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Dettaglio seduta n.4 del 01/08/85 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CERCHIO


Argomento:

Approvazione verbale precedente seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Approvazione verbale precedente seduta", non essendovi osservazioni, il processo verbale dell'adunanza consiliare del 17 luglio 1985 si intende approvato.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che ha chiesto congedo il Consigliere Benzi.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

Sono stati presentati i seguenti progetti di legge: n. 1: "Rendiconto generale per l'esercizio finanziario 1984", presentato dalla Giunta regionale in data 7 giugno 1985 n. 2: "Assestamento al bilancio di previsione per l'anno finanziario 1985", presentato dalla Giunta regionale in data 19 giugno 985 n. 3: "Aumento in materia di tasse di concessione regionale", presentato dalla Giunta regionale in data 15 luglio 1985 n. 4: "Commissione regionale per la realizzazione delle pari opportunità fra uomo e donna", presentato dai Consiglieri Marchiaro, Bresso, Dameri Sestero e Bontempi in data 24 luglio 1985 n. 5: "Convalida della deliberazione della Giunta regionale n. 1-45581 in data 23 luglio 1985", presentato dalla Giunta regionale in data 29 luglio 1985.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge

Argomento:

c) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale e dall'Ufficio di Presidenza


PRESIDENTE

Le deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 9, 16 e 18 luglio 1985 e dall'Ufficio di Presidenza nelle sedute del 18 aprile e 5 luglio 1985 - in attuazione dell'art. 7, secondo comma, della L.R.
6/11/1978, n. 65 - sono depositate e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento: Organizzazione regionale: argomenti non sopra specificati

d) Pubblicità della situazione patrimoniale dei Consiglieri regionali


PRESIDENTE

Nella seduta consiliare del 2 luglio 1985 sono stati distribuiti ai Consiglieri regionali i moduli relativi alla pubblicità della situazione patrimoniale previsti dalla L.R. 5/9/1983, n.16. Ricordo che tali moduli unitamente a copia della dichiarazione dei redditi, dovranno essere depositati presso il Servizio Segreteria entro e non oltre il giorno 31 agosto 1.985.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

e) Incontro tra il Presidente della Repubblica ed i Presidenti delle Giunte e dei Consigli regionali


PRESIDENTE

Il Presidente della Repubblica sen. Francesco Cossiga ha ricevuto il 19 luglio u.s., al Palazzo del Quirinale i Presidenti delle Giunte e dei Consigli di tutte le Regioni italiane, accogliendo la richiesta avanzata dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni.
All'udienza concessa dal Capo dello Stato alla quale era presente il Ministro delle Regioni On. Vizzini sono intervenuti, in rappresentanza della Regione Piemonte, il Presidente della Giunta Viglione ed il sottoscritto.
"Le Regioni - ha affermato Carlo Bernini, Presidente di turno della Conferenza delle Regioni, nel suo intervento di saluto - si sentono in piena sintonia con i contenuti del primo messaggio che il Presidente della Repubblica ha rivolto al Parlamento ed in particolare intorno al tema del processo di evoluzione istituzionale, alla continuità dei valori perenni sanciti dalla Carta Costituzionale e alla disponibilità verso quegli adeguamenti che favoriscono una nuova primavera della Repubblica. Le Regioni hanno confermato tra l'altro, come per il passato, il loro impegno per offrire al Governo e al Parlamento il loro contributo sulle questioni che riguardano l'assetto istituzionale dello Stato con l'obiettivo di rafforzare il ruolo delle autonomie locali, di stabilire rapporti più efficienti e garantiti tra il livello centrale e quello locale valorizzando la programmazione come metodo di governo per la gestione delle risorse pubbliche".
Rispondendo all'indirizzo di saluto delle Regioni, il Capo dello Stato ha richiamato i poteri-doveri che la Costituzione affida al Presidente della Repubblica in relazione agli istituti regionali. L'art. 87 della Costituzione sottopone all'autorizzazione del Presidente la presentazione al Parlamento di disegni di legge di iniziativa di governo.
"In passato - ha detto il Capo dello Stato - sono stati segnalati al Governo gli sconfinamenti delle proposte di legge nazionali nelle materie di competenza regionale e ciò continuerà ad essere fatto per dare a questo controllo un carattere di sistematicità a tutela della coerenza della legislazione ed in ottemperanza ai poteri costituzionali di rinviare atti non solo per questioni di legittimità, ma anche di merito costituzionale".
Cossiga ha poi richiamato i poteri finora peraltro esercitati dal Capo dello Stato che sono previsti dall'art.126 della Carta Costituzionale quando si verificano circostanze che impediscono la corretta normalità istituzionale delle Regioni auspicando che non si ripetano condizioni eccezionali di non governo da parte delle Regioni.
Il Presidente della Repubblica ha infine richiamato nei rapporti con le Regioni il potere-dovere più vasto che non si esplica solo in atti formali ma che consiste in un rapporto costante di relazione e di colloquio con le autonomie locali come momento fondamentale dell'assetto democratico del Paese.


Argomento: Commemorazioni

f) 40esimo anniversario di Hiroshima e Nagasaki


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, due città distrutte con un bilancio spaventoso di morte e rovine. Così, in quelle giornate del 6 e 9 agosto 1945, con il bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki, si chiudeva "l'altro" olocausto provocato dal secondo conflitto mondiale e si apriva l'ultimo capitolo del nostro secolo, dominato dall'"equilibrio del terrore" e dall'utilizzazione diplomatica degli immensi e sofisticati arsenali per disegni di egemonia strategica, politica ed economica su aree sub continentali e regionali.
La corsa illimitata agli armamenti da parte delle due superpotenze, la dilatazione patologica del mercato delle armi, la conflittualità permanente nell'area medio-orientale, l'incomprensibile guerra tra Iran e Iraq l'interventismo sovietico in Afghanistan, l'appoggio statunitense ai "contras" in Nicaragua e, per finire, la repressione della popolazione nera in Sudafrica, sono alcuni eventi terminali di 50 anni di storia "senza pace", proprio perché la pace va ricercata attraverso la limitazione degli strumenti di guerra e non attraverso l'escalation degli stessi.
Questa tesi "politica" - condivisa da scienziati e da uomini di governo e supportata dal grande dinamismo dei Movimenti per la pace - necessita anche di un impegno specifico nostro, come assemblea regionale, per estendere il già produttivo lavoro di cultura per la pace e il disarmo attivato negli anni passati nei confronti della comunità piemontese e dei giovani in particolare.
Nel ricordare Hiroshima e i suoi 80.000 morti, dobbiamo assumerci l'impegno solenne di non trascurare - anzi di inventare - le molte occasioni di dialogo, dibattito e mobilitazione sulle tematiche della pace del disarmo, dello sviluppo del Terzo Mondo e del miglioramento delle relazioni diplomatiche tra U.S.A. e U.R.S.S. E ciò è possibile sia nei rapporti istituzionali con il Governo centrale, sia sostenendo le iniziative che sul nostro territorio vengono intraprese da movimenti giovanili, organizzazioni culturali e scientifiche e da enti di varia natura.
Con questo impegno commemoriamo i morti di Hiroshima e Nagasaki.
Sosteniamo, dunque, ogni strategia di pace per la pace, seppellendo l'ideologia antica, ma purtroppo ancora attuale, dell'escalation militare come condizione e garanzia di pace.
Sotto l'ombrello atomico l'umanità vive non nella sicurezza, ma nell'incertezza. Al di là delle intenzioni, il caso può far saltare anche gli strumenti di controllo più perfetti. Contribuiamo, quindi, anche noi ad evitare l'apocalisse, fino a quando ci è dato di farlo.
Su questo argomento peraltro è stato presentato un ordine del giorno che verrà esaminato nel corso della seduta.


Argomento: Commemorazioni

g) Tragedia di Tesero in Val di Fiemme


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, sono ormai trascorsi 13 giorni da quel venerdì di morte e di disperazione in cui hanno perso purtroppo la vita fra il fango e i detriti oltre 300 persone inghiottite dalle acque della diga scoppiata di Stava. Ma i sentimenti che proviamo e che tutta l'assemblea penso non possa non condividere sono ancora quelli del 19 luglio, giorno della tragedia un'angoscia certamente profonda ed un cordoglio senza parole per i familiari delle vittime, accanto a sentimenti di rabbia, avvilimento e sete di giustizia, perché in realtà non di calamità naturale, imprevedibile e fatale, si è trattato, ma di disastro colposo, come sta peraltro accertando l'inchiesta aperta dalla Magistratura di Trento. Un'inchiesta - viene già rimarcato da più parti - complessa e difficile per la frantumazione delle competenze in materia e per una legislazione non chiara nel definire le gerarchie delle varie responsabilità.
Comunque stiano le cose, oltre ad esprimere certo solidarietà per chi è stato colpito negli affetti più cari non possiamo non unire la nostra voce a quella di milioni di cittadini, di milioni di italiani che chiedono che sia intanto fatta giustizia in maniera trasparente e garantista, celere e rigorosa.
Da questa catastrofe inoltre viene un forte monito anche per le istituzioni locali e per la nostra Regione. Bisogna attivare al massimo con chiarezza legislativa e con continuità operativa, tutti gli strumenti di controllo, di prevenzione e di tutela del territorio, tali da evitare che tragedie come quella del Vayont, di Tesero e anche del cinema Statuto di Torino, possano ripresentarsi con il loro carico di angosce e di lutto.
Un minuto di raccoglimento in memoria delle vittime della Val di Fiemme.



(I presenti, in piedi osservano un minuto di silenzio)


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Dimissioni di Consiglieri regionali e relative surrogazioni (ai sensi dell'art. 16 della legge 17/2/1968, n. 108)


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto 3) all'o.d.g. che reca: "Dimissioni di Consiglieri regionali e relative surrogazioni (ai sensi dell'art. 16 della legge 17/2/1968, n. 108)".
Surrogazione del Consigliere regionale Bruno Ferraris con il sig. Mario Amerio Informo il Consiglio che il Consigliere regionale Bruno Ferraris eletto nella lista n. 1 del PCI nella circoscrizione di Asti, con lettera datata 23/7/1985 ha comunicato che.un incarico di lavoro nell'ambito della direzione nazionale della Confcoltivatori gli impedisce di svolgere al meglio il compito di Consigliere regionale e che si vede perciò costretto a rassegnare le dimissioni da Consigliere della Regione Piemonte.
Propongo pertanto che il Consiglio prenda atto delle dimissioni dalla carica di Consigliere regionale del Consigliere Bruno Ferraris.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 55 Consiglieri presenti.
Occorre pertanto procedere, ai sensi dell'art. 16 della legge 17/2/1968 n. 108, alla surrogazione del Consigliere dimissionario. Ai sensi del citato articolo il seggio che rimanga vacante per qualsiasi causa, anche se sopravvenuta, è attribuito al candidato che nella stessa lista e circoscrizione segue immediatamente l'ultimo eletto. La stessa norma si osserva anche nel caso di sostituzione del Consigliere proclamato a seguito dell'attribuzione fatta dagli Uffici centrali regionali.
Dal verbale dell'Ufficio centrale circoscrizionale del Tribunale di Asti risulta che all'ultimo eletto del PCI nella circoscrizione di Asti segue immediatamente il sig. Mario Amerio, al quale deve essere pertanto attribuito il seggio resosi vacante.
Pongo quindi ai voti la proposta che il Consiglio prenda atto che al Consigliere Bruno Ferraris subentra, nella circoscrizione di Asti, ai sensi dell'art. 16 della citata legge n. 108, il sig. Mario Amerio.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 55 Consiglieri presenti.
Propongo che la predetta deliberazione relativa alla surrogazione del Consigliere Bruno Ferraris con il sig. Mario Amerio sia dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n.
62. Faccio presente che la predetta proposta deve essere approvata a maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio regionale.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La proposta è approvata all'unanimità dei 55 Consiglieri presenti. Dichiaro pertanto la predetta deliberazione immediatamente eseguibile ed invito il sig. Mario Amerio a prendere posto in aula qualora si trovi nelle vicinanze.



(Il neo-Consigliere Mario Amerio prende posto)



PRESIDENTE

Per quanto attiene alla convalida, l'art. 17 della legge n. 108/68 prevede che "al Consiglio regionale è riservata la convalida dell'elezione dei propri componenti, secondo le norme del suo Regolamento interno". A tal fine l'art. 16 del Regolamento stabilisce che l'esame delle condizioni di ciascuno dei Consiglieri eletti sia effettuato dalla Giunta delle Elezioni la quale proporrà successivamente al Consiglio regionale l'adozione dei provvedimenti conseguenti.
Surrogazione del Consigliere regionale Jas Gawronski con il sig. Franco Ferrara Informo inoltre che i1 Consigliere regionale Jas Gawronski, eletto nella lista n. 6 del PRI nella circoscrizione di Torino, con lettera datata 29/7/1985 ha comunicato che l'intensificare degli impegni al Parlamento Europeo gli consiglia di rinunciare ad un incarico a cui non potrebbe dedicarsi con la necessaria sollecitudine e che si vede perciò costretto a rassegnare le dimissioni da Consigliere della Regione Piemonte.
Propongo pertanto che il Consiglio prenda atto delle dimissioni dalla carica di Consigliere regionale del Consigliere Jas Gawronski.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 56 Consiglieri presenti.
Occorre pertanto procedere, ai sensi dell'art. 16 della legge 17/2/1968 n.
108, alla surrogazione del Consigliere dimissionario. Ai sensi del citato articolo il seggio che rimanga vacante per qualsiasi causa, anche se sopravvenuta, è attribuito al candidato che nella stessa lista e circoscrizione segue immediatamente l'ultimo eletto. La stessa norma si osserva anche nel caso di sostituzione del Consigliere proclamato a seguito dell'attribuzione fatta dagli Uffici centrali regionali.
Dal verbale dell'Ufficio centrale circoscrizionale del Tribunale di Torino risulta che all'ultimo eletto del PRI nella circoscrizione di Torino segue immediatamente il sig. Franco Ferrara, al quale deve essere pertanto attribuito il seggio resosi vacante.
Pongo quindi ai voti la proposta che il Consiglio prenda atto che al Consigliere Jas Gawronski subentra, nella circoscrizione di Torino, ai sensi dell'art. 16 della citata legge n. 108, il sig. Franco Ferrara.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 56 Consiglieri presenti.
Propongo che la predetta deliberazione relativa alla surrogazione del Consigliere Jas Gawronski con il sig. Franco Ferrara sia dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n.
62. Faccio presente che la predetta proposta deve essere approvata a maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio regionale.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La proposta è approvata all'unanimità dei 56 Consiglieri presenti. Dichiaro pertanto la predetta deliberazione immediatamente eseguibile ed invito il sig. Franco Ferrara a prendere posto in aula qualora si trovi nelle vicinanze.



(Il neo-Consigliere Franco Ferrara prende posto)



PRESIDENTE

Per quanto attiene alla convalida, l'art. 17 della legge n. 108/68 prevede che "al Consiglio regionale è riservata la convalida dell'elezione dei propri componenti, secondo le norme del suo Regolamento interno". A tal fine l'art. 16 del Regolamento stabilisce che l'esame delle condizioni di ciascuno dei Consiglieri eletti sia effettuato dalla Giunta delle Elezioni la quale proporrà successivamente al Consiglio regionale l'adozione dei provvedimenti conseguenti.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto per l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta regionale


PRESIDENTE

Il punto 4) all'o.d.g. reca: "Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto per l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta regionale".
Ricordo che i Consiglieri hanno ricevuto il documento di cui al secondo comma del citato art. 32 dello Statuto, sottoscritto dal prescritto numero dei Consiglieri e recante altresì il nome del Presidente e l'intera lista degli Assessori.
Apro il dibattito su questo documento dando la parola al Presidente del Gruppo D.C. Consigliere Brizio che si è iscritto a parlare.



BRIZIO Gian Paolo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, siamo al termine dell'iter, se vogliamo lungo ma comunque esaurito in termini ancora accettabili, per la preparazione del governo regionale.
La formazione della Giunta e la presentazione del documento programmatico concretano la conclusione positiva che avevamo già preconizzato il 17 maggio, quando il Gruppo democristiano assunse una precisa iniziativa in proposito, conclusione positiva alla quale abbiamo sempre creduto anche quando sembrava che si dovesse andare oltre il periodo feriale.
L'importanza della presentazione di questa maggioranza sta soprattutto nell'accordo globale raggiunto tra le forze del pentapartito, accordo che tocca i tre livelli: Regione, Provincia e Comune di Torino, ma che tende ad allargarsi sul territorio. Infatti in tutte le altre Province del Piemonte si stanno formando governi di pentapartito, si sta aprendo una nuova stagione. E' una stagione positiva alla quale crediamo fermamente, perch riteniamo che i nuovi governi siano in grado di corrispondere agli interessi ed alle attese dei cittadini.
E' una svolta politico-amministrativa di grande significato, una svolta nata dal lento logorio della formula di sinistra che andava via via determinandosi nel corso della precedente legislatura. Si è spezzato quello zoccolo forte, quella resistenza delle giunte di sinistra cui molto spesso alludevano i comunisti e si è giunti alla fine della legislatura con un governo già logorato.
E' una svolta nata lentamente, ma è anche una svolta voluta dagli elettori. Il voto del 12 maggio ha chiaramente rappresentato l'esigenza di un governo pentapartito formato dall'alleanza della D.C. con l'area laica e con l'area socialista, alleanza che si estende sul territorio per dare la risposta migliore alle esigenze della popolazione in questa complessa fase politica. Il pentapartito è l'unica soluzione per la Regione Piemonte. Si dice che il pentapartito ha molte anime e che ha in sé delle contraddizioni. Certo, ogni forza politica che compone questa maggioranza ha la propria originalità, ha le proprie caratteristiche, ha la propria anima, ma queste forze politiche sono legate da un denominatore comune forte che consentirà di giungere a delle sintesi operative più efficaci di quelle che hanno caratterizzato l'ultima fase delle giunte di sinistra.
Come prevede lo Statuto oggi vengono presentati il documento programmatico, la proposta per il Presidente della Giunta e la lista degli Assessori. Il documento non è esaustivo e completo, ma contiene linee programmatiche, così come vuole lo Statuto. La Giunta presenterà il suo piano organico di lavoro raccordato con il piano di sviluppo. Questo sarà ripresentato ed il nostro Gruppo chiederà che i tempi e le scadenze previste dalle norme statutarie e regolamentari siano nella sostanza osservate. Il documento contiene alcuni punti forti significativi.
Evidenzia prima di tutto l'esigenza di un governo coordinato come presupposto per una strategia coerente. In questa logica la trattativa è stata globale: i problemi della grande metropoli di Torino si collegano strettamente a quelli della Regione Piemonte, così come si collegano fortemente alla Regione i problemi delle province periferiche. In una fase difficile come questa una risposta coordinata ed omogenea da parte delle forze politiche che hanno ruolo di governo è assolutamente necessaria.
Altro punto forte è il rilancio dell'istituto regionale. L'immagine dell'ente è andata deteriorandosi sia nei confronti dei cittadini, sia nei riguardi degli enti locali, delle altre istituzioni e delle forze economiche e sociali. E' assolutamente necessario ridare prestigio e credibilità alla Regione.
L'immagine dell'ente e con essa l'immagine del Piemonte inteso come comunità civile devono essere rafforzate, perché possano reagire alla grave crisi, perché sappiano muoversi verso la ripresa, verso un nuovo sviluppo.
La terza esigenza è quella della trasparenza amministrativa in risposta ai cittadini che chiedono soprattutto chiarezza, pulizia nella gestione degli enti pubblici e delle istituzioni. La trasparenza della gestione non è soltanto risposta alla questione morale, ma è anche condizione fondamentale di efficienza amministrativa, di operatività, di capacità di lavoro della Giunta che si sta formando.
Vi è poi una forte riproposizione del metodo della programmazione che non deve essere solo documentale, ma deve essere operativa, basata sul rigore delle analisi tecniche e sul rapporto tra costi e benefici, ispirata tuttavia nelle scelte dal primato della politica di fronte i bisogni dei cittadini.
Vengono riaffermate la centralità dell'assemblea e la collegialità della Giunta. Il nostro Gruppo passa da un ruolo di opposizione ad un ruolo di governo, ma coerentemente non modifica posizione. Per anni siamo stati portatori della esigenza di una maggior centralità dell'assemblea regionale e dell'allargamento delle sue competenze sino a presentare in merito una proposta di modifica statutaria. L'assemblea deve essere rivalorizzata e considerata il centro dell'Istituto regionale. Insieme alla centralità del Consiglio regionale la collegialità della Giunta come elemento di governo nel quale i vari Assessorati che la compongono lavorano in modo collegato in stretta collaborazione, senza settoriali ritagli di fette di gestione.
La priorità fondamentale del documento riguarda il rilancio dell'economia piemontese. Il nuovo sviluppo deve puntare sull'innovazione e sulla ripresa occupazionale. Abbiamo piena coscienza delle difficoltà economiche, tuttavia il Piemonte resta una Regione guida nell'innovazione.
Il 33% degli investimenti italiani nella ricerca si realizzano nella nostra Regione, ove è installato il 50% dei robot esistenti sul territorio nazionale. Il Piemonte da un lato dimostra vitalità, dall'altro arretra gravemente. L'andamento dei reddito è negativo. Vi è una grave e preoccupante caduta degli indicatori sociali di benessere, specialmente nell'area torinese e in particolare nel capoluogo di Torino, oltre che in talune aree diffuse sul territorio.
Sul funzionamento dei servizi emergono dati talora allarmanti.
Soprattutto l'andamento occupazionale è negativo, quasi drammatico.
Occorre creare le condizioni per la ripresa con interventi sul piano tecnico, ma anche con interventi che diano fiducia alle popolazioni.
Occorre creare le condizioni tecniche e psicologiche perché in economia contano le attese, 1e aspettative. Se saremo capaci di creare queste attese e queste aspettative daremo un contributo importante alla ripresa del Piemonte. L'opzione fondamentale allora non può essere che l'opzione di un nuovo sviluppo in termini concreti, ma anche in termini culturali. Né uno sviluppo spontaneo, né una pianificazione rigida, ma la capacità di raccogliere le forze economiche e sociali intorno a grandi obiettivi. La ripresa del sistema economico e la sua sanità sono condizioni anche se non sufficienti, certamente necessarie della ripresa occupazionale.
Della gravità della questione occupazionale abbiamo piena consapevolezza e sappiamo che non potrà risolversi in tempi brevi. Il problema occupazionale non può essere affidato né all'andamento demografico (calo della popolazione attiva), né all'ufficializzazione di secondi lavori, di nuove professioni. E' necessario un forte impegno perché si creino rapidamente le condizioni di una ripresa occupazionale. Per questa ragione il documento sottolinea l'impegno a dare completa attuazione alla legislazione statale in tema di occupazione e affronta il problema della difesa della presenza pubblica in Piemonte. Non dimentichiamo che molta presenza pubblica si è allontanata dalla nostra Regione e dalla città capoluogo: sono tuttora aperti i problemi della RAI, quello della SIP e quello dei centri di ricerca che tendenzialmente fuggono dal Piemonte.
E' indispensabile un'azione di difesa del patrimonio piemontese ed è importante sperimentare nuove forme di intervento. L'agenzia del lavoro che dovrà essere avviata in base alla legislazione nazionale può costituire uno degli elementi portanti per realizzare una politica attiva nel settore del lavoro.
Al grande obiettivo della ripresa e dell'occupazione si raccordano le note relative alle attività economiche, all'industria, all'agricoltura all'artigianato, al terziario (commercio, servizi, turismo), che abbiamo delineato nel documento programmatico, e in parte anche quelle relative alle grandi aree di intervento, quali trasporti, territorio, ricerca formazione professionale. Le altre note delineate nel documento programmatico sono particolarmente indirizzate alla qualità della vita che è il secondo grande obiettivo che ci si propone. Il miglioramento dell'ambiente, il miglioramento dei servizi, sono elementi fondamentali per dare alla qualità della vita un tono forte, dopo che gli ultimi dieci anni lentamente ma inesorabilmente, nella qualità della vita, come nella situazione economica, hanno segnato punti di arretramento.
Il Gruppo D.C. si appresta a dare il proprio contributo a questo governo con determinazione con grande senso di responsabilità.
Si chiude per noi un lungo periodo di opposizione che abbiamo condotto con puntualità, con coerenza e che ha fatto emergere le contraddizioni di una formula di governo che non poteva conseguire una sintesi operativa adeguata. La nostra opposizione è stata anche la base del rinnovato consenso al nostro Partito, insieme alla riconfermata capacità propositiva della D.C. anche in questa situazione estremamente complessa e difficile.
Torniamo al ruolo di governo che ci è stato precluso negli ultimi dieci anni: nel 1975, ma ancora nel 1983, quando si pensava di aver cancellato ogni possibilità di partecipazione della D.C. al governo degli Enti Locali e delle grandi Regioni. Tornando al governo non guardiamo al passato, ma al futuro anche se uno sguardo al passato non può non renderci orgogliosi tanto più oggi quando molti giudizi semplicistici ed affrettati sono oggetto di profonda revisione. Guardiamo al futuro che è impegnativo ed estremamente complesso. Non siamo animati da trionfalismi, non ricerchiamo egemonie (che in passato sono state più celebrate che reali), ma siamo animati da volontà di collaborazione, convinti di poter dare un contributo importante al governo che si sta formando.
Riteniamo giusto ricordare che la nostra forza politica, oltre ad avere una base popolare, ha anche una cultura di governo e una classe dirigente capace di governare la trasformazione e il cambiamento. La nostra delegazione nell'ambito della Giunta, rappresentata dal Presidente e dagli Assessori, è qualificata ed è consapevole del difficile compito. Tutto il Gruppo D.C. è impegnato a lavorare in aula, nelle Commissioni, nella società anche, perché rappresenta una forza politica ben radicata nella comunità e fra la gente. Il nostro Gruppo sosterrà la Giunta, collaborerà con gli alleati di governo e avvierà un corretto confronto con le opposizioni.
Il ruolo dell'opposizione è fondamentale, cercheremo di mantenere con essa un rapporto corretto in quella distinzione dei ruoli che riteniamo essenziale, non essendo mai stati colti da tentazioni consociative.
Il nostro obiettivo, la nostra ambizione, è di lavorare con forza e con determinazione per invertire la rotta nel Piemonte, per favorirne una nuova crescita economica, ma anche civile, poiché noi crediamo che un sistema avanzato debba sapere distribuire la sua ricchezza in favore del cittadino.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ho letto con molta attenzione anche se devo dire non con uguale interesse, le linee politiche amministrative per la Regione Piemonte che i partiti del pentapartito hanno inviato a tutti i Gruppi. E la mia posizione oggi qui mi costringe ad una scelta: o leggere, annoiando credo la maggior parte, se non quasi tutti i presenti, questo documento chiosandolo con la matita blu e rossa come fanno gli insegnanti a scuola, oppure non parlarne affatto. Sceglierò, penso per la contentezza di tutti, la seconda posizione. Non ne parlerò perché è una lettera di intenti,e ha ragione il collega Brizio quando dice che loro faranno tutto bene - non sto qui a ripetere quello che lui ha appena detto adesso - perché gli inizi di una legislatura sono sempre segnati da buone intenzioni. Anzi, vorrei aggiungere che a volte sono stati segnati anche da speranze e dicendo questa parola mi riferisco a dieci anni fa, al 1975 quando sembrava che con il cambiamento, non dico nemmeno con le Giunte rosse, ma con quell'aria nuova di cambiamento che doveva arrivare con la caduta finalmente di tutto quello che aveva rappresentato il malgoverno degli anni precedenti, la parola speranza dovesse diventare una realtà concreta.
Tutto questo purtroppo - e dico purtroppo - non si è verificato e nell'arco di questi dieci anni la ruota si è di nuovo girata, si ha una nuova esperienza, che si può chiamare di pentapartito, ma può anche essere di centro-sinistra, possiamo chiamarla in mille modi.
Quindi, sono d'accordo con il collega Brizio quando enuncia le sue buone intenzioni. E' il suo dovere ed è giusto che lo faccia, anche se quando dice - ed è l'unica frase che mi sono annotato -: "in economia valgono le attese e le aspettative", io non concordo, perché in economia non valgono le attese e le aspettative, che valgono invece in politica: le attese e le aspettative che questa Giunta, questo governo, riuscirà a realizzare saranno valutate attentamente da una piccola forza quale io rappresento e saranno giudicate volta per volta. Non me la sento quindi di dare un voto o di esprimermi su un documento, e qui lo dico sperando che i redattori di questo documento non si offendano subito, che potrebbe fare la gioia di Fruttero-Lucentini, perché credo che raramente si possano concentrare in 49 pagine tante parole che appartengono ad un linguaggio chiamiamolo così, di "politichese", lontanissimo da quello che noi usiamo tutti i giorni. Ho dovuto rileggere certe frasi quattro o cinque volte perché non capivo cosa c'era scritto e immagino sia anche difficile riuscire a rinchiudere in 49 pagine un programma che non esiste, perch questo non è un programma: c'è tutto e non c'è nulla. Quindi, se una copia di questo programma riuscirà ad arrivare nelle mani di Fruttero-Lucentini forse riusciremo a leggere un articolo molto divertente dal punto di vista linguistico.
Detto questo, e ripetendo che non voglio intervenire sul contenuto anche perché come abbiamo detto in campagna elettorale noi non faremo parte di nessuna maggioranza, ma anche di nessuna opposizione, perché valuteremo singolarmente ogni azione che il governo farà, la nostra decisione è quella di non affrontare un giudizio su queste linee programmatiche.
Annuncio invece la mia decisione di non partecipare al voto avvalendomi dell'ultimo comma dell'art. 68.
Con questo faccio già la mia dichiarazione di voto, augurandomi che la facciano anche i miei colleghi in modo da non perdere lungo tempo per dire cose che si possono affermare molto brevemente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, fin dal primo dibattito svoltosi in quest'aula dopo i risultati elettorali del 12 maggio il Partito Repubblicano aveva dichiarato che escludeva la sua partecipazione a quelle Giunte che sorgessero senza adeguate piattaforme programmatiche.
Se è vero che già lo Statuto regionale del Piemonte obbliga i componenti dell'ipotetica maggioranza a presentare un documento con il quale si propongono al Consiglio le linee politiche ed amministrative, il documento che si presenta oggi, che trova il nostro consenso, assolve non soltanto quest'obbligo statutario, ma dà un autentico senso politico alla scelta di un'alleanza di governo che trova il suo cemento nella convinzione che in Piemonte occorra ricostruire una dinamica di sviluppo e di crescita qualitativa complessiva che sia in grado: di conciliare una politica di ristrutturazione industriale e di rilancio dell'apparato economico con l'esigenza di garantire nuove occasioni di lavoro soprattutto ai giovani di conciliare l'esigenza di stimolare e consolidare le realtà di crescita con la necessità di ridare una prospettiva alle attività tradizionali e alle zone che più manifestano pericolosi segni di involuzione e di degrado di rafforzare le ragioni della modernizzazione e della trasformazione. Certo, noi siamo consapevoli che le previsioni per il prossimo quinquennio sono piuttosto cariche di ombre e ciò per l'andamento economico nazionale (ancora ieri descritto al Parlamento dal Presidente del Consiglio), ma anche per un'intrinseca situazione piemontese: noi non sottovalutiamo il pericolo di un ulteriore aumento degli espulsi dal mondo del lavoro e di un recupero assai lento delle condizioni di lavoro per le nuove leve. Ecco perché questo documento che, pur nella sua consapevolezza della situazione cruda nella quale si colloca, lascia spazi all'ottimismo ha anche il valore di una sfida, quella che si sostanzia nella considerazione della capacità che ancora gli Enti locali, la Regione, le Province, i Comuni hanno di contribuire a risolvere i problemi della comunità piemontese.
Abbiamo detto "contribuire" perché senza nulla togliere al ruolo peculiare, sostanziale che l'Ente pubblico deve avere, esso è pur sempre un ruolo di comprimario e questo suo ruolo sarà efficace quanto più esso saprà esprimere scelte di così ampio raggio da poter coinvolgere tutte le forze attive della società piemontese. Compito dell'Ente pubblico è infatti quello di supportare i processi di sviluppo della società, cioè di creare le condizioni affinché le potenzialità esterne possano compiutamente esprimersi.
In questo contesto, il documento rileva altresì la consapevolezza della vocazione europea ed internazionale della nostra Regione e che compito della stessa sia la creazione di un sistema di politiche integrate per promuovere, coordinare ed ottimizzare l'immagine, l'offerta Piemonte, sul piano culturale, turistico, industriale.
Le politiche regionali, tuttavia, si concretizzano quando i metodi di governo e le modalità di funzionamento degli enti siano tali da saper assicurare la massima trasparenza dei processi decisionali.
E' la trasparenza la garanzia delle qualità morali di un governo e la trasparenza è la conseguenza anche di regole procedurali elementari sburocratizzate e snellite, con sistemi di controllo autentici ed efficaci e non soltanto burocratici, fonte il più delle volte delle lentezze della gestione regionale.
Molte volte nella scorsa legislatura da questi banchi abbiamo richiamato la maggioranza a rendere operante ed attivo il principio della collegialità dell'esecutivo: sappiamo che questo principio basilare dell'ordinamento amministrativo che riguarda tutta la pubblica amministrazione (esso è innanzitutto un principio giuridico, ma anche e soprattutto un principio morale) trova adesione generale in questo Consiglio.
Noi chiediamo al Consiglio di controllare in ogni momento non soltanto il rispetto di questo principio ma di segnare ogni qualvolta il mancato coordinamento, sia politico che amministrativo gestionale, tra i diversi comparti dell'amministrazione, fra i diversi apparati operativi, fra gli enti strumentali e gestionali, lasci anche soltanto intravedere l'impossibilità di garantire quella maggiore efficienza amministrativa e quella razionalità nell'azione amministrativa che proprio il principio della collegialità deve garantire. Se dunque i repubblicani hanno condiviso questo documento per la strategia che lo supporta e cioè un governo che si ponga come punto di riferimento, senza presunzioni di controllo generalizzato per i processi economici e sociali e se i repubblicani hanno condiviso questo documento per la chiarezza, per le indicazioni che pone e con le quali impegna coloro che l'hanno sottoscritto, sulla trasparenza e l'efficienza dell'azione amministrativa, sul rapporto tra organi politici ed apparati burocratici, sulla riqualificazione dell'attività amministrativa, i repubblicani condividono questo documento per la scelta che lo stesso illustra e fa propria della programmazione come metodo di governo della Regione.
Attuare un ordinamento regionale, in fatto di programmazione, significa soprattutto organizzare il concorso di più volontà politiche a più livelli e non già ripartire rigidamente e gerarchicamente tra di esse le materie da trattare. Se cioè i rapporti tra Stato e Regione, tra Regione e Provincia e Comune, nella politica di piano non hanno finora funzionato ottimamente o non hanno funzionato affatto, ciò non si è verificato per eccesso o per difetto di centralizzazione, ma per deficienza dovuta all'inadeguatezza delle connessioni effettivamente operanti nel sistema stesso. Connessioni che si sostanziano fondamentalmente in tre aspetti: in primo luogo nella volontà politica di adottare il metodo di governo della programmazione,cioè di definire precisi obiettivi di politica sociale ed economica, nonch idonei strumenti di intervento tra quelli previsti dalla legislazione vigente che sono modificabili e rinnovabili; in secondo luogo nella convinzione fatta propria da tutti i settori dell'ente che i bilanci costituiscono un indispensabile strumento di razionale impiego delle risorse; in terzo luogo nella capacità di recepire, ai vari livelli, le conseguenti innovazioni procedurali ed organizzative, tra cui l'introduzione di meccanismi di verifica dell'efficienza e dell'efficacia dell'attività amministrativa.
Su questi tre presupposti ricostruire il processo di programmazione regionale significa dare senso all'idea di programmazione in chiave veramente operativa e non in chiave puramente documentale. Processo che, se effettivamente realizzato nei termini temporali di legge può dare concretezza e penetrazione operativa alla programmazione, intesa non come messaggio di intenzioni, ma come insieme di progetti da realizzare verificandone continuamente lo stato di avanzamento, anche in sede di articolazioni territoriali.
Il documento che esamina in profondità questi presupposti prevede una revisione della legge sulle procedure della programmazione sia per ovviare all'eliminazione dei Comprensori, stabilendo un quadro di riferimento di delega alle Province, sia per rendere più agile e dunque efficace il processo di programmazione.
Non meno importante delle procedure sarà la quantificazione, la ripartizione e l'uso delle risorse disponibili nell'affermazione del nesso inscindibile tra questioni finanziarie e questioni programmatiche. Ci comporta la costituzione in seno all'ente degli strumenti che permettano la scelta dei programmi tramite l'analisi costi-benefici.
Questa analisi è sempre valida in assoluto, ma lo sarà soprattutto per i grandi progetti regionali, quelli delle cosiddette grandi aree di intervento, per i progetti FIO, dei quali tante volte abbiamo parlato in quest'aula; io a questo riguardo mi chiedo se non sia opportuno pensare fin da ora a strumenti tipo il Nucleo di valutazione degli investimenti o cose analoghe sulla base di quanto avveniva a livello nazionale. Dotarsi di strumenti di questo tipo non significa assolutamente mortificare la responsabilità politica, significa cioè porre i politici nelle condizioni di decidere su input reali e razionali e dunque la responsabilità politica anziché mortificarsi ne risulterebbe enfatizzata.
Infatti la fattibilità economica permetterà la riduzione delle soglie di spesa improduttiva a favore della spesa per investimenti secondo gli orientamenti del piano di sviluppo regionale.
Queste nostre esigenze di programmazione e di trasparenza non avranno senso però se, come ho già detto, esse non si fonderanno su dati di riferimento economico e finanziario reale. Ecco perché ritengo che il primo compito della futura Giunta sia quello di avviare un'analisi preliminare sullo stato finanziario dell'ente, sulla gestione del bilancio e sullo stato economico e finanziario degli enti che concorrono al bilancio consolidato della Regione. Soltanto partendo da questa chiarezza avranno senso le linee amministrative che si prevedono nel documento attraverso le cosiddette aree di intervento, che in questo documento sono presentate in sintesi, ma che rappresentano le linee guida di un successivo progetto organico, articolato, compiuto e raccordabile all'adempimento statutario del piano regionale di sviluppo.
Su questi temi il Partito Repubblicano solleciterà il confronto innanzitutto con le forze presenti in questo Consiglio nella convinzione che il rispetto della centralità dell'assemblea sia un altro dei presupposti del buon governo e in questo senso noi condividiamo l'editoriale sull'ultimo numero di "Notizie" del nuovo Presidente del Consiglio avv. Viglione, quando egli scrive del valore dell'assemblea quale sintesi democratica ed istituzionale delle aspettative della società piemontese, rimarcando con forza la centralità progettuale, cioè non soltanto luogo dove si definiscono gli indirizzi e si esercitano i controlli, ma questa centralità progettuale e legislativa dell'assemblea in quanto - scrive Viglione - "ogni sua parte politica assomma tutte le aspirazioni della nostra società".
Per noi è così come ha scritto il Presidente del Consiglio e così abbiamo sempre ritenuto quando negli scorsi anni abbiamo cercato di qualificare il ruolo dell'opposizione conducendo battaglie fondate su precise individuazioni programmatiche su specifiche contestazioni di merito ed anche su azioni politiche di fondo, alcune delle quali hanno riscosso anche dei successi, penso per esempio alla legge sulle nomine.
Avendo avuto questo comportamento noi crediamo oggi di poter chiedere questo stesso comportamento a quei Gruppi che siederanno all'opposizione perché se e in quanto il comportamento politico dell'opposizione lo consenta, non saremmo noi ad impedire le condizioni per sviluppare all'interno di questa assemblea un confronto politico costruttivo, in una logica di coerenza politica che noi abbiamo rispettato.
Certo starà all'opposizione scegliere tra un comportamento pregiudizialmente critico od un comportamento che oltre alle azioni di critica, di controllo sappia e voglia introdurre azioni di stimolo in quell'ambito "progettuale" di cui scrive Viglione.
Sulle proposte progettuali la nostra disponibilità è totale verso la maggior forza di opposizione e seconda forza in questo Consiglio anche per il rispetto della sua vasta rappresentanza, ma altresì verso quei nuovi Gruppi portatori di tematiche che hanno rappresentato da sempre oggetto di azioni politiche prioritarie del Partito Repubblicano.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, intervenendo in questo dibattito abbiamo soltanto una domanda di fondo da rivolgere alla maggioranza pentapartitica che si è andata concretando e che sta ora per esprimere il nuovo governo regionale: una domanda di fondo che ci viene suggerita da un passaggio dell'intervento del Capogruppo democristiano: posto che - oltre ai drammatici e pressanti temi dell'occupazione e del rilancio economico, della sanità e dell'urbanistica, dell'assistenza e del turismo, di cui si parla anche nel vacuo documento programmatico - il problema più incalzante ed insieme più delicato è quello di ricostruire davanti agli occhi dell'opinione pubblica e del cittadino una immagine generale ed affidabile della Regione - immagine adesso appannata e svilita anche in conseguenza dei noti fatti scandalosi del marzo 1983, da dieci anni di "amministrazioni rosse" - noi chiediamo quale credito di attesa, di speranza, di fiducia, possa e debba concedersi, per questa difficile opera di ricostruzione e di risanamento, alle forze politiche del pentapartito giunte a siglare un accordo dopo quasi tre mesi di furibonde polemiche interne. Avrebbe potuto essere una svolta davvero significativa, per il Piemonte e - osiamo dire - per l'Italia intera, quella che, dopo un decennio, rimandava il Partito Comunista all'opposizione, se soltanto i cinque partiti di maggioranza avessero avuto la prontezza, la capacità, la sensibilità, di interpretare correttamente l'aria nuova che qui si era cominciato a respirare con le votazioni del 12 maggio.
Come altrimenti siano invece andate le cose e come in sostanza sia stata compromessa sin dall'inizio la grande possibilità, che pur era a portata di mano, di fare politica in modo diverso, cioè al di fuori di una mera logica spartitori a del potere, purtroppo lo si è visto in questi 80 giorni, durante i quali siamo stati costretti ad assistere a vicende davvero umilianti.
Intanto, il compromesso - che di compromesso, a nostro avviso, occorre parlare, più che di organica alleanza - è stato raggiunto solo in virtù di intese di vertice sottoscritte a Roma dai proconsoli torinesi del pentapartito che hanno sfacciatamente scavalcato qualsiasi autonoma decisione degli Enti locali interessati: tant'è che, quando all'improvviso giunse in quest'aula, il 17 luglio, la notizia del raggiunto accordo, i primi a restarne sconcertati e sorpresi furono proprio i nostri colleghi della costituenda maggioranza, evidentemente tenuti all'oscuro di tutto...
Poi, su quali contenuti programmatici è stata costruita la coalizione se non sulla più selvaggia spartizione di posti e di poltrone? I giornali ne hanno addirittura pubblicato la mappa precisa: si va dal Comune, assegnato al PSI, alla Provincia (PLI), alla Regione (DC), per scendere alla lottizzazione partitica degli enti strumentali ad essi collegati, alle aziende municipalizzate, alle Unità socio-sanitarie locali, secondo un cinico dosaggio che è passato attraverso non soltanto ai cinque partiti, ma persino ai loro gruppi ed alle loro correnti interne.
Infine, quale affidabilità può offrire una formula, una maggioranza, un governo che, ancora ier l'altro, sembrava dover essere rimesso in discussione dai ripensamenti di una delle sue componenti, il PSDI? Già sarà arduo compattare insieme, per un'azione costruttiva ed incisiva, forze che (come i democristiani, i liberali, i repubblicani) sino ad ieri sedevano all'opposizione; e forze che (come i socialisti e i socialdemocratici) provengono da anni di discussa collaborazione con i comunisti.
Che avverrà domani, quando rivendicazioni, riserve, malumori anche personali oggi temporaneamente assopiti, torneranno a riaffiorare? Ed è dunque con una simile coalizione tanto precaria, esposta a tutti quei capricci di cui parlava il quotidiano torinese del 28 luglio, che si penserebbe di affrontare e di risolvere le molte emergenze del Piemonte? Ma se sono gli stessi artefici del pentapartito - oltretutto sempre più logorato a livello centrale, come dimostrano le dimissioni ora rientrate del Ministro del Tesoro e del Governatore della Banca d'Italia - ad esprimere dubbi ed a manifestare incognite! "Quel che è successo a Torino è molto istruttivo e non sarà senza conseguenze. Noi infatti abbiamo dovuto prendere atto che la DC ed il PSI avevano stabilito, come in tutta Italia una spartizione delle giunte e dei posti. In sede nazionale, dovremo soppesare con molta attenzione quel che sta capitando, secondo quanto insegna il caso di Torino". Questo pensiero non è nostro, ma appare in una dichiarazione rilasciata dall'on. La Malfa, Vicesegretario del PRI all'indomani stesso dell'intesa raggiunta.
Ma v'è dell'altro. "E' mancata e manca una vera volontà di fare del pentapartito una esperienza equilibrata ed efficace di governo che veda prevalere i temi programmatici rispetto alla tentazione di questa o di quella forza politica di considerare la coalizione a cinque come copertura per fare la parte del leone... Io sostengo, comunque, che con ben altro spirito e con ben altro impegno andavano affrontati i gravi problemi del Piemonte e di Torino". Anche queste, non sono parole nostre: anche il 26 luglio, le andava pronunciando il socialdemocratico on. Romita per ribadire le critiche del suo partito all'ipotesi di una giunta regionale composta da 11 anziché 12 Assessori...
E proprio ieri lo stesso Romita rincalzava la dose aggiungendo - lo pubblicano i giornali di questa mattina - che "non si capisce perché il PRI debba avere la vicepresidenza della Giunta regionale e del maxi assessorato, perché il PLI debba contare un assessorato come noi, quando ha già la Presidenza della Provincia. Non vedo perché il PSI debba fare la parte del leone in Comune, ma al di là dei numeri è lo spirito con cui si avviano queste maggioranze del tutto inadeguate rispetto alla necessaria capacità di collaborazione che il pentapartito dovrebbe avere". Questo lo ha detto l'on. Romita.
Ed allora riproponiamo il quesito: come non considerare la nuova maggioranza uno schieramento di intrinseca e pericolosa fragilità? L'indirizzo programmatico.
Noi non ci addentreremo nell'esame del documento presentato, avendo ben chiaro - e pensando che sia altrettanto scontato per tutti - che la vera discussione sul programma del governo pentapartito (perché ci permettiamo non considerare un programma quello che ci è stato sottoposto) del governo pentapartito dicevamo, potrà e dovrà svolgersi solo tra qualche tempo, in coincidenza con l'annunciata revisione del piano regionale di sviluppo, che per esempio rappresenta - e ne diamo volentieri atto - un impegno soddisfacente anche per la nostra parte politica.
A grandi linee comunque vogliamo per ora soltanto anticipare - come giudizio di sintesi - che l'indirizzo programmatico enunciato ci sembra attribuire grande rilievo alla realtà di Torino a scapito di altre problematiche periferiche, che ci appaiono invece troppo sottovalutate e dimensionate. Per cui, in questa fase, se non siamo tanto settari da respingerlo pregiudizialmente in toto, neppure ci sentiamo disposti ad accettarlo a scatola chiusa, rilevando che in questo documento vi sono affermazioni che possono essere condivise, altre invece che non sono accettabili ed altre ancora che meritano di venire sviluppate in modo più approfondito. Ma i programmi, lo si sa, sono scritti sulla carta: possono essere, e quasi sempre lo sono, teoricamente bellissimi. Poi, però, pu mancare la volontà e la capacità di attuarlo. O possono essere realizzati malissimo.
Noi vogliamo pronunciarci invece, sui fatti concreti: e, per questo attendiamo di vedere all'opera il nuovo esecutivo, ripromettendoci di valutarlo caso per caso, situazione per situazione, problema per problema e riservandoci di proporre, se e quando ciò sia necessario nostre proposte alternative. Se è vero che grande è la nostra soddisfazione nel salutare oggi la fine dell'esperienza storica rappresentata dalle giunte di sinistra, è altrettanto vero che, nei confronti del pentapartito, noi intendiamo collocarci su di una posizione che non sarà, rispetto al passato, di minor intransigente controllo o di meno pungolante stimolo.
Abbiamo detto, ed ora ribadiamo, che intendiamo soppesare questa formula questa maggioranza, questo governo, sulla base di dati certi.
Per il momento, e qui aggiungiamo la nostra dichiarazione di voto finale, il solo sicuro elemento di valutazione di cui disponiamo ci è stato offerto dal modo deludente e squallido con il quale il pentapartito è venuto alla luce.
Logico e coerente quindi il "no" motivato al Presidente ed alla Giunta proposti da parte del MSI, che avvia così la sua battaglia di opposizione costruttiva e non preconcetta - in questa quarta legislatura regionale, in rappresentanza della Destra piemontese, cioè di quel complesso di forze civili e sociali che sono state emarginate e soffocate da 40 anni di partitocrazia e che vedono ancora disattese le loro istanze di buon governo, di efficienza, di serietà amministrativa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, procediamo stamani ad un atto importante e significativo per il futuro delle nostre istituzioni e dell'intera comunità piemontese. Credo che dobbiamo avere piena consapevolezza e convinzione degli atti che andiamo a compiere. Abbiamo già avuto modo di dichiarare nei precedenti interventi avviati in Consiglio regionale la convinzione con la quale ci apprestiamo a dare il nostro contributo a questa maggioranza e a questo esecutivo; convinzione che nasce fondamentalmente dalle risultanze del dato elettorale e dalla loro lettura immediata, anche con riferimento alle situazioni che si erano venute delineando a livello nazionale.
Abbiamo avuto - in questo periodo - discussioni e confronti all'interno di questa maggioranza: il che dimostra che quando si tratta di vicende che attengono gli uomini e i loro rapporti con la società non valgono né gli automatismi, né le trasposizioni meccaniche. Si tratta invece di un processo che deve essere costruito. Abbiamo anche scontato, in questi 80 giorni, una sorta di accettazione fideistica e acritica di un modello di governo, ancorché questo fosse da noi condiviso e condivisibile. Per utilizzare un paragone con la realtà automobilistica ci siamo comportati come quei corridori che partono in prima fila e schiacciano al massimo l'acceleratore per tutta la corsa e a due giri dal termine rimangono a corto di benzina. Noi per fortuna abbiamo saputo utilizzare fino all'ultimo il carburante a nostra disposizione e siamo riusciti a tagliare il traguardo e quindi a realizzare anche in questa Regione una maggioranza pentapartitica ed un esecutivo di pentapartito. I problemi che abbiamo avuto di fronte in questo periodo sono stati superati, tanto che oggi siamo qui ad approvare un documento programmatico e ad eleggere una Giunta.
Problemi che attengono sostanzialmente agli aspetti programmatici e ad aspetti che riguardano la struttura, problemi che peraltro sono sempre esistiti e di cui credo non valga la pena neanche di fare gran novità.
Sempre quando si costituiscono delle maggioranze e degli esecutivi ci sono problemi che attengono ai problemi e alle strutture.
Non dobbiamo disconoscere che avviene un cambiamento rispetto ad un governo durato dieci anni, che ha conseguito anche notevoli risultati.
Occorre di questo avere consapevolezza ed essere forti, armati e preparati per rispondere alle sfide con altrettanta capacità, con altrettanta fantasia, con altrettanta tensione morale ed ideale.
I problemi su cui ci siamo fermati in questo periodo - dicevo attengono ai programmi. Condividiamo le linee che sono state illustrate dai precedenti interventi dei colleghi di maggioranza. Molti aspetti però sono stati rimandati al documento programmatico della Giunta e alle indicazioni del nuovo Piano di sviluppo.
Alcuni aspetti non sono stati ripresi in modo sufficiente ed adeguato nel documento di linee programmatiche illustrate dal Capogruppo della D.C.
Brizio; linee che vedono il nostro consenso nella misura in cui da parte degli altri rappresentanti del pentapartito vi è stata ampia e piena assicurazione che tali aspetti saranno riconsiderati nel momento in cui si elaborerà il programma di Giunta ed il Piano di sviluppo. Questa precisazione ci ha consentito di superare i problemi che fino a pochi giorni fa avevamo posto per la costituzione delle Giunte ai tre livelli Comune, Provincia e Regione.
Uno degli aspetti che a nostro avviso va ulteriormente approfondito e rimediato è quello che attiene al riequilibrio territoriale che era stato in questi dieci anni, in modo condiviso da tutti, uno dei punti di forza della politica regionale.
Siamo convinti che questo discorso serva anche ad un recupera della stessa Torino e della sua area metropolitana. Noi crediamo che i problemi di Torino e dell'area metropolitana, i problemi della diffusione dell'innovazione, si risolvano anche attraverso un discorso che attiene al riequilibrio territoriale.
Un altro elemento che è contenuto nel documento è quello che riguarda una organizzazione dell'apparato regionale più sensibile, per esempio, ai problemi delle deleghe. Noi crediamo che in questa direzione ci si debba muovere con grande lena e con grande decisione fin già dai prossimi mesi.
Vi sono delle leggi (ancorché rinviate dal Governo) che già danno questa indicazione di prospettiva. Ad esempio, nel settore dei trasporti, ma anche in quello dell'agricoltura, della formazione professionale dell'artigianato, c'è lo spazio perché le leggi di delega siano prontamente e rapidamente portate avanti, non intendendo la delega come mero trasferimento di poteri, ma come un discorso che, salvaguardando il potere di guida, di indirizzo, di coordinamento della Regione, veda la esaltazione e la innovazione degli Enti locali.
Andrà inoltre ripreso con rinnovata accentuazione il discorso che attiene alle politiche della innovazione, intendendo la innovazione non soltanto come mero aspetto di organizzazione aziendale o di riorganizzazione burocratica degli uffici, ma un discorso di innovazione che ha anche degli aspetti sociali e culturali. Credo che occorra cogliere appieno il significato della innovazione, non soltanto come mero aspetto di ammodernamento degli uffici e delle procedure, ma come un discorso che attiene al modo di essere e di comportarsi dei soggetti nella società.
Quindi è anche un discorso culturale.
Su questo un qualche sforzo si deve compiere ulteriormente tenendo presente il collegamento che vi è fra innovazione e occupazione (faccio sorridere alcuni colleghi, ho il massimo rispetto dei colleghi, per carità! ognuno può atteggiarsi come meglio ritiene).
In questa fase di debolezza del nostro apparato produttivo industriale anche il riferimento all'innovazione può creare un problema di occupazione.
Gli enti pubblici non debbono atteggiarsi solo a stanza di compensazione ma debbono porre in essere quelle politiche che rimuovono gli ostacoli perché la innovazione da elemento che nell'immediato può creare dei problemi di occupazione possa invece ricreare un tessuto produttivo più agile, più forte, più robusto e che quindi nel medio periodo riesca anche a diventare un fattore di nuova occupazione.
Vi sono poi altri aspetti che nel documento programmatico non sono stati ricompresi appunto perché si è dato ad esso un taglio che per grandi linee riassumeva problemi oggi sul tappeto e alcune risposte di prospettiva, di strategia. Abbiamo rinunciato a chiederne subito l'inserimento nel documento programmatico perché probabilmente la sede più opportuna è quella del documento di Giunta che, settore per settore individuerà i problemi e le prospettive. Non vi rinunciamo però perch riteniamo che abbiano un grande significato per ciò che attiene l'immagine del Piemonte che davvero diventa competitivo anche a livello europeo.
Voglio solo ricordarli per memoria a me stesso, ma anche perché rimangano agli atti come impegni sui quali riteniamo di confrontarci e sono: il proseguimento dell'iter perché il Piemonte presenti formalmente la propria candidatura per i giochi olimpici invernali del 1992 la verifica, se vi sono le volontà oltre che le disponibilità, perch Torino riprenda la tradizione dei Gran Premi di Formula 1, in attesa che venga risolto il problema ancora aperto in Piemonte di un eventuale impianto motoristico attrezzato il discorso della verifica e della fattibilità di un nuovo stadio in grado di ospitare i Mondiali di calcio del 1990.
Sono aspetti molto particolari, su cui avremo occasioni puntuali di riferimento, ma che mi piaceva richiamare, perché credo che debbano essere ricompresi in una politica che vuole davvero rinnovare fortemente l'immagine di un Piemonte che può diventare aggregatore e fissatore di flussi economici e turistici molto importanti.
Vi era anche un problema che atteneva alla struttura. E' un aspetto che nessuna forza politica ha mai trascurato perché nel momento in cui ognuno aderisce ad una formula e ad un programma, credo che voglia anche avere la possibilità e gli strumenti perché il programma sia realizzato e concretizzato dai suoi uomini. E' stato così in tutte le maggioranze e in tutte le Giunte.
Da questo punto di vista avevamo posto una questione di una nostra non adeguata presenza a questi livelli. Non abbiamo avuto risposte positive tuttavia alla fine abbiamo ritenuto che dovesse avere privilegio l'aspetto dell'accordo politico tra le forze che compongono il pentapartito, proprio noi che molte volte siamo tacciati di essere quelli che invece rincorrono il potere e i posti.
Da questa esperienza qualche lezione anche noi l'abbiamo imparata.
Abbiamo visto che anche molte altre forze politiche ufficialmente gridano il loro gran privilegio e priorità per i programmi e poi invece si acconciano anche loro a fare un discorso che attiene invece più ai posti e agli incarichi che non ai programmi. Talché mi parrebbe di dire riprendendo una frase di Tocqueville, che rispetto a un discorso programmatico ci si comporta come i cavalieri di ventura nei confronti dei signori al cui soldo combattevano: "Se ne portano le bandiere, ma in realtà si combatte per se stessi".
Noi, alla fine, abbiamo ritenuto che valesse di più un discorso di alleanza, di maggioranza pentapartito. Abbiamo anche avanzato alcune riserve e verificheremo nei mesi successivi se vi è una volontà comune di dare una risposta anche a questi aspetti e a questi problemi.
Con queste osservazioni, con questi elementi di contenuto programmatico, che speriamo siano maggiormente riconsiderati nel momento in cui la Giunta presenterà il proprio dettagliato programma e la proposta di Piano di sviluppo e con le indicazioni di contenuto politico, come ad esempio quella di rivedere alcune situazioni periferiche che avevano visto un atteggiamento discriminatorio nei nostri confronti, noi riteniamo di poter dare il nostro impegnato e leale sostegno a questa maggioranza e all'esecutivo che andremo ad eleggere, non senza rivolgere un ringraziamento a quanti con noi nei cinque anni precedenti hanno collaborato, al Presidente uscente, perché riteniamo che vi sia un patrimonio personale e politico che non disperderemo, che rimarrà nella nostra storia. In questi cinque anni abbiamo portato avanti alcune battaglie serie e rigorose e abbiamo conseguito alcuni risultati che, non per il fatto di cambiare maggioranza, riteniamo né da svilire, né da disperdere, ma che rimarranno - credo - nel patrimonio complessivo della nostra Regione.
Con queste indicazioni che valgono anche come dichiarazione di voto noi voteremo il documento e la Giunta che dovrà poi realizzare i programmi nei cinque anni prossimi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bosio.



BOSIO Marco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il giorno seguente la riunione ultima del Consiglio regionale, il quotidiano di informazione La Stampa l'ineffabile quotidiano d'informazione di Torino, titolava il raggiunto accordo del vertice romano del pentapartito per la normalizzazione e la spartizione degli Enti locali in questo modo: l'opposizione in Regione presa in contropiede.
Se ben ricordo, in quella seduta denunciammo con forza il carattere di espropriazione vera e propria delle trattative per la formazione delle maggioranze negli Enti locali ed il colpo duro inferto al sistema delle autonomie locali ed alla struttura della dialettica democratica delle forze politiche. Un colpo duro inferto dall'arroganza della Democrazia Cristiana nel rivendicare l'omogeneizzazione delle maggioranze al Governo centrale e dalla supina subalternità delle altre forze politiche, in particolare del Partito Socialista Italiano.
In quella sede, in quella riunione, oltre che comunicare agli increduli partner del pentapartito, ciò che, fuori da ogni loro capacità di intervento e di divinazione, era avvenuto, sottolineammo alcune nostre impressioni, valutazioni e dei nostri giudizi. Tra questi, il fatto che l'instaurarsi di una siffatta logica indicava l'esatto contrario di ciò che il pentapartito era andato sbandierando nelle settimane e nei mesi precedenti, e cioè che il pentapartito stesso nasceva, come dire, sotto tutela, sotto il vincolo della non reciproca fiducia e, dunque, non come scelta strategica, come disegno di un comunque rilevante respiro politico e ideale, ma al contrario come accordo spartitorio, per questo centralizzato come intesa di potere dove ognuno fosse per sé e Dio per tutti (in questo con un oggettivo privilegio per la D.C.).
Noi avevamo chiamato, tra l'altro, tutto questo un sistema delle diffidenze entro il quale poco o nulla doveva essere consentito al manifestarsi di una qualsiasi dialettica o problematica locale; tant'è che di vera e propria espropriazione dei gruppi dirigenti politici regionali si è trattato; di un loro vero e proprio declassamento al rango di opachi e mediocri esecutori di giochi, mediazioni, calcoli, presumibilmente grandi ma non c'è da crederci molto.
Per buona pace di tutti i colleghi del pentapartito, a suo tempo, ha chiarito i termini di questo stato di cose l'on. Bodrato nel momento in cui rilasciava una dichiarazione il cui senso era di fatto: ora che l'accordo è conseguito qui a Roma toccherà alle forze politiche locali, cioè a voi, se mi è consentito, risolvere le questioncelle; le marginalità.
Quanto ancora è avvenuto in questi giorni conferma fino in fondo per tutto le nostre valutazioni e il nostro giudizio.
Sia chiaro per tutti (per noi come per voi): quando noi comunisti denunciamo con forza, non solo il cedimento di forze come il PSI o il PRI alle logiche, ai ricatti democristiani, ma anche in particolare la perversa logica centralizzatrice che colpisce il sistema democratico delle autonomie locali, e non solo delle autonomie locali, non vogliamo fare della polemica astiosa, fondata su alcuni concetti, ma, vogliamo sollevare una questione politica di fondo e che riguarda prima di tutto le forze democratiche di sinistra e tutte le forze progressiste che sono o si credono tali. Infatti e lo abbiamo già sottolineato, se pure con il voto del 12 maggio si è espresso un giudizio critico verso i governi di sinistra, verso quella lunga esperienza e verso il nostro stesso partito, per una somma di ragioni e per una somma di difficoltà cresciute in questi anni dentro la crisi più generale del Paese che ha colpito più duramente le condizioni di vita, di lavoro delle grandi masse popolari, delle grandi forze popolari e democratiche del nostro Paese, sarebbe un errore fatale, nel quale noi non vogliamo cadere, pensare che nella nostra Regione, nel nostro Paese sia andata maturando una predominanza conservatrice, una diffusa coscienza e opzione moderata.
Matura, al contrario, e noi questo crediamo e ci sembra di scorgerne da molti segni i tratti evidenti, certo anche contraddittori, un tormento fermenti, volontà e domande di nuovi cambiamenti che si esprimono dentro il disagio, un disagio che nasce per una dura e potente e attrezzata offensiva delle forze conservatrici che fanno dell'acutezza della crisi, tra l'altro uno strumento di lotta; viene manifestandosi ancora una volta in termini nuovi e complessi un'aspirazione progressista, riformatrice cui noi comunisti per primi siamo tenuti a dare risposte più adeguate, qui in Piemonte e nel Paese, ma non solo noi.
In una siffatta realtà, così dura e aspra nel lungo scorrere della crisi economica del nostro Paese e nello scontro sociale e politico e nel misurarsi oggi dei caratteri e dei segni della prospettiva che diamo o vogliamo dare alla nostra Regione e al Paese e dell'immagine del progetto della futura società regionale e nazionale dentro i cambiamenti, le modificazioni profonde della società, dei comportamenti, della cultura degli strumenti e degli assetti produttivi, della redistribuzione della ricchezza, del potere, delle domande sociali, in una siffatta realtà dicevo - matura, acquista un valore decisivo per tutte le forze politiche e sociali di sinistra riformatrici e progressiste, comunque collocate riuscire a fare emergere, a riunificare e dare gambe nuove e respiro al sentimento, alla domanda, all'aspirazione rinnovatrice e riformatrice che permea ancora fortemente la società, i suoi soggetti, le sue articolazioni qui in Piemonte, come in tutto il Paese.
Appare chiaro che questo si rende rapidamente più possibile se si riesce a esprimere e a far esprimere il senso e il segno vero delle cose delle realtà, se si valorizza e si spinge in avanti il rapporto e il ruolo di rappresentanza più diretta e immediata dei fermenti e della vita della società; se si alza in poche parole il livello e il valore delle autonomie locali, il peso specifico delle forze sociali e delle stesse rappresentanze politiche e di partito più direttamente espressione della società stessa.
Per quanto noi riteniamo necessario, tra l'altro, battere un sistema di crescenti centralizzazioni che, in tutti i campi compresi i partiti risponde ad un bisogno di rafforzamento di linee conservatrici e può avere sbocchi anche rischiosi e rilanciare, invece, un nuovo e più fondato valore delle autonomie locali, del regionalismo, una rinnovata cultura della partecipazione, dell'allargamento della vita politica e istituzionale delle forme di democrazia.
Ora, ripeto, noi comunisti riteniamo che questo riguardi tutti i partiti democratici, in particolare quelli di sinistra e progressisti. E noi vogliamo fondare i nostri rapporti con tutte le altre forze democratiche su questa base che valorizza ogni specificità, ogni diversità e rende utile comunque ogni contrapposizione reale. E questo sulla base della chiarezza, della linearità, della concretezza, della trasparenza.
Questo vorrei dire alla collega repubblicana per poter mantenere e consolidare rapporti democratici reali in questo Consiglio.
Per queste ragioni, dunque, noi conduciamo con forza questa nostra polemica che, non vi sfugga, riguarda fino in fondo la battaglia e il confronto serrato per uno sviluppo positivo e ampio di un qualsiasi disegno riformatore. D'altra parte i compagni socialisti che da tempo menano fendenti per sfidarci sul terreno delle riforme, del riformismo, questa sfida la vogliono fare veramente? E se sì,come io credo, dove si gioca una sfida riformatrice, sul terreno della strategia conservatrice? Mi parrebbe assurdo e comunque perdente per tutti e questo credo sia il primo insegnamento dello stesso voto del 12 maggio. E questo credo che valga anche per altre forze politiche, Partito Repubblicano compreso, quale lezione e insegnamento dobbiamo trarre dalla esperienza di questi mesi qui in Piemonte? del predicare bene e razzolare male? del fate quel che dico ma non fate quel che faccio, di lontana memoria? In questi ultimi giorni pareva stesse intervenendo un elemento nuovo comunque significativo; da parte del PSDI regionale veniva dato uno scossone agli accordi e alle intese fatte sulla testa delle forze regionali. Ci era parso, al di là di un merito non facilmente decifrabile che comunque si riaprisse la strada di un tentativo di riappropriazione delle situazioni, delle rappresentanze, delle realtà articolate locali. Una strada di minima vivacità che fosse viziata da logica di puro potere? di piccolo cabotaggio spartitorio? Può essere, non lo sappiamo, non ci interessa molto; devo dire che l'intervento qui oggi del collega Mignone ha segnato invece alcuni approfondimenti e alcune esigenze che non hanno niente a che fare con questioni di potere o come suol dirsi clientelari.
Sia detto senza voler minimamente far le difese, che non ci interessano, di altri, ma anzi per sottolineare la gravità e la debolezza dei punti di partenza di questa coalizione di pentapartito, una cosa appare chiara fin dall'inizio, cioè che ben altre forze hanno aperto la caccia ai posti in questi due mesi. Infatti, di chi è stato il lungo braccio di ferro, non sui programmi, bensì sul Sindaco di Torino? Chi ha iniziato una partita di questo tipo, che ha condizionato e creato le premesse per svilire e svuotare il ruolo, l'autorevolezza della Regione ad esempio sottoponendola al nodo, requisito essenziale, della poltrona di Sindaco del Comune di Torino.
La seduta scorsa vi ponemmo un problema: perché non ci dite a che punto sta il programma, su quali temi state lavorando? Quali nodi, quali grandi o meno grandi scelte vi tormentano e vi scuotono rendendovi quasi insonni così pareva, e al tempo stesso elettrizzati, come la collega Vetrino che qui ci comunicava dell'intenso lavoro programmatico senza darci alcuna specificazione? Era in realtà una domanda retorica, noi sapevamo già il perché, anzi devo dire i due perché fondamentali: un perché stava nel fatto che fin dall'inizio voi avevate attribuito scarsa importanza al programma, eravate impegnati, come ha detto un compagno socialista, sulla trippa; al tempo stesso era pur vero che alcuni uomini meritevoli erano al lavoro per il programma.
Ma qui c'è il secondo perché: non si poteva parlare e dire alcunché del programma, essendo vincolata la soluzione regionale, e dunque anche quelle poche idee buttate giù, dall'incertezza dello scontro sulla carica di Sindaco di Torino.
Ecco dunque perché tutto questo è grave. Questa Regione, questa maggioranza, questa Giunta sono dipese, segnando un punto di degrado, dalla poltrona di Sindaco di Torino.
E questo spiega molte cose. Qui ora voglio solo dare conto del fatto che questa impennata quasi d'orgoglio del PSDI regionale ci aveva lasciato un minimo di speranza, per carità, non di ribaltamenti di alleanze, bensì di una ripresa di autonomia e dialettica ed autorevolezza reale da parte delle forze del pentapartito.
E' durata meno di 24 ore, va bene. Forse non era pensabile che durasse oltre. Però, ciò conferma per intero le nostre valutazioni; rende evidente la precarietà e la debolezza delle scelte insite nelle redini strette della centralizzazione spartitoria, l'assenza di un qualsiasi fiato strategico nel pentapartito nella Regione; la presenza, in questi giochi imperniati su poltrone e posti, di non dette, o meglio non scritte, intese e promesse reciproche, tutte rispettabili e al tempo stesso non rispettabili, in tutti i sensi.
Oggi, si forma la maggioranza e la Giunta di pentapartito in Regione.
Essa nasce debole e a nostro giudizio priva di reale autorevolezza sottoposta all'incertezza di una mal accorta ricomposizione dei contrasti tra i partiti.
Cito anch'io le dichiarazioni dell'on. Romita che già dice che si vedrà a settembre.
Il programma rivela fino in fondo questa debolezza, il carattere dell'intesa di pentapartito, un'intesa di diffidenza e di approssimazioni e grandi elusioni programmatiche.
E infatti il programma, se così si può chiamare, è veramente la prova concreta, non l'indizio, la prova evidente di quanto abbiamo detto e denunciato, come dire: più o meno presi sul fatto.
Vorrei qui richiamare due fatti, in sé diversi, ma significativi.
Anzitutto quello che nasce dal disegno realizzato di omologazione alla formula di governo centrale degli enti e delle autonomie locali.
In questa scelta, che noi abbiamo denunciato e non ci torno sopra, uno dei tanti elementi che concorrevano a determinarle, in particolare da parte dei compagni del PSI, pareva stare ed esserci anche l'esigenza di una difesa dell'attuale assetto del governo e della presidenza del Consiglio: una difesa sulla quale non c'è niente da dire, ovviamente.
Credo che in questi giorni abbiamo constatato, e stiamo constatando in queste ore, come mai il disegno potesse essere più velleitario e più sbagliato dopo quella normalizzazione, dopo quella omologazione imposta dalla DC che avrà pure consentito di guadagnare un certo numero di Sindaci ma che in termini politici ha segnato e segna un ritorno forte dell'egemonia, del dominio democristiano; ebbene, subito dopo quello, il Governo nazionale rientrava nella verifica, dentro la verifica e fuori dalla verifica in una crisi dura, aspra, aveva bisogno, per sopravvivere di una respirazione bocca a bocca. Ecco dunque come si rivelano non coniugabili termini che parevano invece essere estremamente coerenti.
Un'intesa spartitoria sugli Enti locali per sorreggere di fatto una coerenza ed una unitarietà a livello del Governo centrale.
Un secondo fatto che non c'entra con questo, direttamente: in questi giorni "La Stampa" sta scoprendo alcune cose del Piemonte e del suo governo di sinistra. Non fa riferimento alcuno al governo di sinistra della Regione Piemonte dei cinque e dei dieci anni passati. Ha pubblicato alcuni articoli: uno sulla carta dei rischi idrogeologici: Piemonte unica e prima Regione ad essersi dotata di uno strumento che ha richiesto un lavoro duro profondo, a differenza del Trentino dove si è consumata la tragedia della Val di Fiemme. E dovrebbe ben riguardare la qualità della vita e dell'ambiente, collega Brizio. E' qui in Piemonte peggiorata la qualità della vita e dell'ambiente? In Trentino si è spezzata per centinaia di persone la qualità dell'ambiente. Qui in Piemonte, certamente, per molti aspetti la qualità della vita è peggiorata: per i disoccupati, per i cassaintegrati, per i giovani che non trovano lavoro, per le donne e per gli anziani. Ma questo non riguarda la Regione e il governo della Regione: riguarda il governo centrale. Riguarda il governo nazionale del Paese, non la Regione Piemonte. E le responsabilità stanno lì, non nei compiti istituzionali, non nelle scelte, non negli interventi della Regione Piemonte.
Un secondo articolo di questa mattina "La mappa dei parchi" è una risposta indiretta che "La Stampa", non so come, ha trovato modo di dare in anticipo al collega Brizio. Devo dire che "La Stampa" non dice assolutamente chi li ha fatti e chi non li ha fatti questi parchi, se ne guarda ovviamente bene. Ma, meglio tardi che mai, comincia ad affiorare cosa ha significato in termini di governo reale la Giunta e la coalizione di sinistra democratica in questa Regione.
Richiamo questi due punti per sottolineare ancora, come, anche se noi comunisti per primi abbiamo preso atto del giudizio degli elettori e della necessità di cambiare, di rinnovare, di ricostruire una più alta capacità di governo, questo non voleva e non vuole dire cambiare con il pentapartito. Non era e non è il pentapartito ad avere vinto in Regione non era e non è la DC, non è il pentapartito oggi con le carte in regola non è il pentapartito in grado qui e neanche a Roma - a nostro giudizio di dare e darsi stabilità e visione strategica.
Il programma, o quanto meno una specie di deliberazione di intenti perché è difficile definire quel volumetto un programma, è un po' una fiera delle ovvietà e delle banalità per molti aspetti, oltre che una fiera di un linguaggio a volte incomprensibile. Ma da questo punto di vista credo sia una filosofia che comincia a permeare un po' molte forze del pentapartito.
Mi scusi il collega Brizio, ma nel suo stesso intervento ha trovato modo di dire che uno dei compiti e delle funzioni del pentapartito in Regione è di governare la trasformazione del cambiamento. 0 c'è un sottilissimo, nascosto ed astutissimo disegno per il quale io mi sento di dover preavvertire quanto meno le altre forze di sinistra che stanno oggi nell'alleanza di pentapartito, un disegno che lessicalmente starebbe ad indicare che la DC ha una forte volontà di trasformare in cambiamento e dunque di renderlo non cambiamento, renderlo stabilizzazione; oppure anche qui c'è un linguaggio che di fatto rende incomprensibili i caratteri, la natura delle scelte che si vogliono operare. E in effetti mi sembra che il punto veramente debole, in termini di struttura, di quel documento di intenti stia nel fatto che non si capisce quali scelte si vogliano compiere. Noi ci rendiamo conto che ci sono delle difficoltà reali tra le forze del pentapartito a mettersi d'accordo sulle scelte vere.
Siamo contenti che ogni volta che si affronta qualche cosa si deve fare per forza e di forza richiamo all'esperienza, ai programmi, alle cose fatte in questi dieci anni dalle Giunte di sinistra. Tutto deve essere ricondotto lì. Tutto deve essere traguardato da lì, poi ci sono i distinguo, le differenze e il sottile scontro ideologico. La DC che cerca, come dire, di inserire una sua egemonia ideologica introducendo un po' a man bassa la parola "privato" in tutta una serie di settori, bilanciando e contemperando, nell'un caso o nell'altro affermazioni per cui se da un lato si dice che si vuole fare una cosa immediatamente si aggiunge però "con cautela", e se si dice che non se ne vuole fare un'altra, si dice: "con continuità". Devono essere equilibri difficilissimi e da questo punto di vista credo dovrete fare molti esercizi per reggerli.
Devo confessare inoltre che almeno personalmente ho avuto anche delle vere e proprie difficoltà a capire in quali direzioni alcune questioni venissero affrontate e volessero andare: un po' l'insostenibile leggerezza del non essere da questo punto di vista.
Ma a parte tutto questo, ci sono alcuni punti che noi giudichiamo e consideriamo in realtà veramente gravi, di impostazione. Anzitutto, il programma è identico, almeno quello del Comune e della Regione sono identici, non conosco quello della Provincia, ma ritengo che gli estensori del programma regionale siano gli stessi di quello comunale, ci sono proprio, per forza, alcune lievi differenze. E' una questione di coerenza: no! Io non credo proprio. Non è una questione di coerenza. E' una questione rivelatrice di qualcosa di diverso e di grave. Anzitutto rivela proprio quello che abbiamo fin dall'inizio denunciato: la marginalità del valore del programma agli occhi delle forze di pentapartito nel momento in cui si accinsero a costruire questa maggioranza e questo governo, quasi un fastidio d'obbligo demandato ad alcune persone di buona volontà . Ma rivela anche qualcos'altro: mi sia consentito, e qui qualcuno anche della maggioranza come il collega Mignone ha colto uno dei temi, uno dei problemi sui quali ci si misurerà. Non so se è volontario o involontario, una specie di sorta di Torinocentrismo. Tutto il documento, tra l'altro, è permeato da questo dato: Regione, Provincia, Comune, ma intendo proprio la Regione, non come entità compiuta, complessa, geografica; istituzionale, no, la sede, La Regione, il potere qui e basta.
Traspare dal programma una visione veramente monocroma non del Piemonte, solo di Torino, e di ordine burocratico e politico. Questo rivela ancora di più il vero, reale carattere di dipendenza della Regione, non dal Comune di Torino, ma dai fragili accordi sulla poltrona di Sindaco, e dai fragili accordi che sono serviti per riuscire a sbloccare quella situazione che stava incancrenendosi. E questo espone la Regione ad un forte e serio rischio e pericolo di caduta di autorevolezza. Lo ha richiamato il collega Mignone: è sparita per intero la frase: riequilibrio territoriale. Non è un caso. Non è neanche una pensata geniale e strategica di qualche forza conservatrice e moderata, no; è il frutto di un'organica e miope visione che tende ad escludere la Regione come complesso di entità, che tende ad escluderla fino in fondo ma che vede proprio la Regione, la Provincia, il Comune come assi di una logica, di una strategia, di potere politico e non solo politico.
C'è - se mi consentite - un'altra questione che consideriamo grave e lesiva: lesiva dello Stato, della sua struttura, del suo ordinamento democratico. E' quella che va sotto il titolo al capitolo 1, punto 2: "Un'alleanza politica per un sistema di governo coordinato", l'intero capitolo dà conto di una cosa veramente, a nostro giudizio, grave. Si intende parlare, si intende discutere, si intende governare solo con le forze e le realtà omogenee ed organiche a se stesse. Questa è una visione aberrante. Questo è quello che traspare da quel capitolo. Se poi l'avete scritto male, consentite, correggete. Ma questo è quello che traspare per intero: una visione aberrante pericolosamente drammatica per la democrazia per la struttura democratica di questo Paese e delle sue istituzioni.
Il documento rivela che chi lo ha steso, sicuramente persone degnissime, è però abbastanza estraneo alla conoscenza reale di molti ruoli, compiti, di molte funzioni, e pure alla conoscenza reale di ciò che è stato fatto in materia di legislazione regionale. Ci sono una serie di richiami dietro i quali si sente la non conoscenza reale dei riferimenti esistenti o non esistenti. Nel merito politico più specifico o più generico ho detto prima che appare da tutto il documento una specie di conflitto di tipo ideologico. Per questo ci sono affermazioni e poi successivamente il loro svuotamento. Ho detto: "la DC cerca lentamente di affermare una specie di egemonia ideologica introducendo ed inserendo forme lessicali di un certo tipo"; ma tutto questo dà proprio conto di come non ci si sia misurati sulle scelte, sulle cose e si sia rimasti ad una superficie che rivela l'ordine delle debolezze, della frammentarietà delle intese l'ordine della necessità di non affrontare una serie di questioni per non creare più alti e più numerosi turbamenti e pericoli ad una maggioranza instabile, incerta, non interamente definita.
Non voglio richiamare ovviamente tutte le prime osservazioni al documento di intenti programmatici. Mi sia consentito affrontarne alcuni quelli che consideriamo i più importanti o almeno tra i più importanti.
Uno dei punti più essenziali è quello della crisi economica e sociale così acuta, così aggravata in questi mesi in Piemonte in particolare.
Il documento ci pare debole e per molti aspetti inerte. Ha una vaga percezione della gravità della crisi sociale; non fa riscontro, né un impianto, una struttura generale adeguata, né l'individuazione reale di obiettivi e di strumenti capaci di supportarlo.
Tutti i punti del documento programmatico sulle questioni dell'economia, dello sviluppo, del lavoro, appaiono fortemente disarticolati. E' assente cioè un qualsiasi tessuto connettivo, una qualsiasi idea-forza che conferisca o riesca a conferire davvero ai temi del lavoro lo spessore e la centralità che si proclama di volergli assegnare. E badate bene: siete agli inizi, è dunque agli inizi che ci sono le grandi alzate, i grandi colpi d'ala, come si dice, qui niente, siamo a terra, Pazzaglia direbbe: "sotto". Nello specifico, tutta la parte sull'economia e sul lavoro è carente per quanto riguarda gli indirizzi di politica industriale, in particolare in rapporto agli orientamenti del governo e non viene minimamente posta o riproposta una questione di riesame di rivendicazione, noi sosteniamo - di nuovi e più ampi poteri della Regione in materia.
Manca l'individuazione di strumenti innovativi. Mancano l'indicazione delle iniziative atte a favorire l'incontro tra la domanda e l'offerta, di linee-guida che raccordino gli indirizzi programmatici di primo piano, come ad esempio la programmazione dell'uso del territorio, la difesa dell'ambiente, la valorizzazione delle risorse naturali, accomunandole alla creazione di lavoro nuovo sia in forme dirette, sia in forma cooperativa sia attraverso l'indotto.
Per quanto riguarda la gestione della crisi e delle ristrutturazioni aziendali e le aree critiche della cassa integrazione speciale, mentre si afferma che nessuno strumento ordinario di politica del lavoro appare sufficiente a fluidificarle, non si propone alcuno strumento valido alternativo da sostenere nel rapporto con il Governo (eppure su questi temi è nato un dibattito nazionale che interessa direttamente e vivamente il Piemonte) mentre sembrano volersi accantonare persino l'idea di misure straordinarie e temporanee essenziali quali quella del prepensionamento che comunque a tutt'oggi è l'unica proposta concreta che può essere buttata sul terreno di immediata realizzazione.
Sull'agricoltura noi abbiamo notato che assieme alle poche righe che accompagnano questo settore fondamentale per il Piemonte e non solo per il Piemonte, l'impostazione appare più limitata e comunque più arretrata di quanto non sia ad esempio emerso dallo stesso convegno di Acqui promosso dall'ESAP.
Intendiamoci, non faccio riferimento alla cooperazione ed alle cose che su questo tema, in questo Consiglio, hanno diviso le varie forze politiche.
Faccio riferimento alla politica di sostegno alle imprese agricole che nel documento viene ricondotta in termini di formulazione ad una pura e semplice politica di assistenza, perché così è definita, dimenticando o trascurando i terreni nuovi su cui devono misurarsi le imprese che sono quelli della ricerca collegata all'assistenza nel quadro di una politica di servizi e dello sviluppo di servizi per lo sviluppo dell'agricoltura.
Così pure nel settore dell'energia ci sono lacune pesanti. La più grossa e rilevante - rimediabile, credo - è quella che riguarda il fatto che viene trascurato l'idroelettrico sul quale, nella passata legislatura si è impegnata l'ENEL ad attivare finanziamenti pari al costo dell'impianto nucleare che dovrebbe essere realizzato: non c'è assolutamente niente.
Ecco dunque le prime osservazioni ad un documento nel complesso debole perfino estraneo a volte alla stessa realtà regionale, segno di una debolezza politica profonda delle intese tra i partiti che oggi danno un governo alla Regione, forte nei numeri, incerto nella sostanza, fragile e diviso nelle volontà politiche.
Comunque noi saremo impegnati non per evitare il peggio o per eventualmente lasciare andare avanti il peggio, ma per riaprire nel merito dei problemi dei rapporti politici la via dell'alternativa democratica, la via dei governi di progresso in Regione, nei Comuni e certamente nel Paese stesso.
Il collega Brizio, mi scusi se lo cito così tante volte, ha detto che guarda al futuro, certamente; ma mi sembra che voi guardiate al futuro e vediate il passato ed è in effetti con quello che dovrete fare per intero i conti.
Il passato di questi dieci anni che già da oggi, da questa prima seduta, dal documento stesso, se vi siete accorti, non è superabile, non è eludibile non solo come passato politico, ma come passato di governo, di scelte ed allora i conti li faremo sul serio: noi guardando veramente al futuro sulla base dell'esperienza che abbiamo realizzato e voi guardando al futuro, ma vedendo il passato e con quello dovendone fare i conti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, intervenendo per la prima volta in questa onorevole assemblea, nella doppia veste di Consigliere regionale e di Presidente del Gruppo socialista, desidero ringraziare i miei compagni di partito, che a questo incarico mi hanno designato e che spero di poter assolvere nel migliore dei modi, come l'amico Moretti che mi ha preceduto.
Con molto piacere saluto tutti i colleghi e assicuro l'impegno del Gruppo socialista nell'attività della Regione, nel lavoro del Consiglio della Giunta e della Maggioranza di Pentapartito.
Prendo spunto da questa prima occasione per esprimere, a nome del Gruppo socialista, il ringraziamento ai cittadini ed agli elettori del Piemonte nel momento in cui si sta formando la Giunta regionale, alla quale come partito intendiamo dare un contributo significativo ed essenziale; un ringraziamento per l'occasione che ci è stata data di portare il nostro contributo in questa onorevole assemblea.
Desidero altresì ringraziare i socialisti che in questi anni hanno rappresentato al più alto livello la Regione Piemonte con responsabilità di primo piano, ricordando il Presidente Viglione e tutti gli amici e compagni Assessori che con lui hanno lavorato e di rivolgere insieme l'augurio al nuovo Presidente ed alla nuova Giunta e in particolare agli Assessori socialisti che si accingono a iniziare l'impegno di guidare la Regione Piemonte.
Siamo alla conclusione di un iter che ha avuto tempi più lunghi del previsto, tra alti e bassi, come d'altro canto si configurano sempre le trattative, senza gridare allo scandalo se gli accordi hanno potuto trovare la loro soluzione anche in sedi più ampie.
E' un fatto del tutto normale, che non mi pare vada ad inficiare il ruolo delle autonomie locali, verso le quali rinnoviamo l'impegno a difenderle, perché non siano espropriate dalle loro funzioni.
In conseguenza delle elezioni la situazione precedente si è modificata.
Sarebbe interessante poter comprendere perché ci siano stati tempi più lunghi del previsto in Piemonte e nelle province come per esempio ad Alessandria, e a Milano-Bologna-Roma; bisognerebbe analizzare la ragione per cui dalle elezioni del 12 maggio è emerso un cambiamento che indica una situazione di transizione nel quadro politico generale.
Qualche perplessità al riguardo l'abbiamo anche noi socialisti, in ordine al rischio che nel nostro Paese vi sia la tentazione a fare le cose per colpi e contraccolpi.
Da una situazione caratterizzata dalla diffusa presenza delle Giunte di sinistra, si è passati ad una situazione caratterizzata dalla diffusione di Giunte di formula diversa.
Noi socialisti tendiamo alla realizzazione di una gradualità e una continuità necessarie a rispondere alle domande ed alle attese della gente del nostro Paese. Questo è l'impegno che come partito e Gruppo socialista intendiamo assumere.
Purtroppo il Gruppo socialista è rappresentato da 8 Consiglieri, e non da 28, altrimenti l'andamento e la continuità delle situazioni sarebbero meglio determinate. Mi si consenta questa battuta di spirito. Le modifiche verso il rinnovamento sarebbero meglio caratterizzate dalla consistente presenza della continuità socialista.
Questi mi sembrano gli orientamenti che emergono dalla consultazione elettorale del 12 maggio. Non sempre le formule e in modo particolare la formula delle Giunte di sinistra, si sono dimostrate capaci di rappresentare e rispondere alla domanda di rinnovamento che viene dalla società.
La nostra società è cresciuta culturalmente e presenta visioni ed idee diverse dal passato; tuttavia una certa rischiosità ancora presente nell'elettorato rende difficoltoso quel processo di rinnovamento al quale il PSI lavora per dare risposte avanzate. Il PSI, dando il suo apporto alla Giunta regionale, ritiene necessario rivedere e consolidare gli indirizzi e le formule politiche al fine di consentire lo sviluppo in una prospettiva articolata e democratica.
Si è detto che le formule delle Giunte di sinistra si sono esaurite ma che neppure la formula del pentapartito può rispondere alle aspettative della società. Noi riteniamo, senza inventare feticci o tabù, che la formula che è stata ideata possa dare delle risposte concrete pur attraverso le difficoltà insite ed i momenti di contrasto.
Il programma che la Giunta di pentapartito ha presentato viene spesso interpretato come una specie di lettura di intenti, generico e di non semplice comprensione. Questa constatazione mi sorprende. Io non ho partecipato alla stesura del programma, tuttavia, avendolo letto con spirito obiettivo, ho rilevato in esso aspetti sui quali formulo un giudizio positivo. E' un programma estremamente serio, di ampio respiro e concreta realizzazione, forse ancora caratterizzato da una linea Torinocentrica, ma che comunque presenta delle maglie attraverso le quali tale predominio viene ad appannarsi sempre di più, mentre nel contempo emerge il ruolo delle province e del decentramento, e di conseguenza un ruolo più ampio per la stessa Regione.
Questa è la concezione portata avanti da noi, del Piemonte meridionale portatore non solo di una posizione geografica differente rispetto al settentrione del Piemonte ma anche di una cultura che punta più ad allargare le opinioni e le visioni che hanno sempre influenzato quelle scelte monoculturali finora espresse, di tipo sabaudo prima Torinocentriche poi.
Il discorso che faccio - mi sia consentito, anche da parte dei compagni del Gruppo socialista - e dalla visione d'angolo della provincia da cui provengo affinché i problemi e le questioni inerenti entrino a vele spiegate nelle logiche accolte dal programma per poter offrire delle risposte anche dal punto di vista del riequilibrio.
Non è immaginabile il rilancio del Piemonte prescindendo dai collegamenti che la nostra Regione deve avere con la Liguria e i suoi porti, da una parte, e con la Lombardia dall'altra, se davvero si vuol dare, una risposta al suo ruolo naturale di Regione europea.
Ciascuno di noi può mettersi a fare dei sofismi e dei bizantinismi,ma in realtà è necessario stare il più possibile coi piedi per terra.
Questa mi pare la caratteristica del documento programmatico. Esso infatti coglie questi aspetti che ho indicato, toccando i problemi del superamento della crisi e del rilancio, e rivolgendosi ad energie vive e vitali, alla parte più avanzata della società, quella che lavora e produce.
Mi pare infatti che sia venuto il momento di realizzare nuovi rapporti tra la Regione e gli Enti locali, dalle Province ai Comuni, ai consorzi.
Io, assieme ad altri colleghi, vengo da un'area della Regione considerata periferica rispetto a Torino: ma io vorrei che si cominciasse a ritenere concluso il momento della cosiddetta periferia, dove esistono tante energie vitali che attendono delle risposte concrete, al fine di operare in un quadro unitario organico di programmazione e di rilancio attraverso il sistema delle deleghe.
Certo la delega porterà all'insorgere di molti problemi, e in particolare il fare funzionare questo nostro sistema democratico al meglio (il nostro sistema democratico) per consentire davvero la realizzazione di quella Repubblica fondata sulle autonomie, di cui la Regione è struttura centrale e portante.
Vari sono i problemi da risolvere: dalle comunicazioni ai trasporti all'informazione, all'agenzia del lavoro.
Il Piemonte, che è una delle Regioni più avanzate dal lato della tecnologia e dell'informatica, può offrire molteplici prodotti, sotto l'aspetto culturale, commerciale e artigianale. Di conseguenza un'attenzione nuova va rivolta ai problemi della scuola e della formazione professionale.
Il rilancio del Piemonte passa attraverso la realizzazione di nuovi equilibri che, da Torino, si sviluppino sull'asse orientale, a sud verso Alessandria e in direzione di Genova e dei porti liguri, e a nord verso Novara e in direzione di Milano.
Il gruppo socialista porrà con forza il problema dell'alessandrino inteso come polo intermedio culturale ed economico del Piemonte con Liguria, Lombardia ed Emilia Romagna.
Lo sviluppo del Piemonte deve passare a sud dalle province di Alessandria, Asti e Cuneo, a nord dalle province di Vercelli, Novara e Torino.
Cerniera di tutto questo sviluppo equilibrato ed indispensabile supporto culturale si pone in tal senso la costituenda seconda Università del Piemonte, articolata tra Alessandria, Vercelli e Novara.
E' infatti assurdo, alle soglie del duemila, che il Piemonte, che ha fatto la storia d'Italia, abbia soltanto una unica Università che sta scoppiando.
Per concludere, signor Presidente, questa che ho illustrato è la posizione del PSI..
Una posizione che corrisponde ad una strategia priva di cedimenti, per rispondere al compagno Bosio, bensì una strategia che vorremmo diventasse patrimonio delle forze più vive e progressiste.
Quando si modifica un quadro politico bisogna comprenderne le ragioni e definire posizioni ed obiettivi.
Troppo frettolosamente si critica il PSI, accusandolo di cedimenti; ma in realtà il Governo presieduto da Craxi sta operando bene perché sta lavorando su un programma che alla prova dei fatti ha dimostrato la sua validità.
Invito quindi i compagni comunisti a riflettere per vedere, se alla soglia del duemila, non si debbano finalmente realizzare alcune proposte politiche, al di fuori di quella visione "chiesastica" e fideistica troppo spesso presente nel nostro Paese e nelle forze politiche, alla quale il PCI resta ancora troppo ancorato.
Valutiamo con più obiettività le cose, prima di accusare il primo partito della classe lavoratrice, cioè il PSI, di "sposare una strategia conservatrice" come sostengono i comunisti con un linguaggio da anni '50.
Tutto ciò mi sembra assai ridicolo.
Per concludere, mi sembra doveroso sottolineare il significato del documento programmatico che ci è stato presentato, il quale contiene elementi che possono fornire un aiuto concreto alla gente che lavora, ai disoccupati, agli anziani e a risolvere i problemi della gente che domanda soltanto di poter riprendere il cammino intrapreso.
Questo quadro politico, a mio parere, dà fiducia, ha chiarezza trasparenza e rigore, assicura l'esistenza di un buon governo.
Il Gruppo socialista darà tutto il suo appoggio e si impegnerà ad ogni livello, di Giunta, di Commissioni e di Consiglio perché le proposte presentate, sia dalla Giunta che dal documento, corrispondano a quella domanda di rinnovamento che deriva dal voto che ha coniato la forza ed il ruolo del PSI.
Per tale motivo, il PSI si sente impegnato a dare il suo contributo per realizzare nuovi traguardi di sviluppo e di rilancio della comunità piemontese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Spero di fare un discorso più breve di quello di coloro che mi hanno preceduto. Comincerò col dire che mi dispiace di non aver seguito l'esempio del collega Angelo Pezzana. Io, purtroppo, il documento l'ho letto e sottolineato, me ne rammarico, lui è molto più intelligente di me. Voglio inoltre anch'io richiamare quanto ha detto il Consigliere Bosio sulla necessità della presenza in quest'aula del simpaticissimo Pazzaglia che meglio di lui e meglio di me, avrebbe potuto parlare del livello qui ...



NERVIANI Enrico

Aspettiamo te che lo elevi.



ALA Nemesio

No, parlo del livello del documento programmatico, della sua genericità, del suo linguaggio. Per esempio, l'aver letto per ben cinque volte l'espressione: "nell'ottica", mi ha fatto venire in mente Enzo Jannacci e la sua canzone: "quelli che...". Poiché erano parti politiche a me vicine quelle cui, anni fa, si rimprovera il loro linguaggio "gergale" "politichese" o "sinistrese", inventato tra gli altri dal movimento studentesco, sotto certi aspetti non potrei non essere contento di ritrovare ora espressioni coniate da quel movimento nel documento programmatico della Regione. Se non altro, ci sono dei travasi di gergo e di linguaggio.



LOMBARDI Emilio

Eleva il livello.



ALA Nemesio

Io non sono capace di elevare il livello, posso soltanto dire che visto che qui nessuno o quasi nessuno si sente di essere conservatore, il mio Gruppo accetta di essere conservatore almeno sull'ambiente.
Alcuni punti poi (non contenuti nel documento, ma echeggiati per esempio dal Consigliere Mignone) - Gran Premi di Formula 1 ed impianti motoristici attrezzati - ci sembra vadano in tutt'altra direzione, rispetto alla tutela dell'ambiente non erano presenti nel documento e qualora vi venissero inseriti, non farebbero che peggiorarlo.
Non condivido quanto ha detto il collega Bosio e alcuni altri sul ruolo de "La Stampa" di Torino e della stampa in generale. Ho letto, ieri sera 20 giorni di cronaca cittadina de "La Stampa" e ne ho avuto un effetto molto bello. Veniva fuori con tutta evidenza la trattativa che si svolgeva trattativa tutta incentrata sui posti, sulle spartizioni, così come ha già detto il collega Carazzoni e come altri dicono in altre Regioni e in altre assemblee.
Sono andato con il ricordo ai vecchi libri di scuola, al "Principe" di Macchiavelli. Dagli articoli de "La Stampa" non veniva certo fuori un "principe", ma si delineava ugualmente un trattato per il politico di oggi giovane o vecchio, per il nuovo Assessore e su come si possa conquistare per virtù propria o altrui, l'Assessorato o qualsiasi altro posto. Rispetto a "La Stampa" di Torino, con cui i "Verdi" hanno avuto più volte dei contrasti, occorre in questo caso ammettere che ha fornito una corretta informazione. L'unica curiosità che mi è rimasta insoddisfatta, e spero che qualche Consigliere possa darmi lumi in proposito, è l'affermazione sibillina de "La Stampa" di ieri: "Il PSDI ha ottenuto altre soddisfazioni". Sono in attesa di sapere quali siano queste altre soddisfazioni che hanno permesso di far rientrare la richiesta dei Consiglieri comunali del PSDI.
E vengo al documento in discussione. Tanto il documento, quanto la collega Bianca Vetrino hanno parlato della legge sulle nomine, di rispetto di trasparenza. Allora mi chiedo, può questo avere qualche riferimento con quanto ho letto sul giornale, visto che sarebbero già state ipotecate le nomine negli enti strumentali, nelle Unità socio-sanitarie locali addirittura le nomine che scadranno tra un anno, un anno e mezzo? Come pu questo ricollegarsi al rispetto della legge sulle nomine? Ci siamo totalmente dimenticati di uno degli avvenimenti cruciali della politica piemontese degli ultimi anni, lo scandalo delle tangenti, e della necessità, più volte riaffermata da tutti i partiti nella campagna elettorale, di un nuovo modo di governare e di trasparenza. Tutto questo viene anche ribadito nel documento ma mi pare venga profondamente contraddetto nei fatti e nel modo con cui si è giunti alla formazione della nuova Giunta regionale.
Permettetemi di riferirmi, ancora una volta, alla centrale nucleare per dire al collega Rossa che tra i "prodotti tipici" della Regione vi sarà tra poco anche una grande centrale nucleare. Probabilmente scomparirà il riso, però il numero dei prodotti tipici rimarrà uguale. Il documento, in merito alla centrale nucleare, è estremamente labile, ne riafferma la costruzione, ma non fa riferimento al parere delle popolazioni locali, ai problemi che stanno emergendo e più volte richiamati. Pare appunto che tutto proceda per il meglio.
Richiamo essenzialmente due punti: il primo è il riequilibrio territoriale. E' già stato detto che il documento pecca di una dimensione Torinocentrica, che l'unico riferimento alla periferia e alla provincia è là dove si parla dell'ambiente, dove si dice con chiarezza che le fabbriche inquinanti verranno trasferite fuori dall'area metropolitana. I cittadini delle zone periferiche e delle altre minuscole province sappiano che la principale novità che gli viene quindi offerta è l'inquinamento industriale. Sono in ogni caso opportunità d'occupazione, insieme alle fabbriche inquinanti si sposteranno infatti anche i lavoratori e magari sorgeranno nuovi posti di lavoro.
Nel documento manca, inoltre, qualsiasi riferimento alle altre Regioni italiane. Si parla di proiezione sull'Europa, di vocazione del Piemonte (credevo fosse una prerogativa dei seminari cattolici) per l'Europa, ma non c'è nessun riferimento alle altre Regioni italiane. Spero si tratti di una dimenticanza perché prima della vocazione europea (che poi lascia il tempo che trova; tutte le Regioni italiane hanno una vocazione europea, visto che siamo in Europa e facciamo parte di organismi europei) vorrei si parlasse dei rapporti piemontesi con la Liguria o con la Lombardia. Vocazione europea credo voglia dire fare un piccolo giro di valzer con la Francia e svolgere qualche attività di tipo propagandistico, magari interessanti come quella del prossimo ottobre in Savoia, iniziative che non debbono per andare a discapito del rapporto con le altre Regioni italiane.
Questo non è altro che il risultato del mutamento del ruolo e del funzionamento delle autonomie locali. Quando un Consiglio regionale, al di là della sua proclamata centralità, di fatto rinuncia nel momento della trattativa ad un ruolo autonomo e demanda la trattativa stessa in sedi romane (si è parlato di proconsoli ma si dovrebbe parlare più propriamente di feudalesimo non di impero romano) finisce con il risultare accentuata una situazione di natura gerarchica: lo Stato, la Regione, la Provincia, i Comuni. Viene a mancare concettualmente e filosoficamente un qualsiasi rapporto tra enti dotati di autonomia. L'altro aspetto contenuto nel documento a cui voglio rifarmi, tralasciando alcuni punti che magari riprenderemo in altra sede, è quello relativo all'ambiente. Mi sarei aspettato un po' più di coraggio. In ogni pagina si sostiene che si è per uno sviluppo, ma questa affermazione, in sé e per se, non vuol dire assolutamente nulla, perché moltissimi sono i possibili modelli di sviluppo. Anche i bambini piccoli si sviluppano. Come è possibile contemperare questo imprecisato sviluppo con l'occupazione? Comunque vedremo a settembre o ad ottobre quali saranno i modelli di sviluppo. Il modello di sviluppo attuale, per esempio, penalizza fortemente il territorio e i problemi ambientali. E a questo punto vorrei invitare la maggioranza a meglio meditare quanto scritto alle pagine 34, 35 e 36 relative all'ambiente: manca il benché minimo cenno ai programmi che sono stati sbandierati durante la campagna elettorale. Inoltre, manca un cenno al carattere di emergenza che i problemi ambientali hanno nel nostro Paese: fughe di prodotti tossici, incendi boschivi, inquinamenti nelle falde idriche. Nel documento si prevede soltanto un'ordinaria amministrazione come se fiumi come il Bormida scorressero in altre Regioni. Si parla, a proposito dell'inquinamento idrico, di possibili soluzioni dei problemi di inquinamento senza penalizzare lo sviluppo delle imprese.
Questo, almeno per quanto riguarda il mio Gruppo, ci induce a dare voto contrario al documento.
L'aver voluto finora salvaguardare l'ambiente senza minimamente intervenire sullo sviluppo delle imprese, senza considerare spese per la tutela dell'ambiente all'interno dei costi di produzione, significa fare una scelta che mette al primo punto le esigenze delle imprese, del loro attuale modo di produzione, e che privilegia il profitto rispetto alla minimizzazione dell'impatto ambientale, ai rischi per la salute, alla nocività.
Questa scelta, che qui è apertamente dichiarata, avrà da parte nostra la massima attenzione e dichiariamo sin d'ora che incalzeremo pesantemente la maggioranza su questo punto. Gli interventi di prevenzione non sono mai elencati né nel campo dell'ambiente né in quello della sanità. Si prevedono soltanto e sempre interventi a valle, interventi cioè che mirano unicamente a tamponare i danni.
Quindi il progetto ambiente piemontese parte pesantemente compromesso.
Chi, per esempio, ha scritto nel documento "della tradizionale sensibilità ai problemi della tutela del suolo, particolarmente nelle aree montane" ha mai visto i cosiddetti comuni turistici di montagna? Ha visto la selva di seconde, di terze, di dodicesime case da Limone Piemonte a Bardonecchia e nelle vallate alpine? E' questa la tradizionale sensibilità ai problemi della tutela del suolo? In merito a questa tutta particolare tradizionale sensibilità ai problemi del territorio ci dovrebbe essere semmai un'inversione di tendenza da parte della nuova Giunta, salvaguardando quello che c'è (e non è poco ad esempio i parchi) e cambiando invece indirizzo in moltissimi altri punti.
Sulla protezione civile ho avuto la netta impressione che le sette righe del documento siano state aggiunte dopo i recenti avvenimenti del Trentino, tanto sono generiche e posticce! Vorrei però venissero concretizzate e riempite di contenuto.
Qualora venisse costruita una centrale nucleare ci vorrà un'importante opera di protezione civile, soprattutto per quei cittadini "di serie B" che abitando lontano da Torino finiranno con l'essere destinatari di gran parte dell'inquinamento e dei rischi dello sviluppo industriale.
Chi si occuperà di protezione civile dovrà cominciare ad occuparsi di quello che avviene a Saluggia, di cui si parla troppo poco.
In ultimo, ricordo tra i primi adempimenti di questo Consiglio la legge sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e industriali, che è stata respinta dal Commissario di Governo. E ricordo inoltre che il Parlamento ha in via di approvazione in legge l'ex decreto del Sottosegretario Galasso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi tocca cominciare il mandato nell'aula di questo Consiglio in un momento importante e statutariamente solenne, e purtroppo anche in un'ora non felice, visto che cominciano a farsi sentire le tensioni fisiche e i legittimi bisogni.
Il Piemonte sta per darsi un nuovo governo dopo una vigilia marcata da contrasti che non paiono del tutto risolti in seno ai partiti che dovranno dar vita a una nuova maggioranza.
Mi sia consentito, prima di entrare nel merito politico della vicenda che da oggi si apre, di rivolgere pubblicamente un ringraziamento al compagno Alberto Tridente che mi ha preceduto sul banco di DP in questo avvio della quarta legislatura. Tridente va a Strasburgo e dal Parlamento europeo non mancherà, io penso, di offrire un suo contributo alla soluzione dei problemi che travagliano la società civile piemontese e le sue istituzioni. Noi di DP siamo convinti, infatti, che molti dei problemi che affliggono la nostra comunità possono trovare soluzione soltanto in un contesto e in una visione ampia e non provinciale della società e delle sue tensioni, a cominciare dall'emergenza delle emergenze: il lavoro, per chi non ce l'ha e per chi ne subisce i mutamenti sulla propria pelle.
Guardando al futuro in una scala ampia della nostra realtà, noi pensiamo che senza procedere ad una redistribuzione delle fette di lavoro umano necessario in questo avvio della terza rivoluzione industriale, non c'è prospettiva vera per creare giustizia sociale ed anche benessere sociale autentico. La cultura politica dominante - e ne è testimonianza anche questo documento presentato dai partiti della maggioranza - si attarda nella spremitura dei lavoratori sopravvissuti alle gigantesche innovazioni tecnologiche. Occorre ridurre l'orario di lavoro ed occorre attuare, questo è il punto in cui noi individuiamo le maggiori manchevolezze nella maggioranza che si va a costituire, nuovi vincoli sociali all'introduzione delle nuove tecnologie. Oggi invece ci pare che le istituzioni rinuncino consapevolmente a questo ruolo, degradandosi a passivi "passacarte" e "passacontributi" per le aziende che operano sul mercato. Non direi tutto ciò che sento di dover dire se non aggiungessi che, se oggi celebriamo l'insediamento del pentapartito, buona parte della responsabilità è da attribuire ai ritardi di comprensione e di azione della sinistra che ha governato per dieci anni la nostra Regione. Quanti miliardi sono stati erogati dagli enti pubblici per finire ad esempio alla FIAT senza che si siano pretese le giuste contropartite sociali, suscitando laddove era necessaria, la mobilitazione ed aprendo una vertenzialità collettiva, anche nei confronti dello Stato centrale? Do atto agli Assessori al Lavoro che si sono succeduti, fino all'ultimo, il compagno Tapparo, dell'impegno profuso nel tamponare ora questa, ora quella falla.
Ma non è questo che serve, ed è difficile prevedere che qualcosa di diverso e di migliore possa venire dalla futura maggioranza a questo riguardo.
Vediamo il Piemonte ad un bivio della sua storia: si divarica sempre di più il progresso tecnologico dal progresso sociale e civile; esiste una potenzialità grande di soddisfare i bisogni sociali, ma assistiamo anche ad un sequestro progressivo delle risorse in mani sempre più concentrate. Non ho colto nei documenti della maggioranza né la consapevolezza, né la tensione giusta per affrontare questi nodi.
Oggi parliamo di programmi per fronteggiare la piaga della disoccupazione di massa, e al riguardo voglio esemplificare quanto il Consiglio regionale potrebbe fare e che noi ci adopereremo perché faccia.
Occupazione.
In Piemonte, sul finire della precedente legislatura, sono stati individuati e sono in attesa di finanziamenti 4.500 posti di lavoro per sviluppare la forestazione, per il riassetto idrogeologico, per l'installazione di idrocentraline. Per la centrale di Trino si promettono 2.700 posti di lavoro (vedremo se saranno davvero tali), ma a che prezzo! Ma i soldi per questi lavori socialmente indispensabili non arrivano.
Quello che potrebbe costituire un primo progetto integrato tra movimento operaio, movimento ambientalista e forze progressiste rischia di saltare in nome dell'industrialismo più spinto e del gigantismo, dove la distruzione dell'ambiente, quello che si va profilando a Trino Vercellese, si lega alla morte del controllo popolare. E, voi compagni della sinistra tradizionale non avete proprio nulla da rimproverarvi al riguardo? Nel documento della maggioranza si parla di formazione professionale in termini assolutamente generici, che ammetto di aver letto in fretta perch il documento è arrivato in ritardo. Quanto ai corsi di professionalizzazione nei settori dove il lavoro esiste, quello paramedico e di innovazione tecnologica, davvero non si potrà fare nulla al riguardo? Oppure si accentuerà la politica assistenziale senza sbocco? Un nodo questa assemblea non potrà non cogliere: la discriminazione intollerabile della legge 282 che blocca l'accesso al pubblico impiego ai cittadini che hanno superato i 35 anni di età o che hanno precedenti penali.
Lancio una sfida al Consiglio: nel momento in cui la maggioranza delle forze politiche del Paese è disponibile a discutere questa norma intollerabile, perché non parte da questa assemblea una proposta di legge di iniziativa regionale nei confronti del Parlamento nazionale per indurlo a fare rapidamente la sua parte al riguardo? Tutti noi sappiamo che la stragrande maggioranza della popolazione disoccupata, soprattutto quella espulsa dai processi di lavoro, è al di sopra di quel tetto. Ed allora bisogna essere coerenti.
Tutela dell'ambiente, nostro e soprattutto delle future generazioni.
Parto innanzitutto dalla questione nucleare. Nel documento della maggioranza continua la sordità nei confronti dei disagi delle comunità locali, che lo manifestano come possono. Ultimamente ciò è avvenuto nel Comune di Casale, dove, con un referendum consultivo, la stragrande maggioranza della gente di quella città ha respinto la scelta che questa Regione ha fatto, grazie anche alla legge n. 8/83, con la quale si indennizza il pericolo di morte per le future generazioni.
Il giornale della Confindustria parlava l'altro ieri di un sondaggio della C.E.E., presentato il 29 luglio a Bruxelles, secondo il quale gli italiani sarebbero favorevoli alla costruzione delle centrali nucleari.
Perché, allora, tanta reticenza ad appellare i cittadini di questa Regione? Noi lanciamo un'altra sfida di democrazia: sentiamoli questi cittadini direttamente.
Democrazia Proletaria si è fatta promotrice nei mesi scorsi di una raccolta di' firme in calce ad una petizione popolare con la quale si chiede al Consiglio regionale di indire rapidamente un referendum consultivo fra tutti i cittadini del Piemonte. Consegneremo questa petizione alla ripresa di settembre, quando saranno insediati tutti gli organi istituzionali, affinché nessuno possa sfuggire alle proprie responsabilità. Se siete così sicuri di averne il consenso, sentiamoli questi cittadini; sentire i cittadini noi lo intendiamo soprattutto nel senso di offrire una occasione concreta per allargare la conoscenza del problema nucleare fra la gente, come era stato promesso ancora tre anni fa dalla maggioranza di allora in una riunione al piano superiore di questo palazzo a cui ebbi l'occasione di partecipare. E' stata un'altra promessa mai mantenuta.
Compagni del PCI, "Il Sole 24 Ore" di ieri ha proprio ragione nel suo editoriale a voi dedicato in ordine all'ultima riunione della direzione nazionale del vostro Partito: sul nucleare si gioca una tappa decisive dell'identità e della capacità di alternativa politica del PCI e della sinistra intera. Non può bastare perciò quell'"un po' meno nucleare grazie" come ha sintetizzato felicemente il giornale "Il Manifesto".
Occorre ridiscutere modelli di sviluppo e alleanze sociali, direttamente fra la gente, accrescendone la consapevolezza, rispettandone la volontà, a cominciare appunto dalla volontà di chi dovrebbe subire questa scelta.
Sanità.
Dei 2815 miliardi di spesa sanitaria del 1984, il 18,4% (508 miliardi) è andato alla spesa farmaceutica. L'educazione sanitaria, come ha osservato "La Stampa" (bisogna dare atto delle cose positive che ogni tanto pubblica), doveva essere uno dei pilastri della riforma sanitaria affidato alle Regioni. Invece, soltanto lo 0,01% (402 milioni) è stato destinato a questo scopo. Ecco perché sollevammo la questione dell'intollerabile tassa sulla malattia pagata attraverso il ticket, che colpisce i più deboli.
Abbiamo avanzato una proposta di legge di iniziativa popolare sottoscritta da 16000 piemontesi, che è stata cancellata con un tratto di penna annullando la facoltà legislativa dei cittadini. In quella circostanza non si levò in questo Consiglio una sola voce di protesta nei confronti della prevaricazione nei confronti di un diritto che i cittadini hanno, tenendo conto che di legge di iniziativa popolare si trattava e non di referendum e quindi, come avevamo indicato nella audizione del 9 di novembre dello scorse anno presso la V Commissione, disponibili a cambiare anche l'articolato di legge a patto di accogliere un indirizzo politico che andasse verso la tutela vera dei principi della riforma sanitaria. Una proposta da non prendere alla lettera come invece volutamente è stato fatto dalla maggioranza di allora.
Vi riproporremo l'abolizione dei ticket sanitari. Il perché è molto evidente. Tra gennaio e settembre del 1982 erano stati spesi 19 miliardi per il pagamento dei ticket, nello stesso periodo dell'83 si era registrato un incremento del 20,1%, passando a 24 miliardi; lo scorso anno c'è stato un incremento addirittura del 42,4%. Ci troviamo, in sostanza, di fronte a una nuova tassa che grava sui settori più deboli della società.
Al riguardo, le linee programmatiche esposte nel documento della maggioranza accentuano la tendenza a trasferire dall'ente pubblico alle cliniche e ai laboratori privati (tra il 1982 e il 1983 sono passati da 79 a 96 miliardi di lire) pezzi consistenti di assistenza sanitaria. Il documento del pentapartito privilegia i luoghi di cura privati, senza preoccuparsi della esigenza di potenziare, di qualificare e di risanare la sanità pubblica.
Nella relazione della V Commissione della precedente legislatura, a proposito della nostra proposta di legge di iniziativa popolare, cogliemmo un riferimento importante: si faceva cenno alla possibile presentazione di una proposta di legge di iniziativa regionale al Parlamento nazionale per l'abolizione dei ticket. Noi ci adopereremo perché ciò avvenga, pur rendendoci conto che l'indirizzo della maggioranza ha un'impronta selvaggiamente liberista, distante persino da quelle ansie liberali collega Marchini, che qualche settimana fa un leader del liberalismo europeo, Ralf Darhendorf, manifestava proprio qui a Torino, nel denunciare i rischi per la democrazia connessi alla crescente emarginazione dai servizi pubblici di fasce intere di società.
Urbanistica e territorio.
In questo campo abbiamo assistito ad una progressiva involuzione. Dalla pianificazione generale si è passati alla pianificazione per progetti. In sé non è negativo, ma lo è se apre la strada alla politica delle grandi strutture di compromissione del territorio come nuove autostrade, di cui non si avverte, a nostro giudizio, il bisogno.
Sulla democrazia.
Come viene osservato dagli studiosi più attenti dei fenomeni dei giorni d'oggi, uno dei temi più difficili del nostro tempo è il rapporto tra tecnologia e democrazia. Non vogliamo che si chiuda la porta in faccia alla domanda sociale su questo versante. Ci auguriamo che questa assemblea, la Giunta che si va a costituire e gli Assessori, non frappongano ostacoli alla consultazione dei cittadini sulle scelte più impegnative, a cominciare come ho già detto - dalla scelta nucleare.
Ma democrazia è innanzitutto conoscenza e informazione, possibilità di conoscere e di sapere. Ed allora, la prima iniziativa da prendere, che noi chiediamo alla Giunta e alla Presidenza del Consiglio di intraprendere, è quella di rendere effettiva la pubblicità delle nostre sedute attraverso la trasmissione radiofonica e televisiva della Rai in diretta; questo almeno per le sedute più importanti, quelle che riguardano gli indirizzi politici su temi di grande e generale rilevanza. Occorre, perciò, rimuovere gli ostacoli, anche a carattere istituzionale, che eventualmente ne impediscano la possibilità.
Questa proposta può essere, a nostro avviso, un buon antidoto contro le tentazioni dell'autocensura o della censura che a volte scatta negli amici e colleghi che siedono nella tribuna stampa, attaccati non sempre a ragione, se si pensa che la Regione e le forze che l'hanno governata sin qui non si sono adoperate a sufficienza per rendere reale la presenza di un secondo organo di informazione quotidiana in Piemonte.
Concludo, signor Presidente e colleghi. Alla luce di questo insieme di considerazioni, la maggioranza che si va a costituire non ci pare adeguata ad affrontare i problemi cruciali della comunità piemontese, in particolare quelli che toccano i più deboli. Non c'è bisogno di aver letto Vilfredo Pareto oppure Max Weber per sapere che i partiti canalizzano interessi determinati. E gli interessi che si compongono dietro le forze politiche e la formula che si appresta a guidare il Piemonte non è difficile coglierli stando a quanto gli stessi partiti vanno facendo a Roma. Sono di ieri le dimissioni del Ministro del Tesoro Goria e del Governatore della Banca d'Italia Ciampi a dimostrazione che il pentapartito, dopo aver tosato ben bene i lavoratori dipendenti, non sa proporre una politica per il futuro in grado di affrontare i problemi più scottanti della nostra società.
Esistono ancora, eccome, la destra e la sinistra, esistono fatti sufficienti per prendere posizione. Collega Pezzana, la tua indifferenza nei confronti della maggioranza e dell'opposizione è quanto meno singolare.
Per queste considerazioni, dicevo, abbiamo motivo di, credere che quello che si appresta a fare questa maggioranza non è diverso da quello che è stato fatto a Roma. In particolare temiamo che il taglio della spesa improduttiva, di cui parlava la collega Vetrino, sia un ulteriore intendimento a restringere i servizi sociali, quali la sanità e l'assistenza.
Questo pentapartito è partito in pompa magna. La carica di rivalsa nei confronti della sinistra, rivalsa facile per gli errori che la sinistra ha compiuto, ci pare che si vada sgonfiando.
Democrazia Proletaria voterà contro il documento. Ma voglio sottolineare che la nostra opposizione non sarà pregiudiziale. Giudicheremo dai fatti e vi sfideremo lealmente con i fatti, chiedendovi lealmente di rispettare i diritti della minoranza, partendo dalla formazione di tutti quegli strumenti che il Consiglio si dovrà dare per svolgere il proprio lavoro. Non vogliamo ridurre la nostra presenza in Consiglio a mera testimonianza; ci adopereremo per costruire il consenso in quest'aula e soprattutto all'esterno, sui temi che ho espresso nella prima parte del mio intervento, per contribuire, per quanto è nelle nostre possibilità e nelle nostre capacità, alla soluzione dei problemi della società piemontese, per creare nei prossimi cinque anni le condizioni di un'alternativa di sinistra, per costruire una sinistra alternativa che sia in grado di mobilitare la società al fine di ridare speranza, capacità di progetto strategia e forza, alla costruzione della giustizia sociale, per l'uguaglianza e la solidarietà, tutte parole che in questo contesto storico non ci paiono affatto vuote.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Mi tocca nuovamente in sorte di parlare per ultimo, in sorte per larga parte concordata e per certe parti fortuita. Parlare per ultimo evidentemente è un vantaggio perché arricchisce i nostri ragionamenti di stimoli freschi, tali probabilmente da attivare la nostra voglia di ragionare, anche se l'ora non è la più felice.
Parlare per ultimo significa però anche una responsabilità, certamente non di concludere, ma di respingere alcune cose che sono state dette, più che come rappresentante del Gruppo, come rappresentante della maggioranza cogliere qualche significato che pur ben illustrato dai colleghi della maggioranza che mi hanno preceduto, ha voluto essere misconosciuto minimizzato da parte dell'opposizione, in termini strumentali e qualche volta assolutamente inaccettabili, soprattutto dal punto di vista del linguaggio. E li dico subito: questo è un Parlamento, il termine "poltrona" nel Parlamento sarebbe bene fosse sostituito per esempio da quello di carica, probabilmente ne usciremmo tutti un po' più ricchi e tutti un po' meno meschini.
Perché il pentapartito; chi ha deciso il pentapartito; che cos'è il pentapartito; che cosa farà il pentapartito.
Noi riteniamo, come liberali, che la politica non sia tutto, che l'assemblea non sia tutto, ma tutto sia la società e la politica e i partiti sono un'espressione della società. Quindi il pentapartito che oggi si insedia come formula di governo ha dietro di sé non tanto un giudizio ma una scelta che la società ha fatto per se stessa e non l'ha fatta il 12 maggio. Il 12 maggio questa sceltasi è concretizzata in una somma di voti algebrici. Non stiamo a dire chi ha vinto e chi ha perso.
Ci sono dei meno e dei più che danno un risultato. Però questa scelta la società l'ha fatta in tempi e in date ben precedenti e allora a me pare che si dovrà giudicare questa nostra linea di proposta e di programma sulla capacità di rispondere a una scelta che la società ha fatto e della quale le istituzioni e i governi delle istituzioni devono farsi interpreti consapevoli del ruolo importante, ma non esaustivo e soprattutto non totalizzante, che hanno rispetto agli altri soggetti sociali.
Perché pentapartito e perché non più sinistra? Perché la società ha una storia: ci sono momenti diversi. Rispetto ai diversi momenti della società sono giustificate storicamente, anche se politicamente vengono contrastate delle decisioni e delle scelte che in apparenza sembrano poco coerenti. I voti non sono dei premi, sono delle scelte. Quando Churchill ha vinto la guerra, ha perso le elezioni. Non si è mica espresso un giudizio su Churchill, si è espressa una volontà di vivere in un modo diverso.
Proprio per questo io voglio dire agli amici della sinistra che noi non rifiutiamo l'esperienza di dieci anni che ci sono alle nostre spalle, sono la realtà nella quale siamo vissuti e dalla quale abbiamo tratto gli argomenti della opposizione e quelli della proposta.
Dobbiamo peraltro dire che un rimprovero rimane alle forze della sinistra e in particolare ad alcune forze della sinistra di aver fatto perdere del tempo alle istituzioni rispetto all'esigenza di ricompattarsi con la società. Presidente Viglione lei sa io sono tra i non moltissimi oppositori della II Legislatura che sono rimasti in quest'aula, io sono stato fermo, ma sereno oppositore della sua Giunta dal '75 all'80, lo sono stato altrettanto fermo, ma non più così sereno dall'80 all'85. Perché? Perché evidentemente dal 75 all'80 c'era dietro la maggioranza di sinistra un momento della storia della nostra regione che richiedeva veramente un momento di riflessione. Un momento di riflessione per ridistribuire sul territorio alcuni carichi positivi e negativi che la industrializzazione forzata aveva determinato nella nostra società. I tempi di questo riequilibrio sociale, territoriale, politico e anche culturale, si sono consumati. In tempi molto stretti, si sono consumati in tre anni, sono finiti nel 78-79, quando si è avviata la fase che adesso stiamo vivendo dell'innovazione tecnologica. A noi sembra che le maggioranze erano mature nei voti, ma soprattutto nella voglia della società, non di cambiare amministratori, di cambiare se stessa e quindi di chiedere agli amministratori di interpretare le esigenze di cambiamento.
Questa società ha realizzato i presupposti nella realtà perché ci fosse un cambiamento di governo, quindi il pentapartito non è supponente; non viene qui a tracciare una linea per la società. Prende atto dell'evoluzione della società, della storia, della politica della cultura, di questo si fa interprete e come sempre avviene deve cercare di portare un po' più avanti la scelta della società e soprattutto far sì che questa scelta della società sia la meglio distribuita possibile sul territorio all'interno dei diversi soggetti sociali. Questa è la funzione della politica, del governo mediato dei processi, non dell'invenzione dei processi. Non siamo in un sistema totalitario, è la società che sceglie i propri processi, non li possiamo governare. Quindi è abbastanza comprensibile, normale, che da una fase di riflessione, di ripensamento, di aggiustamenti, di ricomposizione sociale e territoriale, si passi a una fase che deve essere altamente caratterizzata.
E ha ragione il collega comunista Bosio: il nostro documento per larga parte, proprio perché non ha voluto togliere spazio e soprattutto argomenti e smalto al documento che chiediamo alla giunta di predisporre ad ottobre manca probabilmente di smalto e dà l'impressione che dietro non abbia un forte vento nelle sue vele. E' per questo che io parlerò più di quello che dicono i Partiti, di quello che dice la società, perché è la società che ha forte vento nelle sue vele. I partiti la devono interpretare e i governi devono governare. Io sono convinto che la Giunta predisporrà nel primissimo autunno un documento che sappia farsi interprete di queste cose.
Se questa è la vicenda alla quale dobbiamo rispondere, si risponde con una formula di governo: il pentapartito.
Che cos'è il pentapartito? Il pentapartito, consentitemi caro Carazzoni, non è o se vi pare il centrosinistra. Il centrosinistra è stata un'era della politica del nostro Paese che ha dato la possibilità che si ricomponesse una storica frattura tra la sinistra moderata e il movimento cattolico, così come il pentapartito in una qualche misura ha ricomposto storiche fratture fra l'ala liberaldemocratica della cultura politica del nostro Paese e la cultura socialista; questi sono i connotati.
Gli obiettivi sono ben diversi. Noi ci ricordiamo tutti che cosa dicevano i vate del centro-sinistra. Il centro-sinistra era un'epoca con cui si intendeva distribuire sul territorio e tra le classi sociali i benefici del miracolo economico, guarda caso realizzato da un quadro di governo che si chiamava quadripartito che per larghi versi è il più vicino all'attuale pentapartito di quanto non fosse il centro-sinistra. Ogni epoca ha bisogno delle alleanze politiche e funzionali della stessa epoca e dei governi conseguenti. Quindi fra il centrosinistra e il pentapartito c'è una differenza storica e di obiettivo radicale.
Noi diciamo anche che il pentapartito è una formula in fieri, in questo probabilmente caro collega tu hai ragione. Perché certamente il pentapartito è in fieri nella misura in cui è soggetto a una serie di tensioni interne, come tutte le formule di coalizione, ma non tanto tra i partiti: quello che caratterizza le tensioni del pentapartito non è tanto la tensione tra i partiti, ma la tensione tra le anime di questo pentapartito. Esiste un'anima che è quella di cui noi riteniamo di essere tra i più significativi interpreti, anche certamente se non tra i più rilevanti dal punto di vista numerico. Siamo un'alleanza progressista.
Introduco questo argomento perché rifiuto nel modo più assoluto quanto viene detto, anche in modo non corretto dal punto di vista dell'immagine da parte del PCI. Noi riteniamo che all'interno del pentapartito ci sia stata l'alleanza delle componenti più progressiste di un largo arco di forze all'interno delle quali esistono come esistono anche nel mio partito delle componenti non progressiste. Noi riteniamo che il pentapartito sia la coalizione più progressista che si possa immaginare in questo momento e in grado quindi di dare i frutti che ci aspettiamo, nonché le componenti progressiste all'interno del pentapartito e non dico i partiti, ma le componenti, sappiano guidare questo processo. Rifiutiamo nel modo più assoluto che qualcuno decida quali sono le alleanze di progresso e quali sono i partiti progressisti. I partiti si giudicano nella misura in cui fanno muovere la società verso il progresso o lo tengono fermi rispetto agli status quo. E allora il PCI non può dire di essere un partito progressista. Il PCI è un partito conservatore. E' un partito conservatore negli ultimi dieci anni nella misura in cui ha voluto congelare una situazione particolarmente favorevole per le masse fortemente sindacalizzate. Questa è la scelta politica che ha fatto il PCI. Ha deciso di non pagare più prezzi per allargare ad altri ceti sociali, ai deboli agli anziani, ai sottoccupati, ai disoccupati, ai giovani, le fasce del reddito: questa è la scelta del PCI. E se in quest'aula esiste un'altra forza di sinistra oltre al PCI la ragione storica è questa. Allora non c'è stata nessuna scelta progressista da parte del PCI, così come non riteniamo ci sia stata nessuna scelta reazionaria da parte nostra. Un partito è progressista nella misura in cui fa andare avanti la società, un partito è conservatore nella misura in cui blocca i movimenti di progresso della società.
E allora soltanto per rimanere al nostro Piemonte, cari amici della sinistra, in particolare cari amici comunisti, sapete bene che il processo di innovazione tecnologica è stato da voi ritardato di qualche anno o comunque reso più costoso e più traumatico in una qualche misura. Quindi non ci potete arrogare la capacità di tracciare delle linee al di là delle quali stanno i progressisti o i conservatori. Ognuno di noi si misura nella misura in cui interpreta i processi e nella misura in cui si atteggia rispetto a queste cose. La storia poi a suo tempo deciderà se quello che ha fatto il PCI a Torino dall'anno 78 all'anno 82-83, sia stato un fatto di apertura alle nuove generazioni, oppure se verrà giudicato un fatto di chiusura agli strati meno agguerriti e meno organizzati della società civile. Questo lo deciderà la storia; noi continueremo a disputare sul contingente. Gli storici daranno un giudizio definitivo.
Il pentapartito quindi è una scelta della società. Questa maggioranza cerca di rispondere nel modo migliore a queste domande. Si tratta a questo punto di capire che interpretazione diamo come partito alla domanda della società. Ecco allora a questo punto forse, non più impegnando la maggioranza, ma in termini di Gruppo, ritengo di poter dare una mia interpretazione. Ci sono nel nostro documento gli elementi che verranno sicuramente letti dalla Giunta come una grossa sfida alla storia del nostro Paese. L'ha detto bene Mignone, che è stato apprezzato per tutta la legislatura per una rara capacità di cogliere le sottigliezze dei problemi noi riteniamo come punti centrali di questo programma tre argomenti fondamentali: l'innovazione tecnologica, l'Europa e l'ambiente.
La politica dell'innovazione tecnologica e della modernizzazione, cari amici, l'ha detto Mignone, non è un processo di riorganizzazione industriale per recuperare produttività; è una scelta di civiltà. Esiste la civiltà dell'innovazione, esiste una civiltà diversa. Ci sarà un modo di vivere in un certo tipo e ci sarà un altro modo di vivere. Si tratta di capire se scegliamo di vivere nel mondo dell'innovazione, se riusciremo a starci e se sapremo creare le condizioni. Ma non si tratta, badate bene, di fatti meramente di tecnica aziendale, ma si tratta di fatti molto più complessi, quindi di natura politica che investono soprattutto lo spazio all'interno del quale ci si muove e quindi l'Europa e tutto quanto è intorno al processo di innovazione industriale e sociale in genere che è la qualità della vita e dell'ambiente.
Su questo non possiamo bluffare, cari amici. Non possiamo per esempio dire che l'innovazione tecnologica di per sé produce occupazione, neanche a breve termine.
Fra poco verrà inaugurata negli Stati Uniti una industria automobilistica che con 6.000 addetti produrrà 500.000 autovetture all'anno. Non avete sentito male. Questo vuol dire quindi che siamo di fronte a un processo di natura e di dimensioni che va molto al di là delle ragioni di economia tradizionali; evidentemente è la scelta di uno spazio vitale con una certa caratteristica all'interno del quale muoversi. Per questo la scelta che noi facciamo di questo programma centrato sullo sviluppo, nella lettura che noi ne diamo e cioè soprattutto nell'ambito dell'innovazione e della modernizzazione, porterà la Giunta conseguenzialmente a predisporre un programma dettagliato (ma saremo soprattutto noi che lo predisporremo insieme in qualità di Consiglio) un piano di sviluppo che sarà anni luce lontano da quello precedente, perch altrimenti vorrà dire che avremo bluffato.
La politica dell'innovazione tecnologica e della modernizzazione ha portato il privato, per esempio negli Stati Uniti, a creare un'area ad hoc.
"Silycon Valley" è un'area tipica dell'innovazione tecnologica; in Francia, con il governo delle sinistre, quindi con un minimo di programmazione, non più lasciata al selvaggio, si sta realizzando con.minore risultato esattamente la stessa situazione. Alle spalle dell'innovazione tecnologica e della modernizzazione ci vuole un habitat completamente nuovo, rispetto a quello che abbiamo pensato nel passato.
Quindi mi fa molto piacere che il rappresentante di D.P. abbia voluto reintrodurre gli argomenti di Darhendorf che non sono argomenti umanistici o in una qualche misura solidaristici, sono elementi di cultura moderna.
Una società che punti a vivere nell'innovazione deve avere intorno a s un habitat complessivo che noi andiamo a chiamare adesso qualità della vita, rispetto alla quale l'ambiente è una componente, che è il terreno senza il quale l'innovazione tecnologica non produce, perché vedete cari amici la società del domani non offrirà ai nostri figli più soldi da spendere, sarà molto difficile, offrirà maggiori opzioni di qualità della vita inserite in un ambiente di alta qualità. E la scelta sarà durissima così come in tempi passati la scriminante passava tra le valli attrezzate di energie naturali o in seguito attraverso aree a grandi riserve di manodopera a basso costo, perché queste sono state le leve di forza del primo e del secondo periodo industriale, nel terzo periodo, ma certamente non siamo più nell'industriale, siamo nella fase successiva, saranno il complesso dei servizi rari e della qualità della vita riservata agli operatori del futuro.
Allora la scelta dell'innovazione per la nostra Regione che noi leggiamo in questo documento e affidiamo alla proposta della Giunta e al dibattito del Consiglio significa scommettere su un Piemonte lontano mille miglia da quello che conosciamo, un Piemonte destinato a essere, per esempio, la sede di una fabbrica che con 12.000 persone produce un milione di autovetture all'anno. Questo non è il quadro che abbiamo di fronte. La società dell'innovazione è una cosa completamente diversa. E badate bene non è un obiettivo alla portata nostra e non è neanche alla portata dell'Europa, perché se voi leggete gli interscambi vi rendete conto che in questo momento i due partner che si trasferiscono l'un l'altro tecnologie beni di consumo e risorse finanziarie e partecipazioni, sono gli Stati Uniti e il Giappone. Noi siamo già un'area marginale, quindi quando noi scriviamo, ed è una accezione che qualche amico ha voluto con me sottolineare che siamo non una regione europea, quindi con un aggettivo che la assimila, ma d'Europa, quindi uno specificativo, è probabilmente ancora un obiettivo sottostimato, perché sono convinto che la società civile di Torino e per essa voglio dire i grandi decisori privati non pensano più a una dimensione europea della loro azienda e delle loro prospettive e dei loro programmi, ma a una prospettiva mondiale. E' chiaro che se vogliamo far sì che questa società possa coltivare le sue opzioni, noi abbiamo il dovere di creare le condizioni di vita e l'ambiente perché queste opzioni si possano sviluppare. Ecco che allora la scelta, se mi consentite, non pu che essere fortemente stimolante e anche argomento di grandi dibattiti, di forti non adesioni, ma non è una prospettiva, mi si consenta amici del PCI né modesta, né poco ambiziosa, né poco consapevole delle responsabilità che abbiamo. Nel programma c'è tutto, basta leggerlo per quello che è. Noi non possiamo scrivere il programma della Giunta, perché la Giunta quando dovrà cogliere i messaggi che ci sono nel documento dovrà evidentemente mediare come sempre deve fare un organo di governo e cogliere il senso.
Per noi l'innovazione tecnologica significa fare del Piemonte, ma non nel Piemonte chiuso nei suoi confini geografici burocratici, ma il Piemonte inteso con tutto il suo retroterra e non culturale nel senso folcloristico del termine, ma nel suo retroterra di opzioni, perché sono queste che guidano il futuro, non sono le tradizioni folcloristiche o i gemellaggi, e le opzioni del Piemonte evidentemente non sono entro i limiti del Piemonte ma noi abbiamo voluto sottolineare questo fatto che non vogliamo pensare a una specie di federazioni di regioni, magari qualcuna di queste non italiana, non è una federazione, è la presa d'atto che il Piemonte deve porsi al centro delle proprie opzioni. E le opzioni passano attraverso le linee dell'innovazione che, l'ha detto bene qualche amico, non passano solo attraverso il Fréjus; non passano soltanto attraverso la Liguria, ma passano per l'Europa nel suo complesso.
Una scelta per l'innovazione, una scelta per l'Europa intesa, ripeto non come memoria storica, come folclore o come gemellaggio, ma come la presa d'atto che quanto vi esiste di più moderno nella capacità di ricerca nella capacità di utilizzare gli strumenti finanziari, nell'individuazione della qualità dei servizi e dell'ambiente, sono le condizioni minime sulle quali il Piemonte si deve attestare, perché queste condizioni minime probabilmente saranno ancora non competitive rispetto alle condizioni nelle quali la nostra Regione e il suo sistema si dovranno misurare nel futuro.
E' una sfida forte quella che ci lancia la società. Cari amici qui, se mi consentite, la polemica e il dibattito non sono tra il PLI, il PSI, la minoranza, la maggioranza, esiste una società che ha degli obiettivi irrinunciabili che se non si perseguono è destinata a diventare un Paese del Terzo Mondo. Questa è la società che sta di fronte alla nostra Regione.
E badate bene, il Piemonte è l'unica regione in Italia che ha un retroterra culturale di traduzione, qui sì bisogna dirlo, e soprattutto radicata una capacità imprenditoriale alla francese, entrepreneur, "ogni piemontese è un imprenditore, nessun piemontese è un assistito", che possa pensare che l'Italia attraverso il Piemonte possa avvicinarsi e comunque non essere tagliata fuori dal grande processo di innovazione tecnologica, ma inteso nel senso che spero abbiate apprezzato nel suo complesso.
Non voglio aprire polemiche con alcuni riferimenti che ha fatto qualche collega, ma la scelta della Lombardia è completamente diversa. La Lombardia ha deciso di essere all'interno del sistema dei traffici, delle idee, delle intermediazioni, delle assicurazioni, delle banche, del terziario avanzato ma l'innovazione tecnologica soprattutto di metodi di prodotto hanno un'occasione unica in Piemonte. Quindi la nostra responsabilità è grande nei confronti non solo della nostra gente, ma nei confronti del nostro Paese.
E allora a questo punto concluderei nel dire che mentre rifiuto nel merito, ma soprattutto nel tono, alcune argomentazioni che sono state fatte dal PCI, laddove un giornale diventa "ineffabile", perché guarda caso non ha ancora dato lo spazio sufficiente alla protesta che ci sarà nei confronti di questa Giunta ma che io penso ci sarà, perché in questi giorni si avvertono da alcuni ambienti, mi riferisco per esempio a quelli ospedalieri, molta più disponibilità a dichiarare pubblicamente alcune disfunzioni di quanta ce ne fosse nel sistema precedente, quindi aspettiamoci pure che i nostri giornali saranno non ineffabili, ma sicuramente obiettivi portatori di molte cose non gradite per questa Giunta, dico che rifiuto nel modo più assoluto che il nostro partito ed altri partiti, ma certamente io parlo per il mio, abbia subito un'operazione di arroganza da parte della DC. La DC fa valere quello che in democrazia, piace o non piace, (io sono un liberale, non sono solo un democratico, c'è una piccola differenza, io dopo aver contato i numeri cerco anche di far capire perché i numeri prevalgono, non soltanto che prevalgono; qualche volta non ci riusciamo ahimè, ragione per cui perdiamo anche i numeri) è la forza maggiore e cioè quella dei numeri.
E badate bene cari amici, a me sembra giusto questo. Quando abbiamo parlato della questione morale qui dentro che cosa ci siamo detti? Che la ragione prima dello scatenarsi della questione morale era nella mancata corrispondenza del vincolo democratico, quindi numerico, quindi di potere e di rappresentanza che ci deve essere tra gli organi di governo e la base elettorale che sottende. Se si fa saltare questo equilibrio molto delicato non siamo più in una democrazia rappresentativa ma siamo probabilmente in una democrazia di commessi viaggiatori o di piazzisti.



BONTEMPI Rinaldo

Noi abbiamo parlato di arroganza nazionale sull'omogeneità delle formule. Questa è un'altra questione. Non abbiamo parlato della ripartizione.



MARCHINI Sergio

Segno questo argomento a futura memoria. Consentimi Bontempi, ho introdotto questi argomenti per dirvi che invece apprezzo e non mi sottraggo ad alcuni nodi che avete evidenziato e che mi sembrerebbe puerile non affrontare.
Rifiutiamo quindi che alcune cose che sono avvenute, che certamente non sono encomiabili, siano da ascriversi all'arroganza della DC o alla subordinazione del PSI. Sono avvenute alcune cose che probabilmente dal punto di vista estetico e non solo potevano essere condotte in modo diverso; certamente ci doveva essere uno spazio maggiore, soprattutto rispetto all'esterno, di quanto non ci sia stato, dell'autonomia dei Gruppi consiliari e dei livelli locali di governo.
Certamente questo è un dato che dobbiamo segnare a nostra memoria sarebbe imprudente da parte dell'opposizione enfatizzare questo argomento così come sarebbe puerile da parte nostra sottrarci a questa esigenza di capire in futuro perché le decisioni che ci riguardano sono passate soprattutto attraverso certi canali, non dico esclusivamente, ma soprattutto attraverso certi canali. Fare politica è anche essere attenti ai processi della storia, non semplicemente subirli, ma neanche ignorarli né strumentalizzarli.
Da questa esperienza mi pare comunque debba nascere una considerazione: quello che abbiamo detto prima che è un traguardo ambizioso e che ci possiamo porre insieme alla società, probabilmente è realizzabile ad una condizione che è strettamente legata al rapporto delle nostre forze politiche di livello regionale con quelle nazionali; se non si ribalta il tipo di rapporto che c'è tra lo Stato, nel senso ampio del termine, e la Regione, nel senso ampio del termine, questo processo difficilmente si potrà avviare. Non sono più, per esempio, i tempi in un momento come questo, in cui il Piemonte si deve far carico di un problema nazionale di mantenere il nostro Paese tra i Paesi moderni del futuro; non è più pensabile che il ritorno finanziario delle tasse pagate dai piemontesi della nostra Regione sia inferiore per esempio a quello dell'Emilia. Non ci sono più le condizioni storiche: 46 lire su 100 pagate dai contribuenti tornano in Italia; questo parametro deve saltare.
Non possiamo più essere penalizzati nei fondi FIO; la spesa sanitaria non può essere conteggiata in modo tale che noi siamo tra le Regioni penalizzate, quindi esiste sicuramente a monte e a lato delle cose che ci siamo dette una questione nazionale che il governo della Regione deve avviare nei confronti del Governo nazionale: esiste una questione piemontese che è una questione nazionale. Per fare questo è evidente che la classe politica regionale deve rimediare se mai è avvenuto questo processo descritto così bene da Bontempi rifacendosi ad un liberale, di una mancata crescita rispetto alle responsabilità della classe politica regionale nel complesso del sistema. Ecco su questo ho l'impressione che la lezione va ben al di là della polemica.
Il problema Regione che è un problema nazionale si risolverà anche nella misura in cui la classe amministrativa regionale e dei grandi Enti locali piemontesi saprà essere soggetto non contraddittorio rispetto al Governo centrale, ma interlocutore credibile ed autorevole, per invertire un processo che in passato aveva una sua ragione d'essere che in questo momento probabilmente in una situazione di emergenza e di questione nazionale che non attiene solo all'occupazione che è dell'immediato, ma che riguarda delle prospettive a lungo termine, evidentemente deve essere ribaltato.
I liberali danno il loro voto a questa Giunta, facendo gli auguri al Presidente Beltrami, ai suoi collaboratori ed evidentemente in primis al nostro collega ed amico ing. Turbiglio, convinti di impegnare le proprie energie, la propria tradizione, la propria cultura, i propri quadri, in un progetto politico di grande respiro e di rispondere ad esigenze che si ripropongono nella società in termini ciclici, storici. La nostra Regione guarda caso è la Regione unica in Italia, leggete bene la storia d'Italia anzi basterebbe leggerla; neanche bene, io non l'ho letta bene, non l'ho neanche letta forse, ma bastano alcuni cenni per vedere che la Regione che storicamente deve farsi carico delle grandi trasformazioni è la nostra.
Nessuna Regione è passata da capitale d'Italia di un regno di periferia pseudo-feudale a capitale di un regno e di uno stato europeo. Nessuna Regione come la nostra ha avuto la crisi di trasformazione da capitale a borgo periferico. Nessuna Regione come la nostra ha avuto una trasformazione da una regione piccolo-industriale a una grande regione avanzata. Nessuna Regione come la nostra è passata dalla seconda rivoluzione industriale a quella che è l'attuale realtà dell'innovazione tecnologica.
Quindi noi ripetiamo che dando il nostro voto, riteniamo di assumere una grossa responsabilità e ci auguriamo insieme agli altri partiti e all'opposizione di trovare la forza, la capacità e la fantasia per rispondere alla sfida della società e soprattutto del nostro futuro.



PRESIDENTE

Ringrazio tutti i colleghi che sono intervenuti e dichiaro chiuso il dibattito.
Ricordo che l'art. 32 dello Statuto prescrive che "Sulle linee politiche ed amministrative proposte si svolge un dibattito, al termine del quale il Consiglio procede con votazioni successive all'elezione del Presidente e quindi della Giunta. E' proclamato eletto Presidente il Consigliere che ha conseguitola maggioranza assoluta dei voti dei Consiglieri assegnati alla Regione. Ove non sia raggiunta la maggioranza richiesta, l'elezione è rinviata ad altra seduta da tenersi non prima di otto e non oltre quindici giorni".
Passiamo pertanto all'elezione del Presidente. La votazione avviene per appello nominale: dicendo "sì" si intende approvare il programma, il suo contenuto e il Presidente proposto che è il collega Vittorio Beltrami.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti n. 57 votanti n. 56 maggioranza richiesta n. 31 hanno risposto SI n. 35 Consiglieri hanno risposto NO n. 21 Consiglieri non ha partecipato alla votazione n. 1 Consigliere Proclamo quindi eletto Presidente della Giunta regionale il Consigliere Vittorio Beltrami che ha conseguito la maggioranza richiesta dallo Statuto e lo invito a prendere posto al banco della Presidenza.



(Il Presidente della Giunta prende posto)



PRESIDENTE

Propongo inoltre che tale deliberazione sia dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62, facendo presente che la proposta deve essere approvata per alzata di mano a maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti n. 57 maggioranza richiesta n. 31 favorevoli n. 57 Consiglieri.
Tale deliberazione è quindi immediatamente eseguibile.
Passiamo ora all'elezione della Giunta regionale.
Il settimo comma dell'art. 32 dello Statuto recita: "Avvenuta l'elezione del Presidente il Consiglio procede all'elezione della Giunta a maggioranza semplice, con votazione della lista ad esso collegata".
Pongo pertanto in votazione la lista degli Assessori proposti.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti n. 57 votanti n. 56 hanno risposto SI n. 35 Consiglieri hanno risposto NO n. 21 Consiglieri non ha partecipato alla votazione n. 1 Consigliere Poiché si è raggiunta la maggioranza richiesta proclamo eletti Assessori i Consiglieri: Alberton Ezio Carletto Mario Cerutti Giuseppe Genovese Piero Lombardi Emilio Maccari Eugenio Moretti Michele Oliveri Aldo Sartoris Riccardo Turbiglio Antonio Vetrino Bianca Invito quindi i neo Assessori a prendere posto al banco della Giunta.



(I neo Assessori prendono posto al banco della Giunta)



PRESIDENTE

Propongo inoltre che tale deliberazione sia dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 49 della legge 62/53.



BONTEMPI Rinaldo

Chiedo la parola.



PRESIDENTE

Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Non vorrei fare il guastafeste in questo momento, ma prima di votare la immediata esecutività, mi pare sia sfuggito il problema che un Assessore testé eletto fa anche parte dell'Ufficio di Presidenza.



PRESIDENTE

Devo infatti comunicare che sono pervenute le dimissioni del collega Turbiglio dalla carica di membro dell'Ufficio di Presidenza.



BONTEMPI Rinaldo

Vorrei ricordare a questo onorevole consesso che nel 1980 coloro i quali sarebbero poi diventati Assessori, che facevano parte dell'Ufficio di Presidenza, dettero precedentemente le dimissioni che vennero accettate e si provvide alla sostituzione. Con questo per ovviare ad un inconveniente che appare a tutti evidente e cioè che l'Ufficio di Presidenza, dimostrando i vecchi caratteri di provvisorietà che noi avevamo individuato, resterà senza un suo componente fino a quando non si sa, fino al prossimo Consiglio senz'altro.



PRESIDENTE

La ringrazio collega, saremmo pervenuti comunque a valutare questo problema.
Propongo quindi che questa deliberazione sia dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 49 della legge 62/53, facendo presente che la proposta deve essere approvata per alzata di mano a maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti n. 58 maggioranza richiesta n. 31 favorevoli n. 58 Consiglieri Tale deliberazione è quindi immediatamente eseguibile.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, c'è stata l'incompatibilità e la temporanea impossibilità ad esercitare il mandato che voi mi avete conferito; in questo momento, perfezionata l'elezione della Giunta regionale, ritengo di poter assumere la presidenza di questa assemblea, ringraziando il Vicepresidente Cerchio, il Vicepresidente Marchiaro e i membri dell'Ufficio di Presidenza per quanto hanno fatto, formulando un vivo augurio di buon lavoro alla Giunta che è stata testé eletta e a tutti i Gruppi consiliari.
Do la parola al Presidente della Giunta, Beltrami per il discorso inaugurale.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'ora tarda e l'esigenza di dare corso a questo adempimento richiedono all'assemblea un ulteriore e cordiale sforzo e io lo invoco con tanta amicizia.
Opportunità e consuetudine suggeriscono che queste dichiarazioni non siano riassuntive dell'odierno dibattito che è andato a intrecciarsi con gli interventi delle due precedenti sedute.
Mi accosto a questo adempimento con trepidazione, conscio dei limiti personali, per certi aspetti atterrito dalla dimensione del mandato soprattutto per il momento nel quale il governo del Piemonte riceve la investitura. Quindici anni fa con pari stato d'animo partecipavamo in molti alla prima seduta di fondazione dell'Ente Regione, protagonisti di un processo di trasformazione, pareva quasi un fatto certamente più grande di noi - e lo dico con estrema umiltà - sembrava di entrare nella storia di questo Piemonte, di fare della storia.
Taluni colleghi sono ancora qui con noi o vivono altre esperienze.
Altri di quel giorno e delle legislature successive hanno passato il guado e ci hanno lasciati. Non posso non ricordarli, e non per gesto emotivo, ma per il fatto che essi cono stati costruttori primari di questa nuova dimensione delle Autonomie Locali, da Oberto a Enriquez, da Robaldo a Besate, da Rotta a De Benedetti.
Stiamo iniziando questa IV legislatura dai primi trasferimenti intervenuti coi D.D. del '72 a quelli della 382 e del 616, agli sfumati contorni della costruzione regionale, sono subentrate precise determinazioni, corposità di attribuzioni di competenze riferite agli artt.
117 e 118 della Carta Costituzionale, tant'è che, nonostante, qualche incomprensibile tentativo di riappropriazione del centralismo, qualche dialogo incompiuto, o tra sordi, noi che crediamo nello Stato delle Autonomie, siamo portati a dire che, se ancora tanto ne rimane, molto cammino è stato compiuto.
Ora: Invochiamo la nuova Legge sulle Autonomie e con essa la definizione del ruolo dell'Ente Intermedio.
Dobbiamo affrontare la estinzione dei Comprensori di cui alla L.R.
57/1985 con scadenze ravvicinate.
Invochiamo la definizione delle Leggi Quadro mancanti (è stata licenziata quella sull'Artigianato mentre è ancora assente quella sull'Assistenza).
Riteniamo che debba prevalere il ruolo legislativo e di coordinamento della Regione, rispetto a quello gestionale (anche se talvolta la gestione ci è imposta dalla legislazione statale), mentre è da scongiurare il pericolo di un nuovo centralismo burocratico a livello regionale, con il rischio di costringere gli Assessori entro torri di avorio, con Assessorati, Ministero, templi entro i quali è fatalmente celebrato il culto della personalità.
Riemerge il ruolo della centralità del Consiglio, magistralmente e di recente ridisegnato in quest'aula dal Presidente Viglione Necessita operare una revisione e una semplificazione della legislazione regionale; la strada del riordino legislativo - chiarificatore e semplificante mediante testi unici e revisione della legislazione - pu essere percorsa sia come esigenza di "alleggerimento" della regolamentazione in senso complessivo, sia come ipotesi particolare per il raggiungimento di specifici obiettivi, legati a progetti di intervento.
Dovrà essere sviluppato un particolare impegno di sollecitazione al rapido varo delle modifiche dei regolamenti parlamentari, in chiave di potenziamento dei rapporti tra Regione e Camere, individuando, poi, nella Commissione parlamentare per gli Affari Regionali, la sede istituzionale più idonea ad assicurare una valutazione di coerenza regionalistica della legislazione statale e la garanzia della unitarietà della stessa legislazione nei confronti delle Regioni.
Diviene poi indispensabile la vera e sostanziale "collegialità" della Giunta: - non costituisce annullamento delle singole personalità dei componenti, anzi le esalta; - è la messa in comune delle esperienze, delle intuizioni, filtro delle istanze in un positivo processo di sintesi; - non può né deve esser meccanica applicazione del Regolamento.
Egregio Presidente, signori Consiglieri, questo governo nasce all'insegna del "pentapartito", caratterizzato dalla complessità delle provenienze dei protagonisti e per il diverso taglio che ogni partito dà nell'interpretare i problemi della società.
E' occasione per registrare un incontro tra area cattolica e area laica quest'ultima intermediante il confronto, il dialogo, il ritrovarsi tra la prima e l'area socialista che potremmo definire del "gradualismo" turatiano, attraverso una lunga marcia sulla via della collaborazione con altre forze democratiche, collaborazione incompiuta negli anni più vivaci dello scontro e della non tolleranza, mentre oggi non c'è chi non si augura che questi incontri divengano irreversibili.
Non potrà che discenderne un corretto rapporto con la "opposizione" - ogni parte rispettosa dell'altrui pensiero - la quale si convincerà che non il tatticismo, né l'opportunismo, ma l'onesto riferirsi "al bene comune" consentirà di incontrarsi sulle cose concrete, quelle che offriranno a tutti la possibilità di partecipare alla costruzione dell'edificio comunitario.
D'altro canto sono convinto che diviene sempre più difficile esprimere in una aula parlamentare - e lo è anche questo nostro parlamento subalpino rigide proposte ancorate a schemi eternamente fissi di un'antica composizione conflittuale della società, sulla quale sono pur state costruite dottrine e riferimenti sociologici e di partito, dei quali il tempo, le trasformazioni, le innovazioni di ogni tipo hanno notevolmente ridotto il carattere dogmatico.
Sfumati, certamente non più marcati divengono i confini delle classi sociali; diversa è la collocazione e il ruolo dei movimenti popolari e di cultura all'interno della società, mentre da più parti viene sollecitata la grande alleanza sociale dei protagonisti della produzione, di quanti sono socialmente attivi, contro il parassitarismo, creando una fascia di avanguardia (la classe operaia di ieri) allocata trasversalmente alle classi sociali tradizionali e ai ceti.
Lo stesso Welfare State, emblematizzato dal modello scandinavo, aperto ad offrire una risposta a tutti i problemi, sta perdendo smalto, propone non poche smagliature e larghi margini di insicurezza, ora più di altri teme l'imprevisto.
Si è parlato di immagine del Piemonte, regione europea, se n'è tanto parlato, talvolta lasciandoci travolgere dall'entusiasmo, talvolta indulgendo alla demagogia.
Il Piemonte è stato definito addirittura "asse di scambio tra l'Europa e il Mediterraneo", il che avrebbe tra l'altro comportato quanto meno la creazione di un nostro Assessorato agli Esteri. Certo è che la sua collocazione geografica, la sua storia, le grandi animazioni imprenditoriali, propongono di sviluppare la nostra vocazione europea e industriale, rivolgendola non solo a chi ci confina naturalmente, ma a quelle aree del Centro-Nord Europa più aperte al Piemonte.
Già il documento proposto dal governo regionale offre preziose, mirate indicazioni, ma altre iniziative dovranno tendere a promuovere e a consolidare atti liberatori per le grandi infrastrutture viarie, anche su strada ferrata, con le grandi aree di disimpegno e raccordo, la rivalutazione dei trafori e una intelligente utilizzazione delle vie fluviali e del sistema aereo portuale; sfruttare le enormi potenzialità di attrazione del nostro patrimonio artistico, culturale, paesaggistico imprenditoriale, anche attraverso la promozione di opportuni scambi, non facendoci trovare impreparati per le grosse scadenze internazionali (quelle politiche da anni hanno trovato congrua risposta) non ultima quella dell'assegnazione a Torino di grandi manifestazioni sportive mondiali.
Il perfezionamento di questa immagine europea del Piemonte non può che essere filtrato dal consolidamento di un rapporto attuale con le altre regioni italiane ed in particolare con quelle del Centro-Nord Italia.
Purtroppo, sotto questo aspetto, i fatti non hanno quasi mai seguito le molte parole, i molti annunci dei buoni propositi.
In un primo tempo si era parlato del progetto PADANIA, mi si consenta con una straordinaria battage. Restarono solo i buoni propositi per passare poi ad un piano più contenuto, il MITO, in privilegio dell'Asse Milano Torino, apparso quasi subito all'indomani troppo stretto per i grandi incontri tra le grandi aree.
Non se ne fece niente, ma si pensò alla Liguria, a Genova per un triangolo d'effetto: il GE.MI.TO. E' rimasto tale... ...appena "gemito". Ma è questione seria e vitale e merita tutta la regionale attenzione.
Vorrei richiamare il documento legato alla proposta di Governo che nella sua ricercata contenutezza, individua, pur con evidenti costrette lacune - e non solo per mero adempimento statutario - le linee politiche e programmatiche per la Regione Piemonte, sulle quali già oggi si è aperto il dibattito e che perfezionate, sviluppate, corrette e integrate potranno trovare ulteriore approfondimento in sede di esame di quella proposta-piano programma, articolato e compiuto, raccordabile all'adempimento statutario del Piano Regionale di Sviluppo.
Così che io oggi, in ciò rifacendomi ad autorevoli precedenti, possa esprimere qualche indirizzo per tratti estremamente brevi e concisi, a mo' di comunicazione, possa manifestare propositi, riflettere con Loro colleghi Consiglieri, attorno a qualche comune preoccupazione, anche se riuscir appena a sfiorare problemi che meriterebbero ampia trattazione.
La programmazione, è stato sottolineato, viene assunta quale metodo di governo della Regione Piemonte, attraverso una ridefinizione dell'azione di governo sia sul piano della congruenza tra obiettivi individuati e attività legislativa e amministrativa, sia sul piano tecnico ed organizzativo con la creazione di tutti gli strumenti utili a supportare e rendere effettivamente operativa tale scelta, senza trascurare la esigenza di meglio coordinare e sviluppare l'esistente nella stessa logica funzionale.
Risparmieremo così, nel rapporto con gli Enti locali, ai nostri Sindaci di trasformarsi in postulanti; il Piano di Sviluppo diverrà la pietra d'angolo, il riferimento certo per le politiche regionali dei vari settori.
Nel rispetto dell'autonomia dei Comuni e delle Province occorrerà creare un'intesa sistematica con gli Enti locali, raccordando le loro scelte con quelle della Regione, perché vi sia confronto e intesa sulle scelte di sviluppo e si concentrino laddove è possibile gli sforzi.
Non si tratta da parte dei Comuni di perdere delle prerogative; al contrario questo raccordo interistituzionale PUOI valorizzare l'autonomia degli Enti locali. Caratteristica del processo di programmazione rimane quello di non considerare esclusivo soggetto della programmazione la sola Regione, ma al contrario di coinvolgervi tutti i soggetti istituzionali o sociali, in grado di offrire significativi contributi, sollecitando ancora le sinergie tra pubblica amministrazione e soggetti privati, coinvolgendo in questa strategia enti o società a partecipazione regionale.
Ciò comporterà, tra l'altro, il collegamento della finanza regionale con le risorse economiche del settore privato intorno alle proposte ed ai problemi di intervento della Regione, per la realizzazione di grandi progetti di utilità generale avvalendosi di tutte le potenzialità di intermediazione derivanti dalle partecipazioni finanziarie regionali.
Rapporto con le forze economiche e sociali - Imprenditorialità - Aree intervento.
L'impegno per questa legislatura è di fare della Regione lo strumento per liberare le energie e le risorse presenti nella società piemontese favorendo un'azione solidale di intervento attorno a progetti e finalità comuni nel campo dell'occupazione, delle attività produttive - in una proiezione verso il Duemila e con uno sforzo per vincere la sfida tecnologica - dell'assetto del territorio, dei sistemi dei servizi sociali.
La Regione si pone dunque come obiettivo quello di un coinvolgimento ampio e articolato delle forze socio-economiche organizzate, in modo da creare uno spazio di confronto tra istituzione e operatori. Cogliere quindi dal profondo delle potenzialità la messe di intuizioni e di genialità tipiche della gente subalpina (leggevo l'altro giorno che su 100 brevetti quindi il prodotto della fantasia e dell'inventiva nazionale, 15 sono piemontesi).
Certo non possiamo trasformarci in un organismo economico imprenditoriale anche se dobbiamo pilotare articolatamente gli enti strumentali che fanno capo alla Regione.
Le nostre risorse sono scarse rispetto ai bisogni ed è probabile che tale scarsità sia destinata ad aumentare per le note più recenti difficoltà della pubblica finanza.
Ci sono aziende sul suolo piemontese il bilancio delle quali fa impallidire quello regionale.
Ci sono istituti di credito di collaudata esperienza coi quali, nel rispetto dei ruoli, deve potersi aprire o approfondire un colloquio costruttivo.
Ma non può la Regione, non deve sottrarsi al ruolo di governo e di promozione dei processi economici e quello di interlocutore delle forze sociali, non solo attraverso il momento pianificatorio - dal Piano di Sviluppo a quello Territoriale - ma anche attraverso una più penetrante rilettura della legislazione vigente, in un connaturale rapporto col Governo centrale, con il quale oggi, dopo dieci anni, il Piemonte ha lo stesso riferimento di costruzione politica, quindi la vocazione a un più facile ritrovarsi, in dignitosa distinzione dei ruoli e con più ampie potenzialità di confronto e di dialogo costruttivo.
Il sistema di governo a tutti i livelli - da quello centrale a quello degli Enti locali - dovrà ricreare le condizioni affinché si riscopra il gusto di fare l'imprenditore in ogni settore, dall'industria all'artigianato, dal commercio all'agricoltura, al turismo, al terziario offrendo delle sicurezze, dando senso ai valori riconducibili alla più genuina tradizione del Piemonte, esaltando l'apporto di tutte le componenti del settore produttivo.
Molte delle grandi aziende sorte agli albori del secolo sono spente: crolli o letargo aziendale, con tutti i drammi che ne derivano. Nel 1984 i fallimenti dichiarati su tutto il territorio nazionale hanno superato quota diecimila (nel Piemonte 727 dei quali 386 in provincia di Torino).
Il processo di trasformazione, con le nuove e sofisticate tecniche produttive, ha da tempo iniziato la sua proiezione verso il Duemila e lungo il suo cammino - pur intravedendo nel lungo tempo uno sbocco positivo ritroviamo cedimenti, cadute, insufficienze, perdita di posti di lavoro nella fase di transizione. Cominciano a sparire professioni altamente specializzate, considerate nuove e moderne solo pochi anni fa.
Mentre a Parigi nasce la cosiddetta Europa delle tecnologie si affacciano nuovi ambiziosi progetti che investono un'ampia area del Piemonte. Si annunciano accordi tra grandi industrie italiane e straniere che incideranno certamente sul tessuto produttivo piemontese.
Negli anni del rifiuto, si passa alla riscoperta della cultura industriale. Indispensabile diviene lo sviluppo della ricerca, filtrata da un robusto rapporto con l'Università e i Presidii scientifici rinvenibili sul territorio del Piemonte.
Ho letto in questi giorni non pochi documenti promossi da Enti Associazioni, Confederazioni.
Investono non pochi settori della imprenditorialità e per i quali è giocoforza richiamare il documento delle "linee politiche e programmatiche" con l'impegno assunto per le successive elaborazioni.
L'agricoltura, alla quale va affidata totale attenzione nella consapevolezza del ruolo che lo scacchiere verde PUOI svolgere nel contesto dell'economia regionale, raccordabile alle più recenti indicazioni della proposta di Piano Agricolo Nazionale, ai nuovi vincoli della politica agricola comunitaria, anche attraverso un riesame sistematico delle leggi regionali del settore, riscoprendo criteri di economicità, tenuto conto della quota dell'agricoltura sul totale del reddito regionale prodotto.
L'artigianato, altro settore portante dell'economia piemontese, entro il quale ricchezza di doti e di genialità hanno dato vita a spazi di riassorbimento di manodopera, ravvivato le interconnessioni con gli altri settori produttivi, il cui successo viene quasi sempre raggiunto attraverso encomiabili sforzi. Dovrà essere oggetto di larga attenzione tanto sotto l'aspetto finanziario, quanto nella sua valorizzazione produttiva e nella commercializzazione.
Turismo. Nel Piemonte, Regione a vocazione turistica, si dovrà pervenire ad una precisa normativa della promozione turistica, conferendo certezze alla programmazione del settore, valorizzando il turismo - visto come terziario avanzato - sia come fatto imprenditoriale, sia come momento di crescita culturale e sociale.
Commercio. Questo settore necessita di una forte iniziativa di recupero e di rilancio, non distaccata dal naturale accostamento alla realtà turistica, recuperando tra l'altro un ade.guato rifinanziamento della legge sul credito commerciale per investimenti e ristrutturazioni, così che nel variegato settore terziario (nel Piemonte settore a più elevata occupazione), si possa dedicare ogni sforzo al suo ampliamento e alla sua qualificazione anche per la fascia complementare all'industria e all'agricoltura.
Pari attenzione va rivolta ai processi di rafforzamento del terziario avanzato e del terziario al servizio dell'innovazione. Non si può, poi nello spirito dell'art. 45 della Costituzione e dell'art. 4 dello Statuto non richiamare il ruolo della cooperazione, la presenza della quale investe ormai tutti i settori della produzione e della solidarietà.
Per tutti i settori della nostra economia, la Regione dovrà accrescere l'impegno per la formazione professionale ed imprenditoriale, attraverso il pluralismo dei Centri di formazione e dell'iniziativa degli Enti locali territoriali.
Non posso tacere, ma il tempo non consente che il semplice richiamo ed il rinvio al dibattito prima d'ora citato, i problemi del territorio, delle infrastrutture, dei trasporti, della viabilità, delle opere pubbliche dell'urbanistica, della casa e dei drammi che ne discendono (sia per la struttura fisica, sia per l'occupazione), dell'energia, dell'ecologia e della tutela dell'ambiente; della qualità della vita, dello sport e del tempo libero, della montagna, vista nel complesso delle sue espressioni e potenzialità; il grande tema dei parchi e delle riserve naturali.
Ognuno di essi con le sue istanze, urgenze, con gli affanni, con movimenti ed associazioni, con iniziative che possono talvolta apparire provocatorie, ma alla radice delle quali "laddove si riscoprono genuinità e buona fede" figurano, magari non sempre accettandone le conclusioni motivate ansie e speranze per una società migliore.
Impressiona certamente il leggere che "i giovani tornano alla natura con l'idea di trovare una chiesa". Richiamo per titoli e non per una loro sbrigativa liquidazione altre aree, altri problemi e che nelle linee programmatiche proposte non trovano di certo riferimento risolutore, ma hanno un primo approccio per una successiva ridefinizione delle politiche di intervento.
Riguardano la cultura, i beni culturali, l'Università, il diritto allo studio, la ricerca scientifica, l'informazione, lo sport e lo spettacolo il tempo libero.
Sono settori che devono vedere impegnata la Regione, con una razionalizzazione dell'intervento rispettoso della pochezza dei mezzi finanziari a disposizione, anche attraverso il coordinamento delle iniziative regionali con le strategie degli Enti locali, con le domande espresse dall'utenza e con un corretto rapporto con le istituzioni pubbliche e private, con gli istituti culturali e le Università, anche in conservazione dell'inestimabile patrimonio di beni e di cultura, di scienza del Piemonte ed ancora non trascurando l'apporto che oggi il settore del credito, le banche, l'imprenditoria offrono alla conservazione del patrimonio artistico, alla cultura, alla scienza, alle arti.
C'è da auspicare che la legge di riforma - nel capo dei beni e delle attività culturali - che si dice di prossima approvazione, riservi giusti ed organici spazi di intervento alle Regioni.
Parimenti complesso e non analizzabile oggi, in questa circostanza, è il problema dell'informazione.
Nel suo muoversi non potrà sfuggire al governo della Regione l'esigenza di una diffusa, corretta, articolata, pluralistica divulgazione dei fatti delle attività e delle iniziative della Regione, utilizzando ogni più serio canale informativo, ricercando ogni più utile forma non dispersiva sopportabile per raggiungere i cittadini del Piemonte, tutti i cittadini del Piemonte su tutto il territorio regionale.
E' un discorso troppo importante ed un tema che non dovrà essere trascurato, così che dall'informazione emerga sempre il Paese reale rispetto a quello ufficiale, quanto sta nelle profondità e nelle coscienze piuttosto che nelle apparenze della superficie e nell'emotività.
Sicurezza sociale (salute ed assistenza). Non posso trascurare questo settore e non solo perché i suoi costi coprono i 2/3 del bilancio regionale.
Esso investe le attenzioni rivolte a fasce di cittadini in difficoltà e proprio perché tali, con minore capacità contrattuale nei confronti della comunità (anziani ed ammalati, minori e handicappati, emarginati e tossicodipendenti, dimessi dalle strutture psichiatriche ed alcoolisti).
Mi rifaccio non solo al documento presentato, ma anche al cospicuo patrimonio di studi e di esperienze, tanto quelle recenti, quanto quelle in atto da parecchi decenni o secoli in questo nostro Piemonte.
Certo il sistema va migliorato.
La legislazione statale ci sta offrendo il Piano Sanitario Nazionale ed ancora manca - assai importante - la legge quadro sull'assistenza. La riforma sanitaria è stata atto coraggioso e necessario, anche se può essere stata influenzata da conflittuali correnti di pensiero o da momentanei interessi settoriali, per cui laddove si è rivelata cedevole o ambigua venga corretta e perfezionata, migliorata.
Occorre ridare fiducia, slancio all'iniziativa pubblica e privata assicurare livelli di assistenza dignitosi, recuperare strutture utili, far emergere le potenzialità, usare le attrezzature costose, magari sottoutilizzate o non utilizzate. Riscoprire tradizioni, capacità intelligenze: consorziare non solo i livelli locali di governo, ma anche i "cervelli, la fantasia, la genialità, le intuizioni, le energie, la buona volontà!".
Attenzione, però, a non lasciarsi catturare dal dilagante qualunquismo il quale legandosi ad alcune degenerazioni del sistema - fa di ogni erba un fascio.., per demolire tutto, per indicare nell'attuale sistema socio sanitario i guai, la causa del malessere anche finanziario della nostra Patria.
Attenzione a scaricare tutte le insufficienze del sistema nel suo complesso sulle sole Unità socio-sanitarie locali, terminali del sistema sanitario (di fatto non dotate di sufficiente autonomia decisionale e finanziaria, non dotate di personalità giuridica) e non ignorando che la spesa sanitaria nel nostro Paese è tra le più basse d'Europa.
La demonizzazione in atto nel Paese è estremamente pericolosa, crea vuoti di sfiducia e nel tempo diviene totalmente controproducente rispetto ai fini della contestazione.
I tecnici devono convivere con i politici, soprattutto i cittadini devono essere coinvolti, partecipare al riordino del sistema, indicandone i guasti e impegnandosi, per quanto è possibile, nel ripararli, dando giusto spazio alle animazioni di volontariato, preoccupandosi di creare tempestivamente le strutture alternative, ancor prima di demolire totalmente le esistenti, in ciò senza aspirare alla restaurazione o peccando di misoneismo. Il cittadino è sensibile su questi temi, se è vero come è vero, che le offerte ricevute nel 1984 dall'Associazione per la Ricerca sul Cancro, circa 22 miliardi, rappresentano 1/3 dell'intera spesa italiana per la ricerca.
Noi politici, a mio avviso, dovremmo ascoltare di più la gente accettarne i consigli, seguire le stesse rubriche dei giornali, taluna delle quali di vero arricchimento per la nostra personale conoscenza dei problemi. In una parola: "battere l'indifferenza"! Personale. Qualsiasi iniziativa regionale, lo stesso obiettivo della crescita, la razionalizzazione degli interventi, saranno affidabili credibili e realizzabili solo se la Regione, intrecciando un costruttivo rapporto con gli Enti locali, con le forze sociali, con ogni livello di gestione del pubblico e del privato, potrà contare a fondo su di un corretto rapporto e sull'apporto del personale regionale.
Per una collaborazione che non sia solo espressione di una obbligazione tra parti, ma sia il portato di un comune, concorde modo di sentire, di credere nell'istituzione, nella sua funzione, nel suo ruolo. Occorrerà comunque agire, pur essendo consci delle difficoltà che accompagnano queste intenzioni, affinché il personale sia quello che è stato vicino ai primi passi della Regione, sia quello sopraggiunto nei quindici anni successivi, non si senta solo ospite in un organismo nel quale ha creduto, ma garantendogli contorni di dignità riscopra doti, professionalità, preparazione, desiderio di partecipare tra i protagonisti alla crescita del Piemonte.
Giovani. Protezione Civile. Ricordavo che esistono zone d'ombra, aree di preoccupazione e queste si presentavano alla mente, man mano che scorrevo queste righe. Vorrei però richiamarne qualcuna che talvolta mi è motivo di profonda sofferenza. Mi riferisco ai problemi del posto di lavoro. Risparmio i dati peraltro emersi nella più recente Conferenza regionale sull'occupazione, dai quali risulta che Torino e Napoli hanno in comune il triste primato di 13 persone su 100 disoccupate e viene richiamato il flagello della cassa integrazione, della dequalificazione ecc.
Il 28/7/1980, all'inizio della terza legislatura, la più grossa sottolineatura dell'intervento presidenziale era rivolta alla crisi, allora in atto, del settore automobilistico "come elemento più urgente per la sua drammaticità".
Stavamo lasciando alle spalle l'altro elemento di disaggregazione sociale della seconda legislatura, il terrorismo ed ancora il nostro pensiero deferente va alle vittime di quelle giornate: due aspetti drammatici che almeno sembra e per nostra fortuna, abbiamo lasciato alle spalle mentre incombente e terrificante rimane il problema della disoccupazione.
In particolare la disoccupazione giovanile costituisce grave minaccia per la società, dagli sbocchi estremamente impensabili, tremendi, dirompenti.
Quarant'anni fa, noi giovani di allora eravamo in guerra per la libertà. La libertà è stata assicurata ai giovani ,che sono venuti dopo di noi. Ma è bastevole? Certo è prevalente su tutto, anche sulla sofferenza, ma la libertà, in uno Stato aperto e umano, deve marciare fianco a fianco con la giustizia che è anche risposta al bisogno degli uomini. Quante "non risposte" la società offre ai giovani senza lavoro! Avverto la totale angoscia, il tormento: come uomo mi sento in colpa. I giovani di oggi sono ugualmente in guerra, certamente non cruenta, ma ugualmente distruttiva ed ancora non hanno ceduto alla protesta, non hanno deviazioni, non rinunciano a vivere nella speranza di un giorno più giusto, più umano.
Nel documento accompagnante la proposta di governo regionale vengono richiamate leggi ed iniziative di supporto per fare violenza sul disastro.
Il Consiglio regionale del 27/3/1985 ha approvato a tal proposito un documento all'unanimità con pari ed articolati suggerimenti. In questa sede, pur nella consapevolezza dei limiti di intervento della Regione dobbiamo assumere insieme, colleghi Consiglieri, l'impegno a mettere in atto ogni iniziativa per contribuire ad invertire la tendenza, per riaccendere nei giovani la speranza, per non deludere la loro attesa.
Vi è ancora un tema e tacerò su altri, che appartiene all'area della "preoccupazione" ed investe la cosiddetta "protezione civile", o meglio, le difese, le sicurezze che la comunità organizzata deve ricercare per un equilibrato uso e godimento delle cose, dell'ambiente, del territorio.
Alcune sono relativamente facili da perseguire: ad esempio, l'adeguamento alle più recenti norme di sicurezza per gli edifici delle strutture legate all'attività regionale. Per la verità sono relativamente facili solo per l'aspetto operativo, ma sono sconquassanti per il costo finanziario.
Accennando all'area delle sicurezze, il pensiero corre per spontaneamente al disastro della Val di Fiemme, alle cui vittime è giusto rivolgere un pensiero, ai familiari delle quali giunga la commossa solidarietà del Piemonte.
Penso quindi alla fragilità del territorio, talvolta per vecchiaia talvolta per disaffezione, trascuratezza ed abbandono. Penso che pari e uguale disastro sarebbe potuto accadere pochi anni fa a Macugnaga sol che fosse "esploso" il cosiddetto Laghetto delle Loccie, oppure in altre parti del Piemonte.
Penso alla nostra responsabilità, ai comuni timori, alle non risposte all'impotenza, alle competenze e alle non competenze, al dovuto impegno in assenza di risorse. Da qui l'auspicio per l'approvazione in tempi brevi della nuova legge sulla protezione civile, così che la nostra comunità possa, definiti i compiti, con dotazione di risorse, disporre ogni adeguata iniziativa per dare risposta ai problemi, fugare ansie e paure, con ogni utile e consentita azione di prevenzione e non solo con tardivi interventi nella fase di recupero e di emergenza.
Signor Presidente, signori Consiglieri, chiudo questo intervento reso poco facile dalla complessità dei problemi, rispetto alla sinteticità delle linee programmatiche e con l'impegno di futuri approfondimenti nei tempi e nei modi indicati. Il nuovo governo forse ha eccessive ambizioni certamente fa molti propositi per questo nostro Piemonte. Prima d'altro vorremmo tentare di fare del Piemonte una Regione a misura d'uomo, uomo con la U maiuscola.
L'uomo, il cittadino, attore e protagonista, ma anche destinatario della città organizzata.
L'uomo, al centro del sistema regionale, nella sua individualità promosso e non emarginato, con la sua personalità, i suoi bisogni, le sue istanze che costruisce con noi la Regione entro la quale vive.
Vorremmo poi tentare di parlare di "trasparenza, di parsimonia": questi due sostantivi trovano sbocco e richiamo nella centralità del Consiglio e nella collegialità della Giunta. Per la verità ci vorrebbe anche - e dovrebbe essere chi sta parlando a protestarne oggi la prima omissione una "parsimonia della parola" contro la "loquendi libido", ma forse è troppo impegnativo, anche se raccomandabile per il futuro.
E nella trasparenza - non appaia progetto troppo ambizioso - vorremmo tentare di divenire riferimento per i giovani, portandoci appresso un senso di colpa collettiva, analizzando con loro le pagine meno esaltanti di un passato che pur c'è stato, verificando con franchezza se restano individuabili i confini tra l'ingenuità e l'interesse nella malafede, tra l'aspirazione a piazzarsi elettoralmente e la diabolicità delle intenzioni proponendo la riscoperta dei valori, dei principi perché penso che la gioventù non possa continuare ad accettare che i politici siano misurati solo per i beni che erogano (tra l'altro proprietà di tutti), per i nastri che tagliano, per le opere realizzate (pur dovute alla comunità). Non so fino a quando questo modo di operare premierà i politici. Qualcosa sta cambiando anche su questo terreno.
Sarebbe più giusto che un politico fosse misurato, certo anche per le sue realizzazioni, ma e soprattutto per la robustezza e la lucidità del suo pensiero; per la sua coerenza; vivendo nella felice trasparenza; tentando con umiltà di fare della storia; divenendo riferimento per le giovani generazioni; tentando nello spirito della tradizione di permeare la comunità con il senso della storia che è fatta anche da modestissime personali, trascurabili espressioni, pur nell'umana intensità della proposta, nello sforzo di consegnare a chi viene dopo di noi non solo l'immagine di un'offerta di servizio pulita, quanto il messaggio di una presenza, una testimonianza su valori comuni alla gente per bene.
Il nodo della questione morale ricondotto alla semplicità è proprio qui. Qui il presupposto per il rilancio, la rimonta, il recupero di ogni credibilità. E' il chiedere quali valori si debba e si voglia servire quale scala di valori si debba e si voglia salire, resistendo alla tentazione di facili ritorni, accettando il presente senza subirlo e osando il futuro senza presumerlo.
Sono i valori che conducono alla storia di questo nostro Piemonte! Alla sua gente, va oggi il saluto del nuovo governo regionale e non trovo miglior mezzo per farlo se non quello di affidarmi al modo di dialogare con la gente del nuovo Capo dello Stato, al quale rivolgo un pensiero di deferente ossequio, nel suo messaggio di saluto alla comunità: "il saluto va alla gente comune, a quella che lavora ad ogni livello, nelle fabbriche nei laboratori di ricerca, nei campi, negli uffici pubblici e in quelli privati; che insegna e studia nelle Università e nelle scuole, che scrive stampa e legge; che cura il male o il male soffre negli ospedali; che patisce la disoccupazione, l'emarginazione, il carcere; che prega nelle chiese e nei templi. Questa gente, la nostra gente, ha fatto e fa l'Italia". Vorrei proprio chiudere pensando a questo nostro Piemonte che è stato promotore dell'unità nazionale, ricordando due date emblematiche: l'una che abbiamo celebrato, con la festa del Piemonte, domenica 21 luglio sul Colle dell'Assietta, laddove nel 1747 la "staticità", la fermezza dei "Bógianen" piemontesi, ha risparmiato l'occupazione straniera. Bógianen sta dunque per fermezza, per la difesa dei valori e della tradizione piemontese e - non è il caso di sottolinearlo - non sta certamente per resistenza passiva alle iniziative, ai movimenti, alle dinamiche sociali.
L'altra degli anni '44-'45 allorquando noi giovani, con la nostra gente abbiamo fatto una scelta - che io ricordo oggi non certo per riproporre antiche lacerazioni e non risponderebbe alla mia intima convinzione il farlo - bensì per richiamare valori da proporre ai giovani di oggi. Essi sono la memoria storica di un popolo, le radici delle nostre istituzioni il tessuto vivente dei valori che inverano oggi, anche qui e ora, la nostra convivenza civile, dando senso e significato, nonché punto di riferimento allo stesso dibattito politico, alle stesse ragioni di impegno nei confronti delle difficoltà e dei problemi gravi ed urgenti che investono il Piemonte.
Ed allora anche riferendomi alle linee politiche richiamanti le doti 1e potenzialità, le virtù di questa nostra terra, chiedo a lei, signor Presidente, a loro colleghi Consiglieri, a nome del nuovo governo del Piemonte, di poter costruire "insieme" a loro una Regione pari alla sua storia, alla sua tradizione di operosità, di imprenditorialità, di laboriosità, di intuizioni e genialità; una Regione pari alla sua tradizione di parsimonia.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Dimissioni dall'Ufficio di Presidenza del Consigliere Segretario Antonio Turbiglio


PRESIDENTE

Propongo di iscrivere all'o.d.g. per la seduta in corso il seguente argomento: "Dimissioni dall'Ufficio di Presidenza del Consigliere Segretario Antonio Turbiglio".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La proposta è approvata all'unanimità dei 57 Consiglieri presenti.
Poiché il Consigliere Antonio Turbiglio - eletto Assessore regionale in data 1/8/1985 - ha rassegnato nella stessa data le dimissioni dall'incarico di Segretario del Consiglio, occorre procedere alla presa d'atto di tali dimissioni.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 57 Consiglieri presenti.


Argomento: Questioni internazionali

Esame ordine del giorno inerente il decimo anniversario della firma dell'atto finale della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa di Helsinki


PRESIDENTE

Propongo di iscrivere all'o.d.g. l'esame dell'ordine del giorno inerente il decimo anniversario della firma dell'atto finale della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa di Helsinki presentato dal Consigliere Pezzana, di cui dà ora lettura la Vicepresidente Marchiaro.
"Il Consiglio Regionale del Piemonte nello spirito dei principi sanciti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo Considerato che la Repubblica italiana "riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo che nelle formazioni sociali" (art.2 della Costituzione) e "promuove e favorisce le organizzazioni internazionali che assicurino la pace e la giustizia fra le Nazioni" (art. 1 della Costituzione) Rilevato che le Nazioni che hanno sottoscritto l'Atto finale della Conferenza di Helsinki hanno riconosciuto come condizione fondamentale per la pace e la sicurezza in Europa il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, inclusa la libertà di pensiero, coscienza, religione e credo Consapevole che tra i Paesi che hanno firmato l'Atto di Helsinki quelli con regime cosiddetto a socialismo realizzato, disattendono completamente gli accordi sottoscritti, negando in particolar modo il diritto alla libertà di pensiero, di parola, di parola, di religione, di associazione, il diritto al libero sindacato e alla libera circolazione Convinto che le assemblee elettive devono dare un loro specifico contributo alla diffusione e alla conoscenza delle problematiche inerenti la salvaguardia dei diritti umani e civili dei popoli nel decimo anniversario della firma dell'Atto di Helsinki Si Impegna nell'ambito delle iniziative che il Consiglio riterrà di promuovere sul tema della pace e della cooperazione fra i popoli, la diffusione a livello regionale dei testi della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo del testo dell'Atto finale della Conferenza di Helsinki, e di promuovere tutte le iniziative atte alla crescita e alla diffusione di una rinnovata consapevolezza sulla necessità della difesa dei diritti dei popoli, anche in collaborazione con organizzazioni internazionali e nazionali impegnate su questo tema Invia il presente Ordine del giorno al Governo della Repubblica di Finlandia, al Segretario Generale delle Nazioni Unite, al Presidente del Parlamento Europeo e al Presidente del Consiglio dei Ministri affinché lo trasmetta ai Governi di tutti i Paesi che hanno sottoscritto l'Atto di Helsinki".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 57 Consiglieri presenti.


Argomento: Commemorazioni

Esame ordine del giorno presentato dal Gruppo PCI inerente la commemorazione del quarantesimo anniversario del bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki


PRESIDENTE

Il punto 5) all'o.d.g. prevede l'esame dell'ordine del giorno presentato dal Gruppo PCI inerente la commemorazione del quarantesimo anniversario del bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki.
La parola al Consigliere Adduci per l'illustrazione di tale documento.



ADDUCI Donato

"Sentivamo che il mondo non sarebbe più stato lo stesso" così Robert Oppenheimer, direttore del progetto Manhattan, commentò l'esplosione della prima bomba atomica nel deserto del Nuovo Messico, quando la sabbia fu trasformata in vetro e tutta la vita si fermò. Era il 16 luglio 1945, il giorno della Santissima Trinità. Il 25 luglio 1945 il Dipartimento della Guerra degli Stati Uniti ordinava al generale Carlo Spaatz, comandante delle forze aeree strategiche dell'esercito americano, il bombardamento atomico di città giapponesi. Il mattino del 6 agosto 1945, sganciata dal B 29 "Enola Gay", esplose nel cielo di Hiroshima la prima arma nucleare usata in guerra. Era una bomba a fissione all'uranio del tipo "little boy" lunga 3 metri e pesava 4.000 kg, aveva una potenza di 14.000 tonnellate di tritolo. "little boy", il ragazzino, il bambino!, al primo vagito aveva già ucciso 70.000 persone e a sei mesi dall'esplosione i morti erano saliti a 130.000, nel 1950 avevano superato i 200.000. Tre giorni dopo, il 9 agosto 1945, alle ore 11,02, un'altra bomba, questa volta al plutonio del tipo "fat man" distrusse un terzo della città di Nagasaki, la maggior parte degli esseri viventi, si contarono allora 150.000 vittime, fu uccisa istantaneamente.
A quarant'anni da quegli impressionanti eventi, gli arsenali atomici mondiali contengono oltre 40.000 testate nucleari con una potenza di 20.000 megatoni.
"La liberazione dell'energia atomica - ammoniva Einstein - ha mutato ogni cosa, a tal punto che il nostro consueto modo di pensare è diventato obsoleto. Ci troviamo a dover affrontare un rischio inimmaginabile nei tempi andati. Per sopravvivere l'umanità dovrà adottare un modo sostanzialmente nuovo di pensare".
Una svolta decisiva nella corse agli armamenti atomici si ebbe a seguito dell'impiego dei missili a testata nucleare. Disporre infatti di una bomba atomica era una cosa, un'altra invece era la possibilità di vettori che consentissero di raggiungere in ogni momento il campo avversario. Si entra così nell'era degli ICBM, dei missili balistici intercontinentali che producono l'effetto di stabilire, come ebbe a notare Raymond Aron, "un'autentica parità nelle capacità di distruzione reciproca dell'Unione Sovietica e degli Stati Uniti".
Da qui ha inizio la folle rincorsa lungo la spirale degli armamenti nel tentativo di mantenere sempre costante, in un clima di reciproci sospetti, l'equilibrio delle forze tra le due superpotenze. Da qui la ricerca affannosa dell'equilibrio del terrore per sfuggire alla catastrofe e garantire la pace atomica. Ma si tratta di une garanzia illusoria: il progresso degli armamenti è talmente rapido che le stesse teorie della guerra atomica valide per un determinato stato degli apparati termonucleari cessano di esserlo qualche anno o soltanto qualche mese dopo. In sostanza anche le teorie diventano obsolete con il rapide degradare degli armamenti.
Così l'avvento delle armi nucleari eurostrategiche come i Pershing, i Cruise, gli SS-20 e gli stessi armamenti missilistici della Francia e della Gran Bretagna con la loro capacità di colpire, non il territorio nemico in generale, ma il cuore dei sistemi operativi europei, ha reso già obsoleta la teoria del lancio sotto attacco, ossia della decisione di lanciare i propri missili quando quelli dell'avversario erano in vista.
Su questa teoria si fondava l'equilibrio del terrore. I tempi brevissimi di percorrenza, 8-10 minuti, la caratteristica di volare a quote estremamente basse, grazie alla capacità di lettura di rotte memorizzate e conseguentemente l'elevata possibilità di centrare il bersaglio, fanno degli euromissili delle armi di primo colpo ed il volerle usare per primi diventa una tentazione veramente forte, soprattutto se il teatro delle operazioni è in casa d'altri.
E così, per quanto ci riguarda i missili Cruise, tra l'altro, hanno trasformato l'Italia anche in un bersaglio nucleare. Chi spera che il primo colpo possa avere un'indubbia capacità e possa trarne vantaggio lo fa perché l'avversario non ha più il tempo di operare un preciso riscontro dell'attacco per verificare l'eventualità di un errore ed ecco allora che il lancio deve avvenire, necessariamente su allarme, al primo allarme, come vuole la dottrina strategica del lancio in caso di allarme. Quella dottrina strategica che ha sostituito quella precedente del lancio in caso di attacco ed è destinata ad essere sostituita dalle nuove strategie conseguenti all'uso delle armi dette "esotiche", di quelle armi cioè basate su recenti scoperte fisiche, note solo in parte, comprendenti i raggi di luce laser e forse altre forme di radiazioni. Armi legate al progetto S.D.I., meglio noto come progetto di "guerre stellari" e che non possono escludersi neanche nel progetto Eureka.
Nessuno può sapere fino a quando la lucida follia dell' "escalation dominance" potrà continuare. Certo, gli scienziati americani che rifiutano di lavorare per la distruzione dell'umanità, gli appelli di Giovanni Paolo II a disertare i laboratori della morte, l'ansia di milioni e milioni di uomini che, mentre anelano a mantenere la vita stessa insidiata dalla fame aspirano al raggiungimento di condizioni di vita che possono definirsi umane, assistono impotenti allo sperpero di enormi risorse, l'impegno nobile e generoso dei movimenti pacifisti, l'estendersi delle iniziative di denuclearizzazione dei territori comunali, regionali ed anche nazionali tutti questi fatti ed altri ancora testimoniano che i modi di pensare della gente, quello che Montesquieu chiamava "mentalità generale" e Spencer "opinione politica", stanno cambiando.
La consapevolezza del fatto che siamo giunti all'orlo della storia e che non è più tempo di teorie compromissorie tra guerra e pace, ma di svolte radicali, si fa sempre più estesa. Certo, la catastrofe nucleare che pure incombe sulla nostra vita come una nube, appare sì spaventosa, ma ancora distante. I preparativi a carattere offensivo per la guerra nucleare sono tenuti al riparo da sguardi indiscreti. Nessun cittadino comune vede mai una bomba atomica; gli aerei che le trasportano sono deboli rombi di motori in cielo ed i missili puntati sui bersagli sono nascosti in depositi sotterranei o ampiamente protetti da sentinelle e filo spinato. L'enorme grandezza di questo apparato militare sfugge agli stessi membri dei vari governi. Eppure, la pace diventa sempre più un obiettivo universale. Essa non è uno dei problemi che ci stanno di fronte: è il problema più urgente da affrontare. Da essa dipende ogni altra cosa si possa desiderare o sperare.
La violazione della pace comporta una minaccia per l'economia, per la libertà, per le nostre stesse vite e per l'intero ecosistema. E la minaccia principale è la guerra nucleare, naturalmente. Essa ucciderebbe nell'immediato centinaia di milioni di persone e ancor più ne perirebbero a causa delle conseguenze da fall-out. Moltissime altre persone rimarrebbero ferite con le prospettiva di una morte prossima ed i responsabili di questo ne pagherebbero essi stessi le conseguenze. Tutto ciò senza contare i danni alla biosfera, danni che evidenzierebbero brutalmente l'etimologia del termine "olocausto", che vuol dire, dal greco, "cosa completamente bruciata". Questi fatti fanno emergere un imperativo morale, dicono chiaramente che la guerra nucleare, come del resto ogni altra guerra, è un crimine contro l'umanità, come è ugualmente un crimine tentare di evitare questi cataclismi inseguendo un equilibrio degli armamenti nucleare e tenere l'intera razza umana in balìa di una simile deterrenza.
Certo, i riferimenti storici a questi crimini contro l'umanità non mancano. L'olocausto degli ebrei sotto il Terzo Reich; la distruzione atomica di Hiroshima e Nagasaki; la spregiudicata conduzione di esperimenti atomici; rappresentano per noi altrettante rigorose lezioni morali.
L'olocausto fu un crimine non soltanto perché uccise milioni di persone e non solo perché era premeditatamente teso allo sterminio di un intero gruppo etnico, ma anche perché ci ha lasciato un mostruoso retaggio storico, la consapevolezza che un governo potente possa tranquillamente progettare e compiere un simile orrendo massacro e che un'intera nazione se non molte nazioni, possano tollerarlo. Lo stesso tipo di allarme ci viene da Hiroshima e Nagasaki. Esse non solo rappresentano la legittimazione dell'eccidio di massa, ma anche l'idea perversa che le armi nucleari siano un legittimo mezzo di difesa; tollerando questo crimine al suo primo apparire, abbiamo lasciato moltiplicare la potenza della bomba fino a 5 milioni di volte quella iniziale.
Le armi nucleari che una volta servirono a distruggere due città, ora minacciano di distruggere l'intero habitat terrestre. Chi è stato capace di garantire a ogni essere umano l'equivalente di circa 4.000 kg di tritolo non è stato capace di assicurare ad ogni uomo sulla terra i 250 kg di grano o di riso all'anno per impedirne la morte per fame. La stessa deterrenza in sé è un crimine, pur ammettendo che preparare una guerra nucleare non è lo stesso farla; si tratta comunque di un atto terroristico che tiene l'umanità in balìa della minaccia di una insana violenza e toglie il pane di bocca a gran parte della popolazione mondiale. Il legame tra la corsa agli armamenti ed i problemi economici mondiale è evidente.
Il piano degli armamenti è così spaventosamente costoso che persino gli Stati Uniti non possono permetterselo senza tagliare drasticamente sui servizi sociali, senza trasformare cioè il pane in pezzi di artiglieria. Le spese militari sottraggono risorse agli investimenti produttivi riducendo notevolmente il capitale disponibile per la crescita economica.
Gli effetti della corsa al riarmo, del resto, sono evidenti anche nel nostro Paese e le vicende monetarie di questi giorni ne costituiscono una testimonianza efficace. Del resto i disoccupati aumentano, moltissime industrie sono in crisi, sistemi di assistenza sanitaria e di previdenza sociale sono in sfacelo e dietro tutto questo si nascondono tragedie ancor più gravi: manifestazioni epidemiche di povertà, fame, malattie disperazione. Il baratro tra ricchi e poveri diventa sempre più incolmabile ed è divenuto esso stesso una macchina di violenza e di guerra ed il presunto deterrente per mantenere la pace alimenta questa macchina che peraltro, se azionata, garantirebbe sì la pace, ma quella eterna spazzerebbe via cioè tutti noi dalla Terra.
Quanto tempo abbiamo ancora a disposizione? Nessuno è in grado di saperlo. Siamo ormai giunti al punto che il destino dell'umanità può addirittura non dipendere dalla volontà umana, ma da un freddo fascio di elettroni impazziti. Se siamo convinti dell'urgenza e della necessità di intervenire in questo meccanismo perverso per modificarlo radicalmente, dobbiamo compiere una chiara scelta in favore della pace, scelta che non può limitarsi all'eventuale approvazione di questo ordine del giorno, ma che, costituendo un preciso indirizzo, impegni la Regione Piemonte in una serie di iniziative dirette a creare e a diffondere quella cultura della pace indispensabile alla sopravvivenza del genere umano. Ed è davvero singolare che nel documento presentato questa mattina non vi sia stato neanche un accenno a questo problema, mentre ho ascoltato con soddisfazione le dichiarazioni di chi presiedeva l'assemblea prima in favore della pace. Mi auguro che poi la Giunta voglia tenerne conto.
E' una scelta quella in favore della pace che comunque ci coinvolge, ci coinvolge tutti, sia con la nostra azione che con l'inerzia di chi fiducioso o vito, esorcizza la catastrofe ritenendola impossibile.
Ma chiaramente il rimanere inerti di fronte ad un problema così importante vanificherebbe anche l'azione di questo Consiglio regionale.
Tutto il nostro operare infatti per cercare di risolvere i problemi delle comunità locali, avrebbe, ai sinistri bagliori di un'esplosione atomica, la fragilità, per dirla con il poeta spagnolo Antonio Machado, "di un cammino tracciato sul mare".
E' stato dato ai Consiglieri un foglio contenente le istruzioni per costruire una gru, la gru della pace.
Voglio raccontarvi la storia della gru.
Sadako era una delle tante bambine che vivevano nella città di Hiroshima durante la II Guerra mondiale. Nel 1945 la città fu distrutta dalla bomba più potente del mondo. Molti morirono, ma alcuni come Sadako si salvarono. Dieci anni dopo essa si ammalò per le conseguenze della pioggia nucleare che era caduta dal cielo dopo lo scoppio della bomba. Sadako dovette andare in ospedale; mentre era lì, iniziò a costruire delle gru di carta perché le era stato detto che se ne avesse costruite almeno un migliaio sarebbe stata fortunata; sperava di guarire, ma solo poco prima di terminare il suo lavoro morì. Fu così costruita una statua e fu posta su una torre molto alta: era l'immagine di una bimba che, tenendo le braccia in alto, stringeva una gru dorata.
Ogni anno molti bimbi visitano la torre delle mille gru e lasciano una gru di carta. Imparando a costruire una gru di carta esprimiamo il nostro desiderio di pace. Io aggiungo che per costruire voi questa gru di carta dovete predisporvi ad una grande pace mentale.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Consigliere Adduci per l'ampia illustrazione dell'ordine del giorno che d'altronde merita certamente lo spazio che gli è stato dato perché eminenti uomini in questi ultimi mesi, a cominciare dal Santo Padre hanno ricordato questo pericolo gravissimo che incombe su di noi.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Brizio. Ne ha facoltà.



BRIZIO Gian Paolo

Noi siamo disponibili a votare l'ordine del giorno e chiediamo che sia aperta la firma a tutti i Capigruppo.
Non vogliamo discutere in merito all'illustrazione, perché gli argomenti addotti solo in parte ci vedono convergere sulle valutazioni di chi ha illustrato l'ordine del giorno, mentre sul testo concordiamo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Condivido l'ordine del giorno e l'illustrazione che ne ha fatto il collega Adduci. Vorrei proporre, e scusate la mia inesperienza se non è il momento giusto per farlo, degli emendamenti che ne allarghino la visuale emendamenti penso accoglibili nello spirito dell'illustrazione dell'ordine del giorno, così come è stato formulato. Posso procedere?



PRESIDENTE

Se noi andiamo in questo momento a proporre degli emendamenti al testo dovremmo sospendere la seduta per far sì che un delegato per ogni Gruppo possa esaminarli compiutamente. Io comunque non ho nessuna difficoltà a stare qui, dico semplicemente che mi sembra più corretto se noi prendiamo l'impegno attraverso delegati dei vari Gruppi a proporre quegli emendamenti con l'impegno di votare così emendato in modo unitario questo documento.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Ma quando questo?



PRESIDENTE

Alla prima riunione del Consiglio. Tutti i Gruppi, almeno così mi è parso di capire, sono interessati a questo ordine del giorno. Certo alcuni Gruppi vorrebbero proporre degli emendamenti, portare la propria esperienza, se noi lo facciamo in questo momento, non sono sufficienti due ore e quindi occorre sospendere il Consiglio. Sarebbe interessante invece prendere l'impegno a procedere in questo modo e a votare l'ordine del giorno.
La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

E' l'unica iniziativa che prendiamo per il 6 agosto. Non si è riusciti pur avendolo i Comitati per la pace prima e anche alcuni Gruppi in seguito richiesto, a realizzare l'incontro delle assemblee maggiori con i Comuni il giorno 6.
E' chiaro che l'ordine del giorno deve essere comunque votato nella seduta di oggi perché è l'unico atto che possiamo concretamente fare rispetto una richiesta che è venuta dai comitati della pace, ma credo per stare un minimo di adesione ai tempi che sono quelli del quarantesimo anniversario del bombardamento di Hiroshima e Nagasaki.



PRESIDENTE

Il problema di votare l'ordine de] giorno non sussiste, in quanto è iscritto. Il problema era se dovevano essere apportati degli emendamenti oppure no. Se non vengono apportati degli emendamenti ciascun Gruppo si esprime, possono anche semmai sottoscriverlo gli altri Gruppi, atteso che il documento a me pare accoglibile. Se devono invece essere apportati degli emendamenti, evidentemente la questione muta.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Stagliano. Ne ha facoltà.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Nella Conferenza dei Capigruppo fu convenuto di affrontare con la dovuta ampiezza nella seduta odierna queste argomento visto che, come ricordava adesso il collega Bontempi, abbiamo, per evidenti ragioni rinunciato alla seduta congiunta dei tre Consigli, regionale, provinciale e comunale il 6 agosto prossimo. Io non ci vedo nessuno scandalo se dedichiamo mezz'ora in più del nostro tempo per approfondire minimamente la questione, anche perché ritengo che gli emendamenti che ho da proporre non richiedono una complessa illustrazione.



PRESIDENTE

Li può esplicitare.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Li illustro in sequenza: 1) laddove si dice: "ritenuto che il diritto alla vita, diritto che oggi più che mai viene seriamente messo in forse dall'incombenza di una catastrofe nucleare", propongo il seguente emendamento aggiuntivo: "e dall'oppressione di interi popoli alla ricerca della propria autodeterminazione", perché la guerra non è fatta soltanto di esplosioni nucleari 2) laddove si dice: "consapevole del fatto che alcuni uomini ormai dispongono in termini definitivi della capacità di distruggere gli altri uomini, se stessi e la terra che abitiamo", propongo il seguente emendamento aggiuntivo: "che la divisione del mondo in sfere di influenza contrapposte sottrae l'autodeterminazione a interi popoli e nazioni, in particolare del sud del mondo, impedendone un equilibrato sviluppo delle capacità economiche, sociali e culturali..." 3) laddove si dice: "si impegna a diffondere su tutto il territorio regionale informazioni sulle conseguenze delle esplosioni nucleari" propongo il seguente emendamento: "sulle discriminazioni etniche, religiose e di pensiero, sulle disuguaglianze economiche che rappresentano un pericolo alla distruzione della pace".



PRESIDENTE

Gli emendamenti devono essere formalizzati e per farlo bisogna che i lavori siano sospesi e forse questo non sarebbe conveniente.
Il Consigliere Brizio ha dichiarato a nome del suo Gruppo accoglibile l'Ordine del giorno così come è stato formulato. Non è meglio che per intanto, atteso che il 6 agosto noi andiamo ad avere questa ricorrenza tragica, votiamo l'O.d.g, e i Gruppi che intendono aderirvi lo sottoscrivono e così chiudiamo i lavori? Possiamo poi riaprire alla prossima seduta ancora questo problema perché non si è certamente esaurito con il fatto che al 6 agosto ricorre questo evento. Se intendiamo agire diversamente, occorre sospendere i lavori, che vengano formalizzati i vari emendamenti, dopodiché si interviene nuovamente e la questione minaccia di diventare molto più lunga e complessa di quanto non sembri. L'Ordine del giorno mi sembra rispecchi fedelmente almeno l'opinione di grossa parte di questo Consiglio e il votarlo in modo unitario ha un significato grandissimo.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Reburdo. Ne ha facoltà.



REBURDO Giuseppe

Ritengo che questo Ordine del giorno debba essere votato. Colgo per l'occasione per ricordare, come ha già fatto il Vicepresidente nella comunicazione sul quarantesimo anniversario del bombardamento di Hiroshima e Nagasaki, che il 6 agosto ci sarà una serie di iniziative anche in Piemonte.
Debbo rilevare con un certo stupore e con una certa amarezza come il Comune di Torino sia stato largamente insensibile a questi problemi: solo stamattina ho ricevuto una lettera del Sindaco Cardetti che forniva delle motivazioni strambe, mentre la Regione ha avuto un intenso rapporto con i comitati per la pace. Intendo denunciare questo atteggiamento del Comune che tra l'altro ha un Assessore cosiddetto competente sui problemi internazionali e quindi in qualche modo questo problema avrebbe potuto essere affrontato con un colloquio, con un confronto, come è avvenuto viceversa con la Presidenza del Consiglio regionale.
Colgo l'occasione per invitare i colleghi che sono presenti a Torino il 6 agosto in Via Garibaldi, angolo Via Milano, dalle ore 9,30 alle ore 12 dove i comitati per la pace esporranno una mostra su Hiroshima e Nagasaki e terranno una specie di conferenza stampa, alla quale sono state invitate a parteciparvi organizzazioni, forze e gruppi.
Vorrei invitare, anche se sono d'accordo con gli emendamenti proposti sebbene qualcos'altro ancora poteva essere fatto, l'amico e compagno Staglianò a soprassedere su questi emendamenti; anche se in verità purtroppo però la seduta è organizzata così, sarebbe stato interessante svolgere un dibattito più approfondito, una riflessione più attenta (alcuni Comuni della nostra Provincia la sera del 6 agosto terranno dei consigli comunali aperti su tale questione) su un problema che va ben al di là di un episodio così drammatico che pone interrogativi pesanti sulla prospettiva di sopravvivenza stessa dell'umanità, non solo dal punto di vista militare ma anche da altri punti di vista.
Sono del parere comunque che questo Ordine del giorno debba essere approvato in questa seduta anche se con molto rammarico e con una certa amarezza, in quanto si tratta di un documento che propone delle sollecitazioni e richiede degli emendamenti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Noi dobbiamo dire con molta franchezza, ma se mi consentite forse anche con una punta di onestà, di essere molto perplessi a riguardo del peso politico che possono avere iniziative quale quella che qui stiamo per assumere. L'abbiamo già detto in molte precedenti occasioni: si continua sulla strada delle votazioni di documenti con invito alla trasmissione ai vari governi del mondo, pur sapendo in partenza che gli stessi documenti non usciranno dai cassetti di qualche Presidente regionale o al massimo di qualche Presidente nazionale.
Il documento che è stato presentato firmato dal PCI lo consideriamo accettabile, anche se si volessero introdurre le ulteriori modifiche che proponeva il Consigliere Staglianò, tuttavia noi sentiamo di dovere aggiungere in ordine a questo documento una considerazione ed una riflessione.
La considerazione è che essere favorevoli alla pace crediamo sia oggi un sentimento da tutti condiviso, perché soltanto un folle potrebbe augurarsi la catastrofe nucleare; e tuttavia noi non siamo per il pacifismo, per il pacifismo a senso unico, cioè, per essere più chiari, per il pacifismo dell'occidente contro il non pacifismo dell'oriente, non siamo per il disarmo unilaterale. Ci sembra che sia sempre valido il vecchio adagio, vecchio ma modernissimo, "si vis pacem, para bellum".
La riflessione è che prendiamo atto di queste sollecitazioni che vengono indirizzate per la pace e che sono senza dubbio formulate in buona fede; tuttavia non possiamo fare a meno di ricordare, non all'assemblea, ma a noi stessi, che oggi, 1985, si indicano come crimini dell'umanità quelli che 40 anni fa invece, le stesse forze politiche esaltavano come un momento decisivo per indurre alla resa il Giappone.
Queste sono le due considerazioni che vogliamo fare e che abbiamo ritenuto di dovere sottoporre alla meditazione dell'assemblea. Quanto all'atteggiamento che assumeremo in sede di votazione diciamo francamente che, ripetendo di condividere il testo scritto del documento, non ci sentiamo affatto di condividere tutte le considerazioni che nell'illustrazione sono state presentate. Temiamo quindi che votando questo Ordine del giorno ne venga fatta una qualche strumentalizzazione ed è per questo che il MSI non parteciperà alla votazione pur ripetendo di essere favorevole alla pace, mondiale ed universale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

L'importanza del tema che è stato evidenziato con l'Ordine del giorno in discussione non può essere liquidato in pochissime battute, anche se i tempi per questa discussione sono limitati. Da parte del Gruppo socialista c'è attenzione e adesione ai contenuti dell'ordine del giorno, però con alcune considerazioni che ci rendiamo conto sarà difficile tramutare in emendamenti, anche perché è bene ritengo dare approvazione nei tempi più rapidi possibili a questo ordine del giorno. C'è sempre il rischio in problemi di questo tipo e dunque in questo dibattito di andare da una visione planetaria a quella estrema delle microazioni, che sono molto belle, fanno onore al dibattito, ma nella sostanza non incidono minimamente.
Credo che vada detto con estrema chiarezza che con Hiroshima si è avuta una svolta nei termini del conflitto, del conflitto politico, dei suoi caratteri, delle sue manifestazioni. Anche le regole dei rapporti democratici tra i Paesi vengono ulteriormente compromesse dal pericolo nucleare, sostanzialmente da allora e ancora più oggi. Constatiamo che le decisioni in mano ad un potere sempre più ristretto creano vari problemi il più paradossale è che Paesi del Terzo Mondo che portano già il fardello della fame, verrebbero "toccati" da decisioni atomiche che probabilmente non li riguardano direttamente nello scacchiere di un eventuale conflitto internazionale, ma i cui riflessi (piogge radioattive ad esempio) sarebbero ben manifesti.
Ritengo che la lezione di Hiroshima ci debba portare ad allargare la determinazione ed il controllo delle decisioni degli Stati. Quanto è espresso nell'Ordine del giorno va in questa direzione: da un lato evitare 1a rimozione di Hiroshima, che già di per sé è un fatto estremamente importante; dall'altra parte è necessario rimarcare i contenuti di una cultura della pace attraverso l'informazione. Ovviamente si tratta di un elemento d'azione, seppure con effetti limitati, per modificare la logica della ineluttabilità dell'equilibrio del terrore. Però vorrei sottolineare anche un terzo aspetto ed è quello sul quale noi possiamo operare concretamente. La pace è messa in pericolo dai profondi squilibri del rapporto tra Nord e Sud, da problemi che sorgono ogni giorno e che noi constatiamo accrescersi di pericolosità e di tensione per le disparità dello sviluppo.
Ebbene io credo che qualcosa possiamo fare: dare coerenza, rispetto agli obiettivi della pace e della costruzione di un corretto rapporto tra Nord e Sud, ogni giorno quando in questa sala noi trattiamo i problemi dell'evoluzione dell'assetto economico, noi dobbiamo prestare attenzione a quello che è il mutamento della divisione internazionale del lavoro favorendo un rafforzamento della crescita dei Paesi del Terzo Mondo evitando una loro ulteriore emarginazione, magari ulteriormente "conquistati" dalle azioni marketing di qualche grande impresa.
Se avessimo avuto tempo, avrei ritenuto utile all'ordine del giorno questo tipo di integrazione, affinché qualcosa di concreto si possa fare, e cioè dare un supporto, del know-how, rispondere alle esigenze di uno sviluppo autonomo che i Paesi del Terzo Mondo manifestano e rivendicano e che non sempre i Paesi del Nord sono in grado o hanno la volontà di dare.
Tuttavia ritengo che per l'urgenza questo Ordine del giorno (mi dispiace per Staglianò) possa anche essere approvato in questo modo. Probabilmente avremo altre occasioni per recuperare alcune valutazioni emerse nel dibattito.
Dunque il Gruppo socialista dà la sua adesione, affinché questo ordine del giorno possa essere approvato oggi nei suoi contenuti espressi dal documento illustrato dai firmatari.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Il Gruppo socialdemocratico si esprime a favore dell'Ordine del giorno che è stato presentato e ribadisce la richiesta già avanzata da altri colleghi della possibilità di una sottoscrizione dello stesso Ordine del giorno, ancorché entrando nel merito magari non siano del tutto condivisibili da parte nostra le affermazioni dell'illustratore dello stesso ordine del giorno.
Credo che su questi temi non sia tanto questione di fare dei distinguo quanto del cercare per quanto possibile una unità di intenti e certo l'occasione e l'ora fan sì che non vi sia di fronte a quel terribile ricordo un'attenzione e una grande tensione come meriterebbe, vuoi perch vi è da parte nostra la consapevolezza di una non possibilità di concretamente intervenire immediatamente sulla materia, vuoi per la circostanza.
Così come lo stesso credo debba dirsi anche per l'altro ordine del giorno presentato dal collega Pezzana su un argomento che poi richiama tematiche non tanto lontane dall'altro ordine del giorno. L'uno ricorda un tragico evento per prospettare azioni in positivo, l'altro invece ricorda un fatto positivo perché ad esso venga data concreta attuazione. Credo per che oggi l'importante sia che il Consiglio regionale voti un ordine del giorno, che ci sia cioè l'espressione di una volontà politica di questo Consiglio regionale di modo che il 6 agosto in questo incontro vi sia una volontà del Consiglio regionale dichiarata ed espressa che sia portata a conoscenza delle altre forze impegnate su questo terreno. Credo che oggi dobbiamo porci questo obiettivo minimo, direi ancor più della praticabilità di un lungo dibattito su questo argomento. Quindi io sarei perché si suggerisca questa azione: approvare l'ordine del giorno così come è stato presentato perché éntrare sul tema degli emendamenti renderebbe il tutto più lungo più difficoltoso e probabilmente vanificherebbe questo sforzo, ancorché gli emendamenti proposti dal collega Staglianò siano per larga parte condivisibili; lo stesso potrebbe valere anche per l'ordine del giorno proposto dal collega Pezzana, proprio perché sono tematiche che hanno in comune i temi della pace, dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.
Non dimentichiamoci peraltro la tragedia e i problemi che stanno avvenendo in Sudafrica, il problema dell'apartheid, tanto per citare un altro tema di grande rilievo e di interesse. Allora, se vogliamo raggiungere l'obiettivo minimo oggi occorre approvare gli Ordini del giorno così come sono stati formulati, impegnando comunque il Consiglio regionale a settembre, a dedicare una seduta a queste problematiche perché certamente meritano, per il livello del nostro consesso, un'attenzione del tutto particolare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Comunico che il documento presentato dal Gruppo consiliare del PCI verrà dai Verdi votato, anche se, nello stesso tempo, quanto detto da Staglianò mi trova personalmente consenziente.
Intendo rilevare che il documento così come è stato formulato presenta alcune caratteristiche di genericità e di annacquamento, rispetto alla illustrazione fattane dal Consigliere Adduci. Il documento, forse per mirare ad un più largo consenso, ha subito alcuni annacquamenti.
Condividendo anch'io la sensazione che, purtroppo, le grandi dichiarazioni non hanno poi la rilevanza che magari chi le fa si augurerebbe avessero vorrei - in qualità di membro dell'Ufficio di Presidenza - sottolineare che cercherò, in quella sede, di attuare la parte di questo ordine del giorno relativa alle iniziative che più propriamente potrebbero essere assunte dall'Ufficio di Presidenza, in merito all'obiezione di coscienza al servizio militare e in merito soprattutto all'obiezione al lavoro nelle fabbriche di armi. Mi pare si tratti di due iniziative che riguardano direttamente il nostro piccolo, la nostra dimensione e che possono, sia pure in maniera limitata, contribuire alla diffusione della cultura della pace.
Occorre ricordare, mentre votiamo questi documenti, che il Piemonte in primis e la stessa Italia sono tra i maggiori produttori ed esportatori di armi, il che mi pare sia, almeno dal mio punto di vista, in profondo contrasto con l'unanimità che il documento tende a raccogliere. Cioè mi pare che, tra le forze politiche nazionali e il Parlamento nazionale, le unanimità che si ritrovano spesso su questi documenti siano poi contraddette proprio dalle politiche reali, soprattutto da quella sviluppata dal Ministero della Difesa. In Italia abbiamo assistito, e gli ultimi documenti pubblicati negli Stati Uniti lo rivelano con estrema ampiezza, ad una proliferazione delle armi nucleari, non solo a Comiso, ma anche in numerose basi militari del Nord Italia e, se non vado errato (l'errore è sempre possibile anche perché è difficile essere in possesso di dati quanto mai precisi, soprattutto di dati segreti quali sono questi) nella base dell'aviazione di Ghedi, abbastanza vicina ai confini piemontesi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente, esprimo il voto favorevole del PRI a questo documento, aderendo anche alla richiesta fatta dal Capogruppo della DC di considerare questo documento sottoscritto da altri Capigruppo, e ciò mi pare abbia un significato politicamente più importante, così come è stato presentato, senza emendamenti, per non creare delle difficoltà, anche se indubbiamente da un più attento esame, da un dibattito più ampio, alcune modifiche, non di sostanziale rilievo, avrebbero potuto essere apportate perlomeno proposte dal Gruppo repubblicano.
Devo dire che votiamo il documento per quello che è il testo letterale di questo documento, mentre non riteniamo di dover aderire a quella che è stata l'illustrazione complessiva del documento fatta dal collega Adduci.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Il nostro Gruppo voterà ovviamente il documento, sottolineo l'ovvio anche se dobbiamo dire che l'avere insistito sull'aspetto dei missili, dei vettori, probabilmente avrebbe giustificato un approfondimento delle ragioni vere per cui si è presentato questo documento. Bisogna stare attenti, posso capire che passare da maggioranza a opposizione sia per una forza politica un trauma e viceversa, però bisogna misurare un po' i propri atteggiamenti; se non fossimo nella prima seduta probabilmente questo uso non correttissimo dello strumento introdotto poteva mettere qualcuno nella esigenza di produrre un controdocumento, anche perché noi votiamo questo documento nella sua interezza per ragioni ovvie.
Ci sembra però che quanto meno pecchi di ingenuità. Sappiamo tutti che il disarmo nucleare, se ci sarà, sarà la conseguenza di un riequilibrio delle armi convenzionali, naturalmente argomento di cui in questa sede non si parla perché si sa bene che questi documenti non devono servire ad altro che ai manifesti e ai giornali d'opinione e di propaganda.
Devo anche dire che era forse il caso di ricordare nell'occasione, l'ha già detto qualcuno a proposito delle responsabilità storiche, che quello di Hiroshima e Nagasaki certamente è un punto di non ritorno della storia dell'uomo, ma non rappresenta sicuramente il vertice della capacità di delinquere, se così vogliamo, in termini bellici da parte dell'uomo, perch Coventry e Dresda (240.000 morti in tre giorni a ventate successive) dal punto di vista di delinquere dell'uomo sono probabilmente più significativi di Hiroshima, come anche il bombardamento di Tokio di pochi giorni prima sono vicende comparabili. Non è strano che il sottoscritto sia per arrivato all'età di 46 anni per apprendere per esempio il numero dei morti di Dresda, perché dietro Dresda guarda caso c'erano quelle cose su cui hanno fatto i film di guerra; nessuno ha fatto i film di guerra su Hiroshima, mentre su Dresda, Coventry e Tokio, sì.
Voglio quindi dire che mi sembra opportuna l'iniziativa che è stata assunta dai colleghi del Gruppo comunista e noi la votiamo. Ci rammarichiamo che si siano volute fare delle forzature che mettono in imbarazzo qualche forza politica. Sono certo che il Gruppo comunista apprezzerà che da parte del nostro Gruppo e probabilmente anche da altri non vengono introdotti emendamenti che pure sarebbero forse opportuni, se non necessari, proprio per evitare che su questa questione, rispetto all'obiettivo finale che è quello che tutti perseguiamo, vengano perseguiti obiettivi di carattere marginale e particolare, che certamente non sono attuabili in una vicenda così delicata. Quindi lo voteremo senza richieste di emendamenti e con queste puntualizzazioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Voterò anch'io questo documento e direi che lo voto proprio perché non è possibile presentare emendamenti per i motivi che sono stati detti, anche perché se avessi voluto presentarne sicuramente non sarebbero stati accettati e quindi mi avrebbero impedito di firmare il documento.
Devo dire però che del convegno dei comitati per la pace che si è tenuto due settimane fa ad Amsterdam, durante il quale si è discusso in maniera del tutto nuova rispetto alle precedenti, quando si contrapponevano due visioni diverse che potremmo definire grossolanamente una occidentale e una orientale, sul modo di intendere la lotta per la pace, quindi il pacifismo e tutte le posizioni, in questo documento non se ne parla.
Ripeto comunque che è bene che questo fatto non sia stato chiarito perché argomenti di questo genere devono raccogliere il massimo dell'adesione, il massimo delle firme, per cui anche se tutti noi per motivi diversi abbiamo una concezione, un'opinione diversa sui metodi, per per quanto è scritto in questo documento ritengo sia giusto firmarlo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò per quanto riguarda gli emendamenti.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Intendo semplicemente richiedere che si prenda atto del mio dissenso sulla ristrettezza del tempo che è stato assegnato ad una questione che è di grande rilievo, come tutti quanti hanno avuto modo di sottolineare. Io ci riscontro, se mi consentite la franchezza, anche un po' di ipocrisia quando dite che è opportuno approfondire, eccetera, eccetera, e poi si aggiunge di chiudere in fretta. Dopodiché non mi sfugge l'opportunità politica che si proceda alla votazione del documento così come è stato presentato, pur ritenendo che l'argomento dovesse avere maggior spazio come era stato concordato unanimemente - questo lo sottolineo - da tutti i Capigruppo e quindi anche dai Capigruppo di alcuni settori della maggioranza che qui hanno manifestato insofferenza per le esigenze di approfondimento.



PRESIDENTE

Fin dalla sua fondazione, la Regione Piemonte è sempre stata presente in tutti i momenti e unitariamente per i movimenti per la pace, per la lotta contro i focolai di guerra, nei momenti più difficili delle calamità sia nazionali, che internazionali, nell'aiuto ai popoli oppressi, cioè la Regione Piemonte nel suo complesso delle forze politiche non ha mai mancato un appuntamento e credo nemmeno in quest'occasione per la data del 6 agosto e per la manifestazione che si terrà. Non si può, io credo, aprirsi un Consiglio il giorno 6 perché vi sono delle ragioni che porterebbero a ritenere che è meglio una manifestazione di carattere generale, perché o si riuniscono i 3 Consigli oppure si partecipa alla manifestazione alla quale noi saremo presenti.
Intendo dire che l'esame di questo ordine del giorno non avviene in tempo ristretto, perché abbiamo dedicato a volte giornate intere per questi specifici problemi e siamo ancora disponibili a continuare, consci che si tratta di un problema importantissimo che è quello della pace contro la guerra che comporterebbe l'annientamento totale dell'umanità. Siamo consci perfettamente di questo e in quest'aula ne discutiamo da 15 anni, dando un contributo sostanziale con altri milioni di uomini perché la pace sia garantita.
Possiamo ora passare alla votazione dell'Ordine del Giorno.
Ve ne do lettura:



("Poiché in una futura guerra mondiale verranno sicuramente utilizzate armi nucleari e poiché tali armi minacciano l'esistenza stessa dell'umanità, invitiamo i governi del mondo a rendersi conto e a riconoscere pubblicamente che una guerra mondiale non li aiuterà a raggiungere i loro scopi; li esortiamo, quindi a trovare i mezzi pacifici per appianare tutte le questioni che attualmente sono oggetto di disputa")



PRESIDENTE

A. Einstein - B. Russell, da "Un appello per l'abolizione della guerra" 1955.
Il Consiglio Regionale del Piemonte Considerato che la Repubblica italiana "ripudia la guerra.., come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali" (art.11 della Costituzione) e riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo (art.2 della Costituzione) Ritenuto che il diritto alla vita - diritto che oggi più che mai viene seriamente messo in forse dall'incombenza di una catastrofe nucleare - è diritto fondamentale e, perciò, inviolabile di ogni uomo Consapevole del fatto che alcuni uomini ormai dispongono, in termini definitivi, delle capacità di distruggere gli altri uomini, se stessi e la terra che abitiamo Rilevato che il proliferare di ordigni nucleari e di micidiali armi chimiche ha sottratto all'umanità - soltanto nel 1984 - l'enorme cifra di 800 miliardi di dollari (un milione e seicentomila miliardi di lire) mentre una così gran parte dell'umanità stessa muore di fame o vive al limite della sussistenza Persuaso che le assemblee elettive, esprimendo il bisogno di sicurezza dei cittadini, possono e debbono dare un loro specifico contributo alla creazione di una cultura della pace in grado di fermare la folle corsa agli armamenti oggi in atto nel quarantesimo anniversario del bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki Aderisce al Piano di attività per promuovere l'azione solidale delle città rivolta all'abolizione totale delle armi nucleari proposto dalle città di Hiroshima e Nagasaki Si Impegna in coerenza con le iniziative già assunte negli anni precedenti quali, fra l'altro, la pubblicazione del Rapporto, ONU e del Rapporto SIPRI sugli armamenti, il ciclo di lezioni rivolto agli studenti delle scuole piemontesi, a diffondere su tutto il territorio regionale informazioni sulle conseguenze delle esplosioni nucleari, e ad assumere, tramite l'Ufficio di Presidenza, altre iniziative adatte allo scopo, nella consapevolezza che una diffusa informazione consente ad ogni cittadino di dare il proprio, anche se piccolo, contributo a sconfiggere una guerra nucleare Invia il presente Ordine del giorno - da riprodurre anche in manifesto - ai Sindaci delle due città giapponesi colpite dalla bomba atomica, al Segretario Generale delle Nazioni Unite, al Presidente del Parlamento Europeo ed al Presidente del Consiglio dei Ministri affinché lo trasmetta al Presidente degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica Auspica che tale iniziativa, oltre a recepire le ansie di pace di milioni e milioni di uomini, all'Ovest come all'Est, contribuisce a creare quel clima di distensione e di reciproca fiducia fra le Superpotenze indispensabile alla sicurezza internazionale ed al miglioramento delle condizioni di vita dell'intera umanità".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con il seguente esito: Presenti n. 56 Votanti n. 53 Favorevoli n. 53 Consiglieri Non hanno partecipato alla votazione n. 3 Consiglieri


Argomento: Questioni internazionali

Esame ordine del giorno inerente il decimo anniversario della firma dell'atto finale della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa di Helsinki (seguito)


PRESIDENTE

Passiamo all'ordine del giorno presentato dal Consigliere Pezzana inerente il decimo anniversario della firma dell'atto finale della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa di Helsinki.
La parola al Consigliere Pezzana per l'illustrazione.



PEZZANA Angelo

Tutti l'hanno sentito quando è stato letto dalla Vicepresidente Marchiaro. Intanto dichiaro che è estremamente aperto e il Consigliere Brizio a nome del Gruppo DC ha già detto che aderisce a questo ordine del giorno, così come è stato formulato.
Questo ordine del giorno sta suscitando alcune perplessità, per cui lo illustrerò rifacendomi alle obiezioni che mi sono state ventilate da alcuni Consiglieri, anche perché è molto chiaro nella sua enunciazione.
L'obiezione maggiore riguarda una frase che ha dato fastidio e che penso vorrà essere mutata, anche se non è più possibile da quanto si è stabilito oggi e che si riferisce al fatto che nei Paesi a socialismo realizzato cosiddetto socialismo, sono negati i diritti e le libertà di pensiero, di parola, di religione, di associazione, il diritto al libero sindacato e alla libera circolazione. Questa frase vorrebbe essere modificata dicendo che ce ne sono anche altri. Ora, uno dei metodi per vanificare 1' importanza di un documento è richiamare altre questioni simili, che esistono ovviamente, perché quando si parla di tutto, alla fine non si parla più di niente.
Ci sono violazioni di diritti, senza andare tanto lontano, anche in Italia; visto però che si parla del Trattato di Helsinki e che ricorre proprio oggi il decennale della firma di questo trattato, in Europa ci sono alcuni Paesi, quelli appunto chiamati a socialismo realizzato, che disattendono in maniera plateale il trattato che essi stessi hanno firmato.
Si parla moltissimo, e lo leggiamo sui giornali quotidianamente, di quello che avviene in tutti i Paesi a regime non dittatoriale; quando si parla invece dei Paesi a socialismo realizzato, soprattutto da sinistra e qui mi voglio rivolgere in maniera particolare ai compagni comunisti presenti in quest'aula, perché affrontino senza timore di sentirsi attaccati personalmente da sinistra o comunque attaccati anche perché questa intenzione non solo non c'è, ma io sarei ben lieto se sotto questo documento ci fosse la firma del Capogruppo comunista, perché ritengo che o si discute o si dice che queste libertà in questi Paesi esistono, allora io sono disponibile, se questo mi viene dimostrato, a ricredermi e a ritirare l'ordine del giorno, ma se quanto è scritto in questo ordine del giorno, e credo che ormai sia una verità assodata, è vero, allora se si adducono motivazioni oppure richieste di emendamenti per aggiungere qualche cosa, mi sento obbligato di dire e di confermare che l'aggiunta di qualche cosa priverebbe questo documento del suo valore intrinseco che è quello di una critica severa, radicale, verso questi Paesi, dove tutte le libertà che prima ho enunciato sono negate. Mi si è parlato della Turchia, certamente vi sono molti Stati retti da militari, dove mancano moltissime libertà e ripeto anche in Italia siamo carenti soprattutto se guardiamo il livello cui è arrivata la giustizia nel nostro Paese. Qui però si parla del Trattato di Helsinki e non di altro, quindi io sarei lieto se ci fosse la firma del PCI a questo ordine del giorno, così come ci sarà quella, non solo del Gruppo DC, ma anche degli altri Gruppi presenti in aula.
Sono come mio costume brevissimo, anche perché ritengo non si debba n illustrare cosa avviene in questi Paesi, qual è la vita dal punto di vista giuridico, perché credo che sia a conoscenza di qualsiasi persona che si occupa anche minimamente di politica e sia sincera con se stessa al punto di doverlo ammettere.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Reburdo. Ne ha facoltà.



REBURDO Giuseppe

Credo sia importante questo Ordine del giorno e sia stato giusto aver richiamato questa scadenza estremamente significativa. Credo sia da condividere nella sua chiarezza, però, anche a nome dei colleghi Staglian e Ala, formuleremo alcune aggiunte che proporremo anche agli altri Gruppi.
Siamo obbligati a farlo perché siccome questo documento fa riferimento al Trattato di Helsinki (sottoscritto da 35 Paesi, cioè i Paesi europei meno l'Albania, più il Canada e gli Stati Uniti) e quindi a problemi di libertà e di diritti degli uomini, il giudizio va espresso sullo stato di applicazione integrale e quindi non condivido quanto ha detto il collega Pezzana e cioè che deve essere riferito solo ad una specificità, ma va riferito complessivamente a come questi accordi nella loro integrità sono stati applicati o sono stati disattesi.
Accanto allora alla situazione qui denunciata, nei confronti della quale non ci sono dubbi, noi non possiamo non richiamare almeno altre tre situazioni: 1) laddove si dice: "consapevole che tra i Paesi che hanno firmato l'Atto di Helsinki quelli con regime cosiddetto a socialismo realizzato...", noi proponiamo l'emendamento aggiuntivo: "e la Turchia". E' un problema chiaro, perché in Turchia stanno avvenendo cose gravissime come nei Paesi a socialismo realizzato.
2) al termine dello stesso paragrafo, proponiamo il seguente emendamento aggiuntivo: "che Paesi quali la Gran Bretagna attuano in Irlanda del Nord una politica restrittiva della libertà delle espressioni delle minoranze etniche e religiose sui temi dell'ordine pubblico e del sistema carcerario." Questo fa parte dei diritti previsti a Helsinki.
3) Intendiamo fare un riferimento anche alla situazione in Italia aggiungendo il seguente paragrafo: "Rilevato che Amnesty International, con un dettagliato documentato rapporto ha denunciato l'esistenza di non accettabili condizioni in molte carceri italiane e di gravi carenze nello stesso sistema giudiziario tali da ledere i diritti individuali dei cittadini detenuti." Questa è una denuncia esplicita fatta al Tribunale dei Diritti dei Popoli da parte di Amnesty International e a noi pare che questi tre casi: la Turchia, l'Irlanda del Nord e la questione della detenzione nel nostro Paese, debbano essere colti come un elemento di interpretazione corretta di quello che si sta oggi verificando ad Helsinki. Vorremmo possibilmente che attorno a ciò non si facessero soltanto delle battute, ma si verificasse l'opportunità che la Turchia è in Europa, così pure la Gran Bretagna e che il problema italiano come ben si sa è stato recentemente sollevato come una questione d'un certo rilievo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, io voglio qui subito rispondere al collega Pezzana che non sono nelle condizioni di allietarlo con la mia firma sotto questo tipo di ordine del giorno, ma non per le ragioni che forse alcuni riterrebbero di doverci appiccicare sulla schiena; in realtà non da oggi il nostro partito, ma non da oggi in quest'aula, non ha tenuto mai posizioni equivoche (ricordate nel 2980 il famoso ordine del giorno sulla Polonia poi l'Afghanistan), d'altra parte credo sarebbe scoprire l'acqua calda temere il giudizio che dà il nostro partito della situazione dei diritti umani e civili in Unione Sovietica e in alcuni di questi Paesi ché non è da noi condivisa, non è accettata, e quindi come tale anche nelle nostre riunioni e nei nostri congressi ha una parte non irrilevante di una posizione più generale. Quindi noi non abbiamo assolutamente difficoltà ad esprimerci, ma il motivo perché non posso metterci la firma sotto è che francamente a me queste furberie strumentali non piacciono; allora se si dichiara che lo scopo è quello di chiedere al Consiglio, non so con quale titolarità, di assumere come atto a se stante la condanna di uno o altro aspetto di quel Paese è una cosa, ma se si parte dagli accordi di Helsinki si sta dentro a quei contenuti e si sta dentro agli indirizzi che quegli accordi hanno dato e come tale quindi io sono per dire che non firmerei e né voterei nessun ordine del giorno che divida a metà le questioni delle libertà e quindi divida a metà la realtà.
Gli emendamenti che proponeva Reburdo, al di là se possono andar bene gli accostamenti, possono anche non stare in piedi, addirittura forse certe volte sono tutte situazioni giuste, ma dico che oltre a metterle insieme cosl, si può ricorrere anche a formule diverse, non è quindi un problema letterale, il problema vero è però che dovendo parlare, e la motivazione che ci è stata proposta stamattina era l'ineludibilità della celebrazione del 1 agosto come data di ricorrenza del Trattato di Helsinki, degli accordi di Helsinki, dentro questi accordi bisogna stare e quindi condivido tutta la parte del documento che fa voti, impegna, fa sentire la nostra voce, perché siano rispettati dovunque quegli accordi siano stati lesi. Se invece l'operazione è di una strumentalità, come è stato peraltro dichiarato con molta sincerità che ho apprezzato da parte di Pezzana, io non l'allieto, non so chi, salvo che voglia fare un'altra operazione strumentale, possa allietarlo con la sua firma.
Occorre che facciamo una considerazione seria dei Paesi firmatari che hanno violato il trattato, ma perché non dei Paesi destinatari? Perch giustamente l'accordo di Helsinki ha una parte che impegna i Paesi firmatari e una parte che fa carico a questi Paesi di impegnarsi verso quelli destinatari, e allora davvero la questione si allarga molto.
Dico sostanzialmente che o qui prevale una ragione di vera coerenza con lo spirito per cui è stato presentato questo ordine del giorno con la sua data, la sua ricorrenza e questo spirito credo non divisibile di cura e attenzione a tutte le occasioni da qualsiasi parte provengano di lesione della libertà, oppure se si vuole fare una discussione ancora più ampia noi siamo disponibili.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Il Gruppo socialista aderisce all'Ordine del giorno presentato dal Consigliere Pezzana, così com'è. Intanto perché esso è stato presentato in relazione ad una scadenza ben precisa che è quella del 1 agosto, cioè il decennale del trattato di Helsinki, perché diversamente avremmo anche potuto rinviare la discussione affinché fosse più approfondita. A me sembra di cogliere in quella che è la proposta che viene fatta in questo documento una precisazione che si riferisce piuttosto che a questo a quel Paese. E' stato addirittura detto che in Italia non ci sarebbero certe libertà. Pu anche darsi che ci siano delle persone innocenti in carcere, ma io mi rifiuto nel modo più netto e categorico di accettare anche lontanamente la tesi che il nostro Paese si possa paragonare ad altri a carattere dittatoriale.
Altro è il discorso di come la popolazione nelle carceri vive e probabilmente ci sono tante cose da verificare, ma mi sembra che non si possa associare la tesi della privazione della libertà in un Paese che ha lottato per conquistare la libertà. A me sembra che si possa cogliere la proposta di ricordare il decennale dell'atto di Helsinki guardando a un sistema di vita complessivo.
Credo poi che bisognerà mettersi d'accordo quando si parla di socialismo realizzato se si tratta di socialismo o di comunismo, oppure n di uno, né dell'altro. Io per esempio rifiuto che quella definizione sia da paragonarsi al socialismo; credo che il socialismo sia tutt'altra cosa. Mi sembra più giusto dire Paesi comunisti, perché c'è il comunismo al potere.
C'è stata un maturazione nel processo di discussione attorno alla figura della democrazia popolare, del socialismo e bisognerà dare delle attribuzioni precise.
In questi Paesi le libertà di cultura, di scambio, eccetera, non esistono. E' un sistema ancora monolitico.
Esistono altre situazioni comunque che se avessimo il tempo necessario potremmo sicuramente considerare in questo ordine del giorno, perch laddove c'è la dittatura fascista, laddove comanda Pinochet, è chiaro che non possiamo altro che dire che è un Paese non democratico, totalitario e dittatoriale. In questo caso si tratta di riferirsi ai Paesi che hanno firmato l'atto di Helsinki e non fare degli accostamenti che sono assolutamente incompatibili, caro Reburdo. Io dico che o noi siamo in grado di rendere omaggio a questo documento che vuole celebrare i 10 anni del trattato di Helsinki, in questo modo lasciando stare certe situazioni oppure se intendiamo considerare altre situazioni relative a Paesi nei quali riteniamo sia stata violata la libertà e le cose previste dal trattato, il Gruppo socialista è disponibile a farlo per sottolineare l'importanza di questo trattato che a 10 anni dalla sua approvazione purtroppo viene ancora disatteso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Io ho l'impressione che il documento così come presentato sia tutt'altro che strumentale, è un documento di valore politico preciso. Un valore politico che a mio modo di vedere si scolora molto con l'emendamento Reburdo che può essere sottoscritto e accettato, ma prendendo atto che si snatura il senso del documento, almeno così come per parte nostra lo leggiamo presentato dal collega Pezzana. Il problema dei diritti civili è un problema di civiltà, ma è anche un problema politico, che non è la stessa cosa. Per esempio, per l'Italia è un problema di civiltà giuridica non è un problema giuridico. Per la Gran Bretagna è un problema di relazioni interne, non è un problema politico. Cosa vuol dire che è un problema politico? E' un problema che può essere risolto e che comunque è oggetto di trattativa politica e allora è soltanto il dissenso dell'Est che è un problema politico, perché sappiamo tutti che i diritti civili nei Paesi a socialismo pio o meno realizzato o troppo realizzato è un argomento che viene costantemente messo sul tavolo delle trattative per esempio per l'acquisto del grano o nei vertici che ci saranno quest'autunno.
Non ci sarà nessuna sede in cui si tratterà politicamente il problema della Turchia; non ci sarà nessuna sede politica in cui si tratterà il problema delle carceri italiane; non facciamo confusione. Per me un problema politico è quello in cui lo stesso problema diventa oggetto di trattativa e di decisione. Allora il problema del dissenso e dei diritti civili nei Paesi dell'Est diventa oggetto di trattativa e di decisione politica.
Certamente quando Reagan e Gorbachov si troveranno l'uno di fronte all'altro, evidentemente l'atteggiamento degli Stati Uniti e dei Paesi occidentali in genere nei confronti dei diritti civili e del dissenso in Unione Sovietica sarà un problema nell'agenda dell'incontro. Questo è certo, quindi è un problema politico. Quindi non mi sembra strumentale. Mi sembra che Pezzana abbia colto il senso del problema in termini politici.
Il problema politico riguarda a mio modo di vedere solo i Paesi a socialismo reale perché è l'unico problema che troverà un suo sbocco o comunque un suo esame a livello politico; per cui io ritengo di dover non consentire sul giudizio di strumentalità del documento così come è stato presentato. Se però riteniamo che così facendo prendiamo posizione politica nei confronti di un problema che dev'essere probabilmente affrontato da un altro punto di vista, quello della civiltà dell'uomo, a questo punto mi pare che l'emendamento proposto da Reburdo anche se non ha né il fisico, n il temperamento per fare l'uomo portatore di pace, perché se le tira proprio da tutti Reburdo, mi pare che non ci sia niente di scandaloso nel dire che noi violiamo ogni giorno i diritti fondamentali del cittadino perché siamo sicuramente il Paese d'Europa che ha il sistema processuale e carcerario più arretrato e più incivile che si conosca. Mi pare che il Consiglio debba in una qualche misura, affrontando prima il problema degli emendamenti Reburdo, porsi questo problema: vogliamo fare una denuncia di come i problemi in generale dei diritti civili siano tutto sommato in una situazione di difficoltà per cui si evidenzia particolarmente delicato in alcune aree, tra cui l'Italia, che sembra abbastanza giusto sottolineare ma allora non ne facciamo un problema politico, ne facciamo un problema di civiltà del diritto, oppure ci attestiamo sulla prima tesi, dove sostanzialmente inviamo il messaggio a dei decisori perché sul problema dei diritti civili, di quanto devono pagare gli Ebrei per andare in Palestina si discute su qualche tavolo, quindi si tratta di capire se il nostro messaggio è mandato alla cultura e alla sensibilità o è mandato alla politica. Nella prima stesura è mandato alla politica, nella seconda stesura è mandato alle coscienze, io non ho grande contraddizione, a nome anche del collega di Gruppo rimasto in Consiglio l'Assessore Turbiglio, a sottoscrivere l'uno o l'altro dei documenti, tenendo però presente che sono due cose molto diverse e che comunque il primo non è un documento strumentale, ma un documento di preciso significato politico.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cerchio.
CERCHIO Io penso che intanto i lavori del Consiglio di stamani hanno input e occasioni per ripensare a metodologie di lavoro e di impostazione. Potrà essere questa intanto, e speriamo che sia propedeutica, una lezione per darci dei comportamenti e delle metodologie, non dico serie, perché non è che non siano serie, ma se non altro razionali e ragionevoli. Io sar estremamente breve e stranamente breve, soprattutto su questi argomenti avendo negli anni passati come Gruppo della DC attivato molte volte in prima persona problemi di adesione alla difesa e ai principi e i valori della libertà, perché la brevità la esige intanto una serietà di metodologia e di impostazione di questa discussione. E lo esige anche, me lo consentirete colleghi Consiglieri, come coerenza conseguente a quanto siamo andati a votare un quarto d'ora fa, un Ordine del giorno che ricordava il quarantesimo anniversario della drammatica vicenda di Hiroshima che ha trovato concorde il Consiglio proprio perché alla vigilia di una scadenza, in quel caso del 6 agosto, e siamo in questo caso alla vigilia di una scadenza, l'1 agosto, abbiamo magari fatto forzature ad un regolamento, ad una metodologia per andare con tempestività a segnare attraverso questa assemblea del Consiglio regionale una presa di posizioni in ordine a problemi che riguardano in questo caso il trattato di Helsinki nei confronti del quale ricorre oggi il decimo anniversario e che ha chiaramente indicato l'accordo fra i Paesi firmatari nei confronti di una tutela legittima per la pace in Europa, di una tutela dei diritti umani e civili e delle libertà in questi Paesi. Quando qui si segna una evidente indicazione di violazione dei diritti dell'uomo nei Paesi socialisti, si fa chiaramente riferimento a un dato certo, perché i firmatari di questo trattato richiamano la necessità dei firmatari alla necessità di tutelare la pace e di eliminare tutte quelle turbative che nei Paesi socialisti operanti nella nostra realtà europea in questa dimensione non si collocano.
E allora con estrema sincerità noi non possiamo non esprimere profonda delusione come democratici cristiani, profonda amarezza e vorrei dire anche viva preoccupazione, per le numerose violazioni dei diritti umani che non vengono garantiti pur da un accordo che è stato sottoscritto, di qui l'impegno dell'assemblea regionale piemontese ad attivare anche tutte quelle forme esterne che in qualche misura ripropongono questa attenzione.
Vorrei dire che come forze politiche, e questo ordine del giorno mira su questa attenzione, dobbiamo attivare l'impegno finché gli accordi di Helsinki vengano applicati interamente. Proponiamo quindi con estrema serenità e con estrema semplicità di firmare il documento, di votarlo senza alcuna strumentalizzazione, come firmeremo e voteremo altre prese di posizioni di violazioni di libertà, di diritti inalienabili dell'uomo in qualsiasi latitudine esse possono avverarsi come abbiamo già fatto affrontato anche in prima persona, in altre occasioni nella precedente legislatura.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Si è molto parlato dei diritti violati in questa o in quella nazione dimenticando forse che esiste anche un diritto dei Consiglieri regionali a riposarsi dopo alcune ore di seduta. Noi voteremo contro gli emendamenti che dovessero essere proposti e se questi venissero respinti non abbiamo difficoltà a dire che il MSI è pronto a sottoscrivere e a votare in favore dell'Ordine del giorno Pezzana.



PRESIDENTE

Io chiedo a voi, dato che l'ordine del giorno è stato iscritto, se ritenete di passare alla sua votazione, anche perché è stato discusso da tutti i Gruppi. Credo non si possa ulteriormente dilazionare il voto su questo documento. Bisogna però prima esaminare gli emendamenti presentati dal Consigliere Reburdo.



PEZZANA Angelo

Non sono d'accordo, perché come non sono stati accettati gli emendamenti in merito all'ordine del giorno precedente, non si devono accettare neanche per questo. Non bisogna usare due pesi, due misure diverse.



PRESIDENTE

Una volta presentato l'ordine del giorno vi è il diritto di proporre degli emendamenti; spetta poi all'assemblea respingerli o meno. Io ho qui un emendamento che il Consigliere Reburdo ha presentato e che bisogna esaminare, per cui l'assemblea potrà esprimersi nei suoi confronti.



PEZZANA Angelo

No, mi scusi Signor Presidente, io chiedo che non si votino questi emendamenti, così come è avvenuto per 1' Ordine del giorno precedente. Non si può accettare il metodo!



PRESIDENTE

L'Ordine del giorno una volta che è acquisito all'assemblea non è un ordine del giorno in termini assoluti per cui non può essere in qualche modo emendato; spetta all'assemblea respingere l'emendamento o no, perch il Consigliere che l'ha formulato ha diritto di formularlo. Il proponente è abilitato certo a dire che non accoglie nessun emendamento e l'ha dichiarato. Spetta però all'assemblea dichiarare se concorda o meno nel respingere l'emendamento.
A questo punto, la situazione è che il proponente vuole mantenere l'ordine del giorno così com'è, che vi sono degli emendamenti che debbono essere esaminati e votati. Ci può essere a questo punto una richiesta che l'Ordine del giorno sia posto in votazione per punti separati. I punti che non sono oggetto di emendamento sono quelli che vanno fino al capoverso "consapevole".



PEZZANA Angelo

Chi è che stabilisce che va posto in votazione per punti? Io non sono d'accordo che lo si voti per punti.



PRESIDENTE

E' stata avanzata una richiesta.



PEZZANA Angelo

Allora si voti la richiesta!



PRESIDENTE

Il regolamento ammette la votazione di documenti anche per punti separati. E' stato sempre fatto così in questo Consiglio; non cambia nulla della vicenda.
Pongo in votazione la prima parte del documento.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, prima di passare alla votazione di questo punto chiedo 5 minuti di sospensione per una riunione dei Capigruppo. Si era deciso di fare una seduta continuata fino alle prime ore del pomeriggio però se il problema si pone in questi termini, io propongo che i Capigruppo verifichino la situazione per trovare una soluzione, perché non si pu votare contro.



PRESIDENTE

Seguiamo allora fedelissimamente il regolamento, senza il tentativo di avvicinare le parti su un problema così importante. Occorre mettere in votazione l'emendamento prima del testo originario e su questo non c'è nessun dubbio. Si poteva tentare la votazione per parti separate per dare maggiore unitarietà al documento. A questo punto devo porre in votazione l'emendamento affinché sia chiaro chi è favorevole e chi è contrario dopodiché si procede alla votazione dell'Ordine del giorno.
L'assemblea è chiamata ad esprimersi su questo emendamento; il presentatore rifiuta qualsiasi inserimento.
Pongo pertanto in votazione gli emendamenti presentati dai Consiglieri Reburdo, Ala e Staglianò.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Gli emendamenti sono respinti con 18 voti favorevoli e 27 contrari.
A questo punto pongo in votazione per punti separati l'ordine del giorno presentato dal Consigliere Pezzana.
Pongo in votazione il primo comma.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il primo comma è approvato all'unanimità dai 49 Consiglieri presenti.
Pongo in votazione il secondo comma.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 49 Consiglieri presenti.
Per quanto riguarda il terzo comma, oggetto dell'emendamento che è stato respinto, vi è unanimità come in precedenza?



BONTEMPI Rinaldo

Per le ragioni che ho richiamato nel mio intervento, il Gruppo comunista si astiene.



REBURDO Giuseppe

Chiedo la parola per dichiarazione di voto.



BRIZIO Gian Paolo

Può fare dichiarazione di voto solo se è diversa da quella del suo Capogruppo.



REBURDO Giuseppe

Io ho presentato un emendamento e mi è stato respinto, devo pur dir qualcosa su questo caro Brizio.



PRESIDENTE

Il Gruppo comunista si astiene, mentre il Consigliere Reburdo vota contro; quindi, votando in modo difforme dal suo Gruppo ha diritto alla parola.



REBURDO Giuseppe

In qualche modo abbiamo trovato il cavillo giusto per poter parlare.
Voterò contro questo paragrafo, anche se condivido in pieno quanto qui è detto, perché lo ritengo detto nel complesso generale in modo tattico e volgarmente strumentale dal punto di vista politico.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Ala per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.



ALA Nemesio

Dichiaro di votare contro questo punto, con motivazioni molto simili a quelle illustrate dal Consigliere Reburdo, ritenendo che questo documento possa essere da me condiviso soltanto con quell'aggiunta. Penso che non sia sostenibile alcuna diversificazione tra i vari Paesi che hanno tutti quanti firmato gli accordi di Helsinki. E questo riguarda la Turchia in modo particolare.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Staglianò per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Dichiaro che per le ragioni ora riassunte da Ala io mi asterrò sulla votazione di questo punto dell'Ordine del giorno.



PRESIDENTE

Passiamo ora alla votazione del terzo comma del documento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
II Consiglio approva con 31 voti favorevoli, 2 contrari e 16 astensioni.
Pongo in votazione gli ultimi 3 commi non emendati.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva con 47 voti favorevoli e 2 astensioni.
Auguro a tutti i Consiglieri buone vacanze e vi ricordo che il Consiglio verrà convocato a domicilio in data che sarà concordata d'intesa tra i Capigruppo.


Argomento:

Esame ordine del giorno inerente il decimo anniversario della firma dell'atto finale della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa di Helsinki (seguito)

Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 17)



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