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Dettaglio seduta n.36 del 27/02/86 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute", non essendovi osservazioni, i processi verbali delle adunanze consiliari del 21 e 30 gennaio 1986 si intendono approvati.


Argomento: Beni demaniali e patrimoniali

Interpellanza del Consigliere Staglianò inerente l'inagibilità dei locali del II Ufficio Imposte Dirette di Torino


PRESIDENTE

In merito al punto 2) dell'o.d.g.: "Interrogazioni ed interpellanze" esaminiamo l'interpellanza del Consigliere Staglianò inerente l'inagibilità dei locali del II Ufficio Imposte Dirette di Torino. Risponde l'Assessore Turbiglio.



TURBIGLIO Antonio, Assessore al patrimonio

Con l'interpellanza in oggetto si chiede al Presidente della Giunta regionale di sapere: 1) se non ritenga necessario adoperarsi di concerto con il Comune di Torino per trovare una sistemazione idonea al II Ufficio delle Imposte Dirette di Torino 2) se non ritenga d'intervenire presso il Ministero delle Finanze per risolvere il problema dei locali per il predetto ufficio statale 3) se non voglia provvedere a trasferire altrove l'Assessorato regionale all'urbanistica attualmente ospitato nei locali di proprietà dello Stato siti in c.so Bolzano a Torino per consentire un accorpamento più funzionale degli uffici delle Imposte Dirette di Torino.
Al riguardo e premesso che è interesse di tutti ed in particolare dei vari livelli istituzionali creare le condizioni migliori per la realizzazione di un effettivo controllo fiscale, tra cui le strutture idonee per chi deve operare in tale settore, si fa presente che da informazioni assunte presso i competenti uffici, parrebbe che sia giunta a soluzione la definitiva sistemazione del II Ufficio delle Imposte Dirette.
Tale Ufficio, infatti, si trasferirebbe dai locali di proprietà della SAI siti in via Roma al Palazzo del Lavoro di proprietà demaniale sito in via Ventimiglia 201, con l'assenso già espresso dalle Direzioni generali del Demanio e delle Imposte Dirette dei Ministero delle Finanze.
Detto questo, si ritiene comunque di poter rassicurare l'interpellante che pur nel rispetto delle competenze e dei poteri delle singole Amministrazioni, il problema sarà seguito con attenzione e con spirito di collaborazione, in modo che la sistemazione di uffici così importanti, come quelli delle Imposte Dirette di Torino, avvenga al più presto.
Per quanto riguarda la ricerca della nuova sede per l'Assessorato regionale all'urbanistica vorrei far presente al Consigliere che questo Assessorato è insediato in una parte dell'immobile in c.so Bolzano trasferito alla Regione per effetto delle disposizioni contenute nel D.P.R.
15/l/72, n. 8, concernente appunto il trasferimento alle Regioni delle funzioni in materia di urbanistica e di viabilità e dei relativi uffici.
Tale parte dell'immobile è quindi di proprietà regionale e non statale anche se atti formali per il relativo trasferimento non si sono ancora potuti compiere per difficoltà sorte con l'Intendenza di Finanza di Torino circa l'esatta ripartizione dell'immobile tra le due Amministrazioni statale e regionale. Ribadisco comunque che la parte di immobile che ospita l'Assessorato all'urbanistica è di proprietà della Regione, per cui non esistono le difficoltà evidenziate, dovute forse ad un'informazione non completa o perlomeno non sufficientemente esauriente da parte del Consigliere Staglianò.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Ringrazio l'Assessore Turbiglio per la completezza della sua risposta nonostante il ritardo. Sottolineo questo aspetto perché il problema ha coinvolto l'opinione pubblica in seguito alla protesta dei lavoratori del II Ufficio delle Imposte Dirette, i quali, da anni, come è noto peraltro alla Presidenza di questo Consiglio, denunciano una situazione insostenibile per un lavoro preziosissimo, come lo stesso Assessore Turbiglio opportunamente ha richiamato. Stiamo parlando, infatti, di un ufficio che gestisce e controlla le dichiarazioni dei redditi fatte sul modello 760 di tredicimila società di capitale e quelle sul modello 770 dei sostituti d'imposta per un totale di circa quarantacinquemila dichiarazioni l'anno.
Ho avuto modo di rendermi conto della situazione andando a visitare questi locali su sollecitazione delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e con la collaborazione dello stesso Direttore dell'ufficio. Ho dovuto mettermi, credetemi, le mani nei capelli: ho visto impiegati che lavorano in condizioni disastrose con il pavimento lesionato, con gli archivi riposti nell'anticamera del gabinetto. Non sto esagerando, ci sono le fotografie che sono state portate a conoscenza dell'opinione pubblica.
Mi pare che questo avvio a soluzione sia un buon segno. Mi permetto di raccomandare all'Assessore e alla Giunta di seguire questa vicenda molto da vicino.
Questo trasferimento doveva avvenire entro la fine dell'anno. E' dal colloquio avuto presso l'Intendenza di Finanza, cui farò cenno ora, che ho tratto le informazioni in merito ai locali di c.so Bolzano. Subito dopo la visita del II Ufficio ho inteso portare la testimonianza di un modesto Consigliere regionale al riguardo. L'Intendenza di Finanza assicurava che da parte sua c'era la massima disponibilità perché il trasferimento avvenisse entro la fine dell'anno, le difficoltà riguardavano l'Assessorato al lavoro del Comune di Torino: una sorta di scaricabarile dejà vu.
Mi pare che le cose siano impostate in termini tali da accelerare rapidamente questo trasferimento e, in questo senso, ripeto, invito la Giunta ad adoperarsi al riguardo.
Per quello che concerne la proprietà dei locali l'Intendenza di Finanza non ha fatto cenno ai dettagli cui lei opportunamente si è richiamato per mi è stato confermato che non vi è nessun atto formale allo stato attuale delle cose (cioè a dicembre, ma lo è tuttora), per cui quei locali sono stati trasferiti alla Regione.
Se, come è evidente, questa sua opportuna precisazione modifica un po' la lettera della mia domanda al riguardo, non ne modifica però la sostanza: anche se mi rendo conto delle difficoltà concrete al riguardo, la sostanza sta nel richiamare l'attenzione della Giunta su un problema importante avvertito con buon senso da chiunque ritengo, e cioè l'accorpamento funzionale in un'area determinata della città di uffici che riguardano le stesse questioni. I lavoratori dell'Ufficio Imposte, ma lo stesso Intendente di Finanza, mi facevano l'esempio di cittadini (ma è esperienza di chiunque abbia dovuto ricorrere a questi uffici) che devono spostarsi da c.so Vinzaglio a via Roma, da via Roma a c.so Regina Margherita, e chi più ne ha più ne metta.
Io penso che guardando a una società più razionale per il domani bisognerebbe che queste disfunzioni venissero ridotte al minimo e, in questo senso, faccio una raccomandazione alla Giunta affinché, nella riorganizzazione degli uffici dei propri stabili, si tenga conto anche di questi problemi, e magari non solo per il caso specifico dell'Ufficio Imposte, ma per problemi analoghi che riguardano i cittadini.


Argomento: Trasporti su ferro

Interrogazione del Consigliere Pezzana inerente la convenzione con le FFSS.


PRESIDENTE

Esaminiamo l'interrogazione del Consigliere Pezzana inerente la convenzione con le FFSS.
La parola all'Assessore Cerutti.



CERUTTI Giuseppe, Assessore ai trasporti

Con deliberazione n. 69, in data 9 dicembre 1983, la Giunta regionale ha approvato lo schema di convenzione tra l'Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato, la Regione Piemonte, il Comune di Torino e la S.p.A. SATTI per regolare i rapporti derivanti dall'esecuzione dei lavori per il potenziamento del nodo ferroviario di Torino.
In questo senso vengono recepite e formalizzate le indicazioni contenute nel protocollo d'intesa siglato in data 3 novembre 1982 tra gli Enti suddetti.
Il quadro di riferimento dal quale la Regione Piemonte è partita perla realizzazione degli interventi previsti dalla Convenzione è quello del Piano regionale dei trasporti approvato dal Consiglio regionale nel 1979.
La convenzione ha infatti recepito le indicazioni di tale Piano sia per la scelta del quadruplicamento in asse sia per l'adozione di un sistema di esercizio denominato ad attestamenti incrociati.
Con deliberazione n. 34 in data 6 settembre 1984 sono state apportate allo schema di convenzione suddetto alcune modifiche allo scopo di precisare meglio alcune concisioni del testo. In data 10 dicembre 1984 è stata stipulata la convenzione contrassegnata dal n. 113 di repertorio e registrata presso l'Ufficio del Registro degli atti pubblici di Torino in data 20 dicembre 1984.
Come già citato in precedenza la convenzione è stata stipulata tra i vari partecipanti per regolare i rapporti derivanti dall'esecuzione dei lavori per il potenziamento degli impianti del nodo ferroviario di Torino relativi alla costruzione di un nuovo collegamento fra le stazioni di Torino Lingotto e Torino Porta Susa, del quadruplicamento del tratto Torino Porta Susa - Torino Stura e all'allacciamento con la rete delle Ferrovie dello Stato della linea in concessione Torino - Ceres.
Gli interventi suddetti delle Ferrovie dello Stato sono stati previsti dal Decreto del Ministro dei Trasporti 10 settembre 1981, n. 1881 concernente il "Programma di utilizzo delle somme stanziate con la legge 12 febbraio 1981, n. 17".
La Regione Piemonte ha inizialmente predisposto, di concerto con l'azienda delle Ferrovie dello Stato e il Comune di Torino, alcuni studi che nell'ottica del conseguimento dell'intesa di cui all'art. 10 della legge n. 17/1981, hanno portato alla definizione di un accordo che ha previsto la realizzazione di un nuovo collegamento ferroviario prevalentemente in galleria tra le stazioni di Torino Lingotto e Torino Porta Susa, provvedimento che, unitamente al quadruplicamento del tratto Torino Porta Susa - Torino Stura, consentirà di incrementare la potenzialità degli impianti ferroviari per mettere in grado di soddisfare le esigenze del traffico viaggiatori e merci facente capo al nodo di Torino, ivi compreso il traffico viaggiatori a livello regionale e comprensoriale.
In tale convenzione si è convenuto altresì di realizzare sui tratti di linea oggetto degli accennati interventi i nuovi punti di interscambio e di adeguare quelli esistenti per consentire una più stretta integrazione con gli altri servizi di pubblico trasporto e migliorare la penetrazione e la distribuzione dei flussi di traffico viaggiatori nell'area urbana, anche al fine di un decongestionamento del traffico di superficie.
La Regione Piemonte ha elaborato a proprie cure e spese, d'intesa con l'azienda delle Ferrovie dello Stato e il Comune di Torino, il progetto generale di massima sia per l'ipotesi del piano regolatore generale che nel suo ambito, per una fase funzionale concernente gli interventi sopra citati.
Successivamente tale progetto è stato rielaborato per tener conto della richiesta del Comune di Torino per abbassare il piano del ferro nel tratto di corso Vittorio Emanuele II al sottovia di corso Regina Margherita e tenere conto di specifiche esigenze ferroviarie nel frattempo sopravvenute.
Recentemente, l'azienda FFSS, ha affidato l'appalto e incaricato, con il sistema delle concessioni di prestazione integrate, il concessionario di elaborare i progetti definitivi ed esecutivi.
Su tali progetti la Regione Piemonte deve rilasciare il benestare in conformità dell'art. 10 della legge 17/81.
L'approvazione dei progetti definitivi da parte del Ministero dei Trasporti, inoltre, ha valore, ai sensi e agli effetti dell'art. 1 della legge 1/1978, di dichiarazione di pubblica utilità e di esigenze ed indifferibilità. Per garantire il coordinamento tecnico e temporale delle esecuzioni delle diverse opere dei controlli tecnici ed economici, da eseguire in corso d'opera e dei collaudi finali, è stato costituito un Comitato di coordinamento del quale fanno parte rappresentanti dei vari Enti interessati.
Inoltre, il Comitato, presieduto da un rappresentante designato dall'azienda FFSS., ha la funzione di assicurare e promuovere il coordinamento tecnico amministrativo tra gli Enti ai fini della realizzazione del progetto oggetto della convenzione.
La sede presso la quale il Comitato si deve riunire è quello dell'Assessorato ai trasporti della Regione Piemonte, la quale ha assunto anche l'incarico di Segreteria Generale del Comitato stesso.
Ultimamente, il Comune di Torino ha manifestato - nel corso della riunione del Comitato di coordinamento del 4/11/1985 - il proprio intendimento di procedere all'integrazione dei progetti approvati con altri riguardanti principalmente gli impianti di interscambio tra i vari sistemi di trasporto pubblici e privati nelle stazioni di Torino Stura, Torino Dora, Torino Porta Susa e di richiedere lo spostamento degli impianti di quest'ultima stazione verso corso Vittorio Emanuele II oltre alla realizzazione di un'asse di penetrazione urbana sovrastante la sede ferroviaria.
Nella medesima riunione, la Regione Piemonte e la S.p.A. SATTI hanno a loro volta manifestato l'intendimento di procedere, nel quadro del potenziamento delle ferrovie in concessione dell'area torinese, alla riprogettazione degli impianti della ferrovia Torino - Ceres anche nella tratta urbana. Nel corso di suddetta riunione, il Comitato di coordinamento ha preso atto che le modifiche di cui sopra consentono di rispettare le caratteristiche progettuali ferroviarie di base. Si è quindi resa necessaria la predisposizione di una prima appendice alla convenzione che la Giunta ha approvato con D.G.R. n. 121 nell'adunanza del 12 novembre 1985.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Ringrazio l'Assessore Cerutti per la sua risposta. La mia interrogazione era in effetti molto interlocutoria e devo dire.che la risposta dell'Assessore è la cronistoria di quanto è accaduto, cronistoria che si poteva evincere leggendo i documenti che l'Assessore ha giustamente molto ampiamente richiamato. Si tratta però di una cronistoria di quanto avvenuto, non è la risposta a quanto chiedevo.
La mia opinione è invece che la Regione sia molto coinvolta in questa situazione perché ha redatto il progetto iniziale, quello di massima, che contiene le linee generali. La Regione poi deve rilasciare il proprio benestare sui progetti definitivi ed esecutivi che saranno fatti dalle ditte appaltatrici e che non sono ancora pronti.
La Regione ha delle possibilità reali di intervento.
Le scelte fondamentali del progetto, cioè il quadruplicamento Porta Susa - Stura e i famosi assestamenti incrociati, cioè il passaggio di più nodi di trasporto, vale a dire creare nell'area di Porta Susa un nodo di traffico su cui convergono tutte le linee automobilistiche, tranviarie metropolitane e intorno alle quali concentrare tutto il terziario, sono state compiute nel piano del '79, un piano vecchio che già conosciamo.
Quello che chiedevo nelle mia interrogazione era perché queste scelte sono state fatte, visto che il quadruplicamento così come è stato impostato parte da un'analisi vecchia della città di Torino, pensato per una città che era tutta a ridosso del Po e non invece di una città che si è andata estendendo verso Rivoli e che ha oggi un'immagine completamente diversa rispetto a centovent'anni fa.
Chiedevo se erano state fatte delle analisi sulla funzionalità di questo progetto dal punto di vista della sovrapposizione con il sistema metropolitano, cioè in che cosa migliorerà oppure peggiorerà questo progetto i rapporti fra Torino e la provincia? A quanto ammontano gli oneri derivanti dalla semiparalisi del trasporto merci che non potrà più usare la linea Stura - Porta Susa per tutto il periodo dei lavori? Altro punto importante che non è stato affrontato nella risposta riguarda il blocco del nodo ferroviario torinese, causato da questi lavori cosa largamente dimostrata dall'analisi del progetto, come ha affermato l'ing. Abate. Mi chiedo quali saranno le conseguenze sui collegamenti per esempio con la provincia. Non si renderanno secchi anche altri rami ferroviari rendendoli lenti o inutili per quanti li utilizzano tutti i giorni? Mi chiedevo, se non sono state fatte delle analisi sull'impatto ambientale che questa opera produrrà sulla città.
A queste domande bisognava dare risposta, perché dal '79 ad oggi le cose sono cambiate: i trasporti non riguardano soltanto la città, ma la cintura, la provincia e l'intera Regione e quindi devono avere un altro tipo di angolazione.
La risposta che ho avuto dall'Assessore Cerutti non affronta i problemi che erano alla base della mia interrogazione che ho riproposto in questa sede. Il piano dei trasporti di Torino coinvolge metà dell'area regionale perché tale è la portata dei trasporti che riguardano Torino e provincia e questa non può essere appiattita e ridotta in un progetto che non è più assolutamente fattibile poiché parte da un'analisi della città di Torino in modo ottocentesco.
Occorre tener conto di una città che si è estesa, che è cambiata e che deve essere rifatta integralmente per non ritrovarci domani con un centro storico congestionato, un terziario concentrato e una circolazione sia dei mezzi pubblici che di quelli privati impossibile.
Invito caldamente l'Assessore Cerutti, se lo ritiene, ad affrontare l'argomento in qualche modo. Gliene sarei grato.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti atmosferici ed acustici

Interrogazione dei Consiglieri Adduci, Bontempi e Ferro relativa alla fuoriuscita di gas dallo stabilimento Agip di Robassomero


PRESIDENTE

Esaminiamo l'interrogazione dei Consiglieri Adduci, Bontempi e Ferro relativa alla fuoriuscita di gas dallo stabilimento Agip di Robassomero.
Risponde l'Assessore Maccari.



MACCARI Eugenio, Assessore alla tutela ambientale

Con riferimento all'interrogazione in oggetto si precisa che: in data 2.12.1985 è pervenuta in Assessorato la risposta della Provincia di Torino alla nota che lo stesso Assessorato aveva posto il 12.9.1985 relativa all'argomento in oggetto in data 2.12.1985 è giunta la risposta dell'Agip Robassomero ad una nostra richiesta sempre nella stessa data.
Dalla documentazione della Provincia di Torino e dell'Agip si evince che: a) l'attività dell'Agip non rientra nel campo di applicazione dell'art.
1 dell'ordinanza del 21.2.1985 del Ministro della Sanità e pertanto la Società non è tenuta ad elaborare un piano di emergenza interna.
b) Il Ministero della Sanità ha ricevuto in data 8.5.1985 il questionario compilato dalla Società ai sensi del citato art. 2 dell'ordinanza e da informazioni assunte presso la Prefettura di Torino si evince che le attività svolte dall'Agip di Robassomero e censite ai sensi dell'ordinanza citata non sono da considerarsi attività comportanti rischio di incidenti rilevanti, rientranti nel campo di applicazione della Direttiva del 24.6.1982 e di conseguenza non si darà corso al disposto dell'art. 3 dell'ordinanza medesima.
c) Secondo quanto dichiarato a verbale dalla Società al personale tecnico-ispettivo della Provincia di Torino: l'impianto è rispondente a progetto i sistemi di sicurezza sono idonei la Società ha effettuato lo smaltimento del prodotto decomposto conferendolo, ai sensi del D.P.R. 915 alla ditta Velchi di San Giorgio Piacentino a ciò autorizzata dalla Regione Emilia Romagna.
Le uniche informazioni attualmente in possesso dell'Assessorato riguardanti gli effetti dell'incidente sulla flora della zona adiacente l'impianto e le cause ipotizzate dell'incidente stesso sono quelle fornite dal Laboratorio di Sanità Pubblica dell'U.S.S.L. n. 24 con la relazione pervenuta in data 27 settembre dall'U.S.S.L. n. 27 di Ciriè ed a disposizione dei Consiglieri interroganti.
Per quanto attiene agli effetti dell'incidente sulla fauna della zona adiacente all'impianto, non si conoscono ancora i risultati degli accertamenti sanitari sui piccioni torraioli che la Provincia aveva recapitato all'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte in data 12.7.1985; non si è avuta notizia del recupero di eventuali altri selvatici rinvenuti morti a risultato della campagna di controlli all'uopo predisposta dalla Provincia di Torino in quanto il decesso dei piccioni, di cui sopra, pareva non poter collegare con il fenomeno di inquinamento in questione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Adduci.



ADDUCI Donato

Signor Assessore, se fossi Galileo all'inquisizione, le risponderei: "eppur si muove". Gli incidenti succedono nonostante la sua risposta tenda a minimizzare, il che mi preoccupa ancora di più e poi ne vedremo il perché.
Il Presidente lamenta sempre di aver fatto notare che non è giusto parlare di ritardi nel rispondere alle interrogazioni, eppure bisogna parlare di ritardi, perché poi la realtà ha sempre una evidenza ancor più evidente dei nostri pensieri. In effetti per rispondere a questa interrogazione non è bastato un intervento del signor Presidente del Consiglio Regionale fatto con lettera, né è bastato un articolo...



MACCARI Eugenio, Assessore alla tutela ambientale

Chiedo scusa per l'interruzione, ma sono almeno quattro Consigli che ho la risposta pronta e non riesco ad arrivare a darla.



MACCARI Eugenio, Assessore alla tutela ambientale

ADDUCCI



MACCARI Eugenio, Assessore alla tutela ambientale

Non è colpa mia, mi dispiace, ma i fatti sono questi e bisogna prendere atto dell'evoluzione e del modo di manifestarsi di essi.
Non è bastato, dicevo, neanche un intervento apparso sulla stampa alcuni giorni fa, che riproponeva con vigore e con la necessaria evidenza questa tematica. Quindi questi due momenti non sono stati sufficienti per persuadere l'Assessore a fornire una risposta sollecita alla nostra interrogazione su un problema come questo che ha preoccupato e continua a preoccupare in modo notevole le popolazioni che vivono nei dintorni dello stabilimento dell'Agip. Nel frattempo purtroppo è occorso un altro grave incidente sempre nello stesso reparto: un operaio si trova in fin di vita un altro operaio di cui nessuno sa nulla, di cui nessuno ha parlato accorso ad aiutare il primo, si trova ricoverato al C.T.O., colpito dalle stesse esalazioni. Quindi gli operai colpiti sono due, non uno, però del secondo non si sa assolutamente niente.
La sua risposta Assessore ci preoccupa ancora di più perché tende a minimizzare tutto. Mi rendo conto che i dati in suo possesso vanno in questa direzione, però è proprio su questo fatto che noi dobbiamo meditare ed intervenire.
Come è possibile pensare - e ritenere corretto pensare - che in quella azienda tutto sia a posto, tutte le norme siano rispondenti ai requisiti di legge fidandoci dei dati forniti dall'azienda stessa e non innescando da parte della Regione, che dovrebbe in qualche modo intervenire e controllare, nessun meccanismo di controllo serio e reale sull'uso appropriato delle tecnologie? Come è possibile pensare che tutto vada bene all'interno dell'azienda quando nel reparto più critico sono accaduti nel solo giro di cinque mesi ben due incidenti: uno con l'emissione di gas comunque destanti preoccupazioni tra la gente, nessuno sa dire se nocivi o meno - un altro che ha colpito direttamente i due lavoratori.
Di fronte a questi dati noi non possiamo nel modo più assoluto chiudere gli occhi e dobbiamo prendere i necessari provvedimenti.
E' chiaro, lo sappiamo tutti, che il settore chimico ha subito dei processi profondi di ristrutturazione ed è anche l'unico settore contrariamente ad altri settori, come ad esempio quello manifatturiero gestito non dal privato, ma dal pubblico: purtroppo la logica di gestione non è stata da parte pubblica sempre la migliore, spesso ha risposto a dei requisiti di natura clientelare, ad una logica clientelare e non ad una logica di sviluppo. Si pensi, ad esempio, alle famose "cattedrali nel deserto" e a tutte le tragedie, compresa quest'ultima, ma potrei parlare di Napoli e di tante altre ancora, che mettono in evidenza la necessità impellente di una svolta che metta in discussione un meccanismo di sviluppo che è quello che ha caratterizzato il processo chimico fino ad oggi.
Non possiamo, Assessore, rimanere inoperosi di fronte alle risposte che a lei sono giunte. Dobbiamo attivarci perché si vada in una direzione diversa nel settore chimico, perché i disastri che continuamente avvengono non accadano e perché si ponga un rimedio a queste cose.
Il problema, in sostanza, è quello di trovare un rapporto diverso tra la chimica e l'innovazione; è in causa certamente il ruolo della ricerca in Italia e questo è un fenomeno molto più complessivo. Mi rendo conto che la Regione da sola non può dare un contributo rilevante per invertire l'attuale tendenza, però fino a quando la Regione continua a ritenere che questi fatti non interessino il suo modo di operare, evidentemente non darà nessun contributo a ché la ricerca vada in altra direzione. Inoltre bisogna porre in evidenza la necessità che all'interno stesso del ruolo della chimica si possano trovare dei prodotti in grado di contribuire alla risoluzione dei problemi ambientali. Ci sono però dei compiti specifici della Regione che la Regione deve attivare, ad incominciare dagli strumenti legislativi esistenti, ad incominciare, ad esempio, a pretendere l'applicazione dell'art. 21 della legge 833 di riforma sanitaria. Sappiamo quante industrie chimiche e non solo chimiche in Italia sono completamente in regola, ad esempio, con la cartella sanitaria di rischio? Abbiamo i registri dei dati ambientali? Tutte le aziende posseggono questi requisiti? E :1e UU.SS.SS.LL. hanno gli strumenti per intervenire? Sono attrezzate per questi interventi? Ci sono le schede di impianto per stabilimenti di questo tipo? E la lista delle sostanze nocive? Esiste? La conosciamo? E' conosciuta dalla gente? Ma di queste cose se ne discuterà dopo perché è stato presentato un ordine del giorno più generale e complessivo dai Consiglieri Reburdo e Ala.
Vorrei far notare che le sue affermazioni, Assessore, sono basate sui dati che lei ha ricevuto e quindi la prego di condurre un supplemento di istruttoria in questa direzione, perché certamente non possiamo accettare le risposte che l'Agip ha fornito a seguito dei fatti che si sono verificati ultimamente: ora quello stabilimento è sequestrato.
Il Pretore di Cirié lo ha messo sotto sequestro e voi mi dite che non c'è niente? Che le tecnologie sono rispondenti ai requisiti? Non è da prendere in considerazione una risposta di questo genere, quindi per favore La sollecito ad attivarsi per verificare meglio. Voglio leggerle Assessore, ciò che l'azienda ha riportato su una sua rivista a titolo di immagine, ma è meglio dire propagandistico: Parliamo dell'impianto di produzione di sali di zinco che è quello che ci interessava quest'estate ed è quello che ci interessa tuttavia a seguito dei due incidenti verificatisi giorni fa.
Ascolti, Assessore, cosa dice l'azienda su questo impianto: "si produce su due gradi di lavorazione, con due reazioni chimiche successive; nella prima una miscela di alcoli sintetici reagisce con una sostanza inorganica il pentafosfuro di fosforo, formando il corrispondente acido dealchiditiofosforico; nella seconda l'acido ottenuto viene neutralizzato con un tipo di ossido di zinco. Entrambe le reazioni - e qui richiamo la sua attenzione - devono essere condotte in condizioni rigorosamente controllate - lo dice l'azienda, non lo diciamo noi - ed a questo scopo è installato un sistema di controllo a microprocessori".
La realtà qual è Assessore? La realtà è un'altra: ci sono molte cose che non vanno, a detta dei lavoratori che in quell'impianto lavorano. Un buon impianto deve essere costruito - riporto questa frase perché l' ha detto un lavoratore del Consiglio di fabbrica - a "prova di scemo". Vale a dire che tutti .devono essere in grado di intervenire in qualsiasi momento su impianti di questa natura.
I lavoratori hanno fatto presente la situazione all'azienda, ed essa ha messo in programma alcuni interventi i quali però non sono mai stati realizzati; i lavoratori aggiungono che ci si deve meravigliare che siano successi soltanto due incidenti, molti altri incidenti avrebbero potuto succedere e richiamo di nuovo l'attenzione sul fatto che un altro operaio è ricoverato al C.T.O..
Questa è la realtà di fronte alla quale noi ci troviamo. Per quanto riguarda poi il problema di informare i cittadini, veniamo a sapere da lei che l'azienda non ha un piano di intervento e non è tenuta a farlo.
L'azienda non rientra tra quelle ad alto rischio? Secondo noi invece rientra perché, e qui si pone seriamente un problema di revisione legislativa, è un'azienda classificabile al n. 2567 delle direttive C.E.E.
numero cui si riferisce la produzione di prodotti chimici vari per uso industriale.
In ogni caso all'interno di quell'azienda continuamente si verificano delle fughe di gas, noi diciamo non nocivo, ma non dobbiamo dimenticare che facciamo quest'affermazione alla luce delle conoscenze odierne: chi pu dire che alla lunga queste fuoriuscite continue e costanti non diventino nocive? Si diceva all'Ipca, quindici anni fa, che quei vapori, quei gas non erano tossici, c'erano tante certificazioni mediche che ne attestavano la non tossicità. Tanti lavoratori dell'Ipca sono morti e purtroppo continuano a morire per aver respirato sostanze nocive.
Allora non dobbiamo rimanere inerti ed impotenti di fronte a questi dati. Assessore, voglio ricordarle che lei si appresta a gestire, anzi sta gestendo un processo rilevantissimo che è quello della costruzione della centrale nucleare.
Voi state frustando quel cavallo che corre veloce come il vento verso Samarcanda. Voi sapete cosa c'è a Samarcanda o a Samarra? C'è la morte che aspetta il cavaliere di quel cavallo che, ripeto, state frustando.
Non è pensabile assumere un atteggiamento di questo genere di fronte agli incidenti chimici che continuamente si verificano, di fronte a gente ad operai che stanno morendo, che ci porta a dire: "noi ci accontentiamo di quello che l'azienda ci ha detto e va tutto bene". Perché altrimenti dobbiamo ipotizzare che anche di fronte alla costruzione della centrale nucleare, voi assumerete questo stesso atteggiamento, voi o chi per voi.
Cioè, sostenete la costruzione della centrale nucleare, ma dopo direte "beh, l'Enel ci ha detto che tutto è a posto", come già fate ampiamente anche in queste situazioni: è una logica inaccettabile.
Volevo, e mi appresto a concludere, informarla, Assessore, anche di questo, perché si faccia parte attiva. Esiste un programma di ammodernamento dell'azienda, anche per quanto riguarda la sicurezza, quindi non prendiamo per buono ciò che l'azienda ha detto. Tuttavia questo programma di ammodernamento è indicato in maniera vaga e generica; i tempi di attuazione si sono dimostrati inadeguati a far fronte ai problemi di sicurezza ed inoltre l'azienda si rifiutava e si rifiuta di riconoscere che gli organici sono insufficienti. Le dico ancora un'altra cosa: quando l'ultimo incidente si è verificato, l'azienda non aveva nessuna possibilità di far intervenire degli infermieri, o del personale specializzato per far fronte a ciò che era accaduto; è invece intervenuto un tecnico, che per caso si trovava all'interno del reparto, ed ha praticato la respirazione bocca a bocca all'operaio che giaceva a terra svenuto.
0 accettiamo per buono ciò che l'azienda ci dice oppure noi ci mobilitiamo affinché l'azienda introduca almeno un'infermeria e la faccia funzionare per far fronte a queste evenienze. Ora che quell'impianto è sequestrato, chiediamo che si promuova un intervento di esperti, affinch si verifichi la rispondenza tra il progetto approvato e l'uso delle tecnologie che sono state usate per metterlo in moto, altrimenti il nostro compito non serve a nulla. Una relazione su questo noi l'abbiamo? Abbiamo una dichiarazione dell'azienda che ci dice che tutto va bene. Grazie, ci mancherebbe altro, ma non è così. Se si verificano incidenti continuamente mi chiedo come si fa, con quale spudoratezza si possa dire "va tutto bene".
Lei assuma un'iniziativa e faccia controllare, ripeto, se c'è la rispondenza tra il progetto approvato dal "CRIAP" e le tecnologie usate, mi pare il dato fondamentale.
Ora, questo impianto potrà essere rimesso in moto quando, lo dicono i lavoratori, opererà nella massima condizione di sicurezza. Io mi auguro Assessore, che lei stesso non si accontenti delle risposte generiche ricevute, perché il rischio è continuo e costante e noi potremo avere delle risposte soddisfacenti soltanto quando esperti da noi nominati avranno verificato che le condizioni di sicurezza siano state completamente attuate.


Argomento: Parchi e riserve

Interrogazioni del Consigliere Ala e dei Consiglieri Marchini e Santoni inerenti il Giardino Botanico Rea di San Bernardino di Trana


PRESIDENTE

Esaminiamo congiuntamente le interrogazioni presentate dal Consigliere Ala e dai Consiglieri Marchini e Santoni inerenti il Giardino Botanico Rea di San Bernardino di Trana. Risponde l'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore ai parchi

Il Consigliere Ala ed i Consiglieri Santoni e Marchini chiedono di conoscere le motivazioni che hanno portato all'abbandono del progetto relativo alla conservazione del Giardino Botanico Rea di San Bernardino di Trana.
Nel precisare che la Giunta regionale è intenzionata a porre in essere ogni azione tendente a salvare questo Giardino Botanico il cui interesse scientifico è ampiamente dimostrato e conosciuto, corre l'obbligo peraltro di precisare alcune questioni sulle quali forse è carente l'informazione: nel corso dell'anno 1982 il proprietario del Giardino Botanico Rea, che) occorre ricordarlo è di proprietà priva-ta, propose alla Giunta regionale la donazione del Giardino. Tale donazione non fu mai accettata dalla Regione. Infatti l'esame dei conti economici e delle spese conseguenti alla eventuale regionalizzazione del Giardino sconsigliarono di procedere in tale direzione in quanto, tenendo conto delle spese di personale (peraltro non assorbibile negli organici regionali), di gestione, di ristrutturazione e di manutenzione degli immobili, l'ordine di grandezza della spesa da sostenersi annualmente da parte della Regione si avvicina ai 400/500 milioni.
Una valutazione di questo tipo non poteva che portare ad una decisione diversa rispetto a quella della regionalizzazione "tout court" del Giardino: l'Amministrazione regionale allora in carica ritenne pertanto di poter procede ad un'azione di salvataggio e di aiuto all'attività del Giardino utilizzando le normative previste da una legge regionale, la n. 22 del 1983, che consente di finanziare, su tutto il territorio regionale, la conservazione e la salvaguardia dei giardini botanici anche in base a convenzioni con i privati proprietari.
La scelta effettuata trovava ampie giustificazioni, è da considerarsi la più idonea, proprio in relazione al fatto che veniva a collocarsi in un quadro normativo preciso e consentiva, attraverso lo strumento della convenzione, di provvedere al versamento di un contributo e contemporaneamente di poterne avere un ritorno per la comunità regionale consentendo ed incentivando gli scambi scientifici con l'Università di Torino e con il Museo Regionale di Scienze Naturali.
A quanto risulta dagli atti assunti dalla precedente Amministrazione il contributo fissato inizialmente in L. 142 milioni per l'anno 1983 tendente a rimborsare le spese sostenute nell'anno ed a garantire, quindi la sopravvivenza di questa struttura di notevole interesse scientifico, si è ridotto a 63 milioni per il 1984 è a 85 milioni per l'anno 1985: tale contributo è stato, ovviamente, commisurato non solo alle esigenze di bilancio, ma anche ai contenuti della convenzione che regolava i rapporti tra Giardino botanico Rea e Regione. Deve essere nuovamente sottolineato che si è trattato di contribuire al mantenimento di una struttura di proprietà privata e che pertanto è ovvio che un regime convenzionale non può garantire .il mantenimento dell'attività stessa, ma deve garantire un ritorno - in questo caso di ordine scientifico e di documentazione - alla collettività e all'Ente pubblico.
Sulla scorta di questa esperienza passata e che la Giunta attuale ritiene ineccepibile, sia dal punto di vista formale, sia dal punto di vista sostanziale, l'intendimento di questa Amministrazione resta quello di salvare il patrimonio scientifico del Giardino Rea attraverso due strumenti tra loro complementari: il primo è quello del rinnovo della convenzione prevista dalla L.R. 22/83 ed il secondo è quello della ricerca, peraltro già in atto, di forme di sponsorizzazione da parte di privati che garantiscano la copertura delle spese necessarie al mantenimento del Giardino.
Questa soluzione, sulla quale si sta attivamente lavorando, prescinde comunque dalla regionalizzazione del Giardino che, per le motivazioni espresse in precedenza, non si ritiene possa essere perseguita.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante, Consigliere Santoni.



SANTONI Fernando

Ringrazio il Vicepresidente della Giunta per la risposta che ci ha dato. Riteniamo la risposta soddisfacente, non potendo però non sottolineare all'attenzione della Giunta e del Consiglio l'importanza dell'istituzione di cui stiamo trattando: è ben vero che si tratta di istituzione privata, ma è un'istituzione che non ha fini di lucro, ma fini scientifici che sono riconosciuti in tutto il mondo e qualche dato forse potrà essere importante perché il Consiglio si renda conto del rilievo dell'oggetto delle presenti interrogazioni.
Il Giardino Botanico del dott. Bellia, oltre a far parte dell'International Association of Botanic Garden, è l'unico del suo genere in Italia, e possiede tra le sue serre, aiuole, circa 6.000 piante "fiori alpini" e mantiene rapporti permanenti con altri 300 orti botanici in tutto il mondo. Quindi è un fatto di rilevanza non solo nazionale, ma internazionale.
Il dott. Bellia ha promosso e curato da oltre 25 anni quest'orto botanico, ha investito in questo tutte le proprie sostanze e il proprio patrimonio spendendo cifre notevolissime a fini esclusivamente scientifici che dovrebbero essere curati più dalla mano pubblica che dalla mano privata. Ma la passione e l'interesse scientifico del dott. Bellia hanno consentito la costituzione e il mantenimento di questo patrimonio che non deve essere considerato soltanto di un privato, ma patrimonio d'interesse nazionale ed internazionale.
Noi sottolineiamo questi dati all'attenzione della Giunta e siamo convinti che, attraverso lo strumento indicato dall'Assessore Vetrino, è sufficiente a consentire la sopravvivenza di questa istituzione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Ringrazio l'Assessore per la risposta.
Di Giardini Botanici dovrebbero esisterne di più.
Il fatto che gran parte di queste strutture siano private e comportino elevati oneri per chi le ha curate apre un discorso sul passato e sulle disattenzioni delle Amministrazioni pubbliche nei confronti di un certo patrimonio di notevole interesse scientifico e culturale.
Prendo atto che non è prevista la regionalizzazione, cosa che invece da alcune dichiarazioni, forse magari un po' imprecisamente riportate dai giornali, pareva fosse stata - come ho scritto nella mia interrogazione promessa. Penso che, in parte, la Convenzione possa garantire - almeno mi auguro - la sopravvivenza del Giardino ripristinando i contributi previsti nel 1983, con il correttivo del tasso di inflazione.
Occorre rendersi conto che questo tipo di attività richiede alti investimenti e soprattutto una volontà politica. Il problema non è dare degli oboli per tenere in piedi una struttura, ma - ed è una constatazione rivolta non soltanto all'Assessore, ma a tutta la Giunta e a tutto il Consiglio - a queste cose bisogna crederci. Infatti, se ci si crede allora queste rientrano tra le priorità, se non ci si crede allora si usano i residui finali di bilancio, quel po' che ne rimane.
Sulla ricerca di forme di sponsorizzazione da parte di privati, in modo che questi possano garantire in parte le spese, pur non dichiarandomi - in linea di principio - contrario, desidero ricordare che avrei visto meglio un intervento di natura pubblica. Devo però, d'altra parte, prendere atto del fatto che questo Giardino esiste perché alcuni privati hanno voluto che esistesse e forse la situazione del nostro Paese è tale che occorre occorrerà magari ancora di più in futuro - ricorrere ai privati. Questi possono essere, da un lato, veri e propri mecenati, dall'altro invece possono misurare i costi, i benefici, e anche i ritorni economici sotto forma di immagine e d'investimento pubblicitario. Costoro sanno forse meglio della struttura pubblica calcolare questi ritorni o i corretti rapporti tra costi e benefici.
Mi auguro che i contributi regionali siano comunque tali da garantire da soli, una decorosa sopravvivenza del Giardino, tenendo conto che il ritorno non è soltanto di natura meramente economica, ma è anche un ritorno difficilmente quantificabile.


Argomento: Norme generali sull'agricoltura

Interrogazione del Consigliere Rossa inerente la Cooperativa Servizi Agricoli


PRESIDENTE

Esaminiamo l'interrogazione del Consigliere Rossa inerente la Cooperativa Servizi Agricoli.
La parola all'Assessore Lombardi.



LOMBARDI Emilio, Assessore all'agricoltura

La Cooperativa Agricola "Servizi Agricoli Villa del Foro - Alessandria" conta su una base sociale di 168 soci prevalentemente coltivatori diretti con un potenziale conferimento di circa 150.000 q di cereali (mais frumento e orzo). Le strutture della Cooperativa, essenzialmente magazzini essiccatoi e macchinari, hanno una capacità di stoccaggio di 130.000 q, con una potenzialità giornaliera di 5.000 q di cereali.
La gestione della Cooperativa ha purtroppo registrato un progressivo sbilancio della gestione economica, quantificato nell'assemblea dei soci del 24 settembre scorso in un deficit patrimoniale di L. 3.150.000.000.
Le motivazioni del disavanzo sono principalmente dovute: alla sottocapitalizzazione della Cooperativa e conseguente ricorso al credito bancario sia per gli investimenti che per la gestione al valore attribuito ai conferimenti superiore a quello di mercato ai mezzi tecnici venduti ai soci a prezzi inferiori al costo al sovradimensionamento delle strutture.
Attualmente la Cooperativa si trova nelle seguenti condizioni: il Tribunale fallimentare di Alessandria, a seguito anche di azioni giudiziarie intraprese da creditori, ha dichiarato lo stato di insolvenza della Cooperativa, iniziando quindi le procedure per la liquidazione coatta amministrativa della medesima ed in primo luogo la nomina di tre Commissari liquidatori designati dal Ministero del Lavoro.
Come d'altronde ben saprà il Consigliere Rossa, è difficile poter prevedere quanto tempo occorrerà perché si arrivi alla definitiva conclusione giudiziale della liquidazione coatta amministrativa e soprattutto prevedere quanto potrà essere dato ai creditori della Cooperativa e ai soci conferenti che attendono le loro spettanze; molto dipenderà anche dalla possibilità di realizzo degli immobili (terreno strutture ed impianti) che hanno si un valore patrimoniale a bilancio di L.
2.300.000.000, ma che si sa in questi casi è di difficile realizzazione.
In questo contesto è soprattutto pesante la situazione dei Consiglieri di Amministrazione, che avendo avallato prestiti a breve da parte degli Istituti Bancari con fidejussioni personali, sono tenuti ad onorarle per quanto non sarà recuperabile dai beni della Cooperativa con beni personali.
Per quanto invece attiene all'utilizzo degli impianti a supporto della produzione agricola della zona si ipotizza una loro utilizzazione per la prossima campagna cerealicola con un accordo con altre strutture cooperative o consortili o private.
In questa direzione c'è l'attenzione e l'impegno da parte dell'Assessorato per trovare formule di gestione che vedano soggetti nuovi subentrare alla gestione della Cooperativa. Nessuna preoccupazione deve invece sussistere- per le maestranze dell'azienda S.P.A.D., la quale acquisisce il prodotto, soprattutto mais, o attraverso contratti con agricoltori singoli e Cooperative o nel libero mercato ed è in fase di espansione tale che le impone di ricercare la merce di cui abbisogna anche fuori dell'area alessandrina interessata.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, signor Assessore, la ringrazio per la risposta che Ella mi ha dato. Mi dichiaro soddisfatto, perché è una risposta per la quale l'Assessorato si assume anche degli impegni, questo mi garantisce ed assicura per la situazione in cui si trovano i produttori agricoli della zona, che sono fortemente preoccupati.
C'è stata un'iniziativa da parte di tutte le associazioni dei produttori che cerca di vedere come salvare il salvabile ed evitare che ci sia la chiusura completa dell'impianto. Mi auguro che la Regione attraverso l'Assessorato all'Agricoltura possa, una volta fatta chiarezza ed esaurito il lavoro dei Commissari designati a liquidare la fase che si sta per chiudere, trovare un accordo con alcune iniziative locali dirette a rilanciare la cooperazione in quella zona e possa, in qualche modo dimostrare di essere presente e sostenere le cose che garantiscono la gente che ha lavorato e che, in quest'ultima fase, ha anche rimesso dei capitali come si è visto.
Era una preoccupazione quella dello Stabilimento S.P.A.D. di Cassano Spinola che poteva essere interessata per simpatia, per un riflesso delle conseguenze di una situazione che sta andando male nella produzione del mais e che potrebbe in qualche modo avere delle ripercussioni.
Sono quei segni che in momenti difficili è bene che si tengano sotto controllo per evitare che possano avere delle conseguenze. Mi pare che dall'indagine che è stata fatta queste preoccupazioni non sussistono e mi fa piacere.
Mi auguro che il problema possa trovare anche a Villa del Foro in Alessandria la più rapida soluzione nell'interesse dei produttori da una parte e dell'economia alessandrina dall'altra.


Argomento: Sanita': argomenti non sopra specificati

Interrogazione del Consigliere Tapparo inerente la medicina omeopatica


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione del Consigliere Tapparo inerente la medicina omeopatica.
Risponde l'Assessore Olivieri.



OLIVIERI Aldo, Assessore alla sanità

Signor Presidente, signori Consiglieri, nello scritto che ho di fronte leggo che sussistono ancora molti dubbi e perplessità circa il fondamento scientifico della medicina omeopatica. Io sono molto più brutale e poich sono di origine morfologica e molto pragmatica, guardo con scetticismo a questi tentativi di ritorno, che sono molto diffusi, alla medicina alternativa.
Il campo delle medicine alternative è un problema strettamente correlato alla disoccupazione medica, su cui noi dobbiamo assolutamente vigilare perché è una strada che si imbocca o che si può imboccare, ma che non si sa dove vada a finire.
Io non sono assolutamente tenero rispetto questo tipo di interventi. Il patrimonio culturale, la biblioteca omeopatica è un patrimonio fondamentalmente storico che però non si differenzia molto da altri patrimoni storici che possono, ad esempio, interessare la letteratura su Cagliostro. Comunque, come tale, indubbiamente va recuperato: anche se vi sono stati elementi di dispersione, questo è un patrimonio culturale comunque complessivo e si è potuto accertare, da un'indagine che abbiamo fatto, quanto dirò adesso.
Con la cessazione dell'attività di ricovero dell'ospedale omeopatico che purtroppo è sulle pagine dei giornali odierni, a partire dall'1.8.1984 in osservanza delle previsioni di Piano, si è avviato un processo di riconversione funzionale della struttura. Attualmente l'ex presidio ospedaliero è sede del Servizio di Igiene del lavoro, di un centro per i tossicodipendenti, di una comunità alloggio per dimessi dagli ospedali psichiatrici e di un consultorio famigliare. Il problema della salvaguardia del patrimonio è rappresentato dalla biblioteca, che è stata oggetto di precise proposte operative da parte dell'U.S.S.L. n, l/23, elaborate anche in relazione a interventi e solleciti da parte del Sovrintendente ai Beni Culturali, che prevedono un recupero e in prospettiva una valorizzazione di detto patrimonio (libri e arredi), attraverso una sua riallocazione unitamente al patrimonio giacente all'ospedale San Giovanni Vecchio, presso la sede dell'Archivio storico della città di Torino di via Barbaroux.
Sotto questo profilo la Regione, nell'ambito delle proprie competenze e di intesa con gli altri soggetti cointeressati, garantirà il proprio sostegno alla proposta ed ogni eventuale altra azione a supporto atta a favorire una tempestiva risoluzione del problema.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, Assessore, non voglio ovviamente aprire una discussione sul tema delle medicine alternative o sul fondamento scientifico della medicina omeopatica; credo però che alcune considerazioni vadano fatte. E' da vari anni che si svolgono con regolarità in Piemonte corsi di Omeopatia per medici e farmacisti, c'è un considerevole aumento delle farmacie che sono in grado di soddisfare queste richieste. Diciamo che l'Omeopatia è entrata socialmente ed economicamente nel nostro Paese oltre che in altri importanti ed evoluti Paesi quale la Repubblica Federale Tedesca e la Francia. -Non so a questo punto se si può definire una "moda" oppure una "medicina della suggestione", evidentemente si tratta di qualcosa che ha uno spessore maggiore.
Non voglio però entrare nel merito di questo tema che è di carattere scientificamente complesso. Vorrei evidenziare che l'omeopatia è certamente nei fatti una realtà: sono millecinquecento i medici che curano con la metodica omeopatica, sono duemila in Italia le farmacie che vendono regolarmente e in modo sistematico prodotti omeopatici; certamente si tratta di un fenomeno che non può essere liquidato come un fatto marginale.
Ciò che nella mia interrogazione mi premeva particolarmente evidenziare è che non deve andare disperso un patrimonio culturale e storico dove il Piemonte vantava grosse tradizioni, vuoi - anche per la vicinanza alla cultura francese.
Ebbene, questo patrimonio è andato clamorosamente disperso nella sua componente bibliotecaria, non è mai stato fatto un inventario. A suo tempo era sistemato con una collocazione estremamente preziosa e funzionale. Ora sarà difficile, probabilmente, tornare sui vecchi passi, io me lo auguro comunque. Sarebbe importante, e mi fa piacere che l'Assessore si sia impegnato in questo senso, recuperare questi testi finiti in ignote destinazioni, probabilmente dispersi.
Mi ritengo soddisfatto per la parte che tocca il problema del recupero di questi testi importanti, che potrebbero prestarsi anche (senza entrare in urto con qualche sistema particolare, dottrinale o di interessi, ecc.) ad essere oggetto, una volta recuperati, di una mostra o di qualcosa che possa permetterne una visione. In questi giorni, alla Mole Antonelliana, è in corso un'interessantissima mostra che solo alcuni anni fa poteva apparire come un fatto specialistico; anche per questi testi storici e antichi dell'omeopatia, credo varrebbe la pena pensare a una loro presentazione. La prego però di tenere ancora aperta in modo da valutare l'ipotesi che ho avanzato anche nell'interrogazione di un'eventuale struttura ambulatoriale che possa permettere di operare non clandestinamente alla medicina omeopatica.
Dunque, soddisfatto per quanto concerne i testi, inviterei l'Assessore a tenere per lo meno aperto il discorso, da valutarsi in seguito, per quanto riguarda l'ambulatorio omeopatico.


Argomento: Unita' locali dei servizi sociali ed assistenziali e dei servizi sanitari - Assistenza sanitaria (prevenzione - cura - riabilitazione)

Interrogazione del Consigliere Nerviani inerente la ridefinizione delle Unità Socio-Sanitarie Locali


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione del Consigliere Nerviani inerente la ridefinizione delle Unità Socio-Sanitarie Locali.
La parola all'Assessore Olivieri.



OLIVIERI Aldo, Assessore alla sanità

Il problema della revisione degli ambiti territoriali è ben presente a questa Amministrazione che con nota congiunta in data 29.10.1985 del sottoscritto e dell'Assessore all'assistenza ha richiamato l'attenzione del Consiglio Regionale di Sanità e Assistenza sugli adempimenti di cui all'art. 33 della legge regionale 3.5.1985, n. 59.
Il Consiglio regionale che ha iniziato il suo funzionamento effettivo a partire dal 4.10.1985 dotandosi di un proprio Regolamento nella seduta del 17.10.1985 ha iniziato ad esaminare il problema in diverse sedute dell'Ufficio di Presidenza a partire dal 30.10.1985 stabilendo di acquisire dati e parametri di efficienza e di efficacia per elaborare i criteri. Va in proposito peraltro ricordato che diverso è il problema della rettifica di alcuni confini di U.S.S.L. con l'attribuzione di un Comune a un ambito piuttosto che ad un altro, dell'approfondimento di una dimensione ottimale di U.S.S.L. che non può prescindere da un quadro normativo nazionale attualmente in evoluzione che contempla, fra gli altri, il Piano sanitario in via di definizione.
Si ritiene pertanto realistico supporre che sarà possibile nell'anno in corso procedere a quelle rettifiche di confine indispensabili a garantire la maggior funzionalità dei servizi e il massimo di garanzia di accesso all'utenza, mentre una revisione più sostanziale appare necessariamente collegata ad un quadro normativo e programmatorio nazionale definito, che consenta di ridisegnare, sulla base delle esperienze concrete fatte nella nostra Regione, in attuazione ai due Piani regionali e ai relativi dati una rete del sistema socio-sanitario piemontese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

E' molto rigida e formale la risposta dell'Assessore, lo ringrazio comunque. Pensavo fosse chiaro che nell'interrogazione non c'era nessuna intenzione di mettere in discussione la dimensione ottimale delle UU.SS.SS.LL. Capisco che il discorso è molto più ampio. Si cercava soltanto di mettere in evidenza alcuni disagi dei cittadini costretti a rivolgersi ad UU.SS.SS.LL. che sono assolutamente insensate, in quanto distanti, in quanto non facilmente raggiungibili e che possono tranquillamente essere sostituite con altre UU.SS.SS.LL. alle quali i Comuni vogliono rivolgersi.
Faccio soltanto due esempi, ma l'Assessore Olivieri ne conosce alcuni nelle UU.SS.SS.LL. di Torino. I Comuni di San Maurizio D'Opaglio e di Pella, in provincia di Novara, hanno chiesto da tempo di essere collegati all'U.S.S.L. 54 di Borgomanero. Sono costretti ad essere collegati all'U.S.S.L. di Omegna sottoponendo i cittadini ad assurdi trasferimenti che non hanno nessuna logica Ritengo che là dove i Consigli comunali hanno deliberato all'unanimità e pressantemente hanno richiesto di vedere il loro Comune trasferito da una U.S.S.L. all'altra - si tratta-oltretutto di fenomeni assolutamente marginali - possono essere immediatamente accolte le loro richieste.
Non chiedo una revisione generale di tutto l'impianto delle UU.SS.SS.LL. piemontesi, ma soltanto di esaminare alcuni casi particolarissimi, saranno sei o sette in tutto, sui quali non vi è alcun dubbio e per i quali è possibile fare un provvedimento eccezionale che consenta di andare al rinnovo delle UU.SS.SS.LL. con la nuova prospettiva.
Capisco che nei casi in cui manca l'unanimità del Consiglio comunale pu esserci qualche difficoltà per l'Assessore, ma dove i discorsi sono estremamente chiari, penso che una risposta possa essere data sollecitamente.
Concludo soltanto, in coda, dicendo che l'impegno del Consiglio di Sanità Regionale doveva essere assolto entro il 31.12.1985; purtroppo questo non è stato possibile, me ne rammarico, non attribuisco la colpa ad alcuno, ma - ripeto - chiedo che là dove è possibile e facile intervenire si intervenga senza indugio ed immediatamente.


Argomento: Sanita': argomenti non sopra specificati

Interrogazione dei Consiglieri Paris, Penasso e Ratti inerente gli invalidi civili


PRESIDENTE

Esaminiamo l'interrogazione dei Consiglieri Paris, Penasso e Ratti inerente gli invalidi civili.
Risponde l'Assessore Olivieri.



OLIVIERI Aldo, Assessore alla sanità

Alla data del 30.11.1985 l'effettiva situazione di arretrato delle pratiche relative all'accertamento dell'invalidità civile giacenti presso le UU.SS.SS.LL. della Regione, sede di commissione di prima istanza, era rappresentata da circa 34 mila domande.
I tempi medi di attesa tra la presentazione delle istanze delle UU.SS.SS.LL. e le chiamate a visita medica era di circa sei mesi.
L'Assessorato alla sanità, al fine di normalizzare l'arretrato delle pratiche di che trattasi, ha continuato e continua a sollecitare i Presidenti delle Commissioni sanitarie, che più di altri si trovano ad aver maggior arretrato, ad intensificare le sedute delle Commissioni stesse e a valutare l'opportunità di costituire eventualmente nuove Commissioni.
Alcune UU.SS.SS.LL. hanno già provveduto ad adoperarsi in tal senso altre viceversa, accertata la carenza di operatori sanitari disponibili non sono ancora riusciti a soddisfare tali esigenze.
E' il caso di evidenziare, altresì, che l'attuale arretrato di pratiche di accertamento di invalidità civile, giacenti presso una gran parte delle UU.SS.SS.LL. della Regione è dovuto, fra l'altro, all'attuale revisione dei requisiti di assistenzialità dei minorati civili effettuata dalla Commissione sanitaria del secondo semestre '85, in applicazione del decreto del Ministero dell'Interno, di concerto con il Ministro della Sanità emanato in data 28.3.1985 ai sensi dell'art, n. 10, tredicesimo comma della legge 22.12.1984, n. 887.
E' a disposizione l'analisi particolareggiata degli arretrati rispetto alle varie Unità Sanitarie Locali.
Vorrei aggiungere al Consigliere Paris che, dopo la presentazione dell'interrogazione, aveva segnalato casi di particolare arretrato rispetto alle Commissioni che si interessano delle patenti speciali, segnalandomi in particolare il fatto che la domanda che deve essere presentata tre mesi prima della scadenza spesso, a livello della Commissione regionale centrale, non veniva esaudita nell'ambito dei tre mesi per cui si verificava il caso di soggetti non legalmente a posto per un mese o due.
Questa mattina sono arrivato in ritardo perché sono andato a verificare di persona la situazione in via S. Marino. Devo dire che è stato provveduto attivando ulteriori Commissioni in modo che questi problemi vengano risolti nel più breve possibile senza creare ai cittadini momenti gravi di latenza che implicano spesse volte non possibilità di lavoro che è indubbiamente un elemento di iniquità.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paris.



PARIS Mario

Ringrazio l'Assessore Olivieri della risposta precisa e puntuale.
Per quanto riguarda la prima parte, cioè i solleciti che opportunamente l'Assessorato alla sanità ha rivolto alle Commissioni per la valutazione dell'infermità degli invalidi civili (cosa doverosa che è stata fatta), il nocciolo del problema è che si possa in tempi brevi cercare di affrontare e di risolvere tutte le pratiche arretrate.
Desidero però rilevare che la mia interrogazione si articolava in una seconda parte, che al momento attuale viene ad essere la più importante.
Dicevo che tra il momento in cui l'interessato, l'invalido, viene sottoposto alla visita, al momento in cui la Prefettura eroga l'indennità agli invalidi civili (gente che ha il 100% di invalidità e molti con l'indennità di accompagnamento, tutta gente vecchissima - l'altro giorno mi hanno sollecitato un caso di una persona nata nel 1897, non è che abbia molto tempo da attendere - passa notevolissimo tempo per gli accertamenti di natura reddituale. Fino a qualche tempo fa, quando gli invalidi morivano senza aver riscosso l'assegno, gli eredi che avevano affrontato notevoli spese, potevano riscuotere i ratei arretrati, cioè prendere quei quattro soldi o quei milioncini che avevano realmente speso.
Nell'anno in corso è uscita una sentenza della Corte di Cassazione seguita ovviamente da una circolare alle Prefetture - per me assurda - che recita che se il pronunciamento del Comitato di pubblica assistenza e beneficenza, costituito presso la Prefettura, è successivo anche di un giorno solo alla data del decesso del richiedente, agli eredi non spetta più un centesimo.
Ci troviamo di fronte a persone che hanno presentato domanda a Torino quando non c'era ancora il decentramento, c'era un'unica Commissione Provinciale per invalidi civili, addirittura alla fine del 1981. Convocati a visita nell'84, morti alla fine dell'84, delibera della Prefettura nel febbraio dell'85, cioè successiva al decesso. Ebbene, dalla data di decorrenza fino alla data della morte non compete più una lira.
Ecco perché mi ero permesso di chiedere, all'ultimo capoverso dell'interrogazione, un intervento deciso presso la Prefettura di Torino perché vengano resi più celeri gli accertamenti di natura reddituale l'istruttoria dei casi dal momento in cui l'interessato viene sottoposto a visita e riconosciuto gravemente infermo ed invalido ed il momento in cui viene emesso il provvedimento concessivo. In questo momento è in elaborazione presso il Ministero degli Interni un disegno di legge che deve cercare di modificare tale stato di cose; non lo può fare la Regione,è competenza statale. Al di là degli interventi che hanno fatto tutti gli istituti di patronato nei confronti della Prefettura (ahimè! senza alcun risultato), se alla Prefettura perviene una voce autorevole come quella della Regione, ritengo sia una cosa utile e buona, possiamo far del bene alla gente.
Non è un problema partitico o politico, ma un dovere comune di andare a fare quello che è possibile a favore dei più deboli, di quelli che hanno più bisogno.


Argomento: Sanita': argomenti non sopra specificati

Interrogazioni dei Consiglieri Acotto, Bontempi, Marchiaro e Sestero e dei Consiglieri Marchini e Santoni inerenti il servizio di elicotteri-ambulanze


PRESIDENTE

Passiamo ora ad esaminare le interrogazioni dei Consiglieri Acotto Bontempi, Marchiaro e Sestero e dei Consiglieri Marchini e Santoni inerenti il servizio di elicotteri-ambulanze.
Risponde ad entrambe l'Assessore Olivieri.



OLIVIERI Aldo, Assessore alla sanità

Invece di dare una risposta formale ritengo più opportuno discutere su questo problema.
Ho rilevato l'iniziativa degli elicotteri-ambulanze dalla precedente Giunta e mi sono impegnato non solo a parole a proseguire in un'azione che fa del Piemonte la prima Regione che assume questa iniziativa.
Però, dopo la manifestazione del tardo autunno, a cui partecipai, mi affiorano due elementi di riflessione: da un lato sui soggetti che, al di là del cittadino, potevano avere giovamento e dall'altro se era possibile una volta tanto, coinvolgere sistemi statuali paralleli in un intervento che ha scopi comuni.
Sulla prima riflessione è emerso chiaramente che, al di là del cittadino, ad avere un reale vantaggio dall'attuazione di un dispositivo di questo genere sarebbero fondamentalmente le compagnie di assicurazione. C'è la necessità o l'opportunità quindi da parte nostra di coinvolgerle sul piano finanziario. C'è una prima disponibilità generica che però non ho ancora voluto approfondire perché ritengo l'operazione piuttosto complessa.
C'è un altro elemento da valutare. Il Ministero degli Interni intende dotare i Corpi dei Vigili del Fuoco di un congruo numero di elicotteri per i loro servizi. Non appena questo piano sarà completato - e la conclusione dovrebbe essere abbastanza rapida - si tratterà di valutare un eventuale coinvolgimento su un problema che permette di occupare una parte o tutti gli elicotteri, per tempi magari anche soltanto parziali.
E' pur vero che quello che ci accingeremmo a fare sarebbe un intervento sperimentale, ma ritengo che dal coinvolgimento di tutte le forze statuali che possono collaborare verrebbe un grosso successo politico, forse un primo esempio in cui due Enti statuali paralleli, Regione e Ministero degli Interni, convergono su un tema reale che interessa tutti i cittadini.
Sta operando una Commissione speciale che dovrebbe essere integrata da due rappresentanti dei Vigili del Fuoco entro la settimana prossima. Ho avuto contatti con il Ministero degli Interni e sto proseguendo in quest'azione. E' evidente che non riuscirò a risolvere entro breve tempo passeremo ad un fase sperimentale autonoma con il coinvolgimento delle compagnie di assicurazione.
Il problema mi sta molto a cuore anche perché, non più tardi di poche sere fa, ho partecipato ad un convegno sul problema dei tetraplegici e paraplegici, che è indubbiamente una categoria frutto dell'infortunistica stradale. Ho in animo attualmente di rivitalizzare il C.R.F. e valorizzare altre forme di intervento per rendere il Piemonte autonomo rispetto al servizio per para e tetraplegici, infatti molti piemontesi sono in quel salto negativo dell'emigrazione dei malati e devono trovare collocazione ora a Ginevra, ora a Basilea, ora in Toscana, o presso altre sedi di riabilitazione. Come vedete è un problema che mi è presente, che mi sta molto a cuore, ma che coinvolge una serie di altri fenomeni e quindi va visto in un contesto più globale per eliminare alla radice, con una prevenzione primaria, cause di grave immobilità e di grave danno per gli uomini e per la società.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Acotto.



ACOTTO Ezio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, siamo convinti che si debba andare avanti nell'approfondimento e nella ricerca di soluzioni, seppure sperimentali, che possono portare a risultati positivi nell'impiego di strumenti moderni nel settore dell'emergenza. Abbiamo presentato l'interrogazione dopo avere appreso una serie di notizie comparse su "La Stampa" che ci parevano contraddittorie con quanto l'Assessore aveva riferito sull'argomento nella sede della Commissione competente.
L'intervento dell'Assessore di questa mattina ha di fatto il significato di una precisazione rispetto a quelle notizie. Per esempio, già su "La Stampa" del novembre '85 addirittura si diceva che era nata una piccola polemica sul tipo di elicottero scelto e si davano degli elementi che non erano stati valutati nella discussione che avevamo fatto proprio il giorno prima in sede di Commissione. "Notizie" della Regione Piemonte dell'11 novembre trattando delle eliambulanze diceva appunto ché l'ACI avrebbe offerto alla Regione un servizio con tre ambulanze Augusta 109 dotate di impianto, ecc., si descrivevano cioè degli atti della fase operativa che non erano stati oggetto della comunicazione fatta in Commissione dall'Assessore.
La risposta di questa mattina ci dice che in effetti il problema è ancora oggetto di attente valutazioni in direzioni anche nuove rispetto a quelle preventivate in quella discussione. Si tratta di un'iniziativa in direzione dei Vigili del Fuoco e delle compagnie assicurative. Noi conveniamo sull'opportunità che si vada in quella direzione cercando tutte le possibili convergenze con la Protezione civile da una parte e dall'altra in termini di rapporto finanziario con le compagnie assicurative.
Prendiamo atto che siamo in una fase in cui non è ancora stata affrontata una proposta per la fase della sperimentazione. Conveniamo col fatto che si debbano cercare soluzioni in questa direzione e vorremmo che nel momento in cui l'Assessorato avesse approntato una proposta, venisse sottoposta all'attenzione della Commissione. .
Un'ultima annotazione. Per quanto riguarda le Unità Sanitarie Locali di zone di montagna, vale a nostro avviso l'appello di riconsiderare, con attenzione e in modo positivo, la soluzione di convenzioni locali tra Unità Sanitarie e il Soccorso Alpino per il trasporto con l'elicottero.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, la nostra interrogazione prende le mosse dal problema posto dal P.C.I., e ne ha voluto sottolineare un aspetto particolare. La risposta che c'è stata data dall'Assessore è insoddisfacente perché non affronta il problema che abbiamo posto.
Il nostro Gruppo ritiene che comunque venga avviato il servizio di eliambulanza, che avrà come terreno di utilizzazione quello di pianura e quello delle strade di valle tradizionali, non risolve il problema del soccorso con elicottero alle popolazioni in senso ampio, in particolare alle popolazioni di montagna.
Noi spieghiamo queste cose in una lettera indirizzata alla Giunta.
Richiamerei l'attenzione dell'Assessore che segue questo problema e dei colleghi che vivono in periferia con me. Il servizio di eliambulanza comunque organizzato e da chiunque venga organizzato, è incompatibile con l'assistenza alle popolazioni montane non raggiungibili su mezzi rotabili.
Spiego perché. Qualunque tipo di servizio di eliambulanza sulla strada richiede la disponibilità continua dei mezzi a questo destinati, siano dei Vigili del Fuoco, siano dei Carabinieri, siano dei privati.
Teniamo presente che questo tipo di servizio metterà in crisi, magari in termini positivi, il sistema di ambulanze tradizionali; nelle giornate di punta, le domeniche in particolare, non si può immaginare che l'elicottero o gli elicotteri, destinati all'intervento sulla viabilità possano essere distolti dal loro compito per ore, visto che l'intervento in montagna richiede per sua natura delle ore di tempo. Allontanare dai servizi di eliambulanza tradizionale, così come pensa la Giunta l'elicottero per un intero pomeriggio, per una intera giornata, perch questi purtroppo sono i tempi degli interventi in montagna, significa mettere in crisi il servizio di eliambulanza.
Quindi non c'è compatibilità tra i due servizi dal punto di vista gestionale. Dal punto di vista tecnico poi, i mezzi destinati all'intervento sulla viabilità in particolare sulle autostrade, non sono i mezzi che si possono e si debbono utilizzare per il soccorso in montagna.
Pregherei gli Assessori e la Giunta nel suo complesso di voler affrontare l'assistenza in montagna, il soccorso alpino in particolare a lato del servizio di eliambulanza che non è compatibile.
Mi spiace che non sia presente l'Assessore all'agricoltura, perché gli suggerirei di verificare prima di tutto la possibilità di gestire nel concreto, con un disciplinare, le convenzioni già previste per lo spegnimento degli incendi.
Si tratta di regolamentare queste convenzioni e di integrarle per il periodo in cui sono scoperte, magari a titolo sperimentale.
Mi premeva semplicemente richiamare l'attenzione della Giunta sul fatto che il problema del soccorso in montagna va affrontato in modo del tutto separato rispetto a quello dell'assistenza alla viabilità ordinaria.
Metto a disposizione dei colleghi Assessori, se lo ritengono, la mia personale esperienza in materia. Ringrazio l'Assessore.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interrogazioni dei Consiglieri Amerio e Ferro e del Consigliere Staglian inerenti la discarica consorziale di rifiuti urbani di Valleandona d'Asti


PRESIDENTE

Passiamo alle interrogazioni dei Consiglieri Amerio e Ferro e del Consigliere Staglianò inerenti la discarica consorziale di rifiuti urbani di Valleandona d'Asti. La parola all'Assessore Maccari.



MACCARI Eugenio, Assessore alla tutela dell'ambiente

Il Consorzio astigiano costituitosi nel 1978 ai sensi della legge regionale 46/1975 provvede alla gestione della discarica di Valle Manina costruita dal Comune di Asti sin dal 1974, ottenendo nel 1978 un contributo di L. 263.700.000 per l'acquisto dell'area e le prime opere di accesso ed un successivo contributo di L.939.000.000, agli inizi del 1985, per le opere di adeguamento alle prescrizioni del D.P.R. 915/82, approvato dalla Commissione tecnica regionale di cui alla citata legge 46/75.
Detta discarica preesistente all'entrata in vigore del D.P.R. 915 serve attualmente 100 mila abitanti, e pertanto un eventuale provvedimento di revoca provocherebbe notevoli disagi con riflessi sull'ambiente sicuramente più dannosi, come si può rilevare in quelle zone, ove non esistono impianti consortili.
Gli inconvenienti rilevati dalla Provincia erano già stati a suo tempo segnalati al Consorzio dalla Regione, tant'è che lo stesso aveva, fin dal 1981, avviato una serie di indagini geologiche per addivenire alla presentazione di un progetto globale di sistemazione della discarica stessa e di adeguamento alle leggi vigenti.
Come in precedenza detto, nei primi mesi del 1985 è stato concesso al Consorzio il contributo perla realizzazione di tutte quelle opere necessarie a rendere la discarica compatibile con i principi della legge 915.
Ci risulta che i lavori siano già stati appaltati e che quanto prima saranno realizzati. I competenti organi di controllo hanno in proposito esperito una accurata serie di indagini dalle quali non ci pare cogliere tutti quegli elementi, negativi che vengono rappresentati.
Infatti, pur rilevando la necessità di raccogliere i liquami provenienti dalla vecchia discarica, opera prevista nel progetto di sistemazione, gli stessi non hanno comunque per il momento fatto rilevare nei pozzi di Valleandona fenomeni di inquinamento, come si può rilevare nella relazione del 10.10.1985 del tecnico incaricato dall'ente di controllo, dott. Franceri, e più specificatamente a pag. 9.
La relazione stessa nelle conclusioni a pag. 12 esprime parere favorevole alle opere previste nel progetto di sistemazione e alle prescrizioni che la Commissione tecnica regionale, ex legge 46/75, ha indicato dopo il proprio sopralluogo del 23.9.1982 ed in occasione dell'approvazione del progetto.
La Regione dovrà comunque, in base alle competenze attribuitele dal D.P.R. 915, redigere piani di organizzazione dei servizi di smaltimento e sarà questa la sede in cui sarà affrontata l'eventuale opportunità di una diversa localizzazione dell'impianto di smaltimento in relazione al bacino di utenza che per quell'area sarà individuato ed alle relative connotazioni di impatto ambientale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Amerio.



AMERIO Mario

Devo dire che non mi lascia soddisfatto la risposta un po' minimizzante dell'Assessore che stamattina è molto ottimista nel rispondere alle interrogazioni dei Consiglieri.
Assessore Maccari, siamo in un'area franosa e siamo a cinque metri dai confini della riserva naturale speciale Valleandona - Valle Botto istituita lo scorso anno dalla Regione. E' possibile ché non si siano ancora rilevati inquinamenti delle falde, ma i criteri con cui era stata costruita quella discarica, prima del D.P.R. 915, per la non impermeabilizzazione e quant'altro, che non sono rimediabili attraverso le opere approvate lo scorso anno e attualmente in atto, fanno pensare che quello che deve essere messo in discussione è la localizzazione in quell'area di una discarica costruita secondo criteri totalmente inadeguati e a pochi metri da una riserva naturale speciale.
E questo non lo pensiamo solo noi, lo pensa anche il Consiglio comunale di Asti che il mese scorso ha approvato all'unanimità una deliberazione che impegna la Giunta a presentare entro sei mesi un progetto alternativo per la localizzazione della discarica e per l'attivazione di un impianto di compostaggio.
Vi è un recente parere non positivo della Regione sull'impianto di compostaggio proposto dall'Agip per i fanghi del depuratore che sono fortemente inquinanti; vi è una presenza di cromo e di altre sostanze che impedirebbero il compostaggio dei rifiuti.
La situazione è delicata. Nessuno chiede la chiusura immediata della discarica o la revoca dell'autorizzazione. Una risposta minimizzante per che si limita a prendere tempo non. è un contributo della Regione in presenza della volontà politica espressa da tutte le forze che compongono il Consiglio comunale di Asti, e va raccolta.
Quell'impianto di compostaggio è probabilmente inadeguato e le cause forse non stanno tanto nel progetto o nella ditta, quanto nel preesistere del depuratore e dei fanghi trattati.
Vi è il problema di un censimento a monte capace di individuare quali sostanze vanno nel depuratore e di evitare, quindi, che si determinino fanghi con alta concentrazione di prodotti inquinanti, quindi di un intervento sul depuratore e prima ancora sulle sostanze che vanno a finire nel depuratore.
Vi è il problema di rispettare i tempi stabiliti dal Consiglio comunale di Asti.
Siccome l'autorizzazione della Regione è provvisoria non significa quindi che deve essere necessariamente concessa ogni anno all'infinito.
Sarebbe buona cosa se la Regione provvedesse, preso atto anche delle decisioni del Consiglio comunale di Asti, a fare espletare, attraverso l'Unità Sanitaria, ulteriori verifiche e controlli, informando l'Amministrazione comunale di Asti che, proprio sulla base della sua deliberazione presa all'unanimità, è possibile ovviare agli inconvenienti che i fanghi del depuratore determinerebbero in un impianto di compostaggio. Sulla base del mantenimento degli impegni, si valuterà l'eventuale concessione di ulteriori autorizzazioni provvisorie. Questa mi parrebbe una risposta che raccoglie la volontà politica espressa dal Consiglio comunale di Asti e che non mette in campo soluzioni immediate o radicali che provocherebbero - ne conveniamo - solo guasti e difficoltà.
Chiedo all'Assessore di verificare l'opportunità di muoverci in questo modo; indubbiamente un supplemento di indagini e di analisi, ritenuto tra l'altro ad Asti utile da tutte le forze politiche, sarebbe sicuramente opportuno; quindi il concorso dell'Amministrazione comunale di Asti per risolvere i problemi tecnici che portino alla presentazione entro sei mesi di una proposta complessiva e organica per la risoluzione di questo problema.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Intervenendo dopo Amerio, come peraltro è giusto, avendo lui presentato prima di me l'interrogazione, mi limito ad aggiungere qualche considerazione ulteriore. La risposta dell'Assessore non mi trova soddisfatto in quanto oltre a quanto Amerio ha detto a proposito del terreno franoso e del fondo argilloso, noi dobbiamo aggiungere che quella discarica al 20 febbraio risultava incustodita. Inoltre, nella discarica sono stati trovati rifiuti con cromo, che l'acqua inquinata, dal cromo ha inceppato il depuratore e che i lavoratori della discarica devono pompare dal fondo della fossa di contenzione l'acqua per scaricarla libera a monte della discarica. Considerando anche questi elementi che a lei e ai suoi uffici non risultano, ma che sono molto gravi, a noi pare che l'Assessorato affrontando questo problema che non è il primo né sarà l'ultimo che siamo costretti a segnalare, debba orientarsi nello specifico con i tempi necessari, procedendo preliminarmente a quel supplemento di indagine a cui si rifaceva il collega Amerio. La via più opportuna pare quella di chiudere la discarica di Valleandona e di aprirne una nuova, controllata secondo le nuove disposizioni di legge. L'Assessorato se ritiene di accogliere tale indirizzo dovrebbe adoperarsi, ad esempio, per una riforma minima che riguarda questa discarica ed anche la gran parte delle discariche disseminate sul territorio regionale. Mi riferisco alla raccolta differenziata dei rifiuti, ciò che non avviene. In questa discarica non soltanto non vengono differenziati i rifiuti, ma sono stati scaricati rifiuti provenienti da ospedali. Questo mi pare molto grave, non essendo autorizzata la discarica in questione a tale tipo di deposito.
In ultimo c'è la questione della discarica incustodita. Nessuno vigila quello che si butta dentro, le indagini registrano che ci sono inquinamenti che, proprio per le caratteristiche del territorio, possono già aver riguardato un'intera area di territorio astigiano. Rispetto a quest'ultimo aspetto, penso che la Giunta farebbe buona cosa, raccogliendo le sollecitazioni che gli Enti locali interessati manifestano, se predisponesse uno studio ambientale chimico - batteriologico idrogeologico per verificare le condizioni delle falde di tutto il territorio, di Valleandona ma anche delle frazioni limitrofe, come Casa Bianca, Montegrosso e Cinaglia.
In sostanza ripropongo all'attenzione del Consiglio e della Giunta la proposta che abbiamo già avuto modo di formulare nei mesi scorsi di procedere ad una mappa anche delle acque sotterranee, in maniera che i futuri insediamenti ed il controllo di quelli esistenti possano procedere scientificamente e non con gli abborracciamenti, di cui anche questa discarica è testimonianza, rispetto alla quale non vale il discorso che è stato fatto prima del D.P.R. 915. A noi pare inadeguata l'attuale sistemazione, mettersi sulla via di una migliore sistemazione dei rifiuti in quella zona è utile per la salute di tutti i cittadini e sarebbe anche un atto di sensibilità democratica non indifferente.


Argomento: Caccia

Interrogazione del Consigliere Pezzana inerente il massacro delle anatre sulle rive del fiume Dora di fronte al Parco Colletta di Torino


PRESIDENTE

L'Assessore Moretti risponde all'interrogazione presentata dal Consigliere Pezzana inerente il massacro delle anatre sulle rive del fiume Dora di fronte al Parco Colletta di Torino.



MORETTI Michele, Assessore alla caccia e pesca

Innanzitutto mi devo scusare con il Consigliere Pezzana per la risposta tardiva, ma eravamo in attesa della risposta da parte della Provincia che è l'ente delegato.
Risulta, attraverso informazioni acquisite presso l'Assessorato caccia della Provincia di Torino, che ".il servizio di vigilanza della stessa è a conoscenza che in alcuni tratti dei percorsi fluviali cittadini sono presenti colonie di anatidi stanziali e di conseguenza aveva già predisposto turni di vigilanza a loro protezione".
Lo stesso Assessorato alla caccia della provincia di Torino ha inoltre comunicato che "purtroppo non sempre si riesce ad impedire quegli atti di bracconaggio che pare siano stati compiuti ai danni della colonia che di norma sosta alla confluenza fra il fiume Po e Dora, sul lato di Corso Casale" (il "pare", secondo quanto riferisce lo stesso Assessorato provinciale, è doveroso, in quanto non è pervenuta alcuna denuncia circostanziata, né altra segnalazione, e nei sopralluoghi effettuati non si sono ritrovati animali morti o bossoli di cartucce esplose). La Provincia riferisce ancora di avere, conseguentemente a questi fatti, potenziato ulteriormente l'opera di salvaguardia e di aver adottato quegli accorgimenti ritenuti necessari per individuare i responsabili dei fatti di cui all'oggetto. Sempre la Provincia fa presente che per quanto attiene allo "stato di salute" della colonia di anatidi considerata, fortunatamente la stessa non ha subito particolari danni dalle azioni in oggetto.
Attualmente la colonia consta di circa 240 individui stanziali ai quali si aggregano quotidianamente animali di passo in temporanea sosta. Tra questi ultimi sono stati osservati interessanti presenze di alcuni capi appartenenti a specie considerate non comuni: due svassi in data 4 dicembre, una volpoca il 21 dicembre, 4 morette 1'1 gennaio, ecc. Questo censimento è stato fatto ultimamente in seguito all'interrogazione.
Sulla purezza genetica e relativa selvaticità delle anatre in oggetto secondo la Provincia, si contano almeno 2 anatre domestiche e un alto numero di ibridi, fattore questo che fa ritenere che la maggioranza degli animali siano fuggiti o dal vicino Giardino zoologico o da allevamenti privati. Di sicura appartenenza alla fauna selvatica è invece il discreto numero di folaghe e gallinelle che da almeno un mese sostano lungo quel tratto di sponda.
Infine, la Provincia sottolinea come elemento di grave disturbo per la colonia la presenza costante di numerose persone, molte delle quali accompagnate dal cane, con l'intento di fotografare gli animali, sostano per ore sulla riva del fiume e non permettono alle anatre di accostarsi e uscire dall'acqua per nidificare.
Quanto alla costituzione di parte civile o all'alternativa richiesta di risarcimento danni in sede civile, tale pretesa può essere avanzata soltanto nei confronti dell'autore del fatto dannoso una volta che sia avvenuta la, sua presumibile individuazione, nel caso in cui dall'indagine di polizia giudiziaria, oppure in via amministrativa, emergano danni nei confronti delle specie e in particolare delle anatre.
Si assicura comunque l'interrogante circa il fatto che, al di là di taluni episodi che sfuggono inevitabilmente all'individuazione e alla giusta sanzione, la vigilanza provinciale risulta svolta in maniera attenta ed efficace, tale da garantire una tutela faunistica più che soddisfacente rispetto alle difficoltà oggettive e allo stato dei mezzi. Da parte propria la Regione sviluppa un costante impegno per garantire normative sempre più efficaci e una sempre migliore dotazione di opportuni investimenti.
Per quanto riguarda la denuncia contro ignoti per i fatti su indicati la Regione ha provveduto a segnalare alla Procura della Repubblica l'accaduto ai fini delle valutazioni ritenute opportune.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Mi rendo conto che parlando di animali è facile divagare o scaricare magari su altri Enti responsabilità che invece, secondo me, competono alla Regione. Indubbiamente la Provincia ha le sue competenze e la Regione ne ha delle altre.
Non dovrei ringraziare l'Assessore Moretti per la risposta, perché la aspetto dal 14 novembre. Quello che non si è ancora capito è che qualunque danno arrecato all'ambiente - e gli animali ne fanno parte - è un danno che riguarda tutti i cittadini.
Che la Provincia, rispondendo all'inchiesta che l'Assessore Moretti ha attivato, ci comunichi come sono composte le famiglie delle anatre sulle nostre vie fluviali, può essere un dato di interesse conoscitivo indubbio la mia interrogazione però verteva non tanto sulla composizione delle famiglie delle anatre e sulla loro classificazione scientifica, ma sul fatto che, anche se per opera di ignoti, possano essere tranquillamente ammazzate senza che nessuno venga poi incolpato e mi stupisce che la Provincia dica all'Assessore Moretti che ha messo in atto tutti i meccanismi per arrivare a definire l'autore del misfatto.
Mi piacerebbe sapere quali sono questi compiti anche perché non mi risulta che debba.essere la Provincia a metterli in atto, ma debba essere l'autorità giudiziaria dopo una specifica denuncia. Dalla risposta dell'Assessore Moretti non mi sembra che questa denuncia sia stata fatta dalla Provincia. Mi sembra di aver capito che la Regione ha fatto un esposto alla Procura della Repubblica.
A me non interessa tanto che alla fine delle interrogazioni che faccio per quanto riguarda il danno recato all'ambiente (in cui ossessivamente chiedo come mai la Regione non si costituisca parte civile) si crei urna causa in più che va ad ingrossare il meccanismo già saltato in aria dei nostri tribunali, ma in qualunque offesa fatta all'ambiente la Regione, che deve difendere e tutelare gli interessi di tutti i cittadini, abbia la sensibilità di capire che un danno all'ambiente è un danno al bene pubblico.
E' una questione di sensibilità e di cultura che vorrei potesse entrare a far parte di questa Amministrazione. Il fatto non è di per sé risibile abbiamo visto agli inizi di questa legislatura che quando si parlava di danni o di violenza recata agli animali una parte di questo Consiglio sorrideva in maniera un po' sufficiente. Se invece si riesce a capire che un danno all'ambiente è un danno che viene arrecato a tutti i cittadini, è una presa di consapevolezza che deve anche avere uno sbocco giuridico altrimenti rimane una mera affermazione retorica.


Argomento: Problemi energetici - Pianificazione territoriale - Urbanistica: argomenti non sopra specificati

Interrogazioni del Consigliere Ala e dei Consiglieri Acotto, Ferro, Bresso Valeri e Rivalta inerenti la realizzazione di due impianti per energia idroelettrica in Valsesia


PRESIDENTE

Passiamo ad esaminare le interrogazioni sui due impianti per energia idroelettrica in Valsesia presentate dal Consigliere Ala e dai Consiglieri Acotto, Ferro, Bresso, Valeri e Rivalta.
Risponde l'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

C'è anche un'interrogazione su questo argomento che per il contenuto è stata trasmessa all'Assessore Maccari e che avrebbe dovuto pervenire anche a me. Non credo che i Consiglieri saranno del tutto soddisfatti della risposta che darò, che attiene essenzialmente alla valutazione dell'impatto ambientale che le centrali determinano dal momento in cui vengono costruite.
Vorrei innanzitutto precisare che il problema sollevato dal Consigliere Ala e dai colleghi del PCI, relativo alla predisposizione da parte dell'ENEL di un progetto per l'uso idroelettrico delle acque del fiume Sesia non riguarda l'insieme dei rapporti convenzionali stabiliti nel verbale d'intesa Regione-ENEL del 27/12/1985, ma esclusivamente ed in modo indiretto quanto previsto dall'art. 8 di questa intesa.
In esso l'ENEL si impegna ad avviare, nei tempi e con le modalità da concordare entro 6 mesi dalla localizzazione della centrale nucleare, un insieme di interventi in campo idroelettrico e nelle fonti rinnovabili ed integrative da definirsi in sede di Comitato misto Regione-ENEL. previsto dal protocollo Regione-ENEL del 1982. Nell'ambito dello stesso articolo è altresì previsto che la collocazione territoriale degli interventi sia definita in accordo tra Regione Piemonte ed ENEL.
Vorrei anche fare osservare che l'importo complessivo degli investimenti non sarà inferiore all'ordine di grandezza di quello della centrale nucleare.
Ci troviamo quindi di fronte ad un progetto, non quello della Valsesia ma quello che si dovrà svolgere nel corso dei prossimi 20 anni, che non dovrà essere inferiore all'ordine di grandezza di quello della centrale nucleare. Il problema è grandissimo.
Per quanto riguarda in specifico l'utilizzazione idroelettrica del fiume Sesia e gli impianti di Balmuccia e Doccio, devo dire che l'ENEL ha fatto pervenire all'Assessorato competente della pianificazione territoriale, in particolare al Servizio dei Beni ambientali, il progetto generale relativo alle opere in data 15/11/1985.
Rispondo oggi però, come loro sanno, ero disponibile a questa risposta già da molti mesi.
Il Servizio Piani Paesistici, per quanto di competenza, ha provveduto tempestivamente ad eseguire in data 3/12/1985 un sopralluogo ricognitivo nelle località più significative interessate dalia realizzazione delle opere e ravvisa la necessità che l'istruttoria relativa ad esse debba essere approfondita al fine di poter raccogliere gli elementi indispensabili all'espressione di un parere puntuale ed esauriente per ogni singola componente del consistente progetto.
Alla luce delle indagini già svolte, comunque, si nutrono notevoli perplessità in merito all'intervento che riguarda un ambiente ancora pressoché integro negli aspetti paesaggistici e naturalistici, dotato di singolari valori ambientali e culturali.
Si ritiene pertanto di poter condividere l'istanza che è contenuta sia nell'interrogazione del PCI che in quella del Consigliere Ala, che ravvisa l'opportunità di considerare l'intervento nel quadro di un piano operativo o di uno strumento di valutazione che permetta l'approfondimento sistematico e coerente di tutte le ripercussioni dell'eventuale realizzazione sugli elementi costitutivi dell'ambiente specifico considerato e relative conseguenze anche sul piano propriamente paesistico.
Il Consigliere Ala in particolare si preoccupava del fatto che questi interventi andassero ad incidere anche su zone comprese o comunque destinate a parco. Ho ritenuto dunque di chiedere anche un parere al Servizio parchi, il quale però mi ha precisato che del problema non è investito, perché queste aree non riguardano né aree istituite, né aree istituende a parco o a riserve naturali. Tuttavia ci sono delle implicazioni di carattere naturalistico che verrebbero a determinarsi per questo intervento per cui il Servizio parchi fa alcuni rilievi di carattere generale.
Intanto la realizzazione del progetto comporterebbe una notevole riduzione di portata sul fiume Sesia per un tratto di circa 30 Km da Mollia, a Doccio, con conseguenti problemi connessi alla pesca, alla vegetazione, all'impatto paesaggistico ed al turismo con un aumento dell'inquinamento per maggiore concentrazione dei liquami. Si verrebbero inoltre a creare problemi derivati dalle discariche da realizzarsi per circa 300.000 mc di materiale di risulta degli scavi dei canali di transfluenza, dalla necessità di costruire vie di accesso alle opere di presa e dai nuovi manufatti necessari.
Ai fini di una più completa e razionale valutazione degli effetti di questo progetto sarebbe opportuno e necessario ricorrere alla predisposizione di un progetto pilota di valutazione d'impatto ambientale da redigersi con riferimento al protocollo d'intesa Regione-ENEL che prevede il confronto fra Enti sulle scelte relative alla localizzazione degli impianti idroelettrici.
Devo dire che in occasione di un incontro che la Giunta ha avuto con l'ENEL. a proposito di vari problemi aperti che abbiamo sul tema più generale della centrale, è stato dedicato un momento particolare al dibattito attorno a questo problema e si è convenuto di svolgere una riunione apposita per verificare la possibilità, alla luce delle difficoltà che stanno emergendo, di realizzare l'art. 8 nella sua completezza e nella sua complessità così come è stato previsto nel momento in cui si approvò la centrale nucleare, che contemplò appunto anche questo impegno a comportare investimenti sul piano idroelettrico non inferiori all'ordine di grandezza di quello della centrale nucleare.
Il problema dell'impatto ambientale andrà affrontato, non soltanto per questo, ma certamente anche per questo impegno assunto, nel momento in cui il dibattito attorno alla legislazione sul territorio si va facendo intenso, anche per gli aspetti dell'adeguamento alla legge 431, ai quali tutti siamo sensibili e dei quali ci stiamo tutti occupando con molto impegno.
E' un'occasione per verificare congiuntamente il problema complessivo del territorio, visto attraverso angolature differenziate, ognuna delle quali così pregnanti e così interessanti per la sua difesa e per la sua valorizzazione nell'ambito di questa difesa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Acotto.



ACOTTO Ezio

Nell'autunno scorso quando l'ENEL presentò il progetto per lo sfruttamento idroelettrico delle acque della Valsesia, avviando sul piano anche formale una procedura che ha come riferimento gli organi ministeriali preposti, l'effetto che tutto ciò ha avuto sulla valle potremmo definirlo di doccia scozzese.
La Valle ha vissuto e vive questa iniziativa in termini di dilemma che può essere riassunto in questo modo: il progetto può essere un'occasione di disastro o può essere un'occasione di sviluppo per la Valle.
Infatti, come ricordava l'Assessore, sono in discussione 35 km di fiume, che secondo il progetto attuale dell'ENEL avrebbe soltanto più il 10% dell'attuale portata, un fiume quindi che rischia molto in termini di vita per quei fattori che sono fondamentali dal punto di vista naturalistico - ambientale e dal punto di vista delle risorse presenti nella Valle.
E' fuor di dubbio, come ricordava l'Assessore, che l'enorme trattenimento, quindi il limitatissimo rilascio di acqua nel greto del fiume pongono rilevanti questioni sul versante dell'inquinamento, inoltre il prelievo di grosse quantità di acqua con le opere di presa necessarie pone altri problemi sull'assetto idrogeologico della Valle, insieme con quelli della sistemazione o della razionale soluzione del problema del materiale di risulta, avendo l'ENEL previsto l'opera quasi tutta in caverna.
Noi siamo convinti che si debba accettare comunque la sfida che viene proposta da questo tipo di intervento e che quindi si debba sciogliere questo dilemma tra disastro o possibile occasione di sviluppo. Riteniamo che ci sia una sola via per risolvere questo tipo di dilemma e che la via sia, giocando sulle parole, quella del "VIA!", cioè della valutazione dell'impatto ambientale: se, come e dove stabilire un nuovo equilibrio tra la tutela dell'ambiente e l'utilizzazione delle risorse tra cui quella importante dell'acqua, il tutto naturalmente in connessione con quella parte della convenzione, che la Regione ha concluso con l'ENEL e che prevede quel volume di investimenti in energie di tipo alternativo, tra cui l'idroelettrica ha senz'altro un significato di grande rilievo.
Soltanto dopo una valutazione attenta dell'impatto ambientale sarà possibile sciogliere il nodo ed arrivare ad una presa di posizione precisa a questo riguardo.
Ciò premesso, rispetto alla risposta dell'Assessore vorrei fare due considerazioni puntuali.
In primo luogo, si avverte l'esigenza di un lavoro coordinato tra i vari Assessorati, perché il tema proposto è un tema che coinvolge più competenze a livello regionale e quindi si avverte di conseguenza la necessità di stabilire anche uno strumento adeguato per governare da un punto di vista regionale questo tema. Parlo dell'azione tipicamente di governo relativa agli Assessorati e delle opportune sistemazioni all'interno degli organi (che mi pare siano stati definiti, per esempio attraverso la mozione sull'energia che dà alcune competenze al riguardo al Comitato misto, al rapporto tra Comitato misto ed Atenei e competenze tecniche).
Siamo comunque disponibili a questo tipo di lavoro e ad essere coinvolti nelle fasi conoscitive del lavoro.
In secondo luogo, se vogliamo evitare gli effetti che ho definito a doccia scozzese è necessario un forte raccordo tra gli Enti Locali e le comunità locali. Quindi si ravvisa addirittura l'esigenza di un vero e proprio Comitato di coordinamento tara la Regione, la Provincia, la Comunità montana e i Comuni interessati o, se si ritiene, la Comunità montana :in rappresentanza di una quindicina di Comuni interessati, che segua tutto questo processo nuovo. E' un fenomeno di crescita culturale, di valutazione dell'impatto ambientale, in modo che la comunità non si trovi di fronte allo studio dell'impatto ambientale quando il processo è già nella fase finale e quindi non è in grado di decodificare tutte le tappe che hanno portato a certe conclusioni.
Ripeto, la Valle sta vivendo questo intervento in termini di preoccupazione fortissima. Soltanto un'azione di governo decisa nella direzione della valutazione di tutti gli aspetti di questo problema pu recuperare una situazione che non riteniamo compromessa, ma caratterizzata da elementi di grossa perplessità e di grosso dissenso.
In altri termini, è indispensabile un'azione di governo che dia una sterzata a questa vicenda. Ripeto, se l'atteggiamento della Giunta sarà di questa natura, noi siamo disponibili a fare la nostra parte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Gentile Assessore, la ringrazio per la risposta. Devo però far rilevare subito che, forse perché si trattava di un'interrogazione molto lunga e complessa, non viene poi data risposta a tutti i quesiti richiesti.
Forse non era di competenza dell'Assessorato della Vicepresidente signora Vetrino rispondere sulla questione dei posti di lavoro. Forse era di competenza di un altro Assessorato valutare la fondatezza di quanto dichiarato dall'Assessore provinciale, Pietro Giulio Axerio, che aveva parlato della sospetta accelerazione dell'iter tecnico-burocratico di approvazione del progetto, che potrebbe accreditare la tesi secondo cui la costruzione della centrale di Doccio nasconderebbe, in realtà, la necessità di fornire acqua alla centrale nucleare di Trino, o di servire da sfogo alla potenza in esubero della stessa.
Così pure, manca un giudizio dell'Assessorato in merito al fatto che gli studi geologico-tecnici allegati al progetto dell'ENEL recano la data 4.6.1985, mentre il progetto complessivo dell'ENEL è del mese precedente.
Gli studi geologici appaiono così visibilmente essere una pezzatura aggiunta e non, come correttamente dovrebbe essere, un elemento preparatorio-istruttorio del progetto complessivo.
C'era ancora un'altra domanda relativa alla fretta dell'ENEL ed alla sua richiesta di autorizzazione provvisoria all'inizio dei lavori indipendentemente e prima di aver avuto e completato tutto l'iter. Si tratta dello stesso atteggiamento che, tara l'altro, l'ENEL tiene nei confronti della centrale nucleare in cui l'inizio dei lavori, la volontà di aprire il pre-cantiere, è slegato da qualsiasi adempimento nell'iter burocratico necessario sia nei confronti del Ministero della sanità, sia nei confronti dell'Enea Disp.
C'era ancora un altro punto a cui non è stata data risposta e riguardava la fondatezza dei dati trasmessi dall'ENEL in merito alla potenza e all'utilità effettiva dell'impianto. Fatta questa premessa, direi che, nel complesso, la risposta nella parte che è stata data è in buona misura soddisfacente, ma lascia trasparire, comunque, una serie di ipotesi preoccupanti, per cui io non condivido molto la possibilità di accomodamenti che mi pare di avere colto dalla risposta del Consigliere Acotto. Bisogna vedere i problemi in un quadro un po' più generale. L'ENEL.
in base all'art. 8 del verbale d'intesa, secondo me sciaguratamente firmato dalla Regione Piemonte, s'impegna a investimenti, nell'arco di vent'anni non inferiori a quelli previsti per la centrale nucleare. La conseguenza: se i costi della centrale nucleare sono quelli che si stanno delineando, in Piemonte di impianti di questo tipo ne sono possibili un numero variabile tra i dodici e i quattordici, un numero tale da prosciugare letteralmente non 30 o 35 km, ma 400 km circa di corsi d'acqua.
Tra l'altro, nel conto del Sesia, occorre aggiungere gli affluenti: non va solo calcolato il Sesia in quanto tale, ma tutta una serie di affluenti interessati anch'essi alle opere di captazione.
Impianti di questo tipo, tra l'altro, sono stati progettati (e i progetti credo esistano in Regione e ne siano a conoscenza gli Assessorati) nella provincia di Novara in Val Grande e in provincia di Torino nelle Valli di Lanzo.
Direi quindi che tutte queste dighe vanno viste ancora una volta legate all'impatto sul territorio della centrale nucleare: si fa la centrale nucleare con una valutazione d'impatto ambientale che poi, però, è subordinata a scelte politiche preesistenti. Se la valutazione si ferma qui non servirà certo moltissimo, costituisce soltanto un momento integrativo di un progetto, la cui sorte sembra già predeterminata in sede politica e non tecnica.
D'altra parte, la centrale nucleare, a mio modo di vedere, produce già una quantità di energia in eccesso rispetto ad ogni possibile richiesta e proiezione ragionevole. Se poi a questa si aggiunge un simile numero di dighe, finiremo con l'avere, a questo punto, una potenza installata in Piemonte tale da permetterci di vendere energia elettrica alla Francia.
E' come cadere dalla padella nella brace: fatto un errore, per rimediarvi se ne fa un altro che si allarga, in questo modo, su tutto il territorio piemontese fino ad interessare tutte quante le vallate alpine, a partire, probabilmente, dalle Valli di Cuneo per concludersi nell'ultima Valle di Novara.
Quindi occorre riflettere se, in questa considerazione generale, il Piemonte è ancora governato dalla Regione Piemonte, dalle Amministrazioni locali, dai cittadini o se è, diciamolo con tutta franchezza, governato dall'ENEL che ha trovato qui una specie di feudo, dove ritiene di poter fare quello che vuole, nella pianura le centrali, nelle montagne tutte le dighe che crede.
Un'ultima cosa ancora: al di là dei Comuni e degli Enti locali interessati, ricorderei, e il caso di Trino insegna, che esistono anche Comitati spontanei, gruppi di cittadini, che devono poter intervenire in questo processo, soprattutto quando gli Amministratori locali sembrano perdere un po' di vista quelle che sono le esigenze, i desideri, i bisogni della popolazione.
Vorrei che gli Assessori competenti rispondessero alle parti non evase della presente interrogazione e che si tenesse conto, nella valutazione complessiva del progetto, che comunque alcune di queste zone ricadono nelle aree vincolate ai sensi della legge 431, come è stato richiamato dalla Vicepresidente Vetrino.
Vorrei, inoltre, che su tutto il processo istruttorio tra l'ENEL e :la Regione Piemonte fosse sempre e costantemente informata (e potesse partecipare agli eventuali incontri) la Commissione competente.
Vorrei che il progetto venisse inquadrato nei rapporti tra la Regione e l'ENEL. La Regione è ormai assolutamente allo sbando, mentre l'ENEL aumenta quotidianamente le proprie pretese. Se passano questi progetti, oltre alla Val Sesia, non esisterà più, secondo me, vallata alpina che possa e potrà considerarsi e rimanere estranea, esclusa dalle prepotenze dell'ENEL, per una energia della quale, assolutamente, non viene fornita nessuna spiegazione.
La centrale nucleare produce già energia in eccesso, oltre 15 dighe non si capisce proprio quale tipo di energia possano produrre, a meno che non vengano realizzati, come è previsto qui, a Mergozzo e in altri casi ancora, impianti di pompaggio che servono soltanto a immagazzinare un'ener gia di cui non si sa che fare, che è quella prodotta dalla centrale nucleare.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Bosio, Carazzoni, Marchiaro e Valeri.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge

Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco delle leggi vistate dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo

Argomento:

d) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

Le deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nella seduta del 18 febbraio 1986 - in attuazione dell'art. 7, secondo comma, della L.R.
6/11/1978, n. 65 - in materia di consulenze ed incarichi, sono depositate e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento: Ristrutturazione industriale - Problemi del lavoro e della occupazione

Proseguimento dibattito sulla mozione presentata dal Gruppo PCI in merito all'occupazione e le trasformazioni del sistema produttivo (seguito)


PRESIDENTE

Il punto 4) all'o.d.g. reca: "Proseguimento dibattito sulla mozione presentata dal Gruppo PCI in merito all'occupazione e le trasformazioni del sistema produttivo".
La parola all'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore al lavoro

Signor Presidente, signori Consiglieri, nell'intervenire sulla mozione e sul dibattito che si è sviluppato attorno alla mozione del Gruppo consiliare del P.C.I., affronterò solo alcuni problemi, in particolare quelli che riguardano la politica del lavoro. Lascio, per competenza ad altri Assessori e alla Vicepresidente il compito di affrontare i problemi che riguardano l'azione complessiva di carattere programmatorio della Regione, soprattutto laddove puntano alla organizzazione e alla razionalizzazione della domanda pubblica, quindi alle iniziative nelle materie di competenza che possono avere ricadute positive sul piano occupazionale.
Credo che il significato della mozione e del dibattito che si è sviluppato debba essere visto per quello che è, non come presentazione di un programma di opposizione o di un controprogramma, ma come un contributo che viene da un Gruppo importante dell'opposizione che fa una valutazione dei problemi al cui centro viene posto l'obiettivo principale dell'occupazione, che rimane, così come è denunciato nel programma della Giunta, l'obiettivo prioritario, il problema più grave con cui ci dobbiamo confrontare. Presuppone quindi una valutazione delle azioni e delle iniziative che vengono proposte. E' emerso più volte all'interno dell'assemblea che, in una fase di trasformazione della società e dell'economia, l'occupazione rimane l'obiettivo prioritario che dobbiamo affrontare.
Credo che la mozione richiami due fasi che possono essere assunte dalla Giunta. In primo luogo, sul versante della politica istituzionale della Regione, una fase di trasformazione profonda e di revisione della politica del lavoro e industriale, ruolo politico questo che la Regione deve svolgere per collocarsi in termini positivi, avendo presenti le particolarità del mercato del lavoro e del sistema economico del Piemonte nei confronti del Governo, una capacità propositiva che è stata più volte sollecitata dal Governo ed in particolare dal Ministro del Lavoro De Michelis.
In secondo luogo, sul versante dell'organizzazione dell'attività e delle competenze della Regione sempre avendo come obiettivo quello di realizzare condizioni e iniziative capaci di avere delle ricadute positive sul terreno occupazionale.
Mi soffermo sul primo aspetto, mentre sul secondo interverrà il Vicepresidente, signora Vetrino. Non mi dilungherò troppo, ma non sar nemmeno brevissimo. Nonostante abbiamo una conoscenza dei dati, come dice il programma della Giunta e come ha detto il collega Amerio nell'illustrazione della mozione, sul mercato del lavoro e sulla sua evoluzione, l'approfondimento che si sta facendo denuncia che tale conoscenza non è sufficiente.
L'affinamento delle analisi e l'approfondimento dei problemi che da queste scaturiscono non sono cose secondarie, soprattutto nel momento in cui, stando alle dichiarazioni del Governo, la nuova normativa in materia di politica del lavoro e le nuove strutture che dovrebbero essere sperimentate, come le agenzie del lavoro, dovrebbero farsi carico di particolarità che sono proprie di ogni sistema economico e dei mercati del lavoro presenti nel Paese che si caratterizzano in modo diverso e che richiedono una diversa e articolata capacità di intervento.
Abbiamo già detto nell'autunno scorso che per quanto riguardai grandi aggregati attorno ai quali abbiamo svolto una riflessione, si è notato un andamento che denuncia un mutamento nella fase di evoluzione del mercato del lavoro, per alcuni aspetti contraddittorio e di non facile lettura.
Leggendo i dati relativi all'anno 1985, in fase di elaborazione registriamo che le tendenze che erano emerse nel penultimo trimestre 1985 che davano alcuni segnali di cambiamento e di novità, appaiano confermate anche dal confronto fra la media annuale del 1985 e la media annuale mobile del 1984.
In sostanza siamo in presenza di un calo di tutte le grandezze a cui facciamo riferimento. Abbiamo ancora un calo netto dell'occupazione rispetto al 1984; in Piemonte registriamo 46 mila occupati in meno rispetto all'anno precedente: come conseguenza ovvia abbiamo un'ulteriore crescita del tasso di disoccupazione che sale per il 1985 al 9,5% rispetto all'8,8 del 1984; nella provincia di Torino sale da 11,5% a 12,2%. Abbiamo per converso una leggera ripresa del numero delle persone in cerca di occupazione, il che vuole dire che, rispetto ai dati parziali del 1985 dopo aver toccato il fondo, c'è stata una ripresa di iscrizioni al Collocamento all'interno di una situazione in cui comunque cala l'occupazione in modo sempre più accentuato soprattutto a Torino (in termini assoluti; in termini percentuali altre province registrano un peggioramento relativo superiore); c'è una diminuzione della popolazione attiva e una diminuzione sensibile delle ore di Cassa Integrazione sia ordinaria che straordinaria.
Per quanto riguarda la Cassa Integrazione, i dati che vengono forniti in modo sintetico, non ragionato potrebbero far pensare che siamo avviati verso una fase di facile superamento e di riassorbimento delle eccedenze che trovavano collocazione all'interno della massa dei cassintegrati.
Bisogna dire che per quanto riguarda la Cassa Integrazione ordinaria c'è un calo fortissimo nelle ore complessive nella nostra Regione per motivi che appaiono più amministrativi che reali, nel senso che soprattutto la grande impresa negli anni precedenti il 1985 ricorreva in modo sovrapposto sia alla richiesta della Cassa Integrazione straordinaria, a zero ore, sia alla Cassa Integrazione ordinaria come ponte per la copertura dei tempi lunghi di concessione della Cassa Integrazione straordinaria quindi come strumento amministrativo di sovrapposizione che di fatto poi non viene depurato nel conteggio delle ore finali, e che gonfiava artificialmente la massa delle ore di Cassa Integrazione ordinaria.
A partire dal 1985 risulta, da una riflessione fatta negli uffici provinciali di Torino, che la massa di cassintegrati è molto diminuita perché le procedure per l'ottenimento della Cassa Integrazione e delle proroghe di quella straordinaria si sono accelerate.
Dobbiamo ragionare soprattutto sulla diminuzione della Cassa Integrazione straordinaria, che rispetto al 1984 riflette un forte calo delle ore integrate: in Piemonte passiamo da 98/99 milioni di ore di Cassa Integrazione straordinaria con una diminuzione complessiva rispetto al 1984 di oltre 35 milioni di ore.
Questa diminuzione di ore di lavoro integrato per oltre 34 milioni si concentra nella sola provincia di Torino.
Il primo dato che emerge è la necessità di conoscere meglio e più a fondo il fenomeno della Cassa Integrazione. Non possiamo più prendere in considerazione la regione complessivamente, né è sufficiente il riferimento alle singole province per capire la realtà; sovente non è neanche sufficiente fare riferimento ai bacini industriali in crisi di maggior evidenza.
Siamo in una fase in cui occorre una considerazione molto più analitica, scomponendo i dati partendo dalla grande impresa fino al sistema complessivo delle imprese che ricorrono alla Cassa Integrazione.
L'unica provincia che registra un aumento delle ore di Cassa Integrazione, su un'entità che era relativamente limitata rispetto alle altre province, è quella di Asti.
Quale riflessione possiamo trarre? Che cosa è avvenuto nella nostra Regione e nel nostro Paese? Al di là delle considerazioni che molti hanno richiamato, della caduta del dollaro e del prezzo del petrolio, abbiamo alle spalle una fase diversa. Il sistema delle imprese ha raggiunto nel 1985 i livelli di produzione del 1980, parallelamente c'è una diminuzione continua dell'occupazione. Questo è dovuto in parte all'aumento del lavoro straordinario; la percentuale delle ore lavorate mensilmente per operaio sale da. 3 a 3,5. Questo è dovuto ad una migliore utilizzazione e articolazione del lavoro, ad un leggero incremento del lavoro ordinario pro capite, ad una migliore organizzazione del lavoro all'interno delle imprese. Tutti i dati indicano che dopo il 1983 le aziende hanno riacquistato flessibilità e capacità produttiva sia attraverso gli strumenti previsti dalla legge n. 863, ma anche attraverso l'utilizzo della Cassa Integrazione straordinaria e ordinaria.
Attraverso l'Osservatorio regionale sul mercato del lavoro è emerso che, contrariamente a quanto si poteva pensare, la Cassa Integrazione ordinaria non coincide come sovente si crede con la Cassa Integrazione a zero ore. La Cassa Integrazione ordinaria ha un'articolazione al suo interno per cui è rilevante un utilizzo a rotazione o in altre forme diverse dall'utilizzazione a zero ore.
Nei mesi di ottobre del 1984 e marzo del 1985, l'utilizzo della Cassa Integrazione straordinaria in forme diverse dalla rotazione e dalle zero ore rappresenta quasi il 50% delle ore complessivamente richieste e del numero dei dipendenti in Cassa Integrazione straordinaria, vale a dire che la Cassa Integrazione straordinaria è stata largamente utilizzata in forme diverse, settimanali, per manutenzioni, forme che le aziende hanno utilizzato in senso congiunturale per far fronte alle esigenze di ripresa.
Possiamo dire che una massa cospicua della Cassa Integrazione straordinaria ha collegamento diretto con l'offerta di lavoro, è una sacca che viene utilizzata soprattutto dalla grande impresa per far fronte agli andamenti congiunturali.
La grande impresa, Fiat e Teksid, non hanno mai utilizzato la Cassa Integrazione a rotazione. Gli strumenti della legge 863 hanno creato questa flessibilità; avremo tra poco i dati disaggregati per regione sull'applicazione della legge 863. Già i dati nazionali consentono di fare una riflessione interessante. Nel periodo di applicazione della legge dall'ottobre del 1984 al novembre del 1985, c'è stato un limitato ricorso ai contratti di solidarietà. C'è stato invece un ricorso massiccio ai contratti di formazione lavoro e alle forme del part-time. Ai contratti di formazione lavoro sono stati interessati 191 mila persone e quasi 100 mila sono state avviate nel periodo di applicazione della legge n. 863. Alcune caratteristiche dimostrano quale significato ha assunto il contratto di formazione lavoro: circa il 70% degli avviati ai contratti di formazione lavoro ha un'età compresa fra i 19 e i 24 anni; circa il 63% ha un titolo di studio di scuola media inferiore; circa il 65% risulta assunto come operaio; quasi il 74% degli avviamenti avviene nelle piccole aziende fino a 50 dipendenti. Il contratto di formazione lavoro quindi è stato usato come agenzia privata di collocamento.
Sull'utilizzo dello strumento della flessibilità abbiamo dei grossi problemi aperti a cui non riusciamo a dare risposte perché non sappiamo che cosa succederà allo scadere dei due anni, termine massimo che il contratto di formazione può coprire. Siamo alla prima applicazione di questo strumento. Quanto avviene in questi anni si tradurrà in misura significativa in termini di occupazione, oppure non risulterà che una forma di collocamento che sostituisce il vecchio istituto dell'apprendistato? C'è anche una massa ingente di contratti stipulati a tempo parziale ai sensi dell'art. 5 della legge 863 che riguardano in larga misura la manodopera femminile. Nella trasformazione dei contratti da tempo pieno a tempo parziale è interessata una massa rilevante di manodopera femminile. Anche in questo caso siamo a dimensioni che sono vicine a quelle degli avviati attraverso i contratti di formazione e lavoro. Su questi dati si stanno compiendo delle ricerche importanti che potranno darci la possibilità di confrontarci in modo propositivo con il Governo.
L'indagine ha dimostrato che su 493 aziende (che grosso modo rappresentano l'80% dell'occupazione dei presumibili cassintegrati e che erano presenti nell'universo stimato di circa 700 imprese) nell'ottobre del 1984 c'erano 86.800 cassintegrati complessivamente; se facciamo una stima sull'universo corrisponde a poco più di 100.000 cassintegrati, tenendo conto delle mancate risposte da parte di alcune imprese. Questo è il primo dato su cui ragionare, perché noi abbiamo ragionato principalmente sul numero complessivo delle ore di Cassa Integrazione, ma ci mancava una conoscenza della collocazione dei cassintegrati e del modo in cui vengono utilizzati all'interno delle imprese.
Questi 86.000 cassintegrati scendono a quasi 50.000 nel marzo 1985.
Questo dato quindi conferma in modo preciso la diminuzione del ricorso alla Cassa Integrazione straordinaria in Piemonte e particolarmente nell'area di Torino dove si addensava la massa delle ore richieste. E' interessante osservare che nel 1984 è stabile a zero ore il 33% dei cassintegrati, nel marzo 1985 il 50%, questo sta a significare che c'è quella famosa sacca critica di cui sempre abbiamo parlato cercando di fare delle stime, perch diminuisce la Cassa Integrazione straordinaria utilizzata in senso congiunturale e cresce relativamente nella diminuzione il peso della sacca che non si riesce a svuotare, che di fatto rappresenta dei disoccupati reali che non hanno possibilità di reinserimento all'interno del ciclo produttivo.
La Cassa Integrazione straordinaria a rotazione mantiene quasi lo stesso peso relativo a ottobre 1984 e a marzo 1985 aggirandosi intorno al 14%. Il ricorso ad altre forme di utilizzazione della Cassa Integrazione straordinaria, anche questa è usata in senso congiunturale, era del 52% a ottobre 1984 e scende al 36% a marzo 1985.
I due dati dell'utilizzazione della Cassa Integrazione a zero ore e dei cassintegrati stabili a zero ore, denunciano la presenza di cassintegrati che sono tali da tre, quattro, cinque anni e più. Questo problema è stato oggetto di considerazione all'interno della IV Commissione consiliare e dovrebbe trovare una definizione finale attraverso una proposta che sarà portata in Consiglio regionale a seguito della discussione sulla mozione Fiat, presentata dal Gruppo comunista.
E' necessario uno strumento straordinario temporaneo. So che è argomento molto controverso, ma personalmente ritengo di dover dire che è necessario uno strumento mirato, eccezionale di prepensionamento per riuscire a ripulire - permettetemi questo brutto termine - il mercato del lavoro dà eccedenze che continuano ad essere conteggiate, ma che di fatto non hanno alcuna possibilità di ritorno all'interno del ciclo produttivo.
La seconda esigenza, che emerge è quella di addivenire in tempi brevi alla costituzione dell'agenzia regionale del lavoro. A fronte dei fenomeni che via via veniamo a conoscere e a comprendere appare sempre più evidente la necessità di potere disporre di una struttura istituzionalmente preposta a portare avanti sperimentazioni sul mercato del lavoro per realizzare un incontro tra offerta e domanda di lavoro e anche per dare un orientamento alle esigenze nuove di formazione professionale.
La prima risposta che la Giunta deve dare, che esce confermata da una valutazione complessiva, è sulla necessità di sviluppare un'iniziativa politica e istituzionale perché il livello centrale addivenga quanto prima alla definizione normativa dell'istituto del prepensionamento speciale mirato e temporaneo per far fronte a particolarità del mercato del lavoro piemontese e probabilmente di altri mercati del lavoro e dell'agenzia del lavoro. La Giunta ritiene che l'agenzia del lavoro debba essere una struttura pubblica e non una struttura privata del lavoro, una specie di S.p.A. che in Lombardia si è-tentato di avviare. C'è l'esigenza di una forte iniziativa politica e istituzionale nei confronti del Governo. Noi riteniamo che la funzione del collocamento debba restare una funzione pubblica sia pure tenendo presenti le esigenze diverse che oggi si presentano nell'evoluzione dell'economia, particolarmente del settore industriale.
Quindi siamo per una struttura pubblica, statale, rispetto alla quale si dovranno trovare momenti di collaborazione con altri livelli di governo locale, con le forze sociali, mantenendo un sistema centrato sulle Commissioni regionali per l'impiego, che devono essere potenziate sempre attraverso la modifica normativa che è in corso a livello nazionale.
Probabilmente è opportuno un ulteriore approfondimento delle proposte che sono state presentate a livello centrale, le quali vanno lette in parallelo con un approfondimento dei termini reali della nostra regione per riuscire ad evidenziare le proposte della Regione Piemonte nei confronti del Governo al fine di una definizione normativa della politica del lavoro, degli strumenti e delle iniziative che devono essere realizzate che ci consenta di partecipare e ad avere un ruolo capace di affrontare i problemi e di ricercare risposte valide. I problemi che abbiamo di fronte probabilmente non sono destinati a risolversi spontaneamente ed in breve tempo.
Quale ulteriore sviluppo potrà avere il dibattito che abbiamo svolto in aula? Considerato il livello di approfondimento attorno ad alcune questioni e problemi di grande importanza raggiunto all'interno della IV Commissione ed essendo in presenza di richieste formali di nuovi atti legislativi credo che dobbiamo definire forme di approfondimento e di proposta su tutta la materia che è all'attenzione della Regione e del Governo centrale.
Nel rispetto dell'autonomia decisionale, in tempi che possono essere collocati entro la prima decade o la prima quindicina del mese di aprile la Giunta ritiene opportuno un confronto tra il Consiglio regionale, il Governo, in particolare i Ministri del Lavoro e dell'Industria, i parlamentari e i Ministri piemontesi, per affrontare congiuntamente i problemi della politica del lavoro e i problemi della politica industriale per discutere le leggi di agevolazione che nel frattempo sono scadute quindi la revisione normativa per quanto attiene il credito agevolato. E' una valutazione che possiamo fare congiuntamente con l'obiettivo di presentare rispetto ai documenti di politica industriale del Ministro Altissimo, già discussi dalla Commissione Rebecchini, e rispetto al programma decennale per l'occupazione presentato dal Ministro De Michelis proposte, quindi incidendo realmente in modo da svolgere il ruolo politico e istituzionale che è assegnato alla Regione.
Trascuro gli aspetti che riguardano in specifico le iniziative, sia pure limitate, che la Regione può assumere in materia di politica del lavoro, soprattutto sul versante della innovazione e del trasferimento dell'innovazione produttiva all'interno del nostro sistema regionale. Su questi argomenti ci siamo soffermati sui dibattiti precedentemente sviluppati sul programma della Giunta. Vorrei solamente riprendere una considerazione che ha fatto il collega Tapparo nella scorsa seduta. Anch'io credo che dobbiamo stare attenti a non muoverci all'interno di dualismi dobbiamo stare attenti a non contrapporre la politica dell'innovazione e dell'ammodernamento del nostro sistema alle politiche dell'occupazione. Lo sforzo deve essere soprattutto indirizzato a momenti di valutazione congiunta capace di assumere iniziative nella fase nuova che si apre nel 1986 e ci auguriamo anche negli anni successivi in cui le nuove opportunità possano.essere colte per dare una risposta non solo ai problemi di ammodernamento delle imprese e di risanamento della finanza pubblica, ma anche ai problemi occupazionali, quindi sviluppando un'azione politica complessiva e un'iniziativa regionale, sia pur modesta, ma capace di tenere fermo l'obiettivo dell'occupazione. Con un'avvertenza però, senza l'illusione di pensare che la Regione per competenze istituzionali, per capacità, per imprenditorialità presunta possa essere in grado di attivare un secondo mercato protetto, parallelo al mercato del lavoro. Non è una contrapposizione allo Stato e alle sue articolazioni, che il mercato non sia in grado di dare delle risposte.
Il nostro ruolo è quello di un'iniziativa diretta, ma soprattutto di un'iniziativa politica capace di svolgere un ruolo istituzionale, una direzione di marcia che dia nel tempo, magari con fatica, delle risposte positive all'interno di un nuovo processo di sviluppo. Lo sviluppo industriale è in ripresa, ha riportato la produzione ai livelli del 1980 ha visto l'accumulazione di forti profitti all'interno della grande e della media impresa, ha visto la profonda trasformazione delle strutture imprenditoriali e produttive della nostra regione, che è una regione all'avanguardia sul piano dell'innovazione. Questo sviluppo ci dice che dobbiamo renderci conto che siamo all'interno di una Regione che ha avuto che ha e che avrà in futuro forti connotati di regione industriale.
Noi non possiamo porci, astrattamente, alla ricerca di altre opportunità di trasformazione. Il Piemonte rimane una regione a carattere fortemente industriale e questo emerge dai dati che abbiamo presenti. E' vero che nella nostra regione cala l'occupazione industriale per effetto dei processi di trasformazione, per effetto delle esigenze di competizione e di concorrenza internazionale sempre più aspre, ma il Piemonte è una regione che perde occupazione anche nel settore terziario. Queste cose ce le dobbiamo dire con chiarezza se vogliamo capire dove stiamo andando. Il settore del terziario cresce solo per l'aumento della pubblica amministrazione: se depuriamo il settore del terziario dai dati relativi alla pubblica amministrazione perdiamo occupazione anche nel terziario; le opportunità che possono essere offerte dal terziario possono concretizzarsi solo se ci sarà un consolidamento della ripresa industriale. In Piemonte si può sviluppare un terziario di servizio alle imprese. Questo quadro è presente alla Giunta e al Consiglio.
A noi sembra corretto proporre un ulteriore approfondimento di questi temi, da farsi,non in termini precipitosi, ma tali da poter affinare valutazioni, conoscenze a livello centrale, presso il Ministero del Lavoro nella nostra Regione per trovare assieme una puntuale e precisa capacità di proposta nei confronti del Governo. Questo è l'aspetto principale che la Giunta ha di fronte a cui dobbiamo rispondere per svolgere il ruolo che alla Regione è affidato.
Se l'obiettivo dell'occupazione rimane per tutti obiettivo prioritario ci sarà l'esigenza di un ulteriore approfondimento per trovare i punti di incontro necessari dopo quelli già significativi e importanti che si sono registrati all'interno della IV Commissione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Alberton.



ALBERTON Ezio, Assessore alla formazione professionale

Signor Presidente, signori Consiglieri, ovviamente colloco il mio intervento all'interno delle considerazioni più generali fatte dall'Assessore Genovese. Ritengo che molte delle indicazioni fornite dalla mozione del Partito Comunista si aggancino con coerenza con gli indirizzi politici programmatici presentati e discussi in quest'aula.
Io tratterò, interverrò specificamente su due argomenti ampiamente ripresi dalla mozione, in conseguenza del fatto che in occasione del dibattito sul programma ero assente dall'aula.
Credo che il grosso sforzo a cui noi dovremmo andare incontro è quello di fissare gli obiettivi (l'occupazione) e, fissate alcune modalità di perseguimento di questo obiettivo, garantire una rigorosa coerenza nell'operatività delle azioni per fare in modo che questi obiettivi vengano perseguiti.
Tratterò, ripeto, il problema del-la formazione professionale e alcune considerazioni sui beni culturali.
Per quanto riguarda la formazione professionale, credo che nel momento in cui, con giustezza, si presta molta attenzione a questo tema contemporaneamente non possiamo perdere il senso del limite dello strumento che è a nostra disposizione. Questo limite presenta due aspetti: in primo luogo noi possiamo, qualora ce la facessimo, preparare bene dei giovani e questi potrebbero non trovare occupazione per carenza di posti di lavoro.
Laddove andremo più analiticamente e più intensamente ad analizzare gli sbocchi occupazionali dei giovani in uscita dal sistema della formazione professionale, non potremo non analizzare contemporaneamente il rapporto con il mercato, cioè quanto cresce il mercato del lavoro.
In secondo luogo noi prendiamo in considerazione un universo giovanile che è per forza di cose estremamente limitato, i 20/25 mila giovani che noi facciamo transitare nel nostro sistema formativo sono una percentuale molto bassa del mondo giovanile che viene ad impattare con il sistema complessivo del lavoro. Questo non toglie rilevanza al fenomeno, se non che ci deve fare accompagnare dal senso del limite della nostra competenza.
Voglio fare una considerazione di carattere generale sull'andamento del sistema produttivo occupazionale. Il sistema delle imprese ha conosciuto in questi anni e ha concentrato le sue attenzioni sul fenomeno della riduzione dei costi, attraverso il quale ha conosciuto un momento di ripresa della produttività e dell'accumulazione molto accentuato.
Credo che insieme, la politica nazionale e la politica regionale devono creare il clima perché l'attenzione delle.aziende oggi si sposti ad aumentare il prodotto. Guai se l'incremento o il recupero della produttività si assestasse progressivamente a livelli di produzione sempre più bassi, cioè che il punto di pareggio venisse ricercato sempre sui livelli di produzione più bassi possibili.
Questa considerazione mette qui in gioco il complesso di fattori che deve animare la politica economica nazionale e ciò ci costringe contemporaneamente a considerare che abbiamo di fronte un periodo nel quale il problema occupazionale manterrà tutta la sua drammatica evidenza.
Bisogna quindi trovare la maniera di creare un ponte da adesso al momento in cui il sistema riuscirà, se ce la farà - all'interno di una politica nazionale certamente molto controllata - a recuperare gli stessi livelli di efficienza su una quantità di prodotto più elevato.
Il grosso problema che ci troviamo di fronte, lo misuriamo certamente anche sulle nostre risorse, è come fare a lanciare questo ponte, con interventi anche di natura straordinaria, che però non stravolgano e non rendano più ingovernabile il sistema della finanza pubblica odierna.
Il documento del PCI evidenzia, nel sistema della formazione professionale, dei nodi che sono ripresi nel documento degli indirizzi politico-programmatici della Giunta e che sono di carattere strutturale rispetto ai quali non credo sia facile immaginarsi e neppure quantificare risultati immediati.



AMERIO Mario

Risultati no, ma segnali si.



ALBERTON Ezio, Assessore alla formazione professionale

Certo, ma direi che proprio nel momento in cui si evidenziano elementi strutturali che non funzionano, si deve anche considerare che cosa è pesato in tutti questi anni a determinare gli elementi strutturali che oggi vengono evidenziati come negativi. Non posso che concordare (l' ho scritto anche sul programma) sul fatto che c'è un problema di raccordo tra domanda e offerta oggi non adeguato e che c'è una qualificazione del sistema da realizzare sia sul fronte dei formatori sia sul fronte complessivo della struttura della realtà che produce la formazione.
Così credo che sia fondamentale aumentare il grado di conoscenza e di misura del sistema almeno su due fronti: andare a vedere come i giovani che escono dal sistema della formazione professionale si inseriscono nel sistema del lavoro valutare come in un ambito territoriale ed economico l'investimento in formazione genera, a lunga scadenza, un salto di qualità nel territorio o in quel determinato comparto o sistema economico.
Sono cose da fare. Non possiamo dimenticare che sulla formazione professionale si scarica sempre un doppio fronte di problemi, che è quello di essere anche un momento formativo su un binario scolastico. Non credo che noi possiamo immaginare di essere o di disegnarci un quadro che vede come sistema formativo solo quello di carattere scolastico nazionale normale, e dire che tutto il resto non ha una quota di formazione generale di base per l'uomo, per il ragazzo, pena altrimenti dimenticarci tutti coloro che per i più vari motivi non riescono a rimanere agganciati al sistema scolastico normale.
Questo crea quei problemi su cui credo siamo tutti d'accordo, si tratta poi di trovare, soprattutto nelle sedi nazionali, le soluzioni, di raccordare meglio il sistema formativo complessivo.
Dico anche qualcosa su un aspetto che è stato ampiamente ripreso dal dibattito, che è quello dei contratti di formazione lavoro.
Noi stiamo vivendo le prime esperienze di questo fenomeno, non credo che siamo in grado oggi di emettere un giudizio definitivo, ma credo che dobbiamo puntare a evidenziare e sostenere le valenze potenzialmente positive di questo sistema, cioè se è ed è stato uno strumento di incentivazione occupazionale, dobbiamo mettere in atto le azioni che consentano di introdurre, di salvaguardare gli aspetti formativi di questo strumento.
Ciò vuol dire, utilizzando le esperienze che si sono avviate e che si stanno avviando, cercare di realizzare sul serio quel raccordo tra momenti formativi e momenti del lavoro che facciano intravedere quel sistema di alternanza che oggi non è ancora sufficientemente organizzato.
Desidero garantire che la Regione deve e vuole attivarsi per mantenere un controllo della formazione che avviene attraverso questi strumenti, in tutte le sue fasi, sia quella che avviene fuori dal sistema delle aziende sia per quella parte che avviene all'interno delle aziende.
Voglio anche garantire che il sistema formativo regionale dovrà fare in modo di essere disponibile a ospitare e a raccogliere al suo interno queste esperienze. Questo non è incoerente con quanto sta avvenendo per il progetto dei cosiddetti 2.000.
E' un progetto che è alla sua prima fase di esperienza, che era nato oltretutto prima della creazione di questa Giunta e che ha una sua caratteristica di composizione interna fortemente squilibrata rispetto alla composizione media dei nostri centri di formazione professionale (non dimentichiamo che più del 50% delle persone coinvolte da questi contratti sono laureati e diplomati, mentre il nostro sistema è per il 10 indirizzato su questo settore e quindi non sarebbe stato neppure in grado di raccogliere, al suo interno, tutta questa domanda) e si ponevano problemi di fasatura tra un sistema che era già stato avviato e un sistema che deve ancora avviarsi.
Voglio garantire che presteremo a questo sistema tutte le attenzioni del caso per verificare se, nel rispetto di questi obiettivi fondamentali questo strumento può, da fatto congiunturale ed episodico, diventare progressivamente un elemento di carattere strutturale con tutto quello che però si trascina dietro circa le caratteristiche che richiamava già l'Assessore Genovese e cioè essere inserito all'interno di un contratto a termine, con tutte le caratteristiche da salvaguardare sul fatto che si formino dei ragazzi con una formazione mirata, ma evitando il rischio che mirandola troppo ed essendo un contratto a termine, il ragazzo che non vede confermato quel suo posto di lavoro e non possa spendere quella sua formazione in altre sedi, perché altrimenti avremmo fatto un addestramento di carattere biennale e rischiamo di trovarci il ragazzo non attrezzato per affrontare altre esperienze di lavoro.
Voglio confermare che per quanto richiamato sul rapporto con gli artigiani i programmi sono già stati avviati in alcune Province per attivare quelle convenzioni che instaurino un rapporto stretto tra formazione e sistema artigianale.
Il tema dei beni culturali deve essere affrontato con una pluralità di tagli. Sul sistema dei beni culturali il momento pubblico deve intervenire prima di tutto forse per una difesa di valori, perché essi si portano dietro parte della nostra storia, della nostra cultura. Ma subito dopo laddove li leggessimo per i loro effetti potenzialmente di carattere occupazionale, dobbiamo anche trovare la maniera di far quadrare i conti economici di questi interventi. Sotto questo profilo, teoricamente parlando, un intervento sul bene culturale può valere l'intervento su qualsiasi altro fronte visto come investimento che genera occupazione in s nel corso dell'investimento.
Il problema subito dopo è di nuovo quello di come organizzare e sostenere questi interventi, sapendo che abbiamo a che fare con un sistema di finanza pubblica che presenta gravi problemi a tutti noti.
Sono ancora perfettamente d'accordo sul fatto che si debba lavorare per grandi progetti, che si debbano fare forti azioni di raccordo, perché, al di là di quello che può mettere in moto la Regione direttamente con le sue risorse, molto può fare la Regione per raccordare e coordinare quello che altri possono mettere in gioco.
E' anche qui una grossa azione di gestione nel senso più nobile del termine, di gestione operativa e politica di queste varie presenze.
Sono lieto, come Giunta, ma credo che ne possiamo prendere tutti atto con soddisfazione, che cresce una consapevolezza su questo fronte, nel senso di prendere atto di quanto siano importanti alcuni sistemi culturali che, se non tutelati a dovere, rischiano di deteriorarsi in maniera irreversibile. Va dai musei alle biblioteche agli archivi, ma allora dobbiamo porci il problema di come rendere compatibili questi interventi con una serie di interventi di altra natura che hanno trovato in questi anni un'espansione notevole e che sono quelli di un consumo culturale, più che di un investimento, un arricchimento del patrimonio culturale.
Il problema della finanza pubblica si pone laddove si chiede la revoca al blocco delle assunzioni. Credo che ci sia una fascia di sblocco delle assunzioni assolutamente necessaria, perché altrimenti alcuni sistemi culturali non vengono neppure messi in grado di entrare nel circuito della fruibilità, ma subito dopo si porrà il problema di fare in modo che le risorse aggiuntive pubbliche, che vengono investite in questa direzione ritrovino per quanto è possibile un ritorno economico, pena altrimenti scaricare sulla finanza pubblica dei problemi oggi difficilmente sopportabili.
Questo comporta delle analisi, anche per le nostre competenze, di una qualificazione o riqualificazione complessiva dell'intervento nel settore.
Considerando questo, anche qui conviene essere realisti e tener presente dei limiti. Io ho la sensazione che, in termini occupazionali, il sistema complessivo dei Beni Culturali ha bisogno di persone qualificate: in termini quantitativi assoluti il contributo occupazionale sarà limitato ma c'è bisogno di quote di personale con elevata qualifica.
E qui non posso nascondere e sottacere la mia non adesione rispetto ad alcuni provvedimenti di carattere governativo che stanno venendo avanti..
Il progetto De Michelis ha la caratteristica della estemporaneità; io non credo che, in questo caso, ci sia bisogno di interventi estemporanei, ma di interventi programmati sul lungo periodo. Il sistema nazionale, come quello regionale, non ha tanto bisogno di 600 miliardi in due anni, ma necessita della garanzia di poter contare su 100 miliardi per sei anni, stantie proprio le caratteristiche di operatività e di personale.
Concludo: a monte e nel contorno complessivo di queste considerazioni a mio parere, sta sempre il problema della ricerca, e cioè lo sforzo che la Giunta intende compiere, non avendo poteri diretti su questa materia, per fare in modo che la ricerca rimanga, e diventi ancora di più, il punto di forza della nostra Regione.
Tutta un'azione di sostegno, di coordinamento, di creazioni di occasioni, di dialogo tra i vari sistemi e momenti della ricerca pubblica e privata, dev'essere sicuramente attuata perché, altrimenti, quegli obiettivi, anche di carattere occupazionale che salvaguardino o saldino tra di loro la ripresa della produttività con la ripresa della quantità di prodotto in un quadro di mercato internazionale, credo, non riusciremo a realizzarli.
Mi auguro anch'io, e credo sia possibile nel quadro dell'iter di sviluppo del Piano regionale, che si possa elaborare e ricercare anche l'intesa su quelle proposte operative che possono dare sostanza a questa riconferma di indirizzi programmatici.



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente della Giunta regionale, signora Vetrino.



VETRINO Bianca, Vicepresidente della Giunta regionale

Dopo aver sentito l'intervento dei miei colleghi sarò ancora più breve di quello che mi proponessi di fare. La mia funzione è quella di assicurare la collegialità della Giunta sulla valutazione che è stata fatta e sull'ipotesi di prospettiva che questo dibattito può ancora avere nel prosieguo dei lavori, fatta salva, come diceva l'Assessore Genovese l'autonomia di questa assemblea di collocarsi anche con altre situazioni e impostazioni che non siano quelle che la Giunta ha intravisto e delle quali parlerò alla fine del mio intervento.
Anche se la mozione del P.C.I. ha un'impostazione progettuale e una visione economica che sono diverse da quelle del programma presentato dalla Giunta, non v'è dubbio che la complessità della materia trattata dal P.C.I., la fitta elencazione di argomenti che si susseguono per ben dodici pagine nel mio documento, i temi toccati sono andati ad intaccare le linee politiche e programmatiche che la Giunta ha presentato qualche tempo fa.
Il collega Amerio nell'introdurre la mozione del suo partito disse: "Non diteci che non si può discutere di questo, perché abbiamo recentemente discusso del programma della Giunta". Le scuse non richieste sono di fatto delle scuse. Questo non è assolutamente un problema. Ho già detto che i motivi dell'approfondimento sono necessari e sono tanti.
Questa mozione si colloca nell'ambito del dibattito progettuale che la Regione sta vivendo in questo momento; mi permetto di non considerarla un "controprogramma", perché non vorrei assolutamente far torto al P.C.I.
anche se, ripeto, la mozione è molto fitta e l'approfondimento è necessario.
Qualche giorno fa, in un'aula universitaria,il prof. Salvati, che credo abbia simpatia per il P.R.I., ironizzando sulle proposte progettuali che di solito fanno le forze politiche (egli parlava di tutte le forze politiche e metteva anche il M.S.I.), disse che se si confrontano nell'esame degli obiettivi, ebbene, questi ultimi sono probabilmente sempre tutti uguali.
Forse è sui percorsi per il raggiungimento degli obiettivi che noi ci dobbiamo confrontare. Per quanto riguarda i percorsi, tenendo a mente e considerando con molta attenzione le proposte che vengono dal P.C.I.
occorre dire che c'è una serie di proposte e di problemi esaminati, ed alcuni anche con dettagli e precisazioni progettuali che per la loro materia e per il loro svolgersi vanno tout court ricondotti al dibattito sul Piano regionale di sviluppo, che la Giunta intende svolgere secondo le regole della programmazione elencate dalla nostra legge (che cambieremo, ma che, fin quando c'è, va osservata). Essa recita appunto: "La Giunta regionale predispone la propria proposta di Piano regionale di sviluppo in concorso con le Province, le Comunità montane, i Comuni e con l'autonomo apporto dei sindacati dei lavoratori, delle organizzazioni di categoria degli organismi economici e delle altre forze sociali, per la definizione degli indirizzi e delle scelte del Piano regionale di sviluppo, dei piani socio-economici territoriali dei Compensori e dei loro documenti di attuazione".
Devo dire che questo dibattito e questo approfondimento è in corso: non più tardi di qualche giorno fa, la Giunta si è incontrata con i sindacati confederali regionali. Credo sia addirittura in programma un incontro, e l'Assessore Genovese dovrebbe saperne più di me, mercoledì pomeriggio, nel quale si stilerà un protocollo in cui è prevista la compresenza dei sindacati. Questo si farà anche con tutte le altre forze nella predisposizione e nella fase di elaborazione delle proposte del Piano regionale di sviluppo.
La Giunta ha deciso di sviluppare la sua azione su due versanti contigui: il primo, è quello di ridurre il deficit di bilancio riducendo le spese di parte corrente: di questo abbiamo già parlato ripetutamente, non mi soffermo anche se sarebbe necessario, tenendo conto di quello che accennava l'Assessore Alberton; il secondo è di incrementare il più possibile le spese per investimenti tramite le risorse interne, oggi immobilizzate, e ricercando fonti esterne di risorse. Nel programma della Giunta presentato qualche giorno fa è detto a chiare lettere che in questo processo uno degli obiettivi fondamentali è il rilancio dell'economia, a cui si deve necessariamente accompagnare l'aumento dell'occupazione e la nostra Regione si inserisce o può inserirsi unicamente come segmento coerente nel più vasto quadro economico nazionale. Qualora quest'ultimo non sia così presente e definito (e questo lo scopriremo in occasione di quell'incontro che noi pensiamo sia necessario con il Ministro del Lavoro e con il Ministro dell'Industria), il Piemonte ha comunque il dovere di segnalare questa strada. Una strada che noi riteniamo l'unica seriamente percorribile al fine di conseguire un incremento dei livelli occupazionali della nostra Regione.
In alcune considerazioni portate nel corso del dibattito da parte di alcuni Consiglieri ritengo sia stata fatta a volte, anche involontariamente, un po' di confusione. Per esempio, la maggior occupazione indotta dalla centrale nucleare non è tanto rappresentata da quelle 4.500 persone che si stima saranno impiegate nella costruzione della centrale. Correttamente il Consigliere Igor Staglianò si chiedeva chi saranno, da dove verranno, cosa faranno, quanto dureranno in quella posizione.
Il principale risvolto occupazionale è invece dato dalla valenza che questo intervento ha sull'economia generale, piemontese ed italiana nell'acquisizione di una maggiore indipendenza per l'Italia dalle fonti estere di approvvigionamento e dalle ben più consistenti ricadute occupazionali che uno sgravio dei costi energetici può significare per le nostre industrie.
La mozione del P.C.I. a questo proposito evidenzia questa necessità quando dice che il secondo grande nodo - da affrontare per promuovere lo sviluppo è proprio quello dell'energia e della centrale nucleare.
Io credo che non è certo con gli umori, congiunturali che si governano queste fasi. Ieri c'era chi contrastava la scelta nucleare quale scelta di riforma strutturale della nostra economia esaltando il mercato sommerso o lo stellone della genialità italica.
Oggi c'è ancora, e di nuovo, una sottovalutazione del nucleare giustificata nel ribasso dei prezzi petroliferi: si tratta comunque di giustificazioni che poco servono se non sono supportate da azioni pubbliche capaci di incidere sui problemi strutturali. Noi certo abbiamo nei nostri progetti la centrale: essa è avviata e cercheremo di governarla con quella attenzione con cui, magari un po' in ritardo, l'abbiamo governata negli anni passati. Ma un progetto vero del nuovo Piano regionale di sviluppo non deve essere la centrale, ma forse il dopo-centrale, in una determinata zona, proprio perché i risvolti di un dopo-cantiere devono essere previsti dalle forze politiche di questo Consiglio e della maggioranza. Esse "devono" prevedere un dopo-cantiere e, dunque, un Piano di sviluppo dovrà probabilmente, non tanto prevedere cosa succederà con la centrale, ma quel che succede in una determinata zona nel dopo-centrale.
Ecco perché io credo che i progetti che dovranno formare l'imminente penso al Piano regionale di sviluppo (anche se mi hanno consigliato di non dare date precise) non dovranno essere dei disegni casuali e onnicomprensivi, ma dovranno possedere le caratteristiche proprie di un progetto.
Oggi il costo medio per occupato nella fascia d'investimenti costituita dalle opere pubbliche è di circa 900 milioni: una cifra che può stupire, ma se pensiamo alla vicenda del Centro intermodale di Orbassano (e ne parlo perché nella mozione in una delle 5 aree d'intervento si parla espressamente dei trasporti e, in particolare, dei centri di smistamento delle merci e del Centro Intermodale di Orbassano) e alle ripetute ricapitalizzazioni avvenute a fronte della mancanza di tempi e definizioni progettuali, la cifra di 900 milioni non parrà così incredibile.
E' inoltre necessario chiarire un altro aspetto inerente la individualizzazione delle linee strategiche d'intervento con una valenza progettuale.
Il primo riguarda la qualificazione professionale della struttura nella valutazione finanziaria, mi riferisco al corso sul progetto F.I.O., in svolgimento da alcune settimane, ma anche più in generale alla valutazione che la Regione deve dare delle specifiche indicazioni di stanziamenti che il Governo fa per progetti particolari, per esempio quello dei Beni Culturali che ha ottenuto la cifra non indifferente (se è stata confermata) di 400 miliardi, una cifra significativa, per la quale giustamente veniva osservato che le Regioni devono proporsi con dei progetti specifici.
Questo è un argomento importante, anche perché la Regione Piemonte su questo tema non parte assolutamente da zero. C'è a disposizione della Regione una ricerca che purtroppo - e mi rivolgo al Consigliere Staglian per la sua definizione non ha impiegato tante decine di giovani, ma ha comportato un'èquipe di professionisti molto qualificati (per fare queste cose occorrono dei professionisti qualificati), che ha censito, nel corso di anni, il numero di beni architettonici urbanistici e archeologici del Piemonte. Sono ben 26.983: è stata elaborata una carta e i Consiglieri della passata amministrazione ce l' hanno e la presenteremo anche ai nuovi Consiglieri insieme ad una serie di altre carte. La carta è stata elaborata sulla base di un confronto bibliografico e cartografico. L'autore sta ordinando tutte le schede dei beni, che sono correlate da descrizioni foto, profili storici e urbanistici.
Credo non ci siano altre Regioni che abbiano una documentazione così ricca. Ci sono voluti però sei anni per completarla e adesso abbiamo pochi giorni per definire l'utilizzazione dei miliardi che possono arrivare al Piemonte. Credo che questa carta abbia una valenza progettuale che collima perfettamente con le indicazioni espresse dalla legge finanziaria del 1986 a proposito dei beni ambientali.
Questo tema - dice il P.C.I. - potrebbe inserirsi nella tematica occupazionale. Io però mi trovo in accordo con l'Assessore Alberton che certamente concorda nella tematica occupazionale, però non ai fini di creare molta occupazione, ma in un progetto che ci obbliga, adesso all'insediamento di una struttura, alla definizione di una formazione, che potrebbe avere un largo mercato in Piemonte e fuori del Piemonte. La mera quantificazione occupazionale appare sterile. Non credo che definiremo molti posti di lavoro. Sono piuttosto le occasioni indotte di altri settori che potrebbero ottenere un beneficio dall'avvio di una politica di questo genere, che potrebbero nel lungo termine determinare occasioni di lavoro. I risvolti occupazionali sono minimi rispetto, viceversa, all'esigenza di grande occupazione che ha la Regione.
La Regione non ha tra i suoi compiti istituzionali quello di creare dell'occupazione, ma ha il compito di determinare quelle condizioni delle quali parlavano gli Assessori Alberton e Genovese, affinché tutti gli altari abbiano la possibilità di determinare condizioni di sviluppo che possano consentire nuovi livelli occupazionali, partecipando al processo di sviluppo della nostra nazione.
Il livello di approfondimento è più che necessario, così come è necessario il confronto che dobbiamo avviare con i Ministeri competenti.
Non per questo intendiamo porci un'altra volta "a balia" del governo nazionale. C'è, nella specificazione del P.C.I., una frase fondamentale ed è quello che ci, accingiamo a fare e cioè: "dobbiamo dimostrare nei confronti del Governo la nostra necessità di protagonismo, nel momento in cui il Governo decida delle linee di politica del lavoro e di politica industriale".
L'obiettivo che ci dobbiamo porre è quello di un incontro con i Ministri competenti dove avremo il dovere di rappresentare le necessità della nostra Regione, di far intravedere i nostri sbocchi occupazionali, ma soprattutto di chiedere al Governo per quale politica esso stia lavorando anche per consentire che questa Regione, che purtroppo in questo momento partecipa al processo disoccupazionale in modo evidente, possa recuperare le sue esigenze occupazionali e possa garantire ai giovani delle prospettive di lavoro e di inserimento in modo dignitoso in questa società.
Gli altri percorsi possono essere infiniti. Giustamente l'assemblea è sovrana nel definire tutto quello che ritiene di definire. L'assemblea avrà bisogno di tanti momenti di approfondimento. Il Consigliere Brizio, ad esempio, nel corso di questo dibattito, parlava degli enti strumentali e della necessità di strutturarli in modo che ci aiutino a realizzare le nostre politiche e a creare le condizioni che possono determinare occasioni di rilancio.
Questo è un argomento molto interessante perché gli enti strumentali costano alla Regione circa 25 miliardi e danno occasioni di lavoro a circa 400 persone.
Vogliamo verificare, dopo tanti anni che ne parliamo, questo protagonismo o non protagonismo, questo ben comportarsi o non ben comportarsi? Credo che non tutti siano da valutare nello stesso modo. Ci sono stati di, versi gradi di far politica e di aiutare la Regione. Non c'è dubbio che sono enti che concorrono con altri enti pubblici e privati al raggiungimento di alcune politiche.
Colgo l'incitamento che veniva dal collega Brizio di una discussione apposita sugli enti strumentali.
Gli altri percorsi sono infiniti. Nel 1980, quando la maggioranza di allora si accingeva a varare il Piano di Sviluppo regionale, il P.R.I. fece un convegno che poteva sembrare provocatorio il quale si intitolava: "II Secondo piano regionale di sviluppo". Ricordo gli interventi molto sostanziati dell'Assessore Rivalta e del Presidente Viglione, in quella sede in veste di esponente del P.S.I.; erano rappresentanti autorevoli ben contenti di contribuire attraverso la loro linea a definire un piano regionale di sviluppo che fu poi quello che orientò le linee del P.R.I.
nell'ambito del dibattito che attorno al piano di sviluppo si and determinando.
Quindi, i percorsi sono infiniti e le occasioni per gli approfondimenti sono necessarie. Viviamo una stagione di necessità di progettualità che richiede il concorso di tutte le forze politiche come ha inteso fare il P.C.I. attraverso la mozione che ha determinato queste due giornate di dibattito intenso. Ha messo a fuoco una serie di temi della nostra società piemontese ai quali intendiamo dare risposte attraverso il piano regionale di sviluppo per quegli obblighi che abbiamo nei confronti della società per dare maggior consistenza a quelle linee politico - programmatiche sulle quali qualche giorno fa il Consiglio si è a lungo confrontato.



MIGNONE Andrea



PRESIDENTE

A questo punto tocca ai proponenti della mozione replicare al dibattito. Ha quindi la parola il Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Credo di poter essere breve soprattutto in relazione al fatto che i Capigruppo abbiano convenuto, seppur con molti tormenti e con troppi zig zag che di questi argomenti e di quanti altri atti utili per definire lo "stato dell'arte" sui problemi dell'occupazione e sullo sviluppo in Piemonte si avrà occasione di ritornare nell'occasione di un convegno aperto alle forze sociali ed economiche piemontesi con l'impegno poi di chiudere questo dibattito con delle risoluzioni e delle indicazioni. Questo mi permette di collocare questa replica non come se dovessimo porre in votazione oggi la mozione o qualche altro documento, bensì per cogliere l'occasione per dare alcune valutazioni anche utili per il prosieguo del dibattito e del nostro lavoro.
Voglio intanto motivare la presentazione di questa mozione. Credo sia stato colto, paradossalmente più dalla Giunta che dai Gruppi della maggioranza, il contributo che abbiamo voluto portare sulla base di un lavoro non breve che abbiamo compiuto, anche di consultazione e di verifica per segnalare una priorità politica che da troppo tempo è rimasta fuori da queste aule. Sono passati sette mesi ormai e si è avuto un primo accenno di discussione solo sul programma. Volevamo segnare insieme questa priorità politica - per noi, ma sento anche da parte degli altri Gruppi - e portare un contributo che riconducesse la Giunta e il Consiglio a definire un insieme di posizioni e di proposte su cui avviare poi la fase operativa, la fase di confronto, la fase delle scelte. Quindi la mozione va letta in questo modo, poi se qualcuno l' ha intesa come contro-programma, temo sia stato in funzione del fatto che le questioni che riguardano l'occupazione sono ovvie ed evidenti e non possono essere limitate solo alle politiche attive del lavoro, pure importanti, come stamattina dalla replica dell'Assessore Genovese abbiamo sentito, che il nostro partito si propone in continuità con le esperienze di governo fatte e con il desiderio di esercitare, senza nessuna confusione - lo ripetiamo ancora - una funzione di governo e di indirizzo.
Si è parlato di contro programma proprio perché molta soddisfazione sul programma presentato dalla Giunta non c'era.
E' un contributo e credo che sia possibile, in fase di replica, trarre una prima conclusione. Devo dire che è un'occasione mancata almeno parzialmente per la maggioranza e per la Giunta, anche se le repliche degli Assessori sono state serie ed approfondite.
Questa mozione voleva essere un modo ulteriore, preciso e più concreto di definire come abbiamo cercato di fare numeri, quantità (da prendersi con le pinze - lo sappiamo) rispetto ai vari progetti. Abbiamo cercato di fare una ricognizione, che per l'opposizione è faticosa avendo gli strumenti che abbiamo per individuare certe scelte sufficientemente chiare, non equivoche, non vaghe, per affrontare i problemi che abbiamo sul tappeto da tempo e che oggi si aggravano. Abbiamo avuto la sensazione in alcuni interventi che si sia voluto evitare questo confronto. Addirittura ho il legittimo dubbio di credere che da parte di alcuni intervenuti il documento sia stato letto, perché non se ne sarebbe parlato nella maniera in cui qui se ne è parlato.
Ci si è rifugiati in corner parlando del futuro piano di sviluppo. Non abbiamo posto termini e date perché ci rendiamo conto per esperienza delle difficoltà che esistono a traguardare a date certe il piano di sviluppo.
Però il punto che smonta tutta questa costruzione, questo rifugiarsi in corner, è che un piano di sviluppo c'è.
E' vero che il piano di sviluppo è stato approvato dalla passata Giunta, ma è una ragione di più per arrivare al nuovo, per intervenire in modo concreto. La nostra mozione si colloca in quel piano di sviluppo in forma di proiezione, di prosecuzione delle indicazioni di fondo contenute in quel piano. Chi ha letto attentamente la mozione, nella ripresa dei progetti avrà notato tutta l'intelaiatura del secondo piano di sviluppo. Si sarebbe dovuto, già in questa sede, cominciare a dire che cosa di quel piano questa maggioranza e questa Giunta ritengono di proseguire e che cosa invece intendono cambiare, quale innovazioni intendono apportare per caratterizzare l'identità della nuova maggioranza. Il punto è questo.
Questo passaggio poteva diventare un'occasione per arrivare al terzo piano di sviluppo. Questa occasione, a mio avviso, non è stata sufficientemente colta, ma se avessi parlato l'altro giorno avrei detto che non è stata colta affatto.
Tralascio questo aspetto e vado nel merito di alcune questioni.
Troviamo grande difficoltà a delimitare in maniera sufficientemente operativa, in modo che abbia delle ripercussioni su quello che ognuno farà dopo, il terreno del confronto.
Abbiamo proposto un terreno di confronto, lo riteniamo sufficientemente ampio, preciso e concreto, ma al di là di qualche aspetto settoriale toccato stamattina non lo abbiamo avuto. Usciremo da questa assemblea non sapendo se i cinque progetti, su cui abbiamo basato le azioni globali della Regione, e le loro specificazioni siano o meno il terreno su cui poggiare una proposta quantificata in termini di risorse, in azioni di coordinamento rispetto ad altri soggetti, in richieste da proporre al Governo.
Non solo, ma al di là del fatto che i settori vengono variamente seguiti dai singoli Assessori, pare ci sia una difficoltà di governo, data dai tempi e dalle situazioni. La difficoltà di esprimere le idee e l'identità complessiva di governo porta soggettivamente ad abdicare, a rinunciare ad una funzione di governo che è essenziale.
Noi diciamo: né velleità, né rinunce. A noi pare invece che di rinunce ce ne siano. Perdere queste occasioni è rinunciare. In alcuni interventi questo è stato fatto come spregio nei confronti del Partito Comunista, da altri forse non è così, è proprio una difficoltà reale.
Badate, che evitare questi terreni di confronto o non coglierli quando si presentano, da chiunque vengano presentati, ci preoccupa, Staglian nell'intervento sul programma criticò il nostro Partito; noi dicevamo: non c'è identità, invece - lui diceva - c'è un'identità che, grosso modo lascia libere le mani alle forze economiche.
Il problema è un pochino più complesso: dal non governo o dalla non sufficiente intenzione di governare, le conseguenze sono quelle che diceva Staglianò.
E' preoccupante questo perché un conto è ammettere un fecondo rapporto pubblico-privato, altro conto è ammettere le potenzialità del mercato rispetto però ad una concezione che vede l'abdicazione e la chiusura degli interessi, generali.
Se tardiamo a delineare le nostre posizioni, badate, le conseguenze saranno che anche per la massa di investimenti su certi comparti in atto in Piemonte passeranno scelte fatte da altri. Ieri abbiamo avuto in II Commissione un assaggio ulteriore di come avvengono i fatti. Si continua a non capire la paternità. Quello che noi rispettiamo delle istituzioni e che esprimano delle volontà, quali esse siano, attraverso un percorso chiaro che delinea la paternità di certe scelte. Per esempio, sul collegamento per la penetrazione urbana di Torino si progetta di spendere mezzo miliardo in progettazione per una decisione (lo sentiremo nelle prossime settimane da Ravioli e da Dondona) per la quale il Consiglio comunale non si è ancora espresso. C'è stata una suggestione, una proposta per cogliere l'occasione del progetto mirato di Torino e per metterci in aggiunta alla risoluzione dei nodi ferroviari, anche il progetto della cosiddetta "sopravia", che non si capisce dove vada, o meglio, pare essere una iattura tranne per chi la deve costruire. I rischi sono questi se tardiamo a definire posizioni chiare sui punti possibili. Sono d'accordo con Genovese, con Alberton e con la collega Vetrino quando dicono che non tutto è nelle nostre competenze.
Siamo anche in una situazione oggettiva di difficoltà. L'assalto alla dirigenza è fortissimo. A me preoccupano certi giudizi positivi dati dai settori economici che fanno i loro interessi. Sono giudizi positivi sul fatto che si ridimensioni, si deregoli l'istituzione. Io sono per deregolare molte cose, ma non certo quelle che intendono deregolare quei soggetti. Il punto è nel confronto tra interessi, pur legittimi, e interessi generali. La storia lo dimostra. L'operazione di ristrutturazione dell'apparato produttivo ha tagliato fuori una fetta consistente di società con tutta una serie di altri problemi che l'Assessore Genovese con serietà ha analizzato, il tema innovazione ed occupazione. Domando: il secondo piano di sviluppo aveva o no delle affermazioni e delle proposte? Sono passati sette, otto, nove mesi. Non è quello un punto di partenza per dire che è di li che vogliamo muoverci? La questione del mercato del lavoro viene affrontata a slogan molto spesso. Io continuo a rifiutarmi di affrontare a slogan le cose perché è un modo improduttivo che ci lascia al punto di prima. Per esempio, sostengo che c'è troppo poco mercato, troppo poca e libera concorrenza in settori produttivi che con la pubblica amministrazione hanno direttamente a che fare. Il settore della progettazione, dell'affidamento e dell'esecuzione dei lavori nelle opere pubbliche è, a mio avviso, gravato da troppo poco mercato. Li dobbiamo essere capaci di governare per creare regole, comportamenti, coerenze in grado di determinare molta più competizione. Lo Stato deve fare le sue funzioni, perché se si abdica al punto che Stato, Regione, il sistema istituzionale,non si danno questi indirizzi, queste regole, non creano le condizioni di dialogo, di dialettica, a volte anche dura rispetto agli interessi fortemente garantiti, il rischio è che non si produca il mercato e il suo benefico effetto, ma al contrario si produce una restrizione del mercato e, quello che preoccupa tutti, un pesante assalto alla dirigenza con effetti sul piano dell'economia e sul piano dell'efficienza assolutamente non positivi. Andiamo a leggere la storia di questi anni sulle opere pubbliche in Italia e arriviamo tranquillamente a questa conclusione! Ragione di più, allora, per arrivare presto (e questa è un'occasione mancata) per tirare su la testa alle istituzioni.
L'altro giorno si è svolto un convegno sulla viabilità promosso dall'Unione Industriale, soggetto autonomo, libero (non vorrei essere interpretato come quello che critica le cose che non gli piacciono) un mix abbastanza sapiente di diversi operatori, decisori politici, futuri e potenziali effettuatori, gestori; non è neppure strano che su questo tema non si ;sia data maggiore apertura; parlavano gli iscritti su un lungo elenco e non è stata data la possibilità ad una forza che a Torino raccoglie il 35% di voti, di esprimere le sue idee, giuste e sbagliate che siano, una forza che ha una storia, le sue valutazioni. Ebbene, li c'era il segno del non aprirsi alla modernità, del non aprirsi al mercato, ma del chiudersi, magari in conventicole ristrette che determinano poi gli eventi e - badate - al di là - delle buone intenzioni che singoli Assessori e Consiglieri possono avere sullo scegliere il meglio possibile: Torino piuttosto che il resto della Regione; la Regione piuttosto che Torino quell'opera piuttosto che quell'altra... Non tutto va bene, va bene quello che complessivamente corrisponde di più all'interesse generale.
Potrei andare avanti a lungo con esempi preoccupanti sulla restrizione del ruolo istituzionale del governo. E' la consumazione di una vicenda lunga dell'istituzione che nella Regione ha visto in certi anni grandi speranze, poi cadute, e che rischia di essere aggravata nel momento in cui con non sufficiente coraggio, collegialità, piglio, polso e guida, il governo regionale affronta i nodi di fondo di queste questioni. Questa è la nostra critica politica .
Dirò qualcosa sugli enti strumentali. La proposta del Vicepresidente signora Vetrino, è corretta, tra l'altro ritengo sia resa in uno spirito diverso dalle dichiarazioni fatte ieri in Commissione da altri rappresentanti di partiti o Assessori. Io sono d'accordo per un dibattito dopo quello delle nomine che faremo presto, preventivo su ogni ente strumentale.
Che cosa facciamo? L'unica cosa certa che dobbiamo evitare è quella dell'eterna finzione: di un ente magari non ce ne serviamo, però i gettoni per quelli che sono li e per la loro permanenza restano. Questo è un punto difficile che dobbiamo chiarire. Noi vogliamo andare a questo confronto.
Noi riteniamo, tanto per stare dentro la teoria, che gli enti strumentali siano utili per un governo più affinato e più tecnico, per un raccordo con la comunità, salvo che non funzionino, che non abbiano potenzialità e allora li rivediamo.
Un'altra teoria dice invece: spazziamoli via, passiamo alle concessioni, ad un fronte diretto aziende - Regione. E' un'altra idea, è un altro corollario al ragionamento che facevo, salvo nel merito di verificare se hanno funzionato. Su questo siamo del tutto disponibili ad andare a vederla con molta laicità.
Il punto è però anche politico. Rappresentanti illustri dell'Unione Industriale, per esempio, subito dopo la costituzione della nuova maggioranza, sostenevano sugli enti strumentali che era il caso di "liberarci di questi ciarpami".
Non ho visto questo nel programma della Giunta, per la verità, anzi propongo un modo di fare il dibattito sui singoli enti strumentali. Dopo il Convegno credo si debba qualificare il tentativo di operare, nei limiti che pur abbiamo che sono oggettivi e soggettivi, un'azione decisa di governo: la Regione non c'è più per tante cause.
Credo che l'immissione di una risorsa che è la politica che è il rappresentare le istanze di quattro milioni e mezzo di cittadini tentando di operare una sintesi, quella possibile, sia la carta che dobbiamo giocare. Questo però necessita, ed è il punto finale del ragionamento, che anziché far passare altro tempo a discutere su un ipotetico "Sistema Italia" o delle ventate di sviluppo o di crisi, che vediamo compresenti come eventi su cui discettare, dobbiamo lavorare sul concreto nella messa in opera di condizioni per riuscire ad operare come governo, intendendolo con- più innovazione di quanto non sia presente nel vostro programma.
Abbiamo rivisto la nostra esperienza di governo e riteniamo che su alcuni punti modernizzazione e innovazione fossero necessarie. In questo programma ci sembra di vederne ancora poche, ma questa Giunta le ha nelle affermazioni generali.
Ancora due problemi.
Le risorse. E' vero che le risorse non sono molte, ho dato un'occhiata al bilancio e devo dire che le cose stanno meno peggio di quanto pensassimo, di quanto era stato paventato. E' ancora possibile una manovra economico-finanziaria, insufficiente rispetto ai bisogni, ma consistente.
Sul versante del lavoro e occupazione un segno maggiore di quello impostato in bilancio credo che dobbiamo cercare di farlo. Questo versante non può essere esaurito dalle previsioni attuali, tra l'altro, nel coordinamento risorse e settori credo sia possibile vederlo non così separato, settorializzato, segmentato, ma un canale a cui appendere un'azione di raccordo e di comunicazione con l'esterno.
I1 bilancio è il primo appuntamento. Mercoledì in Commissione avanzeremo precise proposte in questa direzione sulla base di una sintesi che magari non è stata fatta formalmente, ma ché può essere fatta perché la pensiamo nella stessa maniera e speriamo di dare un segno maggiore di quello presente nel bilancio.
Secondo aspetto: l'incontro con il Governo. Se seguiamo il percorso che abbiamo tracciato: un convegno di raffronto con la comunità, poi l'incontro con il Governo, credo che la condizione per andare al confronto con il Governo sia quella di andarci bene. E' molto delicata la fase di preparazione di questi incontri.
E' essenziale recuperare questa occasione perduta da parte di tutti.
Per alcuni ha dato fastidio che avessimo fatto i primi della classe.
Abbiamo fatto il nostro dovere. Per altri c'è stata la difficoltà a collocarsi; per altri c'è l'impressione che queste sono le chiacchiere tanto la Regione non conta più, probabilmente è bene che conti poco.
Per noi non è così. Per il confronto con il Ministro De Michelis alcune cose ci sono, per esempio, sulla politica attiva del lavoro dobbiamo andare con uno spettro di posizione forte, di interlocuzione politica con De Michelis e con gli altri Ministri, per legarli ad un ragionamento generale che vale per il Piemonte, ma vale anche per l'Italia.
Ricordiamo che il risparmio di 15.000 miliardi per il calo del prezzo del petrolio in quella sede deve essere trattato e utilizzato soprattutto sul versante di un progetto di sviluppo, a cui concorreranno altre forze ma che deve avere l'asse nella nostra funzione di governo.
Questo punto possiamo porlo se abbiamo idee chiare almeno su alcuni aspetti. Non credo si possa avere le idee chiare su tutto, non credo assolutamente che la rapidità della trasformazione ci dia tutte le leve per poter intervenire. Nei campi in cui abbiamo competenze istituzionali o in cui abbiamo storia e patrimonio alle spalle siamo in grado di porci con chiarezza. Penso alla questione degli interventi a tutela dell'ambiente per la quale dobbiamo intervenire con corposità roosweltiana.
Le proposte per i beni culturali devono essere proposte che diano un flusso permanente, non un'immissione violenta di denaro che è poi difficile da governare.
Il Piemonte ha una storia molto gloriosa e a questa storia gloriosa ha dato un contributo anche il nostro Partito, è difficile disconoscere questo; noi non ce ne vantiamo più di tanto. Guai però ad un'azione di schizofrenia se come maggioranze dimenticassimo che questa è forse una delle basi certe, costruite e consolidate su cui avanzare, anche nel confronto del governo, delle proposte che possono diventare operative: la storia del FIO, la storia dei progetti in tanti settori sta li. Se altri se la fantasia, se la capacità di proposta della Giunta e della maggioranza,aggiungeranno delle cose giuste, non avremo difficoltà a fare.
Ripeto: l'aver perso questa occasione non è stato un bene, mi auguro che le prossime veri-, fiche ci facciano recuperare il tempo perduto.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

Nella riunione dei Presidenti dei Gruppi si era ipotizzato un seguito a questo dibattito. Avremo quindi modo di confrontarci ulteriormente sulle iniziative che sono state assunte dai Presidenti dei Gruppi. Il dibattito a questo punto è chiuso con la prospettiva ipotizzata dai Capigruppo.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 14,05 riprende alle ore 15,05)


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Esame proposta di deliberazione n. 90: "Dimissioni del signor Willer Manfredini dalla carica di Consigliere regionale e relativa surrogazione (ai sensi dell'art. 16 della legge 17/2/1968, n. 108)"


PRESIDENTE

Propongo l'iscrizione all'o.d.g. della deliberazione n. 90 relativa alle dimissioni del Consigliere Willer Manfredini e relativa surrogazione (ai sensi dell'art. 16 della legge 17/2/1968, n. 108).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è approvata all'unanimità dei 33 Consiglieri presenti.
Do ora lettura della lettera di dimissioni presentata in data 25/2/1986 dal Consigliere Manfredini: "Signor Presidente, mi corre l'obbligo di comunicarLe le mie dimissioni dal Consiglio Regionale del Piemonte a seguito della mia avvenuta nomina a Deputato al Parlamento.
Scelgo, con comprensibile orgoglio, questo nuovo impegno politico ed istituzionale confortato dalla scelta che in tal senso ha fatto il mio Partito ed in particolare le organizzazioni comuniste di fabbrica, ma non posso nascondere la punta di rammarico che provo nel lasciare questa assemblea, i miei compagni di Partito ed i colleghi con i quali avevo cominciato ad intrattenere positivi e franchi rapporti politici e di sincera amicizia.
Voglio ricordare questa breve esperienza di Consigliere regionale come un'occasione offertami per conoscere meglio le complessità della nostra Regione e per apprezzare, al di là delle valutazioni politiche, l'impegno che le forze presenti in questo Consiglio hanno espresso per tentare di individuare uno sviluppo moderno e una certezza ai cittadini ed ai lavoratori piemontesi.
In questo senso è stata anche un'occasione per imparare di più e formarsi sempre meglio, in quanto ho inteso considerare questa esperienza una scuola politica degna, così come deve essere, per un eletto dal voto popolare.
Per questo te sarei grato se Ella esternasse tutta la mia stima e la mia gratitudine ai suoi più stretti collaboratori dell'Ufficio di Presidenza ai colleghi ed ai compagni Consiglieri, ai funzionari del Consiglio, di cui mi rimarrà sempre presente un gradito ricordo.
Con sincera riconoscenza. Willer Manfredini" Pongo pertanto in votazione la presa d'atto delle dimissioni del Consigliere Willer Manfredini.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 36 Consiglieri presenti



(Il Consigliere dimissionario Willer Manfredini non è presente in aula)



PRESIDENTE

La Giunta delle Elezioni si è riunita al fine di procedere agli incombenti necessari per la surrogazione del Consigliere Willer Manfredini.



PRESIDENTE

Do lettura del relativo verbale: "Il giorno 27 febbraio 1986 alle ore 15.00, si riunisce presso una sala del Consiglio regionale, la Giunta delle Elezioni.
Presiede il Presidente Benzi.
Sono presenti i seguenti Consiglieri: ALA - MACCARI - STAGLIANO' - VETRINO SESTERO - PENASSO - BIAZZI - DEVECCHI - PEZZANA.
Il Presidente riferisce che in relazione alle determinazioni adottate dal Consiglio regionale in data odierna in ordine alle dimissioni del Consigliere regionale Willer Manfredini occorre procedere, ai sensi dell'art. 16 della legge 17/2/1968, n. 108, alla surrogazione del Consigliere dimissionario.
Ai sensi del citato articolo, il seggio che rimanga vacante per qualsiasi causa, anche se sopravvenuta, è attribuito al candidato che, nella stessa lista e circoscrizione, segue immediatamente l'ultimo eletto. La stessa norma si osserva anche nel caso di sostituzione del Consigliere proclamato a seguito dell'attribuzione fatta dall'Ufficio Centrale Regionale.
Il Consigliere dimissionario era stato eletto nella lista del P.C.I. e nella circoscrizione di Torino. Dal verbale dell'Ufficio circoscrizionale presso il Tribunale di Torino, risulta che all'ultimo eletto nel Gruppo del P.C.I. nella circoscrizione di Torino, segue immediatamente il signor Calligaro Germano, al quale deve essere attribuito il seggio vacante.
La Giunta delle Elezioni esprime pertanto l'avviso che il Consiglio prenda atto che al Consigliere Willer Manfredini subentra, ai sensi dell'art. 16 della citata legge n. 108, il signor Calligaro Germano, primo escluso nella lista del P.C.I. nella circoscrizione di Torino.
La Giunta è altresì d'accordo che la predetta deliberazione relativa alla surrogazione del Consigliere Manfredini con il signor Calligaro sia dichiarata immediatamente esecutiva ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62".
Pongo pertanto in votazione la proposta che il Consiglio prenda atto che al Consigliere Willer Manfredini subentra, ai sensi dell'art. 16 della legge 17/2/1968, n. 108, il signor Germano Calligaro.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 37 Consiglieri presenti.



PRESIDENTE

Propongo inoltre che tale deliberazione venga dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62. Ricordo che tale proposta deve essere approvata a maggioranza assoluta dai componenti del Consiglio regionale.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 37 Consiglieri presenti.



PRESIDENTE

Per quanto attiene alla convalida dell'elezione del signor Calligaro Germano ricordo che essa viene devoluta, ai sensi dell'art. 13 dello stralcio delle norme di Regolamento, alla Giunta delle Elezioni, la quale accerterà che non sussistano, nei confronti del neo Consigliere, cause di ineleggibilità e di incompatibilità. Ad esame compiuto, la Giunta delle Elezioni riferirà al Consiglio.



PRESIDENTE

Invito il neo Consigliere, qualora si trovi nelle vicinanze, ad entrare in aula.



(Il neo Consigliere Germano Galligaro entra in aula)



PRESIDENTE

Rivolgo un caldo saluto e un vivo augurio di buon lavoro, come d'altronde aveva svolto il Consigliere Manfredini ritornato in Parlamento al Consigliere Calligaro.
Il consesso è quindi costituito.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Esame progetto di legge n. 30: "Prime norme per la disciplina dello smaltimento dei rifiuti, in attuazione del D.P.R. 10/9/1982, n.. 915" (rinvio)


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del progetto di legge n. 30: "Prime norme per la disciplina dello smaltimento dei rifiuti, in attuazione del D.P.R.
10/9/1982, n. 915", di cui al punto 5) all'o.d.g.
Chiede la parola il Consigliere Brizio per una questione pregiudiziale.
Ne ha facoltà.



BRIZIO Gian Paolo

Conveniamo tutti sull'importanza della proposta di legge all'esame del Consiglio. E' certamente di grande rilievo ma, proprio per questa ragione considerato che sono stati predisposti una serie di emendamenti consistenti e che si tratta di un provvedimento che deve essere attentamente valutato prima della stesura definitiva anche sotto il profilo formale e avendo degli aspetti giuridici di notevole rilievo, chiediamo una breve sospensione della discussione su questo argomento.
Diciamo con molta chiarezza che non intendiamo rinviare per guadagnare tempo. Il provvedimento è all'esame del Consiglio e dev'essere licenziato al più presto possibile. Si aprono due prospettive: quella, prevista dal Regolamento, di un rinvio alla Commissione, e quella, pure percorribile, di un semplice spostamento alla prossima settimana in modo che si possano valutare con attenzione taluni aspetti tecnici e si possa giungere all'esame del provvedimento dopo il necessario approfondimento.
Chi è stato presente nella precedente legislatura ricorda che avevamo chiesto più volte per alcuni provvedimenti il ritorno in Commissione.
Talvolta il ritorno fu concesso; altre volte, ad esempio nella modifica della legge n. 56, non lo fu e ne segui un defatigante lavoro in aula non privo di alcune contraddizioni rimaste poi nel testo definitivo. La nostra proposta, dunque, di soprassedere all'esame del provvedimento e di scegliere una delle due vie indicate, ha, direi, il suo fondamento esclusivamente nell'obiettivo di dare un prodotto legislativo efficace alla comunità regionale piemontese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, richiamerei la sua attenzione sulla richiesta della maggioranza di rinviare in Commissione una legge che è già stata licenziata dalla Commissione stessa. E' un fatto di un certo rilievo che ha ovvie implicazioni politiche.
L'art. 79 del Regolamento stabilisce che il Consiglio può rinviare alla Commissione l'esame dell'intero testo di legge o dei singoli articoli quando gli emendamenti proposti rendono necessaria ed opportuna un'ulteriore istruttoria.
E' assolutamente essenziale conoscere il quadro degli emendamenti; se così non fosse si originerebbe una situazione politicamente molto poco chiara.



PRESIDENTE

Gli emendamenti giunti finora e che farò distribuire in copia a tutti sono per ora 26.
Chiede la parola il Consigliere Ala. Ha facoltà di intervenire.



ALA Nemesio

In questo dibattito pregiudiziale desidero ricordare soltanto alcune scadenze previste dal D.P.R. 915 in merito a determinati adempimenti. Chi ha partecipato ai lavori della Commissione sa che il regime, per così dire transitorio, del D.P.R. 915 dell'82, deve comunque aver termine entro il 31.12.1986. I tempi sono, a mio modo di vedere, già abbondantemente superati per permettere tutti quegli adempimenti che ancora devono essere compiuti, soprattutto per far si che l'insieme degli impianti di smaltimento - comprendendo con questo termine l'insieme delle diverse operazioni collegate ai rifiuti - vengano a trovarsi e siano effettuate ai sensi di quanto stabilito dal D.P.R. 915.
In particolare, l'art. 33, al secondo comma, recita che le competenze di cui all'art. 6, ovvero quelle della Regione, di cui ci stiamo occupando lettere a), b) e f) sono esercitate entro 18 mesi a decorrere dall'emanazione dei provvedimenti adottati dallo Stato ai sensi del precedente comma.
Questi adempimenti riguardanti l'art. 4, lettere b), d), e), f) e g) che dovevano essere adottati dallo Stato entro il 31.12.1983, sono stati invece applicati con deliberazione del 27.7.1984.
Calcolando esattamente i diciotto mesi si riscontra che essi vanno a cadere, con estrema precisione, esattamente ad oggi, se non sbaglio 27.2.1986.
Se interpretiamo in maniera perentoria i termini del D.P.R. 915 e dell'art. 33, ne deriva che oggi è l'ultimo giorno previsto dalle disposizioni transitorie e finali: Titolo VI del D.P.R., come data entro la quale le Regioni possono provvedere per gli adempimenti di loro competenza.
I termini sono già estremamente tardi, tenendo conto che entro il 31 dicembre tutte quante le discariche e gli impianti di smaltimento dovranno essere autorizzati ed inseriti nelle procedure e nelle norme previste dal decreto.
Ricordo anche, ma credo che i Consiglieri ne siano al corrente, che la Regione aveva già emanato queste norme circa un anno fa e già allora i tempi erano strettissimi, si era enormemente in ritardo. Sono passati altri mesi e, a maggior ragione, in rafforzamento delle tesi di una difficoltà in merito al rinvio, vorrei ricordare che questo provvedimento, il d.d.l. n.
30, di cui ci stiamo occupando, recita ancora "prime norme, in adempimento dell'art. 6". E questo significa che il provvedimento che stiamo o che dovremmo esaminare, iscritto all'o.d.g. in data odierna, non risponde a quanto complessivamente previsto dall'art. 6 del D.P.R. e soprattutto, come si potrà poi dire in altra sede se la discus-sione proseguirà, questo d.d.l. si occupa quasi soltanto dello smaltimento attraverso discarica mentre, secondo il D.P.R. 915, la discarica è considerata l'ultimo dei sistemi di smaltimento dei rifiuti e vengono previste altre forme, quali il riciclaggio, la riduzione dei rifiuti, ecc. Siamo dunque, secondo me all'ultimo giorno utile ai sensi della legge, in ritardo per quanto riguarda la possibilità che i diversi soggetti interessati possano correttamente adempiere nel termine fissato del 31 dicembre, a quanto loro richiesto.
E per fare questo hanno bisogno di un inquadramento normativo che senza questa legge, non c'è. E per di più questa legge è ancora manchevole di alcuni articoli ed elementi previsti nel D.P.R. 915. E' quindi difficile, a meno di non andare al di là del 31.12.1986, prevedere ulteriori slittamenti di approvazione almeno di queste norme.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferro.



FERRO Primo

Siamo ancora in una fase preliminare, quindi mi permetto di fare una sola osservazione. L'Ufficio di Presidenza, in particolare il Presidente non può che registrare la volontà politica del Consiglio nel momento in cui questa volontà si esprime.
Mi permetto però di far osservare che la procedura avviata con l'intervento del Capogruppo democristiano Brizio è un po' impropria. L'art.
79 non pone un problema di numero di emendamenti, ma parla di emendamenti che rendano necessaria e opportuna un'ulteriore istruttoria. Sarebbe opportuno conoscere il contenuto degli emendamenti proposti e appurare sulla base del contenuto, se effettivamente sorgano delle necessità di rinvio in Commissione.
Chi può essere titolato a fare cose di questo tipo? Non voglio assolutamente dire che il Consigliere Brizio non sia titolato a fare questo esame, ma credo che chi è maggiormente titolato per illustrare gli emendamenti che introducono problemi di un certo spessore e proporre di riportare tutto in Commissione non può che essere il relatore della proposta di legge.
In questo modo diventa difficile capire qual è l'oggetto del contendere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Convengo naturalmente anch'io sulla richiesta del Consigliere Brizio per rilevare che, di fronte ad un disegno di legge approvato a maggioranza in Commissione, i casi sono quattro: l) si procede all'esame del disegno di legge 2) viene presentato un ordine del giorno di non passaggio agli articoli 3) viene proposta una pregiudiziale di non passaggio agli articoli 4) viene richiesto il rinvio in Commissione perché gli emendamenti proposti rendono necessaria ed opportuna un'ulteriore istruttoria.
Le ipotesi 2) e 3), cioè ordine del giorno di non passaggio agli articoli e pregiudiziale di non passaggio agli articoli non esistono.
Rimane dunque la prima, cioè esame del disegno di legge, previa relazione del Consigliere Croso (che in questo momento non vedo in aula, ma questo ha un'importanza relativa).
Oppure l'unica ipotesi da prendersi in considerazione è che il Consiglio dovrà valutare, alla luce degli emendamenti proposti indipendentemente dal loro numero, se questi rendono opportuno e necessario il ritorno in Commissione.
Però, per fare questa valutazione sarebbe necessario che i Gruppi conoscano o parlando in proprio, che il nostro Gruppo conosca gli emendamenti; sarebbe opportuno leggerli e valutare se è necessaria un'ulteriore istruttoria.
Penso che questa sia l'unica ipotesi percorribile delle quattro formulate.



PRESIDENTE

Gli emendamenti mi sono giunti in questo momento. Posso solo riferire che riguardano specificatamente gli artt. 3, 4, 5, 6, 7, 8, 11, 12 e 16.
Rilevo che il numero di emendamenti ed il contenuto, che leggo sia pure sommariamente, introducono delle innovazioni rispetto alla proposta di legge di cui è composto il testo. La metà degli articoli è investita da emendamenti. Si tratta di innovazioni abbastanza profonde, che fra l'altro sono proposte da più Gruppi.
Farò intanto distribuire a tutti copia degli emendamenti.
La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Dato che il Consiglio deve decidere se ci siano o meno i presupposti per rinviare in Commissione, ci sono due possibilità: una è quella di conoscere il contenuto degli emendamenti, l'altra è quella proposta dal Consigliere Ferro e cioè che il relatore renda conto della qualità degli emendamenti.
Propongo che il relatore introduca un ragionamento minimo sugli emendamenti proposti, indichi alcuni punti che qualitativamente meritano un approfondimento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Io non contrasto l'ipotesi prospettata dal Capogruppo democristiano faccio però presente che la riflessione sugli emendamenti può anche non richiedere necessariamente il ritorno in Commissione, ma semplicemente uno slittamento nell'esame del disegno, tale da consentire ai soggetti che si dovranno pronunciare sugli emendamenti, Giunta e Gruppi, un periodo di riflessione che è comunque di natura tecnico-giuridica.
Mi rivolgo in particolare all'opposizione perché non crei un precedente pericoloso.
Il rinvio in Commissione comporta l'iscrizione dell'argomento all'o.d.g. della Commissione (che magari è già convocata), la discussione la conclusione e il ritorno ai Capigruppo per l'inserimento nel calendario dei lavori; tutto questo significa che questa legge tornerà su questi banchi fra tre settimane,- cosa che non è nel nostro obiettivo.
La maggioranza chiede che la Giunta sia messa nelle condizioni di poter riflettere opportunamente, non in termini di merito, di opportunità politica, ma in termini di formulazione tecnica sulle conseguenze che derivano dalla riflessione sul merito.
Il mio Gruppo chiede una settimana di riflessione e di fissare all'o.d.g. della prossima seduta la discussione del d.d.l. n. 30.
Mi rivolgo in particolare all'opposizione per chiedere collaborazione al fine di non creare un precedente che mi sembra pericoloso.
E' una richiesta di metodo di lavoro. Il collega Brizio ha ritenuto di formalizzare la richiesta in termini di rinvio in Commissione, ma ritengo che possa sollevare in qualcuno la preoccupazione che si vogliano rinviare i termini o che comunque, anche senza volerlo, determina questo risultato.
Oggi è venerdì, martedì si riunisce la Commissione durante la quale ci sarà l'illustrazione. Qualche Gruppo si riserverà di fare le sue valutazioni; come minimo andremo a tre settimane da oggi. Invece, a mio avviso, questa settimana deve essere lasciata a disposizione di ognuno per riflettere sugli emendamenti.
E' una riflessione messa a disposizione della Giunta e di tutti i Gruppi politici.
Probabilmente la proposta più praticabile e più accettabile è quella del rinvio "sic et implicite" di una settimana. L'altra è una richiesta che sottoscrivo qualora dovesse essere rifiutato il rinvio, che richiede l'unanimità dei presenti; in caso contrario saremmo costretti a dover motivare gli emendamenti e su questo probabilmente arrivare ad un voto.
Precedente pericoloso possibilmente da evitare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Croso.



CROSO Nereo

E' necessaria da parte mia e da parte dei Gruppi una valutazione degli emendamenti proposti, dei quali siamo venuti a conoscenza stamani.
Credo si debba optare per la soluzione dello slittamento e non certamente della ridiscussione in sede di Commissione, perch ripercorreremmo tutto un iter che ci porterebbe alle calende greche.
La mia proposta è appunto di uno slittamento per una verifica degli emendamenti di maggioranza e di minoranza e della calendarizzazione al prossimo o.d.g. del Consiglio regionale di questo disegno di legge.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Ci troviamo di fronte alla subordinata Brizio, sostenuta da Marchini e adesso da Croso. Nel caso non si voglia invocare l'art. 79 del Regolamento per una prassi largamente consolidata, è comunque necessario oggi iniziare la discussione con la relazione, con la discussione generale; in seguito dopo un esame più sereno e più tranquillo degli emendamenti, si potrà rinviare il voto alla prossima seduta. Ma non è possibile uno slittamento non motivato.



PRESIDENTE

Informo che si stanno fotocopiando gli emendamenti in modo che i Gruppi abbiano la possibilità di esaminarli.



BRIZIO Gian Paolo

Molte volte abbiamo rinviato l'esame di leggi in termini integrali alla seduta successiva con un cambiamento dell'o.d.g. Questa strada è sempre stata seguita in un rapporto di correttezza quando richiesto. Non c'è solo la via del rinvio in Commissione o la via dello spostamento alla seduta successiva. Si è fatto altre volte anche con la semplice modifica dell'o.d.g. in merito al quale il Consiglio è sovrano e ovviamente tale modifica non richiede l'introduzione dell'argomento.
C'è ancora questa terza strada ed è una ipotesi che il Consigliere Majorino non ha fatto.



PRESIDENTE

Consigliere Brizio, la modifica dell'o.d.g. è prevista all'art. 49 del Regolamento che stabilisce che l'inversione o la modifica dell'o.d.g. pu essere chiesta da tre Consiglieri.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Majorino. Ne ha facoltà.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente ho chiesto la parola sulla sua ultima dichiarazione con la quale lei ha richiamato l'art. 49 del Regolamento, secondo il quale: "Dopo la comunicazione dell'o.d.g. proposto dal Presidente, se non viene chiesta alcuna modifica, tale o.d.g. si intende approvato". E questo si è già verificato stamattina all'inizio della seduta. E' vero che poi è scritto che "tre Consiglieri possono proporre l'inversione o la modifica dell'o.d.g.", ma indubbiamente prima che l'argomento all'o.d.g. sia stato introdotto. E, un quarto d'ora fa, è stato introdotto il disegno di legge n. 30. Prima dell'introduzione da parte sua, cioè venti minuti fa, sono d'accordo che poteva essere proposto questo o.d.g. dai tre Consiglieri avvalendosi del "tuttavia" di cui al secondo comma. Adesso, a mio avviso, è preclusa questa facoltà, salvo che si voglia violare il Regolamento con un colpo di maggioranza. Tutto si può fare.



PRESIDENTE

La causa non è stata radicata. Io ho letto il punto all'o.d.g.
dopodiché si è introdotta la pregiudiziale. Io ho detto: "Non spetta a me decidere che cosa si farà di questo punto all'o.d.g., in quanto spetta ai Capigruppo".
Nella pregiudiziale siamo ancora adesso, si sta cercando attraverso essa di dare un volto, un significato, ma non si è ancora introdotto l'argomento dando la parola al relatore.
Il valore in questo momento è di opportunità, di rapporti nell'assemblea.
Mi hanno consegnato gli emendamenti in questo momento. Prego di distribuirli.



BONTEMPI Rinaldo

Non è più una questione di emendamenti. E' stata chiesta l'inversione dell'o.d.g. Occorre mettere ai voti la proposta di inversione dell'o.d.g.
Questo è il punto.



PRESIDENTE

Prima di questa proposta è stata formulata l'altra di consegnare gli emendamenti.
Se ora mi si dice che gli emendamenti non assumono più alcuna importanza, va bene così.
Ai sensi dell'art. 49 del Regolamento, i Consiglieri Brizio, Croso Marchini e Ferrara chiedono il rinvio del punto 5) dell'o.d.g. alla prossima seduta, e comunque dopo il punto 7). Su questa proposta chiede la parola il Consigliere Brizio. Ne ha facoltà.



BRIZIO Gian Paolo

Propongo il rinvio perché ritengo, come ho gia detto in precedenza, che la legge di cui discutiamo richieda un approfondimento. Molte volte in passato il rinvio alla seduta successiva è stato concordato, ma non in questa occasione in cui si è voluto avviare la trattazione dell'argomento attraverso la lettura della relazione con l'evidente scopo politico di far emergere supposte divergenze di valutazione nell'ambito della maggioranza e quindi siamo dell'opinione che si possa procedere al rinvio alla prossima seduta, scegliendo la seconda delle tre proposte da me fatte all'inizio, di fronte alla presentazione di una serie di emendamenti che richiedono un approfondimento.



PRESIDENTE

Metto ai voti questa proposta.
Chi è favorevole è pregato di alzare al mano.
Tale proposta è approvata con 24 voti favorevoli, 18 contrari e 2 astensioni. Ha chiesto di parlare il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, ci troviamo di fronte ad un caso in cui non vengono stabilite quali modalità di votazione assicurano il passaggio di una proposta.
Ricordo che sull'ordine del giorno della Polonia venne chiesta l'inversione da parte del nostro Gruppo. L'allora Ufficio di Presidenza interpretò che necessitavano i 31 voti, tant'è vero che non potemmo avere quell'inversione.
L'inversione ha un assoluto rilievo perché rispetto ad un calendario si deve nella norma prevedere come passa la votazione. Per analogia si deve andare all'ultimo punto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Santoni.



SANTONI Fernando

A favore dell'interpretazione data ' dal collega Brizio ci sono almeno tre ordini di motivi: uno strettamente letterale dell'art. 49, il secondo di organicità di impostazione della norma contenuta nell'art. 49, il terzo di interpretazione logica dell'art. 49.
L'interpretazione letterale è evidente, l' ha data il collega Brizio poco fa, sottolineando come, per la previsione della richiesta di inversione o di modifica dell'o.d.g., non è specificata nessuna forma di maggioranza qualificata e va da sé che quando una legge o un regolamento non specifica e non richiede una maggioranza qualificata, si fa riferimento alla maggioranza semplice e alla maggioranza relativa dei presenti in aula.
Il secondo motivo fa riferimento ad una interpretazione sistematica dell'art. 49, laddove la precisazione della richiesta di maggioranza qualificata non è inserita in un capoverso autonomo alla fine dell'articolo, che potrebbe far sorgere l'equivoco e convincere nell'interpretazione che detta richiesta si riferisca a tutte le previsioni contenute in quell'articolo, ma è inserita nel corpo del secondo capoverso così da far parte integrante e da avere riferimento specifico solo ed esclusivamente alla previsione contenuta in quel capoverso.
Anche qui è chiarissima l'interpretazione letterale di cui dicevamo prima, su tale proposta può chiedere di parlare un Consigliere del governo.
La proposta d'inserimento all'o.d.g. viene posta in votazione per alzata di mano e deve essere approvata dalla maggioranza dei Consiglieri assegnati al Consiglio regionale, cioè è richiesta la maggioranza qualificata. Non dimentichiamo che la richiesta di maggioranza qualificata è un fatto eccezionale, è prevista solo in quei casi in cui per la particolarità e direi quasi per la gravità del fatto si richiede non soltanto la maggioranza semplice, ma la maggioranza qualificata di un'assemblea.
Questo ragionamento introduce il terzo elemento di valutazione, che come dicevo è un elemento di valutazione logica. Vale a dire che è comprensibile una maggioranza qualificata laddove si richiede l'iscrizione all'o.d.g. di un punto che non era previsto (cioè un fatto relativamente grave, nel senso che introduce nella discussione un argomento che non era previsto, che quindi poteva non essere conosciuto dai Consiglieri assenti pur interessati a quel punto all'o.d.g., quindi proprio per questo è anomalo nell'organizzazione dei lavori di un'assemblea). Viene richiesta la maggioranza qualificata proprio per superare qualche cosa che normalmente non è superabile, cioè il fatto di discutere di un punto non iscritto all'o.d.g., con violazione dei diritti dei Consiglieri assenti che non hanno ricevuto comunicazione della discussione su quel punto.
Tale motivazione per un fatto particolare come la richiesta di una maggioranza qualificata non può intervenire laddove, invece, si è di fronte ad un fatto che non lede nessun diritto, quello semplicemente di spostare un punto all'o.d.g., di rinviarlo pacificamente a conoscenza di tutti i Consiglieri; sarà riscritto all'o.d.g. e sarà evidentemente possibile a tutti i Consiglieri essere a conoscenza della discussione su quel punto.
Mi sembra che questa interpretazione sia l'unica possibile, al di là dei precedenti che non conosco perché sono una matricola di questo Consiglio. Mi sembra che l'interpretazione, sia sotto il profilo letterale sia sotto il profilo sistematico, sia sotto il profilo logico, sia insuperabile nel senso che ho detto all'inizio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

L'interpretazione data dall'avv. Santoni ha ragioni di sostanza che non sfuggono neanche a noi. Diverso è il peso tra l'iscrizione di nuovo punto e inversione all'o.d.g.. Io però ricordavo un precedente, perché anche l'inversione all'o.d.g., caro Presidente, è un modo con cui altri diritti dell'assemblea vengono lesi, ad esempio, quello di sapere perché si provoca un rinvio con il silenzio della Giunta, soggetto proponente dell'iniziativa legislativa, la quale non si è espressa attraverso la fuga.
Noi chiedevamo solamente che venisse letta la relazione e si desse avvio alla discussione generale. Anche questa manovra, sia pur riportata nell'interpretazione letterale del Regolamento, provoca in realtà un'altra lesione dei diritti dei Consiglieri.
Signor Presidente, dovrebbe essere molto preoccupato che la centralità del Consiglio diventa sempre più una favola neanche buona per i bambini perché il Consiglio si trova spodestato di un argomento, senza capirne le motivazioni.
Noi avremmo accettato qualsiasi rinvio, con una nuova istruttoria o con qualsiasi altra forma, ma dentro un ambito ben definito e con motivazioni chiare.
Abbiamo la netta impressione che ci siano invece ragioni, anche qui legittime, di divisione all'interno della maggioranza, non più legittime quando si scaricano sul Consiglio che quindi non può prendere atto di quello che succede.
Può anche andar bene questa interpretazione letterale, facciamone tutto il tesoro possibile, ma sapendo che con questa manovra si è esercitata un'inammissibile forzatura rispetto al Consiglio.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Maccari.



MACCARI Eugenio, Assessore allo smaltimento rifiuti

Sono anch'io una matricola del Consiglio e alcune volte mi sfuggono le procedure interne della Regione. Devo dire che mi è sfuggito, ed ho accettato, che su questo progetto non ci fossero le consultazioni in Commissione perché mi hanno detto che c'erano già state. L' ho accettato perché il disegno di legge era stato presentato nella seconda legislatura fermato dal Commissario di Governo e riproposto con piena buona fede; ho accettato che fosse così e ho dato anch'io per scontato che fosse tutto acquisito.
Purtroppo mi trovo alcune Province che giustamente protestano per non essere state consultate.
In Commissione era già stata por tata l'esigenza di sentire le Province. Mi era stato obiettato che erano state udite 5 o 6 mesi prima ed io ho accettato non pensando che erano cambiate non solo l'Amministrazione regionale, ma anche le Amministrazioni provinciali e i loro Assessori.
M'è parsa questa una mancanza di correttezza. Mi sono trovato con documenti di associazioni e di Province che richiedevano di essere consultate su un disegno di legge sul quale avevano molte cose da dire.
Mi sono trovato in una situazione estremamente difficile, ma non credo sia solo il mio Assessorato a trovarsi in difficoltà nel produrre disegni di legge e nel dover gestire leggi, redatte con molta buona volontà politica, ma che, nate dallo spontaneismo del Consiglio, portano grossi problemi di gestione. Dico spontaneismo nel senso che sono state corrette con emendamenti all'ultimo momento che portano a difficoltà di gestione e di interpretazione, a necessità di ulteriori leggi interpretative, com'è avvenuto con una legge estremamente delicata come questa, che vede già il maggior impegno della Regione assorbito quasi al 100% da un contenzioso con il T.A.R., con i Comuni, con le UU.SS.SS.LL. e con la Procura della Repubblica, impegno che richiede un'attenzione nella valutazione degli emendamenti, sul piano della tecnica politica.
Condivido quindi pienamente la richiesta di rinvio di una settimana per poter dare alla Giunta e alle forze politiche la possibilità di esaminare attentamente gli emendamenti che vengono proposti così da arrivare alla seduta di giovedì prossimo più preparati sul terreno della certezza legislativa (indipendentemente poi dalle posizioni di ciascun Gruppo) in grado di dare alla Regione uno strumento che possa essere tradotto in realtà e non uno strumento che possa solo aprire contenziosi.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, superato il problema della interpretazione mi pare che su questo punto non rimangano dubbi.
Gli emendamenti presentati ai Gruppi presentano consistenti particolarità che richiedono momenti impegnativi di riflessione; momenti che potevano avvenire a seconda delle opinioni, in modo diverso ma che, pur tuttavia, la Presidenza deve riconoscere essere soprattutto incentrati nella richiesta formulata che, dal punto di vista regolamentare, è ineccepibile nel suo voto.
Se si volesse poi modificare il Regolamento, questo punto potrebbe essere esplicitato, ma già in questo Regolamento è detto che qualora le maggioranze non siano qualificate, valgono le maggioranze semplici.
Questo punto all'o.d.g. mi pare che, sotto l'aspetto formale, possa essere per il momento concluso e rinviato alla prossima seduta.
E' quindi accolta la proposta che ha ricevuto la maggioranza dei presenti.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Esame ordini del giorno in merito al processo che si è aperto a Palermo sulla mafia


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, vi sono due ordini del giorno: uno del Consigliere Staglianò e l'altro firmato dai Consiglieri Tapparo, Mignone, Fracchia Bontempi, Santoni e Brizio sul processo alla mafia aperto a Palermo.
Il Consigliere Staglianò ha presentato per primo il suo ordine del giorno, ha quindi precedenza nell'illustrarlo.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Lei mi consentirà, signor Presidente, di richiamare il ritardo con cui procediamo alla discussione di questo ordine del giorno che ne rende, per alcuni versi, superate alcune parti che a mio avviso erano qualificanti.
Penso che a tutti i colleghi sia stato presentato tale ordine del giorno. Proverò ad illustrarlo brevemente, poiché sull'importanza di un tale pronunciamento politico e sull'impegno concreto del Consiglio regionale su questa materia, penso non sia necessario soffermarsi più di tanto.
Il processo che ha preso il via lunedì 10 febbraio a Palermo è senza precedenti nella storia giudiziaria del nostro Paese; è la prima volta infatti, che si concretizza realmente un processo alla mafia quale sistema di potere criminale e non soltanto quale somma di crimini individuali come sin qui è stato considerato.
La speranza che si faccia piena luce sulle connivenze politiche con il fenomeno mafioso è riposta - noi di D.P. ne siamo convinti - anche nella mobilitazione delle istituzioni democratiche, nonostante la disattenzione di alcuni settori della maggioranza che al riguardo continuano a non dimostrare grande sensibilità. Tutto ciò è talmente evidente che penso non occorra soffermarsi oltre sulle ragioni di fondo del fenomeno mafioso.
E' utile, invece, illustrare brevemente l'ordine del giorno proposto dal mio Gruppo il 3 febbraio scorso. Innanzitutto emerge la necessità di sottolineare i vincoli nazionali ed internazionali che legano la mafia siciliana al traffico di armi e di stupefacenti in ogni regione d'Italia ed in numerosi altri Paesi. Se non si precisano i contorni di questa multinazionale del crimine si rischia di fare di - tutta l'erba un fascio criminalizzando l'intera regione siciliana, in un'ondata di antimeridionalismo che già percorre zone del Piemonte, come si premura di ricordarci costantemente l'ormai tristemente famoso Consigliere provinciale di "Piemont", Roberto Gremmo. Faremmo un pessimo servizio (e il via vai in aula non è una buona premessa a questo nostro lavoro) a quanti in Sicilia si battono in prima persona, fino al sacrificio della propria vita, contro la piovra maledetta.
In secondo luogo, Presidente, per contribuire alla maturazione di una cultura democratica soprattutto nelle nuove generazioni (e su questo ci sono segnali incoraggianti soprattutto a Palermo) è doveroso, a nostro avviso, riconoscere e denunciare (con la serenità che a noi deve essere data, visto che vogliamo infonderla a chi subisce il fenomeno mafioso ogni giorno) i rapporti, provati in coraggiose inchieste giudiziarie nonch giornalistiche, tra le associazioni criminali ed alcune istituzioni del nostro Paese a cominciare da quei Procuratori della Repubblica e Prefetti eccellenti che hanno visto morire passivamente (se non peggio) decine di onesti funzionari dello Stato, per continuare con alcuni Sindaci di Palermo e finire con le deviazioni dei servizi segreti.
Badate, colleghi, la responsabilità delle istituzioni nel propagarsi del fenomeno mafioso è per noi punto assolutamente qualificante, in riferimento a quanto si sta giudicando a Palermo.
Un quotidiano riportava, il giorno precedente l'avvio del processo, il 9 febbraio scorso, un'affermazione di Buscetta che decisosi a parlare si sarebbe rivolto ai giudici accusandoli: "La colpa è anche vostra". Buscetta avrebbe sostenuto quest'accusa puntando due dita unite contro i Magistrati assunti quali rappresentanti dello Stato spiegando questo gesto singolare con le seguenti parole: "Quando gli arabi accusano puntando un solo dito indicano quello che voi giudici chiamate delitto colposo; quando sostengono la loro accusa con due dita puntate intendono dire che si è molto oltre la colpa, che si è al dolo".
Nel momento in cui si fa strada la consapevolezza e la disponibilità a demolire il muro dell'omertà mafiosa, occorre operare per recidere l'intima connessione tra mafia e propaggini dello Stato, soprattutto nel Mezzogiorno, lavorando di bisturi e tagliando pazientemente questo nodo aggrovigliato.
In terzo luogo (procedo nell'illustrazione dei punti qualificanti dell'ordine del giorno a mia firma) se non si regolamenta rigidamente la prassi degli appalti e delle OO.PP., attraverso cui troppo spesso passa il controllo della spesa da parte delle organizzazioni malavitose, i buoni propositi resterebbero soltanto tali. Che ciò sia necessario, colleghi, lo dimostrano gli stessi convegni di approfondimento sul tema mafioso che il Consiglio regionale ha già avuto modo di organizzare, oltre gli impegni "a caldo" che quasi tutte le forze politiche si assumono ogni volta che qualche scandalo viene alla luce.
Essendo tutto ciò lapalissiano non ho compreso bene le ragioni per le quali altri Gruppi abbiano presentato un diverso ordine del giorno su questo argomento. Confesso di essere rimasto molto sorpreso per alcune delle firme che vi sono state apposte, se le motivazioni a farlo sono quelle che schematicamente si potrebbero ipotizzare.
Nell'ordine del giorno firmato dai colleghi Tapparo, Mignone, Fracchia Bontempi, Santoni e Brizio mi pare sia evidente la fretta di redigerlo forse per "sottrarre" l'iniziativa al mio Gruppo. Infatti, i "quasi 500 presunti mafiosi" di cui si parla in questo ordine del giorno sono in verità più di 700, per l'esattezza 761, essendo il processo definito formalmente "Abate Giovanni più 760". Tutto ciò è secondario trattandosi di una iniziativa di bassa cucina, consentita dal Regolamento e, in quanto tale, legittima; uno strumento di cui ci si avvale quando si arriva in ritardo a prendere il treno.
A me pare, tuttavia, che sia ben più importante rilevare la scomparsa dal testo presentato dagli altri colleghi, di ogni riferimento alle responsabilità politiche ed istituzionali nel diffondersi del fenomeno mafioso, nonché l'indicazione precisa del nodo gordiano del controllo degli appalti. Ora, consentitemi di segnalare a tutti i dubbiosi sulle connessioni politiche (segnatamente della D.C. siciliana) con il fenomeno mafioso" i verbali della Commissione antimafia sull'onorevole Salvo Lima pubblicato sulla rivista "I Siciliani", diretta da quel Giuseppe Fava che ha pagato con la vita la sua lotta democratica contro la mafia.
A tutti i distratti sulle connivenze istituzionali con la testa nella piovra, consiglio, signor Presidente, la lettura del libro che il figlio del Generale Dalla Chiesa, Nando, ha scritto: "Delitto imperfetto", edito da Mondadori. Su questo libro ogni riferimento al Ministro Andreotti non è puramente casuale, è assolutamente voluto.
Per tutti gli increduli, poi, sui traffici mafiosi di armi e stupefacenti, ricordo gli atti del convegno "Mafia e grande criminalità" pubblicati dal Consiglio regionale del Piemonte nella primavera del 1984 che l'allora Presidente dell'assemblea, Germano Benzi, mi inviò quando ero segretario del mio Partito a Torino, nonché cronista disoccupato. Colgo l'occasione oggi qui per ringraziare il collega Benzi dell'utilissima lettura. Consiglio a tutti i colleghi di leggere tali atti se ancora non l' hanno fatto; in particolare consiglierei la lettura degli interventi del Giudice istruttore del Tribunale di Torino, Sebastiano Sorbello, sulla presenza mafiosa in Piemonte; quello di darlo Gigli a nome dei giornalisti piemontesi sulla radiografia della mafia nella nostra regione; quello dell'avv. Marco Casavecchia sul ruolo degli appalti nella diffusione del fenomeno mafioso; e quello del dott. Fariello, l'allora Questore di Torino.
Ci sono molti altri contributi importanti di cui vi risparmio la segnalazione per brevità.
Dicevo di essere stupito per il tentativo, un tantino maldestro, di annacquare un argomento facendo leva soltanto sui numeri che pure sono dalla parte della maggioranza. In questi giorni ho avuto modo di confrontarmi con alcuni dei firmatari dell'altro ordine del giorno, in particolare con il compagno Bon tempi; mi ha fatto piacere sentire che la fretta con cui è stato steso quell'ordine del giorno sia condivisa almeno da alcuni. Ritengo che i precisi riferimenti sulle responsabilità istituzionali nel fenomeno mafioso e sugli strumenti per contribuire a debellarlo, contenuti nell'ordine del giorno da me firmato, siano essenziali. Perciò li mantengo chiedendo che i documenti siano votati per punti separati.
Mi pare essenziale altresì l'impegno del Piemonte a fianco di tutti quegli avvocati democratici che, rispondendo all'appello dei professori Giovanni Giudice e Vincenzo Mutoli, si sono mobilitati assicurando il proprio impegno professionale a fianco delle decine di anonime vittime dei crimini mafiosi.
Questi giuristi si sono premurati di segnalare all'opinione pubblica la necessità e l'urgenza di sostenere le famiglie che si vanno costituendo parte civile; il Consiglio regionale sostenga queste famiglie e i loro avvocati nel modo più opportuno. Per parte mia mi sono premurato di indicare una via concreta; ve ne possono essere altre, le discuteremo. Ma deve esserci un segno tangibile della volontà di andare in questa direzione, di favorire quelle famiglie, private dei loro affetti, di avere almeno la possibilità di far sentire la loro voce anche nel processo di Palermo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Intervengo su tre ordini di questioni, perché anch'io ritengo si arrivi in ritardo o comunque in termini tali da rendere ancora utile un pronunciamento del Consiglio regionale su questo grande fatto che è il processo che si celebra a Palermo, iniziato quindici giorni fa.
In primo luogo rispondo al Consigliere Staglianò. Io devo dire che il giorno in cui apposi la mia firma all'ordine del giorno unitario con le altre forze politiche ero in questo banco e stavo, con qualche difficoltà scartabellando i miei appunti per intervenire nel dibattito sul programma.
Ho così distrattamente esaminato il documento, che ritenevo fosse già un ordine del giorno unitario, frutto del lavoro di qualcuno e che quindi in esso ci fosse anche la firma del Gruppo di DP che per primo - va riconosciuto - aveva proposto questo problema.
Questa è la dichiarazione esplicita di una dimenticanza, se volete di un po' di leggerezza, comprensibile visto il momento in cui è avvenuto; tra l'altro era difficile ipotizzare che su una questione del genere ci fossero delle divisioni o ci fosse l'intenzione, che non c'è da parte nostra e spero non ci sia da parte di nessun altro, di non coinvolgere una parte del Consiglio in un giudizio che, a mio avviso, deve essere il più ampio possibile.
Le motivazioni sono state queste, non abbiamo nessuna difficoltà a riconoscerlo, anzi dobbiamo fare uno sforzo per avere un ordine del giorno unitario. Questo è lo spirito forte per poter fare bene quello che oggi abbiamo di fronte: assumere una posizione di appoggio a quella parte, non irrilevante, d'Italia che è anche nei corpi dello Stato, che contro la mafia vuol battersi con tutti i rischi e i pericoli che noi sappiamo.
Per quanto si riferisce agli appalti devo però dire che l'ordine del giorno del collega Staglianò era più chiaro.
In Piemonte abbiamo un'esperienza di legislazione e di tentativi fatti con la legislazione e con il regolamento di attuazione, per porre anche in Piemonte, dove i problemi penso e spero siano minori che non in Sicilia, la questione della trasparenza del sistema degli appalti, degli elenchi dei fornitori, degli appaltatori, delle banche dati, tutti elementi utili per riuscire a svelare le trame occulte su cui si intesse il potere clientelare.
Chiedo ai colleghi della maggioranza e alle altre forze politiche di riflettere se non sia il caso di recuperare la dizione contenuta nel documento del Consigliere Staglianò, che a me va benissimo, o se volete fare uno sforzo ulteriore per proporre come esperienza-pilota l'inserimento anche in Sicilia della legge regionale n. 18 che il Piemonte ha adottato.
Mi pare sia opportuno essere netti su questo punto. Il nostro ordine del giorno non voleva eludere questo problema, ma ritengo che dobbiamo essere più netti.
Sulle responsabilità istituzionali devo dire che sono totalmente d'accordo su ampie responsabilità istituzionali. La nostra analisi storicamente è stata così. Sono solo preoccupato di una forma che permetta di unire il più possibile le forze e non scarichi, in-giustamente, in questa sede degli elementi di tensione che ci renderebbero impossibile proporre una nostra valutazione.
Credo che nessuna forza politica qui presente abbia su questo delle preoccupazioni. Si richiamano delle responsabilità istituzionali che purtroppo sono state ampiamente denunciate. Non c'è da dar loro nessun colore particolare, a mio avviso. E' da sottolineare come un momento storico da superare. Anche in questo senso io sarei per uno sforzo al fine di arrivare ad un ordine del giorno unitario. L'occasione dell'ordine del giorno sulla mafia non deve né può essere l'occasione per dividerci, quando invece gli elementi che ci accomunano sono ampi.
Questi due punti, gli appalti e l'aspetto che ho appena cercato di illustrare, possono essere affrontati.
Terzo e ultimo punto. Sarò molto breve perché non voglio ripetermi n soprattutto fare della retorica su aspetti che sono al centro del dibattito. Pare anche a me che tutte 1e azioni, quindi anche l'ordine del giorno, i convegni e tutte le azioni per sensibilizzare l'opinione pubblica, i giovani, le scuole in particolare, tutte le analisi, gli incontri con gli operatori del diritto, delle forze dell'ordine e con gli operatori della politica e della cultura siano le tappe indispensabili, sia quelle già fatte, sia quelle da farsi, per dare corso a quelle iniziative che nel mese di settembre, qui in quest'aula, quando mori il Generale Dalla Chiesa, tutti ci impegnammo a fare.
Quello è un punto-chiave. Ci impegnammo a fare molte cose: alcune per non ci furono permesse. Il Presidente Viglione il 4.9.1982 intervenne come Capogruppo. Ricordo bene che la proposta-chiave negli interventi unitari della nostra assemblea era quella di una delegazione da inviare immediatamente a Palermo per portare, in uno scambio di informazioni e di conoscenze, anche l'apporto di questa comunità, la tradizione della sua lotta al terrorismo ed elementi di mobilitazione popolare per riuscire a battere i fenomeni gravi della criminalità. Non ci fu detto "si", anzi ci fu detto "no".
Il clima è mutato e noi non possiamo mancare di segnalare le novità.
Collega Staglianò, sulle responsabilità istituzionali e politiche sappiamo come stanno le cose e non possiamo non segnalare le novità che anche nei partiti che hanno sempre governato la Sicilia sono intervenute.
Leo Luca Orlando, Sindaco di Palermo, è un'altra cosa rispetto ad alcuni suoi predecessori. Questo senso politico dobbiamo coglierlo fino in fondo. Serve, qui, ad unirci di più, e credo serva a fare le cose che allora ci vennero impedite.
Credo che in questo ordine del giorno si debba aggiungere la riproposizione di un'iniziativa del Consiglio regionale o di una delegazione dell'insieme delle istituzioni più rappresentative del Piemonte, un incontro, se non si può fare quello che si era previsto di fare qui a cui avrebbe dovuto partecipare il Sindaco di Palermo, da collocarsi, dove e quando si ritiene, in Sicilia.
Credo che con la nostra conoscenza dovremmo dare una spinta ad una comunità che su questi problemi non esprime solo parole, ma cerca di agire con iniziative politiche.
La mia proposta può apparire velleitaria. Venga giudicata.
Dato che il fenomeno mafioso, nonostante il processo, è ben lungi dall'essere debellato, è anzi una piovra che si sta insinuando in tutta l'Italia, credo che il tenere ferma questa priorità, questo grande asse ideale d'impegno della comunità piemontese,sia utile nei confronti della nostra comunità, ma sia anche utile esplicare nei confronti della comunità siciliana, cogliendone le novità, ma anche incalzandola con uno scambio di esperienze che, come dicono i giudici (la "Relazione Falcone" e i libri che sono stati scritti), sono vie più proficue per riuscire a battere la mafia.
Ricordo le parole di Dalla Chiesa, rinnovate nel film che con grande opportunità un network ha ritenuto di mandare in onda, la sera prima del processo, il quale prima di morire, propose a tutti di non restare solo, di non restare isolato, infatti cercò il collegamento con i giovani, con le fabbriche, con le istituzioni culturali, con la Chiesa, con tutte le espressioni della società.
Se vogliamo dare un contributo, qualcosa possiamo dare anche noi. C'è la possibilità di farlo oggi, senza grandi rinvii. Sottolineo l'importanza di rivedere una formulazione più incisiva per la questione degli appalti di inserire,in maniera accettabile da tutti, le responsabilità istituzionali, in maniera che questo non sia lesivo del senso reale di ogni forza politica e, in ultimo, di individuare le forme perché la comunità piemontese, attraverso i vertici regionali e le maggiori istituzioni, possa interloquire e dialogare con la comunità istituzionale palermitana portando là le nostre esperienze.
Se portassimo soltanto la legge 18 sulla banca dati degli appalti avremmo già fatto qualcosa, se portassimo anche il sostegno della sensibilizzazione che abbiamo creato e dei frutti che abbiamo raccolto faremmo una cosa ben accolta da quelle istituzioni, gradita a chi lavora in prima fila e sotto il fuoco, ai giovani e alle forze culturali e sociali che si oppongono in maniera nuova alla cancrena della mafia e alla sua ineluttabilità.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Santoni.



SANTONI Fernando

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, quando si discute di questi argomenti si corre sempre il rischio - e il collega Stagliano, spero involontariamente, è incorso in questo rischio - di uscire, quando si parla di fatti giurisdizionalmente rilevanti, dai binari della corretta interpretazione del fenomeno.
Il processo ai fenomeni ed ai fatti attiene alla sfera della politica intesa in senso lato, della politica giudiziaria, della sociologia.
In sede giurisdizionale riteniamo si debbano processare e si processano le persone e non i fatti, persone che hanno commesso reati individuali o collettivi, gravi o meno gravi.
Questa non è una distinzione da avvocato, come magari mi direbbe il Consigliere Bontempi, ma riteniamo sia la soglia minima della civiltà giuridica; oltre tale soglia troviamo il processo esemplare, il processo politico e il processo rituale. Sono tutti fatti che sono fuori dalla nostra civiltà giuridica, sono fuori dal nostro modo di credere e di interpretare il rapporto tra la giustizia e il cittadino.
Non vorremmo, come purtroppo spesso è capitato in questi anni in cui i fenomeni più preoccupanti si sono manifestati in forme organizzate, la forma terroristica organizzata, la forma mafiosa, la forma camorristica che questi fatti che attentano non a beni individualmente protetti (anche a questi certamente) ma a beni che sono patrimonio collettivo, ci facciano dimenticare questa fondamentale distinzione. E' facile rispettare questa soglia quando si processa il singolo imputato, reo di fatti che non incidono nella carne della realtà sociale ed istituzionale, quando si processano le semplici devianze individuali. Più difficile è quando sono aggrediti i valori collettivi e si ritiene quindi che collettivamente anche in sede giudiziaria si debba rispondere. Questo, a mio avviso, sarebbe un grave errore e non solo un errore, una grave deviazione da quelli che sono i pilastri portanti del nostro ordinamento giudiziario, della nostra civiltà giuridica. Si chiedeva Staglianò: perché un altro ordine del giorno? Spero di sbagliare. L'interruzione di Staglianò me lo conferma. Ho visto nel taglio di quell'ordine del giorno, in una proposta specifica che veniva fatta, il superamento di quella soglia e cioè l'istituzione Regione l'espressione di una collettività locale che interviene e si pone nel processo quasi a far diventare quel processo non il giudizio sugli imputati, ma il giudizio sui fatti.
L'altro motivo è molto più marginale. Credo che in una assemblea elettiva una maggioranza abbia non solo il diritto ma il dovere, su fatti di questa rilevanza, di presentare un proprio documento, esprimere una propria valutazione e ciò non toglie che poi questa valutazione possa trovare un momento di sintesi anche con i documenti e le valutazioni che sono state presentate, cose ampiamente possibile con il documento di Staglianò, laddove, se quella mia impressione è errata, non dovrebbero esserci problemi di alcun genere. Certamente, da parte nostra non ci sono timori o timidezze nel denunciare i collegamenti, non solo al terzo livello, ma al secondo e al primo livello, che già in questo procedimento sono emersi.
Non saremo certo noi a far finta che questi fenomeni non esistano, non saremo certo noi a fare in modo che per il futuro questi fenomeni non si chiariscano fino in fondo. Questo non ci preoccupa.
Siamo d'accordo nella possibilità di unificazione dei due documenti nelle precisazioni che ho fatto sia nel taglio generale sia nella proposta specifica e particolare, che è quella di portare il Gonfalone del Piemonte a Palermo, ma dobbiamo andare più in là dei documenti e cogliere l'occasione di questa vicenda, di questi ordini del giorno per fare tre cose: offrire concreta e tangibile solidarietà, e questo è compreso in tutti e due i documenti, alle vittime, anch'esse persone, dei delitti che trovano radici, motivazioni così gravi, ampie e di rilevanza sociale.
Avremmo preferito la solidarietà non "del Consiglio", ma "dei Consiglieri".
In questo senso avevo proposto una modifica degli ordini .del giorno.
Quindi non un intervento dell'istituzione Regione, ma un intervento del Consiglio regionale attraverso i suoi Consiglieri. Qui però deve terminare per quello che dicevo prima, il nostro intervento diretto in sede giudiziaria.
Possiamo però fare ancora molto: possiamo e dobbiamo valutare in questa sede i-risvolti di rilevanza sociale, di politica giudiziaria che fenomeni come questi ci impongono e che non possono essere risolti soltanto nelle aule parlamentari, ma anche nei parlamenti regionali.
Dobbiamo - e questa è la terza cosa - far sentire non nel processo, ma nella società, rivolgendoci ai cittadini siciliani e non ai giudici, il peso della forza e della legittimità dello Stato in tutte le sue ramificazioni, a fronte di un contropotere o di contropoteri mafiosi camorristici o terroristici, che non solo violano la legge, e questo riguarda i giudici, ma vogliono sostituire la loro legge a quella dello Stato, e questo riguarda noi.
Colleghi Consiglieri, se riusciremo, senza enfasi, senza errori, senza farci trascinare dai fatti emozionali, che certamente contano in vicende così gravi, noi potremo fare tutto questo e attraverso questo rendere un piccolo servizio nella lotta ai contro-poteri e per l'affermazione della legge dello Stato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, credo non si debba aprire una disputa su questioni di primogenitura, ritengo che dal dibattito stiano emergendo anche delle proposte interessanti che sono meritevoli di un loro recupero all'interno di un documento che possa avere la massima unità e rappresentatività possibile. Non credo nemmeno che i tempi siano un aspetto tale da "bruciare" il valore di questa iniziativa! E' utile parlarne, forse questo incidente di percorso ha reso i documenti in discussione più interessanti, capaci di catalizzare una maggior attenzione, che ci permettano in qualche modo di indicare cose concrete, fatti tangibili al problema che l'ordine del giorno pone in evidenza.
Si tratta di dare un sostegno a chi è in prima linea e non sono solo i giudici, sono anche le famiglie che sono state colpite, è una società che in sostanza, vuol ribellarsi a questa logica che la compenetra profondamente; si tratta anche di una lotta per una legittimazione dello Stato. Ci troviamo davanti ad una situazione grave e non può avere un carattere simbolico il nostro tipo di intervento. Anche nell'ordine del giorno, di cui sono firmatario, si tende a porre in evidenza che si devono operare delle scelte ben precise. E' giusto, l'abbiamo recuperato dopo un dibattito serrato nel documento, che solo in sede giurisdizionale si danno giudizi di persone, però l'ordinamento giuridico deve trovare degli stimoli da parte di iniziative come la nostra. Soprattutto il Parlamento con la sua posizione centrale, deve trovare, attraverso questi stimoli, il principio modificatore, adeguatore per fronteggiare una realtà pericolosa che ormai compenetra profondamente il nostro sistema in tutte la sue articolazioni.
Quando diciamo che sono in pericolo le istituzioni democratiche non è che pensiamo ad un golpe potenziale della mafia, diciamo che sono in pericolo la natura che il costituente ha pensato di questa Repubblica, per un meccanismo di snaturamento, di annacquamento, di complicità, di connessioni con certe logiche che tolgono valore a quelli che sono i principi con i quali si è costruita l'Italia repubblicana e più in generale le basi della convivenza civile.
Per questa denuncia della penetrazione delle grandi criminalità organizzate nell'economia e nel sistema in generale possiamo trovare delle formulazioni, ma mi pare addirittura sia detto in modo tale nel documento che tende a travalicare il concetto di mafia. Infatti è significativo quando diciamo di un costante perfezionamento delle norme e delle procedure e un'attenta vigilanza per evitare che la spesa pubblica, in tutta la sua articolazione e ad ogni livello, possa subire l'assalto della delinquenza organizzata di ogni tipo. Credo ci sia uno spettro di presentazione delle insidie che va al di là del fenomeno della mafia e tocca quella che è la difesa dell'impianto democratico e della sua articolazione. E' una frase che ha una valenza e una profondità significative, non voglio dire superiore all'altro documento, ma riesce a dare dei messaggi, per chi vuole capirli, che sono, diciamo, a 360 gradi.
E' il cosa farsi concretamente, al di là delle reazioni emotive simboliche e commemorative che costituisce l'aspetto più complesso.
E' il cosa fare ogni giorno, che in questo momento trova rilevanza Quando produciamo un ordine del giorno di questo genere dobbiamo evitare che non sia un qualcosa che ci mette a posto la coscienza e basta.
E' un compito rilevante ad ogni livello, un compito di cultura: come fare cultura per difendere la reale natura del nostro sistema democratico il costituente l'aveva pensato. Come fare lievitare a livello di massa una sensibilità attorno a questi elementi. Anche nell'intervento del Consigliere Bontempi sono state fatte delle proposte interessanti. In effetti possiamo anche vedere come tenere in modo permanente e sistematico un profilo alto di questo nostro intervento che non sia solo una occasione "una tantum". Occorre seguire questa vicenda lunga, complessa attorno alla quale probabilmente ci saranno molte manovre tese ad abbassarne il tono e noi dovremo in qualche modo, non solo oggi ma in permanenza, riuscire a far arrivare degli input là dove sono utili e necessari per tenere ad un adeguato livello questo tipo di attenzione.
Vorrei sottolineare che vanno bene i nostri convegni fatti e quelli che si potranno ancora fare, va bene la pubblicistica, la diffusione, ma è necessario "inventare", con uno sforzo di fantasia, anche qualche altro canale.
Ritorno a dire che la nostra affermazione di un costante perfezionamento della norma di procedura per controllare la spesa pubblica è un fatto rilevante, nel momento in cui ci troviamo dinnanzi al rischio che il problema Sicilia venga inteso come un problema di ordine pubblico.
C'è poi il problema del sostegno economico alle famiglie. Possiamo anche analizzarlo se è opportuno, realizzarlo e come. I punti indicati dal collega Bontempi sono importanti, ma anche il contributo che è stato dato dal Consigliere Santoni mi pare altrettanto significativo: vale a dire il puntualizzare sul piano non solo di un formalismo giuridico, teso a prestare attenzione a distinguere tra il giudizio del fatto e il giudizio della persona. A me pare estremamente importante anche il recupero del ruolo della Regione Piemonte perché nei lunghi mesi del processo a Palermo si dia un contributo che tenda da un lato a legittimare lo Stato dall'altro a fare giustizia e dall'altro ancora a indebolire questo tipo di struttura delinquenziale estremamente capillare, attraverso la crescita di una coscienza di massa e a dare degli stimoli a chi ha la possibilità di aggiornare, di adeguare l'ordinamento giuridico, ma soprattutto a non far sentire soli coloro che si battono in prima linea su questa battaglia. Non sono solo i giudici e i tutori dell'ordine, come ho detto all'inizio, sono quelle persone che vivono in molte realtà, non solo in Sicilia, e che si trovano intimidite, invischiate, condizionate e tante volte non trovano quella solidarietà, anche psicologica, che può essere molto spesso importante per emarginare la capillare presenza della grande delinquenza organizzata.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Mi asterrò su tutti e due gli ordini del giorno, se dovessero essere votati contrapposti. Dico questo con molta tranquillità perché, anche se potrò venire accusato di non essere aderente a quell'unanimismo che Bontempi si augurava di trovare in quest'aula, ma non soltanto lui, ritengo invece che l'unanimismo su problemi gravi come quello della mafia sia in realtà, con buona pace di quanto giustamente diceva il collega Tapparo, un mettersi a posto la coscienza, dire che siamo tutti contro la mafia, ed io sfido chiunque ad andare a trovare qualche nostro concittadino che invece affermi il contrario.
Appurato che siamo tutti contro la mafia e che, come abbiamo ripetuto più volte in quest'aula, siamo tutti per la pace, bisogna poi andare a vedere in quali termini concreti questo lo si manifesta.
Ho trovato questi due ordini del giorno gonfi di affermazioni retoriche e molto poco di indicazioni concrete per quanto riguarda il Piemonte, dico molto poco e non privi del tutto. Anzi, devo dire che vedo nella volontà di arrivare in Sicilia con un gesto emblematico, non di questo Consiglio, ma dell'Ordine degli Avvocati per difendere le vittime della mafia siciliana una nuova colonizzazione della Sicilia da parte del Piemonte che porta la civiltà giuridica. Mi spiace che non l'abbia notato il collega Staglian che è sempre attento alle azioni di tipo un po' razzistico del Consigliere provinciale Gremmo che lui citava.
Mi chiedo con quale coraggio il collega Avv. Santoni, dopo l'esperienza del mega-processo di Napoli, possa illudersi o pensare che nell'altro mega processo di Palermo, la soglia giuridica, che lui giustamente rivendicava possa non essere oltrepassata e possano essere ancora giudicate le persone e non i fatti. Ho dei grossi dubbi proprio alla luce di quello che è avvenuto a Napoli.
Invece di rivendicare il diritto alla diversità ed il rispetto alla medesima si rivendica qui la unitarietà: un piccolo lapsus fruediano forse del collega Santoni quando ha detto: "l'altro documento", quello della maggioranza che è firmato dalla maggioranza e dal Partito Comunista.
Il documento della grande maggioranza, della grande coalizione ed il documento di minoranza, a firma Staglianò, mi trovano molto lontano.
Il Consiglio regionale del Piemonte, semmai dovesse fare un'azione dovrebbe fare qualcosa di concreto, per esempio, con un'informazione nelle scuole.
Il Presidente Viglione con una battuta una ironica (sicuramente non presa sul serio), qualche ora fa paragonava questo consesso ad una grande famiglia. Ho avvertito un senso di disagio.
Sono convinto che le trame che la mafia tesse arrivino a creare quel tale tipo di connivenze e di compromissioni, per cui il ricatto diventa non solo possibile ma inevitabile e questo non avviene solo in Sicilia colleghi Consiglieri e Presidente, avviene anche in Piemonte. Quando si regalano automobili o si danno tangenti per mettere in atto dei contratti tutto questo l'abbiamo in casa nostra e non viene fatto da personaggi dal classico cognome siciliano, ma da cognomi magari settentrionalissimi.
Questa mafia che ci porta ad avere queste voglie di mandare il "gonfalone", di andare se si è avvocati, a difendere le vittime siciliane.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Canestrini è del Partito Radicale.



PEZZANA Angelo

Canestrini è della Nuova Sinistra in cui siete anche voi.



BONTEMPI Rinaldo

Stai facendo un intervento fastidioso.



PEZZANA Angelo

Non metto in dubbio che il mio intervento sia fastidioso, sono decenni che voi dite ai radicali di essere delle persone fastidiose. Come radicale mi rendo conto benissimo di procurare del fastidio. Ti chiedo di avere pazienza di ascoltarmi, come io ascolto tutti gli interventi, credo e ritengo di non avere accusato nessuno in quest'aula di essere mafioso.
Il giorno in cui questo si dovesse dire, non tacerò per motivi di partito o per solidarietà di fronte a grandi partiti (che poi mi condizionano), non farò esempi di classicità greca, quindi se verrà fatta qualche cosa, dirò quello che so e quello che penso.
Non avendo dato accusa a nessuno di mafioso, non vedo perché tu, caro Bontempi, debba sentirti toccato.



BONTEMPI Rinaldo

Non toccato sul mafioso.



PEZZANA Angelo

E allora lasciami fare il mio intervento, lasciamelo finire. Il tuo intervento mi sembrava aggressivo, non interlocutorio. Se è interlocutorio volentieri, parla pure.



BONTEMPI Rinaldo

Permettimi di dire solo che sulla questione dell'unanimità, i punti leva vi sono quando si concorda alcune cose, è persino giusto essere in più.



PEZZANA Angelo

No, non sono d'accordo su questo. Come si fa ad essere d'accordo su tutto? Ma allora andiamo a rileggerci Pantaleone, tutte 1e cose che hanno significato in questi 40 anni di commistione tra poteri, istituzioni e la mafia, quella che ci veniva ammannita sui giornali, quando ancora l'informazione non era così allargata come magari lo è oggi.
Cosa vuol dire mafia? Vuol dire tantissime cose. Io non posso riconoscermi in un ordine del giorno di due pagine dove, ovviamente tantissime cose non vengono affrontate e non vengono dette.
Il richiamo all'unanimità lo trovo contrario al mio modo di fare politica e di affrontare problemi serissimi ed importanti come quello della mafia. Per me è una questione estremamente probante, in quanto ho un passato di lotte pacifiste. Oggi, devo dire francamente, non mi riconosco in tantissimi raggruppamenti che si richiamano alla pace, perché secondo me sono strumentalizzati e sono delle ramificazioni di partiti.



PEZZANA Angelo

REBURDO



PEZZANA Angelo

C'è Pannella che ti garantisce su questo: Pannella è un uomo trasparente sotto questo punto di vista.



PEZZANA Angelo

Lascio sempre parlare Reburdo, perché credo che non sia mai il caso di rispondergli, si risponde da solo.



PEZZANA Angelo

REBURDO



PEZZANA Angelo

Io invece ti rispondo, tu sei come una mosca tze-tze per me, Pezzana te l' ho già detto.



PEZZANA Angelo

Tu sei come quei cattivi avvocati che fanno il danno dei clienti.
Comunque parla pure, a me va benissimo quando intervieni.
Se c'è una cosa che il Consiglio regionale possa approvare, mi auguro che possa approvare, anche se è compresa in maniera estremamente superficiale in entrambi gli ordini del giorno, è un'azione di informazione, soprattutto rivolta ai giovani.
La mafia non si combatte portando il gonfalone a Palermo, ritengo che si combatta diffondendo.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Bisogna dare alla gente la possibilità di potersi difendere.



PEZZANA Angelo

Scusate, non sto dicendo che sono due ordini del giorno da rifiutare in blocco e che sono contrario, sto dicendo che mi asterrò; astenersi significa vedere nel contenuto se ci sono degli aspetti positivi, per esempio, aiutare finanziariamente le famiglie a costituirsi parte civile e pagargli degli avvocati, la ritengo un'azione utile e importante; quindi non sto dicendo che sono due ordini del giorno negativi.
Se questo Consiglio si propone di fare delle cose concrete, allora un'azione concreta è quella da fare qui in Piemonte (visto che questo è il Consiglio regionale piemontese) attraverso l'informazione nelle scuole perché la mentalità mafiosa, quella che poi permette alla mafia di diventare istituzione, è il diffondersi di questa cultura, perché la mafia pur nella sua mostruosa azione, ha una sua mostruosa grandezza, cioè è riuscita a creare un sistema di potere tale da contrapporsi, quasi sempre finora, e purtroppo vincere l'altro potere, quello che noi dovremmo difendere, cioè il potere dello Stato.
Propongo al Consiglio di valutare se non sia il caso di attivare mezzi tali da diffondere cultura e informazione sulla mafia, a livello di cultura alternativa nelle scuole in Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Cari Consiglieri, relativamente all'intervento che mi ha preceduto sono perplesso per vari motivi, così come da altri interventi ancora e- dagli stessi ordini del giorno.
Non credo sia possibile spiegare ora le ragioni di tutte queste perplessità né la loro origine.
Le perplessità suscitate dall'intervento del Consigliere Pezzana derivano dal fatto che, comunque, ci deve essere un modo con il quale le istituzioni o parte di esse possano finalmente agire. In caso contrario ci troveremmo in un regime di tipo ex filippino: esistono solo la mafia e le connivenze mafiose.
Ora, ritengo che gli organismi istituzionali debbano cercare di compiere ogni sforzo nel tentativo di contrastare e verificare se ne esiste la possibilità con gli elementi che hanno a disposizione - tanti o pochi che essi siano e alcune volte simbolici, quali gli ordini del giorno questo fenomeno estremamente preoccupante.
Almeno questo, in linea teorica e di principio, lo rivendico. Rivendico cioè la possibilità che esista un modello di comportamento all'interno delle istituzioni che non sia connivenza con il fenomeno mafioso, anche se nella sentenza di rinvio a giudizio del processo di Palermo si parla più volte di connivenza fra istituzioni e struttura mafiosa delle società criminali. Questo è vero e non è il caso di nasconderlo, del resto nella sentenza istruttoria ed in molti altri documenti, si parla di uomini politici di vari Partiti o loro correnti, di Sindaci, di Onorevoli.
Nello stesso tempo, però, va detto che all'interno delle istituzioni vi erano persone - alcune decedute, altre no - che hanno agito relativamente alle loro possibilità, anche se si sentivano paracadutate in un ambiente quanto mai difficile e preoccupante.
Penso che in determinati ambienti sia estremamente difficile salvaguardare la personale dignità, coerenza e limpidezza. Però vi sono delle persone nella storia italiana che hanno cercato e hanno svolto determinati ruoli. Quindi, almeno in linea teorica, va ampiamente rivendicata la possibilità dell'esistenza di elementi e forze - per quanto sia per me difficile quantificarne la consistenza e l'efficacia - che contrastano politicamente e culturalmente il fenomeno mafioso all'interno delle istituzioni.
Le ammucchiate sono certamente pericolose. Per esempio, l'ordine del giorno presentato dal pentapartito e dal P.C.I. mi pare elusivo su certi aspetti, soprattutto su problemi inerenti appalti e del rapporto criminalità organizzata e istituzioni che andrebbero sviscerati con maggiore attenzione.
Su questi punti si ritrova sempre una certa elusività: il citato ordine del giorno non presenta errori ma, su fenomeni quale quello mafioso, pecca di reticenza e omissioni.
La capacità di aggredire tali problematiche, a livello simbolico, credo risieda anche nella capacità di mettere in primo piano non tanto rituali dichiarazioni d'impegno, quanto precise decisioni che intervengano sui rapporti tra criminalità e mondo politico, soprattutto sul mondo degli appalti.
E' questo il problema che deve preoccuparci principalmente in quanto momento istituzionale, senza tralasciare - e qui incontriamo altri rilevanti problemi di natura politica -- la lotta al traffico degli stupefacenti e la mancata regolamentazione, nel nostro Paese, inerente il commercio delle armi, al cui interno si rilevano sempre più intrecci tra strutture statali e, a mio parere, strutture che attengono al traffico clandestino.
Devono essere posti in primo piano gli elementi più scabrosi, comodi da evitare così come, a mio avviso, avviene nell'ordine del giorno.
Del resto, la stessa sentenza di rinvio a giudizio riporta più volte alla benevolenza e dabbenaggine delle istituzioni; inoltre, ricorrono troppi nomi di uomini politici nonché, in forma ugualmente angosciosa, le pagine tratte dal diario del Generale Dalla Chiesa che riportano alla irresponsabilità della classe dirigente e laddove lo stesso Generale afferma: "Sto per diventare un'altra volta strumento di una politica che fa acqua da tutte le parti". Ma anche la nostra politica è in tale situazione il Generale Dalla Chiesa, quando parlava di "classe dirigente irresponsabile" non si riferiva soltanto a quella siciliana o palermitana ma,, come si evince chiaramente dal suo diario, a quella nazionale.
Questi Partiti o eventuali loro correnti, che si ritengono padroni dello Stato, sono alla base della degenerazione di questo fenomeno che offre loro possibilità di sviluppo e di grande potere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Fracchia.



FRACCHIA Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, vorrei fare due brevi considerazioni, come di mio solito.
Quale firmatario dell'ordine del giorno assieme ad altri colleghi ritengo sia necessario trovare una forma unitaria; ciò anche alla luce della constatazione del calo di tensione sul processo di Palermo che si sta verificando già in questi giorni.
Prendiamo "La Repubblica" di oggi e troviamo a pag. 13 un piccolo articolo di mezza colonna, su "La Stampa" soltanto due colonne, ecc.
Mi pare un sintomo negativo anche perché tutte le eccezioni che sollevano i difensori (giustamente: è il loro mestiere) portano il processo a un defilamento che l'opinione pubblica non riesce a capire. Ora, è necessario essere uniti, fare qualcosa di sostanzioso in grado di riportare all'attualità questo processo. Ho visto recentemente un'intervista televisiva registrata in Sicilia che mi ha demoralizzato: troppa gente intervistata pensa in modo opposto a quanto affermiamo.
Sempre più dobbiamo batterci in tutte le forme, in particolare di pressione morale contro tali fenomeni che purtroppo si avvicinano anche al nostro Piemonte.
Ritengo sia opportuno accordarci, e redigere un ordine del giorno unitario. Due ordini del giorno sarebbero - forse - controproducenti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Concordo con quanti hanno sottolineato l'esigenza che su temi di questa portata ci sia l'affermazione concreta di alcuni principi che ci devono vedere profondamente convinti: il rifiuto di tutto quello che è inerente alla criminalità organizzata sotto varie forme e denominazioni.
Credo non esista teoricamente alcun dubbio su questo punto; ritengo che un momento di solidarietà non di maniera, da parte del Consiglio regionale del Piemonte, sia un atto doveroso e dovuto nei confronti di coloro e di quanti, istituzioni, privati, enti pubblici od altro, combattono e s'impegnano contro la mafia, là dove non solo se ne parla ma esiste. Pu essere molto più facile e agevole esprimere solidarietà in questa sede salvo poi non fare un ulteriore sforzo per combattere a tutti i livelli e nelle possibili forme l'aspetto più grave degli stessi delitti di stampo mafioso, colpibili e punibili da parte della Magistratura: la mentalità mafiosa.
Su questo credo vi sia ancora molta strada da percorrere prima di arrivare al cuore del problema; ogni forma di sopraffazione, di violenza di generazione di mentalità basate sul , sopruso e la prepotenza è terreno sul quale si può annidare in fase successiva o concomitante una serie di atti che si manifestano attraverso delitti di vario genere.
Premetto tali affermazioni a quanto successivamente riterrò opportuno sottolineare a nome del Gruppo democristiano, poiché non è possibile combattere fenomeni di questa portata con generalizzazioni e unanimismi di maniera. Così come non accettiamo sia valida la tesi che, anche in processi non mafiosi, ma che comunque coinvolgono i politici - parafrasando Mozart "così fan tutti" - la politica non debba necessariamente manifestarsi soltanto con atti poco corretti e disonesti, così come rifiutiamo tali comportamenti, ricusiamo atteggiamenti coinvolgenti istituzioni, Partiti, Gruppi e persone in un generico insieme di fenomeni mafiosi.
Esterno tutto questo per raccogliere e non sottovalutare l'invito del collega Bontempi di prestare attenzione e disponibilità ad un diverso inserimento di alcuni punti nell'ordine del giorno sottoscritto dalla maggioranza e dal P.C.I. poiché non c'è nessuna volontà da parte nostra di appalti non puliti sotto il profilo formale e sostanziale.
Così come non vi è la volontà di proteggere e comunque sottacere responsabilità di quanti nelle istituzioni pubbliche, nelle imprese private, nella realtà sociale, si sono serviti o si servono di strumenti di sopraffazione e violenza per affermare il loro potere o la loro legittimità ad operare. Non siamo disponibili ad affermazioni che coinvolgano in toto le istituzioni, sarebbe un torto ed un insulto ai tanti amministratori pubblici, esponenti della Magistratura, alle Forze dell'Ordine ed ai cittadini che sul posto e in situazioni ben più difficili hanno compiuto sforzi e lavorato affinché questo fenomeno non diventasse più importante e potente di quanto già non fosse.
Se può essere vero, quindi, che ci siano...
Collega Staglianò, non ho interrotto nessuno e non desidero essere interrotta; questo pessimo vizio sta diventando purtroppo abituale: tutto ciò non è previsto dal Regolamento e chiedo al Presidente di fare rispettare le procedure formali. Caro Presidente, non ritengo opportuno interrompere un collega; intanto si rischia di far perdere il filo logico del discorso a chi parla e a chi ascolta; in secondo luogo quando un Consigliere esprime valutazioni non è detto sia l'unico a condividerle, n che debbano essere in contrasto con quelle di altri colleghi. Se altri si riconoscono in queste considerazioni esiste un terreno comune di incontro posizioni diverse possono ugualmente sussistere. A mio avviso questo è il giusto modo di intendere confronti in quest'aula.
Attribuire genericamente ogni responsabilità alle istituzioni non è rispettoso della verità dei fatti accaduti in questi anni né in Sicilia n altrove.
Affermiamo invece che si debbano stigmatizzare nei limiti di un ordine del giorno le responsabilità anche delle istituzioni sottolineando al tempo stesso gli impegni che le stesse hanno assunto per uscire da questa situazione; se così non fosse significherebbe davvero gettare alle ortiche il sacrificio e l'impegno di chi, nostri colleghi o altri, hanno lavorato nei vari settori.
E' chiaro che parlando di fenomeno mafioso, non ci si può poi stupire se associazioni delinquenziali di questo tipo si creino una loro struttura nonché collegamenti in tutte le fasce della vita sociale, non realizzino anche collegamenti politici. Non c'è dubbio che questo si sia verificato nel corso degli anni: come si crea, nell'ambito della- struttura mafiosa la funzione dell'imprenditore o altre, così si realizza anche la funzione del politico.
Questo è un dato di fatto che non può portarci a generalizzare e a dire che tutti i politici siano necessariamente collegati o che tutte le istituzioni siano necessariamente implicate. Questo non per un generico unanimismo ma per 1a verità dei fatti.
A nostro avviso c'è da sottolineare un altro aspetto - presente anche nell'ordine del giorno - a cui più volte il Ministro degli Interni ha fatto esplicitamente riferimento, sia in sede di replica che in Parlamento nelle varie situazioni in cui si è dibattuto su questo fenomeno; non è sufficiente, anche se necessario, colpire la criminalità mafiosa organizzata; altresì non è sufficiente colpire i tessuti e le connivenze che essa ha: occorre lavorare in positivo per creare in queste realtà condizioni di lavoro e di sviluppo economico e sociale, per far si che non diventino in un secondo momento situazioni più gravose. Anche perché, come ha dichiarato recentemente il Sindaco di Palermo, alle offerte di impegno di lavoro e comunque di collegamento, che certe organizzazioni mafiose hanno garantito - seppure in negativo - si costituisca una capacità dello Stato, delle forze politiche, della realtà sociale, di dare lavoro occupazione, di creare, cioè, alternative positive.
Credo che questo aspetto debba essere sottolineato, in caso contrario raggiungeremmo soltanto il triste risultato di incarcerare alcuni capi della mafia e responsabili di delitti mafiosi, ma non avremo colpito al cuore del problema, quello di smuovere condizioni sociali di degrado che sovente finiscono per essere terreno fertile per nuove realtà criminali.
Questo è un impegno sul quale occorre riflettere affinché la nostra solidarietà sia più fattiva e concreta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

.
Presidente, colleghi Consiglieri, noi voteremo l'ordine del giorno che è stato proposto principalmente dalla maggioranza, con questa precisazione: lo votiamo condividendone unicamente lo spirito.
Lo votiamo anche se, a nostro avviso, la parte conclusiva dell'ordine del giorno pecca sicuramente per difetto in quanto ci si limita a espri mere solidarietà attraverso l'invio del nostro documento, a proporre un concreto aiuto economico ai fini di sostenere le parti lese, che sosterranno a loro volta l'accusa privata, e ci si limita a - contribuire per fornire un'adeguata informazione sugli sviluppi del processo.
Noi avremmo indubbiamente preferito che la parte dispositiva fosse più incisiva, non con un contenuto retorico, ma fosse più incisiva attraverso una serie di proposte, o meglio, di auspici e di prese di posizione.
Avremmo preferito che la parte dispositiva auspicasse, con un indiretto invito rivolto ai giudici, che il maxi-processo si celebri in tempo utile onde evitare il pericolo latente di scarcerazioni per decorrenza di termini; che si concludesse con un invito al Governo (ecco qui qualche cosa di più concreto), tenuti presenti i limiti che possono avere i nostri inviti, l'amnistia che ha preannunciato ieri il Presidente del Consiglio Craxi, in occasione del quarantennale del 2 giugno 1946, sia limitata e non tocchi, oltre che i delitti di sangue dell'eversione, i delitti di mafia e non sia produttiva di riduzioni di pene o di condoni per i delitti di mafia.
Avremmo poi voluto che si precisasse ancora che le poche disposizioni legislative entrate in vigore dopo il delitto Dalla Chiesa, che sono dirette a rendere se non impossibile, quanto meno più limitato il vantaggioso mondo di affari della mafia, venissero veramente e incisivamente mandate ad attuazione e venissero inoltre completate soprattutto nella parte che riguarda il traffico di stupefacenti e delle armi.
Avremmo infine preferito che fosse sottolineata, più che una nostra deplorazione, una nostra dissociazione da quei pubblici amministratori cui hanno alluso gli atti istruttori, cui ha alluso l'ordinanza - sentenza di rinvio a giudizio, che sono conniventi e coinvolti nelle imprese mafiose.
Nonostante queste carenze, visto lo spirito inequivoco di questo ordine del giorno, noi ci sentiamo di votarlo.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Chiedo la parola.



PRESIDENTE

La parola può essere data soltanto per presentare eventuali emendamenti o per chiedere una sospensione dei lavori al fine di raggiungere un accordo sugli stessi.



STAGLIANO' Gregorio Igor

E' per una proposta operativa.



PRESIDENTE

D'accordo, ha facoltà di intervenire.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, non intendo abusare del diritto di parola. Visto l'impegno, nonostante l'ora tarda, con cui l'argomento è stato affrontato e la disponibilità a verificare possibili convergenze, a me sembra non giusto da parte del sottoscritto non accogliere questa disponibilità. Entriamo nel merito. Ci sono alcuni punti irrinunciabili, che io ho provato ad esplicitare, sui quali non mi sento di recedere nemmeno di un millimetro al di là delle forme, che possono essere perfezionate.
Ad esempio, alcuni rilievi formulati sotto forma di preoccupazione da parte del collega Santoni, mi pare fossero giusti.
Sono disponibile a lavorare per perfezionare senza alterare la sostanza.
Signor Presidente, vista l'ora, non so se è opportuno continuare adesso, oppure dare mandato ad una rappresentanza dei firmatari per predisporre un testo comune, da sottoporre all'approvazione della prossima seduta. Con questo cerco di raccogliere la volontà politica che mi è parso di avvertire, senza per questo far pasticci, perché non è né nelle nostre intenzioni, né nel nostro costume.



PRESIDENTE

Mi pare che la proposta formulata possa essere accolta. Occorre stabilire con chiarezza quali sono i Consiglieri che si devono mettere d'accordo.



BONTEMPI Rinaldo

Noi parteciperemmo volentieri perché ci siamo espressi su due punti che vogliamo precisare. Questa è la condizione per il mantenimento della nostra firma all'ordine del giorno.



BRIZIO Gian Paolo

Anche noi partecipiamo, il nostro rappresentante è il Consigliere signora Bergoglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Non ho sentito il mio collega di Gruppo. Se posso però dare un suggerimento, a me sembra che questa questione sarebbe bene cercare di chiuderla stasera. Nella ipotesi positiva, cioè che si arrivi ad un documento sostanzialmente unitario, non c'è problema a rinviarlo in altra sede, ad altra data.
Se però non si conclude, e quindi le ragioni del contendere che qui sono state espresse, difficilmente non verranno riproposte in un'altra seduta; quindi, probabilmente avremo questo dibattito "rifatto", con accentuazioni, e non è corretto su una questione fare due dibattiti.
Capisce, Presidente, la mia preoccupazione. La questione è arrivata alla sua conclusione: se si conclude in positivo,che si concluda stasera o un'altra settimana non ha importanza, ma se si diverge, ho l'impressione che rischiamo un'ipotesi, che mi auguro che non si verifichi, che da un documento A si passi ad un documento B, C, ecc., per esempio cioè le puntualizzazioni che il P.C.I. considera condizione per il permanere della firma. Questo significa che noi arriviamo su questa materia, nel caso non si arrivi ad un ordine del giorno unitario, a un dibattito molto brutto probabilmente, fra due posizioni che a quel punto tendevano a conciliarsi invece in quel dibattito tendono ad esasperarsi.
Affido alla saggezza della Presidenza come governare questo passaggio che mi sembra delicato.



PRESIDENTE

Vorrei precisare che il dibattito sugli ordini del giorno è concluso.
Il rinvio non richiede e non può consentire ulteriore dibattito, ma consente solo che si voti l'uno o l'altro ordine del giorno, oppure entrambi; non è più possibile comunque riprodurre il dibattito.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Per quanto mi riguarda c'è soltanto un ostacolo che, comunque fossero andate le cose, il sottoscritto, per gravi ragioni familiari, fra venti minuti deve assolutamente abbandonare quest'aula e quindi in questo senso mi pare che, essendo chiaro che ci si è collocati tutti quanti in merito al problema, da parte nostra non si avverte nessuna necessità di riaprire la discussione. Piuttosto si tratta di illustrare un testo se unitario, oppure no; se non è unitario ci si spieghino le differenze.



PRESIDENTE

Le ragioni espresse da Staglianò mi pare consiglino il rinvio della votazione alla prossima settimana con l'augurio che sia il più unitario possibile.


Argomento: Rapporti delle Regioni con l'ordinamento comunitario

Esame ordine del giorno presentato dai Consiglieri Ala e Reburdo in merito all'attuazione della direttiva CEE n. 82/501 del 24.6.1982 sulle attività industriali a rischio (rinvio)


PRESIDENTE

Passiamo ad esaminare l'ordine del giorno dei Consiglieri Ala e Reburdo in merito all'attuazione della direttiva CEE sulle attività industriali a rischio.
La parola al Consigliere Ala per l'illustrazione.



ALA Nemesio

Cari colleghi, l'ordine del giorno che avevo presentato con il collega Reburdo parte da un'interrogazione che, come ricorderete, Reburdo ed io indipendentemente, ma nello stesso giorno, avevamo presentato in merito al censimento condotto dal Ministero della Sanità sulle aziende a rischio ai sensi della direttiva CEE n. 501 del 1982.
Proprio la rilevanza del tema, desumibile anche dalle dichiarazioni rese in Consiglio dall'Assessore Olivieri, ci ha fatto ritenere necessario stimolare il Parlamento a recepire, finalmente - essendo ormai i tempi ampiamente scaduti - questa direttiva all'interno della legislazione italiana o almeno ad esaminarla, per un successivo recepimento con eventuali emendamenti, integrazioni, mutamenti.
Questo provvedimento, ricordiamolo, nasce da un grande incidente, che pur non avendo avuto enorme rilevanza in termini di vittime, è però stato una spia del rischio e dei pericoli connessi con alcune lavorazioni soprattutto nell'industria chimica.
L'ordine del giorno da noi proposto è molto lineare e semplice; prevede appunto l'invito al Parlamento affinché discuta sollecitamente questo problema. E' possibile però introdurvi un piccolo emendamento, visto che la CEE proprio nello scorso mese di novembre ha redatto alcune integrazioni che costituiscono una proposta di direttiva che, sull'esperienza dei primi censimenti condotti non in Italia ma negli altri Paesi europei, modifica alcune soglie di alcune sostanze, in particolare per quanto riguarda il nitrato d'ammonio, il nichel ed il cobalto.
Tra l'altro, qualora questa proposta della Commissione venisse recepita come direttiva, il numero delle aziende a rischio diminuirebbe perch soprattutto nel caso del nichel, si. è notato come la troppo generica definizione della sostanza da parte della prima direttiva ha fatto si che molte aziende considerate ad alto rischio, si trovassero proprio tra quelle che utilizzavano per le loro lavorazioni il nichel, anche perché questo veniva elencato in maniera troppo imprecisa.
Altro da aggiungere non avrei; una volta ricordato che troppo spesso e troppe volte il Parlamento italiano è stato inadempiente nel recepire le direttive CEE entro i termini previsti, soprattutto quando queste riguardavano problemi legati all'ambiente, alla protezione civile e alle normative sugli alimenti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Sono sostanzialmente favorevole a dare il voto mio e del mio Gruppo all'ordine del giorno proposto. Mi pongo però un problema di ordine istituzionale, prego quindi il Presidente di essere attento e rilevo anche che in un intervento molto significativo il collega Santoni non ha avuto l'attenzione né del Presidente della Giunta, né del Presidente del Consiglio. Queste ed altre considerazioni accrescono il nostro carnet di dolèances.
Stavo dicendo che mi faccio qualche problema di natura istituzionale nel senso che l'ordine del giorno mi sta bene, non sono però così convinto che sia opportuno introdurre degli elementi monitori che sono quelli delle ultime righe, dove si dice cioè che l'attuazione della direttiva CEE deve dar luogo ad alcuni comportamenti. Questo mi pare un concorso improprio ad un'attività che è propria del livello nazionale. Noi possiamo fare un'operazione di sollecitazione a provvedere, non abbiamo titolo con l'ordine del giorno a sollecitare a provvedere in un certo modo attraverso certi strumenti. Chiederei quindi alla cortesia del collega, ma non ne faccio una questione sulla quale ritornare sulla decisione di sostenere col nostro voto l'iniziativa degli amici che hanno proposto l'ordine del giorno, ma è un suggerimento per un problema di eleganza comportamentale se sia possibile stralciare le ultime tre righe dove sono suggerite ipotizzate, individuate delle modalità che sono evidentemente di competenza del Parlamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bruciamacchie.



BRUCIAMACCHIE Mario

Quando si sollecita il Parlamento ad applicare una direttiva CEE del 1982 si fa un'opera indubbiamente meritoria. I ritardi sono a conoscenza di tutti, quindi credo che una sollecitazione da parte dei livelli istituzionali, in questo caso la Regione, rientri in un'opera che ben si addice a quelle che sono le nostre funzioni.
Un ordine del giorno che affronta le problematiche delle attività industriali ad alto rischio, che sono, fra l'altro, molto presenti all'interno della nostra Regione, merita qualche ampia considerazione seppur breve.
Dal censimento effettuato dal Ministero della Sanità emerge una realtà che è largamente conosciuta da parte degli operatori e dei livelli istituzionali delle aree nelle quali operano le industrie che conservano o lavorano prodotti ad alto rischio, ma l'aspetto più preoccupante è che questa indagine non prende in considerazione una serie di attività che, a mio parere, sono ad alto rischio perché i parametri indicati, che indubbiamente hanno un obiettivo molto mirato, trascurano altre attività altrettanto preoccupanti e rischiose. A titolo di esempio, ricordo che nella provincia di Alessandria non è stata considerata una industria di Boscomarengo che produce combustibile per le centrali elettronucleari.
Esiste quindi un censimento delle attività ad alto rischio che è sicuramente carente da questo punto di vista. Bisogna si andare all'attuazione della direttiva CEE, ma occorre anche integrare in modo molto preciso tutto lo studio per non avere una conoscenza semplicemente parziale.
La Regione quindi deve agire, non soltanto chiedere al Parlamento di attuare la direttiva. E' necessaria un'azione da parte della Regione (è un problema di volontà politica) che ci permetta di conoscere davvero quali sono queste attività in Piemonte e che livello di rischio rappresentano.
I livelli istituzionali interessati sono: la Regione (che deve dichiarare volontà politica in questo senso), i Comuni, le Province e le Prefetture, perché all'interno dei piani di protezione civile elaborati dalla singole Prefetture le realtà produttive che presentano un alto livello di rischio non vengono assolutamente considerate, in quanto si considera come elemento di rischio prevalente quello di ordine naturale.
Occorre elaborare dei piani veri e propri di intervento a livello provinciale in modo unitario; occorre valutare i piani di emergenza interni a quella unità produttiva e come questi si irradiano nel territorio, perch vi sono attività produttive inserite in contesti urbani di una certa consistenza e qualora dovesse verificarsi un incidente all'interno del processo produttivo, evidentemente l'intero territorio verrebbe ad essere fortemente interessato.
Chi deve farsi carico di questo? Deve farsene carico naturalmente la Direzione che deve elaborare un piano interno, deve denunciare il rischio e rapportarlo con il territorio, quindi con il Comune e con la Prefettura che può prevedere a questo livello tutta una serie di interventi, dallo sgombero ad altri sistemi di allarme indispensabili per far si che i danni alla popolazione e al territorio siano i più bassi possibili.
L'ordine del giorno che viene proposto va bene per quanto riguardala sollecitazione al Parlamento dell'attuazione di questa direttiva CEE secondo noi però è estremamente carente in rapporto alla parte che si riferisce all'azione concreta della Regione. L'indicazione potrebbe essere quella di convocare Prefetture, Amministrazioni provinciali e comunali dove sappiamo già operanti questi tipi di attività, per verificare se esistono i piani interni ed esterni, conoscerli, discuterli e portarli a conoscenza della popolazione.
Se non si fa una sollecitazione al Parlamento avremo ancora una volta un elenco di aziende di cui più o meno sappiamo il livello di rischio che presentano e la nostra capacità di incidenza e di governo di, questi processi diventerebbe di poca cosa.
Qui ritorna il discorso che è di ordine sanitario, di protezione civile e di sicurezza collettiva dei cittadini che può essere affrontato anche in un ordine del giorno come questo; non so cosa ne pensano i proponenti, Ala e Reburdo, ma io propongo che questo ordine del giorno venga integrato con la parte che riguarda soprattutto l'operato della Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Chiaramente le sollecitazioni e le proposte del Consigliere Bruciamacchie non possono non trovarmi d'accordo.
Al collega Bruciamacchie ricordo - tra l'altro - che alcuni impegni erano già stati presi dall'Assessore Olivieri rispondendo alle interrogazioni su questo argomento; sottolineo che un deciso intervento in questo settore dovrebbe coinvolgere più Assessorati e Commissioni del Consiglio, in un campo che dovrebbe vedere, nei prossimi anni, il Consiglio e la Giunta lavorare moltissimo.
Altresì, il recepimento delle sollecitazioni di Bruciamacchie rendono anche sotto certi aspetti - pleonastiche quelle righe che il Consigliere Marchini aveva sottolineato essere utile togliere dall'ordine del giorno, in quanto ritengo essere più importante un ordine del giorno che impegni noi e questa assemblea a lavorare e ad agire, rispetto ad un ordine del giorno che impegni un'altra assemblea.
Del resto, se il Parlamento recepisce questa direttiva automaticamente è tenuto a compiere quegli atti e ad adottare quei provvedimenti.
E' quindi superfluo aggiungerlo ed è opportuno, invece, impegnare noi stessi a compiere atti concreti.
La modifica che apporterei a questo comma è la seguente: "l'invito al Parlamento di procedere sollecitamente all'esame- della direttiva CEE n.
82/501 del 26.6.1982 e della proposta di direttiva del Consiglio n. 572 del 4.11.1985 che modifica ed integra detta direttiva, ai fini di un loro completo recepimento all'interno della legislazione del nostro Paese".
Ho la copia, che era disponibile nella VII Commissione, della proposta di modifica della direttiva.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Ritengo estremamente utile quanto in questo ordine del giorno viene indicato, soprattutto in un frangente come quello attuale, dove stiamo discutendo di come ripartire i benefici della nuova situazione economica che si presenta, con l'opportunità data dalla caduta dei prezzi petroliferi, dall'andamento della moneta statunitense.
Mentre incerte circostanze addirittura la legislazione sulle categorie protette trovava una specie di resistenza all'interno del mondo delle imprese, perché si presentava una situazione di grave crisi, di cassa integrazione, ecc., quindi si verificava un rallentamento, in qualche misura, alla stessa applicazione della legislazione in materia di lavoro così si riscontravano anche delle motivazioni, non pretestuose, in certe situazioni, che era impossibile compiere ristrutturazioni e rilocalizzazioni con provvedimenti particolari in materia di lavoro.
Oggi possiamo dire che una serie di operazioni, che possono andare dall'innovazione, all'aumento dell'occupazione, ecc., permettono anche sul versante delle sicurezze una più facile applicazione.
Non credo che l'Italia sia l'ultimo Paese comunitario nella classifica delle applicazioni delle direttive, delle raccomandazioni e delle applicazioni dei regolamenti comunitari. Vorrei solo ricordare che un mese addietro l'Assessore Olivieri su questo punto aveva dato una serie di risposte articolate che mi pare costituiscano un impegno per la Giunta e quindi credo che implicitamente assecondino quanto emerge tra le righe di questo documento che parla dell'operatività dei livelli subregionali nell'applicare questa direttiva. Come Gruppo socialista siamo d'accordo con l'indicazione fatta in precedenza dal Consigliere Marchini, che mi pare sia stata considerata dal collega Ala recuperabile, mentre è da escludere l'ultima parte dell'ordine del giorno.
In conclusione possiamo anche valutare le integrazioni che esponeva il Consigliere Bruciamacchie se vanno nella direzione di quanto l'Assessore alla sanità aveva precedentemente espresso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Devecchi.



DEVECCHI Armando

Il Gruppo della D.C. in linea di massima concorda con le valutazioni che sono state espresse precedentemente dai colleghi della maggioranza sull'argomento discusso in modo particolare dai colleghi Tapparo e Marchini. Infatti le direttive CEE contribuiscono a fare chiarezza in un settore che di chiarezza ha molto bisogno.
Ben vengano delle norme precise e non eludibili, tanto più se esse sono conformi a quanto già in atto negli altri Paesi europei. E' chiaro tuttavia che attualmente non riteniamo opportuno votare un ordine del giorno che ponga vincoli precisi all'Assessore competente e al governo regionale senza prima aver sentito il loro parere in merito.
Se l'ordine del giorno, dopo una attenta valutazione, sarà accolto dalla Giunta regionale potremo anche votarlo, magari con alcuni lievi ritocchi.
Per questo, vorremmo ci fosse riletto e poi, se sarà possibile trovare immediatamente unanimi convergenze, potremo eventualmente concordare un testo unitario da porre in votazione nella prossima seduta del Consiglio regionale.
Ribadisco comunque che siamo concordi, come democristiani, a che le normative CEE in materia vengano al più presto estese e recepite per intero dalla nostra Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bruciamacchie.



BRUCIAMACCHIE Mario

Al termine del documento proponiamo di aggiungere il seguente emendamento: "impegna la Giunta a svolgere con tutti i livelli istituzionali incontri onde definire con precisione tutte quelle attività produttive che presentino rischi considerevoli per le persone e per l'ambiente; impegna altresì la Giunta ad operare perché ad ogni attività produttiva considerata pericolosa corrisponda un piano di emergenza interna ed esterna all'attività stessa".
E' evidente una ripetizione di parole per cui occorre apportare ancora qualche piccolo aggiustamento.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Si ripresenta un problema di metodo. Lei, signor Presidente, lo avrà notato e probabilmente anche i colleghi dell'opposizione, nessuno di noi aveva sul tavolo tale questione.
Ci era sembrata semplicemente un'iniziativa di valore significativo dal punto di vista politico con cui una Regione non di secondo piano sollecita Governo e Parlamento ad attuare la direttiva CEE.
Alcuni elementi di contenuto posti dal collega nel documento ci avevano fatto riflettere e avevamo chiesto al collega di valutare l'opportunità sul piano della mera cortesia, qualora non lo ritenesse, posto che siamo noi in difetto a non averlo riletto in tempo, che accedevamo alla votazione del documento.
Gli elementi che vengono introdotti in questo momento richiedono riflessioni e valutazioni più approfondite che non ci sentiamo di condividere, anche se indubbiamente sono condivisibili i problemi che sono posti a fondamento di quanto viene scritto dal collega e probabilmente le finalità che persegue. Per esempio, il problema del piano di emergenza interno - esterno non mi sembra però un istituto così facilmente realizzabile o comunque non so se attiene all'argomento che ci viene sottoposto.
E' un problema di correttezza di rapporti fra i Gruppi. Io non ho nessuna difficoltà a prendere in esame e a pronunciarmi favorevolmente o contro, se questo viene posto come un ordine del giorno autonomo con dei contenuti; non ho nessuna difficoltà a prendere atto che voi volete avviare un'attività di stimolo nei confronti del Governo. Trovate le forme adatte e facciamolo pure.
Ma trattandosi di un adempimento comunitario mi sembra del tutto improprio e fuori luogo, mettete in difficoltà i partiti della maggioranza che guarda caso è analoga a Roma. Noi votiamo un tipo di documento che se non trova il riscontro puntuale nel comportamento del Governo ci crea certamente, in questa sede qualche imbarazzo.
Ricordo che abbiamo avuto delle difficoltà a scrivere degli emendamenti al progetto di legge n. 30, esaminato insieme per tre mesi.
Presentatelo, in sede adeguata, come documento autonomo, discutiamolo come argomento di natura regionale e se ritenete presentiamolo in Commissione.
Non ho nessuna difficoltà a chiudere gli spazi della proposta del dibattito politico. Si tratta di capire che se è un discorso diretto alla Giunta deve essere oggetto di un documento ad hoc e non può essere inserito in un documento che va in Parlamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Cominciamo ad avere così un obiettivo minimale, che si possa raggiungere. Intanto, ci sono delle dichiarazioni dell'Assessore a questo proposito che possono correlarsi all'ordine del giorno. Quindi un rinvio a quanto detto dall'Assessore, credo che il Consigliere Ala abbia persino i punti in modo preciso, sono un completamento ed un riferimento estremamente corretto.
Quanto ha detto il Consigliere Bruciamacchie è estremamente interessante e da approfondire. Tuttavia crea qualche difficoltà sul piano dell'adesione immediata. Mi pare però che ci sia un impegno di Giunta espresso formalmente da un suo membro, che si collega a quanto detto dai Consiglieri Ala e Reburdo.
Credo si faccia riferimento a questo tipo di espressioni fatte dall'Assessore un mese fa. Ovviamente possiamo, in un secondo tempo, anche affinare la cosa, approfondendo meglio, perché mi pare che le indicazioni che sono state date sono di notevole portata. Tuttavia ritengo che ci siano già una parte di quanto ha detto il Consigliere Bruciamacchie, all'interno delle dichiarazioni dell'Assessore.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bruciamacchie.



BRUCIAMACCHIE Mario

La direttiva, se non ricordo male, agli artt. 4 e 5, elenca una serie di interventi necessari, e dei quali ho parlato nel corso del mio primo intervento.
Il problema è che noi abbiamo un ordine del giorno che sollecita un livello statuale, il Governo, ad attuare, dopo anni di ritardo, una direttiva comunitaria.
C'è un dibattito politico culturale sul quale nessuno si rifiuta ad impegnarsi in una sollecitazione di questo tipo.
La questione che noi poniamo qui oggi è che non solo sollecitiamo altri livelli istituzionali ad operare, per far si che quella direttiva condivisa, trovi concretamente attuazione nel nostro Paese, ma vogliamo anche richiamare noi stessi, livello istituzionale Regione, e tramite noi essere elemento sollecitatore anche per gli altri livelli istituzionali, in questo caso le Province, i Comuni, le UU.SS.SS.LL. (a fatto bene Tapparo a ricordarci gli impegni che si era assunto l'Assessore competente), vedere come noi concretamente operiamo all'interno di quella direttiva.
Quindi non è che andiamo al di fuori della medesima, ma operiamo al suo interno precisando come agiamo. Come fotografiamo il nostro territorio come individuiamo quelle attività che presentano un certo livello di rischio che noi consideriamo essere interessante e quindi da prendere in considerazione, come, in termini non solo di ubicazione delle attività, ma anche di piani interni ed esterni, queste attività possano rappresentare più un serio pericolo per le popolazioni e i lavoratori.
L'aggiunta in questo caso di un emendamento è coerente con l'impostazione che assolutamente né va a stravolgere le indicazioni dell'Assessore competente, né si colloca al di fuori delle direttive. Si tratta semplicemente di una precisazione che potrebbe stare in un ordine del giorno che si rivolge ad un livello istituzionale superiore al nostro cioè il Parlamento, sollecitandolo ad intervenire in questa direzione e al contempo, per quanto ci compete, noi intendiamo fare queste cose.
Se non è possibile, capisco l'obiezione sollevata dal collega Marchini in questo momento, addivenire ad una stesura più definitiva, anche sotto questo aspetto dell'ordine del giorno, se i proponenti accogliessero le proposte, si potrebbe rinviare la votazione alla prossima seduta di un documento che comunque prenda in considerazione la parte dell'applicazione di una normativa regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Per rispetto all'assemblea e a lei insisto sulla mia posizione, al punto di dire che sono convinto che perde di valore un documento diretto al Parlamento che coinvolge anche la Giunta, nella misura in cui diventa un documento che vale urbi et orbi e in questa misura non coglie l'obiettivo di avviare un dialogo politico con il Parlamento, rispetto al quale si sente l'unico destinatario e quindi tenuto a rispondere in termini attuativi.
Il documento-monstre, i cui destinatari sono insieme la Giunta, gli Enti locali e il Parlamento per la parte che gli compete, perde, a mio modo di vedere, di significato interlocutorio rispetto al Governo.
Suggerisco al collega Bruciamacchie, del quale ho apprezzato le argomentazioni di merito, di preparare un documento a lato che ha come destinatario la Giunta e sul quale si avvierà un confronto di prosieguo.
Due documenti separati dunque perché quello al Parlamento sia un'interlocuzione finalizzata ad aprire, se mi consentite, un contraddittorio, o comunque un'attività di stimolo, di sollecitazione nei confronti del livello nazionale che non può avere degli elementi di commistione con le competenze che ci riguardano.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Non credevo che sarebbero sorti problemi di tipo procedurale che poi mi trovano tardo nel capire. L'ipotesi che io proporrei è quella, che è già stata avanzata, di due documenti distinti da votare contestualmente, ed accetto il rinvio di una settimana del documento presentato dal collega Reburdo e da me.
Contestualmente, l'assemblea può pronunciarsi con un altro documento in merito ad impegni di competenza regionale. Un doppio impegno, quindi: una sollecitazione al Parlamento da un lato, una sollecitazione alla Giunta dall'altro, per la quale è-corretto lasciare un minimo tempo di riflessione.



PRESIDENTE

Il Consigliere Ala dunque chiede il rinvio della votazione alla prossima seduta.


Argomento:

Esame proposta di deliberazione n. 86: "D.G.R. n. 185-3680 - Decreto Legge n. 789 del 30/12/1985 art. 11: 'Interventi per l'edilizia scolastica ' Criteri di riparto e priorità di intervento - Parere regionale"


PRESIDENTE

Propongo di iscrivere all'o.d.g. la deliberazione n. 86 in merito agli interventi per l'edilizia scolastica.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è approvata all'unanimità dei 35 Consiglieri presenti. Tale deliberazione è stata licenziata all'unanimità dalla Commissione competente.
Passiamo all'esame di questo provvedimento.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Sestero. Ne ha facoltà.



SESTERO Maria Grazia

Ho scorso questo elenco, perché mi pare che non di più si possa dire, i tempi peraltro, mi rendo conto, erano stretti e non hanno permesso ai soggetti proponenti - lo immagino, perché qui non è detto - di attivare tutte le procedure di consultazione per la definizione di un piano che sono previste anche da competenze di organi, come quelli collegiali, in questa materia.
Nella deliberazione si rimanda a .'una fase successiva la traduzione di questo elenco di fabbisogni, alcune volte neanche individuato in edifici localizzati, ma semplicemente in numero di aule, in definizione delle priorità all'interno anche di una verifica più puntuale e di una logica di programmazione che non risponda soltanto alla necessità di aule, di contenitori, ma anche a una collocazione del servizio scolastico superiore all'interno di un territorio con determinate caratteristiche produttive e non soltanto, verso cui ha senso si rapporti una struttura come quella della scuola secondaria superiore. Avvertendo questa esigenza, proporrei a pag. 2, là dove si dice: "per quanto riguarda i nuovi interventi, l'ordine delle priorità interne a ciascuna Provincia (omissis) è necessariamente a demandarsi a un ulteriore momento di verifica", un emendamento aggiuntivo ché vuole essere una indicazione di massima, su cui dovrebbe poi operarsi questa definizione delle priorità, così formulato: "sulla base di criteri di localizzazione territoriale che siano ispirati all'ipotesi di scuola superiore unitaria, prevista dalla riforma in discussione al Parlamento".
Mi pare necessario inserire questo principio di massima, pur rendendomi conto di un fabbisogno pesante, dato l'incremento di anno in anno della scolarizzazione, perché non si rischi di deformare un servizio che deve essere distribuito in modo rapportato alla popolazione distrettuale se come ritengo, al di là di come verrà definita la legge di riforma, degli elementi portanti di unitarietà nella legge di riforma ci saranno pure.
Segue un altro criterio che è così formulato nello stesso emendamento: "e verificati all'interno di un processo programmatorio che coinvolga Enti locali e organi collegiali competenti".



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rivalta.



RIVALTA Luigi

Approfitto di questo momento di pausa dovuto alla formalizzazione dell'emendamento per precisare qual è stato l'atteggiamento assunto in Com missione.
Di fronte al fatto che il decreto legge poneva una scadenza di 60 giorni per la deliberazione riguardante il Piano di interventi per l'edilizia scolastica e poiché questi 60 giorni scadono domani, la Commissione ha considerato positivamente il lavoro che l'Assessorato ha svolto e ha assunto un atteggiamento favorevole alla presa in considerazione di questa deliberazione per rispettare la scadenza prevista.
Abbiamo anche detto - è questo che mi preme sottolineare in Consiglio che era prevedibile che con ogni probabilità questo decreto legge non verrà convertito in legge perché deve esserlo entro domani e non c'è davvero nessun segnale che ci faccia pensare che ciò avvenga.
Di fronte a questa situazione, da un lato l'urgenza di rispettare la scadenza prevista da un decreto legge in vigore, dall'altro il fatto che il decreto legge domani con ogni probabilità decadrà, voglio sottolineare - mi pare di interpretare il discorso che è stato fatto in Commissione- che decaduto il decreto, ci saranno tempi e forse anche ragioni di merito - le sollevava adesso la collega Sestero - per vedere con maggiore puntualità qual è il quadro di fabbisogno e individuare in esso le priorità che debbono essere poste in evidenza nel momento in cui ci saranno i finanziamenti.
Approviamo questa delibera, appoggiamo la risposta alla scadenza da parte dell'Assessorato, ma con l'impegno di avere una fase successiva di lavoro più approfondito e con più larga informazione per giungere alle decisioni.



PRESIDENTE

Do lettura dell'emendamento presentato dai Consiglieri Sestero e Avondo: a paga 3 della relazione, primo capoverso, dopo "Sovrintendenza scolastica e alla Regione stessa" aggiungere: "sulla base di criteri di localizzazione territoriale che siano ispirati all'ipotesi di scuola superiore unitaria, prevista dalla riforma in discussione al Parlamento, e verificati all'interno di un processo programmatorio che coinvolga Enti locali e OO.CC. competenti".
Ha chiesto di parlare l'Assessore Alberton. Ne ha facoltà.



ALBERTON Ezio, Assessore all'istruzione

Solo per giustificare il perché di questa richiesta di introduzione all'ordine del giorno, nel quadro cui già accennava il Consigliere Rivalta cioè di una molto probabile decadenza del decreto.
Mi sembrava opportuno ugualmente che il Consiglio prendesse atto e approvasse questo lavoro per tre ordini di motivi.
In primo luogo perché è un lavoro utile, che costituisce premessa indispensabile per qualsiasi tipo di nuova decretazione, di nuovo modello legislativo. E' una base di partenza certamente valida.
In secondo luogo per un doveroso rispetto anche al lavoro svolto in tempi molto stretti da parte delle Province che siamo riusciti a coinvolgere nel processo programmatorio, mentre nel decreto formalmente non erano coinvolte, tanto che abbiamo preteso che tutte le proposte pervenissero unitariamente da Provveditorati e Province.
In terzo luogo il rispettare formalmente la scadenza di un decreto ancora in vigore può tendere a confermare l'obiettivo che comunque un provvedimento legislativo anche in presenza di decadenza del decreto venga celermente elaborato dal Governo e dal Parlamento in modo che l'obiettivo di finanziare l'edilizia scolastica venga riconfermato e non ci si dimentichi dopodomani dei problemi urgenti che hanno spinto due mesi fa a emanare questo decreto.
Il significato di questo provvedimento, di questa approvazione, è già stato ricordato, costituisce una base utile di lavoro, ma certamente ha al suo interno molti aspetti che non lo possono far definire oggi un Piano (è più un'esposizione di fabbisogno): mi auguro che sul serio una conversione una ripresentazione consenta anche di avere maggiori tempi a disposizione e uno strumento legislativo coerente con le indicazioni contenute nell'ordine del giorno che abbiamo approvato.
Certamente c'è l'impegno della Giunta 'a far seguire al Consiglio tutte le informazioni nuove che potranno essere elaborate. La Giunta non ha difficoltà ad accettare l'emendamento proposto alla relazione di accompagnamento alla delibera della Giunta.



PRESIDENTE

Passiamo ora alla votazione dell'emendamento di cui ho dato lettura.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 37 Consiglieri presenti.
Pongo in votazione il testo della deliberazione così emendato, che sarà riportato nel processo verbale.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 37 Consiglieri presenti.
Comunico che la Conferenza dei Capigruppo e convocata per lunedì 3 marzo p.v. e il Consiglio per giovedì 6 marzo p.v.


Argomento:

Interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno (annunzio)


PRESIDENTE

Le interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegate al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18,30)



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