema della qualità delle produzioni agricole, di un maggior raccordo tra produzione e mercato e ha soprattutto come ottica di riferimento l'azienda medio piccola più che non la grande azienda, che invece era sostenuta dalle normative comunitarie socio strutturali degli anni precedenti.
Ricordavo come un ulteriore elemento positivo da segnalarsi nel regolamento 797 fosse quello relativo alle prospettive che esso apre, vale a dire il riconoscimento del grave degrado ed abbandono di molte aree e del rapporto che vi deve essere tra attività agricola ed ambiente; infatti viene autorizzata l'introduzione di regimi speciali di aiuto alle aziende agricole nelle zone sensibili dal punto di vista ambientale, per cui le zone vincolate vengono riconosciute come priorità rispetto ad una serie di interventi, così come vi sono previsioni di misure regionali specifiche attuative di regolamenti comunitari, per quanto riguarda il mantenimento e l'introduzione di tecniche agricole che hanno un riferimento particolare alla tutela ambientale.
Viene sottolineato, in particolare, il presupposto da cui parte questo nuovo regolamento. Ciò significa che l'aumento del reddito di lavoro va conseguito attraverso il miglioramento qualitativo, la riconversione della produzione e la diminuzione dei costi; così come viene riconosciuto il valore della tutela dell'ambiente e il risparmio energetico con obiettivi non secondari.
Viene assegnata un'attenzione maggiore al problema dell'inserimento nell'agricoltura dei giovani. Questo è un elemento fondamentale. Il reddito d'obiettivo viene sganciato da quello dei settori extra agricoli e viene data la possibilità agli Stati membri di fissarne uno riferito alle reali condizioni economiche delle aziende agricole nelle singole regioni.
In questo quadro si è mossa la proposta della Giunta regionale che è stata condivisa dalla Commissione, ancorché vi sia stato un ampio confronto su alcuni punti particolari, intanto su quello generale della scelta dello strumento legislativo anziché di quello regolamentare.
In realtà, la motivazione è che occorreva modificare la legge n. 63 e questo era possibile soltanto con un altro strumento legislativo; l'altra scelta di ordine generale è stata quella del cercare di attenersi il più possibile alla disciplina del regolamento 797 e di non introdurre nel testo di legge regionale delle specificazioni particolari, rimandando al 797.
Sotto questo profilo abbiamo quindi un testo più snello e più agile: certo, è evidente che per gli interessati e per il mondo agricolo, in particolare, occorrerà predisporre dei testi integrati perché il testo regionale sia chiaramente intelleggibile.
Noi crediamo che quello che può essersi perso in chiarezza viene recuperato dal punto di vista della snellezza e della sobrietà, soprattutto avendo avuto attenzione a non introdurre nella legge degli elementi che potessero incontrare il parere negativo della Comunità. Un punto preciso del regolamento dice che gli strumenti attuativi di questo regolamento nelle Regioni debbono essere prima sottoposti all'esame della CEE.
E' evidente che questa è stata una preoccupazione prevalente per evitare ulteriori perdite di tempo che avrebbero ritardato l'entrata in vigore in Piemonte di questo regolamento.
E' un regolamento molto atteso e molto significativo, che rinnova le politiche agricole comunitarie e regionali e che ha un grande significato anche in termini economici per il mondo agricolo piemontese.
La Commissione si è avvalsa di consultazioni e del confronto con le norme introdotte e predisposte dalle altre Regioni;, consultazioni approfondite hanno fatto emergere rilievi sia di ordine generale che di ordine particolare, alcuni di questi sono stati peraltro recepiti anche dalla Commissione che ha introdotto modifiche al testo predisposto dalla Giunta regionale.
I Consiglieri commissari, lo stesso collega Ferro e i suoi collaboratori, hanno proposto una lunga serie di emendamenti, alcuni di questi sono stati accolti, altri no.
Il Consiglio su alcuni di questi avrà ancora occasione di confrontarsi.
Dal punto di vista finanziario, con l'attuazione del regolamento 797 diamo modo di attivare oltre 40 milioni di risorse regionali, seppure in parte derivate dallo Stato. Sono finanziamenti che possono essere concessi in larga parte in conto capitale, e in parte minore, ma significativa, in conto interessi, e sono rivolti sia a misure strutturali per il miglioramento delle aziende agricole attraverso lo strumento del piano di miglioramento, sia a misura specifica, in particolare per la zona montana attraverso lo strumento dell'indennità compensativa, del premio di insediamento per i giovani agricoltori, oltre alle norme che tendono a qualificare e a migliorare l'efficienza delle nostre aziende agricole attraverso i servizi di sostituzione e di gestione di contabilità aziendale e la formazione professionale.
Concludo auspicando che il provvedimento possa nella giornata di oggi essere portato alla approvazione definitiva del Consiglio regionale. E' un provvedimento importante e atteso dal mondo agricolo. So che sono stati presentati numerosi emendamenti, alcuni di questi sicuramente potranno trovare il consenso del Consiglio regionale.
E' importante che questo provvedimento diventi legge, perché ancora entro quest'anno il mondo agricolo possa trarre benefici dall'entrata in vigore del regolamento 797 del 1985.



PRESIDENTE

Sulla relazione del Consigliere Mignone è aperta la discussione. La parola al Consigliere Ferro.



FERRO Primo

Come si direbbe, usando termini più consoni alla diplomazia, la relazione scritta del collega Mignone è articolata, molto dettagliata e per taluni aspetti anche enfatizzante, specie nella parte dove descrive il provvedimento comunitario 797, e forse anche nelle parti in cui è più condiviso il d.d.l., n. 65, ma è anche sospesa nel giudizio, volutamente trascurata, con delle evidenti cadute di tensione nelle parti in cui il d.d.l. 65 presenta i suoi punti più deboli, in quelle parti in cui o per una ragione o per l'altra questo provvedimento lascia qualche amaro in bocca.
Noi, che su questi banchi siamo all'opposizione e che in Commissione abbiamo svolto un ruolo di opposizione costruttiva, presentando una ventina di emendamenti, una parte dei quali sono stati anche accolti, l'altra parte ripresenteremo in aula, pensiamo di essere meno vincolati ai rapporti diplomatici rispetto ad altri; non per una ragione di stile, ma perché i fatti, i problemi, le situazioni che in Consiglio si sono dovuti ultimamente affrontare fanno sempre di più venire a galla l'impaccio della maggioranza, le divaricazioni politiche, che possono anche essere addolcite dietro un linguaggio diplomatico, ma che non sono né una questione di forma né una questione di stile, ma sono questioni politiche.
Sia chiaro, non è nel nostro stile fare di tutta l'erba un fascio.
Sappiamo bene che le leggi e i provvedimenti sull'agricoltura, come quello odierno, in Consiglio hanno un impatto che non può essere paragonato a quello sul nucleare o sulla politica ambientale, perché il settore dell'agricoltura qui spesso è considerato un settore di cui si occupano gli addetti ai lavori delle singole forze politiche; si dà per scontato che è una cosa a sé stante, talvolta persino troppo tecnica, tale da essere lasciata in mano alle decisioni dei Commissari della III Commissione.
Se l'accostamento a questi problemi è questo e se qualche volta questo accostamento è sembrato giusto, credo non lo sia per il provvedimento che andremo a votare oggi.
Non lo è, perché stiamo affrontando delle scelte politiche, quindi non è una questione qualsiasi. Con questa legge è presumibile che in 5 anni si attivino in Piemonte dai 400 ai 500 miliardi di risorse. Inoltre, il recepimento del regolamento n. 797 da parte delle Regioni non è un fatto automatico, una trasposizione meccanica, ma è un problema di interpretazione e di scelte politiche.
Si tratta quindi di capire se si coglie quel tanto di spirito innovatore presente nel regolamento n. 797, se si recepiscono e si affrontano i problemi politici che esso pone o se, viceversa, lo si affronta in termini minimalistici, considerandolo cioè un serbatoio di risorse da portare al sistema delle aziende agricole, senza poi porsi tanti problemi di ordine più generale.
Intendiamoci, noi non siamo tra quanti enfatizzano più di tanto il regolamento comunitario. Altri colleghi del nostro Gruppo si soffermeranno sugli aspetti che riguardano i rapporti tra il regolamento n. 797 e la politica comunitaria.
Il 797 ha dei grossi limiti, sia per le poche risorse che mette a disposizione rispetto al bilancio comunitario, sia perché viene considerato un banco di prova per l'agricoltura mediterranea sulle strutture, quasi come ultima , occasione per attaccare l'agricoltura mediterranea ai vagoni dell'agricoltura europea.
Un banco di prova di questo genere non può avere un riferimento su quello che il 797 sarà in grado di cambiare nei prossimi anni. Cinque anni sono troppo pochi per segnare una svolta, per colmare i ritardi, specie quando questi ritardi sono istituzionalizzati con la politica delle quote e delle tasse di corresponsabilità.
Tuttavia non si può ignorare che il regolamento 797 rappresenti il tentativo di revisione della politica delle strutture attuate dalla CEE.
Erano le osservazioni del collega Mignone.
E' un tentativo di aprire una nuova fase che risente di una diversa impostazione della politica dei mercati e cerca di rispondere con maggiore elasticità alle difficoltà presenti nelle aree e nelle aziende più deboli della Comunità. E' un'occasione offerta che apre una breccia nella politica comunitaria.
Si tratta di capire - è qui il punto politico - se questa breccia aperta in sede comunitaria vogliamo aprirla di più, se vogliamo utilizzare fino in fondo il regolamento 797; o se invece la lasciamo li senza che produca quel minimo di politiche regionali nuove rispetto ai vincoli delle politiche regionali del passato, che erano rappresentate dai piani di sviluppo aziendali, dal raggiungimento del reddito comparabile e da tutto quelle rigidità che ostacolarono nelle aree mediterranee una vera politica delle strutture, tanto che se il Piemonte fu in grado di produrre la politica agraria che produsse, dovette essenzialmente far leva sul "Quadrifoglio" più che sulle vecchie direttive comunitarie.
Si tratta di capire.questo e i modi per capire non sono poi tanti.
Dipende da come il Piemonte affronta quattro nodi del regolamento CEE n.
797. Tutto il resto è marginale, oserei dire che tutto il resto è aria fritta. Ci sono quattro nodi che spostano una politica in un senso o nell'altro.
Il primo nodo: che cosa si intende per reddito o redditi di riferimento? Come riusciamo ad agire sui redditi di riferimento? Per esempio, una Regione non governata dalle forze di sinistra, come il Veneto come può agire per far calare il sistema degli aiuti non sull'intera Regione ma su aree e su aziende desiderate? I piani agricoli zonali dicono che ci sono zone povere non classificate svantaggiate, l'acquese, una parte dell'astigiano e delle Langhe, l'ovadese e via di questo passo. Si tratta di vedere se si agisce, come fa il Veneto su una differenziazione dei redditi di riferimento per finalizzare gli interventi a criteri e a indirizzi di programmazione.
Ho l'impressione che la Giunta su questo punto sia un po' distratta non perché non differenzia i redditi di riferimento, ma perché manda alle organizzazioni professionali e agli operatori privati modelli come quello che ho qui di fronte a me per far dirottare le domande della legge 63 sul regolamento 797 dove il reddito di riferimento che è uno dei punti essenziali non c'è, è sparito.
Il secondo nodo è ben più importante del primo: che cosa si intende per piano di miglioramento? Il 797 è volutamente generico su questo punto.
Questa genericità va riempita con scelte regionali. Noi non siamo per le procedure troppo lunghe e farraginose come erano quelle dei piani di sviluppo aziendali, siamo però per una definizione dei piani di miglioramento che selezioni le domande, eviti l'intervento a pioggia determini un solido rapporto tra investimento e benefici.
Ci sono proposte di quasi tutte le Comunità montane (mi ha colpito per la puntualità la proposta della Comunità montana della Val Pellice), fatte in sede di consultazione, che vanno molto nei dettagli su quello che si intende per piani di miglioramento e collegano i piani di miglioramento alle provvidenze sull'indennità compensativa.
Durante le consultazioni ci si è sforzati di andare molto nei dettagli proprio per garantire i meccanismi selettivi. Nel d.d.l. della Giunta per la formulazione è troppo generica e lascia insoddisfatti, ma dimostra anche l'assenza di un nesso tra gli investimenti che si attivano e le politiche che si intendono perseguire.
Il terzo nodo è il rapporto tra programmazione, progettualità e gestione. E' un nodo sul quale a livello nazionale e comunitario da anni si dibatte, che in Italia ha avuto il più alto atto di elaborazione negli indirizzi politici della legge "Quadrifoglio" e con i tentativi prodotti con i piani di settore.
Sarebbe dispersivo ora riprendere i termini generali del confronto su questo punto. Voglio solo sottolineare che la politica comunitaria in questi anni è cambiata molto. Si tende sempre di più a indirizzare le scelte su progetti integrati, come fanno per esempio le recenti Direttive comunitarie rispetto ai progetti settoriali che si richiedevano una volta.
Questo vale per i progetti integrati mediterranei, che non riguardano il Piemonte, ma vale anche per il 797 che cerca di indirizzare una parte del regime di aiuti verso le zone svantaggiate e le aree sensibili dal punto di vista ambientale, incentivando e raccomandando progetti.
Addirittura nei p.i.m., per la prima volta, come appare in un documento della CEE, c'è il principiò del contratto - programma.
L'interrelazione tra regime di aiuti e progetti, che è poi l'interrelazione che risponde al principio di "quale politica agraria", presente nel d.d.l.
della Giunta è deludente. Sui progetti non si va al di là di qualche balbettio, rinviando scelte e indirizzi spesso a tempi imprecisati.
Il quarto nodo è quello dei servizi di assistenza tecnica, di gestione di contabilità alle aziende associate. Sono del parere che in Piemonte su questo versante debbano essere fatti dei salti di qualità finalizzati a due obiettivi: 1) la riduzione dei costi che le imprese devono sobbarcarsi 2) lo sviluppo di un'agricoltura che punti a essere più compatibile possibile con l'ambiente e quindi trovi un rapporto qualificato di assistenza tecnica nella lotta guidata.
Questi due obiettivi fanno parte degli indirizzi che presiedono al regolamento CEE 797. Si tratta di vedere come li recepiamo. Sia chiaro, non credo che l'assistenza tecnica, così come è oggi, sia tutta da buttare.
Anche in Piemonte ci sono esperienze di assistenza tecnica interessanti che vanno nella direzione desiderata; sono il più delle volte iniziative lasciate in mano alla spontaneità e alla professionalità degli operatori che, come hanno dimostrato convegni promossi da enti pubblici, da Asti a Saluzzo, impongono, comunque, una risposta alta. E questa risposta oggi è possibile a condizione che si proceda al riordino dei servizi di sviluppo e si colleghino i centri di assistenza tecnica alla ricerca e alla sperimentazione. Noi partiamo dall'idea che il 797 potrebbe essere una grande occasione in tal senso, dal momento che nel regolamento comunitario tutti gli articoli che affrontano il tema delle associazioni affrontano poi il problema dell'assistenza e della gestione interaziendale.
Ma le nostre proposte vengono intese dalla Giunta tanto coraggiose da essere respinte. Si preferisce segmentare, spezzettare tutto, distinguere fra contabilità e formazione professionale, distinguere l'assistenza tecnica dalla ricerca, ecc ... Si preferisce cioè rinunciare a quel tiro alto e a quella organicità di interventi che è il presupposto essenziale per qualificare i servizi di sviluppo e l'assistenza.
La nostra è una proposta coraggiosa ma anche talmente affascinante che la stessa Giunta nel testo del suo d.d.l. richiama un proprio impegno un po' generico e approssimativo al coordinamento. Non è un mistero che quando si pensa a questo coordinamento da parte di taluni si pensa all'Esap, che vorrebbe avere un suo ruolo.
Registro un fatto, e non posso fare a meno di esprimere tutta la nostra preoccupazione. Il coordinamento è rinviato perché c'è di mezzo l'Esap e il ruolo dell'Esap dipenderà dalla figura del suo presidente, ma la nomina del presidente da parte della Giunta continua a subire rinvii su rinvii e l'Esap è paralizzato.
A questo punto bisognerebbe chiedere - ma lo chiedo in modo "platonico" un atto di imperio della Giunta. La Giunta dovrebbe decidere autonomamente, indipendentemente dalle divisioni, dai veti incrociati dalle manovre contro manovre a cui siamo costretti ad assistere. Ma so anche che il problema è politico, più politico di quanto appaia e non è solo riconducibile a manovre, tatticismi, ambizioni e all'occupazione di potere. Se si vuole dare dignità a un quadro di indeterminatezza, di rinvio di scelte attorno all'Esap, si deve necessariamente partire dal fatto che certe candidature avanzate al vostro interno, sono state avanzate perch partono dal presupposto che si è di fronte a una Giunta debole che non esprime compiutamente quella parte del mondo contadino che voi rappresentate. Certe candidature sono finalizzate - almeno così vengono motivate - per rompere questa situazione di debolezza.
Non voglio entrare nel merito di queste battaglie, non è nel nostro stile speculare su queste cose, registro però un fatto politico: l'indeterminatezza, gli impacciati temporeggiamenti, le eccessive cautele che registriamo sono oggi una sensazione diffusa, presente non solo in noi che non possiamo sottacerle, ma sono anche sensazioni diffuse in forze che si richiamano alla maggioranza.
Il regolamento 797 poteva essere un segnale, un banco di prova su cui misurare l'ambizione politico - programmatica della Giunta per definire lo scenario in cui disegnare una politica agraria, una strategia.
Siamo tanto realisti da sapere che una svolta così intesa sarebbe stata certo una scelta difficile, non agevole perché manca politica di programmazione nazionale, non esistono riferimenti certi di indirizzo nazionale e generale o erano molto limitati, su cui le Regioni possano esercitare un loro ruolo. L'Assessore Lombardi sa che la situazione sul piano nazionale sta peggiorando e sappiamo anche delle sue proteste espresse durante la consultazione sulla legge pluriennale di spesa. Se così è, senza apriorismi e invitando altri a rispondere senza accedere a preclusioni o a poco opportune difese d'ufficio, voglio porre alcuni interrogativi.
Il piano agricolo nazionale era già un piano criticato da tutti quando è stato scritto; ora che si tratta di gestire le cose si stanno mettendo al peggio. Si enfatizza il ruolo delle azioni orizzontali ma nello stesso tempo si emargina il ruolo delle Regioni, non si lascia spazio alle associazioni dei produttori e alla cooperazione.
In sostanza, si dà per scontato che l'agricoltura continua ad essere una sezione arretrata dell'economia, che per liberarsi delle sue arretratezze e integrarsi meglio con altri settori, deve avere al proprio interno dei meccanismi di selezione. Sono i meccanismi del mercato che va lasciato libero, non governato, nel quale le uniche cose che si possono fare, sono gli interventi rivolti con le azioni orizzontali a produrre qualche qualificazione.
Se questa è la scelta, quali possono essere i risvolti economici e sociali? Non voglio addentrarmi su quelli economici. Mi pare che comunque siano del tutto sottovalutati come lo furono negli anni '60. Il peso che l'agricoltura ha sul vincolo estero è quello che è e non è possibile alleggerirlo con indirizzi politici di questo tipo. Ma quelli sociali? E' evidente che andremo verso una fase di assestamento dell'agricoltura con problemi non indifferenti e con sempre maggiori divaricazioni tra la polpa e l'osso, tra l'agricoltura ricca e quella povera e con nuove grosse contraddizioni all'interno dell'agricoltura ricca.
Eccoci quindi al punto di partenza. Si tratta di capire:, usiamo il regolamento 797 per quello che può dare in termini di risorse, come ammortizzatore sociale e le scelte che si compiono altrove e vengono portate avanti e le Regioni intervengono unicamente per allentare le tensioni che le scelte e i processi producono oppure si vuole operare in modo diverso? La domanda non è peregrina, perché intanto sento dire che verranno finanziati 200 miliardi di domande sulla legge 63. Può essere giusto, pu essere sbagliato. Dipende da cosa intendiamo per piano di miglioramento.
Comunque prendo atto che i vincoli finanziari e di politica nazionale sono tali per cui la legge che discutiamo oggi sarà l'unica legge che la Regione userà per il finanziamento delle strutture. Intanto pero parallelamente al nostro intervento e agendo su altre leggi, per esempio sulla 887 e sui prestiti esteri, l'Istituto Bancario San Paolo, altre banche, il Credito Agrario hanno attivato volumi di credito per mutui a 7/10 anni quasi pari al volume d'interventi che la Regione attiva con il 797. Le finalità del Credito Agrario sono diametralmente opposte a quelle che si cerca d'incentivare con il 797.
In linea di principio non dico che questo sia sbagliato, dico però che se non è chiara la politica che si intende attuare, quale disegno strategico s'intende perseguire? Nel programma della Giunta questo non è chiaro, come non lo è nel regolamento 797. Non basta l'intervento pubblico.
Voglio sottolineare un aspetto che dovrebbe far riflettere. Nel periodo che va dal 1971 al 1975 non si può dire che sia venuta meno la spesa pubblica in agricoltura, anzi, tutt'altro. Eppure proprio perché quella spesa pubblica in quel periodo era tutta assistenziale, dopo una stagione di piani verdi, criticabili ma che comunque la finalizzavano, il rapporto marginale tra capitale e prodotto era di 7,4. Questo vuol dire che ogni lira di prodotto lordo ottenuto in più aveva bisogno di 7,4 lire d'investimento. Nel periodo dal 1976 al 1980, quando la maggior parte della spesa era invece finalizzata, si è ritornati a un buon livello del rapporto marginale (2,3). Si è, quindi, più che triplicata la produttività dell'investimento, si è tornati ai livelli del periodo giolittiano, quando la borghesia ambiva essere classe dominante, o ai livelli del periodo dei piani verdi che furono criticati, ma furono delle risposte governative alle lotte contadine degli anni '50.
Voglio dire in sostanza che se non è chiaro il disegno politico, se le politiche rifluiscono e si piegano solo sulla difesa corporativa, non è che un dilapidare le risorse e aggravare gli squilibri, inevitabilmente, anche senza volerlo. In Piemonte non si è più in quella fase importante degli anni 1979/1980. Il credito agevolato tende a decrescere, la "deregulation" è passata nel piano agricolo nazionale e passa attraverso il credito ordinario delle banche, ai marchingegni inventati dal Ministro Pandolfi sui prestiti esteri. Occorre una politica, occorre ereditare anche indirizzi e orientamenti del passato, piani agricoli zonali programmi operativi provinciali, deleghe alle province: sono e possono essere i tasselli di una politica per affrontare i nodi irrisolti che questa Giunta, ci pare, non è in grado di affrontare.



PRESIDENTE

Invito i colleghi, a rispettare i tempi previsti dal Regolamento.
Ha la parola il Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente, colleghi, faccio questo intervento che era stato predisposto dal collega Fracchia il quale ha dovuto assentarsi improvvisamente.
Credo che starò nei termini ai quali il Presidente ci ha invitato ad attenerci.
Dibattiamo oggi un disegno di legge regionale, che dà pratica attuazione ad un provvedimento legislativo della Comunità Economica Europea, con il quale si è inteso inaugurare una "terza svolta" nella politica agricola comunitaria.
Il libro verde, presentato da Franz Andriessen, prendendo atto di due fondamentali aspetti della grave situazione del settore primario, da un lato l'esistenza di forti eccedenze strutturali di determinate produzioni e dall'altro l'impossibilità di mantenere l'intervento comunitario a sostegno dei prezzi agricoli agli attuali livelli (data la loro eccessiva onerosità per il bilancio comunitario) pone di fronte alle uniche due opzioni realistiche, che possono piacere o meno, a cui giocoforza ci adattiamo: a) una politica dei prezzi che regoli l'offerta sulla effettiva possibilità della domanda, ovvero b) estendere la politica delle quote.
La seconda opzione non è, però, eccessivamente praticabile, non potendo colpire ciascun paese indipendentemente dal suo contributo alla creazione delle eccedenze. Non si possono penalizzare al pari dei paesi eccedentari (finora incentivati) quelle economie che assorbono gran parte delle eccedenze altrui.
Non resta che la progressiva riduzione degli interventi a sostengono dei prezzi. La conseguenza, come ben sappiamo, è la fuoriuscita dal mercato di gran parte delle imprese agricole e la relativa liberazione di forza lavoro. A differenza degli anni '70, ora la congiuntura economica globale non ci consente - dati gli elevati livelli di disoccupazione - di incentivare una politica che riduca i posti di lavoro creati dal settore primario.
L'Europa si è dunque trovata di fronte alla necessità di perseguire una politica più lungimirante, tendendo al mantenimento occupazionale. E' necessario indirizzare il settore verso un recupero di competitività sul mercato mondiale ed una diversificazione maggiore delle produzioni.
Mantenere la forza lavoro impiegata comporta però ricercare il raggiungimento del "reddito comparabile" mediante un intervento sulle strutture aziendali, che è il solo a poter garantire una riconversione produttiva ed un incremento qualitativo.
Il regolamento CEE 797/85 rappresenta, dunque, un primo importante intervento in questa direzione dopo l'avvio della nuova politica agricola comunitaria.
Già con gli interventi attuati dai regolamenti del 1972 ci si era proposti l'obiettivo di un ammodernamento delle strutture; si tratta per di obiettivi che nel decennio successivo non furono conseguiti.
Si è sostenuto che ciò è avvenuto per colpa della stessa CEE, in quanto autrice di regolamenti e direttive che mal si adattavano alle varie realtà locali (di Paesi con una superficie agricola estremamente frazionata tra un numero molto elevato di aziende) e per un inesistente collegamento con una politica di programmazione che individuasse anche le produzioni in grado di garantire un futuro ed evitare il formarsi delle attuali eccedenze.
Si è poi attribuita la colpa allo Stato per il ritardo nell'erogazione dei fondi agli enti (nel nostro caso le Regioni) incaricati di destinarli agli aventi diritto; alle Regioni stesse distributrici di interventi a pioggia senza priorità e controlli nelle destinazioni; da ultimo agli stessi imprenditori agricoli che preferiscono sovvenzioni a ruota libera anziché una riqualificazione personale e della propria azienda.
Non è certo questa la sede adatta per lanciarsi in disquisizioni inconcludenti alla ricerca di responsabilità; senza dubbio l'attuale situazione è il frutto di cause diverse, di cui alcune probabilmente imprevedibili.. Lo sforzo che occorre fare è di non ripetere gli errori del passato e ci pare di poter senz'altro affermare che il regolamento, cui dobbiamo dare attuazione, merita un giudizio favorevole.
Ci pare anzi che, mai come ora, si sia colto come nell'ambito dell'economia Europea esistano due diversi tipi di agricoltura che occorre contemperare e far convivere. Da un lato troviamo un'agricoltura, per così dire, "produttiva", il cui obiettivo primario è dare concreta risposta all'approvvigionamento alimentare con produzione di beni legata alla conduzione del fondo, che deve essere posta in condizione di concorrenzialità rispetto al mercato mondiale.
Dall'altro lato vi è poi un altro tipo di agricoltura, che potremmo chiamare "sociale", il cui scopo principale è di presidiare il territorio come tessuto sociale al fine di tutela dell'ambiente, tutela culturale delle etnie e dei costumi, destinati altrimenti al declino.
Si tratta di due funzioni del settore primario che non si escludono anzi si contemperano, ma che l'intervento pubblico deve tenere in considerazione, poiché laddove l'intervento strutturale non è conveniente ai fini di mercato, lo diventa in considerazione di altri fini.
Coerentemente ci accingiamo a dare attuazione a disposizioni che intervengono in questa direzione, quali gli aiuti particolari a zone svantaggiate o montane, nonché alle zone sensibili dal punto di vista ambientale.
Devo dire che un particolare significato politico assume, nell'ambito del disegno di legge che dibattiamo oggi, il contenuto dell'art. 5 indicando una precisa volontà, che peraltro emerge nel complesso dal testo di dare delle precise scadenze all'attività di governo.
Un giudizio positivo, dunque, che estendiamo all'impianto normativo nel suo complesso per la semplificazione delle procedure (in particolare rispetto ai vecchi piani di sviluppo aziendali che parevano troppo tecnicistici, complessi e rigidi), nonché per la puntualità di una normativa che si inserisce correttamente in quella comunitaria.
Colleghi Consiglieri, è, dunque, con questa coscienza degli obiettivi e della 'responsabilità che ci compete nell'esprimere la volontà della Regione in questa fase che voteremo questo disegno.
Non voglio peraltro addentrarmi nel dettaglio di quanto già ampiamente discusso dalle Commissioni competenti.
Desidero però richiamare l'attenzione del Consiglio su due concetti che i repubblicani reputano imprescindibili.
Il successo di questa nuova fase della politica agricola comunitaria è direttamente connessa al non ripetersi di errori del passato. Non possiamo più permetterci che venga reintegrata quella serie di interventi a pioggia che molti hanno denunciato e pochi hanno, invece, combattuto. E' fondamentale selezionare con correttezza e serietà ogni aiuto erogato, per ridurre la Regione, e quindi la CEE, a mero erogatore di prebende e donazioni.
Per questo motivo abbiamo presentato emendamenti in Commissione e altri ne sottoponiamo all'attenzione del Consiglio per evitare alcune possibilità di storture.
In secondo luogo siamo fermamente convinti che la soluzione dei problemi del settore primario non possa avvenire senza un inserimento nel circuito dell'informazione di una interlocuzione costante tra il mondo produttivo e apparato amministrativo e pubblici poteri in genere. Gli operatori agricoli debbono poter incidere nella definizione degli orientamenti, obiettivi e priorità. Acquisteremmo in tal modo un contributo qualificato alle scelte politiche, responsabilizzando chi è, altrimenti tendenzialmente portato al mero rivendicazionismo. I repubblicani hanno sempre denunciato nel nostro Paese uno scollamento cronico tra strutture politico - amministrative ed utenza agricola in senso lato. Il disegno di legge che dibattiamo compie un passo nella direzione da noi auspicata, ma pone dei limiti alla rappresentanza delle organizzazioni professionali e cooperativistiche agricole che ci paiono ingiustificate. Anche a, questo riguardo abbiamo presentato degli emendamenti. Li illustreremo comunque dettagliatamente all'atto della votazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso.



BRESSO Mercedes

Come rilevava poco fa il Consigliere Ferro troppo spesso i dibattiti sulle norme in agricoltura hanno la caratteristica di essere tenuti su un carattere strettamente settoriale e sono quindi presenti in aula solo coloro che di agricoltura si occupano, gli altri approfittano per andare a bere qualcosa o riposarsi un momento utilizzando il telefono.
Credo invece sia importante cominciare ad affrontare i problemi dell'agricoltura come problemi fondamentali per l'economia di questo Paese e anche per la sua tutela ambientale. Quindi è su questi due aspetti particolari che vorrei intervenire, anche perché sono stata sollecitata sia dal carattere innovativo del regolamento 797/85 CEE sia da una serie di richieste che emergono dalla componente più attenta del mondo agricolo e dal complesso della popolazione piemontese su questo problema del rapporto complesso e ambiguo che ha l'agricoltura come settore inquinato e come settore inquinante, con l'ambiente.
A me sembra interessante il nuovo regolamento CEE e più in generale il nuovo orientamento della nuova politica agricola comunitaria, in direzione da una parte di una maggiore qualificazione del prodotto rispetto a politiche di aumento puro delle produzioni e dall'altra parte di un tentativo di ridurre i costi di produzione sul piano dell'efficienza, ma anche in termini di riduzione dell'uso di prodotti intermedi e in particolare di quella enorme parte di questi che sono quelli che comportano un forte carico inquinante per l'ambiente ...



CERNETTI Elettra

Scusa collega Bresso, ma a chi stai parlando?



BRESSO Mercedes

Per il verbale, come è ben chiaro. Ebbene, quello che dicevo l'agricoltura non interessa a nessuno ma poi quando dovremo discutere degli acquedotti chiusi per l'inquinamento da prodotti chimici per l'agricoltura (per il momento sono stati chiusi in Lomellina e nel Bergamasco probabilmente non appena qualche sindaco avrà respirato e preso il coraggio di affrontare un'altra emergenza, farà fare le analisi nella zona del Vercellese) avremo il dramma della chiusura degli acquedotti in tutte le zone agricole del Piemonte.
Allora, affronteremo questo dibattito al gran completo e discuteremo delle solite misure di emergenza; queste cose che diciamo le lasciamo agli atti, così potremmo almeno dire che avevamo cercato di fare qualcosa sul piano strutturale invece che sul solito piano dell'emergenza.
Dicevo che già alcuni hanno accennato alla necessità di riorientare anche la politica agraria CEE nella direzione dei prodotti mediterranei che per noi ha una grande importanza perché, in questo momento, il rapporto fra agricoltura e industria agroalimentare (che è sempre e tradizionalmente considerato un indice di modernità del settore per cui più l'integrazione fra industria e settore alimentare è forte più il settore agricolo è moderno e riesce ad appropriarsi di una quota del valore aggiunto della trasformazione) può aumentare proprio nel campo dei prodotti mediterranei.
Oggi la nostra industria alimentare ha prospettive di grande interesse la scoperta della validità alimentare dei prodotti mediterranei sta aprendo spazi notevoli alle nostre esportazioni e quindi apre spazi anche a quell'integrazione fra agricoltura e settore industriale - alimentare che appunto, potrebbe consentire un aumento della quota per l'agricoltura del valore aggiunto della fase di trasformazione.
Potrebbero crearsi grossi sbocchi, ma questi non possono che essere legati, in un paese come l'Italia che non può certo competere sul piano delle grandi produzioni quantitative ed estensive, che ad un notevole miglioramento della qualità dei prodotti.
La concorrenza è forte, sarà molto forte con l'ingresso dei nuovi paesi mediterranei nella CEE, ma gli spazi commerciali sono anche ampi, quindi un riorientamento delle produzioni nel senso della qualità è certamente da vedere con grande interesse; però orientarsi nel complesso campo del miglioramento dell'efficienza, non nel senso dell'aumento delle produzioni ma nel senso della riduzione dei costi e dell'aumento della qualità, è possibile ma è tutt'altro che semplice, perché finora in realtà efficienza significava aumentare le produzioni e ridurre gli input di lavoro.
In sostanza tutto il progresso tecnico, in agricoltura, in questi anni è consistito nella riduzione degli input di lavoro e nella loro sostituzione con quantità crescenti di macchinari e quindi anche di capitali investiti in agricoltura, di energia consumata nel processo produttivo e di prodotti chimici consumati anch'essi nel processo produttivo.
I risultati di questo tentativo di correre dietro a una concezione molto tradizionale dell'aumento dell'efficienza in agricoltura, sono stati quelli che sono sotto gli occhi di tutti, distorti in Italia ancor più che in altri paesi, per cui abbiamo un'agricoltura che, ha costi di capitale molto elevati, abnormi, che continuano a far crescere gli input di capitale per unità di prodotto; abbiamo un uso crescente di prodotti intermedi, che tra l'altro hanno prezzi che crescono da molti anni di più rispetto a quelli dei prodotti agricoli finali. Così i margini di utile continuano a ridursi e abbiamo come conseguenza una continua riduzione del margine lordo che, anche a fronte di aumenti delle produzioni, comporta di fatto un aumento molto minore del reddito degli agricoltori rispetto agli aumenti delle produzioni.
Credo sia il caso di considerare il fatto che questo tipo di efficienza, che non ha prodotto miglioramenti di reddito agli agricoltori almeno a un livello comparabile all'aumento delle produzioni, ha per comportato prelievi indiretti sempre più forti sull'ambiente per cui le zone agricole sono diventate anche un concentrato di veleni che hanno distribuito a piene mani nel suolo e sulle piante in quantità spesso sbagliate, perché l'informazione scientifica e tecnica è mancata ed è stata fatta solo dai produttori dei prodotti chimici, interessati sostanzialmente ad un continuo aumento dei consumi.
Se si trattava di suoli argillosi a bassa capacità di penetrazione non hanno raggiunto le acque, ma si stanno accumulando nel suolo e tutti gli esperti ci dicono che siamo prossimi - e sapete cosa vuol dire in ecologia essere prossimi - al punto di svolta, cioè alla soglia della catastrofe Siamo prossimi al punto in cui l'accumulo nei terreni poco permeabili di sostanze chimiche e dannose produrrà la sterilità dei terreni stessi con la necessità, addirittura, di scoticare il terreno, a sostituirlo e a dovere fare trattamenti molto complessi per ridargli fertilità, quando sarà possibile ridarla.
Voi sapete cosa significhi andare ad intervenire su un fenomeno di accumulo di sostanze inquinanti in un terreno non permeabile e in cui le sostanze non possono attraversarlo.
Quando invece si tratta di terreni permeabili, qui non c'è il grosso problema del terreno, ma le sostanze dannose penetrano nella falda e quindi, a un certo punto, si accumulano nell'acqua e cominciano a venire fuori nei modi che sappiamo, attraverso il ritrovamento di sostanze inquinanti e pericolose in eccesso negli acquedotti e anche nelle stesse acque di irrigazione.
E siccome, come dicevo, gli effetti sono cumulativi, quando poi si arriva a prendere coscienza del problema siamo già arrivati alla fase della catastrofe e i costi di ripristino delle capacità dell'ambiente possono essere altissimi o possono anche essere infiniti nel senso che si arriva alla distruzione e alla eventualità di non poter più utilizzare quell'acqua, quella falda o quel terreno.
A questo si aggiunga la situazione che tutti conosciamo: quella del progressivo aumento delle malattie professionali in agricoltura, dovuto all'uso spesso incauto di sostanze pericolose e i cittadini che incautamente considerano ancora le zone agricole come zone naturali dove si può andare a fare la scampagnata cominciano ad essere oggetto di ogni tipo di allergia, ogni lunedì lo leggiamo sui giornali; periodicamente tutti noi Consiglieri ambientalisti siamo oggetto di pressione da parte di gruppi di agricoltori perché interveniamo cercando di far ridurre l'uso di sostanze inquinanti.
L'altro problema che scoppierà è l'uso dei fitofarmaci con mezzo aereo su cui abbiamo giacente una mozione e un'interrogazione urgente, che richiama la necessità di discutere quella mozione prima che vengano effettuati i nuovi trattamenti quest'anno; certamente verrà discussa quando i trattamenti saranno già stati fatti, credo siano già in corso. Da 10 anni a questa parte ci sono una serie di problemi legati all'uso del mezzo aereo per, queste pratiche, vengono denunciate malattie e danni di vario tipo.
Noi notiamo solo che c'è una grande sensibilità da parte della Giunta nel rispondere a queste interrogazioni su un problema su cui c'è una grossa mobilitazione; come .al solito si risponderà quando scoppierà il caso in termini drammatici e allora ci Sara una nuova emergenza.
Come c'entra il regolamento 797 in questo quadro? Certo non è la legge quadro che risolverà tutti i problemi dell'agricoltura né dal punto di vista dell'efficienza né dal punto di vista dell'ambiente, però vengono introdotti alcuni nuovi criteri di intervento che potrebbero servire per agganciarvi queste preoccupazioni ambientali.
Il collega Mignone ne faceva un rapido accenno, che purtroppo però nel testo del regolamento si traduce in un rinvio ad un successivo regolamento in cui finalmente si definiranno le zone svantaggiate, le zone sensibili gli interventi possibili nelle zone sensibili. Mi pare però che anche se parliamo di zone sensibili invece la sensibilità al problema sia stata molto scarsa, c'è un vago rinvio, ma non c'è nessuna proposta concreta in questo senso; alcune proposte le ha avanzate e sono nei nostri emendamenti il Consigliere Ferro, io volevo riprenderle. Credo che sarebbe possibile avviare una concreta sperimentazione su due linee.
La prima su grandi progetti per grandi aree, quelle che sappiamo essere le aree rischio in campo agricolo in Piemonte (certamente la risaia dove le concentrazioni di sostanze inquinanti distribuite sul terreno sono fra le più alte), l'avvio quindi di programmi di lotta guidata su vasta scala, con l'utilizzo di una parte dei finanziamenti CEE integrandoli con finanziamenti regionali consentiti per le zone sensibili (e certamente una zona inondata a contatto continuo con la falda sotterranea come la risaia può essere considerata una zona sensibile).
Si potrebbero avviare programmi che tendano ad una rapida riduzione nel tempo dei carichi inquinanti, se non vogliamo trovarci di fronte a casi come l'emergenza della Lomellina dove i Sindaci hanno collettivamente vietato l'uso di diserbanti, mandando probabilmente a pallino la produzione risicola di quest'anno in quelle zone. Eviteremmo così di trovarci nella situazione di vietare, se avremo avviato programmi di lotta guidata che come tutti voi del settore sapete, consentono di ridurre fortemente i carichi inquinanti per ettaro e probabilmente di avviare, non la soluzione definitiva, ma una parziale soluzione del problema e questo permetterebbe anche in via indiretta di migliorare i conti economici delle aziende riducendo il peso dei prodotti intermedi per unità di prodotto.
Il secondo livello di sperimentazione potrebbe riguardare zone idonee per una sperimentazione più approfondita e più avanzata, ma più rischiosa perché avviare programmi di lotta biologica incontra delle difficoltà richiede una collaborazione da parte dell'agricoltore, richiede capacità tecnica, richiede di essere seguita, ecc.., questa potrebbe essere effettuata nelle zone sensibili in senso stretto, ad esempio in tutte le aree a parco (anche qui credo che le aree parco e le zone montane difficilmente potrebbe essere contestate nelle loro caratteristiche di zone sensibili); in queste aree gli aiuti potrebbero andare a quegli agricoltori che accettano di ridurre i carichi inquinanti avviando veri e propri programmi di lotta biologica e di lotta integrata e non solo programmi di lotta guidata.
Tra l'altro anche sul piano strettamente economico nelle zone a parco dove c'è un flusso di visitatori esiste la possibilità di commercializzare prodotti di qualità, che siano in qualche modo garantiti come non trattati chimicamente; ciò permetterebbe di recuperare una fascia alta di mercato che ha notevoli capacità economiche e che è alla ricerca di prodotti di questo tipo che siano però garantiti e non siano semplicemente delle truffe.
Credo che per le zone di montagna e per le zone a parco, cioè tutte le nostre zone sensibili, sarebbe possibile avviare programmi di questo tipo anche molto spinti con possibilità di ritorni economici tutt'altro che indifferenti, coprendo fasce di mercato su cui siamo in larga parte dipendenti dall'estero (compriamo il succo di carota naturale da produttori svizzeri o francesi quando potremmo benissimo produrlo qui); sono settori in cui le possibilità di ricarico sono molto elevate, perché i prodotti vengono venduti ad un prezzo di mercato molto superiore a quello dei prodotti normali che consentono di più che coprire i costi di produzione maggiori.
Credo che gli spazi di intervento sul rapporto agricoltura - ambiente ci siano. La mia impressione è però che su questa complessa partita manchino le idee e la volontà di andare avanti. Io aspetto, perché credo che ci arriveremo magari anche prima dell'estate, il dibattito sull'emergenza; quando avremo scoperto cosa succede nei pozzi allora forse, sarà la volta in cui avvieremo programmi del genere che ho cercato di delineare.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Gruppo liberale pone la dovuta attenzione ai problemi dell'agricoltura, peraltro non ha difficoltà a riconoscere che l'agricoltura come la sanità sono materie più soggette a questione di ordine gestionale e di governo che non a grandi appuntamenti politici, quindi possono maturare in una situazione per cui ci sono colleghi che se ne occupano in modo specifico.
Anche se non siamo tra i Gruppi che specificatamente si occupano di questa materia, noi liberali siamo molto attenti a verificare che anche nel governo dell'agricoltura la maggioranza e la Giunta siano coerenti rispetto ad alcuni obiettivi che a nostro modo di vedere sono la ragion d'essere di questa maggioranza. Quindi ci sembra di dover verificare nel testo della Giunta, che ha il nostro apprezzamento in linea di massima, se alcuni obiettivi che ci poniamo come la modernizzazione del sistema, il rilancio dell'imprenditoria e la mobilità sul territorio e nella società, siano obiettivi che in questa legge si facilitano o meno. Abbiamo presentato alcuni emendamenti che sono l'occasione per chiarire l'interpretazione che la Giunta dà ad alcuni processi ed alcuni fenomeni che ci sono nel mondo agricolo.
Riteniamo in particolare così come c'è nella Direttiva CEE che il soggetto di questa legge è l'impresa con tutto quello che consegue. Nel nostro Paese abbiamo questa felice accezione dell'impresa coltivatrice familiare che ha certamente delle grandi benemerenze, che ha diritto come è scritto nel nostro Statuto - lo richiamava l'Assessore nelle conversazioni che abbiamo avuto prima - ad una precisa attenzione, ma che a nostro modo di vedere deve essere letta ed interpretata a 16 anni dalla formulazione dello Statuto.
Con il primo emendamento che abbiamo posto al punto 4, chiediamo che si rifletta prima di riconoscere all'impresa diretto - coltivatrice la priorità negli interventi, perché la priorità non significa avviare un processo che favorisce, nel senso che considera alcuni elementi, alcuni parametri e in questa misura il coltivatore diretto potrebbe essere, per ipotesi, favorito rispetto ad altri; favorire non vuol dire favorire rispetto ad altri, ma vuol dire favorire in assoluto; favorire qualcuno non deve significare necessariamente mettere qualcuno in serie "B", ma significa creare le condizioni perché chi è in serie "B", rispetto alla serie "A", recuperi il ritardo. Ma l'attività che tende a supportare questo tipo di impresa non può andare contro un diritto che la normativa europea riconosce all'imprenditore agricolo nella sua genericità.
Quindi noi chiediamo alla Giunta di riflettere su questo emendamento.
Noi riteniamo che un'interpretazione rigorosa che è beneficiaria dei provvedimenti oggetto della presente legge sia l'impresa agricola diretto coltivatrice in esclusiva. La priorità significa esclusiva, priorità vuol dire che, fin quando non è esaurita la classe dei beneficiari coltivatori diretti, non si passa alla classe dei beneficiari non coltivatori diretti ma a imprenditore a titolo principale, quindi questa riserva in via esclusiva rispetto a questa questione è un nodo politico sul quale Assessore, la nostra forza politica si attesta senza rigidità, con grande apertura ,e anche con grande serietà. Gli appuntamenti di confronto politico sull'agricoltura non sono molti (perché la grande parte del .lavoro regionale sull'agricoltura è di governo e non di appuntamenti politici); questo è un appuntamento politico e noi abbiamo colto alcuni elementi sui quali misurare la coincidenza di valutazioni su alcuni problemi. Su questo ci aspettiamo da parte della Giunta una risposta che se anche non è coincidente con l'ipotesi di emendamento che noi.abbiamo formulato, sostanzialmente non sia com'è nell'attuale testo, cioè una lettura rigorosa e pericolosa, perché non è politica ma istituzionale del ruolo tra coltivatore diretto e impresa relativa a imprenditore a titolo principale.
Se il favore e la priorità, per assurdo, fossero determinati da esigenze di ordine politico, cioè di gestione di governo, per esempio, la quantità delle risorse o la specificità della materia avrebbero una giustificazione politica che vale per oggi e per questo, se invece la giustificazione la si fa risalire allo Statuto evidentemente si chiede anche al nostro Gruppo di avallare un'interpretazione che pone questo elemento di priorità sempre e comunque per qualunque cosa.. Su questo noi abbiamo l'esigenza politica, per la rappresentanza che abbiamo in questo ambiente, di chiedere alla Giunta una riflessione attenta rispetto al nostro emendamento.
Altri emendamenti attengono alla razionalizzazione del sistema, al rilancio dell'imprenditoria in agricoltura. Ci sembra, per esempio, curioso che non possa essere concesso l'intervento qualora il giovane imprenditore si collochi alla direzione di un'azienda che abbia anche un solo salariato fisso. La visione di un'agricoltura popolata soltanto da contadini con la falce a spalle, soli, al massimo con la moglie e i figli, e che, se hanno un collaboratore non sono più destinatari di questo intervento, ci lascia perplessi.
Un altro limite che vediamo in questa legge è rispetto alla modernizzazione complessiva del mondo dell'agricoltura. Dove si dice che l'agriturismo è un'apertura che viene data allo sviluppo economico dell'agricoltura e poi si mette un tetto fisso dove si dice che se per caso questo operatore agriturista è così bravo che riesce, occupando metà del tempo all'interno dell'azienda, a ricavare un reddito dall'attività turistica di un po' superiore al 50% del tutto perché è così bravo a fare l'operatore turistico, magari perché la sua azienda agricola ha poca vocazione agricola, ecco che cade la possibilità di intervento. Mi sembra anche questa una spigolosità sulla quale chiediamo alla Giunta di riflettere.
La nostra è un'attività di tipo collaborativo, quindi coglieremo con la massima disponibilità le osservazioni dell'Assessore.
Sul primo emendamento, che significa una lettura autentica che fa l'autorità di governo rispetto allo Statuto in ordine al governo della materia dell'agricoltura, in relazione ai rapporti fra l'imprenditore a titolo principale e il coltivatore diretto, devo dire, con il consenso del collega segretario regionale Santoni - a mio fianco - che ci poniamo in una posizione politica aperta ma anche ferma.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CERCHIO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Amerio.



AMERIO Mario

Pare anche a me, come hanno già detto i colleghi e compagni del mio Gruppo, che siamo con ogni probabilità di fronte ad un'occasione perduta con il disegno di legge regionale n. 65, rispetto alle potenzialità, che pure sono in qualche modo offerte dalla Direttiva Comunitaria. Ferro e Bresso hanno indicato le grandi questioni e i nodi non sciolti dal disegno di legge attuativo, parlo dei piani di miglioramento, dell'assistenza tecnica, del rapporto con l'ambiente e via dicendo, nodi che ci fanno dire che non si fa il salto di qualità che sarebbe necessario, che prosegue un ripiegamento ed una rinuncia che dal piano agricolo nazionale fino a questa legge di attuazione del 797 ha caratterizzato appunto un ripiegamento delle grandi scelte politiche che sarebbero state necessarie.
Non torno quindi sulle questioni centrali e generali che i colleghi hanno già svolto, voglio invece usare i minuti a mia disposizione per affrontare brevemente un'altra questione che ci pare essere un altro punto critico delle politiche agricole della Regione negli ultimi tempi, quella del raccordo fra programmazione e gestione e quella del livello e della qualità di quest'ultima.
Sugli aspetti della gestione noi avanziamo preoccupazioni e riserve.
Nell'anno trascorso ci è parsa per molti aspetti debole, caratterizzata da ritardi, spesso inaffidabile.
Da questo punto di vista il disegno di legge n. 65 non segna, come anche qui sarebbe stato necessario, un'inversione di tendenza; per stare alla 65, anzi, non si capisce come potrà essere gestita per le tante parti indefinite e rinviate a successive determinazioni della, Giunta. Un esempio importante è quello delle associazioni, già richiamato dai colleghi, che dal 797 sono privilegiate rispetto alla cooperazione, seguendo le linee di una politica già affermata in Francia e Olanda. Mi riferisco alle associazioni previste dagli artt. 10, 11 e 12 del regolamento, cioè le associazioni per l'assistenza interaziendale, le associazioni per i servizi di sostituzione, quelle per i servizi di gestione aziendale e via dicendo.
E' una parte importante sulla quale sarebbe necessario in Piemonte fare un salto in avanti. Ma, mentre nelle altre Regioni viene fissato il numero degli aderenti a queste associazioni, lo abbiamo detto più volte in Commissione, e sono numeri diversi che indicane obiettivi e politiche che si differenziano da Regione a Regione, qui da noi nella legge 65 i numeri non vengono mai fissati. E' lecito il dubbio quindi, perché poi nella gestione i finanziamenti stanziati per le associazioni non vengono spesi e vengono dirottati su altri capitoli. Si prefigurerebbe così una gestione che non coglie uno degli aspetti di novità per il Piemonte che varrebbe invece la pena di sottolineare. Noi abbiamo tentato in Commissione di inserire con puntuali emendamenti una necessaria precisazione di questi aspetti; non è stato possibile, riproponiamo in aula in uno dei primi emendamenti questo problema, chiedendo vincoli e limiti precisi per la Giunta, per definire questa e altre questioni rimaste indeterminate nel disegno di legge regionale. Vedremo se su questo aspetto si riuscirà almeno in aula a trovare una soluzione migliore.
Ma le preoccupazioni sulla gestione noi intendiamo esprimerle cogliendo l'occasione del 797, anche su altri aspetti importanti della politica agraria della Regione, che confermano uno scarto notevole con l'amministrazione precedente. Si badi che si parla non solo di indirizzi e di scelte politiche sulle quali, evidentemente, si esprimono linee diverse ma si parla anche di affidabilità e di tempestività della gestione. Ma un altro scarto viene evidenziandosi fra le affermazioni del programma della Giunta pentapartito, alcune delle quali erano anche apprezzabili a questo riguardo, è la gestione.
Si delinea, ci sembra, una caduta di tensione della politica agraria negli ultimi tempi.
Voglio accennare, brevemente, a due o tre esempi. Uno è quello della promozione, che è uno degli aspetti del settore più delicati e più rilevanti. A noi pare che sia mancato nell'ultimo anno un ruolo attivo progettuale della Regione e dell'Assessorato. Non ci è stata nei mesi scorsi, né emerge ora, per esempio sulla questione del vino, anche dopo le vicende del metanolo che pur avrebbero richiesto la ridefinizione rapida di strategie mirate, progettuali, di promozione, non risultano esservi o non le conosciamo o non se n'è potuto discutere. Non è che non vi sia nulla.
C'è sul versante della promozione qualche finanziamento qua e là: 100 milioni per la promozione dei vini dell'albese al consorzio del barolo su progetto finalizzato, 80 milioni circa agli allevatori sul progetto Ara che francamente non riusciamo a capire bene cosa sia. Non è che non vi sia nulla, ma vi è poco anche per altri settori che riteniamo delicati: scarsi finanziamenti alle enoteche. Ci risulta che alcune rischiano di chiudere.
Il problema è che manca una strategia che, qualifichi la Regione, che dia respiro ad una politica di promozione qualificata e finalizzata, di cui tanto più oggi si sentirebbe il bisogno. Siamo molto al di sotto delle necessità.
Alcuni altri esempi. La questione della grandine. E' un altro terreno sul quale ci pare vi sia qualche arretramento. Per gli eventi successivi ad un determinato periodo, se non ricordo male maggio o giugno, il Governo ha rinviato il pagamento dei danni al mese di marzo successivo. C'è il rischio che passi più di un anno prima che gli agricoltori colpiti ricevano il risarcimento dei danni. Fino all'anno scorso la Regione anticipava i risarcimenti. Ci risulta che in un caso il risarcimento è avvenuto nello stesso anno con prelievo da apposito fondo a bilancio, fondo che non esiste più. Questo è un altro aspetto sul quale noi poniamo la nostra preoccupazione, ovvero che si è registrata, non vorrei dire una minore sensibilità, ma sicuramente un arretramento nell'operatività della Regione.
Faccio un altro esempio, che mi interessa direttamente poiché sono il firmatario di un'interrogazione urgentissima che ho presentato un mese fa e alla quale non ho avuto risposta. Riguarda il ruolo che la Regione intende giocare sulla questione dei danni subiti dagli agricoltori in conseguenza della nube radioattiva di Chernobyl. Stando ai dati di allora, si parla di un 1 miliardo e mezzo al giorno per il latte e di uno stoccaggio di 25.000 quintali per le verdure fino al 24 maggio. L'Alma pagherà, ma chissà quando e come. I tempi sono lunghi, probabilmente lunghissimi e il danno per i produttori è grande. Altre Regioni, l'Emilia, la Lombardia e la Toscana hanno dimostrato sensibilità e vanno individuando possibilità rapide di intervento, da noi invece non riusciamo ad avere là risposta all'interrogazione presentata il 28 maggio, che avanzava queste preoccupazioni condivise anche da altre forze politiche. Voglio fermarmi qui. Credo che ci sono dei problemi che attengono al 797, ma ci sono dei problemi che più in generale attengono al tono e al livello degli interventi di politica agraria di quest'ultimo anno.
Il Consigliere Ferro accennava all'attesa riforma dei servizi di sviluppo, pure urgente, ma si potrebbero fare altri esempi.
Questa caduta di tono nella gestione rischia di aggravarsi con l'impianto che si è voluto dare al recepimento del Regolamento 797 con il d.d.l. che oggi stiamo discutendo. La nostra posizione critica sul disegno di legge è confermata ed aggravata dal mancato accoglimento di un numero consistente di emendamenti che avevamo proposto in Commissione e che riproponiamo integralmente in aula.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Penasso.



PENASSO Alfredo

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, nell'affrontare il dibattito sul d.d.l. n. 65 è doveroso richiamare la relazione che ha fatto il Presidente della Commissione che,.per motivi di tempo, ha dovuto sintetizzarla.
Come sempre nei momenti importanti del nostro Consiglio per raggiungere lo scopo dell'approvazione della legge dobbiamo sacrificare il dibattito quindi, anche il mio intervento sarà brevissimo; d'altra parte la relazione al d.d.l. è ampia, significativa e ha messo in evidenza lo scopo del provvedimento, la sua filosofia e anche la cronistoria delle politiche generali del nostro Paese e della CEE, a cui noi siamo purtroppo legati e quindi dobbiamo rispettare.
Il Consigliere Bresso ha affrontato dei temi stimolanti che sarebbe giusto ed opportuno dibattere per chiarirci le idee e dare delle indicazioni su aspetti, proposte o indirizzi di carattere scientifico.
Sarebbe anche ora di fare chiarezza e di far si che il mondo agricolo non sia ritenuto il responsabile degli inquinamenti oggi alla nostra attenzione.
Per venire all'argomento oggi all'attenzione del Consiglio regionale questo d.d.l. costituirà nel settore agricolo un elemento fondamentale per la politica delle strutture produttive.
Ci auguriamo che con l'approvazione di questo d.d.l. ed una sua pronta applicazione si possa superare la fase di sospensione degli aiuti agli imprenditori agricoli che dura oramai dal luglio 1984 e che fu causata dall'eccessivo accumulo di domande sulla legge regionale n. 63 a cui vennero progressivamente a mancare i finanziamenti.
Le numerose attese e i bisogni delle aziende agricole piemontesi non potranno essere completamente esauditi dalla nuova legge, la cui parte finanziaria nonostante gli sforzi comuni per renderla più congrua risente della difficile situazione del bilancio regionale. Il collega che mi ha preceduto ha messo in evidenza i due fatti drammatici che hanno coinvolto il mondo agricolo che peseranno gravemente sull'economia agricola e su quella regionale e nazionale.
Dobbiamo approvare questa legge anche per dare un segnale di impegno politico e per avere uno strumento legislativo valido. Vorrei ribadire la giusta scelta della Giunta di proporre una legge di recepimento per l'attuazione del regolamento C.E.E. Così si viene a creare una situazione giuridica chiara sotto il profilo formale e si recuperano alcuni interventi previsti nella legge 63 per adeguarli alla normativa CEE.
L'articolato della legge segue la filosofia che ha ispirato il regolamento comunitario, che si propone di raggiungere diversi obiettivi: il miglioramento qualitativo delle produzioni agricole, l'abbassamento dei costi di produzione, la riconversione della produzione in funzione delle esigenze di mercato e gli indirizzi comunitari, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro con particolare riguardo alle zone svantaggiate.
Strumento fondamentale di questa politica sarà, assieme ad una razionale tenuta della contabilità aziendale, il piano per il miglioramento aziendale. Con esso l'imprenditore agricolo, singolo od associato, pu programmare gli interventi strutturali nella propria azienda, con delle previsioni, concrete di spesa delle quali l'amministrazione regionale è chiamata a decidere con impegni precisi e finalizzati.
Particolare rilievo nel contesto del decreto legge assume l'applicazione dell'art. 7 del regolamento, il quale prevede aiuti specifici ai giovani agricoltori di età compresa tra i 18 e i 40 anni. Le misure previste consistenti in premi per l'insediamento ed in particolari agevolazioni nei prestiti, sono più che giustificate se si vuole incoraggiare.chi resta o chi ritorna in campagna ad assumersi responsabilità diretta nella conduzione dell'azienda agricola, affrontando nel, contempo l'esigenza di un'economia di mercato con accentuata concorrenzialità.
Se si saprà gestire bene le.risorse destinate a questo scopo, si contribuirà certamente a creare una classe imprenditoriale giovanile in agricoltura, che è necessaria per svecchiare il settore e per stare al passo con i tempi moderni. Inoltre nella situazione occupazionale della nostra Regione il far ritornare o mantenere i posti di lavoro produttivo è comunque un contributo al problema occupazionale giovanile.
Mi rendo conto che le attese erano maggiori, ma con serenità ritengo che la formulazione varata in Commissione sia la più equilibrata stante anche le disposizioni del regolamento in materia.
Il regolamento poi prevede, e la normativa regionale recepisce, una serie di interventi finalizzati à particolari esigenze del settore, in particolare per l'assistenza interaziendale, i servizi di sostituzione e i servizi di gestione aziendale.
Si tratta di forme di supporto alle aziende agricole abbastanza nuove ché saranno certamente utili dal momento che l'agricoltura ha esigenza di servizi sempre più moderni e specializzati.
Una delle indicazioni fondamentali e qualificanti del regolamento n.
797 si riferisce alle zone montane e particolarmente svantaggiate, aree che in Piemonte sono particolarmente estese.
E' importante soprattutto la reintroduzione dell'indennità compensativa per le zone agricole svantaggiate con modalità e criteri nuovi che valorizzano e incentivano particolarmente la professionalità di chi opera nelle aree economicamente deboli del nostro territorio.
Nei settori specifici silvo - pastorali e forestali le incentivazioni previste mi paiono finalizzate al recupero produttivo di aree vocate attraverso la partecipazione diretta degli operatori agricoli che consentono il recupero di un patrimonio che altrimenti sarebbe improduttivo.
Ci rendiamo conto che la legge del settore della forestazione non ha recepito le istanze, anche se legittime, di un generale incentivo alla piantagione soprattutto di pioppi, ma è parso utile prioritariamente di salvaguardare la vocazione dei terreni agricoli.
Concludendo questo mio breve intervento, mi pare logica l'approvazione del testo di legge oggi in esame del Consiglio, frutto di una ponderata proposta di Giunta perfezionato da un attivo ed impegnativo dibattito nella III Commissione, nonché da un confronto serrato e costruttivo con il mondo agricolo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, cari colleghi, nessuno sottovaluta l'importanza che ha avuto, che ha e che avrà l'agricoltura nella vita di ciascuno di noi. E' doveroso dedicare l'attenzione necessaria ai problemi dell'agricoltura nei confronti dei quali c'è stata la tendenza a sottovalutarli e, nel quadro politico generale, la tendenza ad appropriarsi di una tematica rivendicando un diritto di prelazione.
Per esempio, la DC nella storia ha sempre presentato una specie di diritto di prelazione dei problemi dell'agricoltura. Ha ancora una presenza consistente, ma l'aveva ancora più consistente in passato, non so come lo è per altre forze politiche, forse sono cose che attengono al modo in cui si costituiscono e si realizzano le forze politiche; sta di fatto che il problema dell'agricoltura non è mai stato messo a fuoco e nella luce giusta.
Il PSI da una parte ha favorito i braccianti agricoli, dai quali viene il movimento riformista socialista, quindi ha sottovalutato l'agricoltura dall'altra parte c'è stata una specie di diritto di prelazione. Sta di fatto che il problema è stato sempre affrontato con una visione parziale o strumentale. Credo sia doveroso capire che cosa significa l'agricoltura nella vita delle società moderne e dare lo spazio necessario ad un settore che è considerato dagli economisti di primaria importanza, non solo,ma, con l'apporto della moderna tecnologia che sta diffondendosi anche nelle campagne, l'agricoltura si assicura questo ruolo primario che gli economisti le hanno sempre riconosciuto.
Il numero degli addetti in agricoltura è andato sempre più decrescendo rispetto al passato, malgrado che questo settore abbia un peso economico nei singoli stati, nella vita dell'umanità, a livello europeo e a livello planetario.
Non voglio usare, grosse parole, certo che il problema del mondo moderno è quello di saper.dare risposte alle domande drammatiche che vengono da tutte le parti del mondo, ma soprattutto dalle popolazioni che non hanno da vivere. Sembra paradossale, ma questi problemi e queste incongruenze esistono anche nel nostro Paese e nella nostra società. Eppure l'agricoltura vive, è presente nella società moderna e in un Paese come il nostro che fa parte dei Paesi più industrializzati del mondo.
Soffre però di una serie di scompensi. Credo si debba riconoscere il grosso sforzo fatto dai vari governi nazionali, regionali e locali, questo lo dico anche se al Ministero dell'agricoltura e a livello regionale noi socialisti non abbiamo mai avuto una responsabilità diretta.
Come ha già detto il collega Mignone, a nome della III Commissione di cui sono membro, il regolamento 797 è l'attuazione di direttive della Comunità Economica Europea.
Questa proposta di legge è stata in Commissione ampiamente discussa.
Alcuni emendamenti sono stati accolti, altri sono stati respinti e verranno riproposti alla discussione in aula. Valuteremo se riproporre o meno soprattutto quelli inerenti i problemi della cooperazione.
Signor Presidente, non intendo soffermarmi nel merito della proposta di legge che è già stata illustrata dal collega Mignone. Ci auguriamo che l'applicazione di questo regolamento corrisponda a quelle che sono le finalità della legge, qualità, recupero, riequilibrio, tra agricoltura avanzata e agricoltura svantaggiata.
Dovremmo guardare il mondo dell'agricoltura con una visione articolata dovremmo favorire le imprese e soprattutto recuperare la presenza dell'uomo e l'attività agricola in montagna e in collina, associare il momento dell'impresa al momento della partecipazione dei lavoratori impegnati nella produzione. Occorre realizzare un rapporto tra agricoltura, produzione e mercato ad un livello qualitativo elevato con strutture di servizio avanzate e tali da consentire all'agricoltore singolo e associato di avvalersi della tecnologia disponibile già in altri settori. Molti interventi possono essere finalizzati al recupero del patrimonio produttivo abbandonato perché i redditi non soddisfacevano le necessità dei lavoratori e delle loro famiglie.
Interventi che possono essere sostenuti da una programmazione basata sui piani agricoli zonali, che favorisca il recupero delle zone svantaggiate, che faciliti il ritorno del giovane al lavoro agricolo e che lo metta in condizioni di potersi avvalere dei benefici di cui possono avvalersi altri giovani che operano in altre situazioni della vita civile.
Sono problemi che riguardano la produttività, i servizi, ma anche la vita l'ambiente, l'esigenza di portare anche nelle zone più svantaggiate le stesse condizioni di vita civile, sociale, culturale che esistono da altre parti.
L'intervento in agricoltura deve essere diretto a migliorare le condizioni di vita della gente, ad equilibrare i rapporti squilibrati esistenti tra industria, terziario e agricoltura. Questo disegno di legge ha questa filosofia; va in questa direzione secondo una visione articolata.
Credo che tutti abbiano dignità di riconoscenza, al di là del titolo con cui le imprese diretto coltivatrici, capitalistiche o cooperative si presentano al concorso nell'economia del Paese, e credo che l'istituzione abbia il dovere, secondo una visione programmata, di dare una risposta che consenta una condizione di giustizia che non si determina attraverso un'asettica considerazione di uguale parità, ma si determina attraverso il riconoscimento dell'aiuto a chi più ha bisogno, secondo una visione che è quella diretta ad equilibrare il territorio e l'economia, che è quella diretta a far si che i redditi siano dignitosi per tutti e si commisurino con le capacità di rilanciare l'economia, la produzione del settore e l'economia nel suo insieme.
Sono più che mai necessarie le iniziative di sostegno, quelle cooperativiste, quelle consortili. Ci sono delle cose che si fanno solo se si è insieme, solo se si riceve un aiuto, solo così si possono utilizzare i consorzi di miglioramento; le condizioni migliori di un'area si fanno e si realizzano solo in questo modo. Confermo il nostro sostegno a questa proposta di legge che è stata già.approvata in Commissione. Noi crediamo di operare secondo questa visione e se sarà opportuno riproporremo osservazioni e punti di miglioramento secondo questa linea. Noi riteniamo che un'assemblea legislativa come quella piemontese abbia il diritto di dare questa risposta alla gente della terra schiacciata e tartassata da troppe parti, perché rinasca una nuova fiducia, perché si possa corrispondere alle necessità secondo una visione di sviluppo, non solo nazionale o europea, ma a livello mondiale per realizzare quei traguardi ai quali la natura ci sta chiamando e nei confronti dei quali dobbiamo essere in grado di dare delle risposte positive.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Probabilmente questo disegno di legge meritava una maggior attenzione.
Siamo infatti impegnati in un dibattito che non riguarda soltanto i contenuti di questo disegno di legge, ma che inevitabilmente fa riferimento alla situazione economica generale. Molto opportunamente nella premessa il regolamento affronta per la prima volta in termini sollecitatori la tematica del rapporto tra agricoltura e ambiente.
Qualcuno prima di me ha detto che la crisi del settore agricolo sta nella logica che ha usato l'agricoltura come terreno per impostare in modo industrialistico uno sviluppo, un progresso economico, ma che invece ha dovuto fare i conti con i limiti di questo sviluppo e con i limiti che pongono i problemi territoriali e ambientali. Non sarei così preoccupato come il collega Penasso che svolge un'arringa difensiva dell'agricoltura in merito all'inquinamento, sarei piuttosto orientato ad un'azione come quella contenuta nell'ordine del giorno votato dal Consiglio regionale che vincola la Giunta ad una serie di ricerche e di interventi organici in ordine al rischio ambientale dovuto alla presenza di un certo tipo di industria chimica.
Il nostro Paese come si è collocato nell'ambito della politica economica e della politica agraria europea? E' indubbio che noi paghiamo la debolezza strutturale della nostra agricoltura, paghiamo una certa insufficienza di presenza propositiva, di peso politico che il nostro Paese avrebbe potuto e dovuto svolgere nell'ambito delle decisioni della Comunità Economica Europea. Il collega Mignone ha giustamente richiamato questa problematica come una delle ragioni di fondo della crisi dell'agricoltura soprattutto nel sud, quindi dell'agricoltura nuova nella Comunità Europea come quella della Spagna, del Portogallo e della Grecia.
C'è il problema di collegare strettamente i redditi dei produttori con la qualità dell'ambiente, la qualità e la genuinità dei prodotti.
La politica agricola italiana nella Comunità è incongruente. Le associazioni dei produttori hanno criticato gli accordi raggiunti. Solo la Coldiretti in questi anni ha continuato a sostenere la politica agraria governativa che era la diretta responsabile delle penalizzazioni dell'agricoltura.
Queste cose vanno dette non per aprire delle polemiche, ma per evidenziarle. Se si vuole denunciare la crisi nel settore agricolo si debbono ricercare le cause sollecitando una politica nazionale più attenta alla realtà dell'agricoltura italiana sia nell'ambito nazionale sia nell'ambito europeo.
Dobbiamo fare una critica sull'avallo che Italia ed Europa hanno dato alla politica agraria dei surplus, alla difesa dei prezzi che ha contribuito a rendere più precario il rapporto alimentare con il sud del mondo; alla distruzione sistematica di prodotti in surplus della nostra agricoltura si contrappongono le morti per fame. L'unica risposta che abbiamo saputo dare a questa incongruenza di carattere mondiale è stata quella di usare in alcune realtà, come strumento di penetrazione economica dell'Europa nei Paesi del Terzo Mondo questi surplus per conquistare mercati industriali e produttivi, come quelli degli armamenti, avallando l'uso dello strumento dei prodotti alimentari come politica di assoggettamento di molte realtà del Terzo Mondo.
Fatte queste premesse sintetiche, vorrei limitarmi ad alcune valutazioni sui contenuti del regolamento della CEE e sul tentativo di tradurlo nella realtà piemontese.
In questi anni anche nella nostra Regione abbiamo assistito ad una cogestione della politica agraria di carattere eminentemente corporativo tanto è vero che le strutture pubbliche sono state dei soggetti passivi di fronte alla realtà agricola che veniva evidenziata da parte delle associazioni contadine. La realtà agricola in crisi si assoggettava alle esigenze che venivano poste senza un quadro di programmazione. Questa logica del passato è ancora presente in questo disegno di legge. Faccio un esempio. E' possibile pensare di organizzare una struttura come la Commissione consultiva per l'agricoltura e foreste basata unicamente sulla presenza dei soggetti che qui risultano investiti, quando il quadro di riferimento della Direttiva CEE, per la prima volta, apre ad altre realtà in modo che esse siano coinvolte e portate ad essere soggetto consultato soggetto protagonista nella politica agraria che va al di là della stretta competenza dell'agricoltura? Si nota nel regolamento CEE un'accentuazione dei problemi ambientali, i quali pongono l'esigenza di riflettere non soltanto sull'agricoltura in quanto tale, ma su come il potere politico non sia stato in grado di organizzare interventi a garanzia di queste problematiche.
Mi pare che la cartina di tornasole di questo non cambiamento di gestione corporativa del settore stia proprio nel modo con il quale è stata formulata questa Commissione regionale consultiva; per esempio, potrebbe essere allargata anche ad altri soggetti. Non si vede perché a fronte di una problematica che non è solo di carattere agricolo tradizionale, ma che affronta problemi dell'ambiente non possano essere coinvolte presenze ed organizzazioni ambientalistiche,non per spirito di contrapposizione, ma per necessità di un coinvolgimento responsabile, per non creare uno scontro tra realtà produttiva agricola e realtà sociale, come sta avvenendo con gli scandali di questi giorni per il vino al metanolo, l'acqua all'atrazina ed altro dove c'è il rischio che vengano criminalizzati i produttori agricoli.
L'altro elemento preoccupante nella composizione di questa Commissione consultiva riguarda la totale assenza di quadri accademici, di esperti che siano espressione almeno delle Facoltà di agraria, di veterinaria, di scienze forestali, cioè un tentativo di affrontare problemi così complessi e così difficili per l'agricoltura facendo aggio sull'aspetto della ricerca e della scienza.
Possiamo lamentarci della criminalizzazione dei produttori, ma se non si fa un passo in avanti per cercare un coinvolgimento collettivo e generale su un aspetto che non può essere addebitato soltanto all'agricoltura, non risolviamo questi problemi.
Ho voluto richiamare il paragrafo 13 circa la costituzione della Commissione per dire ancora una volta che il ripiegarsi su se stessi come fanno i produttori agricoli significa non avere la capacità di affrontare in termini aperti e a fronte alta i problemi che sono di tutti e non soltanto dell'agricoltura.
Richiamerò ancora alcune questioni importanti.
Credo sia giusto affrontare il problema della priorità degli interventi. E' ora di uscire dagli interventi a pioggia, che inevitabilmente fanno accumulare domande e richieste, che rimangono inevase. Per esempio; credo sia prioritario dal punto di vista territoriale l'intervento nelle zone soggette a vincoli e a particolare tutela ambientale, paesaggistica, naturalistica e l'intervento nelle zone agricole svantaggiate.
Dico questo perché proprio in quelle zone dove i problemi sono più evidenti probabilmente ci si può cimentare e uscire allo scoperto per sfidare anche altre realtà produttive della scienza e della ricerca, su problemi che non sono di facile soluzione e che diversamente, se non affrontati in questo modo, corrono il rischio di criminalizzare i produttori agricoli.
Dopo la nube di Chernobyl e dopo lo scandalo del vino al metanolo e di quello dei pesticidi e degli antiparassitari, la Regione non si è sufficientemente attivata, ad esempio, per quanto riguarda l'uso appropriato dei Centri di Assistenza Tecnica. Manca un indirizzo per aiutare i produttori che si trovano in una situazione complessa e difficile.
Quanti produttori si sono visti portare i prodotti agricoli ai centri Aima per essere distrutti senza avere un'indicazione su come affrontare le successive fasi produttive, di fronte ad una situazione profondamente inquinata per la presenza di nuovi elementi sul terreno a seguito della nube? Sono problemi che pesano sui produttori agricoli senza che abbiano avuto un orientamento pubblico ed elementi di certezza. Ho notato una certa divaricazione - e sarei disponibile a discuterne più approfonditamente tra il regolamento 797 che crea le condizioni perché si possa aprire un ripensamento su questa materia e una certa chiusura corporativa da parte della Giunta per un settore che invece ha grandi implicanze e che esige una gestione e una corresponsabilizzazione collettiva da parte della Giunta e del Consiglio regionale.
A me pare che questo disegno di legge praticamente ributti in braccio allo specialista, o all'impallinato di turno dell'agricoltura, problemi che sono più complessi, più variegati e più articolati.
Ho fatto l'esempio della Commissione consultiva proprio per evidenziare questo aspetto. Molti punti necessitano di un ripensamento sulla società rurale e il resto della società piemontese che devono trovare momenti di raccordo e di confronto se si vogliono affrontare seriamente questi problemi.
Questo disegno di legge risente ancora di una logica di chiusura, di compartimento stagno, mentre questi problemi così complessi richiedono corresponsabilizzazione.
Con il Consigliere Ala ho presentato qualche emendamento. Spero che l'Assessore Lombardi voglia replicare su queste questioni e ci dimostri che queste cose non esistono e che c'è una corresponsabilizzazione collettiva su questo.
Vorrei che questo fosse vero, quindi attendo delucidazioni in merito.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Dameri.



DAMERI Silvana

Vorrei fare alcune brevissime considerazioni partendo dal fatto che il d.d.l. 65, in applicazione del regolamento comunitario del marzo dello scorso anno, è uno degli atti in parte nuovi, in parte incerti e in parte contraddittori che si stanno producendo a livello della Comunità. Mi riferisco, per esempio, al famoso libro verde, al rapporto Andriessen sulle nuove possibili linee di sviluppo della politica agricola comune, ma per converso alle recenti decisioni di Bruxelles che hanno invece riproposto una politica tutto sommato puntata sui prezzi, con un congelamento dei prezzi agricoli che penalizza notevolmente il nostro Paese.
Abbiamo avuto in quella sede la conferma dei disaccordi profondi, in qualche modo storici, certamente non nuovi, tra i partner della Comunità a livello agricolo in Europa, con aspetti di forzature, di ricatti e di scorrettezze, anche istituzionali.
Tutti questi fatti impediscono quel decollo di una riforma profonda della politica agricola comune, che appare necessaria proprio perché le politiche agricole comunitarie sono state pensate, così come tuttora vivono, in scenari del tutto diversi del panorama della produzione agricola. Uno degli elementi più significativamente messi in evidenza in quel rapporto è la grande inadeguatezza degli interventi per le strutture dell'intero fondo Feoga. In questo caso mi sento di dire che è errato il dato contenuto nella relazione, in quanto il complesso degli interventi per le strutture rappresenta solamente il 5% del fondo Feoga.
Proprio ragionando intorno al rapporto Andriessen il Consiglio regionale aveva prodotto nello scorso autunno un ordine del giorno e avevamo sottolineato gli aspetti più innovativi li contenuti, cioè il superamento di un mero regime dei prezzi, una politica finalizzata alla qualità dei prodotti, la necessità dell'investimento sulle riforme di carattere strutturale, l'evidenziazione del valore del rapporto tra agricoltura e tutela del patrimonio ambientale.
Questi riferimenti, già citati in altri interventi dei miei compagni sono da tenere come punti fermi perché, in assenza di questi, la politica dei prezzi continuerà probabilmente su una linea di maggiore durezza e porterà ad una penalizzazione crescente delle economie agricole (come la nostra) dei Paesi che hanno strutture più deboli, che hanno una presenza più significativa di situazioni marginali, che hanno una concorrenzialità più bassa, che sono meno capaci di valorizzare la qualità dei loro prodotti e hanno una difficoltà di sbocchi commerciali anche esterni.
Per quanto riguarda la politica agraria nazionale, lo ricordava già Ferro, segnatamente dal 1977 l'investimento nazionale su questo terreno si è notevolmente ridotto. L'ultima legge finanziaria è andata decisamente in questa direzione; il modo stesso con cui i fondi nazionali vengono attribuiti e spesi è un modo estremamente frammentario e spezzettato, anche perché siamo in assenza di piani pluriennali per quanto riguarda le spese agricole.
Non solo, ma all'interno del piano agricolo nazionale la ripartizione fra la spesa centralizzata del Ministero dell'agricoltura e foreste e la ripartizione dei fondi alle Regioni muta in senso sfavorevole per le Regioni: si passa dal 50% circa all'80,20%.
Il quadro in cui noi dobbiamo ragionare è indubbiamente estremamente preoccupante, in quanto a livello europeo siamo di fronte a elementi di ritorno o per lo meno di non sviluppo di politiche necessarie e possibili mentre a livello nazionale siamo di nuovo di fronte a incertezze, a tentazioni di nuovi accentramenti, non per affermare una maggiore efficienza della politica agricola, ma per riproporre una gestione estremamente discutibile, vecchia e assistenziale.
Ho voluto ricordare seppure brevemente e in modo parziale e frammentario questi dati per dire che il quadro nel quale si colloca la discussione di questo provvedimento è estremamente incerto e difficile.
Questo, però, non giustifica, anzi, aggrava il fatto che si sia compiuta la scelta di una gestione minimale delle possibilità che l'applicazione del regolamento comunitario consentiva.
Il regolamento comunitario noi lo valutiamo per quello che è: un modesto rilancio di una politica di strutture. Fermi restando quei dati che dicevo, la massa di risorse che complessivamente il Regolamento 797 attiva rappresenta circa il 3,7% dell'intera spesa agricola comunitaria, quindi una massa di risorse molto limitata.
E' evidente che il destinatario principale dell'intervento, come si legge nel titolo stesso della legge, è l'azienda stessa. Dopo il Quadrifoglio questo è l'unico strumento per una politica strutturale esistente nel nostro Paese.
Non vogliamo suscitare ad altri né a noi stessi illusioni sulle possibilità di questo Regolamento. Tuttavia la traduzione regionale per l'applicazione non era e non è scontata nelle sue possibili scelte di fondo.
La Giunta ha scelto un'applicazione sul versante minimale, ignorando gli aspetti potenzialmente più innovativi, le parti di intervento a nostro avviso più capaci di incidere in un periodo anche più lungo.
Non sto a ripetere i quattro nodi attorno ai quali ha incentrato il suo ragionamento il compagno Ferro, che sono quelli fondamentali della nostra contestazione di merito. Era ben lungi da noi l'idea che con la legge 65 si potesse esaurire la politica agraria regionale. Abbiamo però un'ulteriore conferma di una scelta per un giudizio che noi diamo non positivo su questo anno di gestione della politica agraria nella nostra regione, che ci pare incerto, contraddittorio e con una serie di nodi non risolti. Credo che la stessa questione del vertice dell'ente strumentale più importante per la politica agricola - l'Esap - sia un problema assolutamente rilevante anche in termini istituzionali, anche rispetto alle questioni sulle quali abbiamo ragionato questa mattina.
Così come credo non possiamo continuare ad assistere alla morte lenta silenziosa delle strutture e degli strumenti e di quello che di programmazione si è tentato di attivare in questa Regione. Parlo in particolare dell'esperienza dei piani agricoli di zona.
Così come non possiamo continuare ad assistere all'assenza di iniziative per una qualificazione dei servizi di sviluppo e di sperimentazione che tutti chiamano in causa - forse perché suonano bene forse perché fa moderno dire - ma su cui non vediamo atti significativi.
Questa proposta di legge ci propone una lettura del regolamento comunitario tutto schiacciato sugli aspetti gestionali, senza alcun riferimento tra la gestione stessa e gli interventi, le iniziative previste anche in relazione agli obiettivi, agli elaborati, a quanto è già stato prodotto in termini di programmazione, a quanto è già stato realizzato in Piemonte sia nel piano regionale, sia nei piani di Comunità montana, sia nei piani agricoli zonali.
Così come nessun riferimento, nessun intreccio - e bisognerà capire che cosa si intende fare - per quanto riguarda la questione delle deleghe in materia di agricoltura agli enti locali.
Noi vediamo che si ignora quel rapporto assolutamente necessario per rendere operativa una politica agraria innovativa tra il momento della programmazione e quello della gestione. Pensiamo che nella metodologia dei piani agricoli di zona si poteva rintracciare quell'articolazione per aree che poteva offrire per gli stessi interventi del 797 delle griglie di priorità che tenessero conto degli indirizzi legislativi, delle strutture aziendali, delle tipologie dei beneficiari, dei tipi di investimenti necessari.
Riteniamo cioè che si poteva applicare il 797, tanto più che si è scelto di farlo attraverso una legge e non attraverso una deliberazione come noi avevamo chiesto per sveltire i tempi, per contribuire a costruire momenti di raccordo tra la programmazione e la gestione; altrimenti la programmazione resta il libro dei sogni e la gestione resta l'intervento a pioggia e spezzettato, intervento che non governa i processi economici in agricoltura.
Questo era possibile forse affermando priorità e nello stesso tempo scelte politiche e fattibilità di interventi.
Questo è uno dei punti di carattere politico sostanziale della nostra critica.
Permettetemi però ancora una considerazione, anche perché ho scorso alcuni degli emendamenti proposti da altri Gruppi. Credo che sia necessario accostarsi in un modo nuovo, meno ideologico per una reale comprensione di che cos'è l'agricoltura oggi, di che cosa sono le figure professionali e la professionalità in agricoltura.
Ho visto proposte che mi paiono segnate da una visione vecchia e sorpassata, ideologica appunto dell'agricoltura. Una recente indagine della CEE ci diceva come circa il 60% delle aziende agricole nella Comunità sono gestite a part-time e in Italia questo dato è ancora superiore.
Siamo di fronte ad un fenomeno economico ma anche sociale di una rilevanza enorme che va compreso, e non esorcizzato con astrazioni ideologiche, da cui emerge che non vale più l'assioma (che mi pare per continua a essere caro al Presidente della Coldiretti Lo Bianco) secondo il quale l'agricoltura professionale è quella dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli a titolo principale, mentre il part-time è agricoltura marginale.
Credo che occorra invece, anche in Piemonte, capire le diversificazioni profonde delle imprese coltivatrici piemontesi, proprio per tenere conto delle diversità e per adeguarle alle esigenze delle imprese moderne.
Un'ultima osservazione di merito. Non per esperienza diretta, ma perch faceva parte del dibattito politico in uno dei settori più importanti della nostra Regione, ho sempre sentito una forte contestazione fatta alle precedenti Giunte di sinistra per la scarsa quantità di fondi in bilancio in materia agraria. Già in una discussione in Commissione, presente l'Assessore, abbiamo convenuto come una serie di dati fossero non realistici. Voglio evidenziare un nostro emendamento, appunto perch politico. Mi preoccupa quanto è scritto nell'articolo finanziario, al punto 5), per quel che riguarda gli anni prossimi, rispetto l'impegno economico della Regione su questo capitolo.
C'è una "possibilità" e non decisione rispetto agli investimenti diretti dell'agricoltura che ci preoccupa notevolmente, anche perch avevamo avuto un'altra versione di questo articolo finanziario nella quale questo "possono" non c'era; c'era una scelta e poi c'è stato un ritorno indietro. Questo ci preoccupa molto e ci mette sull'avviso e, per quanto ci riguarda, staremo molto attenti non solamente come parte politica, ma per farci carico davvero delle esigenze dell'agricoltura piemontese e cioè che non sia questa Giunta a sacrificare l'entità di risorse che vengono destinate a questo settore.
Presentiamo numerosi emendamenti che, da quel che capisco, discuteremo la prossima volta; non sono emendamenti puramente di bandiera; speriamo e pensiamo che intorno ad alcuni si possa, ragionare e anche introdurre elementi di correttivo nella direzione che, dagli interventi che abbiamo prodotto, può essere chiaramente compresa, sapendo che per quanto ci riguarda i nodi veri sono quelli che, in modo particolare, il compagno Ferro diceva all'inizio della discussione e cioè, pur nella limitatezza di questo strumento, pur in un quadro estremamente difficile, che si compiano scelte per politiche che si proiettino davvero sul governo del mercato, che si scelgano le deleghe, che si faccia partire la programmazione dai documenti territoriali, da quello che sta già alle spalle, che si punti sugli aiuti al sistema delle aziende per lo sviluppo della professionalità e sia visibile la relazione tra agricoltura, ambiente e sviluppo.
Nella discussione sugli emendamenti questi ragionamenti li potremmo ulteriormente sviluppare e verificare.
Per quanto ci riguarda il nostro contributo viene in un'ottica nella quale la visione della politica delle scelte in agricoltura non è settoriale, ma dà un segno anche alle scelte generali che la Giunta compie.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Lombardi.



LOMBARDI Emilio, Assessore all'agricoltura

Signor Presidente, colleghi, ringrazio coloro che sono intervenuti soprattutto i colleghi della III Commissione e il Presidente per il lavoro che hanno svolto in merito. Questo importante disegno di legge arriva solo oggi all'attenzione del Consiglio ma poteva già essere discusso in tempi precedenti se l'ordine dei lavori del Consiglio l'avesse stabilito.
Farò alcune considerazioni di carattere generale, lasciando alla discussione degli emendamenti di ritornare su alcuni aspetti specifici.
La Giunta regionale ha scelto la strada della proposta di legge e non quella della deliberazione, scelta suggerita e concordata con il livello comunitario. Oggi nel nostro Paese è stata data attuazione al Regolamento 797 solo nella Regione Trentino Alto Adige attraverso una legge; questo confuta chiaramente l'impostazione di chi sostiene che attraverso la deliberazione si sarebbe arrivati prima. Le Regioni che hanno cercato di dare soluzione a questo problema con deliberazione non ne hanno ancora vista l'approvazione.
Crediamo che la scelta sia stata felice, come ci viene confermato dal livello comunitario. Abbiamo fatto nostri gli aspetti del regolamento che sono cogenti. Condividiamo i rilievi che vengono mossi da alcuni colleghi alla politica agricola comunitaria e alla stesura del Regolamento 797, per quelli che sono impallinati, come diceva qualcuno, sanno che se mandiamo avanti una legge che non tiene conto degli aspetti cogenti nei confronti 'delle Regioni in merito alla stesura della Comunità Economica Europea, la legge viene bocciata.
Noi vogliamo invece proporre una legge che venga approvata, poiché la bocciatura significherebbe non poter usufruire dei fondi per la parte di provenienza della CEE. Allora non faremmo una grande conquista per la nostra Regione.
Ci sono momenti di questa legge a cui dobbiamo adeguarci, condividendo l'impostazione legislativa comunitaria, pena la non approvazione della legge e di conseguenza il mancato suo finanziamento.
Ci sono aspetti che invece sono lasciati alla discrezionalità dello stato membro, in questo caso della Regione. Noi abbiamo cercato di adattare le indicazioni del regolamento attraverso disposizioni di legge che permettano di adattarlo alle nostre esigenze specifiche. Non siamo andati nei particolari, questo è vero; non abbiamo stabilito il numero di coloro che devono far parte dell'associazione che deve dare l'assistenza interaziendale o il servizio sostitutivo di sviluppo, perché sono esperienze nuove che non hanno ancora avuto alcuna attuazione nel nostro Paese e in larga parte del territorio comunitario.
Abbiamo visto le deliberazioni approvate da altre Regioni nelle quali si passa dal numero 6 al 150 per la costituzione di un'associazione, quindi pensiamo che ci siano dei margini tali di differenza da doverci confrontare con il mondo agricolo. E' detto nel disegno di legge, che mi auguro diventi legge giovedì prossimo, che queste decisioni saranno prese dalla Giunta sentita la Commissione. Abbiamo cercato di non andare nei particolari, di fare una deregulation in materia, infatti nel passato, quando nelle leggi si davano condizioni precise constatavamo che, nel giro di un paio d'anni le situazioni si modificano e occorreva modificare la legge allungando i tempi. Lo strumento deliberativo rende molto più facile l'adeguamento all'evoluzione dei tempi visto che tale strumento permette di conformarsi alle reali esigenze del mondo agricolo.
L'impostazione data è di piena adesione alle indicazioni vincolanti del regolamento comunitario, sono scelte non specifiche che lasciano spazi di operatività e di modificazione nel tempo per quel che riguarda gli aspetti che sono discrezionali e di scelta del livello regionale.
Per quel che riguarda l'aspetto finanziario dobbiamo dire che le risorse sono modeste - è una critica che hanno fatto gli Assessori regionali nell'incontro con il Ministro - sono risorse scarse di provenienza comunitaria, sono risorse scarse di livello nazionale e di quest'aspetto dobbiamo tenere conto, dobbiamo essere realisti. La situazione finanziaria è quella che è a livello comunitario proprio per il settore agricolo, sappiamo tutti delle grosse difficoltà che ci sono nel bilancio della Comunità Economica Europea per affrontare i problemi dèl settore agricolo e sappiamo quali sono i tagli che si vogliono ulteriormente apportare, al di là della volontà della Regione o del paese membro, sappiamo anche che ci sono delle difficoltà a livello nazionale quindi, per essere realisti non bisogna proporre alla gente delle attese che provocano quello che oggi voglio discutere. Non dimentichiamo che dobbiamo affrontare un problema di notevole entità che abbiamo ereditato: le 20.000 domande ferme presso l'Assessorato o presso gli uffici decentrati dell'agricoltura: Nessuno qui ha dato delle indicazioni per risolvere quel problema. Che soluzione portiamo avanti? Che decisione prendiamo? Mi sembra che l'aver collegato il Regolamento 797 con la legge 63 offre la possibilità a chi abbia fatto la domanda 5 anni fa o 3 anni fa per un obiettivo che è rimasto valido nel tempo di avere una risposta.
L'aspetto positivo di questo regolamento è che, nonostante le scarse risorse finanziarie, c'è la certezza finanziaria per 5 anni. Le risorse sono scarse, ma per la prima volta sappiamo di quante risorse disporremo nei prossimi 5 anni. Quindi è possibile una programmazione La programmazione è mancata quando si sono lasciate ammucchiare le 20.000 domande, evidentemente qualcosa non ha funzionato nel meccanismo della programmazione. Ora però conoscendo le risorse e conoscendo i bisogni, faremo una selezione e cercheremo di offrire la possibilità di attesa di soluzione di questo bisogno in base alle risorse a disposizione e che avremo la possibilità di conoscere, per cui si presenteranno le domande in base alle risorse disponibili, non ammucchieremo migliaia e migliaia di domande alle quali sarebbe difficile dare una risposta.
Questa mi sembra la prima programmazione seria che dovremmo fare nei confronti del mondo agricolo e per l'immagine dell'istituzione regionale.
Sono state fatte considerazioni, mosse critiche e rilievi e sono state fatte anche valutazioni che vanno al di là delle materie e dei problemi affrontati dal regolamento. Su queste questioni mi permetto di fare alcune brevissime considerazioni.
Si è parlato di programmazione, si è parlato di Esap e di piani agricoli zonali. Non saremmo onesti con noi stessi se non dicessimo che l'operatività dell'Esap, i rapporti tra l'Esap, la Giunta e l'Assessorato competente, la stessa programmazione agricola zonale, i rapporti dei tecnici e delle Commissioni di zona con l'Esap non sono stati sempre del tutto produttivi. A me sembra, che dopo 5 o 6 anni di azioni non sempre soddisfacenti, che qualche volta hanno suscitato amare critiche da parte del mondo agricolo e delle stesse forze politiche di maggioranza o di opposizione presenti in questo Consiglio, sia opportuna un po' di riflessione per andare a trovare, attraverso i famosi servizi di sviluppo delle strade nuove che permettano di affrontare i problemi che molti colleghi qui hanno toccato. Le situazioni però non si cambiano con la bacchetta magica dall'oggi al domani è necessario fare delle riflessioni, è necessario trovare delle strade nuove. In questa Regione abbiamo speso molto per l'assistenza tecnica, per la programmazione, per la formazione dei piani agricoli zonali e, se vogliamo essere onesti, dobbiamo dire che oggi in questa Regione non siamo dotati, dopo 10 anni di programmazione zonale, di un piano agricolo zonale che abbia veramente i titoli per essere tale. Allora se abbiamo speso tante risorse, abbiamo impiegato 10 anni e non siamo arrivati, credo che sia necessario fare una riflessione e in questo caso concordo sull'opportunità di apportare delle modifiche legislative in questo settore per rendere gli strumenti più snelli, come abbiamo cercato di fare con l'impostazione di questo strumento legislativo.
Si è parlato di inquinamento, si è parlato dell'esigenza di un dibattito in Consiglio. Sono perfettamente d'accordo, vorrei però dire che sin dal 1974 (quindi non ci sono riferimenti a maggioranze di questo o di quel tipo) in questa Regione si è sposata la linea di offrire al mondo agricolo in certi settori la possibilità di usufruire dei servizi degli eliconsorzi; le aziende agricole hanno venduto i trattori e le motopompe e hanno comperato gli elicotteri. Adesso andiamo a dire che bisogna svendere gli elicotteri per ricomperare i trattori e le motopompe? Può darsi che in qualche area questo sia necessario, ma dobbiamo renderci conto del costo economico di un ritorno di questo tipo. Questi sono i problemi del mondo agricolo di certe aree e che bisogna affrontare non facendo semplicemente delle denunce, ma rendendosi conto di quanto sta dietro a queste iniziative. Sul discorso di Chernobyl si è detto che altre Regioni hanno assunto dei provvedimenti. Noi stiamo attendendo il provvedimento promesso dal livello nazionale, che speriamo esca a breve scadenza,, e vedremo di costruire sul provvedimento a livello nazionale eventuali interventi integrativi a livello regionale, perché diventa difficile assumere degli interventi regionali sostitutivi di competenze nazionali.
C'è questa richiesta del mondo agricolo, ma è necessario che ognuno faccia fronte alle proprie responsabilità. E' giusto che il livello nazionale emetta un decreto, che stanzi le risorse necessarie per fare fronte al gravissimo danno che c'è stato nel settore agricolo e se eventualmente la nostra specificità piemontese renderà necessario un intervento regionale, il Consiglio e la Giunta saranno sensibili a questa esigenza e potranno farvi fronte.
Per quel che riguarda la grandine, collega Amerio, il discorso non si pone. E' vero che la Regione intervenne in tempi in cui le vacche erano più grasse per anticipare i fondi che non arrivavano dallo Stato, ma sono ormai anni che questo non avviene più.
Per quanto riguarda il discorso del corporativismo, l' ho sentito fare spesso quando si parla di mondo contadino. Penso che in questo Paese ci siano corporativismi ben più radicati di quello del mondo agricolo piemontese dove, se esiste, esiste in proporzioni inferiori che in altri settori meno criticati e meno evidenziati dal punto di vista politico. In fondo, caro collega Reburdo, la Commissione è tecnica e valuta i finanziamenti, non valuta i programmi perché in quella sede, proprio il testo che noi abbiamo proposto prevede riferimenti alla programmazione delle comunità montane, delle amministrazioni provinciali, là dove essa esistere, e dell'amministrazione regionale, quindi il riferimento alla programmazione dove sono presenti tutti i soggetti è garantita. Certamente quando si affronta il problema tecnico del finanziamento alla cooperativa x o y credo non bisogna essere sprovveduti sul piano della conoscenza tecnica dei problemi e probabilmente i tecnici ci sono nel settore. E così per il contratto aziendale, che comporta aumenti dei prezzi delle materie prime necessarie all'agricoltura, i trattori e i concimi, sarebbe necessaria la presenza del mondo agricolo perché i riflessi si scaricano anche sul mondo agricolo. Il mondo agricolo si sta aprendo al mondo dell'industria e al mondo del commercio. Mai come oggi si sente forte questa esigenza, ma la strada è difficile perché parlare di qualificazione del prodotto, di acquisizione, del mondo agricolo, del plusvalore tra il prodotto all'azienda e il prodotto al consumo sono problemi sempre denunciati, ma di difficile realizzazione.
Per quel che riguarda la gestione dell'Assessorato, accetto le critiche che sono state qui, evidenziate, ma credo che dopo 10 mesi non si possano avere grandi riferimenti sulla gestione di un Assessorato. Ricordo solo che c'è stata la vicenda del metanolo, quella di Chernobyl, quella del moscato non dimentichiamo poi che sono rimasti aperti problemi del passato.
Mi auguro che questa Giunta non lasci sul tappeto tanti problemi aperti, certamente, l'approvazione del Regolamento 797 è uno strumento per andare avanti su questa strada.



PRESIDENTE

Sono stati presentati molti emendamenti, quindi l'esame degli articoli è rinviato alla prossima seduta.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni - Nomine

Ordine del giorno relativo a "Dibattito sulla prima attuazione della L.R. 18/2/85, n. 10"


PRESIDENTE

E' stato presentato un ordine del giorno dai Consiglieri: Brizio Ferrara, Mignone, Bontempi, Rossa, Marchini che è stato distribuito ai Consiglieri. Qualcuno ha delle osservazioni da fare su questo ordine del giorno.
La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

In apertura di dibattito, abbiamo dichiarato, come voi tutti ricordate di non partecipare al dibattito in conseguenza della costante discriminazione di cui il nostro Gruppo è stato oggetto, o per meglio dire i designati candidati del nostro Gruppo sono stati oggetto. Per coerenza e per conseguenza non parteciperemo alla votazione di questo ordine del giorno, anche se, pur allontanatici perle motivazioni addotte questa mattina dall'aula, abbiamo appreso attraverso i resoconti stenografici le dichiarazioni di quasi "disgelo" che sono state compiute nei nostri confronti. Su queste dichiarazioni intendiamo ritornare in occasione dell'elezione del membro dell'Ufficio di Presidenza che dovrà sostituire il dimissionario Consigliere Ala, data la complessità della presa di posizione del nostro Gruppo a fronte delle dichiarazioni che sono state fatte, prima di tutti dal collega Bontempi con l'assenso dei colleghi Rossa e Brizio e con una particolare precisa presa di posizione del collega Pezzana. In questo momento però in sede di votazione dell'ordine del giorno, noi non partecipiamo anche perché quella discriminazione a cui abbiamo fatto cenno nonostante il fatto nuovo che ho richiamato e che penso di potere definire quasi disgelo, viene a perpetrarsi in occasione della discussione che ci sarà in ordine a due leggi che concernono modifiche alla L.R. n. 10 sulla quale sono relatore di minoranza e sulla quale mi collocherò.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'ordine del giorno il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte, ad un anno dalla approvazione della L.R. 18/2/85 n. 10 rilevato che il primo periodo di applicazione di detta legge ha confermato la validità dei principi in essa contenuti e la congruità delle procedure ivi previste per la massima trasparenza e correttezza delle scelte in ordine alle nomine in Enti e Società da parte del Consiglio regionale sottolineato come dette procedure, per i controlli adottati e la pubblicità prevista, hanno consentito di raggiungere in larghissima misura gli obiettivi propri della legge medesima rilevato d'altra parte, che il dettato normativo, pur nel giudizio ampiamente positivo già espresso, non ha sempre consentito di evitare inconvenienti e deviazioni quali manifestatesi in particolare negli ultimi mesi ritenuto che nuovi e comunque opportuni interventi per migliorare ulteriormente le procedure previste dalla legge, non sono di per s sufficienti per eliminare ogni rischio in ordine alla competenza correttezza ed onestà dei soggetti nominati rilevato che la 'questione morale' continua a sconvolgere la vita politica torinese, riproponendo in tutta la loro gravità interrogativi di fondo sullo stato dei rapporti tra e nei partiti, sul funzionamento delle istituzioni e degli apparati pubblici e sul rapporto tra politica e interessi, andando oltre lo specifico problema della disonestà del singolo amministratore o politico ritenuto quindi che la stessa 'questione morale' non può mai essere una variabile indipendente, ma deve essere assunta come condizione preliminare di ogni rapporto politico e di ogni possibile convergenza programmatica da verificare costantemente ritenuto ancora che il problema riguarda tutti i soggetti, politici economici e sociali non corrispondendo alla realtà la visione di chi, ad una politica 'amorale e corrotta', contrappone una presunta e astratta 'moralità' della società civile, risentendo la politica anche degli elementi di degrado e di corruzione presenti nella realtà sociale ed economica ritenuto, tuttavia, che il rinnovamento dei partiti, del loro modo di essere e di agire ed il superamento di ogni è concezione della politica come mero strumento di occupazione del potere devono essere il primo passo da compiere nell'azione diretta al risanamento dello Stato e delle istituzioni si impegna ad esaminare con urgenza e comunque entro il 31/7/86, nelle sedi istituzionalmente competenti, le ulteriori proposte di integrazione o modifica delle procedure e delle norme attualmente vigenti impegna i Gruppi consiliari ed invita tutti coloro che hanno facoltà di designazione ad un ancor più attento preventivo esame delle proposte affinché, dopo l'ulteriore filtro di un rigido vaglio delle stesse, secondo le norme previste dalla L.R. 10/85, da parte della competente Commissione sia possibile giungere alle scelte più oculate e tranquillizzanti per il Consiglio regionale, che le effettua e per tutta la comunità piemontese si impegna inoltre: a) al fine di garantire i requisiti di professionalità ed idoneità all'incarico ed insieme la massima pubblicità e trasparenza all'iter decisionale, ad applicare puntualmente le norme che prevedono l'audizione da parte delle Commissioni competenti, dei candidati " proposti.
(L'audizione deve essere aperta) b) al fine di rendere applicabile la norma grandemente innovativa prevista all'art. 7, terzo comma, della L.R. 10/85 (cioè la norma che permette a singoli cittadini ed associazioni di fare pervenire candidature debitamente documentate anche al di fuori di meccanismi ordinari di designazione Giunta, Gruppi, singoli Consiglieri), a dare adeguata pubblicità sugli organi d'informazione, scritta e televisiva, alla norma stessa c) al fine di collegare fortemente le nomine negli enti agli indirizzi ed ai contenuti dell'azione gestionale ed amministrativa degli enti stessi, a far precedere ogni nomina negli enti e organismi più importati da un dibattito di merito sulle politiche e sugli obiettivi assegnati a ciascun ente o organismo.anche sulla base dell'attuazione dell'art. 17 della legge (la relazione al Consiglio dei nominati) d) dato che l'idoneità (professionale, morale, ecc.) preventiva è comunque sempre presuntiva, cioè da verificare alla prova dei fatti, a dare regolare (ogni anno) attuazione al principio di controllo dell'attività dei nominati ai sensi dell'art. 17 della legge. Impegna altresì la Giunta a: l) procedere immediatamente alla designazione e nomina dei vertici degli enti i cui consigli sono già stati rinnovati o in via di rinnovo da parte del Consiglio regionale 2) procedere, anche attraverso misure straordinarie, a dotare la Commissione Nomine delle strutture e degli strumenti necessari al suo funzionamento 3) fornire, prima della pausa estiva, ai Consiglieri regionale ed alla compente Commissione, l'informazione sullo stato d'attuazione della banca dati sugli appalti prevista dall'art. 30 della legge 18.
Impegna, altresì l'Ufficio di Presidenza a promuovere,, nelle forme e nei modi più incisivi e opportuni nei confronti della comunità piemontese, a cominciare dagli Enti locali, una campagna d'informazione e di discussione sui principi e le norme di trasparenza che ispirano la legge".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con il seguente esito: presenti 36 Consiglieri votanti 34 Consiglieri favorevoli 31 Consiglieri contrario 1 Consigliere astenuti 2 Consiglieri non hanno partecipato alla votazione 2 Consiglieri


Argomento: Nomine

Esame p.d.l. n. 116: "Interpretazione autentica dell'art. 8, quarto comma della L.R. 18/2/85 n.10"


PRESIDENTE

Passiamo al 4) punto dell'o.d.g.: "Esame progetto di legge n. 116: Interpretazione autentica dell'art. 8, quarto comma della L.R. 18/2/1985 n. 10" Relatore il Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo, relatore

Abbiamo convenuto in sede di Commissione che farò una relazione unica sia sul p.d.l. n. 116 sia sul p.d.l. n. 117.
Vorrei motivare esplicitamente perché il nostro Gruppo accede alla riproposizione e al voto su questa legge e scioglie formalmente la riserva che aveva sollevato per quanto riguarda la partecipazione alla Commissione consultiva per le nomine. Noi consideriamo l'ordine del giorno che la maggioranza ha rielaborato, che tiene conto delle nostre proposte, un punto di approdo assolutamente importante. E' ben chiaro che dall'ordine del giorno dovranno seguire comportamenti coerenti, ma non ho difficoltà a riconoscere che da parte della maggioranza è stato fatto uno sforzo che testimonia anche delle buone intenzioni che in alcuni casi avevamo registrato nel procedere del lavoro sulle nomine. Quindi cade la condizione preclusiva per il nostro Gruppo, manifestiamo soddisfazione per l'intesa raggiunta e auspichiamo che gli impegni che sono ivi contenuti siano all'altezza dei problemi e quindi vedano grande tensione e grande determinazione.
In questo senso possiamo collocare le due proposte di legge che sottoponiamo all'attenzione del Consiglio.
Si tratta di due proposte di legge che vanno lette in maniera coordinata e che precisano alcuni punti che erano carenti nella normativa della legge n. 10. Ad esempio, il procedimento per liste di votazione andava precisato nel senso che non si tratta di una analogia rispetto ai meccanismi classici elettorali per cui il primo escluso subentra per via automatica a quello che deve essere sostituito.
Vorrei porre la motivazione di fondo. Oltre che una intenzione del legislatore molto evidente nella legge 10, io credo che ci sia una ragione di sistema.
La legge 10 prevede la tutela delle minoranze. E' chiaro che il meccanismo della sostituzione, qualora venisse inteso automaticamente in analogia al sistema delle liste elettorali per le elezioni alla Camera dei deputati, verrebbe a ledere il principio, che consideriamo assolutamente superiore, che il meccanismo di sostituzione deve tenere conto, quindi deve azzerare quello che è avvenuto prima della tutela delle minoranze.
E' soprattutto di fondo la ratio del legislatore che si è preoccupato (e ci siamo preoccupati) di determinare liste di votazione per essere in condizione di scegliere tra gli idonei. Ma gli idonei sono idonei per quella nomina; pensiamo alla conseguenza abnorme che verrebbe ad avere una sostituzione fatta tre anni dopo, sulla base di una idoneità verificata tre anni prima. Tutti gli elementi fondanti del ragionamento di oggi sul curriculum, sull'idoneità morale e sulla idoneità professionale verrebbero ad essere in non cale; dovrebbe essere stabilito l'automatismo tra quella votazione (magari con un voto, ma non importa se ha di più), i requisiti esistenti allora e il momento della sostituzione. A me sembra questo un elemento assolutamente di fondo.
Sentiremo poi le argomentazioni sicuramente acute del Consigliere Majorino, il quale, mi dispiace dirlo, farà una relazione stiracchiandola magari con abilità, sul piano giuridico per porre un problema politico di cui invece ho rispetto. Il problema politico è quello che ci ha posto stamattina, problema che l' ha indotto a non partecipare al voto di oggi.
Vorrei ricordare al collega Majorino, che nel lavoro di interpretazione della legge è stata una delle persone più coerenti, che il segno che abbiamo voluto dare, distinguendo nettamente tra rappresentatività politica e presenza delle forze in funzione di controllo, è un segno importante.
Quindi, di motivazioni giuridiche ne verranno addotte, ma, secondo me la vera motivazione è quella politica, comprensibile e giustificabile da parte del M.S.I. ma difficilmente sormontabile per le due argomentazioni che ho detto.
Sulle altre modifiche non mi soffermerò molto anche se sono importanti.
Sono modifiche che vanno nel senso della precisazione di elementi carenti nella stesura originaria della legge, oppure di passi in avanti per snellire una procedura complessa.
Vediamo, per esempio, l'art. 1 che fa riferimento ai funzionari regionali (ma va anche letto insieme all'art. 2). Per quanto riguarda le nomine su cui il Consiglio non ha reale potestà di intervento nel merito riteniamo sia preferibile che la responsabilità appartenga direttamente alle associazioni che designano o alla Giunta. Qualora la legge stabilisca che i funzionari sono scelti dalla Giunta, è del tutto corretto che non ci sia un'elezione e una nomina del Consiglio su una scelta che lo stesso non ha fatto e di cui non ha neanche gli elementi preliminari per farla.
Questo porta uno snellimento, ma è preferibile anche sul piano delle responsabilità. Il Presidente Beltrami sa che alcune nomine di funzionari da parte del Consiglio avvengono con voti diversi, alcuni preferiti altri no. Non è il sistema del cecchinaggio con il voto segreto, il sistema preferibile è quello di assumersi la responsabilità della nomina; o li scegliamo noi (ma credo sia difficile scegliere noi i funzionari) o li sceglie la Giunta, allora in questo caso la nomina deve essere lasciata alla Giunta.
Inoltre ci sono gli enti, le associazioni, gli istituti che designano e il Consiglio recepisce, svolge un'attività puramente "recettizia". Noi riteniamo che il sistema debba rimanere tale e non debba passare un finto vaglio del Consiglio che non ha potestà di intervento.
La raccomandazione che rivolgo alla Giunta è che dovrebbero essere tenuti in conto i criteri generali. Faccio un esempio - e mi rivolgo al Presidente Beltrami dato che queste cose competeranno alla Giunta - nel caso che una associazione designi.un esperto in un ente o in un organismo (pensiamo alle Commissioni del commercio o dell'urbanistica) senza produrre un curriculum, la Commissione consultiva per le nomine non interverrebbe più poiché non avrebbe più competenza, però è chiaro, secondo quanto ha detto il Vicepresidente Vetrino, che lo spirito in cui si dovrebbe collocare la Giunta è quello di verificare che sia davvero esperto. E' una potestà demandata alla Giunta nello spirito che l'organo Giunta partecipi ad alcuni criteri collettivi che oggi abbiamo ribadito, però non è un potere del Consiglio. Questo, tra l'altro snellirà notevolmente i nostri lavori; per esempio, abbiamo delle nomine in consulte varie, in cui quasi tutti i nominati provengono da designazioni di enti o di associazioni queste nomine passeranno, quando sarà approvata la legge, totalmente nella potestà di mera decretazione del Presidente, salvo questo vaglio per cui non si tratti di "bufale" che vengono rifilate in organismi regionali.
C'è poi l'articolo importante, anche questo derivato dall'esperienza che riguarda gli elenchi (tema caro al Presidente Viglione). Questo giustamente è stato individuato come uno dei punti macchinosi e critici.
L'art. 3 prevede che qualora successivamente alla pubblicazione degli elenchi, di cui al primo comma, la Commissione consultiva per le nomine verifichi la necessità di effettuare nel periodo considerato ulteriori nomine (si possono verificare omissioni nel primo elenco, elenchi che non tengono conto di leggi sopravvenute), può procedere con le stesse modalità del primo comma all'integrazione degli elenchi. In tal caso la pubblicazioni sul Bollettino Ufficiale deve avvenire almeno 60 gg. prima della data entro la quale la nomina deve essere effettuata.
Questa è una clausola di chiusura per impedire che la rigidità eccessiva degli elenchi, stabiliti in due periodi dell'anno, blocchi in realtà la possibilità di stare dietro a nomine che si devono effettuare o perché si è dimenticato di farle o perché è sopravvenuta una legge che impone di farle. Dovremmo, in teoria, su una legge che approviamo oggi sull'agricoltura che impone una Commissione, aspettare l'elenco di marzo o di settembre. Questi tempi mi paiono un po' lunghi.
Forse non c'era bisogno di inserire l'art. .4; è stato però richiesto.
E' precisato che i termini per le autocandidature si riferiscono con nettezza alla presentazione. L'Ufficio di Presidenza nei giorni successivi alla scadenza del termine di cui al primo comma può integrare le proposte dei soggetti di autocandidati. Gli autocandidati devono fare pervenire all'Ufficio di Presidenza, entro gli stessi termini entro i quali fanno pervenire gli altri soggetti titolari del potere di designazione (Gruppi Giunta e singoli Consiglieri) le proposte; entro 10 giorni l'Ufficio di Presidenza ha il termine per poterli integrare dopo la sua prima deliberazione e valutazione.
Questo, come tutti i colleghi sapranno, scioglie uno dei nodi interpretativi con cui abbiamo dovuto fare i conti e che ci ha portato anche qualche guaio (vedi l'esperto sanitario).
L'art. 7 è altrettanto importante. E' un articolo che tende a "derriggidire" il meccanismo di nomina, stabilendo però tutte le garanzie del caso. Faccio un esempio tipico. Nel corso dell'esame della Commissione entro i termini di 30 giorni, si verificano dei fatti nuovi, che possono essere di vario tipo (volutamente li abbiamo lasciati come elemento generale), la stessa Commissione nomine può accettare con una votazione che rappresenta il voto favorevole dei due terzi dei componenti del Consiglio (accogliendo un'indicazione venuta da qualche Gruppo, quindi non può essere la maggioranza che fa i colpi di forza) e si può sostituire da parte degli stessi soggetti proponenti i candidati già presentati nei termini primi con la condizione che ciò avvenga almeno 10 gg. prima della scadenza del termine fissato per la Commissione Se questa norma fosse già stata operante, la questione dei segretari regionali o dei partiti che erano in condizione di incompatibilità politica, avremmo potuto, avendola rilevata nella prima riunione della Commissione nomine, già tradurla con una sostituzione di nomi e non arrivare a quella soluzione a cui siamo arrivati, pur politicamente significativa della lettera di impegno alle dimissioni.
Questo non è avvenuto perché la rigidità della norma ce lo impediva. E sono chiari lo spirito, la ratio, ma anche le garanzie che questa norma offre per la sostituzione dei candidati. . La sostituzione di persone già nominate invece abbiamo dovuto disciplinarla con una fattispecie che si differenzia da quella della nomina ex novo, abbreviando i termini in 15 gg.
dalla data di pubblicazione e 10 gg., dal ricevimento del parere della Commissione nomine.
A noi pare giusto che per le sostituzioni si ricorra ad un metodo più rapido.
Si tratta in primo luogo di introduzione di norme che snelliscono le parti che non erano peraltro sottoponibili al giudizio nostro, tendono a dare precisazioni ai punti controversi e attribuiscono una possibilità di operatività della legge, pur mantenendone con assoluto rigore i criteri che oggi abbiamo validato.
Per questo chiedo a nome anche degli altri presentatori che il Consiglio voti queste due leggi nello spirito con cui questa mia relazione seppure a braccio,ma spero chiara, si è espressa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Presidente e colleghi Consiglieri, sarò breve perché ho già espresso sia sotto il profilo tecnico che sotto il profilo politico il pensiero del nostro Gruppo nella relazione di minoranza e mi limiterò all'aspetto dei d.d.l. n. 116 e n. 117 relativo ad impedire che scatti l'istituto della surroga volta a che si verifichino vacanze dovute a dimissioni incompatibilità o altre, nel corso del periodo in cui gli eletti partecipano all'organismo.
Sotto il profilo tecnico a nostro avviso è stato violato il principio e l'istituto della surrogazione in forza del quale, come è noto, il primo degli esclusi subentra, una volta che si verifichino quei fenomeni che ho accennato.
Viene violato questo principio generale elettorale nell'ambito di una legge che pur contiene dei principi (che noi avevamo condiviso e che sono ribaditi nell'ordine del giorno odierno alla cui votazione non abbiamo partecipato) di professionalità, competenza, capacità e onestà dei candidati designati.
Però la legge è principalmente e proceduralmente legge elettorale quindi doveva e deve soggiacere al principio generale della surroga in forza del quale subentra il primo degli esclusi, quando si verificano i fenomeni cui ho accennato.
Né possono valere gli inconvenienti addotti dal relatore di maggioranza Bontempi, cioè nel senso di dire, "se il primo degli esclusi appartiene alla maggioranza, verrebbe violato il principio della rappresentanza delle minoranze".
Anche questo è vero fino ad un certo punto, nel senso che ogni qualvolta si dovesse verificare, in seguito a dimissioni o ad altri eventi il possibile subentro di chi sia il primo degli esclusi, ma non appartenga alla minoranza, mentre, in base alle leggi dei singoli enti, la carica compete alla minoranza, ovviamente non scatterebbe il principio della surroga, ma si dovrebbe verificare se ci sia un altro escluso appartenente alla minoranza.
La realtà però è che la modifica alla legge n. 10 in materia di surroga che non ha da verificarsi, è solo dovuta a perpetrare quella regola, cui ho accennato questa mattina, anzi quel patto di discriminazione nei confronti della nostra forza politica.
Perché sono convinto che all'intelligenza dei proponenti non sarebbe venuta in mente questa modifica, qualora noi non avessimo collocato in tutti o in quasi tutti gli enti i nostri candidati che appaiono primi esclusi.
Il marchingegno quindi, sotto il profilo legislativo, è ispirato a tecnica legislativa ed elettorale, ma lo scopo pratico che questo d.d.l.
modificativa intende conseguire è, quello di impedire che attraverso l'istituto della surroga nell'ambito di una legge proceduralmente e sostanzialmente elettorale possa un candidato della nostra forza politica nel corso degli anni a venire di durata di quel determinato organismo subentrare.
Valgono le considerazioni fatte questa mattina in ordine a quella inammissibile discriminazione che viene perpetrata nei nostri confronti e sulla quale, anche a fronte delle dichiarazioni nuove di questa mattina avrò modo di ritornare in occasione dell'elezione del nuovo membro dell'Ufficio di Presidenza, in ordine al quale fin d'ora preannuncio che il nostro Gruppo pone la candidatura di un proprio componente.



PRESIDENTE

Non vedo altri iscritti a parlare. Passiamo alla votazione dell'articolo unico della legge n. 116.
Articolo unico "Il quarto comma dell'art. 8 della L.R. 18/2/85, n. 10, deve intendersi nel senso che: 'I Consiglieri possono esprimere il proprio voto solo all'interno di tali liste la cui validità cessa comunque ad ogni effetto con la conclusione della votazione' " Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 37 hanno risposto SI' 34 Consiglieri hanno risposto NO 3 Consiglieri L'articolo unico è approvato.


Argomento: Nomine

Esame progetto di legge n. 117: "Modifiche ed integrazioni alla L.R. 18/2/85 n. 10"


PRESIDENTE

Esaminiamo il punto 5) all'o.d.g.: "Esame p.d.l. n. 117".
Non vi sono iscritti a parlare procediamo quindi alla votazione dell'articolato.
Art. 1 (Designazione di funzionari) "Al termine del secondo comma dell'art. 1 della L.R. 18/2/85 n. 10 sono aggiunte le seguenti parole: 'ovvero si tratti di designazioni di funzionari regionali nei casi previsti dalla legge' ".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 37 hanno risposto SI' 34 Consiglieri hanno risposto NO 3 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Art. 2 (Designazioni da parte di esterni) "Il primo comma dell'art. 3 della L.R. 18/2/85 n.10 è sostituito dal seguente: 'Le nomine che in base alle leggi vigenti sono da effettuarsi previa proposta, designazione indicazione o altra forma di presentazione della candidatura da parte di Associazioni, Enti ed Istituti di qualsiasi tipo, sono di competenza del Presidente della Giunta regionale che vi provvede con proprio decreto salvo i casi di nomine negli Enti ed Organismi di cui all'art. 9 della presente legge'.
Il terzo comma dell'art. 3 della L.R. 18/2/85 n. 10 è sostituito dal seguente: 'Il Presidente della Giunta regionale o il Consiglio regionale sono tenuti a nominare il designato' ".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 37 hanno risposto SI' 34 Consiglieri hanno risposto NO 3 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Art. 3 (Integrazioni elenchi) "Al termine dell'art. 6 della L.R. 18/2/85 n. 10 è aggiunto il seguente comma: 'Qualora, successivamente alla pubblicazione degli elenchi di cui al primo comma, la Commissione consultiva per le Nomine verifichi la necessità di effettuare nel periodo considerato ulteriori nomine, può procedere con le stesse modalità del primo comma all'integrazione degli elenchi. In tal caso, la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale deve avvenire almeno sessanta giorni prima della data entro la quale la nomina deve essere effettuata' ".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 37 hanno risposto SI' 34 Consiglieri hanno risposto NO 3 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
Art. 4 (Termini per le autocandidature) "Il terzo comma dell'art. 7 della L.R. 18/2/85 n. 10 è sostituito dal seguente: 'L'Ufficio di Presidenza, nei dieci giorni successivi alla scadenza del termine di cui al primo comma può integrare le proposte dei soggetti di cui al precedente comma con le segnalazioni pervenute nel termine di cui sopra da parte di Associazioni o di singoli cittadini' ".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 37 hanno risposto SI' 34 Consiglieri hanno risposto NO 3 Consiglieri L'art. 4 è approvato.
Art. 5 (Sostituzione di candidati) "All'art. 7 della L.R. 18/2/85 n. 10 è aggiunto il seguente comma: 'Qualora, nel corso dell'esame da parte della Commissione consultiva per le Nomine, si verifichino fatti nuovi, la stessa Commissione Nomine pu accettare, con una votazione che rappresenti il voto favorevole dei 2/3 dei componenti il Consiglio, la sostituzione da parte degli stessi soggetti proponenti di candidati già presentati nei termini di cui al primo comma con nuovi nominativi, purché tale sostituzione avvenga almeno dieci giorni prima della scadenza del termine fissato alla Commissione per l'esame' ".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 37 hanno risposto SI' 34 Consiglieri hanno risposto NO 3 Consiglieri L'art. 5 è approvato.
Art. 6 (Sostituzione di persone già nominate) "Dopo l'art. 8 della L.R. 18/2/85 n. 10 è aggiunto il seguente art. 8 bis: 'Nel caso in cui una persona nominata ai sensi della presente legge venga a cessare dall'incarico, per dimissioni, per incompatibilità o per altra causa, la Commissione Nomine entro una settimana della data entro la quale è venuta a conoscenza della causa di cessazione dall'incarico, procede alla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale dei dati previsti dal primo comma dell'art. 6.
In tale caso il termine per la presentazione delle candidature da parte dei soggetti previsti dall'art.7 è fissato in 15 giorni dalla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale.
Entro 10 giorni dal termine, di cui al comma precedente, la Commissione consultiva per le Nomine esprime il parere previsto dal primo comma dell'art. 8' 1'.
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 37 hanno risposto SI' 34 Consiglieri hanno risposto NO 3 Consiglieri L'art. 6 è approvato.
Si proceda alla votazione sull'intero testo di legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 37 hanno risposto SI' 34 Consiglieri hanno risposto NO 3 Consiglieri L'intero testo della legge è approvato.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Ci sono ora alcune deliberazioni da iscrivere all'o.d.g., che sono state discusse e licenziate all'unanimità in sede di Commissione, alcune delle quali, se non vengono approvate, rischiano di far perdere i finanziamenti F.I.O. e quelli per la casa.
Chiede la parola il Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Vorrei chiedere al Presidente Viglione, che è garante dell'andamento dei lavori, come mai, arrivati quasi alle h. 19.00, non abbiamo ancora discusso il punto all'o.d.g. sul divieto di fumare. Non pretendo che le cose vengano fatte prima, ma il fatto che non vengano attese o vengano rinviate, come l'altra volta, quando tutti vanno via, mi pare sia scorretto. Chiedo al Presidente del Consiglio regionale se ritiene questo modo di procedere corretto.



PRESIDENTE

L'o.d.g. si segue sempre fedelmente.
Ho chiesto l'iscrizione all'o.d.g. e l'approvazione di alcune delibere già licenziate all'unanimità in Commissione, perché rischiamo di perdere ingenti somme.



PEZZANA Angelo

La mia osservazione non riguarda solo questo momento. Si è discusso prima il punto 7) riguardante l'agricoltura che ha richiesto ben quattro ore, discussione importante ed interessante, però prima dell'agricoltura c'erano altri argomenti all'o.d.g.



PRESIDENTE

Consigliere Pezzana, io desidero discutere l'ordine del giorno sul fumo. Quindi non c'è problema.



PEZZANA Angelo

Non sto criticando le sue volontà specifiche. Dico solo che non ha senso riunire i Capigruppo per decidere sugli argomenti da porre all'o.d.g., se poi non viene rispettato.



PRESIDENTE

Non ho detto che l'o.d.g. è stato rispettato nell'ordine, ho detto che sono stati esauriti gli argomenti.



PEZZANA Angelo

Se l'ordine degli argomenti non ha importanza, perché numerarli?



PRESIDENTE

Sono i Gruppi che decidono l'inversione o meno dell'ordine degli argomenti. Il regolamento prevede la possibilità dell'inversione. E' stata operata questa possibilità.
Le ribadisco la mia volontà di discutere l'ordine del giorno sul divieto di fumare.
Chiedo soltanto l'iscrizione di quattro deliberazioni che perderebbero dei risultati economici importanti.


Argomento:

Iscrizione di argomenti all'o.d.g.


PRESIDENTE

Propongo l'iscrizione all'o.d.g. le seguenti proposte di deliberazione: n.
192; n. 189; n. 209; n. 208.
Chi approva l'iscrizione di detti argomenti è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è approvata con 36 voti favorevoli, 1 non partecipa alla votazione.


Argomento: Parchi e riserve

Esame proposta di deliberazione n. 192: "L.R. 4/6/75, n. 43 - Art. 2 Modificazione al piano regionale dei parchi e delle riserve naturali"


PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rivalta.



RIVALTA Luigi

Intervengo per una precisazione e per motivare la nostra approvazione.
L'inserimento dell'area del consorzio per il trattamento delle acque reflue Po-Sangone all'interno del perimetro del Parco fluviale del Po non è stato un errore o una disattenzione. E' stata volutamente inserita perch intanto l'impianto su di esso installato rappresenta un'opera strumentale alle finalità dello stesso Parco fluviale: la depurazione delle acque.
Inoltre, questo consorzio è proprietario di un'area estesa che non sarà tutta occupata dagli impianti; in una parte dell'area è pertanto stato predisposto un piano di forestazione. Chi percorre la tangenziale di Settimo e Brandizzo vede un pioppeto, impiantato per creare con alberi a rapida crescita una prima cortina di verde attorno al depuratore; il programma, che credo sia stato in parte già avviato, prevede piantamenti a più lunghi tempi di crescita che costituiranno il manto forestale definitivo. Mi sembra pertanto sia giusto che quest'area sia inserita nel Parco fluviale del Po sia per la funzione strumentale ai fini del Parco che in essa si svolge sia per il tipo di ambiente vegetativo che si creerà negli spazi liberi e sia perché di proprietà di un ente pubblico.
L'inserimento non è stato né un errore né una disattenzione.
Di fronte al fatto però, che dal momento in cui abbiamo inserito nel piano dei parchi la fascia fluviale lungo il Po, non è stata ancora approvata la legge istitutiva del parco con la quale si sarebbero potute rendere possibili le operazioni di costruzione di ulteriori lotti dell'impianto di depurazione, e pertanto ancora vige il regime di tutela previsto dalla legge quadro generale dei parchi che impone un vincolo assoluto di inedificazione, e che appena ora è stato avviato il lavoro per il piano territoriale operativo del Parco del Po, altro strumento che potrebbe regolare questa questione.
Noi accondiscendiamo alla delibera che stralcia l'area. Sulla base di quanto ho detto chiediamo però l'impegno a che successivamente essa venga reinclusa e torni a far parte dell'area del parco del Po.



PRESIDENTE

Mi pare che la richiesta e la precisazione del collega Rivalta siano chiarissime, cioè lo stralcio dell'area è per andare a creare la barriera forestale in un terreno che deve essere indicato e simboleggiato per questo e poi mi pare che la Giunta non abbia difficoltà. D'accordo collega Rivalta?



RIVALTA Luigi

Sì.



PRESIDENTE

Pongo in votazione per alzata di mano tale deliberazione il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
E' approvata con 32 voti favorevoli e 2 astensioni.


Argomento: Parchi e riserve

Proposta di deliberazione n. 189: "Deliberazione G.R. n. 24-5388 'L. 8/8/85 n. 431 - Piani urbanistico - territoriali del parco naturale dell'Alpe Veglia, del parco regionale La Mandria, del parco naturale della Valle del Ticino e del parco naturale dell'Alta Valle Pesio' "


PRESIDENTE

La parola al Consigliere Avondo.



AVONDO Giampiero

Per quando riguarda questi tre parchi ed in particolare per quanto riguarda il parco naturale della Valle del Ticino, recuperiamo i piani dell'area, agli effetti della legge Galasso, come piani urbanistico territoriali con specifica considerazione per i beni paesaggistico ambientali.
La questione riguarda la Valle del Ticino, in particolare il Comune di Pombia e di Varallo Pombia, che con il decreto Galasso si sono visti incluso l'intero territorio, sottoposto al vincolo; sono Comuni dotati d'altra parte di piano regolatore e si pongono oggi un problema. Con questa deliberazione è chiaro che un pezzo del territorio viene a sanarsi, nel senso che il piano d'area consente comunque di introdurre tutti quegli elementi che nel piano dell'area erano previsti; mentre l'ambito residenziale del Comune, essendo all'interno della legge Galasso, pone problemi di un piano d'area più generale.
Da questo punto di vista la proposta che avanzo alla Giunta è quella di vedere, se è possibile, almeno lo scorporo dal decreto Galasso dei centri abitati dei due Comuni perché qui ci troviamo di fronte ad una situazione davvero incredibile e credo che questa questione è oggi, e fino al momento in cui non andremo alla definizione del piano più generale, nella condizione di non poter fare nessun tipo di opere e di interventi tanto che uno dei due Comuni, che dovrebbe rifare il cimitero, è nella condizione di non sapere come dare corso, oltretutto, ad un appalto già definito.
Il problema è quello di vedere se è possibile proporre lo stralcio almeno dei due centri abitati, cioè quelli fisicamente determinati.
Proporrei che la Regione avanzi una proposta al governo di esclusione dal decreto Galasso di questo vincolo per i centri abitati.
Se questa strada non è percorribile bisogna comunque che la Giunta si attivi nel vederne qualche altra; sollevo la questione nel senso che questi Comuni credo non possano essere, dopo essersi dotati di PRG, messi nella condizione di non poter operare nemmeno nei centri abitati.



MIGNONE Andrea

Ce ne sono parecchi.



AVONDO Giampiero

Sono quelli che sono. Io sto sollevando il fatto che secondo me la questione si sta ponendo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rivalta.



RIVALTA Luigi

Auspico che si attuino queste delibere che la Giunta ci ha presentato.
Alla luce delle questioni sollevate dalla legge Galasso, esse avvalorano la politica attuata dei parchi. Infatti, dove si sono fatti piani territoriali dell'area del parco comprensivi di piani forestali e naturalistici e si sono condotte valutazioni di carattere ambientale, oggi ci si pu permettere di superare i vincoli della legge Galasso.
Se il Comune di Varallo Pombia fosse stato tutto dentro al Parco del Ticino beneficerebbe della condizione di cui ho detto. Ciò dimostra quanto l'opposizione all'appartenenza al parco possa finire con il diventare controproducente.
Sulle questioni poste dal collega Avondo voglio dire che come parte del Gruppo comunista che si occupa di queste questioni, abbiamo proposto alla Giunta una linea operativa che si fonda sul dare valenza ambientale e paesistica ai piani urbanistici e ai piani territoriali in quanto la legge Galasso prevede che, ove i piani urbanistici (il caso dei Comuni) i piani territoriali (il caso dei parchi) e i piani comprensoriali hanno valenza ambientale, sono superati i vincoli introdotti dai Galassini.
Ora, poiché non è possibile avallare che i piani regolatori, approvati prima della Galasso, contengano queste valenze di carattere ambientale credo che la strada giusta sia quella che i Comuni riadottino i loro piani regolatori introducendo, se è necessario, le mancanti valutazioni normative di carattere ambientale.
La Giunta regionale - collega Beltrami ne abbiamo parlato incontrando i sindaci - da parte sua proceda poi con rapidità all'approvazione di questi nuovi piani. Questa è la strada per cui anche ai Comuni può restare un margine di autonomia per superare la situazione, determinata dai Galassini prendendo loro stessi l'iniziativa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Brevemente, cari colleghi, perché questa discussione, in merito ad un provvedimento che mi trova favorevole, si è tirata dietro un corposo accenno alla legge n. 431. Sono costretto ad intervenire per affermare di non condividere quanto detto dal Consigliere Avondo e per ricordare che non può e non dovrebbe essere possibile equiparare un piano territoriale di un parco al piano regolatore di un Comune ipso fatto. La Regione - a mio parere - non può fare questo, perché una volta incamminatici su questa strada, al di là delle presumibilmente buone intenzioni del collega, molti Comuni continuerebbero ad usare l'urbanistica in maniera dissennata. Mentre invece, a mio parere giustamente, il Sottosegretario Galasso ha voluto segnare con questo provvedimento un punto di mutazione, un punto di cambiamento, da richiamare e rendere operante anche all'interno della legislazione urbanistica, in cui deve ritrovarsi una particolare valenza e connotazione ambientale.
Questo, tra l'altro, mi spinge a chiedere nuovamente quanto avevo già sollevato in un'interpellanza che ha avuto solo in parte risposta: la discussione in aula della politica regionale in merito all'attuazione della legge 431, che non vi è stata, anche se sono state adottate alcune deliberazioni della Giunta regionale di attuazione di questa legge. Proprio questa digressione dimostra che, sulla legge 431, sarebbe necessario tornarci prima o poi, anche in un momento successivo a queste deliberazioni che, tra l'altro, mi trovano in entrambi i casi, in linea di massima favorevole.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta regionale Beltrami.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Intervengo per dire che avverto le difficoltà che sono state proposte dal collega Avondo, al quale, peraltro, ha già dato una risposta il collega Rivalta.
Direi che i Galassini che dovremo tentare di affrontare sono 78 in tutto il Piemonte, con questa iniziativa siamo a quota meno 4. Direi che è un primo tenue passo in avanti in chiave anche di totale pulizia. Abbiamo parlato a fondo di questo argomento, la Giunta ha presentato la deliberazione che è stata approvata dal Consiglio regionale e che determina il percorso che dovremmo seguire per tentare di uscire da questo problema.
Non so neppure se abbiamo scelto la strada che s'avvicina alla perfezione abbiamo tentato di individuare una strada percorribile, può darsi che in questo percorso ci stiano anche le indicazioni scaturite dall'incontro con i Sindaci delle zone montane del Piemonte; a cui era presente il collega Rivalta.
Devo dire con estrema franchezza che non so ancora come sia ugualmente iniziabile questo tipo di discorso, certo che se è possibile renderlo operativo e percorribile noi lo affronteremo decisamente, la strada di dare valenza paesistica ai 15 Piani territoriali di comprensorio forse è una strada che riduce all'osso anche l'intervento degli organi di valutazione poi dei singoli percorsi, il Cur in particolare,che di per sé è già fortemente ingolfato.
Nell'ultima seduta di Giunta abbiamo pertanto approvato, per quanto attiene a tale possibilità da parte della Giunta per segnalarlo ugualmente al Consiglio regionale, altri otto piani comprensoriali per cui dovrebbe arrivare dell'altro lavoro al Consiglio e su questa strada ne rimangono altri sette. Dovremmo tentare di pervenire ad un risultato positivo.
La delibera generale è aperta a tutte le soluzioni, Se questa strada sulla quale abbiamo fatto qualche riflessione con l'architetto Rivalta nel più recente passato è percorribile, noi la seguiremo senz'altro.



PRESIDENTE

Pongo in votazione per alzata di mano la deliberazione il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
E' approvata all'unanimità dei 32 Consiglieri presenti.


Argomento: Edilizia pubblica (convenzionata, sovvenzionata, agevolata)

Esame proposta di deliberazione n. 209: "Deliberazione G.R. n. 109-5988 'Programma di localizzazione degli interventi di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata. Legge n. 457/78, quinto progetto biennale 1986/87'


PRESIDENTE

Pongo in votazione per alzata di mano la deliberazione n. 209, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
E' approvata con 32 voti favorevoli e 1 contrario.


Argomento: Comunita' montane: Piani di Sviluppo

Esame proposta di deliberazione n. 208: "Piano pluriennale di sviluppo socio - economico 1986/90 della Comunità montana Val Sangone"


PRESIDENTE

Pongo in votazione per alzata di mano la deliberazione n. 208, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
E' approvata con 31 voti favorevoli e 1 astensione.


Argomento: Spesa socio - assistenziale

Esame proposta di deliberazione n. 178: "Fondo per la gestione dei servizi socio - assistenziali di cui alla L.R. 23/8/82, n. 20. Riparto tra le Unità Socio Sanitarie Locali per l'anno '86" (rinvio)


PRESIDENTE

Passiamo al punto 9) all'o.d.g.: "Esame deliberazione n. 178".
Ha chiesto la parola il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Consci dell'urgenza, siccome su questa delibera vorremmo dire il nostro parere, chiederemmo all'Assessore di discuterla la prossima volta, dopo la legge sull'agricoltura, dandole il giusto rilievo e la possibilità di trattarla in un'ora in cui l'attenzione sia presente.



PRESIDENTE

D'accordo la delibera viene rinviata.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Esame proposta di deliberazione n. 191: "Ratifica della deliberazione G.R. n. 158-5521 'Proroga del termine fissato con D.C.R. n. 108-3187 del 6/3/86 per la prestazione di garanzie finanziarie per gli obblighi derivanti dall'esercizio di operazioni relative a rifiuti tossici e nocivi' "


PRESIDENTE

Propongo di iscrivere all'o.d.g. la deliberazione n. 191.
Chi approva è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è approvata all'unanimità dei 31 Consiglieri presenti.
Pongo in votazione per alzata di mano tale deliberazione il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
E' approvata con 24 voti favorevoli e 8 astensioni.


Argomento: Innovazione tecnologica

Esame proposta di deliberazione n. 207: "Adesione della Regione Piemonte al Comitato Promotore del Progetto ITACA"


PRESIDENTE

Esaminiamo il punto 10) all'o.d.g.: "Esame proposta di deliberazione n.
207".
Pongo in votazione per alzata di mano tale deliberazione il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
E' approvata con 31 voti favorevoli e 1 astensione.
Pongo in votazione per alzata di mano l'immediata esecutività.
E' approvata con 31 voti favorevoli e 1 astensione.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati - Consulte, commissioni, comitati ed altri organi collegiali - Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Esame proposta di deliberazione n. 181: "Istituzione di una Commissione d'indagine in adempimento della mozione approvata nella seduta del Consiglio regionale del 17/4/86"


PRESIDENTE

Esaminiamo il punto 8) all'o.d.g.: "Esame proposta di deliberazione n.
181". In merito il Consigliere Ala presenta i seguenti emendamenti: inserire dopo il punto 1): "2) di dare mandato alla suddetta Commissione, di valutare l'opportunità e la possibilità, di raccogliere le informazioni in possesso dei Comuni o di altri enti, di cui agli artt. 3 u.c., del citato DPR 915/82, avvalendosi anche di quanto previsto dall'art. 8, ultimo comma del citato DPR. 915/82; di provvedere ad esaminare, acquisendo la documentazione necessaria dai diversi soggetti pubblici e privati interessati, le relazioni intercorse ed intercorrenti tra le attività di escavazione pregresse ed in atto (con particolare riferimento alle aree fluviali) e le attività di smaltimento dei rifiuti, sia autorizzate che abusive; di promuovere inoltre la ricerca di informazioni utili alla scoperta ed al censimento di discariche e di altre attività di smaltimento abusive e di fatti ed interventi sul territorio che possano ipotizzare situazioni di abusivismo, di pericolo di natura igienico - sanitaria, di degrado del territorio" dopo il punto 5) inserire il seguente punto 6): "di prendere atto che la commissione si avvale del personale del servizio della competente Commissione Permanente del Consiglio regionale".
La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Voglio solo dire che ho ritirato gli altri emendamenti ed ho presentato questi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Nella relazione di minoranza ribadivo il concetto, condiviso anche da altre forze politiche e in particolare dal Consigliere Ala e dal Gruppo comunista, secondo il quale la commissione dovrebbe essere d'inchiesta.
Il nostro voto sarà di.astensione nei confronti della commissione d'indagine che inoltre non condividiamo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Non possiamo votare questa delibera per lo stesso motivo per il quale avevamo sostenuto la battaglia sulla commissione d'inchiesta. Per altro avevamo proposto i nostri nomi. E' chiaro che non votiamo contro questi nomi, ma votiamo contro le impostazioni originarie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Ringrazio il Consiglio, l'Assessore e la maggioranza per aver accolto gli emendamenti da me presentati, volti a definire il campo d'indagine della commissione.
Anch'io ero favorevole alla commissione d'inchiesta, quindi apprezzo la condivisione dei miei emendamenti; però su un punto qualificante mi trovo costretto ad astenermi se la deliberazione viene votata tutta insieme, pur garantendo fin d'ora il massimo apporto possibile al lavoro della commissione.



PRESIDENTE

Passiamo alla votazione per alzata di mano della delibera il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
E' approvata con 19 voti favorevoli, 10 contrari e 3 astensioni.


Argomento:

Interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno (annunzio)


PRESIDENTE

Le interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegate al processo verbale dell'adunanza in corso.



PRESIDENTE

La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,10)



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